la formazione nel sistema apprendistato - parte 2

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contesto 121 Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina il contesto 1. IL CONTESTO 1.1 Il Sistema Apprendistato e le sue trasformazioni L’elemento che caratterizza e qualifica il contratto di apprendistato è il diritto/dovere alla formazione. Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire all’apprendista la formazione neces- saria per acquisire le competenze professionali adeguate al ruolo e alle attività per cui è sta- to assunto. L’apprendista ha l’obbligo di frequentare i corsi di formazione che gli vengono impartiti da personale qualificato. Negli ultimi dieci anni il contesto normativo si è trasformato e evoluto, e la crisi economi- ca di questi ultimissimi anni indurrà ulteriori modificazioni ed evoluzioni al Sistema Appren- distato, ma l’impianto complessivo e le sue finalità e non potranno essere stravolti. Il punto fermo continuerà ad essere la strategia indicata da Consiglio europeo straor- dinario tenutosi nel marzo 2000 a Lisbona: per far fronte ai mercati emergenti, alle nuo- ve tecnologie, alle politiche basate sulla riduzione dei costi di produzione, l’Europa dovrà fondare la società e l’economia sul “sapere”. L’alternanza azienda/aula, pratica/riflessione che caratterizza l’apprendistato costituisce un’occasione particolarmente favorevole per lo sviluppo di conoscenze, di abilità, di competenze, di “ sapere”. UPT opera da oltre dieci anni nel Sistema Apprendistato per i settori Commercio e Ser- vizi aziendali. Ha erogato formazione nel così detto “vecchio apprendistato”, quando per gli Apprendisti erano previsti blocchi di moduli da 80 o 120 ore/anno, ha partecipato alla fase sperimentale del “nuovo apprendistato”, eroga formazione oggi, all’interno del nuovo Sistema. Gli Apprendisti in carico sono più che raddoppiati rispetto a solo quattro anni fa. I dati di aziende, apprendisti, tutori, piani formativi, allegati vari sono cresciuti più che propor- zionalmente. Le ore erogate sono più che raddoppiate e l’offerta formativa satura ormai l’intera domanda. Insomma, l’attività è cresciuta fortemente. Ma ancor più è cresciuta la sua complessità. La novità del Piano Formativo Individuale, la possibilità data alle aziende di erogare diret- tamente parte della formazione formale, il riconoscimento più esplicito della caratteristica di formazione in alternanza, l’intreccio più stretto tra i soggetti in campo, il tutore dell’alternan- za e il suo ruolo di presidio dell’alternanza e di consulenza alle aziende. Tutto questo obbliga a ragionare in modo diverso rispetto ad alcuni anni fa. La logica non può essere quella di “erogare unità formative”, ma quella di assumersi la responsabilità di seguire ciascun Apprendista nel suo percorso di crescita personale e professionale, di contribuire a rendere coerente l’attività (lavorativa e formativa) svolta in azienda e l’attività formativa svolta presso UPT, di contribuire alla crescita, nelle aziende, di una “cultura della formazione” e dei metodi e delle tecniche necessarie per praticarla. É necessario innescare un circolo virtuoso in cui lo sviluppo di cultura della formazione, la qualità dell’offerta formativa, la percezione di tale qualità possano vicendevolmente sti- molarsi e arricchirsi. UPT ha in carico oggi oltre duemila Apprendisti. Dispone di oltre cento Formatori e di un- dici Tutori dell’alternanza. Può fare riferimento ad un Catalogo di offerta (che per il prossimo anno formativo sarà ulteriormente arricchito e migliorato) di oltre centoventi moduli. É evidente l’importanza di garantire a UPT, nella sua attività di formazione e consulenza alle aziende, un denominatore comune rispetto all’idea di fondo sull’apprendistato, all’im- postazione scientifica, all’impianto metodologico, alle strategie formative da mettere in atto. Per muoversi e operare secondo questa “nuova logica” e per rispondere ai cambia- menti che hanno investito il Sistema Apprendistato non è più sufficiente sforzarsi a “gestire meglio” l’attuale sistema: va costruito insieme un sistema che ridefinisca obiettivi, priorità, competenze necessarie, strumenti, modalità di azione e modalità di coordinamento. 1.2 Le iniziative formative L’iniziativa formativa della primavera 2009 è stato l’inizio di questo sforzo di ridefinizione e di miglioramento del sistema di offerta UPT nel Sistema Apprendistato.

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Un manuale delle buone prassi: uno dei tanti già in circolazione? Non penso proprio, anche perché, se è vero che i Manuali hanno un loro format ed una loro caratterizzazione da “strumento di pronto intervento”, i Manuali delle buone prassi, per loro natura, non possono essere una reciproca replica di altri. E’ proprio qui la novità: un Manuale di questo tipo può solo per analogia di impostazione metodologica riferirsi ad altri “modelli”, ma non potrebbe essere simile ad altri.

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121Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

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1. ILCONTESTO

1.1 Il Sistema Apprendistato e le sue trasformazioni

L’elemento che caratterizza e qualifica il contratto di apprendistato è il diritto/dovere alla formazione. Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire all’apprendista la formazione neces-saria per acquisire le competenze professionali adeguate al ruolo e alle attività per cui è sta-to assunto. L’apprendista ha l’obbligo di frequentare i corsi di formazione che gli vengono impartiti da personale qualificato.

Negli ultimi dieci anni il contesto normativo si è trasformato e evoluto, e la crisi economi-ca di questi ultimissimi anni indurrà ulteriori modificazioni ed evoluzioni al Sistema Appren-distato, ma l’impianto complessivo e le sue finalità e non potranno essere stravolti.

Il punto fermo continuerà ad essere la strategia indicata da Consiglio europeo straor-dinario tenutosi nel marzo 2000 a Lisbona: per far fronte ai mercati emergenti, alle nuo-ve tecnologie, alle politiche basate sulla riduzione dei costi di produzione, l’Europa dovrà fondare la società e l’economia sul “sapere”. L’alternanza azienda/aula, pratica/riflessione che caratterizza l’apprendistato costituisce un’occasione particolarmente favorevole per lo sviluppo di conoscenze, di abilità, di competenze, di “ sapere”.

UPT opera da oltre dieci anni nel Sistema Apprendistato per i settori Commercio e Ser-vizi aziendali. Ha erogato formazione nel così detto “vecchio apprendistato”, quando per gli Apprendisti erano previsti blocchi di moduli da 80 o 120 ore/anno, ha partecipato alla fase sperimentale del “nuovo apprendistato”, eroga formazione oggi, all’interno del nuovo Sistema.

Gli Apprendisti in carico sono più che raddoppiati rispetto a solo quattro anni fa. I dati di aziende, apprendisti, tutori, piani formativi, allegati vari sono cresciuti più che propor-zionalmente. Le ore erogate sono più che raddoppiate e l’offerta formativa satura ormai l’intera domanda. Insomma, l’attività è cresciuta fortemente. Ma ancor più è cresciuta la sua complessità.

La novità del Piano Formativo Individuale, la possibilità data alle aziende di erogare diret-tamente parte della formazione formale, il riconoscimento più esplicito della caratteristica di formazione in alternanza, l’intreccio più stretto tra i soggetti in campo, il tutore dell’alternan-za e il suo ruolo di presidio dell’alternanza e di consulenza alle aziende.

Tutto questo obbliga a ragionare in modo diverso rispetto ad alcuni anni fa.La logica non può essere quella di “erogare unità formative”, ma quella di assumersi

la responsabilità di seguire ciascun Apprendista nel suo percorso di crescita personale e professionale, di contribuire a rendere coerente l’attività (lavorativa e formativa) svolta in azienda e l’attività formativa svolta presso UPT, di contribuire alla crescita, nelle aziende, di una “cultura della formazione” e dei metodi e delle tecniche necessarie per praticarla.

É necessario innescare un circolo virtuoso in cui lo sviluppo di cultura della formazione, la qualità dell’offerta formativa, la percezione di tale qualità possano vicendevolmente sti-molarsi e arricchirsi.

UPT ha in carico oggi oltre duemila Apprendisti. Dispone di oltre cento Formatori e di un-dici Tutori dell’alternanza. Può fare riferimento ad un Catalogo di offerta (che per il prossimo anno formativo sarà ulteriormente arricchito e migliorato) di oltre centoventi moduli.

É evidente l’importanza di garantire a UPT, nella sua attività di formazione e consulenza alle aziende, un denominatore comune rispetto all’idea di fondo sull’apprendistato, all’im-postazione scientifica, all’impianto metodologico, alle strategie formative da mettere in atto.

Per muoversi e operare secondo questa “nuova logica” e per rispondere ai cambia-menti che hanno investito il Sistema Apprendistato non è più sufficiente sforzarsi a “gestire meglio” l’attuale sistema: va costruito insieme un sistema che ridefinisca obiettivi, priorità, competenze necessarie, strumenti, modalità di azione e modalità di coordinamento.

1.2 Le iniziative formative

L’iniziativa formativa della primavera 2009 è stato l’inizio di questo sforzo di ridefinizione e di miglioramento del sistema di offerta UPT nel Sistema Apprendistato.

■ contesto

122 La formazione nel sistema apprendistato

I suoi obiettivi erano:• conoscere meglio il sistema apprendistato e le sue prospettive;• riconoscere le peculiarità dell’utenza dei corsi apprendistato e l’opportunità di favorire

l’apprendimento in alternanza;• riconoscere/acquisire competenze metodologiche che devono caratterizzare il formato-

re nel sistema apprendistato;• porre le basi per attivare un’esperienza di “laboratorio” al fine di favorire il trasferimento

degli aspetti metodologici in “tecniche” e “buone pratiche”.

L’iniziativa si è sviluppata in tre parti:• Sistema apprendistato e prospettive (dott. Luigi Pitton)• Peculiarità dell’utenza dei corsi Apprendisti (dott. Sandro Rampa)• La metodologia e la figura del Formatore (prof. R. Di Nubila e dott. M. Fedeli)• Le competenze del formatore (prof. R. Di Nubila e dott. M. Fedeli)• Il “laboratorio”: luogo e occasione per il trasferimento degli aspetti metodologici in tecni-

che e “buone pratiche” (prof. R. Di Nubila e dott. M. Fedeli)Il corso ha coinvolto 40 Formatori per una durata di 23 ore. Ha aiutato a ridefinire e ar-

ricchire l’idea di formazione in apprendistato, il ruolo e le competenze del Formatore, l’idea di metodologia, di didattica. Ma ha soprattutto aiutato a capire che per sviluppare le nostre competenze (così come per l’Apprendista) è necessario allestire luoghi e occasioni che ci permettano di riflettere e confrontarci sulla nostra esperienza di Formatori e di applicare e sperimentare in aula le concettualizzazioni che emergono dalla riflessione. Luoghi che per-mettano di riunire pensiero e azione, pensiero e didattica.

L’iniziativa formativa è proseguita quindi nel 2009-2010 secondo modalità diverse.

1.ATTIvITàdILAbOrATOrIOCostituzione di un gruppo (inevitabilmente) ristretto di Formatori che, attraverso il lungo

lavoro di riflessione e confronto in “Laboratorio”, potessero rafforzare e arricchire il proprio “bagaglio metodologico”, le proprie “competenze didattiche”, la capacità di apprendere dall’esperienza in un ciclo significativo di riflessione e rielaborazione sulla stessa, la capacità di “trasferire” tale metodologia nella formazione agli apprendisti.

Tempo dedicato all’iniziativa: sette incontri di laboratorio per un totale di 52 ore

2.FOrmAzIONE/COOrdINAmENTOFOrmATOrIIncontri generali tra tutti i Formatori con l’obiettivo di sviluppare consapevolezza sulle pe-

culiarità del Sistema Apprendistato e sul ruolo del Formatore al suo interno; sull’importanza di gestire l’aula secondo un impianto metodologico coerente e condiviso, in possesso di strumenti comuni che favoriscano omogeneità e efficacia all’azione formativa.

Tempo dedicato all’iniziativa: tre incontri per un totale di 12 ore

3.FOrmAzIONENuOvIFOrmATOrIPer rispondere rapidamente ai bisogni formativi di nuovi Formatori coinvolti nella forma-

zione agli Apprendisti e per garantire fin da subito un minimo di omogeneità metodologica e didattica tra i Formatori UPT è stato loro rivolto un corso di formazione di base.

Tempo dedicato all’iniziativa: cinque incontri per un totale di 8 ore

4.FOrmAzIONETuTOrIdELL’ALTErNANzAPartecipazione al corso di formazione organizzato da Agenzia del Lavoro sul ruolo del

tutore e sulle competenze necessarie per esercitarlo efficacemente.Dei dodici Tutori dell’alternanza che operano per UPT, sette sono anche componenti

del gruppo Laboratorio. In quella sede, ed in particolare nell’incontro dedicato agli intrecci tra attività del Formatore e attività del Tutore dell’alternanza, si è lavorato intorno alla con-sapevolezza della centralità del proprio ruolo nel processo di crescita professionale degli Apprendisti e di sviluppo delle competenze formative delle Aziende; della necessità di tro-vare modalità di raccordo con i Formatori e con i Tutori Aziendali per garantire significato, rigore ed efficacia al processo di misurazione, valutazione e certificazione delle competenze acquisite dagli Apprendisti.

Tempo dedicato all’iniziativa: 16 ore corso Agenzia del Lavoro e 8 ore di Laboratorio per un totale di 24 ore.

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123Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

1.3 Gli strumenti

ILmANuALE

Uno degli obiettivi del Laboratorio era produrre un “Manuale delle buone prassi”. Uno “strumento di lavoro” che dovrà aiutare a progettare, gestire, valutare l’intervento formativo. Contiene:• le fondamentali note relative al “pensiero” che deve precedere e accompagnare l’azione

del Formatore;• l’impianto metodologico che deve caratterizzare la formazione nel Sistema Apprendista-

to;• alcune “buone prassi” relative a modalità operative che si sono rivelate efficaci per la

soluzione di problemi che caratterizzano la gestione dell’aula e per favorire il processo di apprendimento;

• le fondamentali attenzioni per gestire la relazione con le Aziende, soprattutto intorno ai processi relativi alla definizione dei fabbisogni formativi, delle risposte didattiche a tali bisogni, della valutazione dell’efficacia degli interventi, della certificazione delle compe-tenze acquisite dagli apprendisti

ILSISTEmAdIvErIFICAEvALuTAzIONEdELL’EFFICACIAdELL’INTErvENTOFOrmATIvO

Grazie alle esperienze formative in atto, è andata progressivamente crescendo la neces-sità di costruire un sistema di verifica e valutazione coerente con l’impianto metodologico/didattico che sta iniziando a caratterizzare (e dovrà sempre più caratterizzare) l’attività di formazione nel Sistema Apprendistato UPT. Per rispondere a tale bisogno, nel periodo gennaio-aprile 2010 è stato progettata e costruita una nuova ipotesi di impianto. Le sue caratteristiche sono:• come detto, essere coerente con l’impianto metodologico che sempre più caratterizzerà

l’attività di formazione nel sistema apprendistato UPT;• porsi all’interno del processo di formazione (e non, come quello attuale, solo al termine

del percorso), e costituire quindi un’occasione di riflessione e di miglioramento del lavoro che si sta facendo con l’aula;

• costituire, sia per l’Apprendista che per il Formatore, non solo un momento di valutazio-ne, ma anche uno strumento di autovalutazione;

• costituire un più efficace strumento di osservazione/valutazione/miglioramento dei pro-cessi formativi.L’obiettivo era sostituire l’attuale Modulistica pensata in parte da Agenzia del Lavoro (e

utilizzata da tutti i centri) e in parte da UPT, per rispondere alle proprie necessità di verifica di conformità dettate dal Sistema Qualità interno.

Nonostante diversi tentativi, non è stato fino ad ora possibile trovare un equilibrio tra il bisogno di risposte intorno a parametri relativi alla “qualità” interna e a parametri relativi alla modalità di conduzione del processo e alla sua efficacia. É necessario continuare a ricercare soluzioni che semplifichino e riducano la modulistica, ma che rispondano anche al bisogno di verificare le modalità di conduzione del processo formativo e i suoi esiti in termini di “apprendimenti”.

Nel frattempo non resta che utilizzare in parallelo i due strumenti, con l’attenzione che ciascuno di essi sia realmente finalizzato a valutare elementi di propria competenza.

La proposta di nuovo impianto di valutazione è riportata al capitolo 5.1

TrACCIApErLAprOgrAmmAzIONE/COOrdINAmENTOdELL’IN-TErvENTOFOrmATIvO

Le caratteristiche della nostra utenza e la particolarità degli obiettivi degli interventi for-mativi nel Sistema apprendistato da un lato rendono impossibile una programmazione det-tagliata (nei contenuti, nei metodi, nelle tecniche, negli strumenti) del percorso, dall’altra

■ contesto

124 La formazione nel sistema apprendistato

richiedono un impianto logico comune che valorizzi, ancor più dei contenuti, metodi e pro-cessi.

In questa logica, al fine di rafforzare consapevolezza e competenze intorno alle modalità di gestione delle unità formative e in particolare al fine di garantire coerenza ed efficacia ai percorsi formativi che prevedono l’intervento di due o più formatori è stato pensato uno strumento che potrà servire da traccia per la programmazione individuale del modulo e per la conduzione delle riunioni di programmazione/coordinamento dei moduli che coinvolgono più Formatori.

La proposta dello strumento è riportata al capitolo 5.2

ILgLOSSArIOCon l’intento di favorire il necessario confronto di idee tra Formatori, Tutori dell’alter-

nanza, Apprendisti e Tutori aziendali proponiamo alcune prime definizioni che potranno costituire l’inizio della costruzione comune di un “glossario” per la formazione nel Sistema Apprendistato.

La proposta dello strumento è riportata al capitolo 5.3

1.4 La necessità di garantire coerenza alle azioni

Un anno ricco di attività quindi:• abbiamo riflettuto sul significato della formazione in apprendistato,• abbiamo costruito un quadro teorico metodologico che potrà dare senso e coerenza al

nostro lavoro,• abbiamo definito un impianto metodologico che potrà guidare la nostra attività di forma-

tori,• ci siamo confrontati e abbiamo ragionato sulle modalità operative attraverso le quali

gestire concretamente il processo di formazione e ne abbiamo riconosciute alcune che possono essere riutilizzate e trasferite (le “buone prassi”),

• abbiamo proposto un sistema di verifica e valutazione della qualità dell’offerta formativa coerente con l’impianto metodologico che deve caratterizzarla,

• abbiamo proposto una modalità per la gestione della programmazione formativa e dei coordinamenti che la precedono,

• abbiamo riconosciuto le strette interdipendenze tra attività svolta dal Formatore e l’atti-vità svolta dal Tutore dell’alternanza,

• abbiamo individuato le azioni che possono favorire l’intreccio virtuoso tra le due attività,• abbiamo individuato nodi, criticità, possibili soluzioni migliorative nel rapporto formazio-

ne-organizzazione.La qualità del servizio reso agli Apprendisti e alle aziende dipenderà da ciascuna di que-

ste attività, ma dipenderà soprattutto dalla capacità di garantire ad esse coerenza rispetto ad una direzione chiara e condivisa.

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125Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

2. ESSErEFOrmATOrINELSISTEmAApprENdISTATO

2.1 IL PENSIERO METODOLOGICO - STRATEGICOQuALEIdEASOSTIENELANOSTrAprOpOSTAdIdATTICA?

Prima ancora di confrontarci sui metodi, sulle tecniche, sugli strumenti, è necessario confrontarci su un problema di fondo: quale idea abbiamo del nostro lavoro di formatori ed in particolare di “formatori nel sistema apprendistato”?

É importante, perché l’idea sul nostro lavoro influirà inevitabilmente sulle nostre scelte, sul nostro operare, sulla nostra motivazione, sulla nostra disponibilità ad investire.

Intorno a questo problema abbiamo iniziato a lavorare nel corso tenuto dal prof. Renato Di Nubila lo scorso anno e abbiamo proseguito nei primi incontri di Laboratorio di quest’an-no. Il materiale prodotto lo scorso anno è a disposizione di tutti i Formatori e costituisce parte integrante anche del presente lavoro.

Il nostro lavoro si svolge in un contesto particolare, il Sistema Apprendistato. Dobbiamo conoscerne quantomeno gli aspetti più importanti, la sua filosofia di fondo, le tendenze, le finalità, gli obiettivi.

In aula troviamo Apprendisti, dobbiamo conoscerne le principali caratteristiche. Il fatto di essere giovani lavoratori, di essere -per contratto- in “alternanza” azienda-aula, di essere nelle condizioni di mettere in campo un’ampia varietà di esperienze di vita e di lavoro, co-noscenze, emozioni, intelligenze. Valorizzare tali risorse, partire da esse, è la condizione per un lavoro efficace. A queste condizioni tutti sono più motivati, disponibili ad apprendere, a crescere. É necessario quindi adottare, in tutti i contesti che lo rendono possibile, il “metodo dell’alternanza” come strategia per la costruzione di saperi complessi e diversi.

Ogni persona ha un proprio stile, una propria modalità di approccio all’apprendimento. Questa consapevolezza è fondamentale per un formatore che deve confrontarsi con l’aula: conoscere e saper individuare gli stili facilita l’opera di chi ha il ruolo di facilitatore dell’ap-prendimento.

Sia il processo di formazione che il processo di apprendimento, per avvenire in modo efficace, richiedono intenzionalità. L’aula di apprendisti in formazione richiede un’attenzione particolare all’apprendimento, il formatore, più che docente, deve essere un “allestitore di spazi e di situazioni” favorevoli allo sviluppo dell’apprendimento, deve essere un “facilitato-re” dell’apprendimento.

L’insieme di queste consapevolezze (tanto meglio se frutto di esperienza, studio, rifles-sione, confronto) costituisce il pensiero metodologico che deve stare alla base del nostro operare. Un pensiero comune, un modo comune di intendere specificità e caratteristiche del nostro lavoro di formatori.

E queste consapevolezze passano anche attraverso le parole, attraverso i linguaggi che utilizziamo. Fino a quando continueremo a chiamare gli apprendisti “studenti” o “allievi”, a chiamare l’aula “classe”, a chiamare le competenze/obiettivo “programma”, fino a quando continueremo a pensare al “modulo” in termini di contenuti piuttosto che di occasione per sviluppare competenze…, faremo fatica a esercitare coerentemente il nostro ruolo di for-matori per l’alternanza e per l’apprendistato.

La ricerca operativa effettuata nei primi incontri di “Laboratorio” era finalizzata a ricercare alcune “regole” che conferissero una logica al nostro lavoro di Formatori. L’intento era arri-vare a condividere con tutti i formatori questa logica per dare ordine alle azioni concertate e finalizzate all’obiettivo.

Abbiamo iniziato ragionando sugli elementi che distinguono e differenziano il ruolo di docente nell’Istruzione o nella Formazione professionale e il ruolo di Formatore nel sistema apprendistato.

La Scuola ragiona in termini di programma: programma di prima, di seconda ecc… Per fare la seconda è necessario aver assimilato il programma di prima, per fare la terza quello di seconda ecc…, a fine ciclo è previsto un esame attraverso cui si valutano le conoscenze acquisite.

■ essere formatori neL sistema apprendistato

126 La formazione nel sistema apprendistato

Il sistema apprendistato è un’altra cosa:• gli utenti non sono studenti, o allievi, sono Lavoratori;• il gruppo di apprendisti con cui siamo chiamati a lavorare non è una “classe” omogenea

per età e per percorsi formativi, ma un’aula che contiene giovani diversi per età, forma-zione, condizioni, esperienze;

• non si ragiona in termini di programmi annuali, ma in termini di “competenze da acquisi-re” e da spendere sul posto di lavoro e oltre;

• la relazione formatore/gruppo non dura uno o più anni, ma poche ore;• alla conclusione di ciascun modulo formativo i nostri utenti ritornano in azienda e devono

poter applicare ciò che hanno “appreso” in aula.

Per ricercare le fondamentali “regole” e definire la logica del nostro lavoro si è ragionato sui due dati centrali:

• le caratteristiche della nostra utenza (lavoratori in alternanza azienda/aula/azienda),• l’obiettivo del nostro intervento (favorire l’acquisizione di “competenze”).

Il primo dato ci invita a porre l’accento sulle caratteristiche professionali/lavorative degli apprendisti, a valorizzare l’esperienza e la formazione pregressa, ad aiutarli a riflettere su di essa e a costruire, attraverso la riflessione critica e la rielaborazione, reale apprendimento.

Il secondo dato ci invita a lavorare utilizzando, accanto a metodi utili a sviluppare co-noscenze, metodi e tecniche utili a sviluppare competenze personali e professionali che l’apprendista dovrà applicare e spendere in azienda e nella vita.

2.2 L’IMPIANTO METODOLOGICO - DIDATTICO

CONQuALIApprOCCICuLTurALIrEALIzzArEIpErCOrSIFOrmATIvI

Ci siamo chiesti quali sono le “cose da fare”, le “azioni”, che siano coerenti con le ca-ratteristiche dell’utenza ed efficaci rispetto agli obiettivi formativi della “formazione esterna” in apprendistato. Azioni che vanno al di là di quelli che normalmente vengono chiamati “gli adempimenti del formatore” (firmare e far firmare il registro, segnare assenze e ritardi, comunicare le fondamentali regole da rispettare, compilare la modulistica alla fine del per-corso…).

Ci siamo chiesti quali fondamentali azioni devono caratterizzare il “lavoro del formatore”, dal momento del suo ingresso in aula al momento dei saluti finali. Azioni necessarie in quan-to “condizioni” per l’innesco e lo sviluppo del processo di apprendimento degli Apprendisti.

Non optional quindi, ma azioni obbligate, strettamente legate e interdipendenti. Trala-sciarne una significa indebolire o vanificare l’intero processo:• non posso pretendere motivazione se non ho reso chiari gli obiettivi;• non posso pretendere coinvolgimento e passione se non ho reso chiari importanza e

utilità di ciò che propongo;• non posso pretendere consapevolezza se non offro spazi per la riflessione e l’autovalu-

tazione;• non posso proporre obiettivi credibili senza proporre, accanto ad essi, criteri e strumenti

di valutazione e autovalutazione degli esiti;• se l’obiettivo è non solo l’acquisizione di contenuti, ma anche di metodi, devo rendere

espliciti i metodi utilizzati;• se opero con utenti ”in alternanza” non posso trascurare il patrimonio esperienziale degli

apprendisti;• se l’obiettivo è lo sviluppo di competenze non posso “fare lezione” in modo tradizionale

per l’intera durata del modulo;• non posso valutare e certificare seriamente l’acquisizione di competenze se i metodi che

utilizzo non mi permettono di osservare, misurare, valutare quelle competenze;• e altro ancora…

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127Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

Riflettendo “in laboratorio” con il gruppo di lavoro è uscito che i fondamentali “passaggi” che costituiscono il “processo di formazione” sono i seguenti:

L’ApErTurA• gestione delle auto-presentazioni• dichiarazione-condivisione obiettivi formativi e criteri/strumenti di valutazione• proposte/anticipazioni sui metodi• costruzione del patto d’aula

LAgESTIONEd’AuLA• “lettura” dell’aula• costruzione di un “clima d’aula” favorevole all’apprendimento• scelta e uso di metodi e strumenti coerenti• valorizzazione dell’esperienza (metodo dell’alternanza)• cura della relazione• valorizzazione dell’autovalutazione

LAChIuSurA• valutazione e certificazione delle competenze• indicazioni per il rientro in azienda

Con sfumature diverse, con tempi e pesi diversi, ciascun formatore (se attento al conte-sto e agli obiettivi ) deve quindi “passare” attraverso quelle azioni.

Se a gestire il “processo formativo” è un unico formatore sarà facile garantire ad esso l’unitarietà e la completezza necessarie. La cosa diventa più complessa quando a gestire il processo (e quindi a sviluppare il modulo) intervengono più formatori. Il coordinamento tra Formatori non potrà riferirsi solo ai contenuti (di cosa parlerò io e di cosa parlerai tu), ma dovrà definire chi, in quali tempi, con quale sequenza, gestirà i passaggi che costituiscono il processo. In questa logica sono state costruite le indicazioni metodologiche per la gestione dei coordinamenti che devono precedere l’avvio dei moduli (si veda al cap. 6).

2.3 I METODI OPERATIVI

COmEOpErArEpErrAggIuNgErEgLIObIETTIvIFOrmATIvI

L’aver definito insieme le azioni necessarie e la loro sequenza non ha significato solo chiarire e condividere il “cosa fare”, ma anche, in gran parte, il “come muoversi”. Se tutti i Formatori si impegneranno a muoversi con quelle “attenzioni”, se il loro percorso assume-rà veramente la fisionomia di un processo coerente e completo, l’offerta formativa di UPT risulterà sicuramente più efficace.

Ma si tratta pur sempre di condividere un “impianto” e gli elementi di fondo sul ruolo di “formatore nel settore apprendistato”, non di una standardizzazione dei suoi comportamen-ti e dei suoi modi di essere. A ciascun Formatore è lasciato ampio spazio alla soggettività, alla capacità individuale di allestire situazioni, di inventare nuovi materiali, nuovi strumenti.

Resta quindi da ragionare sui “metodi operativi”, sul “come”, concretamente, gestire le azioni che costituiscono quel processo strutturato. Ed è proprio sul “come” che si misura la “competenza” del formatore. É necessario allora riflettere su quali debbano essere le com-petenze che rendono un formatore un “buon formatore”.

LE“COmpETENzE”dELFOrmATOrE

Lecomponentidicontenuto

Abbiamo già visto come vada superata l’idea più semplicistica del ruolo del formatore come un soggetto che “sa” determinate cose e le trasmette ad un gruppo di soggetti che quelle cose “non sanno”. Lo strumento classico (e coerente con tale impostazione) è la

■ essere formatori neL sistema apprendistato

128 La formazione nel sistema apprendistato

“lezione frontale”. Spiego, rispondo ad eventuali richieste di chiarimento, interrogo (o pro-pongo un’esercitazione), valuto se e quanto i discenti hanno memorizzato.

Sul piano dei contenuti l’accento è posto sul possesso di conoscenze, di regole, di tecniche. Sul piano del metodo viene dato per scontato che i discenti esercitino seria-mente il proprio ruolo (e che quindi “siano motivati” e “si impegnino”).

Nella ”formazione in apprendistato” tale componente “di contenuto” (che, attenzione, resta una componente essenziale delle competenze del formatore), da sola non è più sufficiente.

L’accento infatti non viene più posto sui “contenuti”, ma sulle “competenze”. Obiettivo formativo non è l’acquisizione di contenuti, di tecniche, di procedure, quanto la capacità di mobilitarli e di combinarli per rispondere ad una situazione in continua evoluzione. La vera posta in gioco nella formazione in apprendistato è che la persona sappia interpretare le situazioni in modo da saper utilizzare con flessibilità e cognizione di causa le operazioni per le quali è stato preparato. Vedremo meglio che proprio questo costituisce l’obiettivo del sistema apprendistato, sviluppare competenze.

Lecomponentidicampo

Quanto detto comporta, per il formatore, competenze che vanno al di là della esclu-siva competenza “disciplinare”. Sono necessarie informazioni e conoscenze sul settore economico e sulle organizzazioni in cui lavorano gli apprendisti, sui loro problemi, sui loro bisogni e fabbisogni formativi e organizzativi.

É necessario che il formatore sia in grado di interpretare i nessi e i collegamenti esi-stenti (o carenti) tra formazione e organizzazione. Questo è un elemento cruciale, che consente di avere realmente il polso della situazione organizzativa e di essere pronti a programmare e proporre risposte convincenti al fabbisogno formativo esprimibile in quel contesto.

Per essere più chiari. Quali sono le condizioni che permettono al Formatore di rispon-dere in modo convincente e sensato alla domanda dell’Apprendista: “a cosa mi serve ciò che mi stai proponendo”? Saper (e poter) rispondere a tale domanda è fondamentale, soprattutto all’inizio del percorso formativo. L’apprendista vuole sapere quale significato, quale ricaduta, quale utilità avrà il percorso che si accinge a compiere. E la risposta non dovrà riferirsi solo a ricadute sul piano lavorativo e professionale, ma anche sul piano della crescita personale e umana.

Lecomponentidimetodoediprocesso

Il Formatore possiede conoscenze, tecniche, strumenti…. e l’utilizzo di tali risorse non è dato in modo preciso, univoco, sempre uguale. La loro modalità d’uso finalizzata a ga-rantire efficacia all’azione formativa costituisce il metodo.

Per metodo intendiamo quindi una modalità d’uso di concetti, strumenti, tecniche, relazioni… per ottenere risultati rilevanti.

É “metodo” il modo attraverso cui si facilita, nell’apprendista, l’organizzazione di un sistema di relazioni fra tre ordini di strutture:

• la struttura conoscitiva/esperienziale del soggetto;• la struttura delle conoscenze e della formazione già acquisite;• l’insieme delle operazioni e delle azioni da mettere in atto.Il metodo definisce la strada da intraprendere, il percorso pensato alla luce di un qua-

dro teorico. Ecco perché il formatore non può improvvisare i suoi metodi, ma li fa scaturire dallo studio e da presupposti teorici in grado di illuminare il percorso da fare, la situazione da gestire.

I metodi tradizionalmente “trasmissivi” (chi “sa” istruisce chi “non sa”…) privilegiano i fattori di contenuto (conoscenze e capacità tecniche) e quindi inducono a porre l’accento su oggettività, razionalità, impianto scientifico/tecnico, comportamenti-risposta…).

I metodi “aperti”, “attivi”, mettono in moto azioni problematiche, aperte, cariche di implicazioni psicologiche e emotive. Mettono in moto “processi” che sarà poi necessario gestire. Il bravo formatore sa miscelare fattori di contenuto e fattori di processo (anche se sempre più spesso sarà chiamato a gestire questi ultimi).

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Ecco perché oggi il Formatore deve saper sempre più porsi come “facilitatore di pro-cessi”, piuttosto che come docente.

Non era compito del “Laboratorio” (quantomeno in questa prima fase) affrontare le problematiche relative alle componenti cha abbiamo chiamato di “contenuto” e di “cam-po”.

In “laboratorio” il gruppo ha riflettuto e si è confrontato soprattutto sulle componenti di metodo e di processo.

Come per gli altri lavori, la competenza del Formatore è data dalla consapevolezza teorica intorno a ciò che sta facendo, è “fare con un pensiero alle spalle”. Le “regole”, l’impianto metodologico, la chiarezza rispetto alla direzione verso cui vogliamo muover-ci… aiutano sicuramente a rendere il nostro lavoro più efficace. Ma non bastano.

Tutti sappiamo quanto l’aula sia imprevedibile, sempre diversa, sempre unica. E sap-piamo tutti che non esistono ricette pronte e sempre buone per gestirla. Per rispondere a questa imprevedibilità è necessario disporre di una pluralità di metodi, di tecniche, di strumenti, e di giusta combinazione tra essi.

Il “laboratorio” è stato il luogo ideale per confrontarci sui “modi” che ciascuno ha utiliz-zato in specifici contesti di fronte a particolari problemi, per rifletterci sopra, per integrare le esperienze, per passare dai tratti di realtà a momenti di elaborazione e generalizzazio-ne.

Non per dire “si fa così”, ma per dire -più semplicemente- “io ho fatto così ed ho otte-nuto questi risultati”.

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3. LEbuONEprASSINELLAgESTIONEdELL’AuLA

3.1 Perché l’esperienza di “Laboratorio”

Il nostro lavoro di Formatori nel Sistema Apprendistato ci porta a entrare in decine di aule ogni anno e a conoscere centinaia di Apprendisti. Alcune esperienze sono buone, per noi e per gli apprendisti, altre meno buone, alcune negative. Ma una volta usciti dall’aula, soddisfatti o frustrati, non troviamo il tempo, il modo, il luogo (forse la voglia) di riflettere su quanto è accaduto. Ed è un peccato, perché, comportandoci così, le nostre esperienze -positive o negative- non diventano educative: molto probabilmente ripeteremo gli stessi errori e non riusciremo a replicare un risultato rilevante.

Per questo abbiamo scelto di costruire un luogo, un’occasione per confrontarci, per riflettere, per trattare l’esperienza in funzione della creazione di competenze, per ricomporre teoria e pratica, per analizzare problemi e per ricercare insieme soluzioni. In sintesi, per:• migliorare l’efficacia del nostro lavoro di Formatori;• sviluppare le nostre competenze di Formatori;• condividere il know-how.

Nei sette incontri di Laboratorio i partecipanti hanno potuto sviluppare il rapporto tra il “pensare” e il “fare”, hanno cercato di ricomporre il “sapere”, hanno partecipato e contribuito ad un processo che ha generato idee, scelte metodologiche, proposte didattiche.

Il primo impegno del Laboratorio è stato quello di ragionare su contesto e obiettivi e, a partire da quelli, e sorretti dal “pensiero metodologico” comune (quello che nella parte prima abbiamo chiamato “quale idea sostiene le nostre proposte didattiche”), costruire insieme un “impianto metodologico-didattico”.

A partire dalla condivisione di quell’impianto i partecipanti al Laboratorio si sono confrontati ed hanno riflettuto su approcci, operazioni, scelte metodologiche, modelli di relazione relativi alla nostra attività, al nostro lavoro di Formatori.

Le “buone prassi” che presentiamo sono il risultato di tale lavoro.

3.2 Le buone prassi

I Formatori che hanno descritto la propria buona prassi hanno sperimentato direttamente il “metodo dell’alternanza”. Hanno infatti potuto riflettere sulla propria esperienza, discuterne e confrontarsi con i colleghi, rielaborarla, trarne principi generalizzabili, sperimentare e applicare in aula le nuove elaborazioni.

In questo senso la buona prassi costituisce uno “strumento”:• per chi la ha descritta, perché lo ha aiutato a riflettere e a rielaborare l’esperienza,• per chi la legge, perché può diventare un’utile traccia per la riflessione sulla propria

esperienza e la sua rielaborazione.

Per la descrizione della buona prassi è stata utilizzata una traccia comune (integrata e arricchita mano a mano che procedeva il lavoro).In funzione dell’oggetto specifico, gli elementi della traccia base assumono maggiore o minore rilevanza. Alcuni elementi sono però sempre e comunque presi in considerazione:

• l’oggetto della buona prassi;• il contesto in cui essa si colloca;• il pensiero metodologico che sorregge la proposta didattica;• la sintetica descrizione dell’intervento;• i risultati;• le eventuali note e raccomandazioni in vista della loro riproducibilità e della trasferibilità

della proposta.Nella descrizione non viene invece fatto riferimento all’impianto metodologico didattico dentro al quale si inserisce la buona prassi. Esso è dato per acquisito.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

132 La formazione nel sistema apprendistato

Le sequenze che devono caratterizzare il “processo di formazione” (sintetizzato al cap. 2.2) vengono sempre rispettate: le attenzioni e le azioni in fase di apertura, in fase di conduzione e in fase di chiusura del percorso formativo.

Come si vedrà, le buone prassi che presentiamo si riferiscono a “oggetti” diversi: un approccio, una specifica attività, una scelta metodologica, una modalità di soluzione di un problema d’aula, un modello di relazione con gli altri, una particolare procedura… Prassi che, rispetto ad altre analoghe, si sono dimostrate vantaggiose nello svolgimento di quella particolare attività.

Scegliamo di presentarle per aree tematiche, ma per alcune si è trattato di una forzatura: potrebbero infatti essere collocate in più aree…

Ma è evidente che, al di là dell’oggetto specifico affrontato nella gestione dell’aula, entrano sempre in campo altri elementi, che si intrecciano, si modificano, si condizionano vicendevolmente. L’aula è per definizione un fenomeno complesso, ed è questa complessità che il Formatore deve saper interpretare e gestire con competenza.

ArEETEmATIChEprOpOSTE

1. costruireemantenereunclimad’aulafavorevoleall’apprendimento;

2. dichiararegliobiettiviformativi,imetodieletecniche,icriteridivalutazione;

3. gestirelapropriapresentazioneall’aulaeleautopresentazionidegliApprendisti;

4. improvvisare “consapevolmente” metodi e tecniche di fronte a un’aula chepresentacaratteristicheinaspettate;

5. aiutaregliApprendistia“daresenso”aciòchestannofacendoinaula;

6. gestirelerelazioni“difficili”all’internodell’aula;

7. valorizzarel’esperienza,valutarelecompetenze,formare“inalternanza”.

Per chi volesse iniziare un’operazione di riflessione sulle proprie esperienze d’aula presentiamo di seguito la traccia utilizzata nel Laboratorio.

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TrACCIApErLAdESCrIzIONEdELLAbuONAprASSI

OggETTOdELLAbuONAprASSIDescrizione dell’oggettoEventuali premesse…

ILCONTESTOAula (caratteristiche, situazione, bisogni…)

TIpOLOgIAdELL’INTErvENTOModulo, competenze/obiettivo, altre competenze trasversali sviluppate, durata, eventuali partner…Tipo di esperienza (aula, uscita con il gruppo, attività ludica…)

L’IdEAChESOSTIENELAprOpOSTAdIdATTICAImpianto metodologico strategicoValore formativo della proposta

INTErvENTOSequenze di lavoro, fasi, tecniche e strumenti utilizzati… tempo dedicato…Valorizzazione dell’esperienza…

ASpETTICOmprESENTILe emozioni…

rISuLTATIEfficacia della proposta didatticaCompetenze acquisite (singole o di gruppo…)Modificazioni intervenute…

CONCLuSIONIPunti di forza, di debolezza, criticità…

TrASFErIbILITA’/rEpLICAbILITA’Condizioni, attenzioni… consigli.

mAINSTrEAmINgCiò che vorrei applicassero… l’organizzazione, A.d.L…)Connessioni organizzazione/didattica

AuTOrEdELLAbuONAprASSIEventuali note sull’autore

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

134 La formazione nel sistema apprendistato

ArEATEmATICA1

Costruire e mantenere un “clima d’aula” favorevole all’apprendimento

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comepossocostruireemantenereunclimad’aulafavorevo-leall’apprendimento.

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula Apprendisti.Vedo per la prima volta il gruppo e non so quale possa essere il loro interesse per l’argomento trattato. I presenti sembrano incu-riositi, ma -a vederli- la sensazione “a pelle” è che al momento si trovano “distanti”, o forse sono in attesa di un “input” per realiz-zare che stiamo per fare qualcosa di concreto ed interessante.

Modulo TRA C. “Conoscenza del contratto di lavoro ed in partico-lare del contratto di apprendistato”, 12 ore.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Parto dal presupposto che costruire insieme (Formatore e Ap-prendisti) un clima d’aula sereno, costruire consapevolezza sul senso di ciò che si sta facendo, dare spazio e valorizzare le espe-rienze, le motivazioni, le aspettative dei partecipanti è fondamen-tale per il buon esito dell’esperienza formativa.So anche che molte cose che potrei “dire”, sul significato dell’esperienza formativa in apprendistato, sull’importanza del momento “d’aula” che va ad arricchire l’esperienza lavorativa di ciascuno… costituirebbe molto probabilmente una ripetizione di cose già dette dai due o tre Formatori che mi hanno preceduta.(Il mio Modulo fa parte de blocco delle 40 ore obbligatorie del 1° anno e sono il terzo o quarto formatore che entra nella medesima aula). Cerco quindi modalità diverse, nuove.

“Rompo il ghiaccio” proiettando una slide attraverso cui esprimo una richiesta di capire quanto sanno (o ritengono di sapere) in-torno ad alcuni concetti centrali del modulo. La slide è animata, colorata e sonora: l’audio è ritmato ed induce ad un clima sereno. Al termine della proiezione, per favorire gli interventi utilizzo la tecnica del “brain storming” e chiedo di associare a determinate parole un loro commento o spiegazione. Propongo un numero di parole pari al numero degli apprendisti presenti; il numero e la qualità delle “risposte” mi aiutano a percepire il livello di interes-se e di coinvolgimento del gruppo. Considero gli apprendisti che danno più risposte potenziali validi alleati nei futuri momenti di confronto.Per “alleggerire” nei momenti di pausa o tentennamento propon-go delle soluzioni “spiritose” che mi sono state date in altri corsi, annunciandole come tali, e valuto la loro reazione.

In questo modo sollecito e stuzzico gli apprendisti che non hanno dato alcuna risposta. In generale ottengo buoni risultati, in quanto anche dai più timidi esce qualcosa.La partecipazione mediamente collettiva al “gioco” crea un cli-ma più ricettivo e predisposto ai successivi argomenti, in quanto preciso che durante il corso valuteremo se le affermazioni da loro date corrispondono al vero o meno.

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

All’inizio del percorso valorizzo il significato e l’utilità del Modulo lasciando intendere che ciò che apprenderanno rimarrà princi-palmente a loro e sarà utile anche nel caso cambiassero lavoro.Chiarisco e specifico meglio i contenuti del modulo, spiego come esso -per avere senso- preveda necessariamente unitarietà e completezza, ma lascio che siano gli apprendisti a scegliere con quali argomenti iniziare.

Se noto un “calo di attenzione” (normalmente diffuso in fase “post pranzo”) mi fermo e presento un filmato spiritoso con tema lavo-rativo, quando possibile inerente il tema trattato. Chiedo loro cosa ne pensano, oppure induco direttamente qualche riflessione con un commento veloce.

Mi sforzo di far capire che “non si è mai finito di imparare”. Parlo della mia prima esperienza lavorativa e faccio notare che io stes-sa, lavorando con loro, sto imparando, e di questo sono felice e li ringrazio. Preciso infine che secondo me la chiave del successo è fare il proprio lavoro con trasporto, felicitandosi per ogni traguardo rag-giunto, anche se piccolo, e meravigliandosi, con un pizzico di mo-destia, di essere sempre solo all’inizio del proprio cammino.

ASPETTI COMPRESENTILe emozioni

Quando questa tecnica “va a buon fine” sento di raggiungere un buon livello di empatia, percepibile dai momenti di attenzione che mi vengono dedicati e dagli interventi che vengono fatti. Noto un generale maggiore interesse e partecipazione intorno ai succes-sivi argomenti trattati.

I CASI Nella conduzione del modulo, a seconda degli argomenti trattati, pongo domande sui casi accaduti ai partecipanti.Molte volte non servono richieste specifiche, sono i partecipan-ti stessi che pongono i casi che li hanno visti protagonisti. Non intervengo subito, ma invito tutti ad un commento: ne escono risposte e commenti disparati, accompagnati a volte da battute scherzose.

Accade spesso che io debba solo svolgere una funzione di me-diatore, le risposte ai problemi escono dalla discussione tra loro. Quando è necessario, invece, propongo io una soluzione e osser-vo e valuto con attenzione la loro reazione.Chi ha avuto l’esperienza a volte da parte attiva e propositiva pas-sa alla parte di interlocutore ed ascoltatore dei pareri e proposte degli altri.

RISULTATI Gli apprendisti “imparano insieme” e sono soddisfatti dei risultati ottenuti congiuntamente.Al momento della verifica noto che anche chi ha partecipato meno attivamente ha comunque “digerito “ gli argomenti con ri-sultati apprezzabili. La tecnica potrebbe essere implementata e migliorata se ci fosse la possibilità di collegarsi “a spot” a internet per “cogliere” alcune informazioni veloci che sarebbe utile dare a seguito di richieste particolari presentate al momento, da visualizzare sullo schermo e poi commentare.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

136 La formazione nel sistema apprendistato

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Nell’utilizzo di questa tecnica punto molto sul fattore emozionale: cerco di spingere i presenti a “fare gruppo” nella discussione e nell’apprendimento di argomenti di interesse comune.Per far questo ritengo che riuscire a entrare “in sintonia” con i pre-senti costituisca una condizione fondamentale per l’ottenimento di risultati positivi in termini di acquisizione di conoscenze e com-petenze.

Autore Tiziana Facchini

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OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Oggettodellapresentebuonaprassièindividuareunamo-dalitàpercreareunclimad’aulafavorevoleall’apprendimen-togestendolediversitàdeipartecipanti.

Più precisamente intendo descrivere la modalità da me utilizzate al fine di:• coinvolgere e tenere viva l’attenzione di quei 2/3 soggetti (pre-

senti di norma in tutte le aule) che tendono a “perdersi” da su-bito e risultano poi non più recuperabili. Si tratta di apprendisti che spesso dichiarano apertamente di non essere interessati al modulo in quanto la loro mansione all’interno dell’azienda non richiede la conoscenze e competenze oggetto del corso;

• gestire i soggetti polemici (quei corsisti che intervengono fre-quentemente, ma esclusivamente per evidenziare come il da-tore di lavoro sia ingiusto, come i colleghi siano antipatici, ecc);

• gestire i corsisti già formati in materia che, per mettersi in mo-stra o per reale interesse, tendono a portare la discussione su argomenti non accessibili ai soggetti privi delle nozioni di base.

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula di apprendisti in maggior parte neo-assunti di cui una parte già “informata” in materia e una parte invece senza alcuna forma-zione di base.Nel gruppo sono presenti elementi che partono già prevenuti re-putando le 12 ore sul contratto non utili alla loro professione.

Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – 12 oreIl modulo è incentrato sulla conoscenza del contratto di lavoro ed in particolare del contratto di apprendistato.Vengono trattati gli argomenti (in forma accessibile a tutti) che interessano il rapporto di lavoro dipendente, con particolare at-tenzione al contratto di apprendistato.Al termine del percorso formativo i partecipanti dovranno cono-scere:• le principali caratteristiche del contratto di apprendistato e, in

generale, del rapporto di lavoro dipendente;i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti preposti alla

loro tutela e rispetto;• gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i soggetti/

enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti pre-videnziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensionistici integrativi).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

Come detto, l’obiettivo è gestire nel modo migliore le diversità dei partecipanti al corso.L’idea di fondo è che la non gestione di tali diversità non permette la creazione del giusto clima d’aula.Va evidenziato come l’argomento oggetto del modulo (contratto e in particolare la busta paga) coinvolga inizialmente tutti i parte-cipanti. Tutti infatti sono interessati a conoscere i loro doveri (e soprattutto i loro diritti). La partenza è dunque buona.Più difficoltoso è invece riuscire a mantenere alta la partecipazio-ne gestendo le diversità.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

138 La formazione nel sistema apprendistato

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Per soggetti disattenti, ai fini di questa buona prassi, si inten-dono sia i disattenti “latenti”, quelli cioè che fingono di presta-re attenzione, sia i disattenti “dichiarati”, quei soggetti cioè che dichiarano apertamente , come a loro gli argomenti trattati nel corso non interessano in quanto assegnati ad altre mansioni in azienda (esempio: caso dell’apprendista “autista”).

In premessa cerco di evidenziare come gli argomenti trattati siano di interesse generale e non riguardino solo coloro che lavorano in studi professionali o associazioni.Evidenzio inoltre come, al di là della mansione svolta in azienda, la conoscenza delle regole principali che guidano il rapporto di lavo-ro dipendente costituisce comunque un arricchimento sul piano personale.

Preciso poi che il programma proposto nella scheda di presen-tazione del corso rappresenta sostanzialmente una traccia: se l’aula ritiene importante approfondire maggiormente un aspetto piuttosto che un altro, è possibile farlo, fermo restando che il qua-dro generale dovrà essere rispettato e chiaro a tutti.

Una volta individuati i soggetti a rischio (normalmente è abba-stanza facile capire chi segue e chi no), cerco di sollecitare il loro intervento e la loro partecipazione:• rivolgendomi direttamente a loro chiedendo se è tutto chiaro,

ovvero se nella loro realtà ritrovano le cose dette in aula (ideale sarebbe riuscire a chiamarli per nome);

• guardandoli per cercare una loro conferma anche silenziosa;• attribuendo loro ruoli attivi in caso di lavori di gruppo.

Per quanto riguarda invece i “soggettipolemici” va evidenzia-to come questi possono risultare molto utili quando l’aula risulta poco partecipativa: i loro interventi infatti solitamente danno il via ad una serie di interventi dei colleghi.In questa fase lascio che i corsisti si confrontino, smorzando quando serve i toni e correggendo, sempre se necessario, even-tuali inesattezze.Al termine del confronto fornisco comunque il mio parere che può supportare la posizione dell’una o dell’altra parte ovvero costituire una terza alternativa al caso proposto.

Cerco di motivare (e far motivare) sempre risposta in quanto il sog-getto polemico deve comprendere i motivi per cui alcuni comporta-menti in azienda vengono attuati.Quando il soggetto polemico rischia di diventare un ostacolo al pro-seguimento della lezione, cerco di stopparlo con frasi tipo: “Si, va bene, hai ragione, ma adesso andiamo avanti anche se capisco che…”.

Per quanto attiene invece i soggetti già formati, già l’autopresenta-zione, se gestita correttamente, ne aiuta la gestione.Nel corso del mio intervento comunque, individuati i soggetti (e an-cora si ritorna all’importanza dell’autopresentazione), mi rivolgo a loro invitandoli nuovamente ad avere pazienza, ad intervenire nel caso in cui le cose dette in aula non coincidano con quanto di loro cono-scenza, ad intervenire per integrare la mia comunicazione portando esperienze concrete e, in caso di lavoro di gruppo, ad aiutare quelli meno formati (senza però eccedere).

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RISULTATI I risultati sono buoni con riferimento ai soggetti polemici e già for-mati. Non risultano invece sempre buoni per i soggetti disattenti.Con la modalità sopra descritta l’attenzione infatti viene solle-citata, ma per brevi momenti. È quindi necessario continuare a intervenire sul soggetto per evitare che si perda e non sia più recuperabile.In alcuni casi il soggetto non risponde proprio alle sollecitazioni, si limita ad una breve risposta, ma senza che questa faccia scattare in lui nulla di più.Spesso questi soggetti si adagiano “trascinandosi fino alla fine del modulo”.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Nel caso di disinteressati cronici va valutato se continuare a solle-citare la partecipazione del singolo in quanto tale comportamento potrebbe avere delle conseguenze negative nella gestione del re-sto del gruppo.

Nel caso di lavoro in gruppi va posta attenzione al fatto che attri-buire ruoli attivi ai soggetti “difficili” può comportare che il gruppo si blocchi, ovvero che non riconosca il ruolo del soggetto in quan-to troppo inattivo (si torna dunque al problema di partenza).

Autore Luca Vichi

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

140 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLABUONA PRASSI

Individuare e condividere metodologie e tecniche coerenticonlaspecificaaulaecongliobiettiviformativiedefficaciperfavorirel’apprendimento

CONTESTO ETIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti settore Commercio + 2 disoccupatiForte disomogeneità rispetto all’attività svolta (venditore, cassie-re, magazziniere, espositore, …)I livelli di interesse/motivazione iniziali, rilevati nel corso della pre-sentazione del Modulo e nella esplicitazione delle competenze/obiettivo, sono molto differenziati.Modulo COM 06 - Tecniche e psicologia di vendita (si tratta di un approfondimento del modulo base COM B)La competenza/obiettivo del modulo: “Individua le modalità rela-zionali più adeguate per una migliore offerta del prodotto ed ot-timizzazione del servizio alla clientela, in coerenza alle strategie commerciali, al contesto territoriale ed al target di riferimento, svi-luppando una propria capacità negoziale”.

Modulo di 32 ore

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

Si tratta di un modulo presente praticamente in tutti i Piani For-mativi individuali, nella maggior parte dei casi richiesto al secon-do anno. Ed è normale che sia così: il modulo è importante, ric-co di obiettivi, di contenuti, di stimoli, di spazi per la riflessione sull’esperienza di ciascun apprendista.

Parto dal presupposto che il mio intervento sarà tanto più efficace quanto più riuscirò a rendere gli Apprendisti protagonisti consa-pevoli dell’esperienza formativa che sta per iniziare. Perché que-sto avvenga è necessario che essi condividano gli obiettivi (li con-siderino in termini di nuove conoscenze e di nuove competenze che vanno ad arricchire la loro professionalità).Sono inoltre convinta che è necessario cogliere e considerare con attenzione le caratteristiche dell’aula e dei partecipanti e scegliere tempi, modi, tecniche che siano coerenti a quelle caratteristiche.Credo, ancora, che sia importante aiutare gli apprendisti a rico-noscere la coerenza tra l’obiettivo da raggiungere e la strada uti-lizzata per raggiungerlo. In questo senso il mio obiettivo formativo non è solo trasferire conoscenze, ma anche metodo. Non solo imparare quindi, ma anche “imparare ad imparare”.

So inoltre che la conoscenza degli obiettivi e la consapevolezza dei metodi utilizzati renderà possibile una autovalutazione da par-te degli Apprendisti coinvolti.

ArEATEmATICA2

Dichiarare gli obiettivi formativi, i metodi e le tecniche, i criteri di valutazione

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Presentando, motivando e discutendo sulle possibili tecniche adottabili (e sulle potenzialità di ciascun metodo), decidiamo di adottare:• lezione frontale: per le comunicazioni necessarie intorno a con-tenuti e concetti base non da tutti posseduti;• autocasi: per valorizzare il patrimonio di esperienze degli ap-prendisti;simulazioni con osservazioni: per ragionare e riflettere insieme sul-le modalità di comunicazione adottati;• esperienza esterna (acquisto attivo): per poter verificare con-cretamente diverse modalità di relazione con il cliente adottate da loro colleghi sul lavoro. (Per rendere più utile questa modalità di lavoro predispongo una scheda ad hoc).Le diverse modalità di intervento sono tra loro strettamente col-legate: comunicazione sui fondamentali concetti e conoscenze, recupero dell’esperienza e sua valorizzazione attraverso la rifles-sione e il confronto tra colleghi, simulazione di casi che costitu-iscano occasione di ragionamento, esperienza concreta di ac-quisto come momento di osservazione/confronto tra i modelli di comportamento costruiti in aula e i comportamenti quotidiani di colleghi sul lavoro.

Scelgo di utilizzare la tecnica di “acquisto attivo” perché essa:stimola la consapevolezza di essere (o di dover essere) parte atti-va nell’atto di vendita;sviluppa consapevolezza del proprio ruolo;aiuta a capire quanto l’entusiasmo e la passione per il proprio lavoro costituiscano condizioni fondamentali per un lavoro che li vede realmente protagonisti.

ASPETTI COMPRESENTI La scelta operata comporta ovviamente modificazioni sul piano delle emozioni e delle motivazioni.Noto infatti da parte degli Apprendisti:• maggior coinvolgimento emotivo;• sviluppo dello spirito critico/autocritico;• introduzione del “dubbio” rispetto a comportamenti che si con-

sideravano “ovvi”. (Considero questo aspetto particolarmente importante in quanto costituisce il presupposto per una modifi-cazione di atteggiamenti e, di conseguenza, di comportamenti).

RISULTATI Le strategie adottate hanno favorito e reso possibile:• una reale condivisione del percorso;• la percezione di “essere protagonisti” di quel percorso• maggiore motivazione• conseguimento degli obiettivi in termini di conoscenze e com-

petenze;• un’idea positiva rispetto alla formazione esterna e quindi uno

stimolo a continuare e migliorare ancora;• la consapevolezza di essere protagonista di un ruolo (più

complesso, ricco e valorizzante di quanto percepissero prima dell’esperienza).

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

142 La formazione nel sistema apprendistato

SCHEDA DI TRASFERIBILITà

Considero sempre necessario sforzarsi a rendere chiaro il senso e l’obiettivo del modulo e a rendere evidente la necessità di coerenza tra obiettivo e metodi utilizzati per raggiungerlo.Il problema vero è trovare le modalità per farlo. Le aule sono sempre diverse e non è di conseguenza possibile decidere tutto in anticipoIl mio consiglio è fare una presentazione di massima del percorso (obiettivi, contenuti, metodi, criteri di valutazione) sforzandosi di rendere esplicita la necessità di un coinvolgimento reale di tutti, Formatore e Apprendisti. Rendere chiaro che solo a quelle condizioni l’esperienza formativa potrà avere senso e dare risultati.

(per questo considero comunque “ben speso” il tempo dedicato alla ricerca di condivisione).

Autore Ketty Tomio

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OGGETTO DELLABUONA PRASSI

Oggettodellapresentebuonaprassiè l’individuazionee lacondivisionedimetodi,criteri,strumentidivalutazionechesianocoerenticonlacompetenza/obiettivodelmodulofor-mativoechecostituiscanoancheoccasionediautovaluta-zione

CONTESTO ETIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti Modulo TRA B – Il sistema azienda: organizzazione e qualità.Modulo di 12 ore.

La competenza/obiettivo del modulo attualmente in Catalogo è: “descrive le principali forme di organizzazione aziendale impron-tate alla qualità con particolare riferimento al settore di apparte-nenza”. Le specifiche della competenza sono:• “elenca e descrive i principi e le modalità di organizzazione de

lavoro nell’impresa, posizionando al suo interno anche il proprio ruolo”;

• “elenca e descrive i principali soggetti interni ed esterni all’im-presa che costituiscono il sistema azienda”;

• “descrive gli elementi fondamentali del sistema qualità in termini di qualità del processo per l’erogazione del servizio/prodotto”.

Il modulo, che fa parte delle 40 ore trasversali obbligatori del 1° anno e costituisce la seconda giornata di “formazione esterna “ per gli apprendisti partecipanti.Hanno appena concluso il modulo “Accoglienza”, dove hanno spesso per la prima volta riflettuto sul proprio ruolo in azienda, sul proprio Piano Formativo, sul significato di formazione in alter-nanza…

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

Ritengo opportuno privilegiare, in questo Modulo, più che i “con-tenuti”, gli atteggiamenti organizzativi, il proprio modo di “stare” all’interno di un’organizzazione complessa e in continua evolu-zione.Il mio obiettivo (non alternativo a quanto declinato sopra, ma complementare ad esso) è quello di focalizzare l’attenzione sul salto metodologico che comporta lavorare in un ambiente di “qualità totale”. Ambiente dentro il quale ciascuno è chiamato a contribuire al continuo miglioramento dei metodi e dei risultati, indipendentemente dalla posizione all’interno della struttura.Vorrei che al termine del breve percorso gli apprendisti fossero convinti che il miglioramento può dipendere anche da loro, dal loro modo di stare sul proprio lavoro, di osservare, di analizzare e valutare il proprio lavoro.Ritengo che aiutare gli apprendisti a cogliere lo stretto legame tra obiettivi formativi e strumenti per la misurazione e la valutazio-ne dei risultati possa favorire anche l’acquisizione di competenze metodologiche che potranno essere utilizzate per la valutazione dei propri obiettivi e dei propri risultati di “miglioramento” sul la-voro.Per questo, sul piano metodologico, mi sforzo di rendere esplicito il legame tra:• situazione attuale (fabbisogno di competenze),• competenza/obiettivo del modulo,• metodi e tecniche utilizzati nel processo di formazione/appren-

dimento,• criteri e strumenti utilizzati per la verifica/valutazione degli esiti.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

144 La formazione nel sistema apprendistato

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Ritengo inoltre che l’esplicitazione del valore formativo dei metodi e delle tecniche utilizzate aiuti a comprendere la complementarie-tà tra competenze tecnico/professionali e competenze trasversa-li, soprattutto metodologiche: per questo attraverso la gestione del processo di formazione voglio mettere in condizione gli ap-prendisti di rispondere non solo alla domanda “cosa ho appreso”, ma anche “come ho appreso”.La brevità di questo modulo e la particolarità dei suoi obiettivi formativi mi inducono ad utilizzare metodi e a proporre agli ap-prendisti attività che sono, insieme, occasione e strumento di for-mazione e crescita, e contesto e strumento per la valutazione e l’autovalutazione.

Inizio proiettando una slide che esplicita gli obiettivi del modulo. Lascio spazio per eventuali chiarificazioni, richieste, approfondi-menti…Nel momento in cui mi accorgo che gli obiettivi sono stati com-presi e condivisi esplicito i metodi, i criteri e gli strumenti che uti-lizzerò per la verifica e la valutazione della competenze. Avendo declinato l’obiettivo in termini di “prestazioni attese”, anche il con-cetto di competenza diviene più chiaro per l’aula.Già in sede di dichiarazione degli obiettivi e partendo dal titolo del modulo stesso ho iniziato a lavorare con l’aula per la costruzione di un glossario comune, Condividiamo quindi insieme il significato di massima di termi-ni chiave quali “sistema”, “azienda”/”impresa”, “organizzazione”, “qualità”,…

Costruite le condizioni minime iniziamo a “lavorare”.Suddivido l’aula in piccoli gruppi (tre - quattro persone), assegno il “compito” e il ruolo a ciascun componente.Chiarisco inoltre come il metodo e l’attività proposta rendono pos-sibile non solo lo sviluppo e la valutazione della specifica compe-tenza/obiettivo, ma anche lo sviluppo e la valutazione delle com-petenze trasversali che verranno rafforzate nel corso dell’attività:• competenze collaborative;• capacità di illustrare i risultati;• capacità di motivare e argomentare;• capacità di rivolgersi ad un pubblico;• capacità critiche…

Dedico ampio spazio alla comprensione e condivisione del motivo per cui propongo di utilizzare questi strumenti, chiarisco eventuali dubbi e soprattutto cerco di rendere evidente che non si tratta della classica valutazione “scolastica”.Questo mi riesce in quanto sono stati chiariti e condivisi gli obiet-tivi e soprattutto in quanto è stata colta dal gruppo la reale possi-bilità e importanza dell’autovalutazione.

I gruppi lavorano sulla ricerca delle cause principali di un proble-ma (in realtà a me interessa l’utilizzo del metodo più che la solu-zione del problema),• quindi inizia con un’attività di brain storming,• prosegue con un’analisi della cause e loro graduazione (dalla

più importante alla meno importante),• con una motivazione della diversità di valutazione che ogni

componente dà delle diverse cause,• una nuova valutazione (allineamento del gruppo),• individuazione delle cause principali, ricerca di soluzioni.

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Alla fine del lavoro ogni responsabile del gruppo relaziona in ple-naria ed ogni presentazione è seguita da una discussione.Nel corso della presentazione in plenaria e della discussione finale c’è la possibilità di operare le necessarie integrazioni ai singoli lavori, di riorganizzare le concettualizzazioni operate dai gruppi, di sintetizzare l’insieme dei lavori in un quadro sintetico.Gli apprendisti hanno quindi partecipato alla definizione degli obiettivi, condiviso la scelta di metodi e tecniche, lavorato in grup-po, presentato il proprio lavoro, argomentato le proprie posizioni, discusso e confrontato gli esiti…

Io osservo ciascun apprendista durante l’intero percorso e mi sforzo di cogliere e “misurare”:• l’interesse e la motivazione;• il lessico utilizzato;• le acquisizioni in termini di contenuto; • il modo di “stare” nel gruppo;• le modificazioni dell’atteggiamento (partecipazione, protagoni-

smo, assunzione di responsabilità, …);• le modificazioni del ruolo (nel gruppo e nell’aula)

Dichiaro apertamente il mio giudizio positivo intorno a modificazio-ni positive, acquisizioni rilevanti, comportamenti virtuosi. Questo mi aiuta a dare maggior senso al processo che sta sviluppandosi e a rendere espliciti la possibilità e l’importanza della valutazione e dell’autovalutazione continua.

La verifica e la valutazione delle “acquisizioni in termini di conte-nuti” (principi e modalità di organizzazione del lavoro nell’impresa, principali soggetti interni ed esterni all’impresa che costituiscono il sistema azienda, elementi fondamentali del sistema qualità…) è relativamente semplice.Nel corso dei lavori di gruppo, in sede di discussione, in sede di riorganizzazione e sintesi delle problematiche emerse ho potuto confrontarmi, ascoltare, “interrogare”, porre nuovi problemi, chie-dere spiegazioni e argomentazioni…

Ho quindi materiale sufficiente per capire se e quanto ciascuno ha “appreso” in termini di conoscenze.

Più complesso è valutare il raggiungimento dell’obiettivo ulteriore che mi ero prefissata (una modificazione positiva intorno al pro-prio modo di stare all’interno di un’organizzazione complessa e in continua evoluzione).Valuto positivamente (e considero quindi la “competenza acqui-sita”) quando l’apprendista, nel gruppo ristretto e nell’aula, con-tribuisce attivamente all’analisi del problema e alla ricerca di solu-zioni. Quando, insomma, svolge un ruolo attivo, quando si sforza di essere protagonista del miglioramento.

RISULTATI La valutazione è vissuta dagli apprendisti come un continuo processo di misurazione, di confronto e di miglioramento.É cresciuta la consapevolezza non solo intorno al “cosa” si è “imparato”, ma anche intorno al “come” si è imparato e intorno al “come valutare il miglioramento”.

La valutazione non si è riferita solo all’obiettivo esplicito e dichiarato del Modulo formativo, ma anche alle competenze trasversali rafforzate e rese più esplicite attraverso l’utilizzo consapevole dei metodi e delle tecniche.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

146 La formazione nel sistema apprendistato

RISULTATI Al termine del breve percorso gli apprendisti hanno rafforzato la convinzione che il miglioramento del loro lavoro e dell’organizzazione complessiva può dipendere anche da loro, dal loro modo di osservare, di stare, di valutare il proprio lavoro e il contesto in cui si trovano ad operare.

CONCLUSIONI

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Sono convinta che lo sforzo di rendere espliciti e coerenti obiettivi formativi da conseguire, modalità di lavoro da utilizzare e modalità e strumenti per la valutazione e autovalutazione dia sempre e comunque risultati positivi.

É ovviamente importante il momento di programmazione del percorso (sempre, ma ancor più nel caso di più Formatori che intervengono sullo stesso modulo).In un caso o nell’altro, è comunque importante non “fissarsi” nell’utilizzo di tecniche o strumenti: sarà sempre l’aula, con le sue specifiche caratteristiche, a determinarne la scelta.

Autore Rita Pontoglio

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OGGETTO DELLABUONA PRASSI

Oggetto della buona prassi di seguito presentata è la ricercadi modalità che aiutino a rendere espliciti gli obiettivi delpercorsoefacilitinolacondivisionesuglistessi.

CONTESTO

TIPOLOGIADELL’INTERVENTO

Aula di Apprendisti del settore servizi aziendali più due persone disoccupate (un gruppo, quindi, tendenzialmente “centrato sui temi”).

Modulo Professionale SAZ 10 (Organizzazione aziendale, 24 ore).Competenza/obiettivo del Modulo: “Descrive la struttura organizzativa dell’azienda e la propria posizione al suo interno, precisando i propri compiti e ruoli rispetto alle diverse funzioni”.

Si tratta di un Modulo molto presente nei Piani Formativi sia degli addetti alla Segreteria, sia dei contabili d’ordine e di concetto. Normalmente è un modulo richiesto al primo anno di apprendistato (massimo secondo), quindi in qualche misura propedeutico a gran parte degli altri Moduli professionali.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Sono convinto che sempre, ma soprattutto affrontando Moduli del primo anno, sia necessario aiutare gli Apprendisti a cogliere il senso e l’opportunità dell’esperienza formativa che svolgono all’esterno dell’azienda. Sono convinto anche che, se veramen-te voglio dar loro il senso non di essere tornati a scuola, ma di essere “sul lavoro” e di svolgere un’attività ad esso strettamente collegata, devo dar loro la possibilità di sentirsi protagonisti con-sapevoli e motivati.So che la chiarezza e la condivisione degli obiettivi costituisce inoltre una condizione essenziale sia per dare senso al momento di valutazione finale, sia per rendere possibile un’autovalutazione da parte degli Apprendisti.

Dopo un giro di tavolo finalizzato a conoscere le aspettative dei partecipanti passo alla illustrazione delle competenze/obiettivo utilizzando, come base, la scheda modulo da Catalogo.

Tutti i partecipanti posseggono la scheda e ciò facilita l’attenzione e il confronto. Il mio obiettivo è aiutare a comprendere il signi-ficato della scheda (competenza, specifiche della competenza, contenuti teorici minimi ecc.), correggere interpretazioni errate o preconcette.Considero la scheda/modulo un’utile traccia su cui sviluppare la riflessione (anche se spesso, per rendere maggiormente com-prensibile l’obiettivo, preferisco elaborare io stesso una scheda che si avvale di un linguaggio e di formulazioni più chiare e com-prensibili per il gruppo).Dopo un confronto diretto e individualizzato, verifico che tutti ab-biano “compreso” gli obiettivi impliciti del percorso che si sta ini-ziando e cerco di costruire condivisione intorno ad essi.Apro la discussione, accolgo dubbi e obiezioni, chiedo di argo-mentare. Questo momento di discussione, confronto, condivisio-ne mi permette di conoscere e quindi di tenere in considerazione le caratteristiche ed i problemi dei singoli partecipanti (settore e azienda di appartenenza, esperienze, ruolo in azienda, anzianità nella posizione ecc.).

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

148 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Se sono l’unico Formatore sul modulo la scelta dei tempi e delle sequenze diventa un problema facilmente gestibile.Quando, al contrario, sullo stesso modulo intervengono, oltre a me, altri formatori, ho verificato la assoluta necessità di anticipare il corso con un coordinamento intorno ai contenuti, ma soprattut-to intorno alle modalità di gestione del processo.

ASPETTI COMPRESENTI So che aspettative e motivazioni alla partecipazione possono svolgere un effetto accelerante (o, al contrario, ritardante…).Presto quindi particolare attenzione al gruppo, alle relazioni e alle dinamiche che si sviluppano al suo interno, a eventuali compor-tamenti individuale che -se non gestiti in tempo e con modalità adeguate- potrebbero influire negativamente sull’intero gruppo.

RISULTATI La comprensione e la condivisione degli obiettivi dell’esperienza formativa da parte di tutti gli Apprendisti mi ha permesso di:

• costruire insieme ad essi un patto formativo più chiaro rispetto a cosa ciascuno avrebbe dovuto dare in termini di impegno, ma anche rispetto a cosa ciascuno si sarebbe “portato via”;

• avere la certezza che al termine dell’esperienza formativa cia-scuno aveva maggiore consapevolezza sul suo significato (e avrebbe saputo rispondere alla domanda del Tutore aziendale: cosa avete fatto…?);

• rendere possibile un’autovalutazione e dare così maggior signi-ficato alla mia valutazione finale

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

La dichiarazione degli obiettivi e lo sforzo di arrivare ad una con-divisione generale e reale intorno ad essi costituisce un momento fondamentale del processo formativo.Quando l’obiettivo è l’acquisizione di contenuti la sua dichiara-zione (e la sua condivisione) costituisce un’operazione sempli-ce. Quando l’obiettivo è più complesso (e nel nostro caso lo è sempre, in quanto riferito all’acquisizione di “competenze”) anche l’operazione diventa più complessa. Agli apprendisti risulta facile capire cos’è un contenuto, o un concetto, o un’elaborazione te-orica. Così come risulta facile capire cos’è un’abilità, la capacità di svolgere un’operazione. Risulta più difficile capire come teoria e pratica, pensiero e azione possano (e debbano) riunirsi e arric-chirsi vicendevolmente.

Consiglio quindi a chi volesse dedicare attenzione al momento “dichiarazione e condivisione degli obiettivi” di ragionare attenta-mente sulle competenze/obiettivo del modulo per poter essere convincente e chiaro.

Autore Stefano Bogatto

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OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

L’oggettodiquestabuonaprassièlaricercadiun’efficacemodalitàdiautopresentazioneedicondivisionedegliobiet-tivi.

Mi pongo come scopo quello di catturare l’attenzione del gruppo già dai primi minuti di dialogo, sia presentando me stessa, sia soprattutto dichiarando quali obiettivi condivideremo nel percorso che faremo insieme.Cerco inoltre di capire velocemente le caratteristiche molto gene-rali dell’aula.

IL CONTESTOTIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula Apprendisti con circa quindici partecipanti.Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – 12 oreSi affrontano le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato con particolare riferimento al contratto di apprendistato.Al termine del percorso formativo i partecipanti devono conosce-re:• le principali caratteristiche del contratto di apprendistato e, in

generale, del rapporto di lavoro dipendente;• i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti preposti alla

loro tutela e rispetto;• gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i soggetti/

enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti pre-videnziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensionistici integrativi),

• la disciplina in materia di previdenza complementare.

Vedo il gruppo per la prima volta: per gli apprendisti è la terza giornata di formazione esterna obbligatoria.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

So che la condizione fondamentale per un lavoro produttivo e ef-ficace sul piano degli apprendimenti è la creazione di un clima ini-ziale favorevole. Devo trasformare l’aula in un “gruppo” disposto a “fare” e a “dare”, ma devo insieme rendere esplicita e credibile l’utilità dello sforzo.

Devo conoscere le loro aspettative, presentare la proposta forma-tiva come risposta coerente a quelle aspettative.E tutto questo devo farlo velocemente. Il Modulo è di sole 12 ore.

Scorro velocemente l’elenco dei partecipanti sul modello che di solito trovo nel registro, per vedere da che tipologia di azienda provengono e per visualizzare - in pochi secondi - la mansione affidata.

Mi manca molto il modello che un tempo veniva compilato dal collega che segue l’accoglienza con le sue impressioni sul grup-po; poche note sarebbero sufficienti per farmi capire comel’aula ha reagito all’impatto con la struttura, con il corso e con la necessità di frequentarlo.Non trovo nulla, per cui non riesco ancora a prevedere che tipo di relazione riuscirò a stabilire con loro. Parto in situazione di svantaggio; devo mettermi in condizione di capire che tipo di interesse hanno nei confronti della materia che devo trattare e quali sono le loro aspettative.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

150 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Questa fase è estremamente importante per impostare adegua-tamente il percorso; è questo il momento in cui suscito interesse o, al contrario, creo delusione. É dunque necessario capire se i miei obiettivi coincidono con le loro attese.

ASPETTI COMPRESENTI Il clima è ancora freddo perché tra i partecipanti non si è ancora consolidato un vero rapporto di gruppo. Sono diffidenti e non sanno fino a che punto possono raccontare di sé e della propria posizione professionale o del rapporto instaurato in azienda. Propongo un veloce giro di presentazioni, chiedendo a ciascuno di raccontare gli aspetti positivi del proprio lavoro ma anche di cercare qualche aspetto che va migliorato.

I CASI

Il clima si riscalda; i problemi di alcuni sono -alla fine- i problemi di tutti. Ciascuno trova un proprio equilibrio e realizza che molti stanno condividendo le stesse difficoltà, peraltro tipiche di questo primo impatto con il mondo del lavoro.

RISULTATI Il risultato è molto buono. Dichiaro che durante il percorso dedichiamo maggiore attenzione agli argomenti da loro considerati critici, con particolare riferimento agli aspetti del loro rapporto di lavoro che hanno necessità di essere migliorati.Hanno la sensazione di aver deciso di che cosa parlare e quali argomenti approfondire; sono parte attiva nella gestione del modulo. Il clima di motivazione e di partecipazione va crescendo e si facilita l’acquisizione di alcuni dei contenuti preliminari che il modulo prevede.Rispetto alla pianificazione dell’intervento, sono stati “spostati” nel tempo e “rivisti” alcuni passaggi. Ii contenuti del modulo sono stati tutti analizzati e il buon clima d’aula ha facilitato anche l’approfondimento di specifici argomenti suggeriti dai partecipanti.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Il momento dell’autopresentazione va considerato con molta attenzione e va gestito con cura. Per valorizzare maggiormente il momento dell’autopresentazione, sarebbe di ottimo ausilio una sorta di scheda del gruppo, condivisa da tutti i colleghi che gestiscono il percorso formativo, per trasferire le valutazioni, le criticità, le aspettative dei partecipanti ai colleghi che proseguono.

MAIN STREAMING Non sottovalutare il profilo dell’apprendista spesso demotivato e obbligato alla frequenza. Studiare in questo contesto la modalità adeguata che produca anche coinvolgimento. L’esperienza realizzata potrebbe essere condivisa in un momento di incontro con il team dei docenti per individuare soluzioni ancora più coerenti e efficaci.

Autore Paola Sanna

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OGGETTO DELLABUONA PRASSI

Oggettodellapresentebuonaprassièlaricercadimodalitàattraversocuipresentarelostrumentocheintendoadottareperlavalutazionedellecompetenze.

La presente scheda vuole inoltre evidenziare alcuni aspetti legati all’effettiva valutazione delle competenze.Mi riferisco alle modalità con cui valuto come acquisite o meno le competenze da parte dell’apprendista (anche in considerazione che l’attuale modulo per la Certificazione prevede un secco “SI” ovvero un secco “NO”).

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula di apprendisti in maggior parte neo-assunti di cui una parte già “informata” in materia e una parte invece senza alcuna forma-zione di base (modulo TRA C).Nel gruppo sono presenti elementi che partono già prevenuti re-putando le 12 ore sul contratto non utili alla loro professione.

Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – 12 oreIl modulo è incentrato sulla conoscenza del contratto di lavoro ed in particolare del contratto di apprendistato.Vengono trattati tutti gli argomenti (sebbene in forma accessibile a tutti) che interessano il rapporto di lavoro dipendente, con parti-colare attenzione rivolta al contratto di apprendistato.Al termine del percorso formativo i partecipanti dovranno essere in grado di:• descrivere le principali caratteristiche del contratto di apprendi-

stato e, in generale, del rapporto di lavoro dipendente;• elencare i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti

preposti alla loro tutela e rispetto;• elencare gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i

soggetti/enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti previdenziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensio-nistici integrativi).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

Devo ovviamente individuare modalità coerenti per verificare e valutare se al termine del percorso l’apprendista ha acquisito le competenze/obiettivo del Modulo.Nel mio caso, Modulo TRA C, le competenze sono declinate in termini di “capacità” di “descrivere” e di “elencare.É quindi abbastanza facile trovare uno strumento di verifica: devofar descrivere e devo far elencare. Scelgo di farlo attraverso un questionario scritto.Considero importante che gli Apprendisti siano consapevoli, fin dall’inizio, delle modalità che intendo utilizzare per la verifica e valutazione finale.Perché lo strumento di valutazione possa essere percepito e utilizzato come strumento di autovalutazione (e contribuire quindi allo sviluppo di consapevolezza delle acquisizioni e degli apprendimenti).Devo ovviamente calibrare la prova di verifica sull’aula. In alcuni casi infatti dedico molto tempo ad alcuni argomenti che in altre realtà tratto più leggermente. Perciò non dispongo di una griglia fissa.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

152 La formazione nel sistema apprendistato

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Normalmente la griglia che utilizzo -come dirò in seguito- in modo flessibile), prevede che il numero minimo di risposte “corrette” sia 6/7 su 10.Sarebbe più facile utilizzare una griglia rigida se le domande fossero in numero più alto e se le risposte fossero “chiuse”.

Già in fase di autopresentazione, annuncio che, in considerazione del fatto che sono chiamato a certificare l’acquisizione o meno delle competenze, a fine modulo ai corsisti verrà proposta una prova scritta.Evidenzio come si tratta di una prova con 10 domande aperte aventi per oggetto i macro argomenti del corso (le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato, le caratteristiche del rapporto di apprendistato, la riforma delle previdenza complementare, ecc…) precisando che tutti questi argomenti saranno trattati durante le 12 ore.Ciò normalmente crea qualche disagio, soprattutto per il fatto che i partecipanti sono prevalentemente persone non più abituate a scrivere.Sottolineo quindi come non si tratti di un tema di italiano, ma di una prova dalla quale deve emergere semplicemente il raggiungimento delle principali competenze/obiettivo del Modulo.Permetto loro di utilizzare i loro appunti per lo svolgimento della prova. Ritengo che “saper trovare le risposte corrette” utilizzando le proprie annotazioni costituisca di per sé il possesso di abilità rilevanti.Questa prova scritta si affianca comunque ad una mia valutazione sulla qualità della partecipazione al corso. Una prova scritta “non buona” può essere quindi bilanciata da una partecipazione attiva, ricca, proficua per il gruppo.

Esplicito anche questo ulteriore elemento di osservazione per la valutazione, ma noto che annunciar che un determinato argomento potrebbe essere oggetto di domanda della prova determina un’impennata di attenzione.Dei due momenti (qualità della partecipazione e esito della prova), ai fini della mia valutazione il primo risulta spesso prevalente.

Terminata la prova dedico una trentina di minuti alla sua correzione. Questa attività costituisce anche modo per ripetere e fissare meglio tutti gli argomenti trattati nelle 12 ore.A questo punto l’aula si rianima. Sono molti infatti gli Apprendisti che vogliono sapere (e far sapere) come hanno risposto ad alcune domande o chiedono chiarimenti sulla correttezza delle loro risposte.Quando, nel tempo dedicato alla “correzione” ed alla discussione sugli esiti, capita che un Apprendista si rende conto di “aver sbagliato” la risposta ed è in grado di motivare con sicurezza la nuova risposta, non ho difficoltà a non considerare l’errore.

RISULTATI Questa modalità di valutazione porta risultati buoni.La vastità degli argomenti proposti nelle domanda aperte permette a tutti -se non di “centrare” la risposta- quantomeno di dimostrare di aver acquisito nuove conoscenze, nuove regole, nuove procedure…Generalmente le prove risultano tutte positive anche in considerazione del fatto che, durante la lezione e con la scusa della prova, alcuni aspetti vengono ripetuti più volte.

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RISULTATI Al termine della prova alcuni corsisti appaiono anche soddisfatti di essere riusciti a rispondere a tutte le domande e emerge un clima positivo.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Il consiglio, nel caso di moduli che lo permettono, è quello di utilizzare le domande aperte. Questa modalità permette infatti (molto più che la proposta di domande chiuse) di far emergere le reali conoscenze e competenze dell’apprendista.Può sembrare forse poco rigoroso sul piano scientifico giocare sulla “paura della prova”. Per esperienza posso però dire che, se non si calca troppo la mano, l’idea che il percorso si concluderà con una prova contribuisce a sviluppare attenzione, interesse, coinvolgimento.

Autore Luca Vichi

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

154 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comepartiredall’esperienzaedalleesigenzedegliAppren-disti(erenderevisibiletalescelta)egarantire,parallelamen-te,completezzaeunitarietàalmodulo

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Primissimo incontro: otto di mattina, gli Apprendisti entrano in La-boratorio di informatica e prendono posto ai PC.Le password di accesso non sono ancora state fornite.Vengono sbrigate le pratiche burocratiche (firme ecc…)

Aula Apprendisti. Modulo SAZ area informatica.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

So che quanto più presenterò un piano di lavoro coerente alle aspettative ed ai bisogni degli apprendisti, tanto più sarà alto il loro interesse e attiva la loro partecipazione.Ma è mio obiettivo anche gestire un percorso coerente, comple-to, rispondente agli obiettivi formativi del Modulo.Devo quindi trovare un giusto equilibrio tra il “far leva sulle moti-vazioni” esistenti in partenza e il “garantire completezza” al per-corso.

Mi presento all’aula e propongo di fare un “giro” di autopresenta-zione personale e professionale e di esplicitazione delle aspettati-ve e di specifiche richieste.Io prendo appunti su aspettative e richieste.Terminato il giro espongo il programma di lavoro e gli obiettivi formativi agganciandomi esplicitamente alle richieste espresse e “facendo apparire” la mia proposta strettamente dipendente e coerente ad esse.In realtà la mia esperienza mi permette di non essere facilmente ”spiazzato” dalle richieste. Ho avuto modo di affrontare e cono-sco e una gamma di problematiche estremamente varia.

Al termine del percorso, dedico spazio alla riflessione sull’utilità del percorso rispetto all’esperienza lavorativa e alla sua coerenza con le aspettative e le richieste iniziali.

RISULTATI Sono riuscito a creare un clima favorevole all’apprendimento con-siderando e valorizzando aspettative e bisogni.Sono riuscito a condurre il percorso completo e a sviluppare le competenze/obiettivo previste dal Modulo.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

La tecnica descritta è quasi sempre utilizzabile. É raro che aspet-tative e richieste espresse dall’aula possano stravolgere il piano di lavoro. Al massimo possono determinare nuove sequenze, diver-se priorità, necessità di particolari approfondimenti.

Se invece venisse presentata una richiesta davvero nuova, “sfi-dante” per il Formatore, ma interessante e utile per l’aula, consi-glio di scegliere tra queste possibili strategie:

• strutturare un lavoro di gruppo per affrontare la nuova tematica;

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SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

• elaborare apposito materiale capace di fornire risposte coerenti (questo ovviamente solo quando è previsto un ulteriore incontro con l’aula);

• rendersi disponibili ad analizzare lo specifico caso, ma a condi-zione che l’intera aula consideri accettabile l’opzione (il tempo è sempre strettissimo…).

Quest’ultima strategia comporta da un lato il rischio di dover de-dicare poco tempo ad altri argomenti, dall’altro la grande oppor-tunità di trasformare l’aula in un vero “luogo” di ricerca, riflessio-ne, confronto.

Autore Sergio Rocca

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

156 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLABUONA PRASSI

Individuare e condividere metodologie e tecniche coerenticonlecaratteristichedell’aula,coerenticongliobiettivifor-mativi,efficacinelfavorirel’apprendimento

IL CONTESTOTIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti Modulo TRA B – Il sistema azienda: organizzazione e qualitàModulo trasversale obbligatorio del 1° anno.Competenza/obiettivo: “descrive le principali forme di organizza-zione aziendale improntate alla qualità con particolare riferimento al settore di appartenenza”.Modulo di 12 ore

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

Parto dal presupposto che ciascuna aula è unica e irripetibile. Per i suoi partecipanti, per le dinamiche che in quel momento si stanno sviluppando, per il tempo che c’è fuori, per la stagione e per mille altre condizioni.Quindi non posso pensare di arrivare in aula con un programmino belle pronto, con già definite le cose da dire, le cose da fare, le cose da far fare.Questa condizione mi induce a utilizzare più metodi, più tecniche, più strumenti, nella convinzione che tale pluralità mi permetterà di colpire un bersaglio più ampio.Saranno la conoscenza dell’aula che progressivamente cresce ed i suoi comportamenti reali a farmi capire quali metodi e quali tec-niche valorizzare maggiormente nel corso del processo.L’importante è che il metodo utilizzato sia comunque coerente all’obiettivo formativo, efficace sul piano degli apprendimenti, esplicito anche per gli apprendisti. Aiutarli a cogliere il rapporto tra obiettivi formativi e metodi utilizzati permette loro di “stare” nel processo e di ricostruire il processo stesso: non solo conte-nuti, ma anche metodo. Non solo “cosa ho appreso”, ma anche “come ho appreso”.

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Scelgo quindi di adottare (e dichiaro e propongo in anticipo) una pluralità di tecniche:• lezione frontale• lavoro di gruppo• autocasi• simulazione con osservazione• lezione autogestita

Esplicito le motivazioni di tali scelte al fine di rendere evidente il rapporto tra ciascuna tecnica e gli obiettivi da conseguire:

• lezione frontale c conoscenze• lavoro di gruppo c competenze collaborative• autocasi c Kolb• simulazione con osservazione c comportamenti• casi + autocasi c problem solving• lezione autogestita c…

Dedico le prime due ore alla lezione frontale. L’obiettivo è costruire un quadro comune e comprensibile a tutti intorno ai fondamentali elementi organizzativi, comunicare i contenuti di fondo, costruire un glossario sui fondamentali concetti.

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Non mi lascio prendere dall’ansia dei contenuti: se lo facessi la lezione frontale dovrebbe continuare per ulteriori dieci ore (e non basterebbero ancora…).So peraltro che i metodi attivi che utilizzerò in seguito saranno occasione di molte integrazioni e approfondimenti.

Organizzo quindi l’aula in gruppi e assegno i relativi obiettivi e compiti. La costituzione dei gruppi innesca inevitabilmente una serie di dinamiche relazionali che mi sforzo di leggere, gestire e guidare.

RISULTATI Le strategie adottate hanno permesso di garantire una connes-sione efficace tra obiettivi formativi e tipologie di apprendimento.La scelta di anticipare/discutere e condividere le metodologie ha reso possibile sviluppare consapevolezza non solo rispetto ai contenuti affrontati e acquisiti, ma anche rispetto al “metodo” che ha facilitato l’apprendimento.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Scegliere di adottare una pluralità di tecniche comporta un duplice sforzo.Da un lato la cura e l’attenzione nella scelta, che deve essere sempre coerente con l’obiettivo e il più possibile adeguata alle caratteristiche ed agli stili di apprendimento degli apprendisti. Dall’altro richiede tempo da dedicare alla esplicitazione delle motivazioni della scelta stessa agli apprendisti.

Consiglio di adottare questo approccio quando l’obiettivo del Modulo è fortemente spostato sull’acquisizione di metodi piuttosto che sull’acquisizione di contenuti.

Autore Armando Centeleghe

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

158 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

L’oggetto di questa buona prassi è la modalitàdigestionedelmomentodell’autopresentazione.L’obiettivo che si vuole raggiungere è condividereconl’aulailpercorsoformativochesiintendeattuare (argomenti, modalità di trattazione, strumenti utilizzati, valutazione delle competenze acquisite, ecc…).In secondo luogo, e questo soprattutto allo scopo di migliorare la gestione d’aula, si vogliono conoscere i partecipanti per valutarne le competenze e individuare i soggetti “forti” e quelli “deboli”.

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula di apprendisti in maggior parte neo-assunti di cui una parte già “informata” in materia e una parte invece senza alcuna forma-zione di base.La gestione dei soggetti non formati è sicuramente più agevole della gestione dei colleghi “informati”.Questi ultimi infatti tendono:• a non partecipare, in quanto considerano le informazioni ogget-

to del corso già a loro note;• a partecipare in modo eccessivo, per dimostrare agli altri le loro

competenze portando spesso la discussione su argomenti fuori dalla portata di molti.

Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – 12 oreIl modulo è incentrato sulla conoscenza del contratto di lavoro ed in particolare del contratto di apprendistato.Vengono affrontati (in forma accessibile a tutti) tutti gli argomenti che interessano il rapporto di lavoro dipendente, con particolare attenzione rivolta al contratto di apprendistato.Al termine del percorso formativo i partecipanti dovrebbero co-noscere:• le principali caratteristiche del contratto di apprendistato e, in

generale, del rapporto di lavoro dipendente;• i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti preposti alla

loro tutela e rispetto;• gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i soggetti/

enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti pre-videnziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensionistici integrativi).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

Devo iniziare costruendo le condizioni per condurre positivamen-te il percorso formativo.L’idea di fondo è che una buona autopresentazione, che anticipi anche obiettivi, modalità di conduzione, esiti attesi, può favorire il raggiungimento di questo scopo.Sono convinto anche che una autopresentazione da parte degli Apprendisti, se non costituisce una ripetizione di un rito già ce-lebrato il giorno prima, possa essere importante per scaldare il clima, per dare un senso al modulo e collegarlo ad esperienze di lavoro, per riconoscere interessi, aspettative e bisogni su cui impostare il mio intervento.

ArEATEmATICA3

Gestire la propria presentazione all’aula e le autopresentazioni degli apprendisti

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Il primo passo non può essere quindi che quello di presentarmi all’aula.Ciò avviene attraverso un’autopresentazione dalla quale emergo-no le informazioni rilevanti sulla mia attività professionale e sulle mie più significative esperienze di formazione.In secondo luogo sintetizzo gli argomenti che saranno oggetto del percorso, le competenze/obiettivo del modulo e le modalità di valutazione dell’acquisizione di tali competenze (nel caso concre-to annuncio che ci sarà una prova scritta finale con 10 domande aperte sugli argomenti trattati nelle 12 ore di corso).Il terzo momento è quello in cui do la parola ai corsisti; devo infatti conoscere le persone che ho di fronte.Chiedo che la loro presentazione si concentri sulle loro competen-ze in materia in quanto (e lo evidenzio), so che già i miei colleghi hanno effettuato autopresentazioni più approfondite e personali e quindi non posso riproporre le medesime autopresentazioni.(Alla luce di tale esigenza risulterebbe importante poter disporre dei dati e delle principali informazioni raccolte dal collega in fase di accoglienza).Propongo quindi non un generico “giro di autopresentazioni”, ma una riflessione sul rapporto tra le proprie funzioni e sui propri compiti e gli argomenti oggetto del corso. In queste condizioni mi è più facile definire le modalità di condu-zione e chiedere un aiuto all’aula:

• in particolare “pazienza” a chi si troverà ad affrontare problemi già noti;

• “alta attenzione” a chi quei problemi non ha mai affrontato.Mi è inoltre possibile “utilizzare” le conoscenze e le competenze già in essere come “risorsa” per l’intero gruppo.

ASPETTI COMPRESENTI Noto che in fase di autopresentazione gli apprendisti hanno un atteggiamento razionale e “contenuto”.Accade spesso -invece- che in sede di approfondimento e di confronto si facciano prendere fortemente anche sul piano delle emozioni fino ad arrivare a veri e propri “sfoghi”

I CASI

Il “giro d’aula” sulle singole esperienze costituisce un’importan-tissima occasione per individuare “casi” concreti che potranno diventare oggetto di discussione e confronto da usare a comple-mento della “lezione frontale”.

RISULTATI

La gestione dell’autopresentazione secondo tali modalità mi per-mette solitamente di motivare e stimolare sia i soggetti “più forma-ti” e “più attivi”, sia i soggetti inizialmente meno formati e scarsa-mente disponibili allo sforzo di “apprendere”.È innegabile che spesso sono presenti in aula uno o due elementi particolarmente difficili da coinvolgere. Questo emerge già in sede di autopresentazioni e fin da subito è possibile quindi iniziare il lavoro di progressivo coinvolgimento.

I risultati appaiono di norma buoni. L’autopresentazione acquisi-sce ulteriore peso nel corso dello sviluppo del modulo. Mi è pos-sibile infatti fare riferimento a quanto anticipato in quella sede con frasi quali: “vi ricordate che il primo giorno avevamo detto che…” “ecco perché il primo giorno era stato precisato che… ecc…”Mi sembra che questa modalità permetta ai partecipanti di “chiu-dere il cerchio” (obiettivi/metodi/esiti) in modo più significativo.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

160 La formazione nel sistema apprendistato

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Consiglio sempre di curare con molta attenzione il momento dell’autopresentazione.

Dedicare il giusto tempo a questo momento permette di gestire l’aula in modo più agevole, aiuta a “evitare sorprese”. La cono-scenza dei partecipanti aiuta infatti il Formatore a “tarare”meglio il proprio intervento. Avere chiaro il percorso formativo che andranno a svolgere per-mette agli Apprendisti di dare senso al percorso e di comprendere meglio il quadro in cui si collocheranno gli argomenti trattati in aula.

Autore Luca Vichi

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161Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Intervengo sul Modulo TRA C che fa parte del blocco di 40 ore obbligatorie del 1° anno.Prima di me sono entrati in aula il Formatore che ha fatto l’acco-glienza e il Formatore che ha fatto il Modulo sul “Sistema Azien-da”. Gli apprendisti si sono già abbondantemente presentati nei moduli precedenti, e quindi forse sono un po’ stufi di parlare di sé.D’altra parte io ho bisogno di conoscere le persone con cui sto iniziando a lavorare. Comepossogestirelafasedelleautopre-sentazioni?

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti.

Modulo obbligatorio TRA C “Conoscenza del contratto di lavoro ed in particolare del contratto di apprendistato” 12 oreCompetenza/obiettivo del Modulo: conoscenza del contratto di lavoro, di apprendistato e normativa in materia di lavoro.Inizio di pomeriggio, nella fase post pranzo, e quindi gli apprendi-sti al mattino hanno seguito un altro modulo.La situazione è che nell’immediato dopo pranzo sono tutti un po’ “elettrici” in quanto sono andati a pranzo assieme e quindi devo-no finire di dirsi le ultime cose.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

So che all’inizio del mio intervento un momento di autopresen-tazione è fondamentale: per un fatto di rispetto, reciproco, per rendere possibile a ciascuno un posizionamento nell’aula e dare così maggior senso a ciò che si dovrà fare, per “scaldare” l’aula e creare le condizioni per un lavoro efficace.Ma so anche che l’autopresentazione non può essere un rito che si ripete sempre uguale due, tre, quattro volte in una settimana.

Non tutti arrivano per l’una. Io arrivo prima di loro e preparo già collegato il personal computer. Predispongo il tutto in attesa che si siedano.Li saluto uno ad uno quando entrano in aula dopo di me.Non mi siedo mai alla scrivania, preferiscono appoggiarmi davanti ad essa, in una posizione da dove posso vedere tutti.

Ai “ritardatari” chiedo notizie. Se passano più di 10 minuti soc-chiudo la porta, in modo che chi entra capisca di non essere in orario e si sforzi di rimediare per la volta successiva.Quando vedo che hanno preso tutti posto, li saluto con un gran sorriso (accogliente ma autorevole) , porgo loro il registro, da far girare, e mi presento.

Poche parole… cognome, nome… cosa faccio, dove lavoro e cosa sono venuta a fare. Preciso che, essendo “sindacalista del datore di lavoro”, tratterò principalmente i “doveri” del lavoratore, lasciando intendere che se si conoscono i doveri automaticamen-te si è in grado di far valere in propri diritti.Do comunque ampia disponibilità a rispondere alle loro domande, se in grado di farlo.

Dato che, come detto, so che si sono presentati più volte, chiedo loro solo il nome e il contratto di lavoro, o in alternava il tipo di apprendistato che stanno svolgendo. Chiedo loro anche di non cambiare posto, perché mi faccio una piantina per poi poterli chiamare con il loro nome (ho notato che lo apprezzano).

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

162 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Date le scarne informazioni che chiedo, a volte sono loro stessi che ampliano la presentazione , con informazioni suppletive. A seconda dell’attività da loro svolta, se possibile faccio qualche commento carino o spiritoso

Passo poi ad una slide a tema e chiedo cosa sanno sull’argo-mento, e solo dopo aver rotto il ghiaccio presento il programma, che scrivo a grandi linee sulla lavagna, chiedendo loro da quali argomenti vogliono cominciare, ma precisando (con aria sornio-na…) che comunque credo proprio che faremo tutto quello che c’è scritto.

Dopo aver concordato la scaletta partiamo.

ASPETTI COMPRESENTILe emozioni

Utilizzando questa tecnica credo di dar loro l’impressione di an-dare al sodo, con praticità e competenza, e di non fermarmi sulle cose superflue (come una autopresentazione estesa e ripetuta).

La raggiunta condivisione sulle cose da fare e la mia aperta dispo-nibilità a rispondere alle loro domande e ai loro dubbi mi permette di raggiungere, un buon grado di “complicità”.

Noto che chiamarli per nome (dopo un po’ anche senza la mia mappa davanti) è molto importante: li valorizza, li fa sentire mag-giormente considerati, contribuisce ad aumentare il grado di at-tenzione e partecipazione.

I CASI

Nello sviluppo dell’intervento alcuni Apprendisti implementano autonomamente la propria presentazione perché magari devono esporre un caso che è capitato loro.

Cerco di affrontare e trattare il caso per farlo diventare un utile momento di discussione, di confronto, collegamento tra gli aspet-ti teorici trattati e l’esperienza diretta.

RISULTATI Il fatto di proporsi senza fronzoli, ma compiutamente, e chiedere altrettanto a loro ritengo sia un buon metodo per far intendere di essere concreti e non dispersivi, se pur disponibili alle loro esi-genze.

In questo modo si evitano inutili quanto dannose ripetizioni, che a lungo andare “stufano” i partecipanti.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

L’autopresentazione del Formatore e un giro di autopresentazioni degli Apprendisti presenti è sempre un elemento importante nel processo di formazione.

É necessario però gestirlo in modo tale che non venga percepito come una “ripetizione”.

Mainstreaming Nella gestione delle trasversali obbligatorie del primo anno, che vedono coinvolti come minimo quattro o più Formatori, sarebbe importante, in fase di coordinamento, ragionare anche sulle mo-dalità di gestione delle

autopresentazioni e più in generale della costruzione del “patto d’aula”.

Autore Tiziana Facchini

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163Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Partono tutti da zero: nessun Apprendista è in grado di leggere o compilare un prospetto paga. Rischiodiiniziareunalezione“frontale”ediportarlaavantiperore.Comemicomporto?Qualimetodialternativipossomettereinatto?

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti. Modulo SAZ 16, “Amministrazione del persona-le”, di 40 ore.Il Modulo viene gestito da più docenti, ciascuno dei quali tratta un argomento, ovviamente collegato agli altri. Per quanto mi riguarda devo gestire la parte relativa alla compila-zione della busta paga (12 ore).

Il progetto prevede una parte teorica e una parte prettamente pratica, in quanto l’Apprendista -al termine del corso- dovrà esse-re in grado di compilare un prospetto paga abbastanza semplice, previa la conoscenza delle caratteristiche (e relativo calcolo) delle voci che compongono la retribuzione e le relative trattenute con-tributive e fiscali.

Per la gestione del corso necessito di attrezzature per la visione (su schermo) degli argomenti e per il calcolo delle competenze.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

So che, in particolare per gli aspetti teorici della mia parte del modulo, la lezione frontale costituisce indubbiamente una efficace forma di relazione con l’aula. So però anche che la lezione frontale no può essere l’unica forma di relazione tra me e l’aula.Anzitutto perché nessun Apprendista potrebbe seguirmi con inte-resse e attenzione per 12 ore.Poi perché la mia parte di modulo prevede obiettivi formativi non solo di carattere cognitivo, ma anche di carattere tecnico pratico.Infine perché ritengo mio compito stimolare interesse e intervenire sul piano degli atteggiamenti rispetto al proprio lavoro. Un mio intervento basato solo sulla lezione/comunicazione” non sarebbe adeguato e tali obiettivi.

Dopo aver “saggiato” il terreno sulle conoscenze individuali dei partecipanti con la tecnica del “brain storming”, dedico la prima parte del mio tempo a disposizione spiegando sinteticamente struttura e caratteristiche del prospetto paga e proponendo sem-plici applicazioni di compilazione e calcolo “a mano”. Ciascuno deve predisporre il proprio conteggio, anche confrontandosi con il proprio vicino. Mano a mano che la situazione si evolve io pro-ietto sullo schermo, a posteriori, le varie fasi e i vari passaggi dei calcoli proposti. Ci trasferiamo quindi in laboratorio di informatica. Propongo a ciascuno di gestire un prospetto paga utilizzando un foglio excel senza formule.

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Improvvisare “consapevolmente” metodi e tecniche di fronte a un’aula che presenta caratteristiche inaspettate

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

164 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Alcuni Apprendisti sanno lavorare in ambiente excel, altri no.Io mi limito a fornire le direttive di massima sulle modalità di cal-colo, di utilizzo di formule e comandi in excel. Gli apprendisti in grado di gestire le formule iniziano ad aiutare il proprio vicino in difficoltà, valorizzando la propria esperienza e focalizzando, insie-me, i vari passaggi.Evidenzio a video, passo dopo passo, i vari passaggi e i risultati, ed ovviamente seguo da vicino chi penso si trovi in maggior dif-ficoltà. Propongo le formule però solo dopo che penso abbiano finito il passaggio in questione, al fine di agevolarne il confronto.

RISULTATI Gli Apprendisti lavorano attivamente, si divertono, memorizzano formule e conteggi, imparano e approfondiscono nuovi passaggi. Molti, per finire il lavoro, “saltano la pausa”.Alcuni, particolarmente soddisfatti, si portano a casa il prodotto del proprio lavoro.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Ritengo che questo metodo sia molto più “invogliante” della sem-plice applicazione di un programma “paghe” pre-impostato e asettico, in quanto dovendo loro in prima persona predisporre le formule per i vari passaggi, memorizzano più facilmente i criteri di calcolo.L’utilizzo del computer li rende più attivi. Acquisiscono nuove competenze anche nell’utilizzo di Excel e si divertono in quanto creano qualcosa di proprio.Alternare momenti di lezione frontale alle metodologie descritte rende possibile non solo l’acquisizione delle necessarie cono-scenza, ma anche l’acquisizione di tecniche, procedure, modifi-cazioni nell’atteggiamento iniziale nei confronti degli argomenti e dei problemi affrontati.

Autore Tiziana Facchini

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165Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Sceltadimetodi, tecnichee strumenti utili pergestireunasituazioned’aulanonprevista.Ilproblemaèmettereincampoeutilizzarenuovetecnicheestrumenti“nuovi”ediversirispettoall’impostazionedatafinoaquelmomento,conl’obiettivodi“risvegliare”l’interesseedicrearemaggiorecoinvolgimentonelgruppo.

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti con quindici partecipanti.Lezione pomeridiana in giornata di venerdì: scarso livello di atten-zione; la motivazione si riduce rispetto alle ore gestite nei giorni precedenti.

Introduco il tema “Diritti e doveri” nel rapporto di lavoro.Tratto di solito l’argomento con lezione frontale, ma rilevo subito che il gruppo non è predisposto all’ascolto. É necessario renderli parte attiva nella gestione dell’aula.

Modulo trasversale TRA C - Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore – di 12 ore.Si affrontano le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato con particolare riferimento al contratto di apprendistato.Al termine del percorso formativo i partecipanti dovrebbero co-noscere:• le principali caratteristiche del contratto di apprendistato e, in

generale, del rapporto di lavoro dipendente;• i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti preposti alla

loro tutela e rispetto;• gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i soggetti/

enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti pre-videnziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensionistici integrativi),

• la disciplina in materia di previdenza complementare.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Il metodo che ho utilizzato nelle ore precedenti “funzionava”. Si-gnifica che era coerente con gli obiettivi formativi che avevano caratterizzato la prima parte del mio intervento e adeguato al con-testo aula.So che insistere utilizzando il metodo della lezione frontale (so-prattutto il venerdì pomeriggio, quindi dopo 35 ore di aula) sareb-be una scelta perdente.Le problematiche da affrontare (“diritti e doveri delle parti”) si pre-stano tra l’altro ad un metodo di conduzione diverso, più attivo, più efficace.Per riconquistare l’attenzione dei partecipanti devo assolutamen-te reinventare il mio approccio.

Divido l’aula in due gruppi; una parte rappresenta il dipendente, l’altra il datore di lavoro.Utilizzo un role playing. Espongo una problematica e chiedo ai due gruppi di gestirla ipotizzando una situazione reale.Lascio ampio spazio al dibattito; con naturalezza chi sta nel grup-po dei datori di lavoro ne difende gli interessi e con altrettanta naturalezza chi sta nel gruppo dei dipendenti ne tutela i diritti. Lascio che la discussione sul punto sia giunta al termine e poi – al di là delle scelte emerse dal dibattito – espongo il dettato della norma. Riesco così a valutare i diritti ed i doveri, partendo però da un’impostazione diversa rispetto a quella che di solito utilizzo.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

166 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Ho trovato una modalità di gestione dell’aula che attraverso il coinvolgimento “obbligato” dei partecipanti ha reso possibile l’esposizione della materia ma soprattutto un’adeguata acquisi-zione delle conoscenze, attivando la partecipazione dei singoli. La tecnica permette di far giocare a ciascuno un ruolo ancora più consapevole della propria parte.

ASPETTI COMPRESENTI Noto che in fase di presentazione della metodologia didattica che intendo utilizzare il gruppo dimostra interesse. Tanto più quanto riesco a rendere esplicita e chiara la motivazione della scelta di questa tecnica.Alcuni preferiscono identificarsi nel datore di lavoro, altri invece nei lavoratori dipendenti. Si immedesimano nel ruolo e vivono un contesto assolutamente simulato come una condizione reale, che improvvisamente li ap-passiona e li rende partecipi.

GLI EFFETTI DEL CASO PROPOSTO

La discussione ha arricchito ognuno di noi. L’esposizione dei diversi punti di vista, ha messo in rilievo reazioni diverse a fronte di identico problema. Ognuno realizza che la conoscenza della materia è fondamentale per riuscire ad impostare un rapporto corretto e trasparente con il proprio datore di lavoro.

RISULTATI Il risultato è buono; ho affrontato la materia partendo dall’identifi-cazione di un problema e sono riuscita a fornire gli strumenti per la soluzione del caso in modo oggettivo, con la previsione legale o contrattuale che supporta la scelta. Il gruppo si è risvegliato; i soggetti sono attivi, impegnati, dinamici.Questa modalità utilizzata in “emergenza” si rivela più interessante del previsto.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Il gruppo deve essere costantemente monitorato e non appena si avverte un calo di interesse diffuso, significa che è necessario cambiare la modalità di conduzione dell’aula.

É importante però avere alcune tecniche “a disposizione” per po-terle attivare ed adattare ad ogni necessità.

MAIN STREAMING Puntare ad avere possibilmente gruppi omogenei. La tecnica suggerisce ad ognuno la possibilità di “pensarsi in si-tuazione” e acquisire consapevolezza e competenza di negozia-zione.

Autore Paola Sanna

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OGGETTO DELLABUONA PRASSI

La letturadell’aula edelle suecaratteristiche per la sceltadellemetodologiepiùadeguateeefficaci

IL CONTESTOTIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Incontro del gruppo nella fase iniziale del modulo TRA C: “Ap-prendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri dei la-voratori”, 12 ore.Il modulo fa parte delle 40 ore obbligatorie del 1° anno. Ritengo fondamentale che questa prima settimana di formazione esterna venga percepita come utile e importante.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZZATE

So che ogni aula ha le proprie caratteristiche, che gli apprendisti presenti hanno livelli diversi di scolarizzazione, motivazioni diver-se, esperienze e competenze diverse.E so che la percezione di utilità del Modulo formativo non dipen-derà soltanto dai contenuti che presenterò, ma anche (e soprat-tutto) dalle modalità con cui saprò presentare quei contenuti. Quanto più le mie modalità di presentazione e di gestione dei contenuti saranno coerenti ai loro modi di vedere, di sentire, di “apprendere”, tanto più l’esperienza sarà produttiva ed efficace.Considero quindi fondamentale dedicare parte del tempo a mia disposizione a comprendere il clima iniziale dell’aula e le sue ca-ratteristiche per individuare adeguate metodologie di conduzione.

Già in fase di autopresentazioni riesco a percepire -almeno a gran-di linee- gli atteggiamenti ed il livello di interesse degli apprendisti nei confronti del modulo e del suo obiettivo formativo. Chiedo in-fatti a ciascuno di presentarsi facendo riferimento esplicito al pro-prio contratto e di anticipare eventuali dubbi, perplessità, bisogni.Nella presentazione dei contenuti e nella anticipazione dei prin-cipali argomenti da affrontare riprendo e utilizzo i commenti, i bi-sogni, i dubbi e gli interessi emersi in fase di autopresentazione.Questo mi aiuta ad “avvicinare” i contenuti proposti agli appren-disti. Le regole, i concetti, le norme che presento e propongo non vengono percepiti come qualcosa di astratto e estraneo, ma come elementi strettamente legati a fatti, problemi, realtà concre-te e vicine.Il clima che si crea è positivo: c’è un senso di partecipazione, di interesse, di curiosità. Questo mi permette di sviluppare concetti, ma mi permette anche di invitare gli apprendisti stessi a motivare e argomentare meglio posizioni e idee.Mano a mano il confronto si arricchisce e mi è facile individuare meglio atteggiamenti e posizioni che, quando possibile- riprendo e valorizzo. Sintetizzo alla lavagna aspettative, dubbi, proposte, risposte e riporto accanto ad essi il nome dell’apprendista che le ha espresse.

Osservo anche, e cerco di interpretare, sguardi, reazioni, postura e “attività non contingenti”. Anche questi ulteriori elementi mi aiu-tano a leggere l’aula e le diverse soggettività che la compongono e costituiscono utili informazioni nella scelta di metodi e tecniche da utilizzare.In fase di conduzione del modulo propongo più momenti di ve-rifica/autoverifica dell’apprendimento: questo mi permette da un lato di “saggiare” l’efficacia dell’intervento nel suo sviluppo, dall’altra mi aiuta a mantenere alto il livello di attenzione, di inte-resse e di motivazione.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

168 La formazione nel sistema apprendistato

RISULTATI Le informazioni e gli elementi che traggo dallo sforzo di lettura complessiva e individuale dell’aula mi permettono di tarare e ren-dere maggiormente efficace il mio intervento.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Considero il tempo dedicato alla “lettura dell’aula” è sicuramente ben speso.

In un’aula non problematica aiuta a riconoscere aspettative, inte-ressi, motivazione, bisogni, e permette quindi di tarare l’interven-to, renderlo più coerente con l’aula stessa e quindi più efficace…In un’aula “critica” aiuta a riconoscere eventuali soggetti particola-ri (il critico, l’accidioso, lo scettico, l’espansivo, il collaborativo…) e ad anticipare la messa in atto di azioni di “difesa” o di “valoriz-zazione”.

Autore Claudio Cavazzani

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169Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

L’attivitàoggettodelmodulovieneritenutamarginaleescar-samenteutile:comemicomporto?

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

14 apprendisti di cui 12 in attività da oltre un anno e 2 addette part-time al call center (no archivi).Modulo SAZ 33- “Procedure e metodi per l’archiviazione”, di 20 ore, 12 gestite da me e 8 da un collega che affronta la parte in-formatica. Si tratta di un modulo che gestisco spesso e normalmente inizio con un breve momento “frontale” in cui presento significati, pro-cedure, metodi (cartacei ed informatici) per l’archiviazione. Solo dopo questa parte teorica propongo una serie di attività che per-mettano a ciascun apprendista di “legare” la propria esperienza pratica alle nozioni teoriche.In un’aula “motivata” e interessata, il modulo si presta all’utiliz-zo del metodo dell’alternanza e quindi ad un lavoro di riflessione sull’esperienza concreta, di confronto ed elaborazione su di essa, di sperimentazione e applicazione delle nuove elaborazioni. Nel contesto in cui mi trovo, questo metodo non può “tenere”. “Al-lontanerebbe” ancor più le due addette al call center che non hanno alcuna esperienza di archiviazione (o meglio sarebbe dire non riconoscono, nella loro esperienza lavorativa, nessi e legami con le problematiche dell’archiviazione).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

I motivi per cui al Formatore può capitare di trovarsi in aula ap-prendisti non motivati sono molteplici. Caratteristiche dell’ap-prendista, scarsa attenzione da parte del Tutore aziendale, Piano formativo individuale non coerente, convocazioni effettuate con troppa fretta e senza la necessaria attenzione alla reale utilità della proposta formativa…Resta il fatto che io devo condurre l’aula per 12 ore e che non posso procedere secondo il programma ed utilizzare i metodi e le tecniche che utilizzo normalmente.Devo” inventare” qualcosa che mi permetta di coinvolgere anche le due apprendiste (comprensibilmente) demotivate, di propor-re un percorso che permetta a tutti di acquisire la competenza/obiettivo.Per rispondere all’imprevisto devo “improvvisare” sul piano del metodo, ma tenendo ben saldi gli obiettivi.

Ho scelto di partire proprio dalla percezione di scarsa utilità dell’at-tività di archiviazione ed ho proposto di “leggere” quell’attività sia in funzione aziendale che in funzione di una gestione personale (ad esempio l’archivio “di casa”).

Ho quindi ribaltato il programma iniziale e ho deciso di partire subito con un’attività che -insieme- scaldasse il gruppo e rendes-se possibile una rimotivazione ed una partecipazione delle due apprendiste in difficoltà.

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Aiutare gli apprendisti a “dare senso” a cio’ che stanno facendo in aula

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

170 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Ho suddiviso l’aula in piccoli gruppi ed ho assegnato il compito di mettere a confronto le esperienze di gestione archivi (di qualun-que tipo, aziendali e no, cartacei e no).

Ciascun gruppo ha potuto presentare il proprio lavoro:• cos’è un archivio (cartaceo o informatizzato),• a cosa serve,• come lo uso,• quali difficoltà trovo nel gestire un archivio.

Abbiamo fatto un confronto/sintesi di quanto emerso nei gruppi.Ho poi utilizzato il ricco materiale uscito dai gruppi e a partire da esso ho “ricostruito” il modello teorico che avrei comunque co-struito utilizzando altri metodi ed altre sequenze.Abbiamo quindi affrontato i punti chiave della norma ISO di rife-rimento.Ciascun gruppo ha inoltre elaborato alcuni suggerimenti di mi-glioramento da proporre in azienda (o da utilizzare nella propria gestione familiare).

RISULTATI Le due apprendiste inizialmente demotivate hanno trovato un proprio spazio all’interno del gruppo e dopo poco tempo parteci-pavano attivamente al lavoro.Nonostante il cambiamento di programma l’obiettivo formativo è stato raggiunto (e direi anche arricchito). Questo è stato possibile in quanto l’obiettivo era centrato, più che su acquisizioni teoriche, sullo sviluppo di consapevolezza intorno al significato strategico (in azienda e a casa) dello strumento “archivio” e sui “metodi di archiviazione”.Alla fine del modulo il gruppo ha manifestato soddisfazione e ri-sultati positivi rispetto alle aspettative.Alcuni hanno espresso apertamente l’intenzione di attivare propo-ste migliorative in azienda.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

L’esperienza concreta è caratterizzata da un contesto particolare ed è riferita ad un modulo che si prestava ad un repentino cambio di programma.L’elemento che ritengo “trasferibile” non è quindi il metodo utiliz-zato, quanto la ricerca di nuovi metodi ogni qualvolta il metodo inizialmente pensato non sia coerente con la situazione specifica.

Autore Rita Pontoglio

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OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comemotivareedaresensoadunmodulopercepitocomeinutile”

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula ApprendistiFin dal primo incontro con i corsisti, risulta evidente che due di loro sono ad un livello molto più avanzato rispetto ai compagni per quanto riguarda le loro conoscenze linguisticheDopo un giro di domande e di presentazioni Pietro e Paolo (li chiameremo così) si dimostrano staccati e disinteressati, più che altro rassegnati al loro destino che è quello di dover frequentare un corso che dicono di non aver scelto e dal quale sono certi non trarranno alcun vantaggio. Dichiarano di non avere mai occasione di usare l’inglese sul lavoro e di avere comunque già una buona padronanza della lingua (dopo 8 anni di inglese a scuola), cosa che viene peraltro confermata anche dai loro primi interventi in aula.Durante l’intervallo cerchiamo di capire meglio le loro impressioni e le loro esigenze, ma l’atteggiamento rimane quello di una edu-cata rassegnazione e la sensazione che per loro questo corso sia solo una perdita di tempo.

Modulo SAZ 12 (Inglese in azienda 1)

Competenza/obiettivo del Modulo: “Interagisce/comunica con clienti e fornitori al telefono in modo elementare e gestisce la cor-rispondenza commerciale”

24 ore così suddivise: 12 ore docente Donatella (conversazione telefonica) – 12 ore docente Lucia (lettere ed e-mail).

I due interventi d’aula vengono coordinati e le modalità di gestio-ne d’aula condivise prima e durante lo svolgimento del corso.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Sappiamo che la “motivazione” è condizione essenziale per l’ap-prendimento.E sappiamo che la motivazione poggia sul riconoscimento del “sen-so” e dell’”utilità” di ciò che si sta facendo. Non considerare questi aspetti e proseguire come se nulla fosse, magari esortando di tanto in tanto alla partecipazione e all’interesse sarebbe sciocco e inutile. Tra l’altro i due Apprendisti “non sono mo-tivati” per cause esterne alla loro volontà.

Decidiamo di tentare di coinvolgerli come aiutanti e di sfruttare le loro conoscenze e competenze linguistiche per dare una mano in interventi personalizzati per aiutare alcuni corsisti che si dichiarano dei “quasi - principianti”.Dopo aver individuato con tutti i corsisti una serie di situazioni che necessitano una minima conoscenza dell’inglese, viene distribuito del materiale e trascritti alla lavagna frasi e vocaboli utili. A questo punto si chiede loro di dedicarsi a due compagni per curare la loro pronuncia, spiegar loro il significato della fraseologia presentata, aiu-tarli a memorizzare modi di dire, formule ecc… intanto che la docen-te lavora con il resto della classe.Questo sistema viene usato anche nelle ore di lezione successive: ogni tanto li si sente alzare un po’ la voce e pretendere dai compagni più precisione, oppure chiedere alla docente come o se affrontare il ripasso di una particolare regola e questa li aiuta e consiglia.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

172 La formazione nel sistema apprendistato

I CASI

Il giorno seguente viene chiesto a tutti di preparare la bozza e poi la stesura di un breve role playing a coppie che dovranno eseguire davanti agli altri. Pietro e Paolo si dedicano a questo tipo di intervento con entusia-smo ed impegno, cercando di supportare ed aiutare i loro com-pagni al meglio ed i compagni loro affidati danno l’impressione di apprezzare il loro intervento e di sentirsi più liberi di manifestare e dichiarare le loro lacune a dei loro colleghi che non direttamente alla docente. Nel role playing Pietro e Paolo sono stati due ec-cellenti “sparring partners” per i loro “protetti” e ne è uscito un intervento complessivamente positivo per tutti. Soprattutto, siamo riuscite a coinvolgere due corsisti che altri-menti avremmo probabilmente perso, sia dal punto di vista for-mativo che umano.

RISULTATI É stata data ai due Apprendisti l’opportunità di sentirsi utili, di rinforzare conoscenze linguistiche che già avevano, di rendersi conto che di fronte alla trasmissione di un sapere e di una com-petenza ci sono approcci diversi a seconda di chi si ha davanti, e che ciò comporta pazienza e costanza; i compagni hanno ap-prezzato la loro “superiorità” in quanto hanno visto che ne han-no potuto trarre un vantaggio diretto, anziché viverlo come un elemento di discriminazione; anche per le docenti coinvolte si è rivelato comunque un aiuto per la possibilità di dedicare un po’ più di tempo, di attenzione e di insegnamento individualizzato ad altri corsisti con problemi o difficoltà.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Trovandosi in una situazione come quella descritta, la ricerca di modalità di coinvolgimento e di sviluppo dell’interesse e della par-tecipazione è uno sforzo che va sempre e comunque fatto.

Sarebbe sbagliato e inutile pensare di risolvere il problema attra-verso le parole. La strada da percorrere è quella della costruzione di una “situazione” dentro alla quale i soggetti possano ritrovare senso all’esperienza formativa.Consigliamo quindi di:

• favorire e valorizzare l’esperienza degli apprendisti inizialmente demotivati (per ricercare insieme dentro a quelle esperienze la molla della motivazione);

• creare un’atmosfera e una situazione che favorisca la collabora-zione (e con essa l’apprendimento);

Non solo per il Formatore, ma anche per gli apprendisti, riuscire a trasformare consapevolmente una situazione difficile e comples-sa in un’esperienza positiva per tutti costituisce un’occasione di soddisfazione e di crescita.

Autore Donatella Strauss e Lucia David

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OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Devorisponderealladomandapiùomenoesplicitacheser-peggianell’aula:“perchésonoqui”?

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

L’aula, composta da un gruppo di Apprendisti del settore Servi-zi Aziendali, è abbastanza omogenea per tipologia aziendale di provenienza, un po’ meno per età, titolo di studio, conoscenze culturali di base.Nel gruppo è presente anche una minoranza con atteggiamenti (a volte anche espressi con forme non sempre corrette e respon-sabili) di criticità nei confronti della formazione in generale e nei confronti dei moduli “trasversali” in particolare.Questi apprendisti (5/6 corsisti su 18/19) considerano il momento formativo, a prescindere dal contenuto, una perdita di tempo (o una situazione di vacanza contrattuale retribuita).

Modulo TRA 02 (Lavoro di gruppo – 24 ore)Competenza/obiettivo del modulo è “sviluppare comportamenti adeguati alla natura e all’obiettivo del ruolo svolto nei team di la-voro a cui si partecipa”.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Un terzo degli Apprendisti presenti esprime apertamente la pro-pria mancanza di motivazione e di interesse per l’esperienza for-mativa che sta iniziando. La situazione è difficile: devo trovare il modo di coinvolgerli e devo contemporaneamente fare attenzio-ne che il loro atteggiamento “negativo” non si diffonda al resto dell’aula. So che questo è un rischio concreto . Accade spes-so infatti che gli Apprendisti (e forse più di loro i Tutori aziendali) considerino i moduli trasversali scarsamente utili allo sviluppo di competenze professionali. Tendono a considerare utile solo ciò che è “pratico”, “tecnico”, visibilmente e direttamente collegato alla propria attività lavorativa.

So per esperienza che in questi casi le parole non servono.Dire che l’esperienza che stanno affrontando è (o diventerà) utile non solo non mi aiuterà, ma rischierà di peggiorare le cose.

Devo costruire una “situazione” dentro alla quale anche gli Ap-prendisti non motivati possano farsi coinvolgere e trovare un pro-prio ruolo. So che una volta avviato, il processo di coinvolgimento e di partecipazione potrà svilupparsi più facilmente e le “barriere” iniziali lentamente si romperanno.

Penso che gli elementi su cui puntare siano:• ridimensionare la situazione e farla rientrare in un contesto di

normalità;• coinvolgere l’intera aula nella ricerca di una soluzione “positiva”

per tutti;• incuriosire;• passare rapidamente all’azione, ad una attività pratica;Dico che accade spesso, in un’aula di Apprendisti, di ritrovarsi con alcuni partecipanti che non hanno chiaro il motivo per cui si trovano lì. Che non si tratta quindi di una situazione particolarissi-ma o non gestibile.Chiedo, a tutti, non solo al gruppetto demotivato, di aiutarmi a trovare il “modo di venirne fuori”… di dare, a me e a loro, un’ulti-ma possibilità, un’ultima chance…

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

174 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Propongo un’attività “finalizzata a risolvere lo specifico problema che ci troviamo di fronte”… del resto parleremo poi…Nell’aula si diffonde una certa curiosità, vogliono vedere “come an-drà a finire…”

Approfitto della situazione favorevole e divido l’aula in piccoli grup-pi. Non spingo perché gli Apprendisti “meno convinti” si distribui-scano nei gruppi secondo criteri precisi. Lascio che scelgano loro dove e con chi lavorare.

Propongo un’attività (apparentemente) scollegata sia con il con-testo professionale e il vissuto degli Apprendisti, sia con l’ attività precedentemente svolta in aula. Si tratta del gioco “la logica del prigioniero” (ma avrei potuto propor-re indifferentemente una delle numerose attività/giochi cooperativi).Il gioco è diretto a definire le principali strategie relazionali che si possono “mettere in campo” per raggiungere soddisfazione da parte di tutti. Brevemente: nel gioco/simulazione i “prigionieri” ven-gono interrogati separatamente e potranno:• confessare (e pagare il proprio debito con la giustizia);• non confessare (e rischiare di veder aumentato il periodo di re-

clusione);• dare la colpa all’altro (avvantaggiando la propria posizione a sca-

pito di quella dell’altro prigioniero, ma anche tutelarsi da eventuali “tiri mancini” dell’altro prigioniero).

Obiettivo formativo del gioco è far capire che il risultato finale sarà “positivo” solo se tutti i membri del gruppo otterranno un vantag-gio, e ciò sarà possibile solo se tutti eviteranno di scaricare sugli altri il peso della problematica.

Ciascun gruppo, entro il tempo stabilito, termina la propria attività.(ed è curioso di sapere come si sono comportati gli altri gruppi, chi ha “lavorato meglio, chi “è stato più bravo”…).L’obiettivo contingente è sostanzialmente raggiunto: tutti hanno partecipato, nessuno escluso.

In plenaria, ciascun gruppo espone il prodotto della propria rifles-sione e le soluzioni individuate. Io invito a individuare possibili similitudini e collegamenti tra l’atti-vità svolta e la propria esperienza di lavoro. Questa diviene quin-di un’occasione per narrare, descrivere, commentare esperienza concrete degli Apprendisti.

Concluso il momento di racconto/confronto propongo (e ovvia-mente stimolo) la riflessione e la ricerca sulle modalità attraverso cui un’esperienza personale può essere utilizzata efficacemente in situazioni e contesti nuovi o diversi.In tale fase pongo particolare attenzione al “processo” che rende possibile tale trasferimento di “competenza”.

RISULTATI Sono riuscito a conseguire l’obiettivo contingente: anche gli Ap-prendisti inizialmente demotivati hanno partecipato e lavorato.Il lavoro effettuato all’interno dei gruppi (e la discussione che ne è seguita) ha contribuito a cogliere le “potenzialità” del gruppo stes-so, le condizioni, gli atteggiamenti e i comportamenti personali che lo rendono efficace.É cresciuta la consapevolezza che “lo stare in aula” non preclude la possibilità di ragionare/pensare al proprio lavoro. Costituisce, al contrario, una condizione particolarmente favorevole per amplia-re gli strumenti di analisi e riflessione su come possiamo migliora-re le nostre competenze professionali.

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SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

La tecnica può essere utilizzata non solo per motivare e dare senso al “perché sono in aula”, ma anche per risolvere piccoli contrasti/conflitti nel gruppo di lavoro.In questo caso, in sede di discussione/confronto sull’attività dei singoli gruppi, è importante porre particolare attenzione all’inter-pretazione sempre personale che normalmente facciamo della realtà. Questo per sviluppare la consapevolezza della diversità (enorme ricchezza dell’umanità) e del come proprio la diversità costituisce una fonte da cui attingere abilità e competenze di-verse.

Autore Giorgio Maino

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

176 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

ComeoperarequandoinaulacisonoApprendisticheconsi-deranoilModuloinutileeestraneoallorolavoro

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Laboratorio apprendisti del settore Addetti alla vendita alimenta-ri, con alcuni partecipanti che operano in un reparto diverso da quello cui si riferisce il Modulo (situazione questa che comporta spesso -ovviamente- scarso interesse e scarsa partecipazione).

Modulo Professionale COM 4: “ Tecniche e metodi di lavoro per apprendisti del reparto salumi e latticini” – 40 ore complessive.Il Modulo viene gestito da più Formatori, tutti tecnici del settore e tutti coinvolti in attività di Laboratorio.Il percorso prevede due uscite per la visita di un caseificio e di un salumificio (per un totale di 8 ore), una degustazione formaggi, due interventi specialistici su salumi e latticini.

LIDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Lavorare “bene” in un’aula dove ci sono apprendisti non interes-sati e non partecipativi è impossibile. É poco produttivo per gli apprendisti disinteressati, difficile per il Formatore, fonte di males-sere e senso di contraddizione per l’aula.Sono quindi costretto ad affrontare il problema e inventare solu-zioni che motivino tutti, al di là dell’attività attualmente svolta in azienda.

Faccio notare che è ormai un’abitudine generalizzata e diffusa quella di “far ruotare” il personale da un reparto all’altro, in modo che, in caso di necessità per malattia o altri motivi, i vari reparti possano sempre essere coperti da personale con sufficienti co-noscenze e competenze.Mi aspetto, per esperienza, che questo discorso venga convali-dato dagli Apprendisti con maggiore esperienza e anzianità. Ac-cade anche questa volta, e il mio tentativo di suscitare interesse e motivazione viene rafforzato da più Apprendisti presenti.

So che devo approfittare del momento favorevole e devo quindi presentare il Modulo e definire gli obiettivi formativi in moda da la-sciare spazio anche agli apprendisti che inizialmente si sentivano un po’ estranei.

Terminate le veloci autopresentazioni (che mi hanno permesso di individuare gli apprendisti di cui sopra), inizio il mio intervento.

Presento le diverse possibilità di lavorazione dei vari prodotti con gli attrezzi che abbiamo a disposizione e, insieme, valutiamo quali argomenti e quali operazioni suscitano maggior interesse (e do-vranno quindi essere oggetto di particolare approfondimento).

Questo momento di “condivisione” è importante perché contri-buisce a aumentare il senso di partecipazione e di protagonismo da parte degli apprendisti. Per esperienza so che le priorità che usciranno dal confronto non scombussoleranno il mio “program-ma di lavoro”.I contenuti teorici e le attività pratiche previste da Modulo saranno comunque oggetto di riflessione e di lavoro.

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STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

E naturalmente sarò sempre io a dettare i tempi di impiego delle diverse attrezzature, anche in base alle varie fasi del corso, nel rispetto dei tempi, delle visite ad aziende, del coordinamento con altri docenti, delle necessità del punto di vendita ecc.

Quando gli Apprendisti “lavorano” e applicano le conoscenze te-oriche acquisite in fase di presentazione dei tagli e degli attrezzi esprimo un mio giudizio e eventuali raccomandazioni.

Cerco di essere particolarmente positivo nei confronti di quegli Apprendisti che inizialmente erano demotivati e che nel corso del lavoro stanno dimostrando interesse e capacità.

RISULTATI I risultati sono molto buoni. Gli apprendisti che all’inizio conside-ravano inutile il Modulo hanno lavorato bene ed hanno appreso non meno degli altri.

Alcuni hanno perfino manifestato il desiderio di ripetere il corso.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Far capire, motivando e argomentando, che nelle aziende del set-tore alimentare è normale che gli addetti passino da un’attività all’altra è molto importante.Questa consapevolezza aiuta infatti gli Apprendisti a capire meglio la complessità del ruolo di addetto alle vendite e di conseguenza l’importanza di possedere competenze adeguate a ricoprirlo.É altrettanto importante, quando ci troviamo di fronte Apprendisti che partecipano con convinzione e motivazione, continuare a va-lorizzare i loro sforzi e i loro risultati.

Autore Paolo Postal

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

178 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comehorispostoadun“calodiinteresse”

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Laboratorio SAIT MADONNA BIANCACOM 05 (Ortofrutta, parte pratica)Mentre stavo trattando la parte teorica riguardante la tracciabilità, cartellini prezzi e cartellonistica varia, ho notato un calo di interes-se anche da parte di chi, fino a quel momento, si era dimostrato attivo e partecipe.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Il Modulo COM 05 è stato oggetto di modifiche e miglioramenti rispetto alla sua impostazione iniziale. In particolare si è cercato di impostarlo secondo il “metodo dell’alternanza”.(si veda la buona prassi su “metodo dell’alternanza)

Io sono, più che docente, un tecnico della materia trattata, e la parte del modulo di mia competenza è solo apparentemente “te-orica”.So che insistere ad utilizzare il metodo delle “lezione frontale” in mancanza di reale attenzione e interesse sarebbe inutile.

Scelgo quindi rapidamente di cambiare metodo e di coinvolgere i partecipanti in una prova pratica di allestimento di un banco, cer-cando di stimolare e far emergere nuove idee e fantasia.Noto fin da subito un aumento di interesse e partecipazione. Con-tinuiamo ancora sulla parte pratica, dopo di che torno alla parte teorica (indispensabile per la gestione di un reparto ortofrutta), riuscendo a mantenere vivo e alto l’interesse.

RISULTATI Maggiore coinvolgimentoMaggiore interesseProtagonismo Tra l’altro io ho potuto verificare l’importanza di alternare momenti di attività pratica a momenti di riflessione teorica.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Di fronte ad un calo di interesse (e soprattutto di fronte a “stan-chezza da lezione frontale”) consiglio di modificare l’approccio con l’aula e trovare nuovi metodi di conduzione.

Autore Marino Fruet

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OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Nelle ore di “pratica allestimento vetrine” verifico uno scarso coin-volgimento di alcuni partecipanti a causa della provenienza da altre realtà merceologiche

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula Apprendisti settore Commercio in grande maggioranza con profilo professionale “Addetti alle vendite abbigliamento”, ma con la presenza di alcuni Apprendisti con altro profilo professionale (vendite alimentari e vendite “altro”).Modulo professionale COM 12 - Vetrinistica (parte pratica)Il Modulo è gestito da più Formatori, io sono responsabile della parte pratica.Pur avendo a disposizione poche ore per svolgere la mia parte del modulo, avevo dedicato parte del tempo iniziale per una mia autopresentazione e per una autopresentazione da parte degli Apprendisti. La richiesta era di legare la propria autopresentazio-ne all’esperienza personale riguardo contenuti e competenze del Modulo formativo.Già in quella sede era emerso che alcuni Apprendisti non avevano (e difficilmente avrebbero avuto in futuro) esperienze di allestimen-to vetrine. Questa condizione e questa consapevolezza (e non c’è da meravigliarsi) hanno comportato fin dall’inizio scarsa o nulla motivazione per l’esperienza formativa.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZZATE

Se non avessi velocemente trovato una soluzione, gli Apprendisti demotivati avrebbero rischiato di trascorrere inutilmente 12 ore, si sarebbero portati via un’idea di inutilità della formazione stessa, avrebbero forse messo in difficoltà gli altri Apprendisti e impoveri-to nel suo insieme l’efficacia dell’esperienza.Sapevo che la loro demotivazione era giustificata e che sarebbe stato inutile (se non controproducente) insistere per far loro svol-gere un’attività che sentivano estranea. E sapevo che la motiva-zione sarebbe arrivata se fossi riuscito a far leva sulla loro espe-rienza reale.

Ho messo quindi “al lavoro” -seguendo il percorso che mi ero programmato- gli apprendisti del settore abbigliamento. Mentre questi si esercitavano manualmente nell’allestimento di vetrine inerenti il proprio settore merceologico, ho lavorato solo con il gruppetto dei “demotivati”.Insieme abbiamo ragionato sulle caratteristiche del loro settore e abbiamo predisposto un’attività ad essi coerente: progettazione grafica di realizzazioni riguardanti il proprio settore merceologico.

Questa scelta metodologica mi ha costretto ovviamente a passa-re da un gruppo all’altro per seguire, capire, raccogliere richieste, idee, obiezioni…Ho insomma lavorato “il doppio” rispetto a quanto immaginato in sede di programmazione. Posso dire però, a posteriori, che la maggior fatica è stata abbondantemente premiata dai risultati.

RISULTATI Applicando questo piccolo espediente ho ottenuto i risultati for-mativi previsti per gli Apprendisti del settore coerente con il Mo-dulo.Sono riuscito a coinvolgere, a far lavorare e a ottenere risultati con il gruppo che inizialmente s’era dichiarato non interessato.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

180 La formazione nel sistema apprendistato

RISULTATI L’intera aula ha apprezzato sforzi e risultati, sul piano dei contenu-ti e (mi pare) sul piano del metodo.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Ritengo che lo sforzo di “motivare” passando non attraverso l’esortazione, ma attraverso la ricerca comune di appigli, di espe-rienze, di bisogni sia sempre importante.

Nel caso trattato gli Apprendisti hanno apprezzato il mio sforzo e mi hanno “aiutato ad aiutarli”. In questo sono stato anche fortu-nato.Purtroppo questo non sempre accade.

Autore Corrado Cevolin

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OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Oggetto della presente buona prassi è la modalitàdipresen-tazionediunargomentochepergliApprendistièassoluta-mente“nuovo”.Va tenuto presente il contesto e la tipologia del gruppo. Nei mo-duli trasversali del primo anno ci troviamo di fronte a soggetti in-formati e a soggetti non informati.Non è dunque pensabile iniziare a trattare l’argomento fornendo un elenco di norme: in questo modo non si aiutano tutti i parteci-panti a capire l’oggetto della discussione.

L’obiettivo della buona pratica è quindi quello di permettere, so-prattutto ai soggetti non informati, di “capire di cosa si va a par-lare”.

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti in maggior parte neo-assunti di cui una parte già “informata” in materia e una parte invece senza alcuna formazio-ne di base.

Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – 12 oreIl modulo è incentrato sulla conoscenza del contratto di lavoro ed in particolare del contratto di apprendistato.

Competenze/obiettivo del Modulo:• descrivere le principali caratteristiche del contratto di apprendi-

stato e, in generale, del rapporto di lavoro dipendente;• elencare i principali diritti e doveri di un lavoratore e i soggetti

preposti alla loro tutela e rispetto;• elencare gli elementi che costituiscono il costo del lavoro ed i

soggetti/enti preposti alla gestione e o tutela di alcuni di questi (enti previdenziali e del lavoro, enti di gestione dei fondi pensio-nistici integrativi).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

L’obiettivo specifico è permettere a tutti di capire l’oggetto della discussione.

Nel caso concreto l’argomento trattato è relativo alle assenza dal lavoro (malattia, maternità, infortunio e altro).L’idea di fondo è che collocare l’argomento previsto nella realtà dei partecipanti e rendendo esplicito il legame tra esso e l’espe-rienza quotidiana stimolerà interesse e motivazione e faciliterà l’apprendimento.

Inizio chiedendo agli apprendisti se nella loro azienda ci sono at-tualmente (o ci sono stati ultimamente) casi di assenza per ma-lattia, maternità, infortunio o colleghi assenti per qualche altra motivazione.Generalmente questo genera una serie di interventi, più o meno centrati, che mi permettono di predisporre una mappa dei sotto argomenti che verranno toccati.Se non tutti gli argomenti vengono citati, aiuto i partecipanti a completare l’elencazione riordinando, con la loro collaborazione, tutte le possibili tipologie di assenza dal lavoro.La mappa viene scritta alla lavagna e rappresenta l’indice della “lezione”.Inizio quindi la trattazione degli argomenti indicati dalla mappa cercando di seguire comunque un ordine logico e coerente.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

182 La formazione nel sistema apprendistato

I CASI Utilizzando questa modalità di gestione le esperienze dei parteci-panti diventano oggetto del corso.Dal caso concreto infatti riesco a costruire insieme all’aula la re-gola generale. E nell’illustrazione e approfondimento di tale regola generale ci si aiuta con il caso concreto (“… come nel caso di tizio… come al collega di Caio…”).

RISULTATI I risultati sono ottimi.

La strategia favorisce l’acquisizione di conoscenze, regole, pro-cedure e posso dire che essa non perde validità al mutare del contesto in cui si opera.

È naturale che la modalità di approccio agli argomenti dovrà ne-cessariamente cambiare in relazione alla composizione dell’aula (e questo riporta all’importanza dell’autopresentazione come mo-mento di conoscenza reciproca).

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Il consiglio è di utilizzare quanto possibile l’esperienza degli Ap-prendisti per l’introduzione dell’argomento.Passare dal concreto al teorico (come nel caso sopra esposto) ovvero, dopo aver illustrato la regola generale, confermare il teori-co con casi pratici aiuta sempre la comprensione dell’argomento.Da non sottovalutare inoltre il fatto che questa modalità di gestio-ne permette ai corsisti di “sopportare” argomenti spesso pesanti.

Autore Luca Vichi

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OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Come ho costruito e mantenuto un “clima d’aula” favorevole all’apprendimento nonostante la presenza di un soggetto “con-trodipendente”

CONTESTO ETIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula apprendisti.Modulo professionale area informatica (ma sperimentato anche in moduli trasversali).

Incontro in aula un Apprendista che una certa letteratura ha defi-nito “controdipendente”.Un soggetto cioè che sente il bisogno di contestare, ribattere, puntualizzare, di fare continue domande fuori contesto, di attuare altre forme di “disturbo” basate su continui interventi.

Tali comportamenti, iniziati già in fase di auto presentazioni, si sono protratte fino a costituire un limite oggettivo alla prosecu-zione serena e produttiva del percorso e hanno già iniziato a pro-durre:• distrazione della parte restante del gruppo d’aula;• irritazione del gruppo (in qualche caso aperta ostilità, verso il

collega-apprendista);• isolamento del soggetto da parte del gruppo;• molto tempo impiegato dal docente per rispondere alle doman-

de… inconsistenti…Se non intervengo opportunamente mi mancherà il tempo per la trattazione degli argomenti previsti; sarò oggetto di un giudizio negativo da parte dell’aula per non aver saputo gestire la situa-zione; non ci saranno le condizioni per un reale arricchimento dei partecipanti in termini di raggiungimento degli obiettivi e dell’ac-quisizione delle competenze prevista dal modulo.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

So di dover “recuperare” il soggetto critico, recuperare un clima d’aula favorevole all’apprendimento (da parte di tutti), trasformare la situazione di disagio in un’occasione di riflessione su obiettivi, ruoli, responsabilità, crescita collettiva.Ma non trovo la strada. La contraddizione resta e devo gestirla.

Decido di adottare la pratica della “invasione dello spazio dell’Ap-prendista”.

Ad ogni suo intervento “fuori tema” mi avvicino e rispondo “dili-gentemente” alla sua domanda.La chiave sta proprio nell’avvicinamento, che deve avere una prossimità di circa dieci centimetri. Cioè una chiara invasione del suo spazio personale.L’apprendista vive ovviamente una situazione di disagio, accen-tuata dal fatto che lui è seduto e non si può scostare, mentre io sono in piedi, e la mia presenza è sovrastante. E questo “per rispondere meglio alla sua domanda”.

ArEATEmATICA6

Gestire “relazioni difficili” all’interno dell’aula

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

184 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Utilizzo l’identica tecnica ogni qualvolta il soggetto interviene in modo fuorviante. Lo scopo è creare un’associazione tra compor-tamento “sbagliato” e situazione di disagio.

L’aula intuisce il significato dell’operazione, è in attesa degli esiti, è apertamente disponibile ad una ricomposizione soft del clima complessivo.

RISULTATI La tecnica adottata, seppur in parte “violenta”, ha dato esiti po-sitivi.

L’Apprendista “controdipendente” non è stato completamente consapevole di essere stato “vittima” di un intervento delibera-to, non è stato criticato dai compagni per la sua invadenza ed ha potuto lentamente ri-orientare la sua attenzione alle tematiche oggetto del modulo.

La gestione dell’aula è risultata migliorata, il clima ristabilito ha reso possibile lavorare e acquisire le competenze/obiettivo del modulo.

Pur non essendoci stata possibilità di riflettere a posteriori su quanto accaduto, il gruppo ha dimostrato di apprezzare la tecni-ca adottata e con essa la mia “professionalità”.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Ritengo che la tecnica descritta vada utilizzata con molta atten-zione e solo quando non si intravvedono altre possibilità di gestire comportamenti contro dipendenti e di ricomporre il necessario clima d’aula.

Un utilizzo superficiale e inadeguato di tale tecnica rischierebbe di soffocare domande costruttive, spunti interessanti per il Formato-re e per l’aula.

Autore Sergio Rocca

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185Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Come comportarsi quando in aula c’è un Apprendista assoluta-mente non partecipativo

IL CONTESTO

TIPOLOGIADELL’INTERVENTO

Aula Apprendisti. Nel corso dell’auto-presentazione, quindi fin dall’inizio del per-corso, individuo un Apprendista con atteggiamento apertamente non partecipativo nei confronti del contenuto del modulo (o forse dello stesso sistema di formazione in apprendistato.

Modulo trasversale TRA C (Apprendistato, tipologie contrattuali di lavoro, diritti e doveri del lavoratore) – (obbligatorio 1° anno).12 ore

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

Parto dal presupposto che un positivo clima d’aula costituisce una condizione fondamentale per un reale apprendimento.Una delle prime attenzioni del Formatore deve essere quindi ope-rare per costruire il miglior ambiente di apprendimento possibile per tutti i partecipanti e garantire un adeguato e costante livello di attenzione e partecipazione.So quanto un soggetto apertamente demotivato, soprattutto se decide di giocare tale ruolo in forma esplicita, possa costituire un serio ostacolo al lavoro e penso di conseguenza che l’eventuale problema deve essere affrontato subito.So per esperienza che è facile individuare il soggetto poco parte-cipativo, ciò che è difficile è risalire al motivo di tale atteggiamento. Se posso escludere motivi di indisposizione fisica (malessere, scarso riposo nella notte precedente, ecc.) cerco di capire se il comportamento non partecipativo è causato dal carattere riser-vato dell’apprendista o da una sua precostituita scarsa motiva-zione.

Nel primo caso (carattere riservato), dovrò stimolare il suo interes-se alla partecipazione all’incontro.

Nel secondo caso (scarsa motivazione), dovrò intervenire per in-vogliarlo ad una maggiore attenzione.

DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO

Dopo alcuni tentativi di coinvolgimento finalizzati ad accrescere la sua fiducia in sé, devo ammettere che si tratta proprio di scarsa motivazione.Cerco quindi di esercitare un moral sausion con argomenti di-scorsivi: valore della formazione in funzione del rafforzamento del ruolo in azienda, eventuali deficit nella verifica finale in caso di scarsa attenzione, ecc.Provo quindi ad innescare il suo spirito competitivo (o emulativo) nei confronti degli altri partecipanti:• lo utilizzo come collaboratore nella gestione degli esercizi;• gli pongo domande (anche impegnative) che lo obblighino a

partecipare;• lo nomino anche “tutore” di un partecipante in difficoltà.Esercito una costante “pressione fisica”, ponendomi spesso di fronte o vicino alla sua postazione, mantenendo sempre un con-tatto visivo.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

186 La formazione nel sistema apprendistato

RISULTATI Mi è “andata bene”: in particolare la responsabilizzazione nei con-fronti del collega “in difficoltà” ha dato buoni risultati.Già al termine della mattinata l’atteggiamento era cambiato e il soggetto partecipava come, o forse più della media.Positivo anche l’atteggiamento del gruppo, che ha apprezzato lo sforzo del’apprendista e mio ed ha contribuito alla creazione di un clima favorevole all’apprendimento.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

La tecnica è sicuramente replicabile in contesti simili.

Non sempre, ovviamente, il risultato positivo è garantito, ma l’at-tenzione individualizzata e costante produce comunque un mi-glioramento nell’atteggiamento e nei comportamenti del soggetto scarsamente motivato.

Mainstreaming In alcune occasioni l’apprendista giunge demotivato al corso dopo un colloquio con il suo tutor, che gli ha manifestato la sua sfiducia nei confronti della formazione esterna all’azienda. Un fattore di grande importanza riguarda quindi la

sensibilizzazione dei tutor aziendali sull’importanza dei corsi.Tale sensibilizzazione va esercitata in primo luogo durante i corsi obbligatori per i tutor aziendali, va poi rafforzata e mantenuta in tutto il periodo di apprendistato attraverso efficaci interventi del tutore dell’alternanza.

Autore Claudio Cavazzani

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OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Comecomportarsiquandoinaulac’èunApprendistaforte-mentecriticoneiconfrontidellapropostaformativa

CONTESTOTIPOLOGIADELL’INTERVENTO

Corso per apprendisti. Modulo TRA C, trasversale obbligatorio 1° anno.Nel corso della auto-presentazione, quindi all’inizio del modulo, individuo la presenza di un soggetto con atteggiamento forte-mente critico nei confronti del contenuto del modulo (e in genera-le del sistema della formazione).

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA DIDATTICA

DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO

So che per garantire efficacia al mio intervento è necessario cre-are il miglior ambiente di apprendimento possibile. Devo quindi ridurre al minimo le riserve mentali dei partecipanti nei confronti del contenuto del Modulo e della sua importanza nel loro percor-so formativo.Parto dal presupposto che il soggetto critico può essere mosso da frustrazione (a causa - per esempio- della sua presenza forza-ta in aula. In questo caso tenderà a scaricare in aula il suo rancore e la sua negatività.Oppure l’atteggiamento critico può essere causato dall’ansia o dalla preoccupazione. In questo caso sarà necessario rassicu-rarlo.Oppure l’atteggiamento critico è una caratteristica del carattere del partecipante. In questo caso posso cercare di migliorare la sua predisposizione all’apprendimento e minimizzare l’impatto negativo (e a volte contagioso) con il gruppo.

Individuato il soggetto critico, lo invito ad esporre i motivi del suo malessere. Ne esce un elenco già ricco al quale io, volutamente, ne aggiungo altri.Lo invito quindi ad approfondire i motivi delle sue critiche, senza mai intervenire o controbatterlo.Lo invito poi a proporre soluzioni secondo lui migliorative.Dimostra disponibilità, propone temi interessanti e coerenti con il mio programma di lavoro. Posso quindi garantirgli che i problemi sollevati saranno oggetto di discussione e confronto.Gli affido l’incarico di intervenire nei momenti che ritiene negativi o poco interessanti e propongo agli altri partecipanti di nominarlo portavoce di eventuali istanze comuni.

RISULTATI Le modalità utilizzate si sono rivelate efficaci. Ovviamente anche l’Apprendista ha avuto la sua parte, dimostrando flessibilità e in-telligenza. Ha capito che i temi oggetto del modulo non erano lontani dai suoi problemi, che anzi avrebbero potuto aiutarlo a risolvere dubbi e perplessità.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

Importante è procedere con molta calma, e mettere in atto com-portamenti che possano rispondere alle diverse possibili motiva-zioni della posizione “critica” dell’apprendista.L’aula è molto attenta alle dinamiche di questo tipo, soprattut-to quando coinvolgono direttamente il Formatore: lo sforzo da esso compiuto per risolvere la difficoltà e la contraddizione e per garantire a tutti un clima positivo viene sempre riconosciuto e ap-prezzato.

Autore Claudio Cavazzani

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

188 La formazione nel sistema apprendistato

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comepossodaresensoall’intervento formativo inun’aulanonmotivata.•valorizzazionedell’esperienzaedelleconoscenzed’ingresso;•raccoltaevalorizzazionedelleaspettative;•costruzionedelPattoformativo

CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula Apprendisti con la solita percentuale di soggetti che non solo non hanno “scelto” il modulo, ma non sanno neppure che cosa vengono a fare, in buona sostanza, motivazione scadente o nulla.

Modulo SAZ 10, “Organizzazione aziendale”, di 24 ore.Competenza/obiettivo del Modulo: “Descrive la struttura organiz-zativa dell’azienda e la propria posizione al suo interno, precisan-do i propri compiti e ruoli rispetto alle diverse funzioni”.Modulo normalmente richiesto al primo anno di apprendistato (massimo secondo), quindi in qualche misura propedeutico a gran parte degli altri Moduli professionali del settore Servizi Aziendali.É un modulo particolare. Se riesco a gestirlo dando realmente il senso di ciò che si sta facendo, del suo significato, della sua utilità e spendibilità diventa un’occasione di crescita.Se mi concentro sui contenuti, sui “modelli organizzativi”, sugli “organigrammi”, sulle “procedure funzionali e interfunzionali” ri-schio di annoiare e di non produrre risultati

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Parto dalla convinzione che la formazione è importante e neces-saria per la vita lavorativa:• per l’acquisizione di know-how,• per l’acquisizione di metodologie che rendano trasferibile tale

know-how,• per la possibilità di riflettere sul proprio processo di lavoro e

migliorarlo,• per sviluppare la propria professionalità,• per rileggere e ricollocare il proprio ruolo all’interno della com-

plessità.

Iniziare a presentare il modulo, i suoi obiettivi e i suoi contenu-ti senza intervenire sul piano della motivazione sarebbe sicura-mente perdente. Devo proporre una serie di “attività” che aiutino gli Apprendisti ad aumentare la consapevolezza dell’opportunità dello stare in un’aula formativa. E per far questo sono convinta che devo recuperare e valorizzare le loro esperienze ed il loro per-corso formativo complessivo e all’interno di quello “collocare” il mio intervento.

In apertura del Modulo strutturo quindi il mio intervento in tre mo-menti:

1. Auto-presentazione dei partecipanti (con esposizione di punti di forza e aree di miglioramento del loro lavoro) e successiva mia presentazione;

ArEATEmATICA7

Valorizzare l’esperienza valutare le competenze formare in alternanza

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189Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

2. Proposta del patto formativo (dichiarazione e condivisione delle condizioni che renderanno possibile un confronto aperto e pro-duttivo) su: • riservatezza su tutti i fatti ed esperienze raccontate in aula;• sospensione del giudizio rispetto a ciò che viene detto.Su questo punto mi soffermo molto riportandolo anche ad una dimensione aziendale, professionale, di ruolo. Anticipo che questa è un’attività difficilissima perché “automaticamente” scatta il nostro giudizio, ma invito a “svestire i nostri panni e ad indossarne altri”, cogliendo ciò che può essere “un altro punto di vista”che -per quanto possiamo non capire/condividere- per altri “funziona”.• corresponsabilità dei risultati del percorso

Sottolineo la differenza tra aula formativa e scuola, tra formatore e professore, tra scuola e formazione. E mi sforzo di far capire che non si tratta di sottigliezze linguistiche, ma come le parole alludano a “nostri modi di leggere e di porsi nella realtà”.Richiamo il loro stato di lavoratori, di soggetti che possono e devono intervenire nelle loro realtà lavorative attraverso il con-fronto e la riflessione degli accadimenti, come direbbe Sandro, come protagonisti.

3. Raccolta delle conoscenze d’ingresso (intese come esperienza, significato, immaginario del tema/modulo/argomento trattato. La giustificazione di tale scelta metodologica è molteplice:

• mi permette di usare le “loro parole” e i “loro racconti” e di en-trare in tema quindi non su casi percepiti come lontani e astratti, ma “partendo da loro”;• mi permette di scegliere e tarare metodi e tecniche da utiliz-zare nel mio intervento (più o meno teorico, simulazione, attività di gruppo etc.);• mi aiuta a “mappare”, a dare orientamento alle loro esperien-ze, facilitandomi il lavoro d’impostazione.

Verso fine mattina distribuisco fotocopia del Modulo.Leggiamo insieme la competenze/obiettivo, le specifiche della competenza, i contenuti teorici, etc. e li invito ad esprimere le loro aspettative. Io le annoto sul PC.

Nel prosieguo del lavoro, richiamo spesso le competenza e i con-tenuti.

Le competenze in termini di “quali elementi devo tener presente o devo sottoporre a valutazione/scelta”, “come collego/utilizzo si-tuazioni/esperienze pregresse”.

I contenuti in termini di “a cosa mi serve praticamente/cosa posso farne praticamente”.Interrogo, chiedo, sollecito gli Apprendisti per misurare livello di comprensione e livello di condivisione.

Un’ora, un’ora e mezza prima della fine del mio intervento sul Mo-dulo, riprendiamo le competenze/obiettivo e le aspettative.

Attraverso un giro di tavolo verifichiamo quanto gli obiettivi sono stati conseguiti e quanto le aspettative hanno avuto risposta.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

190 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Questo per due motivi.Permette agli Apprendisti un’attività di autovalutazione, e con essa una maggiore consapevolezza sul significato del percorso ed una rimotivazione per esperienza formative future.

Mi dà la possibilità di disporre di un tempo di recupero su concetti o tematiche non chiaramente comprese.

Mi rendo conto che quanto più il percorso “aderisce” alle aspet-tative, e quanto più risulta chiaro che le competenze/conoscenze del Modulo coincidono con esse, tanto più gli Apprendisti parte-cipano, intervengono, mi aiutano…

Risulta loro più facile riconoscere il legame tra quanto affrontato e appreso e la loro esperienza di lavoro. E forse è per questo che il tempo rimanente viene utilizzato, più che per recuperi, per “approfondimenti”.

CONCLUSIONI

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

In un’aula inizialmente caratterizzata da diffusa “non motivazio-ne” è necessario e importante lavorare sul coinvolgimento, sul continuo sollecito all’intervento, sul richiamo e soprattutto sulla valorizzazione dell’esperienza degli Apprendisti. Sono portatori (spesso inconsapevoli) di una ricchezza e di una molteplicità che arricchisce e stimola, tra l’altro, anche me.

La scelta di dedicare, all’inizio del percorso, tempo e spazio alla comunicazione/condivisione delle competenze/obiettivo contri-buisce a modificare la posizione da soggetto passivo (“mi tocca andare”) a soggetto attivo (“do un contributo, posso dire la mia”).

E in tal modo conferisce significato e dignità allo “stare in aula”.

Considero tale scelta metodologico-didattica applicabile a tutti i moduli: aiuta a ritrovare motivazione, facilita il collegamento tra esperienza pregressa e aula, riavvicina esperienza concreta e te-oria, fare e sapere.

In Moduli più tecnici, dove conoscenze e competenze hanno una struttura più definita, dedicare il giusto tempo per conoscerne lo stato iniziale, le motivazioni e le aspettative diviene un’operazione obbligata. Questo in particolare considerando l’inevitabile diso-mogeneità dei gruppi.

Autore Antonella Cava

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191Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTODELLA BUONA PRASSI

Valutazionedellecompetenzeacquisitealterminedell’inter-ventoformativo

IL CONTESTO

TIPOLOGIADELL’INTERVENTO

Aula apprendisti. Modulo SAZ 10 – Organizzazione AziendaleObiettivi/competenze: Struttura organizzativa, posizione all’inter-no della realtà aziendale, compiti, ruoli, funzioni aziendali, proces-so, catena del valore, obiettivi a breve e lungo termine. 24 ore totali

Siamo due Formatori ad intervenire sullo stesso Modulo. Ci siamo sentiti e abbiamo coordinato i rispettivi ruoli, argomenti, compe-tenze su cui lavorare. Abbiamo concordato anche che ciascun Formatore valuterà separatamente gli esiti relativi alla propria par-te di intervento (12 ore ciascuno).Nelle prime 8 ore ho lavorato intorno ai contenuti di mia compe-tenza utilizzando metodologie diverse (lezione frontale, analisi di casi, valorizzazione dell’esperienza…).

Decido di utilizzare l’ultima mezza giornata ad un’esperienza che permetta di rafforzare conoscenze e competenze e che costitu-isca insieme un’occasione di verifica e valutazione degli esiti del percorso.

L’IDEA CHE SOSTIENE LA SCELTA DELLE MODALITA’ E DEGLI STRUMENTI UTILIZZATI PER LA VALUTAZIONE

La sfida e la competizione spingono ad agire, motivano.Spiegare, sostenere e argomentare pubblicamente una tesi aiuta ad appropriarsi maggiormente del concetto, sviluppa maggiore convinzione e consapevolezza.Si impara anche dai concorrenti (anche se sto “perdendo la sfida” a causa del concorrente).

DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO

1) Formo gruppi di 5 persone (lascio la possibilità di modificare la composizione, rispettando però il numero dei membri)

2) Assegno il compito: “tu sei l’imprenditore, e con alcuni soci devi commercializzare il nuovo prodotto”

3) Sono io che definisco e assegno ai vari gruppi il prodotto da commercializzare e scelgo prodotti reciprocamente

4) sostitutivi; fisso il tempo a disposizione in 45’ dichiarati, (poi lascio in realtà 1 ora).

5) Nel corso dell’elaborazione di gruppo intervengo e fornisco spunti quando è necessario “sbloccare” eventuali situazioni critiche

6) Al termine, un portavoce per ogni gruppo relaziona sul lavoro svolto dal gruppo, in un clima competitivo-costruttivo

7) Io valorizzo gli interventi e colgo l’occasione per sottolineare i punti salienti

8) Al termine del giro di presentazioni invito ciascun partecipante a sintetizzare per iscritto le dinamiche e le teorie insite nella tesi esposta nel lavoro di gruppo

Vince la sfida il gruppo che ha utilizzato al meglio gli elementi che ho comunicato e spiegato precedentemente, li ha saputi appli-care al contesto, dimostrando in tal modo di aver acquisito la competenza.Considero la competenza acquisita da parte degli Apprendisti che hanno utilizzato/dichiarato almeno tre degli elementi illustrati.

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

192 La formazione nel sistema apprendistato

RISULTATI La competenza, che non era stata completamente acquisita in precedenza, viene acquisita e rafforzata attraverso il lavoro di gruppo.Il gruppo si è preso cura anche di chi era in difficoltà (e non gli ha permesso di essere solamente “trainato”, ma lo ha stimolato e valorizzato).

Accanto allo sviluppo di competenze specifiche del Modulo, il la-voro di gruppo, la presentazione e l’argomentazione delle proprie riflessioni hanno contribuito a sviluppare importanti competen-ze trasversali (relazionali e comunicative, collaborative, negoziali ecc…).

CONCLUSIONI La modalità di verifica utilizzata mi ha reso possibile osservare e valutare le competenze acquisite in un “contesto” che, per quan-to simulato, si è rivelato sufficientemente coerente e sicuramente efficace.

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

• Identificare i leader e suddividerli nei diversi gruppi.

• Intervenire per stimolare i gruppi in cui l’attività non “decolla”

• L’attività di gruppo può essere svolta con il supporto del perso-nal computer

Autore Sergio Rocca

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193Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

OGGETTO DELLA BUONA PRASSI

Comevalorizzarel’alternanzafisicaazienda/aulaattraversol’utilizzodel“metododell’alternanza”

IL CONTESTO

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO

Aula di Apprendisti iscritti al modulo tecnico professionale COM 5 “La corretta gestione del reparto per la vendita dei prodotti or-tofrutticoli” – 40 ore.Competenza obiettivo del Modulo: “Gestisce correttamente il re-parto ortofrutta, effettua l’ordine, riceve la merce, espone la mer-ce, lavora e confeziona i prodotti destinati al libero servizio”.

Il Modulo in catalogo è stato trasformato e arricchito attraverso l’applicazione del “metodo dell’alternanza”.Attualmente le aziende possono scegliere se offrire ai loro Ap-prendisti il vecchio modulo in catalogo (completamente esterno all’azienda) o se offrire il Modulo rivisto e offerto in via sperimenta-le (ovviamente con il benestare di Agenzia del Lavoro).Il Modulo è sempre di 40 ore complessive, distribuite secondo questo schema: 16 esterne, 16 in azienda, 8 esterne)

Obiettivo della formazione esterna all’azienda: • favorire l’apprendimento (soprattutto sul piano cognitivo/con-

cettuale) dei contenuti descritti in scheda, in vista di una loro concreta applicazione

Obiettivo della formazione in azienda:• “applicare sul campo” le conoscenze acquisite e le “competen-

ze nascenti” dopo le 16 ore di aula.

L’aula è normalmente composta di Apprendisti hanno già lavorato nel reparto ortofrutta, altri non vi hanno mai lavorato

L’IDEA CHE SOSTIENE LA PROPOSTA

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

La proposta di questa nuova modalità di gestione del Modulo “Ortofrutta” nasce dalla convinzione che la situazione di alternan-za fisica vissuta dagli Apprendisti (azienda, aula, azienda) debba essere trasformata in reale opportunità di apprendimento attra-verso l’utilizzo del “metodo dell’alternanza”.Di partire quindi dall’esperienza concreta che gli Apprendisti han-no effettuato in aula, di valorizzarla attraverso il confronto, la rifles-sione critica su di essa, la concettualizzazione e la generalizza-zione. Di creare poi le condizioni per una applicazione sul campo delle concettualizzazioni elaborate in aula, di un ritorno in aula per garantire ulteriore circolarità e arricchimento della relazione aula/azienda e pensiero/azione.Si tratta insomma di un tentativo di applicazione concreta del te-orema di Kolb.

Sul piano organizzativo mi muovo come segue.

16 ore c/o Centro di formazione.• Qui si lavora sui contenuti previsti dal modulo con docenti

esperti e visite aziendali (ingrosso, azienda di trasformazione prodotto, o altra azienda legata al prodotto);

16 ore in azienda distribuite liberamente su due settimane con-secutive.• I docenti sono: Tutore aziendale / capo area / responsabile re-

parto…

■ Le BUone prassi neLLa Gestione deLL'aULa

194 La formazione nel sistema apprendistato

STRATEGIE E TECNICHE UTILIZZATE

Ciascun apprendista svolge le 16 ore nella propria azienda.La formazione può avvenire, sulla base delle possibilità dell’azien-da, in orario di lavoro o in orario di chiusura.L’azienda sceglie come articolare le 16 ore (8 frutta / 8 verdura, due o più allestimenti dello scaffale o dell’isola, dalla cella frigorife-ra al banco e viceversa…), garantendo comunque l’applicazione di tutti i contenuti previsti dal Modulo e appresi durante le 16 ore di formazione esterna.Sono stati approntati adeguati strumenti per agevolare l’attività formativa in azienda:• foglio di registrazione delle ore svolte in azienda• griglie di valutazione e di autovalutazione

Ciascun apprendista porterà Foglio/registro e Griglia di valutazio-ne/autovalutazione all’ultima giornata di AULA.

8 ore finali c/o centro di formazione

Obiettivo: “riflessione/concettualizzazione” dell’esperienza pratica effettuata in azienda

Docenti: consulenti esperti UPT

Contenuti/attività• Riflessione/confronto su esperienza in azienda• Riflessione/confronto su Griglia e Scheda• Ulteriori eventuali comunicazioni su contenuti• Concettualizzazione esperienza• Ri-applicazione consapevole di contenuti/abilità acquisite (in

Laboratorio UPT)• Verifica / Valutazione / Certificazione competenze sulla base di

standard predefiniti

ASPETTI COMPRESENTI La formazione in alternanza risolve le frustrazioni dovute all’inap-plicabilità nel contesto lavorativo di contenuti teorici che non pos-sono essere applicati nello stesso modo in realtà lavorative molto diverse (piccolo negozio, grande distribuzione)

RISULTATI Dopo oltre cinque edizioni del Modulo secondo queste nuove modalità posso dire con sicurezza che esso:

• ha garantito lo sviluppo di competenze ampie e approfondite, ma non slegate dalle caratteristiche e dalle specificità dell’azien-da in cui opera l’Apprendista;

• ha stimolato e sperimentato un coordinamento concreto tra Ente formativo esterno e Azienda nella progettazione e nella gestione del percorso formativo dell’apprendista;

• ha accresciuto, nell’apprendista, la consapevolezza di essere lui, in prima persona, il centro e il protagonista dell’esperienza formativa, in quanto ha permesso di verificare che i due soggetti (centro di formazione e Azienda) operano in modo coordinato per sviluppare le sue competenze e i suoi apprendimenti;

• ha permesso di applicare e valorizzare il ”metodo dell’alternanza Aula/Lavoro” perché prevede una reale applicazione sul campo delle conoscenze acquisite ed una coerente ed immediata ri-flessione - concettualizzazione dell’esperienza pratica.

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195Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

CONCLUSIONI

SCHEDA DI TRASFERIBILITA’

L’azienda ha apprezzato la nuova modalità organizzativa del Modulo. Ha potuto riconoscere la grande opportunità formativa dell’”alternanza” aula/azienda, si è sentita concretamente parte-cipe di un percorso che in condizioni “normali” avrebbe rischiato di assumere la fisionomia di un mero momento “teorico”, lontano e slegato dalla realtà aziendale.Sul piano degli apprendimenti il Modulo si è rivelato molto pro-duttivo ed efficace. Gli Apprendisti hanno fortemente apprezzato il Modulo e in sede di autovalutazione hanno espresso giudizi for-temente positivi.

Questo impianto metodologico può essere applicato a vari Moduli tecnico professionali per Addetti alle vendite di prodotti alimentari e non, in quanto permette di contestualizzare immediatamente il contenuto appreso.Dopo l’applicazione in azienda (un laboratorio reale e non “virtua-le”) il ritorno in aula nell’ultima giornata permette di riflettere sulla competenza attesa e sul risultato ottenuto.

Mainstreaming Gruppo omogeneo per modalità di acquisto/gestione delle merci(gruppo COOP, gruppo Poli, gruppo, DESPAR, gruppo CONAD, ecc.)

Autore Gabriella Demonti

■ reLaZioni tra L’attiVità deL formatore e L’attiVità deL tUtore deLL’aLternanZa

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4. ESSErEFOrmATOrINELSISTEmAAp-prENdISTATO

4.1 Il Tutore dell’alternanza

La figura del Tutore dell’alternanza nel Sistema Apprendistato è nuova, complessa e in continua evoluzione. É necessario riflettere per precisarne meglio la struttura: il patrimonio di valori, le conoscenze e le competenze tecniche, la definizione dei ruoli.

E questo avendo ben presente proprio il carattere evolutivo della sua figura e della sua funzione.

Inizialmente, in fase di sperimentazione e questi primi anni dopo la sua istituzionalizzazio-ne, il Tutore dell’alternanza è un soggetto che deve favorire e rendere sempre più positivo il rapporto tra azienda e ente formativo, che deve contribuire a far riconoscere all’azienda il significato e l’importanza della formazione, che deve conquistare credibilità e fiducia, che pazientemente deve supportare l’azienda nel percorso che la porterà ad essere -lei stessa- un credibile ed efficace soggetto formativo.

In futuro, quando tale obiettivo sarà conseguito e una sempre maggiore quota di forma-zione verrà erogata direttamente dalle aziende, ruolo e funzioni del Tutore dell’alternanza si modificheranno. E non è escluso che le competenze acquisite dai Tutori dell’alternanza potranno rivelarsi utili all’interno del necessario processo di monitoraggio, valutazione/certi-ficazione delle competenze acquisite in azienda da Apprendisti e altri lavoratori.

Questo sforzo di costruzione e definizione di identità può essere compiuto solo da chi opera concretamente nel contesto dell’Apprendistato, da chi è dentro ai suoi problemi e ne comprende la complessità. Quindi sicuramente i soggetti responsabili del Sistema, ma anche i Tutori dell’alternanza stessi, i Formatori, le Aziende.

Le linee guida di Agenzia del Lavoro descrivono il ruolo del Tutore dell’alternanza indivi-duando cinque aree di attività:• gestione operativa;• aggiornamento sul sistema e sui finanziamenti alla formazione;• gestione delle relazioni con l’azienda;• consulenza metodologico-didattica, supporto alla certificazione della formazione azien-

dale (All. 2, 4 e 6), aiuto nel processo che porterà le aziende ad essere “soggetto forma-tivo”;

• presidio dell’alternanza formazione interna/formazione esterna (e valutazione delle com-petenze acquisite dall’Apprendista attraverso le due forme di formazione).

Relativamente a ciascuna area di attività vengono poi declinate le specifiche attività.In una logica che privilegia l’aspetto quantitativo dell’offerta formativa la priorità verrà

inevitabilmente assegnata alla gestione operativa: conoscere e utilizzare GA e PLAN, con-vocare gli apprendisti ai corsi UPT, effettuare le visite aziendali.

Il controllo dell’attività avrà per oggetto “numeri” e consisterà nel confronto convocazioni e visite progettate/convocazioni e visite effettuate.

In una logica che privilegia la qualità dell’offerta formativa la priorità -al contrario- verrà assegnata al presidio dell’alternanza formazione interna/formazione esterna ed all’attività di consulenza metodologico/didattica alle aziende. Il controllo dell’attività avrà per oggetto lo sviluppo di apprendimenti e di cultura della formazione e consisterà nell’osservazione e nella misurazione delle “modificazioni” indotte dall’intervento formativo.

É necessario un grande sforzo, individuale e organizzativo, per definire e condividere una logica che, senza privilegiare un’attività a scapito delle altre, garantisca -in modo equilibra-to- qualità, efficacia, operatività.

Sempre le “linee guida” di Agenzia del Lavoro dicono che “il Tutore dell’alternanza deve favorire/facilitare il processo di apprendimento e di sviluppo personale dell’apprendista, lungo tutto il periodo del suo contratto”.

I soggetti con cui il Tutore dell’alternanza entra in contatto sono quindi:• l’Apprendista, soggetto centrale del sistema e protagonista del processo;

■ reLaZioni tra L’attiVità deL formatore e L’attiVità deL tUtore deLL’aLternanZa

198 La formazione nel sistema apprendistato

• l’azienda, ambito di lavoro dell’apprendista;• il Tutore aziendale, responsabile della formazione interna dell’Apprendista;• i Formatori, attuatori della formazione esterna;• il Referente interno dell’ente, responsabile delle strategie formative messe in atto.

Un primo intreccio tra l’attività del Tutore dell’alternanza e l’attività d’aula svolta dal For-matore appare subito evidente. L’elemento che più di ogni altro facilita un buon lavoro da parte del Tutore dell’alternanza è ovviamente “la percezione di qualità” della formazio-ne esterna erogata. É semplice “proporre un modulo” se ai moduli precedenti sono stati riconosciuti, dall’Apprendista e dall’azienda, senso e utilità. Diventa difficile, al contrario, proporre moduli a chi, non solo per un atteggiamento contrario a priori, ma per esperienza diretta, li considera solo una perdita di tempo.

D’altra parte, l’attività d’aula potrà rivelarsi tanto più efficacie quanto più il gruppo affron-terà problematiche e temi coerenti con il lavoro svolto, con le motivazioni soggettive, con i reali “fabbisogni formativi” personali e aziendali. Il che significa che la “convocazione” degli apprendisti ai moduli formativi non può ridursi ad una semplice chiamata, ma deve essere programmata e gestita come un tassello che si inserisce coerentemente in un processo formativo coerente e efficace.

Questi elementi, ciascuno con la propria dignità, rischiano di entrare in contraddizione. Da una parte la necessità di convocare per “completare le liste” e rendere possibile l’avvio di un modulo, dall’altra la necessità di convocare gli Apprendisti su moduli realmente utili sul piano personale e professionale e coerenti rispetto ai tempi e ai pre-requisiti necessari in termini di conoscenze e competenze.

Sarà importante una riflessione approfondita e serena su questo aspetto, per trovare anche su esso equilibri più alti, capaci di garantire l’avvio del modulo, ma rispettosi dell’im-pegno di garantire all’Apprendista un reale processo di apprendimento e di sviluppo per-sonale. Processo possibile solo se l’Apprendista in prima persona percepirà il senso e la logica del percorso e il significato e l’utilità di ogni singola proposta formativa.

ILCOrSOdIFOrmAzIONETENuTOdALdOTT.ghIOTTO

Nell’autunno 2009 il dott. Ghiotto ha tenuto, per conto di Agenzia del Lavoro, un Corso di formazione rivolto ai Tutori dell’alternanza degli Enti che erogano formazione nel Sistema Apprendistato trentino.

In quella sede si è iniziato a ragionare su funzioni, ruolo, competenze del Tutore dell’alter-nanza. Si rimanda ai materiali prodotti per un quadro più ricco e completo. Qui si riprendono solo alcuni elementi usciti al termine di quell’esperienza.

Analizzando alcune schede elaborate da Tutori dell’alternanza intorno alle modalità con cui hanno affrontato problematiche particolari nel loro rapporto con le aziende e con i Tutori aziendali, si è cercato insieme di estrapolare da esse alcune “competenze” necessarie per svolgere l’attività di Tutore dell’alternanza.

Si riporta di seguito -integralmente- la sintesi di quel lavoro di riflessione e confronto.

COmpETENzEdELTuTOrEdELL’ALTErNANzA (ricostruiteinsiemeanalizzandoleschedeelaboratedaipartecipantialcorsodiformazionecondottodaldott.ghiotto)

• assumersi la responsabilità professionale del ruolo;• farsi carico della situazione e del fabbisogno formativo dell’apprendista;• essere in grado di “aiutare”- “offrire consulenza” nella progettazione della formazione in

azienda;• essere in grado di costruire un percorso coerente con i fabbisogni formativi personali e

aziendali;• essere in grado di valutare le competenze;• saper “riconoscere il contesto”;• conoscere l’azienda nei suoi processi produttivi e organizzativi;• rilevare il corretto fabbisogno formativo dell’azienda per la figura professionale;• rilevare e sostenere la capacità formativa dell’azienda;• ascolto attivo; comunicazione empatica;• capacità di negoziare;

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• comunicare in gruppo;• gestire il gruppo di lavoro;• facilitare la relazione tra Tutore Aziendale e apprendista;• attitudine alla riflessione e all’approfondimento.

Questo è emerso dal confronto tra i Tutori dell’alternanza presenti nell’ultima fase del cor-so tenuto dal dott. Ghiotto. Il prodotto finale è ancora parziale, incompleto, non strutturato. Ci eravamo infatti lasciati con l’impegno di proseguire il lavoro all’interno di ciascun Ente, di “metter ordine” al materiale e agli stimoli usciti, di ricostruire, a partire dalla nostra esperienza, un quadro più chiaro su funzioni, ruolo, competenze, (e in futuro “buone prassi”) del Tutore dell’alternanza.

Ciò che presentiamo di seguito è il contributo dei Tutori dell’alternanza UPT alla costruzione di quel quadro.

4.2 Le competenze del tutore dell’alternanza

Si diceva all’inizio che la figura del Tutore dell’alternanza è nuova, complessa ed in evoluzio-ne. Ne consegue che altrettanto complesse sono le competenze che la devono caratterizzare.

Di seguito presentiamo sinteticamente le idee, i ragionamenti, alcune conclusioni emerse nel corso dei diversi Laboratori ed in particolare dal Laboratorio del 7 maggio, finalizzato a “riflettere sulla qualità e sulle modalità del coordinamento tra il ruolo del Tutore dell’alternanza e il ruolo del Formatore, alla luce delle elaborazioni su metodo, didattica, valutazione e certifi-cazione della competenze”.

Per arrivare a definire le fondamentali competenze che deve possedere il Tutore dell’alter-nanza proponiamo il percorso logico già utilizzato in sede di definizione delle competenze del Formatore.

QuALIIdEESOSTENgONOILNOSTrOLAvOrOdI“TuTOrIdELL’ALTErNANzA”?

Anche per il Tutore dell’alternanza, così come per il formatore, è decisivo un problema di fondo: quali idee sostengono il suo lavoro, le sue scelte, il suo modo di operare?

Qual è il suo pensiero metodologico? Formatori e Tutori dell’alternanza sono due soggetti che operano (e sempre più dovranno

operare) fianco a fianco e con un obiettivo comune: contribuire a sviluppare competenze personali e professionali di Apprendisti e aziende, apprendere e sviluppare competenze attra-verso tale relazione.

Il contesto è il Sistema Apprendistato, in una Provincia autonoma, in un periodo di crisi economica. Sul Sistema Apprendistato si è detto in Premessa, e ciò che di esso deve cono-scere il Formatore, ancor più deve conoscere il Tutore dell’alternanza.

Anche sugli Apprendisti, sulle loro caratteristiche e specificità vale quanto detto nella parte prima a proposito del pensiero metodologico del Formatore. In particolare sulla loro condizio-ne di lavoratori in alternanza e sull’opportunità di utilizzare metodologicamente tale condizione per costruire saperi complessi.

La consapevolezza che ciascun Apprendista è “motivato alla sua crescita e al suo sviluppo professionale”, e che è quella motivazione e coerentemente ad essa che va pensato e propo-sto l’intervento formativo.

La consapevolezza che ciascun Apprendista è portatore di esperienza, ed è su quella sua risorsa, piuttosto che sulle sue “lacune” che va impostato l’intervento formativo.

Ancora, l’idea intorno al respiro e alle prospettive del Sistema Apprendistato. Si tratta solo di una delle tante opportunità formative offerte da Provincia e da Agenzia del Lavoro ad azien-de e lavoratori in difficoltà? O si tratta invece di una proposta concreta e avanzata finalizzata a coniugare esperienza e pensiero per costruire quel “nuovo sapere” cui faceva riferimento la Conferenza di Lisbona? In quest’ottica è importante pensare all’Apprendistato come ad una “autostrada” per la Formazione Continua di tutti i lavoratori.

Sulle Aziende e sui Tutori aziendali, la necessità di sviluppare cultura della formazione, di proporre metodi e tecniche che permettano di tradurre quella cultura in azioni efficaci. In

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200 La formazione nel sistema apprendistato

particolare oggi, in una situazione di crisi economica, e soprattutto in riferimento alle piccole o piccolissime aziende, questa convinzione deve essere forte. Sono aziende che fino ad oggi hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’economia provinciale e na-zionale, ma che ora, se non riescono a innovare, rischiano non solo di perdere quel ruolo, ma di diventare un peso morto per sé stesse e per l’intera economia. Devono innovare le modalità di progettare, di organizzare, di produrre, di vendere, di “stare nel mercato”. E tale innovazione passa anzitutto attraverso un forte investimento sul proprio capitale uma-no, attraverso una efficace e coerente formazione, attraverso un percorso che le aiuti ad coniugare esperienza e riflessione, pensiero e azione. Ecco perché anche nella relazione con i Tutori aziendali le strategie didattiche saranno tanto più efficaci quanto più sapranno valorizzare la loro esperienza.

Su queste cose è importante riflettere, confrontarsi, sforzarsi di giungere ad una condivi-sione di fondo. Solo se alle spalle del nostro operare quotidiano avremo un respiro teorico e un “pensiero di fondo comune” su questi aspetti potremo lavorare da professionisti “com-petenti”. Senza di esso il nostro lavoro sarà un semplice insieme di azioni e procedure per imparare le quali è sufficiente un breve periodo di addestramento.

Le azioni che il Tutore dell’alternanza deve compiere, le “cose che deve fare” sono già dette chiaramente da Agenzia del Lavoro e conseguono logicamente e coerentemente dal-le finalità stesse del Sistema Apprendistato. Sono azioni che devono costituire un processo che dura mediamente tre anni, fatto di progettazione, gestione e miglioramento di un per-corso formativo, di consulenza su modalità, tempi e luoghi della formazione, di valutazione continua della sua efficacia, del rispetto di procedure e documentazioni formali.

Sono azioni importanti, difficili e complesse. Svolte in situazioni e condizioni sempre diverse. Perché siano efficaci (perché abbiano rilevanza formativa) è necessario arricchire il “cosa” con il “come”.

Per essere più chiari proponiamo un esempio. Cosa significa dire: è necessario “fare le visite aziendali”? Ovvio che dietro a tale formula si nascondono molti significati: conoscere di persona il Tutore aziendale, presentarsi, conoscere meglio l’azienda, discutere del Piano Formativo, verificare la modulistica…, sviluppare la cultura della formazione, presidiare l’al-ternanza….

Qual è l’obiettivo che ciascun Tutore dell’alternanza si pone prima di effettuare la visita aziendale? Cosa “vorrebbe che accadesse” nel corso della visita? Quali modificazioni negli atteggiamenti e nei comportamenti di Apprendista e Tutore aziendale costituirebbero la verifica del conseguimento dell’obiettivo?

Considerare fuori luogo o eccessiva questa domanda significherebbe implicitamente affermare che nel lavoro del Tutore dell’alternanza non sono necessari chiarezza sugli obiet-tivi, consapevolezza sui metodi, “intenzionalità” nell’operare.

Limitarsi a dire che il Tutore dell’alternanza deve “fare la visita aziendale” equivale a dire che il Formatore deve “entrare in aula”.

E abbiamo visto nella prima parte di questo lavoro come i Formatori, per fare maggior chiarezza sul “cosa” e sul “come” fare una volta entrati in aula, hanno dovuto iniziare a ra-gionare sul proprio ruolo.

É importante che anche i Tutori dell’alternanza trovino luoghi e condizioni per ragionare e confrontarsi sulla ricchezza e sulla complessità del proprio ruolo, e per individuare insieme modalità che aiutino a esercitarlo efficacemente.

Ed è importante che l’organizzazione contribuisca all’arricchimento della percezione del loro ruolo rendendo espliciti i comportamenti attesi, sul piano dell’adempimento delle fon-damentali azioni burocratico/amministrative, ma anche sul piano delle ricadute in termini di reale crescita di cultura della formazione e di possesso di metodi e tecniche capaci di supportarla.

All’ampliarsi del ruolo e della sua complessità crescono e diventano più complesse le competenze necessarie a esercitarlo. Esercitare “fino in fondo” il ruolo di Tutore dell’al-ternanza richiede competenze del formatore progettista, del valutatore, del consulente, dell’analista, del comunicatore. Competenze che si possono sviluppare attraverso lo stu-dio, attraverso l’esperienza, ma soprattutto attraverso la riflessione e il confronto tra Tutori

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e altri soggetti che intervengono nel sistema, in particolare i Formatori.É importante garantire spazi e luoghi nei quali i Tutori dell’alternanza possano riflettere

sulla propria esperienza e utilizzare in prima persona il “metodo dell’alternanza” (come è possibile “far capire” significati e utilità di un metodo se quel metodo non si è mai utilizza-to?).

Ed è importante non “tenere separati” Tutori dell’alternanza e Formatori. É necessario che essi condividano le medesime finalità, abbiano un pensiero comune rispetto al signifi-cato di ciò che stanno facendo, che condividano il cuore delle strategie per raggiungerle: le competenze professionali.

LECOmpETENzEdELTuTOrEdELL’ALTErNANzA

Riorganizzando il materiale prodotto nel Corso Ghiotto di cui si è visto sopra, le compo-nenti della “competenza” del Tutore dell’alternanza sono le seguenti.

Componenti di contenutoIl Tutore dell’alternanza deve conoscer modalità e tecniche di progettazione di percor-

si formativi che rispondano ai bisogni dell’apprendista e dell’azienda. Tali percorsi saranno costruiti sia utilizzando al meglio il repertorio dell’offerta formativa già esistente e strutturata, sia costruendo insieme a tutore aziendale e apprendista nuovi moduli formativi da effettuare all’interno dell’azienda.

Più il tutore dell’alternanza è padrone delle tecniche di progettazione e più conosce e padroneggia i contenuti dei moduli formativi (esterni o interni) più è facilitato nel suo compito. Non si dice che il tutore dell’alternanza deve essere un esperto dei principi, dei contenuti, delle tecniche, delle regole e delle procedure relative a tutti i moduli, si dice solo che quanto più il tutore è padrone di tutto questo, tanto più il suo lavoro sarà efficace (e viceversa).

Componenti di campoPiù il Tutore dell’alternanza conosce il settore e le organizzazioni in cui lavorano gli Appren-

disti, i loro problemi, i loro bisogni e fabbisogni formativi e organizzativi, più è facilitato nel suo compito.

Più il tutore dell’alternanza è in grado di interpretare i nessi e i collegamenti esistenti (o carenti) tra organizzazione e formazione, più avrà il polso della situazione organizzativa e sarà pronto a proporre e programmare risposte convincenti agli specifici fabbisogni formativi. Fab-bisogni relativi a conoscenze e fabbisogni relativi a competenze.

Componenti di metodo Il Tutore dell’alternanza possiede conoscenze, tecniche, strumenti, sensibilità. L’utilizzo di

tali risorse non può essere definito in modo preciso, univoco, sempre uguale. Non può essere “proceduralizzato”. Il Tutore aziendale con cui comunica è sempre diverso da quello con cui ha comunicato ieri, la pensa in modo diverso, agisce in modo diverso, ha un’idea diversa del-la formazione, opera in un’azienda diversa. E lo stesso vale per l’Apprendista e per il Titolare dell’azienda.

Il modo con cui il Tutore dell’alternanza -al fine di garantire efficacia alla sua azione- sceglie, combina, usa quelle conoscenze e tecniche costituisce il “metodo”.

É metodo il modo attraverso cui il Tutore dell’alternanza facilita, nell’apprendista e nel tutore aziendale, lo sviluppo di una “cultura della formazione”, il modo attraverso cui riesce a garantire coerenza tra formazione interna/formazione esterna, il modo attraverso cui riesce a prestare una efficace attività di consulenza metodologica e didattica valorizzando il metodo dell’alternanza.

Componenti di processo

Il Tutore dell’alternanza deve gestire relazioni con l’apprendista, con il Tutore aziendale, con i Formatori, con il Referente dell’ente. Nell’intreccio di tali relazioni il tutore dell’alternanza è per definizione il soggetto centrale e cruciale.

Per gestire efficacemente tali relazioni è necessaria forte sensibilità, possesso di tecniche di comunicazione, soprattutto capacità di “leggere l’altro” e di “tener conto” dei valori, degli atteggiamenti, delle convinzioni dell’Apprendista e del Tutore aziendale. Quale idea hanno della formazione, dell’apprendistato, dell’ente e della formazione che esso eroga? Cosa e

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202 La formazione nel sistema apprendistato

quanto sanno sui concetti di “alternanza”, di “competenza”, di “metodo”, di “didattica”…?La qualità della relazione con l’Apprendista e con il Tutore aziendale dipenderà anche da

questi elementi. Più il tutore dell’alternanza ne sarà consapevole, più la relazione potrà essere efficace. Quindi possesso e padronanza di stili e di tecniche di comunicazione, ma anche padronanza di contenuti, significati, concetti.

Più il Tutore dell’alternanza conosce i problemi dei Formatori, le condizioni che facilitano o rendono difficile il loro lavoro, l’impianto metodologico che utilizzano, gli esiti del loro lavoro in aula, più sarà facilitato nel suo ruolo di “cerniera” tra formazione interna e formazione esterna, tra formazione non formale e formazione formale.

Per concludere, si può affermare che la competenza del Tutore dell’alternanza è funzio-ne del suo pensiero metodologico/strategico, delle sue conoscenze tecniche, delle sue co-noscenze relative al contesto, della sua capacità di gestire processi, della sua capacità di utilizzare efficacemente, in situazioni sempre diverse e nuove, quelle conoscenze e quegli strumenti.

Si noterà la coincidenza con le competenze professionali del Formatore. Quanto più il “pensiero che sta alle spalle” delle azioni del Tutore dell’alternanza e del For-

matore sarà comune, e quanto più l’uno e l’altro sapranno muoversi con competenza, tanto più emergeranno gli intrecci e le interdipendenze tra le due azioni e sarà possibile ricercare e trovare modalità organizzative e operative efficaci.

4.3 Gli intrecci tra l’attività del Tutore dell’alternanza e l’attività del Formatore

In Laboratorio ci siamo chiesti quali siano i momenti, le azioni, le scelte intorno alle quali la collaborazione tra le due figure può favorire il lavoro di ciascuno e contribuire al raggiungimen-to delle finalità che, come abbiamo visto, coincidono.

Si tratta solo di un primo momento di riflessione. Le modalità organizzative e operative dovranno essere oggetto di ricerca nel proseguimento di questo lavoro.

Sul piano del metodo, ci siamo sforzati di non farci intrappolare dai limiti e dalle contraddi-zioni che troppo spesso oggi rendono difficile, o impossibile, portare avanti un ragionamento serio e approfondito su ruolo e attività del Tutore dell’alternanza. É un fatto che al crescere delle azioni e della complessità del proprio ruolo, il tempo che ciascun Tutore può attualmente dedicare all’Apprendista e all’azienda risulta più stretto e inadeguato. D’altra parte, una logica che considera non modificabile il tempo a disposizione costringe a contenere il tempo da dedicare a ciascuna azione o a tralasciarne alcune a discapito di altre, vanificando di conse-guenza il significato stesso dell’azione.

In Laboratorio si è deciso di riflettere -“a prescindere”- intorno a ruolo, funzioni e modalità operative che permettono di esercitarlo meglio. Nella speranza che quanto più gli esiti della riflessione riusciranno ad essere convincenti, tanto più convinta sarà la ricerca di soluzioni da parte dell’organizzazione e da parte di Agenzia del Lavoro.

a.LACONvOCAzIONEAImOduLIFOrmATIvI

Va garantito equilibrio tra necessità di completare le liste che rendono possibile l’avvio del Modulo e la necessità di convocare gli Apprendisti su Moduli realmente coerenti con i fabbiso-gni personali e professionali dell’Apprendista. Se n’è già parlato in apertura: si tratta di un pro-blema apparentemente semplice, ma in realtà costituisce il nodo strategico più importante.

b.LAgESTIONEdELmOduLO“ACCOgLIENzA”

Su questo si dirà più compiutamente nel sesto capitolo. Qui ci limitiamo ad osservare che il Modulo, per essere veramente efficace, deve essere gestito da un Tutore dell’alternanza, se possibile quello che ha in carico il maggior numero di Apprendisti partecipanti.c.LACOmuNICAzIONEdIFAbbISOgNIFOrmATIvIENOTIzIEuTILI

SuApprENdISTIE/OAzIENdA

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Vanno ricercate modalità che rendano possibile al Tutore dell’Alternanza comunicare al Formatore eventuali elementi importanti per una più efficace gestione del Modulo.

Oggi questo accade solo informalmente, tra Tutori e Formatori che si incontrano in cor-ridoio o al caffè, e sappiamo quanto sia importante. Per il Formatore, perché in aula trova persone di cui conosce almeno in parte esperienze, aspettative, bisogni.

Per gli Apprendisti, che percepiscono un contesto di conoscenza, di attenzione, di reale interesse ai suoi interessi e ai suoi bisogni. Quale condizioni potrebbero, più di questa, dare loro davvero la sensazione di essere “al centro” dell’attenzione, di essere davvero protago-nisti del proprio percorso formativo?

d.ILFEEd-bACkSuLL’ESITOdELmOduLO

La comunicazione dell’avvenuta “certificazione” di acquisizione di competenza dopo la partecipazione al Modulo esterno avviene normalmente mesi dopo la conclusione del Mo-dulo stesso. E si tratta peraltro solo di una comunicazione formale.

Sarebbe importante ricercare modalità che rendano possibile un ”ritorno” veloce ai Tutori dell’Alternanza sugli esiti dei moduli frequentati dall’Apprendista.

Questo permetterebbe al Tutore dell’alternanza di anticipare informazioni importanti al Tutore aziendale e costituirebbe un segnale concreto del suo interesse e del suo rapporto con l’attività d’aula svolta dai Formatori.

e.IL“prESIdIOdELL’ALTErNANzA”

La formula “presidiare l’alternanza” si presta a tante interpretazioni. Così come a tante interpretazioni si presta la formula “andare in aula”, o “fare la visita aziendale”.

La riflessione ci ha portato a condividere alcuni elementi che aiutano a dare un senso più preciso alla formula. Sicuramente informarsi sull’esperienza d’aula dell’apprendista, si-curamente valutare la coerenza tra formazione interna e formazione esterna, tra formazione formale e formazione informale.

Ma, più ancora, contribuire a far condividere, ai Tutori aziendali che operano in azienda e ai Formatori che operano in aula, l’importanza e la potenzialità del “metodo dell’alternanza”.

Lo sforzo che fanno i Formatori di “valorizzare l’esperienza” degli Apprendisti, di riflettere criticamente su di essa e di arrivare insieme ad una “concettualizzazione” sarebbe vanifi-cato se l’Apprendista, al ritorno in azienda, non potesse “sperimentare e applicare” quelle concettualizzazioni.

Questo comporta un importante lavoro di informazione, formazione, condivisione intorno ad alcuni concetti (conoscenze, competenze, metodo, didattica, strumenti, valutazione…)

f. LACONdIvISIONESuSIgNIFICATO,mOdALITàESTrumENTIpErLAvALuTAzIONEdELLECOmpETENzEEpErLALOrOCErTIFICAzIONE

Dal confronto è emerso che non pensiamo alla valutazione come un qualcosa che si fa solo “alla fine” di un percorso formativo, per vedere chi ha capito e chi non ha capito, chi sa e chi non sa. Per valutazione intendiamo una continua ricerca di equilibrio tra obiettivi e risultati. Un’attività quindi che si colloca dentro al processo formativo in modo ampio, diffu-so, dal suo inizio alla sua conclusione e che si intreccia:• con la dichiarazione degli obiettivi formativi (e l’esplicitazione delle loro utilità e spendibi-

lità).• con l’esplicitazione del concetto di “competenza” come insieme di esperienza e riflessio-

ne su di essa;• con la dichiarazione e l’esplicitazione della specifica competenza/obiettivo che caratte-

rizza l’unità formativa che sta iniziando (e la necessaria traduzione dell’obiettivo in termini di “prestazioni attese” aiuta a rendere più chiaro l’obiettivo (al Formatore e agli Appren-disti);

• con la dichiarazione dei criteri e delle modalità che si utilizzeranno per la verifica e la va-lutazione;

• con la costruzione di più momenti di riflessione su quanto è accaduto e la messa in atto di una continua attività di autovalutazione.

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204 La formazione nel sistema apprendistato

É emerso ancora che è importante rendere esplicito e condividere con l’aula l’impianto di valutazione, discutere con l’aula sulla coerenza degli strumenti attraverso i quali si intende mi-surare e valutare l’acquisizione della competenza (o, più in generale, dell’obiettivo formativo). Ed è importante arricchirlo attraverso la discussione, farlo diventare condizione e strumento di autovalutazione.

Il confronto e la condivisione dello strumento e dei parametri di valutazione porta infatti a ragionare su griglie, scale, minimi e massimi, standard. E tutto questo costituisce in termini generali una “lezione” sui metodi, in termini individuali, l’offerta di uno strumento per l’autova-lutazione (quale che sia l’azione da valutare).

É importante, ancora, non svalutare la certificazione, ma, al contrario, farla percepire come una validazione di un percorso che in tendenza potrà essere riconosciuto come un accre-ditamento di competenze non solo dentro al Sistema Apprendistato, ma più generalmente, nell’intero mercato del lavoro, nazionale ed europeo.

Non dimentichiamo che in questa direzione si sta muovendo l’Europa, sulle indicazioni della conferenza di Lisbona. E non dimentichiamo che in questo senso l’esperienza “appren-distato” si configura come sperimentazione importante e qualificata.

Nel sistema apprendistato l’obiettivo formativo è declinato in termini di “competenza”. Questo è un fatto positivo: si esce dalla logica che caratterizza la scuola, incentrata sul “sape-re”, e si esce dalla logica dell’addestramento, incentrata sul “fare”. Muoversi con l’obiettivo di sviluppare competenze significa legare il fare al sapere e il sapere al fare.

Si è visto quanto questo incida sul pensiero metodologico strategico che deve caratteriz-zare la formazione in apprendistato, e quanto incida sull’impianto metodologico didattico e sui metodi operativi.

É però, insieme, un fatto che rende molto più cruciale e complessa l’attività di valutazione.

Vediamo sinteticamente qual è la logica che lega il momento della definizione dell’obiettivo al momento della verifica e valutazione del livello del conseguimento di quell’obiettivo.

L’azienda, attraverso un’analisi dei propri fabbisogni di competenza (attuali e futuri), e un’analisi dei deficit di competenza (attuali e futuri) dell’apprendista, costruisce il Piano For-mativo Individuale (meglio se in condivisione con l’apprendista).

Per rispondere a quei fabbisogni sceglie se sviluppare la necessaria attività formativa all’in-terno dell’azienda, all’esterno, o in modo misto.

La formazione svolta all’esterno dell’azienda si sviluppa in unità formative strutturate at-traverso l’analisi del profilo professionale dell’Apprendista, l’individuazione delle attività che lo caratterizzano, la definizione delle competenze necessarie a svolgere in autonomia quelle attività. Competenze concordate dalle parti sociali e coerenti agli standard nazionali.

La formazione svolta all’interno dell’azienda può svilupparsi sia attraverso unità formative che già costituiscono l’offerta formativa coerente al profilo professionale dell’Apprendista, o attraverso unità formative tutte aziendali, e quindi pensate, progettate, gestite, valutate e cer-tificate dall’azienda.

Quando la formazione scelta è interna (e partendo dal presupposto che l’azienda lavorerà su competenze spendibili in tempi brevi) l’azienda è nelle condizioni di “verificare l’acquisizione della competenza”. Assegnerà all’apprendista le attività, le funzioni, i ruoli per ricoprire i quali è stata pensata e attuata la formazione. Il metodo utilizzato per la verifica è “l’applicazione della competenza sul campo”, lo “strumento” utilizzato è l’osservazione.

L’azienda osserva l’Apprendista al lavoro e verifica se il prodotto/servizio è di qualità coe-rente al “proprio” standard. E molto probabilmente ciò avverrà anche quando l’unità formativa non è stata progettata dall’azienda, ma dalle commissioni provinciali. Per le quali l’obiet-tivo non era rendere l’Apprendista capace di fare bene “quel prodotto o quel servizio”, in “quel momento”, in “quell’azienda”. L’obiettivo è l’apprendimento di competenze coerenti con il profilo professionale dell’Apprendista, competenze che per definizione dovranno essere spendibili all’interno delle aziende dell’intera provincia e dell’intero paese.

La trasparenza, la riconoscibilità, l’accreditamento delle competenze saranno possibili solo se tutti i soggetti coinvolti si muoveranno sulla base di standard omogenei condivisi a livello provinciale e nazionale.

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Rafforzare la “cultura della formazione” non significa quindi ribadire che la formazione è importante, significa anche ragionare sul come definirne gli obiettivi, sul come condurla, attra-verso quali strumenti e secondo quali standard valutarne gli esiti.

E questa è una delle funzioni del Tutore dell’alternanza ( “… deve sviluppare la cultura della formazione e deve presidiare il raccordo tra formazione interna e formazione esterna, tra for-mazione formale e formazione non formale”…).

Anche quando l’azienda sceglie la formazione esterna (e quindi fa riferimento a unità for-mative strutturate e a competenze/obiettivo il cui standard è stato concordato con le parti sociali ed è coerente con gli standard nazionali) le cose restano complesse.

L’azienda individua i fabbisogni di competenza e li colloca coerentemente dentro al pro-cesso di formazione. Costruisce il Piano formativo e -prima della scadenza del modulo richie-sto- manda l’apprendista in UPT.

L’apprendista, in aula, conosce colleghi (che dovrebbero avere motivazione e bisogni omogenei), si confronta con essi, vive situazioni allestite dal Formatore dentro alle quali può valorizzare la propria esperienza e -a partire da essa- sviluppare le competenze mancanti.

Nel corso e al termine dell’esperienza in aula il Formatore costruisce e propone momenti e situazioni all’interno delle quali la competenza possa risultare evidente (attività individuali, attività di gruppo, test, esercizi…). Verifica, valuta, confronta con il “suo” standard, certifica (o non certifica) l’acquisizione della competenza.

Tutto questo nel migliore dei casi. Quando cioè la competenza/obiettivo è ben definita e chiara, quando metodi, tecniche e strumenti per la conduzione del gruppo sono coerenti ed efficaci, quando le modalità di verifica e valutazione sono anch’esse coerenti e idonee.

E poi? Qual è la modalità attraverso cui il Formatore può disporre di un feed-back intorno all’efficacia del suo intervento? Quando, in che modo, in quale contesto quelle competenze sono state applicate? Erano reali? erano adeguate? Erano sufficienti?…

Dimenticare questo passaggio significherebbe affermare (implicitamente) che formazione interna e formazione esterna sono cose diverse, momenti diversi e sostanzialmente autonomi. Ma sappiamo che non è così. Non a caso è stata pensata la figura del Tutore dell’alternanza.

Lui ha convocato l’Apprendista, ed era sottinteso che l’uscita dall’azienda avrebbe per-messo di risolvere un problema dell’azienda stessa: contribuire a sviluppare la competenza necessaria. In quale modo il Tutore dell’alternanza può avere un riscontro intorno all’efficacia della formazione erogata all’apprendista che ha in carico? In che modo il Tutore dell’alternan-za può anticipare al Tutore aziendale esiti, proporre applicazioni, sperimentazioni, rafforza-menti della competenza acquisita dall’Apprendista?

Lo si diceva. La situazione è complessa, ma va affrontata. Ésoprattutto intorno a questi elementi che il ruolo del Tutore dell’alternanza assume significato e spessore.

“Presidiare l’alternanza”, per definizione compito centrale del Tutore dell’alternanza, si-gnifica contribuire a progettare percorsi formativi coerenti e efficaci, contribuire a migliorare la qualità della formazione formale erogata agli apprendisti in aula e in azienda, contribuire a migliorare il legame tra formazione formale e non formale, contribuire a costruire un impianto di valutazione che possa essere condiviso dall’ azienda e dall’ente.

É necessario superare l’idea che l’apprendista “fa un po’ di formazione” in azienda e un po’ di formazione presso UPT.

L’Apprendista è “sempre in formazione”, per l’intero periodo di contratto (per 6800 ore quindi, di cui 6320 di formazione non formale e 480 di formazione formale).

E il suo percorso formativo deve essere sensato, coerente, efficace.Perché ciò avvenga devono operare in accordo azienda ed Ente, Formatori interni e For-

matori esterni. In un clima di chiarezza e di condivisione su finalità, obiettivi, strategie, metodi, tecniche e strumenti per la formazione e per la valutazione dei risultati.

Questo significa “presidiare l’alternanza”.

Obiettivo ambizioso, ma non impossibile. Pensiamo alle nuove modalità di gestione del Modulo COM 05 (Ortofrutta…).

L’azienda e l’Apprendista ne conoscono obiettivi, contenuti, modalità organizzative, se-quenze (tanto che solo una comune programmazione lo rende realizzabile). Le prime 16 ore

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206 La formazione nel sistema apprendistato

in aula sono finalizzate a sviluppare interesse e motivazione, ad affrontare nuovi contenuti, a organizzare le conoscenze in vista di una loro applicazione. Le ulteriori 16 ore in azienda sono finalizzate a sperimentare ed applicare tutte le conoscenze e le elaborazioni emerse in aula. Le ultime 8 ore in aula sono finalizzate a riflettere criticamente sull’esperienza, a pro-durre ulteriore concettualizzazione e elaborazione, a sperimentare/applicare in Laboratorio le nuove elaborazioni.

Le griglie di osservazione, di valutazione, di autovalutazione sono condivise e utilizzate sia in aula che in azienda. La verifica finale, la valutazione e la certificazione vengono attuate sulla base di standard predefiniti e condivisi.

Ci siamo! Presidiare l’alternanza (utilizzando il metodo dell’alternanza) è difficile, ma pos-sibile.

tre s

trum

enti

207Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

5. TrESTrumENTI

5.1 Sistema di valutazione

Si è già detto che è importante iniziare ad utilizzare (e mano a mano migliorare) il nuovo sistema di valutazione dell’efficacia degli interventi formativi

La modulistica del nuovo sistema prevede:Per gli Apprendisti:• una scheda di 5 domande per il modulo “Accoglienza”;• una scheda di 5 domande per tutti gli altri moduli.Per i Formatori:• una scheda di 6 domande sul processo e sulle sue eventuali criticità;• una scheda sulle modalità e sugli strumenti di valutazione utilizzati e sugli esiti della valu-

tazione stessa.

Sul piano operativo si è proceduto, nei mesi di febbraio e marzo, secondo questa schema:• “sperimentazione” dei nuovi questionari su circa 30 edizioni di corsi rappresentativi (edi-

zioni di moduli TRA e Moduli PRO, moduli gestiti da un unico formatore e moduli che coinvolgono due o più formatori);

• miglioramento dei questionari sulla base delle indicazioni emerse in fase di sperimenta-zione;

• presentazione del nuovo sistema a tutti i Formatori UPT;• organizzazione incontri di approfondimento sul significato e sulle modalità di utilizzo del

nuovo sistema e suoi collegamenti con gli altri strumenti approntati;

Di seguito presentiamo i questionari.

■ tre strUmenti

208 La formazione nel sistema apprendistato

QuESTIONArIOApprENdISTI-mOduLOACCOgLIENzAEAuTOvALuTAzIONE

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

Tra gli obiettivi formativi del Modulo “Accoglienza e autovalutazione” era fondamentale la conoscen-za di alcuni concetti, strumenti, ruoli….

1. A fine modulo, ti sono chiari: per niente poco abbastanza molto- il significato di “competenza”? q q q q

- il significato di formazione “formale” e “non formale”? q q q q

- il significato di formazione “aziendale” e formazione “esterna”? q q q q

- il significato del Piano Formativo Individuale? q q q q

- il ruolo e i compiti del Tutore aziendale? q q q q

- il ruolo e i compiti del Tutore dell’alternanza? q q q q

2. Ritieni che il tuo attuale Piano Formativo possa essere per niente poco abbastanza moltoun’opportunità per la tua crescita professionale e personale? q q q q

3. Ritieni necessario modificare/migliorare il tuo Piano Formativo? sì no non so q q q q

4. (Se hai risposto sì alla D. 3)Ritieni che il Tutore dell’alternanza possa aiutare te e il tuo Tutore sì no non soaziendale per rendere il tuo Piano Formativo più utile ed efficace? q q q

5. esprimi una valutazione sulla docenza: minimo massimo (capacità di coinvolgere, di motivare, di “aiutare ad apprendere”) 1 2 3 4 5 6

osservazioni, consigli...............................................................................................................................................................................................

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grazie per la collaborazione! Data, ..................................................

(ricorda: per ogni esigenza il Tutore dell’alternanza è a tua disposizione)

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209Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

QuESTIONArIOApprENdISTI(unicoFormatoresulmodulo)

Modulo “………………………………………………………………………….”

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

L’obiettivo formativo del Modulo era l’acquisizione di queste “competenze”:

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poco abbastanza molto moltissimo1. quanto ritieni di averle acquisite? q q q q

2. hai riconosciuto un legame tra il Modulo per niente poco abbastanza moltoappena concluso e il tuo lavoro in azienda? q q q q

3. il Modulo, per le sue ricadute sul piano professionale, per niente poco abbastanza molto quanto è stato utile? q q q q

4. il Modulo, per le sue ricadute sul piano per niente poco abbastanza molto della crescita personale, quanto è stato utile? q q q q

5. esprimi una valutazione sulla docenza: minimo massimo (capacità di coinvolgere, di motivare, di “aiutare ad apprendere”) 1 2 3 4 5 6

osservazioni, consigli...............................................................................................................................................................................................

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grazie per la collaborazione! Data, ..................................................

(ricorda: per ogni esigenza il Tutore dell’alternanza è a tua disposizione)

■ tre strUmenti

210 La formazione nel sistema apprendistato

QuESTIONArIOApprENdISTI(piùFormatorisulmodulo)

proposto dal Formatore che chiude il Modulo

Modulo “………………………………………………………………………….”

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

L’obiettivo formativo di questa parte di Modulo era:

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poco abbastanza molto moltissimo1. Quanto ritieni di averle acquisite? q q q q

poco abbastanza molto moltissimoRitieni di averlo raggiunto? q q q q

Esprimi una valutazione sulla docenza: minimo massimo (capacità di coinvolgere, di motivare, di “aiutare ad apprendere”) 1 2 3 4 5 6

grazie per la collaborazione! Data, ..................................................

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211Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

QuESTIONArIOApprENdISTI(piùFormatorisulmodulo)

proposto dal Formatore che chiude il Modulo

Modulo “………………………………………………………………………….”

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

L’obiettivo formativo di questa parte di Modulo era:

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poco abbastanza molto moltissimoRitieni di averlo raggiunto? q q q q

Esprimi una valutazione sulla docenza: minimo massimo (capacità di coinvolgere, di motivare, di “aiutare ad apprendere”) 1 2 3 4 5 6

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L’obiettivo formativo del Modulo era l’acquisizione di queste “competenze”:

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per niente poco abbastanza molto1. Quanto ritieni di averle acquisite? q q q q

2.hai riconosciuto un legame tra il Modulo per niente poco abbastanza moltoappena concluso e il tuo lavoro in azienda? q q q q

3. il Modulo, per le sue ricadute sul piano professionale, per niente poco abbastanza molto quanto è stato utile? q q q q

4. il Modulo, per le sue ricadute sul piano della crescita per niente poco abbastanza molto personale, quanto è stato utile? q q q q

osservazioni, consigli...............................................................................................................................................................................................

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grazie per la collaborazione! Data, ..................................................

(ricorda: per ogni esigenza il Tutore dell’alternanza è a tua disposizione)

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212 La formazione nel sistema apprendistato

QuESTIONArIOFOrmATOrI

Modulo “………………………………………………………………………….”

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

Modulo con Formatore unico q

Modulo con più Formatori q

1. Il gruppo ha saputo cogliere e condividere per niente poco abbastanza moltol’obiettivo formativo del Modulo (o della q q q q

parte di tua competenza)?

2. Il gruppo ha condiviso i criteri e i metodi di valutazione delle competenze acquisite? q q q q

(non per il Modulo “accoglienza)

3. Il gruppo ha apprezzato metodologie e tecniche utilizzate? q q q q

4. Il Modulo era coerente e “tarato” rispetto alle caratteristiche dell’aula ed alle esigenze degli utenti? q q q q

5. Hai rilevato criticità dovute alla programmazione q q q q ed alla struttura del modulo?

Hai qualche proposta di aggiornamento/modifica del modulo?

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6. Hai rilevato criticità dovute a problemi di composizione del gruppo? sì no q q

hai qualche proposta?

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grazie per la collaborazioneData, ........................................................... Firma Formatore ..................................................

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213Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

vALuTAzIONEECErTIFICAzIONEdELLECOmpETENzEACQuISITECompilato dal Formatore che chiude il Modulo (in coordinamento con i colleghi)

Modulo “………………………………………………………………………….”

Codice: ................................................................... Formatore: ......................................................................................

Strumento/i di valutazione utilizzato/i e motivazione della scelta (allegare copia dello strumento utilizzato e griglia di valutazione)

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riepilogo acquisizione competenze

Apprendista ha acquisito la competenza (SI / NO / ASSENTE)

con esito superiore allo standard (X)

1234567891011121314151617181920

grazie per la collaborazioneData, ........................................................... Firma Formatore ..................................................

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214 La formazione nel sistema apprendistato

5.2 Traccia per la programmazione e il coordinamento delle unità formative

Lo strumento proposto per facilitare la programmazione dell’unità formativa e l’eventua-le coordinamento di più formatori sullo stesso modulo costituisce una sintesi del lavoro di riflessione effettuato quest’anno in Laboratorio.

Rispecchia l’impianto metodologico che deve caratterizzare il lavoro del Formatore nel Sistema Apprendistato (e quindi ripercorre le fondamentali azioni che deve compiere dal momento del suo ingresso in aula al momento dei saluti finali).

Poggia sul pensiero metodologico e sulle giustificazioni didattiche che hanno caratteriz-zato le “buone prassi” presentate al cap. 3.

Avendo chiaro che abbiamo di fronte Lavoratori in alternanza lavoro/aula, portatori di esperienze e di competenze tacite o esplicite, che l’obiettivo formativo non è l’acquisizione di conoscenze (non vengono “a scuola”) e neppure di abilità tecniche (non sono “in adde-stramento”), ma l’acquisizione di “competenze”.

Non possiamo conoscere in anticipo le caratteristiche del gruppo con cui dovremo lavo-rare. Ma sappiamo che il nostro intervento dovrà comunque avvenire secondo un impianto logico che valorizza non solo i contenuti, ma -soprattutto- il processo.

I passaggi logici di seguito proposti potranno avvenire in sequenza diversa, potranno essere oggetto di maggiore o minore enfasi… ma dovranno comunque essere presenti.

Le parti in grassetto indicano le principali azioni che costituiscono il processo formativo,

Le parti in corsivo sono riprese direttamente dalle buone prassi e intendono offrire su ciascuna di quelle azioni, spunti, motivazioni, argomentazioni, riflessioni…

Nella colonna di destra sono indicati ruoli e attività specifiche dei Formatori che interven-gono insieme sullo stesso Modulo.

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215Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

AZIONI DEL FORMATORE/FORMATORI SE PIù FORMATORISUL MODULO

Il primo approccio con l’aula

L’autopresentazione all’aulal’apprendimento si basa sulla qualità della relazione tra i soggetti coinvolti (la componente “affettiva” è condizione dell’apprendi-mento): l’autopresentazione è il biglietto da visita del Formatore.

Tutti i Formatorill Formatore che “apre” il Mo-dulo dovrà svolgere inoltre una veloce attività di “acco-glienza”

La gestione delle “autopresentazioni”(avendo chiaro il loro “valore formativo”):• rispetto• contestualizzazione• possibilità di un mio posizionamento nell’aula• per dare senso• per permettere un intreccio di relazioni, di esperienze• per “scaldare” l’aula• per dare valore alla “narrazione”• per manifestare le diversità• per valorizzare l’esperienza del lavoro….

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stesso modulo, in sede di coordina-mento è importante concor-daremodalità, tempi, strumenti…

La dichiarazione degli obiettivi formativi e l’esplicitazione delle loro utilità e spendibilitàPer dare realmente agli apprendisti la possibilità di porsi come protagonisti del processo che devono mettere in atto, un proces-so di “cambiamento” che per poter avvenire, deve essere “inten-zionale”.I giovani lavoratori non sono disponibili ad uno sforzo intellettuale se non intravvedono utilità sul piano personale e professionale (e quindi se la proposta non è coerente con le loro motivazioni…)Clima cognitivo e clima emotivo sono supporti alla motivazione ad apprendere,… che deriva dalla percezione dell’utilità del percorso che si sta iniziando.

Tutti i Formatorill Formatore che “apre” il Modulo dovrà presentare gli obiettivi generali oltre agli obiettivi specifici della propria parte.

Dovrà inoltre presentare le modalità di sviluppo del per-corso, i Formatori coinvolti, i rispettivi ruoli, gli argomenti trattati, i metodi e le tecniche usate

La dichiarazione e l’esplicitazione della specifica compe-tenza/obiettivo che caratterizza l’unità formativa che sta iniziandola conoscenza e la condivisione dell’obiettivo formativo del modu-lo rendono possibile un atteggiamento intenzionale e protagoni-sta, contribuiscono inoltre condizione essenziale per l’autovaluta-zione, all’inizio, durante, dopo…É importante fornire una definizione esplicita del concetto di “com-petenza” come insieme di esperienza e riflessione su di essa. Ed è importante rendere esplicita la complementarietà tra competenze trasversali e competenze professionali (o “saperi tecnici”)

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stesso modulo in sede di coordina-mento è importante concor-dare le modalità di presen-tazione della competenza generale e degli specifici obiettivi formativi…

La dichiarazione dei criteri e delle modalità di valutazioneperché rende più chiari gli obiettivi, (sia al Formatore che agli Ap-prendisti) in termini di “prestazioni attese”, e rendono possibile l’autovalutazione

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stesso modulo in sede di coordina-mento è importante concor-dare modalità, criteri, stru-menti utilizzati per la verifica, la valutazione, la certificazio-ne…

■ tre strUmenti

216 La formazione nel sistema apprendistato

Conduzione dell’aula

Coerenza tra enunciazioni e comportamentiPerché la comunicazione vera passa attraverso i nostri compor-tamenti più che attraverso le nostre parole; se tra parole e fatti l’apprendista riconosce incoerenza e contraddizione non solo la comunicazione diventa inefficace, ma la nostra credibilità di For-matori viene messa in discussione…

Non solo “lezione frontale”Ci sono obiettivi formativi che possono essere conseguiti solo at-traverso la lezione frontale: il formatore spiega e gli apprendisti seguono e si impadroniscono dei contenuti…Ma la lezione frontale non può essere l’unica forma di relazione tra formatore e aula. Accanto a tale modalità didattica è necessario mettere in atto modalità diverse. In presenza di una pluralità di stili di apprendimento è necessario mettere in atto una pluralità di proposte metodologiche…La “lezione-comunicazione” può essere coerente ad un obietti-vo formativo tutto incentrato sulle conoscenze, sui contenuti…, ma sarebbe meno coerente ed efficace se l’obiettivo formativo si riferisse ad apprendimenti legati alla sfera delle abilità, degli atteg-giamenti, dei comportamenti…, delle competenze

Creare e mantenere un clima d’aula favorevole all’appren-dimentoPerché il clima entro il quale si lavora è decisivo per il processo di apprendimentoApprendere significa cambiare, “modificare” qualcosa di sé: l’idea su qualcosa, un atteggiamento, una convinzione, un comporta-mento. Per questo è un fatto importante, impegnativo, a volte traumatico Motivare significa “far leva” sulle motivazioni, quindi:

• aiutare a dare senso a ciò che si sta facendo, ad avere la per-cezione di ciò che sta accadendo;

• aiutare a riconoscere il rapporto tra “pensiero” e lavoro in azien-da, a iniziare a pensare, a riflettere;

• fare continui richiami agli obiettivi;• valorizzare le risorse (e non evidenziare solo le lacune); • dare il senso del percorso (del percorso di apprendimento, …

sul piano dei contenuti e sul piano del metodo…)• dare la percezione di ciò che sta avvenendo (anche in termini

di acquisizioni e apprendimenti, sui contenuti e sui metodi…);• fermarsi sul “cosa devo fare, perché devo fare, cosa devo sa-

pere, come devo…;• aiutare a cominciare a pensare (l’osservazione riflessiva);

Tutti i Formatori

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Se più Formatori sullo stesso modulo in sede di coordina-mento è importante concor-dare metodi e tecniche utiliz-zati per il mantenimento di un clima positivo

• valorizzare il patrimonio esperienziale (dalla pratica, alla teoria che illumina, al “sapere prassico”.

Curare la relazione con i singoli apprendisti, garantendo ampia disponibilità all’aiuto ed alla reciprocità sul piano della relazione, mantenendo rigore scientifico sui contenu-ti e sui concettiPerché la disponibilità sul piano della relazione umana è condizio-ne di reciprocità e di collaborazionePerché il “rigore” è l’anima del processo di apprendimento

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217Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

Valorizzare l’esperienzaPerché l’esperienza, se trattata didatticamente, può diventare educativa (l’esperienza non è ciò che avviene, ma ciò che voglia-mo fare con ciò che avviene…, ancora una volta il valore aggiunto è dato dall’intenzionalità.Trattare didatticamente l’esperienza significa ripercorrere con con-sapevolezza i processi produttivi, per ricostruirne:• gli aspetti tecnico-operativi• gli aspetti cognitivi• gli aspetti affettivi-emotivi (che senso ha per me?)tutti aspetti che spesso, sul lavoro concreto, sono esercitati in modo inconsapevole…

Formatori e apprendisti lavorano insieme nella direzione della tra-smissione di un metodo di apprendimento o soluzione dei pro-blemi. Il presupposto è che gli apprendisti sono “esperti” (hanno esperienza alle spalle) sia di competenze che di problemi di cui sono portatori. Quindi è necessario realizzare percorsi a partire dalle risorse di chi partecipa, e non da eventuali “lacune” da col-mare.

Sforzarsi di rendere evidente il significato e le ricadute for-mative di ciò che proponiamo, e non dare solo giustificazio-ni in termini di ricadute sul lavoro…Perché non è detto che debbano restare sempre su quel lavoro,…Perché è importante aiutarli a riconoscere l’utilità di abilità (cogniti-ve) e di competenze (trasversali) anche se non direttamente e im-mediatamente spendibili sul lavoro…Perché i giovani, in particolare, riescono a motivarsi solo in vista di esperienza di cui riconoscono o almeno intravvedono senso e utilità

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stesso modulo, in sede di coordi-namento è importante indi-viduare chi, per gli obiettivi formativo della parte svolta, può meglio utilizzare il “meto-do dell’alternanza”.

Tutti i Formatori

Leggere l’aula e i diversi stili di apprendimento che la carat-terizzanoPer poter meglio scegliere e adottare metodologie, tecniche, stru-menti coerenti con l’aula e gli stili di apprendimento degli appren-disti.Alcuni esempi di “stile d’apprendimento:• “sistematico”: procede per piccoli passi, considera tutte le varia-

bili, costruisce l’ipotesi in itinere,…• ”intuitivo”: coglie il nocciolo del problema, formula un’ipotesi e poi

procede alla sua conferma attraverso l’analisi dei dati…• “analitico”: in una situazione percepisce prima di tutto i singoli

elementi, i dettagli…• “globale”: percepisce la situazione nella sua totalità, vede la fore-

sta piuttosto che gli alberi…• “riflessivo”: affronta il compito passo dopo passo e prende le

decisioni ponderando minuziosamente i vari risvolti…• “impulsivo”: affronta il compito con rapidità,prende decisioni di

getto…• “verbale”: impara “per parole”, è attento alle spiegazioni orali,

prende appunti, studia ripetendo ad alta voce, memorizza poesie e scritti…

• “visuale”: impara “per immagini”, ricorda i concetti se associati a schemi, usa il colore per sottolineare…

• “convergente”: affronta il problema utilizzando procedure note, utilizza schemi consolidati anche per situazioni nuove…

• “divergente”: cerca nuove soluzioni, ristruttura o propri schemi cognitivi…

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218 La formazione nel sistema apprendistato

Non farsi prendere dall’ansia rispetto ai contenuti, dedica-re ampio spazio al processo ed alla sua ricostruzione (con-tenuti, ma anche metodo: “cosa ho appreso”, ma anche “come ho appreso”.(è meglio una testa “ben fatta” che una “testa piena”.Perché sempre, anche nei moduli brevissimi, i contenuti sono, oltre che oggetto dell’apprendimento, anche strumento per l’ap-prendimento… è più importante essere consapevoli del “come” ho imparato, rispetto al “cosa” ho imparato, perché nel primo caso mi sono impadronito di un metodo…Ecco perché è importante mettere in grado gli apprendisti di poter sempre riconoscere il nesso tra gli obiettivi formativi e le proposte metodologiche (anche se ludiche).

Valorizzare e moltiplicare i momenti di autovalutazionePerché l’autovalutazione permette di sviluppare consapevolezza delle acquisizioni, degli apprendimenti, delle modificazioni…L’importanza della consapevolezza dell’apprendimento passa an-che attraverso la consapevolezza di “aver modificato” la propria idea iniziale, il proprio atteggiamento, i propri comportamenti…

Non dimenticare che “la capacità di chiedere” è la soglia dell’apprendimentoe ricordare che per far scaturire domande sono necessarie due cose:• parlare poco• utilizzare una didattica attiva

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Conclusione del percorso

Richiamare e utilizzare i criteri di valutazione dichiarati in aperturaPer dare maggior senso al processo e per rendere chiaro che il momento della valutazione (i momenti della valutazione) costitu-isce parte integrante del processo stesso. Sbagliata l’idea che la valutazione serve per capire chi ha fatto bene e chi ha fatto male: la valutazione è un momento strettamente legato alla pro-grammazione e alla conduzione del percorso e deve servire per “garantire efficacia” al percorso stesso…

Utilizzare e valorizzare anche l’autovalutazione come mo-mento di valutazione finalePerché gli obiettivi formativi del sistema apprendistato sono ra-rissimamente solo di carattere cognitivo: nella maggior parte dei casi si riferiscono alla acquisizione ed al rafforzamento di “compe-tenze”. L’obiettivo formativo quindi non si limita al contenuto, ma alla elaborazione su di esso, all’apprendimento. Ed esso, per de-finizione, deve comportare un cambiamento, una “modificazione” del soggetto; modificazione che può riferirsi a “posizioni iniziali”, ad “atteggiamenti”, a “comportamenti”. Soprattutto le modifica-zioni relative agli atteggiamenti, ai valori, al pensiero non posso-no essere osservate dall’esterno: solo l’apprendista può esserne consapevole.

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219Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

Rendere esplicito lo strumento o gli strumenti attraverso i quali si intende misurare e valutare l’acquisizione della competenza (o, in generale, dell’obiettivo formativo). Di-scutere con l’aula sulla coerenza dello strumento, arric-chirlo attraverso la discussione, farlo diventare uno stru-mento di autovalutazione…Il confronto e la condivisione dello strumento e dei parametri di valutazione porta a ragionare su griglie, scale, minimi e massimi, standard.Tutto questo costituisce in termini generali una “lezione” sui meto-di, in termini individuali, l’offerta di uno strumento per l’autovaluta-zione quale che sia l’azione da valutare.

Definizione tempi e modalità di gestione del questionario finale Riportando il momento di valutazione “dentro al processo” e la-sciandosi quindi il tempo per riprendere, approfondire, chiarire…

Esplicitazione della valutazione del formatore rispetto all’aula e rispetto agli apprendimenti dei singoli apprendistiSu questo ci deve essere accordo tra i Formatori: o lo fanno tutti o non lo fa nessuno

Indicazioni per il rientro in azienda in una logica di alter-nanza

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stes-so modulo, il Formatore che “chiude” dovrà curare non solo la riflessione sugli esiti relativi alla propria parte, ma anche relativi al percorso for-mativo nel suo insieme.

Tutti i FormatoriSe più Formatori sullo stes-so modulo, il Formatore che “chiude” dovrà gestire anche il questionario “gradimento apprendisti” previsto dalla qualità interna.

Tutti i Formatori

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220 La formazione nel sistema apprendistato

5.3 Il Glossario

Premessa

L’esperienza di Laboratorio ha messo in evidenza l’importanza di utilizzare un linguaggio il più possibile comune. I contesti diversi, le esperienze diverse, le letture diverse… portano inevitabilmente ad assegnare significati diversi alla stessa parola.

Accade quindi di non ritrovarsi e non capirsi quando utilizziamo parole diverse per espri-mere lo stesso concetto, oppure di essere convinti di capirci per il solo fatto di utilizzare le stesse parole.

Il confronto e lo sforzo di approfondimento che abbiamo fatto in Laboratorio ci ha aiutati a fare maggiore chiarezza su questo problema. Siamo consapevoli delle tante sfumature diverse che la parola può assumere in relazione al contesto, alle caratteristiche di chi parla e di chi ascolta, dalla complessità del tema che si sta affrontando. E non intendiamo certo dare definizioni come certe, assolute, sempre valide.

Con l’unico intento di favorire il necessario confronto di idee tra Formatori, Tutori dell’al-ternanza, Apprendisti e Tutori aziendali, proponiamo alcune definizioni che potranno co-stituire l’inizio della costruzione comune di un “glossario” per la formazione nel Sistema Apprendistato.

Anche questo, come gli altri strumenti che abbiamo prodotto, avrà senso solo se verrà utilizzato, arricchito nelle definizioni e nelle voci.

(I formatori in laboratorio)

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221Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

A presidio del lavoro di formazione dei Formatori nel sistema Apprendistato è sembrato quanto mai opportuno lavorare in direzione di una possibile armonizzazione del linguaggio comune, sia dal punto vista lessicale, che concettuale e metodologico.

Durante l’azione formativa, infatti, particolare interesse è scaturito intorno ai tentativi di approfondimento concettuale, a volte anche etimologico, di alcuni dei termini più ricorrenti nel linguaggio dei relatori e dei corsisti.

Da tutti quindi è stata ben accolta -come buona pratica- l’idea della costruzione di un Glossario che potesse essere visto e utilizzato a corredo e in armonia con l’azione svolta e con l’attività futura con gli Apprendisti, sul campo.

Per questa operazione si è fatto ricorso all’apporto di tutti, con l’ausilio della consulta-zione, dell’adattamento e della citazione di alcuni Glossari già validati1 anche se è chiara la percezione della possibile e veloce obsolescenza di termini, di informazioni, di elementi che connotano la vertiginosa rapidità del cambiamento indotto dalla società globale in tutti i settori della vita organizzata ed anche in quello della formazione, del lavoro, dell’apprendi-stato, della formazione degli adulti.

Non abbiamo rinunciato a questo lavoro, nella speranza che uno strumento come que-sto possa essere usato come “guida” per quanti volessero ritrovare il percorso fatto, in sintonia con l’impegno a trasferire sul campo formativo un linguaggio più omogeneo come supporto alla comprensione dei processi morfogenetici che la formazione esige per sua stessa natura.

Strumento che, ovviamente, si presenta come opportunità aperta al contributo di ag-giornamento e di integrazione di quanti lavorano per la qualificazione e l’arricchimento les-sicale e semantico delle persone che lavorano.

Un glossario -si sa- per sua natura e definizione è una raccolta di termini appartenenti ad ambiti diversi, e spesso specialistici, di diverse aree di studio e di ambiti di attività. La sua finalità è quella di rendere chiaro e univoco il senso in cui sono da intendersi i termini all’interno dei discorsi e delle riflessioni richieste dall’attività delle persone, per riuscire ad avere quadri di riferimento sostanzialmente condivisi o condivisibili.

La formazione, va ribadito, ha bisogno di costruire condivisioni e sintonie, per sottrarla al rischio –ancora presente in certe situazioni– di essere vista come supporto poco credibile all’azione di cambiamento in una società poco incentrata sugli asset immateriali che posso-no realmente incidere sulla giusta esigenza delle persone che lavorano di governare e non subire le novità che avanzano.

Abbiamo così costruito in laboratorio e presentato il percorso di 50 lemmi essenziali per il formatore che opera nelle situazioni di apprendistato, utilizzando anche per molti di questi termini l’equivalente espressione in alcune lingue europee, così come è facile incontrare in molti documenti della UE (Cfr.Annali Istruzione, Le Monnier,Firenze,2005 op.cit) e dando più spazio ai lemmi che afferiscono ancora più direttamente con l’agire formativo del formatore dell’apprendistato.

a cura di Renato Di Nubila

1 Cfr. Glossario in “L’istruzione e la formazione degli adulti tra domanda e offerta” in Annali dell’Istruzione,n.5-6/2005; Le Monnier ,Firenze.P.Jarvis, International Dictionary of adult and continuing education, KoganPage, 1999; Rapporto annuale 2003, con allegato Dizionario delle competenze; in Supplemento Speciale a La Lettera Asfor, Il Glossario e-Learning di ASFOR, 1/2006; R,Di Nubila, Saper e saper fare formazione, Pensa MultiMedia, Lecce, 2005; ISFOL, Glossario di didattica e della formazione, Fr.Angeli, Milano, 1992; A.De Vita, La valorizzazione dei formatori, Fr.Angeli, Mi-lano,2005; A.Alberti,Dizionari Tematici, La Didattica, Edit.Riuniti,1984; D.Demetrio, Il Manuale dell’educazione degli adulti, Ed.Laterza,Bari 1998; G.Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Dizionario etimologico, Le Monnier, Firenze, 1996; J.J. Guilbert, Guida Pedagogica, Armando, 1981.

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222 La formazione nel sistema apprendistato

1.abilitàInglese abilityInglese (skill)Francese capacitéSpagnolo habilidad

Una o più caratteristiche di un soggetto che riesce a svolgere compiti relativi ad attività intellettuali, affettive, fisiche.

2. accertamentoInglese assessmentFrancese contrôle (des connaissances)Spagnolo evaluación

Verifica dell’esistenza di un atto, di un rapporto giuridico o di un fatto.Processo di attribuzione di un valore in cui si esprime un livello conseguito, il raggiungi-

mento di uno standard ovvero si evidenzia la correttezza di una prestazione o della appli-cazione di una procedura

3.accreditamentoInglese accreditationFrancese accréditationSpagnolo creditación

Atto formale attraverso il quale una istituzione autorizza una persona, un ente ecc. a rappresentarla o a svolgere alcune attività preventivamente definite.

4. alternanza formazione-lavoroInglese alternation trainingInglese integrate school based and work learningFrancese formation en alternanceSpagnolo alternancia formación-trabajo

Progetto formativo integrato che supera la separazione fra momento formativo teorico e momento applicativo in una concezione in cui educazione formale, informale ed esperienza di lavoro si combinano in un processo di qualificazione professionale e di arricchimento personale.

5. analisi dei bisogni di formazioneInglese training needs analysisFrancese analyses des besoins de formationSpagnolo análisis de las necesidades de formación

Indagine necessaria per la definizione dei curricula di formazione professionale dei la-voratori, che permette di comparare tra loro le attività legate alle situazioni lavorative, le prospettive evolutive di queste e le qualifiche esistenti in azienda.

6. analisi dei fabbisogni formativiInglese training needs analysisFrancese analyses des besoins de formation (du contexte socio-économique)Spagnolo análisis de las demandas formativas

Rilevazione delle esigenze di professionalità realizzata in contesti socioeconomici, terri-toriali, organizzativi, aziendali al fine di predisporre una formazione mirata.

7. apprendere ad apprendereInglese learning how to learnFrancese apprendre à apprendre

Imparare come si impara a far fronte alle situazioni che si determinano in un mondo in

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223Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

continuo cambiamento

8. apprendimento adultoInglese adult learningFrancese apprentissage adulteSpagnolo aprendizaje adulto

Stile di apprendimento di un soggetto autonomo che possiede un patrimonio di esperien-za, su cui intenzionalmente innesta apprendimenti successivi, necessari allo svolgimento di attività legate a ruoli e funzioni sociali e lavorative

N.B. Il Memorandum delle Comunità europee sull’istruzione e la formazione permanente raccomanda la valorizzazione degli apprendimenti formali, non formali e informali per consen-tire la certificazione di saperi e competenze comunque acquisiti nel corso dell’età adulta.

9. apprendimento esperienzialeInglese experiential learning

Apprendimento che si realizza come processo continuo di interazione con l’ambiente so-ciale e lavorativo, che mette alla prova e modifica le conoscenze precedenti e che costruisce nuovo sapere attraverso l’osservazione e la riflessione.

N.B. - Inizia dalla esperienza e si trasforma in conoscenza, abilità, comportamenti. Emo-zioni e valori. L’apprendimento in età adulta è un momento centrale nello sviluppo della per-sona. Si realizza entro esperienze, situazioni di vita ed anche di studio formale, come risposta soggettiva ad un’incongruenza avvertita dal soggetto tra la propria biografia e l’esperienza acquisita, in relazione a potenzialità e limiti offerti dal contesto sociale di riferimento. L’appren-dimento, stimolato da esperienze, per le quali l’individuo non possiede risposte prestabilite, diviene esso stesso produttore di nuove esperienze.

10. apprendimento formaleInglese formal learningFrancese apprentissage formel

Apprendimento che si realizza in un sistema istituzionale di istruzione o formazione, nel sistema scolastico e formativo fino all’università e ai percorsi non accademici di livello post-secondario.

11.apprendimento informaleInglese informal learningFrancese apprentissage informel

Apprendimento che si realizza, in genere non intenzionalmente, quando gli individui acqui-siscono conoscenze e abilità o atteggiamenti attraverso l’interazione sociale.

12. apprendimento non formaleInglese non formal learningFrancese a pprentissage non formal

Apprendimento intenzionale che si realizza in contesti organizzati al di fuori dai sistemi isti-tuzionali di istruzione e formazione e che di norma non produce una certificazione.

13. apprendimento organizzativoInglese organizational learning

Apprendimento che si realizza come sviluppo del sapere e del saper-fare in una orga-nizzazione, in funzione del cambiamento e dell’innovazione continua, e che è reso possibile dalla capacità di apprendere dei singoli e da una pratica di interazione, di scambio e di socializzazione delle informazioni presenti nel contesto.14. apprendimento permanente

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224 La formazione nel sistema apprendistato

Inglese lifelong learningFrancese apprentissage permanentFrancese apprentissage à vieFrancese apprentissage tout au long de la vie

Qualsiasi attività di apprendimento avviata in qualsiasi momento della vita, volta a migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o occupazionale, che si può realizzare nella intera gamma dell’appren-dimento formale, non formale e informale. (CE 2001)

15.apprendimento riflessivoInglese riflective learning

Apprendimento che si realizza attraverso l’analisi del vissuto di esperienza e che quindi comporta acquisizione di nuove conoscenze e cambiamenti significativi negli schemi di interpretazione e di orientamento del soggetto.

16. apprendimento situatoInglese situated learning

Apprendimento che si realizza nell’agire in un preciso contesto e in riferimento a specifici problemi, che quindi ha il pregio della concretezza, ed include la possibilità di trasferire delle conoscenze e competenze acquisite a nuovi contesti.

17. apprendistatoInglese apprenticeshipInglese dual systemFrancese apprentissageSpagnolo aprendizaje profesion

Rapporto di lavoro per il quale l’imprenditore è obbligato a impartire o a fare impartire all’apprendista, assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario a conseguire una qualifica professionale, un titolo di studio o di alta formazione.

N.B.- L’apprendistato è uno dei canali attraverso il quale si assolve il diritto-dove-re di istruzione e formazione. La normativa (Legge 25/1955, Legge 196/1997, Leg-ge 30/2003, D.lgs 276/2003) riconosce tre tipologie di contratto di apprendistato: per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione rivolto a giovani e adole-scenti 15-17enni, della durata non superiore a tre anni (la durata della formazione inter-na ed esterna all’azienda verrà determinata in maniera congrua in relazione agli stan-dard formativi minimi definiti ai sensi della Legge 53/2003); per la professionalizzazione rivolto a soggetti 18-29enni, della durata di due-sei anni (la formazione formale interna ed esterna all’azienda non può avere durata inferiore a 120 ore);per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione rivolto a soggetti 18-29enni(la regolamenta-zione di tale contratto è rimessa alle Regioni, alle Parti sociali, alle Università ed ad altre istituzioni formative coinvolte).

La qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costi-tuisce credito formativo per proseguire il percorso di istruzione e formazione professio-nale. Presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è istituito il repertorio delle professioni predisposto a cura di un organismo tecnico composto dal Ministero del Lavoro, dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca, le Parti sociali ed i rappresentanti della Conferenza Stato-Regioni, al fine di armonizzare le differenti quali-fiche professionali.

“Nella Legge 144/1999 l’inserimento dell’apprendistato come uno dei tre canali at-traverso i quali si assolve l’obbligo formativo ha rappresentato una conferma della scel-ta di puntare sull’alternanza come strumento strategico di politica formativa.”(ISFOL 2001e: 18) “Un particolare sostegno sarà rivolto alle attività formative correlate ai con-tratti di apprendistato in relazione all’assolvimento dell’obbligo formativo fino a diciotto

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225Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

anni.”(Patto per l’Italia 2002).

18. bilancio delle competenzeInglese personal and vocational skills analysisFrancese bilan des compétencesSpagnolo presupuesto de las competencia

Strumento che permette a persone adulte, occupate o alla ricerca di un lavoro, di fare il punto sulla propria competenza professionale: sapere, saper apprendere, saper essere, saper fare, saper agire e volere agire.

Ma anche:Metodologia attiva di orientamento in cui il soggetto, con l’aiuto del consigliere di bi-

lancio, elabora un progetto personale e professionale basato sia sull’analisi delle compe-tenze (trasversali, tecnico-professionali e di base) sia sulle motivazioni e sulle aspettative.

19. bisogno di formazioneInglese training needsFrancese besoin de formationSpagnolo identificación de necesidadesSpagnolo necesidad de formación

Insieme di saperi, abilità,competenze che un soggetto deve acquisire per svolgere in modo efficace i diversi ruoli professionali richiesti.

20. buona praticaInglese best practicesFrancese bonnes pratiques

Esperienza significativa che per efficacia dei risultati ottenuti, delle caratteristiche di qualità dimostrate e del contributo offerto alla soluzione di specifici problemi può essere considerata trasferibile ad altri contesti.

N.B. - Una buona pratica nasce dall’analisi e dall’astrazione di esperienza accumulata e necessita di una costante verifica sempre centrata sull’esperienza. Come tale ha un ciclo di vita rispondente alle evoluzioni dei processi, delle tecnologie e dei prodotti/servizi che caratterizzano il sistema di riferimento.

Inoltre una buona pratica, documentata e quando possibile misurata attraverso stan-dard oggettivi, concorre ad instaurare un sistema di comunicazione e confronto profes-sionale sulle soluzioni e sui modelli di azione, assumendo per tanto un ruolo significativo nel processo di sviluppo dei domini disciplinari e culturali della comunità professionale di riferimento che, condividendola, la assume come guida per l’azione e proprio assunto valoriale.

E ancora:Per buona pratica (best practice) si intende una prassi che, rispetto ad altre analoghe,

si è dimostrata particolarmente vantaggiosa nello svolgimento di una determinata attivi-tà. Si può trattare di un approccio, una tipologia di progetto, una specifica operazione realizzata in un’area di intervento, una scelta metodologica, una modalità di risoluzione di un problema, un modello di relazione con i partner, una particolare procedura, ecc. Individuare e diffondere le buone prassi può consentire la riduzione dei tempi e/o dei co-sti, per effetto della riproduzione di esperienze già sperimentate, e dà comunque luogo a un’accumulazione di conoscenza e a un approfondimento continuo della tematica nel cui contesto la buona pratica è diffusa e utilizzata.

Specificatamente, in ambito Fse, con il termine buona pratica viene indicata quella modalità di lavoro, sperimentata nell’attuazione di un Programma operativo, che ha agevolato il raggiungimento dell’obiettivo sotteso a un risultato e/o a un processo previ-sto. Attraverso il confronto e la condivisione di questi casi esemplari, tra i diversi soggetti coinvolti nella programmazione del Fondo, si sviluppa un processo di benchmarking fun-zionale all’attuazione del Fse.21. certificato personale

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226 La formazione nel sistema apprendistato

Inglese personal certificateFrancese certificat personnelSpagnolo certificación personalSpagnolo “título personal”

Documento che registra le competenze e i crediti acquisiti nei percorsi per l’educazione permanente degli adulti.

22. certificazioneInglese certificationFrancese certificationSpagnolo certificación

Procedimento attraverso il quale un’istituzione, un ente o una persona abilitata attesta for-malmente la sussistenza di una condizione, di un diritto ecc.

N.B. - Il D.M. del 31 maggio 2001 stabilisce le metodologie e gli strumenti necessari per il rilascio della certificazione. Questa deve corrispondere alla registrazione nell’ambito di un libretto formativo individuale, che si configura come una carta di identità dell’individuo relativa alla formazione ricevuta, alle certificazioni rilasciate, alle competenze acquisite ed ai crediti formativi misurati.

Contesti d’uso 1) Una unità capitalizzabile dà luogo ad una attestazione, certificazione e costituisce quindi un credito acquisito.(ISRE 1997/55: 5) 2) La certificazione nel sistema della formazione professionale, è finalizzata a garantire la trasparenza dei percorsi formativi ed il ri-conoscimento delle competenze comunque acquisite dagli individui per il conseguimento dei relativi titoli e qualifiche.(MLPS D.M. 174/2001: art.1)

23 certificazione di competenzaInglese certificate of competencyInglese certification of competenceInglese skills certificateFrancese certification de compétenceSpagnolo certificacion de competencias

Riconoscimento operato da uno o più soggetti istituzionali abilitati che attesta ad un indi-viduo il possesso di una o più competenze acquisite in un percorso formativo formale o in ambito informale o non formale.

N.B. 1.- La certificazione di competenza implica due sottoprocessi distinti: <li>la verifica/valutazione delle competenze in quanto procedura di natura tecnica, pur sottoposta a vincoli di regole e modalità, che riguarda la verifica del possesso da parte dei soggetti delle compe-tenze oggetto della certificazione; la certificazione delle stesse in quanto atto con il quale un soggetto giuridicamente responsabile attesta la acquisizione da parte dell’individuo delle com-petenze in questione e, in genere, dei criteri ritenuti necessari per il conseguimento di un titolo o di una parte di esso .Ad oggi la certificazione delle competenze spetta alle Regioni, relativa-mente al sistema di formazione professionale, e al Ministero dell’Istruzione della Università e della Ricerca, relativamente ai percorsi scolastici o ad entrambi nel caso di percorsi integrati.

2. - La certificazione delle competenze nell’ambito del sistema di formazione professionalepuò essere effettuata: al termine di un percorso di formazione professionale di norma fina-

lizzato all’acquisizione di una qualifica; in esito a percorsi di formazione parziali ovvero in caso di abbandono precoce del percorso formativo o in percorsi che non conducono all’acquisizio-ne di qualifica; a seguito di esperienze di lavoro e di autoformazione su richiesta degli interes-sati, per l’ammissione ai diversi livelli del sistema di istruzione e di formazione professionale o per l’acquisizione di una qualifica o di un titolo di studio.

“La funzione della certificazione delle competenze è svolta dalle Regioni che, sempre nell’ambito della loro autonomia normativa e regolamentare, ne disciplinano le procedu-re di attuazione, tenuto conto degli standard minimi fissati a livello nazionale.”(MLPS D.M. 174/2001: art. 4 “La struttura modulare dell’iter formativo consente agli studenti di ottenere una certificazione di competenza e dei relativi crediti spendibili al termine di ogni segmento formativo.”(Auriemma 2001: 432)24. competenza

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227Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

Inglese competenceInglese competencyInglese skillFrancese compétenceSpagnolo competencia

Patrimonio complesso di conoscenze, abilità e risorse individuali di cui un soggetto di-spone per realizzare il proprio sviluppo personale, per affrontare in modo efficace l’inseri-mento socioculturale e lavorativo.

N.B. - Lo stretto legame tra la competenza come sapere, saper fare, saper essere e le situazioni in cui questa si esprime permette di definire diversi profili di competenza. Nell’am-bito della formazione per il lavoro si possono distinguere le competenze professionali, relati-ve alla attività lavorativa, dalle competenze tecniche e scientifiche e da quelle polifunzionali. In genere si distingue competenza da prestazione: la

prestazione è la realizzazione concreta di una potenzialità, che è espressa dalla compe-tenza.

25. competenza tecnico-professionaleInglese technical and professional skillsFrancese compétence technico-professionnelleSpagnolo competencia técnico-profesional

Insieme delle conoscenze e capacità connesse all’esercizio efficace di specifiche attività professionali nei diversi comparti o settori.

26. competenze chiaveInglese key competenceFrancese compétence cléSpagnolo “conocimiento llave”

Macrocategoria che comprende competenze di base, tecnico-professionali e trasversali e che designa un insieme organizzato di conoscenze, capacità e abilità tecniche, cognitive e relazionali che si esprimono nell’agire efficace del cittadino e del lavoratore.

27. competenze di baseInglese basic skillsFrancese compétences de baseSpagnolo habilidad básica

Saperi minimi ritenuti fondamentali per l’occupabilità e per il diritto di cittadinanza affe-renti alle aree dei linguaggi, scientifica, tecnologica e storico-socioeconomica

28. competenze trasversaliInglese cross (curricula) competenceFrancese compétences transversalesSpagnolo competencia transversal

Insieme di abilità comunicative, diagnostiche e decisionali non connesse specificamente con l’esercizio di una determinata attività lavorativa, che afferiscono alle caratteristiche co-gnitive, affettive e comportamentali di un individuo permettendo la trasferibilità delle com-petenze da un ambito professionale ad un altro.

29. credito formativoInglese training creditFrancese acquis de formationSpagnolo crédito formativo

Valore, attribuito a competenze acquisite dall’individuo, che può essere riconosciuto ai fini dell’inserimento in percorsi di istruzione o di formazione professionale determinandone

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228 La formazione nel sistema apprendistato

la personalizzazione o la riduzione della durata.Un insieme di esperienze di studio e/o dilavoro,di percorsi formali e non formali,”capitalizzabili”

in vista del conseguimento di diplomi ,attestati o certificazioni in genere. E ancoraIl credito formativo può essere intesto come il diritto per l’adulto di riprendere la formazio-

ne a tempo pieno o a tempo parziale,per periodi di tempo definito in istituzioni educative r/o culturali e ,ove si tratti di lavoratori in attività,senza pregiudizio di reddito.

N.B. - Valore, attribuito a competenze acquisite dall’individuo, che può essere riconosciuto ai fini dell’inserimento in percorsi di istruzione o di formazione professionale determinandone la personalizzazione o la riduzione della durata. Al riconoscimento del credito formativo ed alla relativa attribuzione di valore provvede la struttura educativa o formativa che accoglie l’indivi-duo, anche in collaborazione con la struttura di provenienza.

Nella normativa scolastica, in riferimento ai nuovi esami di stato (Legge 425/1997, “Al fine di definire con criteri omogenei il patrimonio conoscitivo ed operativo degli indi-

vidui, per competenza certificabile ai sensi dell’art. 1, si intende un insieme strutturato di co-noscenze e di abilità, di norma riferibili a specifiche figure professionali, acquisibili attraverso percorsi di formazione professionale, e/o esperienze lavorative, e/o autoformazione, valutabili anche come crediti formativi.”(MLPS D.M. 174/2001: art. 2)

30. europass formazioneInglese europass trainingFrancese europass formation

Documento riconosciuto a livello europeo, che certifica sulla base di criteri di qualità condivisi, qualsiasi modulo o percorso formativo compiuto nei diversi stati membri.

31. fabbisogno formativoInglese training needsFrancese besoins de formation du contexte socio-économiquesSpagnolo demanda de formación

Insieme di conoscenze ed abilità, che in un contesto lavorativo ed in situazioni speci-fiche, sono considerate indispensabili dal sistema produttivo, che quindi le indica come obiettivi della formazione della forza lavoro.

32. FormazioneInglese trainingFrancese formation Spagnolo formación

Un insieme strutturato di azioni processuali,finalizzato a sviluppare nel soggetto le sue risorse, in termini di conoscenze, rappresentazioni sociali,atteggiamenti, motivazioni, identi-tà, comportamenti,ma anche di abilità,come modalità strategiche che ogni persona sceglie di adottare per fronteggiare richieste di natura diversa,provenienti dal contesto lavorativo

Ma ancheProcesso morfogenetico di crescita e di promozione della persona, attraverso l’integra-

zione dei saperi e del valore della propria esperienza nella vita personale e nei processi di qualificazione professionale.

33.Il metodoInglese methodFrancese la méthodeSpagnolo método

Un modo particolare per facilitare l’organizzazione di un sistema di relazioni tra 3 ordini di strutture:- la struttura conoscitiva/esperienziale del soggetto- la struttura della conoscenza e formazione da acquisire

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229Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

- l’insieme delle operazioni da mettere in atto

Uno dei nodi fondamentali del “fare formazione”= come modo di utilizzare mezzi strumenti e tecniche per ottenere risultati formativi rile-

vanti.

Tipologie di metodi diversi• direttivi• non direttivi• per ADULTI (cfr Goguelin)• affermativi• interrogativi• attivi• permissivi

Criteri per la classificazione dei metodi• Caratteristiche peculiari• area comunicativa privilegiata• strutture in cui operare• interazione d’aula • tipi di insegnamento e di apprendimento• tipologia di soggetti e di contesti • attese, bisogni e desideri… motivazioniQualche esempio:• Individualizzazione (Dottrens,1960)• Mastery Learning (Carroll,1963; Bloom, Block,1970)• il Metodo a spirale (Bruner,1964)• Feuerstein (1975)• Gruppo di lavoro (K.Lewin, R.Bion,1920…)• Cooperative learning (Johnson e Johnson e altri)• Autobiografico (Demetrio,1995)

• Il metodo non è razionalità astratta• e non è semplicemente tecnica esecutiva d’educazione, ma anche• include scelte di riferimenti interpretativi, assiologici, scientifici,culturali• investe finalità ed obiettivi,strutture e dinamiche, leggi di vita e di sviluppo• impegna sentimenti,idee,atteggiamenti, e comportamenti• è presenza di impegno,di capacità professionali• implica scelte di contenuti, di mezzi adeguati, di relazioni…• Elabora codici ben fondati ,condivisi

Alcuni principi fondamentali per la efficacia di un metodo• Significatività (collegare conoscenze nuove con quelle possedute) e chiarezza• motivazione (promuove processi di apprendimento)• direzione (verso obiettivi…)• continuità e ricorsività• integrazione e organizzazione• stabilizzazione, guida e sostegno all’apprendimento• trasferibilità.

I metodi educativi• Non sono stati sempre frutto di rigore scientifico…spesso opera geniale di educatori creativi• poi la riflessione pedagogica ha provveduto…• Es.metodo preventivo di Don Bosco• metodi :terapeutici• integrativi• della pedagogia dei valori• ascetico

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230 La formazione nel sistema apprendistato

• pedagogico esistenziale• psicoanalitico• di animazione; di comunità

Principi dei metodi educativi:• Personalizzare• socializzare• valorizzare• fare esperienza• prevenire• usare realismo, flessibilità, progressività• con tensione critica e conflitto ottimale• equilibrare e comporre

34.MetodologiaUna metodologia per la formazione

Il concetto di metodologia ci porta a fare i conti con tutto ciò che implichi attività di ri-flessione, di pensiero, di discussione, di conoscenze, di scelta consapevole, di padronanza e di utilizzo di diversi approcci teorici per avviare un’azione operativa.

Se restringiamo l’area semantica del discorso metodologico al suo più specifico riferi-mento dobbiamo affermare che metodologia è essenzialmente la riflessione sui me-todi, nella constatazione che “essa non insegna metodi, ma insegna a ricercare e a discu-tere in maniera corretta, critica o euristica attorno ad essi in ogni campo di applicazione, per poi tradurli in metodi operativi che pervengono a prodotti finali costruendo,analizzando, migliorando”(P. Gioanola, 1980).

N.B. -Si può quindi parlare di metodologia pedagogica, come luogo in cui “la pedagogia si fa scienza autonoma dell’educazione, con lo statuto che la definisce e la distingue, indivi-duandone le caratterizzazioni. É la ricerca scientifica che discute e definisce i metodi ,o, più largamente, i procedimenti razionali) delle operazioni dirette ad intervenire, progettare, agire e verificare nei fatti e negli atti dell’educazione”(P. Gioanola,1980) .

Una metodologia pedagogica viene così a configurarsi come impegno a precisare cosa fare e come fare per scegliere, decidere, riorganizzare, riordinare e migliorare l’intero evento educativo, affrontando con metodo le azioni necessarie per preparare i fattori agenti e la loro collocazione nel campo, per organizzare modelli di progetti e di modalità convenzionali – quali sono appunto i metodi e le tecniche - per condurre l’atto educativo con validità di risultati e con efficacia di mezzi.

La metodologia della formazione, quindi, essenzialmente rappresenta un costante eser-cizio di studio e di riflessione sulle modalità di come collocare “in situazione” l’evento for-mativo, di come allenarsi a pensare la formazione, a esplicitare l’idea formativa, a indivi-duare un metodo, a tracciare le traiettorie di un progetto, a “costellare” il percorso scelto di tecniche necessarie, a descrivere e a condurre la pratica formativa, a puntare agli obiettivi possibili, a misurare l’effetto di ricaduta in itinere e a conclusione.

In termini più innovativi, per una formazione che dal tradizionale raccolga la parte migliore di una serie di eventi, di risultati, di strumentazione, di processi strutturati, ma che s’impegni a pensare e a costruire il nuovo che ancora non c’è o si vede poco, la metodologia può an-che significare stimolare e generare domande, valori, progetti e itinerari nuovi, per soggetti nuovi che si affacciano sul versante di un protagonismo formativo.

35. Le tecnicheInglese techniqueFrancese techniqueSpagnolo técnica

Essenzialmente un tecnica è un’azione “convenzionale”, un meccanismo, un artificio intenzionalmente costruito per ottenere risultati attesi e desiderati.

Peculiarità distintive di una tecnica, allora, sono prima di tutto: l’intenzionalità e la trasfe-ribilità nei suoi codici e nei suoi significati; non sarebbe possibile affidare una tecnica alla

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231Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

casualità, tanto meno in campo educativo, sempre esigente di giustificazioni e di riprodu-cibilità.

N.B. - Verrebbe spesso da chiedersi quale sia la differenza possibile tra un bravo educa-tore e formatore che usa tecniche e accorgimenti per raggiungere alcuni significativi risultati e un “mago” prestigiatore, capace di trucchi affascinanti e di espedienti non sempre facil-mente comprensibili. È invece importante saper discernere, nell’azione educativa e forma-tiva, cosa caratterizzi una tecnica e cosa invece costituisca una “magia” o semplicemente un’abilità, il più delle volte “truccata”. Quando poi le tecniche diventano gli “arnesi” di lavoro per l’animazione, la conduzione di gruppi, allora diventano strumenti impareggiabili di lavo-ro formativo, in tutta la gamma della loro varietà. La tecnica, intesa in questo modo e con questa funzionalità, non può essere una magía, né tanto meno uno strumento onnipotente, sempre in grado di ottenere qualcosa.

Quando poi il campo educativo si riconosce nel gruppo, allora la tecnica “è l’azione intenzionale e codificata di un operatore che ripropone di interferire nella traiettoria del cam-po, di deviarne la rotta, di favorirne la trasformazione… con forte evidenza del principio di libertà e di alleanza…”(G.Contessa, 1999).

È il gruppo che decide il grado di partecipazione e di adesione, sulla scorta delle buone motivazioni addotte dal propositore della tecnica, come può essere nel nostro caso un conduttore o animatore di gruppo.

Ne scaturisce un principio fondamentale per il buon uso e l’efficacia di una tecnica e cioè il fatto che un “artificio”, come può essere una qualsiasi tecnica, va applicato “insieme” al gruppo e non “sul” gruppo: la condivisione, dopo una guidata comprensione delle regole, delle dinamiche e degli effetti possibili che una tecnica possa presentare, è elemento di padronanza che il conduttore deve assicurarsi e assicurare al gruppo.

Tipologie diverse di tecniche d’interventoCi pare interessante il tentativo di classificazione già fatto di indicare una serie di tipologie

sulla base di alcune tassonomie:• per grado di strutturazione: tecniche non strutturate e strutturate;• per focus: etero-centrate, auto-centrate;• per finalità: direttive, attive, riflessive;• per obiettivi: diagnostiche, illuminanti, accelerative, addestrative;• per linguaggio: verbali e non verbali;• per bersaglio: cognitive, emotive, strumentali;• per funzione: correttive, interpretative, supportive, provocatorie;• per riferimento: individuali, gruppali.

Classificazione di tecniche per dimensioni per tipo di interventoStrutturazione: Dirette-non strutturateStrutturatePunitivo: “Stiamo lavorando male!”Correttivo: “Parlare uno alla volta, rispettiamo il turno!”Supportivo: “Bravi, abbiamo fatto tutto il possibile”Interrogativo: “C’è ancora qualcosa da dire?”Informativo: “Forse non sapete che…”Riassuntivo: “Ecco i risultati finora raggiunti”Propositivo: “A questo punto, propongo che…”Chiarificativo: “Va chiarito un fatto…”

Per comportamenti non verbali:• il contatto oculare• la postura, la prossemica, la gestualità…• la voce, il respiro, i silenzi• l’azione (orari, i movimenti, le uscite…).

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232 La formazione nel sistema apprendistato

Tecniche di discussione, di confronto:• Coppie, sottogruppi…• Phillips 6x6• Acquario• Confronto allargato.

Tecniche di raccolta di dati:• di riscaldamento:- di autopresentazione- di presentazione di hobbies, di gusti- di apertura (Finestra di Johari)- di socializzazione e di conoscenza- di ricerca d’aula• di ideazione (Brainstorming, mappa mentale, fantasieguidate…)• di produzione (esercitazioni analogiche, addestrative,compiti reali…)• Tecniche di problem solving- casi e casi critici- giochi di decisione- tecniche corporee- tecniche di simulazione (role-playing, laboratori vari,business games, laboratori di fantasia…).

Focus Etero-centrate (su qualcosa o qualcunoesterno al gruppo).Auto-centrate (su bersagli emozionali,centrate su se stesso… come allospecchio)• La discussione di un contenuto cognitivo• I gruppi di compito e di apprendimento di contenutiestranei al gruppo.

T. Group• Le tecniche corporee• I climi organizzativi• Le simulazioni fantasia• Le tecniche riflessive

36.Il metodo dell’alternanza

Comprende una serie di attività che sappiano alternare, per integrare, attività operative e di pensiero diverso. Più in particolare, il metodo dell’alternanza si adatta bene alla pratica di apprendistato,così come sarebbe utile realizzarlo nei processi di studio,sia nelle scuole che nell’università.

N.B. - Succede invece che si confonda l’alternanza con la pratica dello stage “fuori aula”, pensando di creare momenti diversi di alternanza che invece si configura prima di tutto come metodologia formativa in grado di creare situazioni di apprendimenti diversi, in ambiti diversi, con strumenti e opportunità diverse.

Nell’arco delle stesse discipline scientifiche si possono creare modi diversi e integrativi di apprendere: per ascolto, per imitazione, per simulazione, per induzione, per deduzione, per cooperazione/collaborazione, per astrazione, per esperienza…

Nell’apprendistato si verificano modalità di apprendimento/formazione che utilizzano modelli, ambiti, strumenti, procedure, esperienze di tipo diverso.

37. formazione continuaInglese continuing trainingFrancese formation continueSpagnolo formación continua

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233Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

Attività formativa rivolta ai soggetti adulti, occupati o disoccupati al fine di adeguarne o di elevarne il livello professionale.

38. formazione professionaleInglese professional trainingFrancese formation professionnelleSpagnolo formación profesional

Attività volta ad assicurare un sistema di interventi formativi utili all’acquisizione di cono-scenze teoriche e pratiche necessarie per lo sviluppo personale, per la qualificazione volta al primo inserimento professionale, alla riqualificazione, alla specializzazione, all’aggiorna-mento ed al perfezionamento dei lavoratori, in un quadro di formazione permanente

39. libretto formativoInglese training certificate (report)Francese livret de formationSpagnolo expediente formativo

Documento che consente di registrare le più significative esperienze che connotano il progressivo arricchimento del percorso formativo e professionale di un individuo.

40. partenariatoInglese partnershipFrancese partenariatSpagnolo asociación

Accordo, stipulato tra diversi soggetti pubblici o privati, finalizzato aggiungere obiettivi di interesse comune nel campo dello sviluppo economico, della formazione professionale, della ricerca e della cultura

41. riconoscimento dei creditiInglese credits’ recognitionFrancese econnaissance des acquisSpagnolo certificación de credito

Processo di riconoscimento formale di apprendimenti comunque e dovunque acquisiti, definito sulla base di un sistema di riferimento condiviso.

42. riqualificazione professionaleInglese vocational re-trainingFrancese remise à niveauFrancese requalification professionnelleSpagnolo recidaje profesional

Formazione finalizzata al miglioramento e aggiornamento delle competenze dei lavora-tori che facilita la mobilità individuale e la progressione di carriera.

43. StageInglese stageFrancese stageSpagnolo practicas

Modulo, in ambito corsuale, volto a sperimentare una fase di alternanza tra teoria e pratica, normalmente effettuato presso le aziende la cui attività è inerente i contenuti o le procedure presentati e svolti in aula.

Ma ancheEsperienza lavorativa svolta presso un’azienda o un ente dove la/lo stagista svolge alcu-

ne delle attività previste dal profilo professionale di riferimento e che costituisce, ormalmen-te, una tappa del percorso formativo.

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234 La formazione nel sistema apprendistato

44. StandardInglese standardFrancese standardSpagnolo norma

Criterio di qualità o livello riconosciuto in relazione al funzionamento del servizio sco-lastico o del suo prodotto.

Ma anche:Livello di prestazione riferito a specifici comportamenti di studio o di lavoro definiti e

condivisi, che ci si aspetta vengano realizzati in condizioni no

45.Standard formativoInglese training standardFrancese standard de formationSpagnolo norma de formación

Insieme di competenze minime relative alla figura professionale di riferimento, assun-to come obiettivo formativo e ritenuto indispensabile per il rilascio di qualifica o di altro titolo.

46. TrasferibilitàInglese transferabilitySpagnolo portabilidadFrancese transférabilité

Possibilità di applicare una soluzione nota a una situazione completamente nuova. Condizione che consente ad attività formative, a metodologie di ricerca ed anche a in-terventi sperimentati di essere utilizzati, in quanto modelli condivisi, in contesti diversi da quelli originari.

47. Unità formativa capitalizzabile (UFC)Inglese capitalizable training unitFrancese unité de formation capitalisablesSpagnolo créditos capitalizables

Insieme di competenze autonomamente significativo (autoconsistente), riconoscibile dal mondo del lavoro come componente specifico di professionalità, ed identificabile dall’impresa, dal sistema formativo quale risultato atteso di un processo formativo.

48. validazione delle acquisizioni professionaliInglese validation of acquired vocational skillsInglese credit transferFrancese validation des expériences professionnellesSpagnolo validación de las adquisiciones profesionales

Riconoscimento dell’esperienza professionale o di parti di essa, al fine di permettere l’accesso al percorso formativo, previo accertamento delle competenze, e di valorizzare il patrimonio di competenze e conoscenze precedentemente acquisito anche con la personalizzazione del percorso.

49.ValutazioneInglese evaluationFrancese évaluation

Processo che permette di accertare il risultato di un intervento formativo, di una le-zione , di un corso, di un curricolo, e che si può realizzare come valutazione sommativa, formativa e di impatto.

Ma ancheProcesso di sintesi finalizzato a comprendere la verità e la diversità qualitativa dei

tre s

trum

enti

235Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

processi formativi attraverso una interpretazione condotta sulla base dei valori e dei si-gnificati attribuiti in modo individuale e collettivo.

50.Valutazione delle competenzeInglese skills evaluation

Azione o processo attraverso cui una persona, sulla base di determinati obiettivi pro-fessionali e personali, valuta le proprie competenze, ricostruisce il proprio repertorio di abilità e risorse, ne stabilisce il livello di adeguatezza e progetta eventuali itinerari di svi-luppo.

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236 La formazione nel sistema apprendistato

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6. L’OrgANIzzAzIONEpErLAFOrmAzIONE

La riflessione e il confronto sulla formazione e sulle modalità che possono migliorare la qualità dell’offerta formativa ha inevitabilmente costretto a ragionare anche su aspetti orga-nizzativi, su consuetudini e su pratiche attualmente utilizzate.

Si è visto al capitolo secondo che “proporre una buona prassi” significa, per definizione, considerare anche il ruolo dell’organizzazione nello sforzo di innovazione e di miglioramento dell’attività formativa (nel nostro caso intesa nel suo significato più ampio, e quindi riferita ad Apprendisti e aziende).

Il quadro cui tendere è quello che vede, operanti in un circolo virtuoso, un’organizzazio-ne che mette in condizione Formatori e Tutori dell’alternanza di operare efficacemente e di ottenere risultati rilevanti, Formatori e Tutori dell’alternanza che sensibilizzano e stimolano l’organizzazione affinché l’azione di supporto sia sempre più significativa e coerente.

Sintetizziamo di seguito alcuni nodi formazione/organizzazione su cui si ritiene importan-te un approfondimento ed una ricerca di soluzioni migliorative.

1. COmuNICAzIONEECOOrdINAmENTOÉ importante rafforzare e garantire continuità ed efficacia a momenti di confronto su stra-

tegie e modalità organizzative tra i soggetti responsabili della formazione d’aula e i soggetti responsabili dell’attività consulenziale e formativa alle aziende.

Essere contemporaneamente Formatore e Tutore dell’alternanza aiuta sicuramente a cogliere legami, opportunità, criticità, ma non è sufficiente. Su tutto questo ciascun sogget-to deve poter riflettere e confrontarsi.

2.EQuILIbrIOQuANTITà-QuALITàdELL’OFFErTAFOrmATIvAÉ importante ricercare e garantire un sempre più alto equilibrio tra l’obiettivo di massimiz-

zare gli aspetti quantitativi dell’offerta e l’obiettivo garantire un’offerta di qualità.

3.COSTruzIONEdELCALENdArIOÉ importante che nella gestione del rapporto domanda/offerta di formazione vengano

definite priorità e modalità operative.Costruire un calendario dell’offerta lungo e rigido a partire dal dato grezzo “totale richie-

ste modulo” per essere poi costretti a riempirlo anche a costo di convocazioni non coerenti o inutili?

Dare priorità alla riflessione sui Piani Formativi, alle loro modifiche e al loro miglioramento e costruire mano a mano un calendario d’offerta coerente con i reali fabbisogni formativi?

La scelta chiama in campo l’idea stessa di formazione in apprendistato: favorirà la sem-plificazione organizzativa a scapito della qualità, oppure darà priorità alla qualità della for-mazione e indurrà modificazioni sul piano dell’organizzazione?

4.mOduLOTrAA“ACCOgLIENzA”É importante assegnare il modulo TRA A “Accoglienza” a Formatori che siano anche

Tutori dell’alternanza (e fare tutto il possibile per costituire gruppi di Apprendisti in carico allo stesso Tutore dell’alternanza).

Questo in particolare alla luce del nuovo strumento di valutazione, che, per il modulo accoglienza, è finalizzato a verificare in modo esplicito e diretto l’efficacia dell’intervento in termini di acquisizione di informazioni sul Sistema, sul Piano Formativo, sui soggetti in cam-po e di consapevolezze intorno all’opportunità della formazione in alternanza.

5.rIpENSArEALLAgESTIONEdELLE40OrEObbLIgATOrIE1°ANNOLe 40 ore TRA A, B, C e D costituiscono un momento cruciale nel percorso formativo

degli Apprendisti. Se al termine dalla prima settimana di formazione avranno riconosciuto il significato e l’utilità di un percorso di alternanza lavoro/riflessione, si porranno nei confronti dell’aula (e in generale della formazione formale) in modo positivo. Al contrario, se usciran-no con un’idea di inutilità, matureranno un atteggiamento negativo che sarà molto difficile modificare.

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238 La formazione nel sistema apprendistato

Nel corso della prima settimana sarà quindi necessario porsi come obiettivo strategico costruire un atteggiamento positivo nei confronti della formazione formale ed in particolare della formazione esterna.

Fino ad oggi UPT ha sempre offerto le 40 ore in un unico blocco che occupa l’intera settimana. Si tratta di una scelta, non di un obbligo.

I moduli TRA A, B e C potrebbero essere rivisti proprio nell’ottica della ricerca di una maggiore unitarietà ed efficacia rispetto all’obiettivo strategico detto sopra.

• TRA A potrebbe essere dedicato alla riflessione sul proprio progetto professionale e di vita, alla valutazione del proprio Piano Formativo e alle possibilità di miglioramento, al significato di alternanza e al significato di competenza…

• TRA B potrebbe essere riconsiderato e rivisto in un’ottica meno astratta e gestito in una chiave più concreta, che parta dalla specifica azienda, dalle attività che la caratterizzano, dalle competenze necessarie per svolgere quelle attività, e quindi i concetti di funzione e di ruolo… ma più strettamente legata alla prima giornata di accoglienza…

• TRA C potrebbe avere un taglio meno generale ed avere al proprio centro ancora l’alter-nanza come occasione e opportunità di crescita personale e professionale.

• TRA D potrebbe essere “staccato” dal blocco e trattato come la TRA E del secondo anno.

Come emerso esplicitamente dalle “buone prassi” che si riferivano ai moduli trasversali obbligatori del 1° anno, è necessario ripristinare la scheda informativa da utilizzare in sede di “Accoglienza” e da passare ai Formatori che interverranno sulle TRA B, C e D.

La scheda potrebbe essere arricchita anche da questi Formatori e diventare una prima traccia di un portfolio che possa accompagnare ciascun Apprendista fino al termine del contratto.

Potrebbe contenere indicazioni sui moduli frequentati (presso UPT o in azienda), sulle competenze acquisite, sulla sequenza e sulla coerenza del percorso formativo.

Questo permetterebbe ai Formatori di operare facendo più coerentemente riferimento alle risorse in campo, agli Apprendisti di avere una più chiara percezione del percorso di cui sono (o dovrebbero essere) protagonisti.

6.COOrdINAmENTISumOduLICrITICIÉ importante rafforzare e moltiplicare i momenti di programmazione, di confronto e di

coordinamento che precedono moduli “critici”, moduli in tutto o in parte nuovi, intervento di più Formatori sullo stesso modulo, presenza di nuovi Formatori.

(Questa “criticità” si moltiplicherà tra l’altro a partire dall’anno prossimo, quando il Cata-logo verrà quasi completamente rivisto su prerequisiti, moduli, durate, obiettivi…).

I coordinamenti dovranno avere l’obiettivo di garantire unitarietà e completezza al “pro-cesso”. Ovvio quindi che in quella sede si dovrà ragionare sui contenuti, ma sarà necessario ragionare soprattutto sull’impianto metodologico, sulla distribuzione e assunzione di re-sponsabilità rispetto ai “passaggi chiave” del processo stesso: dichiarazione degli obiettivi, dei metodi, dei criteri di valutazione, della valutazione e certificazione delle competenze.

L’utilizzo della “traccia per la gestione dei coordinamenti” potrà contribuire a “dare sen-so” all’azione concertata e a garantire coerenza e logica al processo di apprendimento di cui ciascun componente del gruppo aula è protagonista.

Siamo convinti che i momenti di “coordinamento”, se così gestiti, potranno costituire una importantissima occasione sia per l’accrescimento delle competenze formative individuali, sia per l’accrescimento della capacità di “costituire squadra”.

Se, in tendenza, i gruppi fossero maggiormente omogenei (rispetto al profilo professio-nale, rispetto all’anzianità in apprendistato, rispetto al Tutore dell’alternanza di riferimento) potrebbe essere il Tutore dell’alternanza stesso a gestire l’incontro di coordinamento che precede l’avvio del modulo.

Il confronto Tutore dell’alternanza/ Formatori in tale sede costituirebbe una formidabile occasione per “dare unità e coerenza” al percorso formativo degli Apprendisti.

Tale modalità di gestione dei coordinamenti costituirebbe anche (e a costi molto bassi)

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un proseguimento dell’attività di riflessione e confronto iniziato quest’anno attraverso l’at-tività di Laboratorio.

Ovviamente una scelta che vada in questo senso comporterebbe la necessità di raf-forzare e condividere ulteriormente le competenze metodologiche e didattiche (sul “pen-siero” che informa le scelte, sull’impianto metodologico, sulla didattica).

Sulle modalità di coordinamento e sugli strumenti che possono aiutare a renderli effi-caci è stato realizzato uno specifico strumento (si veda al 5.2).

7.mANTENErEgruppI“FISSI”dIFOrmATOrISuImOduLIErOgATICONmAggIOrEFrEQuENzAQuesto permetterebbe di garantire maggiore qualità all’intervento, semplificherebbe il

coordinamento, renderebbe possibile una maggiore industrializzazione di metodologie, tecniche, strumenti. Una volta testato il modulo e individuate le modalità più coerenti ed efficaci per gestirlo sarà anche più facile trasferire il know-how e favorire l’inserimento di nuovi Formatori o costituire nuovi gruppi.

8.COErENzATrAImpIANTOmETOdOLOgICOEImpIANTOdIvALuTAzIONEÉ importante iniziare a utilizzare correttamente (e progressivamente migliorare) il nuovo

“sistema di valutazione”, che è stato pensato e costruito in coerenza con il nuovo “im-pianto metodologico” della conduzione d’aula. Un buon utilizzo del sistema dovrà portare a tre risultati:- una diversa e più ricca percezione del senso e dell’utilità del percorso formativo da

parte degli Apprendisti,- la possibilità di “ricollocare” il momento di valutazione all’interno del processo di for-

mazione,- una possibilità di controllo immediato dell’efficacia del proprio lavoro da parte dei for-

matori.

9.SChEdAmOduLOINTErNA(analiticaeinprogress)I moduli in Catalogo (e ciò vale sia per il Catalogo attuale, sia per il Catalogo che presto

andrà a sostituirlo) sono una sintesi di un faticoso lavoro di individuazione di attività che caratterizzano la professione, di individuazione di competenze, abilità cognitive, abilità pratiche, conoscenze necessarie.

Sarebbe utile disporre di una scheda parallela, da utilizzare negli incontri di coordina-mento, che contenga anche materiale relativo ai metodi, alle tecniche e agli strumenti che meglio si prestano alla conduzione di quel modulo specifico. Non certo una “dispensa”, che porterebbe inevitabilmente a dare priorità (e assurda rigidità) ai contenuti, ma una “raccolta ragionata” di esperienze positive fatte nella conduzione del modulo.

La scheda potrebbe essere arricchita da un’analisi degli esiti delle varie edizioni del modulo, per poter valutare l’efficacia delle scelte metodologiche, delle tecniche e degli strumenti utilizzati.

Se pensati anche in questa logica, i nuovi questionari di valutazione dell’efficacia degli interventi costituirebbero un importante strumento di confronto, di valutazione e di miglio-ramento.

10.vALOrIzzArEEmOLTIpLICArEL’ESpErIENzASuCOm5(moduloortofrutta)

Come si è visto nella relativa “buona prassi”, intorno al Modulo COM 5 “Ortofrutta”, è stato pensato e viene concretamente utilizzato il “metodo dell’alternanza”.

“Metodo” che dovrebbe caratterizzare la maggior parte degli interventi formativi nel Sistema Apprendistato. I Tutori dell’alternanza del settore, le aziende e i Tutori aziendali ne hanno condiviso il “significato formativo” e l’efficacia.

É importante, anche in vista della costruzione dei nuovi profili formativi ed in particola-re per il settore Commercio, fare ogni sforzo per dare quel taglio e quella forma ai nuovi moduli.

Dove non fosse possibile, e in particolare per i moduli di 40 ore, si potrebbe quanto-

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meno pensare ad una organizzazione diversa: 20 in aula, rientro in azienda con schede e strumenti per la sperimentazione/applicazione, ulteriori 20 ore in aula.

Tale organizzazione prevede ovviamente anche uno sforzo di ricerca e condivisione azienda/UPT sui criteri di valutazione. E questo -a sua volta- prevede un proseguimento del lavoro di confronto e di riflessione su tutta la partita valutazione/certificazione che dovrà coinvolgere Formatori, Tutori dell’alternanza e Tutori aziendali (si veda 4.4).

11. CrITErIdIASSEgNAzIONENumErOdIApprENdISTIINCArICOALTuTOrEdELL’ALTErNANzA

Sul piano organizzativo, disporre di un numero limitato di Tutori dell’alternanza comporta evidenti benefici. Se, anche sulla base delle indicazioni uscite dalle riflessioni di quest’anno, il loro ruolo si arricchirà e le attività necessarie per esercitarlo efficacemente cresceran-no, sarà forse necessario ripensare a quel numero. Garantendo, ovviamente, equilibrio tra aspetti organizzativi e qualità del servizio reso.

Non va dimenticato, in una riflessione sul numero di Apprendisti in carico al Tutore dell’al-ternanza, quanto detto intorno alle sue competenze necessarie e intorno alle competenze necessarie al Formatore.

Poter condividere i due ruoli è insieme una potente condizione di arricchimento pro-fessionale e un’opportunità di “gestire” concretamente l’alternanza (non è un caso che sull’esperienza del modulo COM 05 i due ruoli siano ricoperti dalla stessa persona).

12.rICErCAdImOdALITàOrgANIzzATIvEChEpErmETTANOILrEALECOOrdINAmENTOTrAL’ATTIvITàdEITuTOrIdELL’AL-TErNANzAEdEIFOrmATOrI

Come si è visto al cap. 4.3, è necessario individuare modalità e strumenti che faciliti-no la comunicazione tra Tutori dell’alternanza e Formatori, sulle caratteristiche dell’aula e sui suoi bisogni, sugli esiti della formazione esterna, sulla percezione di efficacia da parte dell’azienda.

13.vALOrIzzArELACOSTruzIONEdEINuOvIprOFILIFOrmATIvIALFINEdIrAFFOrzArE“ANChE”LECOmpETENzEprOgET-TuALIdEITuTOrIdELL’ALTErNANzA

Nel 2010/2011 verrà aggiornato e arricchito il Catalogo dell’offerta formativa per gli Ap-prendisti in carico a UPT e agli altri Enti. Le commissioni hanno lavorato sui profili professio-nali e ciascun Ente dovrà, a partire da quelli, costruire i nuovi profili formativi. Quindi nuove unità formative, più offerta, maggior coerenza al percorso, maggior chiarezza su prerequisiti di ingresso, su competenze/obiettivo…Il lavoro sarà tanto più utile quanto più si sapranno coniugare tre aspetti:• i concreti fabbisogni di competenza delle aziende,• le caratteristiche e l’impianto dei moduli,• la reale possibilità di realizzare quei moduli e conseguire quegli obiettivi…Insomma, un lavoro da “progettista” di percorsi formativi.

Si ritiene importante pensare a questo lavoro (anche) come un’occasione di applicare, sviluppare, intrecciare, competenze dei Formatori e competenze dei Tutori dell’alternanza.

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inteGraZioni a BUone prassiBreVe aUtoBioGrafia deGLi aUtori

StefAnOBOgAttOProgettista di formazione e organizzazione aziendale. Consulente orientamento e bilancio di competenze. Formatore e tutore dell’alternanza nel sistema apprendistato UPT

AntOneLLACAVAProgettista, formatore e tutore d’aula in percorsi di formazione FSE sul lavoro e al lavoro.Formatore nell’area organizzazione aziendale e tutore dell’alternanza nel sistema apprendistato UPT

CLAuDIOCAVAzzAnIConsulente del lavoro. Nel Sistema Apprendistato formatore Apprendisti nell’area lavoro e amministrazione del personale e docente nei corsi di formazione Tutori Aziendali

ARMAnDOCenteLegheProgettista di formazione e docente di organizzazione e strategia aziendale. Consulente di sviluppo delle risorse umane attraverso processi di integrazione culturale e innovazione delle competenze

gABRIeLLADeMOntIConsulente igiene, alimenti e HACCP. Formatore aziendale in materia di Igiene e sanità degli alimenti. Progettista per UPT e Agenzia del Lavoro. Formatore e tutore dell’alternanza nel settore apprendistato.

tIzIAnAfACChInIConsulente del Lavoro e collaboratrice di una Associazione di Categoria. Si occupa di consulenza sindacale, contrattuale, previdenziale ed assistenziale. Formatore apprendistato UPT nell’area lavoro e amministrazione del personale

gIORgIOMAInODocente di Economia e filosofia/sociologia. Consulente scolastico per metodi “coop. Learning” e miglioramento capacità/abilità relazionali. Formatore e Tutore dell’alternanza nel sistema apprendistato UPT.

RItAPOntOgLIOConsulente aziendale nell’area supply chain integrata. Formatore aziendale nei percorsi di formazione continua. Nel sistema apprendistato, formatore e tutore dell’alternanza.

PAOLOPOStALConsulente aziendale per il settore alimentare salumi e formaggi. Formatore nel sistema apprendistato UPT nell’area “vendite alimentari”.

SeRgIOROCCADal 1995 progettista e docente nella Formazione professionale in campo informatico ed economico. Ha diretto Enti formativi ed Enti accreditati in provincia di Trento. Ha fatto parte della task force per la formazione nel campo dell’e-society. Formatore nel sistema apprendistato UPT nell’area informatica e dell’organizzazione

PAOLASAnnAConsulente del lavoro. Formatore nel Sistema Apprendistato UPT in materia di lavoro e amministrazione del personale.

KettytOMIOConsulente nel settore commerciale aree allestimento, organizzazione del punto vendita, comunicazione e formazione. Formatore e tutore dell’alternanza nel sistema apprendistato UPT.

LuCAVIChIConsulente aziendale. Formatore nel Sistema Apprendistato in materia di lavoro e amministrazione del personale.

CORRADOCeVOLInVetrinista – Visual merchandiser free lance settori tessili e merci d’uso.

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243Agenzia del Lavoro I CFP Università Popolare Trentina

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244 La formazione nel sistema apprendistato

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