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Dossier 1 p. 328 Salmoni Cavalli Aringhe Foreste Pellicce Legno Miele Legname Tessuti leggeri Legname Canna da zucchero Seta Armi Tessuti Spezie Legname Canna da zucchero Oro Oro Armi Pesca Tunisi Palermo Bugia Ceuta Siviglia Pisa Fe Roma Napoli Amalfi Cagliari Toledo Burgos Porto Fe Tolosa Bordeaux La Rochelle Nantes Palma Valencia Barcellona Marsiglia Piacenza Fe Milano Fe Tripoli S Messina Lione Fe Genova Lucca Firenze Siena Pb Dundalk Limerick Bristol Sn Pb Southampton Fe Fe Bourges Hull Boston Londra Douai Bruges Utrecht Pb Edimburgo Newcastle Pb Pb Fe Ag Fe Brema Amburgo Lubecca Cu Ag Colonia Au Au Pb Praga Salisburgo Basilea Metz Stettino Danzica Torun Ag Fe Ag Venezia Fe Fe Belgrado Ragusa Zara Fe Tessalonica Bari Caffa Trebisonda Candia Foglia Costantinopoli Famagosta Tripoli Damasco Acri Nicosia Alessandria Bagdad Stoccolma Riga Novgorod Kiev Pb S Fe Cu Ag Au Sn Centri commerciali Cereali Olio d’oliva Vino Allevamento di pecore Lavorazione di tessuti Commercio di tessuti Metallurgia Cartiere Carbone Stagno Oro Argento Rame Ferro Zolfo Piombo La diminuzione della produzione agricola Il primo e forse più importante elemento di crisi fu il calo della produzione dei beni agricoli di prima necessità. Questa diminu- zione fu determinata da più cause congiun- tamente. Con la fine del Duecento giunse al ter- mine l’espansione delle terre coltivabili, ormai ogni spazio disponibile era sta- to messo a coltura e la spinta a liberare nuovi terreni da foreste e a bonificare le paludi si era in gran parte esaurita. D1 La popolazione delle campagne, infatti, aveva raggiunto un punto di equilibrio e molti giovani, figli di agricoltori, preferi- vano trasferirsi nelle città anziché prose- guire la dura attività dei genitori. I campi messi a coltura per ultimi erano scarsamente adatti alla coltivazione del grano e garantivano rese modeste. La tecnologia e i sistemi agricoli dell’epo- ca non permettevano di aumentare ul- teriormente le rese delle terre più fertili, peraltro sfruttate intensivamente già da lungo tempo. In buona parte dell’Europa il metodo della rotazione triennale era or- mai una consuetudine e il picco della pro- duzione di grano, legumi e avena per gli animali era stato raggiunto. In altre paro- le, non era possibile ottenere di più. D1 Un grave danno all’economia rurale fu arrecato anche da una situazione climatica particolarmente sfavorevole (durante tutto il secolo si susseguirono numerosi periodi con estati siccitose e inverni estremamente freddi e piovosi) e dalle numerose guerre: le scorrerie degli eserciti – che si sostentavano con il saccheggio dei territori occupati e la razzia dei raccolti – stremarono le popola- zioni civili. L’insieme di tutte queste condizioni ne- gative portò tra Duecento e Trecento all’ar- resto della crescita della produzione agri- cola e successivamente alla sua progressiva diminuzione. Le carestie La crisi della produzione spezzò l’equilibrio alimentare europeo. Per le cause che abbia- mo evidenziato non si accumulavano riser- ve alimentari sufficienti e nessuna innova- zione permetteva di aumentare quantità e qualità dei raccolti. In breve il fabbisogno della popolazione non poté più essere sod- disfatto dalle risorse disponibili e il pane di- venne un bene raro e quindi molto costoso. Al principio del Trecento lo spettro della fame cominciò dunque ad aggirarsi nuo- vamente in Europa. Le cronache del tempo segnalano numerose carestie , che si sus- seguirono sempre più gravi e ravvicinate nel tempo. Nessun paese ne fu indenne: le maggiori si verificarono nel 1302 in Spagna, fra il 1315 e il 1317 nelle regioni atlantiche di Francia, Inghilterra, Olanda e Germania, fra il 1328 e il 1330 in Italia. Conseguenza di tutto ciò fu il rapido ab- bassamento del tenore di vita degli europei. La salute di uomini e donne divenne preca- ria, le malattie si diffusero e la popolazione cominciò a diminuire. Nella prima metà del Trecento l’aspettativa di vita di un indivi- duo raggiungeva a stento i trent’anni. La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato 5.1 La crisi dell’agricoltura e le carestie L’arresto del progresso economico e sociale A partire dall’anno Mille e fino a tutto il Duecento l’Europa conobbe una fase di forte crescita economica e sociale. Le città si ingrandirono e divennero protagoniste di fiorenti commerci e attività artigianali. Nuovi villaggi furono fondati nelle campa- gne, dove la messa in produzione di terreni sino ad allora incolti permise di incremen- tare la produzione agricola fino a ottenere delle eccedenze rispetto al fabbisogno della popolazione. Tutto ciò si tradusse in un co- stante incremento della popolazione del continente, che passò dai 42 milioni dell’an- no Mille ai 50 milioni del 1150, a 73 milioni del 1300: uno balzo straordinario del 75% in circa tre secoli. Tuttavia, negli ultimi anni del Duecento e nei primi anni del Trecento vi fu una in- terruzione del ciclo espansivo e l’economia entrò in una fase di grandi difficoltà; le con- seguenze per gli abitanti dell’Europa furono estremamente gravi e prolungate, tanto che, efficacemente, gli storici utilizzano spesso l’espressione «crisi del Trecento» a indicare la lunghezza e la durezza della regressione economica e sociale nel continente. Vedremo ora come prese avvio tale crisi e come le sue cause e conseguenze si intreccia- rono tra loro, rinforzandosi reciprocamente. carestia: termine che deriva dalla parola latina caritas, che significa «mancanza» (in italiano l’aggettivo «carente» significa appunto «mancante»). Perciò una carestia alimentare è la mancanza generalizzata di cibo, causa della morte di un gran numero di persone per fame o per malattie legate alla denutrizione. Le attività produttive e commerciali in Europa nel XIII secolo, all’apice del ciclo economico positivo iniziato dopo il Mille Una contadina con rastrello e forcone, miniatura del XV sec. Mendicanti, Andrea Orcagna, XIV sec., Firenze, Museo di Santa Croce. Prodotti agricoli più diffusi nell’Italia medievale Segale Frumento Miglio Orzo e avena aspettativa di vita: numero medio di anni in cui l’uomo può sperare di vivere date le condizioni sociali, economiche e ambientali della società in cui vive. L’aspettativa di vita in Italia oggi è di oltre 80 anni. 112 1200 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco © Loescher Editore – Torino 113 1550 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa © Loescher Editore – Torino

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Dossier 1 p. 328

Salmoni

Cavalli

Aringhe

ForestePellicceLegnoMiele

Legname

Tessuti leggeri

LegnameCanna da zuccheroSeta

ArmiTessuti

SpezieLegname

Canna da zucchero

Oro

Oro

Armi

Pesca

Tunisi

PalermoBugia

Ceuta

Siviglia

PisaFe

RomaNapoli

AmalfiCagliari

Toledo

BurgosPorto Fe Tolosa

Bordeaux

La Rochelle

Nantes

Palma

ValenciaBarcellona

Marsiglia

PiacenzaFeMilano

Fe

Tripoli

SMessina

LioneFe

GenovaLucca

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Southampton

Fe Fe

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AuPbPraga

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Famagosta

TripoliDamasco

Acri

Nicosia

Alessandria

Bagdad

Stoccolma

Riga

Novgorod

Kiev

Pb

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Ag

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Centri commerciali

Cereali

Olio d’oliva

Vino

Allevamento di pecore

Lavorazione di tessuti

Commercio di tessuti

Metallurgia

Cartiere

Carbone

Stagno

Oro

Argento

Rame

Ferro

Zolfo

Piombo

La diminuzione della produzione agricola

Il primo e forse più importante elemento di crisi fu il calo della produzione dei beni agricoli di prima necessità. Questa diminu-zione fu determinata da più cause congiun-tamente.

• Con la fine del Duecento giunse al ter-mine l’espansione delle terre coltivabili, ormai ogni spazio disponibile era sta-to messo a coltura e la spinta a liberare nuoviterrenidaforesteeabonificare lepaludi si era in gran parte esaurita. D1

La popolazione delle campagne, infatti, aveva raggiunto un punto di equilibrio e moltigiovani,figlidiagricoltori,preferi-vano trasferirsi nelle città anziché prose-guire la dura attività dei genitori.

• Icampimessiacolturaperultimieranoscarsamente adatti alla coltivazione del grano e garantivano rese modeste.

• Latecnologiaeisistemiagricolidell’epo-ca non permettevano di aumentare ul-teriormente le rese delle terre più fertili, peraltro sfruttate intensivamente già da lungotempo.Inbuonapartedell’Europail metodo della rotazione triennale era or-mai una consuetudine e il picco della pro-duzione di grano, legumi e avena per gli animali era stato raggiunto. In altre paro-le, non era possibile ottenere di più. D1

Un grave danno all’economia rurale fuarrecato anche da una situazione climatica particolarmente sfavorevole (durante tutto il secolo si susseguirono numerosi periodi con estati siccitose e inverni estremamente freddi e piovosi) e dalle numerose guerre: le scorrerie degli eserciti – che si sostentavano con il saccheggio dei territori occupati e la razzia dei raccolti – stremarono le popola-zioni civili.L’insiemedi tuttequestecondizioni ne-

gativeportòtraDuecentoeTrecentoall’ar-resto della crescita della produzione agri-cola e successivamente alla sua progressiva diminuzione.

Le carestie

Lacrisidellaproduzionespezzòl’equilibrio alimentare europeo. Per le cause che abbia-mo evidenziato non si accumulavano riser-vealimentari sufficientienessuna innova-zione permetteva di aumentare quantità e

qualità dei raccolti. In breve il fabbisogno della popolazione non poté più essere sod-disfatto dalle risorse disponibili e il pane di-venne un bene raro e quindi molto costoso.AlprincipiodelTrecentolospettrodella

fame cominciò dunque ad aggirarsi nuo-vamenteinEuropa.Lecronachedeltemposegnalano numerose carestie , che si sus-seguirono sempre più gravi e ravvicinate nel tempo. Nessun paese ne fu indenne: le maggiorisiverificarononel1302 in Spagna, fra il 1315 e il 1317 nelle regioni atlantiche di Francia, Inghilterra, Olanda e Germania, fra il 1328 e il 1330 in Italia.Conseguenzadituttociòfuilrapidoab-

bassamento del tenore di vita degli europei. La salute di uomini e donne divenne preca-ria, le malattie si diffusero e la popolazione cominciò a diminuire. Nella prima metà del Trecentol’aspettativa di vita di un indivi-duo raggiungeva a stento i trent’anni.

La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

5.1 La crisi dell’agricoltura e le carestie

L’arresto del progresso economico e sociale

A partire dall’anno Mille e fino a tutto ilDuecento l’Europa conobbe una fase diforte crescita economica e sociale. Le città si ingrandirono e divennero protagoniste di fiorenti commerci e attività artigianali.Nuovi villaggi furono fondati nelle campa-gne, dove la messa in produzione di terreni sino ad allora incolti permise di incremen-tare la produzione agricolafinoaotteneredelle eccedenze rispetto al fabbisogno della popolazione.Tuttociòsitradusseinunco-

stante incremento della popolazione del continente,chepassòdai42milionidell’an-no Mille ai 50 milioni del 1150, a 73 milioni del 1300: uno balzo straordinario del 75% in circa tre secoli.Tuttavia,negliultimiannidelDuecento

eneiprimiannidelTrecentovi fuuna in-terruzionedelcicloespansivoel’economiaentròinunafasedigrandidifficoltà;lecon-seguenzepergliabitantidell’Europafuronoestremamente gravi e prolungate, tanto che, efficacemente, gli storici utilizzano spessol’espressione«crisi del Trecento» a indicare la lunghezza e la durezza della regressione economica e sociale nel continente.

Vedremo ora come prese avvio tale crisi e come le sue cause e conseguenze si intreccia-rono tra loro, rinforzandosi reciprocamente.

carestia: termine che deriva dalla parola latina caritas, che significa «mancanza» (in italiano l’aggettivo «carente» significa appunto «mancante»). Perciò una carestia alimentare è la mancanza generalizzata di cibo, causa della morte di un gran numero di persone per fame o per malattie legate alla denutrizione.

Le attività produttive e commerciali in Europa nel XIII secolo, all’apice del ciclo economico positivo iniziato dopo il Mille

Una contadina con rastrello e forcone, miniatura del XV sec.

Mendicanti, Andrea Orcagna, XIV sec., Firenze, Museo di Santa Croce.

Prodotti agricoli più diffusi nell’Italia medievale

Segale

FrumentoMiglioOrzo e avena

aspettativa di vita: numero medio di anni in cui l’uomo può sperare di vivere date le condizioni sociali, economiche e ambientali della società in cui vive. L’aspettativa di vita in Italia oggi è di oltre 80 anni.

112 1200 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco

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Album p. 130

Dossier 15 p. 356

Cordoba

metà 1348

Tunisi

1347

Palermo

Messina

Roma

Firenze

Milano

Marsiglia

Barcellona

Parigi

Londrametà 1349

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Colonia

Augusta

Lubecca

fine 1349

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Danzica

Cracovia

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fine 1349

metà 1349

fine 1348

metà 1348

1346

1347

Costantinopoli

Ragusa

Tessalonica

Atene

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5.2 La peste

L’origine dell’epidemia

Perl’interoTrecento,probabilmenteacau-sa anche del diffuso peggioramento delle condizioni di vita, numerose epidemie si verificarono nel continente europeo. Unadi queste epidemie, la più grave, colpì la po-polazione tanto duramente da diventare il simbolo della crisi del secolo: la peste , malattia nota nel nostro continente già

nell’antichità, negli anni 1347-1350 rag-giunse il massimo della diffusione e della pericolosità e poi tornò a manifestarsi ci-clicamente nei decenni successivi a ondate ricorrenti.InchemodogiunseinEuropaquestater-

ribile malattia? A inizio secolo il suo focola-io si trovava probabilmente in Asia centrale edessacolpìdapprimaCinaeIndia.Giunsealle soglie dell’Europa nel 1346, quando i Tartari durante l’assedio della colonia ge-novesediCaffa, inCrimea, lanciarono ca-daveri appestati dentro le mura della città, contaminando gli abitanti. Poco più di un anno dopo, nel dicembre del 1347, la pe-ste era a Messina, in Sicilia, e nel gennaio successivo a Genova, a bordo di una galea proveniente proprio da Caffa. Altri casi dicontagio furono presto registrati anche a Marsiglia e Valencia e da quel momento la malattia si rivelò praticamente inarrestabi-le, diffondendosi rapidamente anche grazie all’intensitàdegliscambicommercialitralevarie aree europee.Nell’inverno 1348 la peste colpiva Pisa,

Firenze, Venezia, le coste adriaticheel’Ita-lia centrale. Nell’estate di quell’anno rag-giungeva Parigi e nel 1349 dilagava in In-ghilterra, Germania e paesi balcanici. Nel 1350, infine, la malattia arrivava alla suamassima diffusione colpendo Scozia, Scan-dinavia e Russia.

La malattia e le «cure» del tempo

La malattia era al quel tempo incurabile ed esaurì la sua corsa naturalmente, davan-ti alle grandi terre disabitate dell’Europasettentrionale e orientale. La natura e le di-namiche della sua diffusione erano ignote. Oggi conosciamo bene le modalità di propa-gazione del contagio: la peste è una malattia dei topi e i suoi bacilli vengono trasmessi principalmente dalle pulci che ne infestano il manto. Le pessime condizioni igieniche delle abitazioni medievali, in particolare quelle delle persone più povere, favorivano la presenza dei topi all’interno degli am-bientiabitati;eracosìestremamenteproba-bile che pulci infette entrassero in contatto con gli uomini trasmettendo la malattia. Comparivanoallora,nellazonainguinaleesotto le ascelle del malato, grosse pustole e rigonfiamentichiamati «bubboni»: siparlain questo caso di «peste bubbonica».Dopopochigiornidisofferenza,ilcolpitomoriva;se invece i bubboni scoppiavano, il male re-gredivael’individuoguariva. D15

Il bacillo della peste poteva trasmettersi ancheattraversol’aria,daindividuoaindivi-duo, ad esempio con un semplice starnuto. In questo caso colpiva i polmoni e il contagiato non aveva alcuna possibilità di sopravvivere.

I medici medievali avevano capito che la malattia si propagava per contagio, cioè per contatto tra malati e uomini ancora sani, ma appunto non ne conoscevano le modalità di trasmissione. Gli «scienziati»del tempo ipotizzarono allora la presenza di un «morbo dell’aria», diffuso ovunque, o di «influssi astrali» legati ai movimenti di Mar-te e di altri corpi celesti. In realtà, a favorire la diffusione del contagio furono principal-mente gli scarsissimi standard igienici del-la popolazione europea (la sporcizia delle abitazioni e la carente igiene personale). Inoltre,l’alimentazione insufficiente deter-minava un indebolimento delle difese natu-ralidell’organismo,rendendolototalmenteindifeso di fronte alla malattia.I «rimedi» utilizzati furono il ricovero

coatto dei malati in grandi «ospedali» (i«lazzaretti») per isolarli dal resto della po-polazione, il sostegno al fisico colpito conun’alimentazionepiùabbondanteel’inala-zionediaromicheavrebberodovutopurifi-carel’ariaeilrespirodelmalato. A

bacillo: i bacilli e i batteri sono organismi viventi unicellulari, composti cioè da una sola cellula, responsabili di molte malattie del mondo animale.

L’andamento demografico della popolazione europea

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L’impatto sulla popolazione del continente

Glistoricisonoconcordinell’affermarechela«MorteNera»furesponsabiledelladeci-mazione della popolazione europea: secon-do alcuni venne meno addirittura un terzo della popolazione europea (tra i 20 e i 25 milioni di uomini, donne e bambini). I de-cessi erano così numerosi che si era costret-ti a ricorrere a fosse comuni dove i cadaveri venivano accatastati senza alcun segno di riconoscimento.

Sappiamo che nella sola Firenze ci fu-rono 50.000 decessi su una popolazione di 100.000 persone, che in alcuni feudi inglesi scomparvero i due terzi degli abitanti, che a Parigi nella fase più acuta dell’epidemiasi seppellivano circa ottocento persone al giorno. È documentato anche che la ma-lattia colpì in città più che nelle campagne e i poveri più dei ricchi (papi e sovrani so-pravvissero senza danni): nelle città, prive difogneeconirifiutiaccumulatiperstrada,i topi si moltiplicavano, e le famiglie più po-vere, diversamente da nobili e mercanti, si affollavano in ambienti ristretti e malsani.Come abbiamo visto, la malattia colpì

l’Europaaondate, ancheoltre ilXIV seco-lo. Ad esempio nel periodo compreso tra il 1351 e il 1485, in Inghilterra circa trenta anni furono funestati da epidemie; inPie-monte addirittura sessantadue. In altre pa-role, il flagello divenne un male endemico, un compagno abituale della vita quotidiana degli europei, e impedì alla popolazione dei vari paesi di riprendersi: ancora a Quattro-

La diffusione della peste in Europa tra 1346 e 1350

Il mese di giugno, miniatura, XIV sec., Forlì, Biblioteca Comunale.

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Dossier 15 p. 356

Dossier 14 p. 354

2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

cento inoltrato gli abitanti del continente erano meno che all’inizio del Trecento esolo alla metà del Cinquecento il numerocomplessivo degli europei superò il livello raggiunto due secoli prima.

Il risveglio del fanatismo religioso

Inun’epocadigrandefedereligiosa,sidif-fuse la convinzione che la peste fosse una punizione divina per peccati commessi dall’uomo.Dunquepreghiera, pentimento e allontanamento dai piaceri mondani fu-rono la risposta più diffusa a un destino che colpiva rapidamente e inesorabilmente.

In questo clima di angoscia si sviluppa-rono i flagellanti, gruppi di fanatici religiosi chesfilavanoperlestradedicittàevillaggicompiendo atti di automortificazione (au-toflagellandosi,appunto,colpendosifinoafarsi sanguinare), credendo in questo modo di placare la collera divina. I flagellanti era-no sorti in Italia (a Perugia) alla metà del Duecentoealtempodellapestesidiffuserovelocemente in tutta Europa: con questi atti pubblici di pentimento intendevano testi-moniare pubblicamente la riparazione dei loro peccati e di quelli di tutta la comunità.

In realtà, il contagio poteva essere evitato in un solo modo: allontanandosi dalle per-sone infette. I ricchi infatti fuggivano nelle campagne, isolandosi nelle loro residenze finoacheilpericolononfossesvanito. D15

Comefecerogliuominieledonneprotago-nisti del Decamerone, il libro di novelle scrit-

antisemitismo: con questo termine si indicano l’ostilità, i pregiudizi e gli atteggiamenti persecutori nei confronti degli ebrei, popolo di stirpe «semitica», secondo la Bibbia, discendente cioè da Sem, figlio di Noè.

5.3 La crisi economica e le rivolte sociali

La crisi nelle campagne

Calo della produzione agricola, carestie,epidemie e l’inevitabile decremento del-la popolazione determinarono il tracollo dell’economia europea. In ogni settore si manifestò un grave regresso, ma furono le campagne a subire in misura più accentua-ta gli effetti della crisi: foreste e pascoli ri-presero il sopravvento sulle terre coltivate e molti villaggi furono abbandonati: il 25% in Inghilterra, il 40% in regioni tedesche come laSlesiaolaSassonia,il10%inToscana.Ilcrollodemograficoavevaridottoilfab-

bisogno alimentare complessivo, facendo scendere il prezzo del pane e di conseguenza la redditività delle attività rurali: i proprie-tari fondiari vedevano quindi ridursi i loro guadagni. La situazione era resa ancora più difficiledallaridottadisponibilitàdimano-doperaagricola edall’ovvia e conseguenterichiesta di aumento dei salari.Nell’Europa occidentale (diverso il caso

dell’Europa dell’Est), molti nobili, tradi-zionali proprietari terrieri, furono costretti a vendere i propri fondi ai ricchi mercanti di cittào a contadini arricchiti. Era lafine dell’erafeudale:lacampagnanongarantivapiù una rendita sicura ai signori e si forma-va così progressivamente una nuova classe di proprietari dotata di maggiori capacità imprenditoriali. Questi ultimi incrementa-ronol’allevamento perché il latte, la carne e lalanaeranovendutiancoraabuonprezzo;ridussero, inoltre, la coltivazione di cereali a vantaggio di materie prime destinate alla produzione manifatturiera: canapa e lino per i tessuti o luppolo per la birra.Sidiffuseulteriormenteintuttal’Europa

continentale il contratto di mezzadria. Il padroneaffidava la terraalcontadino,chevi si trasferiva con la sua famiglia e la lavora-va, garantendo poi al proprietario metà del raccolto. I signori stessi, che possedevano diversi terreni concessi a mezzadria, essen-do meno legati al fondo poterono trasferir-si in città e partecipare alle lotte politiche e all’amministrazione dei nuovi Stati nazio-nali o regionali.

I contadini divennero in altre parole pro-tagonisti della loro fortuna o sfortuna, una

classe sociale non più del tutto dipendente daisignori,conproprierivendicazionifisca-li e una maggiore influenza sui meccanismi del mercato.

La crisi nelle città

Il diffuso calo demografico determinò an-che il crollo della domanda di tessuti, indu-menti e di ogni altro prodotto artigianale: colpì quindi anche il sistema di produzione dibenidiconsumo.Diminuironodrastica-mente i prezzi dei manufatti e di conseguen-za i guadagni degli artigiani; i laboratori,concentrati nelle città, dovettero chiudere o ridurre i salari dei dipendenti.

I settori tessile e alimentare furono quelli maggiormente interessati. Si trattava di pro-duzioni ormai abbastanza sviluppate nelle città italianedelCentroedelSettentrione,nelle città francesi meridionali e centro-set-tentrionali, nelle Fiandre e in Inghilterra.

Un altro settore in grave flessione fu quello edilizio. Si interruppe infatti l’am-pliamento delle città e delle infrastrutture (porti, strade, magazzini), mentre la mano-dopera chiedeva salari più elevati.Il rallentamento generale dell’economia

ridusse inoltre il volume degli scambi com-merciali. Ciò fu particolarmente evidenteall’interno della città, lungo le principalivie di comunicazione, e nelle grandi fieredell’Europasettentrionaleecentrale.

La minore circolazione di capitali limi-tò anche le attività finanziarie. In questo settore furono particolarmente colpite le grandi famiglie di banchieri italiani, specie quelle di Firenze. D14 Esse si eranomol-to esposte prestando denaro alle nascenti monarchie europee, Francia e Inghilterra in particolare, impegnate nelle guerre tra loro e nella costosa organizzazione delle loro am-ministrazioni centrali e periferiche. Quan-do la produzione di beni crollò e il gettito fiscale si ridusse, i sovrani indebitati non furono in grado di restituire ai banchieri i prestitiaccordati.Grandiprotagonistidellafinanzamedievale sparirono dalla scena: iPeruzzi di Firenze, che da quasi due secoli finanziavanocommercidall’Italiameridio-naleallaChampagneeall’Inghilterra, falli-ronotrail1343eil1345;iBardi, sempre di Firenze,cheavevanofilialiaCostantinopoli,Marsiglia, Parigi e Londra, fallirono nel 1345 perchéreEdoardoIIId’Inghilterrasirifiutò

capro espiatorio: in senso figurato, un capro espiatorio è qualcuno a cui ingiustamente è stata attribuita la responsabilità di un errore, una situazione negativa, un crimine. L’espressione deriva da un antico rito religioso ebraico descritto nella Bibbia, durante il quale, nel giorno dell’Espiazione, un capro veniva allontanato nel deserto portando simbolicamente con sé tutti i peccati del popolo.

Bolla: il termine «bolla» deriva dal latino bulla e indica il sigillo apposto su una lettera o un documento ufficiale dell’impero o del papato.

to dal fiorentino Giovanni Boccaccio, che,ritiratisiinunavilladellacampagnafioren-tina, ingannarono il tempo raccontandosi storie e scherzando sulla terribile malattia.

La ricerca del capro espiatorio

La cieca devozione dei credenti si trasfor-mava spesso in fanatismo. Partiva allora la ricerca di un capro espiatorio , cioè di qualcuno a cui addossare la colpa per la dif-ficile situazione socio-economica causatadalle continue epidemie di peste. Furono accusati i musulmani – nemici giurati della cristianità –, le streghe – ossia donne accu-sate di intrattenere rapporti con il diavolo –, i lebbrosi – cioè malati esclusi dai normali rapporti sociali.

Molte violenze colpirono gli ebrei – non cristiani equindi «diversi»,ma soprattuttoodiatiperchéritenutigliassassinidiCristo.Gli ebrei ovviamente subivano il contagioesattamente come i cristiani; nonostanteciò venivano creduti i protagonisti di un complotto che aveva per fine la distruzio-ne dell’umanità. Furono raggiunti da falseaccuse (ad esempio di avvelenare l’acquae trasmettere in questo modo la peste) e fu loro estorta con la tortura la confessione di crimini di ogni tipo. Fu avviata una se-rie di persecuzioni su vasta scala, che non risparmiò alcun paese del continente. Al-cuni esempi dai territori di lingua tedesca: aDresda, a Spira, aUlm gli ebrei venneromassacrati;aBasileafuronoimprigionatiinedificidilegnoebruciativivi;aStrasburgone vennero assassinati 2000, a Magonza ad-dirittura 12000.

Nel 1348 papa Clemente VI emanò la bolla Quamvis perfidiam che difendeva gliebreidall’accusadiessereicolpevolidelcontagio.Tuttavia le persecuzioni non eb-bero termine e la furia popolare scrisse altri e dolorosi capitoli nella storia dell’antise-mitismo inEuropa.

Una testimonianza della diffusione dell’intolleranza religiosa e dell’antisemitismo in Spagna: un rogo di ebrei al tempo di Isabella e Ferdinando, incisione tratta dal Liber chronicorum di Hartmann Schedel, 1499.

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2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

direstituireiprestitiottenutiperfinanziarelaGuerradeiCent’Anni;gliAcciaiuoli, ban-chieridelregnodiNapoliedeipontefici,fu-rono costretti a svendere la loro compagnia nel 1345.

Le rivolte sociali

Nei decenni centrali del Trecento, quellisuccessiviall’epidemiadipeste,lecrescentidifficoltà economiche provocarono ancheforti tensioni sociali.

Il tentativo dei nuovi signori fondiari di mantenere bassi i compensi dei contadini salariati o di ottenere condizioni ancora più favorevoli dai mezzadri, e l’aggravamentoda parte delle monarchie di tasse e decime sulle terre e sui raccolti portarono a sangui-nosi scontriunpo’ovunque, a cominciaredalle campagne.

In Francia, la cosiddetta jacquerie , una violentissima insurrezione contadina con-dottadaGuillaumeCalletdevastònel1358 icastellideinobilinell’ÎledeFrance(lare-gioneattornoaParigi)enellaChampagne.Questi moti in qualche modo si saldarono a

Parigi con la rivolta cittadina guidata dal ricco borghese Étienne Marcel, scatenata inseguitoall’ennesimoina-sprimento della pressione fiscale allo scopo di finan-ziare l’esercito.Larivolta furepressa con la forza dalla nobiltà nel giro di poche settimane e i capi vennero assassinati, ma altre scop-piarono negli anni succes-sivi perché le cause del mal-contento non erano state in alcun modo risolte.

I moti raggiunsero dun-que il massimo della peri-colosità quando le violenze nelle campagne si univano ai disordini nelle città.Così,i tessitori di Gand e di Bru-ges reclamarono salari più alti e più potere nelle istitu-zioni cittadine.

Fino a Quattrocento inol-trato si alternarono rivolte contadine e insurrezioni urbane. Le une e le altre erano estremamente san-

guinose e mettevano a rischio la pace socia-leinun’epocadipassaggio,propriomentresi affermava in alcuni grandi Stati europei il modello della monarchia nazionale. Anche per questo motivo furono contrastate con particolare durezza dai sovrani.

La rivolta dei Ciompi a Firenze

A Firenze,nelcorsodelDuecento,alculminedella crescitaeconomica successivaall’an-no Mille, pochi mercanti imprenditori – che costituivano e dirigevano la corporazione, o «Arte», della Lana – controllavano la pro-duzioneeilcommerciodeipanni,l’attivitàpiù importantee redditiziadellacittà.Cir-ca un terzo della popolazione era costituito da semplici salariati, detti Ciompi, uno dei gradipiùbassidellascalasocialedell’epo-ca: impiegati in 300 botteghe diverse, erano addetti a cardare la lana. Il loro mestiere era considerato il più umile e quindi indegno di essere rappresentato nelle Arti. Essi eranodunque privi di tutela e sottoposti all’Artedella Lana.Come abbiamo già accennato, anche il

mercato dei panni era entrato in crisi a cau-sa del crollo della domanda e i prestigiosi prodotti fiorentini non costituirono unaeccezione. Molte botteghe furono costrette alla chiusura e i lavoratori licenziati. Anche il sistema delle corporazioni aveva smesso di funzionare. L’Arte della Lana aveva finoa metà secolo regolato in modo efficace iprezzi di vendita dei prodotti (uguali per tutti) e i salari (anche questi stabiliti con rigidi accordi). La diminuzione della do-manda aumentava ora la concorrenza tra i diversi produttori, che perciò cercavano di svincolarsi dagli accordi corporativi per ri-durre i salari e collocare a prezzi inferiori i prodotti sulmercato.Gli stessiproprietari,inoltre, cominciarono a favorire il lavoro a domicilio nelle campagne, pagandolo meno rispetto a quello prestato nelle bot-teghe di città, e sfuggendo ai controlli delle corporazioni.La rivolta scoppiò nell’estate del 1378

quandoiCiompi,guidatidaMichele di Lan-do, riuscirono a impadronirsi con la forza del governo della città, ottenendo anche la formazionediunalorocorporazione.Tutta-via,l’incapacitàdeilavoratoridicoinvolgerenella lotta strati sociali diversi, e soprattutto

l’ostilità dei grandimercanti, portarono alfallimento della protesta. Nel giro di pochi mesi la nuova corporazione fu soppressa e il governo di Firenze tornò nelle mani delle famiglie più ricche.

Le ribellioni politiche e religiose in Inghilterra

Le rivolte non originarono soltanto da ri-vendicazioni economiche. Ad esempio, la rivolta contadina scoppiata in Inghilterra nel 1381, guidata da un predicatore di nome John Ball, ebbe anche una forte connotazio-ne politica e sociale.

In contadini si ribellarono quando, per la terza volta nel giro di pochi anni, fu imposto il pagamento di una tassa chiamata testa-tico . Si trattava di una tassa sulla persona che colpiva tutti gli individui di età supe-rioreaiquindiciannieavevaloscopodifi-nanziaregliesercitidelsovrano.Chiedendomaggiore eguaglianzaecontestandoilfiscoopprimente, i rivoltosi si scagliarono contro il clero e la nobiltà. Nel giugno del 1381, per pochigiornisembròchel’interasocietàin-glese fosse sotto attacco: proprietà e palazzi vennerodatiallefiammee l’arcivescovodiLondra e molti signori furono decapitati. La situazione cambiò quando il re Riccardo II ordinò di sedare la ribellione con la forza. Ciòchepuntualmenteavvenne:JohnBallfuimpiccato il 15 luglio 1381.

A influenzare la rivolta fu anche il pen-siero del teologo John Wycliffe (1324-1384), che aveva ripetutamente criticato il clero e

testatico: in età medievale era un’imposta personale così chiamata perché gravava su ogni «testa»: ogni individuo che avesse compiuto quindici anni era tenuto al pagamento. Il numero delle «teste» e il calcolo complessivo della tassa venivano fatti durante le funzioni religiose, alle quali l’intera comunità doveva obbligatoriamente partecipare.

sieraespressoafavorediunaChiesapopo-lare fondata sul principio di uguaglianza tra tutti i fedeli. Il vasto seguito che le sue idee ottennero fu determinato anche dall’altolivello di corruzione del clero inglese – in particolare vescovi e abati – che deteneva ingenti ricchezze (era proprietario di un terzo delle terre inglesi e si arricchiva con l’esazionedelledecime)etrascuravaidove-ri pastorali.Daunpuntodivistapiùstrettamentete-

ologico,Wycliffe svalutava l’importanza deisacramenti per la salvezza (in particolare dell’eucaristia)eproponeva inoltredi rifon-dare la Chiesa sul modello ideale della co-munità cristiana delle origini. Inoltre, con-sideravalaBibbial’unicafontediveritàediregolamorale;perquestolatradusseiningle-se. Queste idee valsero a Wycliffe numerose condannepereresiadapartedellaChiesa.

Nel clima di protesta contro le autorità e contro il lusso del clero, a Wycliffe si ispirò apertamente, oltre ai rivoltosi del 1381, an-che il movimento dei «Lollardi».Compostoda predicatori laici e gente del popolo, essi condannavano la ricchezza e la struttura ge-rarchicadellaChiesaistituzionaleelecon-trapponevanola«Chiesadeisalvati»,com-posta dalla totalità dei fedeli.

I primi segnali di ripresa economica

Come esemplifica chiaramente la vicendadeiCiompiaFirenze,ilcrollodellapopola-zione stroncò in tutto il continente i com-

jacquerie: termine francese utilizzato per indicare una insurrezione contadina spontanea priva di una organizzazione politica. Esso deriva dall’appellativo canzonatorio Jacques Bonhomme (Giacomo «Buonuomo»), nel senso di incapace, «poverino», con il quale i nobili e i proprietari terrieri si rivolgevano ai contadini (da jacque, la giubba che portavano gli abitanti delle campagne).

Michele di Lando, Firenze, Loggia del Mercato Nuovo.

Carovana in marcia lungo la Via della seta, miniatura, XIII sec.

118 1200 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco

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NewcastleMare del Nord

YorkLana

Boston

INGHILTERRATessuti

Londra

BrugesTessuti

F R A N C I A S A C R O R O M A N O I M P E R O

Colonia ErfurtBreslavia

AnversaDordrecht

UtrechtBrema Birra

Sale

AmburgoLubecca

Rostock

DANIMARCA

Copenaghen

Stralsunda

WismarLüneburg

GreifswaldMagdeburgo

BrunsvikDortmund

Stettino

Kolberg

Danzica

Thorn

Königsberg

AmbraFrumento

OR D I N E

TEUTO

NIC

O

Legname

Cera

Pellicce

L I T U A N I A

P O L O N I A

Cracovia

TERRA DI

NOVGOROD

NovgorodReval

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co

Visby

CeraMielePellicce

FerroPellicceMetalli

SV

E Z I ARame

PellicceN O R V E G I A

Oslo

Bergen

Le città del Mar Baltico e del Mare del Nord aderenti alla Lega delle città anseatiche

2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

merci e le attività manifatturiere, cioè quel-le attività che avevano favorito lo sviluppo delle città. Ad esempio la produzione tessile europeapocodopolametàdelTrecentosiera ridotta di circa due terzi rispetto al pe-riodo di massima espansione economica nelXIIIsecolo.

Fu proprio il settore manifatturiero, e in particolare il tessile, a lanciare tra Trecento e Quattrocento i primi forti segnali di ripresa.

Un ruolo di spicco ebbero in questa fase le manifatture di Inghilterra ed Olanda, che affiancaronoquellefiamminghe,mentreinItalia, accanto alla lavorazione dei panni di Fiandra,nacqueesidiffusel’industriadel-la produzione della seta. Nelle campagne crebbero le attività cartarie, tessili e metal-lurgiche, che sfruttavano, con i mulini, la forzamotricedeicorsid’acquae lamano-dopera dei contadini rimasti senza terre da coltivare.

Accanto al commercio delle spezie e della seta, beni di lusso trattati in piccole quanti-tà, si riprese il commercio di prodotti pesan-ti e redditizi solo in grandi quantità: grano, vino, zucchero, sale e stoffe non pregiate. Il Mediterraneo rimase ilmare più trafficatod’Europa, ma aumentò l’importanza dellecittà della Lega delle città anseatiche (le città tedeschediLubecca,Amburgo,BremaeRo-stockelacittàorapolaccadiDanzicaeranole principali) e delle rotte che percorrevano ilMaredelNorde ilMarBalticoportandoverso sud pellicce e legnami, ferro e pesce. Inoltre, nonostante la caduta dell’Imperomongolo, rimaneva aperta la via della seta, che collegava le città europee con i mercati diPersia,IndiaeCina.Fuinfinesuperatalagravecrisi dei ban-

chieri fiorentini.Comeabbiamovisto,versolametàdelTrecento,importantifamigliedimercantiebanchiericomeiBardi,iPeruzzie

gli Acciaiuoli erano fallite a causa della man-cata restituzione delle ingenti somme di de-naroprestateareecittàdituttaEuropa.Or-ganizzati su basi più solide, tornarono presto a svolgere un ruolo di rilievo nella circolazio-ne del denaro, favorendo, anche per questa via, la ripresa economica del continente.

«Crisi» e «trasformazione» dell’economia

Le basi della ripresa economica del Quattro-cento furono, in realtà, già poste nel corso delTrecento,chequindinonfusolocarat-terizzato da una grave crisi (guerre, carestie, epidemie, rallentamento della produzione agricola ecc.), ma anche un secolo di so-stanziali trasformazioni dell’economia.Glistorici sottolineano quest’ultimo aspetto emettono in evidenza alcuni importanti fat-toridievoluzionechesisonoverificatinelXIVsecolo:

• Laproduzione agricola ridotta rese per alcuniannidifficileilsostentamentodel-le popolazioni, ma in breve la domanda calò e con essa i prezzi dei cereali. I nuovi proprietari terrieri furono indotti a di-versificarelecolture,sviluppandoquelle«industriali», destinate alla produzionemanifatturiera.

• L’industria tessile allentò i propri vinco-li corporativi e fu costretta ad accettare la concorrenza in un mercato difficile.Nefecerolespeseiproduttorifiammin-ghiefiorentini,masiaffermaronoquellidelle Fiandre, dell’Italia settentrionale e

dell’Inghilterra,ingradodiprodurretes-suti a prezzi inferiori.

• Ingenerale,nellaproduzione artigianale e manifatturiera si ebbe una maggiore di-versificazionedeiprodotti.Emblematicoè il caso dello sviluppo della produzione della seta, alla quale potevano parteci-pare le famiglie di agricoltori dell’Italiacentrale e settentrionale e che alimenta-va una nuova industria tessile. Inoltre, la necessità di affrontare, anche in questo campo, una concorrenza agguerrita e di altreareegeografichedeterminòunab-bassamento dei prezzi che consentì a un numero crescente di persone di acquista-re beni che prima venivano autoprodotti (indumenti, calzature, attrezzi e suppel-lettili domestiche).

• Unulterioremotivodi sviluppoper tut-ta l’Europaoccidentale fu laprogressivaentrata in crisi del monopolio delle città italianenei commercicon l’Asia.Anchein questo caso la maggiore concorrenza dei mercanti spagnoli e nordeuropei au-mentò il dinamismo economico del con-tinente.

• Conlaripresaelamaggiorediffusionedeicentri produttivi e delle basi commercia-li, aumentò nuovamente il volume delle attività finanziarie, sempre molto attive aFirenze,GenovaeMilano,maoraanchepresenti a Barcellona, nelle Fiandre, inInghilterraeinEuropacentrale.[ I NODI DELLA STORIA p. 128]

La bottega del sarto, affresco, castello di Challant, Issogne, XVI sec.

La coniatura delle monete, miniatura, XV sec.

Scuola di Jean Fouquet, scene di attività finanziaria, 1470-80, Parigi, Biblioteca Nazionale.

Cera

Empori anseatici

Agenzie commerciali

Città anseatiche importanti

Prodotti principali

Cera

Empori anseatici

Agenzie commerciali

Città anseatiche importanti

Prodotti principali

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  Tweet Storia p. 358

Busto di Federico II, XIII sec., Barletta, Museo Civico.

p. 80 M a r eA d r i a t i c o

M a r T i r r e n o

M a r I o n i o

M a r M e d i t e r r a n e o

Bari

Brindisi

OtrantoTaranto

Casteldel Monte

Benevento

Napoli

Salerno

Roma

Crotone

MessinaReggioPalermo

Siracusa

Il regno normanno di Sicilia

Ducato

di Sassonia

Mare del Nord

Mar Mediterraneo

Magdeburgo

Marchedi Meissen,Lndsberg e

Brandeburgo

Contea diHolstein

REGNO DI DANIMARCA

FrisiaContea di

Olanda

Colonia

Ducato

di

Lorena

Ducato di

FranconiaMagonza

Treviri

REGNO

DI

FRANCIABesançon

REG

NO

DI A

RLE

S

Lione

Arles Contea diProvenza

Contea diBorgogna

MilanoLombardia

REGNOD’ITALIA

PisaToscana

VeneziaMarca diVerona

Patriarcatodi Aquileia

Duc. diCarinzia

REPUBBLICA DI VENEZIA

RavennaSTATO

DELLA

CHIESARoma

REGNO DISICILIA

REGNO

D’UNGHERIA

Ducatodi Stiria

Duc. d’Austria

SalisburgoContea

del Tirolo

Ducatodi Baviera

Ducatodi Svevia

Marca diMoravia

REGNO DI BOEMIA

Ducato diSlesia

REGNO DI

POLONIA

Ducato diPomerania

Il territorio dell’impero alla fine del XII secolo

Limiti dell’ImperoRomano Germanico

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5.4 Apogeo e crisi dell’impero

Il progetto di Federico II di Svevia

Il disegno universalistico dell’impero – uno dei cardini dell’universo medievale – co-nobbeilsuoculmineealcontempol’iniziodeldeclinonelDuecento, sotto il regnodiFederico II di Svevia (1220-1254), mentre nelrestodell’Europaoccidentalesiandava-no affermando le monarchie nazionali.

Federico  , una delle personalità più complesseeaffascinantidell’interoMedio-evo, nacque nel 1194. Nipote di Federico Barbarossaerafigliodell’imperatoreEnrico VI (1191-1197) e della normanna Costanza d’Altavilla, erede al trono di Sicilia. Federico quindifuacapodell’Italia meridionale, con il titolo di «re di Sicilia», e della Germania e Italia centro-settentrionale, come impe-ratore del Sacro romano impero: un domi-nio vastissimo che tentò di imporre ancora come centro politico della cristianità. Eglistesso era convinto che la sovranità del monarca fosse assoluta e che nobili, clero e città dovessero essere sottomessi senza ec-cezioni alla sua autorità.L’applicazione di tale progetto doveva

però incontrare difficoltà insormontabili.

Progresso e civiltà nel Regno di Sicilia

Federico rimase orfano a quattro anni e passò sotto la tutela del papa Innocenzo III (1198-1216), che lo aiutò e guidò in gioventù incambiodellapromessadinonunificaremaiipossedimentidiGermaniaediSiciliain un unico Stato (evitando così allo Stato della Chiesa di trovarsi accerchiato).

monopolio di Stato: il termine «monopolio» deriva da due parole greche che significano «solo» e «vendere». Si determina un monopolio quando un certo prodotto viene venduto sul mercato da un solo venditore, che raccoglie così tutti i guadagni. Se il venditore unico è lo Stato si ha un monopolio di Stato.

Divenuto re di Sicilia già da adolescen-te, Federico sottomise in Italia meridionale i feudatari e i nobili che si erano ribellati all’autorità normanna e riservò a sé ognipotere decisionale, costituendo una monar-chia fortemente accentrata.Nel campo dell’amministrazione, egli

creò un corpo di funzionari a lui fedeli e in-caricati di governare le province del regno. Nel campo della giustizia, promulgò nel 1231 le Costituzioni di Melfi, una raccolta di

leggi scritte che dovevano chiarire in modo definitivol’interpretazioneel’applicazionedel diritto, e nominò magistrati che avreb-bero dovuto rendere conto direttamente a lui.Nelcampodell’economia, favorì i com-merci e le imprese, e impose il monopolio di Stato su sale, ferro, rame, seta e grano. Diedeinfinestraordinarioimpulsoallavitaculturale del regno, facendo della sua corte unodeicentriletterarieartisticipiùraffina-ti del tempo: Palermo fu una splendida ca-pitale, mentre Napoli diventò nel 1224 sede di una prestigiosa università.

In generale, nonostante le origini tede-sche, Federico si sentiva italiano e desi-derava fortemente favorire lo sviluppo e il progresso dei domini nel meridione della penisola, dove era nato e cresciuto. Uomo coltissimo, poeta e scienziato, si meritò dai contemporaneil’appellativodistupor mun-di,«meravigliadelmondo».

Il fallimento di Federico II

Se nel Regno di Sicilia, grazie alla scarsapresenza di forti poteri territoriali autono-mi (passività della nobiltà feudale e assenza deiComuni)Federico riuscì ad attuare con pieno successo il proprio programma, nelle altre aree sottoposte al suo dominio egli non ebbe la stessa fortuna. Incoronato impera-tore dal papa Onorio III nel 1220, egli in-contròsubitonotevolidifficoltàsia inGer-mania sia in Italia centro-settentrionale.

In Germania, dove Federico si recava raramente, le fiorenti città commerciali e i nobili, laici ed ecclesiastici, accrebbero il loro potere: si consideravano ormai autono-midall’imperatoreeglioffrivanounomag-gio puramente formale.

In Italia centro-settentrionale molti Co-muni osteggiarono l’autorità di Federico efurono spalleggiati dallo Stato della Chiesa. Il papato temeva infatti di trovarsi assediato a nord e a sud da un impero troppo forte. La vicinanza tra impero e papato risalente ai tempi della tutela di Innocenzo III su Fede-rico era ormai cancellata e i partiti guelfo e ghibellinosifronteggiavanocomeall’epocadelBarbarossa.Nel1226laLega Lombarda, sostenuta dal papa, formò un nuovo esercito cheFedericononriuscìasconfiggere.L’alle-anza guelfa non si piegò e costrinse il sovra-no ad abbandonare le sue mire egemoniche sulla parte più ricca della penisola italiana.

Il declino dell’impero

Federico II morì nel 1250 e le fortune impe-riali conobbero da allora un lento ma ineso-rabile declino,siainItaliacheinGermania.Ilpapastrinseun’alleanzaconlacorona

francese, che inviò in Italia Carlo I d’Angiò, fratello del re, per occupare la Sicilia. Nel 1266, Carlo sconfisseManfredi, il figlio diFederico, a Benevento, estromettendo gliSvevi dall’Italia meridionale e sancendola definitiva vittoria dei guelfi sui ghibelli-ni.GliAngiòentravanoquindi inpossessodell’Italiameridionale,malasituazionenoneraaffattopacificata.Ladurezzadelnuovo

M a r T i r r e n o

M a r e A d r i a t i c o

M a r I o n i o

Corsica(nel 1284 a Genova)

Ajaccio

Bonifacio

Torres

(a Genova) (a Pisa)

Bosa

Oristano

Sardegna(dal 1326 agli Aragonesi)

CagliariIglesias

PalermoTrapani

Mazara

Agrigento

S i c i l i a(dal 1282 agli Aragonesi)

Siracusa

MessinaReggio

Ducatodi

CalabriaCrotone

Cosenza

Rossano

Catanzaro

R EG NO DI S ICI LIA(dal 1266 agli Angioini)

Principato

Basilicata Taranto

Terra di Otranto

Brindisi

Gallipoli

MonopoliTerra di Bari

BariBarlettaCapitanataMarca di

Molise

Amalfi

Salerno

Benevento

Napoli

Principatodi CapuaGaeta

MontecassinoRoma

L’Aquila Pescara

Abruzzo

Perugia

STATODE LL A

CH I E SA

La spartizione dell’Italia meridionale tra Angioini e Aragonesi

Castel del Monte, XIII sec., Andria.

Le truppe di Federico II sconfitte a Parma, miniatura, XIV sec.

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Carlo d’Angiò in una scultura

di Arnolfo di Cambio.

Bonifacio VIII in una scultura di Arnolfo di Cambio.

p. 80

2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

Vespri siciliani: così viene chiamata la rivolta dei siciliani contro i dominatori angioini. La rivolta è passata alla storia con questo nome perché ebbe inizio il 30 marzo 1282, lunedì di Pasqua, all’ora della preghiera del vespro (il tramonto del sole), davanti alla chiesa dello Spirito Santo a Palermo. Ne seguì un lungo periodo di conflitti denominato «Guerra dei Vespri» (1282-1302).

governo e le pesanti tasse imposte dagli An-giò provocarono infatti nel 1282 la rivolta antifrancese dei Vespri siciliani .

In aiuto degli insorti intervenne il re Pietro III d’Aragona dando inizio a una nuova lun-ga guerra. Nel 1302, con la pace di Caltabel-lotta e al termine di un conflitto durato ben venti anni, gli aragonesi si impadronivano di Palermo e della Sicilia, mentre Napoli e il Meridione rimanevano agli angioini.L’Italia conosceva così una crescente

frammentazione, proprio mentre in altri paesid’Europa(Francia,Inghilterra,Spagnae Portogallo) le monarchie avviavano il pro-cessodiunificazionenazionale.L’ultimo tentativo degli imperiali nella

penisola fallì nel 1313, quando Enrico VII di Lussemburgo morì nei pressi di Siena men-trecercavadidifendereidirittidell’imperoin Italia.

Isostenitoridell’anticoprogettopoliticodeiCarolingiedegliOttonifuronopoibat-tuti anche in Germania. Nel 1356, infatti, i più potenti feudatari tedeschi costrinsero l’imperatore Carlo IV a emettere la Bolla d’Oro, un documento con cui stabilivano che i nuovi imperatori sarebbero stati scel-ti da sette grandi elettori(ilrediBoemia,ilmarchesediBrandeburgo,ilducadiSasso-nia, il conte del Palatinato e gli arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia). Anche inGermania,comeinItalia,ilprocessodifor-mazione di uno Stato nazionale subiva per-ciò un arresto. Il titolo imperiale diveniva il frutto di un gioco di potere e perdeva gran parte dell’importanza politica e simboli-carivestitafinoaquelmomento.Dal1437 esso passò agli Asburgo d’Austria, che lo mantennero fino al 1806, quando il Sacroromano impero scomparve ufficialmentepervolontàdiNapoleoneBonaparte.

5.5 Il declino del papato

L’autorità della Chiesa nel Duecento

NelcorsodelDuecento,ipapidifeserostre-nuamente il diritto di Roma a intervenirenelle vicende politiche dei regni cristiani. Essisostenevanocheilpoteretemporaledeisovrani trovasse legittimazione nel potere spirituale dei pontefici.

Alcuni esempi. Gregorio IX (1227-1241), dopo aver ordinato a Federico II di parte-cipare alla sesta crociata, lo scomunicò per essere tornato anticipatamente in Italia (an-che se il sovrano tornò a causa di problemi di salute). Innocenzo IV (1243-1254) non esitò a risolvere in modo perentorio il con-flitto che lo opponeva allo stesso Federico: lodeposenel1245,causandogravidifficol-tà agli ultimi anni del suo regno. Bonifacio VIII (1294-1303), dal canto suo, intervenne direttamentenellelottepolitichetraguelfieghibellini a Firenze e appoggiò gli Angioini controgliAragonesinelladisputaperl’Italiameridionale, che si concluse, come abbia-mo visto, con la spartizione del regno. [Te-stimonianze documento 3, p. 209]Quando, nel 1300, si celebrò a Roma il

primo anno santo , un fiumedi pellegriniinvaselaCittàEternaperottenere indulgen-za plenaria, ossia la cancellazione di tutte le pene da scontare prima e dopo la morte. In-somma il prestigio del papato era altissimo e ilponteficeapparivaancoraingradodiim-porre il suo volere a tutti i re della cristianità.

anno santo: è così detto un anno in cui è indetto un giubileo che consente, a chi svolge determinate pratiche di culto, di vedersi condonati i propri debiti verso Dio.

Il conflitto Bonifacio VIII e Filippo IV di Francia

Proprio durante il pontificato di BonifacioVIII, le aspirazioni dei papi conobbero una drammaticabattutad’arresto.

Il re francese Filippo IV il Bello impose al clero del suo paese – senza chiedere autoriz-zazioneaRoma–ilpagamentodelletasse, necessarieperfinanziarel’esercito.Bonifa-cio VIII condannò questa aperta violazione dell’autonomia della Chiesa e il sovrano, in rispostaaquestacondanna,bloccòl’arrivoin Italia delle ricchissime rendite che il pa-pato riceveva dai possedimenti ecclesiastici francesi. Il pontefice dovette presto arren-dersi, riconoscendo al re il diritto di imporre

Castel dell’Ovo, Napoli.L’incoronazione di Celestino V in un dipinto del XVI sec.

Una veduta di Napoli, XV sec.Un particolare degli affreschi di Matteo Giovannetti, Avignone, Palazzo dei papi.

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Roma

Avignone

Guyenne

Bretagna Hainaut

Galles

Scozia

Brabante

Cleves

Mark

Namur

Stiria

CarinziaTirolo

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tasse anche al clero e ai monasteri. Il dissi-dio si approfondì ulteriormente quando Fi-lippofecearrestareunvescovoconl’accusadi tradimento. Il papa rispose ingiungendo al sovranodiobbedireagliordinidiRomae minacciandolo di scomunica. Filippo al quel punto compì un gesto che nessun so-vranomedievalefinoadalloraavevaosatocompiere:dichiaròBonifacioVIIIcolpevoledi eresia e lo fece imprigionare ad Anagni, presso Frosinone, con l’intenzione di por-tarlo in Francia e sottoporlo a processo. La rivolta del popolo della cittadina laziale condusseallaliberazionedelpontefice,maBonifacioVIIInonsopravvisseallagravissi-ma offesa subita (questo oltraggio morale passò alla storia come lo «schiaffo di Ana-gni»)emorìnelgirodipochesettimane.Eral’ottobredel1303.

La «cattività avignonese»

ConBonifacioVIIIscomparvel’ultimostre-nuo difensore dei diritti politici del papato. Nello scontro con il potere temporale fran-cese la Chiesa aveva subito una sconfittasenza precedenti. E gli effetti si videro nelgiro di pochi anni.

Dietro pressione di Filippo IV il Bellovenneeletto successorediBonifacioVIII ilfrancese Clemente V, che nel 1309 decise di trasferire la sede del papato ad Avignone, nellaFranciameridionale.Cominciòcosìilperiodo della «cattività avignonese» (cat-tivitàsignifica«prigionia»),chesiconclusesolo nel 1377, quando Gregorio XI impose il ritornoaRomadellasedepontificia.PerquasituttoilTrecento,dunque,ipon-

teficivisserosottolaprotezione interessata dei monarchi francesi, che controllarono la nominadei cardinali e l’elezionedei papi.Questi, nonostante fossero obbligati a una stretta collaborazione con la corte parigina, cercarono in ogni modo di costruire una rete di alleanze guelfe in tuttaEuropa.Eaquesto scopo ingrandirono e modernizza-rono la Curia , rendendola uno strumen-toefficientedicontrolloeriscossionedelletassedatutteleproprietàdellaChiesa.Nelcomplesso, tuttavia, il periodo avignonese fuvissutodai fedelicomeun’epoca di ver-gogna e decadenza:laChiesa,purrimanen-do ricca e potente, era succube dei giochi di potere tra sovrani europei.

Curia: la Curia papale è l’insieme degli uffici che a Roma aiutano il pontefice a condurre gli affari della Chiesa cattolica. I suoi compiti possono essere paragonati a quelli del governo e dei ministri di uno Stato moderno.

Il «Grande scisma d’Occidente»

Tra ilTrecentoe ilQuattrocento, ildeclino dell’autorità della Chiesa fu poi aggravato da nuove vicende.AllamortediGregorioXI,icardinali,pro-

fondamente divisi al loro interno in base alla nazionalità (francesi e italiani), non ri-uscironoaccordarsisull’elezionedelnuovopapa. La nomina di Urbano VI, voluta in particolare dagli italiani, non fu accettata dai francesi, che a loro volta elessero Cle-mente VII.Duepapi,quindi–uno,UrbanoVI,decisoarestareRoma, l’altroClementeVII insediato ad Avignone, ognuno con i propri sostenitori tra i sovrani europei: In-ghilterra, Sacro romano impero e Comuniitalianiafavoredelprimo;Francia,Castigliae Aragona schierati con il secondo.

Si apriva così il «Grande scisma d’Occi-dente»,chediviseprofondamente laChie-sa cattolica a partire dal 1378 e che doveva risolversi solo nel 1417 con il Concilio di Costanza,nelcorsodelqualefinalmentefunominato un pontefice unico che prese ilnome di Martino V.

In questa fase fu affermata da molti la teo-ria «conciliarista», che affermava la supe-rioritàdelconcilio,cioèdell’assembleadeivescovi,sulpapa.Eraunattaccoalprimatodel vescovo di Roma su tutta la cristianitàoccidentale destinato a non avere seguito,

machecontribuìaindebolirel’autoritàdelpapa di fronte all’affermarsi delle diverseChiese nazionali.

Negli anni dello scisma, i problemi della Chiesa vennero acuiti dallanascita di nu-merose sette.Tra esse ricordiamo in Italiaquella dei flagellanti,cheproprioilConciliodiCostanzacondannòcomeeretici.

Aree fedeli alpapa di AvignoneAree fedeli alpapa di RomaAree di fedeltàvariabile

Aree neutrali

Le aree europee fedeli al papa di Roma e al papa di Avignone

Palazzo dei papi, Avignone.

Il sepolcro di papa Bonifacio VIII.

Martino V sfila in processione con una statua di san Rocco, protettore contro la peste, affresco di Rutilio Manetti, XVII sec.

126 1200 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco

© Loescher Editore – Torino

12715501430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa

© Loescher Editore – Torino

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2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento

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5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

1220-1250Federico II imperatore

1309-1377Il papato trasferito ad Avignone

1224Federico II istituisce l’università di Napoli

1231Federico II promulga le Costituzioni di Melfi

1302-1330Grandi carestie in Europa

1347-1350Epidemie di peste

1356La carica imperiale diventa elettiva

1358-1381Rivolte contadine e insurrezioni urbane degli operai

1378-1417Grande scisma d’Occidente

1415Il riformatore boemo Jan Hus messo al rogo come eretico

L’autorità del papa era minata anchedalla predicazione di nuovi riformatori. I più importanti furono John Wycliffe (1324-1384), che sosteneva la superioritàdell’in-segnamento biblico sulla parola del papa, e Jan Hus (1369-1415). Questi era un boemo che condannava con fervore la corruzione delclero, invitando laChiesaascegliere lapovertà e a tornare al messaggio originale diCristo.ConvocatodalConciliodiCostan-

za,Husrifiutòdirinnegareleproprieideeevenne bruciato vivo come eretico. Le teorie di Wycliffe e Hus erano destinate a diffon-dersi impetuosamente inEuropa e a veni-re riprese da nuovi predicatori. Il prestigio spiritualedellaChiesaapparivainpericoloeconl’affermazionedegliStatimoderniinconflittotraloro,laChiesafaticavaatrova-re un ruolo stabile diventando vittima degli opposti interessi dei reali europei.

La Rocca di Spoleto.

I NODI DELLA STORIAChi è il borghese del Trecento?

Se, come abbiamo visto, il Trecento fu un secolo difficile, per-corso da una grave crisi economica amplificata dalla dram-matica pandemia della peste, è tuttavia in questo secolo che si assiste a un grande cambio della mentalità sociale ed eco-nomica europea. Alcuni storici, entusiasti del dinamismo della civiltà mercantile a cavallo tra XIII e XIV secolo, hanno persino azzardato l’ipotesi che in quest’epoca sia nata una prima di forma di pre-capitalismo o che, almeno, siano comparsi i primi segni di quella mentalità borghese che si sarebbe sviluppata pienamente solo molto più tardi.Un buon modo per intuire questa evoluzione prima ideologica che socioeconomica, è fare riferimento a una notissima novella del Decameron di Boccaccio: quella di Federigo degli Alberighi. Vi si narra la storia di un cavalleresco e tipico signore medieva-le, il quale, per amore di una donna già maritata, Monna Gio-vanna, si riduce in povertà, dopo avere dilapidato il suo ingente patrimonio in inutili feste, ricevimenti e tornei in onore della sua amata. Ritiratosi in un modesto podere, con l’unica compagnia di un bell’esemplare di falcone da caccia, Federigo familiarizza con il figlio di Monna Giovanna, nel frattempo rimasta vedova. Essendosi il fanciullo ammalato e avendo confessato alla madre il suo desiderio di avere il falcone, la donna, vincendo il natura-le imbarazzo, si reca dal vecchio spasimante per sottoporgli la richiesta. Ma Federigo, alla vista della donna e alla sua succes-

siva richiesta di pranzare con lui, non esita a servire il povero animale come pietanza per l’improvvisato pasto. Dopo la morte del figlio, essendo ancora giovane e ricca, cede alle pressioni dei fratelli di risposarsi alla solo condizione di unire il suo capi-tale in denaro a quell’altro inestimabile capitale rappresentato dalla nobiltà d’animo di Federigo. Ma Boccaccio aggiunge, a chiosa del lieto fine, l’informazione che, da quel momento in poi, Federigo sarebbe diventato un buon massaio, ossia un oculato amministratore del capitale della moglie. In questa avvertenza finale c’è tutto lo spirito di un’epoca in trasformazione. È come se Boccaccio, dopo averci regalato uno straordinario spaccato della civiltà cavalleresca, ne prendesse le distanze. La nuova vita di Federigo non potrà più essere all’insegna della gene-rosità scapestrata e dello spreco. Federigo dovrà smettere di essere cavaliere e diventare un buon borghese, attento ai conti e d’animo parsimonioso. Perché le storie dei cavalieri antichi vanno bene per la letteratura ma non per la società della partita doppia e del prestito a interesse.Molti anni più tardi Marx avrebbe osservato che «la borghesia […] ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell’esaltazione devota e dell’entusiasmo cavalleresco». Esattamente quello che avevano dovuto fare Federigo e gli uo-mini della sua epoca per entrare nella modernità economica e sociale.

1 Nel corso del Trecento la diminuzione della produzione agricola frena lo sviluppo economico. L’agricoltura europea fu colpita nel corso del Trecento

secolo da una serie di annate con clima poco favorevole, da frequenti saccheggi de-gli eserciti in guerra e dal forte rallentamento nella messa a coltura di nuovi terreni. Seguì una fortissima riduzione dei raccolti: si diffuse la fame (con ricorrenti carestie) e la popolazione, sottoalimentata, si indebolì.

2 La peste riduce drasticamente la popolazione europea. A cominciare dal 1347-1350, l’Europa fu colpita da una serie di gravi epidemie di peste, che

falcidiarono circa un terzo della popolazione. La medicina dell’epoca era incapace di contrastare il contagio e si diffuse la convinzione che l’epidemia fosse una punizione divina. Si sviluppò così il fanatismo religioso e in molte città fu avviata la caccia al capro espiatorio; particolarmente sospettati furono gli ebrei, che subirono terribili persecuzioni.

3 Una grave crisi investe tutti i settori dell’economia europea e provoca rivolte sociali. Lo spopolamento delle campagne ridusse la manodopera dispo-

nibile e determinò a una richiesta di salari più elevati da parte dei contadini. Il calo della domanda di grano determinata dal decremento demografico ridusse inoltre le rendite dei proprietari terrieri: molti di essi vendettero le terre a nuovi proprietari, che puntarono sull’allevamento e sulla produzione di colture destinate alla produzione manifatturiera.Nelle città crollò la domanda di prodotti tessili e artigianali. I commerci rallentarono e le attività finanziarie entrarono in crisi. Per rimanere sul mercato i padroni delle botteghe si svincolarono dai limiti imposti dalle corporazioni: cercarono di imporre salari più bassi e trovarono lavoratori nelle campagne.Le pesantissime tasse imposte dai sovrani per finanziare le guerre, il conflitto tra contadini e proprietari terrieri e il malcontento degli operai salariati nelle città por-tarono a sanguinose rivolte: ad esempio, nel 1358 a Parigi e nelle campagne circo-stanti (jacquerie), nel 1378 a Firenze (rivolta dei Ciompi), nel 1379 nelle Fiandre, nel 1381 in Inghilterra.

4 Tra Duecento e Trecento si registra l’apogeo e la definitiva crisi dell’impe-ro romano germanico. Sotto Federico II di Svevia l’impero conobbe l’apogeo e

l’inizio del declino. Egli favorì il progresso politico, economico e culturale del Meridio-ne d’Italia, ma venne combattuto e osteggiato in Germania, dove i nobili acquisirono grande autonomia, e in Italia centro-settentrionale, dove l’alleanza tra Comuni e pa-pato si rivelò per lui insuperabile. Dopo la morte di Federico, avvenuta nel 1250, l’im-pero conobbe una decadenza irreversibile. Alla metà del Trecento, infine, la carica imperiale divenne elettiva (Bolla d’Oro, 1356), perdendo gran parte del suo potere.

5 Il parallelo declino del papato segna il tramonto dei due poteri universali del Medioevo. La politica del re di Francia Filippo IV il Bello rese evidente l’inde-

bolimento della Chiesa. Avversario di papa Bonifacio VIII (strenuo difensore della su-premazia anche politica del papato), egli fece arrestare il pontefice e nel 1309 obbli-gò il suo successore a spostare ad Avignone la sede della Chiesa. Dopo settant’anni i papi tornarono a Roma, ma la loro autorità e prestigio furono seriamente minacciati dal «Grande scisma d’Occidente» – che spaccò in due fazioni i fedeli d’Europa –, dalla nascita di nuove sette e dalla predicazione di riformatori che chiedevano la mo-ralizzazione del clero e dei costumi ecclesiastici. Nel 1417, si ricomponeva lo scisma, ma il declino della Chiesa romana appariva irrimediabile.

128 © Loescher Editore – Torino© Loescher Editore – Torino

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2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

Curare e assistere i malati tra Medioevo ed Età modernaLa drammatica diffusione della peste nera a metà Trecento non solo decimò la popolazione europea pro-vocando milioni di morti ma dimostrò quanto inadeguati fossero gli strumenti e le conoscenze mediche del tempo. Ancora più grave si dimostrò la mancanza di luoghi idonei a ospitare un gran numero di malati per prestare loro delle cure, seppur limitate, e soprattutto per contenere i rischi di infezione. Nel XIV secolo l’Europa era al terzo secolo di crescita demografica ininterrotta e vi era ormai un alto numero di città densamente abitate. Si rese dunque necessario adeguare i luoghi di ricovero e assistenza a una situazione del tutto nuova e per di più caratterizzata, tra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento, dal continuo susseguirsi di carestie, pestilenze, guerre e rivolte sociali.Se le persone più ricche avevano la possibilità e l’abitudine di curarsi a casa propria, i numerosi poveri che si accalcavano in città sempre più affollate avevano bisogno di spazi nei quali essere assistiti, quando si ammalavano o si ferivano, e nei quali essere confinati quando si affacciava un nuovo grave contagio.

I lazzarettiPer limitare e contenere le epidemie di peste o di altre patolo-gie infettive, già durante il XIV secolo le autorità fecero ricorso al sostanziale blocco della circolazione delle persone, isolan-do le città da ogni contatto e costringendo alla quarantena, ossia a un periodo di osservazione, chiunque si avvicinasse o fosse sospettato di essere malato. Solo dal secolo successivo furono istituiti luoghi stabili d’isolamento degli appestati in grado di spezzare la pericolosa catena dei contagi. Queste speciali istituzioni presero il nome di lazzaretti e sorsero in quasi tutte le città europee.

Gli ospedali generaliTra XI e XIV secolo la popolazione cittadina era rimasta ancora poco numerosa e la principale preoccupazione sanitaria era stata quella di ospitare i pellegrini malati. Per questo motivo le città europee disponevano solo di piccoli luoghi di ricovero destinati ai pellegrini di passaggio oppure a particolari fasce della popola-zione in difficoltà, come gli orfani. La situazione si modificò con il XV secolo quando si avviò, in tutte le principali città italiane ed europee, la costruzione di nuovi luoghi di assistenza e cura di di-mensioni più ampie e dotati di risorse finanziarie più cospicue. Solo in questa fase nacquero i primi veri ospedali cittadini aperti a tutti i malati che non erano in grado di curarsi con i propri mezzi. Questi ospedali generali erano gestiti da fondazioni private e so-pravvivevano grazie alle donazioni caritatevoli fatte dai cittadini più ricchi, mentre l’autorità pubblica si limitava alla sorveglianza.

Gli ospedali per incurabiliIl panorama delle città europee, tra Età medievale e moderna, re-gistrò gravi episodi di epidemie non solo di peste, ma anche di altre malattie pericolosamente infettive che, tuttavia, non portava-no alla morte altrettanto velocemente. Si trattava di patologie cro-niche che avanzavano molto lentamente ma non erano curabili né arrestabili con le conoscenze mediche e farmaceutiche del tempo. Per fronteggiare questo tipo di patologie e limitarne il contagio nacquero gli ospedali per incurabili dedicati, ad esempio, ai malati di lebbra o a quelli di sifilide.

L’isola del lazzaretto vecchio a Venezia.

L’antico edificio dell’ospedale Ca’ Granda di Milano, XV sec.

Il Lazzaretto di Milano (illustrazione cinquecentesca). L’edificio dell’antico ospedale degli incurabili di Venezia.

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ATTI

VITÀ

2 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato

Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato

Mostra quello che sai

7 Osserva l’immagine a p. 113 e rispondi alle domande: quale ti sembra la condizione sociale dei soggetti rappresentati? Da che cosa lo deduci?

Osserva, rifletti e rispondi alle domande

1 Osserva la cartina a p. 112 e, confrontandola con la cartina di p. 35, rifletti sul rapporto tra flussi e centri commerciali: quali sono le tre aree in cui si concentra il maggior numero di scambi di merci?

2 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene. Infine distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili alla crisi del Trecento, quelli che riguardano la crisi dell’impero e quelli che si riferiscono al declino del papato.

1 XIII secolo 2 XIV secolo 3 XV secolo

a Tra il e il la peste si diffonde in tutta Europab Nel papa Clemente V emana la bolla Quamvis perfidiam in difesa degli ebrei, accusati di essere

i responsabili del contagio della pestec Nel in Francia esplode una violentissima insurrezione contadina, la jacquerie, che devasta i castelli

dei nobili nell’Île de Franced Nel a Firenze scoppia il tumulto dei Ciompi, in crisi per il calo della domanda di pannie Nel Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro romano impero, promulga le Costituzioni

di Melfi, che dovevano chiarire l’interpretazione e l’applicazione del dirittof Nel muore Federico II e da questo momento le fortune imperiali conoscono un inesorabile declinog Nel Carlo I d’Angiò (fratello del re di Francia) sconfigge a Benevento Manfredi (figlio di Federico)

estromettendo gli Svevi dall’Italia meridionaleh Nel la durezza del governo degli Angiò in Italia meridionale causa la rivolta antifrancese dei Vespri sicilianii Nel i più potenti feudatari tedeschi emettono la Bolla d’Oro, che stabilisce la modalità dell’elezione

imperiale affidando il potere a sette grandi elettoril Dal il titolo imperiale passa agli Asburgo d’Austria, che lo mantengono fino alla scomparsa del Sacro

Romano Impero nel 1806m Nel muore Bonifacio VIII, pochi giorni dopo la sua liberazione da Anagnin Nel ha inizio il «Grande scisma d’Occidente»

3 Completa il testo. Attenzione: alcuni concetti non vanno usati.

universali • esaurimento • aumento • sfavorevole • carestie • minore • maggiore commerci • Germania • Spagna • Occidente • Oriente • debolezza • superiorità

InEuropa ilXIVsecoloècaratterizzatodaunagravecrisieconomicaesociale,cheglistoricihannosoprannominato «crisi del Trecento», nonché dall’inizio dell’inesorabile decadenza dei poteri (1) :l’imperoeilpapato.All’origine della crisi vi è un brusco calo della produzione agricola (dovuto all’(2) delle terre coltivabili e alla minore resa dei terreni fertili, ma anche da una situazione climatica (3) edallenumeroseguerreescorrerie)aseguitodellaqualel’economiaentrainunafasedi grandidifficoltà.Al calodellaproduzioneagricola seguono (4) ed epidemie checausanounafortediminuzionedellapopolazione; la (5) domanda di beni, poi, determinalacrisideisettorialimentareeartigianalenonchéladiminuzionedei(6) e unafortelimitazionedelleattivitàfinanziarie.SeguirannotensionierivoltesocialiintuttaEuropa.Neglistessianni,inseguitoalfallimentodelprogettouniversalisticodiFedericoIIdiSvevia,l’imperoconosce un lento ma ineluttabile declino, sia in Italia che in (7) . Anche il papato, che nelDuecentoeraancoraingradodiimporrelasuperioritàdelpoterespiritualesulpoteretemporaledei re, subisce una battuta di arresto: la «cattività avignonese» e lo «scisma d’(8) »mostrano la (9) dellaChiesachediventasemprepiùvittimadeglioppostiinteressideireali europei.

4 Collega ogni concetto al significato che assume nel periodo della crisi del Trecento.

1 Equilibrio alimentare 2 Tenore di vita 3 Focolaio 4 Coatto 5 Produzione manifatturiera 6 Gettito fiscale 7 Regola morale 8 Scisma

5 Prova a riflettere sul significato di «fanatismo» e scrivi un esempio di fanatismo nel Trecento e di fanatismo ai giorni nostri.

a Condizione in cui le risorse di cibo disponibili sono in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazioneb Insieme delle operazioni che trasformano le materie prime in prodotti di consumo (la canapa e il lino in tessuti;

il luppolo in birra)c Rendita, provento, introito; a causa della sua diminuzione, i sovrani non sono in grado di restituire i prestiti ai banchierid Formula che prescrive come agire e comportarsi, in rapporto all’idea del bene e del male; Wycliffe considerava la Bibbia

come unica fonte di ispirazione per il comportamento umanoe Separazione da una chiesa o da una confessione religiosa dovuta non a divergenze di carattere dottrinale, bensì a contrasti

di natura disciplinare, liturgica o giuridicaf Punto di diffusione di processi morbosi come la pesteg Imposto con la forza o per legge; i malati di peste erano costretti al ricovero nei «lazzaretti»h Modo di vivere, con particolare riferimento al livello economico e alle spese che si possono sostenere

6 Osserva la mappa concettuale relativa all’economia europea tra XIV e XV secolo. Poi rispondi alle domande.

1 Quali sono le trasformazioni in agricoltura?

2 Quali sono le trasformazioni nel settore artigianale e manifatturiero?

3 Che cosa succede alle attività finanziarie?

Come si trasforma l’economia del Trecento

Esplora il macrotema

132 © Loescher Editore – Torino 133© Loescher Editore – Torino