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IMMAGINI GOLOSE CINEMA E LETTERATURA DA GUSTARE di Maria Teresa Giorgetti per Dol Mooc - Politecnico di Milano Intro L'antico rapporto tra cinema, letteratura e alimentazione in un breve viaggio di ricerca "digitale" realizzato da Maria Teresa Giorgetti per DOL MOOC del Politecnico di Milano. Una modesta raccolta di alcuni dei numerosi classici della letteratura, del cinema e del cinema di animazione, per stuzzicare l'appetito degli appassionati cinofili. Un incontro in un atelier elettronico e gastronomico, tra immagini e parole, tra ricerca del gusto e della tradizione, in cui il momento del cibo non è visto solo come nutrimento per la vita, ma anche come nutrimento dell'anima e del palato immaginativo dello spettatore. L'uomo, animale che trasforma il mondo e la propria cultura attraverso il cibo, è sempre alla ricerca di nuove pietanze, modifica e aggiunge ingredienti, fa abbinamenti. Allo stesso modo sperimenta e trasforma il mondo anche attraverso le tecnologie, secondo personali esigenze narrative. Cinema e cultura del cibo e del divertimento, dunque, come espressione e rappresentazione di identità storiche e sociali dell'umanità. I cartoni animati e le scelte alimentari dei bambini

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IMMAGINI GOLOSE

CINEMA E LETTERATURA DA GUSTARE

di Maria Teresa Giorgetti 

per Dol Mooc - Politecnico di Milano 

Intro

L'antico rapporto tra cinema, letteratura e alimentazione in un breve viaggio di ricerca "digitale" realizzato da Maria Teresa Giorgetti per DOL MOOC del Politecnico di Milano. Una modesta raccolta di alcuni dei numerosi classici della letteratura, del cinema e del cinema di animazione, per stuzzicare l'appetito degli appassionati cinofili. Un incontro in un atelier elettronico e gastronomico, tra immagini e parole, tra ricerca del gusto e della tradizione, in cui il momento del cibo non è visto solo come nutrimento per la vita, ma anche come nutrimento dell'anima e del palato immaginativo dello spettatore. L'uomo, animale che trasforma il mondo e la propria cultura attraverso il cibo, è sempre alla ricerca di nuove pietanze, modifica e aggiunge ingredienti, fa abbinamenti. Allo stesso modo sperimenta e trasforma il mondo anche attraverso le tecnologie, secondo personali esigenze narrative.Cinema e cultura del cibo e del divertimento, dunque, come espressione e rappresentazione di identità storiche e sociali dell'umanità. 

I cartoni animati e le scelte alimentari dei bambini

Secondo diverse ricerche in campo universitario, l’alimentazione dei bambini è influenzata dai personaggi dei cartoni animati che entrano prepotentemente nel loro immaginario. I film di animazione che dedicano al momento del pranzo o della cena, spazi allegri e divertenti, sono davvero tanti. Se proviamo a concentrarci, anche solo per un attimo, ci rendiamo conto che ce ne verranno in mente moltissimi. Alcuni esempi? Partiamo dal classico dei classici, il primo film di animazione del 1937 Biancaneve e i sette nani, in cui la bella Biancaneve prepara una calda minestra ai sette nani; Bianca e bernie in cui Miss Bianca con tanto di cappello alla Bergman di Casablanca, sorseggia champagne in un ristorante parigino; Il Libro della giungla, in cui il generoso Baloo insegna a Moogly tutti i segreti della vita, attraverso "lo stretto indispensabile" che i

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malanni fa dimenticare; Mary Poppins che ci suggerisce un pò di zucchero per tirar giù anche le pillole più amare; Hercules in cui il protagonista dopo mille, fantastiche, imprese decide di pubblicizzare una bibita frizzante che aiuterà tutti a diventare eroi; La Sirenetta in cui lo chef Louise mette alla prova la resistenza del granchio Sebastian e si scatena in cucina nella preparazione del  pranzo per Re Tritone e sua figlia Ariel e ancora chi non ricorda il leggendario piatto di spaghetti consumato da Lilly e il vagabondo a lume di candela? 

Ma quanto i cartoni e la pubblciità influenzano le scelte alimentari dei bambini?  I bambini in un’età compresa tra i 4 e i 6 anni, preferiscono mangiare cibi che sulla confezione riportano le immagini di famosi personaggi dei cartoni rispetto agli altri con confezione anonima. Questo è il risultato di un’attenta analisi condotta su 80 bambini, dall'Università della Pensylvania, sull’uso dei cereali consumati nel latte. Cosa è emerso? Il primo dato è che i bambini amano i cereali, ma la sorpresa è che non ha importanza il sapore, la genuinità o se sono zuccherati o meno:  ciò che avvicina i bimbi verso un prodotto è la raffigurazione di un personaggio dei cartoni sullo stesso. Un dato, che spinge i ricercatori a ipotizzare una strada che possa sfruttare questo risultato senza provocare danni ai bambini, in termini di salute alimentare. 

Ecco perché, dopo questo lavoro, ha preso piede la proposta di cogliere questa inclinazione dei bambini, sfruttandola a loro vantaggio, ovvero educandoli ad una sana alimentazione, evitando di fargli assumere troppi zuccheri (di cui sono già pieni latte al cioccolato, cereali, frutta sciroppata, dolci, bibite gassate) ed evitando così il rischio di obesità e malattie cardiovascolari. Per questo motivo i loro cartoni animati preferiti potrebbero aiutarli verso una alimentazione più sana. Gli adulti di oggi son stati bambini che guardavano in tv Braccio di Ferro e le mamme che gli ricordavano ogni volta quanto fanno bene gli spinaci. 

Oggi potrebbe bastare l’immagine dei propri cartoni animati preferiti sulle confezioni di frutta e verdura per incentivare pranzi, cene e spuntini più salutari? 

Intanto nelle mense viareggine ci abbiamo provato, inserendo il risotto alla Braccio di ferro ed il piatto, naturalmente a base di spinaci, ho avuto un succeso inaspettato. In generale però la risposta non è così semplice come appare. nel quotidiano i bambini sono sollecitati da diverse fonti mediatiche come Tv, pubblicità e internet, tutte potenti agenzie educanti, che talvolta sottovalutiamo. Il giovane telespettatore è infatti sottoposto a più di 32.000 pubblicità alimentari in un anno, mediamente ogni 5-6 minuti, con l'effetto di influenzare negatiìvamente le sue scelte alimentari. 

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Nel 2009 una ricerca condotta presso il Centro Immaginaria di educazione ai linguaggi multimediali, di ricerca, di sperimentazione, di documentazione e di produzione audiovisiva Immaginaria del Comune di Viareggio, su un campione di 1.750 bambini di età compresa tra i 5 e i 10 anni, è risultato evidente quanto la pubblcità, vista in particolari ore della giornata, determini la scelta di una merenda o addirittura della cena in famiglia. 

Allora che fare?

Tante sono le cose che potremmo attivare da subito a partire dalle abitudini di consumo mediatico nelle nostre case. Una prima "attenzione" che potremmo mettere con "mamma tv e sorella pubblcità" è quella di non lasciare mai i bambini da soli e aiutarli a comprendere i contenuti dei messaggi che stanno vedendo e ascoltando. perchè è importante ricordare che i bambini anche se stanno giocando e sembrano non seguire la Tv accesa nella stanza, sono multimediali, e quindi capaci di fare più cose in un solo istante e quindi di assorbire messaggi non sempre adatti alla loro età. 

Cinema e cibo .... Quattro passi nella storia del cinema italiano.

Il cinema italiano dei primi del '900 era un cinema ancora molto sperimentale e non evidenza il momento del cibo, come rito simbolico e culturale. Gli anni del ventennio fascista hanno visto la nascita di film di propaganda, legati al regime, come i documentari curati dell'Istituto Luce in cui si immortalavano momenti storici come la battaglia del grano (20 giugno 1925), campagna che aveva lo scopo di rendere la nazione autonoma nella produzione del grano. Si dovrà attendere gli anni post bellici per rintracciare "fotografie appetibili" del nostro paese e della sua arte del cibo. Trascorsa al seconda guerra mondiale, nel giro di pochi anni, la cinematografia italiana ha saputo recuperare in fretta, proponendo molti film che descrivono contesti di vita quotidiana, indicatori in pellicola della storia italiana. 

Merita una citazione "Il Signor Max" (1937) in cui il giovanissimo Vittorio De Sica interpreta è un giornalaio che si finge essere un ricco aristocratico, ordina e beve "whisky" solo perché "lo bevono tutti" nell'alta società, senza conoscerne e reggerne gli effetti, tutto per rendersi più credibile nel jet set di cui vorrebbe far parte.

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"La grande guerra" di Mario Monicelli (1959), in cui due militari italiani, arruolati, loro malgrado, e inviati al fronte si trovano a combattere una guerra che loro stessi non comprendono e non condividono. La loro vera guerra è quella per la sopravvivenza, per procurarsi qualche pasto decente, diverso dal pessimo rancio militare. 

Altri film che meritano una citazione sono quelli del periodo Neorealista: "Roma città aperta" (1944) di Rossellini con la scena dell'assalto ai forni, "Ladri di biciclette" (1947) di De Sica, dove il piccolo Bruno è alle prese con una mozzarella filante e la fame, vera protagonista, neanche troppo silente, incombe costantemente nelle giornate dei nostri personaggi. Il neorealismo infatti reintroduce volutamente nel cinema tutti quegli elementi che la censura del regime fascista aveva imposto di non mostrare. Simboli e necessità fisiologiche come il cibo, i sensi, il piacere, la tentazione, l'istinto, il tradimento, la sensualità.

"Ossessione" di Luchino Visconti rompe quel tabù della cinematografia italiana che voleva la figura femminile eterea, pura, lontana da qualsiasi necessità o appetito. Il cinema non doveva mai riprendere le donne mentre mangiavano, né mentre toccavano il cibo, in quanto simbolo di un desiderio ancora censurato dalla morale clericale. "Ossessione" al contrario inizia proprio nella cucina di un ristorante in cui un cliente si addentra per corteggiare la giovane cuoca, e attinge il cibo dalla pentola ancora calda direttamente con le mani, come per seguire il personaggio in un viaggio all'interno del proprio desiderio, riscoperto e dichiarato senza i convenzionali filtri morali e sociali. 

Continuando il nostro viaggio tanti sono i momenti in cui si fa richiamo diretto al cibo: "Nobiltà e miseria" con Totò,"C'eravamo tanto amati" in cui Aldo Fabrizi è alle prese con il suo immancabile piatto di spaghetti; "Napoli milionaria" (1950) in cui i parenti si rifiutano di sentire i racconti di guerra dei nonni preferendo fare festa, godersi l'abbondanza e riempirsi di cibo; o in "Questi fantasmi" (1951) in cui la famosa scena della terrazza con la ricetta del caffè "come si deve", cancella il ricordo post-bellico del caffè "per modo di dire" fatto con cicoria e orzo. 

E ancora: "Totò, Peppino e la malafemmina" e l'arrivo nell'albergo a Milano con i cibi in valigia. L'indimenticabile Totò non soffre mai realmente la mancanza di cibo, piuttosto ci gioca, in una specie di ostentazione comica della fame. La sua fame diventa strumento per far ridere e per esibire, in forma metaforica, altri appetiti. 

La celebre "abbuffata" di Capannelle in "L'audace colpo dei soliti ignoti" diretto nel 1959 da Nanni Loy.

"Un americano a Roma" e la celebre scena del "maccherone" e del "cibo degli americani".

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"Il sorpasso" (diretto da Dino Risi, scritto da Dino Risi, Ettore Scola, Ruggero Maccarinel 1962) in cui Vittorio Gasmann alla guida della Lancia Aurelia Sport, corre tra i tavoli di un ristorante all'aperto.

"I vitelloni" (Regia di Federico Fellini, 1953) in cui un Sordi sognatore posa al bar sul corso.

Nei film degli anni successivi si rintraccia non solo l'elemento della fame, ma anche la tradizione contadina con i suoi riti, le sue superstizioni e le usanze o la progressiva civilizzazione della tavola italiana, delle "buone maniere" alto-borghesi. 

Gli anni '60 hanno rappresentato uno spartiacque tra il boom economico degli anni '50 e la rivoluzione culturale che arriverà negli anni '70. Sull'onda dell'illusione "del frigorifero e della 600 per tutti",  nascono film di denuncia sociale, sebbene ancora non espliciti, come quelli del decennio successivo. L'esempio più forte è "La dolce vita" (Fellini, 1960), in cui dietro al titolo allegro e rassicurante, si nasconde un film tragico, in cui per volere del regista il cibo è volutamente assente, fatta eccezione per è lo champagne, ossia un non-cibo, inconsistente trionfo delle bollicine, come la vita dei personaggi che animano le feste romane descritte nel film.

Anche se datati anni '70 alcuni film, in modo puntuale, hanno confrontato la tavola della tradizione contadina con quella dell'aristocrazia benestante. 

Tra questi film ricordiamo "Amarcord" di Federico Fellini (1975) e "Novecento" di Bernardo Bertolucci (1976) che riportano alla cultura della cucina contadina della provincia italiana, evidenziano la famiglia patriarcale, numerosa, saldamente riunita attorno ai riti della tavola come strumento di trasmissione generazionale di valori, di simboli e di riti della stessa comunità. Una tavola aggregante per la povera gente, una tavola fredda e dogmatica, senza grandi slanci comunicativi tra i commensali, per i ricchi aristocratici. La tavola della famiglia contadina, pur avendo anch'essa una sua gerarchia (gli uomini mangiano da una parte e le donne altrove), rappresenta un momento piacevole di coesione familiare, talvolta d'allegria; i commensali mangiano tutti attingendo dallo stesso piatto, con spirito conviviale. 

La tavola descritta dal maestro Federico Fellini in "Amarcord" è un siparietto molto divertente in cui tutti i personaggi (padre, madre, due figli, il nonno, lo zio e la giovane collaboratrice domestica) recitano un copione sagace, di tensioni e litigi, in cui la figura della madre (l'emblematica "arzdora", come si dice in Romagna, ossia la "reggitrice" della casa), funge da collante tra le varie generazioni, come una sorta di cordone ombellicale, incarna il ruolo di "madre che nutre" e unisce tutti i commensali. 

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Il personaggio femminile del cinema italiano che dipinge gli anni '50, pur cucinando per tutti, non mangia mai, né mai si siede a tavola. Una fedele rappresentazione di quella corrente di pensiero in vigore nel cinema fascista e pre-bellico, che imponeva di ritrarre la figura femminile come esente da ogni tipo di appetito, per non sporcare l'idea costruita intorno all'immagine della donna "mater" e "procreatrice amorosa".

Gli anni '80 e la nascita di nuovi conflitti alimentari: l'ossessione delle diete.

La novità più rilevante da un punto di vista nutrizionale degli anni '80 è l'innescarsi di una vera e propria ossessione sociale per la magrezza e dunque per le diete, frutto dei molteplici cambiamenti nella struttura socio-familiare. Il cibo dopo aver prestato il fianco all'eccesso, si concede a nuovi ideali estetici e talvolta alla patologia del rifiuto anoressico.

Dilagano le campagne salutiste su oli e prodotti dietetici, ma anche prodotti dell'industria alimentare che bombardano costantemente grandi e piccini, in ogni momento della giornata. La pubblicità alimentare entra con forza nell'immaginario del telespettatore, mostrando il suo paradosso: da un lato esalta il corpo snello, ben scolpito nelle sue forme e dall'altro induce al consumo totale, sfrenato. Molti film ritraggono questa nuova tendenza come "7 kili in 7 giorni" di C. Verdone (1987), in cui Renato Pozzetto e Carlo Verdone aprono un centro di dimagrimento basato su bevande anoressizzanti e psico-cene in cui il cibo è totalmente assente, i piatti restano vuoti e ci si nutre "idealmente". Oppure "Fantozzi", diretto da Luciano Salce (1975), in cui il celebre personaggio di Paolo Villaggio non resiste alle torture del centro di dimagrimento, presentato ironicamente come un carcere, e consuma di nascosto le celebri polpettine.

Altro film cult è "Bianca" di Nanni Moretti (1983), dove troviamo la famosa scena del vaso gigantesco di Nutella (alto 1 metro), su cui Moretti si getta di notte per consolarsi delle sue pene d'amore.

Dagli anni '90: il cinema, la nuova "fame" e i sintomi alimentari

Il cibo e la fame sono i depositari delle nuove patologie dilaganti, anoressia, bulimia, fame nervosa, e naturalmente l'obesità. Il cibo diventa al tempo stesso il più grande desiderio e la più grande paura dell'uomo. E' tempo di fast-food e di globalizzazione gastronomica, tempo in cui per reazione sorgono i movimenti Slow-Food, di rivalutazione del convivio e del patrimonio gastronomico nazionale e locale. 

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Alcuni film (citati e non) che rimandano al cibo

Novecento (Bernardo Bertolucci, 1976)Amarcord (Federico Fellini, 1975)Una giornata particolare (Ettore Scola, 1977)La grande guerra (Mario Monicelli, 1959)Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1944)Ladri di biciclette (Vittorio De Sica, 1947)Una vita difficile (Dino Risi, 1959)C'eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974)Miseria e nobiltà (Mattoli - Totò, 1954)Totò, peppino e la malafemmina (Mastrocinque, 1956)L'audace colpo dei soliti ignoti (Nanni Loy, 1959)I vitelloni (Federico Fellini, 1953)Un americano a roma (Steno, 1954)Il sorpasso (Dino Risi, 1962)La dolce vita (Federico Fellini, 1960)La grande abbuffata (Marco Ferreri, 1973)La famiglia (Ettore Scola, 1986)Bianca (Nanni Moretti, 1983)Fantozzi (Salce, 1975)Il secondo tragico Fantozzi (Salce, 1976)Sette chili in sette giorni (Carlo Verdone, 1987)Croce e delizia (Eduardo De Crescenzo, 1992)Il grande cocomero (Francesca Archibugi, 1993)La vita è bella (Roberto Benigni, 1997)Ricette d'amore (Sandra Nettelbeck, 2002) 

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Cibo, cinema e letteratura fra fame e desiderio

crescita-personale.it ri-visitazione di Maria Teresa Giorgetti per Dol Mooc

Come si è già accennato nei paragrafi precendenti il cibo non rappresenta solo un mezzo per soddisfare bisogni fisiologici, ma è irrinunciabilmente legato a significati emozionali, simbolici, sociali e culturali. Nel cinema e nella letteratura il cibo diviene vero e proprio strumento di narrazione e, secondo diverse angolazioni, connota immancabilmente le vicende che si snodano lungo la pellicola di un film o attraverso le pagine di un romanzo rivelando i desideri e le passioni dei personaggi.

Cibo, cinema e letteratura 

Il più celebre esempio del cibo nella letteratura è senz’altro quello delle madeleine di Proust (Alla ricerca del tempo perduto, 1913-1927) il cui inconfondibile sapore ha il potere, dopo molti anni, di riportare il protagonista indietro con la memoria alle emozioni e agli affetti della propria infanzia…

Il cibo è presente nella letteratura e nel cinema di tutti i tempi, come cornice di riferimento per la narrazione (Il mio grasso grosso matrimonio greco, Il pranzo di Babette), come simbologia centrale che dà titolo all’opera (Pomodori verdi fritti, La vendetta della melanzana), come elemento che va a connotare discretamente ma incisivamente gli eventi dei personaggi.

 

Cibo, cinema e letteratura: il desiderio

Fra i tanti possibili filoni che si possono individuare per esplorare il cibo nel cinema e nella letteratura (Alberto Natale,Food Movies. L'immaginario del cibo e il cinema, 2009), una traccia interessante da un punto di vista psicologico – senza la pretesa di essere esaustiva -  è quella del “desiderio”: quanto il cibo è utilizzato nella narrazione letteraria e cinematografica per connotare le passioni, gli istinti e gli “appetiti” vitali o, al contrario, per negarli o bloccarli fino ad arrivare alla nevrosi e alla psicopatologia.

 

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Cibo, cinema e letteratura del dopoguerra

Questa linea di indagine, quella del desidero, si intreccia quasi sempre con quella sulla figura femminile, variamente connotata, nel cinema e nella letteratura in rapporto al cibo e ai valori morali, estetici e sociali delle epoche. Ne è un esempio, come afferma Matteo Mugnani, il cambiamento attraversato dal cinema a cavallo della seconda guerra mondiale là dove il cinema pre-bellico, di stampo fascista (ritratto in Armarcod di Fellini - vedi paragrafo precedente sul cinema italiano) rappresenta una donna domestica, custode del focolare che non siede mai a tavola e mangia in disparte, come per non farsi vedere; mentre il cinema degli anni ’50 e ’60 è popolato da figure femminili che fanno dell’abbondanza del cibo e delle forme l’icona della ripresa economica e della ricostruzione sociale del paese. Ricordiamo a tale proposito una raggiante Sofia Loren mentre mangia un piatto di spaghetti in Ieri, oggi, domani (1963).

 

Cibo, cinema e letteratura fra morte ed eros

Ma cibo, ancora, può essere portatore di morte come nel film di Ferreri La grande abbuffata (1973) di sofferenza dell’anima come rivelano alcune pellicole e romanzi dedicati al tema dell’anoressia (Briciole di Ilaria Cirino,Biografia della fame di Amélie Nothomb,  Uomini da mangiare di Christine Leunens ) o dell’ossessione ironica, ambivalente per le diete (Il diario di Bridget Jones di Helen Fielding). Oppure cinema e letteratura usano il cibo come catalizzatore della sensualità e della passione spesso intrecciata alla quella della stessa arte culinaria come avviene in Chocolat di Harris Joanne (da cui l’omonimo film) o un viaggio nobile della memoria inLa finestra di fronte di Ferzan Özpetek.

 

Cibo, cinema e letteratura: smarrirsi e ritrovarsi

Nel cibo i personaggi del cinema e della letteratura sembrano poter alternativamente trovare e smarrire sé stessi come Mikage, la protagonista di Kitchen di Banana Yoshimoto, in cui si narrano storie affascinanti, che viaggiano su un unico binario, ma a senso alternato: la rinascita e la morte, il piacere del cibo e la solitudine ma anche l'energia per risalire dal baratro: “Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po' meglio che pensare che sono rimasta proprio sola". 

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Cinema e cibo come specchio del mondo

Quattro passi nel cinema internazionale

cineblog.it ri-visitato da Maria Teresa Giorgetti per Dol Mooc

La storia d'amore e di amicizia tra il cinema internazionale e il cibo è molto antica quanto la settima arte stessa. Al cinema, infatti, piace infilarsi in cucina, trasformando il cibo in protagonista e il racconto in convivialità.

Era il 1895 e fu subito un colpo di fulmine. La cineripresa incontrò la colazione del piccolo Lumiére in "le repas de bèbè", un documentario splendido, a camera fissa, in cui la famiglia Lumiére consumava la prima colazione. Da quel lontano giorno non si sono più lasciati. Lei, la pellicola, insieme alla "sua" cucina hanno immortalato momenti magici del cinema mondiale.

Il cibo ritratto all'inizio come immagine muta, in un bianco e nero lievemente sfuocato, nel giro di qualche decennio si fa degno di dialoghi indimenticabili. 

Ecco allora, per i palati più esigenti, un'altra carrellata di "immagini golose e profumate", in cui l’enogastronomia è il fulcro del soggetto, la causa scatenante di un dramma, l’obiettivo di una vita o un nemico da abbattere. 

Buon appetito!

La cuoca del presidente

Diretto nel 2012 da Christian Vincent, vede protagonista Catherine Frot nei panni della superba cuoca Hortense, chiamata a soddisfare i palati esigenti dell’Eliseo. Film gradevole, dalla sottile vena polemica, che pratica la leggerezza e il sorriso, contrapponendo i sani gusti e principi della campagna ai viziati palati della città e della politica. Piacevolissimi i dialoghi tra la cuoca e il Presidente, pieni di suggestioni filosofiche, storiche e antropologiche. Dialoghi che rivelano un universo tutt'altro che elitario, depositario di una ingente ricchezza umana.

Ratatouille

Impossibile non citare Ratatouille, film d’animazione del 2007, con tanto di roditore d’oltralpe che aiuta l’imbranato sguattero di turno a farsi largo tra gli spocchiosi chef di Parigi. Sono lontani i tempi in cui Lilli e il vagabondo dividevano un piatto di spaghetti in un vicolo del Connecticut (Stati Uniti d'America),

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Chocolat

Passiamo agli anni ‘90 con un film diretto da Alfonso Arau e tratto dall’omonimo romanzo di Laura Esquivel: colorito, brioso, piccante, surreale, insomma ottimi ingredienti per un’opera che parla di cibo anelando alla passione.

Super Size Me

Critica, ma non gastronomica, su una delle società accusate di crimini contro la nostra glicemia: Super Size Me, diretto e interpretato dall’aspirante “suicida” Morgan Spurlock che per un mese si nutre solo dei maxi menù della più nota catena di fast food al mondo. Tre esperti, un cardiologo, un nutrizionista e un gastroenterologo seguono il cammino dietetico del regista, prima, durante e dopo. Le conseguenze mediche, subite dal corpo di Spurlock, sono ciò che il film si propone di dimostrare. Educativo e sconvolgente.

Il pranzo di Babette

Oscar come Miglior film Straniero, per un film grazioso e malinconico diretto nel 1987 da Gabriel Axel, tratto da un racconto di Karen Blixen. Il pranzo di Babette racconta il cibo come forma d’arte e massima espressione della vita della protagonista. Ottiene la Menzione speciale al 40° Festival di Cannes.

Chef

Una commedia dal gusto semplice di Daniel Cohen che prende in giro il mondo dei grandi chef, ormai da anni sempre più star televisive e alchimisti esoterici e sempre meno cuochi. Sceneggiatura dall’impasto semplice, con Jean Renò che ricorda pericolosamente il nostro Vissani, mentre Michaël Youn sembra il riuscito erede del già citato topastro di Ratatouille.

Camerieri

Torniamo alla metà degli anni ‘90 con Camerieri, tragicommedia corale diretta da Leone Pompucci con Paolo Villaggio e Diego Abatantuono protagonisti di una velenosa guerra intestina che ci racconta il “dietro le quinte” che tante volte abbiamo sospettato e che mai vorremmo vedere…

Un’ottima annata

Russell Crowe perfettamente a suo agio in un film di un inedito Ridley Scott che idealizza il bon vivre e la campagna come ultimo rifugio dalle nevrosi della vita contemporanea. Buon vino, cene d’altri tempi, una villa nella campagna francese e ottima compagnia. E il pranzo è servito.

Soul Kitchen

Fatih Akin dirige un film furbescamente “fusion” con protagonista un greco ad Amburgo che sembra una rockstar ma invece è un ristoratore. Una bella commedia, un percorso di crescita a suon di buona musica e di ricette multietniche.

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La grande abbuffata

Il capolavoro di Marco Ferreri del ‘73 con Tognazzi, Mastroianni, Noiret, Piccoli: un poker di gaudenti autodistruttivi, protagonisti di una “cena trimalchionis” che dal luculliano sfocia nell’allucinazione. Sempre sopra le righe ma mai volgare, sostanzioso fino all’eccesso ma non indigesto. Premio Fipresci a Cannes.

Sitografia di riferimento

cineblog.it news.klikkapromo.it cineblog.it matteomugnani.com http://www.informasalus.it/it/articoli/bambini-alimentazione-cartoni-animati.php