la gazza ladra - numero zero

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LA GAZZA LADRA LA FORZA DEI NOSTRI VENTANNI LA VIVA SPERANZA DI UN FUTURO LONTANO 0 L’intervista ai presidenti delle goliardie pratesi a cura di Lorenzo Colle Mussà, l’odissea di un immigrato dal Senegal all’Italia di Gabriele Nunziati La chiusura del Gufo e di Equilibri e l’emergenza culturale del centro città di Sara Bichicchi LAGORÀ DEL COPERNICO Una settimana di forum e incontri, da Lorenzo Baglioni a Francesco Ciampi di Gaia Vaniglia Tomassoli MEDIOEVO DELLE LIBRERIE PRATESI FILIPPO MAZZEI SANFRA CLAUDIO IMPRUDENTE APPUNTAMENTO COL DIVANO GOTTFRIED VON CRAMM VIA DEI TINTORI SHERLOCK CARLO LIVI OROSCOPO IGNORANTE LA RIVISTA UNDER 21 DEGLI STUDENTI PRATESI

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Il primo numero della rivista Under 21 degli studenti pratesi. Un progetto coordinato dalla rivista L'Eco del Nulla

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LA GAZZA LADRA

LA FORZA DEI NOSTRI VENT’ANNI

LA VIVA SPERANZA DI UN FUTURO LONTANO

0

L’intervista ai presidenti delle goliardie pratesia cura di Lorenzo Colle

Mussà, l’odissea di un immigrato dal Senegal all’Italiadi Gabriele Nunziati

La chiusura del Gufo e di Equilibri e l’emergenza culturale del centro cittàdi Sara Bichicchi

L’AGORÀ DEL COPERNICOUna settimana di forum e incontri, da Lorenzo Baglioni a Francesco Ciampi

di Gaia Vaniglia Tomassoli

MEDIOEVO DELLE LIBRERIE PRATESI

FILIPPO MAZZEI • SANFRA • CLAUDIO IMPRUDENTE • APPUNTAMENTO COL DIVANO

GOTTFRIED VON CRAMM • VIA DEI TINTORI • SHERLOCK • CARLO LIVI • OROSCOPO IGNORANTE

LA RIVISTA UNDER 21 DEGLI STUDENTI PRATESI

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FEDERINFORMATORI, IDEE IN MOVIMENTO A TUTELA DEGLI INFORMATORI SCIENTIFICI DEL FARMACO

[email protected]

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Giovedì 3 settembre – Cortile del CiCoGnini-rodari

Tutto cominciò in quello che sembrava un normale pomeriggio settembrino. Era caldo e il sole splendeva alto fino a spaccare l’asfalto delle viuzze di Prato. Ma nell’aria si avvertiva un’insolita brezza: avete presente i giorni precedenti al traumatico rientro tra i banchi, quando, nonostante l’abbronzatura, la vita che anima il centro ed il bel tempo, avete sempre un’ottima scusa per poter essere ansiosi, stufi e arrabbiati, e si percepisce quel senso d’imminente catastrofe? Il nostro amato fondatore Gabriele Nunziati, vittima di tale controversa atmosfera che caratterizza il periodo pre-scuola, si è sentito libero di poter esprimere qualunque folle idea attraversasse la sua mente. Gabriele, infatti, si è sentito autorizzato ad alterare la già precaria tranquillità dell’attuale rappresentante del Cicognini-Rodari (nonché direttore del giornalino scolastico di tale illustre scuola) proponendogli un altro giornalino, che comprendesse non un unico istituto superiore, bensì tutti quelli presenti sul territorio pratese. L’audace idea, che inizialmente sembrava impossibile da realizzare, venne presa in considerazione più seriamente e coltivata tra coraggio ed imprudenza dall’abile Nunziati, che si confrontò con l’intrepida spalla destra Mattia Martire e con un’ardita giovincella di nome Marta Logli. Fu così che il visionario progetto ebbe inizio.

sabato 5 settembre – Capezzana

I tre s’innamorarono così presto dell’idea di creare un’ampia rete di comunicazione e confronto tra i giovani di Prato, che decisero d’immolare in nome della causa il sabato sera ed approfittare della compagnia di altri ragazzi per coinvolgere nuove menti: adocchiarono subito un giovane brillante, Federico Lo Iacono, che accettò subito e volentieri di partecipare.

ottobre – Casa Clara Tra inizio Settembre e metà Ottobre i quattro si mobilitarono per trovare altri interessati alla collaborazione. Entrò nella redazione la briosa Clara Mayer, che colta dall’irrefrenabile entusiasmo invitò tutti quanti a cena a casa sua: tra gli ospiti Andrea Caciagli, direttore della rivista L’Eco del Nulla, che stava seguendo i ragazzi nel progetto. Il percorso verso la dimora Mayer fu travagliato, ma nonostante i segnali stradali fuorvianti, le multe e il fato avverso, i giovani non abbandonarono la via e giunsero in quello che sarebbe stato il focolare di un progetto rivoluzionario.

novembre – miraGlietto Non avendo ancora una sede ufficiale, i giovani giornalisti erano soliti riunirsi clandestinamente nei

bar. In uno di questi vennero scelti altri membri di quella che è la redazione de La gazza ladra di oggi. Clara aveva appena annunciato la sua spiacevole partenza per Parma, perciò a sostituirla subentrò una giovane scrittrice, Gaia Taiuti, e assieme a lei, una studentessa interessata al giornalismo, Chiara Pacini. Ancora tristi per la partenza di una dei cinque, i ragazzi e le due nuove adepte proseguirono infaticabili.

Giovedì 3 diCembre – biGonGe Tutto sembrava proseguire per il meglio, occorreva soltanto informare i giornalisti delle scuole coinvolte – Cicognini-Rodari, Copernico, Cicognini Convitto e Livi – dei compiti che avrebbero dovuto svolgere. Per cui la redazione della Gazza incontrò tutti quanti i partecipanti: un tripudio d’arte ed efficienza tra giornalisti e fotografi, disegnatori e scrittori. Il cammino da intraprendere era arduo e la meta ancora lontana, ma la speranza contagiò i compari e il progetto somigliava sempre di più ad una rivista vera e propria. La gazza ladra acciuffava e portava nel suo nido ogni giorno nuove perle.

sabato 27 febbraio – sede della Gazza

I membri rimasero increduli quando fu finalmente individuata una sede nella quale potersi incontrare senza dover fare un maniacale consumo di caffè al solo scopo di non venire cacciati dal bar di turno. La sede, piccola ma accogliente, è la Casa della Rivista, luogo di ritrovo delle giovani riviste pratesi L’Eco del Nulla e A few words. Dunque cosa mancava adesso all’appello? C’erano ormai una sede, molti geniali e giovani scrittori e una redazione volenterosa di iniziare; tuttavia, l’astiosa burocrazia richiese più tempo del previsto. In ogni caso i nostri non si dettero per vinti, e tra iscrizioni, pagamenti e telefonate alle copisterie, giunsero alle ultime tappe.

maGGio – prato

In questo che è l’ultimo mese della fatidica preparazione del giornale che state tenendo in mano, i nostri scrittori hanno collaborato con Matteo, un giovane grafico del Cellini-Tornabuoni di Firenze, senza il quale La gazza ladra non sarebbe la rivista che state per sfogliare, e che da oggi in poi troverete a giro per la nostra amata Prato e in tutte le sue scuole superiori. Quello che state per leggere non è un giornale qualsiasi, ma un sogno di menti giovani e curiose, ragazzi inesperti ma terribilmente affiatati, che hanno attraversato peripezie automobilistiche e culinarie e che hanno investito in bar e multe per giungere qui oggi: speriamo vivamente che vi piaccia.

LA GAZZA LADRA

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Via Mazzini, 4 Prato

0574 60503318 - 23DOM

MAR - SAB18 - 2412 - 15

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EDITORIALELa gazza ladra è un giornale che ha l’obiettivo di creare coesione fra le varie realtà scolastiche presenti nell’area pratese e che vuole dar voce al pensiero dei giovani, giovani che troppo spesso la società considera spenti e senza iniziativa. Questo nostro progetto è l’evidente dimostrazione che la realtà è ben diversa. Siamo solamente al primo numero di questa rivista ma la redazione è già composta da 20 menti brillanti proveniente da quattro contesti scolastici differenti - Liceo Classico F. Cicognini, Convitto Cicognini, Liceo Copernico, Liceo Carlo Livi. Partiamo con la partecipazione di quattro istituti, ma con la consapevolezza e la certezza che un giorno la nostra redazione comprenderà ragazzi e ragazze provenienti da tutte le scuole superiori pratesi, dai tecnici, dai professionali e dai licei. Il giornale, dal punto di vista contenutistico, cerca di spaziare il più possibile trattando dei più vari argomenti (attualità internazionale e nazionale, interviste, articoli satirici ecc.). La realizzazione di questo progetto ha richiesto un lavoro non da poco ma possiamo dirci contenti e soddisfatti di ciò che ne è nato.

PRATO

MONDO

INTERVISTE

Il paradosso dI daesh

Edoardo Chiais

Il rap deglI N.W.a e Il razzIsmo NeglI statI UNItI

Siria Toccafondi

la forza deI NostrI veNt’aNNI

Lorenzo Colle

prato e Il CarolIbrI

Giulia Cuzzavaglio e Marta Logliin collaborazione con NEXT

l’agorà del CoperNICo

Gaia Vaniglia Tomassoli

la vIva speraNza dI UN fUtUro loNtaNo

Gabriele Nunziati

storIe dI vIta: INtervIsta a fIorello fIoravaNtI

Mattia Martire

medIoevo delle lIbrerIe pratesI

Sara Bichicchi

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PRATO STORIAI prImI della Classe: Carlo lIvI

vIa deI tINtorI

Gaia Taiuti

Il pratese Che CambIò la storIa amerCaNa

Federico Lo Iacono25

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Il baroNe CoN la raCChetta

Lorenzo Colle

la logICa della leNtezza

Chiara Pacini

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30 appUNtameNto Col dIvaNo

Michele Visconti

CUltUra IN pIllole

Nesi, Lo Iacono, Gregoriardi, Bichicchi, Colle28

pIatto rICCo mI CI fICCo Federico Lo IaconoloNely prato Giovanni Abati

orosCopo IgNoraNte

Giovanni Abati

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DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Caciagli

COMITATO DI REDAZIONE Gabriele Nunziati Federico Lo Iacono

Mattia Martire Marta Logli Gaia Taiuti

Chiara Pacini

SEGRETARIA DI REDAZIONE Serena Mannucci

REDATTORI

Giovanni Abati Sara Bichicchi Edoardo Chiais Lorenzo Colle

Demetra Gregoriardi Bianca Nesi

Valentina Saccomando Siria Toccafondi

Gaia Vaniglia Tomassoli Michele Visconti

FOTOGRAFIE Francesca Gelli Teodoro Guerrini Matilda Martini

ILLUSTRAZIONI Regina Boccardi

I ritratti degli autori sono di

Andrea Barattin

GRAFICA Matteo Fiorino Sara Becagli

CONTATTI

[email protected] 3348268173

La gazza ladra è un progetto coordinato da L’Eco del Nulla

www.ecodelnulla.it

Page 6: La gazza ladra - Numero Zero

ASSOCIAZIONE SDC ARCAVIA EMILIO GIUBILEI, 18 - 59100 PRATO

tel. e fax: 0574 468308 www.arcaprato.it - [email protected]

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Supposizioni e illazioni d’ogni sorta si incrociano nel dibatti-to pubblico quando si tenta di analizzare in maniera analiti-ca e su base storiografica il fe-

nomeno, se tale può essere definito, di Daesh. Vi sono molti cittadini interessa-ti a tematiche di carattere geopolitico, oltre che esperti in materia, che perce-pisce Daesh come una creatura gene-rata dal caos imperante nella regione mediorientale sin dal ritiro americano dall’Iraq. Questo ripiegamento non è stato altro che il più lampante esempio di come la fine dell’ordine bipolare, nuove determinanti scoperte in ambito tecnologico e l’interconnessione globa-le garantita dal web e altre information technologies abbiano irrimediabilmen-te modificato non solo l’assetto geo-politico del pianeta, ma il significato stesso di ordine mondiale. Per quanto lo sviluppo economico e tecnologico abbia trasformato il mondo intero in un villaggio globale, in linea teorica più semplice da gestire, oggi ciò che è realmente assente è una forma di governo di questo villaggio, e, se ci illudiamo che le grandi potenze pos-sano ancora dargli una forma di ordi-ne, erriamo. Gli Stati Uniti nel contesto odierno sono ciò che più si avvicina al concetto di impero planetario, eppure essi stessi hanno dovuto trovare solu-zioni alternative all’ingerenza militare nelle aree del terzo mondo, limitandosi quindi più a subire la realtà adeguan-dosi alle sue esigenze che a plasmar-la. Inoltre, avendo conseguito grazie allo Shale oil l’autonomia energetica, gli americani considerano il Medio Oriente un teatro secondario per i loro interessi al momento. Preferiscono fa-vorire l’integrazione con i paesi del sud-est asiatico al fine di contenere la Cina (vedi Ttp), piuttosto che avviare

un vano e dispendioso impegno milita-re nei deserti orientali per stabilizzare l’area sconvolta da una guerra intesti-na tra Sciiti e Sunniti, guerra che di fatto non è altro che l’incrocio poten-zialmente devastante delle ambizioni egemoniche di Turchia, Arabia Saudi-ta e Iran (oltre che di quelle di Putin e della Federazione Russa, che mira a ristabilire una propria influenza nell’a-rea). A nord-ovest, come se non bastas-se, l’Unione Europea, divorata dalle proprie contraddizioni interne derivanti da un assetto istituzionale incompleto, non ha la forza sufficiente per imporre quello che dovrebbe essere il suo ruolo di potenza pacificatrice. Questa deva-stante commistione di fattori fa sì che la periferia del villaggio sprofondi nel caos e che il centro di questo, rappre-sentato dai paesi sviluppati, si trasfor-mi in meta di salvezza per coloro che sfuggono dalla barbarie e in bersaglio per coloro che strumentalizzano l’im-magine dell’Occidente come causa di tutti i mali. Ma questo cosa c’entra con il Califfato e le sue mire? La risposta è di una semplicità disarmante, poiché il Califfato e il suo impianto ideologico sono figli di questo mondo allo sfascio. Tendiamo a vederlo come un acerrimo nemico di tutto ciò che abbiamo costru-ito. Il fallimento delle correnti di pensiero occidentale nel mon-do musulmano ha portato alla fine del ’900 inteso come assetto politico e sociale, provocando l’emergere di organizzazioni che si pongono come obiettivo l’abbattimen-to delle frontiere stabilite da Sykes-Picot nel 1916-17 poco tempo prima del-la caduta dell’Impero Ottomano, da Francia e dall’allora Impero Britannico. Isis o Daesh non è altro che una sorta di franchising del terrore che riunisce sotto la sua bandiera organizzazioni talvolta diametralmente opposte, ma che combattono per un obbiettivo co-mune: riunificare il mondo sunnita sotto

l’egida dell’identità mitica del Califfato per poi combattere i suoi nemici stori-ci, gli Sciiti e ovviamente, noi. Illudersi non serve a niente, le classi dirigenti devono affrontare il problema di petto sostenendo quella minoranza del mon-do musulmano che crede nella libertà e in un modello assimilabile a quello di una società laica, in particolare paesi come la Tunisia, l’Algeria o il Marocco. Oltretutto la sorveglianza deve essere incrementata in tutti i contesti, in par-ticolare quello del web, dove Daesh combatte un conflitto fatto di disinfor-mazione e propaganda per indebolire la nostra determinazione nell’annientar-lo, e lo fa sfruttando i nostri stessi mez-zi di comunicazione. E da ultimo, ma non meno importante, l’Europa deve dotarsi di una forza militare comune per affrontare le crisi internazionali in maniera adeguata sopperendo all’as-senza degli Stati Uniti in certi teatri per noi vitali come il Mediterraneo. Baste-rebbe impiegare i nostri battlegroups attivamente, scopo per cui sono stati concepiti. Se non si agirà in tale dire-zione temo che la popolarità di Daesh

crescerà a dismisu-ra in tutto il mondo sunnita, rendendo un intervento sem-pre più improbabile se non impossibile e trascinando di nuovo la nostra ci-viltà e quella islami-ca nell’arena dello scontro frontale, op-ponendo così due

modelli diametralmente differenti di so-cietà: una preda del nichilismo e l’altra del fondamentalismo. Sarà bene che ce lo mettiamo in testa, è una guerra che stavolta potremmo anche perde-re, soprattutto culturalmente, poiché se loro oppongono una fede incrollabile nei loro valori alla nostra superiorità tecnologica, economica e militare, noi rispondiamo con una schiera di individui deboli, confusi, senza più al-cun punto di riferimento e che hanno completamente perso di vista i propri valori.

IL PARADOSSO DI DAESH

EDOARDO CHIAISCONVITTO NAZIONALE F. CICOGNINI

Il fallimento delle correnti di pensiero occidentale nel mondo musulmano ha portato alla fine del ’900 inteso come assetto politico e sociale, provocando l’emergere di organizzazioni che si pongono come obiettivo l’abbattimento delle frontiere

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Al termine della presidenza di Jimmy Carter, i sogni ide-alistici americani degli anni ’60 erano ormai logorati dall’inflazione, dal tumulto

della politica estera e del sempre più crescente tasso di criminalità. In rispo-sta a questo andamento, durante gli anni ’80 molti americani decisero di abbracciare un nuovo tipo di conser-

vatorismo sia in campo sociale, sia economico e politico, caratterizzato dalle linee di condotta prese dal ne-oeletto presidente Ronald Reagan. Questo periodo è da molti ricordato a causa del materialismo e consumismo che presero piede come vero e proprio stili di vita, incarnati dagli yuppie: per-sone con un’educazione universitaria e con un buon lavoro, che potevano permettersi un ottimo tenore di vita e la cui unica preoccupazione era quel-la di fare soldi e comprare ogni sorta di bene di consumo, il vero e proprio simbolo di questo decennio negli Stati

Uniti. Ma gli anni ottanta non furono solo yuppie e conservatori, Michael Jackson e Madonna: assolutamente no. Fu proprio all’inizio di questo de-cennio che si costituì uno dei più im-portanti e significativi gruppi hip hop che è possibile ricordare, gli N.W.A. Questo gruppo, composto da alcuni dei più noti rapper e MCs della storia della musica hip hop come Dr. Dre, Ice Cube, Eazy E, MC Ren, fu un’assoluta e incredibile novità che sconvolse non solo la sfera discografica, ma l’Ame-rica intera. Con i loro testi di prote-sta, che non nascondevano nulla, ma

IL RAP DEGLI N.W.A E IL RAZZISMO NEGLI STATI UNITI

SIRIA TOCCAFONDILICEO CLASSICO F. CICOGNINI

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proiettavano la loro dura realtà come minoranza – erano tutti di origine afro-americana – riuscirono a farsi sentire e a creare una vera e propria protesta sociale, abbracciata da più di dieci milioni di americani: più o meno fu questo il numero di copie vendute dal loro primo album Straight Outta Comp-ton. L’album segnò ufficialmente la na-scita di un nuovo genere comunemente conosciuto come “gangsta rap”, con la sua profanità e i suoi testi aggressivi che ne costituiscono la firma; da molti critici musicali e scrittori, fu considera-to un album rivoluzionario, addirittura pionieristico per l’impatto che ebbe sul mondo hip hop di tutta la West Coast. I testi descrivevano con toni sarcastici a volte, ma soprattutto violenti e crudi, la vita condotta dal gruppo stesso nella loro città, Compton, e la realtà di altri sobborghi di Los Angeles; sottoline-ando la normalità di un’adolescenza passata tra lo spaccio di droga, pistole in tasca e discriminazione razziale, gli N.W.A. glorificavano la violenza e il riunirsi in gang, a significare che nel-la realtà in cui erano cresciuti, l’unico modo per sopravvivere era farsi valere a suon di colpi di pistola. Questa loro interpretazione della violenza come unica via di giustizia portò molte criti-che al gruppo, li costrinse molto spesso a censurare le loro canzoni e in molte radio non furono mai passati i loro pez-zi. Ma il vero e proprio scandalo, che alzò un polverone tale da valere una lettera scritta e mandata direttamente dalla famigerata FBI, sorse con la can-zone Fuck Tha Police. Senza bisogno di traduzioni, già dal titolo si può ben capire come mai questo brano fu lar-gamente discusso e criticato, anche se al gruppo valse il 425° posto nella lista stilata da Rolling Stones delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi. Il brano Fuck Tha Police è la canzone di prote-sta sociale per antonomasia: la struttu-ra del testo fu composta come parodia di un processo in tribunale, in cui Dr. Dre impersona il giudice che ascolta la causa penale contro un poliziotto; il brano procede con le testimonianze degli altri componenti del gruppo e con le accuse contro l’imputato. Que-sto approccio incredibilmente diretto del testo diede la possibilità al gruppo di criticare aspramente, punto per pun-to, tutto ciò che c’era di sbagliato nel corpo di polizia locale e nella società americana, che vedeva ormai come normalità i contrasti tra la gioventù suburbana nera e le forze di polizia. Alla fine degli anni ottanta, il profiling razziale e la discriminazione erano a livelli altissimi, soprattutto dopo il boom

che aveva avuto lo spaccio di crack nel 1986. La canzone parla proprio di questo, dei pregiudizi che gran parte degli agenti di polizia bianchi ameri-cani avevano, quando camminavano per strada e vedevano un adolescente di colore camminare con aria sospetta; era facile per loro saltare a conclusioni affrettate, credere che quel ragazzino stesse sicuramente trafficando droga sotto il naso di quel poliziotto: questo gli bastava per sentirsi in dovere mo-

i nomi di coloro che hanno dedicato la loro esistenza alla battaglia per i diritti dei neri nella loro madrepatria: Rosa Parks, Martin Luther King, Malcolm X, e insieme a questi celebri nomi molti altri, proprio come gli N.W.A. che posso essere inseriti in questa lista anche solo per aver costituito una testimonianza e aver riportato fedelmente la realtà della loro condizione attraverso la loro musica, una musica che ha pervaso le radio e le case di milioni di persone, aprendo gli occhi su cosa vuol dire essere un nero nei grandiosi e liberi Stati Uniti d’America. Probabilmente, nessuno degli eroi della resistenza an-tirazziale si sarebbe immaginato che a distanza di sessanta, cinquanta, trent’anni ciò che avevano professato e ciò per cui avevano combattuto a costo della propria vita si sarebbe va-nificato, sarebbe andato a disperdersi nel vento come parole bisbigliate in un deserto, in questo caso costituito da cit-tadini con le menti chiuse: il 9 Agosto 2014 Michael Brown, un diciottenne afroamericano disarmato, è stato ucci-so, da molteplici colpi di pistola, spa-rati a sangue freddo da un agente di polizia del dipartimento di Ferguson, Missouri, senza un motivo fondato. Ecco il fatto, un’incredibilmente vicina testimonianza di ciò di cui parlavano gli N.W.A. nei loro testi. Ingiustizia. Darren Wilson, il poliziotto che ha ucciso Brown è stato rimandato a giu-dizio. Violenza ingiustificata: Brown era un adolescente disarmato, ucciso solo tre minuti dopo il suo incontro con l’agente. Discriminazione: chissà se le cose sarebbero andate diversamente, se Michael Brown fosse stato bian-co. Molti sono i casi simili a quelli di Brown che negli anni si sono susseguiti e sono rimasti all’oscuro della stampa e dei notiziari; questa è una realtà che da anni tormenta gli Stati Uniti e questa etnia, un’etnia che da troppi anni è or-mai integrata nella società americana per essere chiamata minoranza, per essere ancora discriminata.

MackleMore & ryan lewis - white Privilege ii, 26 gennaio 2016

A young nigga got it bad cause I’m brown And not the other color so police think

They have the authority to kill a minority

A un giovane negro è andata male perché io sono nero

E non dell’altro colore, così la polizia pensa Di avere l’autorità di annientare una minoranza

White supremacy is our country’s lineage, designed for us to be indifferent

My success is the product of the same system that let off Darren Wilson – guilty

We want to dress like, walk like, talk like, dance like, yet we just stand by

We take all we want from black culture, but will we show up for black lives?

La supremazia dei bianchi è il lignaggio del nostro Paese, progettato affinché noi rimaniamo indifferenti Il mio successo è il prodotto dello stesso sistema

che ha rilasciato Darren Wilson – colpevole Ci vogliamo vestire, camminare, ballare come loro,

ma rimaniamo a guardare Prendiamo ciò che vogliamo dalla cultura nera, ma

daremo supporto alle vite dei neri?

rale di violare fisicamente quell’adole-scente, di picchiarlo, di sbatterlo in ga-lera, anche se non aveva alcun motivo per avercela con quel ragazzo, dove-va fargliela pagare, era questione di principio. Gli N.W.A. proclamavano con toni duri, spesso non condivisibili, la violenza con cui era necessario re-agire agli abusi delle autorità sulle mi-noranze; nei loro testi, proprio come in Fuck Tha Police le controversie furono molte proprio a causa del fatto che il gruppo professava aggressività e azio-ni violente contro il corpo di polizia, li minacciava di morte senza mezze mi-sure, accusandoli di nascondersi dietro un distintivo e un’uniforme per sentirsi autorizzati a toccarli o addirittura entra-re in casa loro senza un mandato. La discriminazione razziale in America è sempre stata radicata irreversibilmente nell’assetto sociale, come un’erbaccia da estirpare, che ha radici troppo lun-ghe per potersene andare. Molti sono

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Uno scorcio della facciata della chiesa di San Francesco (da destra, posizione obelisco), che sovrasta l’omonima piaz-za, gettonato luogo di ritrovo per molti giovani pratesi a qualsiasi ora del gior-no. Della chiesa - alquanto rilevante per essere stata la prima chiesa nell’area pratese a essere costruita, tra il 1282 e il 1331, in mattoni anziché in pietra - è affascinante, nella sua semplicità e sobrietà, la facciata in stile romanico-go-tico a fasce alterne di pietra alberese e serpentino, che creano un suggestivo gioco cromatico dell’architettura dell’a-rea tra Prato e Pistoia; questa alternanza cromatica culmina nella cornice del ro-sone, per poi ripetersi, ma in modo più attenuato, nella cornice circolare all’in-terno del timpano, alla base del quale un occhio ben allenato potrà leggere l’iscri-zione “DEVS SVPER OMNIA”.

CHIESA DISAN FRANCESCO

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MATILDA MARTINILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

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404 - FACE NOT FOUND

LA FORZA DEI NOSTRI VENT’ANNI

LORENZO COLLELICEO CLASSICO F. CICOGNINI

Prato è una città nella quale è profondamente radicato un grande spirito goliardico. Non a caso vanta un altissimo numero di club, praticamente ogni scuola superiore ne ha uno. Nonostante ciò, non tutti conoscono bene questa realtà, motivo per cui abbiamo pensato bene di fare un po’ di luce sulla questione. E chi meglio dei presidenti dei vari club pratesi

poteva aiutarci a disegnare un ritratto della goliardia? Così li abbiamo riuniti – con l’unica eccezione dallo storico club delle Pagliette, il cui presidente non ha voluto rispondere alle nostre domande – ed è nata quest’intervista multipla, per cancellare un po’ di pregiudizi verso il mondo goliardico.

Di che club sei il presidente?Io sono presidente del Goliardicus et Economicus Club Fenici, gruppo goliardico legato all’istituto Gramsci-Keynes.

In che anno è stato fondato il tuo club?Le Fenici nacquero quattro anni dopo la scuola, e vissero fino al 2012, anno in cui il club fu “congelato” per mancanza di nuovi iniziandi, finché nel 2015 io e l’attuale vicepresidente ci siamo adoperati per contattare gli ex membri del club e chiunque della nostra scuola avesse voluto far parte di un gruppo goliardico, rifondando il Club da zero.

Descrivi cos’è per te la goliardia in tre parole.Le tre parole che meglio descrivono la

goliardia secondo me sono gioventù, fratellanza e tradizione. Sono tre parole che si addicono anche alla mia personalità.

Ok, adesso usa le tre parole che davvero descrivono la goliardia per te.Quelle di prima vanno benissimo.

Il miglior pregio di un goliarda?Senz’altro lo spirito goliardico.

Il peggior difetto?Insultare e non rispettare la goliardia.

Se dovessi cambiare club, quale sceglieresti e per quale motivo?Partendo dal presupposto che sono e rimarrò sempre una goliardicissima Fenice, se proprio dovessi, entrerei solo nel Chiavaccio [l’ordine universitario pratese, ndr], Club a cui mi sono rivolto per poter apprendere tutto ciò che si deve sapere sulla goliardia, che con grande spirito di fratellanza ha partecipato a moltissime nostre cene e riunioni prendendoci sotto la propria ala. Un motivo ulteriore per il quale entrerei nell’Eroticus et Cencioso Chiavacci Ordo è che ben due miei parenti stretti sono stati presidenti di questo Club e poter continuare questa “dinastia” sarebbe veramente bello.

Spesso veniamo additati come scansafatiche o casinisti. Cosa diresti a chi ci ritiene dei perdigiorno?In questo ambito s’incontrano tante persone, tanti ragazzi che hanno una voglia matta di divertirsi, di mettersi in

gioco e di sfruttare al massimo ogni secondo di gioventù; e questo va al di là di tutto, non conosce limiti di età, sesso, razza, nulla di nulla. E non si può non rimanere affascinati da questo mondo e dalle persone che lo mantengono vivo da centinaia di anni. Chi pensa che siamo solo dei vandali perdigiorno lo fa perché ignora tutto ciò che accade dietro le quinte di un gruppo goliardico ed è invidioso dei sorrisi stampati perennemente sui nostri volti, della nostra vitalità e dei nostri vent’anni, perché è una delle regole più importanti: i goliardi hanno sempre vent’ anni, anche quando ne hanno di più. E se divertirsi ed essere spensierati deve essere una colpa, che mi giudichino pure.

404 - FACE NOT FOUND

FENICI, GRAMSCIMatteo Lana

FRANCESCA GELLIFOTO

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Di che club sei il presidente?Del Goliardicus Club Kopernicanae Tube.

In che anno è stato fondato il tuo club?Nel 1969.

Descrivi cos’è per te la goliardia in tre parole.Stile di vita.

Ok, adesso usa le tre parole che davvero descrivono la goliardia per te.Potrei dire le solite “figa, tabacco e alcol” ma sarei banale, dunque dico “bombole a pressione”.

Il miglior pregio di un goliarda?Sicuramente l’estro e la spensieratezza nell’affrontare persone e problemi.

Il peggior difetto?La cirrosi epatica.

Se dovessi cambiare club, quale sceglieresti e per quale motivo?Non cambierei club per nessun motivo… “E se non fossi Tuba non vorrei esser venuto al mondo”.

Spesso veniamo additati come scansafatiche o casinisti. Cosa diresti a chi ci ritiene dei perdigiorno?Dico che le voci che girano sulla goliardia sono tante ma di vero c’è ben poco, noi ragazzi di Prato abbiamo la fortuna di vivere in una città con una longeva tradizione goliardica, è un’occasione irripetibile e poche città oltre la nostra concedono le stesse possibilità, non ci sono motivi per non provare. In una società fatta di pregiudizi e apparenze la goliardia è un’esperienza unica che consiglierei vivamente: insegna un nuovo modo di vivere e di relazionarsi, e tira fuori la vera natura di ogni persona. Non c’è modo di spiegarlo a parole, può solo essere vissuta.

Di che club sei il presidente?Dovresti saperlo – risponde ridendo – comunque sono il presidente del Club Goliardicus Ciconiae Liceii Classici.

In che anno è stato fondato il tuo club?Nel 1973 e rifondato il 21 dicembre 2007 dopo un periodo di inattività.

Descrivi cos’è per te la goliardia in tre parole.Squadra, allegria, regole.

Ok, adesso usa le tre parole che davvero descrivono la goliardia per te.Tube merda sempre.

Il miglior pregio di un goliarda?Il coraggio nel fare cose stupide.

Il peggior difetto?Il coraggio nel fare cose stupide.

Se dovessi cambiare club, quale sceglieresti e per quale motivo?Non cambierei mai club, perché sarebbe rinnegare un percorso lungo anni. Si gioisce però della goliardia fatta dagli altri, quando la fanno, perché per un goliarda è sempre meglio fare goliardia in un contesto il più possibile goliardico.

Spesso veniamo additati come scansafatiche o casinisti. Cosa diresti a chi ci ritiene dei perdigiorno?Direi che hanno terribilmente ragione, ma che da secoli le persone trovano gioia nel perdere tempo e far casino. Non voglio fare digressioni storiche o esempi, ma cercateli. L’ho letto, ve lo giuro!

CICOGNE, CICOGNINILorenzo tinagLi

TUBE, COPERNICOnicoLa DeL Bravo

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Di che club sei il presidente?Sono la presidentessa del gruppo goliardico Leon-Gazzelle del Liceo Livi.

In che anno è stato fondato il tuo club?Il club è stato rifondato nel 2004.

Descrivi cos’è per te la goliardia in tre parole.Banalmente rispondo Bacco, Tabacco e Venere.

Ok, adesso usa le tre parole che davvero descrivono la goliardia per te.Per me però è amicizia, divertimento e sbronze (tante sbronze).

Il miglior pregio di un goliarda?Beh, il miglior pregio di un goliarda è fregarsene di tutto e di tutti, dei giudizi e pregiudizi e continuare a fare il suo.

Il peggior difetto?Il “difetto” è che abbiamo un po’ la sindrome di Peter Pan… Non cresceremo mai.

Se dovessi cambiare club, quale sceglieresti e per quale motivo?Non puoi chiedermelo davvero dai – afferma ridendo – non lo cambierei per nessun motivo.

Spesso veniamo additati come scansafatiche o casinisti. Cosa diresti a chi ci ritiene dei perdigiorno?Direi che solo perché un ragazzo appartiene a un gruppo goliardico, solo perché ha degli amici e un forte sentimento di attaccamento e appartenenza alla propria scuola non può essere definito tale. E poi, anche se fosse? La spensieratezza che abbiamo

quando siamo tutti insieme, quei sorrisi stampati in faccia che ci fanno additare come “casinisti e scansafatiche” sono gli stessi che fanno invidia alle persone che ci definiscono così. E un giorno perso non è sicuramente quello passato con gli amici a ridere e a vivere.

Con questa intervista spero di avervi mostrato quello che è il vero volto della goliardia e dei ragazzi che ne fanno parte. Giovani, ragazzi e ragazze, che vogliono divertirsi e vivere la vita, perché si è giovani una volta sola; frase tanto scontata quanto vera. Spero inoltre di aver rimosso un po’ di pregiudizi, e se mai qualche ragnatela di dubbio fosse rimasta negli angoli delle vostre menti, colgo di nuovo l’occasione e lo spazio che mi sono stati concessi per invitare voi lettori a non dubitare di un sorriso o di uno scherzo di troppo, perché in fondo è goliardia, e non c’è niente di male.

Di che club sei il presidente?Sono la presidentessa dello Goliardicus et Muliebris Colibri Ordo, Ordine Femminile del Liceo Rodari.

In che anno è stato fondato il tuo club?Nel 2005.

Descrivi cos’è per te la goliardia in tre parole.Cultura, fratellanza, intelligenza.

Ok, adesso usa le tre parole che davvero descrivono la goliardia per te.Fratellanza, amicizia, divertimento.

Il miglior pregio di un goliarda?Andare oltre al semplice pregiudizio.

Il peggior difetto?Non tutti i goliardi sono in grado di capire la vera essenza della goliardia.

Se dovessi cambiare club, quale sceglieresti e per quale motivo?Non cambierei il mio club per nessun motivo al mondo.

Spesso veniamo additati come scansafatiche o casinisti. Cosa diresti a chi ci ritiene dei perdigiorno?Direi che non si può fare di tutta l’erba un fascio e che per saperlo bisogna provare.

PostiLLa

COLIBRI, RODARIsara Brogi

LEON - GAZZELLE, LIVIvanessa DattoLi

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Il tema del caro libri è da sempre uno degli argomenti più caldi nel piccolo grande mondo della scuola italiana. Le prime settimane di set-tembre sono cocenti da questo pun-

to di vista, con genitori e studenti pronti ad accaparrarsi gli ultimi libri al 50% rimasti, timorosi di essere purtroppo ar-rivati tardi. È un tema che coinvolge tutti: studenti, famiglie, insegnanti. Ci siamo detti che fosse giusto parlarne, inserendo il tutto in un quadro certa-mente più ampio, che fotografa una scuola italiana che stenta ancora una volta a garantire a tutti gli studenti il libero accesso ai saperi, alla cultura. In definitiva ad un’emancipazione culturale e sociale che li veda prota-gonisti di una società che muta e ha bisogno della nostra immaginazione, della nostra utopia per poter finalmente cambiare marcia. Di qui nasce il tavo-lo del diritto allo studio della  Federa-zione degli Studenti  per dibattere sui temi riguardanti il mondo della scuola e cercare di migliorare il sistema nel-la nostra seppur piccola realtà provin-

ciale. Tutto ciò ascoltando il parere di coloro che vivono questo mondo in prima persona, quindi gli studenti, ma anche quello di chi li accompagna in questo percorso: famiglie e i docenti. Dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio provinciale emerge un dato su cui non possiamo non allarmarci: il 17,8% di

percorso formativo) è soprattutto quella economica. In effetti, ogni anno le fa-miglie devono affrontare grandi spese per il materiale scolastico e, anche se alcune hanno la possibilità di ricevere degli aiuti economici, molte fanno fati-ca ad accedervi anche per la scarsa conoscenza dei servizi messi a loro di-sposizione. Nonostante ciò, anche per una famiglia con regolare fasciazione Isee, il problema risulta emergere ed essere costante negli anni. Per poter capire come far funzionare meglio il sistema a Prato abbiamo pensato di partire in primo luogo informandoci su come altri paesi europei riescono ad ovviare a tale problema. È emerso che in molti paesi, come ad esempio in Francia, una svolta positiva è stata segnata dall’introduzione delle nuove tecnologie, sostituendo libri cartacei con tablet o ebook oppure accostan-do l’uno e l’altro. Ovviamente ci siamo detti che fosse importante sapere quan-to il costo del materiale scolastico pe-sasse sulle famiglie dei ragazzi e cosa gli studenti pensassero delle nuove tec-nologie. Di qui la necessità di chieder-lo direttamente a loro. Dall’analisi dei dati raccolti attraverso i questionari è risultato che più dell’85% dei ragazzi di ciascuna scuola vorrebbe che i libri fossero meno cari. Risulta poi un dato evidente più di altri: più dell’88% ritiene opportuno limitare le nuove edizioni. Raggiungiamo picchi del 98,93% al

GIULIA CUZZAVAGLIOMARTA LOGLI

Dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio provin-ciale emerge un dato su cui non possiamo non allarmarci: il 17,8% di abbandono scolastico (sebbene sceso di 5 punti percentuali nell’ul-timo quinquennio). Tra i ragazzi che hanno

conseguito la licenza media più tardi, che costi-tuiscono il 13% della popolazione studentesca, ben il 56% abbandona, e tra i ragazzi stranieri

fa lo stesso il 52,5% del totale

abbandono scolastico (sebbene sceso di 5 punti percentuali nell’ultimo quin-quennio). Tra i ragazzi che hanno con-seguito la licenza media più tardi, che costituiscono il 13% della popolazione studentesca, ben il 56% abbandona, e tra i ragazzi stranieri fa lo stesso il 52,5% del totale. Inoltre, osservando i dati della sezione “Drop Out” sui Neet, possiamo osservare che una delle barriere principali che spingono un ragazzo ad abbandonare la scuola (e una famiglia a non investire sul suo

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Livi e del 96,17% al Copernico. Non si esita a richiedere sconti su libri di nar-rativa, con oltre un 90% di consenso. Infine, il ruolo delle nuove tecnologie è finalmente messo in discussione: c’è un buon 51,57% al Copernico che dice sì in maniera netta, e un altro 42,97% che se ne avvarrebbe ma come mezzo integrativo. È necessario investire dun-que in servizi utili allo studente pratese, perché è evidente: la voglia di vivere la scuola c’è, la voglia di farla nostra anche. Per questo chiediamo che si li-mitino le nuove edizioni e si istituisca-no comodati d’uso sui libri nelle scuole superiori. La prima richiesta la faccia-mo perché da sempre sappiamo che ci ritroviamo a dover acquistare libri che cambiano semplicemente impagi-nazione e pochissimi contenuti, e sap-piamo che, una volta che la vecchia edizione non sarà più in commercio per scelte editoriali, dovremo per forza di cose acquistare la nuova edizione, più cara, di cui non troveremmo anco-ra il libro usato al classico mercatino di settembre. Per combattere dunque le barriere economiche che si interpon-gono all’accesso allo studio, occorre che i dipartimenti scolastici adottino, qualora si volesse cambiare il testo corrente, edizioni già correnti, di cui più facile sarebbe la fruizione. Sareb-be un segnale non di poco conto: un giusto compromesso fra la libertà di in-segnamento dei docenti e le necessità economiche delle famiglie. La seconda proposta, quella del comodato d’uso, si inserisce poi in una visione più globa-le del sistema scolastico: non lasciare indietro nessuno. E questo, per quanto riguarda la didattica e le barriere eco-nomiche, lo si può benissimo fare se istituzioni e scuole superiori stringono un patto di alleanza. Da una parte la Provincia si farebbe garante dell’ac-quisto di un numero x di libri di testo, dall’altra parte le scuole superiori ga-rantirebbero la libera fruizione di essi da parte dei ragazzi in difficoltà con il vincolo restitutivo alla scuola, una volta terminate le necessità. Sono proposte, soprattutto l’ultima, che intersecano ine-vitabilmente tutti i mondi della scuola superiore: studenti, famiglie, insegnanti e istituzioni. È necessario che dei pat-ti siano stretti e lo chiediamo a gran voce, consapevoli che ciò si può fare. Il fine è garantire che quel 17,8% cir-ca di ragazzi che abbandona la scuo-la superiore si abbassi notevolmente. Questo non per vedere un numero più basso. Al contrario, perché potremmo affermare che noi studenti, quei ragaz-zi lasciati a se stessi, nel nostro piccolo abbiamo cambiato il mondo.

CICOGNINI

LIVI COPERNICO CICOGNINIBUZZI

LIVI COPERNICO CICOGNINIBUZZI

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LIVI COPERNICO CICOGNINIBUZZI0

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LIVI COPERNICO BUZZI0

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700

Trovi eccessiva la spesa dei libri scolastici che le fa-miglie degli studenti devono sopportare ogni anno?

Ritieni opportuno limitare le nuove edizioni (non necessarie) dei libri scolastici?

Vorresti ottenere degli sconti su libri extrascolastici (es. narrativa, saggistica etc...)?

Stiamo vivendo in un periodo in cui la società si avvale sempre più dell’utilizzo di nuove tecnologie: ritieni utile l’uso di tablet o degli ebook a scuola?

SI

NO

SI

NO

SI

NO

SI, MA COME MEZZO INTEGRATIVO

SI

NO

NON LO SO

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Il 30 novembre 2015 ha cessato la sua attività la libreria Equilibri, in via Magnolfi, e prima di Natale ha chiuso i battenti Il Gufo, che dopo trent’anni di lavoro nell’editoria per

bambini e ragazzi ha abbandonato via dei Tintori. Due vittime della crisi, secondo molti, ma, a un’analisi più accurata, sarebbe più appropriato ag-giungere l’aggettivo settoriale, perché in verità non tutti i rami della nostra economia stanno soffrendo. Per quelli che riguardano il settore estetico, in-fatti, non è decisamente un momento nero, parrucchieri e centri benessere spuntano come funghi, ma purtroppo altri campi, come l’editoria, vedono una situazione ben più critica. Il mer-cato dei libri stenta a ripartire e se le piccole aziende indipendenti, come Equilibri e Il Gufo, sono in ginocchio, i pesci grossi non navigano nell’oro: nel centro storico di Prato, per esempio, nemmeno un gigante editoriale come Mondadori ha resistito e, un anno e mezzo fa, ha chiuso il punto vendita di via Guizzelmi, vicino a piazza del Duomo. Ad affliggere la nostra città, dunque, non è tanto una crisi genera-lizzata, quanto una crisi della cultura - tre serrande abbassate in neanche due anni sono un bilancio poco invidiabile, ma non è finita qui, perché la singolare prossimità degli esercizi chiusi rimanda a un altro tema caldo: la cattiva ge-stione del centro. Anche a causa della scarsa sicurezza di alcune strade, il centro attira sempre meno le famiglie e i giovani, tenuti a distanza anche

dal problema spinoso dello spaccio di droga; una piaga tristemente nota, che, come ormai è risaputo, interessa la zona del Serraglio e per estensione una buona fetta del centro storico, ma che purtroppo è accettata pressappo-co come una normalità. Tutti sanno, nessuno muove un dito. Molti sono i tentativi dei commercianti del centro di attirare l’attenzione delle autorità e dei cittadini per arginare almeno in parte il degrado, ma spesso si concludono con grandi buchi nell’acqua. La realtà di Prato, dunque, non è esattamente idil-liaca, ma il nocciolo della questione in realtà è un altro: in città non si legge. Si preferisce rinunciare a un libro piut-tosto che a un cellulare di tendenza – il giorno dell’uscita dell’iPhone 6s, fuori dai Gigli c’era la fila già all’alba – e mentre la tecnologia entra sempre più prepotentemente nella vita quotidiana, la cultura ne viene estromessa. Ma se i giovani molte volte disdegnano la lettura, gli adulti non si comportano meglio: le librerie sono abbandonate innanzitutto dai genitori, i quali sempre più spesso scelgono per i figli regali come videogiochi, playstation o Nin-tendo DS. Gadget tecnologici che, sebbene affascinanti, sono anche più costosi dei libri e non permettono di continuare l’avventura quando la par-tita è finita. Un libro, invece, offre la possibilità di vagare con la fantasia, di riflettere sui personaggi e di essere altrove per qualche ora. Togliere i libri ai bambini vuol dire limitare la magia dell’infanzia, impedire loro di andare a Topazia con Geronimo Stilton, a Ho-gwarts con Harry Potter, sulla Mystery Machine con Scooby Doo. Leggere permette di riflettere su se stessi, di ri-trovarsi o meno nelle parole stampate sulle pagine; ogni libreria che muore è un’opportunità in meno per i piccoli di sognare e per i grandi di evadere da una realtà materialista.

MEDIOEVO DELLE LIBRERIE PRATESI

SARA BICHICCHILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

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L’AGORÀ DEL COPERNICOGAIA V. TOMASSOLILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

i forum. Il primo giorno abbiamo avuto l’occasione di assistere a uno spettaco-lo teatrale intitolato La Nuova Odissea, allestito da alcuni richiedenti asilo, che si sono dimostrati abilissimi attori, e da Stefano Luci, regista teatrale che sta attualmente facendo un percorso con un gruppo di studenti del Copernico. Tra i personaggi più popolari abbiamo avuto l’onore di ospitare due youtuber originari di Prato: Giacomo Carolei e Lorenzo Baglioni. Entrambi hanno par-lato della loro passione, trasformata in lavoro, che coinvolge ogni attimo della loro quotidianità, regalando gioie con centinaia di like e dispiaceri con qual-che commento negativo, ma, come ha spiegato uno dei due «Le critiche sono quelle che apprezzo di più, non perché mi piace sentirmi giudicato, ma semplicemente perché sono quelle che ci fanno capire in cosa sbagliamo, dove e come possiamo crescere». Ca-rolei e Baglioni, tuttavia, non sono stati gli unici personaggi che hanno parte-cipato all’Agorà, anzi. È venuto, ad esempio, anche Francesco Ciampi, un attore che ha raccontato la sua espe-rienza nel campo cinematografico, i suoi rapporti con i colleghi e i copioni che affronta a ogni ripresa. Tra le altre cose, Ciampi ha lavorato con Leonar-do Pieraccioni per la realizzazione del film Finalmente la felicità, e a questo proposito ha detto: «È sempre una sod-

disfazione immensa poter lavorare con personaggi del livello di Leonardo: sono quelle occasioni che permettono di accrescere la bravura di ognuno di noi e imparare sempre nuovi metodi di recitazione». Non poteva poi mancare Giancarlo Gisonni, giornalista di TV Prato, che, con tutta la voglia e la forza di volon-tà che mette nel riportare ogni fatto che avviene nella nostra città, è stato il mix perfetto tra simpatia e profes-sionalità. Tuttavia, forse il personag-gio che ha attirato di più l’attenzione degli studenti è stato Rexhi Uka, il quale a soli trent’anni è già stato rap-presentante Young Leader italiano per Asef (Asian Europe Fondation). Mantenendo un linguaggio sempre adatto alla giovane età dei parteci-panti, le due ore di forum con lui sono volate, e lo stesso è accaduto con tre campionesse di pallanuoto, le quali hanno raccontato con grande ardore l’impegno che mettono nell’affrontare ogni giorno con il sorriso e a portare avanti sport, studi e in qualche caso vita sentimentale: «Si fa quel che si può con quel che si ha» ha ricorda-to una di loro. «Non possiamo fare tutto, selezioniamo quello che ci sta più a cuore e scegliamo di portarlo avanti». È un po’ questa la lezione che dovremmo imparare tutti. Decidere ciò che vogliamo e realizzare i nostri so-

gni. Questi sono solo alcuni degli ospiti che han-no fatto visita al Copernico e la cui passione e competenza spingono a pen-sare che l’Agorà 2016 - 2017 non lascerà nes-suno deluso.

Nelle antiche città greche, l’agorà rappresentava il luogo di ritrovo culturale dei cittadini. Nel nostro liceo la funzione è la me-

desima. Solitamente vengono dedicati tre o quattro giorni ad attività varie, generalmente nel mese di febbraio. Quest’assemblea prolungata è divisa in forum e ce ne sono due al giorno, con l’intervallo a metà mattinata. È il momento che ogni copernicano aspet-ta dal primo giorno in cui mette piede nella scuola, ed è la situazione ideale sia per accrescersi culturalmente che per fare nuove conoscenze. Tutti i fo-rum sono organizzati dagli studenti, talvolta con l’aiuto di alcuni professori che si mettono in gioco come se tor-nassero ad avere la nostra età. Di soli-to il primo giorno è quello più dedicato alla festa, per il fatto che recuperiamo il carnevale non festeggiato e siamo tutti vestiti in maschera; chi ha il costu-me più originale vince il concorso isti-tuito quest’anno per la seconda volta da «Sintomi» - l’amatissimo giornalino della scuola - che al vincitore di questo mini contest regala un buono da 15€ da spendere al bar della scuola. I gior-ni seguenti, invece, si svolgono delle normali assemblee, in cui vengono invitati personag-gi di ogni gene-re, dal comico allo scienziato, dall’attore al mu-sicista, dal dot-tore al ballerino professionista. Ogni mattina abbiamo inoltre la proiezione di due film durante

SARA SERNISSILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

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Sono circa le 10 del mattino del 24 dicembre quando mi decido ad alzarmi dal letto per pre-pararmi e andare così a fare gli ultimi regali di Natale, ma prima di uscire mi ricordo di una cosa che desidero fare da molto tempo. Pren-

do un block notes e un registratore e finalmente esco di casa. Scendo le scale e, una volta arrivato al piano ter-ra, apro il portone che subito dopo si richiude cigolando dietro le mie spalle. Davanti a me, poggiato su una delle colonne che sostengono il palazzo di casa mia, c’è un ragazzo dalla pelle scura e dalla figura longilinea ma ben piazzata. Dall’edicola antistante esce una bambina che si ferma accanto a lui, alza lo sguardo, gli sorride e gli fa gli auguri di Natale; il ragazzo, distogliendo lo sguardo dalla strada di fronte a lui, si gira verso quel-la voce delicata, si prostra leggermente in avanti per avvicinarsi a lei e con tono allegro contraccambia gli auguri. Immediatamente dopo quella bambina mi vede, scatta verso di me e grida felice “Ciao Gabri!”. È mia sorella, uscita poco prima di me per comprare con i soldi della sua paghetta uno di quei pupazzetti di cui fa la collezione. Intanto quel ragazzo, seguendo con lo sguardo la corsa della bambina, mi ha visto e rico-nosciuto e, sorridendomi, mi saluta sollevando la mano. Mi avvicino a lui. Il suo nome è Mussà, è senegalese. A breve compirà 33 anni ma ne dimostra molti meno. Da circa quattro anni vive in Italia, dove le circostanze l’hanno portato a fare il vucumprà senza mai ottenere un vero lavoro. Qui in zona lo conoscono tutti, ogni mattina lo si può trovare poggiato su quella colonna, con la sua merce disposta sopra un telo bianco accan-to alla vetrata dell’edicola e un grande sorriso stampa-to sulla faccia. Mussà è molto amichevole e affabile, per questo le persone che lo conoscono sono spesso portate a dargli qualche spicciolo che hanno ottenuto come resto dopo aver comprato magari una rivista o un giornale. Gli danno quei pochi soldi che possono permettersi più per simpatia e quasi per un sentimento di amicizia che per interesse alle cianfrusaglie che vende, cianfrusaglie che, in realtà, non compra mai nessuno. Dopo essermi avvicinato a lui e aver salutato mia sorella, che saltellando allegramente presa dall’eu-foria dell’ormai vicino Natale torna in casa, gli chiedo se posso fargli qualche domanda per conoscere la sua storia. In un eterno e imperturbabile sorriso mi risponde di sì, così poggia gli occhi luminosi color nocciola su di me, attendendo le mie parole.

LA VIVA SPERANZA

DI UN FUTURO LONTANO

GABRIELE NUNZIATILICEO CLASSICO F. CICOGNINI

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Perché hai deciso di lasciare il tuo paese?Io ho deciso di lasciare il mio paese per venire qui perché sono innamorato di una ragazza che è rimasta in Senegal. Ho la speranza di fare un po’ di soldi qua per farla venire qua e stare bene. Però lei è cristiana e io sono musulmano. I suoi parenti e anche i miei non sono d’accordo, ma noi siamo tutti e due d’accordo. I nostri parenti hanno litigato di questa cosa e nella famiglia di loro suo fratello mi ha detto che se non la lascio mi fa male e mi fa ammazzare. Loro non vogliono perché siamo di religioni diverse.

Vi sentite ancora anche se siete lontani?Noi sempre ci sentiamo in telefono ma anche ora io ho chiesto lei e mi dice che è sempre un problema per la famiglia. Ora è quasi quattro anni che sono venuto via da Senegal e la sento ancora, ad aprile sono quattro anni. Io non sono più tornato in Senegal. Là ho lasciato tutta la famiglia ma quando sono venuto qui dopo sei mesi mio padre è morto. Qui ora vivo da solo con amici senegalesi.

Come sei arrivato dal Senegal all’Italia?Io dal Senegal prima sono andato in Marocco, ma in Marocco per poter venire in Italia mi hanno chiesto soldi: circa 1500 euro. Ma poi quel marocchino ha preso i soldi ed è scappato. Ho una cicatrice qui - Si tira indietro la manica e mi mostra una lunga cicatrice che dall’avambraccio attraverso il gomito arriva fino al bicipite -, me la sono fatta in Marocco: è stato quel ragazzo. Alcuni chiedono soldi a tante persone e fanno questo traffico, ma altri sono dei ladri, prendono soldi della gente e scappano. Io ho cercato di farmeli rendere e lui mi ha ferito. Così ho perso soldi e poi sono rimasto in Marocco per prendere un po’ di soldi. Ho trovato un amico senegalese e lui aveva un altro amico marocchino bravo che ci ha fatto entrare in Spagna.

Con quale mezzo sei arrivato in Spagna?Non sono arrivato in barca, era un qualcosa di plastico con dentro aria. Una barca piccola gonfiata con aria - Un gommone? Chiedo io - Sì, un gommone. Eravamo in dieci, venti

cioè un po’ di soldi per estare bene e comprare il materiale per lavorare, no non posso tornare. In Senegal ora c’è poco lavoro.

Ormai sei da quasi quattro anni in Italia: come mai non sei più tornato in Senegal a far visita ai tuoi parenti?Io non sono regolare, quando sarò regolare io torno laggiù. Se tu sei regolare tu puoi tornare. Quando tu vuoi andare lì in vacanza puoi andare facilmente. Voglio tornare solo per salutare i miei parenti e star un po’ con loro e vedere se io può lavorare sennò io torno in Italia. Perché io non posso stare là a vedere i parenti che non c’è nulla da dare a loro. Meglio di vivere là è stare qua, prendere un po’ di soldi e mandare loro. Meglio no? Ma stare là, non avergli da dare niente, è diventato un problema più grosso.

Qual è la situazione politica attuale in Senegal? In Senegal c’è la democrazia, è tranquillo, non c’è guerra. I musulmani e i cristiani senegalesi sono tutti d’accordi a parte per sposarsi o cose cosi. Ma però a questo momento qui in Italia si parla di Isis e jihadisti, ora senti sempre il ministro di giustizia dire di stare attenti per paura di jihadisti. Ora i presidenti devono fare tutto il loro lavoro per guardare per bene perché jihadisti sono da tutte le parti, anche in Senegal.

sopra, c’era poco spazio. Per arrivare dal Marocco alla Spagna ci abbiamo messo tre, quattro giorni. C’era acqua

e cibo, ma non tanto. Una volta arrivato in Spagna ci sono stato pochi giorni, sono andato a trovare un mio amico e lui mi ha dato soldi per il treno per venire qui in Italia.

Hai avuto l’opportunità di studiare nel tuo paese? E adesso sei in grado di aiutare i tuoi parenti in Senegal?Io ho studiato, ma non ho finito di studiare. I miei parenti sono dell’agricoltura così io ho un po’ di esperienza nell’agricoltura. Ho fatto solo un anno di università ma poi i miei parenti non avevano soldi per pagare tutte le cose così ho lasciato. Quando guadagno qualcosa lo mando ai parenti. Io qui pago quello che devo pagare e il resto lo do a loro per dare una mano. Io vivo con due amici senegalesi e devo pagare l’affitto, il mangiare, le bollette di gas e acqua.

Cosa speri per il tuo futuro?Io spero di avere qualcosa che io può tornare e lavorare laggiù meglio e tranquillo. Ma se laggiù non c’è materiale per lavorare e un po’ di como se dice in francese monnaie..

Ho una cicatrice qui - Si tira indietro la manica e mi mostra una lunga cicatrice

che dall’avambraccio attraverso il gomito arriva fino al bicipite -, me la sono fatta in Marocco: è stato quel ragazzo. Alcuni

chiedono soldi a tante persone

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Perché gli jihadisti, secondo te, hanno questa visione distorta della religione?Io sono contrario a questi genti. Per me questo tipo di genti farò finta di dire che sono musulmani però un musulmano davvero non fa queste cose. Un musulmano dice di stare bene con le genti. Te sei cristiano e io sono musulmano ma ognuno ha sua religione, la sua strada. Capito? Noi siamo tutti fratelli, questa è religione m u s u l m a n a : essere bravi con le genti, quando vedi qualcuno che tu puoi aiutare lo aiuti, aiutare i bambini, aiutare handicappati e i poveri. I musulmani cosi dice, ma non dice ammazzare. Questo tipo di genti io dico che fanno finta di dire che sono musulmani ma non sono musulmani. Ma loro dicono di esserlo per giustificarsi ma il vero musulmano non fa queste cose. Essere sempre bravo, non essere cattivo con le genti, questo dice la religione.

Dopo quanto è accaduto negli ultimi mesi, dopo i recenti attentati, ti

sembra che le persone ti guardino in modo diverso? C’è un crescente razzismo secondo te oppure no?Le genti che sono bravi con te, loro ancora ti guardano per bene ma alcuni che non conosco quando gli dico che sono musulmano fanno “No, musulmani fanno sempre casino”. Io

non arrabbiare per questo perché io so che dice il Corano. Io faccio quello che dice il Corano e quello che fa un’altra persona non mi interessa. Una volta terminate le mie domande iniziamo a

scambiarci le ultime parole. Mussà mi chiede dove voglia andare a studiare all’università, così rispondo Bologna; mi fa i complimenti per la scelta esaltando il carattere giovanile della città e la sua bellezza culturale, di conseguenza iniziamo a dibattere su quale città sia più vivibile fra la sopracitata e Firenze. Quest’ultima è anch’essa una buona opportunità per gli studi futuri, ma alla fine optiamo entrambi per Bologna scambiandoci un sorriso d’intesa. Nel frattempo mia sorella esce nuovamente

dal portone di casa e mi viene incontro chiedendomi di poter venire con me a fare i regali, visto che le farebbe molto piacere, così acconsento. Mussà sorride di nuovo alla bambina, ma ora in quel suo gesto c’è un qualcosa di diverso. Il riportare alla mente tutto ciò che era stato costretto a sopportare lo ha evidentemente sia turbato che commosso. Quello che ha sul volto non è ormai nient’altro che una cruda smorfia, che tenta invano di nascondersi dietro a delle grosse labbra piegate in un sorriso forzato. Il viso, falsamente sereno, è velato dalla malinconia e da un forte sentimento di solitudine causati dalla nostalgia per la lontananza dalla propria famiglia e dalla situazione in cui si trova a vivere. Ci salutiamo affettuosamente. Prendo per mano mia sorella e ci dirigiamo verso l’auto. Mi volto. Dietro di me, poggiato su una delle colonne che sostengono il palazzo di casa mia, c’è un ragazzo dalla pelle scura e dalla figura longilinea ma ben piazzata. Lo sguardo, fisso sulla strada davanti a lui, è triste e pensieroso, ma traspare chiaramente dai suoi occhi la viva speranza di un futuro lontano, ma migliore. A vederlo mi viene spontaneo domandarmi cosa abbia mai dovuto affrontare.

Noi siamo tutti fratelli, questa è religione musulmana: essere bravi con le genti, quando vedi qualcuno che tu puoi aiutare lo aiuti, aiutare i bambini, aiutare handicappati e i poveri. I musulmani cosi dice, ma non dice ammazzare

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PER INFO E PRENOTAZIONI3279146182

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Dicono che nivei capelli siano emblema della saggezza e che ogni ruga in più sul volto sia il sunto di molteplici esperienze che scandiscono

la vita di ciascuno; quante volte poi, quando siamo bambini, adolescenti, adulti, ci viene ripetuto di dare ascolto a chi ha qualche anno in più di noi? Questo è il motivo per cui ho deciso di trascorrere qualche ora di una placida domenica invernale, con il mio registratore acustico, un block-notes e una penna nella casa di riposo Villa Amelia, in via Edison, dopo aver preso un appuntamento alle 15.30. Qui mi accoglie con un caloroso sorriso Ardiana Dedi, animatrice a Villa Amelia, nonché amica di famiglia, che si è fatta carico del progetto da me proposto qualche settimana prima alla direttrice. Ardiana mi mette subito a mio agio. Dopo averle spiegato di persona quale sia lo scopo per cui vorremmo dar vita a questo bimestrale e quale sia il mio ruolo all’interno della rivista, mi fa accomodare cordialmente

nell'ultima stanza sulla destra del corridoio a piano terra. Al centro di questa trovo due tavoli, di cui scelgo il più vicino alla porta, portandovi due poltroncine, nell’attesa che arrivi il primo ospite disposto a condividere avvenimenti della sua vita con noi. Entra accompagnato da Ardiana, a passo lento e circospetto, con l’aiuto di un deambulatore, Fiorello Fioravanti che si presenta a me con una decisa stretta di mano e si siede sulla poltroncina che avevo posizionato sul lato destro del tavolo. Capelli eburnei ordinati, sguardo fisso su di me, volto quasi imperturbabile, lasciano intuire la sua sobrietà e serietà. Gli spiego cosa sia La gazza ladra, quali siano i nostri obiettivi e mi riferisce che anche lui vorrebbe dar vita a un giornalino interno alla casa di riposo, ma purtroppo dice che questo è difficile: «Lei dovrebbe vedere i personaggi che ci sono qui dentro: qui più o meno siamo tutti malati, chi più chi meno, chi irrimediabilmente, chi invece riesce un po’ a emergere. Siamo qua, dobbiamo rendere la nostra vita la più vivibile possibile».

Avendo la possibilità di poter condivi-dere una sua esperienza con i ragaz-zi, cosa vorrebbe raccontare loro?Sono un perito tessile diplomato all’Istituto Tecnico Statale T. Buzzi di

Prato nel lontano 1956; dopodiché ho svolto la mia professione fino alla pensione nei lanifici pratesi e, per vent’anni, anche all’estero in Inghilterra, nell’industria tessile del Nord, nello Yorkshire. Però il nostro programma era diverso, volevamo creare un’attività tessile nel Sud dell’Inghilterra, perché nel Sud c’è solo il turismo e basta. Cominciammo acquistando dei macchinari da Prato e facendo una raccolta dei vari prodotti da lavorare internamente a questa nuova azienda; però le spese erano troppo alte, allora la direzione decise di trasferire tutto in Portogallo, perché era il nostro mercato di rivendita. Mi chiesero se ero disposto ad andare in Portogallo, ma io dissi che un po’ lo conoscevo già: sarebbe stato come tornare indietro di trent’anni. Ai tempi di cui parlo io, dall’aeroporto di Lisbona per arrivare alla città dove avevamo intenzione di impiantare la fabbrichetta, c’erano tutte strade sterrate - Un po’ come in Italia nel secondo dopoguerra, dico io. Eh, ecco, come in Italia. Allora io per non piantarli in asso e poi star male, li aiuto a impiantare la fabbrica là, come ho fatto in Inghilterra, cercando di insegnare quello che so. Ci sono stato un anno e ho visto che non c’era nulla da fare per me... io non potevo ritornare ai tempi che ho vissuto qui subito dopo la guerra; allora dissi

MATTIA MARTIRELICEO CLASSICO F. CICOGNINI

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«Nossignore!». In previsione di tutto questo avevo istruito bene un ragazzo portoghese, e dissi: «Lui è in grado di mandarvi avanti». Lì lo lasciai… la ditta è ancora in piedi, sicché…

Dopo questa esperienza in Portogallo ha fatto ritorno in Inghilterra?Sì, sono tornato in Inghilterra. Dopo l’esperienza portoghese ci sono rimasto quattro, cinque anni e dopodiché decisi di tornare in Italia

Perché questa scelta?Be’, l’ho fatto anche per ragioni familiari: morì mia madre, che viveva insieme a mia sorella, lei era rimasta da sola e allora dissi: «Che cosa ci faccio io qua!?». Tra l’altro avevo anche divorziato da mia moglie e mio figlio era andato in America, mandato dalla ditta per cui lavorava; così tornai.

Qui in Italia come ha proseguito la sua carriera?In Italia, le dirò, iniziai a reinserirmi nel mondo del tessile, proprio il mio lavoro, ma le cose erano talmente cambiate e quel mondo era in calo anziché in sviluppo (s’è vista poi la fine che ha fatto Prato). - Questo in quali anni? Chiedo - Questi qui furono gli anni ’80. Allora contattai la Mira Lanza - Ripeto il nome accertandomi di aver capito - Sì, Mira Lanza, che produceva prodotti di bellezza, anche saponette, dentifrici, ma il lavoro più importante erano le polveri delle lavatrici. Allora pensai che fosse un mondo in sviluppo, e infatti andai giù a Genova, parlai con la direzione, illustrai un po’ quello che potevo offrire, cosa pensavo del mercato e loro accettarono questa mia offerta. Ho lavorato lì finché non sono andato in pensione.

Anche i suoi familiari hanno lavorato nel tessile?La ragione per la quale entrai al Buzzi era perché la mia era una famiglia di tessitori. Mio padre aveva un lanificio e quindi guai se io non avessi fatto il Buzzi. Io personalmente nella mia professione mi sono fatto valere, ho sempre fatto progressi, poi l’età ti suggerisce che è il momento di ritirarsi. Poi mia sorella è morta circa cinque anni fa. Ero rimasto praticamente solo, e cosa facevo da

solo? Avevo una casa mia, ma se mi fossi sentito male la notte? Chi sarebbe venuto a prendermi? Anche perché la mia ex moglie è in Inghilterra, mio figlio lavora in Pennsylvania; allora valutando le varie possibilità optai per questa struttura in cui mi trovo benissimo.

Con suo figlio come sono i rapporti?Ottimi, ottimi, perché mio figlio una volta all’anno d’agosto viene in Italia e passa qui i 15 giorni che ha disponibili. Ma io ho buoni rapporti anche con la mia ex moglie, non ho troncato con acrimonia, come fanno tanti. No no, io ho deciso perché era il momento di prendere una decisione…io non sono un uomo da sotterfugi, io potevo continuare ad avere l’amante e vivere con mia moglie, ma a me le bugie non piacciono. C’erano le feste, con chi passavo il Natale? Io ho fatto sempre del bene a chi mi è stato vicino e a chi è stato anche mio dipendente, tant’è vero che non troverà mai nessuno che parlerà male di me, e questa è una soddisfazione non indifferente.

Se dovesse dare un consiglio ai giovani, quale sarebbe?Dovessi dare un giudizio spassionato e documentato dalla mia esperienza, io andrei via dall’Italia, perché non vedo più la possibilità di sviluppo particolari. Mentre io, se potessi tornare ancora più indietro, invece di fare il Buzzi avrei fatto il liceo, perché mi avrebbe permesso di andare all’università, e lì avrei scelto Agraria con l’indirizzo di scienze forestali.

Lei che ha vissuto la trasformazione dall’arretratezza (italiana) all’era tecnologica e informatica di oggi,

cosa pensa di questo cambiamento radicale?C’è stato un notevole progresso senza dubbio, però come tutti i progressi porta anche un certo regresso, nel senso che per apprendere le nuove tecnologie bisogna essere preparati intellettualmente, mentre prima te ti avvicinavi al telaio anche se eri uscito da zappare la terra cinque minuti prima; oggi sarebbe impensabile, non riuscirebbero nemmeno a metterlo in moto. Però ha portato un regresso: per esempio ai tempi in cui ho iniziato io, dietro un telaio c’era un uomo che lo mandava; ora 10 - 12 telai li manda un solo uomo. Ciò crea disoccupazione. Poi, iniziato il declino, tra i giovani figli di industriali, chi ha fatto l’avvocato, chi l’ingegnere, chi l’impresario edile. L’industria tessile per i guadagni che porta - quando va a gonfie vele - rimane sempre un tipo di industria per paesi sottosviluppati. Perché i tedeschi vennero a suo tempo a impiantare la più grande azienda che Prato abbia avuto, il Fabbricone?

Perché la manodopera costava poco.

Lei si definisce un cosmopolita o un cittadino italiano, in particolar modo pratese?Io sono un cittadino del mondo, ho incontrato tanti popoli, ci ho vissuto insieme. Sono stato anche sei mesi in Russia, ai tempi in cui c’era sempre “Baffone”, e anche lì ho trovato che non era vero quello che si diceva. Se tu stavi nel tuo guscio potevi andare da tutte le parti. Inoltre, le dirò, l’italiano è ben accetto all’estero, ma se vai per fare il cameriere o per cercare lavoro senza avere niente, sei un emarginato.

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PRATO ALLO SPECCHIO

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Per noi adolescenti la scuola è parte integrante della vita, non possiamo negarlo. Tutti i giorni ci rechiamo in un edificio, (che a volte assomiglia

più a un manicomio) circondati da altri ra-gazzi come noi che studiano, seguono le lezioni, sono interrogati e fanno i compiti; tutto ciò per un numero minimo di cinque ore al giorno. La scuola ci prepara psico-logicamente e culturalmente al mondo là fuori, ma sembra impossibile che altre per-sone siano riuscite, dopo il nostro stesso percorso di studi, ad avere successo nella vita e nel lavoro. È per questo che voglio raccontarvi la storia di chi è riuscito a la-sciare un segno. Loro sono i personaggi, famosi o non, i cui nomi sono stati incisi nelle insegne delle nostre scuole. Forse, leggendo accuratamente i diversi fatti che hanno determinato le tappe della loro vita, potremo renderci conto che tutte queste sono persone comuni, con una voglia in-nata di riscattarsi nella vita e di fare ciò che amavano più al mondo. Quelle per-sone potremmo essere benissimo io o te; quindi, coltiviamo le nostre passioni: forse si potranno rivelare le chiavi di una vita felice e soddisfacente. Dopo questa lunga introduzione, non vedo l’ora di raccontarvi il nostro primo personaggio, perché è pro-prio lui che dà il nome al mio istituto.

Via dei Tintori è una strada del centro della nostra città, una parallela di via Garibaldi. Si trova quindi in una posizione strategica, ed anche nell’antichità la via era molto trafficata. Fino al 1910 le strade erano sommerse dagli omnibus, ma appena approdarono le autocorriere le vetture precedenti scomparvero definitivamente dalla circolazione. Nei dintorni di via dei Tintori, più precisamente all’ angolo con via Garibaldi, si trovavano diverse botteghe: l’Osteria della Stella (detta così per l’insegna costituita da una stella rossa in campo bianco), una macelleria (chiusa all’inizio dell’Ottocento), una bottega del sale e una delle tre migliori e rinomate rimesse di carrozze di cavalli, quella di

Carlo Livi nasce a Prato l’8 settembre del 1823 da una famiglia di fornai.

Da adolescente studia presso il collegio Cicognini della nostra città, che in quel periodo era amministrato da alcuni sacer-doti. Data la condizione economica non molto florida della sua famiglia, Carlo ha la possibilità di continuare con i suoi studi umanistici solamente grazie a un ingente lascito testamentario. Livi, quindi, duran-te gli anni ’40 dell’Ottocento riesce ad avere un posto come studente di medi-cina all’università di Pisa, e, laureatosi, compie il proprio tirocinio a Firenze. Negli anni successivi, si interessa ai la-vori di alcuni illustri medici del passato come Francesco Redi, di cui inizia a commentare alcune delle opere. Proprio in una di queste, Redi scrive: «Certo, le vittorie più splendide della medicina av-vengono, quando l’arte sa e può allearsi alla natura: ma certo, nel riconoscere e cementare sempre più questa alleanza sta la vera sapienza medica e il segre-to della salute». Nel corso del proprio brillante futuro Livi riuscirà in un certo senso a unire l’arte e la natura, già dal 1858, quando diviene rettore del Mani-comio di San Niccolò di Siena, struttura che un tempo ospitava un convento. Livi pensò a una diversa suddivisione degli spazi all’interno della struttura, guidan-do i pazienti verso una cura più morale che non medica. I cambiamenti furono molti: dall’introduzione del lavoro per i pazienti alla libera circolazione all’inter-no della struttura, dalla separazione dei sessi alla divisione delle varie categorie di ricoverati. E la vita, anche in un luogo

che ai giorni nostri può far accappona-re la pelle, divenne molto più semplice. Nel 1873 gli è assegnata la reggenza del grande ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio nell’Emilia, con uno strascico di polemiche, riscosse a causa di alcuni cambiamenti nel manicomio di Siena non condivisi da tutti. E anche qui la sua voglia di cambiamento e rinnova-mento prevale, organizzando l’ospedale come centro scientifico e sede dell’uni-versità di Modena. Solamente due anni più tardi fonda la Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale, notis-sima e apprezzatissima in tutta Europa. Per anni vive in questa città, Modena, guadagnandosi l’affetto e la simpatia di tutti i concittadini per la sua professiona-lità, il suo carattere mite, la sua umanità e il desiderio di aiutare con tutti i mezzi possibili il prossimo. Eppure Livi non si interessava solamente di psicologia, ma anche di antropologia criminale. Uno dei suoi sogni nel cassetto, si dice, fu sempre quello di conferire alla psichiatria italiana un prestigio che, a suo avviso, avrebbe potuto raggiungere non soltanto con la decisa affermazione in campo medico, ma soprattutto attraverso la collabora-zione tra le discipline giuridiche e quelle antropologiche. Era un uomo dalle mille risorse, un vulcano di idee e un grande lavoratore, che venne a mancare a Livor-no, dove si trovava per un dibattito in tribunale, nel giugno del 1877.

Leopoldo Guarducci. Sappiamo con certezza che il nome della nostra via era in precedenza “via delle conce”, perché prevaleva nella zona la lavorazione delle pelli. Solo in un secondo momento il nome della via cambiò in “via dei Tintori”. La costruzione della via dovrebbe risalire al Trecento, in quanto precedentemente scorreva un fossato a difesa delle mura urbane. Qui, dal 1905, potevamo trovare il primo cinematografo di Prato, e una nota trattoria dal nome “Trattoria la Grotta”, che aperta nell’Ottocento sopravvisse fino agli anni Trenta. Nel 1960 l’area fu trasformata completamente per fare spazio alle costruzioni e, privando la città della testimonianza barocca che portava con sé.

VIA DEI TINTORI

I PRIMI DELLA CLASSECARLO LIVI

GAIA TAIUTIISTITUTO SUPERIORE C. LIVI

Il nome di Carlo Livi è conosciuto da tutti gli studenti pratesi, ma non si può dire lo stesso dei suoi successi e delle sue sconfit-te, in ambito lavorativo e non. Sarà bello conoscere i personaggi di cui tutti parlano ma che nessuno conosce: ecco, io proverò a parlare di loro, un poco alla volta.

PRATOSTORIA

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IL PRATESE CHE CAMBIÒ LA STORIA AMERICANA

PRATOSTORIA

“ “Tutti gli uomini sono per natura

liberi e indipendenti

FEDERICO LO IACONOLICEO CLASSICO F. CICOGNINI

Tutti gli uomini sono per natura liberi e indipendenti”. Così ri-porta un pamphlet, scritto e fir-mato da un tal “Furioso”, che Thomas Jefferson portava sem-

pre con sé e che visceralmente amava leggere e commentare. Quelle paro-le, quel conciso, preciso ed efficace sunto del pensiero illuminista, avevano rapito subito l’attenzione dell’uomo politico statunitense, lo avevano sti-molato e divennero il vero spunto, la vera fonte dalla quale egli attinse per redigere la celeberrima dichiarazione d’indipendenza del 1776. “Furioso” è, d’altra parte, pseudonimo che ben si addice all’animo infuocato dell’au-tore del pamphlet, Filippo Mazzei, un filosofo politico toscano, per la preci-sione di Poggio a Caiano, che dedicò la sua vita, con zelo e maestria, alle sue vere vocazioni: la speculazio-ne politica e l’impegno diplomatico. Mazzei però, prima di partire per la sua avventura americana, ebbe una vorticosa e movimentata esperienza da medico che gli riservò la possibilità di girare per tutta l’Europa, di conoscere pensatori illustri come Benjamin Fran-klin e soprattutto di diventare un vero e proprio cosmopolita. Si fece dunque sempre più forte in lui il desiderio di esplorare nuove realtà e da profondo conoscitore delle colture toscane e del-le pratiche agricole, usò il pretesto di

ampliare il raggio del mercato italiano per emigrare; così, dopo aver raggrup-pato, al suo seguito, un modesto nu-mero di contadini e lavoratori, fu Livor-no, nel 1773, ad aprirgli le porte del nuovo mondo. Sul veliero The Triumph attraversò l’Atlantico e, giunto in Ame-rica, navigò lungo il fiume James, per stabilirsi infine nella sua Virginia. Qui trovò sede lavorativa e amicizie salde e durature, come quelle di Washin-gton, Madison e in particolar modo Jefferson, che gli regalò addirittura un lembo di terra adiacente al proprio, dove Mazzei intraprese la sua attività agricola. Legato affettivamente ai pa-dri fondatori, nonché futuri presidenti degli Stati Uniti, e imbevuto di principi illuministi, il nostro personaggio non poté che sposare la causa dell’indi-pendenza americana. Fin da subito si impegnò attivamente per diffondere capillarmente con articoli, pamphlet, denunce e saggi filosofici, il valore cul-turale e sociale della tolleranza e della libertà, il senso dei principi egualitari e il valore delle proprie teorie, nelle quali si ritrovano in nuce molti degli aspetti ai quali, come ho detto, si ispirò Jefferson nella stesura della dichiarazione d’indi-pendenza americana e ai quali si ispi-rano tutt’oggi i sistemi democratici mo-derni. Assunta, dopo il raggiungimento dell’indipendenza degli Stati Uniti, la carica di diplomatico e d’ambasciato-re in Francia, Mazzei portò la causa e i problemi legati alla situazione ame-ricana oltre l’Atlantico, cercando di trovare soprattutto appoggi economici. La lunga permanenza oltralpe e l’alto valore delle sue tesi, esposte minuzio-samente nella sua opera più importan-

te, Recherches historiques et politiques sur les États-Unis de l’Amérique septen-trionale, gli permisero d’entrare a far parte dei più esclusivi circoli parigini, nei quali incontrò anche il pittore ne-oclassico Jacques-Louis David, che gli dedicò un ritratto. Ebbe così la possibi-lità di essere personalmente coinvolto, e travolto, dall’ondata rivoluzionaria del 1789, durante la quale supportò i moti, pur optando per la creazione di una monarchia costituzionale e non per l’istituzione di una repubblica, ritenuta inadatta al contesto europeo. La vita, da sempre movimentata, riservò molte altre sorprese al pratese: in uno dei suoi viaggi transatlantici venne rapito da una ciurma di corsari inglesi, dai quali riuscì a fuggire soltanto nascondendo la propria identità e utilizzandone una falsa. Venne poi assunto alla corte del re polacco Stanislao II Augusto Ponia-towski, e anche in questa situazione non mancò di essere utile, apportando il proprio fondamentale contributo alla stesura della costituzione della Polonia. Sicuro poi del vitalizio promessogli dal re polacco, decise di tornare in Italia, a Pisa, dove morì ottantaseienne ac-canto alla moglie Antonia, che s’im-pegnò attivamente per concludere la stesura delle memorie del marito. Ed è proprio quest’ultima raccolta di scrit-ti che rivela davvero l’essenza della grande personalità di Filippo Mazzei, un uomo a servizio della ragione, della libertà, dell’impegno politico e civile. Agronomo, medico, cultore di filosofia politica, Mazzei ha fatto grande la Toscana nel mondo e ha influenzato non solo l’America, ma la democrazia stessa.

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bile lignaggio, Von Cramm incarnava alla perfezione le caratteristiche della propaganda ariana, fatta eccezione per la sua omosessualità. Con que-sto scheletro nell’armadio era andato avanti per anni nel suo ruolo, non volu-to, di emblema della razza superiore, vincendo per tenere lontani gli spettri della Gestapo di Himmler. Nascon-dendosi dietro lo scudo dei suoi suc-cessi, il barone aveva quindi sempre evitato processi per quello che allora era un crimine punibile con la reclusio-ne. È curioso osservare che negli anni ‘20 e ‘30 l’omosessualità non solo non fosse condannata, ma fosse anche ac-cettata dalla maggior parte della gen-te. Questo perché la Germania dopo la prima guerra mondiale era andata incontro a una svalutazione incredibi-le della propria moneta, le persone vedevano il proprio denaro tramutato in carta straccia da un giorno all’al-tro. L’unica possibilità che restava era spendere tutto finché si poteva e go-dersi ogni giorno come se fosse l’ulti-mo. Anche in campo sessuale non si facevano distinzioni, bisognava pro-vare di tutto. Proprio questo clima di confusione, dissolutezza e instabilità economica porta con sé le radici ide-ologiche e culturali del nazismo, che canalizzerà l’odio della gente comune verso omosessuali, visti come deprava-ti, ed ebrei, possessori delle banche e ritenuti quindi responsabili della crisi. Sull’onda di questa follia ideologica,

arriviamo quindi alla partita. Il barone è teso, concentrato, sa che per lui c’è in ballo molto più della semplice vitto-ria, gioca ogni punto come se la sua stessa vita dipendesse da esso, e in effetti è proprio così. Von Cramm sale rapidamente due set a zero, sa di non potersi rilassare, ma ecco che inizia la rimonta di Budge, che non a caso è il più forte del mondo. In un niente siamo due set pari, tutto da rifare per il barone che però non si scoraggia e sale 4-1 nell’ultimo e decisivo set. An-che stavolta però l’americano sfodera il suo miglior tennis e riesce alla fine ad avere la meglio. I due si stringo-no la mano, il barone, definito dallo stesso Budge «più nobile di cuore che di sangue», sorride e si complimenta con l’avversario. Sa che sicuramente lo aspetta una punizione in patria, ma non ci pensa durante quel suo abbrac-cio a rete con l’amico rivale, perché è prima di tutto un uomo di sport, è pri-ma di tutto un uomo. Tornato in patria, Von Cramm viene condannato per il crimine di omosessualità e passerà un anno in carcere, per poi prestare servi-zio militare durante la seconda guerra mondiale. Di ritorno dalla guerra, non raccontò a nessuno la sua storia che, se non fosse stato per M.J.Fisher e per il suo libro Terribile splendore, sareb-be stata dimenticata. La storia di uomo che voleva solo giocare a tennis e che si è ritrovato soldato in una guerra più grande di lui.

Londra, anno 1937, centrale di Wimbledon, semifinale di Coppa Davis tra Germania e Stati Uni-ti. Sui prati dello stadio di tennis più famoso del mondo stanno per

scendere in campo per il quinto e deci-sivo incontro i rappresentanti delle due nazioni. Una rete alta un metro separa due colossi che avrebbero fatto la sto-ria di quel secolo, libertà e dittatura, democrazia contro nazismo. Da una parte un esponente della classe media cresciuto in periferia al ritmo del jazz, dall’altra un aristocratico cresciuto tra passeggiate a cavallo e galateo. Da una parte Donald Budge, dall’altra il barone Von Cramm. A pochi minuti dall’inizio della partita, il barone rice-ve una telefonata da Hitler e al rientro in campo il suo smagliante sorriso ave-va lasciato il posto a un’espressione seria e concentrata. “Era il Führer che voleva augurarmi buona fortuna” dirà al giudice arbitro, ma non poteva trat-tarsi solo di questo. La retorica nazista col suo culto del corpo e della razza spingeva tutti gli atleti a primeggiare e, dopo lo scacco dato da Jesse Owens alle Olimpiadi dell’anno precedente, il regime non poteva permettersi un’altra sconfitta. Alto, bello, biondo e di no-

LORENZO COLLELICEO CLASSICO F. CICOGNINI

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Spesso leggiamo “costretto in carrozzina”. Questa frase esprime un pensiero erroneo, frutto di una caparbia ignoran-za. Perché la carrozzina non

limita. Mai. Quando si è costretti all’im-mobilità, la mente è libera di volare tra i pensieri ed esprimere tutto ciò di bello che ci attrae.Claudio Imprudente ama la vita e la sua disabilità, un amore che esprimere nei rapporti con le scuole, nell’educa-zione alla persona e all’amore di sé. Ha creato tutto questo per aiutare i ragazzi e i docenti ad amare la pro-pria vita come essa è, a voler bene incondizionatamente, e a superare quelle diversità che possano invece aiutare a capire veramente chi siamo e cosa vogliamo essere. Grazie ad una tavoletta con le lettere dell’alfabeto, riesce a comunicare in un modo incre-dibilmente efficace, che dà prova del suo grande coraggio e della sua intel-ligenza. In un’intervista afferma: «sono il frutto di tanti contesti che mi danno fiducia e mi hanno dato fiducia. La fi-ducia nelle abilità è molto importante, perché l’integrazione parte proprio da

qui. Riconoscere l’abilità delle persone con deficit». Claudio, animatore diver-samente abile e presidente del Centro Documentazione Handicap di Bolo-gna, ha fondato Maranà-tha, una co-munità di famiglie per l’accoglienza. Inoltre ha ideato il progetto Calama-io, che nasce nel 1986 all’interno del Centro di Bologna di cui è presidente. La sua specificità è di essere ideato e progettato da animatori diversamente abili e la finalità a cui tende consiste nel contribuire alla presa di coscien-za della propria identità da parte dei bambini e degli adulti, sia insegnanti che genitori, attraverso il confronto con l’alterità. La proposta vuole stimolare lo sviluppo di un’identità da parte delle persone attraverso il dialogo e l’incon-tro. Claudio promuove una cultura che mette in primo piano la persona rispetto alla sua diversità «per creare un mon-do buono, abitabile da tutti». Proprio per questo scrive un libro, per rendere visibile una realtà che fino a 30 anni fa era «totalmente invisibile». La laurea ad honorem conferitagli dall’università di scienze della formazione di Bologna dimostra a tutti che ognuno di noi può conquistare grandi cose. Oggi ci interpella sul fatto che la so-cietà moderna rifiuta tutto ciò che non è immediato, istantaneo. «Il ruolo della diversità ha questa funzione: dimostra-re che ci sono diversi tipi di velocità e andature. La lentezza può in questo senso diventare una risorsa. Il saper ral-

lentare, il saper guardare ti dà la pos-sibilità di cogliere delle occasioni che correndo troppo non vedresti neppure. Credo che questo sia uno dei ruoli del-le persone con deficit: far recuperare alla collettività la logica della lentezza. Già solo sentendo il termine “lentezza” ci viene spontaneo associarlo a pensie-ri negativi: noia, stanchezza, perdita di tempo, voglia di anticipare, debo-lezza, vecchiaia… ma perché questo termine ha acquisito queste accezioni negative? Perché un termine che di per sé non ha connotazione negativa, nel-la nostra società viene naturalmente as-sociato a queste sensazioni di pesan-tezza? L’esempio della moviola risulta in questo caso decisamente calzante: le riprese alla moviola sono molto più affascinanti di quelle normali perché si possono vedere tutti i particolari, le espressioni, i gesti atletici, le gocce di sudore e gli sguardi dei giocatori. E se la lentezza diventasse un’angolazione particolare da cui osservare il mondo? Sicuramente la diversabilità diventereb-be un osservatorio speciale e interes-sante per far emergere quei gesti, quel-le parole che la velocità non permette di cogliere. Un gesto che potrebbe essere classificato all’interno della “len-tezza” è la mia lavagnetta con le let-tere tramite cui comunico col mondo». Imprudente ha una marcia in più: ha capito che per essere “Claudio” deve testimoniare le abilità che ognuno di noi può tirar fuori.

LA LOGICA DELLA LENTEZZACLAUDIO IMPRUDENTE E IL CORAGGIO DELLA DISABILITÀ

CHIARA PACINICONVITTO NAZIONALE F. CICOGNINI

Dalla copertina di Lettere imprudenti sulla diversità di Claudio Imprudente, 2009

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È il primo disco di Lucio Battisti senza il pa-roliere Mogol, il suo storico collaboratore e amico. È un disco che rompe un silenzio lun-go quattro anni - l’album precedente risaliva al 1982 - e che non solo rinnova, svecchia, il panorama dei testi musicali italiani, ma ri-porta Battisti a una sonorità più calda, da orchestra, opposta a quella di E già, disco molto criticato per la freddezza dei suoni elettronici. Inoltre, le canzoni di Pasquale Panella, il nuovo autore, sono più complesse e fanno riflettere l’ascoltatore, perché sono ricche di enigmi, doppi sensi, artifici e gio-chi di parole: la stessa copertina è un rebus che viene risolto dalle parole della canzone che dà il titolo all’album, Don Giovanni. Le interpretazioni possibili dei testi sono poi infinite e infinitamente complesse, poiché sono tutti esplicitamente calati in una dimensione astratta che rimanda alla filosofia o alla metafisica: Batti-sti e Panella aprono con questo album un filone musicale che troverà successo poi negli anni a venire, fino ad arrivare ai giorni nostri

L’album, dedicato a due importanti amici d’in-fanzia venuti a mancare proprio nel 1996, ha tinte di malinconica tristezza e di ango-sciosa rassegnazione, evocate anche dalla scelta dell’immagine di copertina, che ritrae con schiettezza la mesta condizione di Guc-cini. D’amore, di morte e d’altre sciocchezze non si ferma però alla sola celebrazione del ricordo, ma è un vero e proprio sunto dei temi più cari alla poetica gucciniana, ana-lizzati con una maturità elegante. Vorrei e Quattro stracci, un ideale chiasmo amoroso, parlano reciprocamente dell’euforica e dolce condizione che anima il primo innamoramento e della tragica fine di una relazione. Cirano invece, la traccia più famosa dell’album, è una cruda invettiva di Guccini contro chi abbraccia il conformismo e ricalca l’opera teatrale di Edmond Rostand. L’album, dalle dolci e intense, seppur tristi, note, si conclude ironicamente con due registrazioni scanzonate (le altre sciocchezze del titolo), volte quasi a esorcizzare con la loro vivacità la morte e la tragicità che tanto affliggono l’uomo.

Inseguimenti, amore e intrighi politici sono gli ingredienti di questo thriller teso e appassionante. In periodo natalizio, il corpo della segretaria di un giudice della Corte Suprema, morto suicida nella stessa notte, viene ritrovato in un canale di scolo. Le accuse ricadono immediatamente su Carl Anderson, un senzatetto che vive proprio nel luogo del delitto. L’uomo, veterano del Vie-tnam e sordomuto, ribadisce tramite una lavagnetta la propria innocenza all’avvocato d’ufficio, Kathleen Riley. La situazione appare compromessa, ma il caso assume una piega inaspettata grazie all’aiuto di un giovane giurato che, con mezzi non sempre leciti e una buona dose di coraggio, reperisce nuove prove. Una Washington dalle tinte cupe e misteriose è lo sfondo perfetto per un film che vi terrà col fiato sospeso per tutti i suoi 121 minuti.

Dopo dieci lunghi anni arriva nelle sale un nuovo capitolo della saga più famosa di sempre, una nuova lotta tra Bene e Male, Lato Chiaro e Oscuro: Star Wars VII - Il risveglio della forza. Della prima trilogia ritroviamo i personaggi più amati: la principessa Leia, Han Solo, Chewbacca, Luke e C-3PO; il regista, stavolta, è J.J. Abrams. I viaggi ai confini dell’universo ci trasportano in un mondo fantastico, ricco di azione, sentimenti e di una buona dose di malvagità. Protagonista del film è una nuova generazione di eroi che si ribellano e combattono per la libertà e per un nuovo governo più giusto e armonico. Un nuovo inizio avvincente ed emozionante, retto dallo stesso filo conduttore delle altre sei pellicole: salti iperspaziali, spade laser e lotte per il potere, tutto condito con ina-spettati colpi di scena. Alla fine, resta un’unica domanda: quale lato della forza trionferà stavolta?

Ultima drammatica interpretrazione di Massimo Troisi in quello che è considerato uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. Una tranquilla isoletta campana fornisce asilo politi-co a Pablo Neruda, il quale riceve e invia quotidianamente la propria corrispondenza per mano del postino del luogo, Mario Ruoppolo. Tra i due s’instaurò un rapporto di sincera amicizia e il maestro cileno inizia Mario all’arte della poesia, insegnandogli a guardare le cose con occhi diversi. La separazione dei due, dovuta al ritiro del mandato di arresto contro Neruda, non fa che sottolineare quanto entrambi abbiano toccato il cuore dell’altro e quanto il loro incontro abbia, radicalmente o in parte, cambiato le loro vite. I caldi e bellissimi paesaggi mediterranei fanno da sfondo all’intrecciarsi di due anime in quello che più che un film, è una grande poesia.

luCio battisti 1986Don Giovanni

CINEMA

franCesCo GuCCini 1996D’amore, di morte e d’altre sciocchezze

Se vi capitasse di passeggiare senza meta per Firenze, Palazzo Pitti potrebbe essere il luogo giusto dove fermarsi. Palazzo Pitti, ex residenza del Granducato di Toscana, si trova nella zona di Oltrarno e ospita, oltre alla Galleria d’arte moderna, la Galleria Palatina, dove si possono ammirare i capolavori di Tiziano. La Galleria d’arte moderna ospita una vastissima collezione di opere dei Macchiaioli: potrete gustare Ritratto della figliastra di Fattori e il suggestivo Bagno penale a Portoferraio di Signorini, tra le altre opere. Il movimento macchiaiolo nasce a Firenze nella seconda metà dell’Ottocento. Ritenuto generalmente il corrispettivo italiano dell’impressionismo, condivide con quest’ultimo solamente l’idea di rappresentare la prima impressione. La collezione ospita anche alcune opere impressioniste, pertanto

MOSTRELORENZO COLLE

LICEO CLASSICO F. CICOGNINI

LORENZO COLLELICEO CLASSICO F. CICOGNINI

DEMETRA GREGORIARDILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

SUSPECT PRESUNTO COLPEVOLE

STAR WARS VIIIL RISVEGLIO DELLA FORZA

IL C

LASS

ICO

IL POSTINOMICHAEL RADFORD

FANT

ASCI

ENZA

THRI

LLER

PETER YATES

J.J. ABRAMS

FEDERICOLO IACONO

FEDERICOLO IACONO

CULTURA IN PILLOLE

GALLERIA D’ARTE MODERNA DI PALAZZO PITTI

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i Cani 2016Aurora

Non è un aforisma di qualche personag-gio famoso, bensì il titolo del primo album in studio degli Arctic Monkeys, prodotto nel 2006 a Londra. È un titolo eccezio-nalmente lungo per un CD di alternative o indie rock, ma si può capire che non è un caso andando a studiare più a fondo nelle tracce, tra cui infatti troviamo You probably couldn’t see for the lights but you were sta-ring straight at me: incredibile, vi sfido a ricordarla. Gli Arctic Monkeys si sono for-mati nel 2002, a Sheffield nel Regno Unito e il frontman è l’affascinante Alex Turner. Quattro anni dopo, pubblicano questo disco, di un genere originale, psichedelico e adatto a chiunque voglia crearsi una reputazione da hipster degno di questo nome. Io lo adoro. Tra le canzoni più belle Mardy bum, When the sun goes down e I bet you look good on the dancefloor. Whatever è l’inizio di un gruppo che poi si è sviluppato in maniera brillante e anticonformista, il cui sound entra nella testa e non esce più.

Cos’è davvero Aurora? Un esperimento oni-rico? Una nuova interpretazione del cosmo e della realtà? O un’appassionata analisi di quelli che sono i limiti della gioventù di que-sta generazione? Quest’album è un sincreti-smo, un vero e proprio lavoro sinergico tra tutti questi aspetti, coadiuvato da una buona dose di hipsteria - non a caso anche il titolo di uno dei primi singoli - e da un sound tanto freddo e digitale, quanto efficace, nitido e pulito. È però un album diverso dai primi, molto più maturo: i toni accesi e sopra le righe di Glamour e Il sorprendente album d’esordio dei Cani, hanno lasciato spazio a un’atmosfera più evocativa e rilassata che ha permesso a Niccolò Contessa (sì, in realtà non è un gruppo, il motivo del plurale non lo sa nemmeno lui) di dimostrare il suo talento cristallino e di analizza-re al meglio realtà come quella della droga, dell’opprimente e incessante ricerca della propria identità e soprattutto della mesta fine delle storie d’amore. Insomma, un album che soddisfa molte esigenze e esce dalla nicchia dei fedeli ascoltatori.

Ormai la Fortezza Bastiani, che domina la desolata pianura chiamata deserto dei Tartari, è una costruzione arroccata che da molti anni non subisce attacchi dai nemici. In questo ambiente Buz-zati delinea perfettamente Giovanni Drogo, permettendo al lettore di seguire lo sviluppo delle sue idee ed emozioni. Giovanni si reca alla Fortezza come tenente, mosso da curiosità e desiderio di gloria, ma pian piano si viene a conoscenza della vita triste e monotona di quel luogo, di come il tempo scorra inesorabile tra inutili falsi allarmi e di come i soldati insistano tenacemente nel credere in qualcosa che non accadrà mai. In questo clima, non si può fare a meno di immedesimarsi in Giovanni che, anche se deluso, rimane affascinato da questa vita. Un libro interessante, ricco di descrizioni e di dettagli, da cui scaturiscono innumerevoli spunti di riflessione sul senso della vita.

Benjamin Malausséne è un fantastico capro espiatorio. Un perfetto scarica-barile. Qualcuno a cui puoi sempre affibbiare i lavori più infimi. Non compatitelo troppo, viene pagato per questo. Lavora al Grande Magazzino di Parigi e mantiene la sua numerosa e improponibile famiglia (e il grosso grasso cane Julius). Tutto fila liscio, fin quando nel centro commerciale iniziano a scoppiare delle bombe, e potete immaginare chi viene incolpato. Omicidi a regola d’arte, senza un filo conduttore. O quasi. Pennac racconta con una scrittura ironica, concisa (è un autore che non ama troppo gli indugi) e al tempo stesso geniale, nascondendoci la storia fino a quando non arriva al nucleo. Da quel momento, le nubi si diradano e si colgono le sfumature più profonde, e anche il più piccolo intervento sarà tutt’altro che banale. Finirete per adorare la famiglia Malausséne e, magari, diventare parte di essa.

Il destino di Kate, Michael ed Emma, segnato da dieci anni di orfanotrofi, è indissolubilmente vincolato a una profezia che li designa come unici capaci di riunire altrettanti antichissimi toni di magia, i Libri dell’Inizio. Con l’arrivo all’istituto di Cambridge Falls, però, tutto cambia. Unici inquilini di una casa enorme, i fratelli s’imbattono in un volume dalla copertina verde, L’atlante di smeraldo, che li catapulta nella Cambridge Falls di quindici anni prima, in balia di una contessa bella ma crudele. Iniziano così le peripezie dei tre protagonisti che, nell’opera esordio di John Stephens e nei due sequel L’atlante di fuoco e L’atlante di tenebra, andranno alla ricerca dei libri nel presente e nel passato, incontrando elfi, gnomi, maghi e troll, e cercando, nonostante tutto, di crescere e districarsi tra imprese eroiche e vicende d’amicizia e d’amore.

è possibile confrontare gli stili e cogliere la profonda diversità che esiste tra i due movimenti. Al contrario dei pittori francesi, interessati a cogliere il divenire perpetuo della natura, i macchiaioli cercavano infatti di replicare la solidità delle forme e dei volumi, tratto che ha sempre caratterizzato la scuola fiorentina (si pensi alla solidità dei corpi di Masaccio). Inoltre, di spiccatamente mediterraneo le opere macchiaiole hanno i colori: le scene si giocano sui toni del marrone e del giallo per rendere il calore della luce italiana. Vale la pena, per approfondire questo movimento, una visita a Palazzo Pitti, senza contare che la struttura che ospita le Gallerie è interessante da visitare quanto le Gallerie stesse, soprattutto il Giardino di Boboli, di cui le finestre del Palazzo offrono bellissimi scorci.

LIBRI

BIANCA NESILICEO CLASSICO F. CICOGNINI

VALENTINA SACCOMANDOLICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

DEMETRA GREGORIARDILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

IL DESERTO DEI TARTARIDINO BUZZATI

IL PARADISO DEGLI ORCHIDANIEL PENNAC

L’ATLANTE DI SMERALDOJOHN STEPHENS

IL CLASSICOTHRILLER

FANTASY

SARA BICHICCHILICEO SCIENTIFICO N. COPERNICO

artiC monkeys 2006Whatever people say I am, that’s what I’m not

DEMETRAGREGORIARDI

FEDERICOLO IACONO

CULTURA IN PILLOLE

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«Mi chiamo Alex Parrish. Proteggere il nostro paese era il mio sogno, ma la mia vita è cambiata drasticamente. É cominciato tutto nove mesi fa all’accademia dell’FBI. Non pensavo che prima di dover salvare il nostro paese, avrei dovuto salvare me stessa. Ho bisogno di scoprire la verità!». In questo modo comincia ogni episodio di Quantico: l’attesissima serie del 2015 che ha conquistato più di sette milioni di telespettatori. Alex Parrish, una promettente recluta dell’accademia dell’FBI, viene ritrovata priva di sensi tra le macerie della stazione Grand Central, vittima di un attentato terroristico.

Quando i generi horror e comico si uniscono, non può nascere nient’altro che una serie con i fiocchi! Ideata dai produttori di Glee e American Horror Story, Scream Queens è considerata una delle serie più originali e appassionanti del 2015. Le prime scene del pilota sono ambientate nel 1995: una ragazza partorisce in una vasca da bagno durante una festa della confraternita Kappa Kappa Tau. Dinanzi all’indifferenza delle sue consorelle, questa muore e tutta la faccenda viene

Stessi protagonisti, stessi luoghi, tempo diverso: Sherlock, la serie televisiva che racconta le avventure del giovane e intelligentissimo detective e del suo assistente Watson, non è altro che una rappresentazione dei romanzi gialli di Arthur Conan Doyle in chiave moderna e intrigante. Le vicende si svolgono infatti in una Londra del presente, piena di misteri e crimini che aspettano soltanto di essere risolti. Sherlock e Watson saranno dunque alle prese

QUANTICO

SCREAM QUEENS

SHERLOCK

con menti criminali molto pericolose e capaci di ogni cosa, che allo stesso tempo renderanno la serie originale e ricca di colpi di scena. Ambientare un classico come le opere di Doyle ai nostri giorni sembrerebbe impossibile, eppure questa serie televisiva è semplicemente perfetta. Se amate il genere giallo investigativo, o comunque vi piace il personaggio di Sherlock, questa è indubbiamente la serie che fa al caso vostro.

nascosta e dimenticata. Subito dopo questo flashback veniamo catapultati nel campus dell’università di Wallace, in cui un misterioso killer vestito da Red Devil miete una vittima dopo l’altra all’interno della confraternita. Sembra proprio che questa serie di uccisioni sia collegata a ciò che avvenne in passato, non è vero? Insomma, Scream Queens è una serie che appassiona, che vuole incutere timore ma anche far divertire; se volete saperne di più non vi resta che guardarla!

APPUNTAMENTO COL DIVANO

Perché questa donna si trovava lì? É lei la colpevole o è stata incastrata da qualcuno? Questo attacco sarà il primo di una serie? I dubbi sono tanti, e aumentano di puntata in puntata, a tal punto che non vedrete l’ora di guardare il nuovo episodio! Tra intrighi e menzogne, false amicizie e storie d’amore, le vicende si sviluppano in una New York del 2016 in cui non ci si può fidare di nessuno: nonostante tutte le reclute siano brillanti e preparate, sembra davvero impossibile che uno di loro abbia avuto in mente di progettare il più grande attacco terroristico dopo l’attentato dell’11 settembre 2001.

MICHELE VISCONTILICEO SCIENTIFICO C. LIVI

ILLUSTRAZIONIREGINA BOCCARDI

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Un itinerario dunque variegato ed economico, che riuscirà a soddisfarvi in più di un’occasione, offrendovi divertimenti inaspettati e facendovi scoprire sapori che rievocheranno paesaggi esotici anche nel grigiore cittadino. Concedetevi quindi una pausa e lasciate che il vostro spirito si ristori dopo una giornata di lavoro o di studio: adesso finalmente sapete dove andare!

FARID Località: ●●●○○ | Atmosfera: ●●●●○ Prezzi: ●●●●○ | In una parola: istituzione

Ormai un’istituzione nel panorama gastronomico pratese, il semplice e accogliente locale del centro non ha perso il suo fascino e lo spirito d’iniziativa che lo contraddistinguono fin dagli inizi. Il gestore è ormai noto a tutti i cittadini, tanto da essere ormai divenuto più celebre del sindaco (ruolo che gli è stato proposto più volte, ma che non ha mai accettato perché temeva lo distraesse dalla sua attività), e la sua attività di marketing tramite Facebook si è rivelata una delle più riuscite degli ultimi anni sul panorama economico mondiale. Unite a tutto questo un kebab dal gusto inconfondibile e una tv che trasmette continuamente programmi arabi, e capire il successo di Farid non sarà complicato.

LA STAZIONE Località: ●●●○○ | Atmosfera: ●●●●○ Prezzi: ●●●●● | In una parola: poetico

Dietro al fascino malinconico dei binari arrugginiti e dello stridere dei treni diretti a Santa Maria Novella “allontanarsi dalla linea gialla” si nasconde un mondo inesplorato e forse ancora più ammaliante. All’interno del parcheggio della stazione, infatti, potrete specialmente di notte (quando la poesia dell’ambiente si esprime in tutta la sua magnificenza) dilettarvi nella “caccia alle siringhe”, disciplina nobilissima e che assicura la giusta adrenalina a tutte le età; per i più temerari, da segnalare la “caccia al drogato” - insomma, ce n’è per tutti i gusti!

Troppo spesso si leggono guide tur is t iche che elogiano i posti caratteristici di una città, che poi non sono caratteristici per niente: basta con questa mania

di conformismo, basta con gli elogi dei solo apparentemente “angolini tipici”, dei grigi e omologati locali falsamente radical chic che da Parigi a Dubai spuntano come funghi soffocando i posti che davvero meritano di essere visitati - è il momento che qualcuno si prenda la responsabilità di descrivere seriamente le attrazioni di una città.

ITINERARIO 1 - Sport&Gastronomia

LONELYPRATO

Armi e corazze medievali, profumi e sapori toscani, vini speziati e corposi: con queste parole sembra quasi di rievocare

l’atmosfera di una taverna fiorentina dell’anno mille, ma non è niente di tutto ciò: non ci sono gigli rossi e non si vede lo scorcio del campanile di Giotto.Messer Lampredotto è proprio dietro il castello dell’imperatore e soprattutto non ci sono né giullari saltellanti ed ubriachi né belle dame da corteggiare né tantomeno cavalieri cortesi e innamorati.È però il luogo per innamorarsi del cibo, per corteggiare la trippa, l’inzimino e i fagioli all’uccelletto; è il luogo in cui ci si lascia vincere dai panini con la porchetta e la salsa ai porcini, ma é anche il luogo in cui ci si consola con un vino magico, che ammalia le papille gustative e ci fa superare i dolori della lotta.In questo punto di ristoro la tradizione, la favola e il cibo buono sono colorati anche da forti e calde tinte d’ospitalità: tra un boccone e l’altro si dimentica che la trippa che stiamo mangiando non è quella della nonna e che il portone dell’entrata affaccia in un vicolo del pieno centro.Dimenticavo una cosa non poco importante: potete andarci anche senza troppi denari, il che non può esser che un pregio...

GIOVANNI ABATILICEO CLASSICO F. CICOGNINI

PIATTO RICCO MI CI FICCO

VADEMECUM CULINARIO PER GLI STUDENTI PRATESI

FEDERICO LO IACONOLICEO CLASSICO F. CICOGNINI

È proprio lo giusto posto se vi sentite stuzzicati da lo forte senso de la fame...

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PESCI

Attenti a non farvi pren-dere all’amo: sia in lavo-ro che in amore qualcuno cercherà di abbindolar-vi, sfruttando la vostra allergia e proponen-dovi offerte truffaldine.

Rifiutatele tutte (giusto per curiosità, in caso, rigiratele a noi: non siamo poi così infallibili…).

ARIETEVi aspetta un mese pieno di soddisfazioni, se riusci-rete a portare a termine i vostri obiettivi. L’influenza di Alpha Centauri vi por-terà fortuna sul lavoro,

sempre che il vostro capo non decida di licenziarvi. In salute, attenti alle allergie.

TOROL’indole focosa del Toro difficilmente s’incontra con la delicata aria pri-maverile.. Questo mese potrà riservarvi imprevi-sti. Attenti!

GEMELLISegno doppio, fortuna doppia! Il vostro atteg-giamento sarà fonda-mentale per il miglior sfruttamento possibile del favorevole allineamento fra Plutone, Marte e il

calzino spaiato del vostro vicino. Quando uscite, tuttavia, ricordatevi di stare attenti al polline per evitare le allergie!

CANCROLa vostra vita sarà in-fluenzata dagli influssi della Luna, anche se voi non la volete mica - esat-tamente dodici ore, venti-sette minuti e tre secondi

dopo aver letto questo oroscopo, vi acca-drà uno straordinario evento; dovete solo saperlo cogliere. Attenzione alle allergie!

SAGITTARIOCome Cupido, anche voi scaglierete la vostra freccia d’amore, ma se non v’impegnate non avrà effetto. Corteggiate la persona

che amate (senza badare all’allergia

CAPRICORNOMezza capra e mez-zo corno, questo se-gno affronterà un mese altalenante sot-to tutti i punti di vista. A scuola, se non stu-

diate diventerete una mezza capra; in amore, potrebbero mettervi mezze corna. Potreste beccarvi un’allergia tutta intera.

ACQUARIOIl vostro segno non è ca-suale: in un acquario si cambia spesso l’acqua, ed anche voi dovete

agire così. Non stiamo parlando di “cam-biare spesso” o altre buffonate del genere, ovviamente: dovete solamente bere di più. Fa bene, depura e vi aiuterà a combattere la brutta allergia di metà mese.

LEONEIl ruggito del Leone per questo mese si fa sentire decisamente meno. Ad una brutta allergia, infatti, si aggiungono tutta una serie d’imprevisti che met-teranno in dubbio il vostro ruolo di re della giungla.

VERGINEL’ascendenza di Vene-re - che, oltre al pianeta puzzolente, sappiamo tutti essere la dea del sesso - non fa bene al vo-stro segno casto e puro. State attenti alle buche per strada e fate scorta di fazzoletti per l’allergia!

BILANCIAQuesto mese per voi è dolceamaro. Da un lato, avrete soddisfazioni sul lavoro e in amore, e

troverete pure un nuovo ristorantino niente male. Sull’altro piatto della Bilancia, un’al-lergia piuttosto fastidiosa potrebbe com-promettere la vostra felicità.

SCORPIONEAffrontate questo mese con positività (a meno che non andiate a fare il test per l’HIV) e vedrete che tutto filerà liscio. Le stelle sono con voi (piutto-sto invadenti, dobbiamo

dire) e se prenderete l’iniziativa non avrete di che preoccuparvi: se avete litigato con qualcuno, fateci pace e vi ascolterà (oppu-re uccidetelo e nessuno sospetterà mai di voi). Prestate attenzione alle allergie!

21 marzo - 20 aprile

21 aprile - 20 maggio

21 maggio - 21 giugno

22 giugno - 22 luglio

23 settembre - 22 ottobre

23 ottobre - 22 novembre

21 gennaio - 19 febbraio

20 febbraio - 20 marzo

23 novembre - 21 dicembre

23 luglio - 23 agosto

24 agosto - 22 settembre

22 dicembre - 20 gennaio

che si farà sentire): regali, doni e viaggi sono particolarmente indicati. Per chi non vuole assolutamente rischiare, in cambio di un cospicuo bonifico possiamo spedire l’esclusivo “Kit dell’Amante” (comprendente rose rosse, cioccolatini e una lunga serie di complimenti prefabbricati).

GIOVANNI ABATILICEO CLASSICO F. CICOGNINI

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DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Caciagli

COMITATO DI REDAZIONE Gabriele Nunziati Federico Lo Iacono

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Valentina Saccomando Siria Toccafondi

Gaia Vaniglia Tomassoli Michele Visconti

FOTOGRAFIE Francesca Gelli Teodoro Guerrini Matilda Martini

ILLUSTRAZIONI Regina Boccardi

I ritratti degli autori sono di Andrea Barattin

GRAFICA Matteo Fiorino Sara Becagli

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