introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

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INTRODUZIONE AI MODELLI PER IL PRICING DI TITOLI DERIVATI Materiale Didattico per il Corso di Modelli Matematici per i Mercati Finanziari Anno Accademico 2003-2004 Lucio Geronazzo e-mail: [email protected].it Tel.: 055-4796-822 6 maggio 2004

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Materiale Didattico per il Corso di Modelli Matematici per i Mercati Finanziari.Anno Accademico 2003-2004.Lucio Geronazzo

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Page 1: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

INTRODUZIONE AI MODELLI PER IL PRICINGDI TITOLI DERIVATI

Materiale Didattico per il Corso diModelli Matematici per i Mercati Finanziari

Anno Accademico 2003-2004

Lucio Geronazzoe-mail: [email protected]

Tel.: 055-4796-822

6 maggio 2004

Page 2: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Indice

1 INTRODUZIONE AI MODELLI DI PRICING. 31.1 Preambolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Lo Schema Generale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

2 UN MODELLO UNIPERIODALE. 72.1 Equilibrio del Mercato ed Arbitraggi. . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 Misure di Probabilità e Prezzi di Arrow-Debreu. . . . . . . . . . 16

3 UN MODELLO PER L’ INFORMAZIONE. 20

4 OPZIONI. 254.1 Relazioni Approssimate per il Prezzo di Opzioni. . . . . . . . . . 254.2 Rlazione di Parità Put-Call. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.3 Proprietà di convessità dei prezzi delle opzioni. . . . . . . . . . . 324.4 Un Breve Riassunto sulle Opzioni Esotiche. . . . . . . . . . . . . 34

5 MODELLI DISCRETI. 405.1 Definizioni e Primi Elementi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405.2 Lo Schema Binomiale Generale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

5.2.1 Prezzare Derivati nello Schema Binomiale Generale. . . . 485.3 Lo Schema Binomiale Ricombinante. . . . . . . . . . . . . . . . . 545.4 Prezzi di Arrow-Debreu e Alberi Binomiali Ricombinanti. . . . . 615.5 Alberi Binomiali Standard. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

5.5.1 Il Modello di Cox - Ross - Rubinstein (CRR). . . . . . . . 665.5.2 Il Modello a Probabilità Uguali. . . . . . . . . . . . . . . 67

5.6 Valutazione di Opzioni Americane. . . . . . . . . . . . . . . . . . 685.7 Valutazioni in Presenza di Dividendi. . . . . . . . . . . . . . . . . 70

5.7.1 Dividendi Proporzionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 715.7.2 Dividendi di Fissato Ammontare. . . . . . . . . . . . . . . 715.7.3 Dividendi Continui. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

5.8 Opzioni su Valute. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 775.9 Opzioni su Futures. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 785.10 Opzioni con Barriera. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

6 PROCESSI DI MARTINGALA E LOROUTILIZZO PER PREZ-ZARE DERIVATI. 816.1 Il Valore Atteso Condizionato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

6.1.1 Proprietà del Valore Atteso Condizionato. . . . . . . . . . 856.2 Processi di Martingala Discreti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 866.3 Il Pricing dei Derivati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

7 IL MODELLO DI BLACK E SCHOLES. 1007.1 Costruzione del Moto Browniano e Rappresentazione del Proces-

so Continuo dei Prezzi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1017.2 Derivazione della Formula di Black e Scholes. . . . . . . . . . . . 1077.3 Il Pricing delle Opzioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112

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7.4 La Volatilità Implicita. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1197.5 Le Strategie di Copertura e le ”Greche”. . . . . . . . . . . . . . . 1217.6 La Presenza di Dividendi. Opzioni su Valute e su Futures. . . . . 132

8 L’ASSICURAZIONE DI PORTAFOGLIO. 135

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1 INTRODUZIONE AI MODELLI DI PRICING.

1.1 Preambolo.

Chi si trova ad operare sui mercati finanziari intraprende un viaggio accompa-gnato da un unico inseparabile compagno: il rischio. Nei tempi recenti questocompagno si è fatto particolarmente invadente e molesto come dimostrano siagli effetti della estrema variabilità dei prezzi dei titoli negoziati, che l’improvvisainsolvenza la quale talvolta non risparmia neanche mastodontiche e secolari isti-tuzioni finanziarie. Rischio di mercato e rischio di credito sono le etichette con lequali si connotano l’incertezza insita nelle continue variazioni dei prezzi e l’aleaderivante dall’insolvenza. Altre tipologie di rischio affliggono chi svolge attiv-ità economiche (rischio industriale, rischio commerciale, ecc.), ma le prime duesono specifici attributi dei mercati finanziari dei quali ci si occuperà nel segui-to. Mentre per il rischio di credito solo di recente sono nati adeguati strumentidi copertura, affermandosi modelli matematici per la sua valutazione e con-seguente immunizzazione, il rischio di mercato viene fronteggiato già da quasimezzo secolo, da quando cioè i primi strumenti derivati (futures ed opzioni)hanno iniziato ad essere negoziati nelle borse. Di pari passo la teoria, elabo-rando strumenti sempre più sofisticati, ha portato alla costruzione di strumentiche gli operatori già impiegano regolarmente. In finanza, come in nessun altroramo dell’economia, è la pratica quotidiana a suggerire i problemi allo studioso,chiedendogli anche rapide ed efficienti soluzioni. Questo feedback fra mercati edaccademia ha ulteriormente accellerato lo sviluppo della modellistica la quale,al momento attuale, appare come un vasto corpo con innumeri articolazioni chetalvolta solo le sofisticate competenze del fisico teorico riescono a dominare.Ma tutto ciò non deve stupire. Dietro le luccicanti, caotiche buche ove i traderssi scambiano, con gesticolare affannoso e sintetico, volumi crescenti di titolistanno i backoffices, veri e propri centri dell’eminenza, dove il denaro flusce erifluisce e dove di conseguenza si può investire in ricerca al fine di ritagliare quelmargine di competitività in più che metta in scacco i concorrenti. E se non èfacile tenere il passo della innovazione nel campo degli strumenti negoziati, cosìcome nella relativa modellistica, alcuni risultati, che è spontaneo definire clas-sici, costituiscono il basamento teorico di ogni altro sviluppo concettuale. Ed èda questi capisaldi che occorre partire per addentrarsi verso i nuovi, suggestivipercorsi proposti dalla ingegneria finanziaria. Al centro di questo panoramaclassicheggiante (che, fra una decina di anni, dovrebbe arricchirsi del fascinodella decadenza) sta la formula di Black e Scholes, vero monumento alla ge-nialità matematica messa al servizio dei mercati. Ormai anche le calcolatricitascabili ne hanno incorporata la funzione e questo, più che il premio Nobel con-ferito ai suoi ideatori, fa testimonianza del successo e del livello di penetrazionedi massa che questa può vantare. In quanto segue, non potendo commettereil delitto di lesa maestà nei confronti della celebrata formula, se ne darà unasintetica esposizione, trascurando la complessa teoria dell’integrazione stocas-tica che le fa da supporto. Maggiore risalto verrà invece dato ad una versionediscretizzata (e notevolmente semplificata) della stessa. Non solo per gli ovvimotivi che fanno preferire il semplice al complicato, ma anche perchè attraver-

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so lo strumento discreto, e finito, degli alberi binomiali si riesce a prezzare unavasta gamma di nuovi strumenti che l’approccio tramite i processi stocasticicontinui non è in grado di prezzare. Un modello discreto, in fin dei conti, èuna approssimazione di un corrispondente continuo e se con il primo si riesconoa fare i conti, a prezzare decentemente, in sintesi a guadagnarsi la pagnotta,questo è un bel vantaggio. Ciò che si paga in termini di eleganza formale e dilucentezza teorica, lo si recupera così dal versante della implementazione nu-merica con la quale si possono vedere immediatamente i risultati concreti aiquali la teoria conduce.

Dovrebbe già emergere da queste premesse che gli aspetti computazionalidegli argomenti che verranno trattati rivestono altrettanta importanza dellateoria che li fonda e che senza la capacità di tradurlo in una procedura numerica,un albero binomiale, è poca cosa tanto flebili sono gli strumenti formali sui qualipoggia. E’ bene tenere presente che lavorare nel settore della finanza, se non sisceglie di diventare abili venditori di fondi, richiede di produrre risultati e chequesti risultati non sono parole, ma numeri.

Per tornare al tema del risachio dal quale si è partiti, deve essere altresìtenuto presente che l’operatore tipico al quale si farà riferimento è un interme-diario finanziario, ed in quanto tale avverso al rischio. Ciò significa che l’otticadalla quale osservare i vari strumenti che verranno introdotti è quella della neu-tralizzazione della incertezza e del rischio stesso. Come sarà evidenziato piùoltre, i modelli pricing dei derivati sono più preziosi per il loro sottoprodotto,rappresentato dal rapporto di hedging, che non per l’output naturale che è ilprezzo di equilibrio del titolo.

Prima di analizzare nei dettagli, sia gli strumenti finanziari che i modelli cheli riguardano, è utile fornire una sorta di cornice teorica all’interno della qualepossono poi collocarsi i singoli, specifici argomenti che verranno studiati. L’ideadelle proprietà generali di un modello discreto (ma ciò che varrà presentato èagilmente traducibile anche nel linguaggio del continuo) la si ottiene analizzandogli ingredienti che possono intervenire nonchè la loro connessione interna.

1.2 Lo Schema Generale.

La costruzione di un modello discreto per descrivere l’evoluzione di un mercatofinanziario parte la definizione dei seguenti elementi:

1. Uno spazio campionario finito Ω = ω1, ω2, .., ωn i cui elementi ωi rap-presentano possibili stati del mondo. Tale spazio viene strutturato comeuno spazio probabilizzato definendovi sopra una famiglia F di sottoinsie-mi di Ω, che costituiscono gli eventi, (tale famiglia, detta σ-algebra verràdefinita nella sezione dedicata all’analisi della informazione) ed una misuradi probabilità P . La terna (Ω,F, P ) è costituisce lo spazio probabilizzatosulla base del quale viene a costituirsi il modello. A ciascun evento diF è associabile, per ogni strumento presente nel mercato, una traietto-ria interpretabile come la realizzazione di una particolare serie storica diprezzi.

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2. Un insieme temporale T anche esso finito: T = t, t1, t2, ..., tm. In esso trappresenta l’istante iniziale mentre i tempi t1 < t2 < ... < tm definisconogli istanti ai quali i prezzi delle attività sono rilevati.

3. Un processo Bτ (τ ∈ T ) che rappresenta l’evoluzione di un deposito ban-cario (o del valore di un bond), con B0 = 1, Btk (ωj) > Btk−1 (ωj) ,∀ωj .Questa ultima condizione comporta che il deposito bancario vari in basead un tasso istantaneo (intensità istantanea) δt positiva, eventualmentenon costante. In un primo approccio Bt viene assunto deterministico, main generale sarà un processo stocastico.

4. Un processo ad N dimensioni: S(τ) = [S1 (τ) , S2 (τ) , ..., SN (τ)], τ ∈ T ,che rappresenta l’evoluzione dei prezzi di N attività rischiose. In τ = ti prezzi sono noti, mentre per tutti gli altri istanti dello scadenziario Trappresentano variabili aleatorie.

5. Una trading strategy Θ (τ) = Θ0 (τ) ,Θ1 (τ) , ...,ΘN (τ), τ ∈ T , doveΘj (τ) rappresenta la quantità del j−mo titolo detenuta in τ . e acquistatain tk−1. Θ0 (t) si riferisce alle unità di deposito (o di bonds). Si noti cheΘ (t) è anche esso un processo (aN+1 componenti), avente la particolaritàche, a differenza di S(t), i valori assunti sono noti con un periodo dianticipo. Infatti il portafoglio costruito in tk−1viene tenuto fino a t−k , cioèfino ad un istante immediatamente precedente a tk, quando si procede allaricalibratura. Il processo Θ (t) è governato da S (t) in quanto si assumeche le quantità di ciascuna attività inserite nel portafoglio dipendono dalloro prezzo all’inizio del periodo. La fonte di incertezza è dunque la stessache influenza i prezzi. Un processo stocastico con la proprietà di rivelareil suo valore con un periodo di anticipo è detto prevedibile.

A partire dagli elementi sin qui definiti è ora possibile costruire un pro-cesso ad una dimensione V (τ), (τ ∈ T ) che descrive il valore complessivo delportafoglio al tempo τ .

Per ogni tk ∈ T si definisce il valore V (tk) del portafoglio nel modo seguente:

V (tk) = Θ0 (tk)Btk +NXj=1

Θj (tk)Sj (tk) (1)

E’evidente che il valore del portafoglio dipende dalla trading strategy Θ (τ)postain essere.

Si consideri ora il valore V (tk) del prtafoglio all’istante tk. Se si consideraun istante immediatamente precedente tk, che verrà indicato con t−k , allora,essendo ancora la composizione del portafoglio quella posta in essere in tk−1(identificata dal vettore Θk−1), ai nuovi prezzi osservati in tk, si avrà:

V¡t−k¢= Θ0 (tk−1)Btk +

NXj=1

Θj (tk−1)Sj (tk) . (2)

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Se viceversa si considera l’istante t+k , immediatamente dopo la ricalibratura delportafoglio (identificato, quest’ultimo, dal vettore Θk), il valore V (t

+k ) è:

V¡t+k¢= Θ0 (tk)Btk1 +

NXj=1

Θj (tk)Sj (tk) (3)

In pratica si può supporre che ogni qualvolta si procede alla ricalibratura delportafoglio, si vende prima il portafoglio costruito il periodo precedente, realiz-zando l’importo V

¡t−k¢, acquistando immediatamente quello nuovo il cui v alore

è V¡t+k¢. Se è V

¡t−k¢< V

¡t+k¢, avendo il nuvo portafoglio un costo superiore a

quanto si ricava da quello detenuto, la strategia di trading richiede a questo pun-to una immissione di nuovi fondi. Qualora, al contrario, sia V

¡t−k¢> V

¡t+k¢,

allora il minor costo del nuovo portafoglio consentirà di distogliere parte deifondi precedentemente impiegati.

Di particolare interesse, per quanto verrà sviluppato nel seguito è il caso incui, ad ogni istante tk, si verifica l’ugualianza V

¡t−k¢= V

¡t+k¢. Si può quindi

dare la definizione seguente.

Definizione 1 Una strategia Θ tale che per ogni tk ∈ T , il valore del portafoglioverifica la relazione:

V¡t−k¢= V (t+k )

è detta starategia autofinanziantesi (self-financing trading strategy).

Sulla base di quanto sin qui esposto è possibile delineare la procedura at-traverso la quale prezzare un contingent claim il cui valore X alla scadenza tMdipende dal prezzo di una (o più) attività trattate sullo stesso mercato.

Si supponga infatti che esista una trading strategy di tipo self-financingtale che il valore V (tm) del portafoglio a scadenza coincida con il valore Xdel contingent claim, qualunque sia lo stato di natura ω che si verificherà allascadenza. Allolra il valore iniziale V (τ) del portafoglio corrispondente alla self-financing trading strategy deve essere anche il prezzo C (τ) del contingent claim.La ragione di questo risultato si fonda sul principio di assenza di arbitraggiche verrà sviluppato nel paragrafo seguente. E’ comunque facile comprendere,semplicemente fondandosi sull’intuito, che se uno strumento (nel caso presenteil portafoglio generato dalla trading strategy) replica a scadenza in manieraesatta i risultati di un contingent claim, il suo prezzo deve coincidere con quellodel claim stesso.

La possibilità di replicare il risultato di un definito strumento finanziario(o di un contingent claim) dipende dal mercato nel suo complesso, cioè dalsuo essere o meno in equilibrio e dall’insieme di strumenti che in esso vengononegoziati. In mercati semplici nei quali sono trattati pochi titoli di base èagevole, in genere, replicare strumenti semplici dipendenti da una unica at-tività sottostante, specialmente nel caso in cui il valore finale dello strumentoè indipendente dal percorso seguito dal prezzo del sottostante. Se invece lo

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strumento da prezzare è di natura più complessa, come è il caso di titoli il cuivalore finale dipende in qualche modo anche dal particolare processo seguitodal prezzo della attività sottostante, allora si può pervenire ad una relazionedi pricing solo integrando il mercato con altri, ulteriori strumenti dei quali sianoto il valore.

2 UN MODELLO UNIPERIODALE.

2.1 Equilibrio del Mercato ed Arbitraggi.

L’idea di arbitraggio si collega naturalmente alla situazione nella quale in unmercato finanziario, in un certo istante, esiste la possibilità di porre in essereportafogli il cui costo iniziale sia nullo, o che comportano un incasso (costonegativo), mentre a scadenza, qualunque sia lo stato del mondo ω ∈ Ω chesi realizza, non danno luogo ad alcun esborso. L’esistenza di opportunità diarbitraggio, con le conseguenti possibilità di realizzare guadagni certi di illimi-tato ammontare, è in aperto contrasto con il concetto di equilibrio. Nel presentecontesto quindi, un mercato in equilibrio è un mercato nel quale sono assenti op-portunità di arbitraggio, non consentendo il sistema vigente dei prezzi di porrein essere operazioni prive di rischio che consentano un arricchimento illimitato.

La prima conseguenza che discende dall’assumere che in un certo mercatosiano assenti opportunità di arbittraggio riguarda la relazione di identità chedeve legare differenti strumenti i quali forniscono, in qualunque stato del mondo,il medesimo risultato. In modo più preciso si può affermare quanto segue: incondizioni di equilibrio, se due strumenti forniscono all’epoca finale tm = T lostesso risultato, qualunque sia lo stato del mondo ω che si verifica, allora all’epoca iniziale τ devono avere lo stesso prezzo.

Come sarà precisato con maggiore dettaglio nel seguito, la condizione diassenza di aritraggi e la conseguente regola di identità dei prezzi appena enun-ciata, gioca un ruolo fondamentale per la valutazione ed il pricing di strumentifinanziari complessi quali i titoli derivati. Infatti se si deve prezzare uno specifi-co strumento e questo può essere replicato utilizzando un portafoglio compostodi altri strumenti il cui prezzo è noto, allora il prezzo del primo deve coinciderecon il prezzo del portafoglio che lo replica.

In un mercato ove siano presenti simultaneamente diverse attività rischioseil principio di assenza di arbitraggi può essere reso operativo studiando qualicondizioni devono complessivamente realizzarsi affinche il sistema dei prezzi siatale da escludere permanenti opportunità di guadagni illimitati.

Nell’analisi che segue, poichè si vuole unicamente evidenziare quale sia la ap-plicabilità del principio di non arbitraggio, ci si limita a considerare il contestouniperiodale nel quale si compiono operazioni di acquisto (o di vendita) all’iniziodel periodo e se ne conseguono i risultati (in termini monetari eventualmenteda tradurre in beni di consumo) alla fine dello stesso. Conseguentemente unadefinizione rigorosa di opportunità di arbitraggio verrà data proprio in riferi-mento ad uno schema di questo tipo, e non è concettualmente complicato farneuna estensione al caso pluriperiodale.

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Si supponga di essere al tempo t = 0 e che in un tempo successivo T sipossano presentare m possibili stati di natura: Ω = ω1, ω2, ..., ωm, ciascunocon probabilità P1, P2, ..., Pm.

Al tempo t = 0 si può accedere ad n attività rischiose (scommesse, acquistodititoli azionari o altro), essendo p = (p1, p2, ..., pn) il vettore dei prezzi delleattività. Per ciascuna di esse il risultato (payoff) al tempo T dipende dallostato di natura che si verifica. La matrtice X ha come elementi i diversi payoffche si possono conseguire in relazione a ciascuna attività rischiosa se si verificauno specifico stato di natura:

X =

x11 x12 .... x1nx21 x22 .... x2n.... .... .... ....xm1 xm2 .... xmn

dove xij è il payoff fornito dalla j-ma attività qualora si verifichi lo stato ωi.

Si definisce portafoglio un vettore α = (α1, α2, ..., αn) le cui componentirappresentano le quantità del corrispondente titolo che ne fanno parte. Se èαj > 0 il titolo j-mo è detenuto in posizione long (cioè viene acquistato einserito nel portafoglio), mentre se è αj < 0 il titolo è detenuto in posizioneshort, cioè viene venduto allo scoperto incassandone il prezzo e trasformandoin obblighi di pagamento i futuri incassi a cui dà luogo.

Il vettore y del pay-off aleatorio generato dal portafoglio α lo si ottienemoltiplicando la matrice X per il vettore α:

x11 x12 .... x1nx21 x22 .... x2n.... .... .... ....xm1 xm2 .... xmn

α1α2...αn

=

x11α1 + ...+ x1nαnx21α1 + ...+ x2nαn

.................xm1α1 + ...+ xmnαn

(4)

Infatti, il valorenP

j=1x1 jαj indica proprio il pay-off fornito dal portafoglio qualo-

ra si verifichi lo stato del mondo ω1, il valorenP

j=1x2 jαj il pay-off fornito dal

portafoglio nell’ipotesi che si verifichi ω2, e così via. Il vettore y = (y1, y2, ..., ym),

la cui generica componente è yi =nP

j=1xijαj , rappresenta così, nelle sue compon-

nti, tutti i possibili risultati che si possono conseguire detenendo il portafoglioα.

In forma più compatta la (4) la si può scrivere:

Xα = y (5)

Un primo semplice problema che può essere associato alla matrice X deipay-off dei titoli è il seguente. Dato un arbitrario vettore che esprime i risultatialeatori y associati ai singoli stati del mondo, è possibile costruire, utilizzando ititoli disponibili sul mercato, un portafoglio α in grado di generare esattamente

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Page 10: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

y? Il problema equivale alla ricerca delle soluzioni α1, α2, ..., αn del sistema (5)la cui forma estesa è:

x11α1 + ...+ x1nαn = y1x21α1 + ...+ x2nαn = y2

.................xm1α1 + ...+ xmnαn = ym

L’esistenza di soluzioni dipende dalle proprietà della matrice X, cioè da comesono articolati i flussi dei vari titoli, dal numero n di titoli e dal numero m dellescadenze.

E’ noto dall’algebra lineare che se z appartiene allo spazio generato dai vet-tori colonna della matrice X, allora esiste un vettore β che verifica la condizioneXβ = z. Ciò significa che è possibile costruire, a partire dalle attività rischiosepresenti sul mercato, un portafoglio che dia luogo al prefissato flusso aleatorioz. Se z è un vettore arbitrario, la possibilità di allestire un portafoglio β capacedi garantirlo dipende dalle proprietà dei titoli scambiati sul mercato, ovverodalla matrice X.

Se n > m, ovvero se il numero dei titoli supera quello degli stati di natura,ciò significa che alcuni dei vettori colonna della matrice X sono esprimibili comecombinazioni lineari di altri. Si supponga che il primo vettore colonna dipendadai rimanenti. In tal caso ponendo x1 = (x11, x21, ..., xm1), esistono n− 1 realiβ1, β2, ..., βn−1 tali che

x1 = β1

x12x22....xm2

+ β2

x12x22....xm2

+ ...+ βn−1

x1nx2n....xmn

e dunque il portafoglio β =

¡0, β1, ..., βn−1

¢fornisce il medesimo flusso aleatorio

di x1. Questo può così essere eliminato senza che si alterino le caratteristiche delmercato, ed in modo analogo si può procedere con tutti gli altri titoli che cor-rispondono a vettori linearmente dipendenti. La matrice X, privata dei vettoricolona corrispondenti ai titoli eliminati (perchè ridondanti in quanto linear-mente dipendenti), contiene solo titoli che non sono altrimenti riproducibili eviene assunta quale espressione di sintesi del mercato. I suoi vettori colonnarappresentano i payoff aleatori del cosidetto paniere fondamentale del mercatoed il loro numero n deve essere non maggiore di quello delle righe m, ovvero deipossibili stati del mondo.

Nel caso in cui sia n = m, se la matrice è di pieno rango (ovvero se la suacaratteristica è m), dato che i vettori colonna di X generano l’intero spazioRm, qualunque pay-off aleatorio y può essere ottenuto ponendo in essere unopportuno portafoglio. Dunque solo nel caso in cui la matrice X di vettori lin-earmente indipendenti sia una matrice quadrata, il problema della costruzionedi un arbitrario insieme di possibili risultati y ammette soluzione e questa èunica. Questa proprietà, come si vedrà più oltre, definisce la completezza delmercato.

Come già menzionato, le condizioni che definiscono l’equilibrio del merca-to sono basate sul concetto di assenza di opportunità di arbitraggi e questo

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concetto, fondamentale nella analisi dei mercati finanziari, può essere tradottoformalmente secondo due diversi schemi che si possono definire di tipo A e ditipo B:

Definizione 2 (Arbitraggio) Dato un mercato definito al tempo t = 0 dal-la matrice dei payoff X e dal vettore dei prezzi p, si definisce opportunità diarbitraggio di tipo A un portafoglio α per il quale si ha:

hα, pi = 0 Xα ≥ 0 con almeno una disugualianza stretta (6)

mentre una opportunità di arbitraggio di tipo B è un portafoglio α per il qualeè

hα, pi < 0 Xα ≥ 0. (7)

Il significato delle due specie di arbitraggio è immediatamente interpretabile:per quello di tipo A si ha che esiste un portafoglio di costo nullo che almeno inuno stato del mondo fornisce un entrata senza vi siano uscite in ogni altro stato;l’arbitraggio di tipo B consiste nella possibilità di costruire un portafoglio dicosto negativo (vale a dire che all’istante t = 0 si incassa un definito importo)che non dà luogo ad alcun esborso qualunque sia lo stato che si realizza in T ..

E’ anche agevole provare che se nel mercato esiste almeno una attività cheha payoff non negativo con almeno uno stato del mondo in cui il payoff è stret-tamente positivo, l’esistenza di una opportunità di arbitraggio di tipo B implical’esistenza di quella di tipo A. Infatti essendo hα, pi = c < 0, investendo l’im-porto c nell’acquisto della attività a payoff non negativo (potrebbe trattarsi, adesempio, di uno zcb), si ottiene un nuovo portafoglio a costo nullo che almenoin uno stato ωk dà un risultato strettamente positivo.

Prima di formulare il teorema che stabilisce le condizioni di equilibrio delmercato (ovvero della assenza di opportunità di arbitraggio) è possibile dareuna regola operativa (traducibile in poche linee di istruzioni in MAPLE V ) inbase alla quale verificare se un determinato mercato, definito dal vettore deiprezzi p e dalla matrice dei payoff X, presenta opportunità di arbitraggio.

Si consideri infatti un generico portafoglio α e sia il suo costo:

hα, pi =nX

j=1

pjαj (8)

imponendo la condizione che il flusso aleatorio generato dal portafoglio non dialuogo ad esborsi in alcun caso, si ottiene il sistema di disugualianze:

α1x11 + α2x12 + ...+ αnx1n ≥ 0α1x21 + α2x22 + ...+ αnx2n ≥ 0

..........................α1xm1 + α2xm2 + ...+ αnxmn ≥ 0

(9)

a partire dalle quali si formula il seguente problema di minimo vincolato: ricer-care il portafoglio che abbia costo minimo e che verifichi i vincoli (9). In

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simboli:

minα∈Rn

nXj=1

pjαj (10)

α1x11 + α2x12 + ...+ αnx1n ≥ 0α1x21 + α2x22 + ...+ αnx2n ≥ 0

..........................α1xm1 + α2xm2 + ...+ αnxmn ≥ 0

Ancor prima di affrontare il problema dal punto di vista numerico è possibilefare alcune considerazioni dalle quali si deduce il tipo di soluzioni che pos-sono presentarsi. In primo luogo l’origine appartiene alla regione delle soluzioniammissibili definita dal sistema di disequazioni (9), come si verifica immediata-mente. Si supponga che questa sia anche una soluzione ottima del problema. Intal caso il portafoglio di costo minimo ha componenti: α1 = α2 = ... = αn = 0.Da ciò consegue che non vi sono opportunità di arbitraggio in quanto il costodi tale portafoglio è nullo e nulli sono anche (ovviamente) i pay-off, qualunquesia lo stato del mondo. Qualsiasi altro portafoglio ammissibile che prevedessecomponenti positive non può costituire una soluzione di minimo dato che il suocosto sarebbe comunque maggiore di zero. Resta da chiedersi se una soluzioneammissibile, con componenti solo negative o nulle, può essere ottima.

Si ponga che lo sia e la si indichi con eα. In corrispondenza ad eα si ha uncosto negativo: heα, pi < 0 mentre i futuri pay-off, verificando eα le condizionidi vincolo, sono tutti non negativi. Dunque eα rappresenta una opportunitàdi arbitraggio. Ma la situazione può essere migliorata scegliendo il portafogliok eα, con k > 0, poichè sarebbe hk eα, pi = k heα, pi < heα, pi. Dunque se esisteun portafoglio che consente arbitraggi questo non corrisponde ad un minimodel problema dato che è sempre possibile trovare un altro portafoglio di costominore. Il problema, in questo caso, non ha dunque soluzioni finite.

Dal punto di vista della ricerca della soluzione del problema (10) occorreosservare che la funzione obiettivo è lineare, così come i vincoli di disugualianzache descrivono la regione delle soluzioni ammissibili. Essendo presenti vincoliche non sono strette ugualianze non è possibile applicare il metodo dei moltipli-catori di Lagrange e la soluzione la si ottiene (qualora essa esista finita) attraver-so un algoritmo iterativo detto metodo del simplesso. Fra le librerie di MAPLEV vi è quella denominata simplex, tramite la quale si affrontano problemi di ot-timo del tipo di quello in esame. Una volta impostato il problema e richiesta lasua soluzione, per quanto più sopra visto, o si otiene α1 = α2 = ... = αn = 0, onon si ottiene alcuna soluzione (caso illimitato). Nella prima ipotesi il mercatodefinito dal paniere fondamentale X e dal vettore dei prezzi p è in equilibrio,nella seconda sono presenti opportunità di arbitraggio.

Osservazione 3 Indicando i vettori riga della matrice X con x1, x2, ..., xm lecondizioni di vincolo Xα ≥ 0 espresse dal sistema di disugualianze (9) possono

11

Page 13: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Figura 1:

essere scritte come prodotti scalari fra i vettori riga di X ed il vettore α:hx1, αi ≥ 0hx2, αi ≥ 0

.........hxm, αi ≥ 0

Con questa notazione, ricordando che il coseno dell’angolo formato da duegenerici vettori w e z è dato dalla relazione: cos

³dw, z´ = hw,zikwkkzk dove kwk

e kzk rappresentano le neorme dei due vettori (cioè la loro lunghezza), le con-dizioni del tipo hxi, αi ≥ 0 esprimono il fatto che il vettore α deve formare,con ciascuno dei vettori riga di X un angolo compreso fra −π

2 eπ2 (essendo le

norme quantità positive il segno del prodotto scalare definisce il segno del cosenoe quindi l’ampiezza dell’angolo).I vincoli di disugualianza che entrano nella definizione di arbitraggio definis-cono dunque una condizione geometrica che deve essere verificata da un vettoreportafoglio α affinchè questo sia candidato a generare un arbitraggio: esso deveformare, con ciascuno dei vettori riga della matrice X, angoli non compre-si fra −π

2 eπ2 . In figura 1, nella quale sono rappresentati tre vettori riga di

una matrice a due righe (espressione quindi di un mercato con tre scadenze edue titoli), l’area tratteggiata indica dove deve collocarsi il vettore α affinchèpossa dare luogo ad arbitraggi. Ovviamente la possibilità di effettuare arbitraggidipende preliminarmente dal vettore dei prezzi p e dalla sua collocazione rispettoai vettori riga di X. Il teorema 4, che verrà subito formulato, chiarisce questopunto.

Il metodo della ottimizzazione vincolata tramite il quale si riesce a stabilirese in un mercato sono presenti opportunità di arbitraggio non è in grado di

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Page 14: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

fornire una condizione generale dalla quale discenda l’equilibrio del mercato.Il teorema seguente esplicita questa condizione, dalla quale è anche possibilericavare anche un fondamentale strumento per il pricing di particolari strumentifinanziari, il sistema dei prezzi di Arrow-Debreu.

Teorema 4 (Teorema della Assenza di Arbitraggi) Sia dato un mercatonel quale all’istante t = 0 sono negoziabili titoli rischiosi i cui prezzi sonorappresentati dal vettore p e la cui matrice dei payoff al tempo T è X. In talemercato sono assenti opportunità di arbitraggio se e solo se esiste un vettore πa componenti strettamnete positive tale che:

p = πTX. (11)

Si dimostra intanto che l’esistenza del vettore π è condizione sufficienteaffinchè non si presentino opportunità di arbitraggio.

Si ipotizzi che π esista.e che al contempo sussistano opportunità di arbi-traggio, ovvero esista un portafoglio α tale che sia verificata o la (6) o la (7).Il costo hp, αi del portafoglio, assunta l’esistenza di π, verifica la relazione:hp, αi = hπ,Xαi. Infatti è:

hp, αi =­πTX,α

®=

mPi=1

πixi1

mPi=1

πixi2

.....mPi=1

πixin

αT =

mXi=1

nXj=1

πiαjxij =

=mXi=1

πi

nXj=1

αjxij = hπ,Xαi

Poichè assumere che vi siano opportunità di arbitraggio significa che il membrodi sinistra è non positivo, mentre il membro di destra è non negativo (ancoraper effetto delle (6) e (7)), affinchè valgano ambedue le relazioni deve essere

hp, αi = hπ,Xαi = 0

e poichè π è un vettore a compnenti strettamente positive, affinchè il prodottoscalare hπ,Xαi sia nullo, deve essere Xα = 0. Ma ciò, unitamente all’esserehp, αi = 0, comporta assenza di arbitraggi contro l’ipotesi.

Dunque la contemporanea esistenza del vettore π e di opportunità di arbi-traggi conduce ad una contraddizione.

Per dimostrare che l’esistenza di π è anche condizione necessaria, occorreintrodurre il concetto di cono convesso.

Definizione 5 (Cono Convesso) Dato un insieme di vettori di Rm: M =nM1, ...M

ko, è detto cono convesso l’insieme dei vettori y che possono es-

sere espressi come combinazioni lineari, a coefficienti strettamente positivi, dei

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Page 15: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

vettori di M . In simboli, il cono convesso è l’in sieme C così definito:

C =

y : y =nX

j=1

zjMj, zj > 0

. (12)

La chiusura C di C contiene tutti i vettori di M oltre all’origine 0.

Si considerino ora l’insieme M =©x1, x2, ..., xn

ªdei vettori riga della ma-

trice del paniere fondamentale e si costruisca, a partire da M , il cono convessoC, la cui chiusura è C. Si faccia ora l’ipotesi che per il mercato considerato nonesista il vettore π. Allora C è non vuoto, convesso, e non contiene il vettorep. Se lo contenesse infatti, esisterebbe un vettore z a componenti strettamente

positive tale che p =nP

j=1zjx

j . Ma ciò equivale proprio a porre che esista il

vettore π = z. Dunque la non esistenza di π equivale alla non appartenenza delvettore dei prezzi p alla chiusura C del cono generato dai vettori riga di X.

A questo punto è necessario introdurre un nuovo teorema, noto come ilteorema dell’iperpiano separatore. La forma nella quale esso è qui presentato èquella che più si adatta allo sviluppo della dimostrazione in corso.

Teorema 6 (Teorema dell’Iperpiano Separatore) Dato un insieme con-vesso C ed un punto r che non vi appartiene, allora esiste un iperpiano H =©x :­β, x

®= a

ªtale che ­

β, r® ≤ a ≤ ­β, y® ∀y ∈ C. (13)

Tornando ora alla dimostrazione, essendo C convesso e non contenendo peripotesi p, per il teorema dell’iperpiano separatore, esiste un iperpiano H in Rm

che separa p e C. Ovvero, esiste un vettore β in Rm tale che, tutti i vettorix che verificano la relazione

­β, x

®= a costituiscono un iperpiano (uno spazio

affine a m− 1 dimensioni) per il quale vale la disugualianza:­β, p

® ≤ a ≤ ­β, y® ∀y ∈ C. (14)

Essendo C un cono che contiene l’origine è facile vedere che in questo casodeve essere a = 0.

Si consideri infatti un qualunque vettore y ∈ C e µ ≥ 0. Anche µy ∈ C, edinoltre

a ≤ ­β, µy® = µ­β, y

®. (15)

Poichè si considera la chiusura del cono la (15) deve valere anche per µ = 0,e quindi è a ≤ 0 e anche ­β, p® ≤ 0.

Essendo poi a ≤ µ­β, y

®è anche a

µ ≤­β, y

®e passando al limite si ottiene:

limµ→∞

a

µ= 0 ≤ ­β, y®

In conclusione, qualunque sia y ∈ C deve essere ­β, p® ≤ 0 ≤ ­β, y

®,ed in

particolare, per ogni vettore colonna di X è:­β, p

® ≤ 0 ≤ ­β, xj® . (16)

14

Page 16: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si deve poi escludere che sia­β, p

®=­β, xj

®= 0 per ogni j, perchè in tal caso

verrebbe violata la proprietà di separazione.Così se è

­β, p

®= 0 deve essere

­β, xj

®> 0 per qualche j e dunque β

rappresenta un portafoglio che consente opportunità di arbitraggio. Resta cosìprovato che in assenza di un vettore π a componenti strettamente positive vi èla possibilità di costruire arbitraggi. Con ciò il teorema è dimostrato.

Osservazione 7 Si noti intanto che il teorema 4 fornisce condizioni per l’assen-za di opportunità di arbitraggio che sono dipendenti unicamente dalla esistenzadi π e non dalla sua unicità. Questa ultima condizione, come sarà chiarito piùavanti, consente di passare dalla assenza di arbitraggio all’equilibrio del mercato(connotato da assenza di arbitraggi e da unicità del prezzo).

Osservazione 8 Tornando alla interpretazione geometrica introdotta con laosservazione 3, il teorema appena dimostrato illustra come, affinchè vi sianoopportunità di arbitraggio, il vettore p dei prezzi non deve appartenere al conogenerato dai vettori riga di X. Posto che ciò accada, la situazione può esseretradotta graficamente come nella figura 2. Poichè il portafoglio α, affinchècostituisca una opportunità di arbitraggio deve verificare la relazione hα, pi ≤ 0,questo comporta che il vettore α formi con quello dei prezzi un angolo nonminore di π

2 e non maggiore di3π2 .

L’area della figura con doppio tratteggio è quella che individua i possibili vettoriche rappresentano portafogli di arbitraggio. Appare anche chiaro che se α è unodi questi, lo è anche k α con k > 0.

Figura 2:

Il risultato sancito dal teorema 4 relativo alle condizioni per l’assenza diarbitraggi ha una sua naturale estensione se si amplia il mercato introducendoun nuovo contingent claim i cui possibili pay-off a scadenza siano le componenti

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Page 17: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

del vettore w = (w1, w2, ..., wm). Come evidenziato più sopra, la possibilitàdi replicare il flusso aleatorio w costruendo un opportuno portafoglio a partiredalle attività rischiose che formano il paniere fondamentale del mercato, dipendedal rango della matrice X dei pay-off. Se è rank(X) = m, allora esiste unportafoglio in grado di replicare w. Il portafoglio in questione viene definitoportafoglio di replica come sottolinea la definizione seguente.

Definizione 9 (Completezza del Mercato) Dato un mercato nel quale sononegoziate n attività rischiose la cui matrice dei payoff sia X. Sia w il flussoaleatorio relativo ad una attività W non appartenente al paniere fondamentale.Se esiste un portafoglio α tale che Xα = w, allora α è detto un portafoglio direplica per W . Posto che nel paniere fondamentale non siano presenti titoli ri-dondanti (n ≤ m), allora se è rank(X) = m, qualunque attività W è replicabileed il mercato è detto completo.

La completezza del mercato si lega all’equilibrio dello stesso per mezzo delseguente corollario la cui immediata verifica è lasciata al lettore.

Corollario 10 In un mercato completo nel quale siano assenti opportunità diarbitraggi, il vettore π è unico.

2.2 Misure di Probabilità e Prezzi di Arrow-Debreu.

Il vettore π, la cui esistenza è condizione necessaria e sufficiente affinchè visia equilibrio nel mercato, ha anche, se il mercato risulta completo, un ruolocentrale nella procedura di pricing di un qualunque contingent claim negoziabilesul mercato.

Si ponga che si debba prezzare un attività rischiosa W il cui flusso aleatoriodei payoff sia w = (w1, w2, ..., wm). Per la completezza del mercato esiste unportafoglio α in grado di replicare W . Il prezzo Pα del portafoglio deve coin-cidere con il prezzo Pw della attività W perchè altrimenti sarebbero possibiliarbitraggi. Si ha così:

Pw = Pα = hα, pi =­α, πTX

®= hπ,Xαi

e ricordando che α è un portafoglio di replica (per cui Xα = w) è infine

Pw = hπ,Xαi = hπ,wi . (17)

La (17) evidenzia il fatto che, in equilibrio, il vettore π interviene nelladeterminazione del prezzo di un qualunque contingent. Prezzo ottenibile sem-plicemente come prodotto scalare fra il vettore dei possibili payoff e π stesso.Per questa sua funzione universale nel pricing π è anche detto pricing kernel.

Osservazione 11 E’ bene sottolineare che per prezzare una generica attivitàrischiosa W , come pure nella definizione della condizione di equilibrio del mer-cato non abbiano alcun ruolo le probabilità ”oggettive” P1, P2, ..., Pn relative aipossibili stati del mondo. La loro conoscenza non è dunque necessaria in unmodello di equilibrio basato sul principio della assenza di arbitraggi.

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Page 18: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si definisce contingent claim elementare un contingent che ha come payoffl’importo unitario se si verifica uno specifico stato del mondo ωj , e zero in ognialtro stato. Questo tipo di contingent può essere assimilato ad una lotteriache dà diritto ad una vincita pari ad uno ssolo e si verifica ωj ed il suo pay-

off è dunque il vettore θj= (0, ..0, 1, 0, ..0). Utilizzando il pricing kernel per

determinarne il prezzo di equilibrio si ottiene:

Pj =Dπ, θ

jE= πj (18)

e dunque ciascuna componente di π assume il significato economico di prezzo chedeve essere pagato all’istante iniziale per ricevere, qualora si verifichi un parti-colare stato del mondo, una unità monetaria. In virtù di questa interpretazione,per tali componenti si ha la definizione seguente.

Definizione 12 (Prezzi di Arrow-Debreu) Le componenti πj del vettore πsono dette prezzi di Arrow-Debreu e ciascuna di esse rappresenta il prezzo chedeve essere pagato in t = 0 per ricevere una unità monetaria all’istante Tqualora si verifichi lo specifico stato del mondo ωj.

Per quanto concerne i prezzi di Arrow-Debreu in un mercato completoè utilesottolineare quanto segue.

Osservazione 13 In un mercato completo, anche se non sono effettivamentenegoziate attività che danno payoff unitario solo nel caso si verifichi un par-ticolare stato del mondo, è sempre possibile costruire portafogli che replichinociascuna di quelle attività. Dunque è irrilevante se dette attività esistono ma-terialmente o meno. E’ la stessa situazione che si presenta in un mercato com-pleto dove sono negoziati bonds: anche se non sono negoziati zcb che copronotutte le scadenze, è sempre possibile ottenerne repliche costruendo opportuniportafogli di bullet bonds.

Se l’economia della quale si sta trattando è una economia nella quale ilpassaggio del tempo, di per se stesso, produce effetti nel senso che vale unpostulato di rendimento del denaro, per cui un importo disponibile in T ha int = 0 un valore minore di uno, allora ciò equivale ad introdurre nel mercatoun titolo privo di rischio il cui risultato a scadenza non dipende dallo statodel mondo che verrà a presentarsi. In tal caso al vettore del pricing kernel èpossibile associare anche un interessante significato probabilistico.

Si consideri infatti il portafoglio che contiene una unità di ciascuno deicontingents elementari. Il payoff di tale portafoglio, dato che uno stato delmondo si verifica con certezza, è l’importo certo unitario. Questo payoff lo sipuò dunque rappresentare tramite il vettore 1 = (1, 1, ..., 1) che associa uno aciascun stato del mondo. Dalle condizioni di equilibrio segue che il suo prezzodeve essere

P 1 =­π, 1

®=

mXj=1

πj

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Page 19: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e poichè un portafoglio di questo tipo è equivalente ad uno zcb di prezzov (0, T ) = e−δ (indicando con δ l’intensità istantanea di interesse riferita alperiodo [0, T ]), si ha che:

P 1 =mXj=1

πj = e−δ

da cui segue l’importante relazione:

mXj=1

eδ πj = 1 (19)

Riepilogando, partendo dai prezzi di Arrow-Debreu e introducendo il pos-tulato di rendimento del denaro, si giunge alla (19) che lega i primi al secondo.Poichè i termini eδ πj sono positivi e a somma unitaria, risulta naturale inter-pretarli come probabilità. Ma di che tipo di probabilità si tratta? Non cerodelle probabilità originarie, relative ai possibili stati, come si è evidenziato nel-la osservazione 11. Si tratta di probabilità in qualche senso artificiali, ottenutedalle condizioni di equilibrio, le quali tuttavia hanno un preciso significato dinatura economica. Si introduca intanto la notazione:

qj = eδ πj (20)

e si consideri il prezzo Pw di un qualunque contingent claim. La condizione diequilibrio stabilita dalla (17) diventa ora:

Pw = hπ,wi = e−δ hq, wi = e−δmXj=1

qj wj = e−δ EQ W (21)

dove con EQ W si è indicato il valore atteso, calcolato in base alla nuovamisura di probabilità Q definita dalla (20). E’ interessante osservare che si ècosì giunti ad esprimere il prezzo di un contingent claim come valore scontatodi un valore atteso. La portata di questo risultato è di grande rilievo e lasua applicabilità va oltre il semplice modello discreto ed uniperodale che è quianalizzato. Come si vedrà nel seguito, sia trattando di modelli pluriperiodali,che nei brevi accenni a quelli continui, la regola generale rimane immutatata:per prezzare uno strumento si calcola il valore atteso, secondo una opportunamisura di probabilità, dei suoi payoff finali e si attualizza il risultato trovato.

E’ noto dallo studio delle funzioni di utilità e della loro relazione con l’at-teggiamento nei confronti del rischio dei soggetti, che un operatore avverso alrischio non è disposto a partecipare ad una lotteria se il prezzo del bigliettoè pari al valore atteso della vincita (ed equivalentemente lo stesso operatore èdisposto a pagare un premio assicurativo maggiore del valore atteso del dannoche intende coprire). Un soggetto con avversione verso il rischio partecipa aduna attività rischiosa come una lotteria solo se il prezzo per accedervi è minoredel valore atteso della vincita. Pagare un prezzo pari al valore atteso denotaun attegiamento di indifferenza o di neutralità rispetto al rischio. Dunque seuna attività rischiosa quale è un contingent, può essere prezzata come un val-ore atteso (la attualizzazione è la ovvia conseguenza del fatto che il prezzo è

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pagato in t = 0, mentre il risultato lo si consegue in T ), il contesto nel qualequesto può avvenire è quello di soggetti caratterizzati da neutralità rispetto alrischio. Le probabilità artificiali che definiscono la nuova misura di probabilitàQ = (q1, q2, ..., qm) possono così essere definite quali probabilità di neutralitàrispetto al rischio.

Nella stessa ottica è anche interpretabile il prezzo di un contingent ele-mentare (prezzo di Arrow- Debreu) πj . Infatti, dalla (20) segue che:

πj = e−δqj (22)

in aderenza con la (21) dato che il payoff finale è uno se si verifica lo statoj e zero in ogni altro1. Se il payoff anzichè unitario è di importo diverso sidovrà moltiplicare il prezzo di Arrow-Debreu per quell’importo. La proposizioneseguente riepiloga i risultati appena ottenuti.

Proposizione 14 In un mercato completo ed in equilibrio, il prezzo di un con-tingent claim lo si ottiene attraverso la attualizzazione del valore atteso delpayoff dello stesso, valore atteso calcolato secondo le probabilità di neutralitàrispetto al rischio. Se, in particolare, un contingent claim dà diritto all’importoK se si verifica lo stato ωj e zero in ogni altro stato, allora il suo prezzo losi ottiene moltiplicando K per la probabilità di neutralità rispetto al rischio diquello stato e per il fattore di attualizzazione.

Alla luce di quanto stabilto dalla proposizione precedente è immediato com-prendere quale sia l’effetto della incompletezza in un mercato in equilibrio.

Osservazione 15 Se un mercato nel quale sono assenti opportunità di arbi-traggio è incompleto allora, il vettore π non è unico. Conseguentemente, pur sei titoli che costituiscono il paniere fondamentale risultano ben prezzati essendoesclusi arbitraggi, non è possibile prezzare qualunque altra attività replicabile chevenisse introdotta nel mercato. Per questa, in effetti, non vi sarebbe un unicoprezzo di equilibrio. Infiniti differenti prezzi potrebbero essere praticati (uno perogni possibile π) senza che ciò dia luogo ad arbitraggi. In un tale contesto nonavrebbe dunque senso parlare di prezzo della nuova attività.

Prima di concludere il paragrafo si sottolinea che il ruolo dei prezzi di Arrow-Debreu, ben più che nel contesto uniperiodale, diviene essenziale nei modelli dis-creti pluriperiodali (alberi binomiali etrinomiali) ed in particolare nei modellidi tipo flessibile nei quali vengono abbandonate ipotesi semplificatrici partico-larmente pesanti come, ad esempio quella della volatilità costante. Tuttavia lostudio di questa modellistica, tanto più complessa in quanto più aderente allarealtà, esorbita gli obiettivi del presente corso ed è pertanto rinviata a successiviapprofondimenti.

1 Il concetto di prezzo di Arrow-Debreu è in realtà più generale di quello che qui vienedato, poichè esso risulta definito dal prodotto della probabilità di trovarsi in un certo stato delmondo (non necessariamente una probabilità di neutralità rispetto al rischio) per il fattore diattualizzazione. In quanto segue, tuttavia, i prezzi di Arrow-Debreu hanno rilievo proprio inrelazione alle probabilità di neutralità rispetto al rischio ed in tale contesto verranno utilizzate.

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Page 21: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

3 UN MODELLO PER L’ INFORMAZIONE.

Non occorre spendere troppe parole per sottolineare il ruolo giocato dalla in-formazione nel sistema complesso rappresentato dai mercati finanziari. Istanteper istante il flusso di notizie che investe il mercato (da quelle eclatanti chepossono riguardare complesse strategie di acquisizione di società da parte dialtre, a quelle minimali che si riferiscono al prezzo al quale si è concluso unoscambio) si ripercuote sui prezzi i quali reagiscono con variazioni più o menosensibili, dando così al loro andamento quel carattere erratico che sembra sfug-gire a qualsiasi legge. Un particolare processo (il cosidetto moto browniano)viene universalmente asunto quale paradigma della evoluzione temporale deiprezzi delle attività rischiose proprio perchè esso, più di ogni altro, è idoneo arappresentare gli effetti del del flusso continuo di informazione che giunge suimercati.

E’ dunque essenziale, prima di addentrarsi nel dettaglio dei modelli, cercaredi tradurre, con adeguata formalizzazione, il concetto stesso di informazione.

Quanto verrà qui presentato è un semplice schema discreto, del quale si èin grado di ottenere la formalizzazione senza sforzi eccessivi. L’estensione adun contesto continuo presenta qualche difficoltà tecnica, ma se ci si accontentadi coglierne l’idea generale, cioè gli aspetti più intuitivi del modello, allora èsufficiente pensare che quanto ottenuto in ambito discreto vale, mutatis mutan-di, anche nel ben più complesso universo del continuo che meglio si adatta arappresentare ciò che si manifesta nella realtà.

Il punto di partenza è dunque quello ben noto di uno spazio finito Ω i cui ele-menti ωi, i = 1, 2, ...n ne rappresentano i costituenti elementari. Si consideranoeventi rilevanti (cioè gli eventi che nel contesto specifico del problema vengonopresi in considerazione e dei quali si può conoscere il valore di verità) opporunisottoinsiemi A ∈ Ω, i quali nella loro globalità definiscono una famiglia di sot-toinsiemi dell’insieme di partenza Ω. La prima esigenza che si presenta è chela famiglia di sotoinsiemi sia strutturata in maniera tale che se A è un evento,lo sia anche la sua negazione A. Inoltre si vuole che sia un evento anche A ∪B(somma logica di eventi o loro unione) posto che siano elementi della famigliatanto A che B. In sostanza la famiglia deve essere tale da garantire ovvie pro-prietà di chiusura rispetto alle consuete operazioni con gli eventi. Dunque allospazio originario Ω si deve affiancare la famiglia F in modo che siano soddisfattele citate proprietà di chiusura.

Nel caso in cui Ω sia finito la cosa più immediata sarebbe costituire lafamiglia F con l’insieme delle parti di Ω stesso. Tuttavia, se Ω non è finito,l’insieme delle parti Pr (Ω) può diventare una entità di difficile trattazione. Inparticolare se Ω è un insieme continuo P (Ω) contiene troppi elementi, essendola loro numerosità superiore alla potenza del continuo, il che renderebbe lafamiglia di impossibile utilizzo. La famiglia F degli eventi, in conclusione, deveessere organizzata in maniera da essere abbastanza grande da contenere tuttigli eventi significativi, ma non tanto grande da diventare inutilizzabile.

Ovviamente, a partire da un insieme Ω si possono costruire su di esso diversefamiglie con le proprietà richieste. Vediamolo con un semplice esempio.

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Page 22: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Esempio 16 Sia Ω = α, β, δ, γ, ε, λ. La famigliaF1 = ∅,Ω

benchè alquanto banale ha le proprietà richieste, così come

F2 = ∅,Ω, α, β, ε , δ, γ, λe anche

F3 = ∅,Ω, α, β , δ, γ , ε, λ , α, β, δ, γ , α, β, ε, λ , δ, γ, , λe, ovviamente, l’insieme delle parti .

F4 = P Ω .Per contro le stesse proprietà di chiusura non sono verificate dala famiglia:

F5 = ∅,Ω, β, λ , δ, γ , ε, λ, γ δ, , λ , α, β, γ(perchè?). Si osservi inoltre che è F1 ⊂ F2 ⊂ F4, F1 ⊂ F3 ⊂ F4 mentre fra F2ed F3 non vi è alcuna relazione di inclusione.

Si suponga che venga estratto un elemento fra quelli di Ω. Ipotetici os-servatori dell’esperimento potrebbero avere differenti capacità di distinguere idiversi sottoinsiemi di Ω e conseguentemente diversi sarebbero per loro gli even-ti riconoscibili, compreso quello che si realizza a seguito dell’estrazione. Cosìse l’elemento estratto è γ l’osservatore con meno capacità di discriminazione,quello in grado solamente di distinguere gli elementi che stanno in F1, può soloaffermare che è vero Ω (il quale ovviamente contiene γ) e falso ∅. Come si vedel’esperimento non aggiunge niente a quanto sapeva già prima della estrazione.Se l’osservatore è capace di distinguere gli elementi della famiglia F2 egli potràdire che sono veri Ω e δ, γ, λ, dunque una qualche informazione si è aggiuntaalla conoscenza iniziale (e cioè che l’elemento sorteggiato non è certamente α).Se si è in grado di distinguere fra eventi che sono in F3 sono veri gli eventiΩ, α, β, δ, γ, δ, γ, , λ, δ, γ e conseguentemente l’incertezza si riduce al-la alternativa fra δ e γ, situazione migliore, dal punto di vista informativo, diquela relativa a F2. Se infine si assume F4come famiglia all’interno della qualesi individuano gli eventi, allora in tale contesto è possibile identificare il singoloelemento estratto, eliminando così ogni incertezza.

Da questa esemplificazione dovrebbe risultare evidente il legame fra l’infor-mazione e la famiglia di sottoinsiemi di Ω. Infatti è proprio la famiglia F deglieventi a caratterizzare il livello informativo della situazione aleatoria. E’ altresìevidente che se si ha una sequenza di famiglie per le quali vale la relazioneF1 ⊂ F2 ⊂ ... allora queste rappresentano contesti che implicano via via mag-giore informazione (non è vero il contrario: potrebbero darsi due contesti, unocon più informazione dell’ altro per i quali non vale il rapporto di inclusione,come accade per F2 ed F3).

Quanto sin qui descritto può essere formalizzato, costruendo una opportunastruttura algebrica tramite la quale tradurre l’idea intuitiva di informazione.

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Page 23: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Definizione 17 Dato un insieme Ω una famiglia di suoi sottoinsiemi F è dettauna σ-algebra se verifica le proprietà seguenti:

a) ∅ ∈ F, Ω ∈ Fb) se A ∈ F, allora A ∈ Fc) se A1 ∈ F, A2 ∈ F, ... allora

∞Sj=1

Aj ∈ F.La coppia (Ω, F ) viene definita uno spazio misurabile.

E’ immediato verificare che se A1 ∈ F, A2 ∈ F, allora anche A1 ∩ A2 ∈ Fe A1 − A2 ∈ F. La struttura di σ-algebra così introdotta garantisce dunqueche, a partire da un insieme Ω si possano costruire tutti gli eventi ai quali siè interessati. Nelle applicazioni economiche e finanziarie che hanno a che farecon il passare del tempo è utile poter descrivere l’accrescimento di informazioneche il soggetto realizza man mano che, con il trascorrere del tempo stesso,gli si palesano eventi collegati alla situazione economica rappresentata. Puòtrattarsi ad esempio dei prezzi di chiusura, registrati giorno dopo giorno, diun certo titolo, o i volumi negoziati di determinate merci o attività finanziarie.Questo processo di accrescimento dell’informazione per effetto del accumularsidi nuovi elementi informativi si traduce nel concetto di filtrazione contenutonella definizione seguente.

Definizione 18 Data una famiglia di σ-algebre F1,F2, ...,Fn, ... costruita su Ωessa è detta una filtrazione se è:

F1 ⊂ F2 ⊂ ... ⊂ Fn ⊂ ..

Nei casi concreti accade spesso che ciò di cui si dispone inizialmente non èuna famiglia F di eventi già organizzati in σ-algebra, ma più semplicemente diuna famiglia S di sottoinsiemi dello spazio Ω a partire dalla quale la σ-algebradeve essere costruita. La modalità (teorica e non costruttiva) con la quale dauna qualunque famiglia di sottoinsiemi di Ω si passa ad una famiglia articolatacome una σ-algebra è illustrata nella definizione seguente.

Definizione 19 Dato un insieme Ω ed un suo qualunque sottoinsieme S sidefinisce la σ-algebra generata da S come la più piccola σ-algebra su Ω fra tuttequelle che contengono S. Essa è l’intersezione di tutte le σ-algebre su Ω checontengono S. La si indica con σ (S).

Un esempio di σ-algebra (fondamentale per le applicazioni probabilistiche incontesto continuo) è quella costruita a partire dall’insiemeR dei reali e generatada tutti gli aperti di R stesso. Essa è individuata come la famiglia degli insiemidi Borel, viene indicata con B, ed i suoi elementi sono detti boreliani. La suastruttura è così complessa che vi rientrano insiemi di ogni tipo: aperti, chiusi,nè aperti nè chiusi, insiemi discreti, e altre forme più strane di insiemi. Tuttaviala famiglia degli insiemi di Borel è enormemente meno ricca dell’insieme delleparti di R, famiglia della quale è perfino impossibile comprendere la cardinalità.

Ricordando che una partizione di Ω è una famiglia di sottoinsiemi di Ωstesso, disgiunti a due a due (cioè se A ∈ S,B ∈ S è A ∩ B = ∅, comunque si

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scelgano A e B in Ω ) e tali che la loro unione dà Ω, sia S una partizione di Ω. Siconsideri poi la σ-algebra σ (S) generata da S. Se si costruiscono partizioni diΩ via via più fini: S1, S2, ...allora, a partire da esse si generano anche σ-algebrepiù fini. Quindi se S1 ⊂ S2, allora σ (S1) ⊂ σ (S2). In definitiva la relazione diinclusione fra σ-algebre traduce il fatto che una σ-algebra contenuta in un’altrarappresenta uno stato informativo ridotto, e quindi meno dettagliato di quellocorrispondente alla σ-algebra che la contiene.

I concetti ora introdotti consentono di trattare anche l’evoluzione dinamicadell informazione. Come già accennato, per dinamica della informazione siintende il processo, tipico dei sistemi economici, tramite il quale viene prodottainformazione nel corso del tempo. Ogni prezzo quotato, così come qualsiasigrandezza economica che si manifesta, va a costituire un frammento dello statoinformativo globale in via di accrescimento, istante per istante. La conoscenza dioggi si cumula con quella di ieri e niente viene perso con lo scorrere del tempo.Questo fenomeno evolutivo della informazione, rappresentato facendo ricorsoalle filtrazioni, introdotte dalla definizione 18, verrà utilizzato nel seguito sia aproposito dei processi ad albero che introducendo il concetto di valore attesocondizionato. Un esempio, estremamente semplificato, di come un processoaleatorio sia in grado di produrre una informazione sempre crescente ad ognisuo stato successivo, è il seguente.

Esempio 20 Si consideri la situazione caratterizzata dal lancio successivo ditre monete. Lo spazio degli eventi Ω è:

Ω = TTT, TTC, TCT, TCC,CTT,CTC,CCT,CCC .Sia t0 l’istante iniziale nel quale si fronteggia la incerteza riguardo a quale delleotto terne si realizzerà. In questo istante l’informazione è minima, essendorappresentata dalla σ-algebra generata dalla partizione di Ω:

S0 = Ω

e si ha quindi F0 = ∅,Ω. Sia poi t1 l’istante nel quale si viene a conoscerel’esito del primo lancio. A questo istante si potrà riorganizzare Ω in due sot-toinsiemi: quello che contiene gli esiti che presentano testa al primo lancio equelli che presentano croce. Questa coppia di insiemi costituisce una una nuovapartizione S1:

S1 = TTT, TTC, TCT, TCC , CTT,CTC,CCT,CCCLa σ-algebra generata a questo stadio (più fine della precedente) è F1.

Se in t2 viene comunicato anche lesito del secondo lancio allora sarà possibilecostruire una partizione S2 ancora più fine:

S2 = TTT, TTC , TCT, TCC CTT,CTC , CCT,CCCin corrispondenza alla quale è generata la σ-algebra F2.

Se infine in t3 è noto anche l’ esito del terzo lancio la partizione S3 consentedi individuare con precisione il risultato dell’ esperimento (ovviamente):

S3 = TTT , TTC , TCT , TCC , CTT , CTC , CCT , CCC .

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In quest’ ultimo caso è anche F3 = Pr (Ω). Si vede dunque come l’evoluzionedell’informazione, la quale cresce man mano che nuove conoscenze si ren-dono disponibili, sia rappresentabile dalla successione di σ-algebre, ciascunacontenuta nela successiva:

F0 ⊂ F1 ⊂ F2 ⊂ ... ⊂ Fn.

La filtrazione è dunque il naturale modello a cui fare riferimento per rappre-sentare il processo dinamico di accumulo di informazione.

Dovendo estendere quanto sin qui esposto a proposito del processo di acqui-sizione dell’informazione con riferimento ad insieme Ω discreto, al caso di uninsieme infinito, eventualmente continuo, ciò che resta inalterato è l’impiantogenerale dei concetti sin qui presentati: quello, ad esempio, di inclusione frapartizioni o di inclusioni fra σ-algebre, e anche quello di filtrazione. Ma giàa proposito delle filtrazioni è necessario tenere conto che l’indice è un numeroreale, e che quindi fra Ft e Ft+ si trovano infinite altre σ-algebre. Nuovistrumenti e nuove definizioni devono quindi essere introdotti (come quello dicontinuità a destra della filtrazione, o la σ-algebra F∞) e ciò che originariamenteera semplice ed intuitivo diventa così più complesso. In quel che segue, tutavia,lo schema informativo con il quale lavorare, resterà quello di tipo discreto.

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4 OPZIONI.

4.1 Relazioni Approssimate per il Prezzo di Opzioni.

La descrizione dello strumento opzione, così come le caratteristiche del mercatonel quale questi derivati vengono scambiati e le strategie operative cui dannoluogo, possono essere utilmente acquisiti facendo ricorso a testi classici sull’ar-gomento2. In quanto segue verrà sviluppata la teoria del pricing delle opzioni,nonchè dell’hedging delle medesime, sviluppando il modello discreto ad alberobinomiale e facendo anche un rapido cenno al modello in tempo continuio diBlack e Scholes.

Prezzare una opzione significa stabilire il prezzo odierno di un titolo il cuirisultato à scadenza è incerto poichè dipende dalla quotazione, a quella data,del sottostante al quale è legata. E poichè i prezzi futuri sono tipiche grandezealeatorie, gli strumenti del calcolo delle probabilità sono i naturali attrezzi chedevono essere messi in gioco. Tuttavia, se ci si accontenta, ad un primo stadio, diottenere risultati approssimati è possibile utilizzare unicamente considerazionilegate all’equilibrio del mercato le quali impongono la assenza di opportunitàdi arbitraggio. Nel presente contesto, in aderenza con quanto sviluppato neiparagrafi precedenti, l’arbitraggio va inteso come una strategia di composizionedi un portafoglio il quale sia in grado di produrre, in concomitanza con un costoiniziale nullo, un risultato positivo in almeno una circostanza e non negativo intutte le altre. In sostanza una opportunità di arbitraggio si lega al fatto che iprezzi praticati sul mercato sono tali, che un operatore accorto è in grado dicombinare i titoli disponibili in posizioni opportune sì da garantirsi guadagnicerti.

Sfruttando unicamente l’assenza di opportunità di arbitraggi si possono sta-bilire alcune disugualianze fra i prezzi delle opzioni e del titolo sottostante,fra prezzi di opzioni americane e corrispondenti europee, e la fondamentalerelazione di parità put-call.

Prima di procedere alla costruzione di dette relazioni è bene soffermarsi sualcune caratteristiche di base dello strumento opzione che lo legano alle variabiliche ne determinano il prezzo. A tal fine si introducono le seguenti notazioni:C indica il prezzo di una opzione call europea, c il prezzo della omologa ameri-cana, P il prezzo del put europeo, p quello del put americano. Inoltre con K siindica lo strike price (base), con T il tempo alla scadenza della opzione espressoin unità di anno, con δ l’intensità istantanea su base annua (per semplicità siopera in condizioni di struttura piatta dei tassi, quindi con δ costante) e con Sil prezzo del sottostante all’istante t nel quale la valutazione viene effettuata. Sisuppone poi che durante la vita dell’opzione non vengano effettuati pagamentiintermedi dovuti a dividendi, cedole o altro. In termini del tutto generali si puòaffermare che il prezzo di una opzione, così come quello di un futures, dipendeda variabili strutturali (quelle che caratterizzano ciascuna singola opzione) di-rettamente rilevabili, quali lo strike K, il prezzo presente del sottostante S,il tempo a scadenza T e l’intensità istantanea di interesse δ. Il valore di una

2Uno per tutti: John Hull, Opzioni, Futures e altri Derivati, capitolo V e seguenti.

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opzione tuttavia, in virtù del fatto che il portatore del titolo ha solo la facoltàdi eseguire il contratto (a differenza del contratto futures nel quale ambedue leparti sono tenute all’adempimento a scadenza), viene a dipendere da una ulteri-ore fondamentale grandezza, non direttamente rilevabile dalla lettura dei listinie non inserita negli estremi del contratto Si raffrontino infatti le due seguentisituazioni: in una si detiene un’opzione out of the money scritta su di una attivi-ta nell’ipotesi che il suo prezzo sia fortemente variabile (alta volatilità), l’altranella quale si ha la stessa opzione, ancora out of the money, nell’ipotesi che ilprezzo del sottostante sia pressochè invariante nel tempo (bassa volatilità). E’evidente che nel primo caso l’eventualità che l’opzione scada in the money è piùplausibile che per la seconda, quindi la prima deve risultare più apprezzata sulmercato. Il prezzo di una opzione, in conclusione, dipende anche dal compor-tamento nel tempo del prezzo della attività sottostante. Volatilità è il termineusato per quantificare questa maggiore o minore attitudine del prezzo del sot-tostante a subire oscillazioni nel tempo e σ è il simbolo usato per denotarla.Così, dovendo rappresentare nella forma più generale il prezzo di una opzione(si supponga un call europeo), questo risulterà funzione di strike, prezzo delsottostante, intensità istantanea di interesse, tempo a scadenza e volatilità:

C = f (K,S, T, δ, σ) . (23)

E’ utile ribadire come la volatilità, a differenza delle altre variabili dallequali dipende il prezzo, non essendo direttamente osservabile sul mercato, oc-corre dedurla indirettamente con opportune tecniche e quindi la correttezza diqualunque formula di pricing finisce con il dipendere dalla corretta stima di σ.

Considerazioni legate unicamente al principio di assenza di opportunità diarbitraggio consentono di ottenere alcune significative relazioni (deboli) checaratterizzano il prezzo delle opzioni. Nel caso di un call europeo si ha innanz-itutto:

0 ≤ C ≤ S. (24)

Il suo significato è del tutto ovvio e discende da elementari considerazioni dinon arbitraggio: infatti il prezzo di un call europeo non può essere negativo nèsuperare quello del sottostante sul quale è scritta. Analoga è la corrispondenterelazione riferita al call americano:

0 ≤ c ≤ S (25)

mentre per il put europeo vale:

0 ≤ P ≤ Ke−δT . (26)

In effetti, poichè il put è esercitabile solo a scadenza ed al più può conferire alpossessore un risultato netto pari a K (qualora il prezzo dell’azione a scadenzasia nullo), esso non può costare più di un bond che alla stessa scadenza pagaK con certezza. E se δ è l’intensità istantanea vigente sul mercato al momentodella valutazione dell’opzione, allora il prezzo del bond, allo stesso istante, èKe−δT .

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Per il caso americano, poichè è consentito l’esercizio in qualunque istantesarà:

0 ≤ p ≤ K (27)

e tenendo conto che in caso di esercizio si realizza K − S deve essere anche:

max [K − S, 0] ≤ p ≤ K. (28)

E devono anche valere la:C ≥ S −Ke−δT (29)

e la:P ≥ Ke−δT − S. (30)

La (29) esprime il fatto che il prezzo di un call europeo è sempre superiorealla differenza fra il prezzo corrente del sottostante ed il valore scontato dellostrike price, se questa differenza è positiva. Analogo il significato della (30) conriferimento a prezzo del put e del sottostante.

Per dimostrare queste relazioni, come già detto, è sufficiente utilizzare lacondizione di non arbitraggio.

Si cosrtuiscano due portafogli: il portafoglio A contiene una opzione called un bond con scadenza uguale a quella della opzione e di valore nominalepari a K (il suo prezzo è pertanto Ke−δT ). L’altro portafoglio, B, contienel’attività sottostante il cui prezzo è S. Indicando con ST il prezzo a scadenzadella attività sottostante., la tabella seguente illustra i risultati a scadenza nelledue ipotesi:

a) che l’opzione scada in the money,b) che scada out of the money. Con ST viene indicato il prezo a scadenza

del sottostante.

Port. ST < K ST ≥ K

A K ST −K +K = STB ST ST

Come si vede, il portafoglio A ha sempre, e indipendentemente dal valoreche a scadenza assume il sottostante, un valore non minore del portafoglio Be dunque, il prezzo di A deve essere non minore di quello di B se si voglionoescludere opportunità di arbitraggio. Quindi essendo C +Ke−δT il prezzo delportafoglio A è conseguentemente C + Ke−δT ≥ S da cui la (29). La figura1 illustra come il prezzo di un call europeo, espresso in funzione del prezo delsottostante, in aderenza alla (29), sia sempre al di sopra della linea spezzata.La bisettrice indica il valore del sottostante.

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Figura 1

In modo del tutto analogo si dimostra la (30) e la figura 2 evidenzia la re-lazione fra prezzo del put europeo ed il prezzo del sotostante.

Figura 2

Passando a opzioni di tipo americano, basta osservare che queste fornisconotutti i diritti che derivano da opzioni europee con in più la facoltà dell’eser-cizio anticipato. Dunque il loro prezzo non potrà essere inferiore a quello dellecorrispondenti europee e dovrà essere c ≥ C e p ≥ P . Pertanto

c ≥ S −Ke−δT (31)

e anchep ≥ Ke−δT − S. (32)

Se il sottostante non dà diritto a pagamenti intermedi è facile mostrareche non conviene esercitare un call americano prima della scadenza. Infattiindicando con Hcall il suo valore intrinseco, si ha:

Hcall = S −K

ed, in virtù della (31), segue che questo è sempre minore del prezzo correntedell’opzione:

c ≥ S −Ke−δT > S −K = Hcall.

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In conclusione, anzichè esercitarlo, il call americano conviene venderlo. Diversaè la situazione per un put. Infatti, nel caso che il prezzo del sottostante siamolto basso (vicino a zero, ad esempio) conviene esercitare l’opzione in quantoil valore dello strike price, K, è il massimo che si può realizzare. Inoltre, deveessere sempre:

p ≥ K − S = Hput

dato che il prezzo corrente del put non può scendere al di sotto del suo valoreintrinseco.

4.2 Rlazione di Parità Put-Call.

La relazione che verrà ora presentata gioca un ruolo fondamentale nella teoriadelle opzioni ed essa era nota agli operatori ben prima che l’articolo di Black eScholes desse il via all’era moderna del pricing di derivati. Essa vale per opzionieuropee nel caso il sottostante non fornisca pagamenti intermedi ed ancora unavolta la si può ottenere utilizzando la consueta tecnica che porta ad escludereopportunità di arbitraggi.

Si considerino ancora due portafogli: uno, A, contenente l’opzione call eu-ropea con strike price K e tempo a scdenza T e un bond che a scadenza dàdiritto ad un pagamento pari a K (di costo Ke−δT , se δ è l’intensità istantaneadi interesse vigente sul mercato) e l’altro, B, contenente un put europeo sulmedesimo sottostante con uguale strike price e scadenza. I risultati a scadenza,in funzione del prezzo del sottostante, sono rappresentati nella tabella seguente:

Port. ST < K ST ≥ K

A K K + (ST −K) = STB ST + (K − ST ) = K ST

Poichè i due portafogli forniscono lo stesso risultato finale, qualunque sia ilprezzo del sottostante, le consuete condizioni di assenza di arbitraggio impon-gono l’ugualianza anche dei corrispondenti costi. In simboli:

C +Ke−δT = P + S. (33)

La relazione (33) si rivela un potente strumento operativo e da essa discen-dono numerose interessanti conseguenze.

Esprimendo ciascuna delle quattro grandezze che compaiono nella (33) infunzione delle rimanenti tre si ottiene:

C = P + S −Ke−δT (34)

P = C +Ke−δT − S (35)

S = C − P +Ke−δT (36)

Ke−δT = P − C + S. (37)

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La (34) consente di esprimere il prezzo del call in funzione del prezzo put(oltre che del sottostante e di un bond che avrà alla scadenza un valore pari allostrike price). Interpretando i due membri della relazione come i prezzi di dueportafogli (il portafoglio al membro di sinistra contiene un call in posizione long,mentre quello al membro di destra contiene un put ed il sottostante, ambeduein posizione long, più un bond in posizione short) si deduce che una opzionecall è replicabile (nel senso che si possono ottnere gli stessi risultati) con unaopportuna combinazione degli altri tre titoli.

Del tutto analoga l’interpretazione della (35) dalla quale si ottiene il prezzodel put in funzione del prezzo call.

Dalla (34), aggiungendo e togliendo al membro di destra la quantità K siottiene la:

C = (S −K) +hP +K −Ke−δT

i(38)

la quale esprime la scomposizione del prezzo di un call nel suo valore intrin-seco (il termine S−K) e nel cosidetto time value (il termine P +K −Ke−δT ).Quest’ultimo incorpora una delle caratteristiche specifiche delle opzioni: il fattodi essere strumenti che il tempo deteriora facendo perdere loro valore. Infattiil termine in parentesi quadra risulta la somma di P e di K−Ke−δT , ambeduetermini il cui valore diminuisce con l’avvicinarsi alla scadenza. Il time value, asua volta, può scomporsi in due parti, una detta valore della facoltà di opzione,P , mentre l’altra, K−Ke−δT , è il leverage value, quantità che si configura comel’interesse ottenuto tenendo investito fino a scadenza lo stike price. Interpretan-do K quale valore nominale di uno zcb, il suo prezzo al momento dell’acquistodell’opzione, data l’intensità istantanea di interesse δ, è proprio Ke−δT .

Esempio 21 Si consideri la seguente situazione, ponendo che sia δ = 0.095 31,e quindi i = 0.1:

STRIKE Prezzo Call a 3 mesi Put a 3 mesi95 100 10.159 2.922

Il prezzo del call può essere scomposto nelle tre componenti:

10.159 = (100− 95) + 2.922 +h100− 100 (1 + 0.1)− 3

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iil valore intrinseco è (100− 95) = 5, importo che rappresenta il guadagno chesi realizarebbe dall’opzione se la si potesse esercitare immediatamente. Il timevalue, complessivamente, ha un valore pari a 5.159, del quale la componenteleverage è 2. 237, interesse che si otterrebbe dall’acquisto di uno zcb a tre mesicon valore di rimborso 100. Il valore 2.922, corrispondente al prezzo del putin condizioni di equilibrio, rappresenta il prezzo di una assicurazione: l’assicu-razione di poter non dare corso al contratto se a scadenza il sottostante dovesseavere un prezzo inferiore a 95. E’ del tutto ovvio che questa ultima componentedeve avere un valore che dipende dalla probabilità che l’opzione termini in themoney. E questa probabilità a sua volta dipende dalla moneyness della opzione

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(in sosstanza dalla differenza fra strike e prezzo odierno del sottostante), daltempo che ancora manca alla scadenza e dalla volatilità. Cioè le grandezze cheinfluenzano il prezzo di una opzione in generale.Posto in altri termini, il prezzo complessivo del call è interpretabile come ilcompenso per il presente valore intrinseco (100− 95) da aggiungere agli inter-essi che si possono cumulare per il fatto che lo strike verrà pagato a scadenza:h100− 100 (1 + 0.1)− 3

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i, più il prezzo da pagare per il diritto di non eseguire

il contratto se, a scadenza, il prezzo del sottostante è inferiore a 95. Questodiritto a non eseguire può essere agevolmente compreso ipotizzando che vi sial’obbligo ad eseguire. In tal caso il contratto avrebbe lo stesso effetto di un fu-tures (o di un forward) ed a scadenza si dovrebbe subire una perdita qualora ilprezzo spot della attività fosse inferiore allo strike (95). Per sterilizzare questapossibile perdita si potrebbe acquistare un put che conferisce il diritto a vendereproprio a 95. Siffatto put costerebbe 2.922, componente che si trova appuntonel prezzo del call.

Tornando ora alla figura 1 è possibile interpretare la curva che esprimeil prezzo del call in funzione del prezzo del sottostante: la spezzata di baserappresenta il valore intrinseco del titolo e la distanza della curva da questa neesprime il time value. Man mano che il tempo passa la curva si schiaccia semprepiù sulla spezzata. Si osserva anche dalla figura (ma ciò sarebbe dimostrabilerigorosamente) che fissato il tempo a scadenza il time value risulta massimo incorrispondenza a S = K, cioè se l’opzione è at the money, mentre è minimo siase l’opzione è profondamente out of the money o in the money.

Prendendo in considerazione un put, partendo dalla (35) ed operando comein precedenza si giunge alla scomposizione:

P = (K − S) +hC +Ke−δT −K

i. (39)

E’ immediato riconoscere la componente dovuta al valore intrinseco, ed èanche evidente che nel caso del put il termine relativo al time value ha lacomponente di leverage, Ke−δT −K, negativa. La ragione di ciò è chiara: sel’opzione potesse esercitarsi immediatamente il valore intrinseco sarebbe subitodisponibile ed investibile in bonds al rendimento del mercato. Il dover attenderela scadenza priva il portatore del put di questa possibilità e quidi gli spetta uncompenso sotto forma di leverage negativo (in sostanza una riduzione di prezzo).Questa riduzione poi, è tanto maggiore quanto più lontana è la scadenza. Lacomponente rappresentata da C ha anche in questo caso il ruolo di premioper l’assicurazione di non eseguire il contratto se le condizioni di mercato ascadenza non sono favorevoli. Man mano che il put entra più profondamente inthe money la componente di opzione, cioè C, tende a zero (dato che la garanziadi non eseguire perde tutto il proprio valore) rendendo così dominante l’effettonegativo, sul prezzo del put, del termine Ke−δT −K.

Il time value£C +Ke−δT −K

¤, può così essere negativo e le opzioni put eu-

ropee possono avere, in prossimità della scadenza, un prezzo inferiore al loro val-ore intrinseco. Questa possibilità è preclusa alle opzioni call, come è sottolineatodalla condizione di non arbitraggio (29) dato che è C ≥ S −Ke−δT ≥ S −K.

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Di un cero interesse, infine, è anche la (37) la quale mostra come si possanocombinare call, put e sottostante per ottenere un portafoglio a rischio nullo(replica di un bond). Questa posizione, ottenuta con una posizione long sulsottostante e sul put ed una posizione short sul call, se i prezzi di mercato sonoin linea con la relazione di parità, consente di ottenere il rendimento di un titolorisk-free investito per la durata della vita dell’opzione. Questa posizione, dettaconversion, può essere posta in essere da un market maker che ha emesso unaopzione call su richiesta del cliente e intende convertire l’operazione rischiosa inuna priva di rischio. L’operazione speculare, con la quale si copre l’emissionedi un put, trasformandola in una posizione priva di rischio è detta reverseconversion.

Per quanto concerne opzioni di tipo amercano, poichè in assenza di dividendivalgono le relazioni c = C e p > P si ottiene la disugualianza:

c+Ke−δT ≤ p+ S (40)

e di conseguenzac ≤ p+ S −Ke−δT . (41)

ed in modo analogo per le altre relazioni che dalla (40) si possono ricavare:

p ≥ c+Ke−δT − S (42)

S ≥ c+Ke−δT − p (43)

Ke−δT ≤ p− c+ S. (44)

Resta da prendere in considerazione l’ipotesi che dalla attività sottostantederivino pagamenti intermedi durante la vita dell’opzione. Se questi sono noti(si tenga presente che le opzioni in genere hanno vita relativamente breve percui è plausibile che si possa conoscere l’entità di eventuali dividendi, o averneuna stima accurata) è sufficiente considerarne il valore scontato D e correggerela (33)nel modo seguente:

C +D +Ke−δT = p+ S. (45)

Da questa è immediato ricavare le relazioni corrispondenti a quelle appenapresentate, nel caso di pagamenti intermedi di noto ammontare.

4.3 Proprietà di convessità dei prezzi delle opzioni.

L’intermediario, o l’investitore che operi sul mercato delle opzioni può trovarsidi fronte ad alternative che prevedono la possibilità di acquistare opzioni riferitea strikes che sono la media ponderata di altri strikes disponibili, come pure puòtrovarsi nella posizione di dovere scegliere fra la costruzione di un portafoglio diopzioni e l’acquisto di una unica opzione che abbia per sottostante un portafoglio(o un indice). In ambedue i casi è rilevante conoscere la relazione che lega iprezzi dei derivati nelle diverse situazioni.

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Si consideri innanzitutto il caso in cui esistono opzioni con differenti strikes:K1 < K2 < K3 e sia inoltre K2 = αK1 + (1− α)K3, e siano poi C1, C2, C3i prezzi delle tre opzioni. Utilizzando la tecnica del principio di assenza diarbitraggo si dimostra la proposizione seguente

Proposizione 22 Siano K1 < K2 < K3 gli strikes relativi a tre opzioni calleuropee emesse sul medesimo sottostante e siano C1 > C2 > C3 i prezzi dellestesse. Sia inoltre K2 = αK1 + (1− α)K3, con 0 ≤ α ≤ 1, allora vale larelazione:

C2 ≤ αC1 + (1− α)C3. (46)

Se P1 < P2 < P3 sono i prezzi di put europei riferiti ai medesimi strikes,allora vale la relazione analoga:

P2 ≤ αP1 + (1− α)P3. (47)

Il significato operativo della (46) è il seguente: se sul listino (si ricordi chegli strikes sono presentati per verticale e che crescono man mano che si scendenella colonna) si leggono tre strikes consecutivi equintervallati, il prezzo del callcentrale è minore della semisomma dei prezzi estremi. La situazione è quellapresentata nella figura 3 nella quale la curva rappresenta il prezzo in funzionedello strike ed il tratto di retta rappresenta le combinazioni lineari convesse deiprezzi estremi del call (1.5 e 2.5) corrispondenti agli strikes estremi (50 e 55).L’andamento convesso del prezzo è evidenziato dal fatto che la curva sta sottola retta secante.

Figura 3

Per quanto concerne l’opzione put la rappresentazione grafica è la seguente:

Figura 4

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Per quanto riguarda la relazione fra portafogli di opzioni ed opzioni suportafogli si considerino m attività con prezzi rispettivamente S1, S2, ..., Sm esia w = (w1, w2, ..., wm) la composizione di un portafoglio costruito utilizzan-

do le m attività. Il valore di questo portafoglio è I =mPj=1

wjSj . Si suppon-

ga inoltre che per ciascuna azione esista una opzione call con possibili strikesK1,K2, ...,Km. I prezzi delle opzioni siano rispettivamente C1, C2, ..., Cm, e sia

poi K =mPj=1

wjKj . Allora vale la seguente:

Proposizione 23 Date m attività i cui prezzi siano S1, S2, ..., Sm, ed inoltresia w = (w1, w2, ..., wm) un portafoglio (indice) composto da tali attività. Seesistono m opzioni call europee sulle attività, i cui strikes sono K1,K2, ...,Km,

mentre i prezzi sono C1, C2, ..., Cm. Sia K =mPj=1

wjKj e sia C è il prezzo di

una opzione sul portafoglio il cui stike è K, allora è

C ≤mXj=1

wjCj . (48)

Analoga proprietà di convessità vale per opzioni put.

In breve, il significato della (48) può essere riassunto nel modo seguente:è sempre meno costosa una opzione su di un portafoglio di un portafoglio diopzioni. Anche quest’ultimo risultato può essere dimostrato con una sequenzadi disugualianze che si fondano sul principio di non arbitraggio.

4.4 Un Breve Riassunto sulle Opzioni Esotiche.

La prima comparsa di opzioni diverse da quelle classiche quali i puts ed i calls,si registra sui mercati americani intorno agli anni sessanta. Prima di stabi-lizzarsi sul termine ormai definitivo di esotiche, il mercato etichetta i nuoviprodotti con i quali si cerca di aderire più strettamente a specifiche esigenzedegli operatori, con termini mutuati dal settore della moda: boutique option odisigner options. I primi prodotti si configurano come opzioni di tipo call che siestinguono automaticamente non appena il sottostante scende sotto un livelloprefissato, detto barriera. L’equivalente dal lato dei put, una opzione che siestingue qualora il sottostante superi la barriera, si fa attendere sino al 1980e da allora, in breve tempo, vedono la luce opzioni con barriera di ogni tipo aprefigurare una vera cascata di nuovi prodotti finanziari che non hanno ancoracessato di inondare il mercato. Qualunque classificazione si tenti non può cherisultare incompleta e, comunque, superata nel breve volgere di una notte. Maprima di entrare nel dettaglio ci si può chiedere quali siano le ragioni tecniche,al di là della maggiore flessibilità che le opzioni esotiche garantiscono all’uti-lizzatore, dalle quali è dipeso l’espandersi del nuovo mercato. Innanzitutto lapossibilità di delineare nuovi profili di pay-off, sempre più complicati. Inoltre,la replica del risultato di una opzione esotica con portafogli di opzioni di tipo

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vanilla risulta generalmente più costosa, conseguenza questa della proprietà diconvessità del prezzo delle opzioni vista nel precedente paragrafo. Infine si puòmenzionare una logica competitiva sempre crescente fra i dealers che li spingea sviluppare l’ingegneria finanziaria agli estremi limiti nel tentativo di sfornareprodotti apprezzati dagli investitori.

Negli anni novanta alcune fattispecie di opzioni esotiche fanno il salto diqualità e lasciando il ristretto mercato OTC : nel 1991 sbarcano nel ChicagoBoard of Trade (CBOT ) le opzioni CAP (sorta di opzione con barriera su indici)e due anni dopo le FLEX con le quali grossi gruppi istituzionali di operatoricercano la copertura di portafogli particolarmente compositi. Opzioni lookback,rainbow, digitals ne seguono l’esempio negli ultimi tempi.

La classificazione che segue intende dare solo uno sfocato profilo di quelloche offre questo nuovo mercato, ponendo unicamente l’accento sulla tipologiadi payoff finale che lo strumento consente di realizzare.

Per le opzioni vanilla, ad esempio un’opzione call, è noto che il payoff è datodalla funzione:

Payoff Call = max(0, ST −K)

dove ST rappresenta il prezzo del sottostante a scadenza e K lo strike price.Il grafico del payoff è la ben nota spezzata e la semplicità di questa rappre-sentazione è una delle ragioni che ha reso facilmente intellegibile lo strumentopresso tutti gli operatori. Le opzioni esotiche non si lasciano ridurre a così sin-tetiche rappresentazioni ed i loro payoff sono forse l’aspetto più caratteristicoda trattare.

Si possono distinguere a tal fine:

1. OPZIONI PATH-DEPENDENT.il diritto che da queste consegue dipende dal percorso seguito dal prezzo del

sottostante durante la vita della opzione. Si suddividono in opzioni dipendentidall’estremo, opzioni average type, e opzioni capped.

1.1 Opzioni Dipendenti dall’Estremo.Il valore di questa categoria di opzioni dipende o dal massimo valore raggiun-

to dal prezzo del sottostante durante la vita della opzione, ovvero dal minimo.Fra queste si annoverano:

1.1.1. Barrier Options.Opzioni che cessano di esistere, o vengono ad esistenza qualora il prezzo del

sottostante superi, dall’alto o dal basso, una prefissata barriera.Sono di tipo knoc-out se il superamento della barriera provoca l’estinzione

dell’opzione. In tal caso il portatore perde ogni diritto, salvo un eventuale com-penso (rebate). Se il superamento della barriera implica il venire ad esistenzadella opzione questa è detta knock-in.

Si possono costruire otto titpi di opzioni knock-out ed altrettante knock-in.

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Limitandoci alle prime si ha la seguente classificazione:

Barrier

up

up and in

½calput

up and out

½callput

down

down and in

½callput

down and out

½callput

Così, ad esempio, una opzione call a barriera di tipo down and out si estinguenon appena il prezzo del sottostante scende sotto la barriera H ed il suo payoffè pertanto il seguente:

Payoff Down−and−Out =½max (0, ST −K) se St > H per tutti i t ≥ T0 o rebate se St ≤ H per qualche t ≤ T

(49)E’ facile verificare che, se non vi è rebate, allora vale sempre la relazione:

vanilla = (knock-out) + (knock-in) . (50)

Il rilievo di questa ultima relazione sta nel fatto che non è necessario prezzaresia le opzioni knock-in che le knock-out : è sufficiente conoscere il prezzo di unaper ottenere quello dell’altra utilizzando il prezzo della vanilla.

Varianti sul tema delle barrier options sono le opzioni a barriera parziale,le outside barriers, le opzioni a barriera multipla, quelle a barriera curvilinea.

Per le prime la barriera opera solo in determinati intervalli di tempo, per leseconde una diversa variabile determina se l’opzione è knock-in o knock-out (adesempio una opzione su valuta Euro/Yen che si estingue o viene ad esistenza aseconda che il prezzo dell’oro passi un certo livelo). Fra le opzioni a barrieramultipla si ricordano quelle sull’indice Nikkei che prevedono una barriera pervenire ad esistenza ed una diversa superata la quale l’opzione si estingue.

La bariera curvilinea anzichè essere costante, come nei casi precedenti, variain funzione del tempo. Nei casi più comuni segue un andamento esponenziale(crescente o decrescente) analogo a quello del montante (o del valore scontato)di un importo predeterminato H:

Barriera = Heδt (51)

con δ opportuna costante.

Altra tipologia di opzioni dipendenti dall’estremo sono le:

1.1.2. Opzioni lookback.Le opzioni lookback (dette anche opzioni floating-strike) danno diritto al

portatore il diritto ad acquistare (call) o vendere (put) il sottostante al migliorprezzo raggiunto dallo stesso durante la vita della opzione.

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Il payoff di queste opzioni è il seguente:

lookbackcall = max [0, ST −min (S1, S2, ..., ST )] (52)

lookbackput = max [0,max (S1, S2, ..., ST )− ST ] . (53)

Varianti di questa specie di opzioni sono le partial-lookback per le quali ilmassimo o il minimo è moltiplicato per un fattore minore di uno, smorzandocosì il possibile guadagno, e le lookback modificate per le quali lo strike è fissoed il pay-off è:

lookback −mdcall = max [0,max (S1, S2, ..., ST )−K] (54)

lookback −mdput = max [0,K −max (S1, S2, ..., ST )] . (55)

Altra tipologia di opzioni dipendenti dall’estremo sono le:

1.1.3 Opzioni Ladder (opzioni a scala).Le opzioni a scala tengono conto, così come le lookback, del passato anda-

mento del prezzo del sottostante con la differenza, rispetto a quelle, che vengonoprefissati dei livelli L1, L2, ..., Ln rispetto ai quali il minimo o il massimo vengonocalcolati. Il loro payoff, in sostanza, ricalca quello espresso dalle (52) e (53),salvo che anzichè prendere in considerazione i prezzi effettivi S1, S2, ..., Sn siprendono in considerazione i prefisati livelli L1, L2, ..., Ln. La (52), per esempiosi trasforma nella:

laddercall = max [0, ST −min (L1, L2, ..., ST )] . (56)

Anche per le opzioni ladder si hanno varianti del tipo di quelle viste per lelookback.

1.2. Average Options.Le average options (opzioni sulla media), note anche come Asian Options,

hanno, anche esse, un payoff finale che dipende dall’andamento del prezzo delsottostante. I prezzi passati intervengono tramite il meccanismo della media, laquale può essere una media aritmetica o una media geometrica. Fissata una se-rie di date (ad esempio i giorni di contrattazione dalla nascita della opzione allasua scadenza) vengono rilevati i prezzi corrispondenti S1, S2, ..., Sn che formanola base per il calcolo della media.

Opzioni di questo tipo trovano particolare impiego nei mercati valutari neiquali un operatore (ad esempio una impresa importatrice di beni) desidera unacopertura rispetto alla incertezza generata dalla oscillazione dei cambi. Se le im-portazioni avvengono in unica soluzione, ad esempio al termine di un semestre,allora è sufficiente la copertura nei confronti del livello del cambio alla datadella regolazione del contratto e per questo fine sono sufficienti vanilla options.Se però vi è un flusso di importazioni a scadenza ravvicinata (una settimana, adesempio), allora la copertura per ciascuna fornitura richiederebbe l’impiego diun gran numero di opzioni con scadenza ravvicinata, ed i costi di copertura in

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tal caso potrebbero rivelarsi troppo elevati. Molte di tali opzioni infatti, tuttequelle che scadono out of the money, non venendo esercitate si tradurrebberoin puro costo assicurativo. Ecco allora che una copertura nei confronti di unandamento medio del rapporto di cambio può essere più conveniente, e questoobiettivo può essere realizato utilizzando average options.

Si possono avere le seguenti configurazioni:

1.2.1. Opzioni Average-Rate.Si tratta di vanilla options per le quali interviene, anzichè il prezzo a sca-

denza del sottostante ST , la media aritmetica A dei prezzi rilevati:

A =1

n

nXj=1

Sj

dando luogo, nel caso di un call, al payoff finale:

Payoffcall−average = max (A−K, 0) . (57)

1.2.2. Opzioni Average-Strike.Anzichè il prezzo finale, per queste opzioni, la media sostituisce lo strike.

Sempre per il caso call si ha il pay-off finale:

Payoffcall−aver_strike = max (ST −A) . (58)

1.2.3. Opzioni Average-Rate Inverso.Nel caso in cui il sottostante sia rappresentato da una valuta, se una delle

parti ha una esposizione denominata nella valuta della controparte, la sua cop-ertura avviene considerando il rapporto inverso fra le due monete. Ciò dà luogoa opzioni nelle quali (fermo il fatto che prezzo e strike devono essere denominatinella stessa valuta) si usa l’inverso della media: 1

A ottenendo il risultato finaleper calls:

Payoffcall−inv_aver = maxµ1

A− eK, 0

¶dove è eK = 1

K .Una diversa possibilità per le opzioni average inverse è quella di usare la

media: eA = 1

1n

nPj=1

1Sj

con conseguente payoff:

Payoffcall−inv_aver = max³ eA− eK, 0

´. (59)

Fra le varianti più significative della categoria delle average options si pos-sono menzionare le flexible average options nelle quali la media viene calcolataponderando i prezzi S1, S2, ..., Sn con opportuni pesi.

Se la media utilizzata, anzichè quella aritmetica è la geometrica si ottengonole

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1.2.4. Geometric Average Options.La media G per queste opzioni è la seguente:

G = n

vuut nYj=1

Sj

Ultima categoria di opzioni dipendenti dal percorso del prezzo del sot-tostante è quella delle

1.3. Opzioni Capped.Opzioni di questo tipo sono molto simili alle barrier options in quanto viene

previsto un livello superiore di prezzo che se non viene raggiunto dal sottostantel’opzione scade priva di valore. Qualora venga superato il livello (ceiling)l’emittente della opzione deve pagare al portatore la differenza fra il prezzoraggiunto ed il ceiling, differenza che però non può superare un ammontarepredeterminato.

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5 MODELLI DISCRETI.

5.1 Definizioni e Primi Elementi.

La modellistica che tratta il pricing di derivati può essere bipartita in due gran-di filoni: quello che fà capo allo schema classico di Black e Scholes in baseal quale l’evoluzione dei prezzi di attività rischiose è rappresentata medianteprocessi continui nel tempo, e quello dicreto, che ha i suoi pionieri in Cox,Ross e Rubinstein, strutturato sulla ipotesi che le variazioni dei prezzi possanoavvenire in determinati istanti del tempo, separati da intervalli nei quali nullaaccade. Le ragioni del primo approccio si fondano essenzialmente sulla possibil-ità di utilizzare un apparato formale potente e ben sviluppato quale il calcolostocastico, anche se per fare ciò è necessario forzare in qualche modo la realtàdei fenomeni finanziari. Infatti una quotazione, per quanto poco possa restareinvariata, di fatto non si comporta come una funzione continua del tempo edanche i suoi incrementi si producono per piccoli salti (la lira, o il centesimo dieuro, o il sedicesimo di dollaro, e così via) anzichè con variazioni infinitesime.L’approccio discreto, di poco successivo a quello continuo, nasce nel tentativodi tradurre in forma didatticamente accessibile i fondamentali risultati ottenutida Black e Scholes nel 1973. In breve tempo però, ciò che era nato per circolareunicamente nei libri di testo di livello meno elevato, si rivela uno strumentoassai utile nelle applicazioni pratiche essendo in molti casi (quelli, e sono ormaila maggioranza, in cui il modello continuo non può essere applicato per l’im-possibilità di ottenere formule chiuse per il prezzo di strumenti particolarmentecomplicati) l’unica possibile via al pricing di titoli derivati. La possibilità diutilizzare strumenti di calcolo sempre più agili ed economici, unita all’attitudineche hanno i modelli discreti ad essere manipolati anche da chi non possiede rafif-nate conoscenze probabilistiche, hanno fatto sì che i cosidetti modelli ad albero(binomiale o trinomiale) siano largamente in uso nella pratica degli operatori.Il loro studio dunque non è più solo un modo di aggirare le difficoltà che ponel’analisi in tempo continuo ma, abbinato con la dovuta pratica computazionale,costituisce un reale patrimonio conoscitivo per chi intende occuparsi dei mercatidei titoli derivati.

Il presente paragrafo è dedicato alla introduzione, ed ad una adeguataformalizzazione, dei concetti fondamentali sui quali la modellistica discreta ècostruita. I successivi paragrafi saranno destinati alla costruzione ed all’impiegodegli specifici modelli che i particolari strumenti richiedono.Ciò che verrà omes-so, e che in molti casi ha un ruolo essenziale nella implementazione dei modelli,è quanto si collega ai problemi di convergenza dei modelli discreti ai loro par-enti nobili in tempo continuo. Questa tematica evidenzia ancora il fatto che ilmodello vero, in qualche modo, è sempre quello continuo e l’equivalente discre-to, per quanto nobilitato dai buoni risultati sul campo, manca di antecedentiblasonati.

Sia t un istante del tempo assunto come epoca attuale e ∆t una unitàdi riferimento (giorno, settimana, ecc.). Si consideri poi l’insieme dei tempiT = t, t+∆t, t+ 2∆t, ..., t+N∆t ed in corrispondenza a ciascuno di essiuna grandezza aleatoria che rappresenta il prezzo di una attività rischiosa ne-

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goziabile sul mercatro. In un modello discreto una grandezza di questo tipo(per comodità supporremo trattarsi del prezzo di una azione, ma tutto quantoverrà esposto vale anche se si tratta di un indice come il MIBTEL, o una val-uta) subisce variazioni unicamente in corrispondenza agli istanti appartenentiall’insieme T , restando poi invariata durante tutti gli intervalli che separano unelemento di T dal successivo. Un osservatore che ne rilevasse i valori otterrebbeuna sequenza di N prezzi che definiscono una particolare traiettoria del pro-cesso evolutivo del prezzo della azione. Tale sequenza prende il nome di seriestorica e va pensata come una fra le molte possibili realizzazioni specifiche delprocesso in esame.

Volendo formalizzare in maniera adeguata il processo evolutivo del prezzo ènecessario definire:

a) l’insieme dei possibili valori che il prezzo della azione può assumere agliistanti definiti;

b) la regola in base alla quale da un prezzo ad un generico istante t+ j∆tsi passa ai possibili prezzi raggiungibili l’istante successivo t+ (j + 1)∆t;

c) le probabilità di ciascuna transizione da un prezzo ad un altro.

Sia dunque S la grandezza aleatoria e si ponga che all’istante t+ j∆t ipossibili stati (prezzi) che possono realizzarsi siano in numero nj . Se si indicacon Sj l’insieme dei possibili stati all’istante t+ j∆t avremo che:

Sj =nSj1, S

j2, ..., S

jnj

o,

mentre il processo S nel suo complesso sarà definito come:

S =©S0, S1, S2, ..., SN

ª.

Si conviene dunque che l’apice indichi l’istante temporale ed il pedice il parti-colare stato riferito a quell’istante. In termini probabilistici S rappresenta unprocesso stocastico discreto in tempo discreto, mentre ciascuna delle Sj è unavariabile aleatoria le cui possibili realizzazioni sono i valori Sj

i , i = 1, 2, ..., nj .Un processo stocastico è quindi una famiglia di variabili aleatorie individuateda un indice temporale.

Poichè t+0∆t rappresenta l’istante presente nel quale il valore in questioneè noto, S0 dovrà contenere un unico elemento:

S0 =©S01ª. (60)

E’ inoltre del tutto coerente assumere che sia nj < nj+1, in quanto, con ilpasare del tempo, i prezzi che si possono ossservare sono in numero crescente.Ciò riflette l’ovvio fatto che l’incertezza cresce quanto più lontano si guarda:se, ad esempio, si pensa che i possibili prezzi che una certa azione può assumeredomani sono un dato numero, quelli che può assumere fra un mese sono certa-mente di più. Questa proprietà conferisce al processo del prezzo il carattere diprocesso diffusivo, intendendo con ciò che il ventaglio delle possibili realizzazionisi apre sempre più nel tempo (in altri termini cresce la variabilità, ovvero ladispersione).

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Page 43: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Per questioni di notazione si assume inoltre che, per ogni j e per ogni i, siaanche:

Sji < Sj

i+1. (61)

Le possibili realizzazioni relative ai prezzi ad un qualunque istante vengonocosì disposte in ordine crescente. Si indica infine con

bSji =

nSj+1i1

, Sj+1i2

, ..., Sj+1ik

o(62)

l’insieme degli stati che sono raggiungibili dalli stato Sji . Se è j < N , allora

deve essere, per ogni i, bSj+1i 6= ∅, in quanto non sarebbe coerente supporre che

ad un qualche prezzo il processo si arrestasse, lasciando che lo stesso prezzo sipresentasse invariato a tutti gli istanti futuri.

Per quanto riguarda le regole che stabiliscono quali prezzi siano raggiungibiliad ogni istante di T , da esse dipende il tipo di processo che si pone alla basedella evoluzione della grandezza che viene modellata. Processi di tipo binomiale(alberi binomiali), trinomiale, ricombinanti o meno sono alcune delle possibilischematizzazioni alle quali si perviene. Di queste si tratterà più avanti quandoverranno presentati specifici approcci alla tematica del pricing.

Le probabilità di transizione da uno stato all’altro, infine, richiedono unanotazione più articolata dovendo specificare l’istante al quale sono riferite edi due stati, quello di origine e quello di arrivo. Così si indicherà con pj+1i,k la

probabilità che al tempo t + (j + 1)∆t si realizzi il prezzo Sj+1k se al tempo

t+ j∆t il prezzo era Sji .

Per riepilogare si dà la definizione seguente:

Definizione 24 Il processo S relativo al prezzo di una attività rischiosa è rap-presentato da una famiglia di variabili aleatorie S0, S1, S3, ..., SN i cui possibilivalori sono:

S0 =©S01ª

S1 =©S11 , S

12 , ..., S

1n1

ª....................................SN =

©SN1 , S

N2 , ..., S

NnN

ªessendo

nj < nj+1

ed inoltre, per ogni j e per ogni i:

Sji < Sj

i+1.

La probabilità di transizione dallo stato Sji verificatosi al tempo t + j∆t, allo

stato Sj+1k al tempo t+(j + 1)∆t, è indicata con pj+1i,k . Una particolare sequenza

di stati realizzati dal processo:

S01 , S1i1 , S

2i2 , ..., S

NiN

rappresenta una traiettoria del medesimo.

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Page 44: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Considerando l’istante t+∆j ed i possibili stati del processo SJ =nSj1, S

j2, ..., S

jjn

o,

se gli stati all’istante successivo sonoSJ+1 =

nSj+11 , Sj+1

2 , ..., Sj+1j+1n

o, allora resta definita una matrice P j+1 delle

probabilità di transizione da ciascuno stato di Sj a ciascuno di Sj+1:

P j+1 =

pj+11,1 pj+11,2 .... pj+11,j+1n

pj+12,1 pj+12,2 .... pj+12,j+1n

.... .... .... .....pj+1jn,1

pj+1jn,2.... pj+1jn,j+1n

.

In generale alcuni elementi della matrice P j+1saranno nulli se da alcuni statinon è possibile raggiungere tutti quelli dell’istante temporale successivo.

Le proprietà in base alle quali si è sinora definito il processo evolutivo diun prezzo, ed in particolare la proprietà di diffusione, fanno sì che aumentandocon il trascorrere del tempo gli stati possibili, l’incertezza che si ha all’istanteiniziale riguardo al possibile valore finale del prezzo sia tanto più grande quantomaggiore è il numero degli intervalli temporali che costituiscono l’orizzonte delprocesso. Dal punto di vista dell’informazione, le conoscenze che si hanno all’is-tante t, sono il prezzo corrente della azione S01 , mentre i possibili prezzi finali:SN =

©SN1 , S

N2 , ..., S

NnN

ªrappresentano il massimo grado di incertezza riferito

al medesimo istante t. Man mano che il tempo passa, venendo a conoscenza diquali stati sono stati raggiunti istante per istante, l’incertezza diminuisce poichèsi dovranno escludere alcuni degli stati di SN che non saranno più raggiungibili.In questa diminuzione di incertezza è l’essenza del processo, parallelo a quellodel prezzo, di acquisizione di informazione. All’istante finale t+N∆t ogni in-certezza sarà eliminata, disponendosi della informazione completa una volta cheè noto il prezzo SN

i che si è realizzato. Si intuisce che il processo, così come losi va costruendo, è aderente a quanto si verifica nella realtà dove il trascorreredel tempo consente l’accumulo di dati che si traducono in un arricchimento diinformazione. E nei paragrafi precedenti è stato evidenziato come i concetti diσ-algebra e di filtrazione siano la traduzione formalizzata di tale evoluzione.

A partire da un processo S è possibile costruirne altri di struttura analogao spostando all’indietro di una unità temporale tutte le variabili che lo com-pongono, ovvero effettuando delle differenze fra le variabili, oppure costruendoopportune operazioni che coinvolgono altri processi. La definizione seguenteintroduce il concetto di similarità fra processi.

Definizione 25 Due processi S e C sono detti dello stesso tipo se si arti-colano sullo stesso orizzonte temporale T = t, t+∆t, t+ 2∆t, ..., t+N∆t,se per ogni istante t + j∆t, S e C hanno lo stesso numero di stati, ovvero:Sj =

nSj1, S

j2, ..., S

jnj

o, Cj =

nCj1, C

j2, ..., C

jnj

o, se coincidono le probabilità di

transizione da uno stato all’altro e se inoltre S si trova nello stato Sji , allora C

si trova nello stato corrispondente Cji .

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Page 45: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

In sostanza due processi dello stesso tipo condividono il numero degli statiad ogni istante e la regola di pasaggio da uno all’altro. Ciò in cui differisconosono i valori che corrispondono agli stati omologhi.

E’ possibile, dato un processo S, ricavarne uno analogo che verrà indicatocon S, ottenuto assegnando a ciascuno stato di Sj+1 lo stato di Sj da cuiproviene. In altri termini, se bSj

i =nSj+1i1

, Sj+1i2

, ..., Sj+1ik

oè l’insieme degli stati

raggiungibili dallo stato Sji , allora si sostituisce questo stesso valore in luogo di

ciascuno dei Sj+1i1

, Sj+1i2

, ..., Sj+1ik. Così supponendo che S sia un processo nel

quale da ogni stato si presentano due sole possibilità per l’istante successivo:

S =©S0, S1, S2

ªcon

S0 =©S01ª

S1 =©S11 , S

12

ªS2 =

©S21 , S

22 , S

23 , S

24

ª.

E’ così:

bS01 =©S11 , S

12

ªbS11 =

©S21 , S

22

ªbS12 =

©S23 , S

24

ªe quindi

S =©S1, S2

ªcon

S1 =©S01 , S

01

ªS2 =

©S11 , S

11 , S

12 , S

12

ªIn pratica al tempo t + ∆t i due stati possibili coincidono (e quindi non vi èalcuna incertezza), mentre in t+ 2∆t i quattro stati presentano due soli valoridifferenti. Come si vede il processo S non è definito in t. Dal punto di vistainformazionale il processo S presenta una particolarità notevole: al tempo t+∆tvi è un unico stato possibile e quindi questo è noto anche in t, istante precedente.Successivamente, se in t+∆t il processo è nello stato rapprersentato dal primodegli S01 , allora al passo successivo il valore che si realizza è comunque S

11 , e

così via.In un processo del tipo S dunque si conoscono in anticipo i valori verso i

quali si muove a partire da un qualunque stato. Per questa ragione si ha laseguente:

Definizione 26 Dato un processo S, un processo dello stesso tipo di S è dettoprocesso prevedibile rispetto all’informazione generata da S.

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Page 46: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

E’ facile costruire un processo prevedibile a partire dal processo del prezzodi una azione S. L’esempio seguente lo dimostra.

Esempio 27 Si ponga infatti che le componenti del vettore Φ =©Φ1,Φ2, ...,ΦN

ªrappresentitno la quantità di azione che viene detenuta in t, t+∆t, t+ 2∆t, ...e che esse dipendano dal prezzo che l’azione stessa ha fatto registrare nel pe-riodo precedente. In simboli: Φj = f

³Sj−1i

´. Al tempo t + (j − 1)∆t, non

appena è noto il prezzo della azione, si conosce la quantità della stessa che saràin portafoglio all’inizio del periodo successivo t+ j∆t, e dunque il processo chedefinisce l’evoluzione del portafoglio è un processo prevedibile (rispetto a quellodel prezzo del titolo).

E’ possibile ora, sfruttando processi del tipo di S, definire con opportuneoperazioni nuovi processi. Il primo e più semplice è il processo differenza definitonel modo seguente:

∆S = S − S (63)

In esso, le variabili che lo compongono: ∆S0,∆S1, ...,∆SN−1 sono ottenutesottraendo a ciascun valore Sji il valore Sj

i , ovvero sottraendo a Sji il valore

Sj−1k da cui proviene. E’ chiaro che ∆S è un processo dello stesso tipo di S(e non di S). Si noti inoltre che per semplicità di notazione si potrebbe anchescrivere che ∆Sj = Sj − Sj−1, ma deve essere ben chiaro che si tratta di unadifferenza del tutto particolare poichè Sj e Sj−1 sono insiemi di valori e la nu-merosità degli stessi è diversa in un insieme e nell’altro. Solo l’introduzione delprocesso anticipato S consente di definire correttamente la differenza elementoper elemento dato che i due processi impiegati sono dello stesso tipo.

Si consideri ora il processo S ed un processo Φ prevedibile rispetto al primo.Per chiarire le idee sia ancora S il processo del prezzo di una azione e Φ ilprocesso relativo alla quantità della azione stessa che viene detenuta da unperiodo all’altro. Sia poi questa quantità determinata dal prezzo della azioneregistrato all’inizio del periodo. La quantità Φji risulta determinata in base alprezzo Sj−1

k che ha fatto registrare l’azione. In t+ j∆t il valore del portafoglio(prima di procedere alla sua variazione in funzione del nuovo prezzo osservatoSji ) è Φ

jiS

ji (si noti la legittimità di questo prodotto, dovuta al fatto che Φ è

un processo anticipato). Il guadagno del periodo è rappresentabile nel modoseguente:

ΦjiSji − ΦjiSj−1

k = Φji

³Sji − Sj

i

´.

Per ogni possibile traiettoria seguita dal processo: S01 , S1i1, S2i2 , ..., S

NiNsi può

così definire il guadagno totale come la somma dei singoli guadagni di periodo:

NXj=1

Φjij

³Sjij− Sj−1

ij

´.

Resta inoltre definito un processo dello stesso tipo di S, che viene indicatocon Y costruibile nel modo seguente: in corrispondenza a S0 =

©S01ªsi pone

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Page 47: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Y 0 =©Y 01ª, ammontare di ricchezza in izialmente poseduto. In corrispondenza

a Sji , valore appartenente all’insieme di quelli raggiungibili al j-mo intervallo si

pone

Y ji = Y 01 +

jXk=1

Φkik

³Skik− Sk−1

ik

´= Y 01 +

jXk=1

Φkik∆Skik

(64)

dove la somma è fatta lungo la traiettoria che porta a Sji . Il processo:

Y =©Y 1, Y 2, ..., Y N

ªè così ottenuto a partire dagli Y j , dove è:

Y j =nY j1 , Y

j2 , ..., Y

jnj

ocon gli Y j

i definiti in base alla (64). Una forma compatta per rappresentarel’insieme dei possibili valori assumibili da Y j , di particolare interesse in quantoha un suo equivalente nel calcolo stocastico, è la seguente:

Y j .= Y 0 +

jXk=1

Φk∆Sk = Y 0 +Φ · Sj (65)

La notazionejP

k=1

Φk∆Sk non va confusa con lajP

k=1

Φkik∆Skik: la seconda

rappresenta infatti uno specifico valore ottenuto lungo una particolare traietto-ria, mentre la prima è una forma compatta per esprimere tutti i valori che sipossono raggiungere con j passi di ampiezza ∆t ed è una variabile aleatoria.

Tornando ancora alla (65), è interessante mettere in rilievo che essa esprimela proprietà seguente. Dato un processo S, ed un altro processo dello stesso tipodi S (cioè un processo prevedibile rispetto allo stato informativo che caratterizzaS), utilizzando il processo delle differenze ∆S (dello stesso tipo di S) si puòcostruire un nuovo processo Y ancora dello stesso tipo di quello di partenza S.

Nell’esempio accennato più sopra, se le quantità di azione da detenere inportafoglio periodo per periodo dipende dal prezzo segnato della azione stessail periodo precedente, allora il valore nel tempo di questo portafoglio è unprocesso dello stesso tipo di quello che descrive il prezzo della azione. Perstesso tipo si intende, come ricorda la definizione data più sopra, che i dueprocessi hanno lo stesso numero di stati in ogni periodo, che condividono lestesse regole di transizione, e differiscono quindi solo per i valori che si trovanoassociati a ciascuno stato.

A partire dalle nozioni sin qui introdotte, utilizzando in particolare la no-tazione della (65), si può costruire un parello discreto del calcolo stocastico.In esso, come in ogni discretizzazione, le sommatorie stanno per gli integrali(stocastici). I risultati che saranno presentati nei prossimi paragrafi potrebberocosì essere ottenuti seguendo questo percorso che ricalca i concetti chiave dellametodologia in tempo continuo.

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Page 48: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

5.2 Lo Schema Binomiale Generale.

Il più diffuso e flessibile processo discreto è senza dubbio quello binomiale. Essosi caratterizza per il fatto che qualunque sia lo stato nel quale si trova il processoad un dato istante, all’istante successiovo due sono i possibili stati ai quali puòevolvere. Nello schema più generale di questo processo lo stato Sj

i è seguito dai

due stati: Sj+12i−1 e S

j+12i , ed è quindi bSj

i =nSj+12i−1, S

j+12i

o. Conseguentemente il

numero di stati osservabili all’istante t + j∆t è pari a 2j . La figura 5 illustral’albero relativo ad un processo binomiale di questo tipo articolato su tre periodi.

Figura 5

La descrizione formale di un processo binomiale generale a tre periodi è laseguente:

S =©S0, S1, S2, S3

ªessendo

S0 =©S01ª

S1 =©S11 , S

12

ªS2 =

©S21 , S

22 , S

23 , S

24

ªS3 =

©S31 , S

32 , S

33 , S

34 , S

35 , S

36 , S

37 , S

38

ª.

Con riferimento a questo schema è possibile evidenziare gli aspetti infor-mativi che sono connessi alla classe dei procesi binomiali. Data la particolarestruttura che prevede, ad ogni stato, due alternative per il successivo, lo schemadel lancio di una moneta ben si presta a descrivere gli eventi dai quali dipendel’evoluzione del processo. Si può infatti pensare che il movimento verso l’alto overso il basso lungo l’albero avvenga in conseguenza dell’esito del lancio di unamoneta: ogni volta che esce testa si sale, ogni volta che esce croce si scende.

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Così, ad esempio, il valore terminale S36 corrisponde alla sequenza di lanci TCT ,mentre S31 corrisponde a CCC. E’ immediata l’analogia con lo schema relati-vo ai tre lanci di monete presentato nel paragrafo dedicato alla informazione.Anche in questo caso, tramite il suo evolvere, il processo genera informazione equesta si traduce nella filtrazione i cui elementi sono: F0,F1,F2,F3.

Per quanto riguarda le matrici P 1, P 2, ..., P j , ..., PN delle probabilità ditransizione, data la particolare struttura dell’albero, solo due elementi adia-centi di ciascuna riga risultano diversi da zero: quelli e soli che corrispondonoagli stati raggiungibili al passo successivo. E’ dunque:

P j =

pj11 pj12 0 0 ... ... 0

0 0 pj23 pj24 0 ... 0... ... ... ... ... ... ...

0 0 0 0 ... pj2j ,2j+1−1 pj

2j ,2j+1

(66)

E’ opportuno soffermarsi brevemente sul significato delle probabilità di tran-sizione. La probabilità di trovarsi, al tempo t + (j + 1)∆t nello stato Sj+1

2i ,essendo al tempo t + j∆t nello stato Sj

i (vale a dire pji,2i) ha il carattere diprobabilità condizionata, per la quale l’evento condizionante è rappresentatodal trovarsi nello stato Sj

i al tempo t+ j∆t.Fissata la probabilità iniziale p0 di trovarsi al tempo t+∆t in S12 (e 1− p0

sarà quella di giungere a S11), è possibile determinare la probabilità di giungeread un qualunque terminale SN

i conoscendo le matrici Pj e sfruttando il fatto che

ogni terminale è associato, in maniera biunivoca, ad un percorso lungo l’albero.Si ha pertanto che la probabilità assoluta pNi di giungere a S

Ni è la seguente:

pNi = p0p1i0j1p2j1k2 ...p

N−1mrNi

. (67)

Questa probabilità si collega in modo naturale al prezzo di Arrow-Debreurelativo ad un contingent che garantisce l’importo unitario se lo stato finaleraggiunto è proprio SN

i e niente negli altri casi. Ponendo infatti pNi = πNi siha che il prezzo di Arrow-Debreu è πNi e

−δN .

5.2.1 Prezzare Derivati nello Schema Binomiale Generale.

Se si assume che il prezzo dell’attività sottostante un generico contingent claimevolva secondo un processo binomiale, allora alla determinazione del prezzo diun contingent (o di un qualunque derivato il cui valore dipenda dal prezzo finaledel sottostante) si giunge semplicemente facendo ricorso al principio dell’assenzadi arbitraggi.

Nel presente paragrafo ci si occuperà del problema del pricing di contingentclaims con riferimento allo schema generale, dando prima la soluzione per ilcaso uniperiodale ed estendendendola poi al caso pluriperiodale.

Si supponga dunque che l’orizzonte temporale sia di un periodo di ampiezza∆t. Il processo relativo al prezzo del sottostante è il seguente:

S =©S0, S1

ªS0 =

©S01ª, S1 =

©S11 , S

12

ª.

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Riferito al medesimo intervallo temperale, sia

f =©f0, f1

ªf0 =

©f01ª, f1 =

©f11 , f

12

ªil processo f del contingent claim (derivato). Per definizione, il valore finale delcontingent è una qualche funzione del prezzo finale del sottostante: f1 = f

¡S1¢,

mentre il prezzo iniziale f01 è quanto si deve determinare. Si indica poi con pla probabilità che il sottostante dopo un periodo abbia un prezzo finale S2(aumento di prezzo) e con 1− p quella che il prezzo sia S1.

Si ponga che sul mercato sia negoziabile, oltre alla attività rischiosa chefunge da sottostante ed al derivato, anche un bond il cui prezzo iniziale siaB0 = 1, e sia B1 = eδ∆t il suo valore finale certo . Come si vedrà, bond esottostante sono sufficienti per costruire un portafoglio di replica del derivato epertanto il mercato risulta completo. Si tenga presente che questa proprietà dicompletezza è strettamente dipendente dal processo del prezzo del sottostante,cioè dal fatto che il modello impiegato è quello binomiale.

All’istante iniziale t si costrusca un portafoglio Π = (∆,Ψ) le cui componentirappresentano le quantità del sottostante e del bond che vengono detenute. Ilcosto iniziale V0 del portafoglio è:

V 0 = ∆S01 +ΨB0. (68)

Si richiede ora che il portafoglio sia una replica del derivato, nel senso cheil suo valore V 1i in t +∆t sia lo stesso che avrebbe il derivato in ciascuno deipossibili stati finali.

Poichè è V 11 = ∆S11 + Ψe

δ∆t e V 12 = ∆S12 + Ψe

δ∆t è sufficiente risolvere ilseguente sistema lineare nelle incognite ∆ e Ψ:½

∆S11 +Ψeδ∆t = f11

∆S12 +Ψeδ∆t = f12

(69)

Le soluzioni che si ottengono sono:

∆ =f12 − f11S12 − S11

(70)

Ψ =S12f

11 − f12S

11¡

S12 − S11¢eδ∆t

(71)

e conseguentemente il prezzo del portafoglio di replica è:

V 0 =f12 − f11S12 − S11

S0 +S12f

11 − f12S

11¡

S12 − S11¢eδ∆t

. (72)

E’ facile ora provare che deve essere f01 = V 01 . Infatti si ponga che siaf01 < V 01 . In tal caso vendendo il portafoglio Π e acquistando il contingent sirealizza un importo positivo, mentre a scadenza gli obblighi derivanti dall’avervenduto il portafoglio sono esattamente compensati dai diritti derivanti dal

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possesso del derivato. Si realizza in tal modo un arbitraggio di tipo B. Inmaniera analoga si vede che non può valere la disugualianza inversa.

La (72) può essere riscritta nel modo seguente:

f01 = e−δ∆t

·S01e

δ∆t − S11S12 − S11

f12 +S11 − S01e

δ∆t

S12 − S11f11

¸dovendo essere S01e

δ∆t > S11 e S01e

δ∆t−S11 < S12 −S11 . Infatti nel primo caso, sefosse S01e

δ∆t < S11 acquistando il sottostante indebitandosi per l’importo S01 , a

scadenza si realizzerebbe almeno S11 (ipotesi di riduzione del valore dell’azione)che è più del montante dell’importo mutuato da restituire. Per quanto riguardala seconda disugualianza, se fosse S01e

δ∆t−S11 > S12 −S11 , e quindi S01eδ∆t > S12 ,allora vendendo allo scoperto il sottostante ed investendo il ricavato si otter-rebbe a scadenza, anche nella ipotesi peggiore che questa subisca un aumentodi valore, un montante maggiore del prezzo della azione da consegnare.

Ponendo quindi

q =S01e

δ∆t − S11S12 − S11

(73)

risulta 0 ≤ q ≤ 1, mentre è anche S11−S01eδ∆tS12−S11

= 1− q.Il prezzo del derivato può quindi essere scritto come valore attualizzato della

combinazione lineare convessa dei valori finali del contingent claim:

f01 = e−δ∆t£qf12 + (1− q) f11

¤. (74)

La (74) presenta una interessante proprietà che è utile mettere in evidenza.Se si assegna a q e 1− q il significato di probabilità, allora il prezzo del derivatonon è altro che il valore atteso (scontato) del risultato aleatorio cui dà luogo.In questa ottica f01 può essere assimilato alla posta richiesta per partecipare adun gioco equo che ha come possibili risultati f11 e f

12 . Il fattore di sconto rende

comparabili nel tempo posta e risultato, riferiti ad istanti diversi. E’ già statomesso in evidenza come pagare una posta che coincide con il valore atteso delrisultato implica un atteggiamento di indifferenza rispetto al rischio, ecco che loschema sin qui presentato può essere letto come quello relativo ad un mercatonel quale i partecipanti manifestano neutralità rispetto al rischio. I valori q e1− q, come è noto, rappresentano la nuova di misura di probabilità che rende ilcontesto neutro al rischio. La portata generale di questo risultato, estendibile alcaso multiperiodale, e che traduce nel contesto dello schema binomiale quantoenunciato più sopra (vedi la proposizione 14) viene riassunta nella seguenteproposizione.

Proposizione 28 Se il mercato è completo ed in equilibrio esiste una unicamisura di probabilità di neutralità rispetto al rischio Q = (q, 1− q) tale che ilprezzo di un contingent claim è il valore atteso scontato deisuoi possibili payoffa scadenza, calcolato in base alla misura di probabilità Q.

Di rilievo è pure il significato che assume la componente azionaria ∆ delportafoglio di replica del derivato. Proprio per la proprietà di replicare i risultati

50

Page 52: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

del derivato, il portafoglio Π se detenuto in posizione long e combinato conl’emissione del derivato (posizione short), genera una posizione complessiva ilcui risultato a scadenza è nullo qualunque sia il valore finale del sottostante.Ciò è dovuto al fatto che gli effetti del derivato e del portafoglio (detenuti inposizione contrarie) si annullano reciprocamente.

Quindi il portafoglio eΠ = (−1,∆,Ψ) composto da una unità di derivato inposizione short, dalla quantità ∆ di sottostante e dalla quantità Ψ di bond è unportafoglio privo di rischio che dà a scadenza un risultato nullo. La proprietà diessere privo di rischio è mantenuta se si elimina la componente priva di rischio,cioè il bond. La conseguenza è che emettere il derivato e detenere il sottostantenella quantità ∆ non comporta l’assunzione di rischi (il risultato a scadenzanon è più nullo, ma sarà un valore certo come se si fosse assunta una posizionesu di un bond) e pertanto ∆ rappresenta la copertura necessaria a sterilizzareil rischio conseguente l’emissione del call.

La quantità ∆ prende il nome di delta hedging.L’esempio seguente illustra numericamente quanto sin qui esposto.

Esempio 29 Si consideri una azione il cui prezzo odierno sia S01 = 100, mentrea scadenza, fra un mese, sia S11 = 92.6 e S12 = 110. Sia poi i = 0.05 iltasso annuo (struttura piatta) praticato sul mercato. Si voglia prezzare unaopzione call emessa sull’azione con strike K = 105. Essendo ∆t = 1

12 , mentreè f11 = max [92.6− 105, 0] = 0 e f12 = max [110− 105, 0] = 5, in base alla (69)si ha: (

92.6∆+Ψ (1.05)112 = 0

110∆+Ψ (1.05)112 = 5

le cui soluzioni sono:½∆ =

f12−f11S12−S11

= 0.287 36,Ψ =S12f

11−f12S11

(S12−S11)eδ∆t= −26. 501

¾.

La tabella seguente mostra come effettivamente in t+∆t = 112 il portafoglio

Π = ∆,Ψ replica il call:

Sottostante S11 = 92, 6 S12 = 110

CALL max (92.6− 105; 0) = 0 max (110− 105; 0) = 5Portafoglio 0.28735 (92.6)− 26. 609 = 0 0.28736 (110)− 26. 609 = 5

Non resta che prezzare il portafoglio Π per avere anche il prezzo dell’opzione.Questo è:

V0 = 0.28735 (100)− 26.50123 = 2. 233 8Indicando con C il prezzo di equilibrio del call, deve essere dunque C = 2.2338.

Si consideri ancora l’emittente della opzione e si supponga che questi acquistiil portafoglio Π. La sua nuova posizione è ora rappresentabile dal portafoglioeΠ = (−1; 0.28736;−1). La prima componente di eΠ indica la posizione short sulcall, mentre la terza indica la posizione short sul bond (che dà luogo ad un costonegativo pari a 26.609). Il costo del portafoglio è:

eV0 = −0.28736 (100) + 26.501 + 2.2338 = 051

Page 53: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

come era lecito attendersi. E’ anche immediato constatare che a scadenza,qualunque cosa accada all’azione sotostante, vi è perfetta compensazione frale poste del portafoglio (26.501 (1.05)

112 = 26. 609 è il valore del bond alla

scadenza):

Sottostante S11 = 92.6

Call+Port. 0.28735 (92.6)− 26. 609 +max (92.6− 105; 0) = 0Sottostante S12 = 110

Call+Port. 0.28736 (110)− 26.609 +max (110− 105; 0) = 0

Il portafoglio eΠ è un portafoglio privo di rischio e tale rimane se, come già sot-tolineato più sopra, da esso eliminiamo la posizione short sul bond. Si consideriallora il portafoglio composto dalla posizione short sul call e dalla posizione longsu 0.28736 unità di azione: Θ = (−1; 0.28736). Il suo costo è

bV = −0.28736 (100) + 2.2338 = −26. 501

come è ovvio, dato che manca l’incasso per la vendita dello zcb.Ed inoltre Θ è un portafoglio privo di rischio, e pertanto deve dare lo stes-

so risultato a scadenza indipendentemente da quale sia il prezzo fra un mesedell’azione sottostante. Controlliamo:

Sottostante S11 = 92, 6

Call+Sott. 0.28735 (92.6) +max (92.6− 105; 0) = 26. 609Sottostante S12 = 110

Call+Sott. 0.28736 (110) +max (110− 105; 0) = 26. 609

Dunque il portafoglio Θ ha comportato l’impiego iniziale dell’importo 26. 501 ea scadenza fornisce l’importo certo 26.609, montante che si ottiene investendoal tasso annuo di mercato i = 0.05 l’importo 26.501. Quindi il portafoglio Φfornisce la replica di uno zcb.

La conclusione che se ne trae è che emettendo il call ed acquistando contem-poraneamente una porzione di azione pari a 0.28735 unità, ci si immunizza dalrischio insito nell’emissione dell’opzione, equiparando la posizione a quella dichi detiene un bond. La quantità di azione capace di sterilizzare la rischiositàdel deivato è il delta hedging (o semplicemente delta).

E’ semplice a questo punto estendere i risultati ottenuti al caso multiperi-odale nel quale dalla data di valutazione t a quella di scadenza del derivatointercorrono più periodi. Verrà esposto il risultato nell’ipotesi che i periodisiano due dopo di che l’estensione a N periodi seguirà per naturale induzione.

In quanto segue è fondamentale l’ipotesi che il derivato sia negoziabile sulmercato anche dopo la sua emissione e fino alla data di scadenza: esso deveessere un tradable dato che la tecnica di pricing è ancora quella che si fonda sulprincipio della assenza di arbitraggi. Accanto al processo relativo alla evoluzionedel prezzo del sottostante si dovrà quindi costruire l’albero relativo al prezzo delderivato il quale, in virtù della dipendenza del prezzo del derivato da quello del

52

Page 54: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

sottostante, sarà dello stesso tipo di quello di quest’ultimo (vedi la definizione25). Nel caso di due periodi questo processo è il seguente:

f =©f0, f1, f2

ªcon

f0 =©f01ª

f1 =©f11 , f

12

ªf2 =

©f21 , f

22 , f

23 , f

24

ª.

I valori f21 , f22 , f

23 , f

24 , rappresentano i payoff finali del contingent e sono

dunque noti. Il prezzo di equilibrio f12 al tempo t+∆t, nell’ipotesi che il primomovimento del prezzo del sottostante sia stato verso l’alto, è ottenibile utilizzan-do la medesima tecnica impiegata nel caso uniperiodale. Poichè i possibili esitiche si presentano per il periodo sucessivo sono in questo caso f23 e f

24 si dovrà

costruire un portafoglio di replica che abbia, a scadenza, questi due payoff. In-dicando con ∆12 e Ψ

12 le componenti del portafoglio si pongono le condizioni (si

ricordi che nel presente contesto il valore iniziale del sottostante è S12 , mentre iposisbili valori al termine del periodo sono S23 e S

24):½

∆12S23 +Ψ

12e

δ∆t = f23∆12S

24 +Ψ

12e

δ∆t = f24

le cui soluzioni sono ∆12 =−f24+f23S23−S24

e Ψ12 =−S24f23+f24S23(S23−S24)eδ∆t

, con

V 12 = f12 =f24 − f23S24 − S23

S12 +S24f

23 − f24S

23¡

S24 − S23¢eδ∆t

.

Ed effettuando gli stessi calcoli del caso uniperiodale si giunge alla:

f12 = e−δ∆t£q12f

24 +

¡1− q12

¢f23¤

(75)

equivalente alla (74) del caso uniperiodale e nella quale q12 e 1− q12 rappresen-tano le probabilità di neutralità rispetto al rischio. Le stesse argomentazioniderivanti dalla condizione di assenza di arbitraggi mostrano poi che il prezzo delcontingent non può discostarsi, qualora lo stato del sistema sia quello per cui ilprezzo del sottostante è S12 , da quanto stabilito dalla (75). In modo analogo siprocede per determinare f11 ed infine, noti f

11 e f

12 , si calcola il prezzo iniziale

del derivato f10 .Come si vede la procedura di pricing si fonda su di un metodo iterativo che

parte dai terminali dell’albero (i payoff finali del contingent) risalendo a ritrososino all’origine dello stesso. Si tratta di una metodologia di tipo backward moltoidonea ad essere tradotta in un algoritmo di calcolo. L’i-mo elemento dell’alberodel derivato, al tempo t+ j∆t è dato dalla relazione:

f ji = e−δ∆thqji f

j+12i +

³1− qji

´f j+12i−1

i, (76)

53

Page 55: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

la quale unitamente alla relazione che fornisce le probabilità di neutralità rispet-to al rischio:

qji =Sji e

δ∆t − Sj+12i−1

Sj+12i − Sj+1

2i−1(77)

ed ai payoff finali: fN1 , fN2 , ..., fN2Nè tutto quanto necessita per costruire l’algo-

ritmo per prezzare un qualunque derivato il cui payoff dipenda unicamente dalvalore finale del sottostante.

Osservazione 30 La relazione (77) può essere assunta come la forma gen-erale per la condizione di equilibrio. Infatti essa discende direttamente dallecondizioni di replicabilità del contingent claim tramite il portafoglio che con-tiene quota del sottostante ed il bond. Porre che il prezzo del contingent sia unprezzo che in un mercato completo non dà adito ad opportunità di arbitraggiosignifica valutare il titolo, ad ogni stato, come valor medio scontato in base aprobabilità che sono date proprio dalla (77).

E’chiaro che la metodologia descritta genera un processo, quello del prezzodel derivato, dello stesso tipo di quello del sottostante. Si producono inoltrealtri processi: quelli relativi alle componenti del portafoglio di replica, quelloche rappresenta l’evoluzione delle probabilità di neutralità rispetto al rischioe quello relativo alla evoluzione della copertura (delta hedging). Tutti questiprocessi hanno alla base la struttura informativa (cioè la filtrazione) che guidail processo S del prezzo del sottostante.

Alcune estensioni dei risultati sin qui ottenuti sono immediate.Si consideri, ad esempio, la situazione che si trova a fronteggiare un inter-

mediario che abbia emesso derivati di diverso tipo, in numero n1, n2, ..., nm i cuidelta siano ∆1,∆2, ...,∆m mentre i prezzi dei sottostanti sono S1, S2, ..., Sm. Ilvalore b∆ = mX

j=1

nj∆jSj

esprime il rischio complessivo al quale è esposto il suo portafoglio per le posizionishort assunte sui derivati. Qualora non esista la effettiva copertura di questorischio, nel senso che non vengono materialmente detenenute le corrispondentiquantità di azioni, b∆ è una quantità che giornalmente deve essere monitorataper avere sotto controllo le condizioni di solvibilità della gestione.

5.3 Lo Schema Binomiale Ricombinante.

Lo schema binomiale generale presenta un inconveniente di fondo: man manoche si incrementano gli intervalli temporali gli stati cui si dà luogo si espandonoin maniera esponenziale, riflettendo con ciò il carattere diffusivo del processo.Poichè l’approssimarsi di un modello discreto al più efficiente modello continuodipende dall’ampiezza degli intervalli (e quindi dal loro numero) si comprendeche con modelli di questo tipo il contributo da pagare per ottenere una buona ap-prossimazione risulta molto elevato in termini di tempo di calcolo. Per ovviare

54

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alle difficoltà menzionate, nella pratica si ricorre all’utilizzo di uno schema bi-nomiale semplificato nel quale, uno spostamento verso l’alto se seguito da unoverso il basso, porta il processo allo stesso stato che avrebbe raggiunto muoven-do prima verso il basso e poi verso l’alto. Alberi binomiali dotati di questaproprietà presentano dunque nodi nei quali due diversi tragitti si congiungonoricombinandosi. Se N è il numero complessivo dei passi, il numero di stati finaliè pari a N +1 (anzichè 2N ) e conseguentemente, per un qualunque stato Sj

i , si

ha che bSji =

nSj+1i , Sj+1

i+1

o.

Osservazione 31 In un modello di tipo ricombinante viene meno la corrispon-denza biunivoca che associa ad ogni possibile stato finale uno ed un solo per-corso. Ora infatti per un genereco stato Sji vi sono diverse traiettorie checonsentono di giungervi. Poichè per giungere in Sj

i sono necessari i − 1 vari-azioni in aumento e j− (i−1) = j− i+1 variazioni in diminuzione, qualunquesia la sequenza nella quale queste si presentano, ne segue che vi sono in tuttoµ

ji− 1

¶= j|

(i−1)|(j−i+1)! percorsi che conducono a Sji .

Tornando al problema del pricing di contingent claims è immediato, conpoche modifiche negli indici, estendere i risultati del paragrafo precedente allapresente tipologia semplificata di alberi.

In particolare il pricing di un contingent seguirà le regole già viste, avendosiora:

f ji = e−δ∆thqji f

j+1i+1 +

³1− qji

´f j+1i

i, (78)

con le probabilità di neutralità rispetto al rischio che diventano:

qji =Sji e

δ∆t − Sj+1i

Sj+1i+1 − Sj+1

i

. (79)

ricordando che questa ultima relazione fornisce anche la condizione per l’equilib-rio, secondo quanto specificato dalla osservazione 30. La (79), se la si interpretacome condizione per l’equilbrio al nodo corrispondente, risulta più espressiva seposta nella forma:

qji Sj+1i+1 +

³1− qji

´Sj+1i = Sj

i eδ∆t (80)

Infatti tenendo conto che Sji e

δ∆t è il prezzo forward F ji (∆t) relativo ad un

contratto stipulato al tempo t+ j∆t e scadente il periodo successivo, si giungecosì alla forma:

qji Sj+1i+1 +

³1− qji

´Sj+1i = F j

i (∆t) (81)

la quale traduce la condizione di equilibrio nel fatto che il valore atteso delprezzo del sottostante dopo un periodo, calcolato in condizioni di neutralitàrispetto al rischio, deve ugualiare il prezzo forward a un periodo.

55

Page 57: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Tornando alla discussione del modello ricombinante,per quanto riguarda lecomponenti del portafoglio di replica è ora:

∆ji =

f j+1i+1 − f j+1i

Sj+1i+1 − Sj+1

i

, Ψji =

f j+1i+1 Sj+1i − Sj+1

i+1 fj+1i³

Sj+1i+1 − Sj+1

i

´eδ∆t

. (82)

E’ ovvio che la proprietà di ricombinare comporta dei vincoli per il pro-cesso che genera l’albero, poichè le diramazioni che da uno stato conduconoai due possibili stati successivi devono rispettare condizioni che garantiscanoil ricongiungersi dei rami. Tali condizioni, a loro volta, vengono a dipenderedalla struttura evolutiva che si intende dare al processo ad albero ricombinante.Due sono le possibili scelte a questo proposito: utilizzare una struttura di tipoadditivo nella quale i valori evolvono dai precedenti per somma, o adottare unastruttura moltiplicativa secondo la quale a partire da un prezzo si ottengono idue futuri moltiplicando il primo per due opportuni fattori. Lo schema molti-plicativo è senza dubbio quello più in uso e le ragioni che ne hanno sancito ilsuccesso sono le stesse che hanno portato all’uso generalizzato del regime dellacapitalizzazione composta nei confronti della semplice.

Per la costruzione di un processo binomiale di tipo moltiplicativo devonoessere definiti, ad ogni stato del processo, i fattori uji e d

ji (che verranno detti

di aumento e di diminuzione) in base ai quali dallo stato Sji si passa a S

j+1i+1 o

Sj+1i .Per definizione i fattori uji e d

ji valgono:

uji =Sj+1i+1

Sji

, dji =Sj+1i

Sji

(83)

mentre la condizione per ricombinare la si ottiene nel modo seguente. Se ilprocesso si trova in un generico stato Sj

i e muove prima verso l’alto e poi versoil basso, utilizzando i fattori corispondenti si ha: Sj+2

i+1 = Sji u

jid

j+1i+1 . In base al

percorso inverso si ha invece: Sj+2i+1 = Sji d

jiu

j+1i , e pertanto deve essere

ujidj+1i+1 = djiu

j+1i . (84)

La seguente proposizione enuncia le condizioni richieste.

Proposizione 32 Affinchè un processo binomiale ricombini è necessario e suf-ficiente che per ogni j e per ogni i sia:

ujidji=

uj+1i

dj+1i+1

. (85)

Verificato che il processo genera una struttura ad albero ricombinante molti-plicativo, ovvero verificato che vale la (85), è immediato scrivere le espressioni

56

Page 58: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

delle variabili che intervengono nel pricing di derivati nel nuovo contesto. Cosìla (79) assume la forma:

qji =eδ∆t − djiuji − dji

(86)

e la (82) diventa:

∆ji =

f j+1i+1 − f j+1i

Sji

³uji − dji

´ , Ψji =

f j+1i+1 dji − f j+1i uji

eδ∆t³uji − dji

´ (87)

Nell’esempio che segue viene illustrato come procedere nella generazionedell’albero del prezzo di una opzione call europea e dell’albero relativo al deltahedging a partire da un processo ad albero ricombinante del prezzo del sot-tostante.

Esempio 33 Si consideri un call europeo emesso at the money su di una azioneil cui prezzo corrente è S01 = 100, con scadenza a quattro mesi. L’azione noneffettuerà pagamenti per dividendi per tutta la vita dell’opzione. Sia ∆t ugualead un mese, mentre sia δ = 0.05 l’intensità istantanea di interesse costantevigente sul mercato. Si supponga che il processo del prezzo dell’azione sia quellorappresentato nell’albero di figura 6.

Figura 6

I valori a scadenza del call risultano essere: C41 = 0, C42 = 0, C

43 = 0, C

44 =

23.95592, C45 = 59.58384. Per applicare la metodologia backward si devonocalcolare innanzitutto i fattori u4i e d

4i (i = 1, 2, 3, 4) e le probabilità di neutralità

57

Page 59: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

rispetto al rischio. Si ottiene così:

u31 =S42S31=63.168

56.4= 1.12 d31 =

S41S31=50.196

56.4= 0.89

u32 =S43S32=93.398

81.216= 1.15 d32 =

S42S32=63.168

81.216= 0.77

u33 =S44S33=123.956

114.774= 1.08 d33 =

S43S33=93.398

114.774= 0.81

u34 =S45S34=159.584

138.648= 1.15 d34 =

S44S34=123.956

138.648= 0.89

e quindi:

q31 =e0.05

112 − d31

u31 − d31=

e0.05112 − 0.89

1.12− 0.89 = 0.49641

q32 =e0.05

112 − d32

u32 − d32=

e0.05112 − 0.77

1.15− 0.77 = 0.60823

q33 =e0.05

112 − d33

u33 − d33=

e0.05112 − 0.81

1.08− 0.81 = 0.71520

q34 =e0.05

112 − d34

u34 − d34=

e0.05112 − 0.89

1.15− 0.89 = 0.42862

Da qui si ha:

C31 = e−0.05112£q31C

42 +

¡1− q31

¢C41¤= 0

C32 = e−0.05112£q32C

43 +

¡1− q32

¢C42¤= 0

C33 = e−0.05112£q33C

44 +

¡1− q33

¢C43¤= 17.062

C34 = e−0.05112£q34C

45 +

¡1− q34

¢C44¤= 39.063.

Per quanto concerne la componente del portafoglio di replica relativa allaazione (delta hedging), la situazione al tempo t+3∆t, cioè un mese prima dellascadenza della opzione, è la seguente:

∆31 =C42 − C41S42 − S41

= 0

∆32 =C43 − C42S43 − S42

= 0

∆33 =C44 − C43S44 − S43

=23.956

123.956− 93.398 = 0.78396

∆34 =C45 − C44S45 − S44

=59.583− 23.956159.584− 123.956 = 1

La figura 7 illustra lo sviluppo completo dell’albero nel quale ad ogni nodosono riportati sia il prezzo del call che il delta hedging (cifra in parentesi). Come

58

Page 60: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

si vede in corrispondenza degli stati S31 e S32 la quantità di azione da detenere

è zero, mentre in corrispondenza dello stato S34 diventa uno. Ciò lo si deve alfatto che nei primi due casi, la dinamica del processo del prezzo della azioneè tale che l’opzione non potrà più finire in the money, mentre nel terzo casol’opzione già in the money vi resta sicuramente anche nel periodo finale.

Figura 7

Ricorrendo alle opportune relazioni (vedi la (82)) si ottiene l’ammontare deldebito che la costruzione della posizione di replica del call comporta periodo perperiodo nei diversi stati (la posizione short sul bond è assimilabile ad un in-debitamento regolato in base alle condizioni di mercato con intensità istantaneapari a δ).

E’ interessante infine seguire il processo nel suo insieme con prospettiva for-ward, partendo cioè dall’istante iniziale t per giungere al tempo t+4∆t seguendouna qualunque traiettoria.

Scelta ad esempio la S01 → S11 → S22 → S33 → S44 si ricostruisce la posizioneglobale relativa all’emittente del call.

In t l’emittente incassa l’importo 10.85028 dovuto alla vendita del call e perrealizzare la posizione coperta deve acquistare 0.4884 unità di azione al prezzodi 100, spendendo complessivamente 48.85.

La differenza 48.85−10.85028 = 38 corisponde all’indebitamento necessarioper costruire il portafoglio di replica. All’inizio del secondo mese, quando ilprezzo dell’azione è sceso a 94, il nuovo delta è 0.406, e quindi la quantitàdi azione da detenere è inferiore a quella del primo periodo. Vendendo quindi0.4884−0.406 = 0.082 4 unità si realizza l’importo (94)0.0824 = 7. 745 6 che va adiminuire il debito, nel frattempo salito a 38e0.05

112 = 38. 159. L’indebitamento

scende quindi a 38. 159− 7.7456 = 30. 413. La tabella seguente riporta tutte le

59

Page 61: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

fasi del processo.

∆t Val. Az. Val. Call Delta Hedg Costo Inter. Debito0 100 10.850 0.488 48.85 0 38.00

1 94 7.760 0.406 −7.745 0.159 30. 414

2 103.400 11.450 0.508 10. 547 0.127 41. 088

3 114.774 17.062 0.784 31. 678 0.172 72. 938

4 123.956 23.956 1 26. 774 0.305 100. 02

Il debito finale (a meno di errori di arrotondamento) coincide con lo strikeincassato per effetto dello spirare in the money del call. Nell’ultimo periodosi è dovuto incrementare la quantità di azione da 0.784 a 1 per fronteggiarel’esercizio dell’opzione. Si noti che l’indebitamento (equivalente all’aggiusta-mento della quota di bond da detenere nel portafoglio di replica) consente dinon immettere nuovi fondi nell’operazione nè di distrarne. Ciò conferma il fat-to che la strategia di replica è autofinanziantesi. Alla fine, pagato il debito di100, l’operazione si chiude con un risultato nullo, al pari di quanto è accadu-to all’emissione. L’equilibrio è garantito e l’operazione si è rivelata priva dirischio.

Per costruire processi binomiali (ricombinanti) in grado di rappresentarel’evoluzione reale del prezzo di una qualche attività rischiosa è necessario chei fattori uji e d

ji , motori, assieme alle probabilità, dell’intera evoluzione, siano

direttamente dipendenti da qualche parametro legato alle osservazioni dei prezzidel mercato (serie storiche). In pratica questa relazione la si pone tramitel’intensità istantanea di rendimento (su base annua) µ, e la volatilità σ dellastessa variabile.

Sia t + j∆t un generico istante e sia i lo stato nel quale il sistema delprezzo della attività si trova. Sj

i è dunque il prezzo in quello stato. Nell’istantesuccessivo il sistema può portarsi in Sj+1

i oppure in Sj+1i+1 . Si definiscono le

grandezze:

µj+1i+1 = ln

ÃSj+1i+1

Sji

!(88)

µj+1i = ln

ÃSj+1i

Sji

!il cui significato è quello di intensità istantanee di rendimento riferite all’inter-vallo [t+ j∆t, t+ (j + 1)∆t], nello stato di partenza i.

Si è così definita la variabile aleatoria Ξji le cui determinazioni possibili sonoµj+1i+1 e µ

j+1i .

Se pji(i+1) e pjii = 1− pji(i+1) sono le probabilità di transizione da S

ji a S

j+1i+1

e, rispettivamente a Sj+1i , si ottiene il valore medio µji di Ξ

ji (ricordando che è

Sj+1i+1 = Sj

i uji e S

j+1i = Sj

i dji ) nel modo seguente:

µji = pji(i+1) ln³uji

´+³1− pji(i+1)

´ln³dji

´. (89)

60

Page 62: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Lo scostamento quadratico medio di Ξji è:

sqmji =

rpji(i+1)

³1− pji(i+1)

´ln

Ãujidji

!(90)

come è facile verificare.Si definisce poi volatilità locale su base annua della attività riferita al nodo

Sji il parametro σ

ji per il quale è:

sqmji = σji

√∆t.

Si ottiene così:

σji =1√∆t

rpji(i+1)

³1− pji(i+1)

´ln

Ãujidji

!(91)

Il parametro σji , attribuito all i-mo nodo del j-mo intervallo temporale, ècalcolato su base annua al fine di garantirne la comparabilità.

Questo parametro consente di ripartire i modelli in due categorie: quelli avolatilità locale costante e quelli a volatilità locale variabile. I primi, che sonosenza dubbio quelli più utilizzati in quanto assai semplici da trattare, postulanoche il prezzo dell’attività modellata sia caratterizzato da una variabilità che nonsi modifica per tutti i periodi presi in considerazione. I secondi che in generaleriescono a cogliere in maniera più aderente la dinamica dei prezzi, comportanoqualche complicazione dal versante della loro implementazione. Tuttavia sonoproprio questi che vanno affermandosi sempre più nelle applicazioni pratiche eche già costituiscono la frontiera di future applicazioni.

Gli alberi binomiali relativi a processi per i quali la volatilità locale è vari-abile vengono definiti alberi flessibili, mentre sono detti alberi standard quel-li per i quali le proprietà statistiche (varianza, valori medi e probabilità ditransizione) restano costanti lungo tutto l’albero.

5.4 Prezzi di Arrow-Debreu e Alberi Binomiali Ricombinanti.

L’introduzione dei prezzi di Arrow-Debreu e la loro relazione con le probabilitàdi neutralità rispetto al rischio è stata fatta con riferimento ad uno schemauniperiodale sfruttandone le condizioni di equilibrio. Come si ricorda, furonodefiniti come il prezzo di equilibrio di una attività che garantisce l’importo uni-tario qualora si verifichi uno specifico stato del mondo e zero in ogni altro.E’ lecito ora chiedersi se tale concetto sia estendibile anche al caso pluriperi-odale, nell’ipotesi che l’evoluzione del prezzo di una definita attività rischiosaevolva secondo un processo ad albero binomiale ricombinante. La risposta èaffermativa ed è agevole generalizzare quanto riferito al singolo periodo.

In base alla (22) il prezzo di Arrow-Debreu lo si ottiene moltiplicando laprobabilità dello stato per il fattore di attualizzazione. Prendendo in consid-erazione il processo S del prezzo di una attività rischiosa, per ogni nodo Sj

i

dell’albero, si dà la definizione seguente.

61

Page 63: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Definizione 34 Dato il processo relativo al prezzo di una attività rischiosa cheevolve secondo uno schema binomiale ricombinante. Per ciascuno stato Sj

i delprocesso si definisce il prezzo di Arrow-Debreu a quel nodo come il prodottodella probabilità composta di raggiungere il nodo per il fattore di attualizzazionee−j∆t. Le probabilità cui si farà riferimento nel seguito sono le probabilità dineutralità rispetto al rischio.

Tenedo presente la relazione (22) è immediato rendersi conto che la definizioneappena data costituisce una generalizzazione della definizione di prezzo di Arrow-Debreu data per il caso uniperiodale. In questo contesto, tuttavia, emerge unproblema di ordine pratico per il calcolo di detti prezzi. Ciò è dovuto al fat-to che, in generale, quello di cui si dispone sono le probabilità di transizione(di neutralità rispetto al rischio, o meno), mentre si necessitano le probabil-ità assolute di raggiungere un particolare stato. Supponendo che siano notele probabilità di transizione riferite a tutti gli stati del processo, per il calcolodella probabilità assoluta si deve tenere conto di tutti i possibili percorsi checonducono al nodo in questione e sommare le probabilità ottenute. Così, se si

considera il generico stato Sji del processo del prezzo, vi sono

µj

i− 1¶diversi

percorsi che portano a questo, e per ciascuno di essi deve essere computata lacorrispondente probabilità che è il prodotto di j fattori del tipo qki∈ih

e 1− qki∈ih.

Si tratta di un calcolo alquanto complesso, ma fortunatamente non è essen-ziale conoscerne l’espressione diretta, essendo più conveniente impostare unaprocedura ricorsiva.

Indicheremo con πji il prezzo di Arrow-Debreu relativo allo stato Sji essendo

ancora qji la probabilità di neutralità rispetto al rischio (trattasi di una proba-bilità di transizione, o condizionata) di passare all’istante successivo allo stadioSj+1i+1 .Per il nodo che si colloca all’estremo superiore dell’albero corrispondente

allo stato Sj+1j+2 in base alla definizione 34 deve essere:

πj+1j+2 = e−δ∆tπjj+1qjj+1 (92)

mentre per πj+1i , essendo la probabilità assoluta (attualizzata) di raggiungereal tempo j + 1 lo stato i, va tenuto conto che al nodo Sj+1

i si può giungere daSji , cui corrisponde π

ji (con variazione in diminuzione di probabilità q

ji ), ovvero

dallo stato Sji−1 (cui corrisponde π

ji−1) a seguito di una variazione in aumento

(di probabilità qji−1). Pertanto si ha:

πj+1i = e−δ∆thπji−1q

ji−1 + πji

³1− qji

´i(93)

per 1 ≤ i < j + 2.Infine, il valore πj+11 in corrispondenza al nodo che si trova all’estremo

inferiore dell’albero è:

πj+11 = e−δ∆tπj1

³1− qj1

´. (94)

62

Page 64: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Essendo poi π12 = e−δ∆tq01 e π11 = e−δ∆t

¡1− q01

¢, procedendo ricorsivamente

in avanti si possono generare tutti i prezzi di Arrow-Debreu lungo l’albero.

A partire dai prezzi di Arrow-Debreu è ora possibile dare una nuova metodolo-gia per prezzare contingent claims. Infatti indicando ancora con fN1 , fN2 , ..., fNN+1i possibili payoff a scadenza, tenedo presente la definizione 34, si ha che il prezzodi equilibrio f01 dello strumento in t = 0, deve essere:

f01 =N+1Xi=1

fNi πNi . (95)

La rilevanza dei prezzi di Arrow-Debreu va ben oltre la possibilità di possedereun metodo alternativo per valutare contingent claims. Essi divengono strumen-to chiave nell’utilizzo di alberi flessibili che traducono modelli a volatilità vari-abile. Non è questo il contesto nel quale introdurre questi sviluppi dei quali èsufficiente menzionarne l’esistenza.

5.5 Alberi Binomiali Standard.

Come appare evidente dalla (90), affinchè la volatilità locale risulti costante lun-go tutto l’albero è necessario che siano costanti sia le probabilità di transizionepji(i+1), che i fattori u

ji e d

ji . Per costruire un albero ricombinante standard si

pone quindi: pji(i+1) = p, uji = u, dji = d. Grazie a tale notazione semplificata

un qualunque stato Sji può essere scritto nel modo seguente:

Sji = S01u

i−1dj−i+1 (96)

dato che una qualunque traiettoria che che al tempo t+ j∆t presenti lo statoSji (i = 1, 2, .., j + 1) implica che si siano realizzati i − 1 spostamenti versol’alto, e i rimanenti j − (i− 1) = j − i + 1 verso il basso. Come già rilevatointroducento gli alberi binomiali ricombinanti, per giungere allo stato Sj

i vi sono

in tuttoµ

ji− 1

¶diversi percorsi e quindi probabilità di transizione p (costanti

perchè indipendenti da tempo o stato) e probabilità assolute di raggiungere undeterminato stato pji , sono legate dalla relazione:

pji =

µj

i− 1¶pi−1 (1− p)j−i+1 . (97)

Restando ancora nell’ambito delle probabilità, negli alberi standard anchele distribuzione di probabilità di neutralità rispetto al rischio sono invarianti,essendo, per qualunque istante e per qualunque nodo:

q =eδ∆t − d

u− d. (98)

La volatilità locale infine assume la forma:

σ =1√∆t

pp (1− p) ln

³ud

´. (99)

63

Page 65: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

anche essa, come si vede, costante.

Modellando il processo del prezzo di una attività rischiosa tramite processibinomiali ad alberi di tipo standard, i parametri che devono essere specificatisi riducono ai soli u, d e p. Come già menzionato più sopra, è proprio in questafase che è necessario ricorrere ai dati che provengono dalla analisi del mercatoreale. Senza entrare nel merito riguardo alle metodologie con le quali dalle seriestoriche si possono estrarre i paramentri significativi di un processo, si sup-pongano noti i valori bµ e bσ che rappresentano il tasso istantaneo di rendimentomedio della attività ed il corispondente scostamento quadratico medio.

Tornando ora alla (98), ricordando che essa esprime il legame che devesussistere fra l’intensità risk-free δ, e i parametri u e d in un mercato in equilibrioove gli operatori siano neutrali rispetto al rischio, con semplici passaggi si giungealla:

qu+ (1− q) d = eδ∆t (100)

di facile interpretazione. I fattori di variazione periodale del prezzo della at-tività rischiosa u e d, in un mercato di soggetti indifferenti al rischio che sia inequilibrio, devono avere un valore atteso uguale al fattore di capitalizzazioneper investimenti privi di rischio.

La stessa condizione di equilibrio se viene riferita ad un contesto di soggettinon più indifferenti al rischio, i quali concordino sulle probabilità di aumento ediminuzione del prezzo secondo la misura: P = (p, 1− p), diventa:

pu+ (1− p) d = ebµ∆t (101)

dove bµ è in questo caso l’intensità attesa di rendimento istantaneo, dato ricav-abile direttamente dal mercato, intensità che dovrà essere maggiore di δ se isoggetti sono avversi al rischio.

Il significato della (101) risulta più chiaro se la si scrive nella forma:

pSji u+ (1− p)Sj

i d = Sji ebµ∆t. (102)

ovvero, ricordando che è Sj+1i+1 = Sj

i u e Sj+1i = Sj

i d, nella forma:

pSj+1i+1 + (1− p)Sj+1

i = Sji ebµ∆t. (103)

che esprime l’ugualianza fra il valore atteso di un periodo, relativo ad un inves-timento iniziale di Sj

i , con quello ottenibile dallo stesso investimento iniziale acondizione che l’intensità di crescita sia certa e pari a bµ.

La (101) può quindi essere legittimamente assunta quale primo vincolo chedeve legare il dato di mercato bµ con i parametri p, u e d del modello. Unacondizione ulteriore la si ricava utilizzando la volatilità, ponendo che quellastimata bσ sia uguale a quella locale (costante, essendo l’albero è standard)definita dalla (99): bσ = 1√

∆t

pp (1− p) ln

³ud

´. (104)

Una terza condizione deriva dall’imporre che l’albero ricombini, ovvero cheil prodotto ud sia costante. Questo vincolo prende il nome di condizione di

64

Page 66: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

centramento e la nella sua forma più generale diventa:

ud = e2c∆t. (105)

Il significato è anche in questo caso chiaro: il prodotto ud equivale al prodottodi due fattori di capitalizzazione e la scelta di c stabilisce lungo quale trend iprezzi vadano ad allinearsi. Ponendo, ad esempio, c = δ si richiede che l’effettodi due spinte consecutive, una al rialzo ed una al ribasso, producano l’effetto diuna crescita lungo la linea della capitalizzazione composta, come se su questomovimento di fondo (drift) si sovrapponessero poi le variazioni di tipo stocasticoindotte dai fattori u e d.

Se viene fissato c = 0, si ha ud = 1 (ovvero d = 1u) ed in tal caso

dopo due movimenti di direzione opposta il prezzo torna al livello di partenza.Tenendo conto che affinchè l’albero sia standard è necessario che il processosia stazionario, occorre porre anche la condizione aggiuntiva che le probabilità(p, 1− p) siano costanti lungo tutto l’albero.

Riassumendo, lo schema più generale per collegare l’albero binomiale aiparametri stimati bµ e bσ, è dato dal seguente sistema:

pu+ (1− p) d = ebµ∆t

1√∆t

pp (1− p) ln

¡ud

¢= bσ

ud = e2c∆t

p = costante

(106)

da risolvere rispetto alle incognite u, d e p, fissato lo schema evolutivo individ-uato dal parametro c.

I modelli ad albero binomiale standard più diffusi si riducono in ultimaanalisi a due: uno corrisponde alla scelta di c = 0, mentre nell’altro viene fissataesogenamente la probabilità ponendo p = 0.5. Prima di entrare nel dettaglio deidue modelli si torni ai prezzi di Arrow-Debreu, che nel caso di alberi standardassumono una forma particolarmente semplice. Infatti la probabilità assolutaqijdi raggiungere lo stato S

ji è:

qij =

µj

i− 1¶qi−1 (1− q)j−i+1

e di conseguenza si ottiene:

πji = e−jδ∆t

µj

i− 1¶qi−1 (1− q)j−i+1 . (107)

E’ però bene sottolineare che a discapito della semplicità della relazione(107) vi è il fatto che i prezzi di Arrow-Debreu manifestano tutta la loro ril-evanza e divengono strumento necessario proprio al di fuori dell’ambito deglialberi standard.

65

Page 67: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

5.5.1 Il Modello di Cox - Ross - Rubinstein (CRR).

Le condizioni dalle quali partono i tre autori non sono esattamente quelle datedalla (106), in quanto la condizione sulla volatilità è leggermente diversa, es-sendo richiesto che questa coincida con quella di una distribuzione lognormale diparametri bµ e bσ. Le soluzioni alle quali si perviene nello schema CRR tuttaviaapprossimano le soluzioni del sistema (106) se si pone c = 0 (di conseguenza èd = 1

u). Si ottiene così:

p =ebµ∆t − d

u− d(108)

u = ebσ√∆t

d =1

u

L’esempio seguente mostra quanto sia accettabile il livello di approssimazioneche si ottiene utilizzando il modello presentato.

Esempio 35 Si consideri una azione che ha un tasso istantaneo medio dicrescita bµ = 0.11 con volatilità bσ = 0.3 e sia ∆t = 1

12 . Si ha allora:

u = e0.3q

112 = 1.0905

d =1

1.0905= 0.9170

p =e0.11(

112) − 0.9170

1.0905− 0.9170 = 0.53146

Se il valore iniziale dell’azione è S0 = 100, si ottiene l’albero della figura 8.

Figura 8Verificando ora la volatilità, in base alla (104) si ottiene:

bσ = 1q112

p0.53146 (1− 0.53146) ln

µ1.0905

0.9170

¶= 0.299 54

valore molto vicino a quello originario bσ = 0.3. E’ anche immediato constatareche riducendo l’ampiezza dell’intervallo assunto come unità di misura migliora

66

Page 68: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

l’approssimazione. Ad esempio, se fosse stato ∆t = 152 (settimana), avremmo

avuto

u = e0.3q

152 = 1.0425

d =1

1.0905= 0.9592

p =e0.11(

152) − 0.9592

1.0425− 0.9592 = 0.51522

e conseguentemente bσ = 0.300 12.Il modello di albero del tipo CRR presenta un potenziale inconveniente

legato alle probabilità di transizione.Essendo p = ebµ∆t−d

u−d avendo posto u = ebσ√∆t, si ottiene:

p =ebµ∆t − e−bσ√∆t

ebσ√∆t − e−bσ√Λte dovendo esere verificata la condizione ebµ∆t − e−σ

√∆t < eσ

√∆t − e−σ

√Λt cioè:

ebµ∆t < ebσ√∆t, in definitiva è necessario sia: bµ < bσ√∆t. Dunque vi è una relazione

fra rendimento istantaneo medio e volatilità, relazione dalla quale dipende ilfatto che p sia o non sia una probabilità. Nell’esempio precedente, fissato illivello di bσ = 0.3 e l’ampiezza dell’intervallo ∆t = 1

12 , deve essere bµ < 0.3q112

=

1. 039 2, condizione di certo verificata in ogni contesto che sia minimamenterealistico.

Da un punto di vista strettamente formale, il modello CRR non può esseredefinito coerente con i dati del mercato, tuttavia la sua semplicità, accompag-nata al fatto che è stato il precursore di ogni altro, ne ha garantito la diffusionecome modello standard.

5.5.2 Il Modello a Probabilità Uguali.

Una via per evitare di generare probabilità di transizione incoerenti è quella difissarle a priori quali input del modello. Così nella (106) ponendo p = 1−p = 0.5e risolvendo il sistema:

u+ d = 2ebµ∆t

1√∆tln¡ud

¢= 2bσ

ud = e2c∆t

(109)

si ottiene:

u =2ebµ∆t+2bσ√∆t

e2bσ√∆t + 1(110)

d =2ebµ∆t

e2bσ√∆t + 1

c =bµ∆t+ bσ√∆t− ³e2bσ√∆t + 1

´2∆t

67

Page 69: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si può facilmente verificare che l’albero ricombina essendo ud = e2bσ√∆t indipen-

dente dal nodo. Questo modello fornisce anche un risultato esatto per la volatil-ità locale (costante), dato che le (110) costituiscono una soluzione esatta (e nonapprossimata come nel modello CRR) del sistema (109).

Esempio 36 Utilizzando gli stessi dati usati per il modello dell’esempio 35, siha ora:

u =2e0.11( 112)+2(0.3)

q112

e2(0.3)

q112 + 1

= 1.0964

d =2e0.11(

112)

e2(0.3)

q112 + 1

= 0.9220

valori non molto lontani da quelli precedentemente ottenuti. L’albero che nerisulta è in figura 9.

Figura 9

5.6 Valutazione di Opzioni Americane.

E’ già stato messo in evidenza che, qualora il sottostante non efettui pagamentiintermedi durante la vita dell’opzione, non vi sia convenienza ad esercitare uncall americano prima della scadenza. Dunque il call di tipo americano deveavere prezzo sempre coincidente con quello del corrispondente europeo. Per ilput lo stesso criterio non è più valido dato che, se il prezzo del sottostante èmolto vicino a zero non conviene dilazionare l’esercizio sperando in ulteriorifuture diminuzioni. La possibilità di esercizio diviene così una eventualità dellaquale tenere conto nel prezzare put americani.

Il successo iniziale della procedura di pricing basata sugli alberi binomialidipende proprio dal fatto che prezzare opzioni americane secondo questo metodoè operazione semplice, che poco si discosta dal metodo iterativo di tipo backwardgià studiato. Il punto chiave consiste nella introduzione di un confronto, ad

68

Page 70: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

ogni livello del calcolo, fra il risultato ottenuto come valore atteso scontato edil corrispondente valore intrinseco K − Sj

i . Così è sufficiente definire il valoref ji del put nel modo seguente:

f ji = maxnK − Sj

i , e−δ∆t

hqf j+1i+1 + (1− q) f j+1i

io. (111)

La costruzione dell’albero prosegue secondo lo stesso criterio visto per opzionieuropee, semplicemente sostituendo a relazioni come la (78), la nuova (111). Ilseguente esempio chiarisce il procedimento.

Esempio 37 Si consideri una opzione put americana con strike K = 100,scadente fra quattro periodi emessa su di una azione di prezzo odierno S0 = 100.Sia poi δ = 0.06 l’intensità istantanea di interesse su base annua, mentre ilprocesso binomiale del prezzo della azione sia del tipo CRR con u = 1.1. L’unitàtemporale è il quadrimestre. L’albero binomiale relativo al prezzo dell’azione èriportato in figura 10.

Figura 10I prezzi del sottostante, all’epoca di scadenza dell’opzione sono:

S41 = (100) d4 = 100

µ1

1.1

¶4= 68.301

S42 = (100) d3u = 100

µ1

1.1

¶2= 82.644

S43 = (100) d2u2 = 100

S44 = 100 d u3 = 100 (1.1)2 = 121

S45 = (100)u4 = 100 (1.1)4 = 146.41

e di conseguenza i valori finali del put sono:

P 41 = 31.698, P42 = 17.355, P

43 = P 44 = P 45 = 0.

Essendo inoltre

q =e0.06

13 − 1

1.1

1.1− 11.1

= 0.58201

69

Page 71: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

si ottiene

P 31 = maxne−0.06

13 [(1− 0.582) (31.698) + 0.582 (17.355)] , 100− 75.131

o=

= 24.868

Nello stato S31 il valore di esercizio risulta essere: K − S31 = 24.868 mentreil valore del put europeo sarebbe 22.888. Il valore da inserire nella proceduraè quindi il maggiore dei due. Analogamente per il valore P 32 si ottiene 9.09,mentre il corrispondente valore europeo è 7.110. L’albero di figura 11 illustra irisultati della procedura. In parentesi sono riportati i valori del put europeo.

Figura 11

5.7 Valutazioni in Presenza di Dividendi.

Il pagamento di dividendi provoca, al momento in cui un dividendo viene eroga-to, una riduzione del perezzo della azione pari all’importo del dividendo stesso.Questa variazione negativa viene trasmessa immediatamente al prezzo di unaqualunque opzione scritta sull’azione. Per incorporare questo fatto nei modellidi pricing occorre tenere presente che vi sono tre differenti modalità con le qualiviene stabilita l’entità del dividendo. La prima, che potremmo definire molti-plicativa, prevede che il dividendo venga calcolato secondo una proporzionefissa del valore corrente dell’azione. La seconda modalità, di tipo additivo,prevede un dividendo fisso, stabilito a priori ed indipendente dal valore del-l’azione. La terza, infine, considera il dividendo alla stregua degli interessiche si formano istante per istante in regime di capitalizzazione continua. Nel-la pratica è solo la seconda modalità che trova riscontro, mentre la prima hail vantaggio di essere facilmente implementabile nelle procedure binomiali divalutazione di opzioni. La terza modalità viene impiegata nel caso in cui ilsottostante del quale si costruisce il processso sia un indice il quale, in quantoportafoglio di ampia composizione, comporta frequenti pagamenti di dividen-di e conseguentemente l’ipotizzare un flusso continuo degli stessi risulta unaaccettabile approssimazione.

70

Page 72: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

5.7.1 Dividendi Proporzionali.

Si consideri il caso che si è definito moltiplicativo e sia β la percentuale delprezzo in base alla quale viene stabilito il dividendo. Se il prezzo della azioneè Sj

i immediatamente prima del pagamento del dividendo, immediatamentedopo (ex-dividendo) diventa Sj

i (1− β). Nel periodo successivo i possibili prezzisaranno Sj

i (1− β)uji e Sji (1− β) dji . Il rapporto fra i fattori di variazione risulta

così:Sji (1− β)uji

Sji (1− β) dji

=ujidji

e pertanto, se l’albero ricombinava prima del pagamento del dividendo, lo stessoaccade anche dopo.

Per quanto concerne le condizioni di equilibrio legate alle probabilità dineutralità rispetto al rischio, se prima del pagamento del dividendo questa è

qji =Sji e

δ∆t−Sji dijSji u

ji−Sji dji

, immediatamente dopo diventa

bqji = Sji (1− β) eδ∆t − Sj

i (1− β) djiSji (1− β)uji − Sj

i (1− β) dji= qji

lasciando così inalterate le condizioni di equilibrio.In definitiva pricing di opzioni in presenza di dividendi proporzionali avviene

attraverso il medesimo procedimento backward analizzato per il caso privo didividendi, salvo riscalare tutti i valori (moltiplicandoli ciascuno per 1− β) chesi trovano lungo l’albero dal momento del pagamento del dividendo in poi.

5.7.2 Dividendi di Fissato Ammontare.

Se i dividendi sono di fisssato ammontare (supponendo ovviamente che ne sianota l’entità e la data di distacco) è necessario ridefinire l’albero per garantirnela proprietà di ricombinamento. Infatti è agevole verificare che nel contesto inesame la condizione richiesta affinchè i rami ricombinino non è più verificata edi conseguenza l’albero non è più dello stesso tipo di quello corrispondente allasituazione priva di dividendi. Per ovviare all’inconveniente è quindi necessariogenerare un nuovo albero, dello stesso tipo di quello originario, e in grado diincorporare il processo di elargizione dei dividendi.

Preliminare alla generazione del nuovo albero è la verifica che le condizioni diequilibrio espresse dalla relazione (79) che lega le probabilità di neutralità rispet-to al rischio con l’intensità risk-free ed i fattori di aumento e di diminuzione,continuano a valere anche in presenza di pagamenti intermedi.

Riferendosi, per semplicità, agli alberi standard (per alberi flessibili bastasostiture qji in luogo di q), ponendo che vi sia equilibrio in asenza di dividendideve valere la (79), e dunque:

qSj+1i+1 + (1− q)Sj+1

i = F ji (∆t) (112)

con F ji (∆t) = Sj

i eδ∆t prezzo forward per scadenza a un periodo.

71

Page 73: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Sia Dj l’ammontare del dividendo pagato all’istante t + j∆t. Sotraendoad ambedue i membri della (112) l’importo Dj+1, ammontare del dividendostaccabile in t+ (j + 1)∆t, si ottiene:

q³Sj+1i+1 −Dj+1

´+ (1− q)

³Sj+1i −Dj+1

´= F j

i (∆t)−Dj+1 =

= Sji e

δ∆t −Dj+1 =

eδ∆t³Sji − e−δ∆tDj+1

´Indicando con bSj+1

i+1 = Sj+1i+1 −Dj+1 e bSj+1

i = Sj+1i −Dj+1 i possibili prezzi ex

dividendo dell’azione, essendo poi bF ji (∆t) = eδ∆t

³Sji − e−δ∆tDj+1

´il prezzo

forward per scadenza a un periodo su una azione che paga in t+ (j + 1)∆t undividendo pari a Dj+1, si ottiene:

q bSj+1i+1 + (1− q) bSj+1

i = bF ji (∆t) (113)

relazione che rappresenta la versione della (79) in presenza di dividendi.In definitiva il pagamento dei dividendi non altera la condizione di equilibrio

basata sul prezzo forward, se l’albero che viene costruito è quello in cui, neiperiodi di stacco dello stesso, gli stati sono rappresentati dai valori ex dividendo.

Resta da stabilire come costruire l’albero che conservi la condizione di equi-librio e che al contempo consenta il ricombinarsi dei rami. Questo obiettivo lo siootiene cercando di separare la componente stocastica del processo (i valori Sj

i )dalla componente deterministica, rappresentata dal flusso certo dei dividendiD1,D2, ..

Si definiscono a tale fine le seguenti quantità:

D =NXj=1

Dje−δj∆t (114)

Dj =NX

k=j+1

Dke−δ(k−j)∆t. (115)

La (114) non è altro che il valore scontato, all’epoca t, di tutti i dividendi futuri(alcuni dei Dj saranno in generale nulli), mentre la (115) rappresenta il valorescontato, all’epoca t + j∆t, dei dividendi che verranno pagati a partire dalperiodo successivo (da un certo indice k in poi i Dk saranno anche essi nulli).Vale inoltre la:

Dj = (Dj+1 +Dj+1) e−δ∆t

ovvero laDj+1 = Dje

δ∆t −Dj+1. (116)

Per separare la componente stocastica da quella deterministica è sufficientedecurtare il prezzo iniziale della attività S01 del valore attualizzato di tutti idividendi futuri D. Ciò equivale a finanziare l’acquisto dell’azione cedendo ildiritto ai dividendi stessi. Così il nuovo valore iniziale del processo è s01 = S01−D

72

Page 74: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e da questo valore viene generato l’albero relativo alla parte stocastica. Poichè latecnica costruttiva è quella che utilizza i fattori di variazione uji e d

ji dell’albero

originario ricombinante, questo nuovo albero ne conserva la proprietà. I suoinodi vengono indicati con sji . Per inserire nel processo la parte deterministicasi operi nel modo seguente. In t si aggiunge il vaolore D a s01, e ad ogni istantet+j∆t si aggiunge, ad ogni nodo sji di quel periodo (i = 1, .., j+1), il valoreDj =NP

k=j+1

Dke−δ(k−j)∆t. Così agendo, per ogni nodo, il valore atteso di neutralità

rispetto al rischio risulta:

qji

³sj+1i+1 +Dj+1

´+³1− qji

´³sj+1i +Dj+1

´= qji s

j+1i+1 +

³1− qji

´sj+1i +Dj+1

(117)Si noti che l’equilibrio nell’albero originario comporta anche l’equilibrio delnuovo albero i cui nodi sono sji (perchè ?). Di conseguenza deve essere:

qji sj+1i+1 +

³1− qji

´sj+1i = eδ∆tsji

per cui la (117) diventa ora

qji

³sj+1i+1 +Dj+1

´+³1− qji

´³sj+1i +Dj+1

´= eδ∆tsji +Dj+1

ed in base alla (116)

qji

³sj+1i+1 +Dj+1

´+³1− qji

´³sj+1i +Dj+1

´= eδ∆t

³sji +Dj

´−Dj+1

e ponendo eSji = sji +Dj questa ultima relazione diventa:

q eSj+1i+1 + (1− q) eSj+1

i = eδ∆t eSji −Dj+1 = (118)

= eδ∆theSj

i − e−δ∆tDj+1

iEd essendo il membro di destra proprio il prezzo forward per un contratto

che scade al periodo successivo, nell’ipotesi che in quell’istante vi sia pagamentodel dividendo e che i valori del sottostante siano eSj

i , è infine

q eSj+1i+1 + (1− q) eSj+1

i = eF ji (∆t)

traduzione della condizione di equilibrio per il nuovo albero. Concludendo, l’al-bero i cui valori sono eSj

i ricombina per costruzione, è compatibile con l’equilibrioe incorpora, nella sua evoluzione il processo dei dividendi. Quest’ultimo divienel’albero del sottostante sulla base del quale si determinano, con la consuetaprocedura, i prezzi dei derivati.

La procedura da seguire, in sintesi, può essere così riassunta::

1. Si costruisce la sequenza dei dividendi e dei periodi nei quali vengonostaccati:

D1,D2, ...,DN .

73

Page 75: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

2. Si calcola il valore attualizzato in t di tutti i futuri dividendi:

D =NXj=1

Dje−δ tj .

ed il valore attualizzato in t + j∆t di tutti i dividendi che scadono dalperiodo successivo in poi

Dj =NX

k=j+1

Dke−δ(k−j)∆t

3. Si costruisce un nuovo albero che ha per nodo iniziale il valore s01 = S01−Di cui fattori di variazione uji e d

ji sono quelli dell’albero originario privo di

dividendi.

4. Si genera un nuovo albero eS aggiungendo D al valore s01 del nodo in-iziale, così da ottenere eS01 = s01 +D =S

01 . A ciascuno dei nodi S

ji relativi

all’istante t+ j∆t si somma l’importo Dj .

5. Si utilizza l’albero così ottenuto per la consueta procedura backward.

L’esempio seguente dovrebbe mettere in luce il funzionamento del meccan-ismo.

Esempio 38 Si consideri un call a sedici mesi per il quale il prezzo del sot-tostante è S = 100, K = 100, δ = 0.06. Sia poi u = 1.1 e d = 1

u = 0.909. Sianoprevisti i seguenti dividendi: 2.1 pagabile alla fine del secondo quadrimestre e1.5 pagabile alla fine del terzo quadrimestre (ad un anno dall’epoca iniziale).

L’albero binomiale originario è ancora quello della figura 10. E’ poi:

D = 2.1e−23(0.06) + 1.5e−

33(0.06) = 3.4303.

A questo punto si costruisce l’albero che ha come nodo iniziale 100− 3.4303 =96. 570.

Figura 12

74

Page 76: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

La figura 12 rappresenta quest’ultimo albero. Si calcolano ora, in corrispondenzaai quattro istanti temporali i valori atualizzati dei dividendi futuri. Così altempo t + ∆t = 1 sono ancora in esistenza i dividendi pagabili in t + 2∆t et+ 3∆t. Il loro valore D1 è:

D1 = 2.1e−13(0.06) + 1.5e−

23(0.06) = 3.4996

mentre al tempo t2+2∆t vi è un solo dividendo futuro da incassare il cui valoreattualizzato D2 è:

D2 = 1.5e−13(0.06) = 1.4703.

Per il terzo e per il quarto periodo in futuro non vi sono dividendi. L’alberodefinitivo lo si ottiene sommando all’albero di figura 12 D = 3.4303 al nodoiniziale, D1 = 3.4996 ai due nodi del primo periodo e D2 = 1.4703 ai tre nodidel secondo periodo.La figura 13 mostra quest’ultimo albero.

Figura 13Il calcolo del prezzo del call verrà ora effettuato, con la usuale procedura back-ward a partire dai valori finali del call, i quali sono ora (muovendo dall’alto)

max (141.388− 100, 0) = 41. 388

max (116.849− 100, 0) = 16. 849

max (96.570− 100, 0) = 0

max (79.809− 100, 0) = 0

max (65.958− 100, 0) = 0.

L’albero del prezzo del call è riportato nella figura 14. I valori in parentesi cor-rispondono al delta hedging.

75

Page 77: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Figura 14

5.7.3 Dividendi Continui.

Sia γ l’intensità istantanea su base annua con la quale avviene l’accrescimentodi valore dell’indice in seguito all’effetto dei dividendi. Il prezzo forward per uncontratto di durata ∆t, in conseguenza del dividend yield è:

F ji (∆t) = Sj

i e(δ−γ)∆t

e quindi la condizione di equilibrio nell’ipotesi di neutralità rispetto al rischiodiventa:

qjiSj+1i+1 +

³1− qji

´Sj+1i = Sj

i e(δ−γ)∆t

da cui si ricava:

qji =Sji e(δ−γ)∆t − Sj+1

i

Sj+1i+1 − Sj+1

i

(119)

la quale, nel caso di albero standard, diventa semplicemente:

q =e(δ−γ)∆t − d

u− d. (120)

L’introduzione del dividend yield γ modifica le ordinarie relazioni che de-vono sussistere fra δ, il fattore di crescita uji , quello di diminuzione d

ji affinchè

risultino definite le probabilità di neutralità rispetto al rischio. Riferendoci persemplicità alla (120), ma l’osservazione vale anche per la (119) con qualchecomplicazione in più, deve continuare a valere la relazione: 0 < q < 1 che siriduce in questo caso alla:

γ + ln (d) < δ∆t < γ + ln (u) . (121)

Essa indica che il dividend yield, quantità sempre positiva, non deve esseretroppo elevato perchè altrimenti potrebbe non valere la parte sinistra della

76

Page 78: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

disugualianza. Una situazione di questo tipo darebbe adito a immediate op-portunità di arbitraggio poichè indebitandosi per acquistare l’indice, grazie alcontributo del dividend yield anche nell’ipotesi di diminuzione, l’indice stessodopo un periodo avrebbe un valore superiore al montante del debito.

Verificato che vale la (121), la modalità di costruzione dell’albero, fissate lenuove probabilità di neutralità rispetto al rischio, ricalca esattamente quella giàanalizzata in assenza di dividendi.

5.8 Opzioni su Valute.

Le opzioni che hanno come sottostante una valuta non presentano particolaritàdi rilievo rispetto alle tipologie sin qui esminate. Al fine di adeguarsi agli aspettispecifici di questa categoria di opzioni occorre individuare un sottostante chesia negoziabile sul mercato. Ciò è cruciale perchè, lo si tenga sempre presente,le argomentazioni che hanno condotto al pricing di opzioni sono fondate sullapossibilità di replica dell’opzione stessa per mezzo di un portafoglio contenenteil sottostante ed un bond. E la tecnica operativa che si basa sul principio diassenza di arbitraggi impone implicitamente che il portafoglio in questione siacomposto da strumenti che sono scambiabili sul mercato. Un livello del cambioè semplicemente un rapporto fra due monete e non è, come si dice in gergo,un tradable. E quindi niente di quanto sin qui visto può essere direttamenteapplicato. Per aggirare l’ostacolo occorre creare un strumento sottostante chesia scambiabile sul mercato e che, al contempo, dipenda direttamente dal livellodel cambio. Questo strumento è un bond in valuta estera espresso, tramiteil rapporto di cambio, in moneta nazionale. Conseguentemente esso viene adipendere direttamente dal processo evolutivo del cambio.

Assumendo che il processo del cambio sia c =¡c1, c2, ..., cN

¢e che la sua

evoluzione sia rappresentabile tramite un albero binomiale, si indica con B =¡B1, B2, ..., BN

¢il processo del prezzo del bond estero espresso in unità di

moneta nazionale. Il processo B, come è ovvio, è dello stesso tipo di quello di c.Va però tenuto presente che il valore del bond estero cresce anche in base allecondizioni del mercato dei titoli risk-free, riassunte nella intensità istantanea diinteresse δf . Così al generico tempo t+ j∆t e nel generico stato i il valore inmoneta nazionale del bond estero è:

Bji = eδf (j∆t)cji . (122)

La condizione generale di equilibrio (79) assume ora la forma:

qjiBj+1i+1 +

³1− qji

´Bj+1i = Bj

i e(δ−δf)∆t

ovvero:

qji =Bji e

δ∆t −Bj+1i

Bj+1i+1 −Bj+1

i

la quale, applicando la (122), diventa:

qji =eδ∆teδf (j∆t)cji − eδf (j+1)∆tcj+1i

eδf (j+1)∆tcj+1i+1 − eδf (j+1)∆tcj+1i

=cji e(δ−δf)∆t − cj+1i

cj+1i+1 − cj+1i

. (123)

77

Page 79: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Nel caso di alberi standard, essendo cj+1i = cji d e cj+1i+1 = cji u, si ha infine:

q =e(δ−δf)∆t − d

u− d. (124)

Anche per il i modelli in esame, affinchè q possa avere il significato diprobabilità, è necessario verificare che valga una relazione analoga alla (121):

δf + ln (d) < δ∆t < δf + ln (u) (125)

il cui mancato rispetto indica l’opportunità di effettuare arbitraggi ponendo inessere operazioni simultanee e di segno opposto nei due paesi.

Anche per le opzioni su valute, una volta costruito il processo del prezzodel sottostante, per la loro valutazione si procede in aderenza con la consuetametodologia backward.

5.9 Opzioni su Futures.

Modellare l’evoluzione del prezzo di un futures che funge da sottostante aduna opzione, equivale a porsi in una situazione analoga a quella già analizzataa proposito sia del dividend yield continuo, che delle valute. Questo perchèentrare in un contratto futures (diferentemente dall’assumere una posizione longsulla attività, acquistandola) non comporta esborsi iniziali e dunque è come seil valore iniziale F 01 potesse essere investito alle condizioni risk-free definitedall’intensità istantanea δ corrente. In pratica, nel modellare l’evoluzione delprezzo futures, va tenuto conto della implicita remunerazione che il titolo ricevenon essendo richiesto il pagamento di un prezzo iniziale. Così, prendendo ariferimento le opzioni su valuta, sostituendo nella (123), δ in luogo di δf e F

ji

(prezzo futures) in luogo di cji , si ottiene:

qji =F ji e

(δ−δ)∆t − F j+1i

F j+1i+1 − F j+1

i

=F ji − F j+1

i

F j+1i+1 − F j+1

i

. (126)

Per gli alberi standard si ha poi:

q =1− u

u− d. (127)

L’esempio seguente illustra la procedura di valutazione di una opzione puteuropea su di un futures.

78

Page 80: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Figura 15

Figura 16

Esempio 39 Sia F 0 = 100 e si voglia valutare, con il modello CRR, un puteuropeo scadente fra tre mesi con strike K = 98. L’intensità istantanea èδ = 0.05, mentre il futures ha volatilità σ = 0.33. L’unità periodale è il mese.E’ allora:

u = e0.33

q112 = 1. 099 9

d = e−0.33

q112 = 0.9091

q =1− 0.9091

1. 099 9− 0.9091 = 0.47642

L’albero relativo alla evoluzione del prezzo futures è in figura 15, mentre infigura 16 è riportato l’albero relativo alla opzione put europea sul futures.

5.10 Opzioni con Barriera.

Come per molti tipi di opzioni esotiche, anche nel caso di barrier options, lapossibilità di giungere a formule analitiche per prezzarle è preclusa nel caso

79

Page 81: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

che l’opzione sia di tipo americano. Ed anche in questa fattispecie il ricorsoagli alberi binomiali appare l’unica risorsa impiegabile. Ma mentre nel casodi opzioni vanilla l’aumento del numero dei passi (ovvero la riduzione dellaampiezza dell’intervallo temporale) produce un maggiore grado di accuratezza,lo stesso principio non vale sempre nel caso di opzioni con barriera. La presenzadella barriera introduce una complicazione supplementare nello schema bino-miale. Può infatti accadere che il perforamento della barriera (evento dal qualedipende o la nascita o l’estinzione del titolo) non avvenga in corrispondenza adun nodo, ed in tal caso la procedura di pricing ne viene sensibilmente alteratacon efetti di inaccuratezza sulla prezzo calcolato per l’opzione. E, fatto ancorapiù grave, non è più sempre vero che, incrementando il numero dei passi si ot-tengano via via migliori risultati. Senza entrare nei dettagli, si può dare un’ideadi come si procede, tramite alberi (binomiali, ma preferibilmente trinomiali), alpricing di una barrier option.

La tecnica ricalca quella esposta per il put americano. Costruito l’aberorelativo al prezzo del sottostante, si controlla ad ogni nodo se la barriera vienepassata. Se l’opzione, ad esempio, è di tipo knock-out, nel nodo in corrispon-denza del quale vi è superamento della barriera, ed in tutti quelli che da questoemanano, si assegna valore zero all’opzione. E’chiaro che se il superamentoavviene per un valore intermedio occorre scegliere se assegnare il superamentoal nodo precedente od al successivo. In ambedue i casi si commette un er-rore che si riflette poi sul prezzo finale facendo pervenire ad un valore che èuna approssimazione di quello che dovrebbe essere effettivamente. I problemidivengono ancora più complessi se l’obiettivo è quello di mettere in atto unabuona strategia di copertura.

La scelta del numero di passi da utilizzare al fine di ottenere la miglioreapprossimazione diventa dunque un obiettivo strategico di rilievo, se da essopuò dipendere il corretto monitoraggio del passaggio attraverso la barriera.

Riguardo a ciò esiste un risultato il quale mostra che è possibile aggiustareil numero dei passi temporali in maniera che la barriera cada in corrispondenza(o molto vicino) ad uno dei nodi. In base a questo risultato il numero di passitemporali deve essere scelto assegnando un valore k alla funzione:

F (k) =k2σ2Thlog³S0

H

´i2 k = 1, 2, 3, .... (128)

dove σ è la volatilità del sottostante, T è il tempo che manca alla scadenzadell’opzione, S01 il prezzo del sottostante al momento iniziale e il livello della Hla barriera.

Così, ad esempio, considerando una opzione down and out scadente fra seimesi il cui sottostante ha prezzo S01 = 50 e la barriera è H = 45, se è σ = 0.36,si ottengono i valori ottimali: 5, 23, 52, ....in corrispondenza a k = 1, 2, 3, ...

Si vede che fissare un nmero di passi maggiore di 5 ma minore di 23 peggiorail collocamento della bariera rispetto al caso di soli 5 passi e conseguentementeil pricing può risultare più inaccurato.

80

Page 82: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

6 PROCESSI DIMARTINGALA E LOROUTILIZ-ZO PER PREZZARE DERIVATI.

Nel presente paragrafo viene presentata la teoria generale del pricing di titoliderivati secondo una metodologia che prende lo spunto dalla teoria delle mar-tingale. L’obiettivo principale di questo nuovo modo di affrontare lo studio deimercati finanziari è quello di fornire un approccio unitario ai vari strumenti,uniformando dal punto di vista concettuale il pricing dei titoli derivati. I nuoviargomenti che a tal fine devono essere introdotti, il valore atteso condizionatoe le martingale, fanno parte dell’armamentario standard sia del calcolo delleprobabilità che dei processi stocastici. Di questi verrà fornita una sinteticaesposizione nella quale gli aspetti formali saranno quasi completamente trascu-rati (con danni evidenti per il rigore...). La definizione stessa di valore attesocondizionato dovrebbe mettere in allarme chiunque ha un decente backgroundprobabilistico, e le proprietà dello stesso vanno dietro alla definizione. Ma inquesto contesto, a chi non possiede già l’impianto concettuale cui si fa riferimen-to, è sufficiente la conoscenza intuitiva degli argomenti ed una approssimativamanualità con la quale trattarne le applicazioni.

6.1 Il Valore Atteso Condizionato.

Il modo più diretto per introdurre il valore atteso condizionato è quello chemuove dalla definizione di probabilità condizionata, che ora si richiama. Siadato lo spazio probabilizzato (Ω,F, P ) e sia F la σ-algebra che descrive lo statoinformativo relativo alla situazione aleatoria che ha Ω quale insieme dei possibilistati del mondo. La misura di probabilità P definisce, per ciascuno degli eventiche sono in F, la valutazione relativa alla loro possibilità di verificarsi. Sianoora A e B due eventi in F e siano P (A) e P (B) le corrispondenti probabilità.L’evento A ∩B, in virtù del fatto che F è una σ-algebra, sta in F e pertanto èdeterminata anche la probabilità P (A ∩B).

Si definisce probabilità di A condizionata a B, e la si indica P (A/B), ilrapporto:

P (A/B) =P (A ∩B)P (B)

(129)

Ovviamente l’evento B deve avere probabilità diversa da zero. Ponendo la (129)nella forma:

P (A ∩B) = P (B)P (A/B)

si evidenzia come la probabilità congiunta di due eventi non è altro che laprobabilità di uno di essi per la probabilità dell’altro condizionata al verificarsidel primo.3

3Essenda anche P (A ∩B) = P (A)P (B/A) si ha poi: P (A)P (B/A) = P (B)P (A/B) dacui

P (A/B) = P (A)P (B/A)

P (B)

relazione nota anche come teorema di Bayes. Il fattore P (B/A)P (B)

indica come varia la probabilitàa priori di A in seguito all’acquisizione della conoscenza che si è verificato B.

81

Page 83: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

E’ già noto, per quanto esposto nel capitolo dedicato alla informazione, chela σ-algebra F esprime il livello informativo che corrisponde alla conoscenza deivalori di verità di tutti gli eventi che compongono la famiglia F. Se G è unaσ-algebra strettamente contenuta inF ciò significa che G traduce uno stato in-formativo meno fine di quello relativo ad F e pertanto avere la conoscenza diquali eventi di G sono veri e di quali sono falsi, non è sufficiente a conoscere ilvalore di verità degli eventi di F. Un contesto concreto nel quale sorgono ques-tioni relative alla parziale informazione è quello in cui un definito fenomeno nonrisulta osservabile direttamente e si deve ricorre ad un esperimento il cui esitofornisce una qualche informazione indiretta sullo stesso. I valori di verità che siottengono in questo caso (i risultati dell’esperimento) riguardano eventi di unaσ-algebra G meno fine di F, quella che corrisponde alla completa informazionesul fenomeno a cui si è interessati. Queste generiche considerazioni acquistanoil giusto rilievo se al fenomeno che si intende conoscere sono associati valorinumerici, ovvero se vi è una variabile aleatoria collegata allo stato di incertez-za. Variabili aleatorie e processi stocastici sono quindi il naturale ambiente nelquale deve essere collocata la trattazione della informazione.

Il concetto di variabile aleatoria, espresso in relazione ad uno spazio proba-bilizzato (Ω,F, P ), viene delineato nella definizione che segue.

Definizione 40 (Variabile Aleatoria) Dato lo spazio probabilizzato (Ω,F, P ),una applicazione X : Ω → R è detta una variabile aleatoria se per ogni apertoB ∈ R la sua antimmagine X−1 (B) è un elemento di F:

∀B ∈ R : X−1 (B) ∈ F (130)

Poichè nello spazio probabilizzato (Ω,F, P ) ad ogni elemento in F vieneassociato un valore di probabilità, tramite una variabile aleatoria X, la misuradi probabilità viene trasferita anche agli aperti diR (e conseguentemente ad ognialtro insieme ottenibile da questi tramite le consuete operazioni sugli eventi).Infatti, fissato un arbitrario aperto in R, ad esso resta associata la probabilitàche compete all’insieme di F che ne è l’antiimmagine.

L’esempio seguente mostra come, assegnata una variabile X, per arbitrariintervalli di R si risalga agli elementi di F corrispondenti ed alla loro probabilità.

Esempio 41 Si consideri ancora il lancio delle tre monete e sia Ω l’insiemedei possibili risultati come nell’esempio 20. Sia F = P (Ω) la σ-algebra che cor-risponde alla conoscenza di quale delle sequenze si è realizzata. F contiene quin-di tutti gli eventi TTT , ..., CCC ed ogni alto costruibile a partire da questi.Sia poi P (T ) = 1

3 , P (C) =23 assumendo inoltre l’indipendenza degli eventi rel-

ativi a ciascun lancio. Si ottengono così le seguenti probabilità: P (TTT) =127 , P (CCC) = 8

27 , P (TCT) = P (TTC) = P (CTT) 227 , e così via.La variabile aleatoria X risulti poi così definita

X (TTT) = 9

X (TTC) = 4

X (TCT) = X (CTT) = 2X (TCC) = X (CTC) = X (CCT) = −2X (CCC) = −6

82

Page 84: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Essa rappresenta la vincita che si associa ad ogni risultato dei tre lanci sela regola di computo delle vincite è la seguente: si riceve una unità per ognivolta che esce testa e zero ogni volta che esce croce. Se però escono due testeconsecutive la vincita è di due unità, mentre se compaiono due croci consecutivesi devono pagare due unità. Infine, se compaiono tre teste si ricevono nove unitàe se ne pagano sei se vi sono tre croci.Il valore atteso di questa variabile aleatoria è

E X = 9 127+ 4

2

27+ 2

µ2

27+2

27

¶− 2

µ4

27+4

27+4

27

¶− 6 8

27=56

9

(il gioco non è quindi equo perchè il suo valore atteso è diverso da zero).Si consideri l’intervallo aperto (0, 1). E’ X−1 ((0, 1)) = ∅ dato che nessuna se-quenza di lanci ha come immagine valori compresi in questo intervallo. A (0, 1)si associa quindi la probabilità P (∅) = 0. Se si considera l’intervallo (−π, π)si ha che:

X−1 ((−π, π)) = CCC ∪ TCC ∪ CTC ∪ CCT ∪ TCT ∪ CTT .La probabilità corrispondente a (−π, π) diventa è così: P ©X−1 ((−π, π))ª =827 +

427 +

427 +

427 +

227 +

227 =

89 . Se poi l’aperto è (π,+∞) allora la probabilità

che compete a questo intervallo è P (TTT ∪ TTC) = 19 .

Si torni ora ad una variabile aleatoria X costruita a partire dallo spazioprobabilizzato (Ω,F, P ) e sia G una σ-algebra tale che G ⊂ F. Nel caso estremoin cui è G = F, allora G rappresenta la stessa informazione di quella posse-duta da un osservatore che ha visto l’esito dell’esperimento e conosce qualeevento di F si è verificato. Se, all’altro estremo, è G = ∅,Ω allora G cor-risponde all’informazione posseduta da chi conosce unicamente lo spazio prob-abilizzato dell’esperimento ma non ha alcuna conoscenza riguardo al suo esito.Nei casi intermedi G rappresenta una informazione parziale riguardo all’esitodell’esperimento.

Si consideri ora l’evento G1 ∈ G. Supposto che si siano determinate leprobabilità di ciascun evento in F, subordinate a G1, è possibile calcolare ilvalore atteso di X condizionato a G1. Lo si indichi con E X/G1. Si tratta,come è ovvio di un numero ottenuto calcolando il valore atteso di X, ponendoche G1 si sia verificato (G1 assume in questo contesto il ruolo di Ω, eventocerto).

Questa operazione di calcolo del valore atteso subordinato ad uno specificoevento G1 ∈ G, lo si può effettuare per ogni evento Gj ∈ G ottenendo in cor-rispondenza un qualche valore E X/Gj. Si è in tal modo generata una nuovavariabile aleatoria i cui valori sono assunti in corrispondenza ad ognuno deglieventi condizionanti di G. Essa prende il nome di valore atteso condizionato.

Definizione 42 Dato lo spazio probabilizzato (Ω,F, P ) ed una variabile aleato-ria X su di esso definita. Sia G ⊂ F una σ-algebra. Si definisce valore attesodi X condizionato alla σ-algebra G la variabile aleatoria Y = E X/G le cuideterminazioni sono i valori attesi di X subordinati agli eventi di G.

83

Page 85: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Per meglio comprendere il significato di quanto stabilito dalla definizione,si riprenda l’esempio precente.

Esempio 43 Si supponga ora che l’informazione parziale che si possiede siaquella relativa alla conoscenza dell’esito dei primi due lanci. Si indichi con Gla σ-algebra corrispondente a quella informazione.La partizione che genera G (si veda ancora l’esempio 20) è

S2 = TTT, TTC , TCT, TCC CTT,CTC , CCT,CCCrelativa agli esiti dei primi due lanci. Qui l’insieme CCT,CCC, ad esempio,sta ad indicare l’incapacità di distinguere i due possibili esiti che discendonodall’avere ottenuto testa nei primi due lanci.Si indichino con G1, G2, G3,G4 gli insiemi di S2. E’ allora:

E X/G1 = 913+ 4

2

3=17

3

poichèla probabilità di ottenere testa al terzo lancio, subordinatamente ad avereottenuto testa nei due precedenti è, in virtù della indipendenza dei lanci, pari a13 e

23 è quella di ottenere croce. Analogamente si ha:

E X/G2 = 21

3− 22

3= −2

3

E X/G3 = 21

3+ 1

2

3=4

3

E X/G4 = −213− 62

3= −14

3.

Le determinazioni della variabile E X/G sono dunque i valori 173 ,−23 , 43 e

−143 .Per quanto concerne la distribuzione di probabilità associata alla variabile aleato-ria E X/G, in questo caso particolarmente semplice (ma per le applicazionidel valore atteso condizionato alle quali si giungerà nel seguito non saranno nec-essarie maggiori complicazioni), ancora grazie alla proprietà di indipendenza deisuccessivi lanci, si ha che la probabilità di assumenre il valore 17

3 , P¡X = 17

3

¢è quella relativa all’evento G1:

P

µX =

17

3

¶= P (G1) = P (TTT, TTC) = 1

27+2

27=1

9.

Procedendo in modo analogo per gli altri valori si ha così

P

µX = −2

3

¶= P (G2) = P (TCT, TCC) = 2

27+4

27=2

9

P

µX =

4

3

¶= P (G3) = P (CTT,CTC) = 2

27+4

27=2

9

P

µX = −14

3

¶= P (G4) = P (CCT,CCC) = 4

27+8

27=4

9.

E’ immediato poi verificare che è proprio:P¡X = 17

3

¢+ P

¡X = −23

¢+ P

¡X = 4

3

¢+ P

¡X = −143

¢= 1.

84

Page 86: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Anche nell’esempio che segue viene considerato un caso di particolare sem-plicità.

Esempio 44 Sia Ω = ω1 = 1, ω2 = 2, ω3 = 3, ω4 = 4, ω5 = 5, ω6 = 6 lo spaziorelativo ai possibili esiti del lancio di un dado e sia G1 l’evento: ”il valore chesi presenta è non minore di 5” cioè G1 = ω5, ω6. Posto che sia P (ω1) =... = P (ω6) =

16 , è P (G1) =

13 .

In base alla (129):

P (ω6/G1) =P (ω6 ∩G1)

P (G1)=

1613

=1

2

E’inoltre:

P (ω5/G1) =1

2, P (ω1/G1) = P (ω2/G1) = P (ω3/G1) = P (ω4/G1) =

0613

= 0.

Considerando l’evento G2 (”si presenta un valore minore di 5”) la σ-algebragenerata dalla partizione Ω = G1, G2 è: G = ∅,Ω, G1, G2. G esprime ilfatto che non si è in grado di distingeure eventi più fini di G1 e G2 e quindil’informazione disponibile è quella che deriva dal sapere quale di questi dueeventi si sia verificato.Sia poi X la seguente variabile aleatoria:

X (ω1) = 2,X (ω2) = 1,X (ω3) = 4,X (ω4) = −3,X (ω5) = 6,X (ω6) = −5,

si ha allora:

E X/G1 = 6P (ω5/G1)− 5P (ω6/G1) = 1

26− 1

25 =

1

2

E X/A2 = 2P (ω1/G2)− 1P (ω2/G2) + 4P (ω3/G2)− 3P (ω4/G2) == 2

1

4+ 1

1

4+ 4

1

4− 31

4= 1

e quindi la variabile aleatoria che si ottiene è: E X/G = ©12 , 1ª.Senza entrare nei dettagli, quindi senza dare dimostrazione alcuna, si pre-

sentano ora le principali proprietà del valore atteso condizionato, proprietà chesaranno utilizzate nella trattazione dei processi di martingala.

6.1.1 Proprietà del Valore Atteso Condizionato.

Siano X,Z variabili aleatorie definite sul medesimo spazio (Ω, F, P ),

1. E aX + bZ/G = aE X/G+ bE Z/G.La dimostrazione è immediata ed è lasciata per esercizio

85

Page 87: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

2. E E X/G = E X.Calcolare il valore atteso di un valore atteso condizionato equivale a cal-colare direttamente il valore atteso non condizionato. Lo si vrifichi pergli esempi del paragrafo precedente.

3. E ZX/G = ZE X/Gse Z è completamente determinata con il livello di informazione definitoda G.

4. E X/G = E Xse X è indipendente da G. Il significato intuitivo è immediato: se X èindipendente daG, se cioè le sue determinazioni non dipendono dallo statoinformativo incorporato in G, allora condizionare risulta irrilevante. Adesempio è irrilevante condizionare la variabile che rappresenta il prezzo didomani di una specifica azione alla informazione relativa alla temperaturarilevata oggi in una qualche città.

5. E E X/G /H = E X/H se è H ⊂ G.Questa proprietà può essere interpretata nel modo seguente. Si pensi alvalore atteso condizionato come ad una previsione che si effettua in undato stato informativo. La previsione non deve significare che si assegnaun preciso valore alla variabile, ma che se ne stabiliscono alcuni valoriin relazione a determinati eventi. Allora E X/G rappresenta la pre-visione, con l’informazione definita da G, della variabile X. Poichè si èposto H ⊂ G, lo stato definito dalla σ-algebra H è connotato da minoreinformazione rispetto allo stato definito da G. Dunque E E X/G /Hpuò interpretarsi come la previsione, nello stato meno informato, dellaprevisione che si farà nello stato più informato. La proprietà 5 esprimeallora il fatto che la previsione, in condizioni di minore informazione, diuna previsione coincide con la previsione fatta direttamente riguardo alrisultato X.

6. E X/G ≥ 0 se X ≥ 0.

7. E X/F0 = E X.Ovvero, subordinando rispetto ala situazione con nessuna informazione,si riproduce la variabile originaria.

8. E X/F = X

se X è completamente determinata dalla informazione rappresentata daF, allora il condizionamento riproduce X stessa.

6.2 Processi di Martingala Discreti.

Un particolare processo stocastico, quello chiamato processo di martingala, èdivenuto, nell’ultimo decennio, il congegno teorico fondamentale nello studiodelle applicazioni matematiche ai mercati finanziari. Nato nel ristretto ambito

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Page 88: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

dello studio dei giochi d’azzardo (il nome stesso infatti è il termine gergalecon il quale i giocatori indicano la strategia di raddoppiare la puntata finoa che non si realizza una vincita) il processo di martingala si è rivelato unpoderoso strumento con possibilità applicative ai settori scientifici più disparati.Lo si trova alla base della teoria della integrazione stocastica, è lo strumentoprincipale nel pricing di titoli finanziari derivati, ed ha trovato largo impiegoanche in ambito del management science, come nell’ambito delle decisioni dioptimal stopping.

Un modo informale per accostarsi al concetto di martingala è quello cheprende le mosse da un progetto antico quanto l’idea stessa di gioco. Si trattadel tentativo di trasformare, attraverso particolari strategie di puntata, un giocoequo in un gioco vantaggioso. Se di tali strategie ne esistessero, la ripetizionedi un gioco equo potrebbe diventare una money pump per il giocatore che leconoscesse.

Ricordato che un gioco è equo se il valore atteso del suo risultato è nullo, sisupponga di ripetere un gioco equo (ad esempio si lanci più volte una monetaregolare con la convenzione che si vince una unità ogni qual volta compare testa,mentre si perde altrettanto se compare croce) e si indichi con ξk la variabilealeatoria che rappresenta il risultato alla k-ma ripetizione. Il gioco viene cosìdescritto da una sequenza di variabili aleatorie ξ1, ξ2, ..., ξk, .. tante quante sonole ripetizioni del gioco. Le determinazioni di ciascuna ξk sono la coppia divalori: −1, 1 e affinchè vi sia equità deve essere, per ogni k, evidentemente:P ξk = −1 = P ξk = 1 = 1

2 .Chi ha dimestichezza con i giochi d’azzardo conosce sicuramente una nota,

e quasi sempre rovinosa, strategia che consisste nel puntare c alla prima mano enel raddoppiare la puntata ogni volta che si perde, interrompendo infine il giocoalla prima vincita. Ci si può chiedere se tale strategia (che prende proprio ilnome di martingala) ha la proprietà di rendere vantaggiosa la ripetizione digiocate, anche quando ciascuna di queste, individualmente, risultasse equa.

Per tradurre formalmente il problema si indichino con w1, w2, ..., wn, .. gliimporti puntati rispettivamente alla prima, seconda, etc. replica del gioco. Lastrategia in questione è così rappresentabile nel modo seguente:

w1 = cwk = 2

k−1c se ξ1 = ξ2 = ... = ξk−1 = −1 k > 1wk = 0 se ξ1 = ξ2 = ... = ξk−2 = −1, ξk−1 = 1 k > 1

Si supponga ora che si vinca per la prima volta alla n-ma replica del gioco.Poichè per le precedenti n−1 si è perso, la puntata a questa mano è pari a 2n−1ce la vincita è pari a 2n−1c dato che è ξn = 1. Il guadagno netto (deducendoil valore delle n− 1 puntate precedenti) è così 2n−1c− ¡c+ 2c+ ...+ 2n−2c

¢=

c. Dunque, la strategia della martingala porta al poco eccitante risultato chequalunque si la mano nella quale si vince per la prima volta, si realizza sempreun guadagno pari al valore della prima puntata. Vi è dunque una vincita sicura(pari a c) solo se prima o poi si presenta una mano vincente e se, al contemposi dispone, illimitatamente, sia di capitale che di tempo (le lunghe sequenze diperdite, per quanto lunghe siano, hanno comunque probabilità positiva). Nel

87

Page 89: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

caso in cui il capitale di cui si dispone sia limitato, poniamo pari a K, allora ilnumero massimo m di giocate perdenti consecutive che si possono sopportaredeve verificare la condizione:

mXj=1

2j−1c = c (2m − 1) ≤ K,

dalla quale si ottiene:

m ≤ ln¡K−cc

¢ln 2

.

Per dare un’idea della entità di m in relazione alla dotazione iniziale K,puntando al primo gioco c = 1.000, se K = 1.000.000 si trova per m il vincolo:

m ≤ ln( 1000000−10001000 )ln 2 = 9. 964 3. Quindi una sequenza sfortunata di dieci colpi è

più che sufficiente a far perdere un milone (già alla decima giocata dovremmopuntare 512.000, mentre si dispone solo di 488.000).

Prescindendo da questioni legate alla richezza inizialmente posseduta, equindi dalla effettiva capacità di reggere la strategia, è facile provare che sela partita dura n repliche, in media la vincita è comunque zero poichè tale è ilvalore atteso del risultato ad ogni replica del gioco.

La strategia del raddoppio non rappresenta così la soluzione al problemadella trasformazione di sequenze di giochi equi in vincite certe. A questo puntoci si può chiedere se con più accorte condotte di gioco sia possibile giungere, senon alla vincita certa, almeno ad una vincita media positiva.

Si ponga che la puntata alla k-ma replica del gioco sia una funzione dei risul-tati dei giochi precedenti e di una grandezza deterministica ξ0 che rappresentala dotazione iniziale.

wk = gk¡ξ0, ξ1, ξ2, ..., ξk−1

¢(131)

Se si dimostra che, dopo n giocate, qualunque sia la regola con la quale siarticolano le successive puntate (cioè qualunque siano le funzioni g1, g2, ..., gn)il valore atteso del guadagno è comunque nullo, allora non esistono strategie ingrado di rendere vantaggiosa una sequenza di giochi equi.

Prima di entrare nei dettagli è necessario sottolineare alcuni aspetti delproblema. Primo fra tutti il fatto che le variabili aleatorie ξk devono essereindipendenti (come nell’esempio dei lanci della moneta) e di conseguenza sesi indica con Fk la σ-algebra che contiene l’informazione relativa all’esito di kprove (cioè la conoscenza dei risultati delle prime k giocate), allora ξk è unavariabile indipendente da Fk−1 in quanto in nessun modo il risultato della k-ma giocata dipende dalla conoscenza dei risultati precedenti. Inoltre va ancorasottolineato che le gk, come si deduce dalla (131), sono variabili aleatorie chesono perfettamente note con l’informazione rappresentata da Fk−1. Tecnica-mente si dice che tali variabili costituiscono un processo prevedibile rispetto allafiltrazione Fn. Infatti, per la (131), la puntata da fare alla k-ma replica delgioco è nota appena si conosce il risultato delle prime (k − 1) giocate.

Si indichi ora con Yn la ricchezza cumulata dopo n giocate utilizzando lastrategia definita dalle funzioni g1, ..., gn. Dato un livello di ricchezza inizialeY0 e ponendo Y0 = ξ0 si ottiene:

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Page 90: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Yn = Y0 +nX

k=1

wkξk. (132)

Il processo Yn risulta, per sua stessa costruzione, adattato alla filtrazioneFn generata dai risultati delle n giocate (si conosce il valore di Yn se si conoscela sequenza dei valori assunti da ξ1, ..., ξn).

Sia E Yn/Fn−1 la variabile aleatoria: valore atteso di Yn condizionatoalla informazione fornita dai risultati precedenti del gioco. E’ intanto Yn =Yn−1+wn ξn. Applicando la (132) e la proprietà 1 del valore atteso condizionatosi ottiene:

E Yn/Fn−1 = E Yn−1 +wnξn/Fn−1 = E Yn−1/Fn−1+E wnξn/Fn−1 .

Poiché Yn−1 e wn sono completamente determinati dallo stato informativo rapp-resentato da Fn−1, tenendo conto della proprietà 3 del valore atteso condizionatisi ottiene:

E Yn−1/Fn−1 = Yn−1E wnξn/Fn−1 = wnE ξn/Fn−1

e tenendo poi conto dell’indipendenza di ξn da Fn−1, si giunge alla:

E Yn/Fn−1 = Yn−1 + wnE ξn = Yn−1 (133)

da cui, essendo ciascuna replica un gioco equo (E ξn = 0), si ottiene:

E Yn/Fn−1 = Yn−1 (134)

Questa relazione esprime il fatto che il valore atteso della ricchezza dopo ngiocate, subordinato alla conoscenza dei primi n − 1 risultati, è uguale allaricchezza detenuta prima della n-ma giocata:

Si vedrà tra breve che proprio la (134) è la relazione che definisce i processidi martingala discreti.

Tornando al problema originario, vale a dire la ricerca di una eventualestrategia di gioco che sia in grado di garantire un risultato medio positivo, siosservi che calcolando il valore atteso dei due membri della (134) e procedendoricorsivamente si ottiene:

E Yn = E E Yn/Fn−1 = E Yn−1 == E E Yn−1/Fn−2 = E Yn−2 = .

= E E Yn−2/Fn−3 = ... = E Y0 == Y0

Dunque, qualunqe strategia di gioco g1, g2, ..., gn si adotti e per qualunquedurara n, se sono equi i singoli giochi ξk, non si può ottenere una ricchezzamedia superiore a quella iniziale. Il valore atteso del guadagno è, in ogni caso,

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Page 91: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

nullo e quindi non esistono strategie di puntata in grado di rendere vantaggiosele repliche di un gioco equo. Come già accennato, la proprietà espressa dalla(134) è quella che caratterizza un processo di martingala discreto, come stabilitodalla definizione che segue.

Definizione 45 Un processo discreto X = X1,X2, ...,Xn, ... definito sullospazio probabilizzato (Ω,F, P ) adattato alla filtrazione Fn, Fj ⊂ F, è dettouna martingala rispetto alla misurta di probabilità P se, per qualunque m e n,con m < n, vale la:

EP Xn/Fm = Xm. (135)

La proprietà di martingala, come si vede, è data in relazione allo spazioprobabilizzato (Ω,F, P ) ed è quindi è legata alla misura di probabilità P oltreche allo spazio degli eventi Ω e alla σ-algebra F che genera il processo infor-mativo Fn. Ciò significa che un processo che è una martingala rispetto aduna misura di probabilità P in generale non lo sarà rispetto ad una diversamisura di probabilità. Per questa ragione l’operatore E del valore atteso vienecorredato del suffisso che richiama misura di probabilità adottata.

Come apparirà chiaro nel seguito, il punto chiave della teoria generale delpricing di contingent claims sta proprio nella ricerca di una opportuna misuradi probabilità in grado di trasformare in una martingala il processo del prezzo(scontato) dell’attività sottostante.

Prima di affrontare questa tematica specifica si mostra, attraverso alcu-ni esempi, come a partire da semplici processi sia possibile costruire dellemartingale.

Un teorema fondamentale, che traduce in ambito discreto una proprietàdell’integrale stocastico, concluderà il paragrafo.

Esempio 46 Sia ξn una successione di variabili aleatorie indipendenti convalore atteso nullo. Si costruisca poi il processo:

Xn =nX

k=1

ξk

e sia Fn la filtrazione generata da Xn (in altri termini ciò significa che l’ infor-mazione generata dal processo contiene tutte le realizzazioni delle ζn e quindiall’istante n si conosce tutto quanto è sin lì accaduto). Per s < n è allora:

EP Xn/Fs = E©Xs + ξs+1 + ξs+2 + ...+ ξn/Fs

ª=

= EP Xs/Fs+n−sXk=1

E©ξs+k/Fs

ª= Xs

poiché, per l’ indipendenza delle ξk, è EP

©ξs+k/Fs

ª= EP

©ξs+k

ª= 0, men-

tre, per la proprietà 8 del valore atteso condizionato, è EP Xs/Fs = Xs. Ilprocesso Xs è dunque una martingala.

Riassumendo il risultato dell’esempio precedente si può affermare che: lesomme parziali di una successione di variabili aleatorie indipendenti e a medianulla costituiscono un processo di martingala.

90

Page 92: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Esempio 47 Sia ξn una successione di variabili aleatorie indipendenti convalore atteso unitario. Allora il processo Rn =

nQk=0

ξk, adattato alla filtrazione

Fn = σ (ξ0, ξ1, ..., ξn) è una martingala. E’ infatti:

EP Rn+1/Fn = EP

©ξn+1Rn/Fn

ª=

= RnEP

©ξn+1/Fn

ª=

= RnEP

©ξn+1

ª=

= Rn.

dove è stata utilizzata la proprietà 3 del valore atteso condizionato.

L’esempio seguente mostra come sia possibile, a partire da una genericafiltrazione Fn e da una variabile aleatoria Γ sia possibile costruire un processoche è una martingala.

Esempio 48 Sia Γ una variabile aleatoria definita sullo spazio probabilizzato(Ω,F, P ), e sia Fn una filtrazione tale che Fk ⊂ F per ogni k. Allora ilprocesso Yn = EP Γ/Fn è adattato alla stessa filtrazione ed è una martingala.La dimostrazione di ciò è immediata.

Un altro importante risultato lo si ottiene tornando alla relazione (132) chedefinsce il processo delle vincite in uno schema di ripetizione di giochi equi. Siricorda che le ipotesi dalle quali si è partiti sono l’indipendenza delle variabiliξj , che EP

©ξjª= 0 per qualunque j, e che wj è un processo prevedibile. Come

risultato si ha che il processo Yn = Y0 +nP

k=1

wkξk è una martingala. Ponendo

Xn =nP

j=1ξj , per il risultato ottenuto nell’esempio 46, Xn è una martingala. Ma

è anche ξn = Xn −Xn−1 = ∆Xn−1 per cui la (132) può così essere scritta nelmodo seguente:

Yn = Y0 +nX

k=1

wk∆Xk−1. (136)

La (136) evidenzia che una martingala Yn può essere espressa tramite gli in-crementi di un’altra martingala Xn e di un processo prevedibile wn. Il risultatoha valore generale ed è applicabile a qualunque siano i processi di martingalapresi in considerazione. Si può quindi formulare il seguente teorema:

Teorema 49 (Teorema di trasformazione di martingala) Dato un proces-so di martingala Xn rispetto allo spazio probabilizzato (Ω,F, P ) e alla filtrazioneFn, ed un processo wn prevedibile rispetto alla stessa filtrazione, allora ilprocesso

Yn = Y0 +nX

k=1

wk∆Xk−1 (137)

è una martingala rispetto alla filtrazione Fn.Viceversa, dati due processi di martingala Xn ed Yn ambedue adattati alla fil-trazione Fn, esiste un processo prevedibile wn tale che Yn può essere espressotramite Xn in accordo con la (136).

91

Page 93: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Il seguente corollario è di immediata verifica.

Corollario 50 Data una successione di variabili aleatorie Φ0,Φ1, ...,Φn, .. tali

che per ogni n è EP Φn/Fn−1 = 0, allora la loro somma parziale Xn =nP

k=0

Φk

è un processo di martingala.

Prima di concludere il paragrafo dedicato alla presentazione dei processi dimartingala discreti si espongono due esempi costruiti, ambedue, sullo stessoprocesso ad albero binomiale ricombinante. Nel primo si verifica che il processoin questione non soddisfa la proprietà di martingala, mentre nel secondo siillustra come trasformarlo per farlo diventare una martingala.

Esempio 51 Sia dato il processo binomiale a quattro periodi specificato nellafigura 17 e sia δ = 0.04 l’intensità istantanea costante riferita all’unità tempo-rale del periodo. Nell’albero sono riportate anche le probabilità di transizionep e 1− p, supposte costanti lungo tutto l’albero, le quali generano la misura diprobabilità P che caratterizza lo spazio probabilizzato (Ω,F, P ) cui fa riferimen-to la situazione aleatoria rappresentata.

Figura 17E’ immediato verificare che il processo, secondo la misura di probabilità Pcostruita a partire da p = 1 − p = 1

2 , non è una martingala. Infatti, se cosìfosse, al tempo t+ 3∆t dovrebbe essere:

S31 =1

260.912 +

1

250.196 = 55.554

S32 =1

294.263 +

1

260.912 = 77.588

S33 =1

2134.337 +

1

294.263 = 114.30

S34 =1

2140.868 +

1

2134.337 = 137.65

mentre è invece S31 = 56.400, S32 = 81.968, S

33 = 115.808, S

34 = 131.652.

92

Page 94: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

E’ utile ricordare che l’essere una martingala è una proprietà strettamentedipendente dalla misura di probabilità adottata. Infatti ciò che la definisce è unarelazione sul valore atteso che è fondato appunto sulla probabilità. Sceglien-do una diversa probabilità il processo diventa una martingala, come si vedenell’esempio seguente.

Esempio 52 Si costruisca ora il processo dei valori scontati del prezzo dellaattività e si calcolino le probabilità di neutralità rispetto al rischio secondo la

ben nota relazione: qji =Sji e

0.04−Sj+1i

Sj+1i+1−Sj+1i

. La figura 18 illustra l’albero di prezzi

scontati corredato con le probabilità di neutralità rispetto al rischio. E’ facileverificare che con questa doppia modifica (sostituiti i prezzi con i prezzi scontatie l’originaria misura P con quella di neutralità rispetto al rischio Q) il processosi trasforma in una martingala. Infatti, considerando ad esempio i nodi altempo t+ 3∆t, ed indicando con eS j

i il valore scontato del prezzo è:eS31 = 50.022, eS32 = 72.699, eS33 = 102.712, eS31 = 116.764e calcolando i valori attesi, condizionati all’essere al tempo t + 2∆t (ovveroassumendo l’informazione relativa a F2) si ottiene:

50.022 (0.145) + 72.699 (0.855) = 69.418 = eS2172.699 (0.242) + 102.712 (0.758) = 95.550 = eS22102.712 (0.789) + 116.764 (0.211) = 105.678 = eS23

Figura 18Proseguendo nella verifica si conclude che il processo in esame, se la misuradi probabilità assunta è quella di neutralità rispetto al rischio, è proprio unaQ-martingala.

6.3 Il Pricing dei Derivati.

Dalla fine degli anni settanta del passato secolo lo studio dei modelli di pricingper titoli derivati ha subito un radicale mutamento grazie al nuovo approccio

93

Page 95: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

basato sulla teoria delle martingale. Lo strumento si è rilevato particolarmenteefficace nel delineare un quadro formale unitario all’interno del quale trovacollocazione l’analisi teorica sia dei modelli discreti che di quelli continui. Loschema generale dei modelli di pricing, delineato nel capitolo iniziale, può oraessere ripreso e sviluppato in una logica del pricing valida per qualunque tipodi derivato. Il potere trattare la problematica del pricing all’interno di un unicoimpianto concettuale è di per sè un risultato interessante, dal quale sono poiscaturiti non pochi progressi nella determinazione del prezzo di equilibrio dinuovi strumenti finanziari.

Affrontare la tematica del pricing da questo nuovo punto di vista, perve-nendo agli stessi risultati cui si è giunti con l’approccio che utilizza gli alberibinomiali, non è una sterile duplicazione di un argomento già trattato. Rappre-senta invece la possibilità di approfondire una nuova metodologia la quale puòessere estesa (quanto meno da un punto di vista intuitivo) alla trattazione deimodelli in tempo continuo i quali richiederebbero, per la loro comprensione, unben più pesante apparato matematico.

L’ esempio 52 ha illustrato un metodo in base al quale un processo, oppor-tunamente modificato, si traduce in una martingala. Prima di mostrare qualeruolo giochi questa trasformazione nella costruzione dei modelli di pricing, sideve provare la validità generale della tecnica impiegata.

Proposizione 53 Sia S =©S1, S2, ..., SN

ªil processo ad albero binomiale,

adattato alla filtrazione Fn, che rappresenta l’evoluzione del prezzo di unaattività rischiosa. Sia Q la misura di probabilità per la quale le probabilità di

transizione q ji sono date dalla relazione: q ji =S ji e−δ∆t−S j+1

i

S j+1i+1−S j+1

i

. Allora postoeS j = S je−δ j∆t, il processo eS = neS1, eS2, ..., eSNodei prezzi scontati in base

alla intensità istantanea di mercato δ è una Q-martingala.

E’ agevole dimostrare la proposizione 53. Infatti se il processo eS è unaR-martingala, con R opportuna misura di probabilità, allora, per qualunque0 < j < N , vale che eS j = ER

neS j+1/Fj

o.

Poichè il processo è ad albero binomiale, a qualunque stadio del processoS ji , (i = 1, 2, ..., j + 1) vi sono due soli stati raggiungibili all’istante successivo.

Siano r ji e 1 − r j

i le rispettive probabiltà di transizione. Per definizione divalore atteso condizionato è quindi:eS j

i = r jieS j+1i+1 +

³1− r j

i

´ eS j+1i

da cui, ricordando che è eS ji = S j

i e−δ j∆t, moltiplicando ambedue i membri per

eδ j∆t si ottiene:

S ji = e−δ∆t

hr ji S j

i +³1− r j

i

´S j+1i

ie quindi:

r ji =

S ji e

δ∆t − S j+1i

S j+1i+1 − S j+1

i

.

94

Page 96: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

E dunque le probabilità r ji e 1 − r j

i sono proprio le probabilità di neutralitàrispetto al rischio.

Viceversa, assumendo queste ultime quali probabilità di transizione, indi-cando con F i

j l’evento di Fj che consiste nel verificarsi dello stato Sji , per ogni

j e per ogni i si ha:

EQ

neS j+1/F ij

o=

S ji e

δ∆t − S j+1i

S j+1i+1 − S j+1

i

eS j+1i+1 +

S j+1i+1 − S j

i eδ∆t

S j+1i+1 − S j+1

i

eS j+1i =

= e−δ (j+1)∆t

"S ji e

δ∆t − S j+1i

S j+1i+1 − S j+1

i

S j+1i+1 +

S j+1i+1 − S j

i eδ∆t

S j+1i+1 − S j+1

i

S j+1i

#=

= e−δ (j+1)∆t S ji e

δ∆t = S ji e−δ j∆t = eS j

i .

Con il risultato stabilito dalla proposizione 53 è garantita la possibilità direndere una Q-martingala il processo dei prezzi scontati di un titolo rischioso.Tenuto conto anche di quanto risulta dall’esempio 48, a partire dalla variabilealatoria del payoff di un contingent claim si può costruire, utilizzando la fil-trazione Fn, un processo che è una martingala qualunque sia la misura diprobabilità adottata. Le due martingale così ottenute possono poi, grazie alteorema di rappresentazione, essere legate una all’altra per mezzo di un oppor-tuno processo prevedibile. Su questi tre risultati si fonda la teoria generale delpricing dei derivati, della quale ci si occupa nel presente paragrafo.

I seguenti elementi costituiscono l’armamentario concettuale e formale sulquale costruire la teoria.

1. Un processo binomiale S =©S1, S2, ..., S N

ªche rappresenta l’evoluzione

dei prezzi di una attività rischiosa. Il processo è costruito a partire dauno spazio probabilizzato (Ω, F, P ) ed è adattato alla filtrazione Fj, conFN = F .

2. Un processo B =©B0,B1, B2, ..., BN

ªdeterministico che rappresenta

l’evoluzione del valore di un bond, o di un deposito.

Fissato un livello δ della intensità istantanea di interesse vigente sulmercato, il processo B ha una evoluzione data dale seguente legge:

B j = B 0eδ j∆t. (138)

con B 0 = 1.

3. Un contingent claim con scadenza in t +N∆t il cui payoff è la variabilealeatoria X le cui possibili determinazioni dipendono dai valori S N chela attività sottostante può assumere a scadenza.

4. Un processo ∆ =©∆0,∆1, ...,∆N−1ª prevedibile rispetto a Fn, le cui

componenti ∆ j sono variabili aleatorie che indicano la quantità di azionedetenuta all’istante t+ j∆t, in corrispondenza dei diversi stati S j

i .

95

Page 97: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

A questo punto si costruiscono due nuovi processi. Il primo eS = neS1, ..., eSNo,

dove eS j = S je−δ j∆t =S j

B j. (139)

rappresenta il valore scontato del prezzo della attività rischiosa. Il secondoM =

©M 1,M 2, ...,M N

ªè così definito:

M j = EQ

½X

BN/Fj

¾(140)

dove XBN è il valore scontato all’istante t del payoff del contingent. Se Q è la

misura di probabilità di neutralità rispetto al rischio, ambedue i processi eS edM sono Q-martingale.

Si consideri ora la trading strategy: Θ = (∆,Ψ) doveΨ =©Ψ0,Ψ1, ...,ΨN−1ª,

processo che rappresenta la quantità della componente priva di rischio detenutain portafoglio, è definito nel modo seguente:

Ψj =M j −∆ j eS j =M j −∆ j Sj

B j. (141)

Sia poi V 0 il valore al istante iniziale t del portafoglio costruito in base allatrading strategy Θ. E’ quindi:

V 0 = ∆0S0 +Ψ0B0 = ∆0S0 +

µM 0 −∆0 S

0

B0

¶B0 =M 0B0 (142)

Il processo a due dimensioni (e prevedibile), Θ = (Φ,Ψ) determina quindiil processo un idimensionale V =

©V 0, V 1, ..., V N

ª, il valore del portafoglio.

Anche V , per costruzione, è adattato alla filtrazione Fn (ma non è prevedibilepoichè dipende dal valore corrente della attività detenuta).

Un istante immediatamente prima di t + ∆t (cioè immediatamente primadi procedere alla revisione del portafoglio) il valore del portafoglio costruito int è:

V 1− = ∆0S1 +Ψ0B1 = ∆0S1 +

µM 0 −∆0 S

0

B0

¶B1 = (143)

= B1·M 0 +∆0

µS1

B1− S 0

B 0

¶¸= B1

hM 0 +∆0

³eS1 − eS 0´iSi torni ora al teorema di rappresentazione di martingala e alla relazione (137).Sostituendo a Yn il processo M n, e a ∆Sn−1 l’ncremento eS1 − eS 0 e ponendon = 1, questa diventa:

M 1 =M 0 + w0

³eS1 − eS 0´ .Se la strategia di trading è costruita in modo che il processo ∆ coincida con ilprocesso w la cui esistenza è garantita dal teorema 49, allora si ottiene:

M0 +∆0³eS1 − eS 0´ =M1

96

Page 98: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e quindi la (143) diventa:V 1− = B1M 1.

In generale si avrà dunque:

V j− = B jM j

e alla scadenza, in t+N∆t, essendo V N− = V N è infine:

V N = BNM N = BNEQ

½X

BN/FN

¾= X (144)

poichè EQ X/FN = X dato che il valore del contingent è completamentedeterminato dalla informazione contenuta in FN .

Il risultato espresso dalla (144) dà alla trading strategy Θ il carattere diportafoglio di replica del contingent claim. Occorre ora provare che questastrategia è anche self-financing.

Si indichi con V j+ la variabile che rappresenta il valore del portafoglio al

tempo t+ j∆t, immediatamente dopo la sua costruzione e con V j− il valore un

istante prima della ricalibratura quando le sue componenti sono ancora quellerelative al periodo precedente. E’ così:

V j− = ∆j−1S j +Ψ j−1B j = ∆j−1S j +

³M j−1 −∆ j−1 eS j−1

´B j =

= B j

·M j−1 +∆j−1

µS j

B j− eS j−1

¶¸=

= B jhM j−1 +∆j−1

³eS j−1 − eS j−1´i

ed applicando il teorema di trasformazione di martingala si ottiene:

M j =M j−1 +∆j−1³eS j−1 − eS j−1

´ed infine:

V j− = B jM j .

Per V j+ si ottiene:

V j+ = ∆jS j +Ψ jB j = ∆jS j +

³M j −∆ j eS j

´B j =

= M jB j

ed in conclusione: V j− = V j

+ , condizione che riproduce quella della definizione1. La trading strategy Θ = (∆,Ψ) è dunque una self-financing strategy ecostituisce una replica del contingent. Per la consueta condizione di assenza diopportunità di arbitraggio, il valore iniziale del portafoglio deve essere il prezzodi equilibrio del contingent. Indicando quest’ultimo con p0 (X) deve essere:

p0 (X) = V 0 =M0B0 = EQ

½X

BN/F0

¾= e−δ N ∆tEQ X . (145)

97

Page 99: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

In conclusione il prezzo di equilibrio del contingent, in aderenza con quantogià ottenuto in precedenza, è il valore attualizzato del valore atteso del pay-off finale, valore atteso calcolato in base alle probabilità di neutralità rispettoal rischio. Se non valesse la (145) sarebbe possibile sfruttare il fatto che ilportafoglio Θ è una replica del derivato. Così se fosse p0 (X) > V 0, vendendoil contingent e costruendo il portafoglio di componenti iniziali ∆0 e Ψ0(il cuicosto è V 0) si realizza subito un valore positivo pari a p0 (X) − V 0, mentre ascadenza il ricavato del portafoglio copre esattamente l’impegno derivante dallavendita del contingent.

Ancora ricorrendo alla condizione di assenza di arbitraggi è facile mostrareche, in un qualunque istante t+ j∆t, il prezzo pj (X) del derivato deve essere:

pj (X) = V j =M jB j = e−δ (N−j)∆tEQ X/Fj . (146)

Nella proposizione seguente viene riepilogato il procedimento generale dipricing di titoli derivati.

Proposizione 54 Dato un mercato articolato su di un orizzonte temporalediscreto: T = t, t+∆t, t+ 2∆t, ..., t+N∆t nel quale sono negoziati:

1. Una attività rischiosa il cui prezzo S =©S0, S1, ..., SN

ªevolve secondo un

processo ad albero binomiale definito sullo spazio probabilizzato (Ω, F, P ),e adattato alla filtrazione Fn .

2. Uno zcb il cui prezzo B =©B0, B1, ..., BN

ªevolve deterministicamente

secondo la legge: B0 = 1, Bj = e j δ∆t con δ intensità istantanea diinteresse supposta costante su tutto l’orizzonte temporale.

3. Un titolo derivato con payoff X disponibile alla scadenza t+N∆t.

Sia inoltre eS = neS1, eS2, ..., eSNoil processo dei prezzi scontati all’istante

iniziale t. Se Q è la misura di probabilità di neutralità rispetto al rischiosecondo la quale le probabilità di transizione verso uno stato che comportaaumento del prezzo della attività sono date dalla relazione:

qji =S ji e

δ∆t − S j+1i

S j+1i+1 − S j+1

i

,

allora il processo eS è una Q-martingala.Sia poi Θ =

¡Θ0,Θ1, ...,ΘN

¢il processo a due dimensioni, prevedibile

rispetto a Fn dove è Θj =¡∆j ,Ψj

¢e valga la

Ψj = EQ X/Fj−1−∆j eS j =M j −∆j eS j ,

dove ∆j è la quantità di attività sottostante detenuta in t + (j + 1)∆t eΨj la quantità di zcb detenuta allo stesso istante.Allora il processo Θ costituisce una self-financing strategy in corrispon-denza alla quale il portafoglio finale costituisce è una replica del derivato.Se inoltre sul mercato sussistono condizioni di equilibrio essendo assenti

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Page 100: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

opportunità di arbitraggio, allora il prezzo iniziale del derivato p0 (X) deveessere:

p0 (X) =M0B0 = e−δ N ∆tEQ X .Per le stesse condizioni di assenza di arbitraggio il prezzo del derivato inun qualunque periodo intermedio è:

pj (X) =M jB j = e−δ (N−j)∆tEQ X/Fj .

99

Page 101: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

7 IL MODELLO DI BLACK E SCHOLES.

L’analisi svolta nel paragrafi precedenti, ed il fondamentale risultato contenu-to nella proposizione 54, hanno mostrato come sia agevole prezzare un’opzionese si accetta l’ipotesi che il prezzo della attività sottostante segua un processoparticolarmente semplice e maneggevole: quello binomiale. Effettivamente unapproccio del genere ha il vantaggio di consentire la scelta di intervalli tem-porali piccoli a piacere (ad esempio il giorno o l’ora) calibrando i fattori up edown in maniera che rappresentino le variazioni più plausibili per l’unità tem-porale prescelta. Tutto quello di cui si ha bisogno è un apparato di calcolosufficiente a supportare l’inevitabile esplosione dell’albero se la riduzione del-l’unità temporale fa crescere di molto il numero degli intervalli. Come è giàstato menzionato, la nascita di questi modelli la si deve ad una iniziativa diCox Ross e Rubinstein il cui obiettivo primario era di fornire una semplificatarappresentazione del modello in tempo continuo formulato da Black e Scholes.Ed un interessante risultato contenuto nell’articolo originario di CRR è anchela dimostrazione che, rendendo sempre più piccola l’ampiezza degli intervallitemporali, facendo così tendere a infinito il numero dei passsi, al limite si ot-tiene proprio il modello di Black e Scholes. Corroborato da questo risultato, ilmodello ad albero binomiale diviene prima una versione approssimata di quellocontinuo, e successivamente un attrezzo indispensabile per tutti quei casi neiquali l’approccio continuo non consente di ricavare formule chiuse per il pric-ing. La grande flessibilità, accompagnata dalla relativa semplicità formale deimodelli ad albero binomiale, non deve però porre in secondo piano il ruolo deimodelli continui che costituiscono, grazie all’apparato del calcolo stocastico dacui derivano, la naturale attrezzatura per il pricing dei derivati. Il modello diBlack e Scholes in particolare entra a fare parte del bagaglio conoscitivo indis-pensabile per chiunque intende intraprendere lo studio dei mercati finanziari.Ad esso è dedicato dunque il presente capitolo.

Introdurre il modello di Black e Scholes senza far ricorso alla complessitàdel calcolo stocastico è operazione velleitaria ed un qualunque tentativo di sem-plificarne la sostanza matematica non riesce ad eliminare del tutto i lati oscuridel modello. In quanto segue, quindi, si cercherà di dare unicamente una vi-sione intuitiva delle premesse sulle quali si fonda (il processo di Wiener, o motobrowniano) saltando poi direttamente alla formula ormai classica ed al modonel quale la si applica, senza sviluppare le tematiche più complesse che toccanol’integrazione stocastica e la celebre formula di Ito.

E’ intanto interessante osservare che la l’impianto teorico che sta alla basedel modello di Black e Scholes è dello stesso tipo di quello analizzato nel de-scrivere la procedura di pricing di contingent claims tramite alberi binomiali,riassunto proprio nella proposizione 54. Anche affrontando il problema dalversante continuo è necessario infatti passare attraverso la costruzione di unportafoglio di replica, l’utilizzo del principio della assenza di arbitraggio e latrasformazione sia dei prezzi scontati delle attività sottostanti che del payoff ascadenza del contingent in martingale. Quello che differenzia sostanzialmentel’approccio continuo da quello discreto (a parte le conseguenti difficoltà formaliche si incontrano nel caso continuo) è il tipo di processo che sta alla base della

100

Page 102: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

evoluzione del prezzo della attività sottostante. Nel caso continuo il processoutilizzato è il moto browniano.

7.1 Costruzione del Moto Browniano e Rappresentazione delProcesso Continuo dei Prezzi.

Per avere una descrizione sommaria di una traietoria di un processo di motobrowniano, o processo di Wiener, si può immaginare una costruzione di questotipo: muovendo da una origine, ad ogni istante, si effettua uno spostamento,di ampiezza molto piccola, verso l’alto oppure verso il basso. La scelta deltipo di movimento la si fa dipendere dal risultato dell’estrazione di un numerocasuale tratto da un insieme distribuito normalmente. L’evoluzione che nerisulta (si invita il lettore alla verifica costruendo un semplice programma inMAPLE V) presenta, pur in assenza di discontinuità, un andamento moltofrastagliato, tanto più frastagliato quanto più si riducono e l’ampiezza dellavariazione ammessa e l’intervallo temporale. La rappresentazione grafica diqueste traiettorie ricorda da vicino i grafici con i quali, nelle pagine economichedei giornali, si riassume l’andamento nel tempo del prezzo di una azione. Igrafici di figura 19 e di figura 20 presentano due approssimazioni di traiettoriedi un processo di moto browniano.

Al di là delle proprietà che si riferiscono alla forma assunta dalle possi-bili traiettorie, il processo in questione gode di proprietà matematiche benconosciute che lo rendono idoneo a descrivere molti fenomeni del mondo realecompreso l’andamento dei prezzi delle attività rischiose.

Figura 19

Dovendo dare una giustificazione del particolare andamento del processoindividuando una qualche causa che ne giustifichi l’assunzione nel modellarel’evoluzione di prezzi, torna in primo piano il ruolo dell’informazione. Pro-prio l’informazione, infatti, fluendo sul mercato istante per istante, sottoponei prezzi ad un continuo processo di aggiustamento, simile a quello che ha sulmoto di una particella il continuo bombardamento da parte delle altre particellevicine che con questa interferiscono. Tradurre questa idea di collisioni continuein un processo stocastico è quanto sono riusciti a fare prima Einstein e succes-

101

Page 103: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

sivamente, sfruttando l’approccio del grande fisico del secolo scorso, NorbertWiener.

Si può dare un’idea di come sia possibile costruire un modello evolutivo deiprezzi conforme allo schema del moto browniano, partendo da poche sempli-ci assunzioni, le quali riflettono le proprietà salienti possedute dal fenomenoche si vuole descrivere. Naturalmente, essendo l’obiettivo primario quello dimantenere il livello della formalizzazione il più basso possibile, alcuni momenticritici, quale ad esempio quello di passare da incrementi temporali finiti ∆t aquelli infinitesimi dt, saranno semplicemente descritti e non esaurientementededotti.

Il punto di partenza, in analogia con quanto è accaduto studiando il modellobinomiale, è la conoscenza (o il calcolo) di un indice del rendimento atteso rifer-ito alla attività rischiosa che si intende modellare. Il significato di questo indiceè quello di tasso di crescita di lungo periodo del valore, quale si realizzerebbein assenza delle perturbazioni che lo colpiscono in continuazione per il fluiredell’informazione. Sovrapponendo al processo di crescita (assimilabile a quellodi un deposito remunerato con un tasso costante nel tempo) delle variazionialeatorie, cioè una componente non prevedibile, si può generare una evoluzioneanaloga a quella rappresentata nei grafici delle figure 19 e 20.

Figura 20

Affinchè il modello sia in grado di tradurre in maniera sufficientemente re-alistica ciò che accade sui mercati reali, deve possedere due fondamentali pro-prietà: la prima, del tutto ovvia, è che i prezzi generati dal modello non sianomai negativi. La seconda è che esso incorpori la reale difficoltà che si incontranell’effettuare previsioni di lungo periodo rispetto alle previsioni che si possonofare su più brevi orizzonti. Questo si traduce nel fatto che l’effetto di distur-bo prodotto dalla componente aleatoria deve essere tanto maggiore quanto piùlontano è l’orizzonte di riferimento.

Sia dunque µ il tasso annuo di rendimento atteso e sia σ il suo scostamentoquadratico medio. Se il prezzo in t della attività è S (t) e un periodo dopo (si as-suma l’anno come unità di misura temporale) è S (t+ 1), il tasso di rendimento

102

Page 104: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

atteso e la varianza dello stesso saranno rispettivamente:

E

½S (t+ 1)− S (t)

S (t)

¾= µ (147)

V

½S (t+ 1)− S (t)

S (t)

¾= σ2

Se l’incremento temporale, anzichè l’anno è una sua frazione ∆t, allora lerelazioni definite dalla (147) dovranno essere riscalate secondo il fattore ∆t:

E

½S (t+∆t)− S (t)

S (t)

¾= E

½∆S (t)

S (t)

¾= µ∆t (148)

V

½S (t+∆t)− S (t)

S (t)

¾= V

½∆S (t)

S (t)

¾= σ2∆t

Per la costruzione del modello si consideri ora l’effetto della perturbazione po-nendo che il tasso di rendimento della attività ∆S(t)

S(t) , sia la somma del tasso atte-so µ∆t più un fattore stocastico ν (σ) dipendente dallo scostamento quadraticomedio σ del tasso:

∆S (t)

S (t)= µ∆t+ ν (σ) . (149)

Dovendo essere En∆S(t)S(t)

o= µ∆t, ed essendo anche

E

½∆S (t)

S (t)

¾= E µ∆t+ ν (σ) = µ∆t+E ν (σ) ,

segue che deve essere:E ν (σ) = 0

Inoltre dalla seconda delle (148) si ottiene:

V

½∆S (t)

S (t)

¾= V µ∆t+ ν (σ) = V ν (σ) = σ2∆t.

La componente perturbativa ν (σ) deve dunque verificare le condizioni seguenti:

E ν (σ) = 0 (150)

V ν (σ) = σ2∆t.

A questo punto resta da specificare una forma funzionale per ν (σ). Se si indicacon ε una variabile aleatoria normale standardizzata e si pone

ν (σ) = σ√∆tε

è immediato verificare che è

E ν (σ) = Enσ√∆tε

o= σ√∆tE ε = 0

V ν (σ) = Vnσ√∆tε

o= σ2∆tV ε = σ2∆t

103

Page 105: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

come richiesto dalle (150). La (149) diventa ora:

∆S (t)

S (t)= µ∆t+ σ

√∆tε

ovvero:∆S (t) = S (t)µ∆t+ σ

√∆tS (t) ε (151)

Il modello espresso dalla (151), allo stato attuale ancora di tipo discreto,verifica le proprietà più sopra richieste, cioè che non si producano prezzi nega-tivi e che l’errore di previsione cresca con l’estendersi dell’orizzonte temporale.Infatti, se fosse, per qualche τ , S (τ) = 0 allora il processo non uscirebbe più daquesto stato, come conferma al (151). Inoltre la varianza di∆S (t) è σ2S2 (t)∆t,e quindi tanto maggiore quanto più grande è ∆t. Ci si potrebbe chiedere, aproposito della non negatività dei prezzi, cosa accadrebbe se, per un certo t,S(t) fose tanto vicino a zero che una variazione successiva, per quanto piccola,lo rendesse negativo. La questione svanisce, per così dire, nel passaggio in tem-po continuo, quando l’intervallo temporale preso a base è piccolo abbastanzada poterlo considerare infinitesimo (sostituendo dunque dt a ∆t). E’ sufficienteverificare, ma non è il caso qui di approfondire, che la variazione infinitesi-ma dS (t) sia legata alla variazione temporale dt da una particolare relazione,relazione che qui viene assunta come verificata, senza ulteriori specificazioni.

Per dare alla (151) la forma idonea alla trattazione che verrà fatta nel se-guito, si introduce un processo stocastico w (t) definito in base alle proprietàseguenti:

1. w (0) = 0.

2. Gli incrementi del processo ∆w (t) sono indipendenti e stazionari.

3. Per ogni t, w (t) è una variabile aleatoria disrtibuita normalmente conmedia zero e varianza t.

4. Le traiettorie di w(t) sono continue ma in nessun punto derivabili.

Si può dimostrare che il processo con le proprietà richieste esiste (lo si puòcioè costruire) ed esso è definito come moto browniano o processo di Wiener.La (151), utilizzando il processo w(t), può ora essere scitta nella forma:

∆S (t) = S (t)µ∆t+ σS (t)∆w (t) (152)

Il significato dell’incremento ∆w (t) =√∆t dovrebbe essere ormai chiaro:

esso lo si ottiene moltiplicando la radice quadrata dell’unità temporale ∆t peril valore che si ottiene estraendo da una variabile normale standardizzata.

Osservazione 55 E’ interessante osservare cosa accade se si eleva al quadratol’incremento del moto browniano:

[∆w (t)]2 = ∆tε2

104

Page 106: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Il valore atteso della variabile ∆tε2 è:

En[∆w (t)]2

o= E

©∆tε2

ª= ∆tE

©ε2ª= ∆t

poichè è E©ε2ª= V ε = 1. Per quanto concerne la varianza di [∆w (t)]2, si

ha:

Vn[∆w (t)]2

o= E

½³[∆w (t)]2

´2¾− hE n[∆w (t)]2oi2 == E

n£∆tε2

¤2o− (∆t)2 = (∆t)2 £E ©ε4ª− 1¤Se ∆t viene assunto molto piccolo, sì che lo si possa sostituire con l’infinitesimodt, allora ∆w (t) può essere assimilato ad un differenziale dw (t), anche se ques-ta operazione andrebbe giustificata in termini del processo di Wiener. Qui peròci si accontenta degli aspetti intuitivi del problema senza entrare nei complicatidettagli della questione. Dunque, compiendo questo operazione di passaggio allimite, si ha che

En[dw (t)]2

o= dt

mentre, se si trascurano infinitesimi di ordine superiore al primo, la varianzaVn[∆w (t)]2

odiventa:

Vn[dw (t)]2

o= (dt)2

£E©ε4ª− 1¤ = 0

La conseguenza di questi ultimi risultati è che mentre l’incremento del motobrowniano ∆w (t) è aleatorio essendo V ∆w (t) = ∆t 6= 0, (e parallelamenteal limite, V dw(t) = dt), il quadrato dell’incremento non lo è più, dato che lasua varianza (al limite) è nulla. Empiricamente questa proprietà non è possibileverificarla, dato che per quanto piccolo si consideri∆t, esso sarà comunque finitoed il risultato sancito dalla (??) vale solo approssimativamente.

Il lettore è invitato a costruirsi un programma con MAPLE V nel qualevengono generati dei numeri casuali (almeno 100) da una variabile normalestandardizzata (vedere la voce normald nell’help), e moltiplicanti poi per

√∆t

(si assuma ad esempio l’unità ora, ottenendo ∆t = 124(365) = 0.0001 141 6) e se

ne calcola la media e varianza. Si proceda poi a quadrare i prodotti preceden-temente calcolati e se ne valuti ancora media e varianza. La prima dovrebbeessere molto vicina a 0.000114, mentre la seconda dovrebbe approssimarsi azero.

Tornando al modello rappresentato dalla (152), la sua versione continuadiventa:

dS (t) = µS(t)dt+ σS (t) dw (t) (153)

relazione che rappresenta una equazione differenziale stocastica. La soluzionedella stessa fornisce il processo S(t) che traduce le proprietà del modello in-trodotto. Estendendo al tasso di rendimento i risultati appena evidenziati si

105

Page 107: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

ottengono le relazioni:

E

½dS (t)

S (t)

¾= µdt

V

½dS (t)

S (t)

¾= σ2dt

e ancora

En[dS(t)]2

o= [S(t)]2 σ2dt

Vn[dS(t)]2

o= 0

Si fornisce infine la soluzione della equazione differenziale stocastica (153), as-sunta quale processo con il quale si rappresenta l’evoluzione del prezzo di unaazione

S (t) = S0e

³µ−σ2

2

´t+σw(t)

(154)

essendo S0 il prezzo della attività rischiosa all’istante iniziale t = 0.Per concludere il paragrafo si riporta una formula che può essere utiliz-

zata per produrre traiettorie del tipo di quelle generate da un moto browni-ano. I parametri uk rappresentano valori di una variabile aleatoria normalestandardizzata:

w (t) =tu1√2π+

2MPk=2

uk sin(kt2 )k

√π

(155)

ed M deve essere dell’ordine di grandezza di qualche centinaio per dare un im-magine che sia sufficientemente frastagliata anche su orizzonti temporali limitati(in feriori all’unità).

Il grafico della figura 21 rappresenta la simulazione di una traiettoria relativaal prezzo di una azione il cui prezzo iniziale è S0 = 1091.2235, l’intensità attesadi crescita è µ = 0.19645 e la volatilità σ = 0.180215. L’orizzonte temporale èl’anno

Il processo è pertanto il seguente:

S (t) = 1091.2235 e

³0.19645− 0.1802152

2

´t+0.180215w(t)

106

Page 108: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Figura 21

7.2 Derivazione della Formula di Black e Scholes.

Il processo stocastico X (t) che verifica una equazione differenziale stocasticadel tipo

dX (t) = µ (X, t) dt+ σ (X, t) dw (t)

è detto processo di Ito. Esso risulta caratterizzato tramite il processo di Wiener,w (t), e due fattori µ (X, t) e σ (X, t) detti rispettivamente fattore di drift efattore di diffusione. Nel caso specifico del processo del prezzo di una attivitàrischiosa definito in base alla (153) il fattore di drift è

µ (S, t) = µ S (t) (156)

mentre il fattore di diffusione, dipendente dalla volatilità costante σ, è:

σ (S, t) = σ S (t) . (157)

Risolvendo l’equazione differenziale stocastica si ottiene il processo:

S (t) = S0 e

³µ−σ2

2

´t+σw(t)

(158)

che descrive l’evoluzione del prezzo di una qualunque attività rischiosa (negozi-abile) sottostante il derivato del quale si voglia determinare il prezzo. Dalla(158), per qualunque tempo τ , discendono immediate le proprietà distribuzion-ali relative alla variabile aleatoria S(τ). Infatti essendo

lnS (τ) = lnS0 +

µµ− σ2

2

¶τ + σw (τ)

poichè w (t) è distribuito normalmente con media zero e varianza τ , segue chelnS (τ) è anche esso distribuito normalmente con media

m = lnS0 +

µµ− σ2

2

¶τ (159)

107

Page 109: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e scostamento quadratico medio

s = σ√τ . (160)

Essendo lnS(τ) distribuito normalmente, S(τ) ha una distribuzione cheè detta lognormale di parametri m e s. E mentre una variabile normale diparametri m ed s ha densità:

f (x) =1√2πs

e−(x−m)22σ2

la densità di una variabile distribuita lognormalmente la si ottiene ponendolnx = y ed applicando la regola che fornisce la densità della funzione di unavariabile, nota la densità di quest’ultima. Si giunge così alla relazione:

f (x) =1√2πsx

e−(lnx−m)2

2σ2 . (161)

Assumere che il prezzo di una attività rischiosa segua un processo di Itodefinito dalla (153) equivale dunque ad assumere che, per ogni τ , la variabilealeatoria S(τ) è una variabile lognormale i cui parametri sono specificati dallerelazioni (159) e (160).

Prima di procedere nella derivazione della formula di Black e Scholes peril pricing di derivati è necessario introdurre uno strumento fondamentale delcalcolo stocastico: il lemma di Ito. Ovviamente, anche per questo lemma,si dovrà seguire un approccio del tutto informale, presentando direttamentel’enunciato senza soffermarsi sui complessi risvolti tecnici che ne consentono laformulazione, ed impiegando lo stesso alla stregua di una regola mnemonica daapplicare quando serve.

Lemma 56 Dato un processo di Ito definito dalla equazione differenziale sto-castica dX (t) = µ (X, t) dt + σ (X, t) dw (t) e data una funzione deterministi-ca f (X, t) di classe C2, allora il differenziale stocastico df (X, t) è dato dallarelazione:

df (X, t) =

½∂f(X, t)

∂Xµ (X, t) +

∂f(X, t)

∂t+1

2

∂2f(X, t)

∂X2[σ (X, t)]2

¾dt+(162)

+∂f(X, t)

∂Xσ (X, t) dw (t) .

Ponendo

µ (X, t) =∂f(X, t)

∂Xµ (X, t) +

∂f(X, t)

∂t+1

2

∂2f(X, t)

∂X2[σ (X, t)]2

ed inoltre

σ (X, t) =∂f(X, t)

∂Xσ (X, t)

il lemma di Ito può essere scritto nella forma:

df (X, t) = µ (X, t) dt+ σ (X, t) dw (t)

relazione la quale esprime il fatto che anche f(X, t) è un processo di Ito.

108

Page 110: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Esempio 57 Si consideri la funzione f(w) = w2. Poichè il processo di Wienerè anche esso un processo di Ito, potendosi scrivere: dw (t) = µ (w, t) dt +σ (S, t) dw (t) con µ (w, t) = 0 e σ (w, t) = 1 si può applicare il lemma di Itoavendosi:

∂f(w)

∂w= 2w

∂f(w)

∂t= 0

∂2f(w)

∂w2= 2

In definitiva si ottiene:

d£w2¤= dt+ 2w (t) dw (t) .

E’ anche facile verificare che il processo S (t) = S0 e

³µ−σ2

2

´t+σw(t)

è lasoluzione della equazione differenziale stocastica (153), come risulta dall’esem-pio seguente.

Esempio 58 Si consideri la funzione del processo di Wiener: f (w, t) = S (t) =

S0 e

³µ−σ2

2

´t+σw(t)

. E’ in questo caso:

∂f(w, t)

∂w= σS (t)

∂f(w, t)

∂t=

µµ− σ2

2

¶S (t)

∂2f(w, t)

∂w2= σ2S (t)

e ricordando che è µ (w, t) = 0 e σ (w, t) = 1, si ha infine:

df (w, t) = dS (t) =

·µµ− σ2

2

¶S (t) +

1

2σ2S (t)

¸dt+ σS (t) dw (t) =

= µS (t) dt+ σ S (t) dw (t)

Esempio 59 Si consideri infine il processo di Ito S(t) definito ancora in basealla (153), e la funzione f (S, t) = lnS(t). E’ ora:

∂f(S, t)

∂S=

1

S(t)

∂f(w, t)

∂t= 0

∂2f(w, t)

∂w2= − 1

S2(t)

mentre è: µ (S, t) = µ S (t), σ (S, t) = σ S (t). E’ quindi:

d [lnS(t)] =

·µ S (t)

1

S(t)− 1

2S2(t)σ2S2(t)

¸dt+ σ S(t)

1

S(t)dw(t) =

=

µµ− σ2

2

¶dt+ σ dw(t).

109

Page 111: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si consideri ora l’emissione di un titolo derivato il cui valore, dipendentedal valore S del sottostante e dal tempo t di valutazione, è espresso dalla fun-zione f (S, t). Si ponga inoltre che l’emittente del derivato abbia affiancato allaposizione short sullo stesso una posizione long sul sottostante nella quantità∆. Il portafoglio così costruito ha componenti (−1,∆) ed un valore, all’istantedell’emissione t, pari a V (t):

V (t) = −f +∆S.

L’incremento infinitesimo del valore del portafoglio dV (t) è il seguente:

dV (t) = −df +∆ dS.

In base al lemma di Ito è poi:

df =

½∂f(S, t)

∂SµS +

∂f(S, t)

∂t+1

2

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2

¾dt+

∂f(S, t)

∂Sσ dw (t)

e quindi

dV (t) = −½∂f(S, t)

∂SµS +

∂f(S, t)

∂t+1

2

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2

¾dt− ∂f(S, t)

∂SσS dw (t) +

+∆µS dt+∆σS dw (t)

e raggruppando i termini:

dV (t) =

½−∂f(S, t)

∂SµS − ∂f(S, t)

∂t− 12

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2 +∆µS

¾dt+

+

½∆σS − ∂f(S, t)

∂SσS

¾dw(t).

La variazione di valore del portafoglio può essere resa deterministica (cioè privadi rischio) eliminando l’unico fattore di aleatorietà rappresentato dal processow(t). Basta quindi porre

∆ =∂f(S, t)

∂S(163)

ottenendo in corrispondenza:

dV (t) =

½−∂f(S, t)

∂SµS − ∂f(S, t)

∂t− 12

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2 +

∂f(S, t)

∂SµS

¾dt =

=

½−∂f(S, t)

∂t− 12

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2

¾dt.

In seguito alla posizione (163) il portafoglio in questione diviene un portafoglioprivo di rischio ed in condizioni di assenza di arbitraggi il suo incremento divalore dV (t) deve coincidere con l’incremento di valore di un bond:

dV (t) = δV (t) dt = δ

µ−f + ∂f(S, t)

∂SS

¶= −δ f + δ S

∂f(S, t)

∂S

110

Page 112: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

econseguentemente:

δ f =∂f(S, t)

∂Sδ S +

∂f(S, t)

∂t+1

2

∂2f(S, t)

∂S2σ2 S2 (164)

relazione che lega il prezzo del contingent f(S, t) alle sue derivate parziali. Trat-tasi, come si vede di una equazione differenziale alle derivate parziali di tipodeterministico, dato che non è presente alcuna componente stocastica. Essaè la celebre formula di Black e Scholes che fa la sua prima comparsa trentaanni addietro, nel 1973. E’ rilevante il fatto, e merita di essere sottolineato,che accompagnando l’emissione del contingent con la detenzione di ∆ unità disottostante si ottiene un portafoglio che è privo di rischio sulla base del prezzoS(t) praticato all’istante t. Non appena si ha una variazione del prezzo delsottostante il portafoglio (−1,∆) cessa di essere privo di rischio e per riportarloa tale situazione occorrerà ricalibrarlo in base al nuovo prezzo osservato. Lastategia che così si determina ricorda quella già analizzata nello studio dei mod-elli discreti, la sola differenza è che in questo contesto è necessario modificarela composizione del portafoglio istante per istante.

Tornando alla formula di Black e Scholes va ricordato che per individuarneuna soluzione specifica (e quindi uno specifico prezzo) occorre assegnare uninsieme di opportune condizioni al contorno, dalle quali resta individuata latipologia di derivato cui si fa riferimento. Se si tratta di una opzione call euro-pea, il cui sottostante non effettua pagamenti intermedi, la condizione relativaalla forma del payoff finale:

f (S(T )) = max [S(t)−K, 0]

unitamente alle condizioni:

f(0) = 0

f(S, t) ≤ S(t)

consentono di individuare la particolare soluzione che rappresenta il prezzo diun call con scadenza in T e strike pari a K. In modo amnalogo si ottengonocondizioni al contorno per puts, futures e simili derivati semplici.

Come si vedrà nel prossimo paragrafo, l’uso della (164) non è il modo stan-dard per ottenere il prezzo di opzioni europee di tipo semplice come calls oputs. La formula presentata è rilevante in virtù della sua generalità: essa valequalunque sia il derivato il cui payoff dipende esclusivamente dal valore finaledel sottostante nella ipotesi che l’equazione differenziale stocastica (153) siaadatta ad esprime la legge evolutiva dello stesso.

In base al processo che descrive l’evoluzione del prezzo di una attività ris-chiosa presentato nel precedente paragrafo è possibile ottenere formule di pric-ing per opzioni di tipo europeo sfruttando risultati legati al calcolo stocastico.Questi risultati, dei quali non si dà menzione e che verrano impiegati in quantosegue solo come scorciatoie per giungere alla formula di Black e Scholes, sonoessenzialmente il lemma di Ito ed il teorema di Cameroon, Morton e Girsanov.Il lettore attento riconoscerà che l’impostazione seguita ricalca quella già vista

111

Page 113: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

in contesto discreto, nel quale si sono prese le mosse dal valore scontanto delprezzo della attività, trasformandolo in un processo di martingala attraverso uncambiamento di misura, per valutare infine il prezzo del derivato come valoreatteso scontato del payoff finale del derivato stesso.

7.3 Il Pricing delle Opzioni.

Nel presente paragrafo verrà illustrato un metodo di pricing di opzioni (e piùin generale di derivati) che prescinde dall’uso della formula di Black e Scholes.Gli ingredienti che vengono utilizzati sono dello stesso tipo di quelli impie-gati studiando il modello discreto salvo che, come è facile immaginare, la lorocomplessità cresce in maniera decisiva e conseguentemente, come ancora si im-magina facilmente, solo una sommaria trattazione, povera inoltre di rigore, èqui possibile.

Si assume ancora che la dinamica del prezzo della attività che funge dasottostante al derivato sia quella del processo introdotto precedentemente:

S (t) = S e

³µ−σ2

2

´t+σw(t)

Per quanto riguarda gli aspetti legati alla informazione, ovvero la filtrazionealla quale il processo del prezzo deve risultare adattato, l’unico fattore di aleato-rietà è qui rappresentato dal processo in tempo continuo w(t). Come conseguen-za la filtrazione della quale tenere conto è quella cui risulta adattato w(t) stesso.Essa, detta la filtrazione naturale del moto browniano viene indicata con Ft,t ∈ [0, T ].

Si costruisce poi il processo eS (t) del valore scontato della attività, processoche assume ora la forma

eS (t) = S(t)e−δt = S e

³µ−δ−σ2

2

´t+σw(t)

(165)

essendo δ l’intensità istantanea di interesse vigente sul mercato. Differenziandola (165) quale funzione di w(t) in base al lemma di Ito, così come si è vistoall’esempio 58, si ottiene:

∂f (w, t)

∂w= S0e

³µ−δ−σ2

2

´t+σw(t)

σ = eS(t)σ∂2f (w, t)

∂w2= S0e

³µ−δ−σ2

2

´t+σw(t)

σ2 = eS(t)σ2∂f (w, t)

∂t= S0e

³µ−δ−σ2

2

´t+σw(t)

µµ− δ − σ2

2

¶= eS(t)µµ− δ − σ2

2

¶da cui

df (w, t) = deS(t) ==

½eS(t)σ + eS(t)µµ− δ − σ2

2

¶+1

2

heS(t)σi2¾ dt+

+eS(t)σ dw (t)112

Page 114: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e dunque:

deS(t) = eS(t) ·µ− δ − σ2

2+1

2σ2¸dt+ eS(t)σ dw (t) = (166)

= eS(t) [(µ− δ) dt+ σ dw (t)] .

Utilizzando un altro fondamentale teorema, quello di Cameroon-Morton-Girsanov,il cambiamento di misura di probabilità che rende eS (t) una martingala lo siottiene trasformando nel modo seguente il moto browniano

ew (t) = w (t) +µ− δ

σt. (167)

E’ poi:

d ew (t) = dw (t) +µ− δ

σdt

e così la (166) diventa

deS (t) = eS (t)½(µ− δ) dt+ σ

·d ew (t)− µ− δ

σdt

¸¾= eS (t) σd ew (t)

relazione che definisce appunto una martingala. La (??) diventa ora, in basealla nuova misura di probabilità:

S (t) = S0e

³δ−σ2

2

´t+σ ew(t)

. (168)

Il prezo di equilibrio di un derivato, avendo trasformato il processo sconta-to del prezzo in una Q-martingala, con Q misura di probabilità di neutralitàrispetto al rischio, è semplicemente il valore atteso del suo payoff scontato, ossia:

f (t) = EQ

nXe−δT

odove T è la scadenza del derivato e la variabile aleatoria X rappresenta il payoffalla scadenza.

Nel caso di una opzione call europea il cui sottostante non dà luogo a paga-menti intermedi, indicando con S (T ) il valore a scadenza del sottostante, siha

S (T ) = S0e

³δ−σ2

2

´T+σ ew(T )

mentre è poi:X = max [S (T )−K, 0]

e quindi

C = EQ

ne−δT max [S (T )−K, 0]

o= (169)

= e−δT+∞ZK

[ST −K] g (ST ) dST =

= e−δT+∞ZK

ST g (ST ) dST − e−δTK+∞ZK

g (ST ) dST

113

Page 115: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

dove g (ST ) è la densità della variabile ST la quale è distribuita lognormal-mente. In base alla (168) risulta quindi che ln (ST ) è distribuita normalmente

con parametri m = ln (S0) +³δ − σ2

2

´T e s = σ

√T . Indicando con gm,s (x) la

densità di una variabile lognormale di parametri m e s,

gm,s (x) =1√2πsx

e−[ln(x)−m]2

2s2 (170)

la (169) diventa:

C = e−δT+∞ZK

ST√2πsST

e−[ln(ST )−m]2

2s2 dST − (171)

−Ke−δT+∞ZK

1√2πsST

e−[ln(ST )−m]2

2s2 dST .

Si consideri ora il primo termine della (171): e−δT+∞RK

1√2πs

e−[ln(ST )−m]2

2s2 dST e

si effettui la sostituzione: x = ln (ST ), da cui ST = ex, dST = exdx mentrel’estremo inferiore di integrazione diventa ln (K). Si ottiene così:

e−δT+∞Z

ln(K)

ex√2πs

e−(x−m)22s2 dx = e−δT

+∞Zln(K)

1√2πs

e−−2s2x+x2+m2−2mx

2s2 dx =

= e−δT+∞Z

ln(K)

1√2πs

e−−2s2x+x2+m2−2mx+s4−s4+s4+2ms2−2ms2

2s2 dx =

= e−δT es2

2+m

+∞Zln(K)

1√2πs

e−[x−(m+s2)]

2

2s2 .

Sostituendo am ed s le loro espressoni nel fattore esponenziale che moltiplical’integrale si ottiene:

e−δ T+σ2T

2+ln(S0)+

³δ−σ2

2

´T

+∞Zln(K)

1√2πs

e−[x−(m+s2)]

2

2s2 dx =

= S0

+∞Zln(K)

1√2πs

e−[x−(m+s2)]

2

2s2 dx. (172)

114

Page 116: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si effettui ora la nuova sostituzione di variabile:

z =x− ¡m+ s2

¢s

=x− ln (S0)−

h³δ − σ2

2

´T + σ2T

iσ√T

=

=x− ln (S)−

³δ + σ2

2

´T

σ√T

in modo che z sia una variabile normale standardizzata con densità φ (0, 1).L’estremo inferiore di integrazione, che era ln (K), diventa ora:

ln (K)− ln (S)−³δ + σ2

2

´T

σ√T

= −d1 (173)

e così la (172) diventa:

So

+∞Z−d1

1√2π

e−z2

2 dz.

L’integrale rappresenta l’area sottostante la curva normale standardizzatacalcolata da −d1 a +∞. Per la simmetria della curva della densità di una vari-abile normale standardizzata, l’area sottostante la medesima riferita all’inter-vallo [−d1,+∞) è uguale all’area sottostante la curva nell’intervallo (−∞, d1].In simboli si ha l’ugualianza:

+∞Z−d1

1√2π

e−z2

2 dz =

d1Z−∞

1√2π

e−z2

2 dz.

Indicando poi con N (d1) l’area sottostante la normale da −∞ a d1: N (d1) =d1R−∞

1√2πe−

z2

2 dz, si ha infine:

S 0N (d1)

con

d1 =ln¡SK

¢+³δ + σ2

2

´T

σ√T

(174)

Per quanto concerne il termine Ke−δT+∞RK

1√2πsST

e−[ln(ST )−m]2

2s dST , effettuando

ancora la sostituzione x = ln (ST ), ST = ex, dST = exdx, si ottiene:

Ke−δT+∞Z

ln(K)

1√2πs

e−[x−m]22s dx (175)

e standardizzando con la nuova variabile z:

z =x−m

s=

x− ln (S0)−³δ − σ2

2

´T

σ√T

(176)

115

Page 117: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

per cui l’estremo inferiore di integrazione diventa

ln (K)− ln (S)−³δ − σ2

2

´T

σ√T

= −d2 (177)

da cui:

Ke−δT+∞Z

ln(K)

1√2πs

e−[x−m]22s dx = Ke−δT

+∞Z−d2

1√2π

e−z2

2 dz.

e quindi (procedendo come più sopra):

Ke−δTN (d2)

essendo

d2 =ln¡SK

¢+³δ − σ2

2

´T

σ√T

= d1 − σ√T . (178)

Il prezzo dell’opzione call è dunque:

C = SN (d1)−Ke−δTN (d2) . (179)

Per quanto riguarda una opzione put, il suo prezzo di equilibrio espresso comevalore atteso scontato del payoff è:

P = EQ

ne−δT max [K − S (T ) , 0]

o=

= K e−δ T+∞ZK

g (ST ) dST − e−δ T+∞ZK

ST g (ST ) dST

Con procedimento del tutto analogo a quello esposto si giunge alla:

P = Ke−δ TN (−d2)− SN (−d1) . (180)

Nell’esempio che segue si determina il prezzo di un call.

Esempio 60 Sia S = 100, K = 105, T = 12 , δ = 0.07 e σ = 0.4. E’ intanto

e0.07 = 1.072 5 e quindi si ottiene:

d1 =ln¡100105

¢+³0.07 + 0.42

2

´12

0.4q

12

= 0.092666

d2 = 0.09266− 0.4r1

2= −0.19018

E’ poiN (0.092666) = 0.5369155; N (−0.19018) = 0.4245840

ed infine

C = 100 (0.5369155)− 105 (1.0725)− 12 (0.424584) = 10.643.

Mentre il prezo del put è:

P = 10.643 + 105 (1.0725)−12 − 100 = 12.032.

116

Page 118: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

I fattori del tipo N (x) che compaiono nelle formule del pricing di opzionisono suscettibili di interpretazioni che nel caso di N(d2), come è sottolineatonella seguente osservazione, è legato alla probabilità di esercizio della opzione.

Osservazione 61 Il significato del fattore N (d2) che compare nella (179) nonè altro che la probabilità che una opzione call spiri in the money. E’ infatti:

N (d2) =

d2Z−∞

1√2π

e−z2

2 dz = P z ≤ d2

ma è anche, per la simmetria della distribune normale standardizzata:

N (d2) = 1−N (−d2) = P z ≥ −d2 .Ora, in base alla (176) e alla (177), tenendo conto che è x = ln (ST ), si ottiene:

P z ≥ −d2 = P

ln³STS

´−³δ − σ2

2

´T

σ√T

≥ln¡KS

¢− ³δ − σ2

2

´T

σ√T

=

= P

½ln

µSTS

¶≥ ln

µK

S

¶¾= P ST ≥ K .

In conclusione è proprio N (d2) = P ST ≥ K, probabilità che a scadenza ilprezzo del sottostante sia maggiore dello strike, ovvero che l’opzione call siaesercitata.Essendo poi N (−d2) = 1 − N (d2) = 1 − P ST ≥ K = P ST ≤ K, segueche il fattore N (−d2) è la probabilità che l’opzione put venga esercitata.Nel prossimo parfagrafo verrà data una interpretazione anche al valore N (d1).

Una particolare tipologia di opzioni, spesso annoverate fra le opzioni es-otiche, sono le digital options. Questi derivati possono essere utilizzati comecomponenti elementari a partire dalle quali costruirere portafogli che replicanopiù complesse tipologie di titoli. In quanto segue si farà vedere come anchevanilla options quali un call o un put posano essere replicati con opportuniportafogli di digital options.

Definizione 62 (Digital Option) Una digital option contiene il diritto diricevere a scadenza una definita prestazione, oppure niente, in dipendenza dalfatto che il prezzo del sottostante alla scadenza cada o meno entro un presta-bilito intervallo. Se la prestazione consiste nel ricevere a scadenza l’importounitario l’opzione è detta cash-or-nothing, mentre è detta stock-or-nothing sela prestazione consiste nel ricevere l’attività sottostante stessa.Una opzione cash-or-nothig call conferisce il diritto a ricevere l’importo unitarioa scadenza se si verifica che S (T ) ∈ [K,+∞), ovvero se S (T ) ≥ K, mentreuna cash-or-nothing put paga l’importo unitario se S(T ) ∈ [0,K].Una opzione stock-or-nothig call conferisce il diritto a ricevere a scadenza l’at-tività sottostante stessa se si verifica che S (T ) ∈ [K,+∞), , mentre unastock-or-nothing put dà diritto a ricevere il sottostante se S(T ) ∈ [0,K].

117

Page 119: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Un cash-or-nothing call ha così un payoff a scadenza definito dalla relazione:

CC N (ST ) =

½0 se ST < K1 se ST ≥ K

mentre per uno stock-or-nothing call è:

CS N (ST ) =

½0 se ST < KST se ST ≥ K

In modo analogo si definiscono i payoff a scadenza per i put digitali. La procedu-ra di pricing è la stessa delineata per calls e puts classici, e pertanto, ricordandola (170) e la (175), si ha:

CCN = EQ

ne−δT CC N (ST )

o= e−δT

+∞ZK

g (ST ) dST = e−δTN (d2) (181)

mentre per una stock-or-nothing call è:

CS N = EQ

ne−δT CSN (ST )

o= e−δT

+∞ZK

ST g (ST ) dST = S N (d1) . (182)

Per quanto concerne i puts, la verifica è lasciata per esercizio, si ha poi:

PCN = e−δTN (−d2) (183)

PSN = S N (−d1) . (184)

Tornando ora alla (179), è immediato porre questa nella forma:

C = SN (d1)−Ke−δTN (d2) = CSN −KCCN

la quale evidenzia come il prezzo di un vanilla call coincida con il prezzo di unportafoglio che contiene una stock-or-noting call in posizione long e K unitàdi cash-or-nothing calls in posizione short. Verificato che i risultati a scadenzacoincidono, il portafoglio è una replica del vanilla call. Passando al put, dalla(180) segue poi:

P = K PCN − PSN .

Come si vede sia un call che un put possono essere replicati approntandoportafogli di digital options. Altre più complesse tipologie di opzioni possonoessere replicate con questi strumenti, rendendo agevole la loro procedura dipricing.

Esempio 63 Si consideri il caso riportato nell’esempio 60 nel quale si è posto:S = 100, K = 105, T = 1

2 , δ = 0.07 e σ = 0.4. Considerando le corrispondentiopzioni digitali si ottiene per le opzioni digital call:

CC N = 0.424584 e−0.0712 = 0.40998

CS N = 100 (0.5369155) = 53.69155

118

Page 120: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

ed è 53.69155 − 105 (0.40998) = 10. 644, prezzo del vanilla call. Per i digitalputs è poi:

PC N = e−0.0712 (1− 0.424584) = 0.55562

PSN = 100 (1− 0.5369155) = 46.308essendo anche in questo caso 0.55562 (105)− 46.308 = 12. 032.

La relazione di parità fra opzioni call e put continua a valere anche in casodi digital options, come è facile verificare.

I grafici seguenti mostrano, per le opzioni digitali analizzate, l’andamento delpayoff a scadenza (linea dal tratto spesso) e del valore all’emissione in funzionedel prezzo del sottostante S.

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

y

20 40 60 80 100 120 140 160 180 200S

Figura 22: Cash-or-Nothing Call

0

50

100

150

200

y

20 40 60 80 100 120 140 160 180 200S

Figura 23: Stock-or-Nothing Call

7.4 La Volatilità Implicita.

La formula di Black e Scholes, se pur nata per determinare il prezzo di unavanilla option, in un epoca come quella attuale nella quale i mercati che ne-goziano opzioni sono tanto liquidi da presentare volumi di contrattazione ormaisuperiori a quelli relativi ai sottostanti, essa è diventata obsoleta poichè la quo-tazione di mercato fornisce un prezzo che può essere legittimamente considerato

119

Page 121: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

un giusto prezzo. Diversa è la situazione nei mercati poco liquidi nei quali lequotazioni sono scarsamente indicative a causa della forte variabilità dei prezziai quali le contrattazioni si chiudono, o per i mercati over-the-counter nei qualiogni singolo contratto ha una propria autonomia. Ma se le contrattazioni cheriguardano le vanilla options negoziate nelle borse sembrano potere fare a menodella celebre formula, la stessa svolge ancora un ruolo fondamentale in almenotre diversi contesti. Il primo è quello relativo alla copertura delle posizioni dichi emette opzioni, ed è quanto verrà analizzato nel prossimo paragrafo. Ilsecondo riguarda una tecnica di copertura di portafogli, in voga nei mercatistatunitensi fin dagli anni ottanta, e che sta ora approdando anche nel mercatoitaliano sospinta dai venti di recessione che da tempo stanno spirando. E’ lacosidetta tecnica di assicurazione di portafoglio della quale ci si occuperà in unsuccessivo capitolo. Il terzo contesto, infine, nel quale la formula di Black eScholes ha recuperato tutta la sua attualità è quello che la vede impiegata perstimare la volatilità del sottostante sul quale le opzioni sono scritte.

Osservando infatti la formula di Black e Scholes è immediato rendersi contoche di tutti i parametri che entrano in gioco (S, K, T , δ, σ) solo quello rela-tivo alla volatilità non è direttamente rilevabile dal mercato. Si è visto anchetrattando del pricing tramite alberi binomiali, che il parametro σ non può es-sere aggirato, ed in quel contesto si era data una semplice procedura statisticaper determinarlo, utilizzando lo scostamento quadratico medio dei logaritmi deirapporti dei prezzi.

Una via alternativa, molto utilizzata dagli operatori nel caso di attivitàil cui mercato delle opzioni è molto liquido, è quello di considerare i prezziquotati delle opzioni quali prezzi di equilibrio (e di fatto nessun altro prezzolo è altrettanto...), di supporre che la formula di Black e Scholes sia quellache sta dietro la formazione dei prezzi di mercato e di ricavare la volatilità delsottostante utilizzando il prezzo come input. Per essere più precisi se il prezzodi mercato bC di un call, ad esempio, viene determinato in base ad una relazioneanalitica dipendente dalle consuete variabili e rappresentabile da una funzionedel tipo: bC = ϕ (S,K, T, δ, σ)

allora se ϕ è invertibile rispetto a σ (ovvero se è di classe C1e monotona rispettoa σ) è possibile, noto bC ricavare σ nel modo seguente:

σ = ϕ−1³ bC,S;K;T, σ´ .

Tale configurazione della volatilità è definita come volatilità implicita. Es-sendo ϕ (S,K, T, δ, σ), nel caso specifico, la formula di Black e Scholes, oc-corre provare che siano verificate le condizioni per l’invertibilità rispetto a σ.Nel prossimo paragrafo sarà evidenziato come ciò effettivamente accada, e siadunque possibile, a partire dal prezzo di mercato di una opzione e dalla ben notaformula, dare una stima della volatilità del prezzo del sottostante utilizzzandola volatilità implicita.

Prima di delineare le modalità analitiche tramite le quali si ottiene il risul-tato voluto è bene sottolineare che nonostante la diffusa applicazione della

120

Page 122: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

volatilità implicita (per certi mercati, come quello delle valute, questa sosti-tuisce addirittura il prezzo nelle quotazioni) essa non rappresenta una soluzioneche possa dirsi ottimale sotto tutti gli aspetti. Basti pensare che in teoria (mala cosa accade anche in pratica, purtroppo...) se si utilizza una qualunque forma

tipo la σ = ϕ−1³ bC,S;K;T, σ´, la volatilità dipende, ferme restando le variabili

prezzo, tempo e intensità di interesse, dallo strike K. Ciò significa che per lamedesima attività, partendo da opzioni di diverso strike si ottengono diversevolatilità. Ma la volatilità è una proprietà intrinseca alla attività stessa e nonpuò certo dipendere dalle opzioni che ne vengono scritte sopra, e dal loro strike.Inoltre, a parità di strike, se si usa un call ed un put sulla medesima azione siottengono, in generale, volatilità implicite diverse. Tutti i metodi suggeriti perridurre una molteplicità di volatilità implicite all’una che dovrebbe essere lavera, non ovviano l’incongruenza logica sottostante al metodo (incongruenza,lo si tenga presente, che inficia anche la formula di Black e Scholes, dato chein essa la volatilità compare come variabile). Tuttavia gli operatori e gli acca-demici sembrano convivere pacificamente con questo ingombro concettuale e laformula di Black e Scholes è tuttora un caposaldo del pricing di derivati, cosìcome la volatilità implicita ne è un prezioso sottoprodotto. E’ stato addiritturaconiato un termine specifico, lo smile, per indicare l’andamento convesso dellavolatilità implicita rispetto allo strike, andamento che può ricordare quello diuna bocca sorridente in un disegno molto naive.

Tornando agli aspetti analitici, resta da specificare come si possa invertirela formula di Black e Scholes per ricavarne il σ. Dato che σ compare negliestremi di integrazione, sia diN (d1) che diN (d2), è evidente che non è possibilegiungere ad una formula diretta per la sua espressione. Occorre dunque adottareopportune metodologie numeriche che ne diano un valore approssimato. Epoichè il prezzo di una opzione è funzione monotona crescente della volatilità,risulta applicabile (provato anche che sia

¯∂f∂σ

¯< 1) il metodo di Newton per la

determinazione degli zeri di una funzione. Si ottiene così la relazione ricorrente:

σn+1 = σn − C (σn)− bCdC(σ)dσ |σ=σn

(185)

dalla quale, a partire da un valore arbitrario di partenza σ1 si può ottenere unaapprossimazione di σ con la voluta precisione. E’ chiaro che una procedura diquesto tipo può essere realizzata solo usufruendo di un opportuno programmadi calcolo.

7.5 Le Strategie di Copertura e le ”Greche”.

Nel corso della analisi dei modelli discreti di pricing è emerso un indice, il deltahedging, di fondamentale importanza nella costruzione di portafogli a rischionullo e per il monitoraggio, da parte di un ipotetico dealer, del livello di es-posizione complessiva derivante dall’attività di emissione di derivati. A fiancodi ∆ si colloca un altro indicatore, il gamma, legato alla sensitività del deltahedging nei confronti delle variazioni di prezzo del sottostante. E come dal ∆

121

Page 123: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

scaturisce l’informazione relativa alla quantità di sottostante che è necessariodetenere affinchè l’emissione di una opzione si traduca in una operazione pri-va di rischio, il Γ fornisce informazione sulla entità dell’aggiustamento che ènecessario apportare al portafoglio, per mantenerlo a rischio zero. Ma un op-eratore è generalmente interessato anche ad altri fattori che si ripercuotono sulvalore del derivato alterando, con le loro variazioni, il profilo rischioso della suaposizione. Il trascorrere stesso del tempo è uno di questi fattori, così come even-tuali variazioni della struttura per scadenza dei rendimenti e i possibili nuovilivelli di volatilità che affliggono il sottostante. Opportuni indicatori legati aquesti fenomeni sono da tempo in voga fra i partecipanti al gioco del mercatoed il termine generale le greche li riassume globalmente.

Il contesto continuo è quello naturale per lo studio di queste grandezze siaperchè esse risultano direttamente collegabili alla operazione di derivazione, edanche perchè in ambito discreto, ad eccezione del delta hedging, questi indici onon sono definibili o lo sono a costo di eccessive complicazioni.

Prima di procedere alla definizione formale delle greche si riprenda in con-siderazione il delta hedging, così come è stato definito nei modelli binomiali. Lasua espressione:

∆ji =

f j+1i+1 − f j+1i

Sj+1i+1 − Sj+1

i

si presenta come un rapporto fra due incrementi, quello relativo al contingente quello relativo al sottostante.

In un modello in tempo continuo, ottenibile come limite di un modello discre-to facendo tendere a zero l’ampiezza degli intervalli temporali, questo rapportoincrementale assume la forma di una derivata. Si tratta infatti della derivatadel prezzo del contingent, fatta rispetto al prezzo del sottostante. Indicandocon f (S, t) la funzione del prezzo del derivato, è dunque ∆ = ∂f(S,t)

∂S . Con altreoperazioni di derivazione si giunge a definire le rimanenti greche, come specificala seguente definizione.

Definizione 64 Sia f (S, t) il prezzo di una opzione, con f(S, t) funzione diclasse C2 delle variabili S e t. Gli indici di variabilità del prezzo, noti come le”greche” sono dati dalle seguenti relazioni:

1. ∆ = ∂f(S,t)∂S indica la sensitività del prezzo della opzione rispetto a

variazioni del prezzo del sottostante. Fornisce l’entità del delta hedging,come è specificato nella nota ??.

2. Γ = ∂2f(S,t)∂S2

= ∂∆(S,t)∂S indica la sensitività del delta hedging rispetto a

variazioni del prezzo del sottostante.

3. Θ = ∂f(S,t)∂t indica la sensitività del prezzo della opzione rispetto a

variazioni del tempo.

4. ρ = ∂f(S,t)∂δ indica la sensitività del prezzo della opzione rispetto alle

variazioni della intensità istantanea di interesse.

122

Page 124: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

5. υ = ∂f(S,t)∂S indica la sensitività del prezzo della opzione rispetto a

variazioni della volatilità del sottostante.

Come è facile accorgersi provando a derivare la formula di Black e Scholesper il prezzo di un call (o di un put) rispetto ad una qualsiasi delle variabilisignificative, lunghi e noiosi calcoli sono in agguato. Tuttavia, è possibile prati-care un percorso più agile utilizzando il risultato contenuto nella proposizioneseguente.

Proposizione 65 Si consideri il prezzo di un call europeo come funzione, oltreche delle consuete variabili, anche della variabile d1. Sia cioè:bC (S,K, T, δ, σ, d1) = S N (d1)−Ke−δTN

³d1 − σ

√T´

Allora è:∂ bC (S,K, T, δ, σ, d1)

∂d1= 0. (186)

Analogamente, considerando il prezzo di un put europeo quale funzione anchedi d1: bP (S,K, T, δ, σ, d1) = Ke−δTN

³−d1 + σ

√T´− S N (−d1)

è anche:∂ bP (S,K, T, δ, σ, d1)

∂d1= 0

Per dimostrare la proposizione si ponga:

N 0 (x) =dN (x)

dx=

d

ÃxR

−∞1√2π

e−u2

2 du

!dx

=1√2π

e−x2

2 . (187)

E’allora:∂ bC∂ d1

= S N 0 (d1)−Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´

(188)

e

∂ bP∂ d1

= Ke−δTN 0³−d1 + σ

√T´− S N 0 (−d1) = (189)

= −hS N 0 (d1)−Ke−δTN 0

³d1 − σ

√T´i= − ∂ bC

∂ d1.

poichè N 0 (x) è una funzione pari. Si consideri ora l’espressione:

lnS N 0 (d1)

Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´

sviluppandola si ottiene:

ln (S) + ln¡N 0 (d1)

¢− ln(K) + δT − lnhN 0³d1 − σ

√T´i=

123

Page 125: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

= ln(S

K) + δT + ln

µ1√2π

¶+ ln

µe−

d212

¶− ln

µ1√2π

¶− ln

·e−

(d1−σ√T)2

2

¸=

= ln(S

K) + δT − d21

2+

³d1 − σ

√T´2

2=

= ln(S

K) + δT − d21

2+

d212+

σ2T

2− d1σ

√T =

= ln(S

K) +

µδ +

σ2

2

¶T −

·ln(

S

K) +

µδ +

σ2

2

¶T

¸= 0.

Dunque, essendo ln S N 0(d1)Ke−δTN 0(d1−σ

√T)= 0, tornando alla (188), è di conseguen-

za:S N 0 (d1) = Ke−δTN 0

³d1 − σ

√T´

e quindi∂ bC∂ d1

=∂ bP∂ d1

= 0. (190)

Dall’essere ∂ bC∂ d1

= ∂ bP∂ d1

= 0, utilizzando il concetto di differenziale totale,

segue che le derivate parziali di bC (S,K, T, δ, σ, d1) coincidono con quelle diC (S,K, T, δ, σ), ed analogamente quelle di bP (S,K, T, δ, σ, d1) coincidono conquelle di P (S,K, T, δ, σ).

Procedendo ora al calcolo delle greche, utilizzando la funzione ausiliaria bC,si riduce notevolmente la mole dei calcoli.

Per quanto concerne le opzioni call europee, in assenza di dividendi, per il∆ si ottiene:

∆C =∂C

∂S=

∂ bC∂S

= (191)

= N (d1) +hS N 0 (d1)−Ke−δTN 0

³d1 − σ

√T´i= N (d1)

Come si vede N (d1), fattore che moltiplica S nella formula di Black e Sc-holes, è proprio la derivata parziale del prezzo del call rispetto al prezzo delsottostante, ovvero il delta hedging della opzione. E’ N (d1) > 0, come richiedeil suo significato di quota di azione da detenere per rendere priva di rischio laposizione di chi emette l’opzione. E’ agevole provare che è

limS→0∆C = lim

S→0N (d1) = 0 (192)

limS→+∞

∆C = limS→+∞

N (d1) = 1

Infatti, considerando d1 come funzione del sottostante, è:

limS→0

d1 (S) = −∞lim

S→+∞d1 (S) = +∞

124

Page 126: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e quindi le (192).Noto ∆ è immediato ricavare Γ. Infatti è:

ΓC =∂2C

∂S2=

∂∆

∂S=

∂N (d1)

∂S=

N 0 (d1)S σ√T

(193)

ricordando che in virtù della ( 187) N 0 (d1) è il valore che assume la funzione didensità di una variabile normale standardizzata nel punto d1. E’ facile verificareche è

limS→0ΓC = lim

S→0N 0 (d1)S σ√T= 0

poichè è limS→0

N 0 (d1) = 1√2πlimS→0

e−d212 = 0, mentre è lim

S→0S σ√T = 0. Ma l’in-

finitesimo al numeratore è di ordine superiore rispetto a quello del denominatoree quindi il rapporto tende a zero. Inoltre è

limS→+∞

ΓC = limS→+∞

N 0 (d1)S σ√T= 0

essendo limS→+∞

N 0 (d1) = 1√2π

limS→+∞

e−d212 = 0.

Passando poi a Θ si ottiene:

ΘC =∂C

∂T=

∂ bC∂T

= (194)

= Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´ σ

2√T+ δ Ke−δTN

³d1 − σ

√T´=

=S σ

2√TN 0 (d1) + δ Ke−δTN (d2)

poichè, come visto più sopra, è Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´= SN 0 (d1). Essendo

ΘTC > 0, ciò significa che il valore del call cresce con l’allontanarsi della scadenza

T , ovvero diminuisce con l’approssimarsi della stessa. Volendo rendere ΘC unafunzione esplicita del tempo t anzichè della scadenza finale, basterà sostituirea T il tempo a scadenza T − t, considerando questa volta t come variabile.L’indice ΘC , come è facile verificare, diventa così:

ΘC =∂C

∂t=

∂ bC∂t

= − S σ

2√T − t

N 0 (d1)− δ Ke−δ(T−t)N (d2) (195)

ricordando che è ora:

d1 =ln¡SK

¢+³δ + σ2

2

´(T − t)

σ√T − t

(196)

d2 = d1 − σ√T − t

Il fatto che ora sia Θ < 0 ovvero che il prezzo del call diminuisce con iltrascorre il tempo, è da attribuirsi alla concomitante azione prodotta da due

125

Page 127: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

cause. La prima è il semplice effetto dovuto all’attualizzazione: all’approssi-marsi della scadenza cresce il termine Ke−δ(T−t)N (d2) che nella formula delprezzo compare con segno negativo. La seconda causa dipende dalla volatilità.Infatti nella formula di Black e Scholes, ovunque compare il parametro σ, essoè moltiplicato per la radice del tempo che manca alla scadenza. Man manoche alla scadenza ci si avvicina e diminuisce questo fattore, è come se fosse lavolatilità stessa a dimunure provocando l’abbassamento del prezzo.

Per quanto riguarda l’espressione di ρ, con procedura analoga a quellautilizzata per gli indici precedenti, si ottiene:

ρC

=∂C

∂δ=

∂ bC∂δ

= T Ke−δTN³d1 − σ

√T´= (197)

= T Ke−δTN (d2) .

E’ evidentemente ρC> 0, e di conseguenza il prezzo del call cresce al crescere

delle condizioni di rendimento risk-free. Questo effetto deriva dal fatto chel’esercizio del call comporta il pagamento dello strike K, il cui valore attuale ètanto minore quanto più grande è δ.

L’indice di sensitività del prezzo del call nei confronti di variazioni di volatil-ità, infine, è:

υC =∂C

∂σ=

∂ bC∂σ

= Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´√

T = (198)

= Ke−δTN 0 (d2)√T = S N 0 (d1)

√T .

Anche vega è un indice positivo, come si vede agevolmente dalla sua espres-sione. Il prezzo di un call è così funzione crescente della volatilità, proprietà bennota agli operatori. Questa ultima proprietà si dimostra utile anche dal puntodi vista computazionale in quanto essa comporta la monotonia del prezzo delcall in funzione di σ rendendo ciò possibile l’applicazione del metodo di Newtonper la determinazione, a partire dalla conoscenza del prezzo di mercato dellaopzione, della cosidetta volatilità implicita del sottostante.

Osservazione 66 E’interessante studiare come si comporta il prezzo di un callin relazione ai valori estremi che può assumere σ. Intanto se la volatilità delsottostante tende ad annullarsi, l’attività sulla quale il call è scritto tende adidentificarsi con un titolo privo di rischio, assimilabile ad uno zcb. A scadenzail sottostante avrà così valore SeδT e, sempre a scadenza, il call avrà prezzo paria max

¡SeδT −K, 0

¢. All’istante iniziale il call vale dunque:

C = e−δT max³SeδT −K, 0

´= max

³S −Ke−δT , 0

´.

Questo stesso risultato lo si ottiene a partire dai limiti:

limσ→0d1 = lim

σ→0

ln¡SK

¢+³δ + σ2

2

´T

σ√T

=

= limσ→0

ln¡SK

¢+ δ√T

σ+ lim

σ→0σ√T

2= +∞

126

Page 128: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

limσ→0d2 = lim

σ→0

³d1 − σ

√T´= lim

σ→0d1 − limσ→0σ

√T = +∞,

da cui:limσ→0N (d1) = lim

σ→0N (d2) = 1 (199)

ed infine

limσ→0C = S lim

σ→0N (d1)−Ke−δT limσ→0N (d2) = S −Ke−δT

purchè che sia S − Ke−δT > 0 dato che il prezzo di un call non può esserenegativo. In conclusione il prezzo deve essere proprio max

¡S −Ke−δT , 0

¢.

All’opposto, se la volatilità del sottostante tende ad essere infinita, allora siottiene:

limσ→+∞d1 = lim

σ→+∞ln¡SK

¢+ δ√T

σ+ lim

σ→+∞σ√T

2= +∞

mentre è

limσ→+∞d2 = lim

σ→+∞

ln¡SK

¢+³δ − σ2

2

´T

σ√T

=

= limσ→+∞

ln¡SK

¢+ δ√T

σ− lim

σ→+∞σ√T

2= −∞

e conseguentemente

limσ→+∞N (d1) = 1 (200)

limσ→+∞N (d2) = 0

per cui, in definitiva

limσ→+∞C = S lim

σ→+∞N (d1)−Ke−δT limσ→+∞N (d2) = S.

Applicando i risultati ottenuti più sopra alla (198) si può vedere che υ tende azero sia quando la volatilità del sottostante tende a zero che quando la stessadiverge. Infatti si ha:

limσ→0υC = lim

σ→0S N 0 (d1)√T = S

√T limd1→+∞

1√2π

e−d212 = 0

limσ→+∞υC = lim

σ→+∞S N 0 (d1)√T = S

√T limd1→+∞

1√2π

e−d212 = 0.

Passando allo studio delle greche in relazione ad opzioni put, ricordando chevale la (190), si ottiene

∆P =∂P

∂S=

∂ bP∂S

= −N (−d1) = N (d1)− 1 = ∆C − 1. (201)

ΓP =∂2P

∂S2=

∂∆

∂S=

∂ [N (d1)− 1]∂S

=N 0 (d1)S σ√T= ΓC . (202)

127

Page 129: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

ΘP =∂P

∂t=

∂ bP∂t

= δ Ke−δ(T−t) [1−N (d2)]− S σ

2√T − t

N 0 (d1) . (203)

ρP

=∂P

∂δ=

∂ bP∂δ

= T Ke−δTN³d1 − σ

√T´− T Ke−δT = (204)

= T Ke−δT [N (d2)− 1] .

υP =

∂P

∂σ=

∂ bP∂σ

= Ke−δTN 0³d1 − σ

√T´√

T = (205)

= S N 0 (d1) = υC .

A questo punto alcune osservazioni sorgono immediate. Innanzitutto il deltahedging per l’opzione put è un valore negativo. Il rischio insito nell’opzione èinfatti quello di dover ricevere, a scadenza, un sottostante di valore inferioreallo strike e la copertura consiste nell’andare short sul titolo, vendendolo alloscoperto.

Il gamma per i due tipi di opzioni è lo stesso, così come il vega. Nel primocaso l’indice specifica l’entità della variazione del delta ed ovviamente prescindedal segno della variazione. Nel secondo caso la ripercussione sul prezzo di unavariazione di volatilità del sottostante ha lo stesso effetto su ambedue i derivati,come appare logico.

Il theta nel caso del put è la somma di due termini di segno opposto e quindi,a differenza del corrispondente indice del call, può assumere valori tanto negativiquanto positivi. Va tenuto presente che il put dà diritto ad incassare lo strikea scadenza e quanto più questa è prossima tanto meno influisce la riduzione distrike dovuta alla attualizzazione.

Il rho, infine, risulta negativo nel caso del put, perchè più elevata è l’intensitàistantanea di interesse e minore è il valore attuale dello strike che eventualmenteverrà incassato.

All’opzione put si estendono i risultati già ottenuti analizzando l’effetto sulprezzo quando la volatilità tende ad annullarsi o a crescere indefinitamente.

Esempio 67 Per concludere si riprende l’esempio 60 e si determinano i valoridelle greche. Per il call si ha:

∆C = N (0.092666) = 0.5369155

mentre per il put è:

∆P = 1−N(0.092666) = 0.5369155− 1 = −0. 463 08

Il gamma risulta:

ΓC = ΓP =0.397 23

0.4 (100)q12

= 0.014044

128

Page 130: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

essendo N 0 (0.092666) = 0.397 23. Mentre, poichè è N 0 (−019018) = 0.391 79,per il call Theta (calcolato rispetto alla variazione del tempo corrente t) vale inquesto caso:

ΘC = −0.4 (100)2q

12

0.397 23− 0.07 (105) e−0.07 12 0.391 79 = −14. 016

e lo stesso indice per il put è:

ΘP = −0.4 (100)2q

12

0.397 23 + 0.07 (105) e−0.0712 (1− 0.391 79) = −6.9188

mentre rho risulta:

ρC

=1

2105 e−0.07

12 0.4245840 = 21.524

ρP

=1

2105 e−0.07

12 (0.4245840− 1) = −29.17

Per vega infine si ottiene:

υC = υP = 100

r1

2(0.5369155) = 37.966

Se si passa ora all’analisi delle opzioni digitali, data la semplicità delle espres-sioni che ne forniscono i prezzi, la determinazione delle greche ne risulta alquan-to facile. Limitando l’esposizione al solo delta heging, e iniziando con le opzionidel tipo cash-or-nothing si ottengono le relazioni seguenti.

∆CCN =

∂CCN

∂S=

∂©e−δTN (d2)

ª∂S

=e−δTN 0 (d2)

S σ√T

(206)

∆PCN =

∂PCN∂S

=∂©e−δTN (−d2)

ª∂S

= (207)

= −e−δTN 0 (−d2) 1

S σ√T= −e

−δTN 0 (−d2)S σ√T

.

Per le opzioni del tipo stock-or-nothing si ha invece:

∆CSN =

∂CSN

∂S=

∂ S N (d1)∂S

= (208)

= N (d1) + S N 0 (d1)1

S σ√T= N (d1) +

N 0 (d1)σ√T

∆PSN =

∂PSN∂S

=∂ S N (−d1)

∂S= (209)

= N (−d1)− S N 0 (−d1) 1

S σ√T= N (−d1)− N 0 (−d1)

σ√T

.

129

Page 131: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Esempio 68 Nel caso di digital options, utilizzando ancora i dati dell’esempio60 si ottiene:

∆CCN = e−0.07

12

1

0.04 (100) 120.391 79 = 0.18916

∆PCN = −e−0.07 12 1

0.04 (100) 120.391 79 = −0.18916

Si osservi che è ∆CCN + ∆P

CN = 0, dato che acquistare un Cash-or-Nothingcall ed un Cash-or-Nothing put con il medesimo strike equivale a ricevere concertezza l’importo unitario a scadenza. E come è immediato verificare il costodi questo portafoglio è quello di uno zcb:

CCN + PCN = e−δTN (d2) + e−δTN (−d2) == e−δT [N (d2) + 1−N (d2)] = e−δT

Per le opzioni di tipo Stock-or-Nothing si ha invece:

∆CSN = 0.5369155 +

0.397 23

0.4q

12

= 1.9413

come si vede il delta hedging è, in questo caso, maggiore di uno.

∆PSN = −0. 463 08−

0.397 23

0.4q12

= −1.8675

valore questo minore di −1.

I due grafici seguenti illustrano, con riferimento ai dati dell’esempio 60,l’andamento del delta hedging in funzione del prezzo del sottostante per unaopzione cash-or-nothing call e per una stock-or-nothing call. Come si osserva,mentre per il primo tipo di opzione il valore del delta hedging è trascurabile,nel secondo esso può superare l’unità. Le due curve si riferiscono a due livellidi volatilità: 0.4 per quella a tratto più spesso e 0.8 per quella a tratto più fine.

0

0.002

0.004

0.006

0.008

0.01

0.012

Delta

20 40 60 80 100 120 140 160 180 200S

Figura 24: Cash-or-Nothing Call

130

Page 132: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

0

0.5

1

1.5

2

Delta

20 40 60 80 100 120 140 160 180 200S

Figura 25: Stock-or-Nothing CallPer lo Stock-or-Nothing put si hanno i grafici seguenti:

-1

-0.5

0

0.5

1

Delta

20 40 60 80 100 120 140 160 180 200S

Figura 26: Stock-or-Nothing PutAnche per il put si può osservare il particolare comportamento del delta hedging

il quale, a causa della presenza del termine N (−d1) > 0, risulta positivo perbassi valori di S.

Le tabelle che seguono riassumono le espressioni delle greche per le vanillaoptions.

CALLDELTA N (d1)

GAMMA N 0(d1)S σ√T

THETA − S σ2√T−tN

0 (d1)− δ Ke−δ(T−t)N (d2)

RHO T Ke−δTN (d2)

VEGA S N 0 (d1)

PUTDELTA N (d1)− 1GAMMA N 0(d1)

S σ√T

THETA δ Ke−δ(T−t) [1−N (d2)]− S σ2√T−tN

0 (d1)RHO T Ke−δT [N (d2)− 1]VEGA S N 0 (d1)

131

Page 133: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

mentre per i delta hedgings di digital options si ha la tabella seguente.

DELTA HEDGING per DIGITAL OPTIONSCALL PUT

Cash or Nothing e−δTN 0(d2)S σ√T

−e−δTN 0(−d2)S σ√T

Stock or Nothing N (d1) +N 0(d1)σ√T

N (−d1)− N 0(−d1)σ√T

7.6 La Presenza di Dividendi. Opzioni su Valute e su Futures.

Restano ora da trattare le tipologie di opzioni meno semplici, come quelle amer-icane, quelle il cui sottostante fornisce pagamenti intermedi e le opzioni su va-lute. Per le opzioni americane, come più volte è stato accennato, non esistonoin genere formule chiuse che forniscano il prezzo semplicemente inserendo i val-ori di S,K, δ, T e σ. Fa eccezione, ovviamente, il caso del call americano inassenza di dividendi il quale è uno strumento identico al corrispondente calleuropeo. Per put americani la soluzione la si ottiene attraverso procedure nu-meriche di approssimazione fra le quali si può fare rientrare il metodo deglialberi binomiali.

Per trattare le situazioni nelle quali il sottostante fornisce pagamenti inter-medi occorre distinguere il caso in cui il pagamento avviene istante per istantein base ad una definita intensità γ (alla strgua di una capitalizzazione continua)dai casi nei quali si ha un effettivo distacco, di dividendi o altro, a determinatedate.

Qualora i pagamenti si producano con continuità (questa fattispecie, alquan-to teorica, costituisce una buona approssimazione per il caso reale nel quale ilsottostante è un indice basato su di un grande numero di titoli) l’unica varianteche occorre introdurre rispetto al caso già esaminato, riguarda la definizione did1 e d2. Nel caso di un call si avrà ancora:

C = S e−γTN (d1) +Ke−δTN (d2) (210)

dove è:

d1 =ln¡ST

¢+³δ − γ + σ2

2

´T

σ√T

(211)

d2 = d1 − σ√T

La ragione che giustifica questa formula la si trova nella modalità di cambia-mento della misura di probabilità nell’applicazione del teorema di Cameroon,Girsanov e Morton. Con riferimento alla (167) questa, per l’effetto del dividen-do, assume la forma: ew (t) = w (t) + µ−δ+γ

σ e con questa modifica si giunge poialla (210) e alle (211).

Se invece i dividendi vengono pagati in definiti istanti di tempo, non ècomplicato ricondursi al caso appena esaminato relativo a dividendi continui.Si ponga che i dividendi abbiano ammontareD1,D2, ...,Dn e che vengano pagatiai tempi t1 < t2 < ... < tn < T . Il loro valore attuale D all’istante iniziale è:

D =nX

j=1

Dj (1 + i)−tj .

132

Page 134: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

Si consideri ora l’acquisto di una azione il cui prezzo all’istante iniziale siaS. Poichè l’azione dà diritto ad un flusso di dividendi, si può finanziarne inparte l’acquisto cedendo il diritto ai dividendi. Questo diritto vale proprio D epertanto il costo dell’azione diventa S−D. Se l’azione desse luogo ad un flussocontinuo di dividendi con intensità γ, si potrebbe, anzichè acquistare l’interaazione acquistarne una quota corrispondente al valore della stessa diminuito delvalore attualizzato del flusso continuo dei dividendi, pagando così Se−γT . Cosìbasta porre:

S −D = Se−γT

e risolvere rispetto a γ, per ricondurre il caso con dividendi in tempi discreti aquello con dividendi continui. Risolvendo dunque rispetto a γ si ottiene

γ = − lnS−DS

T

ed a questo punto si è nel medesimo contesto del caso precedente.

Se l’opzione è scritta su di una valuta, valgono le considerazioni svolte piùsopra trattando del modelo ad albero binomiale. Per rendere il cambio untradable occorre fare riferimento ad un bond estero, il quale riceve una remu-nerazione definità dalla intensità di interesse δf . Formalmente la situazione èidentica a quella relativa a pagamenti continui con definita intensità, e dunquesi giunge, per il call, ad una formulazione analoga:

C = S e−δfN (d1) +Ke−δTN (d2) (212)

dove S rappresenta il prezzo, in moneta nazionale di un bond estero. In questocaso è anche:

d1 =ln S

K +³δ − δf +

σ2

2

´T

σ√T

. (213)

Se si pone che il bond con il quale si rende il tasso di cambio un tradable abbia,in t = 0, valore unitario, allora S coincide con il corso del cambio allo stessoistante.

E’ interessante accennare alle modalità con le quali le opzioni su valutevengono negoziate dagli operatori over-the-counter. Anzichè quotare i prezzi idealers quotano la volatilità implicita (vols, nel loro gergo) ricavabile in base almodello di Black e Scholes. Così nella prassi del mercato di queste opzioni lavolatilità implicita viene estratta dalla formula e diviene una grandezza osserv-abile indotta dal prezzo che gli operatori intendono quotare. Si tenga inoltrepresente che per le opzioni at-the-money lo strike che viene fissato è il prezzoforward relativo alla medesima valuta e alla medesima scadenza e l’opzione cor-rispondente viene chiamata at-the-money forward. Se, ad esempio, un clientechiede la quotazione relativa ad un call dollaro-euro, la risposta del dealerè del tipo: ”calls in dollari a un mese at-the-money forward sono quotate a13.3 − 13.8”. Con ciò si intende che il dealer acquista i calls sull’euro ad unavolatilità implicita di 13.3 vols e le vende ad una volatilità implicita di 13.8 vols.Se le parti decidono di dare corso al contratto, il prezzo forward dell’euro ad un

133

Page 135: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

mese viene assunto quale strike. Dalla relazione che definisce il prezzo forwardin condizioni di equilibrio: F = S e(δ−δf), noto il tasso istantaneo δ relativo almercato USA, si determina δf , il corrispondente tasso riferito all’euro. Inseren-do poi strike, volatilità (vols), tempo a scadenza ed il livello dei due tassi nellaformula (212), tenendo conto della (213), viene determinato il prezzo in dollaridell’opzione. Anche per quanto riguarda la moneyness delle opzioni su valutetrattate over the counter vige un metodo di misurazione diverso dagli altri mer-cati. Anzichè riferirsi ad espressioni non quantificabili come out-of-the-moneyo in-the-money, i dealers usano il valore del delta hedging per dare questa in-formazione. Poichè il delta di un call, ad esempio, diminuisce al crescere dellostrike (intuitivamente perchè diventa meno probabile l’esercizio dell’opzione,analiticamente perchè è ∂∆

∂K = ∂[N(d1)]∂K < 0) il dealer può risalire facilmente allo

strike corrispondente ad ogni fissato delta. Il delta viene in genere espressoin percentuale anzichè in decimale e viene omesso il meno se si tratta di put.Così parlando di un 25 delta put si intende un put con delta pari a −0.25.La sua moneyness la si può poi ricavare calcolando lo strike corrispondente econfrontandolo con quello reale dell’opzione.

Le opzioni su futures possono essere trattate sulla base delle medesime con-siderazioni che hanno portato a prezzare i derivati su valuta o su attività cheeffettuano pagamenti intermedi. Il fatto che l’attività sottostante sia un con-tratto, il futures, che alla sua nascita non richiede investimento alcuno, assimilal’opzione su futures ad una opzione il cui sottostante ha un costo iniziale e chefornisce un flusso continuo di pagamenti erogati in base alla intensità istantaneaδ. Infatti nel caso di un futures il portafoglio di replica non richiede alcun costoper la parte che concerne la quota di sottostante e quindi, l’importo corrispon-dente può essere investito al tasso risk-free. Si è quindi ricondotti alla fattispecienella quale l’attività sottostante genera un flusso continuo di pagamenti, ed è inaccordo con tale fattispecie che si procede al pricing. Se si ricorre alla metodolo-gia generale che passa attraverso il cambiamento di misura di probabilità pertrasformare il valore attualizzato del sottostante in un processo di martingala,essendo F il prezzo futures in t = 0, allora il prezzo del call è ancora:

C = F e−δTN (d1)−K e−δTN (d2) = e−δ T [F N (d1)−KN (d2)] (214)

dove il valore d1, a seguito del cambiamento di misura che porta a definire ilnuovo moto browniano come ew (t) = w (t)+ µ−δ+δ

σ = w (t)+ µσ , assume la forma:

d1 =ln Fe−δT

K +³δ + σ2

2

´T

σ√T

=ln F

K +σ2

2 T

σ√T

.

134

Page 136: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

8 L’ASSICURAZIONE DI PORTAFOGLIO.

La relazione di parità fra call e put ha suggerito, agli inizi degli anni ottanta,una strategia operativa con la quale si garantiva che il valore di un portafoglio,fissata una arbitraria scadenza, non andasse al di sotto di una soglia prefissata.Alla base di detta strategia la possibilità di ottenere coperture, tramite opzioni,nei confronti del valore di un portafoglio che replichi in maniera più o menoprecisa un indice. Si supponga di detenere un portafoglio il cui valore al tempot è S(t) e si voglia conservarlo fino al tempo T > t con la garanzia di ottenerealla scadenza almeno una frazione β del valore iniziale S(t), senza rinunciaredel tutto ai possibili guadagni che eventuali aumenti di valore del portafogliopossono comportare. Per raggiungere un tale obiettivo vengono fissati a priorio il valore βS(t) che il portafoglio dovrà mantenere con certezza, o la quota αdel possibile guadagno che si intende comunque realizzare se accade che S(T ) >βS(t).

Le grandezze che entrano in gioco al momento di dare corso alla strategiadella assicurazione di portafoglio sono quindi due: β che definisce il livello digaranzia βS(t) e α, quota di partecipazione ai possibili guadagni, qualora ilvalore finale S(T ) superi l’ammontare assicurato βS(t).

Il valore assicurato A = βS(T ) viene definito come il floor dell’assicurazionedi portafoglio, mentre α (come β, appartenente all’intervallo (0, 1]) è dettol’upside capture ratio. E’ evidente che fissato il livello di copertura β, α dipendeda quest’ultimo e viceversa. Esistono diverse modalità tramite le quali si real-izza l’obiettivo della assicurazione di portafoglio, ma in ogni caso la teoria delleopzioni svolge un ruolo fondamentale.

Si consideri infatti il risultato che si intende realizzare a scadenza: un valoreV (T ) che non deve essere minore di A e che, se maggiore, lo si vuole pari adαS(T ). In simboli:

V (T ) = max αS(T ), A (215)

relazione che può essere scritta nel modo seguente:

V (T ) = A+max αS(T )−A, 0

ovvero:

V (T ) = A+ αmax

½S(T )− A

α, 0

¾. (216)

E poichè max©S(T )− A

α , 0ªnon è altro che il payoff a scadenza di una

opzione call europea con strike Aα , il valore V (T ) è quello di un portafoglio

contenente α unità di calls e un bond di valore di rimborso pari ad A = βS(t).La strategia che conduce al risultato V (T ) = max αS(T ), A consiste quin-

di nell’acquistare all’istante iniziale t uno zcb che a scadenza rimborsa A ed αopzioni call con strike A

α e scadenza T . Un portafoglio di questo tipo ha uncosto iniziale:

V (t) = Ae−δ(T−t) + αC

µA

α

¶(217)

135

Page 137: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

dove δ è l’intensità istantanea di interesse, supposta costante per tutto il periodoT−t, e C(Aα ) è il prezzo di una opzione call con strikeK = A

α . Se per assicurare ilportafoglio non si intende ricorrere a nuovi fondi, allora deve essere V (t) = S(t),ed esprimendo il prezzo del call tramite la formula di Black e Scholes, la (217)diventa:

V (t) = βS(t)e−δ(T−t) + αhS(t)N(d1)− βS(t)e−δ(T−t)N(d2)

i(218)

ovvero:S(t) = βS(t)e−δ(T−t) [1−N(d2)] + αN(d1)S(t) (219)

essendo

d1 =ln³αS(t)A

´+³δ + σ2

2

´(T − t)

σ√T − t

=ln³αβ

´+³δ + σ2

2

´(T − t)

σ√T − t

. (220)

Poichè all’istante iniziale t vale l’ugualianza V (t) = S(t), dalla (219) sigiunge alla:

1 = βe−δ(T−t) [1−N(d2)] + αN(d1) (221)

per cui è possibile porre:

q(t) = αN(d1),

1− q(t) = βe−δ(T−t) [1−N(d2)]

La (216) definisce la assicurazione di portafoglio come una strategia con laquale il portafoglio originario viene sostituito con un bond e delle opzioni call(lo si liquida e si acquistano i due titoli che lo replicano). Si ricordi quantovisto a proposito delle relazioni che derivano dalla parità fra call e put, ed inparticolare la (36), tenedo presente che il put, nel caso presente, è automatica-mente inglobato nella strategia, poichè se a scadenza è S(T ) < βS(t), il fattodi potersi comunque garantire βS(t) ha lo stesso effetto che possedere un putcon strike βS(t).

Una volta messa in pratica questa strategia non occorre fare altro fino allascadenza. Questo tipo di assicurazione di portafoglio può pertanto definir-si statica. Tuttavia, nei mercati reali, le strategie di assicurazione statichesono difficilmente attuabili, vuoi perchè l’orizzonte tempotale T è generalmentepiù lontano della massima scadenza delle opzioni negoziate, e vuoi perchè ilportafoglio detenuto all’origine difficilmente avrà sul mercato un indice che loriproduce esattamente. Per di più l’inconveniente legato alla mancata sincroniafra orizzonte temporale della strategia di assicurazione di portafoglio e scaden-ze delle opzioni negoziabili non può essere superato attraverso strategie di rollover. Ciò perchè è estremamente svantaggioso rinnovare opzioni fino a coprirel’intervallo temporale desiderato. L’opzione infatti, a differenza di quanto ac-cade con i futures, giunta a scadenza o la si esercita o si perde l’importo spesoper acquistarla. La copertura da esse offerta non può dunque essere estesa oltrel’arco della loro vita.

L’impossibilità di relaizzare strategie assicurative di tipo statico non pregiu-dica però il raggiungimento dell’obiettivo proposto. Infatti (e qui torna in gioco

136

Page 138: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

l’essenza della intera teoria del pricing di opzioni) in un qualunque istante, unaopzione call è replicabile tramite un bond ed una frazione (definita dal deltahedging) del sottostante. Ovviamente, con questo accorgimento, la strategiada statica deve diventare dinamica, ma con ciò niente si aggiunge di nuovo aquanto già analizzato in termini di self-financing trading strategies. La (219) es-prime così, sotto il profilo della assicurazione dinamica, la quota q(t) = αN(d1)di ogni unità monetaria di valore del portafoglio originario che deve conservaretale destinazione, mentre il suo complemento 1 − q(t) = βe−δ(T−t) [1−N(d2)]indica quanto dell’unità di valore deve essere dirottata sullo zcb.

Resta da verificare se la strategia dinamica che realizza la assicurazione diportafoglio sia di tipo autofinanziantesi o se invece sia necessario immetterenuovi fondi nel processo durante la sua evoluzione. A tal fine si consideri lavariazione del valore del portafoglio assicurato dopo un tempo infinitesimo dtdalla sua costituzione. Dalla (217) si ottiene:

dV (t) =hAe−δ(T−t)

iδdt+ αdC

µA

α

¶.

Ricordando che il prezzo del portafoglio originario S(t) si assume abbia unaevoluzione descrivibile dalla equazione differenziale stocastica:

dS(t) = µS(t)dt+ σS(t)dw(t)

scrivendo dC in base al lemma di Ito (vedi nota ??), si ottiene:

dV (t) =hAe−δ(T−t)

iδdt+α

½·∂C

∂SµS +

∂C

∂t+1

2

∂C2

∂S2σ2S2

¸dt+

∂C

∂SσSdw(t)

¾ovvero, essendo A = βS(t),

dV (t) =hβSe−δ(T−t)

iδdt+α

½·∂C

∂SµS +

∂C

∂t+1

2

∂C2

∂S2σ2S2

¸dt+

∂C

∂SσSdw(t)

¾.

Tenendo poi conto della formula di Black e Scholes (vedi la (164)) si ha che:

∂C

∂SµS +

∂C

∂t+1

2

∂C2

∂S2σ2S2 = δC − ∂C

∂SδS +

∂C

∂SµS

e quindi

dV (t) =hβSe−δ(T−t)

iδdt+ α

·δC − ∂C

∂SδS +

∂C

∂SµS

¸dt+ α

∂C

∂SσSdw(t) =

=hβSe−δ(T−t)

iδdt+

·αδC − α

∂C

∂SδS

¸dt+ α

∂C

∂S[µSdt+ σSdw(t)]

Ponendo ancora: dS(t) = µS (t) dt+ σS (t) dw(t) e ∂C∂S = ∆ = N(d1), si giunge

infine alla:

dV (t) = αN(d1)dS +hβSe−δ(T−t) + α (C − SN(d1))

iδdt

137

Page 139: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

e sostituendo infine a C il suo valore secondo la (179), si giunge alla:

dV (t) = αN(d1)dS +

½βSe−δ(T−t) + α

·−βS

αe−δ(T−t)N(d2)

¸¾δdt =(222)

= αN(d1)dS + βSe−δ(T−t) [1−N(d2)] δdt.

Questa ultima relazione mostra che la variazione nel valore del portafoglioassicurato dipende unicamente dalla variazione di valore delle sue componentie dunque che la strategia è autofinanziantesi, secondo quanto stabilito dalladefinizione 1.

Se la prima revisione del portafoglio avviene ad un generico istante τ suc-cessivo a t, per mantenere il portafoglio assicurato, cioè affinchè in T si abbiail risultato max [αS (T ) , A] è necessario che sia:

V (τ) = Ae−δ(T−τ) + αCτ

µA

α

¶= (223)

= βS(t)e−δ(T−τ) + α

·S(τ)N(dτ1)−

βS(t)

αe−δ(T−τ)N(dτ2)

¸=

= βS(t)e−δ(T−τ) [1−N(dτ2)] + αS(τ)N(dτ1)

con

dτ1 =ln³αS(τ)βS(t)

´+³δ + σ2

2

´(T − τ)

σ√T − τ

(224)

e dove Cτ

¡Aα

¢indica il valore in τ di una opzione call con strike A

α e α è il livellodell’upside capture ratio individuato all’origine dell’operazione. Ma V (τ) noncoincide con il valore effettivo del portafoglio assicurato, il quale ha ancora lamedesima composizione che aveva in t e vale:bV (τ) = βS(t)e−δ(T−τ) [1−N(d2)] + αS(τ)N(d1).

La differenzabV (τ)− V (τ) = βS(t)e−δ(T−τ) [N(dτ2)−N(d2)] + αS(τ) [N(d1)−N(d1)]

è in generale diversa da zero. Si dovrà così porre, in luogo della (223), labV (τ) = βS(t)e−δ(T−t) [1− ατN(dτ2)] + ατN(d

τ1)S(τ)

e risolvere rispetto ad ατ , nuovo livello dell’upside capture.Le proprietà della strategia di essere autofinanziantesi e di garantire a sca-

denza l’obiettivo espresso dalla (215) è legata al ribilanciamento in tempo con-tinuo delle componenti del portafoglio assicurato. Poichè questa facoltà è pura-mente teorica ed in pratica la revisione viene effettuata ad intervalli discreti, ilrisultato finale può discostarsi da quello programmato. Se si intende comunquegarantire il floor, allora ad ogni periodo di revisione conviene ricalcolare l’upsidecapture ratio e di conseguenza la quota di sottostante da detenere.

Operativamente la procedura da seguire per attuare una assicurazione diportafoglio è la seguente. Si fissa il livello β della copertura e si risolve rispetto

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Page 140: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

ad α l’equazione (219). Alternativamente, ma non è una pratica in uso, sifissa α e si determina la copertura. Ad ogni periodo nel quale si effettua ilribilanciamento del portafoglio si ripete poi il procedimento, come delineato nelseguente esempio.

Esempio 69 Si consideri un portafoglio di valore iniziale S(0) = 100 e si fissiβ = 0.95. Sia poi δ = 0.08 e σ = 0.35 la volatilità del portafoglio. Fissatol’orizzonte temporale in due anni, si ha che il floor è A = 95, mentre l’upsidecapture è α = 0.861370.La quota di portafoglio da detenere è q(0) = 0.560156 per un valore di 56.0156,mentre l’investimento nel bond è pari all’importo 43.984378.Il grafico della figura 22 mostra il valore a scadenza del portafoglio assicuratoin funzione del valore finale del sottostante.

Figura 27cSe si fosse seguita una strategia statica, allora, applicando la formula di Blacke Scholes per prezzare una opzione call con strike K = 95

0.861370 , S = 100 e dueanni alla scadenza si sarebbe ottenuto: C

¡95

0.861370

¢= 22.392917, e quindi

V (0) = 95e−0.08(2) + 0.861370 (22.392917) = 100

Si supponga poi che dopo sei mesi il valore del sottostante sia S(τ) = 94. Ilvalore bV (0.5) diventa:

bV (0.5) = 43.984378 e0.08(0.5) + 0.560156 (94) = 98.434mentre avrebbe dovuto essere:

V (0.5) = 95 e−0.08(1.5) + 0.861370 C0.5µ

95

0.861370

¶= 96. 851

La differenza fra bV (0.5) e V (0.5) impone il ricalcolo del upside capture ratio, chenel presente contesto diventa α0.5 = 0.894134, mentre la quota di sottostante dadetenere diventa: q(0.5) = 0.524930, inferiore a q(0), mentre il valore investitonel sottostante è 0.524930 (94) = 49.34340. Il valore dell’investimento nel bondè infine 49.090593.

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Page 141: Introduzione ai modelli per il pricing di titolo derivati

L’esempio appena sviluppato ha mostrato che ad una diminuzione del valoredel sottostante (passato da 100 a 95), deve seguire una diminuzione anche nellaquantità di esso detenuta nel portafoglio assicurato (da 0.560156 a 0.524930).

Questa conseguenza è generalmente valida e lo è certamente se la ricali-bratura del portafoglio avviene in tempo continuo. In tal caso, infatti, l’upsidecapture ratio è costante e pari ad α e conseguentemente se è S(t) < S(τ) è ancheN (d1) < N (dτ1) dato che è N (d1) =

∂C∂S = ∆, e che il delta varia nella stessa

direzione del prezzo del sottostante. Per cui q(t) = αN (d1) < αN (dτ1) = q(τ).L’attuare strategie dinamiche di assicurazione di portafoglio impone dunque

di vendere in presenza di ribassi e di acquistare in presenza di rialzi. Se, in undato mercato la porzione degli scambi complessivi dovuta alla assicurazionedi portafoglio è consistente rispetto al volume complessivo, tale strategia puòaccentuare la variazione dei prezzi innescando un processo a cascata che puòavere risultati pesanti sui prezzi medesimi.

Quanto sin qui sciluppato non esaurisce le possibili modalità con le qualilaassicurazione di portafoglio può essere attuata. Diversi obiettivi, ad esempiogarantirsi un floor con potenziali guadagni che restano fissi da un certo valorein poi del sottostante, sono raggiungibili usando più opzioni in molteplici com-binazioni, come visto analizzando strategie di straddle, butterfly, spreads e cosìvia.

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