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MERCATO DEL LAVORO: TIPOLOGIE CONTRATTUALI APPRENDISTATO a cura di Giampiero Falasca IN COLLABORAZIONE CON 2

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MerCato deL LaVoro: tipoLogie ContrattuaLi

apprendistato

a cura di

Giampiero Falasca

IN COLLABORAZIONE CON

2

I manuali del Sole 24 ORE Settimanale N. 2/2012

Euro 9,90

La Riforma del Lavoro offre una serie di strumenti operativi per la comprensione delle numerose e importanti novità introdotte nel diritto e nel mondo del lavoro dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92.

La Riforma viene illustrata nei suoi risvolti di immediata applicabilità nell’attività quotidiana di professionisti e imprese.

La Riforma del Lavoro nasce dall’esperienza del Sole 24 Ore e dalla operatività del Sistema Frizzera 24 e fornisce soluzioni chiare e autorevoli.

La Legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro definisce l’apprendistato come il “contratto prevalente” da utilizzare per accompagnare i giovani nel mondo del la-voro; ciò, tuttavia, dipenderà in larga misura e concretamente dalle forme con cui le parti sociali daranno attuazione al Testo Unico del 2011.

La prima ondata di rinnovi contrattuali lascia intendere che il momento della svol-ta, dopo anni di discussioni tecniche, è vicino: i primi accordi collettivi, infatti, re-golamentano la materia in modo semplice ed efficace e le Regioni sembrano aver compreso che il loro ruolo deve essere soprattutto quello di soggetti che erogano la formazione di supporto a quella resa dalle aziende.

Il volume, tramite l’utilizzo di numerosi schemi esemplificativi e operativi, illustra dettagliatamente l’architettura complessiva del nuovo sistema, mettendo in luce le opportunità insite nella nuova normativa e i dubbi interpretativi connessi.

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LA RIFORMA DEL LAVORO

AppREnDIstAtO

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LA RIFORMA DEL LAVORO continua OnLInE

Il Sole 24 ORE riserva ai lettori di «La riforma del lavoro» l’opportunità di approfondire online i temi trattati in questo volume.

È sufficiente collegarsi all’indirizzo www.ilsole24ore.com/collanariformalavoro, registrarsi gra-tuitamente e inserire il seguente codice di attivazione:

78F69s44

Una volta entrati nell’area riservata è possibile:● consultare la normativa di riferimento;● reperire le circolari applicative● approfondire i contenuti del volume con articoli tratti dalle Riviste Professionali del Gruppo 24 Ore.

I Manuali del Sole 24 ORE – Aut. Min. Rich.

Direttore responsabile: Roberto Napoletano

Il Sole 24 ORE S.p.A. – Via Monte Rosa, 91 – 20149 Milano

Settimanale - N. 2/2012

Volume 2 – Apprendistato

© Il Sole 24 ORE a cura dell’Area Tax&Legal

Direttore: Paolo Poggi

Redazione: Claudio Pagliara - Ermanno Salvini

Progetto grafico copertine: Marco Pennisi & C.

Tutti i diritti di copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge.

Finito di stampare nel mese di settembre 2012 presso:

Grafica Veneta – Via Malcanton, 2 – 35010 Trebaseleghe (PD)

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AppREnDIstAtO, stRADA MAEstRA pER I GIOVAnI

Il ministro Fornero ha confermato - come previsto dal Testo Unico (che peraltro aveva già contribuito a semplificare la normativa, rendendola più fruibile) - il ruolo dell’ap-prendistato quale strada maestra per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, ampliandone però con la Riforma le possibilità di utilizzo.La normativa in sé ovviamente non può bastare: ora il compito di utilizzarne al meglio le opportunità è nelle mani degli operatori, chiamati a dare il proprio contributo per il suc-cesso dell’apprendistato. Ogni tipologia di questo istituto andrà indubbiamente svilup-pata in relazione al proprio compito specifico: solo così potranno chiarirsi sempre di più i fattori che consentiranno all’apprendistato di funzionare nel miglior modo possibile.Concentrandoci sull’apprendistato “professionalizzante”, possiamo affermare che il punto fondamentale rimane quello di far cogliere a persone ed imprese l’importanza strategica dell’investimento in formazione ad esso connesso. Una logica che miri ad abbassare le retribuzioni senza investire sui giovani né utilizzare efficacemente le even-tuali risorse pubbliche messe a disposizione per la formazione non può infatti condurre da nessuna parte! È invece necessario dotarsi progressivamente di figure professionali competenti, di valore, e per questo sempre più reimpiegabili.Da questo punto di vista le Agenzie per il Lavoro – tramite l’utilizzo del contratto di apprendistato in somministrazione – potranno svolgere un compito di crescente impor-tanza.Innanzitutto, evolvendo loro stesse verso un ruolo più attivo nel farsi carico dello svi-luppo della professionalità della persona attraverso i rapporti di lavoro flessibili di cui le aziende hanno bisogno. Va sottolineato che ciò sarà tanto più possibile quanto più queste saranno capaci di gestire i percorsi di sviluppo degli apprendisti. In secondo luogo, l’intervento delle Agenzie può contribuire in modo significativo a sgra-vare le imprese da compiti non “core”, quali le pratiche amministrative, ed educarle ad un utilizzo della formazione più adeguato, supportandole nella costruzione di percorsi di formazione legati al posto di lavoro ed in grado di generare valore in azienda. Da ultimo, se le Agenzie sapranno interpretare correttamente il proprio ruolo di in-termediari, di infrastrutture competenti sul territorio, potranno fornire un contributo insostituibile alle persone nella costruzione della propria employability. Molto importante per la sana crescita della diffusione dell’apprendistato è certamen-te la novità del Decreto Sviluppo che ha introdotto una causale specifica per la som-ministrazione in staff leasing di apprendisti in tutti i settori produttivi, riconoscendo

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finalmente l’importante ruolo delle Agenzie per il Lavoro e dando loro la possibilità di supportare le aziende clienti nell’utilizzo di questo strumento. Per tutte le altre modifiche di dettaglio rimandiamo alla lettura della presente pubblica-zione. Certo è che con questa decisiva opportunità si apre oggi la sfida: riteniamo infatti che a queste condizioni l’apprendistato potrà rappresentare non solo uno strumento trasparente e rigoroso, non solo una forma di rapporto lavorativo equo tra le parti, ma soprattutto un indispensabile driver in grado di favorire la crescita del nostro Paese.

Stefano Colli-Lanzi, CEO Gi Group e Presidente Gi Group Academy

www.scolliniamo.it @collilanzi

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AppREnDIstAtO

InDICE GEnERALE

di Giampiero Falasca

pag. pag.

Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato ...................................................1

1.1 La formazione professionale nella prima parte della Costituzione .................1

1.2 La prima disciplina del contratto ..............21.3 Il Pacchetto Treu: il rilancio della

finalità formativa .......................................31.4 La riforma del Titolo V della Costituzione ...41.5 La riforma Biagi: dall’apprendistato

agli apprendistati ......................................61.6 La complessa vicenda

dell’apprendistato professionalizzante .....71.7 Le innovazioni del Testo Unico ..................71.8 Il generale rinvio alla contrattazione

collettiva ....................................................91.9 La riforma Fornero .................................10

Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista .................................................11

2.1 Natura, causa e oggetto del contratto di apprendistato ......................................112.1.1 Un contratto di lavoro speciale e

“prevalente” ..................................112.1.2 Obbligazioni delle parti ..................122.1.3 Le tre tipologie di formazione in

apprendistato ................................132.2 Assunzione dell’apprendista ...................15

2.2.1 Applicazione della disciplina ordinaria .......................................15

2.2.2 Assunzione di apprendisti minorenni ......................................16

2.2.3 Comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego ......................17

2.2.4 Patto di prova ................................182.3 Forma del contratto ................................19

2.3.1 Obbligo di forma scritta .................192.3.2 Forma scritta del Piano

Formativo Individuale ....................222.4 Durata del periodo di formazione ...........24

2.4.1 Durata del contratto e del

periodo formativo ..........................242.4.2 Durata minima ..............................262.4.3 Dibattito antecedente al Testo

Unico .............................................262.4.4 Durata dell’apprendistato

qualificante ...................................272.4.5 Durata dell’apprendistato

professionalizzante .......................272.4.6 Durata dell’apprendistato di alta

formazione e ricerca .....................282.4.7 Proroga del periodo formativo in

caso di eventi particolari ...............292.4.8 Disciplina della proroga nel

Testo Unico ....................................302.4.9 Regime contributivo durante i

periodi di proroga ..........................312.5 Retribuzione e inquadramento ...............31

2.5.1 Trattamento retributivo e specialità del rapporto ..................31

2.5.2 La disciplina della retribuzione nel Testo Unico ..............................31

2.5.3 Divieto di retribuzione a cottimo ....322.5.4 Sottoinquadramento e retribuzione .332.5.5 Coordinamento con la

retribuzione percentuale ...............332.5.6 Retribuzione percentuale ..............34

2.6 Orario di lavoro ........................................352.6.1 Disciplina per gli apprendisti

maggiorenni ..................................352.6.2 Orario di lavoro e attività formativa ..352.6.3 Apprendistato e part time ..............362.6.4 Regole speciali per gli

apprendisti minorenni ...................372.6.5 Ferie .............................................37

2.7 Obbligazione di sicurezza ........................382.7.1 Il Testo Unico Sicurezza .................382.7.2 Responsabilità da infortunio ..........38

2.8 Licenziamento e risoluzione del rapporto ...................................................392.8.1 Tutele contro il licenziamento .......392.8.2 Licenziamento per giusta causa ....39

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VI

– segue – InDICE GEnERALEpag. pag.

2.8.3 Licenziamento per giustificato motivo soggettivo ..........................39

2.8.4 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo ............................40

2.8.5 Applicabilità del nuovo articolo 18 ....402.8.6 Licenziamento per superamento

del periodo di comporto ................412.8.7 Licenziamento collettivo ................412.8.8 Dimissioni .....................................422.8.9 Risoluzione consensuale ...............422.8.10 Morte ............................................432.8.11 Mancato superamento del

periodo di prova .............................432.9 Disdetta alla fine del periodo di

apprendistato ..........................................432.9.1 Disdetta al termine del periodo

formativo .......................................432.9.2 Regime applicabile durante il

periodo di preavviso ......................442.9.3 Mancanza di un obbligo di

motivazione della disdetta .............442.9.4 Disdetta e prova di idoneità ...........452.9.5 Recesso dal rapporto e prova

d’arte ............................................452.10. Conferma dell’apprendista a tempo

indeterminato ..........................................462.10.1 La cosiddetta “trasformazione”

dell’apprendistato ..........................462.10.2 Conferma per mancata disdetta ....462.10.3 Conferma per espressa volontà

del datore di lavoro ........................472.10.4 Conferma anticipata .......................472.10.5 Effetti della conferma in servizio ...482.10.6 Oneri di conferma ..........................49

Capitolo 3 - tipologie di apprendistato .............51

3.1 Apprendistato e percorsi formativi .........513.1.1 Dall’apprendistato agli

apprendistati .................................513.2 Apprendistato qualificante ......................52

3.2.1 Finalità del periodo formativo ........523.2.2 Condizioni di utilizzo ......................523.2.3 Durata del periodo formativo .........533.2.4 Monte ore di formazione ................533.2.5 Normative regionali ......................533.2.6 Disciplina collettiva .......................53

3.3. Apprendistato professionalizzante .........543.3.1 Finalità del periodo formativo ........543.3.2 Condizioni di utilizzo ......................543.3.3 Durata del periodo formativo .........543.3.4 Monte ore di formazione ................55

3.4.5 Normative regionali ......................553.4.6 Attività in cicli stagionali ................55

3.4 Apprendistato di alta formazione e ricerca......................................................563.4.1 Finalità del periodo formativo ........563.4.2 Praticantato e attività di ricerca .....563.4.3 Condizioni di utilizzo ......................563.4.4 Durata del periodo formativo .........563.4.5 Monte ore di formazione ................573.4.6 Normative regionali ......................573.4.7 Accordi diretti con i datori

di lavoro ........................................573.5 Caratteristiche della formazione ..........58

3.5.1 Formazione formale ......................583.5.2 Formazione in alternanza ..............583.5.3 Formazione interna ed esterna .....593.5.4 Profili formativi .............................59

3.6 Tutor aziendale ........................................593.6.1 Il ruolo del tutor ............................593.6.2 Compiti del tutor ...........................603.6.3 Formazione del tutor .....................613.6.4 Assenza del tutor ..........................61

3.7 Standard formativi e certificazione delle competenze ....................................613.7.1 Problemi attuativi ..........................613.7.2 Libretto Formativo del cittadino ....613.7.3 Repertorio delle professioni ..........64

Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari ....67

4.1 Apprendistato nel settore artigiano ........674.1.1 Specificità del settore artigiano .....674.1.2 L’imprenditore artigiano e la sua

impresa .........................................674.1.3 Criteri di computo dei dipendenti

e degli apprendisti .........................684.1.4 Durata dell’apprendistato

professionalizzante e modifiche della Riforma Fornero ...................70

4.1.5 Qualifica di maestro artigiano .......704.2 Apprendistato e somministrazione di

manodopera ............................................714.2.1 Compatibilità tra apprendistato

e somministrazione .......................714.2.2 Apprendistato,

somministrazione a termine e staff leasing ..................................72

4.2.3 Attuazione del Testo Unico nell’accordo collettivo del 5 aprile 2012 ....................................73

4.2.3 Formazione del lavoratore somministrato ...............................75

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– segue – InDICE GEnERALEpag. pag.

4.2.4 Durata del periodo di apprendistato e recesso ................75

4.2.5 Limiti quantitativi e obblighi di prosecuzione del rapporto ............76

4.3 Apprendistato stagionale e turismo ........774.3.1 Durata minima e apprendistato .....774.3.2 Turismo e apprendistato ................78

4.4 Apprendistato negli studi professionali ..814.4.1 Pratica professionale e

apprendistato ................................814.4.2 Professioni interessate ..................81

4.5 Apprendisti iscritti nelle liste di mobilità ...824.5.1 Reinserimento dei lavoratori in

mobilità tramite apprendistato ......824.5.2 Normativa applicabile ...................824.5.3 Incentivi contributivi ......................82

4.6 Successione di apprendistati .................834.6.1 Successione di contratti con il

medesimo datore di lavoro ............834.6.2 Assunzione con qualifiche diverse .834.6.3 Assunzione con qualifiche

coincidenti .....................................834.7 Apprendistato nella Pubblica

Amministrazione .....................................844.7.1 Pubblica Amministrazione e

riforma Biagi .................................844.8 Apprendistato e modalità particolari

di svolgimento del rapporto ....................854.8.1 Apprendistato e part time ..............854.8.2 Apprendistato e distacco ...............87

Capitolo 5 - tutele previdenziali e ammortizzatori sociali ....................................91

5.1 Malattia....................................................915.1.1 Malattia .........................................915.1.2 Tutela della malattia .....................915.1.3 Diritto alla conservazione del

posto .............................................925.1.4 Malattia e proroga del periodo di

apprendistato ................................925.1.5 Trattamento economico

di malattia .....................................925.1.6 Casi di intervento dell’INPS ............925.1.7 Disciplina applicabile agli

apprendisti ....................................935.1.8 Contrattazione collettiva e tutela

INPS ..............................................945.1.9 Indennità di malattia .....................945.1.10 Trattamento a carico del datore

di lavoro ........................................955.1.11 Importo dell’indennità di malattia ..95

5.1.12 Anticipazione dell’indennità ...........955.2 Infortunio sul lavoro ................................95

5.2.1 Nozione di infortunio sul lavoro .....955.2.2 Occasione di lavoro .......................965.2.3 Infortunio in itinere .......................965.2.4 Infortunio in itinere e formazione ..975.2.5 Causa violenta ...............................975.2.6 Malattia professionale ...................975.2.7 Effetti sul rapporto di lavoro

e sugli obblighi formativi dell’apprendista .............................98

5.2.8 Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni .........................98

5.2.9 Danni risarcibili .............................995.2.10 Responsabilità civile del datore

di lavoro ......................................1005.2.11 Azione di regresso e azione di

surroga dell’INAIL .......................1005.3 Tutela della maternità ...........................101

5.3.1 Tutela della maternità nella Costituzione e nella legislazione .101

5.3.2 Testo Unico sulla Maternità e Paternità .....................................101

5.3.3 Pilastri della tutela ......................1025.3.4 Ambito di applicazione del Testo

Unico ...........................................1025.3.5 Maternità dell’apprendista ...........102

5.4 Assicurazione sociale per l’impiego .....1025.5 Tutela pensionistica ..............................103

5.5.1 Norme applicabili agli apprendisti .103

Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni ..........................................................105

6.1 Limiti di utilizzo .....................................1056.1.1 Disciplina generale .....................1056.1.2 Datori di lavoro privi di

personale qualificato ...................1056.1.3 Imprese artigiane ........................106

6.2 Incentivi normativi e contributi .............1076.2.1 Incentivi per l’apprendistato ........1076.2.2 Computo degli apprendisti ..........1076.2.3 Sottoinquadramento e

retribuzione .................................1086.2.4 Benefici contributivi durante il

periodo di apprendistato ..............1086.2.5 Benefici contributivi per aziende

con meno di 10 dipendenti ...........1086.2.6 Ripartizione degli oneri

contributivi ..................................1096.2.7 Maggiorazione contributiva per

finanziare l’Aspi ...........................109

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– segue – InDICE GEnERALEpag. pag.

6.2.8 Incentivi alla conferma in servizio ....................................109

6.2.9 Effetti della proroga del benefico contributivo .................................110

6.2.10 Presupposti per la proroga dei benefici contributivi .....................111

6.3 Sanzioni .................................................1116.3.1 Sanzione per la mancata

erogazione della formazione .......1116.3.2 Pregiudizio per le finalità

formative .....................................1126.3.3 Responsabilità del datore di lavoro 1126.3.5 Casi di inadempimento

imputabili al datore di lavoro .......1126.3.6 Casi di inadempimento non

imputabile al datore di lavoro ......1136.3.7 Attività di vigilanza sul contratto

di apprendistato ..........................1136.3.8 Violazioni delle norme collettive ..1136.3.9 Conversione del rapporto ............114

Capitolo 7 - norme transitorie e finali ............115

7.1 Definizione di enti bilaterali .................1157.1.1 Rinvio alla riforma Biagi ..............1157.1.2 Compiti degli enti bilaterali .........115

7.2 Abrogazioni ............................................1167.2.1 Concentrazione delle norme nel

Testo Unico ..................................1167.3 Norme transitorie ..............................117

7.3.1 Termine di attuazione di 6 mesi e i contratti collettivi attuativi .........117

7.3.2 Disciplina collettiva e offerta formativa pubblica ......................118

7.4 Norme attuative per la Pubblica Amministrazione ...................................1197.4.1 Decreto attuativo del Presidente

del Consiglio ...............................1197.4.2 Disciplina applicabile per le

imprese con più sedi ...................119

Giampiero Falasca, avvocato specializzato in diritto del lavoro e relazioni industriali, è Partner dello Studio Legale Dla Piper e Responsabile del Dipartimento “Employment, Pensions & Bene-fit” dello Studio. Ha insegnato Diritto del Lavoro e Diritto della Previdenza Sociale presso presti-giose Università italiane. È collaboratore stabile del gruppo Il Sole 24 Ore, per il quale ha curato numerosi articoli, manuali e guide pratiche in materia di diritto del lavoro e relazioni industriali.

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Apprendistato

Capitolo 1

EVOLUZIOnE nORMAtIVA In MAtERIA DI AppREnDIstAtO

1.1 La formazione professionale nella prima parte della Costituzione

L’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato considerato solo in maniera indiretta dalla Costituzione, che dà un rilievo prioritario all’istruzione scolastica nella formazione dei giovani, mentre assegna alla formazione professionale un ruolo residuale e marginale; tale concezione è figlia di una rappresentazione ormai datata della formazione professionale, con-cepita come momento secondario e marginale del processo di apprendimento.

Tra le norme costituzionali che hanno rilevanza sul contratto di apprendistato devono esse-re menzionate quelle che disciplinano il lavoro e l’istruzione dei minori; per questi soggetti il contratto di apprendistato costituisce, tradizionalmente, il principale strumento di ingresso nel mercato del lavoro.

Queste norme, sulla falsariga della preesistente legislazione sociale, individuano l’esigen-za di una tutela speciale, diversa e più intensa rispetto a quella riconosciuta alla generalità dei lavoratori, in attuazione dei principi di eguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, di cui all’art. 3 della Costituzione.

I commi 1 e 3 dell’art. 37 della Carta Costituzionale individuano la necessità di fissare per legge l’età minima per l’ammissione al lavoro e la necessità di una legislazione in grado di prevenire l’usura psicofisica dei giovani lavoratori.

L’art. 37 Cost. garantisce anche il diritto dei minori alla percezione della medesima retri-buzione riconosciuta agli adulti, a parità di retribuzione (“La Repubblica tutela il lavoro dei mi-nori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”).

La norma vieta trattamenti differenziati in ragione della sola differenza di età, mentre non vieta – come concordano unanimemente dottrina e giurisprudenza – trattamenti differenziati per i giovani assunti con contratto di apprendistato; ciò in quanto per questi soggetti l’obbliga-zione retributiva è affiancata da quella formativa, che concorre a formare il corrispettivo per la prestazione svolta.

Accanto a queste norme di stampo garantistico, la Costituzione contiene principi di carat-tere promozionale che, al fine di rimuovere le discriminazioni dei minori sul lavoro, anche di natura retributiva, individuano nella formazione, sia di carattere scolastico sia di carattere professionale, lo strumento principale che può agevolare la qualificazione dei minori (ma non solo) e la loro capacità di inserirsi nel modo del lavoro.

Rientrano in questo filone l’art. 35, co. 2, Cost. che attribuisce alla Repubblica il compito di curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori, e l’art. 34, che impone almeno otto anni di istruzione inferiore, obbligatoria per tutti (“L’istruzione inferiore, impartita per alme-no otto anni, è obbligatoria e gratuita”).

Gli impegni che la Repubblica è chiamata ad adempiere in materia di istruzione e forma-zione devono essere letti in maniera coordinata con l’obbligo posto dall’art. 4 di creare le con-dizioni per dare attuazione al diritto al lavoro (“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto); il collegamento tra il

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2 Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

“diritto al lavoro” e le norme che impegnano la Repubblica a curare la formazione professio-nale dei lavoratori consente di dare un ruolo di centralità alla formazione nel disegno costi-tuzionale, che può essere individuata come uno degli strumenti in grado di agevolare l’attua-zione del diritto al lavoro stesso.

1.2 La prima disciplina del contratto

L’apprendistato trova una embrionale disciplina negli articoli 2130 e ss. del codice civile; si tratta di poche norme, che si limitano a tratteggiare alcuni elementi caratteristici dell’istitu-to (definito, nelle norme del codice, come “tirocinio”), senza disciplinare compiutamente i di-versi aspetti che vengono in rilievo nella fattispecie.

Nel disegno del codice civile, l’imprenditore che assume un tirocinante deve permettere al medesimo di frequentare i corsi per la formazione professionale; a questo obbligo, si ac-compagna quello di destinare l’apprendista solo ai lavori attinenti alla specialità professionale cui si riferisce il tirocinio (art. 2132 c.c.).

La retribuzione dell’apprendista non può assumere la forma di salario a cottimo (art. 2131 c.c.); tale divieto è giustificato dal fatto che la retribuzione a cottimo presuppone una capacità lavorativa che non può essere presente nell’apprendista, il quale non dispone delle competen-ze professionali di un lavoratore qualificato.

La durata del tirocinio non può superare i limiti fissati dalla legislazione speciale o dagli usi (art. 2130 c.c.); al termine del rapporto, il lavoratore ha diritto a ottenere dal datore di lavoro un attestato nel quale risulti il tirocinio svolto.

Queste poche norme sono state integrate nel dopoguerra con la prima legge organica in materia di apprendistato, la legge 19 gennaio 1955, n. 25.

La legge n. 25/1955 definisce l’apprendistato come uno speciale rapporto di lavoro dove il datore di lavoro si obbliga ad impartire o fare impartire all’apprendista assunto alle sue di-pendenze l’insegnamento necessario per diventare un lavoratore qualificato, utilizzando la propria opera nella sua impresa; il datore di lavoro, quindi, ha l’obbligo di impartire un’ade-guata formazione al lavoratore sia pratica che teorica (art. 16), in aggiunta alla retribuzione.

Il datore deve adempiere il proprio obbligo sia mediante l’addestramento pratico durante l’esecuzione del lavoro, sia attraverso l’insegnamento teorico, per consentire all’apprendista di conseguire le idonee capacità professionali.

La legge prevede una specifica e dettagliata regolamentazione dell’attività formativa, che deve essere realizzata mediante l’alternanza tra addestramento pratico e momenti di forma-zione teorica, definiti corsi complementari, da svolgersi fuori del luogo di lavoro.

L’obbligo di svolgimento dei corsi complementari è rimasto sostanzialmente inattuato, in quanto il D.P.R. 30.12.1956, n. 1668 (Regolamento per l’esecuzione della disciplina legislativa dell’apprendistato) ne ha notevolmente attenuato la portata.

L’art. 34 del predetto Regolamento, infatti, ha previsto che sino a quando il corso di inse-gnamento non sia istituito, e nell’intervallo tra un corso e quello successivo, le ore destinate all’insegnamento complementare sono utilizzate nell’impresa per l’addestramento pratico. In sostanza, è stata prevista una forma di adempimento transitorio dell’obbligo formativo che è diventata quella ordinaria, in quanto le Regioni hanno largamente eluso l’impegno all’orga-nizzazione dei corsi.

Un aspetto di rilievo della legge n. 25/1955 è l’introduzione degli incentivi di carattere economico (sotto forma di sgravi contributivi) e normativo (sotto forma di libertà di scelta del

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Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

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lavoratore, in deroga alle norme allora vigenti sul collocamento, e di facoltà di recesso al ter-mine del periodo di apprendistato) per le imprese che assumono apprendisti.

La legge assegna ai contratti collettivi il compito di disciplinare alcuni aspetti del rappor-to, come ad esempio la durata, entro il limite massimo fissato dalla legge (5 anni), ed il monte ore da destinare alla formazione teorica.

L’impianto della legge n. 25/1955 viene successivamente modificato dalla legge 2 aprile 1968, n. 424, che introduce una serie di controlli di carattere preventivo volti a reprime gli usi scorretti del contratto.

In particolare, viene introdotto l’obbligo di ottenimento di un’autorizzazione dell’Ispettora-to del lavoro per poter procedere alla stipula del contratto.

L’autorizzazione viene rilasciata previa verifica delle condizioni della prestazione di lavoro che dovrà essere resa, del tipo di formazione che s’intende impartire al lavoratore e della qua-lifica che, sulla base di tale formazione, potrà essere conseguita.

Inoltre, si introduce un limite quantitativo massimo di apprendisti che ciascun datore di lavoro può assumere; questi non possono superare il cento per cento delle maestranze spe-cializzate e qualificate che sono in servizio presso l’azienda.

1.3 Il pacchetto treu: il rilancio della finalità formativa

Dopo l’approvazione della legge del 1955, la disciplina del contratto di apprendistato è ri-masta sostanzialmente immutata fino alla seconda metà degli anni novanta.

Questo immobilismo legislativo ha creato uno scarto notevole tra la disciplina legislativa costruita e pensata negli anni Cinquanta e i fabbisogni della moderna economia tecnologica e industriale. Il contratto di apprendistato si è rivelato inadeguato sia per l’assunzione di ma-nodopera destinata allo svolgimento di compiti essenzialmente elementari, per la quale non era necessario l’addestramento professionale, sia per l’esecuzione di compiti che richiedeva-no elevate specializzazioni, per il cui svolgimento non era sufficiente il semplice addestra-mento sul lavoro; così, il contratto è rimasto confinato essenzialmente nel settore artigiano.

Le difficoltà del contratto sono state accentuate anche da alcune scelte di politica legisla-tiva; la crescente concentrazione di incentivi economici e normativi sui contratti di formazione e lavoro, caratterizzati da impegni formativi meno gravosi di quelli richiesti dall’apprendistato, ha indirizzato le imprese verso l’utilizzo di questo schema contrattuale.

A questi problemi si è accompagnata la cronica violazione degli obblighi di impartire la formazione, favorita dall’affidamento riposto sul datore di lavoro come unico soggetto chiama-to a curare questo adempimento.

Tale situazione ha spinto il legislatore degli anni novanta ad intervenire con decisione, per riportare al centro del rapporto l’obbligazione formativa. Questo intervento è stato realizzato con la legge 24.6.1997, n. 196 (c.d. Pacchetto Treu).

La legge riforma, in maniera incisiva, i criteri e le modalità di assolvimento dell’obbligo del datore di lavoro di impartire o far impartire la formazione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema di formazione professionale, e dei suoi canali di finanziamento.

In particolare, la legge riafferma il principio dell’alternanza tra formazione sul lavoro e formazione esterna all’impresa ma, soprattutto, fissa un monte ore minimo che, di media, per ciascun anno devono essere dedicate alla formazione esterna, pari a 120 ore.

Secondo la legge, i datori di lavoro possono beneficiare delle agevolazioni contributive connesse all’utilizzo del contratto solo a condizione che gli apprendisti partecipino ad attività

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4 Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

formative esterne all’azienda, con le modalità previste dai contratti collettivi di lavoro, ove queste attività siano state proposte formalmente dall’Amministrazione Pubblica competente (il concetto di proposta formale è utilizzato per circoscrivere la perdita degli sgravi alle sole ipotesi in cui la mancata erogazione della formazione sia addebitabile alla responsabilità del datore di lavoro, e non della Pubblica Amministrazione).

La legge rinvia ad un decreto ministeriale il compito di definire i contenuti delle attività formative, ponendo il vincolo che questi si suddividano in contenuti a carattere trasversale e contenuti a carattere professionalizzante; inoltre, si individuano come contenuti minimi della formazione alcune materie specifiche, quali la disciplina del rapporto di lavoro, l’organizzazio-ne del lavoro, le misure di prevenzione e tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

La legge fissa anche la durata minima e massima del rapporto, individuate rispettiva-mente in 18 mesi e 4 anni, in luogo della previgente disciplina che poneva una durata massima di 5 anni; resta ferma la facoltà della contrattazione collettiva di disciplinare tale durata, entro i limiti minimi e massimi di legge.

1.4 La riforma del titolo V della Costituzione

Con la modifica del Titolo V, Parte II della Costituzione (legge costituzionale n. 3/2001), la Repubblica è stata ridisegnata come ordinamento generale di cui lo Stato, le Regioni e gli enti locali sono componenti con pari dignità istituzionale; rispetto al testo previgente il quale sta-biliva che la Repubblica “si riparte in Regioni, Province e Comuni”, il nuovo sistema contempla un complesso di enti autonomi i quali, in condizioni di parità, fondano il proprio riconoscimen-to e la propria legittimazione direttamente sulla Carta costituzionale.

In coerenza con la nuova posizione istituzionale riconosciuta agli enti territoriali, è stato ridotto anche l’ambito della potestà legislativa del Parlamento. In particolare, è stato costruito un sistema che prevede tre diversi livelli di competenza legislativa (con dei riflessi ancora più marcati sul versante delle competenze amministrative): un nucleo di materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello stato, un altro nucleo di materie oggetto di compe-tenza concorrente di stato e Regioni (che, come vedremo, sta a significare che lo Stato detta i principi e ciascuna Regione le norme di dettaglio) e, infine, un terzo nucleo di norme riserva-te alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni.

Con il nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione lo Stato ha perso formalmente la competenza legislativa generale, mantenendo la potestà legislativa esclusiva solo rispetto ad alcune materie tassativamente elencate; tra le materie che hanno un riflesso, diretto o indiret-to, sul diritto del lavoro è opportuno ricordare la “tutela della concorrenza”, la “perequazione delle risorse finanziarie”, la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernen-ti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, e anche “l’ordinamento civile”. Quest’ultima materia è particolarmente importante per il diritto del lavoro.

La riserva di legge statale in questa materia sta a significare che le Regioni non possono in alcun modo disciplinare i rapporti interprivati, in quanto l’uguaglianza formale tra i cittadini può essere salvaguardata soltanto se il diritto privato è regolato in via esclusiva da chi rappre-senta la collettività nazionale. Questa preclusione si estende anche alle norme che regolano i rapporti di lavoro, in quanto tali norme sono una parte del diritto civile; ne consegue che le Regioni non possono in alcun modo regolare i rapporti di lavoro.

Con la riforma del Titolo V sono state individuate anche delle materie su cui lo Stato e le Regioni hanno una competenza legislativa concorrente (art. 117, co. 3, Costituzione). In con-

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Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

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creto la competenza concorrente funziona come segue: il legislatore statale fissa i principi generali di una certa materia, e ciascuna Regione detta la disciplina organica della medesi-ma materia, nel rispetto dei principi generali fissati dalla legge nazionale. Se il legislatore statale non approva una legge specifica, i principi di una certa materia possono essere desun-ti dalla legislazione statale vigente preesistente. Tra le materie devolute alla competenza concorrente c’è la “tutela e sicurezza del lavoro”. Si tratta di una definizione che ha creato molte incertezze interpretative, accentuate dal fatto che la sua introduzione non è stata prece-duta da un dibattito teorico e che non esistevano precedenti applicazioni normative di tale concetto.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale, supportata dalla dottrina maggioritaria, ri-tiene che la competenza in materia di “tutela e sicurezza del lavoro” si traduce nella compe-tenza concorrente delle regioni a regolare il mercato del lavoro: l’incontro tra domanda e of-ferta di manodopera, i servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro, intendendo per tali la programmazione e il coordinamento di iniziative volte ad incrementare l’incontro tra do-manda e offerta di lavoro, gli incentivi alle assunzioni di soggetti appartenenti a fasce deboli o svantaggiate, i sostegni alla nuova imprenditoria giovanile e femminile, i lavori socialmente utili, le politiche per l’inserimento al lavoro di soggetti disabili o svantaggiati, i tirocini forma-tivi e di orientamento.

Tutte le materie che non rientrano nella competenza esclusiva dello stato oppure nella competenza concorrente stato Regioni, sono di competenza esclusiva delle Regioni (articolo 117, co. 4, Costituzione). Su queste materie, la Regione può legiferare liberamente, dovendosi limitare solo a rispettare la Costituzione, l’ordinamento comunitario e gli obblighi internazio-nali, oltre ai limiti generali che derivano dalla riserva allo Stato di competenze legislative esclusive trasversali, che attraversano tutte le materie.

Questo principio, introdotto con la riforma del Titolo V, ha una portata molto rilevante, in quanto consente di affermare che la potestà legislativa generale viene posta in capo alle Re-gioni. Questa affermazione deve, in realtà, essere mitigata, in quanto alcune delle materie ri-servate alla potestà esclusiva statale (“la determinazione dei livelli essenziali”, “la tutela del-la concorrenza” o “le funzioni fondamentali degli enti locali”, ecc.) hanno estensione e contenuti talmente generali ed intersettoriali, da consentire sicuramente allo Stato un vasto ambito di intervento. Anche tenendo conto di questo, l’ampliamento delle competenze legisla-tive regionali è notevole. Una delle materie che viene a ricadere nell’ambito della potestà le-gislativa esclusiva delle Regioni è la formazione professionale, in quanto non viene espres-samente indicata tra le materie di competenza statale né tra quelle assegnate alla competenza concorrente Stato-Regioni.

Il primo banco di prova relativo al funzionamento delle nuove norme su lavoro e formazione contenute nella riforma del titolo V della Costituzione è stato il D.Lgs. n. 276/2003 (meglio noto come riforma Biagi). Tale disciplina ha provato a tener conto delle diverse competenze che vengono in rilievo quando si parla di apprendistato (Stato, Regioni, ma anche contrattazione collettiva, che da sempre ha un ruolo importante nella regolazione della materia); per provare a tenere in equili-brio i diversi aspetti, ha previsto un sistema di regolazione dell’istituto che assegnava alle Regioni e alla contrattazione collettiva alcuni compiti molto importanti per l’attuazione del contratto.

In particolare, tutta la parte relativa alle caratteristiche della formazione che deve essere erogata all’apprendista era rimessa alla disciplina delle Regioni (e delle Province Autonome di Trento e Bolzano); in questo modo si teneva conto del fatto che la formazione professionale rientrava nella competenza legislativa regionale. Questo ruolo doveva essere esercitato con forme diverse in relazione ai diversi tipi di apprendistato (raggiungimento di intese con il Mini-stero del Lavoro e dell’Istruzione, per l’apprendistato legato al diritto dovere di istruzione e formazione, o con le parti sociali, per l’apprendistato professionalizzante).

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6 Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

Il ruolo delle Regioni doveva tuttavia essere esercitato tenendo conto del fatto che nella disciplina dell’apprendistato convivono aspetti diversi tra loro, riconducibili ad attribuzioni di competenza diverse.

Infatti, accanto alla materia della formazione, la disciplina degli aspetti formativi del con-tratto coinvolgerebbe comunque le obbligazioni del datore di lavoro e del lavoratore, che sono riconducibili alla nozione di ordinamento civile e quindi alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

La convivenza di più competenze nella disciplina della materia spinse il legislatore del 2003 a non operare rigide distinzioni tra potestà legislativa statale e regionale, ma a creare dei mo-menti di raccordo tra esse, in attuazione del principio costituzionale di leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali (in tal senso si espressa anche la Corte Costituzionale, con la sen-tenza n. 50/2005).

1.5 La riforma Biagi: dall’apprendistato agli apprendistati

Il tentativo della legge n. 196/1997 di rilanciare la formazione come elemento essenziale del contratto di apprendistato riesce solo in parte; cresce il numero di apprendisti che parte-cipano effettivamente alle attività formative, ma il numero di datori di lavoro che utilizza que-sto contratto resta ancora insufficiente rispetto alle potenzialità.

Il D.Lgs. 10.9.2003, n. 276 (c.d. riforma Biagi) tiene conto di questi ritardi e interviene nuovamente sull’assetto legislativo esistente, modificando in profondità l’intera disci-plina del contratto: viene riformata la disciplina del rapporto di lavoro, cambiano le rego-le della formazione e si introducono modalità di esecuzione del rapporto prima scono-sciute.

Una novità rilevante della riforma consiste nell’innalzamento della soglia di età (portata a 29 anni) entro la quale il contratto può essere utilizzato, che si combina con l’aumento della durata del contratto, che può arrivare sino a sei anni.

Un altro asse portante della riforma consiste nella rimodulazione degli obblighi formativi: si attenua la rigidità della legge n. 196/1997, che imponeva di svolgere la formazione solo all’esterno dell’impresa, e si prevede la possibilità di svolgere il monte ore minimo annuo di 120 ore in maniera alternativa, all’esterno o all’interno dell’impresa.

Infine, viene introdotta una innovativa tripartizione del contratto, che può assumere tre diverse forme, in relazione al tipo di formazione svolta: apprendistato per il diritto dovere di istruzione e formazione, apprendistato professionalizzante, apprendistato per l’acquisizio-ne di un diploma universitario o percorsi di alta formazione.

Il primo e il terzo tipo di contratto prevedono percorsi formativi collegati al sistema dell’i-struzione, della formazione professionale e della formazione tecnica superiore o universitaria, mentre la seconda tipologia riprende la precedente figura di apprendistato.

Le tre diverse tipologie si distinguono tra loro per gli aspetti formativi e per le condizioni di utilizzo (età degli apprendisti, durata dei contratti), mentre sono soggette ad una disciplina unitaria per quanto riguarda gli aspetti legati al contratto di lavoro ed all’adempimento della prestazione lavorativa.

La prima di queste tipologie - l’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istru-zione e formazione (art. 48) - è un contratto che può essere utilizzato per l’assunzione di gio-vani e adolescenti che hanno compiuto 15 anni, ed è preordinato al conseguimento di una qualifica professionale.

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Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

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La seconda tipologia è l’apprendistato professionalizzante (art. 49); questo contratto è fi-nalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso formazione sul lavoro e acquisi-zione di competenze di base, trasversali e tecnico–professionali.

La terza ed ultima tipologia di apprendistato prevista dal D.Lgs. n. 276/2003 è l’apprendi-stato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione (art. 50).

Tale contratto, utilizzabile per l’assunzione di soggetti di età compresa fra 18 e 29 anni, per una durata variabile tra un minimo di 2 anni ed un massimo di 6, è finalizzato al conseguimen-to di un titolo di studio di livello secondario, universitario, di alta formazione o di una specializ-zazione tecnica superiore.

1.6 La complessa vicenda dell’apprendistato professionalizzante

Il combinato disposto delle norme contenute nel Titolo V della Costituzione e delle leggi ordinarie in materia di formazione ha causato diversi problemi applicativi; sulla base delle norme contenute nella riforma Biagi e delle integrazioni operate con la Legge n. 80/2005, pri-ma, e con il decreto legge n. 112/2008, poi, il contratto poteva essere assoggettato a ben tre diverse tipologie di regole.

Un primo sistema di regole trovava fondamento nell’art. 49, co. 5, del D.Lgs. n. 276/2003, ed era quello definito dalle norme regionali, approvate dopo aver raggiunto un’intesa con le parti sociali.

Un secondo sistema di regole trovava fondamento sempre nell’art. 49, co. 5 bis introdot-to dalla legge n. 80/2005, e coincideva con le discipline dei contratti collettivi nazionali di la-voro, che potevano regolare l’istituto in via temporanea, in caso di assenza o incompletezza della regolamentazione regionale.

Il terzo sistema di regole era quello contenuto nel co. 5 ter dell’art. 49, e introdotto dal decreto legge n. 112/2008. Secondo tale disciplina, anche a prescindere dalla regolamenta-zione regionale, i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o azienda-le da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dagli enti bilaterali potevano definire i criteri e le modalità per lo svol-gimento della formazione “esclusivamente aziendale”.

Questa situazione, già complessa, era resa ancora più articolata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 10/14 maggio 2010, n. 176, con la quale veniva dichiarato parzialmente in-costituzionale il co. 5 ter dell’art. 49, laddove escludeva completamente l’applicabilità della regolazione regionale alla formazione interna, lasciando di fatto la disciplina interamente alla contrattazione collettiva.

1.7 Le innovazioni del testo Unico

Questi problemi sembrano definitivamente superati con le norme del testo Unico, che semplificano in maniera massiccia la disciplina dell’istituto. La semplificazione si manifesta, innanzitutto, nella massiccia riduzione delle fonti legittimate a disciplinare la formazione dell’apprendista.

Viene superata la precedente disciplina nella quale, come abbiamo ricordato, gli aspetti formativi del contratto potevano essere regolati da tante fonti concorrenti e in conflitto tra loro (le norme regionali, la legge statale, i contratti collettivi).

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8 Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

Al posto di questa disciplina, se ne adotta una molto più semplice, che fa perno fa una scel-ta molto netta, al riguardo: il centro di regolamentazione dell’istituto diventa il contratto collettivo. Per l’apprendistato professionalizzante, si prevede che la disciplina degli aspetti formativi debba essere contenuta esclusivamente nei contratti collettivi oppure negli accordi interconfederali. Alle Regioni, che nella vecchia disciplina avevano un potere di intervento nor-mativo molto rilevante, viene chiesto di fare qualcosa di diverso: sono chiamate a organizzare un’offerta di formazione di carattere trasversale e di base, che integri e si aggiunga a quella prevista dal contratto collettivo. Solo per le altre due tipologie di contratto (apprendistato qualificante e apprendistato di alta ricerca) viene mantenuto un potere regolatorio delle Regio-ni, ma questo potere deve essere esercitato per mezzo della Conferenza Stato Regioni (per l’apprendistato qualificante) o può essere superato, in caso di inerzia, da intese dirette con il datore di lavoro (nell’apprendistato di alta ricerca).

Anche per queste forme di contratto, quindi, si opera una sensibile semplificazione della disciplina. Questa opera di semplificazione renderà sicuramente più semplice la scrittura del contratto di apprendistato, che avrà un sistema delle fonti molto semplificato. Nel caso del contratto professionalizzante, la disciplina del rapporto di lavoro sarà quella del Testo Unico, e la disciplina della formazione sarà quella del contratto collettivo: un salto in avanti notevole rispetto al sistema precedente. Resta solo un margine di incertezza in merito alla possibile tenuta costituzionale di questa disciplina. È sicuramente vero che la formazione professionale è una materia che rientra nella potestà legislativa esclusiva delle Regioni. È altrettanto vero che la Corte Costituzionale, a partire dalla sentenza n. 50/2005, ha invitato a considerare in maniera dinamica il riparto di competenze nella materia di apprendistato, in quanto convivono in essa profili diversi rimessi a livelli istituzionali differenti.

Per dirimere i possibili conflitti di regolazione, la Corte valorizza il criterio della leale col-laborazione tra livelli istituzionali. Nel caso della disciplina contenuta nel Testo Unico, la scel-ta di affidare alla contrattazione collettiva la regolamentazione della formazione è stata prece-duta da un accordo con la Conferenza Stato Regioni. È un passaggio importante che può testimoniare il pieno rispetto del principio di leale collaborazione. A ciò si aggiunga il fatto che il testo Unico non cancella il ruolo delle Regioni che, anzi, hanno la possibilità di disciplinare e organizzare un secondo canale di formazione, per un tetto massimo di ore predefinito (120 ore in 3 anni). Questi elementi potrebbero essere utili, qualora fosse sollevato un conflitto di attribuzione da parte di una o più Regioni, per confermare la piena legittimità costituzionale della norma.

Il testo Unico contiene anche importanti novità sostanziali. Oltre alla possibilità di utilizzare il contratto per i praticanti degli studi professionali,

si ammette l’utilizzo del contratto per i lavoratori in mobilità (senza limiti anagrafici), viene estesa la possibilità di utilizzare il contratto anche nel pubblico impiego e, infine, viene ammessa la possibilità di utilizzare il contratto nell’ambito della somministra-zione di manodopera. Anche sulla durata non mancano le novità. Le diverse tipologie di contratto possono durare, salvo eccezioni e casi particolari, per un massimo di 3 anni.

Il Testo Unico prevede infine un meccanismo transitorio che dovrebbe evitare gli impacci attuativi del passato. Si prevede che nel termine massimo di sei mesi il testo Unico sarà ap-plicabile, anche in presenza di norme regionali o collettive contrastanti con esso.

Allo stesso modo, si chiarisce che l’eventuale ritardo delle Regioni nella predisposizione dell’offerta integrativa non potrà bloccare l’utilizzabilità dell’apprendistato professionalizzan-te. Queste norme hanno trovato attuazione in larga misura per quanto riguarda l’apprendista-to professionalizzante, mentre l’apprendistato per la qualifica e quello di alta formazione sono ancora poco attuati.

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Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

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1.8 Il generale rinvio alla contrattazione collettiva

Il testo Unico contiene un doppio sistema di rinvii a fonti esterne. Un primo livello riguarda la disciplina dei profili formativi e, più in generale, della forma-

zione da attuarsi nel corso dei periodi di apprendistato. Tali rinvii sono specificati negli artico-li 3, 4 e 5, e si compongono in maniera diversa per ciascuna delle tre tipologie di apprendi-stato (qualificante, professionalizzante, di alta formazione): • per la formazione in apprendistato professionalizzante si rinvia alla contrattazione collet-

tiva, • per la formazione in apprendistato qualificante si rinvia ad apposite norme regionali, • per quella in alto apprendistato si rinvia ad intese tra le Regioni e le istituzioni formative.

Questo è il sistema di rinvii più noto, ed è quello cui faremo riferimento nel prosieguo dell’esposizione.

Va tuttavia considerato che il Testo Unico compie un altro rinvio che, al contrario dei precedenti, prescinde dalla tipologia di percorso formativo. L’art. 2 co. 1 del testo Unico prevede infatti che “la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accor-di interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da as-sociazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Il contratto collettivo di livello nazionale (o l’accordo interconfederale) diventa quindi la fon-te generale di regolazione del rapporto, con il solo vincolo del rispetto dei principi previsti dall’articolo 2. È da ritenere, tuttavia, che questa potestà regolatoria, nonostante la norma sul punto non dica nulla, trovi una limitazione anche nelle altre norme di legge che regolano il rapporto di lavoro, sia in generale (le norme del codice civile, ecc.) sia con riferimento agli aspetti previdenziali e contributivi. Se il legislatore avesse inteso conferire alla contrattazione collettiva un potere ancora più ampio, cioè quello di regolamentare il contratto in deroga alla legislazione vigente, avrebbe dovuto affermarlo espressamente; in mancanza di tale afferma-zione, il rinvio alla contrattazione collettiva si riduce alla semplice possibilità di integrare la normativa vigente.

L’EVOLUZIONE NORMATIVA IN MATERIA DI APPRENDISTATO

Codice civile e legge n. 25/1955 Previsione obbligo impartire e far impartire la formazione all’ap-prendista

Legge n. 196/1997 (Pacchetto Treu)

Obbligo 120 ore di formazione esterna

D.lgs. n. 276/2003 (Riforma Biagi)

Innalzamento età apprendisti a 29 anni

Liberalizzazione a tutti i settori

Individuazione tre tipologie contrattuali

Legge n. 80/2005 (Decreto competitività)

Facoltà della contrattazione collettiva di regolare la formazione in mancanza di norme regionali

D.L. n. 112/2008 (Decreto sviluppo)

Facoltà della contrattazione collettiva di regolare la formazione nei casi in cui è svolta in azienda, a prescindere dalle norme re-gionali

(continua)

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10 Capitolo 1 - Evoluzione normativa in materia di apprendistato

Apprendistato

- segue - L’EVOLUZIONE NORMATIVA IN MATERIA DI APPRENDISTATO

Testo Unico Centralità del contratto collettivo per la disciplina della formazio-ne del contratto professionalizzante

Semplificazione della disciplina delle tre tipologie di apprendistato

Fissazione della durata triennale del contratto

Riforma Fornero Conferma Testo Unico

Obbligo di conferma di almeno il 50% degli apprendisti, per chi vuole assumerne altri

Durata minima di 6 mesi

1.9 La riforma Fornero

Rispetto a questo assetto normativo, la riforma Fornero (legge n. 92/2012), nonostante gli annunci contenuti nelle dichiarazioni programmatiche che aprono il testo legislativo (dove addi-rittura viene individuata la finalità di far diventare l’apprendistato il contratto di ingresso preva-lente nel mercato del lavoro), si limita ad apportare pochi correttivi alla disciplina del testo Unico. È una scelta saggia che dovrebbe agevolare la messa a regime del nuovo contratto.

La prima innovazione consiste nell’introduzione di una norma che subordina la possibilità di assumere nuovi apprendisti al mantenimento in servizio, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, almeno il 50 per cento degli apprendisti già assunti.

Inoltre, viene prevista una durata minima di 6 mesi per il contratto, si chiarisce che du-rante il periodo in cui viene esercitata la disdetta continua ad applicarsi la disciplina dell’ap-prendistato e si precisa come funziona il regime di durata quinquennale per i profili artigiani.

Infine, la nuova disciplina prevede che un datore di lavoro può assumere apprendisti fino al raggiungimento del rapporto di 3 a 2 con le maestranze specializzate e qualificate (la di-sciplina precedente fissava un rapporto di 1 a 1, e quindi con la modifica viene ampliato il nu-mero di apprendisti che possono essere assunti).

Nel complesso, questi interventi confermano l’impianto del Testo Unico e dei primi contrat-ti collettivi, creando le premesse per una definitiva messa a regime di un contratto troppe volte interessato da problemi attuativi di varia natura.

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Apprendistato

Capitolo 2

IL RAppORtO DI LAVORO DELL’AppREnDIstA

2.1 natura, causa e oggetto del contratto di apprendistato

2.1.1 Un contratto di lavoro speciale e “prevalente”

L’apprendistato è un contratto di lavoro speciale, in quanto al suo interno convivono un normale rapporto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato e un rapporto di formazione a tempo determinato.

La convivenza di questi due rapporti è ben esplicitata nella definizione contenuta nell’arti-colo 1, co. 1 del Testo Unico; secondo la norma, l’apprendistato è un normale contratto di lavo-ro a tempo indeterminato, ma non solo, perché è anche un contratto “finalizzato alla forma-zione e alla occupazione dei giovani”.

La convivenza di questi aspetti fa sì che il contratto è disciplinato da regole speciali per il periodo in cui dura il rapporto di formazione; solo dopo al termine di questo periodo, se il datore di lavoro non esercita la propria facoltà di dare disdetta, queste regole speciali vengono meno, e il rapporto è soggetto integralmente alla disciplina ordinaria.

La doppia anima del contratto si riflette anche sulla causa del medesimo, da inten-dersi come la funzione economica sociale che assolve un contratto. La causa di un rap-porto di lavoro ordinario è lo scambio di lavoro e retribuzione. Nel rapporto di apprendi-stato, lo scambio è più complesso e articolato, poiché il datore di lavoro non deve limitarsi a pagare la retribuzione, ma è tenuto anche ad adempiere l’obbligo di impartire al lavoratore la formazione necessaria all’acquisizione della professionalità richiesta dalle mansioni svolte; allo stesso modo, sul lavoratore non grava solo il dovere di obbe-dienza e diligenza, ma è tenuto anche a partecipare alle attività formative proposte dal datore di lavoro.

La coesistenza di questi profili consente di affermare che il contratto di apprendistato ha una causa diversa dall’ordinario contratto di lavoro, e che consiste nello scambio tra presta-zione lavorativa e adempimento di due distinte obbligazioni, quella retributiva e quella forma-tiva. Per questo motivo il contratto viene comunemente ricondotto nella categoria dei c.d. contratti “a causa mista”.

La riforma Fornero (legge n. 92/2012), per enfatizzare la particolare valenza positiva che può dare il contratto di apprendistato al mercato del lavoro, all’articolo 1 co. 1 lett. b) individua come obiettivo prioritario quello di valorizzare l’apprendistato come “modalità prevalente” di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Questo obiettivo in concreto viene perseguito mediante l’abrogazione del contratto di inserimento, finalizzata a concentrare solo sull’ap-prendistato gli incentivi economici e normativi, e la previsione di un obbligo di conferma di almeno il 50% degli apprendisti assunti, come condizione da rispettare per chi vuole assumer-ne altri.

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12 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

IL cONTRATTO DI APPRENDISTATO: REgOLE ORDINARIE E REgOLE SPEcIALI

Regole applicabili durante il periodo formativo

Regole applicabili alla sca-denza del periodo formativo

Regole applicabili dopo la fine del periodo formativo

Disciplina ordinaria sui rap-porti di lavoro

Facoltà di disdetta ai sensi dell’art. 2118 del codice civile, senza onere di motivazione e con il solo rispetto del periodo di preavviso

Disciplina ordinaria sui rap-porti di lavoro, senza deroghe

Deroghe previste dal Testo Unico e dalle leggi speciali su:orarioinquadramentoretribuzioneobblighi formativi

Incentivo contributivo Prosecuzione di un anno dell’incentivo contributivo

2.1.2 Obbligazioni delle parti

Nell’ambito del contratto di apprendistato, il datore di lavoro deve rispettare le obbligazio-ni tradizionali che si accompagnano a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato (applicare le norme dei collettivi di lavoro, pagare la retribuzione, ecc.). L’adempimento di queste obbliga-zioni non esaurisce il compito del datore di lavoro dell’apprendista; questo deve adempiere anche tutte quelle obbligazioni coerenti con la causa formativa del contratto.

Pertanto, il datore di lavoro deve impartire, o far impartire, all’apprendista l’insegnamento necessario perché possa conseguire le conoscenze tecniche per diventare lavoratore quali-ficato, secondo la tipologia contrattuale di apprendistato applicata in concreto.

Inoltre, il datore di lavoro deve attuare tutti gli obblighi in materia formativa previsti dalla legge o dal contratto collettivo: redigere in forma scritta il piano formativo individuale (art. 2, co. 1, lett. a) del Testo Unico), nominare un tutor aziendale (lett. d), registrare la formazione effettuata sul Libretto Formativo del cittadino (lett. g), adempiere il percorso formativo pre-visto dal piano formativo individuale e coerente con la tipologia di apprendistato prescelta e vigilare sull’effettiva frequenza ai corsi (art. 7, co. 1, testo Unico), applicare le norme di si-curezza previste dal D.Lgs. n. 81/2008 per gli apprendisti.

Allo stesso modo, il lavoratore è soggetto a due concorrenti gruppi di obbligazioni. Deve rispettare le obbligazioni tipiche del rapporto di lavoro (dovere di obbedienza, dovere di fedel-tà, dovere di diligenza, ecc.) e, in aggiunta a queste, deve rispettare tutti gli obblighi propedeu-tici al corretto adempimento del percorso formativo, e quindi deve partecipare con assiduità e impegno alle iniziative promosse dal datore di lavoro.

ObbLIgAZIONI DELLE PARTI DEL cONTRATTO DI APPRENDISTATO

Datore di lavoro Apprendistato

- applicare le norme dei contratti collettivi - pagare la retribuzione- garantire la sicurezza sul lavoro

- rispettare i doveri tipici del lavoro subordinato (art. 2103 e ss. Codice civile e leggi speciali)

(continua)

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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- segue - ObbLIgAZIONI DELLE PARTI DEL cONTRATTO DI APPRENDISTATO

- impartire, o far impartire, all’apprendista l’insegnamento necessario perché possa con-seguire le conoscenze tecniche per diventare lavoratore qualificato

- attuare tutti gli obblighi in materia formativa previsti dal contratto collettivo

- redigere in forma scritta il piano formativo individuale

- nominare un tutor aziendale - registrare la formazione effettuata sul libret-

to formativo del cittadino - attuare il percorso formativo previsto dal

piano formativo

- partecipare con costanza e profitto alle inizia-tive formative previste dal piano formativo e proposte dal datore di lavoro

2.1.3 Le tre tipologie di formazione in apprendistato

Con l’approvazione della riforma Biagi (D.Lgs. n. 276/2003), il contratto di apprendistato è stato disciplinato secondo un percorso pluralista: accanto a una struttura unitaria del rappor-to di lavoro, è stata introdotta un’innovativa differenziazione dei percorsi formativi, che posso-no prendere tre strade diverse tra loro. Questa scelta è stata confermata dal Testo Unico, che prevede una disciplina uniforme del rapporto di lavoro, mentre mantiene una struttura diver-sificata su tre diversi percorsi della parte formativa. In questa ottica, quando si dice che esi-stono tre tipologie di apprendistato, si usa una terminologia non precisa dal punto di visto tecnico, poiché il contratto di apprendistato è uno solo, ma si fa riferimento alla tripartizione dei percorsi formativi.

La scelta tra l’uno o l’altro percorso, all’interno di un contratto che è sempre lo stes-so, comporta l’applicazione di regole diverse circa la formazione (i soggetti competenti a disciplinare la formazione, le modalità di espletamento e i contenuti della formazione) ma anche circa le condizioni di utilizzo del contratto (l’età e la durata del periodo forma-tivo).

LE TRE DIVERSE TIPOLOgIE DI APPRENDISTATO

tipologia Età possibile esito formativo

Durata massima Chi scrive le regole della formazione

Apprendistatoper la qualificaprofessionale

- da 15 a 25 anni - Qualifica

- Diploma pro-fessionale

- 3 anni in gene-rale

- 4 anni, in caso di diploma quadriennale regionale

Regioni, sulla base di un’inte-sa sottoscritta tra il ministero del Lavoro, il Ministero dell’I-struzione e le Regioni

(continua)

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14 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

- segue - LE TRE DIVERSE TIPOLOgIE DI APPRENDISTATO

Apprendistatoprofessionaliz-zante

- da 18 a 29 anni- chi ha una

qualifica professionale può stipulare il contratto a partire dai 17 anni

- non ci sono limiti di età per i lavoratori iscritti nelle

- liste di mobilità

- Conoscenza di un mestiere

- Qualifica previ-sta dai CCNL

- 3 anni in gene-rale

- 5 anni per i profili artigiani

- CCNL- Le Regioni pos-

sono integrare la disciplina collettiva con un’offerta di durata non superiore a 120 ore nel triennio

Apprendistatodi alta formazio-ne e ricerca

- da 18 a 29 anni - chi ha una

qualifica professionale può stipulare il contratto a partire dai 17 anni

- titolo di studio di livello secondario superiore

- titoli di studio universitari e della alta formazione

- dottorati di ricerca

- istruzione tec-nica superiore percorsi di specializzazio-ne tecnologica degli istituti tecnici supe-riori

- pratica profes-sionale

Decisa dalle Regioni

- Intese rag-giunte tra le singole Regio-ni, le istituzioni formative e le parti sociali

- In mancanza di tali intese, i datori di lavoro posso accor-darsi diretta-mente con gli enti formativi

Nella nuova disciplina del Testo Unico, il periodo di formazione si può articolare in tre pos-sibili diverse modalità: apprendistato per la qualifica, apprendistato professionalizzante, ap-prendistato di alta formazione.

Il primo e il terzo tipo di contratto prevedono percorsi formativi collegati al sistema dell’i-struzione della formazione professionale e della formazione tecnica superiore o universita-ria, mentre la seconda tipologia riprende la precedente figura di apprendistato.

Questa tripartizione è il frutto dell’apprezzabile intenzione di aprire l’apprendistato a una pluralità di opzioni formative, seguendo l’esempio di molti Paesi europei che lo utiliz-zano ampiamente per strutturare percorsi di formazione in alternanza (usualmente al fine di portare i giovani a una qualifica ma ormai spesso anche per formare tecnici diplomati e laureati).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

15

LE REgOLE cOMUNI A TUTTE LE TIPOLOgIE DI APPRENDISTATO

Durata Retribuzione e inqua-dramento

Incentivi contributivi Divieti e sanzioni

Il contratto è a tempo indeterminato

Il lavoratore può es-sere inquadrato fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante

viene applicata un’a-liquota contributiva ridotta (10 % della retribuzione imponi-bile)

Divieto di assume-re un numero di apprendisti superiore al 100% del personale qualificato presente in azienda

Il datore di lavoro può recedere liberamente alla fine del periodo formativo

In alternativa al sottoinquadramento, il datore di lavoro può stabilire la retribuzio-ne dell’apprendista in misura percentuale, con crescita graduale nel tempo

L’incentivo contri-butivo si applica per un altro anno dopo la fine del periodo formativo, in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato

La mancata erogazio-ne della formazione comporta sanzioni contributive (va restituito lo sgravio e deve essere pagata un’ulteriore somma di pari importo) e civili (il rapporto si può trasformare in un ordinario contratto di lavoro subordinato)

2.2. Assunzione dell’apprendista

2.2.1 Applicazione della disciplina ordinaria

La procedura di assunzione degli apprendisti segue le regole previste per l’instaurazione di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato; pertanto, il datore di lavoro che vuole assumere un apprendista, come ogni altro datore di lavoro, deve limitarsi a stipulare e sottoscrivere il contatto di lavoro e inviare la comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego.

Prima dell’approvazione della riforma Biagi era obbligatorio presentare la richiesta di au-torizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL), ma questo adempimento è stato can-cellato dal D.Lgs. n. 276/2003, con una scelta confermata dal Testo Unico.

L’ordinamento ha faticato a recepire in maniera completa la scelta della riforma Biagi di superare qualsiasi procedura di autorizzazione preventiva; molte Regioni, nel disciplinare la formazione in apprendistato, hanno introdotto delle procedure di controllo preventivo che, nel-la sostanza, hanno finito per riprodurre la vecchia autorizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro.

Il Ministero del Lavoro (Circolare n. 40/2004) ha provato ad arginare questo fenomeno, evi-denziando che a livello regionale non è consentita l’introduzione di procedure di autorizzazione preventiva; tuttavia, molte Regioni hanno continuato a introdurre procedure che pur non con-dizionando la validità del contratto, richiedono solo validazione preventiva del percorso forma-tivo (es. legge Regione Marche n. 2/2005).

Queste procedure sembrano legittime sul piano formale, in quanto non sono tecnicamente definibili come autorizzazioni: il contratto è valido anche senza il loro preventivo esperimento, anche se il percorso formativo non è “certificato” dalla Regione e quindi potrebbe essere con-

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16 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

testato in sede giudiziale. Tuttavia, pur essendo formalmente legittime, queste procedure ren-dono inutilmente complessa la fase di stipula del contratto, in particolar modo per quelle im-prese che hanno sedi in diverse Regioni e quindi devono fare i conti con discipline diverse da Regione a Regione. Proprio per evitare questo problema, l’art. 7, co. 10, Testo Unico, opera una semplificazione importante, prevedendo che per le imprese con sedi in più Regioni si applica solo la disciplina regionale applicabile alla sede legale dell’impresa.

Anche i contratti collettivi hanno faticato a tenere fede alla scelta di semplificazione fat-ta dal legislatore del 2003, in merito alle procedure di autorizzazione. Nella contrattazione collettiva sono spuntate, con una certa frequenza, procedure di validazione preventiva dei pia-ni formativi, che hanno finito per assomigliare alle vecchie e abrogate autorizzazioni della Di-rezione Provinciale del Lavoro.

Alcune norme collettive hanno affidato il compito di validare i piani formativi gli enti bilate-rali, e hanno subordinato la concessione di questa autorizzazione all’iscrizione dell’impresa ai diversi enti di settore. Il Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 40/2004 e la risposta ad inter-pello n. 16/2012, ha evidenziato con forza l’illegittimità di queste disposizioni, in quanto creano una forma di costrizione all’iscrizione all’ente bilaterale e, quindi, violano il diritto di libertà sindacale negativa di ciascun soggetto; tale diritto si sostanzia nel diritto di ciascun individuo di non iscriversi a nessuna organizzazione di derivazione sindacale, a meno che non lo voglia espressamente.

LA pROCEDURA DI AssUnZIOnE DELL’AppREnDIstA

Stipula del con-tratto di appren-distato

Stipula del piano formati-vo individuale (entro 30 giorni dalla stipula del contratto)

Visita preas-suntiva, se l’apprendista è minorenne

Comunicazione preventiva al Centro per l’Im-piego (1 giorno prima dell’as-sunzione)

Inizio rapporto

2.2.2 Assunzione di apprendisti minorenni

La procedura di assunzione cambia quando l’apprendista che si vuole assumere non ha ancora compiuto 18 anni; in questo caso, si applica una disciplina diversa da quella ordinaria, finalizzata a verificare la compatibilità dello stato di salute dell’apprendista minorenne con le future mansioni, anche alla luce della sua giovane età.

Al fine di realizzare questa verifica, l’assunzione deve essere preceduta da visita sanitaria, nel corso della quale il medico deve accertare che le condizioni fisiche consentano l’occupa-zione nel lavoro per il quale si procede all’assunzione (art. 8, co. 1, Legge 17.10.1967, n. 977, e successive modifiche).

L’obbligo di visita preassuntiva non è previsto solo per gli apprendisti minorenni, mi si ap-plica a tutti i lavoratori minori di 18 anni, a prescindere dalla tipologia contrattuale applicata. L’obbligo di visita sussiste solo nel caso in cui l’apprendista non ha compiuto la maggiore età; ove il requisito anagrafico sia stato raggiunto, non esiste alcun obbligo (era inizialmente pre-visto dall’art. 4, Legge n. 25/1955, ma è stato abrogato dall’art. 23, co. 5, Legge n. 133/2008).

Il mancato rispetto dell’obbligo della visita medica preassuntiva per gli apprendisti minori è sanzionato penalmente, con l’arresto non superiore a 6 mesi o un’ammenda di importo va-riabile fino a € 5.164,00 (art. 26, co. 2, Legge n. 977/1967).

Il datore di lavoro risponde dell’illecito anche se la visita non è stata fatta a causa del rifiu-to da parte delle strutture sanitarie locali di procedere.

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

17

Questo problema è emerso in quanto alcune Regioni, con proprie leggi, hanno escluso dalle com-petenze delle ASL il rilascio della certificazione di idoneità, e la Corte Costituzionale (sentenza 1° giugno 2004, n. 162) ha dichiarato legittime le norme locali aventi questo contenuto. Dopo la senten-za della Consulta, il Consiglio di Stato (parere 9.11.2005, n. 3208) ha affermato che l’obbligo della vi-sita medica di idoneità fisica dei minori con conseguente rilascio della certificazione resta in vigore.

Dalla lettura combinata di questi provvedimenti, è derivata l’interpretazione sopra ricorda-ta: in caso di rifiuto da parte delle AsL locali di effettuare la visita medica, il datore di lavoro deve far effettuare, a sue spese, al minore (e quindi anche all’apprendista minore) la visita presso un altro medico.

Il Ministero del Lavoro, con risposta a interpello del 19.7.2006, n. 25, ha precisato che la visi-ta medica del minore deve essere svolta da un medico che risulti giuridicamente incardinato nell’ambito dell’organizzazione sanitaria pubblica. Il Ministero riconduce in questa definizione sia il professionista che abbia un rapporto di dipendenza con il Servizio Sanitario Nazionale, quale medico della struttura ospedaliera pubblica ovvero dell’ASL, sia il professionista che operi in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, quale è il medico di medicina generale.

$ARRIVA LA FORMULA tRE pER DUE

Possibilità di avere in azienda un maggior numero di apprendisti ma anche il vincolo di confermarne in servizio almeno una parte per poter proseguire con nuove assunzioni. La riforma del lavoro consente, alle imprese con almeno dieci dipendenti, di assumere tre apprendisti ogni due lavoratori specializzati. L’opportunità, però, non vale per le imprese di dimensioni più piccole per le quali resta valido il limite precedente di un apprendista a fronte di ogni addetto specializzato, mentre per chi non ha almeno tre la-voratori qualificati c’è la possibilità di assumere fino a tre apprendisti e rimangono inalterate le previsioni specifiche di settore per le imprese artigiane. Sempre per quanto riguarda il comparto artigiano, la nor-ma consente di portare a cinque anni la durata dell’apprendistato professionalizzante per i profili carat-terizzanti la figura dell’artigiano, rinviando alla contrattazione collettiva l’onere di individuare tali profili.

La riforma, però, introduce anche un vincolo all’assunzione di apprendisti. Infatti è stato stabilito che un’impresa deve aver mantenuto in servizio, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, almeno il 50% degli apprendisti già assunti. La quota del 50% è ridotta al 30% fino al 18 luglio 2015 e non si applica alle aziende con meno di dieci dipendenti. Nel conteggio del personale confermato non devono essere con-siderati i rapporti cessati per mancato superamento della prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. In caso di violazione delle regole da parte del datore, gli apprendisti sono considerati lavo-ratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla loro assunzione, con perdita degli sgravi contributivi previsti per questa tipologia contrattuale e le altre particolarità connesse. Il ministero del Lavoro, invece, ha già precisato che il parere di conformità del piano formativo allegato al contratto di apprendistato è utile per definire il percorso formativo dell’apprendista ma non può condizionare la stipula o la validità del contratto di lavoro.

Il sole 24 Ore – norme e tributi, 18 luglio 2012

2.2.3 Comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego

Il datore di lavoro che intende assumere un apprendista deve inviare la comunicazione obbli-gatoria al Centro per l’Impiego, come previsto dalla normativa comune in materia di lavoro (art 9 bis, co. 2, Legge 28.11.1996, n. 608, e successive modifiche). In particolare, il datore di lavoro deve comunicare l’assunzione al Centro per l’Impiego competente per territorio, entro il giorno antece-dente a quello di instaurazione del rapporto, seguendo l’apposita procedura telematica.

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18 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

La comunicazione deve contenere i dati necessari per identificare le parti del rapporto e la sua struttura contrattuale; devono essere comunicati i dati anagrafici dell’apprendista, la data di iscrizione del lavoratore nei libri obbligatori, l’espressa indicazione dell’apprendistato quale tipologia contrattuale utilizzata, la qualifica professionale attribuita all’apprendista all’atto dell’instaurazione del rapporto e il trattamento economico e normativo applicato.

L’obbligo di comunicazione deve essere adempiuto entro le ore 24 del giorno antecedente a quello di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro; tale termine deve essere rispettato anche se si tratta di un giorno festivo. Solo in casi particolari urgenza, connessi a esigenze produttive, la comunicazione può essere effettuata entro 5 giorni dall’instaurazione del rap-porto di lavoro; tuttavia, prima dell’avvio del rapporto deve comunque essere inviata una co-municazione semplificata, in cui sono indicati i dati essenziali del rapporto (data di inizio, generalità del lavoratore e del datore di lavoro).

Il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione comporta l’applicazione in capo al datore di lavoro delle sanzioni amministrative previste dalla legge, ma non inficia la vali-dità del contratto di apprendistato.

Come già ricordato in precedenza, nessuna autorizzazione preventiva deve essere richiesta alla Direzione Provinciale del Lavoro, così come non sono legittime eventuali norme regionali o collettive che subordinano la validità e l’efficacia del contratto all’espletamento di procedure di autorizzazione preventiva.

2.2.4 patto di prova

Nel contratto di assunzione dell’apprendista può essere inserita, come in ogni altro con-tratto di lavoro, una clausola con cui viene pattuita la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto, entro un termine prestabilito (periodo di prova). Durante il periodo di prova, il rapporto di lavoro si svolge normalmente, e le parti sono soggette agli obblighi tipici connessi alla loro posizione contrattuale; l’unico obbligo aggiuntivo del datore di lavoro è quel-lo di consentire l’esperimento della prova.

Il patto di prova non è soggetto alla regola generale della libertà di forma, ma deve risul-tare da atto scritto a pena di nullità del patto stesso e conseguente impossibilità di recedere liberamente dal rapporto per mancato superamento della prova (Cass. SS.UU. 9.3.1983, n. 1756). Tale principio vale in generale per qualsiasi patto di prova (art. 2096 c.c.) e viene ribadi-to dal Testo Unico con specifico riferimento all’apprendistato (art. 2, co. 1, lett. a).

Il patto di prova deve indicare in maniera specifica e non generica le mansioni da esple-tarsi, senza possibilità che queste siano individuate in via indiretta (Cass. 31.10.2001, n. 13525); tuttavia, la giurisprudenza consente di assolvere tale onere mediante indicazione della quali-fica di assunzione, ove questa corrisponda a una declaratoria del contratto collettivo che de-finisce le mansioni comprese nella qualifica (Cass. 9.6.2006, n. 13455).

In merito alla durata massima del periodo di prova, la legge n. 25/1955 stabiliva un tetto di due mesi per l’apprendista. Tale normativa è stata integralmente abrogata dal Testo Unico e, in mancanza di una diversa indicazione, si applica la disciplina ordinaria, secondo la quale la durata massima del periodo di prova deve essere definita dai contratti collettivi nazionali di lavoro; in mancanza, il periodo di prova può avere una durata massima di sei mesi, come risulta indirettamente dall’art. 10, Legge n. 604/1996 (tale norma dichiara applicabile la tutela contro il licenziamento ingiustificato una volta decorsi sei mesi dall’instaurazione del rapporto di lavoro, anche nel caso in cui sia pattuito un periodo di prova avente durata più lunga).

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o di indennità (art. 2096, co. 3, c.c.; tale disciplina è stata giudicata legittima dalla Corte Costituzionale, con le sentenze n. 189/1980 e n. 172/1996).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

19

Il recesso può essere disposto in qualsiasi momento, salvo il caso in cui il patto di prova stabilisca una durata minima della prova; in tal caso la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza di tale termine.

Inoltre, il datore di lavoro non è tenuto a fornire alcuna motivazione circa il mancato supe-ramento della prova; la libertà di recesso del datore di lavoro si traduce nell’ampia discre-zionalità che egli può utilizzare nell’effettuazione della valutazione delle capacità e dell’at-titudine professionale e individuale del lavoratore (Cass. 10.6.1999, n. 5714).

Il recesso è tuttavia invalido qualora sia esercitato per un motivo illecito, e cioè per un mo-tivo diverso dalla valutazione circa l’esito della prova (Corte Costituzionale 22.12.1980, n. 189, Cass. 12.3.1999, n. 2228).

Per invalidare il licenziamento discriminatorio, il lavoratore ha l’onere di provare che il re-cesso è stato determinato da motivo illecito o che la prova non si è svolta in tempi o modalità adeguati o che essa è stata positivamente superata.

PERIODO DI PROVALe norme

Articolo 2096 Codice civile

L’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzia-nità del prestatore di lavoro.

Art. 2, co. 1, lett. a) Testo Unico

La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi….nel rispetto dei seguen- ti principi: a) forma scritto del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individua-le…

Elementi essenziali del patto di prova

Forma scritta

indicazione delle mansioni per le quali sarà esperita la prova

indicazione della durata e dell’eventuale preavviso

durata massima di 6 mesi (o del minore periodo previsto dai contratti collettivi)

2.3. Forma del contratto

2.3.1 Obbligo di forma scritta

Per quanto riguarda la forma del contratto di apprendistato, il Testo Unico conferma una delle novità introdotte dalla riforma Biagi, l’obbligo di forma scritta (a suo tempo previsto

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20 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

dagli artt. 48, 49 e 50 del d.lgs. n. 276/2003); prima della riforma, vigeva la regola generale della libertà di forma di cui all’art. 1350 del codice civile.

L’art. 2, co. 1, lett. a) del testo Unico prevede l’obbligo di redigere il contratto in forma scritta, con l’indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto; al contratto deve inoltre essere allegato un piano formativo individuale, che costituisce parte inte-grante del contratto stesso, e contiene la descrizione del percorso formativo formale e non formale, esterno o interno all’impresa, che l’apprendista deve seguire durante tutta la durata del rapporto.

La scelta di imporre la forma scritta, in deroga al principio generale contenuto nel codice civile, si giustifica con l’esigenza di dare evidenza formale agli impegni che assume il datore di lavoro in merito agli obblighi formativi, in modo da agevolare la successiva verifica del loro corretto adempimento.

Tuttavia, il mancato utilizzo della forma scritta non comporta la nullità del contratto. L’art. 2, co. 1, lett. a) del Testo Unico infatti non prevede che la forma scritta del contrat-to, del piano formativo individuale e del patto di prova debba essere utilizzata “a pena di nullità”. Questo significa che la forma scritta è necessaria solo ai fini di prova, e quindi anche in sua mancanza sarebbe teoricamente possibile fornire una prova con mezzi diversi.

Tale ricostruzione vale per il contratto e per il piano formativo individuale, mentre non vale per il patto di prova, in quanto abbiamo visto che questo è soggetto alla disciplina ordinaria del codice civile, che richiede la forma scritta del patto di prova a pena di nullità.

SchEMA. cONTRATTO DI APPRENDISTATO PROfESSIONALIZZANTE

Egr. Sig.

(nome e cognome lavoratore)

(data e luogo)

Oggetto: assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante

Egr. Sig. (nome), come anticipato verbalmente, siamo lieti di comunicarLe la Sua assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante alle dipendenze della nostra società, alle condizioni di seguito descritte.

Disciplina del rapportoIl presente rapporto di lavoro è disciplinato, oltre che dalle norme del codice civile e dal Testo Unico sull’Apprendistato, dal contratto collettivo nazionale di lavoro per le imprese del settore (indicare settore) e dalla contrattazione territoriale e aziendale applicabile ai rapporti di lavoro alle dipendenze della Società.

Inquadramento e mansioniIl contratto di apprendistato è finalizzato al conseguimento, attraverso lo svolgimento del per-corso formativo previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, della qualifica di (inserire qualifica).Per il conseguimento della predetta qualifica, lei sarà inquadramento nel livello (specificare livello di inquadramento, ed eventuali crescite di livello dopo un certo periodo), con mansioni di (specificare mansioni).

sede di lavoroLa sede di lavoro è presso l’unità produttiva di (specificare sede), fatta salva la sua disponibilità a svolgere temporaneamente attività in trasferta o in distacco.

(continua)

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

21

- segue - SchEMA. cONTRATTO DI APPRENDISTATO PROfESSIONALIZZANTE

patto di provaIl periodo di prova è pari a (indicare periodo non superiore a quello previsto dal contratto colletti-vo) giorni. Durante questo periodo, e fino alla sua scadenza, ciascuna delle parti potrà risolvere il presente contratto mediante una comunicazione scritta, senza obbligo di preavviso.

FormazioneNel corso del periodo di apprendistato Lei dovrà partecipare alle attività specificate nel Piano For-mativo Individuale allegato al presente contratto, di cui costituisce parte integrante e sostanziale.

tutorLa Società ha nominato come suo Tutor aziendale il Sig. (nome e cognome), il quale si occuperà di supportarla nell’esecuzione del Piano Formativo Individuale.Il Tutor, inoltre, si occuperà di trasmetterle le competenze necessarie all’esercizio dell’attività lavorati-va e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne alla nostra azienda e la formazione sul luogo di lavoro, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva applicata dalla Società.

Durata del periodo formativoAi sensi del contratto collettivo nazionale di lavoro, la durata del periodo di apprendistato è fissata in anni (inserire durata, fino al termine massimo di 3 anni), a decorrere dal (inserire primo giorno di lavoro).

Eventuale disdetta al termine del periodo formativoAl termine del periodo di formazione di cui al punto precedente, la Società potrà recedere dal rap-porto di lavoro, comunicando per iscritto la propria disdetta ai sensi dell’art. 2118 del codice civile.La disdetta di cui al punto precedente dovrà essere comunicata con un preavviso di (inserire du-rata preavviso, come previsto dal contratto collettivo) rispetto alla data di scadenza del periodo di formazione.In caso di mancata disdetta entro il termine di preavviso di cui al punto precedente, il rapporto prose-guirà secondo le norme comuni.

RetribuzioneLa Sua retribuzione è stabilita in riferimento al suo livello di inquadramento iniziale (o in alternativa: è stabilita in misura percentuale dell’…% rispetto alla retribuzione spettante al livello di inquadramento cui corrisponde la qualifica finale) così come previsto dalla normativa vigente.La sua retribuzione, pertanto, sarà composta dalle seguenti voci:(inserire voci retributive)La retribuzione nella misura indicata verrà corrisposta per (specificare se 13 o 14) mensilità.

Ferie, permessi e orario di lavoroLei avrà diritto a un periodo di ferie annuali retribuite e ad un monte ore di permesso retribuito alle condizioni e nei limiti previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro.Per quanto concerne la durata normale del lavoro effettivo settimanale si rinvia al predetto contratto collettivo.

Obbligo di fedeltà e segretezzaLei dovrà attenersi scrupolosamente all’obbligo di fedeltà, ai sensi dell’art. 2105 del codice civile. L’inosservanza di tale obbligo determinerà la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa.Lei assume altresì l’obbligo di attenersi alla più rigorosa riservatezza circa i dati e le notizie che verranno in sua conoscenza, anche occasionalmente, nel corso del rapporto di lavoro e si impegna comunque a non divulgare e a non utilizzare tali dati e notizie per scopi diversi da quelli per cui ne venisse a conoscenza.

Iscrizione nel Libro UnicoLa informiamo che abbiamo iscritto il Suo nominativo nel Libro Unico del lavoro, di cui all’art. 39, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112. Le consegniamo, inoltre, copia della comunicazione di instaura-zione del rapporto di lavoro allegata al presente contratto di assunzione, che contiene tutte le

(continua)

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22 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

- segue - SchEMA. cONTRATTO DI APPRENDISTATO PROfESSIONALIZZANTEinformazioni previste dal d.lgs. 26 maggio 1997, n. 152.

****

Letto, firmato e sottoscritto (data e luogo)

La Società (nome)

in persona del suo legale rappresentante pro tempore

Sig. (nome e cognome)

Il lavoratore

Sig. (nome e cognome)

2.3.2 Forma scritta del piano Formativo Individuale

Un elemento essenziale del contratto di apprendistato è il piano formativo individuale. Me-diante questo documento, le parti definiscono in concreto quale sarà il percorso formativo dell’apprendista (per una disamina approfondita si rinvia all’apposito capitolo). Proprio in ra-gione dell’importanza di questo documento, l’art. 2, co. 1, lett. a) del Testo Unico prescrive l’adozione della forma scritta anche riguardo al piano Formativo Individuale.

La stessa norma prevede che il piano debba essere sottoscritto entro 30 giorni dalla sti-pulazione del contratto, chiarendo quindi che non è richiesta la firma del piano contestual-mente all’assunzione.

Inoltre, la norma chiarisce che tale documento potrà essere redatto dalle parti individuali del contratto anche facendo ricorso a moduli e formulari definiti dalla contrattazione collettiva e dagli enti bilaterali.

Si tratta di un rinvio alla contrattazione collettiva coerente con l’impostazione generale del Testo Unico, che assegna a tale fonte un ruolo centrale nella disciplina del contratto.

sChEMA. pIAnO FORMAtIVO InDIVIDUALE(n.b. dovrà tenersi conto dei modelli previsti dai CCNL)

piano Formativo Individuale del sig. (nome e cognome)

Rapporto di lavoro Il presente Piano Formativo Individuale si applica al rapporto di lavoro in essere tra il Sig.(nome e cognome) e la Società (nome), come meglio specificato dal contratto di lavoro cui il presente Piano Formativo è allegato.

Qualifica da conseguireIl contratto di apprendistato è finalizzato al conseguimento della qualifica di (inserire qualifica finale).A tal fine, il lavoratore sarà inquadrato come segue:(inserire livello di inquadramento iniziale, ed eventuali livelli superiori attribuiti dopo un certo periodo)

Esperienze formative e di lavoro

Titoli di studio

(continua)

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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- segue - sChEMA. pIAnO FORMAtIVO InDIVIDUALE (n.b. dovrà tenersi conto dei modelli previsti dai CCNL)

Percorsi di istruzione secondaria o universitaria frequentati ma non conclusi

Percorsi formativi diversi da quelli scolastici e universitari

Precedenti esperienze lavorative

Precedenti contratti di apprendistato (indicare tipologia e durata)

Eventuali qualifiche professionali possedute

tutorL’attuazione del presente Piano Formativo Individuale sarà coordinata dal Sig. (nome e cognome), che assumerà la qualifica di Tutor ai sensi della normativa vigente.Il Tutor possiede i requisiti previsti dalla normativa vigente e, in particolare, è inquadrato nel livello (specificare livello) e possiede (indicare anni) anni di esperienza lavorativa.(N.B. Precisare se si tratta del titolare, di un socio o di un familiare coadiuvante, in quanto nelle im-prese con meno di 15 dipendenti e nelle imprese artigiane le funzioni di Tutor possono essere svolte anche dai soggetti sopraindicati)

percorso formativoL’apprendista, tenuto conto delle competenze possedute e della qualifica da conseguire, dovrà seguire il seguente percorso formativo:

primo anno- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di

competenze di carattere trasversale in materia di (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL; ad esempio, igiene e sicurezza sul lavoro, rapporto di lavoro, organizzazione azien-dale, ecc.)

- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-petenze di carattere tecnico professionale (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL)

secondo anno- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-

petenze di carattere trasversale in materia di (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL; ad esempio, igiene e sicurezza sul lavoro, rapporto di lavoro, organizzazione aziendale, ecc.)

- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-petenze di carattere tecnico professionale (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL)

terzo anno- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-

petenze di carattere trasversale in materia di (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL; ad esempio, igiene e sicurezza sul lavoro, rapporto di lavoro, organizzazione aziendale, ecc.)

- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-petenze di carattere tecnico professionale (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL)

(continua)

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24 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

- segue - sChEMA. pIAnO FORMAtIVO InDIVIDUALE (n.b. dovrà tenersi conto dei modelli previsti dai CCNL)

terzo anno- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-

petenze di carattere trasversale in materia di (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL; ad esempio, igiene e sicurezza sul lavoro, rapporto di lavoro, organizzazione aziendale, ecc.)

- nn. (indicare numero di ore di formazione) ore di formazione finalizzata all’acquisizione di com-petenze di carattere tecnico professionale (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL)

Modalità di erogazione della formazione La formazione sarà svolta con le seguenti modalità: (fare riferimento a quanto previsto dal CCNL)

RinvioPer ogni aspetto non disciplinato dal presente accordo, il percorso formativo sarà disciplinato dalle norme dei contratti collettivi, nazionali o di secondo livello, applicati dalla Società.Il presente Piano Formativo potrà essere aggiornato in caso di cambiamento della disciplina collettiva e, in ogni caso, qualora sia necessario procedere al suo adeguamento per tenere conto dell’evoluzione tecnologica, organizzativa e produttiva dell’impresa.

****

Letto, firmato e sottoscritto (data e luogo)

La Società (nome)

in persona del suo legale rappresentante pro tempore

Sig. (nome e cognome)

Il lavoratore

Sig. (nome e cognome)

2.4. Durata del periodo di formazione

2.4.1 Durata del contratto e del periodo formativo

Nel contratto di apprendistato convivono due rapporti, che seguono regole diverse e con-correnti: il rapporto di lavoro è un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indetermi-nato, soggetto alla regole ordinarie (fatti salvi alcuni elementi di specialità che servono ad adattare il rapporto alle peculiari caratteristiche del lavoratore apprendista), mentre il periodo di apprendistato è un rapporto di durata determinata soggetto a regole speciali, che variano secondo il percorso di formazione svolto (qualificante, professionalizzante, di alta formazione).

Il coordinamento tra questi due rapporti e, in particolare, della diversa regola di durata che li caratterizza (rapporto di lavoro, a tempo indeterminato, periodo formativo, a tempo determinato) viene realizzato dall’art. 2, co. 1, lett. m) del Testo Unico.

La norma prevede che le parti possono recedere alla fine del periodo di formazione me-diante comunicazione inviata nel rispetto di un periodo di preavviso, e senza la necessità di alcuna motivazione.

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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$sEMAFORO ROssO pER L’AppREnDIstA

Solo il 10% delle aziende lo sceglie - Assunti 7.700 ragazzi nel 2010 - DISAFFEZIONE - Nonostante le ultime riforme di Fornero e di Sacconi, cala in generale il ricorso a questo tipo di contratto: -17% nel biennio 2009-10

L’apprendistato per minorenni non decolla. Orari di lavoro incompatibili con la formazione esterna, man-sioni poco adatte a ragazzi molto giovani, aziende in difficoltà che per rilanciarsi preferiscono affidarsi a personale più maturo e qualificato. E così, nonostante il riordino della normativa sugli apprendisti (Testo unico Sacconi dell’ottobre 2011) e il recente “drafting” operato dalla riforma del lavoro targata Elsa For-nero (con forti incentivi per i datori di lavoro) sempre più imprese dichiarano di «non essere disponibili» a sottoscrivere contratti di apprendistato con under 18 (per la qualifica professionale, con implicazioni an-che sul diritto-dovere all’istruzione). Un semaforo rosso acceso dal 58,7% di imprese. A differenza invece dell’apprendistato professionalizzante (quello cioè che serve a “far apprendere un mestiere”) che viene preferito dal 75,5% del campione di aziende intervistate dal Censis in una indagine “esplorativa” (condotta su un panel di 231 imprese, quasi tutte del settore terziario e che collaborano con la formazione profes-sionale), che sarà presentata al «Seminario Europa 2012», organizzato a Catania, dal 5 al 7 settembre, dal Ciofs-Fp (Centro italiano opere femminili salesiane - Formazione professionale).E se negli ultimi cinque anni il 70,1% di datori di lavoro intervistati ha detto di avere stipulato contratti di apprendistato, nell’84,6% dei casi lo hanno fatto solo a favore di apprendisti maggiorenni. Mentre nel 4,3% dei casi, e cioè appena in sette aziende, il giovane assunto era minorenne (nel 10,5% dei casi, pari a un numero complessivo di 17 imprese, invece sono stati assunti apprendisti sia minorenni che maggiorenni).A scoraggiare l’utilizzo dell’apprendistato per la qualifica professionale sono diversi fattori, non ulti-mo «una normativa più rigida che richiede, generalmente, più formazione esterna», hanno sottoline-ato dal Censis. Ma è pure vero che il 31,4% delle aziende intervistate ha dichiarato di non aver avuto modo di approfondire la nuova normativa sugli apprendisti. Ed è interessante notare anche come la propensione ad assumere in apprendistato minorenni sia più elevata nelle imprese di piccolissime dimensioni (1-2 addetti, soprattutto). A differenza invece dell’apprendistato professionalizzante che è più gettonato, specie, tra le aziende con oltre 10 addetti. Eppure l’apprendistato per ragazzi in diritto-dovere all’istruzione «può rappresentare un sforzo dell’intero sistema sociale (aziende-scuola-enti locali) per recuperare la dispersione scolastica, che soprattutto al Sud veleggia abbondantemente sopra il 20%», ha evidenziato Lauretta Valente, presidente di Ciofs-Fp.Come accade per esempio in Germania dove il percorso in apprendistato è visto come una sorta di “anno scolastico-lavorativo”, e le micro-imprese che non avrebbero modo di accollarsi dei costi aggiuntivi (ma sono disponibili alla formazione) sono agevolate da enti locali, camere di commercio, e altre istituzioni simili.In Italia invece non è un mistero come siano ormai diversi anni che l’utilizzo dell’apprendistato, ri-spolverato nel 2003 dalla legge Biagi, sia in continua diminuzione. Nonostante, specie con le ultime due riforme Sacconi e Fornero, siano espressamente previsti una serie di sgravi contributivi per l’a-zienda che lo utilizza, e normativi, come per esempio la possibilità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante (per mansioni svolte). Secondo l’ultima fotografia scattata dall’Isfol (febbraio 2012) sono 542mila i giovani in apprendistato, pari al 15% degli occupati tra i 15 e i 29 anni d’età. Ma nel biennio 2009-2010 si è registrato un calo complessivo del 17%, con punte più alte per il segmento dei minorenni, soprattutto se occupati nelle aziende artigiane. L’ap-prendistato professionalizzante è risultato essere il più diffuso, mentre i minori in apprendistato sono risultati in netto calo, e nel 2010 sono corrisposti ad appena 7.700 unità, comunque assunti con contratto professionalizzante. Gli apprendisti in alto apprendistato sono solo qualche centinaio.

Claudio tucci

Il sole 24 Ore, 22 agosto 2012

Pertanto, il rapporto è sempre a tempo indeterminato, sia prima che dopo la scadenza del periodo di formazione, ma al momento in cui scade tale periodo si apre una “finestra” nella quale ciascuna delle parti può decidere se recedere dal rapporto, senza dare alcuna giustifica-

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26 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

zione, o proseguire secondo le regole comuni.Quando si parla di durata del contratto di apprendistato, si fa riferimento a questa partico-

lare disciplina e, in particolare, alla scadenza del periodo di formazione e alla relativa possibi-lità di disdetta.

Solo in questi termini, si può parlare di durata del contratto di apprendistato: quello che ha una durata predeterminata è, in realtà, il periodo di formazione, e tale durata rileva in quanto serve a fissare il momento di apertura della finestra normativa che consente – solo per quel periodo e in deroga alla regola ordinaria – di recedere senza dare alcuna giustificazione dal rapporto.

2.4.2 Durata minima

Nonostante l’attenzione principale del legislatore e delle parti sociali sia rivolta sulla dura-ta massima del periodo di formazione, la legge si occupa anche della durata minima di tale periodo.

In particolare, secondo quanto prevede l’art. 2, co. 1, lettera a-bis) del Testo Unico, come modificato dalla riforma Fornero (Legge n. 92/2012), il periodo di formazione deve avere una durata minima di 6 mesi. Tale vincolo è coerente con l’esigenza di dare concre-tezza alla parte formativa del contratto: una durata troppo breve non consente di svolgere un periodo adeguato di formazione. Da notare che il legislatore è stato sin troppo benevo-lo, se si considera che la legge Biagi introdusse un limite di durata minima di 2 anni, anche se tale scelta durò molto poco, e fu ben presto revocata. Il limite di durata minima non si applica agli apprendisti stagionali, per i quali – unico caso – è possibile frammentare il contratto sulla base di tanti micro rapporti di durata anche inferiore, in un arco temporale molto ampio previsto dai contratti collettivi (il CCNL Turismo prevede un arco temporale di 48 mesi).

2.4.3 Dibattito antecedente al testo Unico

Prima dell’approvazione del Testo Unico, la qualificazione dell’apprendistato come rapporto a termine oppure rapporto a tempo indeterminato aveva dato luogo a interpretazioni difformi.

Era pacifico che all’apprendistato non si applicavano le norme sul contratto a termine con-tenute nel D.Lgs. 6.9.2001, n. 368: tale esclusione era sancita espressamente dall’art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 368/2001, che include i rapporti di apprendistato tra i contratti non rientranti nel campo di applicazione del decreto.

Tuttavia, questa esclusione non era considerata sufficiente per decidere se l’apprendistato doveva essere qualificato come uno speciale rapporto a termine, oppure come un rapporto a tempo indeterminato (ugualmente speciale).

Vi erano diverse norme che definivano la fase di passaggio dal periodo di apprendistato al periodo successivo come una “trasformazione” a tempo indeterminato del rapporto (così l’art. 21, co. 6, Legge n. 56/1987, e l’art. 4bis, co. 5, D.Lgs. n. 181/2002).

Questa incertezza era accresciuta dagli artt. 47, 48 e 49 D.Lgs. n. 276/2003, che parlavano – con riferimento a ciascuna delle tre tipologie di contratto disciplinate nel decreto legislativo – di “durata del contratto” di apprendistato.

Questa dicitura poteva legittimare la ricostruzione dell’apprendistato come un contratto a tempo determinato; tuttavia, la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza considerava errata questa ricostruzione, e anche il Ministero del Lavoro, interpellato al riguardo, riconobbe una diversa natura al contratto (Ministero del Lavoro, risposta a interpello n. 79/2009).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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Sul piano teorico e dottrinale veniva messo in evidenza che la presenza della disdetta im-pedisce di considerare l’apprendistato come un rapporto a termine: se il contratto avesse una propria autonoma scadenza, dovrebbe interrompersi automaticamente, senza la necessità di comunicare la disdetta.

Tale ricostruzione è stata confermata in sede giurisprudenziale, anche a livello costitu-zionale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 169 del 28.11.1973, si era occupata della que-stione in epoca lontana, quando ancora vigeva la Legge n. 25/1955, e aveva sostenuto che l’apprendistato doveva essere assimilato a un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tem-po indeterminato e, sulla base di ciò, aveva riconosciuto la piena applicabilità a tale rapporto della Legge n. 604/1966 (la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali).

In un’epoca più recente, quando le norme della Legge n. 25/1955 erano state integrate dal Pacchetto Treu, prima, e dalla Riforma Biagi, dopo, la giurisprudenza di merito è tornata ad occuparsi della questione, giungendo alla stessa conclusione: il contratto di apprendistato deve essere considerato come un contratto a tempo indeterminato, al cui interno c’è un pe-riodo di formazione che ha una durata determinata (Tribunale Milano, 13.8.2002, e Tribunale Milano 17.6.2005).

Come detto, questi problemi ricostruttivi sono ampiamente superati dal Testo Unico. Il de-creto, con maggiore precisione terminologica rispetto alla disciplina previgente, distingue chiaramente la durata del “contratto di lavoro” - che è a tempo indeterminato, art. 1 co. 1 - dal-la durata del “periodo di formazione” – che ha una durata predeterminata (art. 2, co. 1, lett. m); quando si parla di “durata dell’apprendistato”, quindi, si fa riferimento solo alla durata del pe-riodo formativo, e non alla durata del contratto di lavoro.

La durata del periodo formativo, peraltro, varia in funzione della tipologia di apprendistato utilizzata dalle parti (artt. 3, 4 e 5 Testo Unico), e non è fissata direttamente dalla legge, che si limita a individuare la fonte competente e un eventuale tetto massimo di durata.

L’idea di fondo che sta dietro a questa costruzione è che la durata dei contratti viene defini-ta in funzione della disciplina della formazione che viene data dai soggetti deputati a tale compito, e quindi tiene conto di questo percorso.

2.4.4 Durata dell’apprendistato qualificante

Per quanto riguarda l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale (c.d. ap-prendistato qualificante, art. 3 Testo Unico), la durata del periodo di formazione è stabilita (insieme ai profili formativi del contratto) dalle Regioni e dalle province Autonome di trento e Bolzano, previo accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le Regioni e le province Autonome di trento e di Bolzano, e sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Questi soggetti devono definire la durata del periodo formativo in maniera graduale rispetto alla qualifica o al diploma da conseguire; in ogni caso, il periodo formativo non può avere una dura-ta superiore a tre anni, elevabili a quattro nel caso di diploma quadriennale regionale (art. 3, co. 1).

2.4.5 Durata dell’apprendistato professionalizzante

Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante (definito anche contratto di mestie-re, art. 4 Testo Unico), la durata del periodo di formazione deve essere definita da appositi accordi interconfederali oppure dai contratti collettivi (art. 4, co. 2, Testo Unico).

I contratti collettivi e gli accordi interconfederali possono stabilire una durata differenziata

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28 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

del periodo di formazione in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione con-trattuale da conseguire.

In ogni caso, la contrattazione collettiva non può stabilire una durata del periodo formati-vo superiore ai 3 anni (viene quindi ridotto il periodo massimo previsto dall’art. 49, D.Lgs. n. 276/2003, che fissava un tetto di durata massima di 6 anni).

Il tetto dei 3 anni vale per tutti i settori professionali, ad eccezione dell’artigianato: la contrattazione collettiva di tale settore, infatti, potrà individuare specifiche figure professiona-li per le quali il periodo formativo potrà durare fino a 5 anni (art. 4, co. 2).

L’art. 2, co. 2 del Testo Unico assegna al contratto collettivo anche il compito di fissare la durata minima del rapporto (fermo restando il limite minimo di 6 mesi).

Viene trovato, in questo modo, un punto di mediazione tra la prima disciplina della legge Biagi, che fissava una durata minima del contratto a due anni (così l’art. 49, D.Lgs. n. 276/2003), la modifica apportata in seguito a tale disciplina (con la Legge n. 133/2008) con la quale era stato cancellato qualsiasi tetto di durata minima, e l’ulteriore correttivo della legge n. 92/2012, che ha messo il tetto minimo di 6 mesi.

2.4.6 Durata dell’apprendistato di alta formazione e ricerca

Per quanto riguarda il contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca, l’art. 5 del Testo Unico assegna il compito di fissare la durata del periodo di formazione ad apposite intese stipulate tra le Regioni, con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei pre-statori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le Università, gli istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca.

Per questa tipologia di apprendistato, al contrario delle altre due disciplinate dal Testo Unico, non viene stabilito un tetto massimo di durata. Questo significa che le intese regionali avranno ampia discrezionalità nella fissazione della durata del relativo periodo formativo; pro-babilmente il legislatore ha omesso di individuare un tetto per questa tipologia formativa, in quanto ha ritenuto opportuno che la durata del periodo di formazione fosse collegata ai singo-li percorsi di studio individuati dalle istituzioni regionali e formative deputate a firmare l’intesa.

Il co. 3 dell’art. 5 prevede un meccanismo sostitutivo, che consente al singolo datore di lavoro di disciplinare (e di conseguenza utilizzare) il contratto, nel caso in cui non siano firmate le intese regionali. Secondo tale meccanismo, possono essere stipulate apposite convenzioni dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le isti-tuzioni formative o di ricerca: in tali accordi, dovrà essere fissata anche la durata del rapporto.

DURATA DEL PERIODO fORMATIVO NELLE DIVERSE TIPOLOgIE DI APPRENDISTATO

tipologia di apprendistato Durata massima Fonti abilitate a stabilire una durata più breve

Qualificante - 3 anni in generale - 4 anni, in caso di diploma

quadriennale regionale

Intese Stato – Regioni

Professionalizzante - 3 anni in generale- 5 anni per i profili artigiani

Contratti collettivi nazionali di lavoro

Di ricerca e alta formazione Non c’è un tetto legislativo Accordi Regioni – enti formativi (in mancanza, accordi datori di lavoro – enti formativi)

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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2.4.7 proroga del periodo formativo in caso di eventi particolari

Prima dell’approvazione del Testo Unico, era oggetto di dibattito la possibilità di proroga-re il termine di scadenza del periodo formativo, in presenza di eventi particolari (malattie, maternità e congedi parentali, assenze per servizio militare, ecc.) che determinano la so-spensione del rapporto per lunghi periodi.

Il D.Lgs. n. 276/2003 non disponeva nulla al riguardo, e la lacuna normativa è stata col-mata dalla giurisprudenza con alcune importanti indicazioni (Cass. 28.9.2010, n. 20357). Se-condo la giurisprudenza, quando l’apprendista si assenta dal lavoro per un periodo prolun-gato, il datore di lavoro può prorogare la scadenza del periodo formativo per un periodo pari a quello dell’assenza; questa possibilità deve essere concessa perché la disciplina dell’apprendistato implica che il lavoro e l’insegnamento devono essere effettivi (la sentenza n. 20357/2010 parla di “principio di effettività”), e quindi non possono essere considerati vali-di, ai fini del completamento del periodo di apprendistato, periodi consistenti di inattività, che impediscono il completamento del percorso di apprendimento e qualificazione.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha elaborato anche una casistica delle si-tuazioni che possono dare luogo alla sospensione del rapporto.

Con riferimento al servizio di leva, è stato osservato che il contratto di apprendistato può essere prorogato per un periodo corrispondente al tempo trascorso durante tale servizio.

Anche le assenze per maternità o congedo parentale (i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa di cui al D.Lgs. 26.3.2001, n. 151, noto come Testo Unico della Maternità e Pa-ternità) sono considerate rilevanti ai fini della proroga dell’apprendistato, e comportano uno spostamento del termine del rapporto per un periodo pari a quello della sospensione (in tal senso anche INPS, msg. 9.3.2010, n. 6827): questo perché durante i periodi di assenza per maternità o per congedo parentale viene meno l’elemento essenziale della formazione.

La Cassazione si è occupata anche del caso in cui il rapporto di apprendistato venga tem-poraneamente sospeso per esigenze aziendali. Anche in questa ipotesi, è stata ammessa la possibilità di spostare il termine finale del rapporto, in quanto è indifferente che l’interruzio-ne del rapporto di apprendistato sia imputabile al lavoratore ovvero a comprovate esigenze produttive dell’impresa: ciò che rileva è che l’insegnamento venga effettivamente impartito per un periodo di tempo non inferiore a quello ritenuto congruo dalla contrattazione collet-tiva (Cass. n. 6134/2000).

Se l’assenza è dovuta al godimento delle ferie, invece, non si verifica nessuno sposta-mento del termine finale del periodo formativo, in quanto tale assenza è prevista e prevedi-bile al momento di instaurazione del rapporto e quindi non altera gli impegni formativi presi.

Per i casi di assenza per malattia, la giurisprudenza non fissa un criterio oggettivo, ma si limita a stabilire che il datore di lavoro deve valutare caso per caso l’incidenza dell’as-senza sul rapporto di apprendistato e sul corretto adempimento degli obblighi formativi.

Sul tema si è espresso anche il Ministero del Lavoro (risposta a interpello n. 34/2010), il quale ha osservato che i periodi di sospensione di durata inferiore al mese non possono mai determinare la proroga del periodo di apprendistato; diversamente, nel caso di periodi di assenza più lunghi la valutazione andrà effettuata caso per caso dall’impresa, sulla base del principio di effettività e quindi sull’effettiva incidenza dell’assenza sulla realizzazione del programma formativo.

Per ciascuno dei casi che legittimano la proroga del contratto di apprendistato la giuri-sprudenza, ha ritenuto necessaria l’adozione di una particolare procedura da parte del da-tore di lavoro: questi ha l’onere di comunicare la scelta al lavoratore prima della scadenza originaria, spiegando anche le ragioni della proroga e indicando con precisione la data di

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30 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

nuova scadenza del periodo formativo.La giurisprudenza ha, quindi, introdotto un onere di comunicazione preventiva, il cui

mancato rispetto comporta la perdita della possibilità di prorogare la scadenza originaria, anche quando vi sarebbero i presupposti per procedere al differimento.

2.4.8 Disciplina della proroga nel testo Unico

L’interpretazione data dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa è stata trasferita e generalizzata, con alcune modifiche, nel Testo Unico che, per la prima volta, disciplina la questione mediante una norma di legge.

Prevede l’art. 2, co. 1, lett. h), che il periodo di formazione in apprendistato può essere prorogato solo in caso di assenza per malattia, infortunio o altra causa di sospensione invo-lontaria del rapporto, quando tali assenze abbiano, considerate singolarmente, una durata superiore a 30 giorni.

Resta quindi valida e confermata la casistica elaborata dalla giurisprudenza e l’utilizzo del criterio dei 30 giorni per la valutazione della rilevanza dell’assenza.

La norma prevede inoltre che la proroga si applichi “secondo quanto previsto dai contratti collettivi”; questo inciso si traduce in una delega molto ampia alla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello, anche aziendale), che potrà definire casi e condizioni di applicazione della proroga.

La legge nulla dice in merito all’onere per il datore di lavoro di comunicare la proroga, in-trodotto per via giurisprudenziale dalla Corte di Cassazione; è da ritenere che, anche nel vigo-re della nuova disciplina, tale onere debba essere rispettato, salvo che la contrattazione col-lettiva non preveda forme e modalità alternative di comunicazione della proroga.

EVENTI chE DETERMINANO LA PROROgA DEL PERIODO DI APPRENDISTATO

Evento Rilevanza ai fini della proroga

Oneri datore di la-voro

Durata della pro-roga

Malattia e infortunio Si, a condizione che la sospensione del rapporto duri almeno 30 giorni

Il datore di lavoro deve comunicare all’apprendista lo spostamento del termine, le ragioni e la nuova data in cui cessa il periodo formativo

Il CCNL può disci-plinare in maniera diversa tale adempi-mento

La proroga ha una durata pari al periodo di sospensione del rapporto

Il CCNL può prevede-re una diversa inci-denza della sospen-sione sulla durata del periodo formativo

Maternità o congedo parentale

servizio militare

Esigenze aziendali

Casi previsti dalla contrattazione col-lettiva

Si, a condizione che la sospensione del rapporto duri almeno 30 giorni e che siano rispettate le altre condizioni previste dal CCNL

Ferie Il godimento delle ferie non determina alcuno spostamento del termine finale del periodo formativo

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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2.4.9 Regime contributivo durante i periodi di proroga

Il datore di lavoro continua a godere degli sgravi contributivi anche in caso di sospensio-ne e proroga del rapporto di apprendistato. In particolare, gli sgravi si applicano durante i periodi di sospensione del rapporto, e restano applicabili se, al termine del periodo di forma-zione, il datore di lavoro decide di prorogare il rapporto per un periodo pari all’assenza del lavoratore (rispettando gli oneri di comunicazione definiti dalla giurisprudenza).

Durante questi periodi, quindi, le aliquote contributive ridotte continuano a trovare applica-zione fino al termine del rapporto di apprendistato (così si è espresso l’INPS, msg.n. 6827/2010); nella stessa logica, anche in caso di proroga del periodo iniziale spetta lo sgravio di durata di un anno riconosciuto in favore dei datori di lavoro che confermano in servizio gli apprendisti.

2.5. Retribuzione e inquadramento

2.5.1 trattamento retributivo e specialità del rapporto

L’apprendistato è un ordinario contratto di lavoro subordinato e, in quanto tale, è sogget-to alle regole comuni del rapporto di lavoro. Il rapporto presenta tuttavia forti caratteri di spe-cialità, che investono in maniera profonda la disciplina di alcune obbligazioni contrattuali.

Uno dei profili su cui incide maggiormente la specialità del rapporto è la disciplina della retribuzione. Gli apprendisti sono lavoratori che non hanno ancora acquisito un livello di qualificazione pari a quello degli altri dipendenti; inoltre, la loro prestazione lavorativa non è compensata solo dal trattamento retributivo, in quanto essi ricevono oltre allo stipendio an-che una formazione strutturata.

Queste due motivazioni rendono legittima la differenziazione retributiva degli apprendisti rispetto ad altri lavoratori; tale differenziazione, come vedremo, può attuarsi mediante il c.d. sottoinquadramento o, in alternativa, con la percentualizzazione della retribuzione.

La giurisprudenza di legittimità, in una pronuncia molto risalente nel tempo, ha tuttavia ricordato che anche verso il lavoratore apprendista si applica l’art. 36 della Costituzione, e pertanto ad esso deve essere riconosciuta una retribuzione che sia proporzionata alla quan-tità e qualità del lavoro, e che sia sufficiente a soddisfare i suoi bisogni (Cass. 10.7.1991, n. 7621); in ossequio a tale principio, è stato sostenuto che le norme collettive che disciplinano in maniera differenziata il trattamento retributivo degli apprendisti sono legittime e conformi all’art. 36 della Costituzione, a condizione che esse contengano un principio di gradualità dei trattamenti in relazione all’anzianità di servizio, al fine di far crescere la retribuzione di pari passo con l’apprendimento professionale.

Tale gradualità è oggetto di espressa considerazione nel Testo Unico che prevede (art. 2, co. 1, lett. c) espressamente una modulazione delle penalizzazioni retributive in funzione dell’an-zianità di servizio dell’apprendista.

2.5.2 La disciplina della retribuzione nel testo Unico

La retribuzione dell’apprendista è disciplina espressamente nell’art. 2, co. 1, Testo Unico. La lettera b) ribadisce il tradizionale divieto di quantificazione della retribuzione con il sistema del cottimo; la lettera c) prevede la possibilità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori ri-spetto a quello applicabile per la qualifica che intende conseguire e applicare la relativa retribuzio-

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32 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

ne. In alternativa a tale sistema, la norma consente di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale rispetto a quella ordinaria, ma tenendo conto dell’anzianità di servizio.

Vediamo in dettaglio la struttura e la finalità di tali norme.

2.5.3 Divieto di retribuzione a cottimo

Il divieto di stabilire la retribuzione dell’apprendista con le regole del cottimo ha origini antiche. Già l’articolo 11, lett. f), della Legge n. 25/1555 vietava l’adozione di questo sistema retributivo; il divieto è stato ribadito dall’art. 49 co. 4, lett b) D.Lgs. n. 276/2003, e trova oggi collocazione nell’art. 2, co. 1, lett. b) del Testo Unico.

Il principio non ha mai subito modifiche in occasione dei tanti cambi di normativa succedu-tisi perché il sistema del cottimo non è mai stato ritenuto compatibile con le caratteristiche professionali del lavoratore apprendista, e con le finalità di addestramento sottese al contrat-to di apprendistato.

La retribuzione a cottimo è rapportata al conseguimento di un determinato risultato pro-duttivo; viene stabilito preventivamente il compenso spettante per ciascuna unità di prodotto, e la retribuzione viene fuori a consuntivo, dalla moltiplicazione di questo valore unitario per le unità di prodotto ottenute.

Lo scopo del cottimo è, quindi, quello di incentivare il lavoratore a lavorare su ritmi supe-riori rispetto a quelli ordinari o comunque pagare solo la parte di lavoro che ha dato risultati tangibili (come accade con il lavoro a domicilio, che è per sua natura compatibile solo col si-stema del cottimo). È di tutta evidenza che entrambe queste finalità non si conciliano con la struttura del rapporto di apprendistato.

Il lavoratore apprendista è, per definizione, un lavoratore che deve acquisire le informazio-ni e le conoscenze necessarie a diventare un lavoratore qualificato; per questo motivo, la sua prestazione deve essere sempre improntata in via prioritaria all’apprendimento, e non all’in-cremento indiscriminato della capacità di lavoro.

Come è stato correttamente affermato, il divieto di cottimo risponde all’esigenza di evitare che l’apprendista possa subire un pregiudizio dall’applicazione di una retribuzione commisu-rata al risultato, proprio in ragione della minore capacità produttiva dovuta evidentemente a una minore esperienza di lavoro (Ministero del Lavoro, risposta a interpello 1 marzo 2007, n. 13).

$L’AppREnDIstA sOttOpAGAtO hA DIRIttO AL RICALCOLO

D. Se un datore di lavoro retribuisce ad una tariffa inferiore al CCNL un apprendista, ma paga i contributi sul minimale retributivo spettante, decade dal beneficio della contribuzione e può essere, quindi, essere soggetto a rettifica da parte degli enti previdenziali e assistenziali?

R. Il testo unico sull’apprendistato (D.Lgs. 167/2011) non pone come condizione per la fruizione del-la contribuzione ridotta per gli apprendisti l’avere corrisposto le retribuzioni contrattuali previste, soprattutto se i contributi sono stati calcolati sull’imponibile corretto. L’avere retribuito l’apprendi-sta in misura inferiore dà diritto a quest’ultimo di chiedere le differenze, più interessi e rivalutazio-ne e il ricalcolo degli istituti differiti e indiretti connessi alla retribuzione spettante.

a cura di pietro Gremigni

Il sole 24 Ore – L’Esperto risponde, 27 agosto 2012

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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Il sistema di pagamento a cottimo nel tempo è stato oggetto di sperimentazioni che hanno prodotto sistemi più articolati. È stato sperimentato il c.d. cottimo misto, nel quale si prevede il riconoscimento di una retribuzione fissa cui si aggiunge una parte variabile in funzione delle unità di prodotto conseguite (c.d. utile di cottimo).

In passato era sorto il dubbio circa la compatibilità di questa forma particolare di cottimo con l’apprendistato, ma il Ministero del lavoro (risposta a interpello n.13/2007) ha fissato alcu-ne rigide condizioni per la sua ammissibilità. In particolare, secondo il Ministero può essere legittimo il pagamento all’apprendista dell’utile di cottimo, ma solo quando tale voce retributi-va non sia connessa o dipendente dal risultato produttivo conseguito dal lavoratore. Con tale affermazione ambigua, il Ministero del Lavoro di fatto ha escluso la legittimità dell’utile di cottimo, in quanto se la voce retributiva deve essere sganciata dal risultato produttivo, non è una vera e propria forma di cottimo.

2.5.4 sottoinquadramento e retribuzione

L’apprendista può essere inquadrato in una categoria inferiore di uno o due livelli rispetto alla categoria spettante in applicazione del CCNL ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto (art. 2, co. 1, Testo Unico).

Questo significa che all’apprendista, una volta inquadrato in uno o due livelli inferiori ri-spetto a quello che spetta ai lavoratori in possesso della qualifica cui lui mira, può essere ri-conosciuta la retribuzione corrispondente al livello inferiore di inquadramento.

Tale sistema retributivo ha trovato una prima disciplina legislativa nell’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003, ma tale disposizione è stata applicata in maniera diversa dalla contrattazione collet-tiva.

Alcuni contratti collettivi hanno usufruito fino in fondo della facoltà offerta dalla legge, pre-vedendo due livelli di sottoinquadramento per gli apprendisti; altri contratti collettivi invece hanno previsto solo la possibilità di inquadrare l’apprendista in un livello inferire rispetto a quello finale, soprattutto nel caso di mansioni di livello particolarmente semplici. In una posi-zione intermedia, alcune norme collettive hanno previsto un sottoinquadramento iniziale di due livelli, ma dopo un certo periodo hanno previsto la crescita di un livello.

2.5.5 Coordinamento con la retribuzione percentuale

Dopo l’approvazione dell’art. 53, D.Lgs.n. 276/2003, si è posto il problema di capire se il sistema del c.d. sottoinquadramento era compatibile con la retribuzione percentuale, sistema retributivo diverso che aveva origini antiche e non era disciplinato dalla nuova normativa. La disciplina della retribuzione percentuale trovava origine nell’art. 13 della Legge n. 25/1955, la quale riconosceva la possibilità di pagare all’apprendista una retribuzione definita in percen-tuale rispetto a quella dei colleghi qualificati.

Dopo che la riforma Biagi ha introdotto il sistema del sottoinquadramento, senza discipli-nare la retribuzione percentuale, è sorto il problema di capire se i due sistemi potevano cumularsi o se invece erano alternativi.

Il Ministero del Lavoro ha affrontato la questione con diverse circolari. In un primo momen-to, la Circolare 14.10.2004, n. 40, ha sostenuto che il sistema della retribuzione percentuale, pur non essendo stato abrogato dall’art. 53, non può applicarsi quando si applica il sottoinqua-dramento. In seguito, il Ministero è tornato sul tema con la Circolare 15.7.2005, n. 30 nella quale ha ribadito la vigenza di ambedue i sistemi, senza affrontare in dettaglio la questione del

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34 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

loro coordinamento.Molto più significativo è stato l’intervento del 2007 quando, con una risposta a interpello

(1.10.2007, n. 28), il Ministero ha definito le regole di coordinamento tra i diversi sistemi retri-butivi. Osserva il Ministero nella propria nota che nella generalità dei casi deve applicarsi agli apprendisti il sistema retributivo legato al c.d. sottoinquadramento; tale regola generale deve essere derogata solo nei casi in cui dalla procedura di percentualizzazione derivi, in concreto, un trattamento più favorevole per il prestatore. Ove si verificasse tale ipotesi, secondo il Mini-stero, in virtù del principio di favore verso il lavoratore, dovrebbe applicarsi la percentualizza-zione.

Questa interpretazione è stata in seguito parzialmente corretta da una novella legislativa. La Legge 23.12.2009, n.191, infatti, ha inserito nel corpo della riforma Biagi, precisamente all’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003, un articolo 53 bis, il quale prevede espressamente la possi-bilità di applicare la percentualizzazione in alternativa al sottoinquadramento, mentre non ri-pete il criterio della prevalenza del sistema più favorevole.

2.5.6 Retribuzione percentuale

Dopo la novella apportata alla riforma Biagi, la possibilità di applicare la retribuzione per-centuale in alternativa al sottoinquadramento è stata confermata anche nel Testo Unico. L’art. 2, co. 1, lett. c) assegna alla contrattazione collettiva la facoltà di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale rispetto alla retribuzione spettante ai lavoratori addet-ti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il consegui-mento delle quali è finalizzato il contratto.

Anche in questa norma, come nella versione precedente contenuta nel D.Lgs. n. 276/2003, non viene previsto alcun criterio di prevalenza tra i due sistemi retributivi, e pertanto la scelta tra i due potrà essere operata liberamente dalla contrattazione collettiva, sulla base di una semplice valutazione di opportunità.

La norma riconosce, tuttavia, il diritto dell’apprendista a un trattamento economico cre-scente per ogni fase del rapporto di apprendistato. Tale diritto trova fondamento nell’inciso secondo cui l’apprendista ha diritto a una retribuzione “graduale, anche in rapporto all’anzianità di servizio”; questa precisazione deve essere intesa nel senso che la retribuzione deve cresce-re insieme alla crescita dell’anzianità lavorativa e al presumibile miglioramento della presta-zione lavorativa.

LA RETRIbUZIONE DELL’APPRENDISTA

Forma retributiva Caratteristiche Condizioni

Retribuzione a cottimo Proporzionale ai prodotti finiti Vietata

Retribuzione da sottoinqua-dramento

Pari alla retribuzione ricono-sciuta ai lavoratori con 2 livelli in meno rispetto al livello spet-tante con la qualifica finale

Ammessa, ma alternativa alla retribuzione percentuale

Retribuzione percentuale Pari a una percentuale della retribuzione spettante per i lavoratori in possesso della qualifica finale

Ammessa, ma alternativa alla retribuzione da sottoinquadra-mento

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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2.6. Orario di lavoro

2.6.1 Disciplina per gli apprendisti maggiorenni

Agli apprendisti maggiorenni si applicano le stesse disposizioni che regolano l’orario di lavoro degli altri lavoratori subordinati, come prevede espressamente l’art. 2, co. 4, D.Lgs. n. 66/2003.

Questo significa che anche per gli apprendisti l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali (art. 3, co. 1, D.Lgs. n. 66/2003), o nella minore durata prevista dai contratti collet-tivi di lavoro di livello nazionale, territoriale o aziendale.

L’orario normale costituisce il periodo di lavoro che viene retribuito senza maggiorazioni per lavoro straordinario; la legge consente di calcolarlo non sulla singola settimana, ma come media di un periodo più ampio (si può arrivare fino a un anno). Il calcolo multiperiodale può essere fatto a condizione che sia pattuito in un contratto collettivo di livello nazionale, territo-riale oppure aziendale (art. 3, co. 2, D.Lgs. n. 66/2003).

Per gli apprendisti valgono poi anche i limiti previsti dalla legge in materia di durata mas-sima dell’orario di lavoro. La durata massima costituisce la somma di tutte le ore di lavoro svolto (orario normale più orario straordinario). La legge prevede che nessun lavoratore può lavorare per un periodo superiore alle 48 ore settimanali (art. 4, co. 2, D.Lgs. n. 66/2003), ma consente di calcolare il rispetto di questo limi-te come media rispetto a un periodo non superiore a 4 mesi (art. 4, co. 3, D.Lgs. n. 66/2003). Contrariamente al calcolo dell’orario normale, in questo caso il ricorso alla media quadrime-strale non deve essere autorizzato dalla contrattazione collettiva; l’accordo collettivo serve solo se si vuole allungare il periodo su cui si opera la media fino a un massimo di un anno (art. 4, co. 4, D.Lgs. n. 66/2003).

L’apprendista è soggetto anche alle norme che regolano l’orario massimo giornaliero.La legge in realtà non stabilisce in maniera diretta un tetto massimo della prestazione

quotidiana. Tuttavia, l’art. 7 del D.Lgs. n. 66/2003 riconosce al lavoratore il diritto a 11 ore con-secutive di riposo per ogni periodo di 24 ore, e il medesimo decreto riconosce il diritto a 10 minuti di pausa ogni 6 ore di lavoro. La combinazione di queste norme fa sì che il lavoratore, nel corso di una giornata, non può lavorare per più di 13 ore, che diventano 12.50 nel caso in cui svolga almeno 6 ore consecutive, e 12.40 nel caso in cui le ore consecutive siano almeno 12.

Particolarmente delicate per gli apprendisti sono le norme che regolano il lavoro straordi-nario. L’art.5 del D.Lgs. n. 66/2003 ammette il ricorso al lavoro straordinario per un periodo massimo di 250 ore annue, che può essere aumentato o diminuito dalla contrattazione collet-tiva. L’apprendista, in teoria, può svolgere il lavoro straordinario entro questi limiti.

Tuttavia, va considerato che la giurisprudenza vede con sfavore lo svolgimento di lavoro straordinario da parte dell’apprendista, in quanto ritiene che il ricorso sistematico a esso sia incompatibile con le finalità formative del contratto e sia indice della sussistenza di un ordina-rio rapporto subordinato.

2.6.2 Orario di lavoro e attività formativa

La formazione costituisce un’obbligazione interna al rapporto di apprendistato, che deve essere eseguita, nelle forme previste dalla contrattazione collettiva, durante l’orario di lavo-

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Apprendistato

ro. Questo significa che se la il Piano Formativo prevede corsi da frequentare fuori dal luogo di lavoro, la partecipazione ai corsi stessi è considerata a tutti gli effetti attività lavorativa svolta durante l’orario di lavoro. Analogamente, la formazione svolta all’interno dell’azienda deve qualificarsi come prestazione resa durante l’orario di lavoro

APPRENDISTATO E ORARIO DI LAVORO: DIScIPLINA PER I LAVORATORI MAggIORENNI

Istituto Disciplina legislativa Disciplina applicabile all’apprendistato

Orario normale 40 ore settimanali (che posso-no computarsi su una media per un periodo massimo di un anno, ove previsto da un accordo collettivo)

L’orario di lavoro dell’appren-dista è regolato dal CCNL di settore: solo in mancanza di disciplina collettiva, o in caso di invalidità di questa, si appli-cano le norme di legge

Orario massimo settimanale 48 ore settimanali, computate come media su un periodo di 4 mesi (o su un periodo di du-rata superiore, fino a un anno, ove previsto da un accordo collettivo)

Orario massimo giornaliero 12,50 ore

Riposo minimo giornaliero 11 ore consecutive

pause 10 minuti ogni 6 ore di lavoro

Riposo minimo settimanale 24 ore consecutive a settima-na

Ferie 4 settimane

2.6.3 Apprendistato e part time

Il contratto di apprendistato è compatibile con il contratto di lavoro a tempo parziale, a condizione che la riduzione dell’orario di lavoro non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità formative tipiche del contratto.

Tale principio è stato affermato dal Ministero del Lavoro più volte, da ultimo con la Circola-re 29 settembre 2010, n. 34, con la quale è stato ribadito che è necessario valutare, caso per caso, se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consentire il conseguimento della qualifica professionale e il soddisfacimento dell’esigenza formativa.

In caso di assunzione di un apprendista con orario part time, tuttavia, l’impegno formativo non può essere ridotto, ma deve essere adempiuto in maniera identica ai lavoratori assunti a tempo pieno (risposta a interpello 13 dicembre 2006, n. 7209).

La stipulazione del contratto di apprendistato part-time non è subordinata alla preventiva verifica del Servizio Ispettivo circa la compatibilità tra contenuto formativo del contratto e ri-duzione di orario (risposta a interpello 18 gennaio 2007, n. 4).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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2.6.4 Regole speciali per gli apprendisti minorenni

La disciplina ordinaria dell’orario di lavoro si applica solo nei confronti degli apprendisti maggiorenni. Per gli apprendisti minorenni si applicano invece delle regole speciali che mira-no a tutelare l’integrità psico fisica del minore. In particolare, secondo quanto previsto dalla legge n. 17 ottobre 1967, n. 977, l’orario di lavoro non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali (art. 18), e il minore apprendista non può essere adibito al lavoro nelle 12 ore com-prendenti l’intervallo tra le ore 22 e le ore 6 o le ore 23 e le ore 7 (art. 15). La violazione di questo divieto è punita con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda fino a € 5.164,00 (art. 26, legge n. 977/1967).

APPRENDISTATO E ORARIO DI LAVORO: DIScIPLINA PER I LAVORATORI MINORENNI

Istituto Disciplina legislativa Disciplina applicabile all’apprendistato

Orario massimo settimanale 40 ore settimanali L’orario di lavoro dell’appren-dista è regolato dal CCNL di settore: solo in mancanza di disciplina collettiva, o in caso di invalidità di questa, si appli-cano le norme di legge

Orario massimo giornaliero 8 ore

Lavoro notturno (12 ore com-prese tra le 22 e le 6, e tra le 23 e le 7)

Vietato, salvo eccezioni limita-te per gli apprendisti di alme-no 16 anni o per esigenze di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e nel settore dello spettacolo

Ferie 30 giorni, per età inferiore a 16 anni20 giorni, per età compresa tra 16 e 18 anni

Per gli adolescenti di età superiore a 16 anni è consentito, in via eccezionale, il lavoro not-turno, per il tempo strettamente necessario, quando si verifichi un caso di forza maggiore che ostacoli il funzionamento dell’azienda nel rispetto delle seguenti condizioni: tale lavoro deve essere temporaneo; non devono essere disponibili lavoratori adulti; devono essere concessi periodi equivalenti di riposo compensativo nelle 3 settimane successive (art. 17, co. 2, legge n. 977/1967). Nell’ipotesi di violazione della previsione, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da € 516 a € 2582 (art. 26, co. 3,legge n. 977/1967).

Il datore di lavoro può ottenere l’autorizzazione a utilizzare minori per attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e nel settore dello spettacolo (art. 4, co. 2,legge n. 977/1967), prolungando la loro prestazione comunque non oltre le ore 24. In tale ipotesi, al minore deve essere assicurato il diritto di godere di almeno 14 ore di riposo conse-cutive (art. 2, D.P.R. 20 aprile 1994, n. 365). Nel caso di mancata autorizzazione, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria fino a € 2.528 (art. 26, co. 4, legge n. 977/1967).

2.6.5 Ferie

La disciplina delle ferie varia in relazione all’età dell’apprendista. Qualora il lavoratore ab-

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38 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

bia un’età inferiore a 16 anni, deve essere riconosciuto un periodo annuale di ferie retribui-te non inferiore a 30 giorni di calendario (art. 23, Legge n. 977/1967); per i lavoratori appren-disti di età superiore ai 16 ma inferiore ai 18 anni, il periodo annuale di ferie retribuite non può essere inferiore a 20 giorni di calendario (art. 23, Legge n. 977/1967).

Gli apprendisti maggiorenni sono invece soggetti alla disciplina ordinaria prevista dall’art. 10, co. 1, del D.Lgs. n. 276/2003 in materia di ferie: pertanto, spetta loro un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane.

2.7. Obbligazione di sicurezza

2.7.1 Il testo Unico sicurezza

Secondo l’art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro), è destinatario degli obblighi di sicurezza ogni “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclu-si gli addetti ai servizi domestici e familiari”. Il testo legislativo è chiaro: gli apprendisti devono essere tutela alla stregua degli altri lavoratori e, nei loro confronti, il datore di lavoro deve adot-tare tutte le misure di sicurezza – quelle tecniche, ma anche quelle relative all’organizzazione del lavoro - tali da evitare che lavoratori inesperti siano coinvolti in lavorazioni pericolose.

Inoltre, egli deve informare i dipendenti sui rischi connessi all’attività lavorativa, garanten-do loro anche tutta la formazione necessaria in merito ai rischi e ala pericolosità di macchine o lavorazioni. Secondo l’orientamento della Cassazione, nel rapporto di apprendistato tale ob-bligo è particolarmente intenso, trattandosi di “lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti e si esalta in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone a carico del da-tore di lavoro precisi obblighi di formazione e addestramento, tra i quali non può che primeg-giare l’educazione alla sicurezza del lavoro” (Cass. sentenza 7.4.2009, n. 15009).

2.7.2 Responsabilità da infortunio

In materia di responsabilità conseguenti all’infortunio dell’apprendista, si applicano i prin-cipi elaborati dalla giurisprudenza. Pertanto, il datore di lavoro risponde dell’infortunio se non prova di avere rispettato tutte le norme antinfortunistiche e di avere assolto all’obbligo di informazione sui rischi e di avere adottato tutte le cautele necessarie. In particolare, se-condo l’orientamento maggioritario della Cassazione, la responsabilità datoriale, per l’infortu-nio occorso a un dipendente, non è esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore, se non nei casi in cui quest’ultima presenti i caratteri dell’abnormità ed imprevedibilità.

Il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento dannoso. Il lavoratore, invece, è tenuto a provare l’infortunio, il danno derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di lavoro; men-tre non ha l’onere di provare specifiche omissioni del datore di lavoro in relazione alle norme antinfortunistiche (tra le molte, Cass. 18.5.2007, n. 11622).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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2.8. Licenziamento e risoluzione del rapporto

2.8.1 tutele contro il licenziamento

Durante il rapporto di lavoro, all’apprendista si applica la normativa di tutela (reale o ob-bligatoria) prevista per i licenziamenti illegittimi.

L’affermazione di questo principio è scaturita da una sentenza della Corte Costituzionale, in quanto l’art. 10, Legge n. 604/1966 escludeva l’applicabilità della normativa di tutela contro i licenziamenti illegittimi nei confronti del contratto di apprendistato.

La Corte Costituzionale, con sentenza 28.11.1973 ha dichiarato l’illegittimità costituziona-le della norma e quindi ha esteso anche agli apprendisti la disciplina contro i licenziamenti.

Tale principio viene oggi affermato in via generale dal Testo Unico, che all’art. 2, co. 2, speci-fica che l’apprendista può essere licenziato solo per giusta causa o per giustificato motivo; ana-loga disposizione era contenuta negli artt. 48, co. 3, lett. d), e 49, co. 4, lett. e), D.Lgs. n. 276/2003.

2.8.2 Licenziamento per giusta causa

Il licenziamento per giusta causa dell’apprendistato può essere intimato sia prima, sia dopo la scadenza del periodo di formazione (ipotesi, ovviamente, che non si verifica se viene esercitata la disdetta alla fine del rapporto), secondo le regole ordinarie.

In particolare, trova integrale applicazione l’art. 2119 del codice civile; secondo tale norma, è consentito il recesso dal contratto di lavoro senza preavviso in tutti i casi in cui si verifichi una giusta causa, da intendersi come un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione “neanche provvisoria del rapporto di lavoro”.

La giusta causa può quindi essere definita come una mancanza del dipendente che, tenuto conto delle circostanze in cui è posta in essere e dell’intensità dell’elemento intenzionale, ri-sulta gravemente lesiva della fiducia che il datore di lavoro deve riporre nel proprio dipenden-te; la lesione del rapporto fiduciario deve essere tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto, anche solo provvisoriamente.

La procedura di intimazione del licenziamento per giusta causa è soggetta alle regole ordi-narie, anche nel caso in cui riguardi un lavoratore apprendista; pertanto, il datore di lavoro dovrà prima contestare il fatto illecito che ritiene sia stato commesso dal dipendente e poi, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, dovrà attendere le giustificazioni del lavoratore e, se richiesta, svolgere l’audizione personale del medesimo. Solo dopo aver esperito corretta-mente questa procedura, il datore di lavoro potrà intimare il licenziamento.

Considerato che la giusta causa non consente la prosecuzione “neanche temporanea” del rapporto, dal momento della comunicazione del licenziamento il rapporto stesso si risolve immediatamente, senza alcun obbligo di rispettare un periodo minimo di preavviso.

2.8.3 Licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Il lavoratore apprendista può essere licenziato anche per giustificato motivo, che può esse-re oggettivo o soggettivo. Il giustificato motivo soggettivo è definito dall’art. 3, Legge n. 604/1966, che parla di un notevole inadempimento del lavoratore degli obblighi inerenti la propria attività lavorativa.

Il notevole inadempimento che dà luogo al giustificato motivo soggettivo di licenziamento deve avere una consistenza tale da escludere che l’applicazione di sanzioni conservative sia idonea a dare affidamento circa l’esattezza dei futuri comportamenti del lavoratore.

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40 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

La differenza con la giusta causa è, quindi, la minore gravita del fatto, che legittima il li-cenziamento ma non rende impossibile la prosecuzione, almeno temporanea, del rapporto; in ragione di questa differenza, nel caso del giustificato motivo deve essere rispettato il pe-riodo di preavviso (o, in alternativa, deve essere pagata la relativa indennità sostitutiva, in caso di mancato rispetto di tale periodo).

Il giustificato motivo soggettivo si pone in posizione particolare rispetto all’apprendistato, in quanto una delle situazioni tipiche in cui si può verificare tale fattispecie è quella dello scar-so rendimento del lavoratore. Si parla di scarso rendimento quando lavoratore fornisce una prestazione di bassa qualità; in tale ipotesi, il dipendente sta violando il proprio dovere di diligenza nell’adempimento, che si concretizza nel dovere di fornire proprie energie lavorative con la diligenza e la professionalità medie richieste dalle mansioni svolte (Cass. n. 8973/1991).

Se queste caratteristiche vengono meno, il datore di lavoro è legittimato a irrogare il li-cenziamento per giustificato motivo soggettivo.

La Corte di Cassazione ha elaborato una serie di criteri per riconoscere lo scarso rendi-mento: il dolo o la colpa del dipendente, il nesso di causalità (per capire se lo scarso rendi-mento è dovuto all’organizzazione aziendale) e l’esigibilità del rendimento. Questo ultimo aspetto rileva in materia di apprendistato professionalizzante, in quanto nei confronti dell’ap-prendista la qualità della prestazione esigibile è sicuramente più bassa di quella ordinaria: la scarsa perizia dell’apprendista è una caratteristica intrinseca del rapporto, e quindi l’eventua-le contestazione dello scarso rendimento dovrà tenere conto di questo elemento.

2.8.4 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

La possibilità di procedere al licenziamento per giustificato motivo si estende anche all’ipo-tesi in cui questo abbia natura oggettiva. A tale conclusione è giunta in più occasioni la giuri-sprudenza, che ha ritenuto applicabile il recesso per ragioni di carattere organizzativo ed economico anche agli apprendisti.

La disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo è contenuta nell’art. 3 del-la Legge n. 604/1966, il quale prevede, accanto al giustificato motivo soggettivo, la possibilità di licenziare per “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (art. 3).

In presenza di queste ragioni, l’imprenditore, nell’ambito di un processo riorganizzativo dell’intero assetto aziendale, è legittimato a sopprimere delle posizioni di lavoro non ritenute più utili al buon funzionamento dell’impresa stessa.

Affinché il licenziamento non risulti ingiustificato, la giurisprudenza richiede che la neces-sità di attuare una più economica gestione dell’impresa sia funzionale a fronteggiare situazio-ni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscono in modo decisivo sulla normale attività pro-duttiva e impongono un’effettiva necessità di riduzione dei costi.

Va ricordato che il datore di lavoro che vuole intimare il licenzimento per giustificato motivo ogget-tivo deve prima esprimere la procedura di conciliazione preventiva, introdotta dalla legge n. 92/2012.

2.8.5 Applicabilità del nuovo articolo 18

La riforma Fornero (Legge n. 92/2012) ha rivisto in profondità il regime sanzionatorio appli-cabile ai licenziamenti ingiustificati; nei casi di applicabilità dell’articolo 18, la riforma ha in-trodotto una serie di previsioni nelle quali non si applica la reintegrazione sul posto di lavoro ma solo un risarcimento economico, sotto forma di indennità di importo variabile tra le 12 e le 24 mensilità. Gli apprendisti sono soggetti integralmente a questa disciplina, per i licenzia-

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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menti comminati nei loro confronti, ovviamente quando l’impresa rientra nei limiti dimen-sionali previsti dalla legge.

2.8.6 Licenziamento per superamento del periodo di comporto

Se il dipendente apprendista supera il limite massimo di assenze consentite dal contratto collettivo (calcolate secondo le regole del contratto stesso), il datore di lavoro può recedere dal rapporto di lavoro, ai sensi dell’articolo 2110 del codice civile.

In caso di licenziamento per questa ragione, il datore di lavoro non deve seguire la proce-dura di cui all’art. 7 dello Statuto dei lavoratori (contestazione, difese personali e provvedi-mento) ma può irrogare direttamente il provvedimento espulsivo.

Se l’apprendista lo richiede, il datore di lavoro deve indicare i giorni di assenza con un grado di specificità tale da consentire al lavoratore di rendersi conto delle assenze contestate e di re-plicare adeguatamente, prima ancora dell’eventuale giudizio (Cass. 20 dicembre 2002 n. 18199).

2.8.7 Licenziamento collettivo

La giurisprudenza ritiene applicabili agli apprendisti i licenziamenti comminato all’esito di una procedura collettiva di riduzione del personale, avviata e svolta secondo le regole del-la Legge n. 223/1991 (Cass. 9630/2000). La giurisprudenza, nel silenzio della legge, arriva a questa conclusione osservando che il recesso dal rapporto di apprendistato può avvenire per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamen-to di essa (quindi, anche quando si verifichino le condizioni per procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo).

Questa ricostruzione trova conferma con la definizione dell’apprendistato come contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, data dall’art. 1 del Testo Unico. Questa definizione consente di differenziare, dal punto di vista del licenziamento collettivo, l’apprendistato dai contratti a tempo determinato, per i quali l’unico motivo di risoluzione del rapporto è la giusta causa o il giustificato motivo, e di considerare applicabili le procedure di riduzione del perso-nale previste dalla Legge n.223/1991.

periodo possibili forme di interruzione del rapporto

Prima della scadenza del periodo di formazione

Licenziamento per giusta causaLicenziamento per giustificato motivoLicenziamento per superamento del periodo di comportoLicenziamento collettivo

Al momento della scadenza del perio-do di formazione

Disdetta inviata prima della scadenza del periodo di preavviso

Dopo la scadenza del periodo di forma-zione e la conferma in servizio

Licenziamento per giusta causaLicenziamento per giustificato motivoLicenziamento per superamento del periodo di comportoLicenziamento collettivo

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42 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

2.8.8 Dimissioni

prima della scadenza del periodo formativo, il rapporto si può risolvere, oltre che per il licenziamento, anche per ragioni estranee alla volontà del datore di lavoro.

In primo luogo, il rapporto si può estinguere per le dimissioni dell’apprendista; secondo le regole generali (art. 2118 c.c.), l’apprendista può recedere in qualsiasi momento dal rappor-to di lavoro, fatto salvo il rispetto di un termine di preavviso. Le dimissioni del lavoratore devo-no essere rese con le formalità introdotte dalla riforma Fornero (Legge n. 92/2012).

Secondo tale disciplina, finalizzata a reprimere il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco, le dimissioni e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro hanno un’efficacia sospesa fino a quando non sono convalidate avanti alla Direzione provinciale del lavoro, oppure pres-so un Centro per l’Impiego o una sede sindacale.

Si ipotizza una procedura alternativa di convalida, mediante la sottoscrizione di una dichia-razione del lavoratore in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.

Entrambe le procedure possono essere paralizzate dal dipendente che, dopo aver rasse-gnato in maniera informale le dimissioni, si rifiuti di convalidarle; in questi casi, la legge ipo-tizza un percorso che dovrebbe portare comunque alla convalida.

In particolare, la nuova normativa prevede che le dimissioni si considerano convalidate se il dipendente non si presenta nella sede preposta entro il termine di sette giorni dalla data ricezione dell’invito scritto del datore di lavoro (oppure se non sottoscrive entro lo stesso ter-mine la dichiarazione sul foglio in ci c’è la comunicazione della cessazione del rapporto).

Questa previsione consentirà di superare gli effetti perversi prodotti dalla legge n. 188/2007, la cui disciplina costringeva le azienda a considerare come dipendenti i lavoratori dimissiona-ri che non usavano l’apposito modulo, ma risulta comunque molto indigesta per qui datori di lavoro che non hanno nulla da nascondere.

Dopo aver ricevuto l’invito alla convalida, il lavoratore può contestare l’efficacia delle dimis-sioni e della risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro. Se il datore di lavoro non manda l’invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, tali atti si considerano definitivamente prive di effetto.

Il legislatore sembra essere consapevole del fatto che la nuova disciplina potrebbe andare incontro a seri problemi di applicabilità, tanto che prevede la facoltà per il Ministero di indivi-duare ulteriori modalità semplificate, con un apposito decreto.

La riforma prevede anche l’innalzamento fino tre anni di vita del bambino del periodo (pri-ma pari ad un anno) durante il quale le dimissioni di un lavoratore non sono efficaci, senza la convalida del servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio.

Infine, la riforma prevede l’introduzione una specifica sanzione amministrativa per il datore di lavoro che abusi del foglio di dimissioni firmato in bianco: questo comportamento è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000.

2.8.9 Risoluzione consensuale

Il contratto di apprendistato può essere risolto anche per mutuo consenso delle parti, secondo quanto previsto dall’art. 1372, co. 1, del codice civile; tale ipotesi è pacificamente am-messa dalla giurisprudenza, che considera valide tutte quelle manifestazioni bilaterali dell’autonomia negoziale che danno luogo alla fattispecie della risoluzione consensuale del contratto (Cass. 23.7.1986, n. 4712).

L’accordo delle parti circa la risoluzione del rapporto di lavoro non era soggetto, prima

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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della riforma Fornero, a una forma vincolata; pertanto, la forma scritta era richiesta solo ai fini della prova dell’accordo, e il medesimo poteva essere raggiunto anche per fatti concludenti. Con l’approvazione della riforma, la risoluzione consensuale è stata assoggettata alle stesse regole previste per le dimissioni.

2.8.10 Morte

Il decesso del prestatore di lavoro comporta l’estinzione del rapporto di lavoro; analogo effetto non si produce nel caso di decesso del datore di lavoro, in tutti i casi in cui l’attività im-prenditoriale prosegua autonomamente a prescindere dalla persona fisica che riveste tale posizione.

In caso di morte del lavoratore, le indennità di mancato preavviso e il trattamento di fine rapporto devono essere corrisposte al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado (art. 2122 del codice civile). In mancanza di queste persone, il lavoratore può disporre per testamento delle relative indennità (è stata, infatti, dichiarata incostituzionale, con sentenza della Corte Costituzionale 19.1.1972, n. 8, la disposizione che prevedeva in mancanza delle persone prima ricordate l’ap-plicazione delle norme della successione legittima).

La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi “secondo il bisogno di ciascuno”.

La norma sanziona con la nullità ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro avente per oggetto l’attribuzione e la ripartizione delle indennità.

2.8.11 Mancato superamento del periodo di prova

se il contratto prevede tra le proprie clausole il periodo di prova (clausola che, come già detto, deve essere apposta in forma scritta, ai sensi dell’art. 2, co. 1, del Testo Unico) il datore di lavoro può licenziare l’apprendista per mancato superamento del periodo di prova.

Il recesso può essere disposto in qualsiasi momento prima della scadenza del periodo di prova, salvo il caso in cui il patto di prova stabilisca una durata minima del rapporto; in tal caso la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza di tale termine.

Il recesso del datore di lavoro può essere liberamente esercitato senza specifici vincoli ri-guardo al momento; inoltre, il datore di lavoro non è tenuto a fornire alcuna motivazione circa il mancato superamento della prova. Il recesso è tuttavia invalido qualora sia esercitato per un motivo illecito, e cioè per un motivo diverso dalla valutazione circa l’esito della prova (Corte Costituzionale 22.12.1980, n. 189, Cass. 12.3.1999, n. 2228).

L’onere di provare che il recesso è stato determinato da motivo illecito o che la prova non si è svolta in tempi o modalità adeguati grava sul lavoratore, che deve anche dimostrare che la prova è stata positivamente superata.

2.9. Disdetta alla fine del periodo di apprendistato

2.9.1 Disdetta al termine del periodo formativo

Uno degli elementi di maggiore discontinuità tra il contratto di apprendistato e la disciplina

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44 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

ordinaria è costituito dalla disdetta che il datore di lavoro può comunicare, alla fine del periodo di formazione. Prima e dopo la fine del periodo formativo, il recesso dal rapporto di apprendi-stato è soggetto alle regole ordinarie, in ossequio alla definizione contenuta nell’art. 1 del Te-sto Unico, secondo il quale il contratto è un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Invece, quando arriva la scadenza del periodo di formazione (quella che, nel gergo appli-cativo, spesso viene definita come “durata del contratto”), si apre una finestra all’interno della quale il datore di lavoro può dunque decidere di recedere ad nutum dal rapporto di la-voro. La ragione sostanziale della convivenza di queste due regole viene comunemente ricon-dotta ai diversi beni giuridici che assumono valore prioritario durante il periodo di formazione e al termine dello stesso. Durante l’esecuzione del contratto, l’interesse ritenuto maggior-mente meritevole di tutela è quello del lavoratore e della collettività a che il processo formati-vo sia portato a termine, e pertanto il datore di lavoro può recedere solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.

Al momento di scadenza del contratto, viene meno la preminenza dell’interesse predetto, essendo stato completato il percorso formativo, e il datore di lavoro viene lasciato libero di interrompere il rapporto, dando disdetta ai sensi dell’art. 2118 c.c., o di proseguirlo, ometten-do di comunicare la disdetta. La disdetta è disciplinata dall’art. 2118 c.c.; pertanto, deve esse-re comunicata in forma scritta, e la comunicazione deve giungere al destinatario prima che sia scaduto il termine di preavviso stabilito dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.

2.9.2 Regime applicabile durante il periodo di preavviso

L’articolo 1, co. 1, Testo Unico, è stato modificato dalla riforma Fornero, che ha inserito una frase nella lettera m), con la quale si chiarisce che durante il periodo in cui viene esercitata la disdetta continua ad applicarsi la disciplina dell’apprendistato. La precisazione è utile in quanto il datore di lavoro può decidere di recedere dall’apprendistato quanto il relativo periodo è terminato, entro il periodo di preavviso previsto dai contratti collettivi. Può sorgere il dubbio se, durante questo periodo, l’apprendista sia soggetto alle regole ordinarie oppure restino in vita quelle speciale; il chiarimento legislativo consente di risolvere tale dubbio in favore della seconda opzione.

2.9.3 Mancanza di un obbligo di motivazione della disdetta

L’esercizio della facoltà di disdetta – al contrario del recesso esercitato in costanza di rap-porto - non è subordinato all’esistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, o di ul-teriori vincoli sostanziali (in giurisprudenza, tra le molte pronunce, Cass. n. 2213/1986).

La Corte Costituzionale (sentenza n. 169/1973) ha escluso che tale regola possa essere sospettata di incostituzionalità. Secondo la Corte, l’apprendistato è un contratto di lavoro che si caratterizza per la causa negoziale (la causa mista) e, in quanto tale, non può essere disci-plinato integralmente secondo le norme tipiche del lavoro subordinato. Ne consegue che le norme che regolano la giustificatezza del recesso non devono necessariamente essere appli-cate all’apprendistato, ed è legittimo il riconoscimento al datore di lavoro del potere di recede-re senza giustificazione, una volta venuto meno lo scopo del contratto (la qualificazione del lavoratore).

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

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LETTERA DI DISDETTA DAL RAPPORTO DI APPRENDISTATO

Egregio Signor(nome cognome)

(luogo e data)

Oggetto: Scadenza del periodo di apprendistato

In riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante in corso con la scrivente Società, con la presente Le comunichiamo che la Società ha deciso di avvalersi della facoltà di recedere dal rapporto, alla scadenza del periodo di apprendistato.Pertanto, ai sensi dell’art. 2118 del codice civile e dell’art. 2, co. 1, del Testo Unico Appren-distato, Le comunichiamo la formale disdetta dal rapporto di lavoro, con decorrenza dalla data di scadenza del periodo di apprendistato, prevista per il giorno (inserire data scadenza apprendistato).Sino alla predetta data, lei dovrà continuare a svolgere la prestazione lavorativa con le modalità consuete.Cordiali saluti,

La Società (nome) in persona del suo legale rappresentante pro tempore Sig. (nome cognome)

Il lavoratore, per ricevuta in data (data consegna)(nome cognome)

2.9.4 Disdetta e prova di idoneità

Secondo la disciplina contenuta nell’art. 18, Legge n. 25/1955, al termine dell’addestra-mento pratico e dell’insegnamento complementare, gli apprendisti dovevano sostenere le prove di idoneità all’esercizio dell’attività che ha formato oggetto dell’apprendistato, con le modalità stabilite dai contratti collettivi o dalla Direzione provinciale del Lavoro. Tale obbli-go doveva essere letto in combinazione con le norme della riforma Biagi che regolavano le modalità di riconoscimento della qualifica al termine del periodo di apprendistato.

sulla base del combinato disposto di tali norme, la prova si considerava come svolta dall’azienda solo con il riconoscimento della qualifica, e la contrattazione collettiva ha asse-condato espressamente tale ricostruzione (ad esempio, l’Accordo Commercio del 23.9.2009 collega alla certificazione della formazione l’avvenuta acquisizione della qualifica professiona-le).

Il Testo Unico ha abrogato integralmente la Legge n. 25/1955 e, pertanto, le uniche dispo-sizioni che interessano la fase finale del periodo di formazione sono contenute all’art. 2, co. 1. La lettera f) prevede la possibilità di riconoscere la qualifica professionale sulla base di risul-tati conseguiti durante il periodo formativo, e la lettera g) impone la registrazione della quali-fica nel libretto formativo del cittadino.

si tratta di adempimenti diversi dalla prova e che, in ogni caso, non incidono in alcun modo sulla decisione di proseguire oppure interrompere il rapporto, al termine del periodo di formazione.

2.9.5 Recesso dal rapporto e prova d’arte

La prova di idoneità è una fase diversa dalla c.d. prova d’arte, che consiste nella prova che

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46 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

l’apprendista può essere chiamato a sostenere prima della scadenza del rapporto formati-vo. Tale prova non inficia in alcun modo l’esito del rapporto, che deve proseguire, sotto il pro-filo dell’addestramento teorico-pratico, fino al termine stabilito (Ministero del Lavoro, risposta a interpello 12.11.2009, n. 79).

2.10. Conferma dell’apprendista a tempo indeterminato

2.10.1 La cosiddetta “trasformazione” dell’apprendistato

Nella prassi applicativa si descrive come trasformazione a tempo indeterminato dell’ap-prendistato quella fase nella quale il datore di lavoro rinuncia a disdire il rapporto, al termine del periodo di formazione, oppure dichiara positivamente concluso il periodo formativo me-desimo prima della scadenza del suo termine.

Questo momento è in effetti molto rilevante, in quanto la scelta del datore di lavoro di ri-nunciare alla disdetta determina l’uscita dal sistema di regole “speciali” proprie del periodo di apprendistato (sottoinquadramento, retribuzione, ecc.) e la conseguente integrale applicazio-ne delle norme ordinarie (anche sotto il profilo contributivo, seppure dopo un periodo di pro-secuzione temporanea dell’incentivo originario).

Anche in presenza di questo rilevante cambiamento, non si può parlare di trasformazione del rapporto, se non in senso atecnico (come osservato anche dal Ministero del lavoro con ri-sposta a interpello 12.11.2009, n. 79), in quanto il rapporto continua a essere regolato dalla forma contrattuale che lo disciplinava sin dall’inizio, quella di un contratto di lavoro subordi-nato a tempo indeterminato (come dice l’art. 1 del Testo Unico).

Per descrivere in maniera compiuta l’effetto della mancata disdetta, si può invece fare riferimen-to alla conferma in servizio: il lavoratore resta alle dipendenze del datore di lavoro e, per effetto della conferma, il rapporto perde i tratti di specialità che hanno caratterizzato il periodo formativo.

fORME POSSIbILI DI cONfERMA DELL’APPRENDISTA

Mancata disdetta

Conferma espressa, al termine del periodo di apprendistato

Conferma espressa, prima della fine del periodo di apprendistato

2.10.2 Conferma per mancata disdetta

Abbiamo già visto che al termine del periodo di formazione, si apre una finestra nella qua-le il datore di lavoro può recedere dal rapporto senza dover dare alcuna motivazione, ai sensi dell’art. 2118 del codice civile.

L’unico vincolo che deve essere rispettato è di carattere cronologico: la disdetta deve esse-re comunicata entro il periodo di preavviso fissato dal contratto collettivo (o, in mancanza, dal contratto individuale, anche se tale ipotesi è del tutto residuale).

Se il datore di lavoro intende confermare in servizio l’apprendista, può limitarsi a non fare nulla: una volta che scade il periodo di preavviso, il potere di recedere secondo la regola spe-ciale dell’art. 2118 del codice civile si intende definitivamente consumato, e il rapporto non può essere interrotto, se non in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

47

2.10.3 Conferma per espressa volontà del datore di lavoro

La conferma in servizio non deve avvenire necessariamente tramite l’inerzia del datore di lavoro. Questi può scegliere di comunicare espressamente la propria intenzione di prosegui-re il rapporto e quindi rinunciare all’esercizio della facoltà di disdetta.

LETTERA DI cONfERMA DELL’APPRENDISTA

Egregio Signor(nome cognome)

(data e luogo)

Oggetto: conferma in servizio

Con riferimento al contratto di apprendistato in corso, abbiamo il piacere di comunicarLe che la Società intende confermarLa in servizio al termine del relativo periodo formativo.Pertanto, a partire dal (inserire giorno successivo alla scadenza del periodo formativo), Le sarà riconosciuta la qualifica di (inserire qualifica finale prevista nel contratto di apprendistato), con il livello (inserire livello o qualifica) previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dalla scrivente azienda.Sono confermate le Sue attuali mansioni; a decorrere dalla data di attribuzione della nuova quali-fica, la Sua retribuzione ammonterà ad € (importo) lordi mensili e sarà così composta:(inserire voci retributive)Resta inteso che la sua anzianità di servizio avrà decorrenza dalla data di assunzione.

Cordiali saluti.

La Società (nome)

In persona del legale rappresentante pro tempore

Sig. (nome cognome)

Il lavoratore per ricevuta

Sig. (nome cognome)

2.10.4 Conferma anticipata

Il datore di lavoro può decidere di confermare in servizio l’apprendista in qualsiasi mo-mento prima che sia scaduto il periodo di formazione, in quanto non sono previsti vincoli giuridici alla trasformazione in qualunque tempo del rapporto (Ministero del Lavoro, circ. 10.11.2008, n. 27).

LETTERA DI cONfERMA ANTIcIPATA DELL’APPRENDISTA

Egregio Signor(nome cognome)

(data e luogo)

Oggetto: conferma anticipata in servizio

Con riferimento al contratto di apprendistato in corso, abbiamo il piacere di comunicarLe che la So-cietà intende confermarLa in servizio prima della scadenza del relativo periodo formativo e, in parti-colare, a decorrere dalla data del (inserire data del giorno in cui sarà attribuita la nuova qualifica).

(continua)

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48 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

- segue - LETTERA DI cONfERMA ANTIcIPATA DELL’APPRENDISTA

Pertanto, a partire da tale data, Le sarà riconosciuta la qualifica di (inserire qualifica finale previ-sta nel contratto di apprendistato), con il livello (inserire livello o qualifica) previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dalla scrivente azienda.

Restano confermate la Sue attuali mansioni.

Dalla predetta data, il suo rapporto sarà integralmente disciplinato dalle norme che regolano il rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della Società, e cesserà di essere applicata la disciplina speciale in materia di apprendistato.

A decorrere dalla data di attribuzione della nuova qualifica, inoltre, la Sua retribuzione ammonte-rà ad € (importo) lordi mensili e sarà così composta:

(inserire voci retributive)

Resta inteso che la sua anzianità di servizio avrà decorrenza dalla data di assunzione.

Cordiali saluti.

La Società (nome)

In persona del legale rappresentante pro tempore

Sig. (nome cognome)

2.10.5 Effetti della conferma in servizio

Dopo l’avvenuta conferma in servizio dell’apprendista, il rapporto di lavoro cessa di essere disciplinato dalle norme del Testo Unico sull’apprendistato ed soggetto alle regole ordinarie applicabili a qualsiasi altro rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La conferma in servizio produce conseguenze dirette anche sul lavoratore, il quale acqui-sisce il diritto a essere inquadrato in un livello corrispondente alla sua qualifica, e a percepire una retribuzione piena; il rapporto è soggetto alle norme ordinare sul licenziamento e viene meno l’obbligo formativo del datore di lavoro (Ministero del Lavoro, circ. 6.2.2009, n. 1727).

Con riferimento alla possibilità di calcolare il periodo di apprendistato svolto prima della conferma ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore, è sorto in passato un contrasto giuri-sprudenziale tra le diverse sezioni della Corte di Cassazione.

Tale contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite, con la sentenza 23.9.2010, n. 20074, la quale ha affermato che la disciplina collettiva degli scatti di anzianità deve considerare an-che il periodo durante il quale il dipendente ha lavorato con un contratto formativo, in quan-to il dipendente medesimo non può essere penalizzato solo per la diversa tipologia contrattua-le utilizzata. Con questa pronuncia, è stato sconfessato l’orientamento che considerava legittima la scelta della contrattazione collettiva di escludere gli aumenti periodici di anzianità per i lavoratori con un precedente periodo di formazione sul lavoro (tra le sentenze più recen-ti, Cass. 10.2.2010, n. 4374).

La conferma in servizio produce conseguenze, seppure non immediate, sulla disciplina contributiva del rapporto. Infatti, dalla data di conferma in servizio diventa operativa la disposizione dell’art.7, co. 9, del Testo Unico, secondo la quale i benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale sono mantenuti per un anno dalla data di con-ferma.

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Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

49

EffETTI DELLA cONfERMA

Retribuzione Cessa il pagamento differenziato secondo le regole del sottoinquadramento o della percen-tuale

Inquadramento Il lavoratore ha diritto a essere inquadrato in un livello pari alla sua qualifica

Qualifica Viene riconosciuta la qualifica professionale

Disdetta Viene meno la possibilità di disdetta ad nutum

Regole speciali Viene meno l’applicazione di qualsiasi regola speciale connessa alla qualifica di apprendista

Incentivi contributivi Proseguono per un anno a partire dalla data di conferma

2.10.6 Oneri di conferma

La riforma Fornero (Legge n. 92/2012) ha introdotto nel corpo del Testo Unico sull’appren-distato una norma, il co. 3 bis dell’articolo 2, che subordina la possibilità di assumere nuovi apprendisti al mantenimento in servizio di una parte dei lavoratori assunti in precedenza con il contratto di apprendistato.

In particolare, precisa la norma che per assumere nuovi apprendisti un datore di lavoro deve aver mantenuto in servizio, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, almeno il 50 per cento degli apprendisti già assunti.

La nozione di mantenimento in servizio fa riferimento alla decisione del datore di lavoro di esercitare, al termine del periodo di formazione, la facoltà di recedere dal rapporto senza do-ver dare una motivazione, a lui riconosciuta dall’art. 2 del Testo Unico.

Nel computo degli apprendisti confermati e non confermati non devono essere considerati quei rapporti cessati per motivi diversi dalla semplice disdetta del datore di lavoro: pertanto, non si computano i rapporti cessati per mancato superamento della prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa.

Rientrano invece nel computo gli apprendisti licenziati per giustificato motivo, soggettivo oppure oggettivo: evidentemente il legislatore ritiene che tali fattispecie, essendo legate a fatti di minore gravità o addirittura estranei al comportamento dell’apprendista (come il licen-ziamento economico) siano legati a una scelta datoriale e, in quanto tali, debbono essere con-siderati ai fini del rispetto del limite minimo di conferme in servizio.

Se il datore di lavoro non rispetta la percentuale sopra ricordata (conferma di almeno il 50 per cento degli apprendisti) il divieto di nuove assunzioni non è assoluto: egli può comunque assumere un nuovo apprendista che si aggiunge a quelli confermati (tale fa-coltà viene riconosciuta anche se nessuno degli apprendisti precedenti viene conferma-to).

La sanzione per i casi di violazione del divieto è molto rigida: gli apprendisti sono conside-rati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di assunzione; da notare che

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50 Capitolo 2 - Il rapporto di lavoro dell’apprendista

Apprendistato

gli apprendisti sono già da considerare come lavoratori a tempo indeterminato, e quindi la sanzione deve intendersi nel senso che si perdono tutte quelle regole speciali tipiche del rap-porto di apprendistato (possibilità di sottoinquadramento, obbligo formativo, sgravi contribu-tivi, facoltà di disdetta ecc.).

La legge esclude dall’obbligo di conferma le imprese che occupano meno di 10 dipendenti; per queste, quindi, la facoltà di assumere apprendisti è svincolata da qualsiasi conteggio sulle conferme pregresse.

L’art. 1, co. 19 della legge prevede una regola transitoria per quanto riguarda gli obblighi di conferma in servizio. Per un periodo di 36 mesi, decorrente dalla data di entrata in vigore del-la riforma (18 luglio 2012), la percentuale di apprendisti che devono essere mantenuti in ser-vizio è fissata nella misura del 30 per cento (invece che del 50, come previsto a regime).

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Apprendistato

Capitolo 3

tIpOLOGIE DI AppREnDIstAtO

3.1. Apprendistato e percorsi formativi

3.1.1 Dall’apprendistato agli apprendistati

La riforma Biagi, tra le varie novità introdotte in materia di apprendistato, per la prima volta fece entrare nell’ordinamento una tripartizione del contratto che, secondo l’esito cui ten-deva, avrebbe potuto svilupparsi in tre diversi percorsi formativi: apprendistato per il diritto dovere di istruzione e formazione, apprendistato professionalizzante, apprendistato per l’ac-quisizione di un diploma universitario o percorsi di alta formazione.

Il primo e il terzo tipo di contratto contemplavano percorsi formativi collegati al sistema dell’istruzione, della formazione professionale e della formazione tecnica superiore o univer-sitaria, mentre la seconda tipologia riprendeva la precedente figura di apprendistato.

Questa tripartizione era il frutto dell’apprezzabile intenzione di aprire l’apprendistato a una pluralità di opzioni formative seguendo l’esempio di molti Paesi europei che lo utilizzano am-piamente per strutturare percorsi di formazione in alternanza (usualmente al fine di portare i giovani ad una qualifica ma ormai spesso anche per formare tecnici diplomati e laureati).

Le tre diverse tipologie si distinguevano tra loro per gli aspetti formativi e per le condizioni di utilizzo (età degli apprendisti, durata dei contratti), mentre erano soggette ad una disciplina unitaria per quanto riguardava gli aspetti legati al contratto di lavoro ed all’adempimento del-la prestazione lavorativa.

In particolare, le tre diverse tipologie di apprendistato disciplinate dal D.Lgs. n. 276/2003 avevano una struttura diversificata in ragione dell’età e del livello di istruzione e formazione dell’apprendista.

Tali differenze erano costruite secondo un’ideale linea evolutiva che cercava di coprire, con specifici e mirati percorsi formativi, tutte le situazioni in cui viene a trovarsi il giovane dall’età di 15 anni fino ai 29: la fase dell’istruzione obbligatoria, quella dell’istruzione secondaria e universitaria, e quella dell’istruzione post universitaria.

La prima di queste tipologie - l’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione (art. 48) - era un contratto utilizzabile per l’assunzione di giova-ni e adolescenti con almeno 15 anni di età, ed era preordinato al conseguimento di una qualifica professionale. Mediante questo contratto poteva essere adempiuto l’obbligo for-mativo, in quanto l’esito finale cui mirava non era la semplice professionalizzazione dell’apprendista ma anche il conseguimento, da parte di questo, un titolo professionale formale (la qualifica).

Il contratto non poteva avere una durata superiore a 3 anni, determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti priva-ti accreditati mediante l’accertamento dei crediti formativi.

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52 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

La seconda tipologia era l’apprendistato professionalizzante (art. 49); questo contratto, uti-lizzabile per giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, era finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso formazione sul lavoro e acquisizione di competenze di base, trasversa-li e tecnico–professionali. La qualificazione era intesa come qualcosa di diverso dalla qualifica, e consisteva in un insieme di competenze non attestate mediante il rilascio di un titolo formale, ma comunque necessarie per diventare un lavoratore professionalmente qualificato.

La durata del contratto doveva essere determinata dai contratti collettivi stipulati da asso-ciazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale, in funzione della qualificazione da conseguire, con il solo limite inderogabile di una durata massima di 6 anni (inizialmente era prevista anche una durata minima di 2 anni, ma poi questo limite era stato abolito).

La terza ed ultima tipologia di apprendistato prevista dal D.Lgs. n. 276/2003 era l’appren-distato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione (art. 50). Tale con-tratto, utilizzabile per l’assunzione di soggetti di età compresa fra 18 e 29 anni, era finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, universitario, di alta formazione o di una specializzazione tecnica superiore.

Il Testo Unico ha sostanzialmente confermato questa tripartizione dei periodi formativi. Sono rimaste in gran parte invariate anche le regole di base che governano la struttura dei tre diversi rapporti, mentre è cambiata radicalmente la ripartizione di competenze tra i soggetti chiamati a regolare in concreto il rapporto, come vediamo di seguito in dettaglio.

3.2. Apprendistato qualificante

3.2.1 Finalità del periodo formativo

L’apprendistato qualificante costituisce una evoluzione del precedente contratto di appren-distato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, disciplinato prima dell’approvazione del Testo Unico nell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003.

Il contratto trova la sua disciplina nell’art. 3 del Testo Unico; nella norma viene disciplinata solo la parte formativa del rapporto, in quanto la parte relativa agli obblighi contrattuali e la-vorativi delle parti è disciplinata, come per le altre tipologie di apprendistato, secondo le nor-me comuni contenute nell’articolo 2 del Testo Unico e, ove compatibili, con le norme ordinarie sul rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

L’apprendistato qualificante è un contratto di apprendistato che prevede lo svolgimento di un percorso formativo che porta al conseguimento di una qualifica o del diploma professio-nale; questi percorsi possono essere anche inseriti all’interno del ciclo di studi necessari per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione. La Legge (art. 3, co. 2) precisa che la qualifica e il di-ploma professionale dovranno essere definiti ai sensi del D.Lgs. 17.10.2005, n. 226.

3.2.2 Condizioni di utilizzo

Il contratto può essere stipulato in tutti i settori di attività, e possono essere assunti come apprendisti solo i soggetti che abbiano compiuto almeno 15 anni di età. Il contratto, quindi, è l’unico rapporto di lavoro specificamente pensato per i minorenni. L’età massima per cui può essere instaurato il rapporto è la data di compimento del venticinquesimo anno di età: oltre questa data, il contratto non può essere sottoscritto.

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

53

3.2.3 Durata del periodo formativo

La Legge non fissa un limite minimo di durata del rapporto; invece, viene previsto un limi-te massimo di durata, pari a 3 anni in generale, elevabile a 4 anni nel caso di diploma qua-driennale regionale. In ogni caso, la Legge prevede che la durata del contratto deve essere determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire.

3.2.4 Monte ore di formazione

Durante questo periodo, l’apprendista dovrà svolgere un monte ore di formazione. Questo monte ore, secondo l’art. 2, co. 3, lett. b) del Testo Unico, dovrà essere definito da ciascuna Regione, nell’ambito delle normative di propria competenza, in modo da essere congruo rispetto al conseguimento della qualifica o del diploma professionale. Il monte ore dovrà rispettare gli standard minimi formativi definiti ai sensi del D.Lgs. 17.10.2005, n. 226. Le ore di formazione potranno essere interne o esterne all’azienda: la Legge nulla dice circa la ripartizione tra questi due momenti e, pertanto, è da ritener-si rimessa alla valutazione discrezionale delle Regioni la scelta circa il peso di ciascuno di essi.

3.2.5 normative regionali

Il co. 2 dell’articolo 3 definisce il processo di regolamentazione della parte formativa del contratto. Secondo la norma, tale disciplina deve essere adottata dalle singole Re-gioni (e dalla Province Autonome di Trento e Bolzano), sulla base di un preventivo accor-do raggiunto in Conferenza permanente Stato-Regioni. Non viene definito lo strumento mediante il quale dovranno essere adottate le norme regionali, quindi si può trattare di una Legge ma anche di un atto normativo di rango inferiore (es. una delibera di Giunta). Il condizionamento al preventivo accordo della Conferenza Stato Regioni potrebbe ral-lentare il percorso attuativo ma, allo stesso tempo, potrebbe garantire una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, con un innegabile vantaggio in termini di sem-plicità delle regole. In ogni caso, anche dopo la sottoscrizione dell’accordo in Conferenza Stato Regioni, le singole Regioni potranno adottare le proprie normative solo dopo aver ascoltato le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Si tratta di un adempimento meramente proce-durale, nel senso che non è necessario in raggiungimento di un’intesa, ma solo la con-sultazione preventiva.

3.2.6 Disciplina collettiva

L’art. 3 co. 2 assegna un ruolo normativo anche alla contrattazione collettiva. Secon-do la lettera c) della norma, i contratti collettivi di lavoro stipulati a qualsiasi livello (nazionale, territoriale o aziendale) possono disciplinare le modalità di erogazione del-la formazione aziendale. Questa formazione dovrà comunque rispettare gli standard generali fissati dalle Regioni e potrà essere erogata anche all’interno degli enti bilatera-li. La norma, come accade di consueto nelle regole lavoristiche, introduce un criterio di riconoscimento degli accordi collettivi abilitati a definire tali regole: potranno approvare la disciplina delle modalità formative solo i contratti sottoscritti da associazioni dei da-tori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e locale.

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54 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

3.3. Apprendistato professionalizzante

3.3.1 Finalità del periodo formativo

Il contratto di apprendistato professionalizzante è la tipologia più comune di apprendi-stato. Questo perché il percorso formativo che accompagna il rapporto di lavoro non deve concludersi mediante l’acquisizione di un titolo di studio formale ma, molto più semplicemen-te, è finalizzato al “conseguimento di una qualifica professionale “. In altri termini, mediante questo contratto un apprendista impara a svolgere una determinata attività professionale (non a caso il legislatore definisce il contratto anche come “apprendistato di mestiere”, per dare l’idea delle caratteristiche proprie di questo percorso di apprendimento).

Anche se non si concretizza in un titolo di studio, la qualifica professionale che consegue l’apprendista al termine del rapporto deve trovare una rispondenza nel contratto collettivo applicato. In altri termini, il percorso formativo deve consentire l’acquisizione di un complesso di competenze che deve per forza di cose rientrare nel patrimonio di una specifica qualifica prevista dal contratto collettivo di settore. La Legge (co. 5) lascia aperta anche la possibilità che il contratto di concluda con il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di me-stiere; affinché tale qualifica possa essere riconosciuta, dovranno essere rispettate le modali-tà definite alternativamente dalle Regioni oppure dalle associazioni di categoria dei datori di lavoro di settore.

3.3.2 Condizioni di utilizzo

Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere utilizzato in tutti i settori di attività. La Legge specifica che il contratto può essere utilizzato anche nei settori “pubblici”: viene meno, quindi, la limitazione contenuta nella riforma Biagi, la quale vietava il ricorso al nuovo apprendistato (e, più in generale, alle forme di contratti flessibili da essa regolati) alle Pubbliche Amministrazioni.

Il riferimento ai “settori pubblici” è talmente ampio da includere tutta la Pubblica Ammini-strazione, senza distinzioni tra enti statali e locali. L’unica eccezione che può rinvenirsi riguar-da eventi, corpi o settori retti da norme speciali che limitano il ricorso alle forme di lavoro flessibile. Quanto alle persone, il contratto può essere stipulato con soggetti di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del D.Lgs. 17.10.2005, n. 226, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassette-simo anno di età.

3.3.3 Durata del periodo formativo

Il Testo Unico ha cambiato i limiti di durata minima (2 anni, inizialmente, e poi nessun limi-te) e massima (6 anni) del periodo formativo previsti dalla riforma Biagi. Nella nuova disciplina contenuta nell’art. 4, co. 2 Testo Unico, viene confermata la scelta di non prevedere una dura-ta minima del rapporto, mentre viene stabilito un periodo di durata massima pari a 3 anni. La durata massima del periodo formativo sale a cinque anni per le figure professionali dell’artigianato; il compito di individuare quali sono le figure soggette a questo limite di dura-ta è assegnato alla contrattazione collettiva del settore artigiano. Nell’ambito di questa scarna disciplina legislativa, viene affidata una delega molto ampia alla contrattazione collettiva, cui viene affidato il compito di delineare le caratteristiche dell’intero periodo di formazione. In

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

55

particolare, la contrattazione collettiva dovrà stabilire, innanzitutto, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e spe-cialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadra-mento del personale. Questa durata potrà essere modulata in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire. Inoltre, gli accordi collettivi potranno introdurre anche un periodo di durata minima del periodo di formazione. Da notare che la Legge affida tali compiti agli accordi interconfederali oppure ai “contratti collettivi”, senza in-dicare il livello negoziale: questo significa che la disciplina della formazione potrà essere adot-tata non solo a livello nazionale ma anche a livello territoriale o aziendale.

3.3.4 Monte ore di formazione

Con il Testo Unico scompare qualsiasi riferimento al monte ore minimo di formazione che deve essere svolta annualmente. La fissazione di monte ore minimo annuo di formazione da svolgersi all’esterno dell’impresa era una delle grandi novità della Legge n. 196/1997 (c.d. Pacchetto Treu), poi confermata dalla riforma Biagi, che si limitò a consentire una maggiore flessibilità nella scelta delle modalità di svolgimento del periodo formativo, anche all’interno dell’azienda. Queste previsioni sono venute meno con l’approvazione del Testo Unico, che ha compiuto una scelta molto coraggiosa, rimettendo integralmente alla contrattazione collet-tiva (e alle Regioni, per la parte di offerta integrativa che possono promuovere e organizzare) la decisione circa il monte ore di formazione da svolgere durante il periodo di apprendistato. Questa attività formativa può essere definita come “formazione aziendale”, in quanto la legge stabilisce chiaramente che si svolge “sotto la responsabilità dell’azienda (art. 4, co. 3).

3.4.5 normative regionali

Accanto alle ore di formazione aziendale, disciplinate dal contratto collettivo di settore, la legge prevede la possibilità di sottoporre l’apprendista a un ulteriore percorso formativo, ag-giuntivo ed eventuale rispetto a quello sopra descritto. Ciascuna Regione, infatti, può integra-re l’attività di formazione aziendale prevista dal contratto collettivo, organizzando una propo-sta formativa (da attuarsi all’interno o all’esterno dell’azienda) che preveda la acquisizione di competenze di base e trasversali; la proposta formativa dovrà essere strutturata tenendo con-to e dell’età, del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista. Questo tipo di offerta formativa non è solo organizzata dalle Regioni, ma è anche disciplinata da tali soggetti; nell’a-dozione delle rispettive discipline (che, nel silenzio della legge, potranno essere adottate sia mediante leggi regionali, sia mediante atti subordinati, quali le delibere di Giunta), le Regioni dovranno consultare le parti sociali. La possibilità di svolgere questa attività formativa è me-ramente eventuale: le Regioni, infatti, possono proporre tali cataloghi, così come possono scegliere di non realizzare nulla. Nel caso in cui una Regione predisponga un catalogo forma-tivo, è da ritenere che la partecipazione alle relative iniziative debba essere obbligatoria per l’apprendista (anche se la legge tace sul punto). In ogni caso, l’art. 4 del Testo Unico fissa un tetto orario di attività formativa regionale: questa non può superare un monte complessivo di centoventi ore per la durata del triennio.

3.4.6 Attività in cicli stagionali

Per il contratto di apprendistato professionalizzante il Testo Unico opera una deroga impor-tante al principio generale secondo il quale l’apprendistato è un contratto a tempo indetermi-nato. Prevede, infatti, l’art. 4, co. 5 che per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in

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56 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

cicli stagionali è possibile applicare al contratto di apprendistato le regole del contratto a tempo determinato previsto e disciplinato dal D.Lgs. n. 368/2001; la legge specifica che potranno appli-carsi anche le regole che disciplinano la durata minima del rapporto a termine. Per utilizzare questa deroga, sarà necessaria una disciplina collettiva; in particolare, i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativa-mente più rappresentative sul piano nazionale dovranno prevedere le specifiche modalità di svolgimento del contratto. In concreto, questa disposizione può portare all’utilizzo del c.d. mini - apprendistato, definizione con la quale si allude ai contratti di apprendistato di durata breve che si utilizzano in alcuni settori soggetti a forte turnazione stagionale (es. il turismo).

3.4 Apprendistato di alta formazione e ricerca

3.4.1 Finalità del periodo formativo

Il terzo tipo di apprendistato – definito “di alta formazione e ricerca” dall’art. 5 del Testo Unico – è finalizzato al conseguimento di alcuni titoli di studio superiori. In particolare, il con-tratto può essere abbinato all’attività lavorativa quando è preordinato al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, al conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca. Il contratto può essere anche finaliz-zato alla specializzazione tecnica superiore (disciplinata dall’articolo 69 della Legge 17.5.1999, n. 144), e con particolare riferimento ai diplomi relativi ai percorsi di specializzazione tecnolo-gica degli istituti tecnici superiori (disciplinati dall’articolo 7 del D.P.C.M. 25.1.2008).

3.4.2 praticantato e attività di ricerca

L’apprendistato di alta formazione può essere utilizzato anche per il praticantato per l’ac-cesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali, e per lo volgimento di at-tività di ricerca.

3.4.3 Condizioni di utilizzo

Il contratto può essere utilizzato in tutti i settori di attività, e da parte di tutti i datori di lavo-ro, compresa la pubblica Amministrazione. Pertanto, come per le altre tipologie di apprendi-stato, viene meno qualsiasi limitazione e differenza di regole tra pubblico e privato. Possono essere assunti con questi tipo di apprendistato i giovani di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni. La legge non fissa come data ultima quella in cui il giovane compie il 29simo anno di età, e quindi si deve ritenere che il contratto possa essere stipulato sino al giorno antecedente alla data di compimento dei 30 anni. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale conse-guita ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005, il contratto di apprendistato di alta formazione può esse-re stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.

3.4.4 Durata del periodo formativo

Al contrario di quanto accade per le altre tipologie di apprendistato (qualificante e profes-sionalizzante), la legge non stabilisce un tetto di durata massima del periodo formativo per la tipologia di alta formazione e ricerca. La durata massima di questo periodo potrà quindi es-

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

57

sere stabilita dalle fonti competenti (le intese regionali, di cui parliamo di seguito) senza do-ver rispettare un vincolo legale.

3.4.5 Monte ore di formazione

La legge non stabilisce alcun monte ore di formazione minimo che deve essere attuato nell’ambito di questa forma di apprendistato, così come non definisce in alcun modo le carat-teristiche del percorso formativo. Questi aspetti dovranno essere compiutamente disciplina-ti nelle intese regionali cui viene demandata la possibilità di regolare l’istituto.

3.4.6 normative regionali

Per quanto riguarda questa tipologia contrattuale viene confermato l’impianto previsto dal-la riforma Biagi che, al contrario di quanto accaduto con l’apprendistato professionalizzante, ha dato luogo ha sperimentazioni interessanti e non ha prodotto la sostanziale inutilizzabilità del contratto. Pertanto, come nella precedente disciplina viene affidato alle Regioni il com-pito di disciplinare la durata e le modalità di svolgimento del periodo di formazione.

La Legge (art. 5, co. 2) non definisce lo strumento con cui deve essere adottata la disciplina regionale. Si può trattare, quindi, di una legge o di un atto subordinato. Peraltro, il riferimento al raggiungimento di un accordo con altri soggetti lascia aperta la possibilità di regolare l’isti-tuto mediante semplici convenzioni, come già sperimentato nel periodo di vigenza della rifor-ma Biagi. L’accordo appena accennato è una condizione per l’approvazione di qualsiasi disci-plina. La legge stabilisce infatti che la regolamentazione regionale deve essere definita in accordo con una serie molto lunga di soggetti. In primo luogo, le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. L’intesa con le parti sociali non basta. La legge include nell’elenco le Università, gli istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca. La norma non stabilisce se le intese regionali debbano prevedere la contestuale presenza di tutti questi soggetti. L’e-sperienza applicativa ha dato luogo a intese che, secondo gli ambiti di operatività, non sempre vedevano la presenza di tutti i soggetti elencati dalla norma. Tra le istituzioni formative con cui si deve raggiungere l’accordo rientrano anche quelle in possesso di riconoscimento istituzio-nale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività im-prenditoriali, del lavoro, della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.

3.4.7 Accordi diretti con i datori di lavoro

L’art. 5, co. 3, del Testo Unico si preoccupa di stabilire un meccanismo che consenta di uti-lizzare il contratto anche in caso di inerzia delle singole Regioni. Secondo la norma, in man-canza di una disciplina regionale l’attivazione dell’apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associa-zioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca. La norma precisa che queste intese possono essere raggiunte senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Tale disposizione riproduce fedelmente la formulazione dell’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 introdotta dall’art. 23, co. 3 e 4, Legge n. 133/2008, la quale ha superato il vaglio della Corte Costituzionale. In particolare la Consulta, con sentenza 14.5.2010, n. 176, ha respinto le que-stioni di legittimità costituzionale proposta da alcune Regioni, rilevando che la previsione di un meccanismo sostitutivo per i casi di inerzia regionale non lede alcuna prerogativa legislativa delle medesime Regioni.

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58 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

3.5 Caratteristiche della formazione

3.5.1 Formazione formale

La linea guida del Testo Unico è la semplificazione: questa scelta si traduce non sono nella semplificazione delle fonti chiamate a regolare il contratto, ma anche nella riduzione delle norme di carattere definitorio che rendevano molto complessa la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 276/2003. Il testo Unico, per dare coerenza alla propria scelta di rendere più sempli-ce il quadro di regole, sceglie di ridurre al minimo le definizioni, confidando nella capacità delle fonti competenti a regolare i diversi percorsi di apprendistato di scrivere regole adegua-te. Così, scompare la nozione di formazione formale, che tanto aveva fatto scrivere e discutere nella disciplina previgente. Secondo il D.Lgs. n. 276/2003, il monte ore annuo che doveva es-sere impartito all’apprendista doveva essere conforme alle caratteristiche individuate dalla legge nazionale e regionale; tale concetto si esplicitava con la previsione secondo cui la forma-zione erogata doveva essere qualificabile “formazione formale” (artt. 48, 49 e 50). Si definiva come “formale” la formazione realizzata in un contesto formativo adeguato e dotato capacità formativa, che poteva essere presso strutture formative pubbliche ma anche presso l’azienda.

Con la scomparsa di qualsiasi riferimento alla formazione formale, diventa più semplice e meno opinabile l’identificazione del percorso formativo che deve essere seguito dall’ap-prendista, che coincide con quello definito nel piano Formativo Individuale.

3.5.2 Formazione in alternanza

Con riferimento all’apprendistato professionalizzante, il Testo Unico, confermando una scelta già operata dalla riforma Biagi e, in precedenza, nel Pacchetto Treu (Legge n. 196/1997), dà un chiaro indirizzo circa le modalità con cui la formazione può essere svolta durante il pe-riodo di apprendistato: la formazione, fatti salvi i casi in cui è richiesta la frequenza di specifici corsi per ottenere determinati titoli di studio, può essere svolta dall’apprendista sia presso sedi formative esterne all’impresa, sia presso l’azienda.

Pertanto, viene consentita la c.d. formazione in alternanza, che prevede l’erogazione alternativa di una formazione aziendale, da attuarsi con le forme che saranno previste dal contratto collettivo.

Questa scelta scaturisce dall’esigenza di accrescere le competenze del lavoratore sia ri-spetto allo specifico compito cui egli è adibito, sia rispetto alla sua capacità e attitudine ad adattarsi a diverse mansioni (la sua c.d. occupabilità). L’investimento nella formazione teori-ca, alternata con l’addestramento pratico, viene quindi ritenuto funzionale all’esigenza di ac-crescere il patrimonio professionale del lavoratore, ed a rafforzare la sua posizione nel mer-cato del lavoro, nell’interesse non solo del datore di lavoro ma anche della collettività.

L’apprendista potrebbe quindi essere formato non solo mediante la semplice assegnazione al lavoro (c.d. formazione on the job), ma dovrebbe essere chiamato a svolgere un percorso in cui si alternano formazione teorica ed esperienza pratica sul lavoro. Questa scelta potrà esse-re fatta liberamente dal contratto collettivo, per il caso dell’apprendistato professionalizzante.

Certamente, il contratto collettivo dovrà tenere conto della necessità che il percorso for-mativo non venga a coincidere solo con l’attività di lavoro: in questo modo verrebbe svuotato completamente di contenuti la parte formativa del contratto, e perderebbero di senso gli in-centivi normativi e contributi che lo Stato riconosce proprio in virtù della valenza formativa. In passato la giurisprudenza di legittimità ha messo in guardia sui rischi connessi all’eccessiva predominanza della formazione sul lavoro rispetto alla formazione teorica, evidenziando che

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

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“..la funzione formativa, compresa nella causa del contratto non consiste in un generico affi-namento professionale attraverso un altrettanto generico addestramento, bensì nel consegui-mento della qualificazione professionale prevista…” (così Cass. 20.4.1998, n. 4015).

La formazione in alternanza non è consentita solo per l’apprendistato professionalizzan-te, ma può attuarsi anche all’interno delle altre due tipologie di rapporto (qualificante e ri-cerca), tuttavia, si deve considerare che queste forme di apprendistato possono portare al conseguimento di titoli di studio specifici (qualifiche, diplomi, dottorati). In tali casi, la fonte di regolazione (disciplina regionale o convenzioni con enti formativi) dovrà tenere conto dei re-quisiti minimi necessari per il rilascio di questi titoli e, di conseguenza, la parte di formazione teorica avrà una maggiore rilevanza qualitativa e quantitativa. Diverso potrebbe essere il caso dell’apprendistato di ricerca svolto per la pratica professionale: in questo caso, l’attività nello studio professionale potrebbe assorbire gran parte del percorso formativo necessario.

3.5.3 Formazione interna ed esterna

Il Testo Unico conferma la scelta fatta dalla riforma Biagi circa la possibilità per l’azienda di erogare direttamente la formazione all’apprendista, secondo le regole previste dalla con-trattazione collettiva o dalla normativa regionale. Si tratta di una naturale conseguenza della scelta di ammettere la formazione in alternanza. Le modalità con cui il datore di lavoro può erogare la formazione interna sono, in teoria, diverse: può trattarsi di un semplice affianca-mento del lavoratore, finalizzato a consentirgli l’apprendimento di alcune abilità tecniche ed operative, oppure può consistere nell’organizzazione, a cura e spese del datore di lavoro, di percorsi formativi (anche mediante il ricorso a fornitori esterni). L’elemento decisivo per ca-pire se questa formazione è sufficiente a soddisfare le finalità formative del contratto è la normativa che regola la formazione, cioè il contratto collettivo, nel caso dell’apprendistato professionalizzante, e la normativa regionale per gli apprendistati qualificante e di ricerca. In quella sede sono definite le caratteristiche della formazione, sia interna che esterna, e per-tanto con riferimento ai parametri definiti in tali normative si potrà considerare correttamente assolto o non assolto l’obbligo di impartire e far impartire la formazione.

3.5.4 profili formativi

Un elemento centrale della disciplina del contratto di apprendistato sono i c.d. profili forma-tivi; con questa nozione si fa riferimento all’insieme delle competenze culturali e scientifiche a carattere trasversale nonché tecnico-professionali che l’apprendista deve raggiungere attra-verso un percorso formativo, esterno o interno all’impresa, descritto nel piano formativo indivi-duale. La regolamentazione dei profili formativi segue la regola generale individuata dal Testo Unico per la disciplina del percorso formativo: pertanto, viene affidata al contratto collettivo nel caso dell’apprendistato professionalizzante, mentre viene rimessa alla disciplina delle Regio-ni nel caso delle altre due tipologie (qualificante e di alta formazione e ricerca).

3.6. tutor aziendale

3.6.1 Il ruolo del tutor

Il percorso formativo deve essere realizzato sotto la guida del tutor aziendale; questa figu-ra si identifica con il soggetto, dotato di competenze e formazione adeguate, preposto a tra-

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60 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

smettere e favorire l’acquisizione delle competenze professionali dell’apprendista mediante l’insegnamento e l’affiancamento nell’ambito dell’azienda ed il coordinamento con la forma-zione formale esterna all’azienda. La scelta verso la semplificazione operata dal Testo Unico investe anche la definizione delle caratteristiche e dei requisiti di questa figura. Sotto la vigen-za della precedente disciplina, in un quadro di regole poco chiare al riguardo, si era giunti alla conclusione che la definizione delle specifiche competenze del tutor era rimessa alla norma-tiva regionale (circolare Ministero del lavoro n. 40/2004) e, fino alla mancata adozione di questa normativa, era considerato vigente il D.M. 28 febbraio del 2000, con il quale sono stati definiti per la prima volta i requisiti che devono essere posseduti dal tutor aziendale.

Il testo Unico opera una scelta diversa al riguardo, in quanto assegna alla contrattazione collettiva o agli accordi interconfederali il compito di regolamentare la figura del tutor. In realtà la norma è molto ellittica sul punto, in quanto si limita a stabilire che la disciplina col-lettiva debba prevedere la “presenza di un tutore o referente aziendale” (art. 2, co. 1, lett. d).

Il rinvio alla contrattazione collettiva è molto ampio: viene assegnato il compito di definire l’intera disciplina del rapporto, con il solo vincolo del rispetto dei principi e criteri direttivi posti dall’articolo 2.

L’ampiezza di tale rinvio deve far ritenere che l’accordo collettivo potrà disciplinare in ma-niera libera e integrale i requisiti del tutor; le normative preesistenti (quelle regionali e, in mancanza, le prescrizioni contenute nel D.M. 28 febbraio del 2000) saranno invece applicabili solo in mancanza di una disciplina collettiva.

3.6.2 Compiti del tutor

Per comprendere i compiti normalmente svolti dal tutor possiamo prendere come riferi-mento l’art. 1, D.M. 28.2.2000, che ha operato la prima ricognizione completa delle attività af-fidate a questa figura. Secondo la norma (che, lo ricordiamo, si applica solo in mancanza di una disciplina collettiva), il tutor ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo di apprendistato, trasmettere all’apprendista l’insegnamento necessario per lo svolgimento delle attività lavorative, favorire l’integrazione tra le iniziative esterne all’azienda e la forma-zione sul luogo del lavoro, entrare in contatto con la struttura di formazione esterna, espri-mere le proprie valutazioni sulle competenze professionali acquisite dall’apprendista.

Si tratta quindi di un ruolo centrale, in quanto tale soggetto è il responsabile dell’intero percorso formativo. Come già detto, il Testo Unico non elenca in maniera specifica i compiti del tutor, limitandosi a prevedere che debba essere presente; peraltro, la norma fa riferimento alla presenza di un tutor o di un “referente aziendale”, dando l’idea di adottare una lettura minimalista del ruolo e delle funzione di questa figura che, invece, nella normativa collettiva e regionali ha una valenza centrale.

Il Decreto del 2000 fissava anche i requisiti del tutor. Secondo tale disciplina, per essere nominato come tutor un soggetto deve possedere un livello di inquadramento pari o superio-re a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato, deve svolgere attività coerenti con quelle dell’apprendista e, infine, deve possedere almeno tre anni di espe-rienza lavorativa.

Sempre il Decreto Ministeriale del 2000 prevedeva requisiti differenziati per il tutor nelle imprese i cui dipendenti non superano il numero le 15 unità e nelle imprese artigiane. Presso queste aziende, la funzione di tutor può essere ricoperta, in alternativa, da un lavoratore no-minato dall’imprenditore ma anche dal titolare dell’impresa, da un socio oppure da un fami-liare coadiuvante. Il Ministero del Lavoro, con risposta a interpello del 5.6.2009, n. 49, ha precisato che, ferme restando le specifiche indicazioni dettate in materia dalle Regioni (in caso di apprendistato professionalizzante) ovvero dalla contrattazione collettiva, il rapporto di asso-

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

61

ciazione in partecipazione non è compatibile con il ruolo del tutor in quanto non espressamen-te indicato nel D.M. 28.2.2000. Sempre il Ministero ha specificato che ciascun tutor comunque non potrà affiancare più di 5 apprendisti (risposta a interpello n. 9/2008).

3.6.3 Formazione del tutor

Secondo il D.M. 28.2.2000, il tutor deve partecipare a una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore a 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di formazione esterne all’azienda, nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3.6.4 Assenza del tutor

La legge, chiarendo ogni dubbio al riguardo, non ammette discipline collettive che escludano la presenza del tutor. Il Ministero del Lavoro, con risposta a interpello 27.3.2008, n. 9 ha chiarito che è possibile la mancanza temporanea di questa figura, in quanto l’affiancamento all’apprendista non deve avere carattere continuativo. Pertanto, brevi sospensioni dell’attività lavorativa del tu-tor (per ferie, permessi giornalieri e malattie brevi, ecc) non vanificano il percorso formativo dell’apprendista. Invece, in caso di sospensioni lunghe dell’attività lavorativa (maternità, malat-tia di lunga durata) ovvero, a maggior ragione, in caso di cessazione del rapporto di lavoro del tutor, il datore di lavoro è obbligato a nominare con urgenza il sostituto al fine di non ricadere nelle sanzioni previste per l›incompleto adempimento degli obblighi formativi.

3.7 standard formativi e certificazione delle competenze

3.7.1 problemi attuativi

L’art. 6 del Testo Unico contiene un pacchetto di norme che hanno la finalità di attestare il percorso formativo dell’apprendista, da un lato, e di stimolare l’adozione di standard formativi uniformi, dall’altro. Queste norme traggono spunto dalle medesime disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 276/2003; si tratta di vedere come saranno attuate. Nella precedente esperienza legi-slativa, alcune di queste innovazioni (il repertorio delle professioni, il libretto formativo del citta-dino, gli standard formativi) si sono ridotte, nella pratica, a semplici enunciazioni di principio. È auspicabile che con lo slancio offerto dal Testo Unico questi istituti troveranno un nuovo vigore.

3.7.2 Libretto Formativo del cittadino

Secondo l’art. 2, co. 1, lett. g) del Testo Unico, la formazione effettuata dall’apprendista, unitamente all’eventuale qualifica contrattuale acquisita al termine del periodo di apprendi-stato, deve essere registrata nel c.d. “libretto formativo del cittadino”.

Con questa definizione, introdotta dall’articolo 2, co. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 276/2003, si fa riferimento a un documento che deve essere redatto secondo le indicazioni fornite da un accordo tra stato, Regioni e Ministeri competenti, sul quale sono registrate tutte le attività formative che un lavoratore svolge durante la propria carriera professionale: le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle Regioni.

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62 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

Nel Libretto Formativo sono attestati anche le attività di formazione non strutturata e, in parti-colare, le competenze acquisite in modo formale e informale. Queste ultime attività possono tuttavia essere registrate solo nel rispetto degli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente e a condizione che siano state oggetto di un preventivo riconoscimento e certificazione.

Si tratta, in altri termini, di un documento nel quale dovrebbero essere raccolte e docu-mentate le diverse esperienze di apprendimento dei cittadini lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana.

La registrazione nel Libretto Formativo del cittadino della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita è di competenza del datore di lavoro, ma il lavoratore ha diritto di ottenere il corretto adempimento di questo onere.

La norma della riforma Biagi ha dato seguito alla previsione contenuta in diversi accordi antecedenti tra i quali, in particolare, l’Accordo Stato Regioni del 18 febbraio 2000 e il Decreto Ministeriale n. 174/2001, che regolamentava la certificazione delle competenze.

La novità della riforma Biagi, confermata dal Testo Unico (che rinvia espressamente all’art. 2 del D.Lgs. n. 276/2003) è consistita nel completamento di questo percorso e nella sua forma-lizzazione legislativa.

Le norme del decreto sono state attuate con il Decreto Interministeriale del 10.10.2005 (“approvazione del modello di libretto formativo del cittadino, ai sensi del decreto legislativo 10.9.2003, n. 276, articolo 2, co. 1, lettera i)”). Mediante tale atto, è stato definito un modello unico di Libretto Formativo, che dovrà essere rilasciato dalle Regioni.

Il modello è stato definito da un gruppo di lavoro promosso dal Ministero del Welfare e composto dai Ministeri coinvolti (Ministero del Welfare e Ministero dell’Istruzione), dalle Re-gioni e Province autonome e dalle Parti sociali. L’ISFOL ha svolto il ruolo di organismo di assi-stenza tecnica.

LIBREttO FORMAtIVO DEL CIttADInO

RILASCIATO DA … (soggetto abilitato/autorizzato)

NELLA REGIONE/PROVINCIA …

DATA DI PRIMO RILASCIO …

DATA DI ULTIMO AGGIORNAMENTO …

SEZIONE 1

1. InFORMAZIOnI pERsOnALINome e CognomeCodice FiscaleSessoData di nascita ____/____/____Comune ( o Stato estero) di nascitaProvinciaNazionalitàComune di residenza____________________CAP_________Provincia_________________

(continua)

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

63

- segue - SEZIONE 1

Indirizzo di residenza_________________________________________________________

Comune di domicilio____________________CAP__________Provincia__________________

Indirizzo di domicilio__________________________________________________________

Numero di telefono cellulare

Numero di Telefono

Numero di Fax

Indirizzo di posta elettronica

2. EspERIEnZE LAVORAtIVE / pROFEssIOnALI (*)

Tipologia contrattuale

Data di inizio del rapporto di lavoro ____/____/____

Data di cessazione del rapporto di lavoro ____/____/____

Mansione svolta (qualifica SIL)

Settore economico (codice IS AT)

Principali attività svolte

Nome del datore di lavoro

Indirizzo del datore di lavoro

(* ) da ripetersi per ogni esperienza citata

3. tItOLI DI IstRUZIOnE E FORMAZIOnE (*)Titolo di studio

(se in apprendistato, indicare se:

apprendistato per il diritto dovere

apprendistato per l’alta formazione

Anno di conseguimento__________________

Nome dell’Istituto Scolastico/Ente/Università ________________________________________

Sede dell’Istituto Scolastico/Ente/Università _________________________________________

votazione conseguita (numeratore/denominatore) _____/_____ cum laude____

ultimo anno frequentato (se abbandonato) _____

anno di frequenza (se in corso) _____

nr. esami sostenuti (se abbandonato o in corso) _____

tirocinio/stage Durata ____________________________

ente/azienda ospitante__________________________________________________________

(*) da ripetersi per ogni esperienza citata

4. EspERIEnZE FORMAtIVE (*)

Titolo attività formativa__________________________________________________________

- se ottenuto in apprendistato indicare:

apprendistato per il diritto dovere

apprendistato professionalizzante

(continua)

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64 Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

- segue - SEZIONE 1

apprendistato per l’alta formazione

- indicare se ottenuto in contratto di inserimento

Soggetto che ha erogato l’attività formativa_____________________________________________

Sede soggetto erogatore (comune o stato estero) ________________________________________

concluso nel _________________________

durata ( specificare se in ore/giorni/mesi)______________________________________________

attestazione/ certificazione rilasciata o validata dall’ente pubblico ___________________________

altre attestazioni_________________________________________________________________

tirocinio/stage Durata ____________________________

ente/azienda ospitante ____________________________________________________________

(*) da ripetersi per ogni esperienza citata

SEZIONE 2

Competenze acquisite in percorsi di apprendimento

Tipologia (*) Descrizione Contesto di acquisizione (in quale percorso/situazione sono state sviluppate le

competenze indicate)

Periodo di acquisizione

(anno/i in cui sono state sviluppate le competenze indicate)

Tipo di evidenze documentali a supporto dell’avvenuta acquisizione delle competenze descritte

(*) In caso di competenze acquisite nell’ambito di percorsi di apprendimento formale, specificare l’arti-colazione in relazione alle tipologie di competenze individuate dall’accordo in Conferenza Unificata del 28.10.2004: competenze di base, competenze tecnico-professionali e trasversali. Per le Competenze di base derivanti da percorsi di istruzione e formazione si farà riferimento alle aree individuate dall’Ac-cordo in Conferenza Unificata del 15.01.04: Area dei linguaggi, Area tecnologica, Area scientifica, Area storico-socio-economica.

3.7.3 Repertorio delle professioni

L’art. 6 del Testo Unico torna ad affrontare un tema che era stato introdotto, senza riscuo-tere grande successo, dalla riforma Biagi: il Repertorio delle professioni. Si tratta di un obiet-tivo molto ambizioso, forse troppo ambizioso, se si considera la scarsa capacità del nostro ordinamento di organizzare sul piano amministrativo progetti dotati di una certa complessità.

Complessità che non manca all’idea, pure affascinante, del Repertorio delle Professioni, che dovrebbe essere una sede nella quale sono censite tutte le qualifiche professionali che possono essere acquisite mediante i contratti di apprendistato. Questo censimento dovrebbe essere realizzato mediante l’analisi dei sistemi di classificazione del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro. Questa analisi dovrebbe essere condotta, e in coerenza con quanto previsto nelle premesse dalla intesa tra Governo, Regioni e parti sociali del 17.2.2010, da un apposito organismo tecnico di cui fanno parte il Ministero dell’istruzione, della Università e

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Capitolo 3 - Tipologie di apprendistato

Apprendistato

65

della Ricerca, le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappre-sentative sul piano nazionale e i rappresentanti della Conferenza Stato Regioni.

Il Repertorio dovrebbe servire ad armonizzare le diverse qualifiche professionali acqui-site secondo le diverse tipologie di apprendistato e consentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali; inoltre, il Repertorio dovrebbe servire anche a certificare correttamente nel Libretto formativo del cittadino le competenze acquisite dall’apprendista.

La tenuta del Repertorio è affidato al Ministero del lavoro che, tuttavia, dovrà occuparsene senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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Apprendistato

Capitolo 4

AppREnDIstAtO E CAsI pARtICOLARI

4.1 Apprendistato nel settore artigiano

4.1.1 specificità del settore artigiano

Il settore artigiano vanta una lunga tradizione in materia di apprendistato, che trova origine nella particolare adattabilità di questo contratto a un contesto produttivo nel quale l’addestra-mento e l’insegnamento dei mestieri è il punto di partenza per qualsiasi percorso professio-nale. Questo settore, peraltro, ha delle caratteristiche e delle peculiarità tali che rendono diffi-cile l’applicazione integrale di alcune norme che disciplinano il rapporto di apprendistato ordinario.

Per questi motivi, il testo Unico dedica al settore dell’artigianato alcuni norme speciali; si tratta di un scelta fatta in continuità con l’impostazione della legislazione previgente che ha sempre riconosciuto e valorizzato la specificità del settore artigiano, seppure mediante regole differenti (ad esempio, il Pacchetto Treu, la Legge n. 197/1997, si concentrava sulla diversa durata del contratto).

4.1.2 L’imprenditore artigiano e la sua impresa

La definizione del settore artigiano, al contrario di quanto accade per la maggioranza dei settori produttivi, non è rimessa all’esperienza comune, ma è oggetto di una specifica disci-plina normativa, contenuta nella Legge 8.8.1985, n. 443 (Legge quadro sull’artigianato). L’art. 2 di questa legge definisce come “imprenditore artigiano” colui che esercita personal-mente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana. L’imprenditore arti-giano, in particolare, è un soggetto che assume la piena responsabilità dell’impresa artigia-na, e sopporto tutti gli oneri e i rischi inerenti alla direzione e alla gestione di tale impresa; tale soggetto, tuttavia, pur avendo un compito di direzione svolge in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. L’imprenditore artigiano, quindi, è un soggetto titolare di un’impresa, che non si limita ad amministrare la stessa ma partecipa con il proprio lavoro (anche manuale) al processo produttivo.

Il successivo articolo 3 stabilisce cosa debba intendersi per “impresa artigiana”: secondo la norma, si definisce come artigiana l’impresa che viene esercitata dall’imprenditore arti-giano senza che siano superati alcuni specifici limiti dimensionali. Il rispetto di questi limiti dimensionali non basta; l’impresa, per potersi definire artigiana, deve avere come scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni o di prestazioni di servizi. Sono escluse dalla nozione di impresa artigiana le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, quelle di intermediazione nella circolazione dei beni e le attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; l’unico caso in cui queste attività posso-no rientrare nella nozione di impresa artigiana è quello in cui le attività medesime siano

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68 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

solamente strumentali e accessorie rispetto all’esercizio dell’impresa dotata dei caratteri previsti dalla legge.

Il co. 2 dell’articolo 3 stabilisce anche le forme con le quali può essere costituita l’impresa artigiana: questa può essere costituita ed esercitata in forma di società semplice o società cooperativa. La società, nelle forme consentite, deve essere formata da soci che, a maggio-ranza, svolgono in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo. Se i soci sono due, almeno uno deve lavorare nell’impresa. Inoltre, la legge stabilisce che nell’im-presa il lavoro debba avere una funzione preminente sul capitale.

La forma della società semplice non è esclusiva. Si può costituire l’impresa artigiana anche in forma di capitali, con alcuni limiti. L’impresa può essere costituita ed esercitata in forma di società a responsabilità limitata con unico socio, ma solo se il socio unico è in pos-sesso dei requisiti per essere definito “imprenditore artigiano”, e non è unico socio di altra società a responsabilità limitata o socio di una società in accomandita semplice. Si può ri-correre anche alla forma di società in accomandita semplice, alle stesse condizioni: ciascun socio accomandatario deve possedere i requisiti per essere definito “imprenditore artigiano” e non deve essere unico socio di una società a responsabilità limitata o socio di altra società in accomandita semplice.

POSSIbILI fORME gIURIDIchE DELLE IMPRESE ARTIgIANE

- Impresa individuale

- Società in nome collettivo

- Società in accomandita semplice

- Società a responsabilità limitata con unico socio

- Società a responsabilità limitata pluripersonale (la maggioranza dei soci, almeno uno in caso di due soci, deve svolgere in prevalenza lavoro personale, anche manuale)

4.1.3 Criteri di computo dei dipendenti e degli apprendisti

Il numero complessivo di apprendisti che possono essere assunti della imprese arti-giane non è soggetto alla disciplina ordinaria. L’art. 2, co. 3 del Testo Unico, infatti, defini-sce una regola generale che si applica a tutte le imprese e, contestualmente, prevede una disciplina differenziata per le imprese artigiane. Secondo la regola generale, il numero com-plessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato (direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro, mediante contratto di staff leasing) non può superare il 100 per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro.

Sempre secondo la regola generale, il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipenden-ze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia meno di tre, può assumere fino a 3 apprendisti.

Questa disciplina non trova applicazione per le imprese artigiane, le quali - per espressa previsione del co. 3 - restano soggette alle norme speciali per l’assunzione alle dipendenze delle imprese artigiane, contenute nell’art. 4 della Legge 8.8.1985, n. 443.

Questa norma stabilisce il numero massimo di dipendenti che può avere un’impresa arti-giana e, in questo ambito, definisce anche il tetto massimo di utilizzo degli apprendisti; il su-peramento di queste soglie fa perde la qualifica di impresa artigiana.

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

69

L’impresa che non lavora in serie può avere sino a un massimo di 18 dipendenti, compre-si gli apprendisti; questi non possono superare le 9 unità, ma il numero massimo di dipenden-ti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 13 apprendisti).

L’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata, può avere sino a un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti, i quali non possono supe-rare le 5 unità. Il numero massimo di dipendenti può salire fino a 12, a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 8 apprendisti).

I limiti cambiano ancora per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavo-razioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura (questi settori sono elencati in calce alla Legge 8 agosto 1985, n. 443). Tale impresa può avere sino a un massimo di 32 dipen-denti, compresi gli apprendisti, che non possono superare le 16 unità. Il numero massimo dei dipendenti può salire fino a 40, a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 24 apprendisti).

Infine, le imprese di costruzioni edili possono avere sino a un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti, i quali non possono superare le 5 unità. Il numero massimo di dipen-denti può salire fino a 14 unità, ma a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 9 apprendisti).

IMPRESA ARTIgIANA: LIMITI DIMENSIONALI E NUMERO DI APPRENDISTI

Impresa che non lavora in serie

- massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti che non devono essere più di 9

- il numero è elevabile fino a 22, a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti

impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata

- massimo 9 dipendenti, compresi gli apprendisti, che non devono essere più di 5

- il numero massimo è elevabile fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti

Impresa nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura

- massimo 32 dipendenti, compresi gli apprendisti

- il numero massimo è elevabile fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti

Impresa di trasporto

- massimo 8 dipendenti

Imprese di costruzioni edili

- massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti

- il numero massimo è elevabile fino a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti

La legge stabilisce anche i criteri di calcolo che devono essere utilizzati per verificare il ri-spetto di questi limiti numerici.

Gli apprendisti che hanno ottenuto la qualifica e sono stati mantenuti in servizio dall’im-presa artigiana non sono computati tra i dipendenti per un periodo di due anni. Analogo cri-terio (non computo del dipendente) si applica per i lavoratori a domicilio, ma solo a condizione che non superino un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati presso l’impresa artigiana. Inoltre, non sono computati i portatori di handicap fisici, psichici o sensoriali.

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70 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

I familiari dell’imprenditore, anche se partecipanti all’impresa familiare (disciplinata dall’art. 230 bis del codice civile), sono computati solo qualora svolgano la loro attività di lavo-ro prevalentemente e professionalmente nell’ambito dell’impresa artigiana. Infine, sono com-putati i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell’impresa artigiana, ma da questo numero deve essere detratta un’unità. Quanto ai dipendenti ordinari, non sussiste alcuna re-gola speciale, e quindi sono computati integralmente.

cRITERI DI cOMPUTO DEL PERSONALE NELL’IMPRESA ARTIgIANA

- non sono computati per un periodo di 2 anni gli apprendisti passati in qualifica

- non sono computati i lavoratori a domicilio

- non sono computati i portatori di handicap fisici, psichici o sensoriali

- sono computati i familiari dell’imprenditore

- sono computati, tranne uno, i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell’impresa artigiana

- sono computati tutti i dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, ad eccezione di quelli sopra indicati, qualunque sia la mansione svolta

4.1.4 Durata dell’apprendistato professionalizzante e modifiche della Riforma Fornero

Un altro elemento di forte specialità della disciplina applicabile al settore artigiano riguar-da la durata del rapporto di apprendistato, nella sua forma professionalizzante.

Al riguardo, l’art. 4 del Testo Unico stabilisce - come già visto per i limiti quantitativi - una regola generale, valida per tutti i settori produttivi, e una regola speciale valida solo per l’ar-tigianato.

Secondo la regola generale, la durata del rapporto professionalizzante è decisa dagli ac-cordi interconfederali e dai contratti collettivi, in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, entro un termine massimo di 3 anni.

Per il settore artigiano, il limite può arrivare a 5 anni, ma solamente per le figure profes-sionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Pertanto, la contrattazione collettiva di settore dovrà definire la durata massima del rappor-to professionalizzante, nel limite dei 3 anni, e, in aggiunta a questa definizione, dovrà individua-re le qualifiche per le quali può applicarsi una durata superiore ai 3 anni e inferiore a 5 anni.

A tale riguardo, va notato che la riforma Fornero (Legge n. 92/2012) ha leggermente modi-ficato il testo della norma. Secondo la nuova versione dell’art. 4, co. 2, è possibile portare questo limite a 5 anni per i profili professionali “caratterizzanti la figura dell’artigiano”, e rinvia alla contrattazione collettiva di riferimento il compito di individuare tali profili.

La versione previgente della norma parlava di “figure professionali dell’artigianato”: la no-vella ha lo scopo di chiarire che il limite di 5 anni si applica a mansioni di tipo artigianale, anche ove queste siano regolate da Ccnl diversi da quello proprio del settore (come ad esempio ac-cade nel commercio).

4.1.5 Qualifica di maestro artigiano

L’art. 4, co. 4, del Testo Unico prevede che le Regioni e le associazioni di categoria dei dato-ri di lavoro possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il riconosci-mento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

71

Tale qualifica, acquisibile al termine del contratto di apprendistato professionalizzante, è già oggetto di diverse sperimentazioni sul territorio.

Una delle esperienze più rilevanti è stata fatta nella Provincia autonoma di Trento, che nel 2002 ha istituito il titolo di maestro artigiano per favorire l’acquisizione di una particolare qua-lificazione professionale e la trasmissione delle conoscenze del mestiere.

Secondo la disciplina locale, il titolo di maestro artigiano è conferito ad imprenditori arti-giani che abbiano maturato esperienza imprenditoriale e siano in possesso di un elevato grado di capacità tecnico – professionali ed imprenditoriali nonché di nozioni fondamentali per l’insegnamento del mestiere.

4.2 Apprendistato e somministrazione di manodopera

4.2.1 Compatibilità tra apprendistato e somministrazione

Il Testo Unico ha chiarito definitivamente che le Agenzie per il lavoro possono assumere i dipendenti che inviano in missione presso i propri clienti (le imprese utilizzatrici) mediante il contratto di apprendistato.

Il chiarimento si trova in più norme del Testo Unico.Innanziatutto, l’art. 1, comma 1, lett. g) prevede la possibilità di finanziare la formazione

degli apprendisti mediante le risorse degli enti bilaterali, e cita espressamente l’ente costi-tuito da Assolavoro e le parti sociali di settore (Forma.Temp.).

Inoltre, l’art. 2 comma 3, nella parte in cui fissa i limiti quantitativi di assunzione degli apprendisti, cita sia gli apprendisti assunti direttamente, sia quelli utilizzati mediante som-ministrazione di manodopera a tempo indeterminato. Queste norme considerano pacifica e scontata la compatibilità tra i due contratti, e risolvono ogni dubbio al riguardo.

La disposizione, peraltro, ha sollevato sin dalla sua approvazione qualche dubbio inter-pretativo, in quanto l’inclusione della sola somministrazione a tempo indeterminato nel li-mite quantitativo ha fatto sorgere negli interpreti il dubbio che la somministrazione a termi-ne non fosse compatibile con l’apprendistato.

Questo dubbio era, tuttavia, a parere di chi scrive infondato, in quanto le Agenzie per il lavoro possono eseguire le missioni di somministrazione a termine mediante un contratto a tempo indeterminato, categoria nella quale rientra senza dubbio l’apprendistato (pur aven-do tratti di specialità, come abbiamo visto).

Il dubbio è stato risolto dalla riforma Fornero, che ha introdotto un divieto espresso di utilizzo dell’apprendistato per lo svolgimento di contratti di somministrazione a termine; il divieto, scaturito dall’opposizione mostrata da alcuni ambienti sindacali verso l’accoppiata di questi contratti, ha confermato – paradossalmente – che prima di allora la combinazione era possibile, in quanto non avrebbe senso vietare qualcosa che è già vietato.

SOMMINISTRAZIONE DI MANODOPERA E APPRENDISTATO: LE NORME

Art. 1, co. 1, testo Unico Apprendistato

L’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

(continua)

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72 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

- segue - SOMMINISTRAZIONE DI MANODOPERA E APPRENDISTATO: LE NORME

Art. 2, co. 1, lett. e), testo Unico Apprendistato

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite del fondo bi-laterale di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (fondo Forma.Temp.) anche attraverso accordi con le Regioni

Art. 2, co. 3, testo Unico Apprendistato

Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro, non può superare il 100 % delle maestranze specializzate e qualificate in servizio

Divieto di utilizzare l’apprendistato in caso di somministrazione a termine

Art. 22, co. 1, D.Lgs. n. 276/2003 (riforma Biagi)

- in caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro

Art. 22, co. 1, D.Lgs. n. 276/2003 (riforma Biagi)

- in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile

- resta ferma la possibilità di assumere a tempo indeterminato

4.2.2 Apprendistato, somministrazione a termine e staff leasing

La riforma Fornero ha cambiato le regole applicabili agli apprendisti assunti a scopo di sommi-nistrazione. Il Testo Unico sull’apprendistato approvato lo scorso anno (d.lgs. n. 167/2011), come abbiamo visto, ha riconosciuto alle Agenzie per il lavoro la possibilità di assumere apprendisti da impiegare per l’esecuzione di missioni di lavoro somministrato, senza porre limiti sulla forma con-trattuale (a termine oppure a tempo indeterminato). La riforma Fornero e il c.d. Decreto Sviluppo (D.L. n. 83/2012) hanno prodotto due innovazioni importanti. La prima è stata l’introduzione di un divieto di utilizzo dell’apprendistato per l’esecuzione di contratti di somministrazione a termine. Si tratta di una scelta poco comprensibile, soprattutto in ragione del fatto che il progetto di riforma iniziale prevedeva una norma di contenuto opposto (veniva specificato, al fine di superare i dubbi interpretativi sollevati da alcuni, che l’apprendistato si potesse usare nell’ambito della sommini-strazione a termine). La seconda innovazione, contenuta nel decreto sviluppo, consiste nella pos-sibilità di utilizzare lo staff leasing in tutti i settori produttivi, senza l’applicazione dei limiti previsti in via generale, nei casi in cui l’Agenzia per il lavoro impiega un apprendista per dare esecuzione al contratto.

L’innovazione è molto rilevante, se si considera che, di norma, la somministrazione a tempo indeterminato è utilizzabile solo per un numero chiuso di settori ed attività: consulenza e assisten-za nel settore informatico, pulizia, custodia, portineria, trasporti da e per lo stabilimento, bibliote-che, parchi, musei, archivi, magazzini, economato, consulenza direzionale, certificazione, pro-grammazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale, marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commer-ciale, gestione di call-center, avviamento di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo uno, costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, installazioni e smontaggio di impianti e mac-chinari, servizi socio assistenziali e di cura alla persona.

Questa lista di settori e attività può essere integrata dai contratti collettivi di livello nazionale,

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

73

territoriale o aziendale, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative. Di fatto, la stipula di tali accordi non è così rapida e quindi il contratto fino ad oggi è rimasto confinato entro limiti dimensionali molto ristretti.

Con la nuova disposizione sugli apprendisti, lo staff leasing è destinato a diventare forma di lavoro flessibile molto utilizzata, in quanto è molto attrattiva per le aziende senza ridurre tutele per i lavoratori: non è necessaria la causale, non serve definire una durata, non si applicano i limiti quantitativi e di durata previsti per la somministrazione a termine, e nel contempo il lavoratore gode di tutte le tutele tipiche del lavoro subordinato, e partecipa agli interventi formativi previsti dal suo contratto.

SOMMINISTRAZIONE E APPRENDISTATO: LE fORME UTILIZZAbILI

Apprendistato nell’ambito della somministrazione a tempo determinato (art. 20, D.Lgs. n. 276/2003, co. 4)

Divieto di utilizzo introdotto dalla riforma Fornero

Apprendistato nell’ambito dello staff leasing(art. 20, D.Lgs. n. 276/2003, co. 3) – non si applicano i limiti di settore

- l’Agenzia assume il lavoratore con contratto di apprendistato

- il lavoratore viene inviato in missione presso l’impresa utilizzatrice, per un periodo di tempo indeterminato, senza vincoli di causale ma solo per le attività previste dalla legge (servizi, call center, logistica, commerciale ecc) o dal contratto collettivo nazionale o di secondo livello

- il lavoratore segue il percorso formativo secondo le regole previste dal CCNL per il dipendenti delle Agenzie per il lavoro

- al termine della somministrazione a termine, il rapporto di lavoro dell’apprendista prosegue sino alla scadenza del periodo formativo (che è indipendente dalla fine concreta della missione) e anche oltre, in caso di mancato esercizio della facoltà di disdetta

4.2.3 Attuazione del testo Unico nell’accordo collettivo del 5 aprile 2012

Il Testo Unico non si limita a chiarire definitivamente che la somministrazione e l’apprendi-stato sono compatibili, ma rende anche più semplice la possibilità di assumere apprendisti da parte delle Agenzie per il lavoro. Questo risultato passa per la concentrazione in capo al con-tratto collettivo nazionale di settore del compito di scrivere le regole della formazione, quanto meno per l’apprendistato professionalizzante (art. 4).

Tale facoltà è stata attuata con l’accordo firmato il 5.4.2012 dalle parti sociali di settore (Assolavoro, Felsa CISL e Uil Temp; Nidil Cgil ha invece scelto di non firmare). L’articolo 1 dell’accordo precisa le condizioni entro le quali si svolge il rapporto di lavoro. Secondo la nor-ma, l’apprendista viene assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia mediante un contratto di apprendistato professionalizzante redatto in forma scritta.

Questo contatto, sempre secondo la norma, può essere svolto secondo un percorso forma-tivo eseguito presso un solo utilizzatore o presso diverse imprese utilizzatrici. Considerato che la somministrazione si svolge applicando le regole collettive dell’impresa utilizzatrice, il com-ma 2 rinvia integralmente a tali regole per la disciplina della retribuzione, dell’inquadramento e dell’orario di lavoro dell’apprendista.

Il comma 3 disciplina l’eventuale patto di prova. La clausola potrà essere apposto solo una volta al contratto, e al momento dell’assunzione; la durata della prova non potrà in ogni caso

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74 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

essere superiore a quella prevista dal contratto di settore per i lavoratori in somministrazione assunti a tempo indeterminato ed inquadrati nei gruppi omogenei di riferimento.

Nelle ipotesi in cui la disciplina collettiva applicata dall’utilizzatore preveda per gli appren-disti periodi di prova di durata inferiore a quelli previsti dal contratto di settore, dovranno es-sere applicati i periodi di durata inferiore.

piano formativo individuale. L’articolo 2 disciplina il Piano formativo individuale; si tratta di quel documento che determina, sulla base dalla disciplina dal contratto collettivo appli-cato dall’impresa utilizzatrice, il percorso formativo che l’apprendista in somministrazione dovrà compiere per conseguire la qualifica prevista. Di norma questo documento viene re-datto dal datore di lavoro e dal lavoratore; nel caso della somministrazione, il rapporto si compone di tre parti (Agenzia per il lavoro, utilizzatore, dipendente) e, per questo motivo, l’accordo collettivo prevede che nella stesura del Piano formativo siano coinvolti tutti questi soggetti.

Una volta redatto, il piano formativo deve essere sottoposto al parere di conformità di For-ma.Temp entro 30 giorni dall’inizio della missione. Il Parere di conformità viene rilasciato per iscritto da un’apposita Commissione istituita presso Forma.Temp, che lo rilascia dopo aver controllato alcuni aspetti specifici: il rispetto del rapporto numerico fra apprendisti e lavorato-ri qualificati, l’ammissibilità del livello contrattuale d’inquadramento, e la coerenza del piano formativo con la qualifica proposta.

L’accordo prevede due fasi della procedura di rilascio del parere. Entro 10 giorni dalla ri-chiesta, il Fondo Forma.Temp. formula una prima all’azione tecnica sul piano: nei successivi 30 giorni la commissione rilascia il parere. In caso di mancata risposta entro il predetto termi-ne, il Piano formativo si intende approvato.

tutore di Agenzia. L’articolo 3 dell’accordo individua le caratteristiche che deve avere il tutore dell’apprendista somministrato. La normativa, anche qui, viene costruita intorno a un rapporto di lavoro che non si svolge, come di solito, tra due parti, ma vede invece la presenza di tre soggetti, lavoratore, Agenzia per il lavoro e impresa utilizzatrice. Per coinvolgere tutti questi soggetti nel percorso formativo, l’accordo prevede che durante il periodo di apprendi-stato, il lavoratore somministrato dovrà rapportarsi con due tutor, uno nominato dall’Agenzia per il Lavoro ed uno indicato dall’impresa utilizzatrice.

In questo modo, l’Agenzia per il lavoro potrà controllare che la formazione complessiva-mente erogata verso il proprio dipendente è adeguata rispetto al piano formativo, intervenen-do in caso di scostamenti, mentre l’utilizzatore potrà attuare gli obblighi formativi previsti dal proprio contratto collettivo.

Il Tutor di Agenzia, individuato nel piano formativo, è un dipendente o un consulente dell’A-genzia per il lavoro che, a seguito di comunicazione della stessa, viene iscritto nell’apposito Albo istituito presso Forma.Temp. Il tutor di Agenzia possiede adeguate competenze profes-sionali che possono derivare, alternativamente, da un’esperienza professionale di durata non inferiore a due anni acquisita in qualità di dirigente, quadro, funzionario o professionista, nel campo della gestione o della ricerca e selezione del personale o della fornitura di lavoro temporaneo o della ricollocazione professionale o dei servizi per l’impiego o della formazione professionale o di orientamento o della mediazione tra domanda ed offerta di lavoro o nel campo delle relazioni sindacali.

I previsti requisiti possono essere successivamente verificati da Forma.Temp che, in caso carenza, può disporre la cancellazione dall’Albo del tutor.

Il Tutor di agenzia dovrà essere nominato prima dell’invio in missione: in tale fase, l’Agenzia dovrà chiedere lo svolgimento di analogo adempimento all’utilizzatore.

Il Tutor nominato dall’utilizzatore dovrà essere scelto tra soggetti che ricoprono una quali-

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

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fica professionale non inferiore a quella individuata nel piano formativo individuale e che pos-siedono competenze adeguate ed un livello d’inquadramento pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato.

Il contratto prevede dei limiti massimi di lavoratori che possono essere seguiti da ciascun tutor. Nelle ipotesi di apprendistato con unico utilizzatore, per ogni tutor di Agenzia, si preve-de un limite di 25 apprendisti, qualora gli stessi svolgano il percorso formativo presso la stes-sa azienda e di 20 apprendisti negli altri casi. Invece, nelle ipotesi di apprendistato con più utilizzatori, per ogni Tutor di Agenzia si prevede un limite di 18 apprendisti qualora tutti svol-gano il percorso formativo presso la stessa azienda, e di 10 apprendisti negli altri casi.

4.2.3 Formazione del lavoratore somministrato

L’articolo 4 del decreto fissa le condizioni generali entro le quali deve essere erogata la formazione all’apprendista. La norma, tenendo conto del rapporto trilaterale che si instaura nel lavoro somministrato, ripartisce in maniera diversa gli obblighi formativi.

In capo all’Agenzia per il lavoro viene mantenuta la responsabilità del corretto adempimen-to degli obblighi formativi. Si tratta di una scelta inevitabile, che tiene conto del fatto che tale responsabilità è propria di ciascun datore di lavoro. Per questo motivo, l’Agenzia per il lavoro, tramite il proprio tutore, si vede affidare il compito di svolgere una lunga lista di attività.

Innanzitutto l’Agenzia definisce, prima dell’avvio in missione e di comune intesa con il lavo-ratore e l’impresa utilizzatrice, il piano formativo individuale che deve essere sottoposto ad apposita commissione istituita presso Forma.Temp per la relativa verifica di conformità.

Inoltre, l’Agenzia svolge, con cadenza semestrale e dandone conseguente comunicazione all’utilizzatore, un colloquio con l’apprendista per verificare l’effettiva attuazione del piano formativo, lo sviluppo delle sue capacità professionali e personali, le difficoltà incontrate, gli eventuali miglioramenti da adottarsi nel restante periodo di apprendistato.

L’Agenzia si preoccupa anche di colmare le eventuali lacune della formazione svolta presso l’utilizzatore: prevede la norma che il tutore può organizzare un percorso di formazio-ne sussidiaria erogata presso gli enti formativi accreditati da Forma.Temp, nei casi in cui si renda necessario integrare o supplire la formazione professionale realizzata presso l’impresa utilizzatrice stessa.

Infine, il contratto attribuisce all’Agenzia il compito di attestare periodicamente l’effetti-vo svolgimento della formazione, attribuire la specifica qualifica professionale alla fine del periodo di apprendistato.

4.2.4 Durata del periodo di apprendistato e recesso

L’articolo 5 definisce la durata del periodo di apprendistato; a tale proposito, la disciplina cambia in relazione al numero di missioni svolte durante il rapporto. Nelle ipotesi di appren-distato con unico utilizzatore, la durata minima del contratto di somministrazione non può essere inferiore al periodo di apprendistato previsto dalla vigente disciplina del CCNL appli-cato nell’impresa utilizzatrice, ferma restando l’ipotesi di assunzione diretta da parte dell’uti-lizzatore prima del termine dell’apprendistato.

Nelle ipotesi di apprendistato con più utilizzatori, la durata minima di ciascuna missione non può essere inferiore a 12 mesi presso un unico utilizzatore, salvo periodi residui più brevi necessari ai soli fini del completamento dell’apprendistato.

Il comma 3 disciplina poi la proroga del termine di durata in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione del rapporto di lavoro durante la missione il periodo di appren-

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76 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

distato. In questi casi, il termine finale del periodo di apprendistato si intende prolungato nelle modalità definite dalla disciplina dal contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice oppure, in mancanza, da quanto previsto in merito dal Testo Unico sull’apprendistato.

Lo spostamento del termine finale del periodo di apprendistato deve essere comunicato per iscritto all’apprendista almeno 30 giorni prima della scadenza del termine iniziale, con indicazione del nuovo termine del periodo formativo.

I periodi superiori a 30 giorni, utili ai fini del prolungamento del periodo di apprendistato, devono essere comunicati all’apprendista entro 30 giorni dalla loro maturazione.

L’articolo 7 disciplina invece i casi di recesso dal rapporto. Abbiamo ricordato che, ai sensi dell’articolo 1 del Testo Unico, l’apprendistato é un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. È tuttavia un contratto che, al termine del periodo nel quale viene erogata la formazione (definibile come periodo di apprendistato) può essere receduto dal datore di lavo-ro mediante una semplice comunicazione scritta di disdetta. Tale comunicazione non deve contenere alcuna motivazione, ma deve essere inviata nel rispetto del termine di preavviso previsto dal contratto collettivo.

Nel caso dei lavoratori somministrati, il citato articolo 7 prevede che l’Agenzia per il lavoro può recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, comunicando per iscritto la disdetta con un preavviso di 30 giorni a decorre dal termine del periodo di forma-zione, ai sensi dell’art. 2118 del codice civile.

In caso di mancato recesso, il rapporto dell’apprendista prosegue alle dipendenze dell’A-genzia per il lavoro come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La norma disciplina anche i casi di recesso disposto prima che sia terminato il periodo di apprendistato. In questo caso - come ricorda il Testo Unico - il datore di lavoro può recedere solo se esiste una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del rapporto.

Questa disciplina generale viene integrata con una normativa specifica volta a regolare le conseguenze di un’eventuale interruzione di una delle missioni in cui è utilizzato l’apprendista. Se si verifica questa evenienza, l’Agenzia è tenuta a completare la prevista formazione trasver-sale, erogando per una mensilità ulteriore la retribuzione percepita nel corso della preceden-te missione.

Qualora dopo tale periodo il lavoratore non sia stato ancora ricollocato per mancanza di occasioni di lavoro (c.d. ipotesi di fine lavori), l’Agenzia è tenuta ad attivare, previo accordo sindacale, le tutele contrattuali previste dall’articolo 23 bis del vigente CCNL.

In tal caso, il lavoratore sarà inserito in un percorso di politiche attive e gli verrà riconosciu-ta una indennità di disponibilità (erogata al netto dei contributi previdenziali) di durata pari a 9 mesi (a far data dall’accordo sindacale), nel caso in cui il collocamento in disponibilità avvenga dopo 12 mesi dall’inizio della prima missione e, invece, pari a 8 mesi nel caso in cui il colloca-mento in disponibilità avvenga dopo 24 mesi dall’inizio della prima missione.

4.2.5 Limiti quantitativi e obblighi di prosecuzione del rapporto

L’articolo 6 definisce alcuni limiti e vincoli di utilizzo per le Agenzie per il lavoro. Secondo il comma 1, nelle ipotesi di apprendistato con più utilizzatori ciascuna Agenzia non può assume-re un numero di apprendisti superiore al numero dei lavoratori qualificati in somministra-zione assunti a tempo indeterminato. In mancanza di lavoratori assunti a tempo indetermina-to, potrà comunque essere assunto un numero massimo di tre apprendisti.

Diversa è la disciplina per quanto riguarda il numero di apprendisti impiegati presso più uti-lizzatori. Per questi soggetti, il contratto prevede un obbligo di conferma in servizio a tempo in-determinato pari al 60% del totale degli apprendisti in formazione, a valere sia sull’Agenzia che

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sulle assunzioni dell’utilizzatore, oppure del solo 50% a valere sulle conferme in servizio da parte dell’Agenzia (si prevedono quindi percentuali più alte di quelle previste dalla Legge n. 92/2012). Ai fini della verifica del rispetto delle predette percentuali l’obbligo di conferma in ser-vizio viene calcolato, alla data del 31 dicembre di ciascun anno e a partire dal 2015, mediante il confronto tra le conferme effettuate nell’anno di riferimento e il numero di apprendisti avviati.

Queste norme rendono più impiegati con oneri di stabilizzazione previsti dalla legge Fornero (30%, fino al 2015 e 50% a regime).

4.3 Apprendistato stagionale e turismo

4.3.1 Durata minima e apprendistato

Il settore del turismo ha una lunga tradizione di ricorso all’apprendistato, tanto che può affermarsi che uno dei settori in cui il contratto è stato usato da più tempo è proprio questo, insieme all’artigianato. Le ragioni e le modalità di ricorso all’apprendistato nel turismo sono tuttavia profondamente diverse da quelle che hanno favorito la diffusione nel settore artigiano: mentre in questo ultimo l’elemento vincente dell’apprendistato è rappresentato dalla partico-lare adeguatezza del contratto alla fase di apprendimento dei mestieri, quello che rende par-ticolarmente attrattivo l’apprendistato nel turismo è la combinazione tra addestramento e flessibilità. Questo binomio è entrato in crisi con l’approvazione del D.Lgs. n. 276/2003, quan-do fu introdotto un limite di durata minima del rapporto (due anni, per la tipologia professio-nalizzante).

Con l’introduzione di questo limite, infatti, molte imprese turistiche hanno perso la possi-bilità di utilizzare il contratto per i periodo estivi. Proprio per ridare a queste imprese tale fa-coltà, il D.L. n. 112/2008, poi convertito nella Legge n. 133/2008, ha eliminato il riferimento alla durata minima.

Mediante l’abrogazione di questa disposizione, il legislatore ha accolto le istanze dei setto-ri dove il mini - apprendistato era molto diffuso, in particolare, il turismo, ma non si può ne-gare che la disciplina del 2003 avesse una sua validità sostanziale. Con la previsione di una durata minima, infatti, il legislatore della riforma Biagi intese espressamente reprimere que-sto fenomeno, per un motivo molto semplice.

Il contratto di apprendistato consente la fruizione di importanti sgravi contributivi e di alcuni incentivi normativi solo e soltanto perché il lavoratore, oltre a svolgere una prestazione lavorativa, riceve una congrua formazione. se il periodo di formazione non viene svolto, op-pure se questo ha una durata troppo breve, viene meno la circostanza che giustifica, sul piano di politica del diritto, il riconoscimento degli sgravi.

Oltre a questa ragione, il legislatore del 2003 tenne in considerazione il fatto che gli incen-tivi contributivi e normativi connessi al contratto di apprendistato potevano essere coerenti con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato solo nella misura in cui fossero connessi ad un adeguato periodo formativo; se invece questi incentivi, lungi dall’assicurare l’effettività e l’efficacia della formazione, avessero svolto solo la funzione di agevolare l’inserimento al lavoro dei giovani, si sarebbe potuto creare qualche problema di compatibilità con la normati-va comunitaria.

La necessità di reprimere il fenomeno dei mini apprendistati, peraltro, era stata già sug-gerita, prima dell’approvazione della riforma Biagi, dalla Corte di Cassazione, la quale in al-cune circostanze aveva fatto notare che periodi di apprendistato di durata eccessivamente ri-

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dotta sarebbero incompatibili con l’esigenza di strutturare validi percorsi di formazione.In questo senso, in alcune pronunce la Corte (si veda sent. 24.8.1995, n. 8988), aveva osser-

vato che l’imposizione di un limite minimo di durata del contratto di apprendistato risponde all’esigenza di collegare la durata dell’addestramento alle obbiettive difficoltà di apprendi-mento che le mansioni da svolgere richiedono.

Con la modifica introdotta dalla Legge n. 133/2008, questa impostazione è venuta meno, almeno parzialmente.

Il testo Unico sceglie una soluzione ancora diversa. Da un lato, conferma la scomparsa del periodo di durata minima, ma accompagna questa decisione al conferimento alla contratta-zione collettiva della facoltà di definire tale periodo minimo. Da un altro lato, prevede (art. 4, co. 5) una rilevante deroga al principio generale della natura a tempo indeterminato dell’ap-prendistato. Si dice infatti che per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli sta-gionali (quindi, in primo luogo chi opera nel turismo) i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappre-sentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del con-tratto di apprendistato, anche a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. n. 368/2001. In altri termini, i contratti collettivi, per i datori di lavoro che operano su cicli stagionali, possono prevedere il ricorso al contratto a termine in apprendistato. A ciò si aggiunga che la norma prevede che tali contratti collettivi possono disciplinare, sempre nei casi di attività organizzate su cicli stagionali, anche le durate minime dei contratti di apprendistato; in tal modo, sarà possibile ridurre l’eventuale durata minima fissata in generale dal contratto collettivo.

È opportuno evidenziare che la legge non parla dei lavori stagionali, ma dei datori di lavoro che svolgono “attività organizzate su cicli stagionali”: questa nozione è molto ampia, e ricomprende tutti i settori in cui le attività produttive sono concentrare solo su determinati periodi annui.

La riforma Fornero (Legge n. 92/2012) ha leggermente modificato questo assetto, intro-ducendo nuovamente un periodo di durata minima della formazione, ma ha scelto un arco temporale molto ridotto (6 mesi) e, comunque, ha fatta salva la disciplina applicabile ai settori caratterizzati da lavoro stagionale.

4.3.2 turismo e apprendistato

Il Testo Unico sull’apprendistato, pur affermando in generale il principio che l’apprendistato è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e quindi si svolge mediante un percorso unitario pri-vo di interruzioni, ha riconosciuto una specifica eccezione per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali. Per queste aziende, infatti, la riforma sancisce espressamente la possibilità di assumere apprendisti con contratti a termine, secondo le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro. L’istituto per il settore è disciplinato dall’accordo collettivo con il quale il 17.4.2012 le parti sociali del turismo hanno attuato l’apprendistato professionalizzante.

Tale intesa, che riprende le esperienze degli anni precedenti, prevede che è possibile arti-colare lo svolgimento dell’apprendistato in più stagioni, mediante più rapporti a tempo deter-minato. la forma che dovrà essere utilizzata sarà quella ordinaria, con la sola particolarità che il contratto di lavoro avrà una data di scadenza predeterminata.

La possibilità di utilizzare l’apprendistato stagionale nel turismo dovrà tuttavia essere esercitata nel rispetto di alcuni limiti e condizioni.

In primo luogo, la facoltà di assumere a tempo determinato l’apprendista potrà essere esercitata entro 48 mesi di calendario dalla data della prima assunzione; solo entro questo termine, quindi, sarà utilizzabile l’apprendistato.

In secondo luogo, l’intesa collettiva riconosce agli apprendisti che hanno svolto una sta-

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gione presso l’impresa stagionale il diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa impresa per la stagione successiva; le modalità di esercizio sono le stesse previste per i lavo-ratori in possesso di una qualifica.

A tale proposito la disciplina collettiva vigente nel turismo prevede che il diritto di prece-denza si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e deve essere esercitato per iscritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Il diritto di precedenza non si applica ai lavoratori licenziati dalla stessa azienda per giusta causa.

L’accordo del turismo chiarisce anche che si devono computare nel periodo di durata mas-sima del contratto le eventuali prestazioni di breve durata svolte tra una stagione e l’altra; pertanto, anche durante questi periodi si applicherà la disciplina dell’apprendistato.

Va infine ricordato che durante i periodi di lavoro stagionale dovrà essere comunque adem-piuta l’obbligazione formativa. A tale proposito, l’intesa del 17.4.2012 prevede che l’impegno formativo per gli apprendisti stagionali deve essere riproporzionato in base alla durata del rapporto il monte ore di formazione previsto in generale per gli apprendisti ordinari.

Tale monte ore varia, in funzione dei livelli di inquadramento, dalle 40 alle 80 ore medie an-nue, per quanto riguarda la formazione tecnico professionale e specialistica (con una riduzione riconosciuta in favore delle imprese che si avvalgono dell’ente bilaterale per la verifica del piano formativo).

$AppREnDIstI «In AFFIttO» sEnZA LIMItI DI AttIVItÀ

Una norma contenuta nel decreto Sviluppo potrebbe far crescere in maniera determinante l’utilizzo del contratto di apprendistato, nell’ambito della somministrazione di manodopera. Si tratta della disposizio-ne che consente di utilizzare lo staff leasing in tutti i settori produttivi, senza l’applicazione dei limiti ap-plicabili in via generale, nei casi in cui l’Agenzia per il lavoro impiega un apprendista per dare esecuzione al contratto. Questa norma fa parte delle misure correttive alla riforma Fornero, ed è una risposta alle alterne vicende che si sono succedute in questi mesi sul tema.

L’evoluzioneLa possibilità per le Agenzie per il lavoro di assumere apprendisti per inviarli in missione presso i propri clienti, mediante somministrazione a tempo determinato o indeterminato, è stata riconosciuta nel Testo unico del 2011. La novità è diventata operativa dopo che un accordo collettivo, siglato il 5 aprile 2012 da Assolavoro con le principali organizzazioni sindacali di settore (tranne la Nidil Cgil), ha definito le regole di svolgimento della formazione. Quando il mercato stava iniziando ad attuare questo accordo, il quadro normativo è cambiato bruscamente: la riforma Fornero ha deciso di vieta-re, dal 2013, l’apprendistato nell’ambito della somministrazione a termine, mantenendo in vita solo la possibilità di usare il contratto in combinazione con lo staff leasing.La scelta non è stata indolore: la somministrazione a termine, infatti, pur potendo essere usata solo in presenza di esigenze temporanee di carattere organizzativo, produttivo, organizzativo o sostitutivo, è un contratto che si può sottoscrivere in qualsiasi settore produttivo e per qualsiasi tipo di attività.La somministrazione a tempo indeterminato, invece, pur essendo molto più flessibile, è utilizzabile per un numero chiuso di settori e attività, individuati dall’articolo 20 del Dlgs 276/2003: servizi di consulenza e assistenza nel settore informativo, servizi di pulizia, custodia, portineria, servizi (da e per lo stabilimento) di trasporto, gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, servi-zi di economato, attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale, marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale, gestione di call-center, nonché avviamento di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo uno, costru-zioni edilizie all’interno degli stabilimenti, installazioni e smontaggio di impianti e macchinari, servizi socio assistenziali e di cura alla persona.

(continua)

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Questa lista di settori e attività per il cui svolgimento è ammesso il ricorso allo staff leasing può esse-re integrata dai contratti collettivi di livello nazionale, territoriale o aziendale, stipulati da associazio-ni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, i quali possono prevedere casi ulteriori di ammissibilità del contratto.Pur essendo dunque molti i settori, lo staff leasing non ha uno spazio di utilizzo generale. Di con-seguenza, il divieto di usare l’apprendistato nella più diffusa somministrazione a termine introdotto dalla riforma Fornero, la legge 92/2012) ha notevolmente ridotto lo spazio di utilizzo del contratto. Questa decisione è parsa singolare, in quanto va in direzione opposta a quello che dice la stessa riforma, nella parte (articolo 1, comma 1) in cui individua l’apprendistato come il “contratto preva-lente” di accesso al lavoro, e quindi da incentivare.

Il correttivoPer evitare questa conseguenza paradossale, la legge di conversione al decreto Sviluppo ha appor-tato il correttivo ricordato all’inizio: quando un’Agenzia per il lavoro somministra apprendisti, può usare lo staff leasing senza dover rispettare i limiti settoriali che in genere vincolano questo istituto. Pertanto, lo staff leasing potrà essere usato in qualsiasi settore, e per qualsiasi attività, senza dover rispettare la lista chiusa prevista dalla legge, ogni volta che l’Agenzia per il lavoro destinerà un ap-prendista all’esecuzione del contratto commerciale.In questo modo lo staff leasing è destinato a diventare una forma di lavoro flessibile particolarmente attrattiva per le aziende, per molti motivi.

L’«attrattività»Innanzitutto, il rapporto si può stipulare senza dover indicare le esigenze temporanee che lo giustifi-cano (la cosiddetta “causale”). Inoltre, il rapporto non deve essere stipulato per un periodo predefini-to, ma dura fino a quando l’impresa utilizzatrice ha l’esigenza di personale (dopo di che, come si spie-ga più avanti, il personale torna alle dipendenze dell’Agenzia che si occupa di ricollocarlo altrove). Vi sono poi regole che rendono molto comodo lo strumento, come quella che esclude l’applicazione di limiti quantitativi, oppure del limite di durata massima di 36 mesi previsto per i contratti a termine oppure la somministrazione a tempo determinato.

Garanzie per il lavoratoreLo staff leasing risulta molto conveniente anche per i lavoratori, che sono assunti a tempo indeter-minato dall’Agenzia per il lavoro, e quindi hanno un rapporto di lavoro che si potrà concludere solo quando l’Agenzia non avrà più occasioni di lavoro, con una procedura molto più garantista di quella ordinaria. Secondo quanto prevede il contratto collettivo di settore, infatti, l’Agenzia può licenziare un lavoratore assunto indeterminato solo dopo aver approntato specifiche misure di politica attiva, e solo in caso in insuccesso di queste misure. Durante il periodo in cui rimane senza lavoro, il dipen-dente percepisce un trattamento minimo (indennità di disponibilità) di 700 euro netti, che consente di sostenere il suo reddito fino alla nuova collocazione.Inoltre, gli apprendisti usati in staff leasing hanno la garanzia di svolgere un percorso formativo di qualità, secondo quando prevede l’accordo collettivo del 5 aprile. Sulla base di tale accordo, l’Agenzia per il lavoro deve nominare un tutore formativo, che controlla il corretto svolgimento della formazione durante tutto il periodo di apprendistato; la formazione viene erogata, in concreto, dall’impresa utilizzatrice, secondo le regole previste dalla disciplina collettiva del settore in cui opera, ma l’Agenzia per il lavoro può integrare tale formazione, qualora risulti in-sufficiente.Lo stesso accordo prevede che un apprendista può essere inviato in missione presso un unico utiliz-zatore oppure presso diversi utilizzatori, ma in entrambi i casi deve svolgere un percorso formativo coerente con la qualifica da apprendere. Nel caso dello staff leasing, l’ipotesi normale è quella in cui l’apprendistato si svolge presso un solo utilizzatore, ma se si verificano eventi interruttivi prima

(continua)

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della fine del periodo formativo, la missione prosegue presso un diverso utilizzatore o, in mancanza di opportunità lavorative, l’Agenzia per il lavoro è chiamata ad attuare interventi formativi sussidiari e delle specifiche misure di politica attiva.Di fronte a queste regole, definite dalla contrattazione collettiva di settore, stupisce che qualcuno ancora si ostini a descrivere lo staff leasing come uno strumento contrattuale precarizzante, quando invece è la forma di lavoro flessibile che offre il pacchetto più ampio di tutele per i lavoratori.

Il sole 24 Ore – norme e tributi, 11 agosto 2012

4.4 Apprendistato negli studi professionali

4.4.1 pratica professionale e apprendistato

Una delle norme più innovative del Testo Unico è la parte dell’art. 5, co. 1, nella quale si riconosce la possibilità di assumere con il contratto di apprendistato di alta formazione “per l’accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali”.

Con tale precisazione la norma include lo svolgimento della pratica professionale e l’ac-quisizione del relativo titolo tra gli obiettivi dell’apprendistato di alta formazione. La decli-nazione di questo percorso, rimessa come gli altri alla disciplina regionale e alle eventuali intese tra le singole Regioni e le istituzioni professionali e formative, dovrà essere necessaria-mente diversa dalle altre. La pratica professionale, più di altre attività, ha contenuti formativi intrinseci molto alti, che consentiranno di spostare in maniera decisa il percorso formativo all’interno della prestazione lavorativa.

4.4.2 professioni interessate

La norma consente l’utilizzo dell’apprendistato nei confronti dei giovani impegnati nel pe-riodo di pratica per l’accesso alle “professioni ordinistiche”. La platea dei soggetti potenzial-mente interessati è quindi molto ampia, perché vi rientrano tutte le professioni il cui esercizio è subordinato all’iscrizione a un ordine professionale. Per queste professioni, il testo Unico riconosce la possibilità di assumere il praticante mediante il contratto di apprendistato.

I vantaggi connessi all’utilizzo del contratto sono diversi. L’apprendista può entrare con un livello di inquadramento basso e crescere col tempo, in funzione della propria crescita profes-sionale, e il datore di lavoro può godere degli sgravi contributivi come riconoscimento per l’attività di formazione impartita. La possibilità concreta di utilizzare il contratto dipende tutta-via dalle norme interne dei diversi ordini professionali, che non sempre consentono di utilizza-re il rapporto di lavoro subordinato.

Nel caso degli avvocati, ad esempio, esiste il divieto di esercizio in forma subordinata della professione; il divieto si estende anche al periodo di pratica, con la conseguenza che non sarà utilizzabile l’apprendistato (a meno che non si voglia interpretare come implicitamente abro-gata la norma interna, ma questa interpretazione sembra difficilmente sostenibile). In altre situazioni, invece, la possibilità di utilizzare l’apprendistato consentirà di uscire dal ricorso a forme contrattuali di incerta applicazione, consentendo alle parti di regolare i reciproci diritti

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82 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

e doveri in maniera chiara e trasparente. per i praticanti, varranno le regole generali dell’ap-prendistato di alta formazione.

Pertanto, si applicano i limiti di età, il contratto si può stipulare con soggetti di età compre-sa tra 18 e 29 anni, e il compito di regolare le modalità di espletamento della formazione e la durata del contratto viene assegnato alle Regioni, in accordo con le parti sociali, le Università e le istituzioni formative. In mancanza di questa disciplina, ciascun datore di lavoro potrà sti-pulare una convenzione con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni for-mative o di ricerca, per disciplinare il percorso formativo dell’apprendista.

Il contratto di apprendistato, peraltro, non è l’unico strumento pensato dal legislatore per lo svolgimento della pratica professionale. Il D.L. n. 138/2011 ha infatti previsto alcuni criteri generali in materia di tirocinio professionale, e ha stabilito che i tirocini professionali - consi-derati come forme particolari di attività distinte dal lavoro subordinato - devono durare al massimo 3 anni e devono essere compensati mediante un equo indennizzo.

La convivenza di questi strumenti viene a creare una sorta di “concorrenza” tra uno stru-mento che inquadra il praticante dentro lo schema del lavoro subordinato, seppure con oneri ridotti (l’apprendistato) e una modalità di svolgimento della pratica che esula dalla subordina-zione (il tirocinio professionale).

4.5 Apprendisti iscritti nelle liste di mobilità

4.5.1 Reinserimento dei lavoratori in mobilità tramite apprendistato

L’art 7, co. 4, del testo Unico introduce una particolare deroga alle norme del Testo Unico, per il caso in cui un datore di lavoro voglia assumere un apprendista iscritto alle liste di mobilità. Secondo la norma, in tale ipotesi vengono meno i requisiti soggettivi previsti in gene-rale per le diverse forme di apprendistato; in particolare, viene meno qualsiasi riferimento a un limite di età minima o massima, e quindi la norma sembra aprire la strada all’assunzione di apprendisti anche in età molto avanzata. La finalità di questa previsione è chiarita dalla stessa norma: la qualificazione o la riqualificazione professionale dei lavoratori. Nella logica del legislatore, il percorso di reinserimento lavorativo del personale iscritto nelle liste di mobilità passa anche attraverso la riqualificazione delle competenze individuali; per agevo-lare questo percorso, vengono riconosciuti gli incentivi e le agevolazioni connesse al contratto di apprendistato, anche in favore di lavoratori che sono fuori dai limiti di età tradizionali del rapporto.

4.5.2 normativa applicabile

Il Testo Unico chiarisce le norme eventualmente applicabili ai lavoratori in mobilità. Per tali soggetti, non si applica quanto previsto dall’articolo 2, co. 1, lett. i), che prevede incentivi per la conferma in servizio del lavoratori. Inoltre, si applicano le norme in materia di licenziamenti individuali, e il regime contributivo agevolato previsto per gli apprendisti.

4.5.3 Incentivi contributivi

Nel caso di assunzione come apprendisti di lavoratori presi dalle liste di mobilità, la Legge specifica che trovano applicazione il regime contributivo agevolato di cui all’articolo 25, co.

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

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9, della Legge 23.7.1991, n. 223 e l’incentivo di cui all’articolo 8, co. 4 della medesima legge. Pertanto, nel caso di conferma dell’apprendista alla fine del periodo di formazione, il datore di lavoro potrà beneficare della riduzione dei contributi previdenziali per un periodo di 18 mesi (come previsto dall’art. 25, co. 9, della Legge n. 223/1991). Inoltre, il medesimo datore di lavo-ro avrà diritto a percepire, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un con-tributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore; questo contributo ha una durata massima di 12 mesi e, per i lavo-ratori di età superiore a cinquanta anni, di 24 mesi (che diventano 36 per le aree del mezzo-giorno).

4.6 successione di apprendistati

4.6.1 successione di contratti con il medesimo datore di lavoro

Può accadere che un dipendente venga assunto mediante il contratto di apprendistato dal-lo stesso datore di lavoro con il quale ha intrattenuto in precedenza un altro rapporto di lavoro. Questa situazione crea alcuni delicati problemi, in quanto si tratta di capire se la pregressa conoscenza di un certo contesto aziendale è compatibile con il contratto di apprendistato.

4.6.2 Assunzione con qualifiche diverse

In linea teorica, non sembra preclusa la possibilità di assumere con contratto di apprendi-stato un lavoratore già utilizzato in passato, quando le due assunzioni sono riferibili a profili e qualifiche professionali differenti. Diverso è il caso in cui la vecchia assunzione e quella nuova in apprendistato abbiano per oggetto le stesse mansioni e la stessa qualifica professionale: in tale situazione, il contratto di apprendistato si risolve in una semplice ripetizione di un per-corso già svolto.

Il Ministero del Lavoro ha preso posizione sul tema, con la risposta a interpello n. 8 del 2.2.2007, giungendo a conclusioni simili a quelle appena esposte. Secondo il Ministero, non ci sono vincoli all’assunzione nel caso in cui la precedente esperienza lavorativa sia riferita a una qualifica professionale diversa da quella cui è finalizzato il nuovo contratto di apprendi-stato.

4.6.3 Assunzione con qualifiche coincidenti

Diverso è il caso in cui la vecchia e la nuova qualifica professionale siano coincidenti. In tale situazione, osserva il Ministero, al contratto di apprendistato professionalizzante (non an-che alle altre tipologie di apprendistato previste dagli artt. 48 e 50 del D.Lgs. n. 276/2003), è possibile applicare il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità riguardo ai contrat-ti di formazione e lavoro, secondo il quale è possibile che un lavoratore subordinato già impe-gnato con un contratto di formazione e lavoro possa essere riassunto con la stessa tipologia contrattuale per la medesima qualifica professionale purché il fine sia quello di conferire una professionalità differente da quella già acquisita (Cass. Sentenza 1.11.2004, n. 17574). Osserva sempre il Ministero che l’apprendistato “non è volto alla acquisizione di una qualifica professio-nale ma a una qualificazione, cioè alla acquisizione di un bagaglio formativo di nozioni di carattere teorico pratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della man-

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84 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

sione assegnata, individuata dalla qualifica contrattuale, ma a una più complessa e articolata co-noscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte”.

Per vedere se sussiste un margine di compatibilità dell’apprendistato, osserva sempre il Ministero che bisogna utilizzare due criteri. Un primo criterio attiene alla durata del con-tratto di lavoro: non viene considerata ammissibile la stipula di un contratto di apprendista-to professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del con-tratto formativo, per una durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva. Un secondo criterio è collegato al coinvolgimento delle parti sociali, che posso-no intervenire per rimodulare i contenuti formativi e la durata del rapporto, e quindi render-lo compatibile.

4.7 Apprendistato nella pubblica Amministrazione

4.7.1 pubblica Amministrazione e riforma Biagi

L’apprendistato previsto dal D.Lgs. n. 276/2003, come tutti i contratti disciplinati dalla rifor-ma Biagi, non era applicabile nei confronti della Pubblica Amministrazione. La scelta di deli-mitare la portata dell’intera riforma solo al mercato del lavoro privato (con pochissime ecce-zioni, limitare alla somministrazione di lavoro a termine e al contratto di inserimento) fu fatta perché si voleva valutare con prudenza l’impatto delle nuove forme di lavoro flessibile, prima di introdurle anche nella complessa macchina pubblica. L’effetto paradossale di questa scelta è stata la convivenza di tipologie contrattuali che, pur avendo lo stesso nome, erano rette da normative diverse, in quanto per la Pubblica Amministrazione la riforma Biagi non aveva cam-biato nulla.

Il Testo Unico rompe gli indugi, almeno con riferimento al contratto di apprendistato, e prevede espressamente che il rapporto professionalizzante e quello di alta formazione e ricerca siano utilizzabili nel “settore pubblico”. Questa definizione sembra molto ampia (ben più ampia di quelle utilizzate dal D.Lgs. n. 165/2001, Testo Unico sul Pubblico Impiego, per delimitare le aree del lavoro pubblico) e sembra abbracciare tutti gli enti e le Pubbliche Ammi-nistrazioni che, a vario titolo, ricadono nella sfera statale o in quella degli enti locali.

Per il ricorso a questa tipologia contrattuale, valgono le regole comuni, sia per quanto ri-guarda la disciplina del rapporto di lavoro, sia per quanto riguarda la disciplina del percorso formativo. L’unica differenza con la disciplina privatistica è contenuta nell’art. 7, co. 8, del Te-sto Unico. La norma assegna a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (da ema-narsi su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione e del Ministro del Lavoro) il compito di disciplinare il reclutamento e l’accesso degli apprendisti al lavoro pubblico. Il de-creto dovrà disciplina anche “l’applicazione del contratto di apprendistato per i settori di atti-vità pubblici”: tale definizione sembra conferire al decreto la possibilità di stabilire norme ul-teriori rispetto a quelle del Testo Unico, ma è auspicabile che non diventi il pretesto per ritornare a regole differenti tra pubblico e privato.

Il decreto dovrà essere approvato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del Testo Unico, e potrà essere emanato sono dopo aver sentito le parti sociali e la Conferenza unificata.

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

85

4.8 Apprendistato e modalità particolari di svolgimento del rapporto

4.8.1 Apprendistato e part time

Il dubbio circa la compatibilità tra il contratto di apprendistato e l’orario di lavoro a tempo parziale è sorto in quanto si tratta di capire se la riduzione di orario è compatibile con le fina-lità formative del contratto. Il Ministero del Lavoro ha più volte risolto il quesito relativo alla questione in senso affermativo, ponendo tuttavia una condizione: l’articolazione dell’orario di lavoro non deve ostacolare il raggiungimento delle finalità formative del contratto stesso (da ultimo, circolare 29.9.2010, n. 34). Pertanto, sarà necessario valutare, caso per caso, se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consentire il conseguimento della qualifica pro-fessionale e il soddisfacimento dell’esigenza formativa.

Un corollario importante di questa condizione riguarda la durata dell’impegno formativo: secondo il Ministero, tale impegno non può essere ridotto in corrispondenza della riduzione dell’orario di lavoro (Ministero del Lavoro, risposta a interpello 13.12.2006, n. 7209), e quindi resta invariato rispetto a quello previsto per gli altri lavoratori.

cRITERI DI cOMPATIbILITà TRA APPRENDISTATO E PART TIME NEgLI ORIENTAMENTI MINISTERIALI

- l’articolazione dell’orario di lavoro non deve ostacolare il raggiungimento delle finalità formative del contratto

- è necessario valutare, caso per caso, se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consen-tire il conseguimento della qualifica professionale e il soddisfacimento dell’esigenza formativa

- l’impegno formativo non può essere ridotto in corrispondenza della riduzione dell’orario di lavo-ro, e quindi resta invariato rispetto a quello previsto per gli altri lavoratori.

struttura del part time

Sembra opportuno ricordate i caratteri essenziali del part time. Si tratta di una particolare modalità di esecuzione del lavoro subordinato, che si caratterizza per il fatto che l’orario di lavoro pattuito tra le parti è inferiore all’orario normale di lavoro.

Il patto con cui le parti concordano lo svolgimento di un orario ridotto rispetto all’orario nor-male può essere stipulato da qualsiasi categoria di lavoratori (dirigenti inclusi), ed in qualsiasi momento del rapporto di lavoro (sia all’atto della costituzione del rapporto; sia nel corso della sua esecuzione); il patto infine può essere apposto anche a un contratto di durata determinata.

Il contratto di lavoro a tempo parziale può assumere diverse forme, in relazione alle moda-lità con cui il lavoratore fruisce dell’orario di lavoro inferiore a quello normale.

Il part time è definito orizzontale, quando la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro (art. 1, co. 2, lett. c, D.Lgs. n. 61/2000). In questa forma, quindi, l’attività è prestata nelle normali giornate lavorative, ma con orario ridotto; si tratta ad esempio dell’attività prestata da un lavoratore per cinque giorni la settimana, dal lunedì al venerdì, per 4 anziché 8 ore.

Il part time è definito verticale, quando il lavoratore svolge la propria attività a tempo pie-no, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno (art. 1, co. 2, lett. d, D.Lgs. n. 61/2000). È il caso del lavoratore che, ad esempio, si obbliga a

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86 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

svolgere la normale prestazione giornaliera di lavoro per 2 giorni a settimana, 2 settimane al mese oppure per 6 mesi all’anno.

Infine, il part time è definito come misto quando l’orario ridotto viene fruito tramite una combinazione delle due tipologie sopra descritte. Questa forma di part time si caratterizza per l’esecuzione di un orario pieno durante alcuni giorni o periodi del mese o dell’anno, e di un orario ridotto nei restanti giorni (art. 1, co. 2, lett. e, D.Lgs. n. 61/2000).

Ciascuna di queste forme di lavoro a tempo parziale è in linea teorica compatibile con l’ap-prendistato, a condizione che sia rispettato il criterio stabilito dal Ministero del Lavoro circa la salvaguardia delle finalità formative.

$AppREnDIstAtO stAGIOnALE pER IL sEttORE AGRICOLO

I rapporti a termine dovranno avere durata unitaria di almeno quattro mesi consecutivi e concludersi entro quattro anni

Il nuovo apprendistato professionalizzante debutta anche in agricoltura, grazie all’intesa collettiva si-glata il 30 luglio dalle parti sociali di settore, con la quale sono state attuate le innovazioni contenute nel Testo unico approvato lo scorso anno (Dlgs 167/2011).

L’accordo, recependo le indicazioni contenute nel Testo unico, disciplina in maniera completa il per-corso formativo che deve essere seguito dagli apprendisti, cercando di costruire regole adeguate alle particolarità del settore agricolo. Si prevede che il periodo di apprendistato non possa avere una durata inferiore a 6 mesi, e una durata massima che, secondo le diverse qualifiche, varia da 24 (per gli operai di area terza) a 36 mesi. L’aver fissato una durata minima e una massima è molto utile, in quanto garantisce uno spazio di flessibilità ulteriore per chi assume l’apprendista.

L’accordo definisce poi il percorso di crescita professionale del lavoratore. Si prevede la divisione del periodo di apprendistato in tre diversi blocchi, con la crescita – al termine di ciascuno di essi – di un livello, e il conseguimento della qualifica alla fine dell’ultimo. L’intesa fissa a 40 ore medie annue il monte ore di formazione che deve essere svolto dall’apprendista, per l’acquisizione di competenze tecnico professionali. Il monte scende a 30, se il lavoratore è già in possesso del titolo di studio coe-rente con la qualifica da acquisire.

Si tratta di impegni formativi molto ridotti, rispetto a quelli che prevedeva la legge Biagi (che fissava una soglia annua di 120 ore). Questo impegno potrà tuttavia essere rinforzato dalle Regioni, che han-no la facoltà – prevista dal Testo unico e ribadita dall’accordo collettivo – di integrare la formazione prevista dalle parti sociali mediante percorsi della durata massima di 120 ore nel triennio.

La formazione aziendale potrà essere svolta in affiancamento, in aula, o anche a distanza, sempre sotto la responsabilità del datore di lavoro, che dovrà attestare il suo effettivo svolgimento.

L’accordo, con una disposizione molto innovativa, che trova pochi precedenti (per esempio nel tu-rismo), disciplina anche l’apprendistato stagionale. A tale proposito, prevede che il periodo di ap-prendistato possa essere articolato sulla base di distinti rapporti di lavoro a termine, ciascuno della durata non inferiore a 4 mesi consecutivi. In ogni caso, i diversi rapporti a termine dovranno essere svolti in un arco temporale che non supera i 48 mesi dalla data di prima assunzione.

Questa fattispecie, regolata dal Testo unico, deroga al principio generale per cui l’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato da cui si può recedere alla fine del periodo formativo, e si adatta a quei settori, come l’agricoltura e il turismo, interessati da forte stagionalità del lavoro.

Giampiero Falasca

Il sole 24 Ore – norme e tributi, 3 agosto 2012

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

87

Adempimenti

La stipula del contratto di apprendistato in regime di orario part time non è soggetta a ve-rifiche preventive. In particolare, non è necessario richiedere e ottenere alcuna autorizzazio-ne al servizio Ispettivo circa la compatibilità tra contenuto formativo del contratto e riduzione di orario. Tale precisazione è stata fornita tal Ministero del Lavoro (risposta a interpello 18.1.2007, n. 4) in considerazione del fatto che l’eventuale richiesta di un’autorizzazione pre-ventiva contrasterebbe con lo spirito e la lettera del D.Lgs. n. 276/2003, che, al fine di elimina-re ogni appesantimento burocratico connesso alla stipula del contratto di apprendistato, ha abrogato l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preventiva alla Direzione provinciale del lavoro.

4.8.2 Apprendistato e distacco

Il lavoratore assunto con il contratto di apprendistato può, in linea di principio, essere di-staccato presso un soggetto terzo.

Tuttavia, il distacco deve rispettare tutti i requisiti previsti dalla legge (art. 30, D.Lgs 10.9.2003, n. 276, come modificato dall’art. 7, D.Lgs. 6.10.2004, n. 251) e, in aggiunta a ciò, lo spostamento del lavoratore non deve pregiudicare l’attuazione degli obblighi formativi dell’apprendista.

L’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 definisce il distacco come la fattispecie mediante la quale “…..il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavo-ratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.

La norma fissa quindi i requisiti di legittimità di questa particolare forma di esecuzione della prestazione lavorativa. Il primo di questi requisiti consiste nella necessità che il datore di lavoro abbia un interesse all’esecuzione della prestazione presso l’impresa beneficiaria. La presenza di un interesse consente di qualificare come distacco lecito, e non come intermedia-zione vietata, tutte le ipotesi nelle quali il distaccante dimostri di aver affidato il lavoratore all’impresa terza sul presupposto che egli, mediante la sua opera, comunque possa determi-nare un vantaggio all’impresa da cui dipende. Ulteriore elemento individuato dalla legge come “tipico” del distacco di personale consiste nella temporaneità dell’assegnazione; la necessità di questo requisito è una diretta conseguenza della natura dell’interesse, che in tanto può essere ritenuto valido in quanto abbia una sua delimitazione temporale.

Il consenso del lavoratore non è invece richiesto, a meno che, a seguito del distacco, si determini un mutamento delle mansioni svolte in precedenza.

REqUISITI DI LEgITTIMITà DEL DISTAccO

- Interesse del distaccante

- Temporaneità del distacco

- Consenso del lavoratore (solo per trasferimenti oltre 50 kk)

APPRENDISTATO E DISTAccO

- il distacco non è incompatibile con l’apprendistato, in quanto è una delle diverse modalità con cui si svolge l’attività lavorativa

- il distacco non deve compromettere la finalità formativa del contratto

- anche a seguito del distacco il datore di lavoro originario resta responsabile dell’adempimento degli obblighi formativi

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88 Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

Effetti del distacco sul rapporto di apprendistato

In caso di distacco, il datore di lavoro originario rimane responsabile del trattamento econo-mico (in cui deve ritenersi compresa anche la corresponsione del trattamento di fine rapporto) e normativo (art. 30, co. 2) del lavoratore distaccato. Questo accade perché il distacco costituisce una vicenda “interna” al rapporto di lavoro e, in quanto tale, non determina l’alterazione degli elementi soggettivi del rapporto, né comporta l’interruzione o l’estinzione dell’originario rappor-to di lavoro o la costituzione di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione.

Ne deriva che l’originario datore di lavoro resta, anche dopo il distacco, l’unico titolare del rapporto. Egli continua a detenere il potere di direzione e di coordinamento del lavoratore (può infatti determinare la cessazione del distacco), così come resta tenuto ad effettuare gli adem-pimenti amministrativi connessi alla gestione del rapporto, ed a pagamento degli obblighi contributivi (tanto che la classificazione previdenziale del lavoratore deve essere operata te-nendo presente l’attività dell’originario datore di lavoro).

Allo stesso modo, il datore di lavoro originario resta responsabile delle attività formative.

$In CAsO DI LICEnZIAMEntO «pICCOLA» MOBILItÀ pER GLI AppREnDIstI

Ieri il ministero del Lavoro ha diffuso una serie di risposte a interpello che toccano vari aspetti del rapporto lavorativo e in particolare il contratto di apprendistato. Per quest’ultimo si precisa, tra l’al-tro, la possibilità di iscrizione alle liste di mobilità non indennizzata a seguito di licenziamento.

Cig in edilizia

È stato chiesto se per le imprese artigiane del settore dell’edilizia l’intervento della Cig possa essere prorogato a prescindere da una ripresa dell’attività lavorativa, anche se parziale.

Sul punto esiste già una precedente pronuncia (interpello 26/2010) con cui è stato specificato che per tutte le imprese industriali vi è la possibilità di proroga a prescindere dalla ripresa, sia pur ridotta, dell’attività lavorativa. Ora, con la risposta a interpello 26/2012, si precisa che tale facoltà può trovare applicazione anche per le imprese artigiane dell’edilizia.

permessi

I tre giorni da dedicare ai familiari diversamente abili spettano per intero anche se il dipendente, nel mese, ha lavorato di meno, in quanto ha usufruito di altri permessi (sindacale, maternità, malattia ecc.). Lo ha sancito la risposta a interpello 24/2012.

Lo scopo di tali permessi è quello di dare assistenza morale e materiale adeguata a chi si trova in situazione di disabilità grave. Non vi è spazio per un ridimensionamento di questi permessi a causa della fruizione di altri congedi che hanno funzione, natura e caratteri diversi. Se, invece, il lavoratore chiede i permessi per la prima volta nel corso del mese, allora si possono riproporzionare (per i cri-teri si veda la circolare Inps 128/2003).

Apprendistato

Per questi lavoratori si specifica (risposta a interpello 21/2012) che le assunzioni in apprendistato di soggetti iscritti nelle liste di mobilità, si possono eseguire a prescindere dall’età del lavoratore. La risposta a questa domanda poteva essere facilmente individuata dalla lettura della norma. Si con-ferma, inoltre, che per questi apprendisti “particolari” si potrà applicare il sottoinquadramento o la progressione retributiva.

Nell’interpello viene fornita un’importante precisazione: se il lavoratore da assumere (iscritto nelle liste di mobilità) ha l’età per accedere al normale apprendistato, è l’azienda a scegliere la tipologia di contratto con cui assumerlo (“standard” o per i lavoratori in mobilità).

(continua)

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Capitolo 4 - Apprendistato e casi particolari

Apprendistato

89

$– segue – In CAsO DI LICEnZIAMEntO «pICCOLA» MOBILItÀ pER GLI AppREnDIstI

Con altra risposta (25/2012) si precisa che anche gli apprendisti possono iscriversi nelle liste di mo-bilità non indennizzata (cosiddetta piccola mobilità) a fronte di un licenziamento avvenuto (a opera di datori di lavoro che occupano anche meno di 15 dipendenti) per giustificato motivo oggettivo con-nesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro. L’iscrizione nelle speciali liste dovrebbe aiutare i lavoratori a ricollocarsi sul mercato, viste le facilitazioni concesse a chi li assume.

Iscrizione alla Cassa edile

Non sussiste l’obbligo di iscrizione alla Cassa edile se un’azienda applica il Ccnl metalmeccanico ed esegue anche lavori edili connessi all’attività prevalente (metalmeccanica) ma che risultano mera-mente accessori. Secondo il Ministero (risposta 18/2012) in tali casi il criterio della rilevanza dell’in-tera situazione aziendale non consente di scindere all’interno della verifica contributiva le eventuali lavorazioni edili svolte.

Giuseppe MaccaroneAntonino Cannioto

Il sole 24 Ore – norme e tributi, 2 agosto 2012

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Apprendistato

Capitolo 5

tUtELE pREVIDEnZIALI E AMMORtIZZAtORI sOCIALI

5.1 Malattia

5.1.1 Malattia

Si definisce come malattia ogni stato morboso che impedisce al lavoratore di svolgere le proprie mansioni, avuto riguardo al tipo di prestazione contrattualmente dovuta. La no-zione di malattia include non solo lo stato di malattia in senso stretto, ma comprende anche i periodi necessari alla guarigione e quelli necessari allo svolgimento di cure e terapie che impediscono l’esecuzione della prestazione.

Rientrano nella nozione di malattia anche una serie di situazioni che obiettivamente si differenziano dal concetto di malattia in senso stretto, ma che vengono ricondotte alla nozio-ne in ragione del fatto che producono, analogamente alla malattia, l’effetto di rendere in concreto impossibile l’esercizio della prestazione.

In particolare, sono accomunati alla malattia i ricoveri giornalieri in luoghi di cura (INPS, circ. 25.7.2003, n. 136), i ricoveri per donazioni di organi, per tutto il periodo di degenza e convalescenza (INPS, circ. 7.10.1996, n. 192), gli interventi di chirurgia estetica, ove siano necessari a rimuovere vizi funzionali connessi ad un difetto estetico, i trattamenti di fisiochi-nesi terapia, ma solo nel caso in cui risultino funzionali al superamento di specifiche patolo-gie, le cure termali (art. 16, Legge 30.12.1991, n. 412), per la terapia o la riabilitazione di stati patologici rispetto ai quali sia considerata necessaria la cura termale.

5.1.2 tutela della malattia

La tutela del lavoratore in caso di malattia si traduce nel diritto di conservare il posto di lavoro e la retribuzione.

Il fondamento di questa tutela è da ritrovare nell’art. 32 della Costituzione, che include tra i beni di rilevanza costituzionale la tutela della salute, e nell’art. 38 della Costituzione, il quale prevede che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per sopravvivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

La stessa norma riconosce ai lavoratori il diritto di ottenere mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involonta-ria, ed assegna il compito di assolvere tali compiti agli organi istituiti, predisposti o integrati dallo Stato.

Anche il codice civile disciplina le conseguenze della malattia; l’art. 2110 prevede che in caso infortunio, malattia, gravidanza o puerperio, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza, è dovuta al lavoratore la retribuzione o un’indennità per il periodo previsto dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità.

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92 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

5.1.3 Diritto alla conservazione del posto

Il lavoratore malato ha diritto alla conservazione del posto per il tempo previsto dalla leg-ge o dai contratti collettivi; durante l’assenza decorre normalmente l’anzianità di servizio e al lavoratore spetta un trattamento economico, nella misura stabilita dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (art. 2110 c.c.).

L’effetto sospensivo della malattia si estende su tutti le obbligazioni tipiche del rapporto di lavoro. Pertanto, ove la malattia insorga durante il periodo di ferie, il decorso del periodo medesimo è interrotto, quando l’evento morboso non consenta il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore (Cass. 14.12.2000, n. 15768).

Anche il periodo di prova risulta sospeso (molti contratti collettivi prevedono che la pro-va possa essere completata al termine della malattia); allo stesso modo il termine di preav-viso si sospende in caso di malattia, e ricomincia a decorrere da quando il lavoratore rientra in servizio (Cass. 27.6.2003, n. 10272). Il diritto alla conservazione del posto di lavoro duran-te la malattia non ha una durata illimitata, ma decorre per il solo periodo previsto dalla legge o dai contratti collettivi, una volta superato questo periodo (c.d. periodo di comporto) il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore, ai sensi dell’art. 2118 del codice civile.

5.1.4 Malattia e proroga del periodo di apprendistato

Secondo l’art. 2, co. 1, lett. h), del Testo Unico, il periodo di formazione in apprendistato può essere prorogato solo in caso di assenza per malattia, infortunio o altra causa di sospen-sione involontaria del rapporto, quando tali assenze abbiano, considerate singolarmente, una durata superiore a 30 giorni.

La norma prevede inoltre che la proroga si applichi “secondo quanto previsto dai con-tratti collettivi”; questo inciso si traduce in una delega molto ampia alla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello, anche aziendale), che potrà definire casi e condizioni di ap-plicazione della proroga. Rinviamo all’apposito capitolo per l’approfondimento di questo aspetto.

5.1.5 trattamento economico di malattia

Il lavoratore assente per malattia ha diritto, oltre alla conservazione del posto di lavoro sino all’esaurimento del periodo di comporto, alla percezione di un trattamento economico, per tutto il periodo stabilito dalla legge e dai contratti collettivi.

In alcuni casi l’indennità è dovuta dall’Inps, e i contratti collettivi si limitano a prevedere a carico del datore di lavoro l’obbligo di integrare tale trattamento; in altri casi l’INPS non è te-nuto a corrispondere l’indennità, e quindi l’onere di pagare il trattamento di malattia ricade integralmente sul datore di lavoro, ma solo se è previsto nei contratti collettivi, e nella misu-ra dagli stessi individuata.

5.1.6 Casi di intervento dell’Inps

L’onere di pagare l’indennità economica di malattia grava in capo all’INPS nei confronti delle seguenti categorie di lavoratori subordinati: operai dell’industria, artigianato e categorie assimilate, lavoratori a domicilio, operai e impiegati del commercio, salariati delle aziende del credito, delle assicurazioni e dei servizi tributari appaltati, dipendenti da condomini, proprie-

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

93

tari di fabbricati e servizi di culto, esclusi gli impiegati ed i portieri, salariati fissi e assimilati delle aziende agricole, lavoratori soci di società ed enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi.

L’indennità giornaliera di malattia non è invece dovuta dall’Inps nei casi e per tutto il pe-riodo in cui il lavoratore fruisce, per legge o per contratto, di un trattamento economico di malattia, non avente carattere integrativo, a carico del datore di lavoro, in misura pari o supe-riore a quello corrisposto dall’INPS.

Il diritto alla percezione dell’indennità non sussiste inoltre per le malattie provocate da fatti dolosi debitamente accertati e documentati nonché nei casi di procurato aborto, ove sussistano gli estremi del reato, e non spetta neanche durante il periodo in cui l’assicurato fruisce delle cure termali, salvo il caso in cui sussista una effettiva incapacità lavorativa, non incompatibile con la effettuazione delle cure.

Il diritto all’indennità giornaliera di malattia è invece sospeso nei casi in cui il lavoratore si dedichi, durante la malattia, ad attività retribuite, quando egli non consenta, senza giusti-ficato motivo, l’effettuazione della visita medica di controllo, quando alteri o falsifichi certifica-ti medici o qualsiasi altra documentazione, salva l’esistenza dei presupposti per l’azione pena-le, quando sia in stato di detenzione durante la malattia e, infine, non osservi, senza giustificato motivo, il divieto di uscire di casa prescritto dal medico curante, o compia atti che possano pregiudicare il decorso della malattia o tenga un contegno pregiudizievole alla possi-bilità di esercizio dell’attività professionale.

INDENNITà DI MALATTIA

trattamento a carico Inps

- operai dell’industria, artigianato e categorie assimilate

- lavoratori a domicilio

- operai e impiegati del commercio

- salariati delle aziende del credito, delle assicurazioni e dei servizi tributari appaltati

- dipendenti da condomini, proprietari di fabbricati e servizi di culto, esclusi gli impiegati ed i portieri

- salariati fissi e assimilati delle aziende agricole

- lavoratori soci di società ed enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi

- lavoratori assunti con contratto di apprendistato, senza eccezioni di settore o di qualifica

5.1.7 Disciplina applicabile agli apprendisti

I lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono sempre coperti economicamente in caso di malattia, senza eccezioni di settore o di qualifica.

Tale situazione è solo recente, in quanto solo dal 1.1.2007, per effetto del co. 773 della Legge 27.12.2006, n. 296 (c.d. Finanziaria 2007), le norme sulla malattia degli apprendisti sono state riformate.

Prima dell’approvazione di questa disciplina, la copertura contro la malattia non spettava nei casi in cui l’apprendistato era finalizzato al conseguimento della qualifica di impiegato nei settori dell’industria e dell’artigianato.

L’esclusione si collegava al fatto che per tali settori l’indennizzo degli eventi morbosi spet-tava nei confronti dei soli lavoratori con qualifica operaia; la normativa degli apprendisti, quin-di, seguiva la regola generale.

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94 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

Il legislatore del 2007 ha scelto di abbandonare ogni limitazione di settore o di qualifica, estendendo la copertura contro la malattia in favore di tutti i rapporti di apprendistato, in quanto ha ritenuto necessario rinforzare il sistema di tutele applicabile a un rapporto di lavoro in cui il lavoratore contraente è particolarmente debole.

La nuova disciplina vale tuttavia solo fino a quando si svolge il periodo di apprendistato. Al termine di questo periodo, se il contratto prosegue e diventa un comune contratto a tempo indeterminato, il lavoratore torna ad essere assoggettato alle normativa ordinaria e alle sue limitazioni (così, ad esempio, se ha la qualifica di impiegato del settore industria, la malattia non deve essere indennizzata dall’INPS).

5.1.8 Contrattazione collettiva e tutela Inps

Subito dopo l’entrata in vigore della tutela di malattia degli apprendisti (1 gennaio 2007) alcuni contratti collettivi avevano previsto il riconoscimento a carico dei datori del diritto alla percezione di un trattamento a copertura della malattia, come accade per altri dipen-denti. Si è posto il problema di capire se, con l’attribuzione dell’onere generale in capo all’INPS, tali trattamenti dovevano ancora essere dovuti dalle imprese.

Secondo l’INPS, tali trattamenti devono intendersi come meramente integrativi dell’in-dennità di malattia riconosciuta dall’Inps: nel senso che, ad esempio, ove il trattamento già previsto dal contratto collettivo sia di importo superiore rispetto all’indennità a carico dell’INPS, lo stesso resta a carico del datore di lavoro limitatamente alla quota differenziale.

Qualora invece il trattamento economico disciplinato dal contratto collettivo sia di importo pari o inferiore rispetto al trattamento previdenziale spettante per legge, il contratto resta quiescente e si applica esclusivamente la disciplina legale. Resta fermo l’obbligo dell’assog-gettamento a contribuzione previdenziale, nella diversa misura prevista, delle somme corri-sposte a titolo di integrazioni.

5.1.9 Indennità di malattia

Le norme applicabili in favore degli apprendisti sono quelle ordinarie, senza eccezioni. Pertanto, al lavoratore apprendista che si assenta dal lavoro per malattia spetterà l’indennità di malattia giornaliera secondo le regole e con l’estensione delle norme ordinarie. L’indennità giornaliera di malattia spetta dal quarto giorno di assenza per malattia e fino ad un massimo di 180 giorni in un anno solare. Il periodo di 180 giorni si computa sommando tutte le giorna-te di malattia dell’anno solare, comprese quelle per le quali l’indennità non è stata corrispo-sta (giorni di carenza, giorni festivi, ecc.), mentre sono esclusi dal computo i periodi di asten-sione dal lavoro per congedo di maternità, paternità e congedo parentale, i periodi di assenza causata da infortunio sul lavoro e malattia professionale, i periodi di malattia causata da fatto di terzi per i quali l’INPS abbia esperito positivamente l’azione di surrogazione.

I primi tre giorni di assenza per malattia, cosiddetti di carenza, non sono indennizzati dall’INPS; è tuttavia molto diffusa nella contrattazione collettiva la prassi di porre a carico del datore di lavoro l’obbligo di coprire questo periodo, mediante il pagamento di un’inden-nità di importo equivalente a quella riconosciuta dall’INPS.

I giorni di assenza si computano a partire dalla data di inizio della malattia dichiarata dal lavoratore, a condizione che la visita medica risulti effettuata nello stesso giorno di inizio della malattia o nel giorno immediatamente successivo. In caso contrario, i giorni si computano a partire da quello immediatamente precedente alla data di svolgimento della visita medica; se il certificato non riporta la data di inizio della malattia, il computo dei giorni decorre dalla data di effettuazione della visita medica.

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

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5.1.10 trattamento a carico del datore di lavoro

I contratti collettivi prevedono generalmente a carico del datore di lavoro l’obbligo di corri-spondere al lavoratore la retribuzione per i primi tre giorni di malattia e di integrare l’indenni-tà corrisposta dall’Inps per il periodo successivo, in misura tale da consentire al lavoratore di percepire un trattamento complessivo pari alla retribuzione percepita prima della malattia.

Il datore di lavoro è altresì obbligato a corrispondere il trattamento di malattia, nei limiti pre-visti dai contratti collettivi, ai lavoratori che non beneficiano della prestazione previdenziale.

5.1.11 Importo dell’indennità di malattia

L’indennità giornaliera di malattia è riconosciuta dall’INPS in misura proporzionale alla retribuzione del lavoratore; tale misura varia in funzione della durata della malattia.

L’indennità corrisponde al 50% della retribuzione media globale giornaliera, per le gior-nate di malattia comprese nei primi 20 giorni di malattia, e corrisponde al 66,66% della retri-buzione media globale giornaliera, per le giornate successive al ventesimo giorno di malattia.

Le regole per il computo della retribuzione globale da prendere come parametro dell’in-dennità sono differenti a seconda della qualifica del lavoratore.

Per gli impiegati e i quadri la retribuzione media globale giornaliera è pari ad un trentesi-mo della retribuzione percepita dal lavoratore nel mese precedente quello d’inizio della ma-lattia, maggiorata dei ratei delle mensilità aggiuntive, mentre per gli operai la retribuzione media globale giornaliera risulta dalla somma della retribuzione percepita nel mese prece-dente diviso il numero delle giornate lavorate o comunque retribuite comprese nel mese, cui si aggiunge un importo pari ad un venticinquesimo del rateo delle mensilità aggiuntive.

5.1.12 Anticipazione dell’indennità

Anche nei confronti degli apprendisti l’indennità è anticipata dai datori di lavoro, che in segui-to la portano a conguaglio con i contributi dovuti per i lavoratori dipendenti. Secondo la normativa sull’anticipazione, l’indennità di malattia deve essere anticipata, per conto dell’INPS ed in misura non inferiore alla metà del trattamento spettante al lavoratore, dal datore di lavoro all’atto della corresponsione della retribuzione per il periodo di paga durante il quale il lavoratore ha ripreso l’attività lavorativa (art. 1, co. 1, D.L. 30.12.1979, n. 663); il datore di lavoro che ha anticipato il pagamento dell’indennità provvede poi al recupero con l’Inps di quanto anticipato, mediante la compensazione delle somme anticipate con i contributi dovuti all’istituto previdenziale.

In alcuni casi, non sussiste l’obbligo di anticipare l’indennità (a meno che il contratto collet-tivo non disponga in tale senso). In particolare, l’indennità deve essere pagata direttamente dall’INPS (art. 1, c. 1, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663), agli operai agricoli, ai lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori stagionali, ai lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento di cassa integrazione guadagni.

5.2 Infortunio sul lavoro

5.2.1 nozione di infortunio sul lavoro

Il lavoratore apprendista è soggetto alle norme ordinarie che regolano gli infortuni sul la-

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96 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

voro. Sulla base di queste norme, si definisce come infortunio sul lavoro l’infortunio occorso per causa violenta in occasione di lavoro; tale infortunio ha quindi come presupposti l’ineren-za con la prestazione di lavoro (occasione di lavoro), e l’origine violenta (causa violenta).

Ove ricorrano tali presupposti, l’infortunio sul lavoro è indennizzato dall’INAIL, qualora i suoi effetti producano la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta (che toglie com-pletamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro) o parziale (che diminuisce in misura supe-riore al 15% e per tutta la vita l’attitudine al lavoro), oppure un’inabilità temporanea assoluta (che impedisce totalmente e di fatto per più di tre giorni di attendere al lavoro).

5.2.2 Occasione di lavoro

L’infortunio sul lavoro ha come presupposto la circostanza che derivi da un’occasione di lavoro.

L’occasione di lavoro viene ritenuta esistente ogni volta che l’infortunio è collegato, an-che indirettamente, con l’attività lavorativa (es. lavoratore rimasto ucciso nel corso di una ra-pina commessa in occasione dell’acquisto di materiale necessario per la produzione).

L’occasione di lavoro che determina l’infortunio sul lavoro ed il nesso di causalità con l’in-fortunio, con il conseguente indennizzo dell’evento lesivo, è considerata esistente ogni volta che l’infortunio sul lavoro è derivato da un rischio specifico, cioè da un rischio al quale è sottoposto solo il lavoratore a causa della specifica attività che svolge, oppure da un rischio generico aggravato, cioè da un rischio al quale sono sottoposti tutti, ma che viene aggravato dallo svolgimento dell’attività lavorativa.

Il nesso di causalità tra l’infortunio e il rischio connesso all’attività lavorativa è invece da escludersi nel caso in cui l’evento lesivo derivi da una situazione nella quale il lavoratore è venuto a trovarsi per una propria scelta volontaria, che lo ha portato ad esporsi ad un rischio diverso da quello connaturato all’attività svolta (c.d. rischio elettivo).

Il rischi elettivo si configura in altre parole quando l’evento lesivo dipenda da un compor-tamento volontario del lavoratore che, per soddisfare esigenze proprie, affronta un rischio diverso da quelle connesso con le esigenze di lavoro.

In questi casi, la giurisprudenza esclude la sussistenza del diritto alla tutela assicurativa, così come nega la responsabilità contrattuale del datore di lavoro per i danni subiti dal lavora-tore (Cass. 30.5.2001, n. 7367).

5.2.3 Infortunio in itinere

L’art. 2 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, come modificato dall’art. 12 del D.Lgs. 23.2.2000, n. 38, disciplina l’infortunio occorso al lavoratore nel raggiungere o rientrare dal posto di lavo-ro (c.d. infortunio in itinere).

Con tale intervento, viene espressamente incluso nella nozione di infortunio sul lavoro l’e-vento lesivo verificatosi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazio-ne a quello di lavoro (a condizione che sussista un nesso tra l’itinerario seguito e l’attività la-vorativa, nel senso che il primo non sia stato percorso per ragioni meramente personali).

L’infortunio si considera in itinere anche se si verifica durante il normale percorso che col-lega due luoghi di lavoro, se il lavoratore intrattiene più rapporti di lavoro, oppure durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, qualora non esista il servizio di mensa in azienda.

La legge ha tipizzato i principi elaborati in precedenza dalla giurisprudenza, che ha ricono-sciuto la riconducibilità alla nozione di infortunio sul lavoro (e la loro conseguente indennizza-

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

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bilità) degli infortuni accaduti durante gli spostamenti del lavoratori motivati dallo svolgimen-to della prestazione di lavoro.

5.2.4 Infortunio in itinere e formazione

L’unica particolarità che può verificarsi con l’apprendista riguarda il caso in cui l’infortunio si verifichi durante il percorso che l’apprendista medesimo deve seguire per andare a svolgere l’attività formativa. In questo caso, secondo il Ministero del Lavoro (risposta a Interpello 13.12.2006, n. 7209), si applica la disciplina dell’assicurazione InAIL in materia di infortunio in itinere (art. 2, co. 3, D.P.R. n. 1124/1965, introdotto dal D.Lgs. 23.2.2000, n. 38).

5.2.5 Causa violenta

Il secondo elemento che, oltre all’occasione di lavoro, caratterizza l’infortunio sul lavoro consiste nella causa violenta. Ad avviso della giurisprudenza, il requisito della causa violenta sussiste ogni qualvolta un’azione determinata e concentrata nel tempo, seppure non impre-vedibile, straordinaria o accidentale, arrechi danno all’organismo del lavoratore.

L’esistenza della causa violenta viene riconosciuta anche quando l’infortunio non sia deri-vato da una forza esterna al lavoratore, o non sia stato determinato da un atto abnorme com-piuto dal lavoratore nell’ambito dello svolgimento della sua abituale attività; pertanto, l’esi-stenza del requisito viene riconosciuta anche in caso di sforzo del lavoratore compiuto in condizioni di normale svolgimento dell’attività lavorativa.

Infine, viene inclusa nel concetto di causa violenta anche l’azione di fattori microbici o vira-li che, posti in rapporto di causa-effetto con la prestazione lavorativa, diano luogo ad invalidità.

5.2.6 Malattia professionale

Anche le norme sulla malattia professionale si applicano integralmente ai lavoratori ap-prendisti. La malattia professionale si differenzia dalla malattia generica in quanto è una ma-lattia che viene contratta nell’esercizio e a causa della lavorazione alla quale è adibito il la-voratore; l’elemento distintivo della malattia professionale rispetto alla malattia generica risiede quindi nella stretta connessione, sotto il profilo causale, con la prestazione di lavoro. Tale connessione non è presente nella malattia generica, mentre è elemento costitutivo del riconoscimento della malattia professionale.

Ai fini del riconoscimento della malattia professionale, assume un rilievo determinate la prova del nesso di causalità tra la l’esercizio dell’attività lavorativa e la malattia stessa.

Il D.P.R. n. 112471965 elenca, in apposite tabelle, le lavorazioni che devono ritenersi peri-colose e le malattie professionali che possono scaturire da tali lavorazioni.

Rispetto alla valenza probatoria di tali tabelle, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che per le malattie comprese in dette tabelle e manifestatesi entro i termini ivi previsti opera in favore del lavoratore la presunzione legale dell’esistenza di un rapporto di causalità tra lavoro e malattia; tale presunzione potrebbe essere invocata anche per le lavora-zioni non espressamente previste nelle tabelle purché queste presentino una identità dei re-quisiti essenziali, con le fattispecie incluse nella lista. Per le malattie invece diverse da quelle incluse nelle tabelle, ovvero riconducibili a lavorazioni diverse da quelle descritte in tabella, il lavoratore ha l’onere di dimostrare il nesso di causalità tra la prestazione di lavoro e la malattia, senza potersi avvalere delle predette presunzioni legali.

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98 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

5.2.7 Effetti sul rapporto di lavoro e sugli obblighi formativi dell’apprendista

L’infortunio sul lavoro e la malattia professionale producono sul rapporto di lavoro i mede-simi effetti della malattia comune.

Per quanto riguarda gli effetti sul rapporto di lavoro, il datore di lavoro ha diritto di recede-re dal contratto solo una volta che sia decorso il periodo di tempo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (c.d. periodo di comporto).

Per quanto riguarda il trattamento economico, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza è dovuta al lavoratore la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.

Nella prassi contrattuale collettiva, laddove trovi applicazione la tutela INAIL, il datore di lavoro è tenuto ad integrare le prestazioni economiche erogate dall’Istituto, ed è obbligato, su richiesta dello stesso Istituto ovvero in presenza di specifiche disposizioni contrattuali in tal senso, ad anticipare quelle prestazioni, con modalità analoghe a quelle previste per il tratta-mento di malattia erogato dall’INPS.

Per quanto riguarda gli effetti sul rapporto formativo, si applica quanto prevede l’art. 2, co. 1, lett. h), del Testo Unico, analogamente ai casi di malattia. Secondo la norma, il periodo di formazione in apprendistato può essere prorogato solo in caso di assenza per malattia, in-fortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, quando tali assenze abbiano, considerate singolarmente, una durata superiore a 30 giorni. La proroga si applicherà “secon-do quanto previsto dai contratti collettivi”, e quindi la contrattazione collettiva (di qualsiasi livel-lo, anche aziendale) potrà definire casi e condizioni di applicazione della proroga. Rinviamo all’apposito capitolo per l’approfondimento di questo aspetto.

5.2.8 Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni

L’INAIL tutela il lavoratore contro i danni fisici ed economici derivanti da infortuni e malattie causati dall’attività lavorativa ed esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile conse-guente all’evento lesivo subito dai propri dipendenti, salvo i casi in cui, in sede penale o, se occorre, in sede civile, sia riconosciuta la sua responsabilità per reato commesso con violazio-ne delle norme di prevenzione e igiene sul lavoro.

sono tenuti all’iscrizione all’InAIL tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori dipen-denti e lavoratori parasubordinati nelle attività che la legge individua come rischiose; gli artigiani ed i lavoratori autonomi dell’agricoltura sono tenuti ad assicurare anche se stessi.

Sono ritenute rischiose, e in quanto tali comportano l’obbligo di iscrizione all’INAIL, le atti-vità svolte con macchine non mosse direttamente dal lavoratore, con apparecchi a pressione e con impianti elettrici o termici, le attività svolte in ambienti organizzati per opere e servizi in cui si fa uso di tali macchine, le attività complementari o sussidiarie alle attività rischiose.

In aggiunta a queste ipotesi generali, la legge indica specificamente un elenco di lavorazio-ni per le quali c’è una presunzione assoluta di rischio (es. lavori edili e stradali, esercizio di magazzini e depositi, nettezza urbana, vigilanza privata, trasporti, allestimento, prova o ese-cuzione di pubblici spettacoli, ecc.).

Sono tutelati dall’INAIL tutti coloro che, addetti ad attività rischiose, svolgono un lavoro comunque retribuito alle dipendenze di un datore di lavoro, compresi i sovrintendenti ai la-vori, i soci di società e cooperative, i medici esposti ai raggi X, gli apprendisti, i dipendenti che lavorano a computer e registratori di cassa e, ai sensi degli artt. 4 e 6 del decreto legi-slativo n. 38/2000, anche i soggetti appartenenti all’area dirigenziale e gli sportivi professio-nisti dipendenti.

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

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Sono altresì tutelati gli artigiani ed i lavoratori autonomi dell’agricoltura nonché ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 38/2000, i lavoratori parasubordinati che svolgono attività di collaborazio-ne coordinata e continuativa.

Il costo dell’assicurazione, chiamato premio, è a carico del datore di lavoro, dell’artigiano o del lavoratore autonomo dell’agricoltura.

Il premio si calcola con regole diverse in relazione alla tipologia di lavoro che svolge l’assi-curato. Per i lavoratori dipendenti il premio si calcola sulla base delle retribuzioni e della pe-ricolosità della lavorazione svolta; per gli artigiani, si fa riferimento alla retribuzione minima annua imponibile agli effetti contributivi, mentre per i lavoratori parasubordinati, il premio ordinario è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente.

L’obbligo del versamento del premio è in ogni caso a carico del committente. I datori di lavoro che svolgono le lavorazioni previste nell’allegato n. 8 al Testo Unico di cui

al D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell’articolo n. 153 del citato Testo Unico (come modificato dall’art. 10, Legge 27.12.1975 n. 780) - oltre al premio per gli infortuni - un premio supplementare per il rischio di silicosi e di asbestosi.

5.2.9 Danni risarcibili

Il decreto legislativo 23.2.2000, n. 38, recante disposizioni in materia di assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, disciplina in maniera completa le voci di danno che possono essere risarcite da parte dell’INAIL in seguito ad un infortunio sul lavoro.

Tale disciplina ha sostituto quella contenuta nel Testo Unico n. 1124/1965, che ancorava il sistema risarcitorio intorno al concetto di inabilità permanente. Con tale nozione si faceva riferimento alla conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale, la quale tolga per tutta la vita in misura completa (inabilità assoluta) o parziale (inabilità parziale) l’attitu-dine al lavoro; il Testo Unico garantiva il risarcimento del danno mediante il riconoscimento di una rendita commisurata al grado di inabilità riportata dal lavoratore e alla sua retribu-zione annua.

Il nuovo sistema previsto dal D.Lgs. n. 38/2000 è imperniato sulla diversa nozione di danno biologico (art. 13).

La norma sancisce il principio secondo cui il lavoratore deve essere risarcito non solo se, a causa di un infortunio sul lavoro, la sua attitudine al lavoro sarà ridotta o annullata, ma anche quando, sempre a causa dell’attività lavorativa, la menomazione subita ha riflessi sulla sua vita privata di relazione (disturbi inerenti la vita affettiva, spirituale, sportiva, culturale).

Il risarcimento del danno biologico è riconosciuto mediante il pagamento di un indennizzo calcolato sulla base di tre distinte tabelle.

Una prima tabella (c.d. tabella delle menomazioni), contempla 400 ipotesi di danno (in luogo di quella previgente, che prevedeva 59 ipotesi), classificate in quattro diverse aree di gravità secondo una scala percentuale compresa tra uno e cento (le menomazioni sono suddivise in: inferiori al 25%, comprese tra il 25% e il 50%, comprese tra il 51% e l’85% e, infine, comprese tra l’86% e il 100%). Queste menomazioni costituiscono la base da cui partire per verificare la spettanza dell’indennizzo e la sua entità.

Il lavatore ha il diritto di ricevere una erogazione sotto forma di capitale per le menomazioni di grado compreso tra il 6% e il 16% e una erogazione sotto forma di rendita per le menomazioni supe-riori al 16%; non spetta invece alcun indennizzo ove la menomazione sia compresa tra l’1% ed il 5%.

Un volta determinato il coefficiente della menomazione, e verificata la spettanza della ren-dita nonché la forma con cui questa deve essere erogata, il relativo importo viene calcolato in

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100 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

base alla tabella “indennizzo danno biologico in rendita”, la quale stabilisce gli importi spettan-ti a titolo di rendita per ciascun grado di menomazione.

Alla voce prevista dalla tabella deve aggiungersi un’ulteriore quota di rendita, per l’in-dennizzo delle conseguenze patrimoniali (riduzione o abolizione della capacità lavorativa) commisurata al grado della menomazione e alla retribuzione dell’assicurato.

Infine, una terza tabella (tabella dei coefficienti) contiene i coefficienti per calcolare il mag-gior valore della rendita quando, oltre al danno biologico, occorre indennizzare anche il danno patrimoniale.

5.2.10 Responsabilità civile del datore di lavoro

Dall’infortunio professionale e dalla malattia professionale può discendere a carico del da-tore di lavoro una responsabilità civile; tale responsabilità grava in capo al datore, tuttavia, solo per casi particolari, in quanto in linea generale egli è esonerato dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro, in tutti i casi in cui l’infortunio medesimo è coperto dall’assicura-zione obbligatoria gestita dall’INAIL.

Gli unici casi in cui il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere a titolo di responsabi-lità civile per i danni conseguiti dal lavoratore a seguito dell’infortunio sono quelli il cui il datore di lavoro abbia riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato (Corte Costi-tuzionale sent. 29.4.1981, n. 102), oppure qualora sia stato accertato in giudizio che l’infortunio è avvenuto per fatto imputabile a coloro che il datore di lavoro ha incaricato della direzione e sorve-glianza o ad altri suoi dipendenti, se del fatto di questi debba rispondere secondo il codice civile.

Anche in questi casi, tuttavia, la responsabilità civile del datore di lavoro è comunque esclu-sa quando per la punibilità del fatto sia necessaria la querela della persona offesa.

Altre ipotesi in cui sussiste la responsabilità civile del lavoratore è quella in cui il danno subito dal lavoratore sia inferiore alla misura minima risarcibile dall’InAIL (il 6%, cfr. infra); il pagamento di questa quota di danno biologico è interamente a carico del datore, a condizio-ne che sia provata la sua responsabilità in ordine alla produzione del danno.

5.2.11 Azione di regresso e azione di surroga dell’InAIL

Laddove trovi applicazione l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l’I-NAIL è tenuto a erogare le indennità anche nei casi di esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro, salvo il diritto di regresso contro la persona civilmente responsabile.

Quest’ultima peraltro deve versare all’Istituto erogatore una somma corrispondente al va-lore capitale dell’ulteriore rendita dovuta, calcolato in base ad apposite tabelle.

La sentenza che accerta la responsabilità civile è sufficiente a costituire l’Istituto assicura-tore in credito verso la persona civilmente responsabile; l’Istituto può esercitare la stessa azione di regresso contro l’infortunato, quando l’infortunio sia avvenuto per dolo del medesi-mo, accertato con sentenza penale.

L’azione di regresso dell’INAIL è sottoposta al termine di prescrizione di cui all’art. 112, D.P.R. n. 1124/1965 (tre anni); tale termine è soggetto ad interruzioni, secondo le norme comu-ni in tema di prescrizione.

Dalle azioni di regresso va distinta l’azione di surroga dell’InAIL; questa è diretta verso terzi estranei al rapporto assicurativo, ed è finalizzata al recupero delle prestazioni erogate al lavoratore.

Le sentenze della Corte Costituzionale 18.7.1991, n. 356 e 27.12.1991, n. 485, hanno affer-mato che l’azione di regresso e l’azione di surroga dell’INAIL non possono avere ad oggetto le

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

101

somme dovute al lavoratore a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica.

5.3 tutela della maternità

5.3.1 tutela della maternità nella Costituzione e nella legislazione

La Costituzione garantisce una tutela alla donna lavoratrice per l’adempimento della sua essenziale funzione familiare, assicurando alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione (art. 37 Cost.).

Questi principi si traducono, a livello legislativo, in un complesso di tutele dirette ad impe-dire che la lavoratrice madre sia oggetto di trattamenti discriminatori (da qui il divieto asso-luto di licenziamento) e a consentire alla medesima di svolgere la propria funzione nel periodo antecedente e successivo alla maternità.

A livello di legislazione ordinaria, la tutela della lavoratrice madre è stata a lungo discipli-nata dalle Leggi n. 1204/1971 e n. 903/1977, le quali fornivano una particolare tutela alle lavo-ratrici madri; queste norme consentivano, in presenza di determinate condizioni, alcune tute-le anche a favore del padre.

La Legge n. 1204/1971 si componeva su quattro istituti essenziali, che garantivano altret-tante situazioni di sospensione del rapporto di lavoro: il congedo di maternità e il congedo di paternità, il congedo parentale, i riposi giornalieri, il congedo per la malattia del figlio.

Il quadro di norme destinate alla materia è stato innovato dalla Legge 8.3.2000, n. 53 (Di-sposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), la quale ha mantenuto fermi gli istituti essenziali della previgente disciplina, ma li ha attualizzati rispetto ai nuovi fabbisogni di tutela e di con-ciliazione dei tempi di vita familiare.

5.3.2 testo Unico sulla Maternità e paternità

Queste leggi sono state modificate dal D.Lgs. 26.3.2001, n. 151, noto come Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Il Testo Unico ha coordinato la normativa vigente, ha riordinato la materia per settori, ed ha abrogato le norme in contrasto con esso o comunque desuete (leggi n. 653/1934, n. 860/1950, n. 1204/1971, n. 903/1977, n. 546/1987, n. 53/2000, direttive CEE n. 85/1992 e n. 34/1996).

Il D.Lgs n. 151/2001 segna un’importante tappa nell’evoluzione legislativa della materia; tale provvedimento legislativo conferma l’attenzione per la protezione della salute della vita della madre e del bambino, ma da una rilevanza prima sconosciuta alle esigenze di cura del figlio da parte di entrambi i genitori lavoratori.

Il rilievo dato a questo aspetto si inserisce in una operazioni di ampia responsabilizzazione della figura paterna, con un’equiparazione pressoché totale del padre lavoratore alla madre lavoratrice. Nel mondo del lavoro, entrambi i genitori sono, così, ritenuti portatori di un’essen-ziale funzione sociale, che si espande dalla fase biologica della procreazione sino alle fasi successive di crescita ed educazione dei figli naturali, adottivi o affidatari.

Altra importante innovazione apportata dal Testo Unico consiste nell’estensione della di-sciplina di tutela della maternità alle adozioni ed agli affidamenti, con conseguente abban-dono del tradizionale concetto puramente fisico di maternità

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102 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

5.3.3 pilastri della tutela

Nell’impianto del Testo Unico, la tutela della maternità e della paternità si concretizza su quattro essenziali pilastri, coerenti con la tradizionale disciplina legislativa della materia.

Il primo di questi pilastri consiste nel diritto ad astenersi dal lavoro, usufruendo di un trattamento economico analogo a quello percepito in costanza di svolgimento del lavoro. Il secondo pilastro consiste nella limitazioni al potere datoriale di licenziamento, al fine di pre-venire eventuali discriminazioni in danno della lavoratrice madre. Il terzo pilastro consiste nel diritto di rientrare – al termine del periodo di astensione – nella stessa unità produttiva nella quale si era occupati in precedenza o in altra nel medesimo comune, mantenendo mansioni uguali od equivalenti a quelle da ultimo svolte. Il quarto ed ultimo pilastro consiste nella pro-tezione del bambino fino ad una certa età (e anche oltre, se il figlio è portatore di handicap).

5.3.4 Ambito di applicazione del testo Unico

Le norme del D.Lgs. n. 151/2001 si applicano sia alle lavoratrici che ai lavoratori; per lavo-ratrici e lavoratori “si intendono, salvo sia altrimenti specificato, i dipendenti, apprendisti compre-si, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro, i dirigenti” (per i quali però il tratta-mento economico è disciplinato dal contratto collettivo), nonché i soci lavoratori di cooperative (art. 2, D.Lgs. n. 151/2001).

La lavoratrice e il lavoratore a tempo parziale beneficiano dei medesimi diritti di un dipen-dente a tempo pieno per quanto riguarda la durata dei congedi; regimi particolari si applicano, invece, ai lavoratori domestici, a domicilio, autonomi e parasubordinato.

Le tutele previste dal Testo Unico si applicano anche alle lavoratrici e ai lavoratori che han-no adottato o ricevuto in affidamento bambini fino al compimento dei 7 mesi di età (art. 6, D.Lgs. n. 151/2001); il provvedimento fa salve, in ogni caso, le eventuali condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti e da ogni altra disposizione.

5.3.5 Maternità dell’apprendista

L’ampiezza della tutela offerta dall’ordinamento per la maternità è tale da impedire qualsi-asi limitazione verso le lavoratrici assunte con il contratto di apprendistato, tanto che le stesse sono espressamente ricondotte nell’ambito di applicazione del Testo Unico.

Pertanto, la lavoratrice apprendista ha diritto al trattamento economico di maternità po-sto a carico dell’Inps nelle stesse misure e alle medesime condizioni previste per i presta-tori di lavoro subordinato (art. 2, co. 1, lett. e), D.Lgs. 30.3.2001, n. 151). Anche in questo caso il rapporto contrattuale rimane in sospeso fino al termine del periodo interessato.

Con riguardo al congedo matrimoniale, trovano applicazione le norme vigenti per gli operai (quote a carico dell’INPS) e per gli impiegati, secondo le eventuali modalità e criteri stabiliti nel CCNL applicato. Infine, in presenza dei requisiti necessari, l’apprendista ha diritto a perce-pire l’assegno per il nucleo familiare, al pari delle generalità dei lavoratori.

5.4 Assicurazione sociale per l’impiego

L’art. 2, co. 1, della riforma Fornero (Legge n. 92/2012) ha sancito, a partire dal 1.1.2012, e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a partire da tale data, l’istituzione

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Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

103

di un nuovo trattamento contro la disoccupazione denominato Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI).

Il trattamento ha la funzione di fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontaria-mente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione.

Il co. 2 include nella platea dei potenziali beneficiari tutti i lavoratori dipendenti, e tra que-sti cita espressamente anche gli apprendisti (oltre ai soci lavoratori di cooperativa ).

Viene in questo modo sancita la piena appartenenza degli apprendisti al sistema degli am-mortizzatori sociali; il riconoscimento del diritto al godimento dell’ASPI, nei casi di disoccupa-zione involontaria, è accompagnato dalla previsione di un’aliquota contributiva aggiuntiva dell’1,31% a carico del datore di lavoro che assume apprendisti (per gli altri datori che assu-mono lavoratori a termine l’aliquota è pari all’1,4%), finalizzata a finanziare il nuovo ammor-tizzatore sociale universale.

5.5 tutela pensionistica

5.5.1 norme applicabili agli apprendisti

L’apprendista è coperto come gli altri lavoratori ordinari dall’assicurazione generale contro l’invalidità, vecchiaia e superstiti. Questo significa che gli anni di lavoro svolti median-te il contratto di apprendistato concorrono pienamente al conseguimento dei requisiti contri-butivi e di anzianità anagrafica necessari per accedere ai diversi trattamenti pensionistici pre-visti dall’ordinamento (pensione di anzianità, pensione di vecchiaia). L’unica particolarità che si verifica nel caso degli apprendisti riguarda il calcolo dei contributi versati, in quanto l’ap-prendista è soggetto a un prelievo contributivo agevolato (si rinvia per l’approfondimento all’apposito paragrafo).

a) Contributi settimanali. L’INPS ha messo in evidenza (Circolare 1.2.2005, n. 18) che all’ap-prendista non si applicano le disposizioni (art. 7, Legge 11.11.1983, n. 638, e succ. mod.) per le quali il numero dei contributi settimanali da accreditare nell’anno solare è pari alle settimane in cui si è svolta l’attività lavorativa, sempre che sia rispettato il minimale di retribuzione.

b) Contribuzione figurativa. Gli apprendisti che si assentano dal lavoro per malattia o in-fortunio hanno diritto, al pari degli altri dipendenti, a ottenere l’accredito della contribuzione figurativa per le giornate non lavorate (INPS, circ. n. 43/2007).

Il periodo di malattia consente l’accredito figurativo a favore dell’apprendista a condizione che egli abbia almeno un contributo settimanale versato prima dell’evento; il periodo massi-mo accreditabile è di 24 mesi complessivi dal 2012 in poi (14 mesi nel triennio 1997-1999 e poi due mesi in più per ogni triennio successivo, ai sensi del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564).

La contribuzione figurativa è utile per la determinazione di qualsiasi tipo di pensione e concorre per la maturazione dei 40 anni di contribuzione e del requisito per la pensione di vecchiaia, mentre non è utile per il raggiungimento dei 35 anni dei contributi valevoli per la pensione di anzianità.

c) Contribuzione agevolata. La legge riconosce sostanziosi incentivi contributivi e norma-tivi in capo ai datori di lavoro che assumono personale con contratto di apprendistato.

Si rinvia all’apposito capitolo la trattazione di tali incentivi. In questa sede ci limitiamo a ricordare che la normativa vigente riconosce un’aliquota agevolata pari al 10% della retribu-zione imponibile ai fini previdenziali (art. 1, co. 773, legge n. 296/2006); a questo importo deve

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104 Capitolo 5 - Tutele previdenziali e ammortizzatori sociali

Apprendistato

aggiungersi il contributo dell’1,31% introdotto dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012) per il finanziamento dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego (Aspi).

Per le aziende con un numero di dipendenti inferiore a 10, si prevede un’aliquota di contri-buzione più bassa, nei primi anni. Tale aliquota ammonta all’1,5% della retribuzione imponi-bile per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto di apprendistato, sale al 3% per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto e solo dal terzo anno raggiun-ge la quota ordinaria del 10%.

L’incentivo si applica sulla quota di contribuzione a carico del datore di lavoro, e la sua per-cezione è subordinata all’applicazione dei trattamenti economici previsti dai contratti colletti-vi (Cass. S.U. 21.7.1999, n. 486) e all’adempimento dell’obbligo di formazione (art. 53, co. 3, D.Lgs. 10.9.2003, n. 276). La contribuzione a carico dell’apprendista viene fissata in misura pari al 5,84% dell’imponibile retributivo.

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Apprendistato

Capitolo 6

LIMItI DI UtILIZZO, InCEntIVI E sAnZIOnI

6.1 Limiti di utilizzo

6.1.1 Disciplina generale

Il Testo Unico stabilisce un limite quantitativo per l’assunzione di apprendisti; con questa scelta viene confermata l’impostazione già adottata dalla riforma Biagi, che stabiliva un limite analogo.

Secondo l’art. 2 co. 3, come modificato dalla riforma Fornero, un datore di lavoro può as-sumere apprendisti fino al raggiungimento del rapporto di 3 a 2 con le maestranze specia-lizzate e qualificate (la disciplina precedente fissava un rapporto di 1 a 1, e quindi con la mo-difica viene ampliato il numero di apprendisti che possono essere assunti).

Tale rapporto non vale per i datori di lavoro che occupano meno di 10 dipendenti, per i qua-li il tetto massimo viene fissato nel numero di lavoratori qualificati presenti.

La legge prevede inoltre la facoltà di assumere fino a 3 apprendisti per chi non ha almeno 3 lavoratori qualificati, e la salvaguardia per le imprese artigiane delle disciplina specifica di settore.

Il Testo Unico include, infatti, nel tetto massimo di utilizzo non solo gli apprendisti assunti direttamente da un datore di lavoro, ma anche quelli assunti “indirettamente” (così recita te-stualmente la legge), per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro, nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo indeterminato.

Tale inciso non brilla per precisione, perché le imprese che si rivolgono alle Agenzie per il lavoro non “assumono” personale, neanche indirettamente; queste imprese si limitano a uti-lizzare il personale fornito dalle Agenzie per il lavoro, sulla base di un contratto di sommini-strazione di manodopera, esercitando su questo personale una parte dei poteri datoriali, pur non avendo alcun ruolo di datore di lavoro.

In ogni caso, la norma include nel tetto massimo degli apprendisti che ciascun datore di lavoro può impiegare anche lavoratori somministrati mediante un contratto di staff leasing (quella che nella legge si chiama somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, discipli-nata dall’art. 20, co. 3, del D.Lgs. n. 276/2003); in mancanza di una previsione di questo tipo, tali lavoratori non sarebbero rientrati nel computo, ma sarebbero stati assoggettati al tetto massimo applicabile presso il loro datore di lavoro (l’Agenzia di somministrazione).

La previsione del Testo Unico cita solo gli apprendisti utilizzati nell’ambito di un contratto di staff leasing, mentre per i lavoratori utilizzati mediante il contratto di somministrazione a tempo determinato è previsto uno specifico divieto di utilizzo (introdotto dalla riforma Fornero).

6.1.2 Datori di lavoro privi di personale qualificato

Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o qualora ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in nume-ro non superiore a tre.

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106 Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

Tale evenienza può verificarsi quando il datore di lavoro non abbia assunto alcun dipenden-te, ma anche quando abbia alle proprie dipendenze un numero rilevante di persone, ma tra queste non ce ne siano almeno tre che sono un possesso di una qualifica oppure di una spe-cializzazione.

LIMITI qUANTITATIVI PER L’UTILIZZO DI APPRENDISTI

Limite generale 3 apprendisti ogni 2 dipendenti specializzati e qualificatiNel computo entrano anche i lavoratori sommi-nistrati in staff leasing

Limite per imprese con meno di 3 dipendenti qualificati

3 apprendisti

Limiti per le imprese artigiane Imprese che non lavorano in serie- da 9 a 13 apprendisti

Imprese che lavorano in serie - da 5 a 8 apprendisti

Lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbi-gliamento su misura - da 16a 24 apprendisti

Imprese di costruzioni edili- da 5 a 9 apprendisti

6.1.3 Imprese artigiane

I limiti di utilizzo previsti in generale dal Testo Unico per l’assunzione di apprendisti non si applicano nei confronti delle imprese artigiane, per le quali trovano applicazione le disposizio-ni di cui all’articolo 4 della legge 8.8.1985, n. 443.

Questa norma stabilisce il numero massimo di dipendenti che può avere un’impresa arti-giana e, in questo ambito, definisce anche il tetto massimo di utilizzo degli apprendisti; il su-peramento di queste soglie fa perdere la qualifica di impresa artigiana.

L’impresa che non lavora in serie può avere sino a un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti; questi non possono superare le 9 unità, ma il numero massimo di dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 13 apprendisti).

L’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata, può ave-re sino a un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti, i quali non possono superare le 5 unità. Il numero massimo di dipendenti può salire fino a 12, a condizione che le unità ag-giuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 8 apprendisti).

I limiti cambiano ancora per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavora-zioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura (questi settori sono elencati in cal-ce alla legge 8 agosto 1985, n. 443). Tale impresa può avere sino a un massimo di 32 dipenden-ti, compresi gli apprendisti, che non possono superare le 16 unità. Il numero massimo dei dipendenti può salire fino a 40, a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 24 apprendisti).

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Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

107

Infine, le imprese di costruzioni edili possono avere sino a un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti, i quali non possono superare le 5 unità. Il numero massimo di dipen-denti può salire fino a 14 unità, ma a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (in tal caso, quindi, si può arrivare sino a 9 apprendisti).

6.2 Incentivi normativi e contributi

6.2.1 Incentivi per l’apprendistato

Il legislatore riconosce un pacchetto rilevante di incentivi in favore dei datori di lavoro che assumono apprendisti.

Questi incentivi sono di varia natura: sono previsti incentivi normativi, che si traducono nella possibilità di applicare regole di maggior favore in caso di assunzione degli apprendisti (come il non computo nell’organico oppure il sottoinquadramento, che si traduce anche in un risparmio economico), ma anche incentivi economici, che si traducono nella possibilità di ri-durre il costo del lavoro in caso di assunzione dell’apprendista (come i benefici contributivi o la stessa riduzione della retribuzione che, in alternativa alla retribuzione percentuale, si può applicare verso l’apprendista).

Questa vasta gamma di incentivi trova la propria origine e giustificazione nella particolare natura del contratto, che non soddisfa solo gli interessi delle parti che lo firmano (il datore di lavoro e l’apprendista), ma realizza anche un interesse pubblico, che è quello della crescita professionale dei lavoratori e del conseguente incremento della loro occupabilità.

La finalità formativa, in altri termini, è la ragione sostanziale cui devono essere ricondotti tutti i corposi incentivi che un datore di lavoro può ottenere assumendo apprendisti.

Questa considerazione è importante, in quanto consente di capire anche la logica e il fun-zionamento del sistema sanzionatorio, che ricollega proprio alla mancata attuazione degli impegni formativi la perdita di ogni incentivo precedentemente goduto (in particolare, dei be-nefici di carattere contributivo percepiti per l’assunzione dell’apprendista).

6.2.2 Computo degli apprendisti

L’art. 6 co. 3 del Testo Unico esclude gli apprendisti dal computo di tutti limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.

Mediante tale previsione, gli apprendisti risultano quindi “invisibili” nel momento in cui deve essere verificato il superamento di una certa soglia e la conseguente applicazione di una certa disciplina.

L’esempio tipico dell’effetto che producono le soglie nel diritto del lavoro è l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori: la norma prevede l’applicazione del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro solo con l’assunzione del sedicesimo dipendente, e quindi dal superamento di questa soglia le conseguenze del licenziamento ingiustificato cambiano radicalmente.

Ai fini del calcolo di tale soglia, l’apprendista – alla luce della norma appena ricordata – non deve essere computato.

La regola generale può trovare espresse eccezioni, in quanto prevede lo stesso Testo Unico che sono fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo. Pertanto, ove sia prevista espressamente la possibilità di computare l’apprendista, l’esenzione non vale (questo

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108 Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

accade, ad esempio, per calcolare la soglia di personale che determina l’obbligo di versamen-to del TFR non destinato alla previdenza complementare al Fondo Tesoreria INPS).

6.2.3 sottoinquadramento e retribuzione

Un tipico incentivo normativo connesso al contratto di apprendistato consiste nella possibi-lità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto alla qualifica che sarà con-seguita al termine del periodo di formazione.

Il sottoinquadramento porta con sé la possibilità di applicare il trattamento retributivo cor-rispondente al livello inferiore applicato o, in alternativa, la possibilità di erogare la retribuzio-ne in misura percentuale rispetto all’inquadramento finale che verrà acquisito al termine del periodo di apprendistato (si rinvia all’apposito capitolo).

6.2.4 Benefici contributivi durante il periodo di apprendistato

La legge riconosce sostanziosi incentivi contributivi e normativi in capo ai datori di lavoro che assumono personale con contratto di apprendistato. Questi incentivi, come già detto, tro-vano giustificazione nel vantaggio che l’apprendistato produce per l’intero mercato del lavoro.

Le imprese che formano gli apprendisti restituiscono al mercato del lavoro dei lavorato-ri qualificati, che a loro volta si ritrovano con una accresciuta occupabilità che va oltre l’impie-go svolto durante il periodo di apprendistato.

Per questa ragione l’ordinamento investe in maniera massiccia su questo contratto, non solo con gli incentivi normativi (sottoinquadramento, non computo degli apprendisti) ma anche con quelli economici, che si traducono nell’applicazione di una contribuzione ridotta; tale con-siderazione è particolarmente importante anche per il rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, che impedirebbero il riconoscimento di incentivi come quelli in parola in mancanza della finalità formativa.

L’incentivo di carattere contributivo, di cui si trova traccia già nella n. 25/1955, che si con-cretizza in una ridotta contribuzione previdenziale, si è strutturato per molti decenni nell’ob-bligo di pagare solo una cifra fissa (peraltro, di importo irrisorio) per l’intera durata del con-tratto, al posto della contribuzione previdenziale dovuta nella generalità dei casi.

Il meccanismo di incentivazione è parzialmente cambiato con la Finanziaria per il 2007. La legge ha sancito l’abbandono del contributo in misura fissa, e ha previsto l’applicazione di un criterio di calcolo percentuale, con aliquota di versamento pari al 10% della retribuzione im-ponibile ai fini previdenziali (art. 1, co. 773, legge n. 296/2006).

6.2.5 Benefici contributivi per aziende con meno di 10 dipendenti

Per le aziende che occupano un numero di dipendenti inferiore a 10, si prevede un’aliquo-ta di contribuzione più bassa, nei primi anni. Tale aliquota ammonta all’1,5% della retribuzio-ne imponibile per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto di apprendistato, sale al 3% per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto e solo dal terzo anno raggiunge la quota ordinaria del 10%.

Secondo l’INPS (circ. 23.1.2007, n. 22) per calcolare il numero di dipendenti che determina-no il raggiungimento della soglia delle 10 unità (e la conseguente perdita della possibilità di fruire dell’agevolazione per i primi 2 anni), occorre considerare i lavoratori in possesso qua-lunque qualifica; nel calcolo devono rientrare anche i dirigenti ed i lavoratori a domicilio.

I lavoratori in regime di orario ridotto (part time o intermittente) si calcolano in misura

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Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

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proporzionale all’orario di lavoro; i lavoratori a termine si calcolano in proporzione alla durata del contratto (e viene operata una media annua).

Non si calcolano invece nell’organico gli apprendisti, i lavoratori assunti con contratto d’inserimento, i lavoratori somministrati e i lavoratori assenti, qualora in loro sostituzione sia stato assunto un altro lavoratore che rientra nel computo dell’organico aziendale.

6.2.6 Ripartizione degli oneri contributivi

I benefici contributivi che la legge riconosce ai datori di lavoro che assumono apprendisti si applicano sulla quota di contribuzione a carico dei medesimi datori di lavoro; per quanto ri-guarda la contribuzione a carico dell’apprendista, questa viene fissata in misura pari al 5,84% dell’imponibile retributivo.

6.2.7 Maggiorazione contributiva per finanziare l’Aspi

La riforma Fornero (legge n. 92/2012) ha introdotto una maggiora contributiva dell’1,4% a carico dei datori di lavoro che assumono lavoratori a tempo determinato; tale contributo è fi-nalizzato a finanziare il nuovo trattamento di disoccupazione denominato Associazione so-ciale per l’Impiego (AspI) che dovrebbe assorbire l’indennità ordinaria di disoccupazione e quella di mobilità, e dovrebbe coprire anche gli apprendisti.

Le legge esclude i datori di lavoro di apprendisti dalla platea di soggetti tenuti a pagare il contributo; tuttavia, in luogo di questa maggiorazione, tuttavia, viene previsto l’obbligo di pagare una contribuzione aggiuntiva pari all’1,31 della retribuzione imponibile a fini previdenziali.

Inoltre, la legge precisa che la maggiorazione contributiva non ha effetto nei confronti del-le disposizioni agevolative che rimandano, per l’identificazione dell’aliquota applicabile, alla contribuzione nella misura prevista per gli apprendisti. In questo modo si vuole evitare che le altre norme che fanno riferimento alla contribuzione degli apprendisti subiscano l’incremento automatico dovuto alla nuova aliquota.

6.2.8 Incentivi alla conferma in servizio

Il contratto di apprendistato è sin dall’origine un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come chiarisce l’art. 1 del Testo Unico. Tuttavia, quando arriva la scadenza del periodo di formazione, si apre una finestra normativa che consente al datore di lavoro di inter-rompere il rapporto senza fornire alcuna giustificazione, ma limitandosi a dare una disdetta nel rispetto del preavviso contrattualmente stabilito.

Per incentivare i datori di lavoro a rinunciare all’esercizio di questa facoltà di disdetta, e in tal modo favorire la stabilità occupazione degli apprendisti anche dopo il raggiungimento della qualifica, la legge riconosce specifici benefici contributivi alle imprese che proseguono il rapporto dopo la scadenza del periodo formativo.

In particolare, l’art. 7, co. 9 del Testo Unico (confermando quanto previsto dall’art. 21, co. 6, della legge 28.2.1987, n. 56) riconosce il diritto al mantenimento dei benefici contributivi pre-videnziali ed assistenziali anche per l’anno successivo al termine del periodo di apprendistato, in caso di conferma in servizio del lavoratore.

Il momento di partenza per il calcolo dell’anno di proroga dei benefici contributivi è la data di conferma in servizio: pertanto, ove la conferma intervenga prima della scadenza del periodo di apprendistato, l’anno decorre da tale atto, e non dalla data di fine del rapporto formativo originariamente prevista (il Ministero del Lavoro, con risposta a Interpello 4.5.2005, n. 3883, ha

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110 Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

chiarito che non esistono ostacoli al riconoscimento del beneficio anche in caso di conferma anticipata).

Se invece la conferma interviene al momento della fine del periodo di apprendistato, la proroga del beneficio contributivo decorrerà dalla data di scadenza del periodo medesimo.

La proroga del beneficio non si applica per il caso di conferma in servizio degli apprendisti assunti dalle liste di mobilità; l’esclusione si spiega in quanto tale personale ha un sistema di incentivazione specifico, che non può cumularsi con quello previsto in generale per gli appren-disti non iscritti alle liste di mobilità.

La proroga del beneficio contributivo spetta sia nel caso in cui il riconoscimento della qua-lifica venga effettuato spontaneamente, sia quando detto riconoscimento consegua ad un in-tervento ispettivo dell’ente previdenziale: questo perché la legge non dà rilevanza all’elemento della volontà datoriale, ma ricollega l’incentivo al fatto oggettivo della prosecuzione del rap-porto dopo la fine del periodo di apprendistato.

bENEfIcI cONTRIbUTIVI PER L’APPRENDISTATO: RIEPILOgO

tipologie Contribuzione a carico del datore di lavoro

Contribuzione a carico dell’apprendista

Beneficio ordinario 10% 5,84%

Imprese fino a 10 dipendenti 1,5% (primo anno)3% (secondo anno)10% (terzo anno)

Periodo successivo alla con-ferma in servizio

10% fino a un anno dalla conferma

cRITERI DI cOMPUTO DELLE IMPRESE cON MENO DI 10 DIPENDENTI

si computano non si computano

- lavoratori in possesso qualunque qualifica, tra cui anche dirigenti e lavoratori a domicilio

- lavoratori in regime di orario ridotto (part time o intermittente), in misura proporzionale all’orario di lavoro

- lavoratori a termine si calcolano in proporzio-ne alla durata del contratto (e viene operata una media annua)

- apprendisti

- lavoratori assunti con contratto d’inserimento

- lavoratori somministrati

- lavoratori assenti, qualora in loro sostituzione sia stato assunto un altro lavoratore che rien-tra nel computo dell’organico aziendale

6.2.9 Effetti della proroga del benefico contributivo

La proroga del beneficio contributivo per l’anno successivo alla conferma in servizio pro-duce riflessi solo sul piano contributivo, mentre non incide sul rapporto di lavoro, che perde i caratteri di specialità che lo avevano caratterizzato sino a quel momento e diventa un rappor-to di lavoro a tempo indeterminato ordinario, sin dal momento della conferma in servizio.

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Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

111

Pertanto, anche nel caso di proroga dei benefici contributivi le norme speciali che regolano il rapporto di apprendistato cessano di avere applicazione dal momento della conferma in servizio e, dallo stesso momento, i lavoratori sono considerati qualificati a tutti gli effetti civili e previdenziali.

La trasformazione del rapporto, incide, ad esempio, sul trattamento di malattia: non si applica più la regola generale che prevede la copertura della malattia a carico dell’Inps a pre-scindere dalla qualifica e dal settore, ma si rientra nella disciplina comune, che prevede la copertura dell’ente di previdenza solo per alcuni settori e qualifica. Parimenti, vengono meno gli obblighi formativi e le norme che regolano il sottoinquadramento e la retribuzione ridotta.

Una volta confermato in servizio, inoltre, il lavoratore può beneficiare degli ammortizzatori sociali ordinari come la Cassa Integrazione Guadagni e l’indennità di disoccupazione, anche se gode della proroga annuale del benefico contributivo (Circolare Inps 3 dicembre 1991, n. 274).

6.2.10 presupposti per la proroga dei benefici contributivi

La Corte di Cassazione ha individuato alcuni presupposti che devono essere rispettati, ai fini del riconoscimento del beneficio contributivo per un periodo successivo alla conferma in servizio.

In particolare, il beneficio può essere riconosciuto solo se il lavoratore, a seguito della trasformazione e per il lasso temporale di un anno, sia utilizzato per la medesima qualifica per la quale ha ricevuto la formazione (Cass. 22.6.2010, n. 15055).

Pertanto, se il datore di lavoro cambia la qualifica all’apprendista, subito dopo l’attribuzione della qualifica al cui conseguimento era preordinato il contratto di apprendistato, rischia di perdere il diritto alla proroga del beneficio contributivo.

6.3 sanzioni

6.3.1 sanzione per la mancata erogazione della formazione

Abbiamo più volte ricordato che il riconoscimento degli incentivi di carattere economico e normativo ai datori di lavoro che utilizzano il contratto di apprendistato trova giustificazione solo se viene realizzato un effettivo addestramento professionale del lavoratore, mediante il pieno e integrale rispetto degli obblighi formativi previsti dalla legge e dal contratto collettivo. Il mancato rispetto di questi obblighi costituisce, quindi, il momento centrale del regime san-zionatorio del contratto di apprendistato, che si articola secondo fattispecie diverse, la cui gravità varia in relazione alla diversa gravità degli obblighi formativi violati.

L’art. 7, co. 1 del Testo Unico esplicita questo concetto, specificando che la violazione degli obblighi formativi comporta per il datore di lavoro l’obbligo di versare la differenza tra la con-tribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale supe-riore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggio-rata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione.

In altri termini, se l’apprendistato è irregolare per mancata erogazione della formazione, il datore di lavoro deve ricostruire la storia contributiva del dipendente, assegnando ab origine il livello finale cui tendeva il contratto, e pagando i contributi previdenziale in relazione a tale li-vello. Da tale somma devono essere sottratti i contributi agevolati già pagati per l’apprendista-to, e la somma risultante da questo calcolo deve essere raddoppiata.

Questa sanzione esclude l’applicazione di ogni altra sanzione per omessa contribuzione.

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112 Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

6.3.2 pregiudizio per le finalità formative

La mancata applicazione degli obblighi formativi da luogo alla sanzione sopra indicata solo in presenza di due presupposti: deve impedire la realizzazione delle finalità formative della tipologia contrattuale applicata, e deve dipendere dalla esclusiva responsabilità del datore di lavoro.

Il primo elemento serve a selezione solo le violazioni gravi degli impegni formativi, ed escludere l’applicabilità della sanzione per i casi in cui, pur essendo riscontrate delle violazio-ni, queste non hanno compromesso l’attuazione delle finalità formative del contratto.

6.3.3 Responsabilità del datore di lavoro

La legge tiene conto del fatto che la mancata erogazione della formazione può non dipen-dere da un comportamento elusivo del datore di lavoro; dal momento in cui è stato posto (con l’art. 16, legge n. 196/1997, poi con il D.Lgs. n. 276/2003, e ora con il Testo Unico, nelle parti in cui prevede un’offerta integrativa regionale e nelle eventuali discipline collettive che saranno approvate) l’obbligo di erogare una parte del percorso formativo all’esterno dell’impresa, l’a-dempimento dell’obbligo stesso dipende anche dall’effettiva organizzazione ed erogazione dei corsi di formazione da parte delle competenti strutture pubbliche.

In altri termini, in tutti i casi in cui la formazione deve essere erogata all’esterno dell’impre-sa, l’obbligo del datore di lavoro non può più essere adempiuto mediante l’erogazione diretta dell’addestramento professionale, ma si sostanzia nell’onere di cooperare con i competenti uffici pubblici al fine di agevolare la partecipazione degli apprendisti ai corsi di formazione organizzati e gestiti da questi uffici.

In questa ipotesi, ben può accadere che le strutture non adempiano il proprio compito, no-nostante non vi sia stato un comportamento elusivo del datore di lavoro.

Al fine di dare rilievo a queste situazioni, già l’art. 52, D.Lgs. n. 276/2003 prevedeva l’appli-cazione delle sanzioni di legge solo ai casi in cui dell’inadempimento sia “esclusivamente re-sponsabile” il datore di lavoro. Questa sanzione, che è stata integralmente riproposta dal testo Unico, costituiva una evoluzione del meccanismo di imputazione di responsabilità previsto nell’art. 16, Legge n. 196/1997.

Secondo la norma del Pacchetto Treu, i datori di lavoro perdevano le agevolazioni contribu-tive connesse all’utilizzo del contratto qualora gli apprendisti non avessero partecipato alle attività proposte “formalmente” dall’Amministrazione Pubblica competente; con questa previ-sione si limitava la sanzione della perdita degli sgravi alle sole ipotesi in cui la mancata eroga-zione della formazione fosse addebitabile alla responsabilità del datore di lavoro, e non della Pubblica Amministrazione.

6.3.5 Casi di inadempimento imputabili al datore di lavoro

Il riferimento all’esclusiva responsabilità vale ad escludere l’applicazione della sanzione alle ipotesi in cui l’erogazione della formazione non sia stata possibile per responsabilità non attribuibili al datore di lavoro, come nel caso in cui la Pubblica Amministrazione competente abbia omesso di predisporre i corsi di formazione professionale per gli apprendisti.

Sotto la vigenza della riforma Biagi, il Ministero del Lavoro aveva chiaro che l’inadempi-mento formativo imputabile al datore di lavoro era valutabile sulla base del percorso di forma-zione previsto all’interno del piano formativo e sulla base delle previsioni della disciplina re-gionale (Ministero del Lavoro, circ. n. 40/2004).

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Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

113

L’inadempimento, secondo la stessa interpretazione ministeriale, poteva configurarsi nella mancanza di un tutor aziendale avente competenze adeguate, oppure nell’erogazione di una quantità di formazione, anche periodica, inferiore a quella stabilita nel piano formativo o dalla regolamentazione regionale o, infine, nella grave inadempienza del datore di lavoro nell’obbli-go formativo.

Anche la giurisprudenza ha provato a definire i criteri di riconoscimento dell’inadempimen-to formativo. È stato giudicato illecito un rapporto di apprendistato che aveva ad oggetto lo svolgimento di attività “assolutamente elementari e routinarie, non integrate da un effettivo ap-porto didattico e formativo di natura teorica e pratica” (Cass. 11.5.2002, n. 6787); con lo stesso criterio, è stato giudicato illegittimo anche un contratto di apprendistato in cui non era stato fornito l’insegnamento necessario a far diventare il dipendente lavoratore qualificato nel cam-po di attività al quale si riferiva l’apprendistato stesso, in quanto il dipendente era stato impie-gato in altri compiti (Tribunale di Milano, 13.3.2002).

6.3.6 Casi di inadempimento non imputabile al datore di lavoro

Sulla base dei medesimi principi, è da escludersi l’attivazione di qualsiasi responsabilità in capo al datore di lavoro quando il mancato svolgimento della formazione è dovuto a carenza o inattività dell’offerta formativa pubblica (Ministero del Lavoro, circ. n. 27/2008, Tribunale di Monza 7.2.2008) ma anche in caso di comprovato rifiuto del lavoratore a svolgere il percorso formativo. In questa ipotesi, inoltre, si potrà procedere al licenziamento per giusta causa dell’apprendista. In ogni caso, sembra che il datore di lavoro abbia diritto al riconoscimento degli incentivi contributivi previsti per il contratto di apprendistato (v., per l’apprendistato alto, Circolare Ministero del Lavoro n. 2/2006, punto 7).

6.3.7 Attività di vigilanza sul contratto di apprendistato

L’art. 7 del Testo Unico assegna un ruolo di intervento rilevante agli ispettori di vigilanza, che possono intervenire durante il rapporto di apprendistato per correggere eventuali devia-zioni dal piano formativo individuale. La norma prevede infatti che gli ispettori, se rilevano ri-spetto a un contratto in corso l’inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, possono adottare un provvedimento di disposizione, ai sensi dell’articolo 14, D.Lgs. 23.4.2004, n. 124. Mediante questo provvedimento, gli ispettori asse-gnano un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.

6.3.8 Violazioni delle norme collettive

Il co. 2 dell’art. 7 del Testo Unico prevede una fattispecie sanzionatoria diversa da quella, descritta nel co. 1, collegata all’inadempimento degli obblighi formativi. La norma, infatti, pre-vede l’applicazione di una sanzione amministrativa specifica per ogni violazione delle norme dei contratti collettivi che danno attuazione ai principi previsti dall’articolo 2, co. 1, lettere a), b), c) e d).

È utile riepilogare quali sono questi principi: la forma scritta del contratto, del patto di pro-va e del piano formativo individuale(lettera a), il divieto di retribuzione a cottimo (lettera b), il sottoinquadramento (lett. c), e la presenza di un tutore o referente aziendale (lettera d).

Per ciascuna violazione delle norme collettive che regolano questi aspetti, la legge prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro.

In caso di recidiva la sanzione amministrativa pecuniaria varia da 300 a 1500 euro.

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114 Capitolo 6 - Limiti di utilizzo, incentivi e sanzioni

Apprendistato

Questa sanzione non si cumula con quella prevista dall’articolo 1, se sono concomitanti gli illeciti, in quanto la sanzione per la mancata formazione “assorbe”, essendo più grave, tale fattispecie.

REgIME SANZIONATORIO

Violazione presupposti sanzione

Inadempimento dell’obbligo formativo

L’inadempimento degli obbli-ghi formativi deve:

- impedire la realizzazione della finalità formativa del contratto

- essere imputabile esclusiva-mente al datore di lavoro

obbligo di versare una somma così calcolata:

- contribuzione versata, meno contribuzione dovuta per il livello superiore cui tendeva il contratto, il risultato viene moltiplicato per due

- la sanzione esclude qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione

In aggiunta alla sanzione contributiva, il rapporto si con-verte in un ordinario contratto di lavoro subordinato

Violazione delle norme col-lettive

Violazione di una o più norme del contratto collettivo in materia di:

- forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano formativo individuale

- divieto di retribuzione a cottimo

- sottoinquadramento

- tutor o referente aziendale

- sanzione amministrativa pe-cuniaria da 100 a 600 euro

- sanzione amministrativa pe-cuniaria da 300 a 1500 euro, per la recidiva

6.3.9 Conversione del rapporto

Alle sanzioni specificamente previste per la violazione degli obblighi formativi, se ne ag-giunge un’altra, non menzionata espressamente dal Testo Unico ma ricavabile dai principi generali civilistici.

L’art. 1428 c.c. dispone la nullità del contratto la mancanza di un elemento essenziale, e la conseguente – eventuale - conversione dello stesso in un diverso contratto del quale con-tenga i requisiti di forma e sostanza (art. 1424 c.c.). In virtù di tali principi, il contratto di ap-prendistato può essere trasformato dal giudice in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ove il rapporto in concreto si sia svolto con le caratteristiche tipiche di tale fattispecie. La nullità del contratto di apprendistato comporta la preclusione della possibilità di continuare il rapporto di apprendistato con lo stesso soggetto e per l’acquisizione della me-desima qualifica o qualificazione professionale (Ministero del Lavoro, circ n. 40/2004 e n. 2/2006).

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Apprendistato

Capitolo 7

nORME tRAnsItORIE E FInALI

L’art. 7 del testo Unico contiene alcune norme di raccordo che completano il dise-gno di riforma complessivo, mediante la disciplina di alcuni aspetti non secondari. Al-cune di queste norme le abbiamo già commentate nei precedenti capitoli, e pertanto in questa sede ci limitiamo ad analizzare sono quelle che non sono state già preventiva-mente discusse.

7.1 Definizione di enti bilaterali

7.1.1 Rinvio alla riforma Biagi

Il co. 5 dell’articolo 7 precisa cosa debba intendersi per “enti bilaterali”, ai fini del Testo Unico. Tali soggetti sono richiamati più volte nel Testo Unico. L’art. 2, co. 1, nella parte in cui reca la disciplina generale del contratto, prevede che il piano formativo possa essere redatto sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali. L’art. 3, co. 2, che regola l’apprendistato per la qualifica professionale, prevede alla lettera b) la possibilità di assegnare agli enti bilaterali l’or-ganizzazione della formazione aziendale. E ancora, l’art. 4, che regola l’apprendistato professionalizzante, assegna agli enti bilaterali la possibilità di definire, in concorso con le Regioni, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.

Per evitare che tali compiti siano svolti da soggetti privi di reale rappresentativa, il citato co. 5 stabilisce che gli enti bilaterali cui si fa riferimento sono soltanto quelli definiti all’articolo 2, co. 1, lett. h), del D.Lgs. n. 276/2003. In tal modo, si fa una selezione, includendo nel novero dei soggetti abilitati solo quelli istituiti su iniziativa delle organizzazioni datoriali e sindacali com-parativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale.

7.1.2 Compiti degli enti bilaterali

L’art. 2 della riforma Biagi, oltre a indicare tale criterio selettivo per individuare gli enti bilaterali, elenca una lunga serie di attività che possono essere svolte da questi soggetti, che vengono espressamente definiti come “sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro”. Tra le attività cui si fa riferimento, per quanto qui interessa, la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda. Come si vede, già nel disegno del 2003 gli enti bilaterali erano un soggetto che partecipa attivamente alla programmazione e alla gestione della formazione professionale.

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116 Capitolo 7 - Norme transitorie e finali

Apprendistato

ENTI bILATERALI

Fonti istitutive

organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro compa-rativamente più rappresentative

Compiti

- regolazione del mercato del lavoro

- promozione di una occupazione regolare e di qualità

- intermediazione nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro

- programmazione di attività formative

- determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda

- promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svan-taggiati

- gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito

- certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva

- sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro

- ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento

7.2 Abrogazioni

7.2.1 Concentrazione delle norme nel testo Unico

Il co. 6 dell’art. 7 elenca le norme che, con l’entrata in vigore del Testo Unico, sono abrogate. La scelta di denominare il provvedimento come testo Unico è indicativa della volontà del legislatore di concretare in questo testo legislativo tutte le norme che re-golano l’apprendistato, abrogando ogni altra disciplina vigente. Questo indirizzo trova attuazione con l’abrogazione integrale della Legge 19.1.1955, n. 25, che ha regolato per la prima volta l’apprendistato e che, anche dopo l’entrata in vigore della riforma Biagi, continuava a regolare alcuni aspetti della materia. Ovviamente, sono abrogate anche le norme della riforma Biagi (gli articoli da 47 a 53 del D.Lgs., n. 276/2003) che regolavano l’apprendistato.

Sono abrogati anche gli articoli 21 e 22 della Legge 28.1.1987, n. 56. Queste norme erano in gran parte state superate dalla riforma Biagi, ma ancora erano formalmente vigenti; alcuni principi ivi contenuti, peraltro, sono transitati nel Testo Unico (si pensi alla possibilità di regolare diversamente l’apprendistato per le imprese che svolgono la propria attività in cicli stagionali, o alle norme sui benefici contribuivi o sui criteri di computo).

Infine, viene abrogato anche l’articolo 16 della Legge 24.6.1997, n. 196, che regolava i contratti di apprendistato per i territori in cui ancora non aveva trovato attuazione la riforma Biagi, e fissava l’obbligo di svolgere 120 di formazione annuale all’esterno dell’impresa.

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Capitolo 7 - Norme transitorie e finali

Apprendistato

117

AbROgAZIONI

norme abrogate Oggetto

Legge 19.1.1955, n. 25 Disciplina generale dell’apprendistato

art. 21, Legge n. 56/1987 Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro, disciplina dell’apprendistato

art. 22, Legge n. 56/1987 Applicazione degli articoli 21 e 22 della legge n. 25 del 1955 in materia di contribuzione agevolata

art. 16, Legge n. 196/1997 Norme in materia di promozione dell’occupa-zione, disciplina dell’apprendistato

art. 47, D.Lgs. n. 276/2003 Disciplina generale sull’apprendistato

art. 48, D.Lgs. n. 276/2003 Apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione

art. 49, D.Lgs. n. 276/2003 Apprendistato professionalizzante

art. 50, D.Lgs. n. 276/2003 Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione

art. 51, D.Lgs. n. 276/2003 Crediti formativi

art. 52, D.Lgs. n. 276/2003 Repertorio delle professioni

art. 53, D.Lgs. n. 276/2003 Incentivi economici e normativi e disposizioni previdenziali

7.3 norme transitorie

7.3.1 termine di attuazione di 6 mesi e i contratti collettivi attuativi

Il co. 7 dell’art. 7 si preoccupava di garantire un’attuazione rapida e uniforme su tutto il territorio nazionale della nuova disciplina. Questa fase è risultata particolarmente difficile con la riforma Biagi, e anzi si può dire che proprio la sua mancata realizzazione ha portato alla necessità di riscrivere in profondità le regole della materia. Per evitare il ripetersi delle situa-zione del passato, la norma fissava un termine ultimo entro il quale sarebbe entrato in vigore il Testo Unito: 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

Tale termine scadeva il 25.4.2012; a partire da tale data, l’apprendistato è utilizzabile solo se esiste un contratto collettivo che vi ha dato attuazione (per la tipologia professionalizzante), oppu-re se a livello regionale è stata emanata una normativa attuativa (per la tipologia qualificante) o comunque è stata firmata una convenzione (per l’apprendistato di altra formazione e ricerca).

Questo adempimento è stato attuato solo in alcuni settori produttivi, per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante.

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118 Capitolo 7 - Norme transitorie e finali

Apprendistato

Uno degli accordi più importanti è quello interconfederale firmato il 18.4.2012 da Confin-dustria, Cgil, Cisl e Uil ha risolto, con poche ed efficaci norme, i problemi attuativi che poteva-no presentarsi a partire da domani per l’utilizzo di questo importante contratto di lavoro. L’in-tesa presenta diversi lati positivi. Il primo aspetto degno di nota è il suo ambito di applicazione, in quanto l’accordo rende utilizzabile l’apprendistato professionalizzante per tutto il settore industriale, anche prima che siano siglate le intese per i singoli comparti produttivi.

Si arriva a questo risultato adottando una griglia di regole (definite “cedevoli” e “sussidia-rie”) valide per i comparti privi di norme specifiche; queste regole sono immediatamente ap-plicabili e resteranno vigenti fino a quando non saranno definire le norme di comparto. Il se-condo aspetto di rilievo riguarda la struttura dell’accordo: per la prima volta dopo tanti anni in materia di apprendistato, si usano regole chiare, brevi e semplici. Non è un risultato da poco, in un ordinamento come il nostro che spesso è soffocato da norme troppo complesse. Il terzo aspetto degno di nota attiene ai contenuti: vengono regole coerenti con le attese del mercato del lavoro, che orienteranno la futura contrattazione collettiva.

L’intesa ribadisce che l’apprendista può essere sotto inquadrato fino a due livelli in meno rispetto alla categoria che spetterà quando avrà conseguito la qualifica. Inoltre, viene riba-dito l’obbligo di individuare, nel piano formativo, un tutor che sia dotato della competenza a svolgere tale ruolo. Regole molto importanti sono previste sulla durata del periodo di appren-distato. Come noto, al termine di tale periodo il datore di lavoro può recedere dal rapporto, mediante una normale disdetta, oppure può decidere di proseguire, e a tal fine non deve fare nulla. Per l’esercizio della disdetta, l’intesa prevede un preavviso di 15 giorni, prima della sca-denza.

Quanto alla durata massima del rapporto, l’accordo rinvia ai contratti già esistenti, preci-sando tuttavia che se gli accordi vigenti prevedono una durata superiore ai tre anni, il limite temporale si abbassa automaticamente al triennio (questa ipotesi è molto frequente, perché la legge Biagi consentiva un periodo di apprendistato più lungo di quello previsto dal Testo Unico). Viene poi approvato un modello di piano formativo individuale che dovrà essere utiliz-zato dalle parti del rapporto di lavoro per definire il percorso formativo che sarà svolto dall’ap-prendista. Tale percorso, secondo l’intesa, non potrà essere inferiore a 80 ore medie per anno, e potrà essere svolto anche on the job o con modalità in affiancamento. Infine, l’intesa approva un modello di attestato da usare per certificare l’attività formativa svolta; tale modello dovrà essere utilizzato fino a quando non sarà operativo il libretto formativo del cittadino (se mai si raggiungerà questo risultato, considerato che se ne parla dalla legge Biagi). L’intesa non si occupa dell’apprendistato per la qualifica, anche se le parti si sono impegnate ad incontrarsi entro il mese di luglio per definire con accordo interconfederale gli aspetti devoluta alla con-trattazione collettiva; si tratta di una scelta ragionevole, considerato che il ritardo delle Regio-ni non avrebbe comunque consentito di partire con la nuova tipologia contrattuale.

Anche i settori del commercio, dell’artigianato, degli studi professionali e delle Agenzie per il lavoro hanno siglato intese attuative, al pari della maggioranza delle altre categorie profes-sionali, e pertanto il contratto professionalizzante può ritenersi ormai applicabili in maniera quasi assoluta nell’intero mercato del lavoro.

7.3.2 Disciplina collettiva e offerta formativa pubblica

Il co. 7 dell’art. 7, oltre a stabilire il termine di 6 mesi per l’entrata in vigore delle norme del Testo Unico, si preoccupa di chiarire quanto già stabilito dall’art. 4, co. 3, in materia di forma-zione integrativa regionale per l’apprendistato professionalizzante.

La norma - chiarendo un principio desumibile già dall’art. 4 - stabilisce che la mancata approvazione dell’offerta formativa integrativa che devono organizzare le Regioni non im-

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Capitolo 7 - Norme transitorie e finali

Apprendistato

119

pedisce l’entrata in vigore delle norme dei contratti collettivi. Questa disposizione dovrebbe togliere ogni dubbio sulla capacità delle norme collettive di regolare l’apprendistato senza dover subire condizionamenti dagli eventuali ritardi delle Regioni.

7.4 norme attuative per la pubblica Amministrazione

7.4.1 Decreto attuativo del presidente del Consiglio

Il co. 8 dell’art. 7 stabilisce la procedura attuativa per fare entrare in vigore la riforma nel settore pubblico. Come già evidenziato, il Testo Unico, cancellando una limitazione presente nella riforma Biagi, prevede espressamente che il rapporto professionalizzante e quello di alta formazione e ricerca siano utilizzabili nel “settore pubblico”.

Il co. 8 definisce il percorso per dare concretezza a tale previsione. La norma assegna a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (da emanarsi su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione e del Ministro del Lavoro) il compito di disciplinare il reclutamento e l’accesso degli apprendisti al lavoro pubblico. Il decreto dovrà disciplinare anche “l’applica-zione del contratto di apprendistato per i settori di attività pubblici”. Il decreto dovrà essere approvato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del Testo Unico, e potrà essere emanato sono dopo aver sentito le parti sociali e la Conferenza unificata.

Fino all’emanazione di questo decreto, è da ritenersi preclusa l’applicabilità del Testo Uni-co nel pubblico impiego.

7.4.2 Disciplina applicabile per le imprese con più sedi

Il co. 10 dell’art. 7 fissa un principio più volte richiesto dalle imprese. Secondo la norma i datori di lavoro che hanno sedi in più Regioni possono fare riferimento al percorso formativo della Regione dove è ubicata la sede legale. Inoltre, le medesime imprese possono accentra-re le comunicazioni di assunzione nel servizio informatico dove è ubicata la sede legale. Que-sta disposizione, come accennato, è stata richiesta a gran voce dalle imprese, tanto da essere indicata come una delle misure condivise dalle parti sociali nelle linee guida comuni approva-te nel 2010, in quanto la frammentazione territoriale delle norme sull’apprendistato creava una situazione difficile da gestire sul piano aziendale per quelle imprese che hanno sedi in più territori. Tali imprese, infatti, erano costrette ad approntare modelli contrattuali e gestionali diversi da territorio all’altro e, spesso, decidevano di rinunciare all’utilizzo del contratto.

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La prima ondata di rinnovi contrattuali lascia intendere che il momento della svol-ta, dopo anni di discussioni tecniche, è vicino: i primi accordi collettivi, infatti, re-golamentano la materia in modo semplice ed efficace e le Regioni sembrano aver compreso che il loro ruolo deve essere soprattutto quello di soggetti che erogano la formazione di supporto a quella resa dalle aziende.

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