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La crisi dello Stato sociale di Giuseppe Garofalo Università della Tuscia – Fac. di Economia

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La crisi dello Stato sociale

di Giuseppe GarofaloUniversità della Tuscia – Fac. di Economia

Stato sociale Welfare state = Stato di benessere

• Un sistema di norme con il quale lo Stato cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche tra i cittadini, aiutando in particolar modo i ceti meno benestanti.

• Lo Stato sociale è un sistema che si propone di fornire servizi e garantire diritti considerati essenziali per un tenore di vita accettabile:- Assistenza sanitaria - Pubblica istruzione - Indennità di disoccupazione, sussidi familiari, in caso di accertato

stato di povertà o bisogno- Accesso alle risorse culturali (biblioteche, musei, tempo libero) - Assistenza d'invalidità e di vecchiaia- Difesa dell'ambiente naturale

Estensione del fenomeno

Prima fase

• Una prima, elementare, forma di Stato sociale o, più esattamente, di Stato assistenziale venne introdotta nel 1601 in Inghilterra con la promulgazione delle leggi sui poveri (Poor Law). Queste leggi prevedevano assistenza per i poveri nel caso in cui le famiglie non fossero in grado di provvedervi: oltre ad avere in sé un palese contenuto filantropico, prendevano le mosse da considerazioni secondo cui, riducendo il tasso di povertà, si riducevano fenomeni negativi connessi come la criminalità.

• Sempre in Inghilterra, fu compiuto un ulteriore passo avanti con l'istituzione delle workhouse, case di lavoro e accoglienza che si proponevano di combattere la disoccupazione e di tenere, così, basso il costo della manodopera. Tuttavia queste si trasformarono di fatto in luoghi di detenzione forzata; la permanenza in questi centri pubblici equivaleva alla perdita dei diritti civili e politici in cambio dell'assistenza governativa.

Seconda fase

• La seconda fase, ispirata da monarchie costituzionali conservatrici o pensatori liberali, si riconduce alla prima rivoluzione industriale ed alla legislazione inglese del 1834 (estesa al continente europeo solo tra il 1885 ed il 1915) . Anche in questo caso le forme assistenziali sono da ritenersi individuali e sono rivolte unicamente agli appartenenti ad una classe sociale svantaggiata (minori, orfani, poveri ecc.): in questo contesto nacquero le prime “assicurazioni sociali” che garantivano i lavoratori nei confronti di incidenti sul lavoro, malattie e vecchiaia; in un primo momento queste erano su base volontaria, in seguito divennero obbligatorie per tutti i lavoratori.

• Le motivazioni della svolta furono la ricerca della pace sociale conciliando le rivendicazioni di maggior protezione da parte dei lavoratori proletari (si può parlare di ceti medi solo a partire dalla seconda rivoluzione industriale, dal 1870 al 1914) e dalla richiesta di una manodopera a basso costo da parte degli industriali.

• Nel 1883 nacque, in Germania, l'«assicurazione sociale», introdotta dal cancelliere Otto von Bismarck per favorire la riduzione della mortalità e degli infortuni nei luoghi di lavoro e per istituire una prima forma di previdenza sociale. Secondo alcuni studiosi fu il "capitale" a spingere per i versamenti obbligatori dei propri operai, al fine di non doversi più accollare per intero il costo della sicurezza sociale dei lavoratori.

Terza fase

• La terza fase, quella dell'attuale Welfare, ha inizio nel dopoguerra. Nel 1942, nel Regno Unito, la sicurezza sociale compì un decisivo passo avanti con il cosiddetto Rapporto Beveridge, stilato dall'economista William Beveridge, che introdusse e definì i concetti di sanità pubblica e pensione sociale per i cittadini. Tali proposte vennero attuate dal laburista ClementAttlee, divenuto Primo ministro nel 1945. [Sullo sfondo il pensiero di J.M.Keynes e l’idea che accanto al mercato vi deve essere una presenza pubblica per sopperire ai “fallimenti del mercato”]

• La Svezia nel 1948 fu il primo paese ad introdurre la pensione a tutto il popolo fondata sul diritto di nascita. Il Welfare divenne così universale, rendendo tutti i cittadini portatori di uguali diritti civili e politici per l’intero ciclo di vita. L’affermazione del neonato Stato sociale con il forte incremento della spesa pubblica si accompagnò ad una crescita esponenziale del PIL.

Successo

• La situazione riuscì a mantenersi in sostanziale equilibrio per qualche decennio. Infatti nel periodo che va dagli anni 50 fino agli anni 80 e anni 90 la spesa pubblica crebbe notevolmente, specialmente nei Paesi che adottarono una forma di Welfare universale, ma la situazione rimase tutto sommato sotto controllo grazie alla contemporanea sostenuta crescita del Pil diffusa nella generalità delle economie.

• In questo periodo si ha un rafforzamento della classe media.

Crisi

• Già a partire dagli anni 80-90 i sistemi di Welfare sono entrati in crisi per ragioni economiche, politiche, sociali e culturali, tanto da parlare, da allora, di una vera e propria crisi del Welfare State.

Fenomeni emergenti

• Il calo dell’importanza dell’industria, soprattutto di quella tradizionale, e l’espandersi del settore delle alte tecnologie tendono a disgregare la classe media dando origine da un lato ad un certo numero di operatori specializzati ad alto livello di conoscenza (capitale umano), caratterizzata da redditi medio alti, e dall’altro ad una massa di lavoratori meno formati, inseriti nell’industria tradizionale o nei servizi, con redditi più bassi, ma che riesce comunque in qualche modo a salvaguardare il proprio tenore di vita ed accedere a beni e servizi che fino a pochi anni fa erano prerogativa dei ceti più elevati. Una terza fascia della popolazione, infine, è colpita sempre piùdalla povertà (operai, pensionati, alcuni tipi di dipendenti pubblici).

• Il ceto medio che si era sviluppato ponendosi per un lungo periodo di tempo come principale blocco di domandaper beni e servizi e politicamente come classe rappresentativa, viene meno perché i consumatori di paesi emergenti (come India e Cina) costituiscono oggi i maggiori bacini di domanda ed è venuto meno il ricatto rappresentato dalle spinte proletarie.

• I meccanismi di protezione sociale entrano in crisi: in primo luogo non è più praticabile un Welfare costoso ed ampio perché si deteriora progressivamente la possibilità di finanziarlo tassando i ceti medi, che si stanno avviando principalmente verso redditi medio bassi; d’altra parte le aziende occidentali non riescono a sostenere forme di tutela nei confronti dei propri lavoratori e, allo stesso tempo, competere con agguerriti concorrenti dei paesi in via di sviluppo che non hanno questi costi.

• Aggravano il quadro l’aumento della vita media della popolazione e del costo delle cure mediche (sempre piùavanzate), ai quali si somma lo scarso rendimento dei mercati azionari che mette in difficoltà le assicurazioni sanitarie, che devono così ridurre la propria offerta creando problemi specialmente nei sistemi che si basano su di loro.

Ancora sulle nuove linee di tendenza

• La fine del ceto medio europeo coincide con una fase in cui gli Stati non possono piùpensare di utilizzare il prelievo fiscale per creare benessere: da un lato si restringe il bacino di popolazione a cui attingere, d’altra parte la struttura tradizionale del Welfaremostra di avere bisogno d’essere innovata.

• La riduzione del prelievo fiscale deve, secondo molti osservatori, procedere di pari passo con un ammodernamento dei servizi offerti dallo Stato i quali devono essere più a basso costo e di natura essenziale, ma non per questo di minor qualità.

• Le logiche che possono essere messe in atto sono le stesse che vengono attuate dalle imprese low cost, che si basano su economie di scala, forte ricorso alle tecnologie per i processi gestionali, idee innovative, servizi essenziali e razionalizzati.

• Questo dovrebbe accompagnarsi con un tetto massimo di tassazione più contenuto possibile in modo tale da incrementare consumi, investimenti e crescita economica.

• L’Europa mostra resistenza ad abbandonare i vecchi modelli per ragioni storiche ed ideologiche, rallentando, secondo alcuni, per questo la propria crescita.

Il volontariato tra solidarietà, sussidiarietà, supplenza

WS per chi:il cittadino, il burocrate, il politico? La relazione principale-agente

Le grandezze di finanza pubblica in Italia

L’importante è il costo della mediazione pubblica (confronto tra servizi erogati e prelievo fiscale): esso è in relazione a “efficienza” ed “efficacia” dell’intervento pubblico, due questioni che andrebbero analizzate con serietà

Taglifiscali

Tagli aiservizi

L’effettoè

identico

Welfare state:una forma superata

di paternalismoo

una tutela contro i rischi, indispensabile

nell’era dell’incertezza?

Importanza della dimensione

temporale

“Tutti gli uomini sono stati creati uguali”

Thomas Jefferson fu il primo ad usare questa frase nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti (1776) come rifiuto della teoria del diritto divino dei re.

Il 28 agosto 1963 Martin Luther King cita il motto nel suo famoso discorso I Have a Dream:

• « E quindi, anche se ci troviamo ad affrontare le asperità dell'oggi e del domani, io ho ancora un sogno. È un sogno profondamente radicato nel sogno americano. Io sogno che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso autentico del suo credo: "noi riteniamo queste verità ovvie, che tutti gli uomini sono stati creati uguali" »

Un atteggiamento ambivalenteda parte dell’opinione pubblica

Primo modello o tipologia di WS

• Regime liberale di Welfare “residuale” ���� tipico dei paesi anglosassoni (Australia, Nuova Zelanda, Canada, Gran Bretagna e Usa) caratterizzato dalla predominanza del mercato

I diritti sociali derivano dalla dimostrazione dello stato di bisogno. Il sistema è fondato sulla precedenza ai poveri meritevoli (teoria della less eligibility) e sulla logica del "cavarsela da soli". Pertanto i servizi pubblici vengono forniti solamente a chi èpovero di risorse, previo accertamento dello status di bisogno; in virtù di questo, tale meccanismo viene spesso definito residuale, in quanto concernente una fascia di destinatari molto ristretta. Per la maggior parte degli individui, tali servizi sono acquistabili sul mercato privato dei servizi.

Quando l'incontro tra domanda e offerta non ha luogo, per l'eccessivo costo dei servizi e/o per l'insufficienza del reddito, si assiste al «fallimento del mercato», cui pongono rimedio programmi destinati alle fasce di maggior rischio; negli Usa, ad esempio, il Medicaid per i poveri, il Medicare per gli anziani e l'AFDC per le madri sole.

Tale regime riflette una teoria politica secondo cui è utile ridurre al minimo l'impegno dello Stato, individualizzando i rischi sociali. Il risultato è un forte dualismo tra cittadini non bisognosi e cittadini assistiti

""No No TaxationTaxation withoutwithout RepresentationRepresentation““[Usa prima della rivoluzione del 1775[Usa prima della rivoluzione del 1775--83] 83] �� Tea partyTea party

""No No RepresentationRepresentation withoutwithout TaxationTaxation““

Secondo modello o tipologia di WS

• Regime conservatore di Welfare “particolaristico” ���� tipico degli Stati dell’Europa continentale e meridionale, tra cui l’Italia (in una prima fase)

I diritti derivano dalla professione esercitata: le prestazioni del Welfare sono legate al possesso di determinati requisiti, in primo luogo l'esercitare un lavoro. In base al lavoro svolto si stipulano delle assicurazioni sociali obbligatorie che sono all’origine della copertura per i cittadini. I diritti sociali sono quindi collegati alla condizione del lavoratore.

Una variante del modello particolaristico è il cosiddetto Welfare aziendale che si è diffuso in alcuni paesi occidentali ed in Giappone che si basa su contributi dei dipendenti e della stessa azienda, eventualmente come forma di partecipazione agli utili da parte dei dipendenti.

Terzo modello o tipologia di WS

• Regime socialdemocratico di Welfare “universalistico” ���� tipico dei Paesi scandinavi e dell'Italia

I diritti derivano dalla cittadinanza: vi sono quindi dei servizi che vengono offerti a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza. Tale modello promuove l’uguaglianza di status passando così dal concetto di assicurazione sociale a quello di «sicurezza sociale», fornendo un Welfare che si propone di garantire a tutta la popolazione standard di vita qualitativamente più elevati.

Linee di tendenza

• Di fronte alla crisi dello Stato sociale e dei ceti medi (visibili in questi anni) alcuni economisti sostengono la necessità di diminuire la spesa pubblica ed il prelievo fiscale, sostenendo allo stesso tempo nuove forme di socialità basate su servizi più efficienti e meno costosi grazie ad una gestione che sappia sfruttare le «economie di scala» ed al ricorso alle tecnologie informatiche dei servizi erogati al cittadino.

• Si sostiene allo stesso tempo l'idea di affidare (in tutto o in parte) a gestori privati, ritenuti più efficienti, servizi come le pensioni (fondi pensione privati), la sanità e l'istruzione.

• Tuttavia i problemi di giustizia ed «equità» sociale, nonché il ridotto ruolo dello Stato nella redistribuzione della ricchezza, che deriverebbero da simili scelte, per molti non sono affatto trascurabili, specie alla luce di quanto emerso nell'attuale crisi.

Il problema delle pensioni

• Un settore chiave del Welfare è rappresentato, soprattutto in Italia, dal sistema pensionistico.• In Italia il prelievo pro capite è di circa il 33% a fronte di prestazioni in calo, soprattutto per le nuove generazioni. Si

parla di sostenere il sistema pensionistico con ulteriori contributi privati obbligatori (di categoria o aziendali) ed eventualmente con contributi facoltativi a carico dei lavoratori [cosiddetti “3 pilastri”].

• Negli USA alcune aziende private hanno seri problemi a sostenere spese pensionistiche e sanitarie per dipendenti ed ex dipendenti: questo si traduce spesso nell’affidamento ad apposite agenzie pubbliche della gestione dei trattamenti, aggravando la situazione del comparto della previdenza pubblica e peggiorando molto la qualitàdell’assistenza erogata.

• Alcuni Paesi hanno attuato riforme del sistema pensionistico che destano un certo interesse: in particolare Cile, Polonia e Svezia. L’esperimento cileno è stato attuato ai tempi di Pinochet (negli anni 80), con conti di risparmio individuali che hanno avuto alto rendimento e hanno finanziato la ripresa economica del paese. Oggi però un simile modello appare di difficile attuazione perché i mercati azionari ed obbligazionari non sono più capaci di rendimenti come quelli di quegli anni. In Polonia il settore dell’assistenza pensionistica è stato ceduto a ventuno gestori privati nel 1999 generando una gran confusione (molti sono diventati agenti venditori di polizze pensionistiche e hanno proliferato truffe di ogni tipo). In Svezia, grazie alla vigilanza di una Authority appositamente creata per controllare la gestione dei fondi pensione privati, le cose vanno meglio, salvo il fatto che il sistema dovrà necessariamente nei prossimi anni intensificare il prelievo sui lavoratori per mantenere gli standard pensionistici attuali.

Due settori chiave: istruzione e sanità

• In un quadro in cui domina la società della massa, relativamente patrimonializzata e desiderosa di accedere sempre a più servizi, l’istruzione diventa lo strumento base da parte dei lavoratori occidentali per creare il proprio vantaggio rispetto ai “colleghi” dei paesi emergenti e per guadagnarsi un posto di lavoro dignitoso. Il settore ha inoltre un’importanza strategica per il benessere dell’intero sistema economico.

• La sanità da un lato vede crescere il costo delle cure e dei macchinari che diventano sempre più sofisticati, dall’altro deve offrire nuovi servizi e di maggior qualità rispetto al passato come l’attenzione alla soddisfazione del paziente e la sua gestione psicologica, interventi di chirurgia estetica, consulenze dietologiche ecc.

• Molti sostengono la necessità di trasferire la gestione di questi servizi al settore privato, ritenuto anche capace di organizzarli in maniera più efficiente, lasciando allo Stato la capacità di regolamentare e vigilare in maniera anche piuttosto severa. Alla base di queste proposte sta il convincimento che, nel caso di gestione privata dei servizi, i costi sarebbero ridotti grazie ad una più efficiente gestione delle risorse, e la qualità migliorerebbe grazie alla concorrenza tra gli offerenti dei vari servizi.

Il rischio da evitare

• Una società ingiusta ….

� Una distribuzione del reddito troppo iniqua mina le basi della convivenza civile e può essere dannosa per le prospettive economiche

• …. che nega opportunità ai giovani e ai posteri

� Una società si fonda su un

“patto intergenerazionale” che va garantito

L’ascensoresociale non funziona più?

……

• Il tutto deriva da una falsa interpretazione dell’«efficienza» vista in contrapposizione con il requisito dell’ «equità». Occorre, in realtà, tener conto sia dell’unasia dell’altra.

Una distribuzione del reddito poco egualitaria

Valore 0 = equidistribuzioneValore 1 = 1 persona percepisce

tutto il reddito dell’economia

La crescita delle diseguaglianze negli Usa

• Negli anni 70 l’1% degli americani più ricchi assorbiva il 9% del reddito complessivo

• Nel 2007, alla vigilia della crisi, l’1% degli americani più ricchi assorbiva il 23% del reddito complessivo [come nel 1928]

In Italia,

- il reddito mediano (quello che divide esattamente in due la popolazione) e il reddito del decile più povero è il più basso tra i paesi considerati e la media OCSE, - il reddito del decile più ricco risulta più alto rispetto alla media OCSE, e anche rispetto al dato della Francia.

Misura la probabilità che i figli mantengano lo stesso reddito dei padri (più basso è il valore e più alta è la probabilità che i redditi cambino di generazione in generazione).

Il sogno americano, la possibilità per ciascuno di migliorare indipendentemente dalle condizioni di nascita, sembra realizzarsi più nei paesi dell’Europa continentale che in quelli anglosassoni.

L’Italia ha una bassa probabilità di ascesa sociale rispetto a Francia e Germania.

L’Italia non è un paese per giovani?

“ … è equo questo modello sociale? Affidare alla famiglia un ruolo vicario rispetto alle politiche pubbliche significa ammettere che vi è una rete di protezione differenziata a seconda della famiglia d'origine … La maggior dipendenza dalla

famiglia d'origine limita la capacità dei giovani di proseguire progetti di vita autonomi, la loro partecipazioneeconomia e sociale, la loro propensione ad abbandonare la condizione di "figlio" e assumere

il ruolo di genitore. Questi sono costi per i singoli e per la collettività che nessuno ha ammortizzato"

“In tale contesto, inoltre, si ribadisce il fenomeno tristemente inedito di un Paese dove i figli non possono guardare a prospettive socio-economiche migliori rispetto a quelle dei genitori: tra il 2008 e il 2009 il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni

è calato di 1,2 punti percentuali e questa flessione è ascrivibile ai figli per 0,9 punti e ai capifamiglia per solo 0,3. "In altri termini, nonostante i figli rappresentino circa un quinto del totale degli occupati, hanno contribuito per quasi il 70% alla variazione negativa del tasso di occupazione

complessivo". Secondo Bankitalia, dunque, la crisi ha colpito prevalentemente i giovani che vivono in famiglia, "mentre l'occupazione dei capofamiglia ha mostrato segnali di maggiore tenuta. Tali risultati riflettono non solo la maggiore incidenza dei contratti di tipo precario tra i giovani, ma anche un

sistema di protezione del lavoro che favorisce chi ha contratti di lavoro più stabile, prevalentemente del settore industriale, e che di fatto risulta fortemente segmentato su base generazionale"

Equità sociale ed efficienza economica

•Indice di Gini,

•Indice didisagio sociale[v.slide succ.]

•Pil pro-capite,•Produttività,•Competitività,•Innovazione,•Tecnologia

Correlazione tra disagio sociale e prelievo fiscale

“Human PovertyIndex”in relazione a:-Povertà-Mortalità infantile-Istruzione-Disoccupazione