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I I I T T I I N N E E R R A A R R I I N N A A S S C C O O S S T T I I D D I I R RO O M M A A A A N N T T I I C C A A N N . . 2 2 F F e e b b b b r r a a i i o o 2 2 0 0 0 0 3 3 1 1 , , 5 5 0 0 LA STORIA DI ROMA LA STORIA DI ROMA nei luoghi e nei monumenti nei luoghi e nei monumenti Supplemento al n. 2/2003 di Forma Urbis - Spedizione in abbonamento postale 45% Art. 2 comma 20b L. 662/96 filiale di Roma - 1,50 E.S.S. EDITORIAL SERVICE SY STEM S.r.l. PARTE II PARTE II

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E.S.S.EDITORIAL

SERVICESYSTEM S.r.l.

PARTE IIPARTE II

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“Collana archeologica”

supplemento di FORMA VRBIS

Da gennaio 2003

LA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumenti

Con il nuovo anno è iniziata una collana di

tascabili che intende illustrare i luoghi e i

monumenti della città antica, sulle tracce delle

tradizioni e dei miti delle origini, spesso riva-

lutati dagli studi più recenti, e della storia uffi-

ciale.

La serie sarà presentata in modo da accom-

pagnare il lettore nei luoghi più significativi

della città per poter offr ire i r ifer imenti

archeologici relativi agli avvenimenti descritti.

Nella serie saranno comprese alcune parti e

alcuni numeri riguardanti la vita quotidiana,

gli istituti politici e religiosi necessari per ten-

tare di comporre un quadro sufficientemente

indicativo della storia di Roma antica.

- Abbonamento ai «tascabili» € 15,50

- Abbonamento a FORMA VRBIS € 41,30

- Abbonamento a FORMA VRBIS + i «tascabili» € 50,00

Per informazioni: Tel. 0671056.1 (10 linee r.a.) Fax 0671056230

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Collana archeologica

LA STORIA DI ROMA

nei luoghi e nei monumentidi Franco Astolfi

PARTE II

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Roma 2003

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DIREZIONE SCIENTIFICAPROF. BERNARD ANDREAEDOTT. CLAUDIO MOCCHEGIANI CARPANO

DIRETTORE RESPONSABILESILVIA PASQUALI

COORDINAMENTO REDAZIONALE E SEGRETERIAROBERTO LUCIGNANI, LIDIA LAMBERTUCCI,ERMETE BONARDI, LAURA SIGNANI

GRAFICA, DOCUMENTAZIONEFOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

DISEGNIPIETRO RICCI

COMITATO SCIENTIFICO:MARIA ANDALORO Universi tà del laTuscia; FRANCO ASTOLF I Soprin tendenzaArcheologica di Roma; GIULIANA CALCANI Università di RomaTre; FILIPPO COARELLI Università di Perugia; PAOLA DI MANZANO SoprintendenzaArcheologica di Roma;DARIO GIORGETTI Università di Bologna; EUGENIO LA ROCCA Sovraintendente aiBeni Culturali del Comune di Roma; FEDERICO MARAZZI Università “Suor Orso-la Benincasa”, Napoli; PAOLO MORENO Università di Roma Tre; LUISA MUSSO Università di Roma; EMILIO RODRIGUEZ ALMEIDA, Ricercatore FormaUrbis marmorea.PATRIZIA SERAFIN PETRILLO II Università diRoma Tor Vergata;

EDITORE E.S.S. Editorial Service SystemVia di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Romae-mail: [email protected] http//www.sysgraph.comPubblicazione registrata presso il Tribunaledi Roma n° 548/95 del 13/11/95

DIREZIONE, REDAZIONE EAMMINISTRAZIONEE.S.S. Editorial Service SystemVia T. S. Anastasia, 61 - 00134 Roma

PUBBLICITÀ E DIFFUSIONELAURA PASQUALI

ABBONAMENTI:L’abbonamento partirà dal primo numeroraggiungibile tranne diversa indicazione.

TASCABILIITALIA: annuale 15,50 euro FORMA VRBIS+TASCABILEITALIA: annuale 50,00 euro ESTERO: annuale 80,00 euro

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STAMPA System Graphic Srl Via di Torre Santa Anastasia, 61 -00134 Roma - Telefono 0671056.1

DISTRIBUTORE ROMACoop. Orsetto 2000 Via Graziano, 18 - 00165 Roma

Nessuna parte della presente pubblica-zione può essere riprodotta in alcun modosenza il consenso scritto dell’Editore

Finito di stamparenel mese di febbraio 2003© Copyright E.S.S.

supplemento al n. 2/2003di FORMA VRBIS,

Itinerari nascosti di Roma antica

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LA STORIA DI ROMA NEI LUOGHIE NEI MONUMENTI

Romolo, il re fondatoreMentre la moderna critica storica è ormai concorde

nell’ammettere l’esistenza di un lungo periodo monar-chico nei primi due secoli e mezzo di vita della città, per-mane ancora una certa diversità di pareri tra gli studiosiper quanto riguarda le figure dei singoli re e soprattuttoil loro reale numero. E’ infatti evidente che, ammettendola durata di circa duecentocinquanta anni indicata dallefonti antiche (confermata peraltro in gran parte dalletestimonianze archeologiche), il numero di soli sette reche si sarebbero succeduti al governo cittadino in questoperiodo risulta del tutto insufficiente. E’ piuttosto proba-bile invece, che la lista dei regnanti sia stata ben più nutri-ta e la limitata serie di sette dipenda sostanzialmente dal-le suggestioni di carattere magico che in tutte le cultureantiche si accompagnavano a questo numero (i sette pia-neti, i sette Savi di Grecia ecc.). Per quanto riguarda infi-ne l’effettiva consistenza storica dei sette re tradizionali,dopo l’eccessiva fiducia accordata in tempi passati ai rac-conti leggendari e le impostazioni eccessivamente demo-litrici dei periodi più recenti, si è passati attualmente acriteri di ricerca improntati ad un maggiore equilibrio,che hanno condotto al progressivo recupero di quasi tut-ta la serie. Da questa generale rivalutazione è comunqueesclusa la figura di Romolo - nome chiaramente deriva-to da quello della città - al quale vengono attribuiti epi-sodi ed azioni di governo pertinenti in gran parte ai suoisuccessori. E’ stato notato che anche lo stesso raccontodell’abbandono dei gemelli nel fiume non è altro chel’ennesima versione di un noto tema popolare elaboratospesso per supplire alle oscure origini di eroi fondatori o

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di grandi uomini in generale. E’ questo il caso, ad esem-pio, di Ciro il Grande fatto abbandonare dal nonno Astia-ge, re dei Medi; o di Sargon re della città di Accad, ilmonarca babilonese fondatore del più antico regno semi-tico della Mesopotamia (2300 a.C. ca.), gettato nelleacque di un fiume dalla stessa madre (anche in questocaso una sorta di vestale); ed infine di Mosé, che nelnome stesso (salvato, tratto fuori) ricordava la circostanzadel suo fortunoso salvataggio dalle acque del Nilo daparte della figlia del Faraone. Per quanto riguarda infinela sua funzione di fondatore, l’affinità che la figura diRomolo presentava con altri eroi del mito viene sottoli-neata dallo storico Plutarco, che nelle sue “Vite Parallele”accosta il primo re di Roma a Teseo, artefice della riu-nione di tutti gli abitanti dell’Attica nella città di Atene.Lo stesso Plutarco, in uno dei racconti più romanzatiriguardanti le vicende dei due gemelli, fornisce un signi-ficativo esempio di come la vita di Romolo sia statacomposta con elementi desunti da altri miti e riguardan-ti altri personaggi. Narra lo storico che un giorno nellacasa di Tarchezio, re degli Albani, apparve prodigiosa-mente un enorme membro virile che sembrava uscitodal focolare. Interpellato l’oracolo, come si usava fare incasi del genere, la risposta fu che il re avrebbe dovuto faraccoppiare con il “demone del focolare” una vergine; daquesta unione sarebbe poi nato un figlio che avrebbeprevalso su tutti gli uomini della terra. Allettato da questapossibilità, Tarchezio impose allora ad una delle propriefiglie di unirsi al prodigioso mostro; ma la fanciulla, pre-sa da disgusto, si fece sostituire da una giovane serva chein seguito partorì due gemelli. L’inganno fu però scoper-to da Tarchezio che consegnò i due bambini ad un servocon l’ordine di ucciderli; quest’ultimo, mosso a pietà, silimitò ad abbandonarli sulla sponda di un fiume dovefurono nutriti da una lupa e poi allevati da un pastore.Divenuti adulti e conosciute le origini della loro nascita

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e la causa delle loro sventure, i due ragazzi infine si ven-dicano uccidendo Tarchezio. E’ questo uno dei tantiesempi di come nella vita di Romolo siano stati inseritiepisodi (reali o fantastici) riguardanti le “biografie” dialtri re. Per quanto riguarda la vicenda di Tarchezioabbiamo l’anticipazione dell’origine leggendaria di Ser-vio Tullio, penultimo re di Roma, che secondo la tradi-zione era nato da una serva della casa di Tarquinio Priscofecondata da un fallo scaturito dal fuoco di un’ara.

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Immagine di Romolo su una moneta di bronzo del tempo di Adriano.

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Il cosiddetto Tempio di Romolo al Foro Romano.

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Uno dei primi atti di governo che la tradizione attri-buisce a Romolo è l’istituzione dell’Asilum, cioè la pos-sibilità, per chiunque l’avesse voluto, di venire a stabilirsinella città da lui fondata. Il luogo di raccolta per i nuoviarrivati, spesso fuggiti dal altre città, viene fissato in unpunto situato fra le due cime boscose del colle Capitoli-no, corrispondente attualmente alla piazza del Campido-glio. Questo originale espediente, motivato dalla volontàdi incrementare velocemente il numero degli abitanti,avrà però come diretta conseguenza la negazione deldiritto di connubio da parte dei rappresentanti dei centrivicini, che non intenderanno affidare le proprie donne agente di così oscure origini. Agli ambasciatori che ilSenato romano manda in seguito nelle varie città perpromuovere i matrimoni viene infatti ironicamente con-sigliato di “aprire a Roma un asilo anche per le donne, cheallora sarà davvero un degno accoppiamento” (Livio). Per pro-curare mogli e compagne ai suoi nuovi sudditi, Romolodecide allora di ricorrere a metodi più sbrigativi. Dopoaver indetto dei giochi in onore di Conso (divinità pro-tettrice dei granai e dei depositi di viveri) invita ai festeg-giamenti i Sabini che, mossi dal desiderio di vedere lanuova città, accorrono in massa con mogli e figli al segui-to. Mentre tutti gli ospiti sono intenti a seguire gli spet-tacoli e le manifestazioni religiose, ad un segnale conve-nuto i Romani si gettano sulle donne dei Sabini scate-nando il tumulto generale. Lo storico Livio, al quale dob-biamo una suggestiva descrizione dell’avvenimento, citiene a precisare che l’esecuzione materiale del ratto fuesclusiva opera dei plebei, mentre i patrizi si limitarono adare incarico ai loro clienti di catturare le donne più bel-le e di portarle direttamente alle loro case. Gli altri auto-ri che riportano l’episodio si sbizzarriscono nel calcolodelle donne rapite, tutte nubili ad eccezione di una certaErsilia, rapita per sbaglio (Plutarco) o perché volevarimanere accanto ad una sua sorella minore. Dionigi di

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Particolare del fregio della Basilica Emilia con scena di battaglia traromani e sabini

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Moneta di epoca sillana con scena dell’uccisione di Tarpea.

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Alicarnasso indica in 683 il numero delle vergini sottrat-te ai genitori ed assegnate ad altrettanti maschi della città,mentre Plutarco ci informa che il ricordo del rapimentodelle donne sabine è perpetuato nell’usanza - ancoraoggi largamente seguita - di sollevare la sposa nelmomento in cui varca la soglia di casa. Il drammaticoepisodio del ratto contribuì ad aumentare l’ostilità che gliabitanti delle città vicine nutrivano nei confronti deiRomani, che oltre a diventare sempre più numerosi epotenti, erano accusati di aver infranto le tradizionali leg-gi dell’ospitalità.

Dopo avere inutilmente chiesto la restituzione delleloro donne, i Sabini muovono con il loro esercito verso

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Particolare del fregio della Basilica Emilia con scena del ratto delle sabine.

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Roma riuscendo a conquistare la rocca del Campidogliodalla quale tentano poi l’assalto alla città del Palatino. Tea-tro tradizionale della lotta tra i due eserciti è la valleinterposta tra le due colline, destinata a diventare il segui-to il Foro della città, ma che in questo periodo dovevaancora conservare l’aspetto di un vasto acquitrino ai mar-gini del quale gli abitanti dei villaggi vicini seppellivanoun tempo i loro morti. Ed è qui che i due eserciti nemi-ci si affrontano dando vita - come in una specie di caro-sello o torneo cavalleresco - ad un frenetico andirivienifatto di attacchi e contrattacchi, mentre il popolo, assie-pato sulle colline circostanti, assiste agli scontri incitandoi contendenti come avrebbe fatto nei futuri spettacolidell’anfiteatro (Dionigi). Nell’incessante movimento diandata e ritorno degli eserciti lungo l’asse della futura ViaSacra, vengono toccati e menzionati alcuni dei piùimportanti monumenti della zona, la cui fondazione èperò quasi sempre pertinente ad un periodo successivo aquello degli avvenimenti narrati. All’inizio delle ostilità iRomani attaccano il Campidoglio smaniosi di riconqui-stare la rocca occupata dal nemico in seguito al noto epi-sodio del tradimento di Tarpea. Ma caduto nell’azioneOsto Ostilio, uno dei generali di Romolo, l’esercito si daa precipitosa fuga indietreggiando disordinatamente finoalla porta Mugonia, situata a poca distanza dal puntodove sorge ora la basilica di Massenzio. Nel tentativo diarrestare i suoi soldati, Romolo invoca allora Giove Sta-tore, cioè Giove nella veste di “arrestatore” degli esercitiin fuga, promettendogli la costruzione di un tempio nelpunto in cui il suo esercito si sarebbe finalmente fermatoper affrontare il nemico.

Il Tempio di Giove StatoreIdentificato attualmente nel cosiddetto tempio di

Romolo (figlio di Massenzio) situato sul lato settentrio-

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nale della via Sacra, il tempio di Giove Statore si presen-ta ora con le forme assunte in seguito alle ricostruzionidel IV secolo d.C. Si tratta di un edificio in lateriziocoperto a cupola e caratterizzato da una scenografica fac-ciata di forma semicircolare, nella quale si aprono quattronicchie destinate a contenere statue. Il portale d’ingresso,inquadrato da due colonne di porfido, conserva ancora laporta di bronzo originale munita di una serratura di tipoparticolarmente elaborato. Probabilmente in origine ilsacrario di Giove doveva consistere semplicemente in unluogo dedicato alla divinità (fanum), mentre il tempio

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Particolare del fregio della tomba degli Hatereii con la rappresentazione del Tem-pio di Giove Statore.

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vero e proprio fu costruito soltanto nel 294 a.C. durantela terza guerra sannitica. Come possiamo vedere da unrilievo marmoreo (sepolcro degli Haterii) che lo rappre-senta assieme ad altri monumenti, il tempio antico era dinotevoli dimensioni ed aveva sei colonne sulla fronte. Ilsimulacro di Giove custodito nella cella aveva nella manodestra la folgore, mentre le gambe erano affondate in unblocco di pietra, quasi a indicare la fermezza del dio nel-l’arrestare i soldati fuggitivi. Nel 63 a.C., nel corso di unariunione del Senato tenuta all’interno del tempio, Cice-rone (che aveva la casa nelle immediate vicinanze, in cor-rispondenza dell’attuale via dei Fori Imperiali) pronun-cerà la prima delle sue famose orazioni contro Catilina.

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Il Lacus Curtius sulla piazza del Foro Romano.

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Dopo che il provvidenziale intervento di Giove avevaconsentito all’esercito romano di riorganizzarsi, la batta-glia si sposta nuovamente verso la valle del Foro che inquei giorni era abbondantemente inondata dalle acquedel Tevere in piena. Nel corso dello scontro un cavalieresabino di nome Mezio Curzio cade in un punto profon-do della palude riuscendo soltanto dopo molti sforzi asalvarsi conservando anche le proprie armi. Comeavverrà per altre fasi salienti della lunga e cruenta lotta,l’episodio sarà ricordato nei miti celebrativi elaborati inseguito, e dal cavaliere sabino, protagonista dell’eventoprodigioso, il luogo prenderà il nome di Lacus Curtius.Un’altra versione del mito, ispirata certamente ad unmaggiore sentimento nazionale, riguardava invece ilsacrificio compiuto per placare le divinità infere da uncavaliere romano di nome Marco Curzio, che nel 362a.C. si sarebbe gettato in una voragine che si era apertaimprovvisamente nel mezzo del Foro. Una terza versio-ne, meno suggestiva delle precedenti ma certamente piùattendibile, voleva infine spiegare il toponimo con lacaduta di un fulmine avvenuta nel 445 a.C., in seguitoalla quale il luogo fu delimitato e consacrato ad opera diGaius Curzius Philo, console di quell’anno.

Il Lacus CurtiusAttualmente il Lacus Curtius è costituito da un’area di

forma approssimativamente trapezoidale situata ad unlivello inferiore a quello del pavimento del Foro, al cuiinterno si vedono i resti di un pozzo circolare e di alcu-ni cippi o altari. Prescindendo dalle leggende elaboratedagli annalisti del III secolo a.C. per spiegare l’originedell’antico toponimo, il Lacus Curtius è da considerare ilmonumento che ricordava l’antica palude del Foro, o piùprobabilmente il punto in cui sgorgava una delle tantesorgenti che - assieme alle acque del Tevere - contribui-vano a determinare il carattere acquitrinoso del luogo.

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Quando, con la progressiva espansione dell’abitato, la val-le del Foro aveva ormai assunto l’aspetto di una grandepiazza nella quale si tenevano i commerci e si svolgevanole principali cerimonie civili e religiose, le antiche sor-genti (che non potevano essere eliminate a causa del lorocarattere sacro) furono circoscritte e sistemate in mododa conferire loro un aspetto monumentale in armoniacon il contesto generale. E’ questo il caso, ad esempio, del-la vicina fonte di Giuturna, sorgente di acqua medica-mentosa situata presso il tempio dei Castori, e probabil-mente del Lacus Servilius, cioè di una fontana monumen-tale posta all’estremità settentrionale della piazza. Duran-te il regno di Augusto al Lacus Curtius si svolgeva una sin-golare cerimonia durante la quale il popolo faceva offer-te in denaro gettando monete nel puteale per propiziarela salute dell’imperatore. Il luogo è ricordato inoltre daglistorici in occasione della morte di Galba, ucciso in que-

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Sopra: Rilievo di epoca augustea con la raffigurazione del cavaliere Marco Cur-zio.

Nella pagina accanto: Pianta del Lacus Curtius.

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sto punto dai suoi attentatori.Nel campo dell’iconografia antica l’episodio del cava-

liere romano Marco Curzio che sacrifica la propria vitaper placare gli dei, è raffigurato su una gemma, su alcunelucerne e in un rilievo marmoreo del periodo di Augu-sto (forse parte di una transenna che recingeva il bacino)rinvenuto nel 1553 presso la colonna di Foca e attual-mente conservato nel palazzo dei Conservatori al Cam-pidoglio. In quest’ultima rappresentazione vediamo uncavaliere con armatura e lancia in resta, che sprona il pro-prio cavallo rappresentato con le zampe anteriori piega-te come se stesse cadendo verso il basso. E’ stato osserva-to che la presenza di alcune canne palustri visibili all’e-stremità sinistra della scena, potrebbe far pensare che loscultore si sia ispirato alla vicenda del cavaliere sabino, mail forte sentimento nazionale che caratterizzava l’epoca incui fu eseguita l’opera, nonché le stesse armi del perso-naggio, tra le quali spicca il caratteristico scudo tondo deicavalieri Romani, ha fatto propendere decisamente perl’identificazione con Marco Curzio.

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La Fonte di Giuturna.

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Durante una delle fasi più concitate della lotta, i dueeserciti si affrontano verso l’estremità nord-orientale delForo, nei pressi dell’attuale Curia del Senato dove, secon-do Macrobio, era la porta che delimitava il territorioromano dalla parte del Viminale. Per impedire il passag-gio dei Sabini che stanno attaccando in quel punto, iRomani tentano di sbarrare la porta che però, misterio-samente, si riapre da sola per ben tre volte. Spaventati dal-l’evento prodigioso e dalla notizia che il nemico stasopraggiungendo da un altro punto della città, i Romanifuggono precipitosamente. Ma mentre i Sabini si appre-stano a varcare la porta ormai incustodita, dal vicino tem-pio di Giano scaturiscono ripetuti e potenti getti diacqua bollente che mettono in fuga il nemico. In ricordodi questo nuovo prodigio ed in onore del dio che hacontribuito a salvare la città, verrà in seguito decretatoche, in tempo di guerra, le porte del tempio di Gianodovranno rimanere sempre aperte.

Il Tempio di GianoIl primo tempio dedicato a Giano (Ianus Geminus),

che la tradizione considerava fondato durante il regno diRomolo o del suo successore Numa Pompilio, era situa-to all’inizio dell’Argiletum, la strada di grande traffico chepartendo dal Foro Romano conduceva al popoloso quar-tiere della Suburra correndo lungo la direttrice dell’at-tuale via della Madonna dei Monti. Secondo la descri-zione che ne fanno gli autori antichi, il tempio dovevapresentare un aspetto inconsueto, simile ad un doppioarco trionfale e con le pareti esterne foderate di lastre dibronzo. La cella conteneva la statua del dio che aveva latesta con due facce rivolte verso le due porte contrappo-ste dell’edificio. Nume tutelare di ogni inizio e di ogniingresso privato o pubblico, sotto la protezione di Gianoera posta sia la porta della casa (Ianua) che gli stessi con-fini della città: così era chiamato Gianicolo il colle situa-

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to sulla sponda destra del Tevere, alla frontiera di Romaarcaica, primo avamposto romano verso il territorio etru-sco. Nel duplice aspetto di entità che apre e chiude (Patul-cius e Clusius) Giano era inoltre il protettore delle par-tenze e dei ritorni. Sotto gli auspici di Giano erano postil’inizio dell’anno (Ianuarius) e del giorno (Ianus Matuti-nus). Quale divinità strettamente connessa col tempo econ l’anno solare, il simulacro del dio conservato neltempio del Foro Romano, presentava le dita delle duemani modellate in modo da formare il numero 365, cor-rispondente ai giorni del calendario. Lo strano gesto sim-bolico, indicato con certezza da Plinio e Macrobio che lo

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Moneta del tempo di Nerone con la raffigurazione del Tempio di Giano Gemi-no.

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descrivono in qualità di testimoni oculari, è stato spiega-to pensando che la statua doveva presentare tre dita di unamano curvate in modo da formare CCC (trecento); l’al-tra mano invece doveva avere due dita (pollice e indice)poste ad angolo retto per formare una L (cinquanta) e lealtre tre piegate ad angolo acuto in modo da formare treV (quindici). Recentemente è stato proposto di indivi-duare il tempio di Giano (che secondo Procopio eraancora perfettamente integro verso la metà del VI secolod.C.) in una struttura in laterizio visibile su un angolodella basilica Emilia, all’incrocio tra la via Sacra e l’Argi-leto.

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Giano bifronte in una moneta di età repubblicana.

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Resti del probabile Tempio di Giano al Foro Romano.

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Particolare della porta bronzea del cosiddetto Tempio di Romolo.

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Nonostante i ripetuti interventi divini a favore deiRomani, la lotta tra i due eserciti non sembra comunquegiungere a conclusione. Ed è allora che le donne Sabine,che hanno ormai contratto vincoli famigliari ed affettivicon i loro rapitori, decidono di intercedere presso i paren-ti pregandoli di cessare definitivamente le ostilità. Stipulatafinalmente la pace, Romolo e Tito Tazio decidono di uni-re i loro sudditi in un unico popolo, che sarebbe statogovernato da entrambi con pari autorità. Anche in questocaso la tradizione antiquaria collegava il ricordo dell’episo-dio ad alcuni dei più antichi luoghi di culto del ForoRomano. Da Plutarco sappiamo che l’incontro tra i due reavvenne nel punto in cui sarà costruito in seguito il Volca-nale, o santuario sacro a Vulcano, recentemente riconosciu-to nel cosiddetto Niger Lapis presso la Curia del Senato. Lecerimonie finali che sanciranno il patto di alleanza sarannocelebrate invece presso il sacello di Venere Cloacina sullaVia Sacra, dove i due eserciti si purificheranno del sangueversato in guerra bruciando ritualmente rami di mirto.

Il Sacello di Venere CloacinaIl sacello di Venere Cloacina (il cui nome viene fatto

derivare da cluere, purificare, da cui cloaca), è ancora inparte esistente sul lato nord orientale della piazza del ForoRomano, davanti alla basilica Emilia. Si tratta di una pic-cola edicola circolare, di cui si conserva il solo basamento,il cui aspetto originario è conosciuto soltanto da alcunemonete. Il sacello era a cielo aperto e delimitato sempli-cemente da una recinzione metallica al cui interno eranodue piccoli simulacri che rappresentavano probabilmenteVenere e la dea Cloacina, raffigurata armata e simile ad unimmagine di Minerva. La tradizione antiquaria affermavache il sacello era stato fondato da Tito Tazio nel punto incui fu stretto il patto di pace con i Romani, corrispon-dente probabilmente al confine tra i territori controllatidai due popoli al momento della tregua.

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Conclusa la pace e terminate le cerimonie rituali,Romolo e Tito Tazio (che fisserà la sua dimora sul Cam-pidoglio) regneranno assieme per un certo periodo, fin-ché quest’ultimo non verrà ucciso dagli abitanti di Lavi-nio che intendevano vendicare un affronto fatto dai Sabi-ni agli ambasciatori della loro città. Dionigi, Livio e Plu-tarco, che narrano con dovizia di particolari quest’ultimodrammatico episodio, si preoccupano comunque di farnotare che Romolo non si dimostrò affatto turbato dal-l’accaduto, e anzi si affrettò a prosciogliere da ogni accu-sa gli attentatori e a rinnovare i patti di alleanza con Lavi-nio. Dopo sei anni di regno in comune la scomparsa diTazio - che verrà seppellito sull’Aventino dove già era latomba di Remo - offriva in sostanza a Romolo la possi-bilità di comandare da solo su una città diventata ormaigrande e potente anche per merito del suo scomparsocollega. Ma anche per Romolo - il cui regno era inizia-to con un fratricidio e si era consolidato tra continue lot-te - il destino aveva riservato una fine oscura e tragica.Come per gran parte delle vicende leggendarie legate alperiodo delle origini, anche in questo caso le fonti cioffrono due versioni diverse sulla fine del re fondatore. Laprima, dettata certamente da sentimento patrio e chesembra anticipare le apoteosi riservate ai futuri imperato-ri, voleva che Romolo fosse stato rapito in cielo duranteuna tempesta, mentre passava in rassegna l’esercito nelCampo Marzio. La seconda, che ci introduce prematura-mente nel clima delle cruente lotte per il potere checaratterizzeranno gran parte del periodo imperiale, attri-buiva la fine di Romolo ad una congiura organizzata daisenatori che, nel corso di una seduta, avrebbero addirit-tura smembrato il corpo del re nascondendone i pezzisotto le vesti per seppellirli poi ad insaputa del popolo.Secondo gli storici più fiduciosi nei contenuti dei rac-conti tradizionali, al momento della sua scomparsaRomolo aveva cinquantaquattro anni ed era re da tren-

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Resti del sacello di Venere Cloacina davanti alla Basilica Emilia.

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totto. Nel tentativo di ricercare le origini dei principaliistituti politici e di giustificare gli accrescimenti territo-riali avvenuti in seguito, al primo re si sarebbero attribui-te varie guerre e numerose importanti iniziative, tra cui ladivisione dei cittadini in classi, la creazione del Senato el’organizzazione dell’esercito.

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Anno VIII • n. 2 ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA Febbraio 2003

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