la famiglia sciava e il risorgimento...

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LA FAMIGLIA SCIAVA E IL RISORGIMENTO ITALIANO La storia degli uomini nella diversità. La diversità è un altro motivo delle angosce per l'uomo. Il giorno e la notte regolano la vita. Per "quelli della notte" il giorno è la notte e la notte è il giorno. Gli uomini sono autori e vittime del proprio destino dai segni opposti. Il trovarsi da una parte o dall'altra non importa. Le persone che sopravvivono alle loro miserie e ai loro crimini o periscono sotto la forca, la ghigliottina o il plotone di esecuzione quando hanno dato o credono di aver dato un senso alla loro vita e alla vita degli altri hanno la nostra comprensione. L'uomo, seppure nella contrapposizione dei fronti, vive e muore in storie apparentemente uguali, per quanto riguarda il limite temporale e spaziale, ma che sono invece vissute in maniera diversa, sofferte e gioite individualmente. Non tanto il vincere o il soccombere sono importanti per comprendere un uomo, quanto il suo modo di vivere la vita per la vita o per la morte nel giorno o nella notte. In ciò sta la sua grandezza o la sua miseria. "...Da che parte stessero non m'importa, importa invece che abbiano sofferto, combattuto e sperato in buona fede perchè spinti da un ideale, giusto o sbagliato che fosse...coloro che hanno vissuto quei giorni, tutto sommato affascinanti; quando si scelse spesso a caso o per dispetto da che parte stare (una scelta che molti pagarono con la vita e che altri continuano ancora a pagare...)..." E quanto afferma A.Petacco nel risvolto del suo libro "I ragazzi del 44". La Battaglia di Castelfidardo con i suoi protagonisti, grandi e piccoli, meritevoli e colpevoli, si è oggi, come decantata. La pillola che vi proponiamo, con l’elencazione e l’illustrazione di uomini che hanno offerto anche la vita, giacché “Solo colla virtù e col sacrifizio le nazioni si formano e diventano grandi”, vuol essere “memoria e omaggio” ai protagonisti, volenti e nolenti, di uno spaccato di vita. Intendiamo riservare nel nostro lavoro un posto soprattutto agli uomini coinvolti anche loro malgrado negli avvenimenti della storia o della cronaca. La storia non è opera solo degli eroi. La storia vede la partecipazione attiva, anche se indistinta, di tutti, anche di quelli che fino ad un tempo considerati non soggetto, ma oggetto di storia. Il non Cesarismo di Livio ne è la prima prova. "Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì? / Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. / Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra? / Babilonia, distrutta tante volte, / chi altrettante la riedificò? in quali case, / di Lima lucente d'oro, abitavano i costruttori? / Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, / i muratori?... Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi, / oltre a lui, l'ha vinta? / Una vittoria ogni pagina. / Chi cucinò la cena della vittoria? / Ogni dieci anni un grand'uomo. / Chi ne pagò le spese? / Quante vicende, / tante domande". Questi sono gli interrogativi, tra gli altri, che si pone Bertolt Brecht in "Chi fa la storia" a cui vorremmo dare una risposta nella elaborazione della nostra opera di ricerca. Oggi, poi, non si tratta più di giudicare un fatto o una persona, ma soltanto in che misura quell’evento o quel personaggio racconta un passato che come Castellani ci appartiene. II- CORREVA L’ANNO 1860. A Castelfidardo, sotto lo Stato Pontificio. Seduta consiliare del 25.1. (vol.865). Magistratura: Anziani: Giovan Battista Sciava, presidente, facente funzione di Priore, Pietro Buccolini, Giuseppe Fiorani, Pietro Massucci (assente), Romano Sciava (assente), Tommaso Tomasini (deceduto). Consiglieri- Vincenzo Fontanella. Bernardo canonico Bartoloni. Costantino canonico Campanelli. Michele Mordini. Fortunato canonico Mordini. Paolo Rustichelli (assenti) Lorenzo Tomasini. Sante Carini. Paolo Sannoner. Pietro Massucci. Luigi canonico Giardinieri. Raffaele Zoppi. Pietro canonico Carini. Giuseppe Brunelli. Giuseppe Bonè. Luigi Ghirardelli. Daniele canonico Mordini deputato ecclesiastico. Padre Giuseppe Brinon deputato ecclesiastico. Proposta n.7 Sicurtà per il macello. Beccaio è Andrea Tobaldi.

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LA FAMIGLIA SCIAVA E IL

RISORGIMENTO ITALIANO

La storia degli uomini nella diversità. La diversità è un altro motivo delle angosce per l'uomo. Il giorno e la notte regolano la vita. Per "quelli della notte" il giorno è la notte e la notte è il giorno. Gli uomini sono autori e vittime del proprio destino dai segni opposti. Il trovarsi da una parte o dall'altra non importa. Le persone che sopravvivono alle loro miserie e ai loro crimini o periscono sotto la forca, la ghigliottina o il plotone di esecuzione quando hanno dato o credono di aver dato un senso alla loro vita e alla vita degli altri hanno la nostra comprensione.

L'uomo, seppure nella contrapposizione dei fronti, vive e muore in storie apparentemente uguali, per quanto riguarda il limite temporale e spaziale, ma che sono invece vissute in maniera diversa, sofferte e gioite individualmente. Non tanto il vincere o il soccombere sono importanti per comprendere un uomo, quanto il suo modo di vivere la vita per la vita o per la morte nel giorno o nella notte. In ciò sta la sua grandezza o la sua miseria. "...Da che parte stessero non m'importa, importa invece che abbiano sofferto, combattuto e sperato in buona fede perchè spinti da un ideale, giusto

o sbagliato che fosse...coloro che hanno vissuto quei giorni, tutto sommato affascinanti; quando si scelse spesso a caso o per dispetto da che parte stare (una scelta che molti pagarono con la vita e che altri continuano ancora a pagare...)..." E quanto afferma A.Petacco nel risvolto del suo libro "I ragazzi del 44". La Battaglia di Castelfidardo con i suoi protagonisti, grandi e piccoli, meritevoli e colpevoli, si è oggi, come decantata.

La pillola che vi proponiamo, con l’elencazione e l’illustrazione di uomini che hanno offerto anche la vita, giacché “Solo colla virtù e col sacrifizio le nazioni si formano e diventano grandi”, vuol essere “memoria e omaggio” ai protagonisti, volenti e nolenti, di uno spaccato di vita. Intendiamo riservare nel nostro lavoro un posto soprattutto agli uomini coinvolti anche loro malgrado negli avvenimenti della storia o della cronaca. La storia non è opera solo

degli eroi. La storia vede la partecipazione attiva, anche se indistinta, di tutti, anche di quelli che fino ad un tempo considerati non soggetto, ma oggetto di storia. Il non Cesarismo di Livio ne è la prima prova. "Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì? / Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. / Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra? / Babilonia, distrutta tante volte, / chi altrettante la riedificò? in quali case, / di Lima lucente d'oro, abitavano i costruttori? / Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, / i muratori?... Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi, / oltre a lui, l'ha vinta? / Una vittoria ogni pagina. / Chi cucinò la cena della vittoria? / Ogni dieci anni un grand'uomo. / Chi ne pagò le spese? / Quante vicende, / tante domande". Questi sono gli interrogativi, tra gli altri, che si pone Bertolt Brecht in "Chi fa la storia" a cui vorremmo dare una risposta nella elaborazione della nostra opera di ricerca. Oggi, poi, non si tratta più di giudicare un fatto o una persona, ma soltanto in che misura quell’evento o quel personaggio racconta un passato che come Castellani ci appartiene.

II- CORREVA L’ANNO 1860.

A Castelfidardo, sotto lo Stato Pontificio.

Seduta consiliare del 25.1. (vol.865). Magistratura: Anziani: Giovan Battista Sciava, presidente, facente funzione di Priore, Pietro Buccolini, Giuseppe Fiorani, Pietro Massucci (assente), Romano Sciava (assente), Tommaso Tomasini (deceduto). Consiglieri- Vincenzo Fontanella. Bernardo canonico Bartoloni. Costantino canonico Campanelli. Michele Mordini. Fortunato canonico Mordini. Paolo Rustichelli (assenti) Lorenzo Tomasini. Sante Carini. Paolo Sannoner. Pietro Massucci. Luigi canonico Giardinieri. Raffaele Zoppi. Pietro canonico Carini. Giuseppe Brunelli. Giuseppe Bonè. Luigi Ghirardelli. Daniele canonico Mordini deputato ecclesiastico. Padre Giuseppe Brinon deputato ecclesiastico. Proposta n.7 Sicurtà per il macello. Beccaio è Andrea Tobaldi.

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14.3. Seduta consiliare. È sempre Priore Francesco Zampetti perché la sua istanza di rinuncia era stata respinta. Anziani: Pietro Buccolini, Giovan Battista Sciava, Giuseppe Fiorani. Romano Sciava. Proposta n.3 Provvidenze per il Monte di Pietà rimasto senza fondi. Amministratore Eusebio Sciava.

26.4.Seduta consiliare. Magistratura: Priore Presidente, Gio.Battista Sciava anziano f.f. anziano Pietro Buccolini anziano Giuseppe Fiorani. anziano non int. Romano Sciava. Priore non int. Francesco Zampetti. Proposta n.6. Provvidenze per il Maestro di Cappella. In rimpiazzo del defunto Siricio Rossetti, è nominato dalla Confraternita del Sacramento Stanislao Lucasi.

22.5.Seduta consiliare. Magistratura: Francesco Zampetti priore, anziani: Pietro Buccolini, Giovan Battista Sciava, Giuseppe Fiorani e Romano Sciava. (mancano due anziani il primo Pietro Massucci per non aver preso possesso della carica, il secondo Tomasini Tommaso per essere passato a miglior vita). Proposta n.2 il maestro di casa Guido Fabi (la livrea). Proposta n.6 Istanza della Conferenza di San Vincenzo di Paoli per un sussidio (sussidio consueto annuo di scudi 24 per essere elargito ai poveri). Proposta n.7 Nomina del maestro elementare: primo eletto Don Giovanni Cicerchi con voti 11 contro 3; secondo Don Filippo canonico Carini con voti10 contro 4; terzo Sig.Cesare Massi con voti 9 contro 5.

2.6. “È stato emesso un prestito per sopperire agli urgentissimi bisogni dello Stato che trovasi nella necessità di tutelarsi dagli assalti interni ed esterni di cospiratori che tendono a sovvertire ogni ordine si civile che politico e religioso. Il prestito si eseguisce in 4 rate et nelle somme di franchi 100 o anche 1000 con il 5% di frutto annuo restando così facilitato a tutti di poter concorrere a norma della loro possibilità“. Il Capitolo della Chiesa Collegiata concorre con tre cartelle di Lire 100.

8.8. Seduta consiliare Ultima riunione del Consiglio sotto lo Stato Pontificio. Magistratura: Priore Presidente Francesco Zampetti. Anziano Gio Battista Sciava. Anziano Giuseppe Fiorani. Anziano non intervenuto. Pietro Buccolini. Anziano non intervenuto. Romano Sciava. Consiglieri: Bernardino Canonico Bartoloni. Giuseppe Brunelli. Fortunato canonico Mordini. Don Carlo Cesanelli deputato ecclesiastico. non intervenuti: Lorenzo Tomasini. Sante Carini. Paolo Sannoner. Vincenzo Fontanella. Pietro Massucci. Luigi canonico Giardinieri. Raffaele Zoppi. Pietro canonico Carini. Costantino canonico Campanelli. Giuseppe Bonè. Michele Mordini. Luigi Ghirardelli. Paolo Rustichelli. Daniele canonico Mordini deputato ecclesiastico. Proposta n.5 Perizia di scudi 59.90 per i restauri alla fonte detta di Cocchia (alle Crocette).

Dalla presenza e dalla assenza ai vari consigli comunali si evidenzia lo stato di disagio degli amministratori castellani in un periodo di cambiamento e di disordini.

A Castelfidardo. Si costituisce una Giunta Provvisoria e si affigge un manifesto proclama. “Abitanti di questa Terra. In questi momenti supremi in cui un'armata di italiani spinge l'abnegazione all'eroismo onde ridonarci la Patria, nessuna dimostrazione d'amore è troppa inverso questi che quasi non siam degni di chiamare fratelli. Concorra dunque l'intero paese nel dare ogni maggiore dimostrazione di benevolenza a questi Eroi. La Giunta municipale fa il possibile per sopperire ai bisognosi e voi coadiuvate con tutti quei mezzi che sono in vostro potere e sono invero moltissimi dove il Popolo senta della Patria come oggi in faccia all'Europa sarebbe vergogna non sentire. Dalla Residenza Municipale, questo di' 17 settembre 1860. La Giunta municipale: Francesco Tomasini, Pietro Francalancia, Giambattista Sciava”.

Il dispaccio del Generale vincitore. La sera del 18 settembre il vincitore di Castelfidardo Enrico Cialdini invia il seguente dispaccio al gen.Cucchiari, di stanza a Bologna: "Il gen.La Moricière ha attaccato questa mattina alle ore 10 le mie estreme posizioni sul contrafforte che partendo da Castelfidardo, alle Crocette, va salendo presso il mare. Tutti i prigionieri affermano ch'egli capitanava 11.000 uomini e 14 pezzi d'artiglieria, avendo riunito alle truppe di Foligno tutte quelle che aveva a Terni, Ascoli e altrove. Egli ha fatto concorrere all'attacco una colonna di 4.000 uomini usciti di Ancona. Queste truppe ingaggiarono la pugna con vero furore; il combattimento fu breve, ma violento e sanguinoso: fu mestieri prendere d'assalto le case di campagna ad una ad una, e dopo una resa simulata, i difensori assassinavano i nostri soldati con colpi di pugnale; molti feriti hanno dato colpi di stile ai nostri che andavano a soccorrerli. I risultati della giornata sono i seguenti: si è impedita la riunione del corpo di La Moricière con la piazza (di Ancona), si sono fatti 600 prigionieri, fra i quali 30 ufficiali superiori: si sono presi sei pezzi di artiglieria, e fra gli altri quelli da Carlo Alberto a Pio IX donati nel 1848, molti cassoni, carri di bagagli, una bandiera, infinità d'armi e di sacchi dei fuggitivi. Tutti i feriti del nemico, tra i quali è il gen.Pimodan che dirigeva la colonna d'attacco, sono in nostro potere, e di più un considerevole numero di morti. La colonna uscita di Ancona ha dovuto retrocedere; ma ho grande speranza di prenderne gran parte questa notte. Giungono a tutti i momenti numerosi prigionieri e disertori. La flotta è arrivata: essa ha aperto il fuoco contro la piazza d'Ancona.”

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A Castelfidardo la Municipalità fa affiggere il seguente manifesto: “In nome di sua Maestà Vittorio Emanuele II. La Giunta Provvisoria di Governo in Castelfidardo. Cessata finalmente anco per noi la tirannia Papale, i sottoscritti hanno preso possesso di tutti i poteri Governativi e Municipali. Essi sperano che tutti gli onesti vorranno coadiuvarli nel disimpegno del loro difficile assunto, e che il paese darà prova di quel senno e di quella moderazione, che hanno sempre costituito le principali virtù di un popolo civilizzato. Castelfidardo li 20 settembre 1860 Francesco Tomasini, Pietro Francalancia, Giambattista Sciava”.

Nel quadro del personale amministrativo “si loda lo zelo ed il patriottismo di: Amilcare Ghirozzi, chirurgo, Lorenzo Sciava dispensiere delle lettere, Domenico De Lupis, maestro in pensione, Raffaele Testa, famiglio”.

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27/09/1871 - CERIMONIA POSA DELLA PRIMA PIETRA OSSARIO DEI CADUTI DI CASTELFIDARDO.

L'idea di erigere un monumento ai Caduti della Battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860 maturò – come ricorda in un articolo del 1912 l’avv. Lionello Marini - per volere sopratutto di due valentuomini: Attilio Sciava ed Antonio Bianchi. “Attilio Sciava di Castelfidardo, bella figura di liberale, è morto sin dal 1884; aveva dedicato alla patria molte delle sue sostanze, e bene sta nella schiera gloriosissima di quei non pochi italiani, che nella risurrezione del loro paese ardentemente voluta, andarono a rimettere del loro patrimonio, e dalla patria non ebbero i facili onori distribuiti pure con tanta larghezza a tanti eroi che tirarono fuori la coccarda quando il pericolo era lontano”. Nel 1847 Attilio, Priore, si incontra con Mons.Zampetti e la marchesa di Barolo accompagnata da Silvio Pellico per trattare la fondazione di una casa delle suore di S.Anna a Castelfidardo per l'educazione delle fanciulle. Nel 1849 è Preside (cittadino priore) della sua città cui poi sempre molto darà della sua intelligenza, del suo zelo, come sindaco, presidente della congregazione di carità, consigliere e deputato provinciale. Nella prima riunione della Commissione Municipale a forma di Consiglio dopo la battaglia ed il plebiscito del 29.11.1860, Attilio ne è Presidente per divenire Sindaco nell'adunanza del primo consiglio comunale post unitario del 22.3.1861. Lo sarà ancora nel 1881-82. L'ingegnere Antonio Bianchi nato a Recanati e per lunga consuetudine di vita considerato loretano, era stato sin da giovane nelle congiure; il moto del 1848 lo trovò portabandiera de battaglione universitario romano sui campi della gloria, ed a Vicenza ebbe il battesimo del fuoco rimanendo ferito ad una gamba. L'incomodo restatogli durante il 1849 non riuscì a farlo trattenere dal prestare l'opera sua nei gravi cimenti tra cui si dibatteva la eroica repubblica, e fu nell'Ascolano contro i briganti. Caduta la repubblica fu precettato politico, e gli venne vietato di esercitare per parecchi anni la professione. Dal 1850 al 1859 cospirò tra Loreto e Recanati; fu dei primi ad abbracciare le massime di quella Società Nazionale, che per opera di Manin, di Pallavicino e di La Farina, cui si univa Garibaldi, proclamò la necessità di far base di ogni speranza, per arrivare alla unità e libertà, la Casa Savoia. E nei Comitati della Società, che tanta influenza ebbero dal 1857 al 1860 nello Stato pontificio, specialmente per la propaganda delle idee liberali, fu influentissimo in tutta la Marca ed ebbe importantissimi incarichi di gran fiducia. Quando l'esercito Piemontese entrò nello Stato della Chiesa fu subito in relazione col Comando, e quando la flotta fu di fronte ad Ancona egli ebbe la guida di una flottiglia di barche da pesca destinate a prestarsi per molteplici servizi. Nella sua Loreto esercitò i supremi uffici appena fugati i pontifici, e tutti esercitò con zelo non comune lasciando un ricordo di virtù tanto in lui fu alto il sentimento italiano e tanto largo ebbe il cuore. Anche il Bianchi ebbe il premio toccato allo Sciava ed in maggiore entità: morì nel 1904 a Recanati, dove trasse gli ultimi anni di vita, nella miseria! Uomini, come lo Sciava, come il Bianchi non furono neppure Cavalieri! Forse la innata modestia li tenne schivi da simili misere soddisfazioni.

Il progetto di erigere un monumento sui campi dove fervette la battaglia del 18 settembre 1860 costò allo Sciava e al Bianchi molti fastidi e molta rimessa di danaro. Lo Sciava vi impiegò del suo sulle 4000 lire. Il Bianchi fu il gratuito architetto e di più anch'egli vi mise del suo circa un migliaio di lire. Il Comitato si compose di Attilio Sciava, di Paride Ghirardelli, di Cesare Massi, di Paolo Sannoner di Castelfidardo, del conte Filippo Gaudenti di Loreto, che era stato nel 1848 capitano di una compagnia di loretani nel veneto, poi alla difesa di Ancona, nel 1854 arrestato e processato, carissimo alla sua città che ne volle ricordare testé in una lapide le altissime benemerenze; ed il conte Nicola Fanelli Tommasi amministratore della Santa Casa, già console sardo in Ancona nel 1850-60, in sospetto alla polizia per le relazioni che i liberali a suo mezzo mantenevano con il Piemonte, ma un buon uomo che esercitava il suo mandato con soverchia moderazione e prudenza. Questo il Comitato, e fece subito conto sui due Municipi di Castelfidardo e Loreto, e sull' Amministrazione di Santa Casa, nei cui terreni la pugna era avvenuta, e che diede lo spazio per il monumento gratuitamente, e concorse finanziariamente.

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Nel 1860 Vittorio che muoveva ratto verso l'Italia Meridionale non fece sosta sul campo; da Ancona passò a Macerata e poi a Loreto e prese la via di marina. Ma nel 1861 i suoi figli Umberto ed Amedeo, il 27 settembre furono sul luogo. Resero loro onore le guardie nazionali di Ancona, Castelfidardo, Sirolo, Umana, Loreto, Osimo, Chiaravalle, Iesi, Macerata, Civitanova, Sant'Elpidio, San Benedetto, Monte Cosaro, Monte Melone (oggi Pasula), Marano (oggi Cupramarittima), Filottrano, Monte San Vito, Monte Marciano, Falconara, Camerata, etc. Intervennero due battaglioni della Brigata Marche da Ancona. Le guardie nazionali costituirono cinque battaglioni, sotto gli ordini dei colonnello conte Ferdinando Cresci, vecchio cospiratore, e soldato, e benemerito cittadino anconetano, e i Principi li passarono in rivista a capo scoperto, appena giunti sul luogo tra i più fervidi evviva dalla folla accorsa, vivamente compiacendosi, tra i concerti di ben dodici bande.

Indi i due Principi sabaudi entrarono sotto un padiglione, dove avvenne la cerimonia della posa della prima pietra tra la più viva commozione dei presenti. Figurarsi il cuore di Sciava e di Bianchi! I giornali non ci dicono se le Loro Altezze stringessero le mani dei due patrioti; allora il giornale si faceva assai diverso da oggi; il Corriere delle Marche del 28 settembre, con due parole si sbriga della descrizione di pur tanto solenne cerimonia. Posta la prima pietra da Umberto, fu offerta una colazione, alla quale vollero i Principi compartecipi le autorità. Una furiosa pioggia venne verso le tre a impedire altre dimostrazioni, e i figli di Vittorio trassero a Loreto, dove una lapide ricorda la loro venuta e la visita da essi fatta al vicino campo di battaglia.

Il monumento di Castelfidardo ebbe sorti poco prospere come molti altri. Il progetto Bianchi era grandioso, la spesa assai superiore al raccolto, e a metà strada i lavori si fermarono. Venne la provincia di Ancona nel 1869 a riparare, e decise di continuare i lavori sul disegno del Bianchi, ma molto impiccolendo e risparmiando. L'angelo bronzeo fu sostituito per esempio da una modesta colonna di pietra d'Istria. Nel 1870 tutto era finito, e leggiamo che la Deputazione Provinciale stabiliva di procedere alla inaugurazione. Avvenne questa? Non ci è dato trovare notizia del monumento sino al 1880, in cui si dice che occorre procedere a restauri. Ma nel 1872 la Deputazione inviava un suo delegato alla Commemorazione dei 18 settembre, segno è che se non vi fu vera inaugurazione, si cominciò a recare omaggio in ogni anniversario ai caduti attorno al monumento. Esso raccolse le ossa dei nostri e dei pontifici accumulate in due avelli separati.

Ritorniamo ad Attilio Sciava. Il patriota castellano dopo vent’anni si ritrova ad occupare la poltrona di primo cittadino e rispolvera una lapide di quel tempo passato, non più affissa per una serie di intoppi. Solamente nella seduta consiliare del 17.4.1882 l’unanimità del Consiglio con Sindaco lo Sciava delibera che l’epigrafe commemorativa dell’erezione del monumento Ossario, dettata dal Prof. Giosué Cecconi di Osimo e già scolpita in marmo, venisse finalmente collocata sopra la porta d’ingresso alla prima sala del Municipio.

XIV KAL OCTOBR. AN. MDCCCLX / VICTORIUS EMANUEL II REX / CUIUS AUSPICIUS / HENRICUS CIALDINIUS / NOVO ATQUE ALACRI ITALORUM AGMINE / PONTIFICIAS COHORTES / QUAS MALESUADA DOMINANDI LUBIDO / UNDIQUE COLLEGERET / HAUD HINC PROCUL IMPIGRE DEBELLABAT / OPTATAM TANDIU NOBIS PATRIAM COMPARAVIT / ------ INVICTISSIMI REGIS ITALIAE SOSPITATORIS / ET TANTAE REI GESTAE NE POSTERIS MEMORIA DEESSET / APUD MIRANI COLLEM / UBI STRENUE PUGNATUM EST / DIMINTICANTIBUS UTRIMQUE PEREMPTIS / AERE COLLATO / TUMULUM ERIGENDUM CURARUNT / ATTILIUS SCIAVA PRAESES / PARIS GHIRARDELLIUS, CAESARI MASIUS, ANTONIUS BIANCHI / PHILIPPUS GAUDENTIUS, PAULUS SANNONER / NEC NON LAURETANI MUNICIPII / ET ALMAE DOMUS PRAFECTI /

“Essendo Re Vittorio Emanuele II, sotto i cui auspici Enrico Cialdini con il rinnovato e coraggioso esercito italiano non lontano da questo luogo sconfisse le truppe pontificie che un incontrollato desiderio di dominio aveva riunito da ogni dove e perché il ricordo dei valorosissimo Re artefice dell'Italia e di questo glorioso avvenimento non si perdesse per i posteri Attilio Sciava sindaco, Paride Ghirardelli, Cesare Massi, Antonio Bianchi, Filippo Gaudenzi, Paolo Sannoner e il Municipio di Loreto e la S.Casa fecero si che sul colle di Mirano dove si combatté valorosamente con perdite dall'una e dall'altra parte fosse eretto a loro spese un monumento”.

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Del nostro personaggio ecco l’atto di morte: “Oggi 26 ottobre 1884 sono comparsi davanti a me Michele Gaudenti segretario comunale delegato dal sindaco: Giuseppe Bontempi di a.60 becchino e Domenico Carini di a.50 giornaliero che confermano che in data di ieri (25.10.1884) alle ore 3 e 40 del mattino nella sua abitazione in via Montoro Selva n.92 è morto ATTILIO SCIAVA di anni 65 possidente nato e residente a Castello figlio di Eusebio possidente e di Maurizi Francesca, possidente, coniugato con Anna Giulia Braventi. Testimoni Giuseppe Albanesi di a.31 telefonista e Corrado Ghirardelli di a.38 possidente”. Il Casino Sciava dove spirò De Pimodan verrà acquistato dagli eredi del giovane generale pontificio e recentemente la Villa, abbellita e restaurata, diverrà di proprietà del Duca Roberto Ferretti di Castelferretti.

Dott. Renzo Bislani Presidente onorario del Centro Studi Storici Fidardensi

© 2013 Pubblicazione a cura della Fondazione SCIAVA