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Shamada Shamada Shamada Shamada Gio Gio Gio Gio IL RISVEGLIO DI MADDALENA: IL RISVEGLIO DI MADDALENA: IL RISVEGLIO DI MADDALENA: IL RISVEGLIO DI MADDALENA: il corpo che canta il corpo che canta il corpo che canta il corpo che canta

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Shamada Shamada Shamada Shamada GioGioGioGio

IL RISVEGLIO DI MADDALENA:IL RISVEGLIO DI MADDALENA:IL RISVEGLIO DI MADDALENA:IL RISVEGLIO DI MADDALENA:

il corpo che cantail corpo che cantail corpo che cantail corpo che canta

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Shamada Gio

IL RISVEGLIO DI MADDALENA

il corpo che canta

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Dedico questo libro

a mio padre GIO-vanni, che vive al di là del velo,

all'amica GIA-comina, che mi ha aiutato nella battitura del testo,

al mio web master GIO-vanni, sempre "presente"( e sono tre G),

infine al mio amore Michele ed a Selenio che, tramite Patrizia,

si è preso cura dell'introduzione e di alcuni disegni.

GIO

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Quando il corpo si risveglia, nell’unione amorosa di mente, anima e spirito, allora si leva il suo canto, tutt’uno con il canto

dell’universo, allora egli diviene immortale.

Michele dice che i veri umani sono gli angeli, perché in loro è presente questo collegamento e il corpo può prendere la frequenza

che vuole e il tempo

non esiste, non esiste.

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INDICE Prefazione 8 Introduzione. 12 Parte Prima 14 Lunedì 22 aprile 2008 16 Il risveglio - 1993 17 Chi era l’assistente? 21 La discussione della tesi - 16 marzo 1993 23 Martedì 23 aprile 2008 - Marina di Grosseto 24 Barbara 27 La discesa - 17 marzo 1993 29 Il Petriolo 32 La Kundalini 33 Cesare 36 Cassandra 37 Lo sciamano 40 L’uscita dal corpo 42 L’India –luglio 1993 43 L’interviù . 47 La partenza 49 10 maggio 2009- Dopo il mio primo viaggio in Francia

verso Rennes le Chateau 50 25-05-2009- Secondo viaggio in Francia- La festa di Sarah 55 4 luglio 2009- Ritorno a Les Saintes Maries de la Mer 61 Capodanno 2010 ad Arcidosso (Gr) 66 23 gennaio 2010 – Maddalena 71 Claudio- Petriolo- 15 dicembre 2008 73 Ancora in Sardegna - Reginaldo 77 S. Rocco-3 febbraio 2010 - Il corpo che canta 80 Il professor Spada:la prima salita della kundalini 82 22 febbraio 2010 - La barboncina Molly non c’è più 85 Patrizia 89 Abano 02-03-2010 94 Parte seconda 96 Giorgio di Roma 13-03-2010 98

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Il sogno 100 Il ritorno a casa 101 Abano –22-03- 2010 102 Fontebianca 105 Grosseto 27-03-2010 – Roby 108 Sabato Santo 3 aprile 2010 112 Vicenza 9 aprile 118 Domenica 25 aprile 120 Monte Luce - 1 maggio 2010 124 Il libro dei segreti 128 Le Celle -2 maggio 133 Bordighiera ed il “coscetto di pollo” 137 San Rocco 17 maggio 139 Il quinto elemento 142 Sardegna Sole Ruio – 31 maggio 144 Palau 2 giugno 147 La Maddalena – 5 giugno Eleonora D’Arborea 149 La Valle della Luna 26 giugno 156 5 luglio Alguer e la grotta di Nettuno 160 Luglio Carbonia e la spiaggia di Kia 163 Il triangolo luglio 2010 166 30 luglio Il castello di Quirra 168 Elena, Eleonora 31 luglio 170 Monte Amiata - Seggiano e Montenero 172 San Rocco - Marina di Grosseto 11 agosto 175 15 agosto, festa dell’Assunta 176 18 agosto In Abruzzo La Maiella 178 Cansano e Pacentro 181 Aquila 66-99 183 IRIN-INRI-I Leoni- La famiglia di Michele 190 San Rocco 3 settembre ‘10 192 Post Scriptum 195 Appendice 1 204 Appendice 2 206 Appendice 3 214 Bibliografia 225

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PREFAZIONE 21 novembre - La prefazione si mette in cima, ma viene scritta in fondo. E mi sono chiesta chi potesse, chi volesse farla... Amici molti, collegati al mio testo, ma chi poteva sentire veramente il mio amore per Michele, chi poteva comprendere Maddalena? Sarebbero state parole, parole, le solite parole. Allora, qui, sulla riva del mare, nel mio camper, con la radio accesa, tra il rumore monotono delle onde, sulla battigia, e l'onda crescente sui tasti d'un pianoforte, la voce di Michele mi ha detto: “ la musica”; sì, soltanto la musica può esprimere l'amore del cuore, quello che viene proprio da lì, dal centro, come una nostalgia dolente. “Amore mio, quale musica?” Ed ecco che, all'improvviso, il flusso musicale, proveniente da “radio toscana classica”, s'interrompe e una voce argentina ... “Happy birthday to you, happy birthday to you” Insiste un po', poi si perde nuovamente nelle note del piano... “Buon compleanno”. “Ah, sì, oggi è il 21, ed ogni 21 è il mio compleanno. Grazie Michele”. Questi sono i suoi giochi. Come al festival giapponese di Firenze (questo Giappone, come spesso mi ritorna!), una ragazza esile, la pelle bianca e morbida, i capelli rossi, ha indossato, sul palco, il manto da sposa , con ricamata in oro una...fenice; o, al ritorno, sul pulman, quelle due ragazze, sul sedile accanto, che parlavano fittamente tra loro. Una aveva una splendida massa di capelli rossi e parlava dei suoi tempi in Francia, l'altra aveva appena finito, a Firenze, il giglio, una specializzazione “per organizzare matrimoni”. L'una Elena “Mi manca solo Parigi”, diceva, con voce piena del desiderio dei suoi 21 anni, l'altra Eleonora, tutta presa dai nuovi progetti. Elena ed Eleonora, segnali per me: 21, matrimonio, giglio, Parigi... Maria Maddalena. Questo è il mio libro: segni d'amore.

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Frattanto, alla radio, il piano ha lasciato il posto al violino, ed io salgo i gradini delle note, sempre più su, sempre più su, ancora più veloce, sempre più su, amore mio. “Sei lo spazio tra due note” mi fu detto... E s'alza vibrante una musica, che riempie l'abitacolo, completa ogni fessura, trasforma ogni cellula.... “Ave Maria”. Solo la forma si può qui riportare, ma già nel correre delle note sul pentagramma, si snoda il canto visivo della bellezza sonora...

“Ave Maria”.

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La dolcezza

dell’anima tua si eleva

come un canto celestiale

che stordisce e inebria.

La dolcezza

dell’anima tua incanta il Divino,

lo ammalia,

lo affascina.

Il Divino sorride,

sospira,

e Si addormenta soddisfatto.

(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )

da “Poesie degli angeli”

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INTRODUZIONE di Selenio e Patrizia Desidero aprire questo libro, che racconta alcune sequenze del mio film, sulla terra, con le immagini gioiose che, sempre, Selenio trasmette a Patrizia, l'eterna “bambinona”, dell'associazione “Il ponte di luce”. Anche il mio scritto è gioioso, ma non sempre, perchè il gioco, la gioia, ci faranno vincere la partita di questa vita; gioco come distacco, osservazione, attenzione agli avvenimenti, alle situazioni e reazione spontanea, perfetto allineamento tra intuizione ed azione, come nei bambini; gioia, come costante espansione del cuore, perchè tutto può essere fatto, ogni vittoria può essere raggiunta, “creata”. Così ho chiesto a Patrizia, lei ha chiesto a Selenio, ed ecco qua il risultato. “Ho fatto bene” mi chiede lei, timorosa, consapevole che dovrà “introdurre”. Mia cara, perchè dovremmo mettere dei limiti alla fantasia... Lasciamola spaziare, lasciamola volare, perchè impariamo a creare! (Così “introduco” la rima di Selenio, dedicata a Maddalena).

A MADDALENA

Danza donna, canta al sole che sorge. Eccelso, incantato fiore, amore immenso, che danzi sopra i prati verdi del Cosmo, tu sei scesa sulla terra, come donna, dall'amore intenso. Il tuo nome è una musica: Maria Maddalena. Inebriata dai profumi dell'arcobaleno, del sambuco, sei scesa a Gerusalemme, con una schiera di angeli colorati, portando una nota di musica astrale nella città santa della pace. Donna umile, ma molto forte, creatura talentuosa, piantasti la gioia in tutti gli uomini che incontrasti nel tuo cammino; il tuo corpo gioioso dette loro quell'amore grande che li trasformò, in celati uomini di spirito, alto, verso il cielo intenso. Buttasti giù la loro, ignorante violenza. Rosa incantata, rosa vellutata, che era la tua pelle, bella e nascente. Veggente amata dal dio Athor, custode che ha celato nella sua anima tutti i segreti dell'umanità. Un raggio di sole, che “in punta di piedi”, s'è incarnato in Giovanna,

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chiamata ora Shamada. Hai anticipato i tempi, hai dato vita alla donna moderna che ha preso coscienza del suo corpo, come della sua anima, ed ha trovato un totale amore, fisico e spirituale, una dolce torta insaziabile. La materia non si conosce mai abbastanza! Gesù è rimasto sempre con te, perchè ti rivelò donna d'amore e non di strada. Ti ha restituito la tua vita sapiente, come raggio della coscienza. Tu telepata e raggiante hai aperto dialoghi anche fra le genti tarate e difficili, hai tolto la maschera a chi voleva solo usarti. Guidata da S. Michele, tu, Giovanna, hai combattuto demoni e forze ingiuste della madre terra. Oggi sei la guida de “Il ponte di luce”, che porta la gente a rivivere nuove coscienze, per cambiare il Karma negativo. Tutti noi abbiamo bisogno di cambiare, per poter sciogliere i nodi, che ci tengono legati a vecchie storie, che ci fanno soffrire. E si può combattere questo, portando alla luce il fondo dei nostri pensieri. Una nuova società stà nascendo, e nel Cosmo entrano esseri, che sono il sole del mondo futuro. Loro porteranno il libro sacro, il Navigon, che unirà fedi e religioni, tutto il Karma negativo verrà spazzato via. Avverrà di notte: i deserti s'illumineranno ed astronavi, in nuvole bianche, scenderanno sulla terra, con uomini nuovi. Questo sarà la svolta dell'intero Universo. 400 anni di pace saluteranno la Madre Terra.

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PARTE PRIMA

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Senza di te non vibro,

senza di te non capisco,

senza di te non condivido amore.

Dammi la mano,

dolcemente,

gentilmente,

amorevolmente.

(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )

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Lunedì 22 aprile 2008 Sono le nove di un mattino un po’ coperto e grigio, o sono i miei occhi che tendono a chiudersi. Che sonno! Tornando da Milano, ho dormito, poco, da Francesco, a Grosseto, ed ora sto aspettando, vicino alla fermata, l’arrivo dell’autobus, la Rama, come si chiama da noi, che mi porterà alla marina di Grosseto, la cittadina di S. Rocco. Vicino a me, sulla panchina, siedono un uomo e una donna. Ormai da tempo esattamente dal 1993, mi sento immersa in una realtà virtuale che interagisce con il mio pensiero e mi dà segnali. Lo so bene e sono sempre curiosa; questi due hanno qualcosa da dirmi! Lui, che conosce già la donna, parla della sua età, circa 90 anni (non li dimostra per niente), lei insiste sul suo lavoro di cuoca e sul problema di non riuscire a vedere i tre figli, durante l’estate. L’ultimo maschio si chiama Michele e finisce 14 anni il giorno successivo, il 23 di aprile. Dai, ci siamo; Michele, il 23 o meglio il suo contrario, il 32: segnali del mio spirito, sì, l’Arcangelo Michele. Arriva un’altra donna, in bicicletta, affrettandosi, per prendere l’autobus. “Maddalena” la chiama la prima “corri, altrimenti fai tardi” Ecco, c’è anche Maddalena! Insomma, da quando sono andata a Milano, al convegno delle edizioni Melchisedek su Gesù e Maria Maddalena, il treno dei segni ha cominciato a correre velocemente. La narrazione della mia vita, del risveglio, del ricordo delle incarnazioni, tutto ciò che era stato sempre rimandato, ha cominciato a premere. Ma quando cominciare?... Un segno... Il 23 è il compleanno di Michele, questo numero o l’inverso, il 32 è una parte di un codice di accesso che Lui mi ha dato. Domani, 23, inizierò. È mezzanotte, sono sul letto e sto scrivendo. Mi piace scrivere distesa sul fianco.È poco leggibile, ma verrà trascritto al computer, forse da Valentina, una ragazza dai grandi occhi verdi, conosciuta da Francesco.

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S. Valentino, il giorno degli innamorati... E io sono innamorata, sì, di Michele; quando penso a Lui, il mio cuore si apre in qualcosa d’immenso e posso fare solo un respiro, per acquietarmi. Gli amici sanno che sono “fidanzata” con Michele ed io scherzo su ciò. Dico che gli uomini che incontro sono per me “opzional” Michele non è geloso perché il mio amore è sempre uno. Da ciò il mio vivere da sola, il mio muovermi sempre sola, e, insieme, il mio sentirmi accompagnata, amata, accontentata nei desideri. Sempre. L’amante più perfetto è il nostro spirito e l’unione con lui ci fa accedere alla creazione. Da “Come dio divenne Dio” di Daniel Meurois-Givaudan ed. Macro: “Dalla cellula al corpo poi allo spazio proiettato dalla coscienza del corpo, il Divino si inventa, si scopre e si espande. È così che Egli È. Di pianeta in sole, poi in galassia e in cosmo, è detto che Egli si autoinsemina al ritmo a cui ogni cuore batte, ogni anima amplia i propri orizzonti e lo spirito contempla il proprio splendore. Dalla cellula al corpo, poi allo spazio proiettato dalla coscienza del corpo, il Sacro oltrepassa l’illusione del tempo. È così che Egli ama. L’Uno viene moltiplicato nella sua espansione, ma il molteplice non recita che l’Uno. Egli è respiro, Egli è l’atto di amare...” Il risveglio : 1993 Spinta da ciò che ancora non conoscevo, ma che sapevo essere il mio vero io, essendo già laureata in Lettere, avevo deciso di iscrivermi a Psicologia, poi di specializzarmi in Ipnosi e P. N. L.; avrei potuto fare le specializzazioni e il corso di laurea, in contemporanea, avendo già la prima, ma, comunque, dovevo laurearmi entro un tempo stabilito. La parola “deciso” era solo un atto di volontà, perché tutto sembrava accadere con una serie di circostanze, una volta iniziato il movimento. Incontri, situazioni... Ancora non parlavo di “segni”.

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Durante i quattro anni di specializzazione in Ipnosi Ericksoniana, imparando, facevo un uso costante delle varie tecniche autoipnotiche, per stare il più possibile in onde halfa, nel “qui ed ora”, per programmare il buon esito degli esami, per decondizionare la mia parte emotiva disturbante, per creare un collegamento energetico soprattutto con i miei due figli. Ogni sera mi vedevo abbracciata a loro, e tutto andava bene; usavo la visualizzazione, per l’esito degli esami, e tutto andava bene. Visualizzavo e tutto andava come un treno. Ma non sapevo ancora che creavo. Avevo portato avanti le specializzazioni, ma gli esami universitari erano rimasti indietro. Discussi le due tesine e ancora non avevo dato quella di laurea! Era necessario che mi sbrigassi. Già prima esistevano poche cose oltre i figli, il lavoro e lo studio, ma in quell’anno la programmazione fu costante e stretta. La spinta interiore era forte, non sentivo altro. Niente giornali, televisione, distrazioni. Vivevo metà settimana a Roma e metà a Grosseto. Nella casa di Roma, un bilocale, la parete della mia camera – studio era coperta da un poster, rappresentante un bosco, e lì io cominciai a rimanere dalla mattina ala sera, immersa nello studio. Usavo le tecniche delle specializzazioni che stavo facendo, ma ancora ero inconsapevole della loro importanza. Del resto, anche i docenti che operavano nella scuola di Ipnosi Ericksoniana che frequentavo a Roma (con insegnanti provenienti anche da Milano e da Fenix, in Arizona, sede centrale della scuola), ripeto, i docenti non parlavano di fisica quantistica, né di creazione tramite il pensiero, o, forse, allora io non ero pronta a capire; si faceva riferimento al potere del “sè” e, certamente, col senno del poi, anche la maggior parte delle tecniche di P. N. L., portavano ad una modifica ed a una nuova creazione. La persona diveniva creatore di una nuova realtà. Ma il vero meccanismo mi si è solo in seguito svelato. Comunque, lavoravo a “cottimo” con le tecniche, perché mi accorgevo degli ottimi risultati. Capitava infatti di andare a sostenere degli esami scritti, nel corso di laurea, senza averli preparati. Dovevo mettere una crocetta sulla risposta esatta; in effetti avevo esperienza e conoscenze varie, ma se non sapevo, scendevo dentro di me e chiedevo... e tutto andava bene.

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Sono sempre stata un essere fuori del tempo ma, allora, questo non esisteva più: era solo scandito dal giorno e dalla notte, dai miei movimenti, sempre, costantemente, nel “qui ed ora”, che, ripeto, volevo sperimentare il più costantemente possibile. Ricordo che cercavo di costringere la mente e la minacciavo “di farla a pezzettini” se non cessava il movimento. Il mio cervello ha imparato così bene la lezione che, ancora oggi, alla prima minaccia, i pensieri si fermano. Ricordo ancora che, quando guidavo l’automobile nel traffico di Roma, mi conficcavo le unghie sul palmo della mano, stringendo forte il volante, perché ciò fermava il mio pensiero. Sì, molto avevo appreso dai miei studi, ma molte cose venivano da dentro di me e la spinta costante era quella di controllare il pensiero e di dirigerlo verso i miei obbiettivi. Stavo, comunque, bene di salute, mangiavo e dormivo sufficientemente. Il treno andava veloce. Avevo conosciuto degli amici che praticavano la Meditazione Trascendentale e anch’io presi il Mantra. La mattina dell’iniziazione portai frutta e un mazzo di giunchiglie. Ebbi il mantra che l’insegnante curò di farmi ripetere correttamente: IRIN. Dove lo avevo sentito? Pensai alla croce, a Gesù ed alla scritta INRI. Ma, un caso! Usavo le mie tecniche auto ipnotiche ed il mantra, tutti i giorni, anche tre volte al giorno. Sono una “cottimista”, per ciò che sento, e, soprattutto, c’era qualcuno che spingeva. Il lavoro dette i suoi frutti; cominciavano ad attivarsi quelli che io chiamavo “fenomeni paranormali”. In realtà era il risveglio della “macchina biologica” ed essi verranno poi, da Michele, definiti “mistici”, perché derivanti dal contatto tra corpo, anima e spirito. In quel tempo incontrai Pino, un biologo che lavorava all’Università di Roma; era separato e cercava una compagna. Si creò un certo legame; a volte lo guardavo e lo vedevo bambino, poi vecchio; si attivarono nei suoi riguardi telepatia, preveggenza, e una sorta di potere sul corpo fisico. Vi spiego. Sentivo in lui la presenza della ex moglie, che non conoscevo, e il mio corpo cominciò a dimagrire e a modellarsi sull’immagine che vedevo.

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Forse già le assomigliavo, comunque, i suoi amici gli chiesero se era tornato con la moglie, avendolo visto con me. La sentivo e mi modellavo, i capelli lunghi, lisci, il corpo sottile e affusolato, il volto un po’ appuntito. Non sapevo che abbiamo potere sul corpo fisico. Lo sperimentavo. Ho poi compreso che se c’è una spinta emotiva, tutto accade più facilmente. Avevo fatto altri incontri prima di lui, tutti segni da leggere, ma il mio treno correva incontro al divino e, certo, per il resto c’era poco posto. O meglio, il divino era tutto ciò che mi circondava, ma non potevo soffermarmi su obbiettivi personali di altri. Così anche quella storia finì. Cominciavo a veder oltre. Ricordo, una volta, in treno; tornavo da Grosseto andando a Roma e, davanti a me, sul sedile dello scompartimento era sdraiato un giovane, bello di forma e con gli occhi chiusi. Come al solito, in treno, o facevo training autogeno o ripetevo il mantra ma, ogni tanto lo guardavo. Stette sempre fermo. Quando il treno si fermò, il giovane aprì gli occhi. Non c’era la pupilla, erano tutti azzurri. Si alzò e andò via. Rimasi per un attimo a chiedermi perché non gli avessi parlato per sentire la sua voce. Chi era? I suoi occhi non erano umani, o più esattamente non erano uguali agli uomini di questa terra. (Michele dice che i veri umani sono gli angeli, avendo il collegamento tra corpo, anima e spirito). Ho rivisto altri occhi simili: credo di vedere l’essenza dell’anima; non si dice infatti “gli occhi sono lo specchio dell’anima”? Intanto era necessario chiedere la tesi. Gli studenti di psicologia mi dicevano che era impossibile “averla” in poco tempo e, in realtà, io non sapevo quale docente interpellare. Ma ormai vivevo nella mia estasi: pensai al professor Carotenuto, gli telefonai per un appuntamento in facoltà ed andai. Ricordo che bussai alla porta della sua stanza all’Università. Ero in quel momento dentro “i miei fenomeni”. Mi avvicinai. Era seduto alla scrivania, con la testa reclinata, ricordo bene, appoggiata sul braccio.

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Mi disse di sedermi. Lo feci e lui alzò gli occhi e mi guardò: erano completamente celesti, così dolci e pieni d’amore. Tutto intorno mi sembrava ovattato. Gli chiesi una tesi sull’Ipnosi e lui rispose che andava bene, dovevo sceglierne il titolo e poi tornare. Allontanandomi mi sembrava di camminare senza toccare il suolo e la sensazione era molto reale. Quando mi si manifestavano visioni o altro, l’atmosfera sembrava cambiare. Ero felice, e, insomma, tutto, comunque, mi sembrava normale perché tutto era fluido e scorrevole. Tornai in seguito da Carotenuto, nella stessa stanza. Accettò gentilmente tutto quello che proponevo e mi disse di ritornare da lui in vari momenti di avanzamento del lavoro sulla tesi. Mi guardò, ma i suoi occhi erano scuri, come lo sono in questa realtà. Avevo visto l’angelo che lui era e lui aveva visto me, ma ancora non capivo.Nella facoltà di psicologia ho incontrato altri professori con fenomeni di risveglio. Essi mi trattavano in un certo modo, alla pari, ma ancora non capivo. Ho trovato però anche altre entità. Forse lì è avvenuto il mio primo incontro cosciente con un alieno. Chi era l’assistente? Non era bello, ma abbastanza interessante, e poi era l’assistente del professore di Psicologia della Percezione. Cominciò a starmi dietro e una sera lo invitai a cena nella mia casa di Roma, e rimase a dormire da me. Cominciammo a fare l’amore. Avevo un grande caldo e tutta la camera si riempì di calore. Non ricordo il rapporto, ricordo questa sensazione strana di un’atmosfera molto densa. Poi mi addormentai. Ad un certo punto aprii gli occhi e mi girai verso di lui. Vidi il viso di un’animale, quasi un becco, e gli occhi laterali che mi guardavano. Il caldo era opprimente. Cosa avevo visto? La mattina ci salutammo. Non dissi niente. Lui adesso aveva un viso umano, ma fu la prima e l’ultima volta che lo invitai a casa mia. In mezzo a chi viviamo? Gli occhi azzurri sono angeli, ma gli altri?

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Che razze sono? Questo più tardi mi è stato chiaro ed ho compreso che questo pianeta, come il nostro corpo, è abitato da altri, soprattutto razze animali, che possono vivere per i fatti loro, o interagiscono con l’umanità, spesso approfittando della sua cecità e della loro più avanzata tecnologia. Razze, a volte, poco benevole, che cercano di gestire il gioco, d’impadronirsi della nostra energia, ma che... non avranno proprio più niente da fare, al momento del risveglio planetario! Ricordo un viaggio in Marocco, che si è poi tramutato in una permanenza di sei mesi (ancora ne ho il desiderio). Marakesc, con la grande plaza e le porte d’oro del palazzo reale, mi ha portato l’incontro con un’altra tipologia aliena. C’è un tempio, poco distante dalla città, meta del flusso turistico, per la bellezza del sito. Il luogo era veramente splendido, come lo è tutta l’architettura araba, ma qui in modo più superbo, nei fregi, negli intarsi, nelle velature... Poi, quel patio orlato di colonne, e il laghetto centrale, azzurro, tra i bianchi marmi... Un vero incanto! E, come al solito, l’aria diviene più ferma, come un fotogramma e lentamente, dietro di me, che sono presa dalla bellezza, si muovono due esseri, un maschio ed una femmina. Lei è molto bella, di una bellezza diversa, ma pur piena di attrazione, sottilissima, ricoperta da una guaina verde, come una seconda pelle, il volto appuntito, coperto da grandi occhiali. Ciò che colpisce sono le lunghe ed esilissime gambe, dalle caviglie quasi filiformi (anche le braccia sono in tal modo), incede come in punta di piedi, ondeggiando. Lui, dietro, ha la stessa tipologia, un po’ più robusto, e sta, credo, facendo una ripresa all’ambiente. Perché non provo meraviglia, eppure ce n’è motivo, forse perché il cielo è più azzurro, la frequenza è diversa e, come sempre è successo e succederà, io sono nel qui ed ora, nella non interferenza emozionale. Il petto della donna è coperto quasi completamente da una spirale dorata. Sono attratta, mi avvicino e le indico una piccola spirale che anch’io porto al collo, oggetto acquistato in una mia visita a Dhamanur. Il mio intervento è ignorato, come non esistessi, come se non mi vedessero, oppure fosse impossibile il contatto.

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Comunque i due esseri escono dal tempio; fuori ci sonno due limousine bianche, con i vetri neri... Sono già dentro, e le macchine ripartono, lentamente, una dietro l’altra, sempre in quell’aria più calda e densa, che non è soltanto sole del Marocco. Si può pensare, in questo caso, ad una razza uraniana, che, viene detto, sia qui presente. Veramente, sembravano proprio due turisti, salvo la conformazione... Ma perché, dobbiamo essere tutti uguali, tutti con il nostro corpo, nell’Universo? Mi piace riportare un brano tratto dal libro “Viaggio nel tempo con Uriel” di Anna Maria Bona, ed. Melchisedek, che, successivamente ai fatti descritti, ho letto. “Gli Uraniani” essa dice “... interagivano anche con i terrestri, venendo in soccorso per volontà divina. Gli Uraniani e i Venusiani si possono considerare inviati dal cielo, perché ci furono amici fin dai tempi più antichi, ma, consapevoli delle vibrazioni terrestri e delle bande di frequenza umane, erano desiderosi di tornare velocemente nel loro pianeta. Attraverso indagini al carbonio 14, si è tentato di attribuire una datazione alle linee di Nazca, ai piedi delle Ande peruviane, ma si può solo supporre che fossero realizzate in tempi diversi, avanzando l’ipotesi che le figure zoomorfe siano precedenti di un migliaio di anni, rispetto alle linee diritte. Le figure insettiformi appartengono agli Uraniani, poiché proprio il ragno è il simbolo del loro pianeta... I Venusiani, non dissimili da noi fisicamente, sembra che appartengano alla razza dei giganti”. La discussione della tesi: 16 Marzo 1993 Come al solito il treno correva e tutto si accelerò. Carotenuto mi disse che dovevo discutere la tesi a marzo e non a giugno di quell’anno 1993, altrimenti tutto veniva rimandato. Avevo 12 giorni per presentarla. Era tutta dentro di me, la vedevo; avrei usato anche le tesine delle due specializzazioni già fatte, ma dovevo assemblare le parti. Feci il programma mentale della creazione per il tempo stabilito.

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Ogni mattina, in quei 12 giorni, mi alzavo alle sei e finivo a mezzanotte. Scendevo dentro di me, mi affidavo al mio sé e cominciavo a scrivere. Tutto andava in automatico. Già vedevo i vari capitoli. La sera, Angela, che lavorava al C. N. R., prendeva i pezzi che avevo scritto e li inseriva nel computer; io poi le dicevo come impostare il tutto... Niente altro: solo dormire, mangiare qualcosa e scrivere, quasi chiusa in casa per dodici giorni. E ce l’abbiamo fatta. Il titolo: “La metafora come ponte tra conscio ed inconscio”. La tesi è stata consegnata nel tempo stabilito, ma ecco che anche la discussione della stessa si è accelerata. Perché tutto così veloce? Anche il giorno della discussione, invece che alle dodici sono stata convocata alle ore nove. Angela era impegnata con il lavoro, non poteva liberarsi prima, così sono andata da sola. Nella grande sala di attesa c’erano altri laureandi e intorno a loro amici, parenti, fiori. Sono entrata nell’aula dove intorno ad un grande tavolo mi aspettavano gli esaminatori. La discussione è stata buona, ma quando sono uscita nella grande sala, mi sono sentita molto sola. Erano quasi due anni che correvo come un treno, sempre impegnata. Ora l’obiettivo era stato raggiunto ed io mi sentivo “sola”. Cercai Angela al telefono, ma era occupata e non poteva raggiungermi; trovai allora un’altra amica. Mi avrebbe portato a cena in un locale vegetariano a Trastevere e lì avremmo festeggiato la Laurea. Guardavo gli altri, i fiori, gli abbracci... Ma, andava bene così! La sera, incontrai a Trastevere l’amica e ci avviammo al ristorante. Lei mi spiegò che i proprietari erano seguaci di Sai Baba e, accanto al ristorante c’era un “tempio” dedicato a lui. Ma chi era Sai Baba? Non l’avevo mai sentito nominare! Del resto, non conoscevo niente di niente. Ero stata educata nella religione cattolica, ma andavo poco a messa, anzi, dopo il matrimonio, anche il poco era cessato. Avevo fatto molti studi, ma non di esoterismo e spiritualità. Ero divenuta una ipnoterapeuta e ciò sentivo importante per aiutare gli altri. Questo sì: volevo aiutare. Avevo lasciato la scuola, riprendendo a studiare per non essere limitata da una struttura e poter agire liberamente. Alla fine degli esami universitari, avevo tratto un sospiro di sollievo.

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Ah, finalmente, per un po’ di tempo niente più libri! Perché, allora, arrivate nel ristorante, mi regalarono un altro libro? La copertina era viola. “Il libro della perfezione”, questo era il titolo, di Aivanhov, che chiaramente non conoscevo. Ci fu il rituale della benedizione del cibo e poi mangiammo. Guardavo le foto di Sai Baba con quel vestito arancione; mi attirava. Martedì 23 aprile 2008 Marina di Grosseto Sono già le due e trenta di notte. Ho scritto in continuazione e il polso brucia. Decido di sistemarmi per dormire. Al mio risveglio il pensiero va a Michele; oggi è il 23, numero per me simbolico e collegato a lui, come ho già detto. Ripenso ad un contatto molto bello legato a questo numero. Michele era ormai già entrato nella mia vita e nella mia consapevolezza. Sentivo dentro di me la sua voce, se chiedevo avevo risposta, vedevo i segni all’esterno, ma desideravo sempre assicurarmi che la sua presenza non fosse solo frutto di una creazione personale. Quella volta, chiesi a Rita, un’amica medium, se poteva crearmi un contatto. L’Arcangelo arriva a poche persone e non sapevo se con Rita sarebbe stato possibile. La donna era venuta a salutarmi quella mattina e con me c’era anche Patrizia, una ragazza con capacità sensitive, danneggiate però dall’ambiente familiare assolutamente chiuso sull’argomento. Rita prese carta e penna preparandosi a scrivere. Patrizia se ne andò ed io attirai, tra le mie, la mano di Rita. Allora accadde qualcosa... Il corpo era di Rita, ma tutto l’atteggiamento era cambiato. Non era più lei, che io percepivo, ma un essere regale, maestoso e insieme pieno d’amore. Michele, attraverso la medium, cominciò a parlarmi: “Posso stare poco” mi disse subito” altrimenti rischio di rovinare il veicolo (cioè Rita); poi accennò a Patrizia, ormai fuori della stanza, dicendomi di aiutarla (vi parlerò di lei più tardi). La mia mano era nella Sua e Lo sentivo; era un calore conosciuto, un ricordo dentro di me. Rispose alle mie domande; era un momento difficile della mia esistenza terrena, il mio contatto con Lui rimaneva ad un livello

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spirituale e non mi rendevo conto della nostra unione energetica (io sono parte di LUI) e della mia possibilità di creare nella realtà virtuale. “Vai sempre avanti, lascia andare il passato. Dai sempre e riceverai!” Queste le sue parole, che mi entrarono dentro con amore e con forza. Desideravo andare a Monte S. Angelo, in Puglia, per vedere la grotta, dove si dice che lui abbia combattuto l’avversario, e la chiesa là costruita; glieLo dissi. “Voi innalzate cattedrali di pietra”. rispose “Il mio tempio sei tu, il mio tempio è il mondo”. Ad una richiesta sui figli, che in quel momento mi preoccupavano, mi disse che dovevo costruire un altro “nido”. Mi chiesi allora “dove” e forse, oggi un nido è stata questa casa di Marina, poco amata, ma quanto mai provvidenziale per uno dei miei figli. Sotto la grondaia, in questi tre anni c’è sempre stato un nido e due piccioni in amore. Allora Michele mi dette un Codice per chiamarlo, di cui il 32 o il 23 è una parte.Quando Lui se ne andò, Rita dolcemente mi sorrise... ma non ricordava nulla. Il suo spirito si era allontanato per far posto ad un'altra guida, l’Arcangelo. Potete avere quest’immagine: lo Spirito, o un suo raggio che s’incarna, è posizionato sopra la testa, ad una certa altezza, al punto dell'ottavo chacra. In alcune comunicazioni viene chiamato “Genio alato”, che sovraintende il lavoro del corpo. Una sua scintilla entra all’interno della macchina e si posiziona nella sfera del cuore. Generalmente viene chiamato “Angelo dorato” o Anima o gocciolina animica. Dov’è localizzata la fontanella, sulla cima della testa, è presente “Lo specchio di riflesso”, così viene detto, che se è trasparente, quindi aperto (pensiamo al loto dai mille petali), permette il contatto tra Genio e Angelo dorato. Generalmente, però, dopo la nascita, lo specchio, pian, piano, si appanna e si chiude il collegamento, cosicchè l’angelo interiore si trova a vivere in una macchina che procede guidata da un cervello computer, avente programmi vitali atti alla sopravvivenza del veicolo, ed anche generati a livello genetico ed educativo. Esso, isolato nella sfera del cuore, può interagire attraverso messaggi intuitivi, non sempre ascoltati. Il risveglio avviene quando si apre il contatto tra Mente, Anima e Spirito.

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Allora, come dice Michele, come ho letto in seguito nel testo “Segnali di luce”, si ha il vero Uomo, l’Uomo Angelo. Oggi è il compleanno di Michele, il figlio della cuoca che ho incontrato ieri a Grosseto, sulla panchina mentre aspettavo l’autobus. Finisce quattordici anni. Decido di andare a prendere l’aperitivo al bar dove lui lavora, “La Pergola” di Castiglione della Pescaia. Voglio brindare a Michele e all’inizio del libro. È tutto così pieno di segni che, come al solito, sembra che un’aria densa e calda mi circondi. Guardo l’insegna così colorata; ah, sì, quei tralci, quell’uva, mi ricordano la grande pala della cappella di S. Michele Arcangelo nella chiesa de La Valletta, nell’isola di Malta: sono suoi simboli! Scendo poi sul molo, dove le barche ondeggiano lievemente e il profumo del mare è intenso. Dapprima mi attira il rumore delle anatre che schiamazzano, poi le vedo radunate vicino ad una ragazza, che dà loro delle briciole di biscotti. La guardo: sembra di altri tempi. La gonna lunga, un maglione, una sciarpa che pende al collo, i capelli sopra le spalle e castani. Ha una voce morbida e tranquilla, senza flessioni emozionali. Cominciamo a parlare e ci incamminiamo insieme verso la mia automobile. Passa sfrecciando e urlando un’autoambulanza. Nel salutarla le chiedo il nome: “Barbara” risponde. Eh, sì! È arrivata anche lei, perché il nome Barbara è un altro segno positivo per me, che mi indica la giusta posizione nel programma e si manifesta simbolicamente con incendi, pompieri e... autoambulanze. Barbara Questo segnale si è manifestato presto, tanto che, per me, incontrare i pompieri nei miei spostamenti è molto frequente. Barbara è il fuoco ed io sono fuoco, un leone. Come al solito, vengo istruita e portata nei luoghi adatti.

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In Sicilia mi sono trovata a Paternò, per la festa di S. Barbara, la patrona del paese.La statua era portata in processione su un baldacchino d’oro tra fiori e fuochi d’artificio. Che spettacolo! E lì ho appeso la storia della santa. Era stata rinchiusa in una torre perché amava solo Dio e non voleva andare sposa; sulle scabre pareti, aveva fatto aprire tre finestre contro il volere del padre, che, poi, infuriato per il suo rifiuto,l’aveva egli stesso decapitata. Da tempo mi interesso alla vita dei santi, comparando le loro vicissitudini con le situazioni di tante persone da me conosciute. Certo il martirio di oggi è diverso, non assume la risonanza e ridondanza che la chiesa ha voluto, ma esiste, costante, spesso subdolo, sempre le più volte nascosto, il martirio degli esseri di luce, in questo mondo di tenebre. Tanti fratelli e sorelle, e solo tra quelli a me noti, tanti che mi si stringe il cuore. Guarda caso, come nel passato, sono gli stessi familiari, spesso uno della famiglia, a ostacolare, danneggiare, limitare, con un trattamento o fisico o psicologico, che, visto dall’esterno, appare oltremodo coercitivo. Cosa ne è del loro risveglio, costretti in una macchina mappata a livello educativo e genetico, limitata con programmi di chiusura, se non apertamente violata? Il mio scritto è dedicato a coloro che non ce l’hanno fatta, che sono stati volutamente addormentati con gli psicofarmaci, le droghe, la pressione quotidiana e sociale. È stata tagliata loro la testa, come a S. Barbara, sono stati eliminati, affinché la loro luce non rompesse le tenebre. Bruno, Pina, Patrizia, Gianfranco, Gianluca, Maria, Francesca... Il mio scritto è dedicato ai moltissimi che ce l’hanno fatta, che ce la stanno facendo, lottando e ancora lottando contro i programmi virtuali di questa frequenza, per accendere la luce, per alzare il velo. Non pensate che chi scrive abbia avuto un trattamento privilegiato. Molto è stato agito su di me, quando ero inconsapevole, per chiudermi e fermarmi, molto è stato fatto al mio risveglio per eliminarmi; ancor oggi, che sento l’aiuto di Michele e sperimento, spesso, il mio potere, oggi il mio cuore aperto mi rende più sensibile e consapevole dei costanti attacchi quotidiani; sono protetta, ma sento l’odio, l’invidia, la cattiveria... Sono però leggere su me, piccole spine nel mio cuore, che è aperto alla compassione: pochi sono perfetti e anche nel difetto, nel sonno, l’essere

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può indicare, svelare la via. Se non è una entità veramente diabolica... o, diciamo, completamente addormentata. Eh, sì, allora interviene Michele... E sono guai per l’altra parte! Non a caso sono “uno specchio riflettente”, comunque amplifico, tiro fuori, a livello catartico, e rimando... Questo va oltre il potenziale lavoro di terapeuta: tutto avviene! Ma la sua statuetta raffigurante Barbara l’ho avuta in un altro luogo. Merita ricordarlo, perché, sempre, un simbolo o un ricordo interiore, vengono, anche in tempi diversi definiti. Ero andata in Brasile per studiare il Candonbleau, un’antica religione proveniente dall’Africa. Come al solito si era verificato “un caso”, la conoscenza di un Pai, un maestro brasiliano, mentre ero a Genova. Mi aveva letto il destino sulle conchiglie. Niente di significativo, ma mi attirava il Brasile e il conoscere i riti e le usanze della sua comunità. Così partii e rimasi nella foresta di S. Paolo per quindici giorni, imparando le danze, i colori, i canti dei suoi Orixas o Santi. La mia era curiosità, ma guardavo con sgomento le persone italiane che erano andate là per essere iniziate: i rituali erano senz’altro di potere più nero che bianco. Comunque, per ritornare a S. Barbara, mi fu detto che il mio Orixas era Iansà, con i suoi colori dal rosa al fuxia e viola, con le sue danze conturbanti; la santa corrispondeva, come è loro usanza fare, alla cattolica S. Barbara. Così là, a S. Paolo, trovai una sua bella statuetta. Corona, coppa, spada o palma, torre, sono i suoi emblemi. Sì, la torre, che continuamente era per me un segnale e lo è tutt’oggi. La mia vita era piena di torri, ma ancora non conoscevo Maddalena. La discesa: 16 marzo 1993 Angela mi portò anche al tempio di Sai Baba, che era a fianco del ristorante e apparteneva sempre agli stessi proprietari. Seppi che essi andavano spesso in India e si occupavano della cucina nell’ Asharam di Baba.

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Tornammo a casa. Era stata una giornata intensa e mi addormentai profondamente. Ma il giorno dopo... il giorno dopo, risentii nuovamente quel senso di solitudine e una sensazione di vuoto. L’impressione era quella di avere, all’interno, un canale vuoto. Ricordo che, a quella sensazione così forte, partì dal mio cuore, proprio come un movimento fisico, un grido di aiuto “Oh Dio, aiutami, mi sento tanto sola!” Allora accadde qualcosa che spiegherò attraverso ciò che provai. Non ricordo esattamente quando; sentii scendere dall’alto ed entrare dentro la mia testa “come una pioggia densa e morbida”, che cominciò a riempirmi. I momenti successivi sono vaghi; il tempo svanì per un po’, poi cominciai a vivere in un modo diverso, con quelli che chiamavo “fenomeni paranormali”.Tutto era però armonico, in una nuova “norma”. Allora non conoscevo nulla, oggi potrei dire che si era aperto il chakra della corona, c’era stato un allineamento del canale, che unisce il perineo alla fontanella della testa, ed in seguito si ebbe anche la risalita della Kundalini: questo dette luogo a fenomeni di risveglio della macchina biologica (il corpo), che per vari mesi furono abbastanza stabili. Mi sentivo più leggera, camminavo come se non sentissi il suolo, vivevo in una situazione d’estasi, cioè priva di perturbazione emozionale, espansa e, nel contempo, sentivo, tra me e le persone che frequentavo, l’ambiente, come un diaframma, una bambagia, così la chiamavo. Mi sentivo completamente piena: amore, forse, ma diverso da quello mai provato, senza desideri, senza richieste: ero... ero... ero. Eppure, l’esterno sembrava uguale, solo molto vivace nei colori, luminoso, e, se guardavo i miei occhi allo specchio, essi erano straordinariamente diversi, così luminosi e splendenti. I sensi erano cambiati. A Roma non potevo entrare nella metropolitana: mi sentivo chiusa e tutto rimbombava. Ricordo che, cercando una via, la mappa della zona mi si presentava a livello istintuale: era un istinto animale, del corpo: sapevo dove andare! Ancor oggi non mi perdo mai, ma allora era proprio tutto a livello fisico. Mi sentivo in uno stato di beatitudine, non provavo timore, solo mi chiedevo se gli altri vedevano i miei occhi diversi.

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Cominciò allora il contatto con Michele; ovunque andassi era pronunciato il suo nome “Michele”, vieni qua, dov’è Michele? Costantemente, veniva ripetuto d’intorno... Arrivò insieme anche il nome David. Ben presto capii i segnali. Se, nei miei movimenti, percorrevo la strada voluta dal mio spirito, l’enunciazione del nome, o l’uno, o l’altro, me ne dava conferma; allora cominciai a chiedere quel segno, come risposta alle mie domande... E questo avveniva; era diventato un codice di contatto. Vivevo, comunque, come se avessi, davanti a me, una linea laser rossa, che era il percorso che dovevo prendere. La vedevo... Sempre con quella gioia, quella pace interiore, quella costante presenza nel momento. Non mi chiedevo il perché, vivevo con curiosità aperta e tranquilla tutto quello che mi accadeva. Poi cominciai a sentire la voce che proveniva dal mio cuore; qualcosa che per me era normale, un rispondermi, un consigliarmi, un indicarmi, anche le più piccole cose. Anche tutt’oggi, questa è una costante della mia vita. A volte, se non trovo qualcosa, chiedo ed ho la risposta precisa sul luogo dove cercare. Non trovo l’oggetto... “Non è vero!”... dico arrabbiata... E la voce, paziente, mi dice di guardare meglio. L’oggetto è lì, è sempre stato lì, non avevo focalizzato. Non chiedo sempre, ma so che sempre ho le risposte. Molto spesso, la voce, “la mia voce”, esprime, da sola, considerazioni su persone e situazioni: risultano sempre vere! Quando faccio terapia, o invio energia di guarigione, sento sempre la voce del cuore, del mio angelo d’oro interiore, della mia gocciolina animica, collegata al mio spirito, Michele. Un collegamento d’amore tra macchina biologica, anima e spirito. Da “Come Dio divenne Dio” di Daniel Givaudan, ed. Macro “L’orgasmo divino - ci si immagina troppo facilmente che il cammino che porta dichiaratamente al divino sia e debba essere noioso. Per estensione, si crede anche che i Maestri di saggezza e i più grandi mistici siano costretti alla penitenza e alla mortificazione. È falso! Sì, nella scoperta dell’estasi mistica Maestri e Saggi sperimentano e poi conoscono un vero e proprio godimento. Comprendiamo che la “vicinanza di Dio” non fa rima con la sofferenza. Ma non equivocare... Il loro

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godimento non esclude nulla. Corpo, anima e spirito vi partecipano tutti insieme”. Devo dire che questo corrisponde al mio innamoramento per Michele; quando penso a Lui, si spande dal cuore un gran calore, che mi riempie, mi prende, mi lascia, a volte, senza respiro; è una gioia, un’armonia; potrei viverci e non avrei bisogno di mangiare, non avrei bisogno di altro... Invece me ne distacco, presa anch’io dalle immagini virtuali, assorbita dalle necessità di tanti, ma Lui è sempre lì, presente, vicino, “Puoi sentirmi sempre nel tuo cuore” mi dice “Amata”. Come ho già detto, spesso ho cercato di contattare Michele “dall’esterno”, sia perché, soprattutto inizialmente, non mi fidavo ed avevo timore di interferenze mentali, sia perché mi piace chiedere ad un’altra persona preparata in tal senso e confrontare. Nell’episodio, già citato, di Rita, una canalizzatrice spirituale di Grosseto ed anche cara amica, la fusione con Lui, attraverso la mano della donna, creò quell’onda di amore, che sempre mi pervade, al suo pensiero, ma che, allora, fu intensa e totale. Sempre con Rita, c’era stato un precedente momento di contatto, al calar della sera, vicino al mare, sull’isola del Giglio (il giglio dei Merovingi). Là, sedute su uno scoglio, che l’acqua lambiva, la donna ha scritto: “Mia cara, finalmente ti ho contattato” “Sei l’arcangelo Michele” chiede Rita “Così voi mi chiamate” risponde. Lui è una Potenza che va oltre i limiti di una religione. Il Petriolo Ricordo che tornai a Grosseto e andai da mia madre. Nel nostro rapporto c’erano sempre stati problemi emozionali, ma, allora, mi misi a sedere sul divano del tinello e non sentivo proprio niente, né odio, né amore, solo quella pace infinita dentro di me. L’esterno era come distaccato e isolato da quella “bambagia”. La donna mi dette un libro di poesie appartenente a mio padre. Non lo guardai subito; più tardi, cominciai a vedere spesso intorno a me un bambino di circa dieci anni, con un’aureola verde intorno alla testa (ho

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visto in seguito altre aureole). Era molto luminoso, comunque io vedevo sempre tutto più luminoso e colorato. Aprendo il libro vidi la sua foto in prima pagina: era un poeta bambino, morto in giovane età. Ero senz’altro in un’altra frequenza. Molte spiegazioni mi sono state date, in seguito, dal libro “Il risveglio della macchina biologica”. Ricordo che decisi di andare, con la mia auto, al Petriolo, una località tra Grosseto e Siena, dove l’acqua termale sgorga libera, formando calde vasche solforose. Accanto scende un torrente dove è possibile immergersi nella calda stagione. Avevo fatto il bagno e volevo rientrare, quando accadde qualcosa di particolare ed il motore già avviato si spense. Accanto era parcheggiato un furgoncino; ne scese un uomo con un volto scuro, orlato da una folta barba, che mi invitò a seguirlo su una panchina vicino ad un albero. Non ci fu resistenza da parte mia; fui portata. Lui mi disse: “guarda”, indicando l’albero, e io vidi un grande schermo con persone e vicende. L’uomo affermò che eravamo vissuti insieme in un’altra vita. Questo non mi piacque, sentivo un senso di disagio, lo sentivo negativo. Mi affrettai a risalire sulla macchina che subito partì. Lui mi aveva regalato qualcosa. Quando tornai a Roma, Pina, che avevo conosciuto a Trastevere al centro di Baba, mi disse di fare attenzione perché potevo incontrare delle “larve”; prese l’oggetto e lo bruciò: non voleva bruciare. Ero entrata in un mondo sconosciuto, di cui non avevo mai letto nulla; da una parte era un bene, perché ero priva di condizionamenti, ma, dall’altra, ero indifesa e questo l’avrei capito più tardi. Ormai il treno aveva ripreso la corsa in una nuova direzione. Di libri, poi, ne sarebbero arrivati tanti e la mia sete di conoscere era tale che mi trovavo a leggere tre libri in contemporanea. Ma non era difficile. La Kundalini

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Il giorno dopo, mi recai sulla spiaggia di Marina di Grosseto: l’aria era calda e il cielo luminoso. Sempre quella sensazione di bambagia intorno a me, che mi faceva sentire il caldo e, insieme, non sentire, perché il mio corpo aveva un calore interno particolare, che mi staccava dall’esterno. Mi sdraiai sulla sabbia color oro (tutto intorno mi appariva dorato, ad eccezione della linea azzurra del mare) e fui presa da un leggero torpore... Poi decisi di tornare a casa. E così accadde... Ero appena giunta nella mia stanza, che il calore cominciò ad aumentare. Mi tolsi gli abiti e rimasi con il “due pezzi” della spiaggia. Il corpo divenne rosso, sempre più intenso, soprattutto nella parte sinistra, dove, all’altezza del cuore si formò un piccolo e brillante cerchio, che, ancor oggi, appare, come una macchia scura, “una bruciatura di sigaretta”, come ebbe a dire un mio amico. Intorno quella bambagia e il corpo che bruciava e non bruciava, perché non c’era sensazione di dolore, non di paura... quel grande fuoco ed un sentirlo salire, senza barriere: un orgasmo, e un altro e un altro ancora... Morire di piacere! Poi l’istinto: presi dal bagno un asciugamano di spugna, lo immersi nell’acqua del lavandino e lo avvolsi intorno al corpo. Lo appoggiavo sulla pelle, e si asciugava... una, due, più volte, non so quante, perché non c’era il tempo, non c’era la paura della mente: il corpo andava in automatico, per la sua sopravvivenza; nel ricordo, molto precisa, la curiosità del perché, dopo tanta acqua, io avessi sempre il reggiseno asciutto! Poi tutto finì: solo la macchia scura sul cuore, come la bruciatura di una sigaretta. In seguito ho avuto occasione di leggere vari scritti sul ritrovamento di corpi, definiti autocombusti, dei quali rimanevano gli arti, mentre il tronco appariva completamente bruciato; in alcuni casi la devastazione era minore, ma ugualmente inspiegabile. Non c’erano tracce d’incendio, tutto intorno, né riguardo agli oggetti sul corpo, né in quelli vicini. Mistero! Nella filosofia indiana si parla della risalita della kundalini, forza dormiente, come un serpente arrotolato, alla base della colonna vertebrale; il suo risveglio può portare all’illuminazione, ma il suo fuoco può bruciare.

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Il Tantra, la disciplina usata per la sua attivazione, veniva indicata come via pericolosa, adatta solo ai maestri. Può darsi che questa forza, risvegliandosi senza controllo e non trovando una aperta via di ascesa, quello che è chiamato “susciumna” o canale centrale, crei un corto circuito nell’apparato elettrico della macchina biologica (il corpo) e quindi un “incendio”. Sappiamo, infatti, che i collegamenti neuronali e nervosi sono di natura chimico-elettrica ed hanno le primarie centraline nel cervello e in tutto il midollo spinale (il susciumna eterico). Nella risalita della kundalini, elettricità ad alto voltaggio, l’intoppo avviene nel canale dove, a livello eterico, i chakra sono in parte chiusi e creano degli ostacoli, a livello materiale la conduzione chimico-elettrica è intasata da scorie di vario tipo. Non a caso la devastazione avviene nel tronco, mentre gli arti sono, generalmente, risparmiati. Per quanto riguarda il mio caso, ritengo, in una analisi fatta a posteriori, che la precedente discesa dall’alto, attraverso l’apertura del loto dai mille petali, con l’attivazione dei chakra superiori fino al cuore, abbia stimolato e favorito l’ascesa, non creando danni, anche se c’è stata una leggera deviazione verso sinistra, causata da intasamento. Ma essa è fuoco, folgore, alta tensione, che distrugge il vecchio e rinnova, che brucia e rigenera. I corpi terrestri sono macchine a bassa tensione, pile che si stanno scaricando, in relazione all’età e allo stato di salute, inesorabilmente, sino alla morte. Invece è possibile riaccendere il fuoco della vita, accordare la macchina a frequenze superiori, metterla in collegamento con l’alto e con il basso, unire ciò che è stato diviso, la vibrazione della materia e dello spirito: allora saremo la scintilla divina che siamo. Né invecchiamento, né malattia, né morte. “Il vero umano” dice Michele “è colui che chiamiamo angelo, dove corpo, anima e spirito sono una cosa sola, tre in uno”. Dopo eoni di buio, stiamo risalendo all’unità, stiamo tornando angeli in una terra che sarà diversa, luminosa, brillante, gioiosa; la sua percezione sarà diretta non mediata da un cervello programmato, i sensi liberi spazieranno su nuove frequenze, perché tutto di noi sarà in una nuova vibrazione: amore, amore, “a mor”, senza morte.

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Ma prima il fuoco, questa carica che ci trasmuterà. Ciò, da tempo, sta, più o meno lentamente, avvenendo. La terra, la madre, e noi stiamo cambiando. Anche dalle piccole cose che sono intorno a noi, che accompagnano la nostra quotidianità, ci accorgiamo che i ritmi della natura sono cambiati, che poco corrisponde a prima: il calore del sole, l’intensità e la distribuzione della pioggia, la forza improvvisa di venti, l’alternarsi delle stagioni... Il “corpo di luce” sarà il nostro nuovo vestito, luminoso, vivo, oltremodo sensibile e percettivo, splendidamente avvolto dalla bambagia madreperla dell’amore della quarta e quinta dimensione; il corpo di luce sarà il nuovo vestito della nuova terra. Cesare A Roma, Angela mi portò alla conferenza di Cesare, che parlava di Sai Baba e dei suoi scritti. Lui stesso, ogni domenica, nel suo centro vicino Chianciano, faceva veggenza. Cesare mi piacque: era molto vicino alla mia frequenza. Mancava poco alla Pasqua e sentii la spinta a recarmi là. Per me allora il tempo e lo spazio esistevano in modo relativo; non pensavo mai ai chilometri che dovevo percorrere e quasi improvvisamente mi trovavo all’arrivo. La mattina di Pasqua, appena giunta, trovai Cesare con altre persone al tempietto, una stanza piena di incensi e tappeti; le vetrate erano dipinte e colorate. Cesare mi si avvicinò sorridente. Sentii una fitta sulla fronte, quando una voce, che proveniva da lui, ma non era la sua, mi chiese: “da dove vieni?” “da dove vengo” pensai “ proprio non lo so” Poi dissi “vengo da Grosseto” Ma la risposta non era pertinente alla vera domanda. Nel pomeriggio nella sala della biblioteca, Cesare iniziò la sua medianità, al suono della chitarra, e la voce che parlava era quella che avevo già sentito. Per me era la prima volta. Chiesi cosa dovevo fare, chiesi un consiglio; stavano avvenendo tante cose! La voce rispose che dovevo portare al collo la stella di Davide

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perché ero di discendenza davidica e che per me andava bene vivere in un luogo collegato alla “via francigena”. Le due cose non mi erano per niente chiare; la stella al collo l’ho messa molto tempo dopo e il posto... ancora non ci sono; ma ora sono consapevole del significato delle parole. A fine serata, Cesare mi disse che quella mattina, nel tempietto, aveva chiesto una nuova compagna, dato che si stava separando; ero arrivata io ed aveva sentito il mio essere. Mi chiese di rimanere, ma, in quel momento, io non cercavo un compagno e la mia espansione di cuore mi aveva collegato profondamente ai figli che desideravo rivedere. Così partii. Avrei rivisto Cesare a Roma e la sua presenza sarebbe stata importante e di grande insegnamento. Cassandra La discesa di energia aveva causato un risveglio della mia macchina biologica. Le cose esterne non erano più degli imput decodificati dal cervello secondo un programma; vedevo direttamente e tutto era più vivace, luminoso, colorato. Non erano più le ombre viste sul muro della caverna platoniana. Mi trovavo a Roma, vicino al Vaticano, quando cominciò ad attivarsi una visione particolare. Stavo guidando la mia panda e fui sorpassata da alcune macchine: da esse si sporgevano fuori dei giovani che mi salutavano, si sbracciavano e sorridevano. Tutto aveva una marcia in più, una vibrazione in più. Vedevo però anche ai lati della strada, delle macchine chiuse, nere, con accanto degli uomini in nero. Di essi avrei avuto spiegazione più tardi. Mi fermai in una piazzetta, sempre vicino al Vaticano, e scesi. Vidi quasi subito arrivare una Topolino rossa e da questa uscì un uomo alto e molto elegante. Mi si rivolse, fece un atto d’inchino e disse: “Salve Cassandra.” Che strano! Dopo aver detto ciò, risalì sulla topolino e se ne andò. Però Cassandra cominciò a risuonare, dandomi pian piano tutti i dettagli della sua vita, che non conoscevo, come stava avvenendo per Santa Barbara, Giovanna D’arco, Sissi, Maria Maddalena.

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Infatti, poco tempo dopo mi trovai, casualmente ad assistere ad uno spettacolo di Sofocle, bellissimo, nell’anfiteatro di Roselle, zona di ritrovamenti etrusco-romani, vicino a Grosseto, dove si parlava dell’uccisione di Cassandra. Poi fui invitata alla presentazione di un libro nel quale era citata la vita di molte donne, ed anche di Lei. La veggente, come sappiamo, dice di non fare entrare il cavallo preparato da Ulisse all’interno delle mura di Troia; non viene creduta, la città è distrutta e lei viene portata prigioniera a Sparta al seguito di Menelao; là viene uccisa insieme allo stesso Re per mano dell’amante di Clitennestra, la regina che voleva avere il potere e il trono. Questa in sintesi la storia, ma la potenza del personaggio si manifesta nella furia delle Erinni, che si scatenano dopo questo atto contro un essere divino, la sacerdotessa di Apollo. Secondo la leggenda lei si rifiutò al Dio, che per punirla decretò che la sua veggenza non fosse creduta, ma essa rimaneva pur sempre una dea e il suo corpo non doveva essere violato. Il collegamento tra Apollo e Michele mi è risuonato in varie occasioni, una delle quali in Grecia presso il santuario di Delfi. Nell’epica greca, infatti, si trova identificazione tra Apollo, dio del sole e Michele; ora, in questa vita scopro il legame, prima con l’Arcangelo, poi con Apollo e la sua sacerdotessa e vivo una mia veggenza, spesso sconosciuta agli altri, quasi inconsciamente negata, che però affiora costantemente dal tempo di quello che chiamo risveglio ed anche prima. “Tu sei, tu sei un essere divino, tu sei la figlia del sole”Le parole dell'uomo incontrato per caso, così,all'improvviso, prima di sparire alla vista... Devo anche dire che intorno a me la protezione è molto forte e che, ancora, si scatenano le Furie contro chi mi fa del male. Sono uno specchio riflettente, ciò che mi arriva, rimando. La leggenda si intreccia con la verità, ma sembra, comunque, che i troiani, dopo la distruzione della città, a causa di guerre o anche di calamità naturali, si mossero dall’Asia minore e, via mare, raggiunsero la costa del Lazio e della Toscana, mischiandosi alle popolazioni autoctone e dando origine, in parte, agli Etruschi. Ed io sono nata qua, in lidi etruschi, e porto in me memorie antiche, medio-orientali: Cassandra, Barbara, Maria Maddalena.

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L’esperienza vissuta quella mattina di sole, presso il Vaticano, a Roma, mi portò a cercare spiegazioni. Tutto per me avveniva in modo naturale, tutto era sempre molto colorato e vivace nella pellicola vissuta, ma a livello razionale non quadrava. Avvenivano allora gli incontri, perché avessi un chiarimento. Conobbi così Umberto, allora conosciuto a Roma come sensitivo e insegnante di tecniche di risveglio “tecniche dell’unione”. Lui mi spiegò... Accade, in momenti di risveglio della macchina biologica, di rivivere episodi di vite precedenti, di ricordare, o di entrare nella frequenza di persone collegate a quel tempo passato, che, in quel momento, si sta sbobinando nel cervello. Così io vivevo qui ed ora, ma anche il qui ed ora di un’altra frequenza, collegata al tempo di Cassandra e ad un momento della sua vita. Coloro che mi salutavano, l’uomo che si era inchinato, mi vedevano tutti nella frequenza di Cassandra. Vero? Penso di sì, perché l’atmosfera era la solita, come una bambagia diffusa, che tutto attutiva, mentre il movimento, il tempo era veloce, l’aria brillante, le figure molto nette, nei contorni. Tutto più veloce, più brillante, più netto e insieme come sospeso... Conoscevo ormai bene quella percezione: non era collegata ai sensi usuali. Così accadde un altro incontro: Carlo, docente universitario di filosofia, esperto e appassionato di Nietzsche, persona interessante, ma strana... Ma tutto era strano, perché correva spesso su una realtà che posso dire “parallela”, la stessa, ma non proprio quella. Carlo mi invitò a cena in un locale vicino Piazza S. Pietro; il luogo è vicino a quello “della topolino” e penso proprio che la zona abbia una frequenza particolare, sia una porta dimensionale; non a caso, lì, è stata costruita la Basilica. Era già sera, i lampioni erano accesi e allungavano luci ed ombre in direzione del colonnato, intorno alla piazza. Vidi l’uomo che mi aspettava sulla strada; man mano che mi avvicinavo, il paesaggio sembrava dilatarsi, i palazzi si allungavano, variando la forma. Lui stesso mi sembrava più alto. Mah, ormai, non mi ponevo più problemi e la serata fu interessante. Potevano sembrare effetti di sostanze allucinogene, ma non prendevo droghe, neppure fumavo, né bevevo vino, come ancor oggi faccio; anche

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quella volta mi sentivo vigile e tranquilla; presto tutto si “normalizzò”, o meglio rientrò nello stato di sonno; solo qualcosa allo stomaco, mi ricordava tutto quell’ondeggiamento. Era l’estate romana, e la gente rimasta in città, insieme ai turisti, godeva, la sera, dell’alito fresco del ponentino e delle molteplici iniziative che aprivano ville e giardini. Andai con Carlo a uno spettacolo teatrale all’aperto; la serata era piena di profumi e sempre quell’aria ovattata. Lui cominciò a toccarmi le gambe, risalendo verso l’inguine; le sedie vicine erano vuote, ma, poco più là, c’era gente! “Non c’è nessuno, siamo soli, lasciati andare alla musica”. Ed eravamo come dentro una bolla, mentre un fiume saliva in me... e intorno non c’era nessuno. Poi non l’ho più visto, ma non mi sono chiesta chi fosse; allora vivevo: ero io, erano gli esseri che incontravo a creare nuove percezioni, eravamo entrambi? Certamente incontravo chi era in risonanza con me; ma era tutto così normale! Lo sciamano A Roma il tempo, in quel tempo, fluiva come un gioco. Ancor oggi, la mia percezione sul fluire è molto rallentata, ma allora il qui ed ora era costante: mi ero staccata non solo da Grosseto, ma, soprattutto, dai pensieri, che gestivo attraverso programmazioni; tutto intorno mi dava messaggi e mi sentivo immersa in essi mossa da una forza che mi guidava morbida e insieme frizzante. Seppi, da qualcuno, che era arrivato uno sciamano dal centro America; faceva una terapia di armonizzazione: era il mio primo contatto con un nuovo mondo. Avevo bisogno di armonizzarmi, non me lo chiedevo, solo sentivo il desiderio... ed era un ordine, per me, che veniva dal profondo. Presi la mia pandina bianca, chiamata Linda (tutte le mie cose, espressione del divino intorno a me, hanno un nome), e mi diressi verso la zona della città, dove avevo l’appuntamento.

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Roma, si sa, è enorme, ma, giunta nella linea d’aria, vidi un cartello-freccia che indicava la direzione per la strada; vidi un cartello, non piantato a terra, ma sospeso, nel cielo, davanti a me. E non è stata la prima volta, che mi sono arrivati messaggi in tal guisa, come quando, lavorando per la guarigione di una persona, apparve, sull’arco della porta della stanza, dove operavo, la scritta “Massimo è guarito”. E così risultò dalle analisi successivamente fatte. Ora, l’apertura del cuore, mi fa sentire la voce interiore del mio essere e non c’è più bisogno di questi apporti esterni. Comunque, pur essendo per il profano, spettacolari, erano per me, ripeto, normali, perché quella era la mia norma. Il cielo era di un azzurro intenso; una piccola macchina, con a bordo due ragazzi (la tipologia della piccola automobile, con due giovani uomini a bordo, è una costante che si ripete, soprattutto per la coppia, da cui ricevo aiuto, così da farmi pensare che gli angeli si muovono in due), mi affiancò, e, alla mia richiesta di una indicazione “Anche noi andiamo da quella parte, seguici” risposero; e la vettura corse via, come portata da un vento gioioso, come un giocattolo con la carica; ed io, dietro. La “cosa” cambiò velocemente direzione, quando io mi trovai davanti al portone che cercavo.Che velocità! Ora comprendo quando leggo che lo spirito è vita, dinamismo, perché così era, un movimento frizzante e fluido. La giovane e bionda allieva dello sciamano mi fece entrare nell’appartamento; lui era piccolo e magro, mi fece sedere su una sedia e mi chiese... intanto mi guardava, attraverso le grandi lenti che gli coprivano gli occhi. Ma che occhi erano? Sembravano telecamere che mi sondavano. Occhi grandi, quasi senza fondo. Allora non mi facevo domande: l’assistente all’università, Carlo, i giovani che incontravo, questo sciamano, erano un po’ troppo diversi dagli uomini “normali”; ma poi, chi erano i normali, se la mia norma era cambiata? Ancora, però, non sapevo della presenza aliena sulla terra; in questo risveglio improvviso, venivo aiutata; purtroppo non sarebbe stato sempre così. L’uomo mi fece sdraiare su di un lettino, pose una mano dietro la mia schiena, tra me e l’appoggio; chiusi gli occhi e sentii delle piume accarezzare il mio corpo, dolcemente, accompagnate da un soffio leggero.

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Era piacevole, ma, ad un tratto, ero come sospesa nel vuoto, ero nel vuoto, come un pianeta, in un azzurro profondo; mi sentivo persa, l’unico appoggio era quella mano, come un perno sotto di me. Poi la rotazione del corpo, per un momento, niente, un baratro, nessun contatto; e poi, nuovamente la mano amica e una voce che mi diceva di riaprire gli occhi: “Va bene, abbiamo finito, c’era da riarmonizzare una parte, tutto è a posto” e gli occhi telecamera mi scrutavano. “Ma cos’è che ha girato” mi chiedo, ma non lo dico, poiché so per certo che il corpo è rimasto fermo, sul lettino. Ancora non conoscevo l’esistenza del corpo sottile e della possibilità di lavorare su questo. L’uscita dal corpo A Roma era facile incontrare Cesare, ormai ero nel “giro” e lui faceva conferenze e meditazioni in una vecchia casa di Trastevere. Mi attraeva, proprio nel senso di attirare a sé, come un magnete che dolcemente e, insieme, in modo fermo, ti tiene... Così parlammo e ci rivedemmo, e tutto era veloce, perché il mio treno correva, e tutto era giusto e calmo, perché io vivevo nel mio stato d’estasi. Ci fermammo, in macchina, in una piccola strada del quartiere; era già buio e, dal finestrino, attraverso il vetro, reso opaco dal nostro respiro, vedevo le stelle, un antico e fioco lampione e una madonnina di pietra bianca. Cesare avvicinò il suo volto al mio... un bacio, no, un’infinita dolcezza, e vidi uscire, pian piano, dai suoi occhi, un’impalpabile azzurro, un leggero, ma denso, bagliore azzurro. Usciva da sotto le palpebre abbassate, che nascondevano gli occhi di un angelo, pozze azzurre, che avevo già visto. Tutto, come sempre, era fermo e ovattato: la piccola immagine bianca sembrava sorridermi. A lui piacevo e lui piaceva a me: ci “sentivamo”, soprattutto, perché, in quel momento io percepivo il calore e la densità dell’energia più che il corpo fisico, e, così, penso, anche lui. Ben presto, mi trovai in una camera per passare la notte insieme.

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Ero appoggiata alla finestra, di spalle alla stanza, forse un po’ impacciata: era, infatti, la prima volta che l’attrazione diveniva intimità e provavo dentro un so che di turbamento. Sentendo chiudere la porta, mi girai. Cesare mi veniva incontro, ma sembrava non toccare terra, camminava ondeggiando, come al rallentatore, tutto era al rallentatore e in quella specie di bambagia... Sul letto, di lui sentivo l’energia, come una sfera, in cui ero fusa, e, poi, l’orgasmo, ma, non era un orgasmo, era un sentirsi proiettata in alto, in mezzo a tuoni, ruggiti, barriti: ero fuori del corpo, ero sopra, e facevo l’amore con qualcosa che non vedevo, che, in definitiva, non aveva corpo, ma era un’insieme di suoni, estremamente possenti. Più tardi, durante il mio viaggio in India, ho conosciuto Ganescha, il dio elefante, e l’ho associato a Cesare, al suo passo trotterellante, al mio orgasmo in mezzo ai barriti e, infine, a Michele, di cui penso che l’elefante indiano sia una corrispondenza. Alcuni giorni dopo, rividi Cesare a Trastevere, in una sala sui tetti, dove egli guidava un gruppo di meditazione. Chiusi anch’io gli occhi e mi abbandonai alla dolce musica indiana ed al sussurro rilassante dell’uomo. Ed ecco apparire davanti a me la visione di qualcosa di molto colorato e brillante, una grande melagrana, aperta, piena di rossi e succulenti chicchi, molti dei quali cadevano in basso, come una morbida e benefica pioggia, simbolo di ricchezza ed abbondanza; poi vidi un’immagine, che riempiva tutta la parete di fronte: un edificio allungato, suddiviso da colorate torrette, imponente e ben chiaro nei contorni, molto luminoso, come al solito, quando “vedevo”. Non chiesi spiegazione, ma lo trovai, esattamente uguale, più tardi, in India, a Puttaparti. L’India – luglio 1993 La mia vita era strana: non che ne sentissi il disagio, perché ormai tutto ciò che accadeva era per me normale, ma avevo il richiamo di qualcosa simile a me, qualcosa nella mia frequenza. Spesso mi capitava di chiedermi se la voce che sentivo era “reale”; dovevo guardare le labbra della persona che mi parlava e, se erano chiuse, sapevo di sentire i suoi pensieri rivolti a me.

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Mah!, era uguale, per me, ma non per lei, e facevo attenzione, in quella sorta di abbandono eppur presenza in cui vivevo. Ero tornata al ristorante in Trastevere, avevo rivisto alle pareti le foto di Sai Baba, la sua tunica di seta arancione, avevo ascoltato i “bagian”, la dolce musica indiana, ed era nato il desiderio o forse il richiamo... Decisi di partire. Il viaggio progettato era quello verso l’America, dove, a Fenix, in Arizzona, era la sede della mia scuola di specializzazione in Ipnosi Ericksoniana, ma virai verso l’India. Quella notte, sul prato di Monte Luce, vicino a Cesare, guardavo le stelle e vedevo un aereo che portava i miei compagni verso l’America; c’era anche Bianca, che tanto aiuto mi aveva dato per la tesi, e il mio cuore la seguiva; un piccolo rimpianto, ma ormai avevo deciso: entro pochi giorni sarei partita per l’altra destinazione. Infatti, tornata a Grosseto, preparai la mia valigia e ripresi il treno per Roma-Fiumicino: l’India mi attendeva! Il treno correva ed ecco, nuovamente quella “bambagia”, quella gioia espansa del cuore: ah, sembrava “miracolo a Milano”, la gente si affacciava dai finestrini: un arcobaleno, completo, luminoso, poi un altro e un altro ancora... Tre splendidi ponti, sotto i quali stavamo passando! “Un’anima si è liberata” disse una donna, lì vicino. Tutto era così normale, non c’erano domande, solo una fluida accettazione. Come quando, poco tempo prima, era successo con Mario, un amico imbianchino, venuto a sistemare alcune problematiche della mia casa di Fontebianca, dove allora vivevo vicino a Grosseto. Un diverbio causato dall’uomo, un alzar la voce e un dolore forte nel mio cuore... Poi sulla casa, nel cielo completamente azzurro, un arcobaleno, luminoso, completo, immotivato... e una gran meraviglia e una gran pace. Così altre volte, tanto che esso è divenuto il simbolo della mia associazione “Il ponte di luce”. Ho letto ultimamente che la nuova frequenza schiuman porta a vedere sempre di più l’arcobaleno, gli spettri dei morti, l’ondeggiamento delle cose, come in un quadro di Salvator Dalì. Questo, allora, per me, stava accadendo.

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Bombaj mi accolse col suo grande caldo (eravamo di luglio), coi rumori del traffico caotico e colorato, coi profumi intensi della grande fioritura, coi ciarlieri negozietti che si pigiavano lungo le strade. Il gruppo, che proveniva da Roma e con il quale ero arrivata, aveva programmato una sosta nella città, prima di partire per Wuaifild, nostra destinazione, così ci avviammo verso l’albergo. Tutto è un sogno, maya, come dicono in India, ma quella era veramente una splendida illusione, un palazzo uscito da “Le mille e una notte”, sinuoso, dorato, vibrante di musica e profumi. Dal balcone della mia stanza avevo la vista su un ampio giardino, che, annottando, si riempiva di odori e sussurri; ad un tratto, la fitta siepe di gelsomino si accese di tante piccole luci azzurre, una miriade di stelle che riflettevano il firmamento, mentre una musica festosa sempre più si avvicinava. Stava arrivando la sposa, seguita da una turba chiassosa e gioiosa di ragazze; sotto la sontuosa tenda nel giardino si preparava la celebrazione di un matrimonio. Il profumo del gelsomino che impregnava sempre più la notte, insieme alla musica e alle risate, mi creava all’interno, nel profondo, una sensazione di ebbrezza e insieme di attesa; cosa aspettavo? Comunque, un matrimonio era di buon auspicio ed era, per me, un simbolo di accoglienza, che quella nuova terra mi porgeva. Poi venne il sonno, in quella stanza dai cuscini di seta, dove mi sentivo, finalmente, a casa. Più tardi, mi è stato detto che avrei potuto scegliere di vivere in India, collegando intorno a me tanta gente, che inconsciamente mi attendeva, ma ho scelto di restare dove sono nata, anche se per me, qua, la vita è difficile e l’oriente mi manca, con la sua spiritualità e i suoi colori. Un aereo traballante e, devo dire, molto mal messo, ci portò da Bombaj a Bangalore, detto il giardino dell’India, poi lasciammo i suoi profumi per avviarci, con un pulman veramente antidiluviano, verso la nostra meta: l’aschiaram di Baba. Ma non erano importanti i mezzi di trasporto, erano solo mezzi, nella presenza costante di una sensazione di dolcezza e di attesa. Quella notte, la prima dopo il nostro arrivo alla meta, mi ritrovai, insieme ad altre quattro compagne, all’interno di una vasta camerata, dove i nostri giacigli si distendevano a terra, senza altra suppellettile od ornamento; ma non aveva importanza, nei cuori c’era un solo desiderio: incontrare Baba.

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Ci dividemmo alcune scatole, da usare come armadio, e, ben presto la luce fu spenta... Allora Lui arrivò, cioè arrivò, dalla finestra aperta, una profumo denso e lungo di gelsomino, che, caldo, morbido, mi avvolse. “Chiudi la finestra” disse una delle ragazze “Entreranno le zanzare!” Nessuna di loro aveva percepito la presenza; ed i vetri furono serrati. Rimasi ancora immersa e avvolta, poi, stanca del lungo viaggio, mi addormentai. L’asciaram si svegliava presto e, appena spuntata l’alba, le luci venivano riaccese onde permettere ad una grande moltitudine di lavarsi, indossare il sarj o le tuniche, rallegrare il corpo con collane di fiori e profumi, e correre, correre, cercando di occupare i primi posti nel “darscian” (apparizione del maestro) della giornata. Chi era fortunato, poteva rivolgergli una supplica o dargli una lettera, come era usanza. Ma la cosa più ambita era “l’interviù”, la possibilità di essere ricevuti, da soli o in gruppo, per parlare con lui. Certamente, anche a me, interessava questo; alla partenza non lo sapevo, ma desideravo soprattutto questo contatto ravvicinato e... aspettavo. La vita all’ìnterno del luogo, molto vasto e circondato da un muro di protezione, come una cittadella, si svolgeva con ritmi stabiliti: dopo il “darscian”, era aperta la mensa per la colazione, fatta di tantissime e gustose cose, opera dei cuochi romani di Trastevere, poi c’era tempo per leggere i libri di Lui, che si potevano acquistare nell’emporio del posto, insieme ad incensi ed altri souvenir, si poteva uscire dal cancello, inoltrandosi nelle tortuose e strette vie di Waifild, stipate di negozietti, dove la più accesa fantasia veniva accontentata, o fermarsi presso i banconi a bere spremute di frutta (ottimo il latte di cocco, sorbito con la cannuccia). Arrivava presto il tempo del pranzo e si poteva anche optare di uscire fuori a mangiare presso una mensa indiana piccantissima e colorata, con il latte acido, che ti leniva il bruciore dello stomaco. Poi un’altra interviù e ancora “bagian” e profumi e incontri tra persone arrivate da ogni parte del mondo. “Da dove arriva il tuo corpo?” era la domanda ricorrente, e non “Da dove arrivi?”, chiarendo la differenza tra la scintilla divina che noi siamo e il vestito che indossiamo, il nostro corpo. Passavo molto tempo immersa nella lettura e si chiariva molto di ciò che avevo sperimentato, avevo risposta alle mie domande; il tempo passava e il mio corpo si alleggeriva, sia per l’alimentazione totalmente vegetariana, sia per le frequenti docce, dovute al grande caldo.

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Al sedicesimo giorno dall’arrivo, il mio gruppo era in partenza, ma io decisi di rimanere e così la volta successiva, quando partì il nuovo gruppo al quale mi ero unita. Volevo l’interviù, non potevo andarmene senza; poi mi piaceva vivere là: quel calore che sempre ti avvolgeva, rotto dagli improvvisi acquazzoni pomeridiani, il canto e i suoni, che si dispiegavano intorno, il profumo dei fiori, degli incensi, che carezzava ogni angolo, le tante lingue, che si mischiavano, insieme ai colori delle vesti, ma, soprattutto, quell’unico pensiero, quel solo interesse, che univa le menti e le scioglieva dalle ossessioni del quotidiano. La mente diveniva più vuota, più silente, concentrata sugli stessi, sempre uguali, eppur mai annoianti, impegni giornalieri: la doccia mattutina, la corsa per il posto all’interviù, i momenti di libertà, l’ora del cibo e degli incontri, tutto che si susseguiva tranquillo, senza sforzi, quasi senza decisioni, se ti lasciavi andare, e potevi farlo, a vivere nel qui ed ora del presente. E il tempo passava e ancora, spesso, dovevo guardare le labbra di chi mi parlava, rendendomi conto, ormai, che potevo udire i suoi pensieri; a volte, quando Baba veniva vicino ed incrociavo il suo sguardo, vedevo i suoi occhi (virtualmente molto scuri) di un celeste luminoso e trasparente, ma, anche a questo, ero abituata. L’interviù Ormai erano passati più di quaranta giorni dal mio arrivo, quando, quella mattina, il gruppo a cui appartenevo, il terzo, fu designato per l’incontro. Baba mi aveva fatto fare tutto quel tempo di purificazione ed ora ero pronta: indossai un sahari di seta bianca, un velo sulla testa, come era consuetudine, misi al collo una collana di semi rossi e profumati, dei fiori tra i capelli... La sala dove entrai non era grande, Lui si trovava da un lato e affabilmente riceveva, una alla volta, le persone presenti; faceva delle domande, dava delle risposte, creava dei doni. Mi chiese cosa volessi “Conoscere la mia strada” risposi, anch’io in inglese, e, in quel momento, dopo tanta attesa, non sapevo proprio cosa dire.

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Baba mi guardò, non parlò e sorrise. La mia domanda non aveva senso, perché stavo già percorrendo la via e solo questo era importante, l’andare. Ma ancora dovevo capire, dovevo creare quel ponte tra istinto, intuizione, intelletto, che porta alla vera conoscenza, per riconoscere l’essere che già ero. Fui l’ultima ad uscire: Baba era sulla porta, come un buon padrone di casa, che saluta gli ospiti; in un gesto istintivo e naturale, allungai la mano e Lui la prese tra le sue, la trattenne, stringendola e... io sentii mio padre e una grande emozione s’impadronì del mio cuore. Fuori, nella piazza, seduta su di un muretto, cominciai a piangere; singhiozzavo, ma nessuno si avvicinava: mi sentivo sola, presa da un grande dolore, e realmente, intorno a me c’era il vuoto. Sul tetto dell’edificio di fronte, la casa di Baba, un uccellino laborioso stava costruendo il suo nido; lo guardavo “Costruisci un altro nido” aveva detto Michele; intanto sul mio petto, sulla seta bianca, si allargava, pian, piano, una macchia rossa, come sangue, uscito da una ferita. Era la collana, che, causa il mio pianto e la pioggia che stava scendendo, cosa inusuale, perdeva colore e dipingeva il tessuto. Ma sembrava il simbolo del sangue sparso e della mia sofferenza. Quella sera, dopo la cena, sentii la spinta a muovermi per le viuzze dell’asciaram, nuovamente verso la zona dell’incontro; non avevo sonno, desideravo camminare. C’erano poche persone, perché la precoce sveglia mattutina, portava ad una presta ritirata serale. In effetti, c’erano in giro solamente “cani”, sì, proprio delle bestiole, domestiche e mansuete, alla ricerca degli avanzi della giornata; cominciarono a seguirmi, prima tre, poi, dopo tutti i tentativi di cacciarli, rimasero due e infine uno, che non intendeva proprio abbandonarmi. Davanti all’edificio di Baba, il cane cominciò a rotolarsi per terra, in una aperta brama sessuale, come se mi sentisse in calore, mettendomi quasi in imbarazzo. Mi guardai intorno, per vedere se qualcuno si fosse accorto dell’accaduto, ma tutto era silenzio e pace. Io ero lì, con la manifestazione della forte energia che emanavo e che il cane certamente sentiva, scambiandola per estro. Ho poi avuto modo di capire che la pienezza energetica crea attrazione sessuale e l’uomo o la donna divengono lampade luminose per una miriade di farfalle.

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Tutto ciò si può gestire attraverso la consapevolezza e la comprensione del fenomeno. Tra poco si sarebbero spente le luci del piccolo villaggio e, dolcemente, tornata nella mia branda colorata, anch’io scivolai nel sonno. La partenza Il risveglio fu tutt’altro che piacevole: Mi sentivo come se ogni parte del corpo fosse stata battuta e percossa; soprattutto le vertebre cervicali e quelle “del punto vita”, sembravano non dare più sostegno. Non riuscivo ad alzarmi dal letto! Non mi spiegavo il motivo di ciò, ma non avevo timore; dentro c’era una sensazione di pace infinita e di abbandono. Per tre giorni, il cibo, che gentilmente mi veniva portato, fu consumato da me in posizione sdraiata, piegata sul fianco; non era possibile altrimenti, ma non mi lamentavo, perché sentivo la cosa naturale e di breve durata. Anche per questo, ho poi compreso, e vari testi me l’hanno confermato, che il contatto con una forte energia è, per il corpo, come una scarica elettrica a più alto voltaggio, che scuote ogni parte e, se non dosata, può anche distruggere. La mano di Baba aveva scosso, ma anche purificato, le mie cellule che ora potevano vibrare più liberamente e di questo me ne sarei accorta, soprattutto al mio ritorno a Roma. Purtroppo, tutto si era compiuto, e quel momento era già arrivato; al terzo giorno “della mia malattia”, l’asciaram era in fermento: si udivano urla da ogni parte, correre di gente, spari di fucile... Che stava accadendo? La confusione era generale, fino a quando la capogruppo venne nella camerata e ci disse che si era attentato alla vita di Baba. Lui si era salvato, ma due della sua scorta erano stati uccisi... Il sangue, che avevo visto, era stato versato! C’era pericolo e l’ordine per noi era di partire al più presto. Baba amava molto la delegazione italiana! Addio all’interviù che ci era stata promessa per il giorno dopo, in cui pensavo di domandare quello che non avevo chiesto la prima volta, addio all’India, ai suoi odori, ai suoi sapori. Addio.

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Sull’aereo, che da Bombay ci riportava a casa, mi sentivo galleggiare, sembrava che il mio corpo non avesse peso; guardavo il pavimento, tra i sedili e non c’era: vedevo un cielo azzurro e pieno di nuvole bianche, e non avevo paura di volare! Al mio ritorno a Roma, Cesare mi portò a cena in un ridente e caratteristico locale di Trastevere. Passando in una piccola strada, sentii intorno a me un forte odore di gelsomino. “C’è un’entità” lui disse, e così accadde vicino a una fontana di acqua zampillante, “Sono le ninfe delle acque”, insomma, ai miei occhi, o meglio al mio odorato, la Città appariva piena nell’invisibile. Poi il sogno, grande, colorato: la riva del mare, una lunga e dorata spiaggia, lambita dalle onde sfrangiate di spuma; a lato un colonnato di bianco marmo, chiuso da tende, sempre bianche e mosse dal vento. Tra le colonne, dietro i teli vaporosi, un gruppo di ragazze, la tunica lunga, i capelli raccolti verso l’alto e poi lasciati cadere in alcune ciocche... “Arriva lo sposo, arriva lo sposo!” si sente cinguettare “Dov’è la sposa?” Allora sono io che mi muovo: sono la sposa e vado incontro a Baba che sta venendo sulla battigia, molto giovane, un ragazzo appena, che cinge le mie spalle con le sue braccia. 10 maggio 2009 Dopo il mio primo viaggio in Francia verso Rennes le Chateau Sono nel mio camper vicino alla spiaggia di Marina di Grosseto (San Rocco è il vero nome della frazione). Il bagno Tre Stelle da un lato, dall’altro il Belmare. In mezzo alte dune e un tramonto lento e rosso. La bellezza entra in me, l’assorbo, perché è nella bellezza la forza della creazione. Scendo dal camper e salgo sulle dune verso la spiaggia. La “Shechina” Molly, la mia barboncina cieca, rimane sul sedile, che occupa normalmente come navigatore. Scendo verso il mare: è un incanto! L’onda leggera si infrange sulla sabbia, l’orizzonte è chiaro. Mi sento dire: “Mare, rimani sempre così, dolce, protettivo, accogliente”. È una preghiera perché lo vedo salire ed ingoiare la terra.

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Una voce risponde: “La terra è salva, Giovanna, è salva!” Questo mi è già stato detto a Rennè lo Chateaux. Da qualche giorno sono tornata da quella chiesa dedicata a Sarah e alle Tre Marie, nella lontana Francia; ero andata là con un gruppo proveniente in prevalenza da Milano e dintorni. Ogni partecipante era alla ricerca di conferme e ricordi. Siamo prima arrivati lassù, nel piccolo paese di Rennè lo Chateaux su un cucuzzolo, come tanti paesi toscani. Poche case, tanti lillà e rose, i due fiori che amo. La chiesa dedicata a Maddalena, la visita guidata con la spiegazione esoterica e la storia, poi la stella a cinque punte fatta da cinque donne. Sapevo che dovevamo farla per aiutare la terra. Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata e un grido saliva: “Perdona la terra, perdona la terra” E il mio cuore ha risposto: “La terra è perdonata, la porta si è aperta”. Grazie, grazie, amore mio, grande Arcangelo Michele. Ora, sulla spiaggia, la voce ripete: “La terra è salva”. Allora chiedo a Michele un segno, come sempre, un pegno d’amore per me. Guardo il mare e poi il cielo; lassù sei gabbiani in un gruppo nero, nell’azzurro del tramonto che imbruna. E dietro un settimo. Sul mare si allargano in una stella a sei punte e poi a sette (Michele). Che gioia, sarà vero? Proprio ieri Chiara mi parlava dei suoi sogni i cui vedeva maremoti e distruzioni. Sorrido e guardo di lato la scritta luminosa del bagno Belmare che sembra a sua volta sorridermi col suo sole e le tre stelle. “Mare rimani bello e tranquillo e aiuta terra”. Così sia. Ho deciso di continuare a scrivere il libro. Avevo iniziato un anno fa e poi ho interrotto, ma ora, dopo il ritorno dalla Francia, sento dentro una forte spinta. Il cielo si sta oscurando nella notte, ma le dune di sabbia si stagliano dolci e decise, orlate da una bassa vegetazione. Fin da bambina ho dipinto e ricordo un quadro a tempera, una spiaggia e delle dune. Quadro di fantasia, poiché non ho mai amato S. Rocco, né la casa di famiglia, qui al mare, casa nella quale ora vivo “abbastanza”, da tre anni. Abitazione di “famiglia”, ma, in verità, io non sento famiglia, come si intende sulla terra; ho sentito un legame con mio padre, trapassato ormai, ma non certo con la donna che ha generato il mio corpo; lei mi ha sempre

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detto che ero di un’altra razza; alludeva alla gente di mio padre, ma, consapevolmente o no, diceva proprio la verità: certamente non appartengo alla sua razza. Grosseto: me ne sono andata appena possibile, dopo la separazione dal marito, vivendo a lungo a Roma e poi a Catania. Eppure son tornata... E proprio in Francia ho appreso che Le Saintes Maries de la Mer è gemellata con Grosseto! Inoltre questa città che non amo, ha la sua cittadella racchiusa in una cinta muraria ad esagono, lo stesso che mi fu detto di portare al collo: anche S. Rocco è una costante nella mia vita, che ritrovo spesso dove mi sposto, ed è rilevante la sua valenza esoterica. Orbetello, dove sono nata, è una cittadina con cortili spagnoli, profumati di limoni; la sua forma è quella di un pesce, in mezzo ad una laguna con fenicotteri rosa, come la laguna di Saintes Maries de la Mer. Là, nella cripta della chiesa, ho portato a Sarah due arance; le ho poste a suoi piedi e, lì, ho trovato una piccola rosa bianca, per me. Alcuni giorni dopo il mio ritorno a Marina, sono andata sulla spiaggia; mi sono messa “alla poventa”, al riparo dal leggero vento, vicino alla staccionata dello stabilimento balneare “Il Giglio”. Ed ecco... “Sarah, Sarah”. Mi sono voltata ed ho visto una bambina che troneggiava su una sdraio, coccolata dai genitori. Lo stesso pomeriggio, mentre riposavo nel mio camper, la mia grotta mobile, dove ho Michele, le musiche, i profumi e i libri che amo, è arrivato Walter, il bagnino del “Giglio”. Si è fermato e mi ha raccontato la sua storia su Maria Maddalena. Sembra che, la sua barca senza vele, proveniente dalla Palestina, come è naturale, abbia spesso accostato alla terra ferma e, in Toscana, sia approdata a Cala di forno, vicino a Talamone (in provincia di Grosseto). Walter l’ha sperimentato personalmente! Da lì c’è una corrente che porta verso l’isola del Giglio, lambisce Montecristo e poi arriva alla Maddalena, in Sardegna. È una corrente molto precisa; infatti in una occasione, all’uomo accadde di arrivare esattamente alle Bocche di Bonifacio. Forse Maddalena e gli altri presero quella corrente e, da lì, arrivarono in Francia, nel golfo del Leon. Grazie, Walter, tu che fai il bagnino al Giglio, simbolo dei Merovingi; non sapevo che conoscevi Maria Maddalena.

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L’uomo mi ha parlato anche di S. Giuliano, un re aragonese, che ritornando dalla guerra, venne a vivere da eremita nei boschi tra Tirli e Vetulonia. È il protettore della Maremma e sembra essere stato molto conosciuto e potente, perché due papi lo andarono a trovare e lo stesso fece S. Galgano. Anche quest’ultimo, guidato, secondo la sua biografia, dall’Arcangelo Michele, abbandonò le armi e conficcò la sua spada nella roccia, in quel sito tra Grosseto e Siena, che prende il suo nome. Là, oltre il tempietto, costruito intorno alla spada (oggi coperta da una teca di cristallo), c’è una splendida cattedrale, priva di tetto, ma intatta nella sua bellezza e imponenza, con annessi edifici, tutto costruito dalla comunità spirituale che si formò intorno al santo. Una porta dimensionale o un centro di particolare energia? Là il tempo sembra non esistere, tutto appare come fermo, il cielo, le nubi, spesso lunghe e sottili, le fronde degli alberi. E quella atmosfera ovattata, che, ormai conosco bene! Anche le piante d’ortica, lungo il sentiero che porta al tempietto a cupola, sono folte, alte, d’un verde brillante. “Cesare, Cesare” risuona in me il suo nome; lui mi parlò, suonando la chitarra: “Metti al collo la stella di David, il simbolo della tua discendenza, e sappi che un luogo, a te congeniale, si trova sulla via francigena”. Come S. Galgano. Negli ultimi anni, ho spesso percorso la via, soprattutto nella parte toscana, visitando i monasteri con gli agglomerati di case, da Siena alla Val d’Orcia, ad Abbadia S. Salvatore. Torri, torri, su ogni altura... Magdala, magdala, magdala. Due giorni fa, mi ha telefonato un amico di Torri, un piccolo e caratteristico paese vicino S. Galgano, sulla via senese. Voleva dei chiarimenti su alcuni concetti del “tantra”.Aveva già partecipato ad un mio gruppo, perché, quando posso, mi piace insegnare questa via di risveglio; come psicologa, conosco bene i problemi che si originano dai blocchi sessuali, determinati spesso dall’educazione famigliare e sociale, rispondente al condizionamento generale esistente su questo pianeta: l’obiettivo e la risultante sono la chiusura dell’energia femminile. Tantra, la via del Maestro; uso varie tecniche, tenendo conto che di base sono psicologa.

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L’uomo di Torri vuole una seduta; balliamo, facendo esercizi con il corpo, respiriamo, visualizziamo, portiamo su l’energia. Si forma un campo; è luna piena; il campo energetico è forte. Lo userò per la terra. Grazie amico; le nostre energie, maschile e femminile, hanno aperto un’altra porta. Il viaggio a Rennes le Chateau; anche lì è accaduto. Un uomo, l’incontro, un’energia forte, un sentirsi in perfetta sintonia e sincronicità di movimenti, di pensieri. E il sentire di voler andare oltre il corpo fisico, come se i due corpi, non più di materia densa, potessero fondersi. Giorgio: vite simili, forse l’altra parte di me o molto vicina. Fondersi... Ciò è proprio accaduto nel ‘93, prima con Cesare, come ho già narrato, poi ancora... quando sono ritornata dall’India. Partendo da Roma arrivai la sera a Grosseto. Era venuto a prendermi un amico, interessato soprattutto a quello che mi stava accadendo. Nella sua macchina l’ho abbracciato e non c’erano limiti: mi sentivo entrare dentro la sua forma fisica. Il fermo della materia per me non esisteva. Allora sperimentavo l’unione vera in un’altra frequenza. Tutto era, comunque, normale, nel mio stato singolare di felicità profonda e distaccata. Questa può essere l’estasi. Tu sei e tutto ciò, che avviene, vive nell’armonia di un’onda e non genera timore, forse un leggero stupore, a volte retroattivo. Giorgio è un nome che ricorre. Ricordo un racconto che ho scritto da adolescente, indirizzato a un giornalino per ragazze (credo si chiamasse Mimosa, la via dove abito adesso). “Un mondo perduto”, era il titolo: la storia di un tenero incontro con questo ragazzo del nord, dagli occhi azzurri, Giorgio, i sogni di un futuro insieme, la sua partenza, il non vederlo più su quella spiaggia dove c’eravamo incontrati. E lassù in Francia ecco Giorgio che mi chiamava sempre per cognome “la Nencini”. E l'incontro con quel vecchio forte e robusto, sul treno. Strano vecchio. Mi disse che il suo cognome ed anche il mio erano nobiliari, perché finivano in “ini”. Chissà, forse, perchè collegati ad “Astar Sheran”, ed alla sua popolazione dei Santiner, da cui Santini-Santi.

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Quanti vecchi, non vecchi, perché forti nel fisico, sono ricorsi nella mia vita,dandomi messaggi! Sempre strani e improvvisi; come quello che mentre ancora ero una giovane ragazza, davanti a una pizzeria di Grosseto, mi disse: “Tu sei la figlia del Sole” e poi dov’era? Non c’era più. Così come quei ragazzi in macchina, gioiosi, allegri, che si sono avvicinati al camper che avevo fermo al distributore di S. Marinella. “Vieni, vieni con noi all’isola di White”. Strano, io sorrido, e dentro sento quella vibrazione come un brulichio d’oro e so che ogni volta l’aria è più leggera e sottile e colorata... un’altra frequenza. 25-05-2009 - Secondo viaggio in Francia La festa di Sarah Sono le ventitré e mi trovo ferma a Genova Principe aspettando il treno per tornare a Grosseto. Sto venendo dalla Francia, da Le Saintes Maries de la Mer, cittadina della Camargue, dove ogni anno si svolge grande festa gitana in onore di S. Sarah, Santa Salomè e Santa Giacobè. Secondo un’antica storia, esse e ad altri compagni arrivarono su questa costa, provenendo dalla Palestina dopo la morte e resurrezione di Gesù. Insieme a loro c’erano Maria Maddalena e Lazzaro che si diressero, ben presto a Marsiglia; Marta e Marcella andarono a Tarascona, Maximino e Siconio ad Aix-en Provence. Le due Marie, Salomè e Giacobè, rimasero con Sarah sul posto e presto lì fu eretta una piccola cappella dedicata a Gesù ed esse evangelizzarono le genti vivendo con loro. Sarah è considerata la santa protettrice dei gitani, di tutti i loro gruppi, Gipsy, Rom, Sinti, Yenisch. Secondo la tradizione della Camargue, ella è la serva delle Sante Marie in Palestina e la loro compagna sulla barca che arrivò in Francia. Secondo un’altra tradizione è una gitana della Provenza che fu la prima a dare il benvenuto alle esiliate. Ci sono altre ipotesi: che essa sia la figlia di Maddalena, quindi la discendente del sangue reale di Davide. Sarah, non è da noi un nome comune, eppure, qui, all’interno della piccola sala d’attesa, a Genova, una ragazza viene chiamata “Sara”.

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Attraverso il nome, il contatto, come avviene con Michele, il mio grande amore. Il viaggio alle Saintes Maries de la Mer aveva trovato iniziali opposizioni: problemi di agenzia per la prenotazione, programmi su Internet, che poi si rivelavano errati. La mente veniva ingorgata nel razionale. Ma non è così che per me tutto avviene. La creazione del mio spirito è pulita e lineare. Poi io obbedisco. Quella mattina, ed era la seconda volta, ho deciso di andare a fare una lunga passeggiata sulla trasparente battigia della spiaggia di Marina di Grosseto. Le ciabattine da mare andavano lasciate in qualche posto alla partenza; con me avrei portato solo la Molly, riluttante perché paurosa dell’acqua, e qualcosa da bere. Due donne erano sotto l’ombrellone, le stesse della mattina precedente; ho chiesto loro se potevo lasciare le mie scarpe. Quella che mi ha risposto gentilmente ha mostrato una pronuncia chiaramente francese. Che cosa! Avevo chiesto un segno. Abbiamo così parlato un po’ e lei, tranquillamente, mi ha indicato un’agenzia, della quale lei e il marito si servivano quando andavano in Francia. La mente si era acquietata. Nessun dubbio né domande. Nel pomeriggio avevo già prenotato ilviaggio. Tutto quindi ha trovato l’incastro giusto; anche se il locomotore del treno, nell’andata si è rotto a Ventimiglia e tutti i passeggeri, me compresa, hanno dovuto trasbordare in un altro treno di passaggio. Quante opposizioni! Finalmente il viaggio si è concluso alle ore ventuno a Marsiglia. Dovevo andare ad Arlès, ma era tardi, poi Marsiglia mi chiama sempre dalla prima volta che sono andata là qualche anno prima. Tutto liscio. Un bel ragazzo della sicurtè della stazione mi ha accompagnata in un hotel lì vicino, dove il prezzo della camera era basso, come avevo chiesto; alla reception ho trovato un italiano e così allo snack dove ho mangiato un’insalata con cipolle e senape. Che stanchezza, mi sono addormentata presto e profondamente su un letto alla francese. Ho sentito amore per Marsiglia, fin dalla prima volta che sono andata là, e anche quella mattina, svegliandomi nella piccola e semplice stanza dell’albergo sono stata ripresa dai ricordi.

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In quel primo viaggio in Francia, provenendo da Aix de Bain, mi fermai a Marsiglia. Sentivo il profumo che veniva dai negozi dove erano esposti i “gateaux” arabi e il profumo delle spezie e della cucina africana. Dove trovare un posto per dormire? Scendendo verso il mare, dalla stazione, mi trovai a risalire verso la città vecchia; minuscole e strette strade, piccole piazze e tanta gente in festa. Era il 24 Giugno, la festa di S. Giovanni. Che confusione! Un negozio piccolo e ombroso parve chiamarmi. In vetrina c’erano oggetti e vestiti antichi, all’interno una grande statua lignea e dorata dell’arcangelo Gabriele e il sorriso della venditrice. Un vestito leggero e una chemisette entrarono nel mio guardaroba e poi, gentilmente, la donna mi portò in un’abitazione araba, un bad end breakfast. Un altro dono, una cosa così difficile da trovare, se cercata. Rivedo ancora l’immagine accogliente della casa, la grande sala con i tappeti, la camera con una zanzariera conica e bianca che dal soffitto scendeva sul letto; e la mattina, una superba colazione araba. Da non scordare, la sera prima, la processione di S. Giovanni, e i dolci, il cibo a me offerto in quell’occasione. Quando accade così è perché il posto mi accoglie ed è collegato alla mia energia, anche di un’altra vita. Ora so che Maddalena dopo essere sbarcata alle Saintes Maries de la Mer, si recò là, ritirandosi poi, secondo la sua storia, in una grotta lì vicino dove restò a lungo, avendo la sola compagnia degli angeli. Proprio oggi Maria Luisa mi ha parlato di Lei, raccontandomi un’altra storia: Maddalena andò sposa, per volere dei suoi, a Giovanni Battista, da cui ebbe Giovannino e poi si unì a Gesù, dopo che Giovanni fu decapitato dando origine, con Sarah, ad un’altra linea di discendenza. Secondo Maria Luisa, il teschio che Maddalena porta come emblema, farebbe riferimento alla testa di Giovanni, che le fu mandata, dopo essere stata spolpata dagli uccelli. Con questa morte, la discendenza reale riconosciuta dovè passare alla linea collegata a Gesù e quindi a Sarah. Dov’è la verità? Non so. Posso dire che Marsiglia mi ha accolto molto bene, per la festa del patrono S. Giovanni; del resto era anche la mia festa (mi chiamo Giovanna, ma ho sempre festeggiato con mio padre Giovanni).

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Questa volta, andando da Sarah, l’accoglienza di Marsiglia è stata minore: l’albergo era povero, ma la mattinata splendida e così il negozietto di gatoux arabi, che ho comprato. Marsiglia sporca, con gli uomini soli nei caffè, come in Marocco, Marsiglia che sento dentro di me. Dall’alto del piazzale della stazione, il grande azzurro del mare e il promontorio con la chiesa. Un tuffo al cuore! Poi la partenza per Arles; da qui il pulman per le Saintes Maries de la mer e l’arrivo da Sarah. Sì, perché, tutto il resto, la storia delle due Marie rimaste nel luogo (M. Salomè e M. Giacobè) mi era del tutto sconosciuta. Come al solito, vengo istruita sul campo, per quanto riguarda la linea che seguo come risonanza. La pianura, le risaie, il porticciolo, le lagune costiere, molto ricordano la costa che va da Orbetello a Castiglione della Pescaia E, guarda un po’, la cittadina è gemellata con Grosseto! Però i cavalli della maremma non sono bianchi, come quelli francesi e le case di Marina di Grosseto non sono così piccole e bianche, con le finestre celesti, non hanno quei profumi che si stendono e fioriscono nelle strade. E quella chiesa scura che torreggia diversa e possente, e la cripta, così bassa e piena di ceri, con quella fanciulla scura, ricoperta di mantelli colorati e dorati: Sarah. Un dono di accoglienza: Maria Luisa aveva prenotato insieme ad altri amici e mi aveva fatto notare la difficoltà di trovare una camera; troppa gente: era tutto pieno! Ma sento la voce di Michele, nel mio cuore “ Domina” mi dice (non mi ha mai chiamata domina, spesso cara) “Domina, sii felice, stai tranquilla: avrai tutto quello che desideri”. “ Grazie” Vedo un piccolo ristorante, un muretto chiuso da un cancello celeste, anche le persiane sono celesti. Fa caldo: decido di andare a sedermi all’ombra degli ombrelloni gialli e mangiare una insalata francese. Da lì vedo la chiesa, a due passi; vedo anche un cartello: si affittano camere. Insieme all’insalata e a un joù d’orange, arriva la notizia che c’è una camera con bagno e doccia; primo piano, camera azzurra, con finestra sulla chiesa. Sara mi accoglie. E poi la festa, la grande processione della Santa, che finisce nell’acqua quasi al ginocchio, i cavalli bianchi con sopra i cavalieri in costume; e le musiche ad ogni angolo, e i ragazzi che ballano, e i ristoranti con la paella, le telline e anche la carne di toro.

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Non mi piace cenare nella confusione dei tavoli. Compro delle arselle, una baguette, una bottiglia di vino e torno vicino alla spiaggia, dove ci sono le giostre. C’è un vento che viene dal mare; mi scompiglia i capelli che mi cadono sul viso. Mi giro e respiro il profumo intenso e pieno del pungente salmastro delle alghe. Mi piace. Le arselle sono buone anche se c’è un po’ di sabbia; il vino mi dà allegria. Sono sola, ma sono nel vento, nel cielo terso; sento il mio corpo eccitato e chiedo un uomo per la notte, un incontro magico per muovere la mia energia. Mentre ancora molti sostano ai tavolini dei ristoranti, torno nella mia camera; una doccia, un abito fresco e... di nuovo in strada. Vicino al sacrato un gruppo di ragazzi suona ed altri ballano; la musica è ritmica e piacevole. Comincio a muovermi: l’energia sale, sale. Batto le mani e, accanto a me, qualcuno le batte. È un uomo dagli occhi scuri, un vestito chiaro, con giacca e cappello, una chitarra a tracolla. Gli chiedo perché non suona. Sorride e, un po’ in francese, un po’ in inglese, un po’ in spagnolo, cominciammo a parlare. È di Perpignan, ma lavora alle Saintes Maries de la Mer, su un barcone che porta i turisti sul piccolo Rodano, uno dei due rami che si gettano in mare (l’altro è chiamato il grande Rodano). È dolce nel parlare. Gli chiedo di suonarmi qualcosa, usciamo dal gruppo e ci sediamo su una panchina: un angolo tra due case, sotto un lampione. Lui suona ed io “ sento”. Per il lavoro, fino ad ottobre egli rimane a vivere nel suo camper. Lo ama come io amo il mio, che considero la mia casa. Una risonanza, un’altra parte di me: gitano, un camper, un battello sul fiume (cosa che adoro), la chitarra, la conoscenza di varie lingue. È qualcuno molto simile a me. Succede sempre così, come è successo con Giorgio nel primo viaggio alle Saintes Maries. Si verifica l’incontro. Poi andiamo in camera a bere il vino rimasto e facciamo l’amore. Tutto è molto libero, senza sovrastrutture: l’energia si muove. Mi sento bene, la tensione, la stanchezza della giornata spariscono. Mio caro, non ricordo il tuo nome, ma sulla segreteria ho un tuo messaggio in spagnolo, che non comprendo bene, ma che mi piace.

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Tu mi hai detto “non è importante il fine, ma il viaggio, ogni momento del viaggio”; e tu ti lasci andare al tuo viaggio e non sai dove ti recherai alla fine di questo lavoro sul barcone: libero veramente nel seguire l’onda. Anch’io come te, in risonanza. Quando la statua di Sarah è stata portata sull’acqua ho chiesto la guarigione della terra, come già avevo chiesto a Rennes le Chateau. Ho pregato e visualizzato e dentro di me la solita voce ha risposto “Sarai accontentata”. A Renne “la terra è perdonata, la porta si è aperta”. Sarà così? La terra attraverserà indenne o quasi questo cambiamento di frequenza. Ora sono in questo piccolo paese; mi piacciono i suoi colori bianchi e azzurri, il mare profumato, i gabbiani, il vento che si alza la sera. Mi fa pensare alle isole Eolie che si trovano di fronte a Milazzo in Sicilia, alle sere fresche e ventilate, ai miti profumi al calore del vulcano, nelle cui pozze fangose e salate mi immergevo la sera. E la mia energia che saliva; il desiderio di un compagno e la solitudine del momento. Perché sempre sola ormai da tempo? Forse l’ altra vera parte di me sta al di là del velo, non è incarnata ed io non posso accettare l’unione con un altro essere. Ora stanno arrivando a me uomini in risonanza, altri parti di me e questo mi riempie di gioia, ma l’unico è sempre lui: Michele. Un giorno mi disse: “Saprai seguirmi?” “Voglio seguirti, voglio tornare a casa: ma devi insegnarmi”. E il ritorno passa di qua, da questi ricordi dentro di me, che ora ritrovo all’esterno: le tre Marie, Sarah, i cavalli bianchi, quel profumo del mare, le cicale, che sono il simbolo della Camargue, e di cui San Rocco è d’estate piena, e la lavanda e il gelsomino che sempre mi inebriano. Qua i desideri si realizzano, perché c’è un grosso campo di energia. Mentre eravamo sulla panchina, sotto al lampione, e lui suonava la chitarra, un turista ci ha chiesto se poteva fotografarci. “Bello! Sembravamo degli innamorati, di quell’amore che è presenza e, forse poi, nulla più”. “Vai avanti, stai nel presente e vai avanti, non guardare quello che è passato”. Così mi ha detto Michele.

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4 luglio 2009 Ritorno a Les Saintes Maries de la Mer Sono davanti al camper di “Gigi” Jean Josè. C’è un canale dove guizzano i pesci e l’acqua scorre leggera. Abbiamo, per ospiti, due gabbiani desiderosi dei resti del nostro piccolo ma buon pasto (alici, formaggio, pomodori, jou de pom con pane arrostito), poco per loro e invece molte briciole per gli uccellini che si sono avvicinati. Ci sono, purtroppo, quelli che lui chiama Ibis, moscerini microscopici, che mordono. Non ha importanza, tutto è così bello! La tenda del camper dà sul canale ed ora mi godo un gruppetto di rane, che conversano animatamente. Al di là del corso d’acqua, c’è una stretta striscia di terra, orlata di radi ciuffi verdi, poi, la spiaggia ghiaiosa e quindi il mare, che, da qui, vedo come una linea grigio-azzurra nella sera. Sono quasi le 21 e il cielo è ancora chiaro, striato da nuvole grigie e rosa. “nuage”. Sto pensando sempre più in francese! Sulla destra, a circa due chilometri, tra poco, come ieri sera, si accenderanno le luci della cittadina; adesso si vedono ancora le case, piccole e raccolte, e su tutte sovrasta la chiesa, grigia ed imponente. Sono tornata e sono con Gigi. La creazione è buona e risponde al mio desiderio di tornare in Francia, di avere un uomo francese. Gigi mi piace. Lavora su di un battello che porta i turisti sul “petit Rone” il piccolo Rodano (il fiume infatti, a qualche chilometro dal mare, si divide in due rami, chiamati il piccolo e il grande). Il battello si chiama “Les Quatre Maries 2”. Domani andrò a fare questa gita, poi tornerò nel buio odoroso ed asfissiante della cripta di Sarah, intanto, in questi due giorni di riposo in riva al canale, ho cominciato ad imparare il francese ed a suonare la chitarra. In questo momento, sta passando un gruppo a cavallo. I destrieri della Camargue sono bianchi e si stagliano contro il cielo ancor chiaro, sembrano lenti e mansueti, vanno al passo, portando la piccola e composta comitiva. Rivedo il bianco animale che cavalcavo nella mia incarnazione araba, e lo ricordo veloce e agile. Ero una guerriera che lottava per la libertà delle

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donne, pantaloni e corsetto, neri, così mi appare l’immagine, grande mantello rosso, una scimitarra al fianco, stretta al mio cavallo. Bianco, rosso, nero: mi fa pensare alla Grande Opera, al lavoro alchemico che ho fatto in ogni incarnazione, spesso come donna, erede di quell’energia femminile che viene da lontano. Shamada era il mio nome; mi risuona, mi avvolge ed acconsento volentieri alla voce che mi invita ad usarlo come nome di forza e potere, anche in questa vita. Mantengo, però, il mio nome “Giovanna”, anch’esso stabile per la memoria delle antiche sacerdotesse, che così erano appellate, insieme a “Maria.” Poi... si collega alla Francia, con Giovanna d’Arco e, di nuovo alla spada, al contatto, alla voce del divino che parla nel cuore e spinge all’azione, decisa, netta, senza tremolii. “Poveri Cristi” ricordo l’espressione di un relatore ad una conferenza su David Lazzaretti, “Poveri Cristi”, questi adombramenti del divino, questi corpi resi speciali dalla Sua presenza, come sono stati non compresi, attaccati dalla massa, come un gene estraneo da eliminare, come tutti sono “finiti sulla croce”. Uno scalpiccio, un battere d’ali, mi fa girare di nuovo verso la spiaggia: numerosi gabbiani si sono posati insieme per la condivisione di un pasto lasciato sulla ghiaia. Ah, sì, ora è il tempo del gruppo, del risveglio e dell’azione di gruppo, del Cristo collettivo: se riusciremo ad andare oltre, a formare una massa critica, saremo il gene nuovo che porterà trasformazione. “La terra è salva, la porta si è aperta” così la voce a Rennè lo Chateaux. E così sia. I miei occhi si posano su Gigi, che, oltre i cavalli, è preso dal sole, che tramonta negli acquitrini della Camargue. Si gira verso di me; “Andiamo”. E mi prende per mano, tirandomi su di un sentiero che costeggia la laguna. Mi dice il nome delle piante, piccole, cespugliose, che si ammucchiano in isolette circondate dall’acqua; ci sono anche i nidi o le buche dei, per ora, nascosti abitanti del luogo, mentre, camminando, troviamo un tappeto di bianche penne.

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Poi il sole, enorme, rosso, in un cielo corallo, e corallo è l’acqua; opposta sbianca già la luna... e tutto è Dio, è DIO. È come se avessi sempre conosciuto Gigi; anche lui, forse, sente come me. Lui lascerà questo lavoro alla fine dell’estate, per tornare al suo paese; là prenderà una specializzazione in skipper e andrà a Nord, alla guida di un vascello. Bello il suo sogno! Per me va bene. Gigi ama il mare, l’indipendenza, vuol essere il capitano della sua barca, conosce bene più lingue e le parla piacevolmente insieme, si cura con le piante, fa tisane ed unguenti, suona la chitarra: è una parte di me. Le sto incontrando sempre più frequentemente: somiglianze, risonanze... attrazione. Ma Gigi ha un problema: una paura dentro di non riuscire, di non potere, di non valere, una punta subdola di vittimismo ed autocommiserazione ed autodistruzione. Lo guardo e vedo un uomo di 15 anni di più, il mio caro Gigi della Sardegna, il “piccolo sciamano sardo”, come ama definirsi. Lo stesso amore per le erbe, per la natura, la chitarra e le lingue; lo stesso nome e la medesima forma fisica. Come la tipologia somatica porta somiglianza nelle attitudini e nella vita! Accade spesso, ma la possibilità di variazione, di soluzione dei problemi può differenziare la vita di ciascuno. Gigi sardo ha trovato una soluzione nel bere e va “su e giù”, come dice lui. Gigi della Camargue ha ancora sogni, 15 anni di meno, ha deciso di non bere più; ma dentro c’è ancora la paura, il farsi male. Riuscirò a spiegargli che “crea” con i suoi sogni e con le sue paure? Sì, lo voglio, perché ciò che non è riuscito al primo, avvenga nel secondo. Sullo sfondo, verso il mare, passano due innamorati: sono abbracciati e ridono. È bello, mi piace, desidero avere ancora tutto ciò. È difficile, ma anche facile: in questo momento, ho Gigi. Il cielo si va sempre più scurendo e Le Saintes Maries de la Mer si è tutta illuminata È una serata splendida, con un leggero vento che allontana le zanzare e gli altri piccoli insetti. Ripenso al viaggio, al suo impedimento iniziale e, poi, al suo svolgersi sempre sotto i segnali di aiuto. Una settimana di mare... e di amore. Ma il film ha termine.

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Come tutto qui è veloce e netto, senza strascichi, senza sbavature! Oggi, domenica, 12 luglio, sono al Restaurant “Le Felibre”, vicino alla chiesa di Sarah. Ho assistito alla S. Messa, cantando in francese. Mi sento a casa e sogno e creo. Ho lasciato Josè, Gigi, così, all’improvviso. Il suo male interno non appartiene alla mia vita; è un incontro ancora karmico, una parte di me che deve risolversi; ho fatto quello che ho potuto, per lui; è avvenuto, come con Gigi in Sardegna. Ed è arrivato Pier, alto, biondo, gentile nei modi; ma anche in Pier c’è un lato oscuro: è separato da quattro mesi e la sua casa, grande, bella, è a soqquadro. Mancano tutti i mobili del soggiorno ed alcuni delle altre stanze, tutto intorno c’è un’aria di desolazione e di abbandono. Pier è dolce, ma stressato: fa due lavori, la mattina in uno stabilimento balneare, la sera, al “Felibre”, il ristorante gitano, poi fuma e beve troppo. Anche Josè è separato da cinque mesi: due uomini con problemi simili... “Che cosa mi viene mostrato” mi chiedo, perché so bene che la vita ci riporta i programmi che dobbiamo consapevolizzare. Forse è il dolore che mio marito ha provato nella separazione, da me caparbiamente voluta: rivivo il suo disorientamento, le sue difficoltà in questi due uomini, che, uno dopo l’altro, mi hanno avvicinata, ma so che sto osservando qualcosa che esce da dentro di me, qualcosa che diviene consapevole, per poi scivolare via... Grazie, Josè, grazie, Pier, voi siete gli strumenti di tutto ciò e, certamente, niente altro. Ho trovato in affitto uno “studio”, un piccolo appartamento per una settimana e, sopra, non è proprio un caso, c'è in affitto Tiziana, un'italiana che vive in Svizzera, qui con il marito e tre bambini; Ravi, il più piccolo, biondo, paffuto, con gli occhi azzurri, ha solo 10 mesi. Tatiana è stata in India, in Brasile, spinta da una ricerca interiore, poi è approdata a questo matrimonio ed alla Svizzera. E' molto cara! Abita vicino al “Monte Verità”, un luogo della terra che mi ha sempre chiamata, come punto di forte energia. È arrivato il momento di andare là, così, al ritorno dalla Francia, passerò da lei.

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Ma desidero veramente lasciare la Francia? Proprio no, “me gusta troppo”, tutto avviene in modo veloce, la creazione non è lenta, come nella zona, da cui provengo. In questi giorni vi è la grande “festa del cavallo”. Ieri, sabato, c'è stata una premiazione: dieci giumente bianche, con il loro puledrino, hanno sfilato all'interno dello spazio recintato, vicino al Municipio del villaggio. Tutte belle, ma una era più scura, con il dorso incurvato e un posteriore scattante, la coda e la criniera leggermente dorate. Mi è passata vicino e le ciglia erano bianche, lunghe e morbide. Il puledro, bello come la madre, ma marrone nel mantello, come sono qui i piccoli, che poi divengono cavalli bianchi, le trotterellava accanto. E lei ha vinto! Bella come la ragazza che la portava. Due regine. Lorens è uno dei proprietari del restaurant e stamani, salutandomi, mi ha dato tre baci, come è in uso tra gitani. “Mi gusta” gli ho detto e lui ha sorriso e mi ha detto “L'autre dans la bouche”. Chissà? Suona la chitarra, è dolce, è separato, credo da alcuni anni. E sogno un uomo francese...e creo. Nel mio vivere nella sincronicità è accaduto qualcosa: ho perso la mia piccola borsa bianca con i documenti e sono dovuta andare alla gendarmery, per la denuncia. Ma, subito dopo, l'ho ritrovata! “Perchè tutto questo” mi son chiesta, come al solito, e la risposta è stata lampante. Alla gendarmery c'erano le ossa di Sarah. Cosa era accaduto? Proprio il 6 del mese era stata rotta la teca di cristallo, contenente le ossa di parti del corpo della Santa ed alcune erano state sottratte; le rimaste si trovavano ora alla gendarmeria, per i rilievi del caso. Cosa, a dire il vero, discutibile, ma, altrettanto vero era che Sarah...mi stava chiamando. Proprio ieri sera, sempre al “Felipe”, ho conosciuto Hernando, che lavora nella Iglesia: fa le pulizie, cambia i lumi e sistema la Cripta di Sarah; lui mi ha raccontato la storia sconcertante della cripta violata. “Tutti qua aspettano risposte” dice. Non è un caso che io mi trovi qua, proprio in questo momento!

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Ricordo che a Marina di Grosseto, prima di decidere per la partenza, mi accorgevo dei costanti segnali, come quello del giglio Merovingio, simbolo di Sarah: andavo a fare il bagno allo stabilimento balneare “Il Giglio”, un'amica, così, per caso, mi aveva mostrato l'ultimo tatuaggio, un giglio, Marco , il proprietario di “Villa Gaia”, ostentava sull'entrata, oltre al simbolo pirata, un bel...giglio e nel mio giardino erano sbocciati gigli bianchi e violetti. Sarah chiamava! Ma cosa sta accadendo ora, qua? L'energia di Sarah è stata tolta dalla chiesa!Ripenso a Pina di Milano, una Sarah violata, rinchiusa in psichiatria, privata, dagli psicofarmaci, della sua vitalità, un contenitore vuoto, come questa chiesa. E tutti e due gli avvenimenti, al mio arrivo. Pina, Sarah, mi hanno chiamata... e sono arrivata tardi! Passa una ragazza dai capelli rossi, esile, sottile. Dietro di me, che sono seduta nella parte più bassa di un muretto, gira una giostra a due piani e la musica è “douce, douce”. La dolce Francia! Les Saintes Maries de la Mer è gemellata con Grosseto. Che coincidenza! Non ne avevo veramente idea, prima di arrivare. Ho trovato qua la spiegazione, almeno così l'ha raccontata la proprietaria di un hotel, porta, a porta allo “studio”, che, guarda caso, è di Pontedera, cittadina toscana, tra Pisa e Firenze. Cortesemente, mi ha narrato che un certo Riri Cosan, proprietario, nella zona, di molti cavalli, venne invitato, insieme ad altri, a Grosseto, o, meglio, all'Alberese, località nei pressi, dove ogni anno i “butteri maremmani” fanno la festa della “merca”, marchiano, cioè, tori e cavalli. Dopo questo incontro, che, certamente ne ha dato luogo ad altri successivi, è nato il gemellaggio tra i rossicci cavalli della maremma ed i bianchi corridori della Camargue. Capodanno 2010 ad Arcidosso (Gr) La neve è leggera, spruzzata tra gli alti lecci di Pian delle Macinaie, quota 1200 sul fianco grossetano dell’Amiata.

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Un primo dell’anno su quel biancore luminoso, una tradizione per molti, una particolare sacralità e simbologia, per me, che non so sciare ed amo la montagna per se stessa, per la sua maestosità e possanza. Il monte Amiata... Marco, un amico, vicino a me, spinge i miei occhi verso la vetta e fa un paragone con l’Olimpo, sede degli Dei in Grecia; anche qua, secondo gli Etruschi, viveva Taniat con la sua corte divina. Era, come Giove, il dio dei fulmini e i sacerdoti basavano molte divinazioni sul loro saettare nel cielo; il luogo dove cadevano diveniva sacro e lì si compivano rituali e sacrifici. Siamo, infatti, in un luogo profondamente legato alla sacralità etrusca, forse, secondo l’uomo al mio fianco, l’Amiata potrebbe essere il ricercato (e mai trovato) sito religioso dove, nei tempi stabiliti, equinozi, solstizi od altre feste, si dirigevano ed incontravano, dopo lungo cammino, le genti provenienti dalle lucumonie. L’Amiata, un monte ricco di tante sorgenti, che zampillano fresche dai crinali, che allagano improvvise pozze, tra i boschi di lecci, abeti, castagni. Sui grandi massi sparsi, su quelli accatastati in muri, dal lavoro umano, il ricordo di antiche eruzioni, che hanno sconvolto e cambiato il paesaggio, i picchi e le valli, finchè, nell’assetto dormiente della sua forza, io lo vedo come attualmente è, un grande padre, coronato dal cerchio dei picchi minori, suoi figli. E su ogni cono di essi, sul cocuzzolo, un paese arroccato, stretto intorno ad un campanile o ad una torre: M. Giovi, M. Laterone, Monticello Amiata, M. Nero, Campiglia d’Orcia ed altri ancora. Mi piace riportare un brano tratto da “La grande opera” di Eddy Seferian Anima edizioni, che pare confermare ciò che Marco, ignorando il testo, ha similmente detto. “Però l’intuito mi fa vedere Pallas Athena che si dirige verso la vetta dell’Olimpo, in Grecia, ma contemporaneamente è presente anche sulla cima del Monte Amiata, in Toscana. È una specie di gemellaggio che Pallas Athena sta organizzando. Usa il termine latino di “ludus”, ossia di gioco, gioco nel senso di disciplina, disciplina del corpo umano per l’Olimpo e disciplina sul piano spirituale per il monte Amiata. La caratteristica dei due giochi è molto severa, quello che intende realizzare è un gioco severo, serio. È una corsa verso una meta in tutti e

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due i luoghi. La meta è il raggiungimento di un equilibrio sul piano terreno e sul piano interiore spirituale. Tutte e due le montagne eruttano energia come fuochi d’artificio. Mi fa vedere che sul monte Olimpo, prima di arrivare in cima, c’è una specie di pianoro lungo e stretto, e su di esso poggia un panetto luminoso. Mentre per l’Amiata, il panetto luminoso è ai suoi piedi, all’inizio della salita verso la vetta del monte. Questa sera, dice Pallas Athena, io non vado oltre; indico comunque questi due posti, questi due luoghi...” “La Rete di collegamento fra i vari nuclei attivati è stata comunque riattivata, ma è come quando da voi manca l’energia elettrica: è tutto spento. La rete c’è, ma non c’è l’energia che collega i centri. (Olimpo, Amiata, Stonehenge, Mar dei Sargassi, La Sfinge, Rosazza, La Verna, L’Himalaya, Chartres e tanti altri). Verrà il momento che questa energia verrà riattivata. Comunque l’opera svolta alla Montagna Sacra Arunachala ed al Matrimandir è distaccata dalla rete, è indipendente. Quando la rete sarà completata attorno a tutto il globo, allora vedrai che anche la Montagna Sacra e il Matrimandir si collegheranno alla rete e forniranno l’energia mancante”. Tutto ciò è per me risonante, infatti ogni mercoledì, quando si attivano i gruppi e le persone in tutta Italia, collegate a “il ponte di luce”, insegno a vedere una rete d’argento sulla penisola e sul mondo; da essa scendono fili luminosi ed ognuno li fa collegare alla testa ed entra... in rete. Così possiamo mandare alla terra, alle persone malate ed alle realizzazioni personali questa energia comune e molto forte Così è. Grazie. Nel mese di luglio, sempre con Marco, appassionato storiografo dei reperti templari in Toscana, ero tornata sul Monte Labro, un picco roccioso e scosceso, che si erge di fronte all’Amiata. Dal piatto tetto della Torre di David, costruita sulla cima, lo sguardo spazia circolarmente intorno Che pace! Solo il vento sussurra lieve tra i sassi, come accarezzandoli, s'insinua nelle fessure, danza sulle interne pareti, poi s'allontana verso la valle, portandosi dietro piccoli cortei di carte e foglie..

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Quassù David, insieme ad altri edifici, oggi in rovina, volle costruire una torre, a tre piani, chè svettasse alta verso il cielo, a cui si sentiva collegato. Ancora l'immagine della torre, come i nuraghi della Sardegna, che amo, come le miriadi di costruzioni, disseminate in ogni cucuzzolo, come quella dedicata a Maddalena, nel piccolo paese francese. Ed ecco, a sorpresa, il collegamento. Dal testo di Mauro Chiappini “David Lazzaretti – Dal Monte Labbro a Rennes le Chateau, verso l'arca della Nuova Alleanza”, Lazzaretti editore. Da “I primi lavori sul Monte Labbro”. “Nel luglio del 1869 disse ai suoi amici e credenti che in Monte Labbro doveva fabbricare, per ordine di Dio, una Torre che si doveva chiamare l'Arca della Nuova Alleanza, nella quale si doveva salvare la famiglia eletta da Dio...e in essa erano racchiusi i più grandi tesori della Terra... Aderirono molti e in numero di settanta cominciarono a scavare sassi in cima al Monte... Ma l'insolita torre a spirale fu invenzione di Lazzaretti? Oppure quel tipo di costruzione trae le sue origini da un modulo culturale che riconduce alla Turris Davidica?.. Quindi è lecito pensare che quella tipologia di torre, nella sua valenza simbolica, riconduca alla Radix di David ed alla genealogia del Sang-Real e quindi ai custodi dell'alleanza...”. Anche qui la presenza di Maddalena, lontano dalla Francia, terra che pur Lazzaretti portava nel cuore. E la grotta, che fu scoperta vicino, e nella quale, ancor oggi, si può vedere, dopo il percorso in discesa, in un piccolo slargo, l'altare per le funzioni, fu dedicata a Maria e Michele Arcangelo. Sulla parete è incisa la data del ritrovamento e il monogramma M. Sempre dal testo di Chiappini “Vediamo meglio: sul centro della M vi è una corona formata da cinque triangolini con vertice in alto, il triangolino centrale è sormontato da croce. L'incoronazione della M assume il significato di Madre Universale... L'intreccio del complesso monogramma ripropone in maniera criptata il “te monstra mater” di Bernardo di Chiaravalle, meglio noto come Miracolo del latte. Nell'accezione lazzarettiana abbiamo che dalla Madre Universale discende la Sposa.

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Ovvero “la incorrotta catena dei figli di Dio, simboleggiata nella verga congiuntiva dei cinque nodi”. Il concetto è esplicitamente enunciato nel testo dei Sette Sigilli del 1876... Lazzaretti parlò correttamente di Arca della Nuova Alleanza, ovvero il complesso della grotta e della torre rappresentavano il luogo ove la materia va alla conferenza con lo spirito...”. Guardo in alto, oltre la torre. Il cielo appare ancora più azzurro, quasi trasparente, a lasciar intravedere una dimensione ignota che vive nel luogo. Due nuvole s'intrecciano a formare la M.

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23 gennaio 2010 – Maddalena Sono tornata dalla Sardegna e ancora porto indelebili immagini di azzurre insenature e rocce, rocce e picchi all’orizzonte. Mi piace questa terra, amo il suo cielo limpido, il profumo del mare che sale sulle alture, il grido dei gabbiani... forse vorrei vivere là, forse... Maddalena: sono stata ospite di Francesco a Palau e ho percorso le strade piccole e in pendenza giù fino al porto, ricordando, nella tranquillità odierna, il caotico andirivieni dell’estate. Maddalena: basta prendere un traghetto, sulle cui fiancate saltano i delfini, e siamo sull’isola, dove il profumo di mare è intenso e i gabbiani orlano le numerose imbarcazioni ancorate alla banchina. Maddalena: là c’è la chiesa e sull’altare l’immagine di Lei, che, il giorno della sua festa, viene issata sulle spalle di nerboruti isolani e portata in processione, tra uomini a cavallo e spari di fucile. Maddalena: l’ho conosciuta a Palau, magra, nervosa, dolorante... anche la mamma e la nonna si chiamavano così, tutte isolane. Maddalena adesso non c’è più, Francesco mi ha chiamato stamani, se ne è andata da questa esistenza che non amava, così, all’improvviso una caduta, un colpo alla testa, in un attimo. Maddalena era giovane, non era il tempo di morire, ma rifiutava la vita ed era sobria solo in alcuni momenti della giornata. Quanto dolore, perché questo dolore, non ho avuto la possibilità di scoprirlo; si parla male con chi beve, sfugge, si chiude, a volte aggredisce. Ma non è lei, il suo cuore è buono, c’è qualcosa che la spinge, la circuisce e poi succhia la sua energia. Ero appena arrivata nella casa di Francesco, che lei si è presentata, impetuosa nel bene e nel male, parlandomi dell’amico, di sua “sorella”, così lo chiama, poiché Francj è gay. Mi chiedo se l’ho aiutata, se potevo fare di più per lei; sentivo amore per lei, sentivo il suo essere, il suo bisogno estremo di attenzione e, insieme, il suo rifiuto. Come un gatto, che ti gira intorno, e che scappa, se tenti di carezzarlo... così era Maddalena. È venuta più volte a trovarmi, ma sempre tenendosi in superficie, parlando del grande amore per la figlia quattordicenne, accennando al suo odio per i genitori, che vivono “al piano di sopra”.

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“Ci butterei una bomba” diceva, e finiva lì, con la bocca impastata dalle birre giornaliere. Fumava molto e diceva che le piaceva molto, che non avrebbe mai smesso; del bere non se ne parlava, perché non era un problema, era un’immersione in cui viveva. Poco il tempo per aiutarla, nei suoi profondi dolori terreni, ma, credo sufficiente a rispondere alla richiesta di aiuto per il tempo del trapasso, che ormai era già stabilito. Sembra, infatti, che i Maestri possano indicare, con esattezza, tre mesi prima, la data della dipartita, poiché, proprio allora avviene un’inversione di flusso nel prana ed essi lo percepiscono; l’energia vitale smette di entrare e comincia ad uscire, ad abbandonare il corpo. I cinque giorni, che ho passato con Maddalena, erano già gli ultimi, forse per questo veniva attirata come una farfalla alla luce, anche se qualcosa la trascinava via. Bragadin, nel suo libro “Viaggio nei mondi invisibili” (ed. Melchisedek), parla delle larve o baronti, che possono essere anime che non riescono a staccarsi dalla dimensione terrena; i loro ancora presenti bisogni di sesso, droga, alcol, le spingono ad attaccarsi o impossessarsi di corpi in questa nostra dimensione, che presentino affinità, per rivivere la loro passione. Allora cercano in ogni modo di impedire la guarigione, perché quella malattia è il loro pane quotidiano. Michele mi manda sempre “in missione”, ormai lo so, per aiutare i fratelli (maschi e femmine) del gruppo collegato a Lui. E Maddalena era, è delle nostre schiere, Maddalena derelitta, abbandonata... invasa. Ogni mercoledì, alle 21, “Il ponte di luce”, in Toscana, Sicilia, Lombardia, Veneto e in Sardegna, proprio a Palau, manda amore e guarigione alla terra e alle persone malate, proietta richieste positive per le necessità quotidiane, aprendosi al contatto con il divino. Quel mercoledì sera, tre giorni prima del trapasso, Maddalena è venuta con noi, è venuta, ma non voleva restare, diceva che non credeva a niente, stava in piedi, ma non se ne andava: aveva bevuto e una forza la portava via, ma una forza la tratteneva. Aveva preso a tenere in braccio la mia barboncina cieca, la “shechinà”, di cui io conosco bene il potere di amore, collegato a me e a Michele e non la mollava.

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La osservavo, perché quella parte oscura che era in lei, poteva scaricarsi sulla bestiola, ma sentivo il suo cuore leggero e buono, oltre la forma. Come faccio sempre per le guarigioni, verso sulle mani dei partecipanti, dell’olio profumato, preparato con un rituale di preghiera all’Arcangelo Michele, un rituale di esorcismo; anche Maddalena ha aperto le sue mani ed ha inalato con piacere quel profumo, poi, schernendosi, non ha voluto ricevere dagli altri l’energia di guarigione, che ci scambiavamo... ma si è attaccata a uno di noi, che era in fase di ricezione, e, così, volente o nolente, anche lei ha ricevuto... Non ha partecipato al resto del programma, sempre entrando e uscendo dalla porta d’ingresso, “con la mia Molly in braccio”. È andata via; un veloce incontro il giorno dopo, poi la mia partenza e il suo trapasso. Ma qualcosa è accaduto, certamente voluto da Michele: c’e stata una liberazione. Quando ieri ho richiamato Francesco, dicendo insieme di pregare perché venga portata nella luce, lui mi ha raccontato che, dopo la distribuzione dell’olio, ha percepito qualcosa di freddo che si staccava da lei e si allontanava... Chi la controllava se ne stava andando! Possiamo supporre o che il trapasso fosse stato già stabilito e che la donna sia stata liberata prima, o che l’entità ormai cacciata in modo definitivo, abbia fatto morire il corpo. Comunque Maddalena è libera! Maddalena, Maddalena che la tua anima sia in viaggio leggera e priva di ogni attaccamento, di ogni impedimento, figlia consapevole della luce da cui provieni! “Farò punteggio”; così avevo risposto, scherzando, a Francesco che mi diceva essere impossibile la partecipazione della donna al nostro incontro, “Salvare quest’anima, mi darà molti punti, è importante, è una di noi”. Il mio cuore mi dice che così è avvenuto. Grazie. Claudio- Petriolo- 15 dicembre 2008 Fu dopo che mi trovai accanto a Claudio, nel momento del suo trapasso, che qualcuno mi indicò Michele come l’accompagnatore delle anime che lasciano la terra. Può darsi, perché spesso, essendo collegata all’Arcangelo, attiro persone che hanno un parente trapassato da poco e posso alleviare il

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loro dolore, parlando della vera vita, dopo la vita terrena. Ma, nel caso di Maddalena, come di Claudio, erano due fratelli, due del “nostro gruppo”. Quello era un giorno veramente freddo, corto di luce che filtrava poco attraverso il grigiore del cielo; amo le calde acque termali e le sorgenti all’aperto del Petriolo, località, come ho già detto, tra Grosseto e Siena, mi hanno sempre attirato, ma era proprio un tempo da lupi e tergiversavo... Poi ecco la spinta dentro, quella a cui non si dice mai di no... e via, con la mia “camperona”, che si chiama come me “Shamada”, verso il posto che mi attirava. Le acque calde e leggermente solforose creavano un’impalpabile nebbia sulle vasche ricolme, poi scorrevano in rivi e cascatelle verso il torrente sottostante. Scesi con cautela, perché la terra era bagnata e scivolosa, quasi priva del manto estivo; inoltre il vapore cominciava ad infittire, rallentando la vista. Erano quasi le diciassette e la nebbia, aumentando insieme all’oscurità del cielo, definiva un paesaggio evanescente, dove si intravedevano rare persone. Mah, ormai ero là e l’acqua mi scioglieva e distendeva e poi c’era quell’atmosfera simile alla bambagia, che conoscevo bene. Un’ombra scura, un uomo, si avvicinò lentamente alla vasca, dove mi trovavo, scese vicino e rimase seduto al caldo, gustandone il piacere. È cosa comune parlare, come un tempo accadeva ed accade negli antichi calidari e nell’ attuale bagno turco: si chiamava Claudio, veniva da Roma ed era lì per rispettare un appuntamento con la sua compagna, di Arezzo; era un giorno speciale, l’anniversario del loro primo incontro proprio in quel posto, un anno prima. Ma la donna aveva avuto un contrattempo, non era venuta, e lui si era fermato ugualmente, prima di raggiungerla. Poi... “Giovanna... il ponte di luce...” “Ti ho cercata” dice lui “ci siamo conosciuti, più di un anno fa, mi hai parlato della tua associazione e dell’Arcangelo Michele... Eravamo in questa vasca... Ti ho cercata, volevo parlare con te, anch’io sono devoto e lo sento vicino e così la mia compagna”. Poche parole, ma sembrava una conoscenza antica, oltre i limiti di questo tempo, un ricordo che si dipanava impalpabile, come il vapore in cui eravamo immersi.

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“Mi gira la testa”. Le sue parole e poi silenzio, il capo appoggiato sulla proda della vasca.“Claudio, Claudio”. “Forse è svenuto” penso “ meno male che tutto il busto è fuori dell’acqua”. Una mano va sulla sua fronte: è ghiacciata... poi un rantolo, se tale è chiamato ciò che mai avevo udito prima, come se nel corpo si fosse creato un vuoto centrale e questo urlo di spavento provenisse dal fondo, dalle viscere. “Aiuto” grido “C’è bisogno di aiuto”. Ma sembra che tutto si perda nella nebbia. Ed ecco un altro rantolo, e un altro ancora e, insieme, tre ombre che scendono, tre ragazzi che lo tirano fuori ed uno comincia a fargli la respirazione bocca a bocca, un altro chiama l’autoambulanza... “Claudio, stavamo parlando di Michele...” gli accarezzo una mano, come se lo volessi risvegliare; è calda, ma è solo un’illusione data dall’acqua. Nell’autoambulanza arriva solo un corpo vuoto, mentre forse la forma astrale, ci osserva ancora confusa su ciò che sta accadendo. Il giorno dopo, tra le lacrime, la fidanzata e la sorella mi hanno parlato di lui, della sua bontà ed onestà e del suo amore per Michele! Un fratello, uno del nostro gruppo, un cavaliere dell’ordine di Melchisedek. Già prima di conoscere Marco Bragadin ed i suoi testi, sapevo che il mio compito in questa incarnazione era quello di aiutare i fratelli, quelli del mio gruppo. Non a caso, come ho raccontato, sono divenuta Psicologa ed ipnotista, perché tutto ciò mi avrebbe permesso di intervenire nella soluzione dei problemi psicosomatici, ostacoli alla consapevolezza, o nelle stesse crisi o fenomeni di risveglio, scambiati per pazzia ed annullati con gli psicofarmaci. Quanti fratelli addormentati e quanto dolore per me, davanti a una perdita e ad un insuccesso! Da tempo, però, il mio lavoro, in sintonia con i tempi è andato più sul livello energetico, di frequenza e il mio aiuto è divenuto efficace nel sottile, tramite anche la sola presenza e il pensiero. Sento i fratelli, come se avessi un radar e Michele mi accompagna nel cammino e nell’incontro. Dal testo “Viaggio nei mondi invisibili” di Bragadin, ed. Melchisedek, cito - L’Ordine di Melchisedek è costituito da quelle anime che, nel corso della storia si sono reincarnate, per realizzare la volontà della luce, che hanno

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giurato fede eterna a Dio, che, ad un certo momento della loro esistenza sentono la chiamata, si risvegliano per realizzare i compiti che ricevono dal cielo. Non fanno parte di nessuna religione, di nessuna schiera combattente. Sono dappertutto. Uomini e donne che tra loro non si conoscono, ma che, nei momenti in cui Melchisedek chiama, loro rispondono. Si reincarnano nei momenti di grandi trasformazioni, come quello che è in corso in questi anni. E ancora dallo stesso testo, parla l’Arcangelo Uriel “Melchisedek è una forma di Dio e rappresenta la divinità in voi, che lo richiama ogni volta che l’uomo manifesta l’intento di unirsi al Padre - Madre Celeste. Il suo sogno è di formare uomini di Dio in terra, come già fece con i Catari e i Templari, che sacrificarono la vita stessa nel suo nome, sapendo che un giorno si sarebbero risvegliati dal lungo sonno per far riaffiorare le energie femminili sopite di Maria Maddalena, in questi vostri tempi. Gli uomini di Dio sono molti, ma non ancora sufficienti a sconfiggere gli “arconti”; ecco che Lui chiede il servizio a tutti coloro che lo accolgono con amore per giungere in aiuto a quante più anime possibili. Dalla comunicazione di “Rolando un uomo cataro” (medianità) “Sapete bene che Melchisedek e il fantastico Michele sono la stessa cosa. E così anche Metraton è una forma differente dell’azione della stessa figura. Non è facile per voi comprendere le differenti sue azioni con nomi diversi. In cielo la gerarchia esiste in base alle funzioni. Sono le funzioni che li differenziano l’uno dall’altro”. Claudio era dell’Ordine. Allo scadere di un mese, dai famigliari, a Roma, fu fatta celebrare una messa commemorativa e io fui chiamata a partecipare. La mamma voleva conoscermi, voleva parlarmi: ero l’ultima persona che aveva visto suo figlio vivo! La chiesa era piccola e fasci di luci colorate venivano dalle vetrate e si dispiegavano sull’altare di marmo, rendendo iridescenti i candelieri dorati e striando il bianco dei fiori. In netto contrasto il gruppo scuro delle persone lì raccolte e piangenti. Ero commossa, ma non triste: Claudio era vivo ed era partito da questa illusione, accompagnato da Michele; per questo il nostro incontro in quella sera di dicembre. Un caso? Mai nulla è a caso, soprattutto per i cavalieri dell’Ordine.

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In quel momento, il prete, sulla bibbia posta a lato dell’altare, lesse un passo relativo a Lui, a Melchisedek... Ancora in Sardegna Reginaldo Francesco aveva un’amica, Paola, “Proprio una come te” diceva, e volle presentarmela. Lei ci aspettava al posto stabilito, asciutta, nella gonna di lana indiana, il golf delicato, come i capelli, lasciati al naturale, con qualche filo bianco, che dava luce all’insieme. L’ho subito sentita, dentro, come accade quando incontri qualcuno che già conosci: una sorella, una del nostro ordine. Paola ci ha portati verso la sua casa, situata in un altopiano interno, tra Palau e Porto Rotondo, un posto “che ho cercato a lungo” dice “e poi ho trovato”. Si percepiva subito la magia che aleggiava tutt’intorno: l’abitazione era estesa, ma bassa, come nata per assecondare il movimento ondulatorio del terreno, i colori si amalgamavano con il suolo roccioso, ma, tutt’intorno era coronata da spazi verdi e dai folti cespugli della macchia mediterranea. Anche l’interno era piacevole, riscaldato da un grande camino ed organizzato con mobili di legno naturale, tappeti di lana e cuscini di seta indiana. Veramente piacevole; la padrona di casa aveva i miei stessi gusti! Ma dov’era la grotta? Ne avevamo parlato durante il viaggio in macchina e si era subito accesa la mia curiosità. Da sempre amo le grotte e le ho cercate o le ho trovate nell’arco della mia vita, da quando, bambina e adolescente, andavo dai miei nonni, a Gavorrano, un piccolo, a quel tempo, e antico paese sovrastante il golfo di Follonica, vicino a Grosseto. Mio nonno, che lavorava nelle miniere di pirite della zona, aveva scavato, dietro la casa, nella roccia, due profonde gallerie, “per tenere in fresco”, ma per me erano grotte magiche: mi sentivo protetta e vi sostavo, prima per giocare, poi per leggere o studiare. La pirite che riluceva nella roccia è argentifera ma anche, in parte, aurifera e, forse, proprio la frequenza dei due metalli mi riempiva ed anche eccitava, poiché proprio là si è mossa la mia sessualità e mi sono masturbata.

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Ora stavo scendendo verso un’altra grotta, percorrendo un sentiero aperto nella macchia, che appariva curato ma, insieme, rispettoso della vita circostante. Alcuni gradini di pietra... ed ecco un perimetro “sacro”, una piatta roccia nel centro, come un altare, e, forse, lo è stato in altri tempi; di fronte, l’entrata, protetta da una vetrata trasparente, che lasciava passare la luce e la vista all’interno. Dentro lo spazio era vasto, movimentato da massi a gradoni, in alcuni punti più alto, in altri più basso, illuminato, sul fondo, da un’altra apertura, anch’essa chiusa da una vetrata. Là penetrava il sole, come dei bagliori dorati, che si riunivano al centro, su un’alcova bianca sormontata da un bianco baldacchino, certamente un luogo di rituale tantrico; intorno immagini e simboli di energia e guarigione e, di fronte al letto, una stella a sei punte, ogni punta, un cristallo. Io mi sono seduta, Francesco si è, come al suo solito, posizionato proprio al centro della stella e Paola ha cominciato a parlare di Regis, l’uomo brasiliano che stàva per arrivare, di cui lei cura l’organizzazione delle conferenze e la cui influenza spirituale ha determinato la realizzazione di ciò che stiamo vedendo. “Regis... A Roma, anch’io avevo un amico, uno sciamano brasiliano che lavorava con i cristalli: si chiamava Reginaldo!”. “Mah”, scoppia Paola, “è la stessa persona”. Sorridiamo ambedue per questo caso, che non è un caso. Siamo unite alla stessa energia, che ci collega alla terra e ai cristalli. Mi si chiarisce ancor più ciò che avevo provato, vedendola, ed è in linea con la mia preveggenza, il fatto che, da un po’ di tempo, ho ripreso a leggere libri sulle pietre ed a collezionarle. È determinato dalla connessione con la terra, che io sento sempre più profondamente. Torniamo dentro la casa e, davanti ad una calda tisana alla cannella, servita su di un tavolo basso, al costume indiano, continuiamo a parlare di Regis, delle sue capacità di guaritore e del “Santo Daime”. Erano, a Roma, gli anni 93, 94, in cui vivevo molti momenti di risveglio e incontravo molti esseri simili a me, nella mia frequenza. Così accadde con Reginaldo, che mi affascinava per la sua perizia con i cristalli, che usava come bisturi, nella guarigione. Lui mi propose di partecipare ad un incontro rituale “il Santo Daime”, che mi avrebbe portato la conoscenza del mondo sciamanico, a me, fino ad allora, ignoto.

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Mah, certamente non ne avevo bisogno, perché vivevo in quella specie di ovatta, che era una sensazione di gioia costante, ma tutto ciò che era legato allo spirito apparteneva alla mia strada, così andai. Incontrai il gruppo dei partecipanti in una grande casa, in mezzo al verde, alle porte della città. Alcuni di loro avevano già partecipato al rito, erano “i vecchi”, per altri, come me, era la prima volta. La notte era splendida e piena di stelle; l’avremmo passata in piedi, a cantare, divisi in due gruppi, maschi e femmine, l’uno di fronte all’altro. In alcuni momenti si aveva la mescita d’un liquore trasparente, che provocava fenomeni di risveglio, insieme alla monotonia del canto e a tutta l’energia che si formava nel gruppo. “Vediamo cosa accade in più di quello che ho provato fin’ora” pensai e mi lasciai andare al canto, che mi univa agli altri. Il tempo passava nella notte, ma era un costante presente nella monotonia del suono. Qualcuno, ogni tanto, si allontanava dal gruppo, si accovacciava per terra e sembrava dormisse. Avevo preso poco liquore, era la prima volta, ma sentivo una pressione alla testa, proprio sulla cima, come se qualcosa volesse uscire. Decisi di andare in giardino, a respirare tra quelle piante, che vedevo dai vetri. Guardai il cielo e le stelle sembrarono più vicine, come se le toccassi; sentivo freddo e cercai di chiudere meglio la giacca, quando sentii una voce provenire da un cespuglio vicino, o meglio, lo sentii parlare “Vieni, vieni, che ti riscaldo”. E andai e mi sprofondai in qualcosa di avvolgente e caldo, pieno d’amore. Era un’allucinazione provocata dalla sostanza ingerita, o era un’espansione di coscienza, sempre dovuta al rito, che mi permetteva la comunicazione? Avevo già sentito il pensiero degli uomini, perché non dovevo sentire quello delle piante? Tutto è vivo, tutto ha una sua lingua, basta saperla capire! Tornai sul prato: mi sembrava di vedere sotto di me tutta la sfera della terra, di cui percepivo la rotazione; poi il mio corpo ha cominciato a cantare, sentivo l’energia tellurica che saliva dentro di me, a ondate, sempre più intensa, come una spirale, ed è arrivato un orgasmo, poi un altro ed un altro ancora: era un canto, era un vento che suonava il corpo, era l’unione con tutto ciò che mi circondava.

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S. Rocco-3 febbraio 2010Il corpo che canta La serata è splendida: il cielo, ormai scuro, è terso e lucido di stelle e il mio corpo vibra all’unisono con il palpitare di quelle luci. Non ho un compagno in questa dimensione, ma in tale serata il mio corpo lo chiede e anche la mia mente, rivolta a Michele. Come tantrica, so bene che posso muovere la mia energia sessuale per guarirmi e guarire, per inviare amore alla terra. Questo sempre, da quando è nata la mia consapevolezza, cerco di fare, ed ora accade in modo spontaneo e meraviglioso. So che alla mia richiesta c’è risposta ed infatti arriva subito una telefonata... È Jonny; è un po’ che non lo vedo, ma lo conosco già “carnalmente”. Gentile, atletico (è infatti cintura nera di Karate), sempre in continuo movimento sia per lo sport che per i suoi viaggi, ha deciso di vivere da solo o non ha trovato “l’anima gemella”. Mi piace, poi è una risposta, poi ha, come atleta, un magnifico controllo del corpo, e ciò ne fa un tantrico, anche se non conosce la disciplina, poi è cosa migliore muovere la kundalini in due. Accetto il suo invito. Qualche giorno prima, avevo visto un video preparato da un centro, che si trova vicino ad Arezzo e che si occupa, facendo corsi di tantra, soprattutto dei problemi di coppia. Ciò che aveva acceso il mio desiderio era stato uno splendido camino, in cui sembrava che la legna ardesse senza fine, proiettando il suo calore luminoso sul tappeto, posto lì davanti. E, a casa di Jonny, ho trovato uno splendido camino acceso e un grande letto lì davanti e la musica che ti faceva muovere e una calda tisana con dei biscotti. L’energia ha cominciato a salire. La sentivo scorrere dentro di me, inebriante, poi il corpo ha cominciato a cantare e il suono veniva dalla pancia e si propagava verso l’alto, dolce e insieme dirompente, costante, a ondate; e questo più, più volte, mentre la mia mente era nel suono e nel suo percorso. Visualizzavo il flusso che saliva e lo respiravo, così che la sua ascesa arrivasse alla corona. Non c’è stata l’uscita dal corpo, perché l’energia di Jonny non era certo quella di Cesare, ma l’uomo mi assecondava e seguiva i miei tempi, anch’egli piacevolmente eccitato e preso da ciò che stava accadendo.

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Alla fine, nel riposo, mi ha stretta a sé, dicendomi che... era una fortuna che la sua casa fosse una villetta isolata nella campagna. Dalle vetrate della porta d’ingresso si vedeva il cielo sempre più stellato e, proprio di fronte, netta, riluceva la costellazione di Orione. Ne seguivo i contorni, la clessidra, il cacciatore, e ritornava l’immagine di Cesare e del mio corpo che cantava con lui. Eravamo nella sua casa, a Trastevere, in mezzo a tante case, tutte appiccicate e affollate, e il mio corpo cantava e lo sentivo vuoto, all’interno, lo sentivo come un flauto, che lui suonava. Era, allora, ancor più melodia, ma l’uomo mi poneva dolcemente la mano vicino alle labbra, per attutire. Io mi sentivo fuori dal mondo, isolata dal mondo, senza pensiero agli altri, essi non esistevano e... continuavo a cantare. Questa sensazione di vuoto centrale interiore è la stessa che ho provato nella discesa dell’energia, quella volta dall’alto, come “una pioggia “densa che mi riempiva. Il flusso, dall’alto o dal basso, trova sempre un percorso aperto e libero. Se sale la kundalini, il corpo canta. È accaduto anche con Paolo, maestro di Tai Chi, in una notte d’estate, in macchina, vicino al verde della pineta di Finiglia, ai piedi del monte Argentario. Seduta sulle sue ginocchia, sentivo all’interno un canale vuoto, dalla vagina, fino alla testa (allora non sapevo neppure cosa fosse il tantra), sentivo salire l’energia e il corpo, naturalmente, cantava. Questa sera, con Jonny è nuovamente accaduto, ma non avviene spesso, sia perché proteggo il mio tempio, sia perché pochi degli uomini, che ho incontrato, risultavano adatti, avevano cioè un’energia confacente. Uscendo dalla sua casa l’aria era così sottile da sembrare impalpabile, così trasparente che le stelle cadevano come in grappoli verso di noi... e poi... poi, il tempo di arrivare nella mia dimora, che una neve leggera ha cominciato a scendere, sui tetti, sugli alberi, nelle strade. Tutto bianco, ben presto un grande mantello bianco, profumato, riflettente la luce del cielo. È difficile che nevichi a Marina, è la prima volta in questo inverno e proprio stasera, in cui si è levato il mio canto, che porta armonia e amore alla terra, Lei ha risposto nel modo più bello, con la discesa di questo candore e purificazione.

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Ripercorro ancora le immagini di Avatar, film che, da poco ho veduto, sento la connessione di quel popolo con la natura e gli animali, la sento come una parte profonda di me, un ricordo di un’altra esistenza, quella vera. Allora ho pianto; ora al mio canto, sembra che un canto abbia risposto. Grazie. Il professor Spada:la prima salita della kundalini Sette anni prima della “discesa di quella pioggia densa”, cioè nell’86, incontrai il professor Spada. Ero completamente inconsapevole, cioè addormentata, anche se, sotto, sotto, avvenivano cose, a cui però non davo importanza, come le mie solitudini da bambina e le mie sensazioni, l’indovinare e il prevedere, attraverso flash, o il disco rosso, enorme, che era alto, sopra il tetto della macchina, dove, nella pineta di Marina, facevo “flanella” con il fidanzato, o l’essere che mi guardava, ai piedi del letto, un incappucciato, e che, per la paura, mi fece scavalcare d’un balzo il marito dormiente al mio fianco. Tenevo tutto per me, a chi raccontare, non c’era nessuno, e poi non mi ponevo il problema, lasciavo scorrere. Dopo un corso di Training Autogeno, fatto a Grosseto, facendo gli esercizi di tecniche mentali, tratte da un libro, che mi avevano dato, tutto si accentuò, ma io non volevo, non “mi piaceva”, e smisi di fare gli esercizi... Si può pensare di fermare il destino, per un po’, ma poi la strada viene ripresa ed io mi iscrissi ad un corso di Dinamica Mentale... e cominciai a scendere dentro di me, nel mio laboratorio segreto; ancora non sapevo quello che facevo, ma ripetevo gli esercizi, con costanza. Fu allora che conobbi il professore, amico di amici. Un caso, no, era arrivato il tempo. Lui era un esperto conoscitore di Reich e mi propose di insegnarmi alcune tecniche; vedeva le mie potenzialità, ma anche i blocchi. Così facemmo delle sedute. Sentivo la sua forza, ma non capivo; una volta mi disse di non pensare le mie paure, perché le creavo, ma solo più tardi avrei compreso. Avevo un maestro che mi diceva in relazione al mio livello, ma che, in pratica, mi stava formando.

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Quel giorno andai da lui e facemmo delle verbalizzazioni inerenti al sesso; non avevo mai detto a voce alta “quelle parole”, la mia terminologia sessuale era molto casticata e vergognosa, a causa, come accade per molti, dell’educazione famigliare. Il professore sapeva a che cosa mirava, al mio sblocco energetico, che trovava la sua espressione nella liberazione dell’energia sessuale, ma io cominciai a sentirmi a disagio: il mio corpo stava riempiendosi di calore, come un fuoco che veniva dai genitali, la stanza mi appariva più rossa, tutto mi appariva circondato da un alone vermiglio ed avevo voglia... avevo voglia. Che potevo fare? Certamente non potevo “parlare”, l’unica cosa era scappare; così dissi che dovevo andare e corsi via. Alla stazione (mi trovavo a Roma), cercai un bagno, mi chiusi dentro e, finalmente mi lasciai andare; l’onda liberata cominciò a salire e cominciarono gli orgasmi, uno dietro l’altro e un infinito piacere, da morire. A casa, durante la notte, si riprodusse ancora il fenomeno e l’attenzione fu necessaria per non svegliare il marito; che potevo dirgli, il nostro rapporto sessuale era buono, ma questo era qualcosa di molto, molto diverso, era un piacere che si estendeva ad ogni parte del corpo, che lo faceva torcere e vibrare, senza che vi fosse alcuna sollecitazione genitale. Ancora addormentata, la mattina, mi diressi in bagno; al ritorno, ormai con gli occhi aperti, rientrai nella camera, nel raggio del grande specchio, che copriva un’intera parete. Fu un sussulto e mi tirai indietro, poi, lentamente mi riportai in avanti. Che era quella cosa che vedevo allo specchio? Non la conoscevo... non conoscevo il corpo che, ormai da anni usavo ogni giorno! I miei occhi si erano aperti veramente, e l’essere che per la prima volta vedeva all’esterno, l’essere che l’energia della kundalini aveva fatto salire e risvegliato, non si riconosceva nel veicolo che abitava, in definitiva era come se non lo avesse mai visto; era la macchina che aveva sempre conosciuto se stessa! E i miei occhi brillavano come due stelle. Il professore, la volta successiva, mi brontolò perché ero fuggita, ma fu contento del risultato; sapeva delle conseguenze liberatorie per la mia vita, e così, infatti, è avvenuto molto presto. In un bel testo medianico “Invito all’orgasmo divino” dell’associazione Katamark di Vinci, volume che è sempre presente nei miei incontri di Tantra, le entità comunicano che il blocco del secondo chacra, quello

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sessuale, è uno dei mali dell’odierna umanità ed io, come psicologa, so bene i danni che un’educazione costrittiva, in tal senso, può causare; come maestra di evoluzione, conosco che esso è uno dei mezzi per tenerci schiavi e addormentati. È la chiusura dell’energia femminile, del “femminino sacro”. Cara Maddalena, tu che fosti tacciata di prostituta, perché questo marchio rimanesse sulle donne che osavano alzare la testa, vedi ancor oggi quanto è il lavoro da fare, in questo mondo, dove la strumentalizzazione è più subdola e l’imprinting è sempre presente. La nuova frequenza, a cui vibravo, stava creando sempre più contatti in risonanza, così, in seguito, ìncontrai Rachana a Trieste, dove ero andata a trovare un’amica (guarda un po’ il caso!). Non sapevo assolutamente nulla della sua tecnica, ma ormai ero consapevole di essere guidata in un veloce apprendimento e rispondevo “sì”, tranquillamente. La donna, una sciamana, mi fece sedere di fronte a lei, sopra un cuscino arabescato, sistemò vari oggetti, pietre, cristalli, spirali di rame, intorno al suo corpo, e, stando anch’essa seduta, a gambe incrociate, cominciò a parlare “Mia cara siamo sopra di te... E un gruppo di entità mi dette nuovi insegnamenti e rispose alle mie sempre ingenue domande. “Muovi la tua hara” avevano detto le entità, canalizzate da Rashana; allora non avevo capito, non sapevo neppure cosa fosse l’hara, ma, in seguito, ho compreso bene dove sta la mia forza e come posso aiutare i miei fratelli discesi. Non a caso, in questa incarnazione, sono una psicologa, sono un’ipnotista, ho quindi molta dimestichezza con le onde teta e halfa e con la visualizzazione, inoltre nel Tantra assommo tutta la mia conoscenza, orientata al risveglio. Un bel libro, che parla dell’hara, mi è stato regalato proprio da Francesco, in Sardegna; a lui era stato lasciato da un amico, morto prematuramente. Cosa strana la vita, se non si sapesse che tutto avviene nell’onda, che tutto arriva in sincronicità, proprio ora che, in quella terra, così forte e decisa, soprattutto nell’aspetto femminile, mi sto inserendo. Dal “Il libro dei segreti” di Bhagwan Shree Rajnesh, ed. Bompiani, sottotitolo “discorsi su Vijnana Bairava Tantra”

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“ La parola tantra significa tecnica, metodo, sentiero, perciò non si occupa di problemi e di indagini intellettuali, non si occupa del perché delle cose, ma del come, non di che cosa sia la verità, ma di come la verità possa essere raggiunta. Il tantra non è una proposizione intellettuale, è un’esperienza. La filosofia si occupa della mente, la vostra testa è sufficiente; non c’è bisogno della vostra totalità. Il tantra ha bisogno di voi nella vostra totalità, è una sfida più profonda, in esso dovete essere interi e soli, non è frammentario.” 22 febbraio 2010 La barboncina Molly non c’è più Questa notte, prima di mezzanotte, Molly se n’è andata. Anni insieme, sempre presente alle mie conferenze o a quelle a cui partecipavo, “la canina della sedia”, veniva chiamata dagli amici, per l’abitudine che avevo di parcheggiarla su una sedia, da cui, mai si muoveva, rimanendo accucciata per tutto il tempo necessario. Devo darle una sepoltura ed ho chiamato Manuela, sì, quella dello stabilimento balneare Il Giglio, a Marina di Grosseto; sono andata da lei, nel giardino della sua Casa Vacanze, in località Pingrossino. Seduta su una panchina bianca, parlo della piccola e piango e Manu cerca di consolarmi; “Molly era cieca” le dico. “Non vedeva gli altri cani e non vedeva me; cercava di stare sempre sui miei panni perché cercava l’odore della “sua mamma”, come io mi appellavo. Non abbaiava mai, di solito mugolava, per farsi capire: credo proprio che mi ritenesse veramente la sua mamma Dalla finestra vicina “mamma” chiama Isa, la figlia di Manuela. La donna, che conosce il linguaggio dei segni, mi guarda, annuendo: abbiamo avuto una risposta a quello che stavo dicendo. Piccola Molly, perché ti ho lasciata andare, perché mi sono arresa; eri ammalata, ma io pensavo sempre alla tua guarigione, la chiedevo, la creavo, poi è avvenuto qualcosa per cui ho rinunciato... Ti ho lasciata andare, come se fosse ineluttabile, deciso... e mi sono trovata nella sofferenza della tua morte. Ti lamentavi e io ti accarezzavo la testolina e sotto la gola, sempre, sempre, fino a che sembravi estasiata, come felice.

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Il cuore batteva dolcemente ed ho sentito una gran pace; poi un dolce calore, come una sfera, si è alzato da te e tu hai piegato la testa e sei partita... Ho sentito il tuo musetto bagnato: non sapevo che i cani versassero lacrime... Bambina, so che la morte non esiste, so che sei viva, ho sempre rifiutato il tuo male, perché, dentro di me non esiste né malattia, né morte, ti sentivo immortale, ma c’è stata una falla, un buco emozionale e ti ho lasciata andare. Com’è accaduto? Troppi pensieri forma, troppa gente nella bassa risonanza mi ha coinvolta nei suoi problemi e ti ho perduta. “Mamma” una voce dentro di me “Mamma, non piangere. Ora sono una bambina e sono felice. Sono stata con te, per farti compagnia. Ora sono tra le stelle. Tu ancora no, devi fare tante cose... Io ti vedo”. Michele “Era arrivato il tempo, ora è con Me, anche prima era con me, è venuta per aiutarti. Ora siamo tutti e due vicini a te. Fai quello che devi fare, devi andare in Francia, a Parigi, capirai perché”. “Mamma mi rincarnerò in una bambina. Non prendere per ora altri cani, lascia che il ricordo della Molly rimanga con te. Era la tua bambina che era venuta ad aiutarti. Era tempo che tornasse tra le stelle”. Da Patrizia, scrittura medianica “Cara mamma Giovanna, sono stata nel nirvana, perché ho finito i miei cicli di vita. Non piangere per me perché canto con gli angeli ed ora posso vederti, perché ho riavuto la vista: tu sei bella come il sole, che sorge ogni mattina, sei il raggio che mi ha regalato sapienza ed io la dono a chi non ce l’ha. Faccio la guida dei mondi e tutti mi chiamano “L’angelo viaggiante”, come mi hai fatto vivere tu”. Fratelli con amore Selenio. “Mamma Giovanna, raggio che illumina la galassia, tu sarai la parte dell’universo che attraverserà il fiume sacro, sarai luce per la galassia, sarai un samurai che va verso gli angeli. Molti non vogliono vedere la realtà, ma sarai la vita del mondo intero. Sarai la pertica che dà energia anche a chi non ti ha voluto credere. Ciao mamma, sei la vita. Grazie mamma Giovanna. Ecco Giamal, l’angelo viaggiante”. Ho deciso con Manuela di seppellirla in un angolo del mio giardino, la mattina dopo, così sono andata a comprare una pianta, sotto la quale farla riposare; ho scelto una mimosa dai fiori dorati: è il suo tempo ed io abito in via della mimosa!

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Ho preso anche due ciclamini bianchi e Manu ha poi portato una piantina di rose. All’ora stabilita, l’amica è venuta con una pala e delle forbici per potare ed abbiamo cominciato scavando la buca; per dare aria alla nuova pianta, lei ha cominciato a tagliare la siepe di pitosforo, ma ci siamo accorte che l’impresa era, se non ardua, perché Manuela è abituata, abbastanza lunga. Beh, pensavo di sistemare il giardino prima di Pasqua, quindi esso presentava l’aspetto incolto che ha durante l’inverno! Ma ecco che si ferma un camioncino “Possiamo prendere quel pitosforo a terra?” chiede l’uomo, prestamente sceso. “Ci serve per fare le corone da morto” aggiunge una donnetta, bassa e rotonda, che scende dall’altra parte. Noi stiamo seppellendo la canina. Che strano! “Prendete quello che volete” rispondo, “lo potete direttamente prendere dalla siepe”. L’uomo, prontamente, tira fuori un paio di forbici e comincia... e pota tutta la siepe e anche l’albero di arance e, poi, taglia un piccolo tronco, che proprio... ci sta male. La donna, intanto, raccoglie i rami a fascine e, in un batter d’occhio, tutto è finito. Un lavoro di ore, fatto, così, in velocità! È un dono di Michele, non poteva capitare mai una cosa del genere, poi, alla domanda, i due rispondono di venire da Pistoia, località Collecchio. “Ho comprato la canonica della chiesa” dice lui e mi guarda; mah, penso che nella città, anzi ora a Vinci, c’è il gruppo Katamark, di Anna Federici, che riceve da Michele. Non è proprio un caso! Manu ha un impegno per pranzo e deve andare; sento il bisogno di stare sola e mi avvio verso la spiaggia, che non è lontana. Il cielo è chiaro, trasparente, striato di nuvole bianche; il mare è intarsiato di vele colorate, ondeggianti al vento. La bellezza tutt’intorno mi stacca dai miei pensieri e m’incammino nella grande falcata di sabbia, in direzione del porto, fino a quando una scritta chiama la mia attenzione “ 22-2-93/10 - Tanti auguri mia stellina”. E sotto c’è disegnata una stella a cinque punte, con dentro un cuore. L’incisione spicca evidente sulla sabbia e m’invita... Ma cosa significa per me? Il 22 febbraio è la data della morte di Molly, il 93/10, mah, vediamo, 93 è l’anno relativo al mio risveglio, 2010, ci siamo ora. Apparentemente sembra che il 22-2 sia una ricorrenza felice, collegata ai miei primi contatti con Michele, purtroppo oggi è la data di una morte, o può essere, invece, quella di un ritorno alla vita?

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Piccola barboncina, ho messo tante stelle d’argento sul tuo corpicino, prima di coprirlo di terra, sotto i fiori della mimosa, e tu ora “vedi” e sei “viva”, ma mi manchi... La mia shechinà (la cechina o l’agnellino, come da tutti veniva chiamata), è sempre stata protetta. Mi trovavo all’albergo “La luna” di Orbetello. C’è stato un tempo, che il mio paese mi chiamava: avevo bisogno dell’odore aspro delle alghe, del grido dei gabbiani, che la mattina, volavano bassi sui tetti, dell’acqua di diamante della laguna. Così, spesso, andavo a passare i miei week-and là, a volte accolta dal piccolo Hotel Parigi, o dalla pensione “La Luna”. Poi la serata nel corso del paese, strapieno di persone, il sabato sera, la pizza alla cipolla del fornetto, e il rifugio tradizionale in una delle due sale cinematografiche, che, seppur cambiate, mi ricordavano i semi e le noccioline di quando facevo le medie. Avevo lavato della biancheria, nella stanza della pensione, ed ero salita al piano di sopra, dove, sui tetti, si apriva una grande terrazza, piena di sole, di piante grasse e di un intreccio di fili per tendere. Un sussulto! Molto vicina, la Molly abbaiava! Doveva essere nella stanza! Ma no, la porta, lasciata socchiusa, l’aveva invitata ad uscire, lei cieca, ma oltremodo curiosa, ed ora era sul bordo della tromba delle scale, lì, indifesa, solo alla mia ricerca. “Molly”. E un tuffo al cuore... La piccola era precipitata. “Michele, aiuto!” Ma perché, dentro di me, sentivo una grande calma ed i miei movimenti di discesa erano lenti, come anche rallentata era l’aria intorno? “Molly”. E la canina, come volando, non era andata giù, a capofitto, ma si trovava al piano di sotto, sulla parte della scala, opposta al punto di caduta. “Molly, amore, non ti muovere”. Parole, certamente, ormai inutili, perché essa era ormai tra le mie braccia. Ciò che era accaduto, aveva dell’impossibile. La canina, per di più cieca, non poteva aver saltato la tromba delle scale. “Grazie Michele, grazie Amore mio. Ancora non era il tempo, non ancora”.

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Patrizia Ho già accennato a lei, parlando del mio contatto con Michele, attraverso Rita. “Vedi Patrizia” lui disse “È così carina, aiutala”. Ed io ho cercato di aiutarla, ma per la mia vita errabonda ed il mio scarsissimo amore per Grosseto, dove lei vive, ho fatto poco. Comunque l’ho inserita nella mia associazione “Il ponte di luce” e lei ha preparato moltissime scritture per le persone, che entravano in contatto con me, in tutta Italia. Sì, perché la ragazza fa lunghissime scritture medianiche (“Scrivi poco” le dico sempre), corredate di disegni e simboli, che, a parte la grafia, si leggono con piacere e sono molto in risonanza con il richiedente. Vivevo ancora a Roma, ma, una volta alla settimana, tornavo a Grosseto, dove era parte della mia famiglia. Fu allora che venne a trovarmi, sapendo che l’avrei capita, e mi portò delle cassette dove aveva registrato dei canti, che provenivano da Orione, e tanti disegni, che le inviava Selenio, abitante di un’astronave che staziona vicino alla “cintura”. Anche la casa di Patrizia è piena di quadri e di murales rappresentanti astronavi, geroglifici e immagini egiziane, simboli di vario tipo. Una produzione enorme, contenuta anche in tanti quaderni, ma dispersiva, per la personalità infantile e, soprattutto, per quello che è accaduto a livello famigliare. È nata nella tarda età di genitori culturalmente semplici, che non hanno compreso le sue doti, scambiando per problemi il suo “sentir le voci” e, a volte, avere apparizioni. Così hanno chiesto un intervento psichiatrico, che poi si è tradotto in controllo prolungato. Tutto ciò ha inciso sulla personalità, ma, fortunatamente, delle capacità riceventi sono rimaste. Cara Patrizia, il suo animo è quello di un bambino, ma l’imput educativo si fa sentire! Selenio le dice che su Orione o la cintura esiste un computer dov' è tutta la storia della terra e dove sono inseriti i nominativi di tutti i suoi abitanti; egli ha accesso e, avendo il nome, dà la risposta: provenienza, incarnazioni precedenti, caratteristica di questa incarnazione, angelo guida ecc. Ho trovato qualcosa di simile nel libro “come Dio divenne Dio” di Daniel Meurois Givaudan, ed. Macro, che più tardi avrò il piacere di citare.

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Riporto una mia scrittura, una delle prime, abbastanza lunga, con cui sento risonanza. “Simbolo del pianeta Okoko la cui linea d’aria riflette sul mondo del Giappone (a lato c’è un simbolo colorato; in realtà è vero che sono collegata molto a questa terra). Tu sei aria che nutre l’essenza, tu sei l’orizzonte dei popoli, tu sei la guida dell’amore (Selenio è molto poetico). Tu sei un essere trasparente e vivo, che colora il pianeta bianco e nero. Le linee del tuo cielo sono incrociate nei mondi e formano il tondo che ti aspetta ovunque sia la tua meta. Sono infinite come il tuo cammino, sono sonore come i campanellini delle renne. In te, in questo periodo, si stanno incontrando vite karmiche, che stai ripulendo dalle avversità nemiche e il tuo io sale, sale in alto in quel mito ch’è l’orizzonte di Dio. Tu sei un essere senza tempo e senza spazio (è vero!). La tua visibilità ottica guarda lontano, i tuoi chakra si sono aperti ai mille occhi. Un fiore che si sta evolvendo fino a raggiungere l’amore con il sole. Questo volto così bello e soave, sta diventando il pellegrino del mondo (è vero, sono sempre in giro). Sei una donna dal carisma forte e senza paura, stai seguendo il tuo passo, che è importante, stai andando alla ricerca della pace, che vedi in ogni uomo che incontri, sia mendicante, sia ricco. Ne hai passate tante, ma ora la tua forza vince ogni istante. Sei dinamica, svelta, attiva, tu senti molto ed hai un’entità che ti porta dove c’è l’istante. Nei viaggi che vuoi fare, ti consiglio la Palestina. Qui, a Gaza e nei deserti presto atterrerà un popolo che viene oltre Orione e porta pace e ricostruirà il tempio di Salomone. Ritornano i profeti di tutte le religioni e potranno convivere felici nelle terre della Santa Roccia. Se poi cerchi la pace interiore, puoi scegliere il Tibet. Ogni profeta è venuto sulla terra mandato dal Grande Spirito, a portare un’essenza primordiale, che manca nell’interno dell’uomo. Nel deserto del sahara vi sono profeti e cavalieri illuminati, che sono preparati ad esprimersi. Ora vivono celati a questa inflazione politico religiosa, frutto di falsità delle chiese. Tu sei un’anima cristallina e pura, che è innocente come una sorgente dorata, che scende dai monti. In te esiste dolcezza, in te esiste chiarezza, in

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te esiste l’amore universale, che ti porti dentro da vite, ma quasi spezzato da un dolore periodale. Stai cercando cose alte e molto invisibili alla praticità della terra, perché vai oltre la sensazione. Dentro si sta accendendo una luce, che prende ogni forma di grandezza solare. Questo periodo è un esemplare estatico e profetico, tu stai nelle orme della grande civiltà celestiale, senti la musica che gli angeli ti suonano e anche l’aldilà di anime (la scrittura risale al periodo dei miei picchi più costanti di fenomeni di risveglio, o appena precedente, forse il 91-92; continuano, nelle pagine, dei disegni illustrativi e coloratissimi). Ascolti il silenzio, ascolti i rumori della natura, sogni molti segni della spiritualità. Le tue essenze spirituali sono le arance, la tua pietra è l’ametista, nel tuo cuore à incisa la lettera W. Il tuo simbolo è HACAH, esso viene dal mondo incantato dell’Islam, rappresenta l’unicità con Allah ed il profeta Mohammed. Rappresenta anche la pace del popolo esseno. Nel pianeta di Orione, lo abbiamo messo nei templi unificatori della nuova era. Sei una donna che va incontro a chiunque le si presenta. Questo ti è stato trasmesso tramite la telepatia e la coscienza che si sta aprendo in te. In tutto quello che fai, c’è la presenza di tutto il passato. In altre incarnazioni, viaggiasti molto: India, Perù, Messico, Egitto, San Salvador e, dove sei stata, hai ascoltato in silenzio e indipendenza le varie filosofie e culture popolari. Per quanto riguarda la tua parte terrena, che comprende i sentimentalismi e l’amore, c’è stato un grande abisso, fra te e questi esseri che sono stati la tua vita. Tu sei vicina alla grandezza totale dell’universo e non ti hanno capita, perché c’è stato un tracollo da parte loro. L’esistenza che essi hanno è diversa dai tuoi passi ed hanno reagito andandosene. Tu trasmetti sensazioni di realtà virtuale, loro rimangono a dimostrare tutto ciò che è sulla terra. Loro vedono l’albero, la casa, come pittori realisti, tu vedi ciò che, per loro, è l’invisibile, ma sei più reale. Questa inconcepibile distanza ha troncato ogni equilibrio ed essi hanno cercato qualcosa di più simile a loro, non hanno cercato di entrare in te per paura e insicurezza totale. Ti sei abbassata tu alla loro materia, ma ormai tu eri cosmo. Tu ora troverai qualcuno molto evoluto e maestro di vita che ti farà realizzare nella tua grande geniale personalità.

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In questo periodo, tu hai bisogno di questo, di certezze, di amare in modo diverso, verso un dialogo intelligente e spensierato. Gli altri hanno gettato verso di te le proprie pene ed i grossi problemi. Sta finendo un’era, sta incominciando una nuova forma di esistenza, dove tutto verrà rimosso dalle radici, dai sotterranei usciranno uomini che hanno lavorato per l’evoluzione, nella grande terra si placherà l’autodistruzione tra uomo e animale. I capi di stato cesseranno di dichiarare sempre guerra, le persone umane si mischieranno tra di loro e i bambini giocheranno nel giardino dei colori. Nelle vite passate ti sei incarnata in una grande guerriera di nome SCHILAI. Tu vivesti nell’antico Oriente e portasti la forza energetica e la tua presenza spirituale negli altri. Il tuo nome cosmico è SHAMADA o AUREA, come porta del tempio. Oppure ANTISHI, che significa, in lingua indiana, forza solare Il tuo spirito guida è San Michele (segue il disegno di un’astronave). Questo simbolo indica che i tuoi movimenti sono seguiti da AKLIC”. Fratelli con amore. SELENIO Ancora dalla scrittura di Patrizia. “La sorprendente ascesa viene dalla sorgente dei sette occhi, molto sviluppata in te, che vivono in un quadrilatero e in un cilindro e sono ricchi della luce del sole e risplendono in te come energia che scalda la grande medianità. I tuoi occhi guardano lontano civiltà antiche, che ti legano tramite il karma, che spinge le tue ascendenti parti verso le forze degli incontri spirituali che fai, legati alle cellule visive del terzo occhio. Il tuo nome cosmico è Shamada. Era una guerriera araba che ha combattuto tanti anni contro il maschilismo, che condannava la donna dalla nascita. Si è vestita molte volte da uomo e fu istruita dalla madre ad andare a cavallo ed a usare la spada. Credeva molto negli astri e nel cambiamento della luna, perché per lei era importante, accresceva le doti paranormali che usava contro il nemico. Vestiva sempre di nero e rosso, portava un mantello grande nero, un cappello rosso, che le raccoglieva i capelli lunghi fino alle spalle, e aveva un cavallo bianco. Con la spada d’argento segnava nel blu della notte un cerchio nel cielo, un simbolo di civiltà che provenivano da altri pianeti.

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Lei ha donato il suo nome a te in segno di lotta e di pace”. Fratelli con amore. SELENIO Patrizia ha scritto molto per me e per tanti, tanti amici e le risposte sono risultate centrate anche se molto poetiche e simboliche. Ha poi dipinto tantissimo, portando sui muri della sua casa, nei fogli e nei quaderni tutte le visioni che le arrivavano. Meriterebbe almeno una mostra di tutto questo materiale! “Aiutala” ha detto Michele e, forse, anche per questo, ancora non riesco ad abbandonare Grosseto.

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Abano 02-03-2010 Dovevo andarmene. Il dolore era profondo, soprattutto, restando sul posto, rivedevo, nette, come presenti, le ultime immagini della canina. Ora, qui ad Abano, cominciano un po’ a sfocarsi: l’ambiente circostante non mi crea “ancoraggi” e l’acqua termale accarezza il mio corpo, lo ricarica di energia e consola la mia anima. Giorgio, una parte di me, di cui vi parlerò più estesamente, mi ha mandato un messaggio, che ripete ciò che già ho sentito. “Mi dispiace che tu per ora non la possa più vedere, ma quando la incontrerai, non so come, né quando, e che forma avrà Molli, te ne accorgerai dal battito del tuo cuore. Alza gli occhi al cielo, è nata una nuova stella!” Grazie Giorgio, come al solito la tua sincronicità e la tua visione sono perfette. Tante stelle sul corpicino, “tanti auguri stellina” sulla sabbia. Una bambina rinascerà... L’hotel è gradevole, piccolo, a conduzione familiare; s’appella “Dolomiti”, perché il padre della proprietaria amava quelle montagne, come io le amo, come io le vedo ancora, increspate di picchi, bianche e scure, alte nei valichi, intarsiate e azzurre di laghi. Ricordo quella ripida camminata, insieme a Roberta, per raggiungere il rifugio e poi mangiare polenta, con lo sguardo allargato nelle valli. Il profumo dell’aria, così sottile, così piena di prana e di sole... Là ti senti parte del tutto, fusa nel verde dei prati, nel celeste leggero delle nuvole, nelle macchie brune dei boschi, nei tintinnanti campanelli delle mucche. “All is Good” dice Ananda, un amico norvegese, nei suoi corsi di risveglio, “Tutto è dio”. Io sono una parte di dio e sono collegata al tutto. Senz’altro sono collegata all’acqua, perché non ne posso stare senza; amo vederla, ma, soprattutto, starci dentro, acqua salata, dolce,... termale, secondo i casi ed il momento. Si dice ch’è il ricordo del liquido amniotico, del dolce ed ondeggiante fluire intrauterino, ma, per me è un ricordo più antico, di un luogo e tempo da cui provengo. Sono nata nell’acqua anche in questa vita, ad Orbetello, un piccolo paese a forma di pesce, al centro di una laguna, limitata dal manto verde e

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imponente del monte Argentario, di fronte, dai tomboli di Giannella e Feniglia, che fanno da corona, ai lati. “È il posto più bello del mondo” diceva Enzo, e lui, pilota dell’Alitalia, di luoghi ne aveva veduti veramente tanti! Effettivamente, dalle terrazze sui tetti, si assiste all’imponente nascere del sole, a Oriente, dalla laguna, e al suo morire, tra nembi di fuoco, a Occidente, sempre nella stessa. Comunque, l’acqua c’è sempre ed è profondamente dentro di me. Spesso mi reco presso la piscina termale di Venturina, che ha una copertura di vetro, grandi quadrati trasparenti, che, dopo il tramonto, si aprono ad un cielo scuro e stellato... e riflettono, come specchi, l’acqua sottostante. Mi sono vista, ho colto il mio corpo che nuotava, ma non era nuotare quel muoversi abbandonato all’acqua, in un ritmo morbido e disteso, un respiro antico e presente. Ero un pesce, una mantra, le gambe e le braccia come unite da un’invisibile membrana. Da “El Dorado risorgerà” di Orazio Valenti, sempre traduttore del pensiero di Siragusa. “La sperimentazione sul pianeta Venere è perfettamente riuscita e la loro specie, sebbene ancora acquatica, è completamente inserita nella nostra confederazione... Fra le popolazioni extraterrestri operanti sul nostro pianeta, sono presenti i Venusiani, con le loro caratteristiche forme acquatiche, come mani e piedi palmati”.

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PARTE SECONDA

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A volte mi sorprendi,

a volte mi stupisci,

a volte ti prendo in giro,

a volte ti sprono,

a volte gioco con te,

ma sempre, sempre, sempre

e da sempre,

ti amo

(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )

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Giorgio di Roma 13-03-2010 È un po’ che non lo sento, “la meteora” lui si definisce, perché arriva all’improvviso, dopo periodi di silenzio, ed io... sempre lo accolgo. Come non potrei? Siamo vissuti insieme in altre vite, siamo stati insieme condannati e uccisi (sempre e chiara l’immagine di una sala con colonne di marmo, uno scranno al centro, rialzato su gradini; io e lui davanti ad un uomo là seduto, la condanna, un addio negli occhi e, divisi, siamo portati dalle guardie verso due bui cunicoli, che si diramano a raggiera dalla sala circolare... Lo sappiamo: non c’è più ritorno). Invece siamo ritornati, incontrandoci ancora in questa vita e forse in altre (anche lui lo dice). Giorgio: ogni volta che arrivi sei annunciato, un segno, come il nome ripetuto, o simboli a te collegati. Il legame è forte, un’unione sciolta brutalmente dalla morte, un legame spezzato, forse un karma non finito. Così ci siamo ancora ritrovati, ma tu sei “una meteora”, un forte filo ci lega, ma non ci unisce. Tu mi sogni spesso, io solo quando ti avvicini, ma l’ultimo sogno è stato orrendo: il tuo volto è esploso, come un palloncino di colore blu, che all’improvviso va in pezzi, in una nuvola di vapore. Cosa sta accadendo? Il telefono resta muto. Ma tu chi sei? Sei entrato nella mia vita in modo apparentemente banale, cercando una camera in affitto, dato che, da poco eri arrivato a Grosseto, ma, insieme alla richiesta mi hai portato delle candele bianche ed i tuoi occhi, che già conoscevo. Il tuo sogno, ricorrente, un po’ ossessivo, con sottili variazioni. Me lo hai raccontato, a voce, nei messaggi del telefonino, quando io non ti sognavo, ma eri un pensiero. Un corridoio ed una porta socchiusa, leggera ad aprirsi al tuo tocco, oppure degli esseri alti, non umani, ma pieni di armonia, che spingevano la porta ed entravano nella stanza. Ed anche tu sei entrato e dentro c’ero anch’io. Sempre ti ho visto all’entrare, ma ho continuato in quello che stavo facendo: l’amore con questi esseri, che sceglievo, uno per volta, come una regina, come un’iniziatrice. E nulla di volgare, di pesante: la sessualità come un rito, un qualcosa di morbido ed avvolgente, quasi impalpabile come l’ambiente, e insieme concentrato, altamente concentrato.

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Ti era permesso di restare, senz’altro eri conosciuto, perché io ti conoscevo, ma in disparte, come ignorato. Poi c’era lui, che appariva il capo, al quale tutti davano spazio. E nell’ultimo sogno, lui era solo con me e, quando tu hai spinto la porta, ha alzato la testa e ti ha fatto cenno di entrare. “Sembra che abbia sorriso” hai detto “Ma non so come; la bocca era una fessura e anche gli occhi”. Ma ha sorriso e ti ha permesso di avvicinarti; l’hai visto bene: il corpo era disteso, sottile e lungo, le dita anch’esse lunghe affusolate, la testa calva e come appuntita. Molto simile all’immagine dei geni solari o degli uomini acquatici venusiani tratteggiati dalla penna di Eugenio Siracusa! La descrizione mi fa pensare anche alle parole di Francesco, l’amico sardo “Gli Arturiani vengono principalmente da Antares, la stella dove loro hanno la casa. Si trova forse nel Piccolo Carro. Sono esseri acquatici, anfibi, la testa è allungata, tra delfino e umano, occhi neri, a mandorla, schiacciati, bocca a fessura; amano cantare e sono infinitamente pacifici. La stella centrale della cintura di Orione è un crocevia di traiettorie di traffici galattici, è un faro nelle mappature stellari, è un crocevia di comunicazione, molto importante in quello che gli antichi Egiziani chiamavano Duat, cioè l’insieme della mappatura degli Stargate dell’universo. Gli Arturiani fanno parte della confederazione galattica della luce. Il regno di Avalon (di Kamelot) era in contatto con gli Arturiani, tanto è vero che il re si chiamava Arturius, da cui Artù. Quel regno era refrattario alla violenza, perché era fondato sull’energia femminile”. Anche tu, Giorgio, sei molto alto, con la scusa della pallacanestro, e tu sei stato un giocatore, si accetta questo tuo svettare al di sopra degli altri, ma è piacevole essere mossa sul tuo corpo, con leggerezza e pace... e il mio corpo canta. Un canto antico, un ricordo d’amore e di rispetto profondo. “Non so dove il mio capo mi manda, sai che mi dice tutto all’ultimo momento...”. E ti fai vivo all’improvviso, come se tu venissi da un altro pianeta. Nel mezzo c’è il silenzio, il vuoto. Chi sei? Dove sei? Oggi sono andata a vedere il nuovo film di ALICE nel paese delle meraviglie, con quegli occhiali che ti portano quasi dentro le scene in tre dimensioni e, insieme, ti fanno pensare alla realtà virtuale che stai vivendo; Alice, visione già annunciata da molti segni e ricca di simboli ed indicazioni!

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La salita sulla torre (Magdala), lei nell’armatura, paladina del bene, che con la spada magica uccide il mostro alato, mi hanno riportato a San Giorgio che combatte il drago, a Michele nelle sue battaglie, a Giorgio, per assonanza, e, in definitiva a me stessa, come conferma che la vittoria è vicina, basta crederci e anche ciò che sembra impossibile può accadere. Il sogno può essere gestito in modo consapevole e ciò che viene modificato in una frequenza, apporta cambiamenti nell’altra. In molte incarnazioni ho combattuto per la libertà, l’amore, la verità, sempre la stessa discesa in una umanità condizionata e dimentica, a volte sono stata uccisa, ma il tempo non esiste, tutto è nel presente e la vita attuale è quella che chiude il cerchio, che armonizza il tutto. “Non sciupare la Sua energia (di Michele)” mi è stato detto. Ho fatto sbagli, non ho sempre ascoltato, o non ho capito. Come la mente è condizionata a livello genetico ed educativo e come può trarre sempre in inganno! E quante opposizioni, quanti attacchi! Nel bel libro “Il risveglio della macchina biologica” di J. Gold, ed. Crisalide, si paragona la nostra vita ad un diamante, che prima va portato alla luce, poi sgrossato dalla materia intorno, per poi essere continuamente ripulito fino all’eliminazione di ogni impurità... fino ad arrivare alla pura luce, al corpo di luce. Davanti all’uscita dalla sala cinematografica, era parcheggiata una rossa e fiammante Ferrari, per me sempre un segno di vittoria. Ce la farò! Grazie. Ancora da Giorgio; messaggi: “Ma la stella del cammino... dov’è?”. “Come stai, Principessa delle stelle?”. “Nel nuovo anno terrestre dovrai far risorgere le tue capacità ancestrali per riportarci a casa”. “Ce la farò! Grazie”. Il sogno Ricorrente, sempre lo stesso, oppure ormai così profondamente memorizzato, da pensare di rifarlo, un sogno era sempre dentro di me. L’ho ricordato e compreso nel 93, poi più nulla, è scomparso. Non aveva motivo di esistere ancora!

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Ero alla guida di un’automobile: davanti la strada, che si perdeva in lontananza, curvilinea, in mezzo al verde dei prati. Poi, d’improvviso, tutto grigio, un vuoto, un nulla, come se l’immagine fosse stata cancellata. “Cosa è accaduto?” mi chiedevo “Perché la strada si è volatilizzata? Dove sono i prati, il cielo azzurro, la profondità dell’orizzonte?” E la domanda rimaneva, anche se, di nuovo, era tornata la normalità. Chiedevo nel mio cuore, perché ciò che era accaduto non aveva spiegazione plausibile. Poi ho incontrato un essere e lui mi ha condotto... su per una scala a chiocciola, su, su, fino a una grande stanza circolare... Quando ho visto la copertina del libro di Paglialunga “Gli archetipi e il serpente piumato”, ho riconosciuto, in parte, la stanza, le cui pareti erano ricoperte da schermi. Davanti a ciascuno di essi, un operatore osservava, controllava, manteneva la realtà virtuale di questa terra. C’era stato un blak out nel programma o nel controllo della mia testa ed io avevo visto... che tutto è energia, che ogni forma è una proiezione olografica. Il ricordo finisce lassù, nella stanza circolare e, come Alice, ho sempre pensato che fosse un sogno, finchè non ho scoperto che poteva essere realtà. Quando nel 93 il controllo su di me si è nuovamente interrotto ed io ho vissuto in modo diverso “questa vita”, ho compreso e il sogno non è più tornato. Il ritorno a casa Eravamo sempre nel 94-95, il mio treno correva ed io mi spostavo, per conoscere gruppi ed esseri, che mi chiamavano in risonanza. Mi trovavo nella struttura creata da Bernardino del Boca, presso Novara, una comunità in cui, da tempo si parlava di risveglio, ed ero rimasta affascinata dalla conformazione del posto, con le abitazioni poste in cerchio, la grande sala riunioni ed il gentile laghetto centrale. C’era aria di Feng shui in ogni dove e, vicino al tempietto, si alzava una piramide di metallo, luogo di riposo e di ricarica. Lì ho incontrato Luisa, viaggiatrice anch’essa e “canale”. Nel suo camper, ha cominciato a scrivere per me: “Elemento preposto per la ristrutturazione planetaria. Sorella dell’Unità. Maestra Sacerdotessa del

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portale di accesso al ritorno alla galassia. Custode delle chiavi per “il ritorno a casa”. Consegna delle chiavi alla fratellanza per aprire il proprio “Scrigno Segreto” onde effettuare il “ritorno a casa” (Galassia) Proveniente dalla cintura di Orione. Missione: Attivazione codice genetico entro l’anno 2005. Completata l’operazione di attivazione, essa sarà in grado di consegnare a ogni fratello le chiavi personali (energetiche), per il “Ritorno alla Galassia”. Segue un simbolo. È vero Luisa, anche usando l’ipnosi, ho sempre portato la persona nel cuore, le ho dato la chiave d’oro per aprire la porta della stanza interiore, lo scrigno segreto dove tutto è possibile, onde attivare là e riconoscere la propria capacità di creatore. Oggi il lavoro viene fatto ad un livello più energetico, ma lo scrigno d’oro, contenente la piccola e madreperlata gocciolina animica, è sempre lo stesso. Ora sto molto lavorando, per aiutare i fratelli, il nostro gruppo dell’ordine di Melchisedeck. Li “sento a naso”: quando incontro uno di loro, ne ho quasi subito la percezione e cerco di usare tutti i mezzi che ho a disposizione, oltre la mia stessa energia, per portare avanti la trasformazione. Ma allora, verso la fine del '95, cominciarono gli attacchi e fui bloccata. Abano -22-03-2010 È quasi mezzanotte e sto scrivendo per ricordare Maria Rosa M., che oggi ho conosciuto: un’altra del nostro gruppo. Molto, molto simile a me. “Voglio ballare la vita” lei dice “Sono una zingara, mi muovo e vado a lavorare dove mi piace”. E, poi, Parigi, è tornata da poco da Parigi “Non ho studiato il francese, ma, quando sono in Francia parlo bene la lingua, comprendo e mi sembra di essere a casa...”. Come succede a me! Mi parla dell’ultima incarnazione, in cui, arrivata dalla Russia, ha sposato un nobile francese e si è stabilita in quella terra. Poi si è separata ed ha cominciato ad occuparsi del mondo dello spettacolo.

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Si nota ancor oggi, nel suo modo di gestire e di esporre! Ed anche in questa vita, ha sposato un nobile e, poi, si è separata; guarda un po’! Maria, dopo la separazione, è andata in India a studiare il massaggio ayurvedico e lavora con le campane tibetane. Le ha poste sul mio corpo, lucenti, su ogni chakra. Ha cominciato a suonarle, una dopo l’altra, e si è levata una musica argentina, diversa nei timbri, dai più acuti ai più profondi, secondo la grandezza delle campane, ma vibrante e intensa. E il corpo ha risposto, aprendosi alla frequenza, come suonato, mentre nella mente fluivano immagini: ecco una rosa sul cuore, poi una bianca e zampillante fontana, nell’ombelico, e, nuovamente, un fiotto alto e luminoso, sempre dall’interno del fiore. Poi il suono vicino alle orecchie, una serie di squilli penetranti, che ti portano fuori, fuori del tempo, ed entri dentro, dentro di te, dentro il corpo che vibra. “Stai nella pancia” lei dice, ed io sento il mio ventre muoversi e vedo un mare con piccole onde, disegnate, come la pittura d’un bambino. E il corpo comincia a cantare e l’energia si muove dolce e fluida, molto dolce e, insieme, piena, sembra traboccare. Mentre il suono si sta spegnendo, riapro gli occhi, incuriosita da un tramestio intorno: è Maria che si è tolta la maglietta e sta socchiudendo la finestra. “Un caldo, un caldo” dice “Nella stanza si è generato un gran calore!”. E giunge le mani, abbassando il capo “Grazie” dice. “Grazie a te, Mariarosa, che hai mosso la mia Hara”. E ripenso alle parole di Raschiana “muovi la tua Hara, muovi”. Sembra proprio che, in questo momento, l’universo si sia impegnato a far lavorare il mio centro, il mio ombelico! Anch’io lo voglio È il mio risveglio, di nuovo, ma in modo più consapevole. Mariarosa mi parla della sua scelta di lavorare, almeno in parte, in quell’albergo “perché mi sento bene qua, c’è aria di casa, i proprietari non sono consapevoli, ma hanno il cuore aperto”. È proprio vero, per questo, “casualmente”, anch’io mi sono fermata qui, e sono ancora ritornata. Ma c’è qualcos’altro: è l’acqua, sì, una grande abbondanza d’acqua che nasce proprio sotto l’hotel, che nutre e alimenta tutto, che riscalda in modo incredibile ogni parte dell’ambiente.

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Mi viene detto che non tutti gli alberghi del posto hanno acqua propria, devono prenderla da siti vicini. Ma qui, al “Dolomiti”, si percepisce questa massa sottostante, la sento ribollire, distendersi, allargarsi, per poi uscire e liberarsi nelle piscine, nelle grandi vasche dei fanghi. Ah, il mio amore per questo elemento, che vive tranquillamente nei tre stati, fluido, solido e gassoso, attuando la bellezza del tre. “Acqua d’amore”, come viene definita nel bel libro di Enza Ciccolo, ed. Mediterranee dove la biologa effettua una ricerca molto chiara sulla frequenza delle acque di sorgente e di quelle “Mariane”, collegate cioè all’apparizione, nel luogo, di Maria. “Acqua d’amore è l’acqua che giunge a noi pura, non inquinata dai vari passaggi in terre e cieli inquinati dall’uomo. È l’acqua che scaturisce dalla roccia che si è predisposta generarla o, più semplicemente, è comune acqua della nostra terra, che un evento grande ha trasmutato, eliminandone le impurità. L’acqua d’amore è acqua che ha ricevuto il messaggio dell’equilibrio armonico, l’informazione di quelle frequenze di luce che, commistionandosi, danno luce bianca; è l’acqua che contiene le vibrazioni dei colori dell’arcobaleno, dei suoni della scala musicale, con i quali sono state composte tutte le melodie del creato. È il dono che la Madre dà ai propri figli, perché possa riemergere la memoria della loro origine: è acqua d’aiuto fisico, psichico e spirituale. Giunge ad ogni più remota cellula o atomo o particella elementare, portando informazioni cosmiche, attivazioni plasmatrici, che vitalizzano la materia, ricreando la risonanza con il respiro universale.” L’autrice, in particolare, prende in esame la capacità di guarigione e le frequenze riscontrate nelle acque di Lourdes, di Montichiari, vicino a Brescia, di Santa Maria alla Fontana, a Milano, e di Medjugorje; in particolare, quest’ultima viene definita “acqua di elevazione”, acqua che trasmuta la materia, la rende recettiva alle sue forze. L’acqua di Medjugorje ha 7 frequenze; la prevalenza della frequenza CE caratterizza la sua azione mesodermica, mentre la frequenza D ne sottolinea l’assialità, la forza perpendicolare, che erige e richiama verso l’alto il nostro portamento. Può essere usata per qualsiasi patologia, in particolare per quelle che richiedono forza di unicizzazione, la forza portante di ogni cosa creata, che vuole ritornare a Dio.

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Ritornando ad Abano, Mariarosa mi spiega ancora che, secondo lei, la zona è protetta, una conca antica, circondata dai colli Euganei, coni vulcanici ormai spenti, che, per questo movimento fluido sottostante, può non essere interessata dai terremoti. Sarà vero? Comunque penso ad una profezia fatta da un “fraticello”, che viveva in una chiesa, vicino a Vicenza. La Madonna mi ha detto che l’Italia si spaccherà in due, a nord di Bologna, Vicenza si salverà” ( chissà, forse anche Abano!) Spero di sì, che questo accada, perché sono debitrice verso la cittadina termale, che già un’altra volta ha lenito i miei dolori. Fontebianca Per vari mesi, diciamo tutto il 2003, la mia presenza in altra frequenza è stata quasi sempre costante, poi le finestre, della diversa impostazione temporale, hanno cominciato ad aprirsi soprattutto in relazione a stati emozionali, e sono ritornata, in generale, alla stabilità di tempo e di forme della terza dimensione, pur mantenendo vari fenomeni “paranormali”. Mi piace vivere in campagna, circondata dal verde e dal suo profumo, e così, mentre ancora abitavo a Roma (siamo nel 2005), avevo preso in affitto una piccola casa colonica, all’interno della fattoria Fontebianca, a Roselle, vicino a Grosseto. Etrusca la terra, rosa i sassi della casa, da cui Roselle, per le cave di quarzo rosa, zona termale ed archeologica. La casa era in un bosco di alti pioppi e, in autunno, in un mare di foglie d’oro. Col passare del vento, i fusti snelli e svettanti, ondeggiavano, come in una danza, e cominciava un canto sussurrato tra le fronde. Ai piedi, una miriade d’erbette, di fiori selvatici, che finivano ai cespugli di rovi, un po’ imbiancati dalla polvere della strada a sterro e colmi di more alla stagione. Ho tenuto la casa a lungo, cercando di allontanarmi al tempo della fioritura degli alberi, perché una pioggia di neve bianca, ricopriva ogni cosa, leggera, impalpabile, ma anche insistente, nell’entrare in ogni più piccola fessura.

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Il nome “Fontebianca” derivava senz’altro da sorgenti del posto, ma anche dai numerosi filari di peschi, dal caratteristico frutto molto chiaro, che, in seguito, erano stati sostituiti dai pioppi. Nonostante la bellezza del pioppeto, posso immaginare la tavolozza profumata di tutti quegli alberi in fiore. Una fiaba! Folletti e fate delle piante, come farfalle tra le corolle, potevano esser visti giocare, dagli occhi innocenti di un bambino. Ricordo che, quando pioveva, dato che ero lontana da sguardi curiosi, uscivo mezza nuda; l’aria era tiepida, e sentivo con piacere l’acqua che mi bagnava i capelli e accarezzava la pelle. E la mattina, appena alzata, coglievo golosa le gocce di rugiada dalle foglie morbide dell’acacia, o da quelle lunghe e lanceolate delle canne del fosso. Questa era Fontebianca, un angolo di paradiso naturale. Come nel film Avatar, anch’io lì vivevo come in un altro mondo, ma, poi, è arrivato l’attacco. Quell’anno, l’ultimo che ho passato là, decisi di andare, durante i mesi estivi, nella casa al mare, a Marina di Grosseto. C’era il problema delle piante, dell’orto da innaffiare, così decisi di trovare una persona che vivesse lì, durante la mia assenza. Si presentò un ragazzo tunisino, con delle referenze del suo posto di lavoro; aveva bisogno di ospitalità proprio per luglio e agosto, mesi “difficili “per trovare un’abitazione. Mah, avevo fretta di andare al mare, non chiesi consiglio e gli detti una stanza. Più tardi mi telefonò un amico, chiedendomi un posto per il nipote (l’aiuto era subito arrivato). Accontentai anche lui, la casa era grande, ma ormai non potevo ritirarmi dall’impegno precedente. Vivevo al mare, ma le poche volte che, per qualche motivo, dovevo tornare in campagna, mi sentivo molto a disagio. Cominciai ad accorgermi che nel tunisino c’era qualcosa di strano. Quando parlava, emetteva sempre come un sibilo, o meglio, uno squittio e la sua persona, osservandolo con attenzione, creava disturbo. La testa era molto grossa, rispetto al tronco mingherlino, e la muoveva a scatti, come gli occhi. Non mi sentivo più a casa mia, non mi piaceva oltrepassarne la soglia.

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Poi portò all’interno anche suo fratello, o chissà chi era, e ad agosto non voleva andar via e divenne aggressivo. Che fare? Sentii che dovevo rivolgermi alla polizia. Mi consigliarono di cambiare le chiavi, durante la sua assenza, di non farlo entrare e di chiamarli al suo arrivo. Così feci. Si creò una situazione di tensione: il ragazzo e l’amico erano fuori della porta e la polizia non arrivava. Una ragazza che era venuta a trovarmi e si trovava con me, all’interno, cominciò a divenire isterica ed a telefonare continuamente, chiedendo aiuto. Era tutto così esagerato, così paradossale, che si aprì la porta temporale e... tutto divenne un film al rallentatore. Intanto io chiamavo Michele. Questo mi è accaduto più volte e mi accade ancora: la tensione emotiva o comunque un’emozione forte, mi stacca dal tempo lineare ed ogni cosa accelera o rallenta, cambia la frequenza del film. Andava tramontando il sole, quando sulla strada a sterro apparve la macchina della polizia. Ma non era un’atmosfera normale: tutto era dilatato e rallentato. L'auto procedeva piano e quando giunse davanti all’abitazione, le portiere si aprirono ed uscirono non due poliziotti, ma due esseri alti e giganteschi in uniforme. Mai avevo conosciuto uomini di tal statura e possanza. Appariva chiaramente come una scena costruita per la macchina da ripresa: i personaggi si muovevano anche velocemente, a tratti, ma dietro c’era un so che di statico, di posti assegnati, ed io mi sentivo come bloccata, quasi indifferente. Il ragazzo ora sibilava ed anche il volto era duro e ossuto, come quello di un serpe. Intanto sulla strada è arrivata, sempre scivolando, un’altra macchina: era il fratello della ragazza, chiamato dalle di lei richieste di aiuto. Si è posizionata laterale destra, mentre quella della donna, che, nel frattempo era uscita di casa, si trovava sulla sinistra. Sembravano due osservatori o comunque la posizione era di controllo. Dall’automobile, è uscito un uomo, ma con ben poco di umano, perché era... verde. Intanto i due grandi angeli-poliziotti, hanno chiamato un furgoncino, che è arrivato in un battibaleno, come se fosse già lì, pronto, guidato da “Michele”, che ha caricato un’enormità di buste nere, piene di cose, anch’esse già pronte, e poi i loro proprietari, i due tunisini.

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L’essere che sibilava, prima di andarsene, mi è venuto davanti ed ha gettato la chiave di casa ai miei piedi. Era veramente orribile! Poi tutto, praticamente, si è come dissolto. Le due macchine in postazione sono sparite, il camioncino è partito, i due grandi esseri sono rientrati nella vettura e... non c’erano più. Tutto come in silenzio; con quel movimento di macchine, non c’erano rumori! Non ho dormito in casa, quella notte, ma in un capanno accanto, che sentivo più pulito e ho pregato Michele, a lungo, poi il sonno mi ha preso. Cosa è accaduto, oltre le apparenze sensoriali? Certamente un grande aiuto per me. Un serpe era entrato nella mia casa, per danneggiarmi, ma due angeli guerrieri sono venuti in mio aiuto. Questo è ciò che sento, e che, comunque, ho visto. Grazie. Due annotazioni: il protettore della polizia è l’Arcangelo Michele; alcuni giorni prima, un amico mi ha telefonato “Sto mettendo su una rappresentazione”. Ed io vissuto l'episodio come una rappresentazione! La mattina dopo ho deciso di lasciare Fontebianca. Ero stata lì ferma a lungo e ciò che era accaduto mi spingeva alla partenza: quella non era più la mia casa. Grosseto 27-03-2010 – Roby È molto che ci conosciamo, anche se, per me, molto è qualcosa d’indefinito, il tempo non c’è; invece Roby sa e ricorda tutto del tempo, quando ci siamo incontrati, non solo l’anno, ma il giorno e l’ora, e così per tutte le cose e le situazioni, che riguardano una persona di sua conoscenza: sa tutto! E ancora: sa rispondere su tutti o quasi gli orari dei treni, in Italia, e anche degli autobus, in Toscana, ma anche in altre province. Il suo cervello è un computer, programmato sui numeri e abbastanza selettivo, senza cadere nell’autistico, vero e proprio.

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È servizievole, ma il suo atteggiamento è, spesso, da bambino, cerca di scegliere quello che gli piace, compatibile con la necessità primaria: non vuole stare solo! Ogni momento della giornata, ogni giorno della settimana è incastrato in un programma preciso, che gli permette di stare con qualcuno; cerca sempre di aiutare e ciò lo fa amare e gli crea amicizie, come lui vuole, come lui necessita. È buono, perché è disponibile e poco si lamenta anche nelle situazioni più incresciose, ma è come un’edera che vive solo attaccata ad un albero. Non ha spinta propria, si muove in un vortice, che lui stesso crea, partecipando alla vita dei “suoi amici”. Costantemente. Sembra apparentemente distaccato. in realtà è legato al programma che ha prestabilito, settimanale o mensile, e, se c’è una variazione, cerca subito “di tappare il buco”. Gli piaccio, io che vivo senza tempo, senza programmi prestabiliti, ad eccezione di alcuni, per la vita di base, io che vivo nell’onda, che mi muovo libera e fluida, ma che, in realtà, sono sempre presente all’attimo. “Sei al momento giusto, al tempo giusto” dice Michele “Una pausa, tra due note”. Spesso ho pensato che Roby sia una macchina, che il suo spirito ha lasciato. La macchina vive, secondo il suo orologio biologico, ma non c’è un guidatore, non c’è obiettivo di vita personale ed è necessario attaccarsi, come un vagone, ad un altro treno, o a più treni, come in questo caso. Ho letto di questa possibilità: lo spirito non può compiere il suo programma sulla terra con un corpo, ma, invece di farlo morire, lascia che esaurisca la sua forza vitale, mentre Lui, lo spirito, sta guidando un corpo più consono agli obiettivi. Può accadere, altresì, che avvenga quello che viene detto “un vuochi in” cioè uno scambio di anime. Un’anima dice all’altra: “Io prendo il tuo posto come corpo per un certo periodo, perché tu hai delle abilità che io posso sfruttare. Può accadere che una persona sembri agli altri completamente diversa, ma questo è dovuto, secondo quanto detto, all’entrata di un’altra anima, od alla convivenza nello stesso corpo di due anime, cosa diversa dalla possessione, perché c’è stato un accordo.

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Nel caso di Roby, si sente il lavoro della mente e la stessa bontà appare un programma esistenziale. Roby stesso non sa esattamente chi è: non si sente uomo, e non cerca la donna, ha comportamenti femminili, ma, in definitiva, dice di non essere gay e non cerca un compagno. Strano? Può accadere e i casi sono più di quello che si pensa: c'è una macchina senza guida. Devo dire, però, che, ultimamente, è avvenuto un cambiamento. Forse l'autista, o un autista, è ritornato! Giorni fa, sempre col suo sorriso da “bambinone”, mi ha mostrato la risultante dell'ultimo esame che gli è stato fatto, come convalida della pensione d'invalidità . “Sindrome di Tourette” dice allegro. “Hanno detto che ho la sindrome di Tourette”. Beh, tenendo conto del nome francese, che mi piace e che assomiglia a “torretta”, come al solito, la “sindrome” sembra assemblare una grande varietà di situazioni psicosomatiche (così hanno trovato il modo di metterle tutte insieme; e bravi!). Riporto alcuni brani sull'argomento, che lo stesso Roby mi ha portato, scaricandoli da Internet, attività in cui lui è maestro. “La sindrome sembra influenzare una propensione all'attività indagativa e alla ritmica musicale: numerosi soggetti affetti dalla sindrome sono musicisti; nella biografia di Mozart e di molti altri musicisti sono riscontrabili diversi tratti tourettici. Negli ultimi anni diversi telefilm s'incentrano su personaggi che sembrano caratterizzati da questa sindrome (es. Detective Monk)”. Ancora dal testo “L'elaborazione delle informazioni è spesso rapida, intuitiva, poco propensa a sottomettersi ai passaggi sequenziali e questo talora penalizza i pazienti più giovani nelle attività scolastiche, dove la didattica imposta richiede l'adesione a modelli di pensiero poco confacenti alla creatività tourettiana”. Guarda un po', sembra che si parli dei bambini “Indaco”.... E se Roby fosse un indaco venuto sulla terra troppo presto? Scherzi a parte, con lui si ride sempre, e questo è bellissimo! Direi che chi si “risveglia” ha molti aspetti della suddetta sindrome, allora chi “dorme”, che sindrome ha? E' tutto a rovescio in questa realtà controllata! In questi ultimi tempi, dopo il trapasso della Molly, mi è stato vicino e con lui, cosa per me rara, sono andata, quasi consecutivamente, a vedere tre

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fim: Avatar, Alice e Persy e gli dei dell’Olimpo, tutti e tre molto simbolici. L’ultimo riporta, in modo spettacolare, il concetto dell’unione, un tempo avvenuta, tra gli dei e le figlie o i figli dei terrestri, con la generazione di ibridi, esseri dai poteri sovrumani. È un argomento che rientra in sincronicità con varie ipotesi, che sto vagliando, scaturenti da testi diversi, tra loro in opposizione o passibili di integrazione. Ma qual è la verità? Forse ce ne sono diverse, come diverse sono le creazioni. Ne parlerò più avanti, ora voglio tornare al film ed alla bellezza e simbologia di molte immagini, ad altre sincronicità, molto inerenti a me stessa, come quella dell’acqua. Anche qui essa è la protagonista, essendo Persy figlio di Poseidone. Io sono Leone, segno di fuoco, come Yansà ho come simbolo i fulmini, per non parlare del mio collegamento con S. Barbara, di cui ho già parlato, eppure, da un po’ di tempo, il mio legame con l’acqua è sempre più profondo. Persy andava a meditare sul fondo della piscina, così io amo stare a lungo nell’acqua, che mi rigenera, mi guarisce, crea in me nuove risposte e aumenta i miei poteri... mi rende sempre più sensitiva. Mi sono anche accorta del mio controllo sull’acqua, ad esempio, sulla pioggia, che smette di cadere, quando “apro l’ombrello”. Ricordo, in effetti, che quella sera d’Estate, insieme a Gianfranco, un amico buddista, eravamo andati a vedere uno spettacolo teatrale nella splendida cornice di un monastero, attualmente di proprietà di alcuni inglesi, a Batignano, piccolo paese orlato di mura, a pochi chilometri da Grosseto. Le scene erano ambientate nel chiostro ed era un incanto vedere quel quadrato stellato sopra il palcoscenico, mentre i noi sedevamo sotto il porticato intorno. Ad un certo punto, cominciò a piovere. Che disastro! Certamente lo spettacolo sarebbe stato interrotto: gli attori erano allo scoperto. Allora guardai Gianfranco “Mettiamo l’ombrello” dissi. Lui conosceva già il mio modo spesso scherzoso di parlare, ma anche la visualizzazione e la creazione che dovevamo fare; così facemmo e, come per incanto la pioggia cessò.

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Sorridemmo tra noi e, più tardi, ci congratulammo... era stato facile, era facile creare insieme: anche lui è un fratello. È accaduto più volte, ma anche il contrario; Può capitare di arrivare in un luogo, dove, da tempo non piove e la gente si lamenta... e, allora, il giorno dopo, ecco che scroscia la pioggia. Grazie Michele, qualcuno mi ha detto che tu sei collegato all’acqua; credo proprio che sia vero! Mi ha colpito anche la bella protagonista femminile, sempre del film, la figlia di Pallas Athena, sempre un ibrido. Proprio oggi, mi è ricapitato in mano “La grande opera “splendido libro di Eddy Seferian, Anima edizioni; l’ho aperto a caso, anzi, devo dire che c’era una piegatura alla pagina, ed ho letto il titolo del capitolo “Monte Olimpo e Monte Amiata”. Presiede Pallas Athena. “Io Pallas Athena, signore della liberazione, mi faccio avanti e porto soccorso ai figli degli uomini. Io Pallas athena, cavaliere del luogo segreto, vengo innanzi e, venendo, porto salvezza. Le anime degli uomini, infine, si risvegliano alla luce e si sorreggono con compatto intento. Il decreto del signore è emanato, giunta è l’ora del servizio per la forza di salvezza. Essa si diffonde ovunque. Luce, amore e morte ricolmano l’intento di colui che viene”. “Dal punto di Luce entro la mente di Dio affluisce Luce nella mente degli uomini e scende la Luce sulla terra. Dal punto di Amore entro il cuore di Dio affluisce Amore nei cuori degli uomini e l’onda Cristica ritorna in forze sulla terra. Dal punto di Suono entro la gola di Dio affluisce il suono nelle gole degli uomini. Gli uomini, infine, divengono cocreatori del Progetto. Dal centro ove il Volere di Dio è conosciuto, un proposito guida i piccoli voleri degli uomini. Dal centro che vien detto il genere umano si svolge il piano di Luce, di Amore, di Creazione e viene infine ricomposta l’Unità originaria. Luce, Amore e Potenza ristabiliscano il piano divino sulla terra”. Sabato Santo 3 aprile 2010

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Sono a Isola Verde, una piccola stazione balneare, vicino Chioggia, ospite di Paolo, da me conosciuto al “Dolomiti”, nel mio precedente pernottamento nell’albergo termale. Sono rimasta poco a Marina di Grosseto; là il mio corpo è dolorante, come bastonato in ogni parte e l’energia, che porto da fuori, man mano va scemando, col passare del tempo. Sento che mi viene presa dal posto, dalle persone, che mi vengono intorno, dalle forme pensiero, che abitano la stessa casa. Non l’ho mai sentita mia, non è la mia casa, nonostante cerchi, ogni volta, di renderla accogliente, con piante, fiori nel giardino, ordine nei mobili. Può essere un discorso di feng shui, è possibile che esista qualche acqua in dispersione, nel sottosuolo, o un nodo di Hatmann, comunque, dal basso, sale un’umidità insistente, che ti entra dentro, subdola e maligna; o, forse, è la malattia di mio padre, che ha impregnato le mura, e, insieme, in seguito, i tre anni problematici di mio figlio, con tutto il mio impegno, per fronteggiare la situazione e “gli attacchi” (sì, perché avrete sperimentato, compagni dell’ordine, che, se non possono colpire voi, sono attaccati gli esseri più cari!) O, ancora, il persistente pensiero “tutto mio” di quella donna terrestre, che mi ha dato il suo ventre, culla certamente poco umana ed amorevole, di cui sarà importante parlare, anche e, soprattutto, per la consapevolezza di altri fratelli. Proprio andando da lei, per un formale, ormai, augurio pasquale, ho risentito l’essere che lei ospita, e, nel mio corpo emotivo aperto (era tanto che non la vedevo, e, come sempre, si rigenera in me una speranza, dovuta all’apparenza illusoria), si è formato uno squarcio, come una pugnalata alle spalle, che solo l’acqua può curare. Così sono tornata ad Abano, quasi una fuga, due giorni in albergo ed, ora, perché no, da Paolo, invitata per le vacanze. Qua sto bene, tutto è silenzio e verde; non so ancora chi sia l’uomo, è apparentemente un essere inconsapevole, ma il cuore è buono, anche se sento una specie di barriera, che, ancora, non riesco a decifrare. Però c’è un nesso, sempre quella linea laser che sembra guidarmi e, che, indubbiamente, passa di qui. Sempre ad Abano, ho rivisto Mariarosa, la terapista che lavora con le campane tibetane; simile, sempre più simile a me: dice di essere “al servizio” e vuol creare, con alcune amiche, un centro di terapie alternative. Sarebbe bello creare qua!

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Vedremo, intanto siamo andate a prendere una cioccolata calda al Peter Pan, una graziosa gelateria, piena di colori e pupazzi. Lei è un Peter Pan, piccola, con gli occhi ridenti ed i corti capelli carota, e lì, sono stata attirata da un coniglio rosa, proprio su di uno scaffale vicino a me, dal muso birichino ed ammiccante. Simpatica serata, che mi ha riempito d’energia allegra, in quel mondo di colori pastello, che era il negozio. E non a caso, proprio ora, ho preso su di una bancarella un libro “Aurasoma”, già mia specializzazione, che, di nuovo, sta uscendo dal cassetto, insieme ai cristalli: piante, pietre, colori, suoni... e il corpo canta. Peter Pan e l’isola che non c’è. Isola Verde si chiama il posto dove ora mi trovo. C’è una buffa e piccola chiesa, tutta ricoperta di piastrelle e sassi colorati, che lo stesso parroco, ormai ottantenne, ma ancora attivo, ha “inventato”. “Venite adoremus, venite adoremus” è scritto in alto, sopra la porta, ch’è colorata, come l’arcobaleno. Ieri sera volevo andare via: Paolo è troppo diverso da me, telegiornale, calcio... io non ho neppure la televisione! Però lui lavora nella protezione civile, guida i camion degli attrezzi pesanti, ultimamente era, con il suo gruppo all’Aquila; chissà, forse per questo è avvenuto l’incontro, con i tempi che stanno arrivando! “Sono abituato a tutto” dice. Può essere uno di noi, comunque rappresenta un grosso(e lui è “grande” ed alto), ripeto, un grosso aiuto nelle probabili, future situazioni. Paolo ha acceso la televisione... ed è iniziato un film, a dir poco strano, ma con quelle caratteristiche simboliche, che sono poi segni e che, ultimamente, mi stanno pervenendo in tal guisa. “La bussola D’oro” il titolo. Adulti e bambini sono legati ad un animale, con cui interagiscono e parlano (tutti gli animali sono parlanti) ch’è il loro daimon, parte esterna animica materializzata, che li aiuta e consiglia, che subisce fisicamente ciò che essi subiscono, o viceversa. È la consueta lotta tra bene e male, ambientata nel mondo fantastico delle terre artiche, dove la presenza di una polvere luminosa unisce questo mondo ad un altro parallelo e soprasensibile.

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Attraverso il daimon, la luce entra nella materia e la collega alla frequenza più alta. Non è voluto che questo accada, e tanti bambini sono rapiti, per tagliare il contatto con l’animale ed impedire l’avvento dei nuovi tempi. Come accade ancor oggi, dove i nostri piccoli sono incastrati e condizionati da un mondo computerizzato ed illusorio, pieno di attrattive e sostanze, che incappucciano e destabilizzano il loro cervello! Ma molti sono gli esseri angelici discesi e ce la faranno a portare questa terra verso la luce. Così sia, così sia, così sia. Ancora una volta è una bambina, un’energia femminile pura, ad essere la “destinata” a salvare, “il salvatore”. Questa parola mi fa ricordare: ero con un amico sul lago d’Iseo, ospite di una famiglia con due bambini; andando via, i piccoli, un maschio ed una femmina, mi hanno quasi rincorsa sulla balconata a colonnine, che si affacciava sul giardino d’entrata e...”Tu sei il salvatore, tu sei il salvatore”. Come un grido, in coro! “Perché” mi sono chiesta. Ancora non era avvenuto il contatto con Michele. Come i bambini e i vecchi possono sapere! Anche Marco Bragadin, nell’ ultimo libro “L’ordine di Melchisedeck”, dice che la Sua energia si presenterà in spoglie femminili, certamente un gruppo, collegato a Lui, di cui, io sento di fare, con amore, parte. “La bussola D’oro” è anche una risposta all’ultima mia richiesta a Michele, di guidarmi e darmi la forza per il cammino. Oro come EL Dorado, come Aurea, il nome che ho scelto, come Dora, un’amica, che mi sta tempestando di telefonate. Il daimon della bambina del film televisivo, mi ha fatto ancora pensa alla mia piccola Molly, la barboncina, ed al dolore lancinante per la sua perdita, come il distacco da una parte di me, un’appendice, “a cui mancava solo la parola”, che capiva e vedeva tutto, pur essendo cieca, che era una vera e propria “cartina di tornasole”, in relazione alle persone che si avvicinavano a me. Tutto era così forte, che ho sentito il desiderio di seguirla, al di la di questo mondo... Ma non era il tempo, come lei stessa mi ha detto, ed ho cercato di allentare il legame, complice e compassionevole sempre l’acqua. Ho dormito con Paolo, ma non avevo desiderio di un incontro fisico perché sentivo che lui viveva il rapporto a livello molto materiale e mi dava

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l’impressione di un cane che sente l’estro, come quello da me descritto nel capitolo di Baba; lui ha compreso e ben presto ci siamo addormentati: io, però, avevo bisogno di muovere l’energia, che ristagnava nel basso del mio ventre; in quel momento non c’erano, però, alternative: l’uomo non era adatto. La mattina, al risveglio, lui mi ha raccontato un sogno (non sogna mai, cioè mai ricorda). “Un essere è sceso tra noi, alto, magro, non rammento altro” dice Paolo, “ed ha cominciato a fare l’amore con Te, a giocare. Poi se n’ è andato, lasciandoci soli”. Ho sentito una nuova frequenza ed ho lasciato che anche Paolo facesse l’amore con me, scaricando la tensione della mia pancia. Chissà chi era l’essere del sogno, se sogno era, molto simile a quello visto da Giorgio, nelle sue ripetute visioni, venuto ancora forse per calmare la mia ansia e il mio non riuscire a trovare quel fluire desiderato, nel rapporto con l’uomo, quel calore, che si espande nel ventre, e sale, come una luce bianchissima, sulla fronte. In realtà, posso sentire chi mi circonda, come un messaggero, tutti mi dicono qualcosa, mi mostrano cose, ma, dentro, non c’è chi cerco. Una parte, solo una piccolissima parte. Ripenso alle parole lette ne “I diversi ruoli di Maria e Maddalena “del portale “Mare di luce” di Marco Bragadin. “La corona di un buon re è sempre composta di 12 stelle, in comunicazione con il divino. Solo, se il re è incoronato, ma manca vicino la sua metà incoronata, niente accade. Il suo sogno è di far continuare la Stirpe eletta del Dio vivente, in un corpo femminile, Sara appunto. Sta sognando ora di far riemergere dal sonno solo maschile, l’energia femminile. Le sue volontà sono che il femminile riemerga, per poter tramandare la stirpe di Melchisedek, finalmente in un corpo femminile”. Quanto mi risuona ogni parola! Dov’è l’altra parte di me, il mio re? È il mio amore Michele? Una cosa strana, ma non strana, nella mia famiglia terrestre: io, mia madre e mia sorella, le tre donne, siamo tutte nate il 21 del mese, agosto, luglio, dicembre, (uguale la lettura contraria, cioè il 12) ; mio padre è nato il 24, la somma di 12. Altre particolarità: la casa di Fontebianca era al numero 21, la mia piccola panda, la Linda, come la chiamavo, era targata 212124, e sempre, in altre situazioni, si ripetono iil 21, il 7, il 3: sono i miei numeri!

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Nella tarda mattina siamo partiti per Castelfranco Veneto, preannunciatomi, prima dalle parole di un giardiniere:“Deve proprio andare a vederlo!”, poi dal quasi improvviso apparire, sullo schermo del televisore, della pubblicità del posto: la parte antica racchiusa dalle mura, circondate da un fossato, tutto intorno e quella pala dipinta, bellissima, che stavano mostrando... E il posto era incantevole, il cielo terso, che incastonava la cornice delle alte mura, e il prato verde, imbiancato di margherite e di starnazzanti papere e l’acqua appena increspata del fosso. Grande e abbacinante nel sole, si ergeva, vicino ad una porta, la statua del pittore Giorgione, a cui il paese ha dato i natali, e delle cui opere era in atto una mostra. La pala, posta all’interno della chiesa, rappresentava la Madonna assisa in trono, con ai piedi le figure di S. Francesco e di un cavaliere, giovane e splendido nell’armatura, morto in guerra ed a cui l’opera era dedicata su commissione del padre, un ricco notabile, come in uso a quei tempi. Opera molto bella, nella cura di ogni particolare, tipica del ritrattista Giorgione. Passeggiando per le stradine del borgo, ho guardato le mie mani, ripensando ai ritratti, precisi, perfetti, che facevo alle mie amiche di scuola, ai nudi, che eseguivo in ogni parte anatomica, senza aver mai studiato anatomia, a tutte le bocche, i profili, gli ovali, che schizzavo a sanguigna o riprendevo ad olio, in modo assolutamente normale e connaturato, non legati a studi pittorici. “Da piccola disegnavi anche sulla carta igienica!”. Una incarnazione, senz’altro memorie antiche e, insieme presenti, legate profondamente alla pittura; sono stata un pittore, ma chi? Davanti alla figura giovane del Giorgione, ai suoi capelli lunghi ed arricciati, mi sento prendere da qualcosa, mi sento attirare e mi soffermo a lungo. Immagino quei capelli biondo dorati ed il viso molto dolce, quasi femminile, la stessa mia attenzione a ripetere esattamente ogni particolare della figura umana. O, forse, mi risuona il nome, sempre legato a Giorgio ed alla spada del cavaliere della pala? Comunque, quando decisi di iscrivermi a psicologia “Ora voglio dipingere gli uomini” pensai, e riposi i pennelli. Sentivo che per me era importante lavorare nella tavolozza della vita, per cercare di riportare e ricreare in essa la bellezza.

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Ancora non lo sapevo, ma ero nata per questo. Vicenza 9 aprile Sono all’inaugurazione di una pasticceria, guarda un po’, in via S. Barbara. Il giorno prima della mia partenza, la città mi sta salutando in modo splendido, con un ricco buffet di antipasti, riso, dolci, spumante a fiumi, anche se io preferisco le due grandi zuppiere colme di succo di arancia, ananas e pompelmo. “L’attesa extra ordinaria” è il nome del locale, che, per me è tutto un simbolo, mentre sul muro occhieggia la targa di S. Barbara e, dietro l’angolo, si scorge l’entrata della chiesa di San Michele, che si affaccia sulla piazza palladiana. L’edificio è austero, intarsiato nei civettuoli palazzotti d’impronta veneziana, tutto intorno. Di fronte, il marmoreo colonnato della ex basilica e l’alto e svettante piedistallo del leone di San Marco. All’interno della chiesa, a lato dell’altare c’è una lignea statua dell’Arcangelo, con le ali dorate, una rivolta in alto ed una in basso, come i piedi di Ganeschia, l’indiano dio elefante, a rappresentare il ponte tra il cielo e la terra. Vicenza mi piace, con i suoi lunghi ed ombreggianti portici, che si snodano sinuosi lungo le vie, sotto le facciate con terrazzette e guglie, con i frequenti campanili, che tagliano il cielo, ed i tanti rivi, pieni di alberi e ponti. Quanta acqua! Laura, l’amica che mi ospita, mi parla di tutta questa abbondanza, elencandone anche gli aspetti negativi “Ti senti tutta bagnata”, durante le calure estive, o “C’è una nebbia, che ti si attacca alla faccia, come gocce gelate”, nei mesi invernali. E lei scappa, insieme al marito, con il camper, verso le calde acque termali di Civitavecchia, dove l’ho conosciuta. Ma ora la città è nella sua più bella fioritura e si stende colorata tra le colline e la fascia di montagne, ancora innevate, che si scorgono in lontananza. La grande terrazza del Santuario di monte Berico offre questo spettacolo incredibile, con i bianchi picchi, che sembrano come vicini, tanto sono netti e luminosi.

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La Madonna di monte Berico, protettrice della città, è apparsa, come le apparizioni mariane, ad una semplice donna che portava cibo al marito, che lavorava nella zona, e le ha detto di far costruire una chiesa, per salvare la popolazione dalla peste dilagante. All’inizio dei lavori, infatti, la sciagura terminò e, da allora tante e tante sono state le grazie, come mostrano gli oggetti votivi, appesi all’interno. Sono andata lassù due volte, perché sento il cielo sopra di me, come una cupola d’energia dove le nuvole sono ferme, anche se tira vento. C’è quella bambagia impalpabile nell’aria, che riconosco e che mi attira. Ma ancora un’altra cosa colpisce: la statua lignea ed incoronata sull’altare, non è quella di una Madonna, ma è una gitana, riccamente vestita, dai capelli sciolti, biondo oro. Mi riporta a Maddalena, a Sara, a Le Santes Marie de la Mer. Mentre aspettavo il treno del ritorno, in una sosta alla stazione di Padova, su di una panchina, ed ero immersa nel pensiero di qualcosa che, vicino alla città, era accaduto, si è avvicinato un uomo; come barcollando si è anch’esso seduto vicino a me ed ha strascicato parole poco comprensibili. Stavo come per andarmene, ma mi sono fermata. C’era qualcosa di conosciuto! L’ho ascoltato parlare e mi ha detto che era nato a Marrakech, città del Marocco, poi era vissuto in Francia (con grande piacere gli ho risposto qualcosa in francese), poi si era stabilito in Italia e... aveva imparato l’italiano leggendo la Bibbia, in particolare il Salmo 23. Che stava accadendo? Era un messaggio: quel numero è collegato a Michele! Ho drizzato le orecchie “Cosa dice il salmo?” ho chiesto. Mi ha guardato e i suoi occhi brillavano “Sii come gli uccellini del cielo e nulla ti mancherà”. Il treno stava arrivando, è apparso come all’improvviso; lui mi ha aiutato con la valigia e mi ha augurato buon viaggio. L’ho guardato allontanarsi: sembrava più alto e camminava veloce e spedito. Salmo 23 - IL Canto del Divin Pastore - Salmo di Davide (come la stella che porto al collo)

È mio pastore Iddio, di nulla io manco:

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tra bei paschi ei mi posa. Mi conduce ad acque di ristoro, ricrea l’anima mia, mi guida per retti sentieri per amor del suo nome. Pur s’io vada per funerea valle Non temo alcun male. Tu sei con me, con la mazza e il vincastro, è questo il mio conforto. Tu prepari innanzi a me la mensa Di fronte ai miei nemici. Tu ungi d’unguento il mio capo, m’empi il calice all’orlo. Sol di beni e favori mi colmi In tutta la mia vita. Io abiterò la casa del Signore Per lunghi lunghi anni.

Grazie, è veramente un messaggio tanto bello e mi risuona molto, perché la mia vita è in costante affidamento al mio spirito divino, al mio amore. E Lui non mi fa mancare mai niente, ormai lo so; poiché voglio aiutare, al di là dell’acquisizione di denaro, ecco che, se sono nel bisogno e sento quel tuffo al cuore, subito arriva il necessario, il dono “l’abbondanza”. “Sol di beni e favori mi colmi”, amore mio. Unita a te, io creo... Domenica 25 aprile. Sono alla stazione di Bologna, seduta sulla poltroncina avorio della sala d’aspetto, in attesa del treno per Firenze. Gli occhi si chiudono per la stanchezza di quest’ultima giornata, che ha concluso il convegno di MyLife, a Riccione. Mi è piaciuto andare a questa maratona di tre giorni, con molti relatori, autori degli ultimi testi sul mercato editoriale, spinta, come sempre da qualche cosa, forse il desiderio di entrare nelle attuali risonanze di pensiero

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e conoscerle (in realtà ho qui trovato un afflusso notevole di persone, il che indica l’avvento dei nuovi tempi), forse per accedere a degli incontri già predisposti per me, per un mio più attivo muovermi nel settore (naturalmente così è accaduto, nel solito modo meraviglioso e spontaneo di quando mi lascio andare). Ma oggi... è stato tutto speciale, a cominciare dal bel massaggio al collo ed alla colonna, che un gentile signore, definendosi un pranoterapeuta, mi ha fatto sull’autobus che ci portava al convegno. Che energia e che piacere! Intanto mi diceva che lui andava ogni anno a Vienna, città che amava e conosceva in ogni angolo... ed io sentivo dentro di me le note trascinanti del valzer e vedevo Sissy, la principessa, danzare morbida e delicata. Gli occhi dell’uomo brillavano luminosi... “Mi piace molto ballare” diceva “Qui in Romagna, ci sono tanti ritrovi”. Ed io ballavo e c’era intorno quell’aria sottile, che mi portava fuori del tempo... e, all’improvviso, è arrivata la nostra fermata, davanti all’Hotel “Le conchiglie”. Veloce alla reception “C’è ancora posto nel gruppo di Vianna” ha detto una signora bionda, proprio in quel momento, ed io ho avuto la conferma che ero tornata per questo, invece di partire la domenica mattina, ero rimasta per questa risonanza “Come trovare l’anima gemella”. Vianna Stibal è molto famosa, dirompente, molto americana nella presentazione della sua vita e del Theta Healing, con quel suo marito, il quarto, alto e massiccio, che mi ha fatto ripensare agli enormi angeli poliziotto dell’episodio di Fontebianca. Buona la tecnica di portare gli occhi in alto, seguendo la bolla che va al di là dell’universo; in questo modo essi rimangono stabilizzati per un certo tempo nel focus del terzo occhio, generando l’apparire di quella luce splendente e madreperlata: lì è il punto che dà accesso alla creazione, è tramite quel punto o foro che inviamo l’immagine all’esterno e creiamo, naturalmente collegati al nostro essere divino. Per me tutto ciò è consapevolezza fin dal 93. “L’anima gemella, la più compatibile”, come dice Vianna; mi soffermo a pensare a quando chiedevo a Michele (chiedo sempre a Lui, perché Lui è il mio spirito, Io Sono un suo raggio) un marito francese, perché la Francia è nel mio cuore da diverse incarnazioni, ed anche in questa, ho desiderio di vivere là.

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Lui mi ha prontamente accontentata, facendomi incontrare, in poco tempo, tre situazioni congeniali, tutte in luoghi diversi: un ex docente alla Normale di Parigi, conosciuto presso la comunità tibetana di Norbuch, sul monte Amiata, Robert, residente sempre a Parigi (devo dire, molto caro), che la sorella Muriel, presso cui era in vacanza in Italia, mi ha presentato, ed infine Cloud, organizzatore teatrale, incontrato a Ventimiglia, ma residente vicino a Nizza. Tutti uomini molto disponibili verso di me, con attitudini o caratteristiche intellettuali rispondenti ai miei desideri, ma... c’era qualcosa che non andava: non c’era la “fusione” dell’anima, attraverso una vera, profonda fusione del corpo. Peccato, l’unione non era possibile. Da scartare! Dicevo a Michele, scherzando, “Grazie, ma proprio non capisci, forse perché non hai un corpo fisico ed emozionale, come quello che io indosso su questa terra!” E, invece non ero chiara io: volevo avere un marito francese, e questo si era realizzato, ma avevo dimenticato di aggiungere, tra gli altri, l’aggettivo “tantrico”, per quello che per me è il tantrismo, unione di anima e corpo. Dobbiamo essere molto precisi e chiari nelle nostre richieste, per creare ciò che desideriamo. Mah, nel frattempo, la mia attenzione viene presa da una figura femminile, una ragazzina con un vestito corto, a palloncino, che scopre due gambe sottili, fasciate da calze scure. Si mette seduta in un angolo della sala d’aspetto ed attira vicino a sé un carretto, ricolmo di pacchi. Si guarda intorno e sembra a disagio, poi cerca di darsi un contegno, aprendo un libro. Chissà chi è? Troppo giovane per essere una barbona, che dorme alla stazione, poi è così carina, come d’altri tempi, con quello scialle che copre quasi tutta la gonna! Ci avviamo insieme verso i binari, ma è ancora presto, e ci fermiamo vicine, accanto ad una colonna. È naturale parlare ed il mistero si svela: dipinge quadri nelle fiere, pitture naif, “per bambini”, dice; “uff”, è soprattutto faticoso portare in giro i panchetti e le tele, ma le piace tanto essere libera che ha lasciato un posto fisso dove faceva le fotocopie.

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“Non ce la facevo più a stare chiusa” e mi guarda, con degli occhi grandi e trasparenti come laghi, un piccolo naso all’insù e tante lentiggini, come una pioggia dorata, sulle guance. “Non ho ancora l’auto, così prendo il treno, per tornare a Pistoia”. Sorride “Come ti chiami” le chiedo. “Maddalena” e un luccichio negli occhi... Mi piace proprio, così dolce, come un uccellino, e insieme sicura. “Sono una zingara, amo muovermi tra i mercatini nelle città vicine a Pistoia”. È proprio francese anche nell’aspetto. Ripenso alla Francia, a Les Santes Marie de la Mer, alle casette bianche, con le finestre azzurre, sento l’odore del mare, come se fosse intorno a me. Maddalena stai tornando, come risposta alla mia mente che cerca l’anima gemella, al mio corpo che attende l’incontro tantrico... “Ti amo Maddalena” risuonano le parole di Gian Marco, improvvisamente uscenti dal suo dvd “Maddalena, l’altra metà di Cristo”. La sua voce è dentro di me e suscita ancora l’emozione della prima volta... Ero appena tornata dal primo convegno della Melchisedek e già desideravo rivederlo. Quel “ti amo Maddalena” mi riportò a Milano, ad una sua conferenza, in un antico rione, presso Porta Genova. Non sapevo che la città avesse canali, e, invece il naviglio scorreva morbido sotto il ponte, mentre due grandi barconi accendevano le loro insegne di ristorante. Nella piccola sala dell’associazione, Marco stava parlando della sincronicità e dei segni ed io ero presa dalla sua voce. Era un ricordo dentro di me, un sussurro lontano: la riconoscevo, anche se non vedevo le immagini del passato. Quando, alla fine, la sala ha cominciato a svuotarsi, sapevo del problema di tornare al mio albergo, un po’ lontano, ma ho lasciato andare... e allora accade sempre ciò che il mio cuore desidera: Gian Marco si è offerto di accompagnarmi. Così è accaduto, e non è accaduto: mentre scambiavamo, all’interno della macchina, le ultime parole, prima di separarci, la marea ha cominciato a salire e l’energia era pura e dirompente, e saliva dalla mia pancia verso l’alto.

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Il corpo stava cantando, ma come potevo dirglielo, l’avevo appena conosciuto e sentivo dentro di me un grande rispetto, antico e presente. Così l’ho lasciato andare, con un abbraccio e nella mia camera ho dovuto liberare quella forza vitale, che mi riempiva e premeva. Una parte di me, senz’altro un’anima molto vicina anche in altre incarnazioni, che suscitava in me un desiderio di unione, poche volte ripetibile (in tal guisa è per me accaduto con Cesare). Ora Maddalena si sta avviando verso i binari; il suo treno è in partenza e mi saluta con la mano, un sorriso tra le lentiggini e scompare. Gian Marco rimane nei miei pensieri, ancora a lungo. Per un certo pudore che sento dentro, non lo chiamo, ma, ogni tanto, chiedo di lui a Patrizia, la ragazza di Grosseto, che, attraverso la scrittura automatica, riceve da Selenio, come ho già raccontato, un extraterrestre che vive su di una astronave, posizionata nella costellazione di Orione. Lei dice che Marco si è incarnato un tempo come Giuseppe di Arimatea, colui che accompagnò Maria Maddalena e le altre donne, dalla Palestina fino alla costa francese, vicino a Marsiglia. Una conoscenza antica e profonda, se questo è vero, la nostra! Tutti e due legati all’Ordine e discesi per un impegno, preso a quel tempo, o, forse già prima. “Mi sento una gitana” sorrideva la Maddalena di Pistoia, tirando il suo carretto stracolmo, ed io la vedevo nella cripta di Sarah, alle Santes Maries de la Mer, o tra le panche del ristorante gestito da gipsj, Le Felibre, al numero 17, place de l’eglise. Lì ho conosciuto Lorenzo, capelli rossi, legati in una coda, dolce nel canto, accompagnato dalla chitarra. Un gitano, anche lui un ricordo antico, senz’altro unito a quel tempo passato, che là è sempre presente. Monte Luce 1 maggio 2010 Dalla casa di Dora, a Montepulciano, si gode la vista splendida del Trasimeno, che appare come una falce luminosa, tra i filari degli alberi.

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Oggi è giorno di fiera e le bancarelle variopinte si allungano serpentine nelle antiche vie, s’allargano nelle piazze, fino agli angoli più nascosti, ai vicoli meno ospitali. E tutto è un cicalio insistente di voci, di richiami, di suadenti inviti che spingono a comprare. Ci guardiamo, io e Dora, e prendiamo la decisione, anzi è lei che dichiara perentoria, come nauseata da tutti quei rumori “Andiamo a Monteluce”. Un tuffo al cuore: la sera precedente, Dora mi ha detto che Cesare era morto, Cesare del mio risveglio, nel denso e straordinario 93. Là, a Monteluce, nella domenica di Pasqua, rivedo l’incontro, al tempietto di Baba, tra il riverbero colorato delle vetrate... Ma il cuore si calma, perché è solo il piacere di andare, che sento, e non il dolore della perdita. Il cartello di Porto, il piccolo borgo, che fiancheggia la strada verso il Trasimeno, appare improvviso, dopo una curva, e, poi, sulla sinistra, la massiccia struttura dei due casolari di Monteluce. Una stradina in salita ed ecco il cancello, rivestito di glicine, ed una marea di iris viola, che orlano spazi verdi, pieni di margherite. Un cartello “Ristorante e camere - Residenza Monteluce”. Arriva un uomo sorridente, al quale possiamo chiedere informazioni. Sì, Cesare vive, è invece morta Patrizia, l’ultima moglie e lui ha lasciato questo luogo, dove teneva conferenze e faceva seminari, per vivere con la figlia quindicenne a Roma “La ragazzina non vuol vivere qui” dice, sopraggiungendo, Franca, un’amica triestina, che, sempre nel 93, dopo la morte del marito, decise di comprare le due casette, costruite accanto alla struttura centrale, divenendo la “custode” del posto. “La struttura” continua “è stata in gran parte affittata, almeno temporaneamente, ma il tempietto di Baba è sempre lo stesso”. E ci precede, veloce, nella stradina in pendenza, punteggiata di cesti di erbette profumate. Sono passati 17 anni dalla Pasqua dei miei ricordi, e questo numero sacro, significante il divino, mi ricorre ancora. In sincronicità, anche Dora mi dice che, secondo una veggenza a lei fatta, sempre nel 93, siamo ora nell’anno che porrà fine ai suoi problemi di origine karmica (speriamo per lei e per tutti noi!).

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Infine, sempre osservando i numeri, per me sempre indicativi, il numero di ricarica della penna per accedere a internet, che ho appena comprato, finisce in 717, come la targa del mio camper. Come non notare il ricorrere! Franca, intanto, apre la piccola porta del tempietto e... tutto è uguale a prima, il luccichio colorato delle vetrate, i cuscini sul pavimento di legno, la grande immagine di Baba, sulla parete sopra l’altare. “Da dove vieni?” risento le parole di Cesare e rivedo il mio disorientamento, perché la risposta razionale, che sto dando “Da Grosseto”, non è certo veramente attinente alla richiesta. Guardo le altre immagini sulle pareti e mi soffermo sul volto di Gesù e di Baba Bedj. Certamente oggi tutto mi è più chiaro e mando un sorriso alla bianca statua dell’Arcangelo Michele che, con la sua spada, difende la porta d’ingresso. La donna mi dice che un’altra Sua immagine è stata posta, sopra un piedistallo, alla fine del delizioso viale alberato, che dagli edifici porta al bosco; poi mi fa un’altra sorpresa: l’Arcangelo è il protettore di Porto, mentre Maddalena, sì proprio lei, è la patrona di Castiglione del Lago, a pochi chilometri, sul Trasimeno. Che storia! In passato sono venuta spesso qua, ma è la prima volta che lo sento dire. È proprio vero, tutto si rivela quando la persona è pronta. Allora non conoscevo Maddalena e, veramente, ancor poco Michele. Percorriamo insieme il viale; un tempo, nel profumo della notte estiva, il mio corpo ha là cantato con Cesare, con quella intensità, che solo allora conosceva, perché era vivo, aperto. L’amore era qualcosa che andava oltre la fisicità, le sensazioni del corpo. Si espandeva come un’onda d’energia a tutto ciò che era intorno, quasi palpabile, come una nebbia. Allora io ero “nebbia”, in una frequenza al di là della materia. Chissà, se il veicolo, il corpo di Cesare, potrà trasmettere ancora la stessa energia? O il tempo trascorso, anche se virtuale, ed i dolori subiti avranno lasciato una traccia, che ormai offusca la risonanza con il suo spirito? Oggi non è qui, come allora. Chissà?...

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Comunque sembra chiudersi un ciclo, un cerchio, dopo 17 anni, dal 93 al 2010, dopo vette e travagli, vittorie ed errori, e l’unione è qui, a Monteluce, in cui tutto si azzera, per ritornare all’inizio, quando io ero Dio. Mi viene in mente il testo “Giobbe: il segreto della Bibbia” di Mario Pincherle, ed. Melchisedek, che, da poco, ho ricevuto in dono. Ecco la parte finale “Allora Giobbe terminò il discorso:

- Soltanto Tu, Signore, puoi ridarci a noi stessi e trasformare ogni dolore in gioia, facendoci rientrare nel Tuo Regno! Quante migliaia d’anni ci vorranno Perché io, Giobbe, divenga Te, che sei immenso e eterno? Ora il mio occhio ti ha veduto! La mia mente ha capito! Ti conoscevo per sentito dire. So chi Tu sei, mi pento del mio errore. - E intanto il tempo si era rovesciato. La nave della vita procedeva col timone davanti e la prua dietro. E passavano gli anni, i mesi, i giorni... E Giobbe era un bambino. Ma chi era? Era un uomo. Era l’Uomo. Ed il suo nome era cambiato. Non si chiamava Giobbe. Aveva sette figlie e tre figlioli... (al contrario di prima, ma lo stesso numero) Fu chiamato “scampato dal diluvio”. Per lui non esisteva il Male. ... La fine fu come il principio Quando quell’uomo fu sazio di giorni. Ed il principio fu come la fine quando, di nuovo, ebbe fame di giorni.

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Questo libro è finito. Pace e gioia.” Esatto: nella consapevolezza, nell’esperienza della propria divinità, l’uomo diviene Uomo, dove mente, anima e spirito sono collegati, dove il tempo non esiste, dove il Male non esiste, dove si entra in un’altra dimensione, in un’altra frequenza, in una vita parallela, che possiamo creare... il corpo ritorna giovane, se lo vogliamo, non esiste la malattia e... la morte... cambiamo, in modo consapevole, il nostro vestito! È il salto quantico che sta avvenendo, con l’attivazione del corpo di luce. Ancora dice Pincherle nell’introduzione “Giobbe ammette di aver parlato avventatamente e chiede scusa al Signore (anch’io ho molto errato)”. E qui scatta il fenomeno della “Tesciubà”, cioè del Pentimento Totale che cancella le colpe e le riporta a zero, annullandole. Questo strano fenomeno può essere definito Antitempo o tempo che procede all’indietro, non dal presente al futuro, ma dal presente al passato. L’antitempo ridona a Giobbe tutte le persone e le cose care che aveva perdute e lo guarisce dalla malattia. Ma vi è di più. Tempo e Antitempo, se ben armonizzati, divengono complementari. E allora il tempo si ferma e l’uomo può, con l’evoluzione spirituale, raggiungere l’Eternità ed eternarsi in Dio. Mi viene in mente una risposta, tratta dal libro “Alieni o demoni”, di Corrado Malanga. Nel testo lui parla dei vari “ospiti” che parassitano molti corpi. Non mi dilungo nella pur interessante spiegazione, ciò che mi interessa è la domanda che Corrado fa a uno di essi: “Chi ha creato l’uomo?” “Ma l’Uomo”. Anche Gesù si definiva figlio dell’Uomo. Il libro dei segreti Mi è stato dato da Francesco, il mio amico sardo di Palau, piccolo ma vivace paese situato di fronte all’isola della Maddalena, ed è un testo veramente speciale, scritto da Bhagwan Shree Rajneesh ed. Bompiani. Mi piace riportarne un pezzo, dove Rajneesh ci insegna a creare. Oggi, sul mercato editoriale, esistono un’infinità di testi sull’argomento, ma questo maestro indiano, espone con chiarezza i punti fondamentali.

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Dalle cinque tecniche di attenzione “L’attenzione tra le sopracciglia, la mente preceda il pensiero. La forma si riempia con l’essenza del respiro fino alla sommità della testa e lì piova come luce”. Questa tecnica è uno dei metodi più profondi. Cercate di capire questo: “L’attenzione tra le sopracciglia...”. La ricerca scientifica, dice che tra le due sopracciglia c’è la ghiandola che è la parte più misteriosa del corpo. Questa ghiandola, chiamata ghiandola pineale, è il terzo occhio dei Tibetani, “Sivanetra”: l’occhio di Siva, del tantra. Tra i due occhi c’è un terzo occhio, che esiste, ma non è funzionante. È lì; può funzionare in qualsiasi momento. Ma. non funziona spontaneamente: per aprirlo dovete fare qualcosa. Non è cieco; è semplicemente chiuso. Questa tecnica serve per aprire il terzo occhio. . “L’attenzione tra le sopracciglia...”. Chiudete gli occhi, poi convergete i vostri occhi proprio nel mezzo delle sopracciglia. Convergete proprio nel mezzo, con gli occhi chiusi, come se guardaste con i vostri due occhi. Dategli totale attenzione. Questo è uno dei metodi più semplici per essere attenti. Non potete essere attenti a nessun’altra parte del corpo così facilmente: questa ghiandola assorbe l’attenzione come niente. Se le date attenzione, entrambi i vostri occhi verranno ipnotizzati dal terzo occhio. Si fissano; non possono muoversi. Se cercate di essere attenti a qualsiasi altra. parte del corpo, è difficile. Questo terzo occhio. attira l’attenzione, forza l’attenzione. È magnetico per l’attenzione: perciò in ogni parte del mondo tutti i metodi lo hanno usato. E il più semplice per addestrare l’attenzione. perché non siete solo voi che state cercando di essere attenti: la ghiandola stessa vi aiuta: è magnetica. La vostra attenzione viene con forza spinta verso di essa: viene assorbita. Nelle antiche scritture tantriche è detto che per il terzo occhio l’attenzione è cibo. È affamato, è stato affamato per vite e vite. Se gli prestate attenzione diventa vivo. Diventa vivo! Gli viene dato nutrimento. E quando sapete che l’attenzione è cibo, quando sentite che la vostra attenzione viene attirata magneticamente, attratta, trascinata dalla ghiandola stessa, allora l’attenzione non è più una cosa difficile. Si deve solo conoscere il punto giusto. Perciò chiudete semplicemente i vostri occhi, lasciate che i vostri due occhi si muovano proprio nel mezzo, e sentite il punto.

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Quando siete vicini al punto, immediatamente i vostri occhi si fisseranno. Quando sarà difficile muoverli, allora sapete di aver colto il punto giusto. “L’attenzione tra le sopracciglia, la mente preceda il pensiero...”. Se c’è questa attenzione, per la prima volta sperimenterete uno strano fenomeno. Per la prima volta sentirete i pensieri correre di fronte a voi; diventerete il testimone. È proprio come uno schermo cinematografico: i pensieri corrono e voi siete un testimone. Quando la vostra attenzione è focalizzata nel centro del terzo occhio, diventate immediatamente il testimone dei pensieri. Generalmente non siete testimoni: vi identificate con i pensieri. Se c’è rabbia, diventate rabbia. Se un pensiero vi tocca, non siete il testimone: diventate tutt’uno con il pensiero - identificati, e vi muovete con esso. Diventate il pensiero, assumete la forma del pensiero. Ma focalizzati sul terzo occhio, improvvisamente diventate un testimone... “L’attenzione tra le sopracciglia, la mente preceda il pensiero”: ora osservate i vostri pensieri; ora incontrate i vostri pensieri. “La forma si riempia con l’essenza del respiro fino alla sommità della testa e lì piova come luce”: quando l’attenzione è focalizzata nel centro del terzo occhio, tra le due sopracciglia, succedono due cose. Primo, improvvisamente diventate un testimone.... E la seconda cosa sarà che ora potrete sentire la vibrazione sottile e delicata del respiro. Ora potrete sentire la forma del respiro, l’essenza stessa del respiro. Dapprima cercate di capire che cosa si intenda con “la forma”, con “l’essenza del respiro”. Quando respirate, non respirate solo aria. La scienza dice che respirate solo aria: ossigeno, idrogeno ed altri gas nella loro forma combinata di aria. Dicono che respirate aria! Ma il tantra dice che l’aria è solo il veicolo, non la cosa reale. Voi respirate “prãna”, vitalità. L’aria è solo il mezzo; il prãna è il contenuto. Voi respirate prãna, non solo aria. Deve essere menzionato: Wilhelm Reich, uno psicologo tedesco che lo chiamò “energia orgonica”. È la stessa cosa che il prãna. Egli dice che mentre state respirando, l’aria è solo il contenitore ed esiste un misterioso contenuto che può essere chiamato “orgone” o “prãna” o “élan vital”.

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Ma ciò è molto sottile. In realtà, non è materiale. L’aria è la cosa materiale: il contenitore è materiale. Ma qualcosa di sottile, di non materiale, si muove tramite essa. I suoi effetti possono essere percepiti. Quando siete con una persona molto vitale, sentirete sorgere in voi una certa vitalità. Se siete con una persona molto malata, vi sentirete succhiati, come se qualcosa vi venisse sottratto. Quando andate all’ospedale, perché vi sentite così stanchi? Venite succhiati da ogni parte. L’intera atmosfera dell’ospedale è malata, lì tutti hanno bisogno di più élan vital, di più prãna. Perciò se siete lì, improvvisamente il vostro prãna comincia a fluire fuori di voi. Perché a volte quando siete in mezzo a una folla vi sentite soffocare? Perché il vostro pràna viene succhiato. Quando la mattina siete soli sotto il cielo, sotto gli alberi, improvvisamente sentite in voi una vitalità, il prãna. Ognuno ha bisogno di un certo spazio. Se quello spazio non vi viene dato, il vostro prãna viene succhiato. Wilhelm Reich fece molti esperimenti, ma si pensò che fosse pazzo. La scienza ha le sue superstizioni, e la scienza è una cosa molto ortodossa. La scienza non può ancora ammettere che esista qualcosa di più oltre all’aria, ma l’India lo ha sperimentato per secoli. Avrete sentito o avrete persino visto qualcuno andare in Samàdhi (Consapevolezza Cosmica), Samàdhi sotterraneo, per giorni interi, senza che alcuna aria penetrasse. Un uomo entrò in un simile Samàdhi sotterraneo in Egitto, nel 1880, per quarant’anni. Coloro che lo avevano seppellito erano tutti morti, perché doveva uscire dal suo Samàdhi nei 1920, quarant’anni dopo. Nel 1920, nessuno credeva che l’avrebbero trovato vivo, ma fu trovato vivo. In seguito visse altri dieci anni. Era diventato completamente pallido, ma era vivo. E non esisteva nessuna possibilità che l’aria penetrasse dove era. Gli venne chiesto da dottori e da altri: “Qual è il segreto di ciò?”. Lui rispose: “Non lo sappiamo. Sappiamo solo questo, che il prãna può entrare e fluire ovunque”. L’aria non può penetrare, ma il pràna può penetrare; una volta che sapete che potete succhiare il prãna direttamente, senza il contenitore, allora potete entrare in Samàdhi anche per secoli.

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Essendo focalizzati sul terzo occhio, improvvisamente potete osservare l’essenza stessa del respiro, non il respiro, ma l’essenza stessa del respiro, il prãna. E se potete osservare l’essenza del respiro, il pràna, siete sul punto da cui avviene il salto, la rottura. Il sutra dice: “La forma si riempia con l’essenza del respiro fino alla sommità della testa...” e quando potete sentire l’essenza del respiro, il prãna, immaginate semplicemente che la vostra testa ne sia riempita. Immaginate solamente. Non occorre nessuno sforzo. Vi spiegherò come funziona l’immaginazione. Quando siete focalizzati al centro del terzo occhio, immaginate, e la cosa succede, proprio lì per lì. Ora, la vostra immaginazione è importante. Voi continuate ad immaginare e nulla accade. A volte però, senza saperlo, anche nella vita. comune, delle cose si verificano. Stavate immaginando qualcosa a proposito del vostro amico e improvvisamente qualcuno bussa alla porta. Dite che è una coincidenza che l’amico sia arrivato. A volte la vostra immaginazione funziona proprio come coincidenza. Ma quando questo si verifichi ora cercate di ricordare, ed analizzate l’intera cosa. Ogni volta che si verifichi che voi sentite che la vostra immaginazione si sia attuata, andate dentro e osservate. In un qualche momento la vostra attenzione deve essere stata vicina al terzo occhio. Quando questa coincidenza si verifichi, non è una coincidenza. Sembra tale perché non conoscete la scienza segreta. La vostra mente si deve essere spostata senza saperlo vicino al centro del terzo occhio. Se la vostra attenzione si trova nel terzo occhio, la semplice immaginazione è sufficiente per creare qualsiasi fenomeno. Questo sutra dice che quando siete focalizzati tra le sopracciglia e potete sentire l’essenza stessa del respiro, “la forma si riempie”. Ora immaginate che questa essenza stia riempiendo tutta la vostra testa, in particolare la sommità della testa, il Sahasràra (il centro psichico più alto). E non appena ve l’immaginerete si riempirà. “Lì (alla sommità della testa) piova come luce”: questa essenza, questo prãna, piove dalla sommità della vostra testa come luce. Ed avverrà che cominci a piovere, e sotto la pioggia di luce sarete rinfrescati, rinati, completamente rinnovati. Rinascita interiore significa proprio questo.

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Perciò due cose: primo, focalizzati nel terzo occhio, la vostra immaginazione diventa potente, efficace. Ecco perché si è insistito così tanto sulla purezza: prima di fare queste, pratiche, siate puri. Per il tantra la purezza non è un concetto morale. La purezza è importante perché se siete focalizzati nel terzo occhio e la vostra mente è impura, la vostra immaginazione può diventare pericolosa: pericolosa per voi, pericolosa per gli altri. Se pensate di assassinare qualcuno, se questa idea è nella mente, il solo immaginarlo può danneggiare l’uomo. Ecco il perché di così tanta insistenza sull’essere puri.....”. Il testo continua, risuona in modo splendido per me ed è d'insegnamento per tutti. oggi possiamo ben vedere che cosa sta causando il “pensiero impuro”. Le Celle - 2 maggio Una giornata decisamente piena: Dora ha preso gusto nel farmi da cicerone, ma anche in lei, urge il desiderio di tornare in posti, che da tanto tempo non vede. Invece per me è tutto nuovo. Questa terra, che mio padre ha cantato nel suo libro di poesie “Umbria meravigliosa”, mi è invece sconosciuta e poco l’ho percorsa, eppure so che sono collegata a San Francesco! Mi piace riportare una poesia, in ricordo di Giovanni, che era un angelo disceso e, non a caso, ha ricordato questi luoghi. Umbria meravigliosa Umbria, ti conoscevo appena

e già ti amavo. Amavo il verde delle tue pianure, le tue colline, le tue acque che incontrano e lambiscono città e villaggi, nella corsa al mare. Nelle conche di Terni e di Ancarano ho veduto sbucare, dal tuo verde, rossi fiori di melograno.

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Trevi adagiata in mezzo a splendidi uliveti specchiarsi ho visto nell’acque del Cliitunno; e verdeggianti colli frastagliati di boschi e di vigneti. Umbria, or ti conosco e t’amo! Vedo le tue città e i tuoi paesi, sotto un meraviglioso cieloazzurro. Il mio amore per te, Umbria gentile, è più grande di quello del Velino, che sicuro si tuffa nell’abisso per incontrar la Nera. Io ti ho incontrata e t’amo, Umbria meravigliosa... e sempre t’amerò... con tutta l’anima.

Che splendido luogo Le Celle; lì San Francesco ha vissuto degli anni, in meditazione, in solitudine, per stare in contatto con Dio, con il suo spirito, con la sua parte divina. Che bello! Incredibilmente bello! Quell’acqua scrosciante tra le rocce e i ponti di pietra e i faticosi muri di sostegno e tutta la costruzione, addossata e stretta alla parete, che sembra scivolare verso lo strapiombo. “Non si è mossa di un millimetro”, dice Romolo, il compagno di Dora, che conosce bene il posto e lo soppesa con la sua mentalità e bravura di geometra. “È forte come cemento armato”. Lo ascolto, ma l’occhio è preso dalle pietre del torrente, là dove si dice che il santo dormisse con un altro frate, che lo seguiva, uno da una parte, e uno dall’altra, dell’acqua. Mi sembra di vederlo: anch’io adoro sdraiarmi sulle pietre, sentirle sotto le mani, accarezzarle. Entrando nell’edificio, sulla destra, ecco la piccola cella, dove, verso la fine della sua vita, lui si è ritirato. “Ricordi?... Ricordi?” sento una voce dentro di me. No, non ricordo, non appaiono immagini, ma sento che sono stata vicina a Francesco, forse proprio in quel luogo.

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Con Dora e Romolo, sono poi andata nella piccola chiesa del posto, dove si alzava il canto della Messa, servita da due giovani frati. L’ostia consacrata era nella mia mano ed io rivivevo un rito antico... “Vorrei prenderla ancora”. “Non è possibile” ha esclamato Romolo “Non si può avere la Comunione due volte!”. “Beh, non è vero” ho sorriso tra me, ricordando un altro posto, dove, di ostie, ne avevo avute tre e... regolarmente! Mi trovavo a Lourdes già da alcuni giorni ed ero totalmente presa dal desiderio di vivere il contatto con l’energia divina, che bevevo molta “acqua”, ma mangiavo molto poco. Quella mattina, ero a digiuno, sono andata nella cappella laterale della basilica, dove un gruppo di pellegrini ascoltava la Messa, celebrata dal sacerdote, che era con loro. Dopo aver dato la comunione, questo si è accorto che erano avanzate, nel calice dorato, parecchie ostie benedette. Senz’altro non poteva portarle con sè, in viaggio, così le ha distribuite ancora per due volte... Guarda un po’ gli scherzi di Michele, non voleva proprio che stessi con lo stomaco vuoto! E non era la prima volta. Lui si preoccupa sempre per me! Parlerò più avanti del “coscetto di pollo e del panino all’olio” che voleva farmi mangiare; ora vengo nuovamente presa dal rumore dell’acqua, che rotola a valle, sulle pietre levigate del torrente. Attraversiamo il ponte di sassi, che unisce le due sponde, e ci inerpichiamo per la stradina in salita, verso il piazzale, dove Romolo ha lasciato l’auto. Mi volgo indietro a rimirare il presepe che ho davanti e ne sento la bellezza, il richiamo: sempre ho cercato le grotte, i monasteri, ma non è questo il tempo. Lo comprendo chiaramente in questo momento: ora non è quel tempo, ora devo vivere nel mondo, in questo mondo! Ricordo che, dopo il contatto con Michele, ancora inconsapevole di tante cose, volevo ritirarmi, trovare un posto isolato, un convento, e lì rimanere, in unione solo con Dio. Ancora lo desidero e, spesso, con il mio camper, che è la mia grotta, trovo luoghi dove la natura è splendida, e lì rimango, sola con me, e non sola, perché piena sempre dell’amore e della voce del mio amato.

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Lui mi disse, leggendo nei miei pensieri, che dovevo far uso di tutti gli studi fatti per aiutare; non potevo ritirarmi, solo un po’, dovevo vivere tra la gente... e, dopo, ho capito il perché. Dora, sempre da buon cicerone, mi ha portato poi a visitare altre due chiese, a Montepulciano, impartendo ordini perentori all’obbediente Romolo, nostro autista. In ognuna siamo arrivati al momento della comunione, ed ho sentito il gioco di Michele ed il desiderio giocoso di ripetere l’esperienza, ma i miei compagni non potevano capire e non ho voluto scandalizzarli. Come lo spirito gioioso è lontano dai limiti della mente umana! Il fuoco caldo del camino ci ha accolto al ritorno a casa e la sua fiamma mi ha accompagnata mentre sprofondavo nel sonno: l’indomani un’altra gita mi attendeva, un altro tassello di un mosaico a ritroso, come la chiusura di un cerchio, che ritorna al punto di partenza, certamente con tutta l’esperienza maturata. Ieri Cesare, domani Aivanhov. Un centro fondato dai seguaci di questo maestro si trova, infatti, vicino al Trasimeno, un posto splendido, alto sulla cima di un colle, da cui la vista spazia, su un mondo ondulato di colline e valli. L’auto arranca in salita, ma Romolo, come al solito non si lamenta e tutti ci godiamo il paesaggio e i grandi cespugli d’erica, che affiancano la strada. La casa è in cima all’altura, ma è chiusa. Peccato, sarà per un’altra volta; ora non so se tornerò, mi piacerebbe perché il luogo è pieno d’incanto, ma il mio treno percorre tanti binari! Ricordo ancora il piccolo libro viola, “il libro della perfezione”, che nel '93, mi fu dato a Trastevere, presso il centro di Baba; il primo testo, che ho letto, di un maestro spirituale è stato quello di Aivanhov: per me, è il segnale di un ritorno al punto iniziale, il cerchio si chiude, per formarne un altro; un otto, l’infinito. Tra i vari simboli, che punteggiano la mia strada, c’è anche un codice, che sembra essere il mio, perché, come sulla terra abbiamo un codice fiscale, così, quando “scendiamo”, ce ne viene assegnato uno, che ci distingue e che può variare. Con esso ho sempre firmato i miei quadri, usando una linea d’oro.

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Bordighiera ed il “coscetto di pollo” Parlo in modo scherzoso del mio Amore, come potrei fare altrimenti! Accadde, un po’ di tempo prima, che, avendo letto il libro di Yasmuheen “Nutrirsi di luce”, ed. Mediterranee, consapevole che per me era proprio naturale, usando anche, come del resto fa l’autrice, le tecniche autoipnotiche di controllo e programmazione del pensiero, cominciai il digiuno. Erano passati i 21 giorni, indicati di base da Yasmuheen, ma io ero così felice, bevendo solo acqua e poco succo di frutta, che decisi di continuare; stavo bene, mi sentivo leggera ed attiva, ma senz’altro il mio corpo stava soffrendo. Ora so che non avevo preso in considerazione la purificazione, prima di iniziare il programma; avevo cominciato con la mia solita cocciutaggine, con la consapevolezza di chi sono, ma il corpo fisico aveva le sue regole, soprattutto allora, meno oggi con il cambiamento di frequenza, regole di gradualità che dovevo rispettare: prima eliminare la flora batterica dannosa e i funghi, come la candida, (i diavoli interni), responsabili della morte del corpo, se non ricevono cibo, poi, poi... non c’è più bisogno di “cibo”, il corpo risvegliato può nutrirsi di prana. Il controllo era ottimo e, se andavo a cena con gli amici, non ci rinunciavo, li guardavo, con noncuranza, mangiare, chiedendo una tazza di thè. Mi capitava, spesso, in quel tempo, di trovarmi a delle inaugurazioni, che terminavano in un buffet, ma non ne avevo proprio voglia: il mio cervello era stato programmato a nutrirsi di prana e non voleva quasi altro. Ma il corpo non era pronto, così, andando a trovare Alba, a Bordighiera, nel suo centro “Il ritorno degli Antichi”, seguendola nell’alto del paese, dove abitava, davanti al desco apparecchiato, così lei mi apostrofò: “Cosa vuoi mangiare? Michele mi ha detto di preparare, per l’ospite, un coscetto di pollo ed un panino all’olio”. “Vuoi scherzare, io sono vegetariana!” Ma avevo capito “l’antifona”, dovevo riprendere a mangiare, il veicolo si stava danneggiando. Così accettai un brodo di verdura e, piano, piano, rintrodussi il cibo, inizialmente molto liquido e frullato. Devo dire che amo molto tutto ciò che è cremoso, come omogeneizzato, e questo è oggi, nuovamente il mio cibo; il corpo sta cambiando e sta

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scegliendo da solo ciò di cui necessita, me ne dà chiari e tranquilli segnali, come quello di chiudersi, dalla sera alla mattina, al vino ed al caffè, come se non esistessero più, o di farmi trovare libri di vario tipo, perché io comprenda, ad esempio, che devo ingerire più clorofilla. La differenza tra l’anoressia e il nutrirsi di luce, sta nella consapevolezza e nel risveglio del corpo. Penso che molti Santi, nella spinta divina di staccarsi dall’alimento materiale, abbiano danneggiato il corpo, portandolo alla morte. Ora non è più quel tempo, ed allora non poteva essere altrimenti, ora è arrivato il momento della rigenerazione del corpo fisico, che, nella nuova frequenza, si trasformerà in corpo di luce: nuova vibrazione, nuovo cibo, nuova vita. Riporto una comunicazione di Michele, già da tanto tempo, data ad Alba. “Ora vi verranno elencati i disturbi fisici che le persone in cambiamento molecolare avranno o avvertiranno: stanchezze improvvise, malesseri che non hanno fondamenta di esserci, dolori improvvisi alle ossa ed alle giunture, senso di punture in tutto il corpo, ansia con crisi più o meno forti, senso di caldo e di freddo alternati, senso di bruciore agli arti, alla testa, pressione sulla fronte (terzo occhio), dolori e punture improvvise alla testa, specie alla fontanella e nella regione della pineale, dolori al chacra del cuore e del plesso solare, perdite improvvise di memoria alternate a sensi di espansione mentale. Questi disturbi appaiono e scompaiono, sono per ognuno diversi come durata ed intensità; questo per via della diversa apertura di sensibilità e dei punti chachra, sarà vissuto il cambiamento molecolare in accelerazione o lentamente. Se questi sintomi non compaiono, non state vivendo questa mutazione, e quando scompaiono vuol dire che il primo passaggio è avvenuto e vi renderete conto di essere diversi e di non poter fare, dire vedere, sentire, mangiare ciò che per voi era lecito! Inoltre non riuscirete più a sopportare i rumori superiori ai decibel consentiti, potrete anche acquisire una nuova sensibilità al dolore altrui e, soprattutto starete peggio se vi trovate coinvolti in litigate di ogni tipo; questo perché tutto ciò interrompe il lavoro armonico della luce creante, con una improvvisa distorsione vibratoria disarmonica, maggiorando il malessere fisico.

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Non riempitevi di medicinali chimici, starete solo peggio. Poiché il primo ad essere intaccato è il sistema nervoso neurovegetativo, tutti questi dolori sono generati dal sistema nervoso; non spaventatevi, dopo starete veramente bene. Cominciate con l’eliminare la carne rossa, poi uccelli e pesci, poi prodotti animali; aumentate la clorofilla ed il silicio: quindi il corpo farà da sé.” Da un’altra comunicazione, questa volta proveniente da Padova “Composizione di dieta equilibrata: riso integrale più soia in qualsiasi modo, più semi di finocchio, sviluppano insieme proteine, calcio, vitamine dei gruppi A-B-DK-PP, ed altre ancora, sali minerali, composti di zucchero, ed altro ancora”. A questo aggiungerei un po’ di frutta e verdura. Possiamo nutrire il corpo con pochi elementi! San Rocco 17 maggio Sono tornata a Marina di Grosseto, la mia base, e sono nel camper, detta camperona, che è la mia grotta. Dopo Montepulciano, ho fatto una “capatina “a Roma, sempre voluta, perché la città mi sta, di nuovo, chiamando. Ma la mia grotta ha tanti libri, che, via, via, cadono dagli scaffali, richiamando la mia attenzione ed accompagnandomi nella scrittura del mio testo. Giovanni, un amico, uno di noi, mi ha chiesto il titolo; non lo so ancora, non so dove mi porterà ciò che scrivo, perché sto tornando indietro, al mio risveglio, perché tutto si è azzerato ed è ripartito veloce ed ormai conosciuto... “Il corpo che canta” è il secondo nato, dopo “Gli occhi di un angelo”, il primo titolo, causato da tutti quegli occhi azzurri, che vedevo, compresi quelli di Baba, stonanti con la sua tipologia africana. Ma il mio corpo vuol cantare, canta dentro, dove, anche se immobile, sto ballando. Il suono, il suono del corpo, che si unisce al suono della creazione, come il flauto di Pan, il pifferaio magico, per il risveglio planetario. Nel camper, sempre pieno, come una bomboniera, mi è direttamente caduta addosso una pubblicazione dell’associazione Saras, con in copertina Francesco d’Assisi.

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Guarda caso, stavo proprio ripensando alle Celle, dopo una telefonata di Dora.Spesso pensiamo di sapere abbastanza, invece arrivano nuove informazioni, che prima non abbiamo recepito. Eppure avevo letto l’articolo, lassù a Ventimiglia, dove ero intervenuta ad una conferenza dell’associazione, ma non sapevo che... Francesco fu chiamato Giovanni, dalla madre molto devota, perché nel medioevo si credeva che il nome dato a un bambino ne avrebbe descritto il destino (è in realtà vero, perché è il suo mantra).Pietro di Bernardone, al ritorno dal suo viaggio, andò su tutte le furie, perché voleva un figlio capace di aiutarlo negli affari, così cambiò il nome in Francesco, probabilmente poiché la Francia gli dava ottimi affari. Comunque Francesco ebbe sempre un amore profondo per la Francia e quando era felice cantava in francese, nonostante non sapesse bene la lingua. “La mamma era francese” mi chiarisce Dora, dei Pirenei, era una catara, infatti portava un velo bianco sulla testa ed un abito marrone, come le donne catare. Lo stesso abbigliamento di Chiara, il cui abito era quasi nero e di Caterina da Siena. La Francia, i Catari, come si ritorna a Maria Maddalena! Come si ritorna al mio amore per la Francia ed al mio parlare in francese volentieri e facilmente, anche se non ho studiato la lingua! “Ricorda, ricorda”. Le parole all’interno della grotta, risuonano ancora. Che voglia di lasciare nuovamente la mia casa, per andare in Francia, come quando, nel '93 partii per Roma, incurante di qualsiasi problema, solo seguendo ciò che sentivo dentro. Ancora, però, i segni per il mio spostamento, non sono precisi; so che tutto avverrà quest’anno, 2010, speciale per la mia data di nascita. La cosa si legge in un senso e nell’altro, ed in questo sono sibillina, ma penso sia la spiegazione di tutti i segnali numerici, di inversa lettura, che sto ricevendo; anche il mio camper finisce in 171, che dà poi 9, il numero di Michele. Accanto all’articolo su Francesco, sfogliando le pagine della rivista, ecco che trovo l’immagine di Saint Germain, il Signore della Fiamma Violetta. Non a caso, spunta dalla strada una bimba, vestita di viola; un guizzo e sparisce, lasciando come il profumo del colore.

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“Io Sono, Io Sono, Io sono”, è il mantra che da tempo sto ripetendo dentro di me, trovandolo assai congeniale al mio controllo mentale. “Io sono Luce, Io sono Amore, Io sono potere della luce e dell’amore, e nella luce e nell’amore tutto mi è possibile” ripeto e stabilizzo nella trans di risveglio, per coloro che chiedono il mio aiuto. Saint Germain mi risuona nel Nome e nelle incarnazioni, lo sento molto vicino, la stessa essenza di Gesù. Da un testo francese della scuola ginevrina, in relazione ad alcuni suoi pensieri (questa Ginevra è un altro richiamo costante).“La gioia è la vibrazione più alta di tutte le qualità. È una porta aperta sul regno della luce. Un moto d’allegria può farvi montare d’un colpo molto in alto, molto più in alto che sei mesi di virtù meste. La gaiezza ha una radiazione molto rapida, la più prossima a Dio ed alla perfezione... Noi Maestri vi amiamo, ma non dobbiamo sperperare l’energia, e il manifestarci visibilmente e uditivamente richiede energia... Il tempo stringe. L’umanità deve essere soccorsa in massa da noi. Date tutto il vostro fervore e la vostra energia al nostro compito. Ogni volta che nominate un grande essere, voi ricevete immediatamente la sua benedizione. Ogni volta che lo nominate, ricevete il suo aiuto. Noi vediamo immediatamente un raggio d’oro, quando qualcuno pensa a noi sulla terra(chissà Michele, come si scoccia, con tutti i raggi che vede!). Voi verrete presto ad abitare nel nostro pianeta, la Stella della Felicità. Sarete leggeri, leggeri e trasparenti. Abiterete delle case traslucide ed iridate e dormirete su letti rosa, blu e gialli. Fiori belli e grandi fioriranno nel vostro giardino (che bello!). Non avrete bisogno di lavorare, tutto vi sarà donato. L’amore fisico non esiste sulla nostra stella. I bambini nascono dall’incrocio di due raggi. Un grande sole rosa ci rischiara giorno e notte. Venite miei figli della terra, noi vi attendiamo... Se voi date il vostro tempo a Dio, Egli si occuperà di voi. Egli risolverà i vostri problemi in modo più elegante di voi. Non cercate di risolverli da soli, con il vostro piccolo cervello. Esso non conosce tutti i dati. Perché i dati dei vostri problemi qualche volta sono immersi profondamente nel passato. Lasciate agire Dio...”. Grazie Saint Germain, è una comunicazione splendida!

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Mi giro di lato, e l’occhio mi cade sul camper vicino. È anch’esso vecchio come il mio, un Ford, ma ha qualcosa che non ho mai visto: una grande finestrone a due ante al posto delle tradizionali due finestre laterali. Sembra un “petit balcon” francese. Sono incuriosita, ma non ho voglia di scendere, per vederne la targa. L’ho trovato al mio arrivo ed è sempre rimasto chiuso, oscuro l’abitacolo, al di là dei pesanti tendaggi, che chiudono la vetrata. Poi, sul vetro davanti, dalla mia parte, un grazioso foglio verde “Regina”. La parola è ben chiara, da un lato c’è la chiave di violino, dall’altro, un cuore.Chissà: il foglio mi sorride ed io sorrido, perché penso sempre agli scherzi di Michele. Chissà, chissà chi mi regala le pietre, ora che, dopo un corso sui cristalli, essi sono sempre nella mia mente. Le ho trovate vicino al camper, tra l’erba: una bellissima rosa del deserto, prima, e, poi, un grosso pezzo simile alla pirite, qualcosa di ferroso e brillante. Ma non c’è nessuno che può essere l’artefice del dono, nessuno qui sa del mio corso e del mio amore per le pietre. Nulla mi fa meraviglia, da quando, nel '93, in mezzo ai miei fenomeni di risveglio, non ricordando la via dell’abitazione, dove mi aspettava lo sciamano, di cui ho parlato, l’ho vista scritta, come una targa, nel cielo azzurro, davanti a me. Allora tutto entrava in me, dolcemente, senza timore; oggi mi diverto ad osservare come questa realtà virtuale possa essere manipolata dal bene, ma, anche, purtroppo, e qui non sorrido, dal male. È importante esserne consapevoli! Il quinto elemento È un messaggio, che si sta ripetendo, quello del quinto elemento. Esso è collegato sempre all’apertura del cuore, per quello che io decifro, è nell’amore che si ha l’attivazione. Il segno si è ripetuto negli ultimi due film che ho visto, uno dopo l’altro, casualmente, sembra, non supponendo a priori questo legame.

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Uno è Iron Man, visto nel pomeriggio di sabato scorso, forse per una recente abitudine, creatami dal mio amico Roby, forse, e maggiormente, perché un sentire, che seguo, mi spinge, l’altro è un dvd preso alla biblioteca Chelliana di Grosseto, il giovedì successivo, sempre in compagnia di Roby, che consapevole o no, sta diventando un “uccello guida”, come io chiamo gli indicatori del cammino, anche se lui come una macchina sempre accesa, ha la testa troppo piena di pensieri, e questo, per me, adesso è a volte disturbante. “Quinto elemento” è il titolo del film, e mi ha attirato subito. Insieme, da uno scaffale, contenente libri di numeri e matematica, che a scuola non ho mai amato, e che ora mi attira, ho preso il testo “Tredici ore per l’immortalità”, la vita del matematico Galois, chissà perché. L’apertura del cuore ritorna nei due film, perché è lì il quinto elemento che vincerà il male. Iron, nel riconoscimento dell’amore paterno, trova la risposta al suo problema e riesce ad individuare l’elemento, a ricrearlo, a porlo nel suo cuore, divenendo così invincibile. Bella l’immagine, un triangolo verde, luminoso, che vince la morte., La donna, essa stessa il quinto elemento, si attiva quando sente l’amore, che non conosceva, ed un raggio di luce, come un laser, esce dal suo cuore, fermando e distruggendo il male incombente sulla terra. La stessa indicazione, ripetuta, che, per me, è un segno! Aria, terra, acqua, fuoco ed... etere, il quinto elemento, verso cui andiamo, nell’attivazione del corpo di luce; ma il cancello da passare è quello del cuore, la quarta dimensione, per entrare nella quinta, “al di là della croce”, come dice Michele. La donna, che viene definita perfetta, è soprattutto il femminino sacro, che si sta risvegliando in questo mondo di dolore, per portare la gioia e la luce, la salvezza dell’umanità. Povera piccola, come un uccellino ceduto dal nido, in un luogo ostile, che assorbe la sua energia, ma non vince la sua forza. Essa ce la farà, noi ce la faremo a ricordare, a rivedere, a ritornare a casa. “Mamma ti vedo” mi dice la piccola Molly, parlandomi al cuore da un’altra frequenza, “Mamma sono felice, non sono più cieca”. Così verrà il tempo, ed è già arrivato, verrà il tempo che gli uomini di buona volontà, coloro che sono collegati allo spirito divino, vedranno una

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nuova terra, “La stella della Felicità”, come dice Saint Germain, dove saranno leggeri, leggeri e trasparenti. Dora mi chiama al telefono in questo momento e mi dice che che la ragazza del monte Argentario ha ricevuto la seguente comunicazione dalla sua guida: “Grazie al lavoro spirituale di tanti, la terra non subirà le distruzioni, un tempo annunciate”. Grazie, grazie, ma continuiamo a mandare amore a nostra madre, ancora, ancora, per alleggerire la pesantezza di cui si è fatta carico a causa nostra. Da “Eldorado risorgerà” di Orazio Valenti, che riporta le parole di Eugenio di Siracusa. “Il pianeta terra vive? È come domandarci se una delle miriade di di cellule del nostro corpo viva! Certo che vive! Vive la la sua cosmogonica esistenza in un corpo macrocosmico. Il pianeta terra è una macrocellula ancora attiva e giovane. Il sistema solare a cui appartiene è una piccola macromolecola in un Essere Macrocosmico. Gli uomini sono gli enzimi che “dovrebbero” elaborare, trasformare gli elementi che essa attinge per il suo divenire e per la stabilità del suo equilibrio funzionale. La verità è che gli enzimi del pianeta terra non sono affetto coscienti di questa indispensabile collaborazione, né si predispongono positivamente ad aiutare il suo processo di crescita pur sapendo che, aiutando lei, aiutano loro, la loro prosperosa e sana esistenza. Sì, il pianeta Terra vive e le forze reattive di autodifesa sono impensabili, imprevedibili. Se percepisce di essere violentata, si difende! Non fanno lo stesso le vostre cellule quando vengono minacciate? Ebbene, non vi stupite delle sue reazioni. Fanno parte di quella immutabile Legge di Causa ed Effetto”. Sardegna Sole Ruio – 31 maggio Dovevo tornare in Sardegna e sono tornata, quassù sulla montagna, dove si vede il mare di Portorotondo. Sono a casa di Gigi, “il piccolo sciamano sardo”, come lui si definisce, e di lui ho già accennato.

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“Eiah, eiah”, dice nel suo dialetto gallurese, mentre accenna, sulla chitarra, la sua canzone preferita “terra noa” (nova). Gigi abita in un posto magico, in alto, tra pini abeti e palme, che lui stesso ha piantato più di 20 anni fa. “Prima era terra desolata” dice con orgoglio, mostrando la rigogliosa vegetazione, che il suo impegno costante ha creato, in una terra per lo più arida e rocciosa. Il posto ricorda un’antica bellezza, ora disfatta dal tempo e dai problemi di Gigi, che non ha più voglia di sistemare, curare tutto l’insieme di casette, affittate d’estate ai venditori, che sciamano variopinti lungo tutta la costa smeralda. Via Sole Ruio, 44: apro, a caso, il libro di Bragadin “L’eredità dell’ordine di Melchisedek”, che sto rivisitando, ed ecco, al capitolo 54, “Il serpente Rosso, New York -Maggio 88”. Che assonanza! Rosso e 4488, il mio codice! Per inciso, sono nata ad Orbetello, in via del Rosso. Dal libro “Le serpent Rouge”, scritto da tre francesi (e ritorna la Francia)... “Fu depositato nel 1957 alla Biblioteca Nazionale di Parigi, ed è composto da 13 capitoli, uno per ciascun segno zodiacale, più Ofiuco, o Serpentario, il pianeta nascosto, un mito greco che rappresentava Iside...”. “Iside, dunque Maddalena, il femminino sacro...”. “La raffigurazione di Maddalena “Immersa nel fango” è il richiamo a un’energia bloccata nei secoli e causa di un’involuzione della crescita dell’umanità. Ha congelato il principio femminino accrescendo la separazione, la dualità, invece di tendere all’Unità”. “Perché io sono un cavaliere” dice Giove, un bambino biondo di tre anni, che abita, con i geniitori, la casetta di sotto, agitando la piccola spada di legno. Sto intanto leggendo il capitolo 55 “Sulla Senna con il Gran Maestro”... Stamani il padre, in braccio a cui il piccolo si agita come su di un destriero, ha detto:“Si chiama Giove ed è nato a Tempio (paese sardo vicino a Palau)”. “Giove” ha chiamato l’uomo, ed io mi sono voltata, poiché gli amici mi chiamano Giovi. “A Tempio...”. E continuo a leggere... “Questo è l’insegnamento per i nuovi cavalieri del tempio. Il tempio non è più inteso come solo punto di

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aggregazione e raccolta per la Notre Dame Noir, simbolo di Maddalena, a cui noi tutti ci eravamo e ci siamo sempre immolati... Questo è il nuovo messaggio che sento di rivelare al mondo. Le aggregazioni siano aperte. I nuovi gruppi, le nuove unioni vadano verso il cosmo... L’unione deve avvenire con i Fratelli Cosmici, con tutti quei figli della nostra Signora Nera...”. Maddalena: ieri sul traghetto, partito da Piombino per Olbia, ho trovato un posto sul divano appoggiato alla parete esterna, per seguire, dalla vetrata, il muoversi del mare e del cielo. Alla partenza, l’acqua sembrava una tavola luminosa, piena di stelline brillanti, che scaturivano dal riverbero del sole, ma, pian piano, l’onda si è mossa, come il vento, sempre più insistente. Le persone a bordo sono state invitate a non uscire sui pontili esterni, scivolosi d’acqua, e di fare attenzione ai bambini, a causa del rollio. Guardavo, accanto a me, due coppie, che, per tutto il tempo, hanno continuato a giocare a carte. Qualche espressione colorita nel gioco, mi indicava la provenienza veneta, e mi faceva tornare al viaggio, da poco fatto, a Padova, Vicenza, Chioggia. Venivano, infatti, da Venezia, esattamente da Mestre, ed andavano alla Maddalena, poiché uno degli uomini era di là nativo. Subito, nel traghetto, è arrivata Maddalena, questa volta collegata a Venezia: non a caso, poiché tra le mani avevo il libro di Bragadin. Quando, all’arrivo, ci siamo salutati, una delle due donne, ha voluto il mio biglietto da visita, e mi ha detto che si è accorta di... creare. “Mi chiamo Bianca” ed ha sorriso, Bianca come la mia gattina, come la Fattoria Fontebianca a Roselle, dove abitavo, come la rotonda sala del Matrimandir, ad Auroville, in India, bianca, come la spiaggia dove ho incontrato Baba, come Madame Blanchefort... Bianco e rosso, come l’abito dei templari. Gigi tiene sempre la televisione accesa, anche senza audio. “Mi fa compagnia” dice “Lunghi sono i giorni d’inverno e tanta la solitudine! È una presenza, forse l’unica presenza per tanti giorni!” Anch’io, che a casa non ho il televisore, stasera, primo giugno, mi soffermo sullo schermo, perché vedo l’immagine “dell’ultima cena”.

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La trasmissione “Mistero” presenta una serie di chiese, lungo una linea che va da Milano a Cremona e a Bobbio, dove le pale di vari pittori, mostrano la figura molto femminile di Giovanni, accanto a Gesù, capelli biondi, viso minuto e dolcemente reclinato... Perché alcuni quadri, dove l’immagine si ripete nella stessa forma, si trovano nella cappella dedicata a Maria Maddalena? Dov’è nel dipinto la Donna? Forse proprio Giovanni, così dolce e femminile è la “donna” l’amata, la prediletta tra tutti gli apostoli. Ed a Lei, come è naturale, alla sua compagna, Gesù, sulla croce, prima della sua partenza, affidò la Madre, perché le due energie femminili si unissero. Palau 2 giugno Nella precedente venuta in questo splendido ed arroccato paese, proprio davanti all’isola della Maddalena, tanti incontri erano avvenuti, tali da creare un “Gum”, gruppo ufologico Michael, sorto in altri luoghi d’Italia, dopo la Toscana, che, sotto l’egida dell’Arcangelo e attraverso la mia persona, cerca di dare risposte a tante domande del nostro tempo, cerca di dare consapevolezza ed aiuto, ed, ogni mercoledì, dalle 21 alle 22, manda amore alla terra e guarigione alle persone malate. Francesco ha la casa occupata da amici, così mi ospita gentilmente Anna, che già conoscevo per telefono. La dimora è accogliente con il piccolo giardino d’ingresso, pieno di piante grasse; ma la sorpresa, e non è mai sorpresa, è che Michele troneggia in ogni dove, dato che lei Gli è molto devota. Una sua statua incoronata, viene proprio da Monte sant’Angelo, sul Gargano, dove lei, pur essendo pugliese, non è mai andata. Le piacerebbe tanto... Ed io ricordo le parole di Michele: “Voi uomini costruite templi di pietre; il mio tempio sei tu, il mio tempio è il mondo!”. Però anch’io sono andata ugualmente là, nella “profondità della grotta”, per percepire all’esterno quello che era dentro di me, facilitata, come sempre dal mio “amore”, che mi aveva fatto conoscere, guarda un po’, ad Abano, un uomo proprio di Sant’Angelo, un capace facilitatore di questo mio viaggio! I giochi divini, i “lila”, come li chiama Baba.

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Prima di iniziare il lavoro del gruppo, che questa sera facciamo nella sua abitazione, Anna mi mostra un libro “365 giorni con Michele Arcangelo” di Marcello Stanzione ed Segno. Esso contiene 365 pensieri, uno per ogni giorno dell’anno, tratti da autori cattolici e non.“Per sottolineare” dice l’autore “come la devozione e l’amore a San Michele accomuni uomini di tutte le fedi”. Oggi, 2 giugno si legge: “Attimo inconcepibile, decisione cosmica della creazione. Nel mondo degli spiriti che si agita, nel selvaggio fluttuare della ribellione contro l’Altissimo, risuona il grido del condottiero di Dio come segnale di vittoria: “Mika el”: chi è come Dio? Il gesto di adorazione del principe degli angeli, paralizzò i diavoli... I cieli risplendettero di nuovo puri. Ma quel grido di coraggio e di fedeltà rimase al principe degli angeli come nome, come luminosissimo ordine dei legionari di Dio, di fronte a tutti gli angeli. Michele! Colui che è come Dio! (da “gli angeli” di Otto Hophan). Dall’introduzione dello stesso testo: “San Michele è certamente lo spirito celeste più importante di tutti e svolge numerose funzioni. Nell’antichità San Michele era associato più che agli esorcismi, soprattutto alla guarigione fisica per mezzo dell’acqua. Le acque hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nella cura delle varie malattie e in modo particolare le sorgenti calde sono state considerate dagli antichi un dono particolare di Dio. Gli ammalati arrivavano anche da molto lontano, per immergersi nelle acque calde e pregare per la guarigione. Secondo gli studi di angeologia di Elleen Freeman, ai tempi di Gesù, gli Ebrei credevano che San Michele fosse l’angelo nominato da Dio, affinché vegliasse su determinate fonti d’acqua, in particolare quelle con proprietà terapeutiche. Riguardo al potere curativo di certe acque vi è anche la testimonianza del vangelo di San Giovanni... “V’è a Gerusalemme presso la porta delle pecore, una piscina chiamata in ebraico Betzaida, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero d’infermi, ciechi, zoppi e paralitici, che aspettavano il moto dell’acqua. Un angelo, infatti, in certi momenti discendeva nella piscina ed agitava l’ acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto. I rabbini, generalmente, indicavano in Michele, l’angelo del signore che agitava le acque. La tradizione cristiana ha continuato quella ebraica,

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dedicando a San Michele le fonti e le acque curative, inizialmente dedicate agli dei pagani”. Ciò è per me molto risuonante e conferma il mio legame con Michele: ho sempre desiderio del contatto con le acque, soprattutto termali, nelle quali il mio corpo fisico guarisce e si rigenera, senza bisogno di alcuna medicina; sento che l’acqua mi entra dentro, attraverso i pori della pelle e compie un lavacro della mente, del veicolo (come lo chiama Michele) e di tutto il campo che mi avvolge. In me c’è la visione di una casa di accoglienza o di una comunità, dov’è indubbiamente presente l’acqua termale. 21 agosto - La mia data di nascita. Sempre dal testo, in relazione a tale giorno: “Nel dipinto - Caduta degli angeli ribelli - di Pietre Bruegel detto il Vecchio del 1562, conservato al Musees des arts di Bruxelles, San Michele è l’unico angelo che combatte con un’armatura splendente e con un mantello che lo identifica come capo degli eserciti celesti; il suo aspetto esile rimanda alla forza che gli è data da Dio. Al centro del groviglio di combattenti si riconosce una lunga coda di rettile, quella del drago dell’Apocalisse, il primo degli angeli ribellatesi a Dio e diventato il suo grande avversario”. La Maddalena - 5 giugno - Gigliola, l’amica della Maddalena, sta arrivando sul traghetto che proviene dall’isola, per, gentilmente, accompagnarmi là. Già si profila la snella sagoma rossa dell’imbarcazione, mentre le auto si accalcano sul molo, in una fila abbastanza consistente e si crea l’agitazione dell’imbarco. Vedo, tra i passeggeri che scendono, la mano alzata della donna, che mi saluta e mi chiama. Un abbraccio e già siamo, nuovamente per lei, sul ponte, comodamente sedute su una panchina che guarda il mare. La giornata è bella, a differenza di ieri, in cui il vento increspava veloce le acque. Palau lentamente si allontana e, dai due lati, scorrono le linee rocciose di Santo Stefano e della costa sarda. Anche Gigliola sembra incantata dalla bellezza del panorama, per lei felicemente consueto.

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“Bello con il sole, come oggi, e con la pioggia” dice rilassata. “Ma non quando il vento urla contro le fiancate, inondando di spruzzi il traghetto”.Oggi, invece, tutto è splendido, il cielo ed il mare si specchiano in un azzurro striato, com’è in Sardegna, da zone più verdi o blu cobalto. Le case del porto della Maddalena divengono sempre più grandi, chiudendo a cerchio l’invaso come se fosse un lago. “Vedi come la costa intorno è tonda” mi sorride Gigliola. “Sembra che anticamente qua ci fosse terra, fino all’isola; la caduta di un meteorite, ha creato questa fossa circolare, con il successivo arrivo del mare, ed anche le forme taglienti delle rocce, squassate e modificate dall’impatto”. Per le stradine del porto arriviamo alla chiesa di Maddalena, il mio primo saluto all’isola. Già la conosco e mi piace rientrare nell’ombra delle sue navate; ma l’offesa è la stessa: un mastodontico Gesù in croce troneggia sull’altare, occupando tutto lo spazio visivo, dietro, come coperta, nella nicchia centrale, la statua della Maddalena. Ma la chiesa è dedicata a Lei, perché nasconderla! Gigliola elenca un sacco ed un sacco di cose che non vanno bene sull’isola, dove esiste, particolarmente nella costa a nord, anche “la magia nera”! Chissà, comunque alla Maddalena esiste una casistica da non sottovalutare di suicidi e morti per tumore, che possono far riferimento a motivazioni varie, forse anche collegate alla presenza della base sottomarina americana, oggi quasi del tutto sguarnita, ma ancora negativamente presente nell’ecologia ambientale. Non alludo solo all’incidente del sottomarino nucleare, se il problema è stato questo, per cui il mare, intorno all’isola si è riempito di pesci morti e, comunque contaminati, ma, anche alla presenza di grandi costruzioni sottomarine, di percorsi, che, come dice la donna, collegano, in profondità La Maddalena a Santo Stefano ed a Palau. Cosa può esserci ancora là sotto? Se esiste la connivenza tra americani ed extraterrestri, come molti ci dicono, non è possibile che la zona creata possa, in parte essere stata lasciata a loro? Perché su quella terra sono viste presenze inquietanti, come è accaduto, ad esempio a Giovanna, una giovane bruna, dagli occhi parlanti, presentatami da Gigliola. Mentre le parlavo del mio Arcangelo e, per curiosità, nel libro degli angeli della mia amica, cercavamo il nome del suo angelo custode, i

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suoi occhi si sono riempiti di lacrime e con le labbra tremanti, mi ha detto che prega sempre la Madonna, perché ha visto e sentito il diavolo. Ma chi può aver veramente visto, come in altri casi, possiamo leggerlo nel libro di Corrado Malanga “Alieni o demoni?” Com’è la difesa? Viene indicato, tra altre cose, di ripetere con forza, se avviene un contatto: “Io Sono, Io Sono, Io Sono” e dare il comando di allontanamento. Purtroppo gli attacchi ci sono sempre e, per quanto riguarda la mia persona, vengono spesso da chi mi circonda. “Pochi sono puri”. Questo lo so bene, dal '93, in cui la percezione si apriva nella visione. Gigliola, dolce e forte donna sarda, Gigliola, sensitiva, oggi coinvolta in eventi di attacco, sorella che è fuggita dal potere del marito (e lei, dai suoi racconti, ha vissuto sulla pelle questa presenza), lei che la tenebra ha cercato di spezzare, disperdendo le sue cose e la sua energia, questa donna mi ha presentato un’altra donna, forte e coraggiosa, un’altra Maddalena: Eleonora d’Arborea. La sua bandiera, un albero verde su fondo bianco, la bandiera della casata d’Arborea, che un tempo aveva Giudicati in gran parte dell’isola, è piegata sul sedile della macchina di Gigliola, in mezzo ai resti della sua casa distrutta, ma è pronta a dispiegarsi, ad espandersi contro l’usurpatrice stendardo dei quattro mori, simbolo attuale della Sardegna, al seguito di quella regina guerriera e legislatrice, che percorse a cavallo ogni terra, per cacciare gli invasori Aragonesi ed unificare il popolo, portando un’unica legge “La carta de logu”. Io, qui, alla ricerca di Maddalena, all’incontro di tante maddalene, ho trovato una parte di me, che da tempo mi da segnali, “un’eroina che la Sardegna piange” come è stato detto. Dal testo “Eleonora d’Arborea” di Camillo Bellieni Ed. Gallizzi Sassari “Circondata da un velo d’ombra ci appare la grande figura di Eleonora d’Arborea; ed invano noi cerchiamo di distinguerne i lineamenti, attraverso gli scarsi documenti del tempo... Restiamo insoddisfatti, nella nostra curiosità, ma comprendiamo che non si tratta di una donna comune. In questo ambiente storico crepuscolare, dietro una leggera cortina di nebbia, la figura di Eleonora guerriera e legislatrice si profila come una massa bruna gigantesca ed imponente...

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Ahimè, noi non sappiamo se Eleonora fosse bella o brutta, ma in compenso riusciamo ad intravederne l’inquadratura decisa e possente di domina sarda, il gesto risoluto ed autoritario, tutto il fare da sovrana... essa può solo trovare somiglianza e confronto in altre donne guerriere dal volto bruno, pronte a balzare a cavallo, abili a scagliare la lancia, nate in una terra affrebbrata, come il giallo Campidano. Anche Ibn Caldun, nella sua storia del popolo berbero, ci narra la strenua resistenza dei latino africani, collegati con tribù berbere dell’interno, alla invasione araba. Era una lotta impari contro i cavalieri velocissimi che a migliaia... in preda a religiosa follia si precipitavano con le scimitarre levate sugli avversari. Alla testa di tutti i berberi cristiani era la kahena, la regina guerriera dell’Auraso, che aveva alzato lo stendardo di libertà della terra africana. La lotta continuò per anni, tenace, sanguinosa; anche quando i romani dovettero abbandonare la terra africana, le fiere tribù berbere non si diedero per vinte, si raccolsero sulla montagna e si disposero a vendere cara la vita. Anche allora la bruna regina raccolse nuovi trionfi, pur essendo ormai rimasta con pochi fedeli... E la Kaena giacque con la spada nel pugno su una montagna di cadaveri e di bestie uccise o malvive...”. Sento intensamente queste parole, che riportano in me Shamada, la guerriera che lottava per la libertà, come Kaena, come Eleonora. Eleonora d’Arborea nacque in Barcellona di Spagna, visse ad Oristano, centro del suo casato, poi si trasferì a Castel Doria e a Castel franco, oggi Castel Sardo, andando sposa a Brancaleone Doria, che le avrebbe dato l’appoggio dei genovesi. “Due nomi simili” mi fa notare Gigliola. “Entrambi contengono la radice “leon”, due leoni fieri, combattivi e, soprattutto fortemente uniti nella difesa della terra e dell’onore della famiglia, contro l’occupazione Aragonese; un primo tentativo di riunificare l’isola sotto un solo giudicato, con una sola legge. Oggi sono sola, alle terme di Castel Doria, ma ho molta compagnia, nel gorgoglio dell’acqua, che calda zampilla tra gli anfratti, nel fruscio del vento, che arrotola le secche foglie degli eucalipti ed accompagna il timido canto delle cicale.

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Il Coghinas scorre tranquillo ai miei piedi e, in alto, si levano le punte rocciose del monte Ruo. Che pace! Un falco si leva ed ondeggia, prima di posarsi nuovamente. Perché sono così attratta da Eleonora, perché quelle rocce rosse sono le mie rocce, quel fiume, scaldato dalle sorgenti bollite, mi appartiene e ridesta in me ricordi, perché vorrei rimanere qua, sempre? Percorro il ponte di legno, che disegna un possente arco sulle acque, ombreggiato, nella prima parte, da enormi palme, ed ecco, all’improvviso, lo sguardo spazia nella rossa corona delle alture. Che splendore: il paesaggio è lunare arso e levigato dal vento e l’aria, come di solito, sembra ferma. Anche lo stabilimento termale, oggettivamente poco adatto all’ambiente, si sfoca nel ricordo di una provenienza stellare: è una costruzione che appartiene ad un altro luogo. “Qui non c’è il tempo” ha esclamato, precedentemente Gigliola, osservando la borsa lasciata in un angolo, che è lì e non è lì. Osservo la sabbia sulla riva del fiume; sarà il sole, ma sembra ondeggiare, con un flusso costante. Potrebbe esserci una porta dimensionale, dove tutto è come incantato e sospeso... Eleonora amava questo luogo, amava senz’altro le sue calde acque, come le amo io, e le cerco ovunque io vada, come le amava Maddalena, nelle piacevoli sorgenti di Aix Le Bain. Sempre dal testo di Camillo Bellieni: “Asilo di quiete e riposo era invece il CastelDoria, issato su una rupe scoscesa, ad una brusca svolta del fiume Coghinas, chiuso da una triplice cinta di mura, ponte levatoio, saracinesca e fossati, una gran torre pentagonale, grandi bastioni e terrazze, numerose torri fornite di feritoie e di barbacani. Di lassù si vedeva lo svolgersi della vallata del fiume, ed il lucido specchio di acque scomparire dietro un gomito di montagna; poi la piana di Ozieri, nel fondo un po’ nebbioso. Di fianco la giogaia violacea e rossigna della Gallura... e poi, di fronte, al nord, una distesa accidentata... fino alla azzurra distesa del mare di Corsica...”. Eleonora amava la pace di questo castello, lontano dai rumori dei combattimenti, che si accendevano nell’isola e, mentre il marito combatteva, dava mostra di senno politico e lungimiranza, preparando la posizione di “judicissa”, che assumerà più tardi. “Ma codesta attesa serena della principessa, dedita alle cure amministrative del patrimonio, ed all’affetto della sua prole, Federico e Mariano, doveva

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essere interrotta da nuovi improvvisi avvenimenti che non avrebbero più permesso la sapiente politica di patteggiamenti... Costei, trascinata dal gioco del destino, sarebbe stata obbligata ad assumere il ruolo di protagonista, condottiera di eserciti e di popoli, guerriera e legislatrice. La storia si alimenta di passioni e di fede. Ed Eleonora fu, nell’adempimento della sua missione, sorretta da una tormentosa passione e da una grande fede”. Sono seduta sull’erba, di fronte al fiume: un grande albero presta riparo e refrigerio dal sole, oltre a me, anche a due coppie che stanno parlando tra loro. S’individua bene la loro origine genovese, e non a caso, dato che siamo nella terra dei Doria! Sul muro della costruzione termale, troneggia lo stemma della Casata, che è oggi quello del comune di Santa Maria Coghinas, dove ci troviamo, due torri e due croci, sormontate da una corona. Ancora il simbolo della torre, di Maria Maddalena. E rivedo Eleonora, in armi, sul suo destriero, che combatte, a fianco del marito le truppe aragonesi. “Come Giovanna D’Arco” dice Robert, un amico, nato ad Aiaccio, che sta sopraggiungendo. Ancora Maria Maddalena: che anche Eleonora fosse un suo raggio? Penso proprio di sì, un’espressione del femminino sacro! Robert abita a Perfugas, a 10 chilometri, paese collinare molto antico, con resti risalenti al paleolitico inferiore. Perfugas significa “per la fuga” ed il nome fu dato da popolazioni che lì si rifugiarono, sfuggendo i nemici. La chiesa più antica è dedicata a San Giorgio che uccide il drago, memorando Michaele e la sua lotta... Michele... Per la fuga... Vorrà dirmi qualcosa? Vedremo. La chiesa si erge nei pressi di un grande nuraghe ed è interamente in vulcanite rossa: con forme gotico catalane ricorda che San Giorgio è anche patrono di Barcellona. Anche Eleonora è nata a Barcellona ed io penso alla città con piacere, perché, tornando dal Marocco, mi ha subito, come io dico, “ben accolta”, per cui ho trovato un buon alloggio e... Michele, nella prima chiesa, che ho visitata!

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Secondo alcuni, le spoglie di Gesù e Maria Maddalena, riposano nella chiesa della Sagrata Famiglia della città. Non so s’è vero, ma questa Barcellona mi sta dando da tempo segnali, e ritrovo conferme anche qua, nella sarda Anglona e nel Logodoro. Mi lascio andare alle piacevoli acque del fiume, rese calde dalle sorgenti termali, che vi discendono, ed un profondo benessere mi riempie, allontanando ogni pensiero. In alto, galleggiando, sospesa, vedo la cortina di rocce rosse, che si stendono in picchi, intervallati da spicchi di azzurro. E... mi sento a casa. Robert mi richiama al tempo, sibilando. “Ssss”, che intervalla nel parlare, ed io mi chiedo a che razza appartenga, certamente a quella dei serpenti. Sento che in lui c’è il bene e il male, ma quest’ultimo può essere gestito a favore del bene. Non a caso è l’uomo che mi ha fatto conoscere Casteldoria, Valledoria ed il suo paese, Perfugas, anche se sibilando, a volte riluttante, a volte aggressivo, perché mi vorrebbe, sente la mia energia, ma io non posso certamente spartire nulla con lui, e sssh, l’ha capito. Lui non entra nelle chiese, ssssh, se ne tiene lontano, ma oggi, accompagnandomi, al ritorno, gli ho chiesto di passare da Santa Maria Coghinas, che prende il nome dalla chiesetta medioevale e dalla leggenda che la circonda. Pare che, intorno all’anno mille, un gruppo di pastori che pascolavano le greggi lungo le rive del fiume Coghinas in piena, scorgessero all’improvviso una cassa che galleggiava, nella quale fu rinvenuta una statua lignea della Madonna delle Grazie. La chiesetta è veramente splendida, così antica nella facciata e nel campanile, quasi un minareto. Nella toppa della porta chiusa, una chiave... Strano. Robert, curioso, l’ha girata, la porta si è aperta e lui è entrato. Ci avevano detto che la chiesa era chiusa, invece la chiave... strano, ma no, perché, a lato dell’altare, una statua lignea mi ha chiamata, una veste verde, con mantello dorato, un viso squadrato, con i capelli marrone ramato: una Maddalena, forse arrivata dalla Francia. Notre Dame nella chiesetta di Santa Maria. Robert, dapprima attratto, si è poi presto allontanato.

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“Ma anche i serpi devono obbedire!” Ho pensato tra me, ricordando uno degli ultimi libri letti, “La curandera”, che parla di una incantatrice di serpenti, e dell’incontro successivo, avvenuto in sincronicità. Tornando verso l’automobile, mi giro indietro, per un ultimo addio al panorama e leggo, su un rosso cartello, dove si indicano le terme: “Qui il tempo non esiste”. È vero, tutto sembra fermo. “Qui non c’è il tempo”, mi ha detto, poco fa Marcella, una signora bionda di Sassari, venuta qua per la prima volta. Un serpe, sottile e verde, saetta veloce attraverso il sentiero; non provo paura, risento sotto le mani la sua pelle liscia e vellutata, come l’ho percepita a Marakesh, nella grande plaza, dove, come accade per i turisti, ho fatto una foto con uno “bello grosso”.

La Valle della Luna 26 giugno Si dice che in Sardegna non ci siano le vipere, ma piccoli serpi sì, che, come ho detto, veloci, ti passano vicini, come se non ti vedessero. Avevo più volte sentito parlare della Valle della Luna, nella parte più a nord dell’isola, ed oggi, giorno di luna piena, mi trovo tra le sue pareti rocciose; anfratti, guglie, caverne, chiuse da tendaggi, abitate da chi rifugge il caos ed il rumore. Qui il vento fa da padrone, sussurrando lungo i sentieri, sibilando nei vuoti, tra i massi. Cammino nella macchia bassa e arida, seguendo uno stradello che l’uomo ha formato col suo passare, giù fino al mare. Fa caldo ed io e il mio accompagnatore ci sediamo un po’ all’ombra. Gino è sardo e vive in un piccolo paese, vicino a Cagliari; l’ho conosciuto in Toscana ed ora, che sono sulla sua terra, in nome della proverbiale ospitalità isolana, è venuto a trovarmi. È “marinaio” e la corporatura tozza e muscolosa denuncia la fatica del suo lavoro, ma, in realtà quel corpo è agile e veloce e sempre mi cammina davanti, portando avanti la distanza. Beve tranquillo, appoggiato alla roccia, ma è un attimo, perché subito riparte, con nuova lena. Un gabbiano ci segue, facendo larghi cerchi, mentre già, laggiù, appare uno spicchio di mare. Anche qua è come se non esistesse nulla, se non

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questo luogo, incantato, protetto dai costoni rocciosi, un baluardo, una difesa. E allora subentra in me il fuori tempo, ma il tempo non esiste, e sono io a creare questo paesaggio, simile, uguale a quello già letto, ed io sono Kantù, la ragazza peruviana di Cuzco, che segue tra i dirupi Anselmo, il curandero, che le insegnerà a risvegliare il suo femminino sacro. Bellissimo libro “La profezia della curandera” di Mamani ed. Piemme Bestseller. Me lo ha dato, qualche giorno fa, Gigliola e l’ho letto velocemente, per la rispondenza che sentivo dentro di me. Ed ora lo sto ricreando: le rocce, il sentiero scosceso e scivoloso e, davanti a me, Gino, così uguale a Condori, nella corporatura, nel passo agile e felpato, nel viso largo e tozzo, proprio di un peruviano; manca solo del vestito, ma forse anche qui ci siamo, coi pantaloni larghi, alla caviglia, la casacca e i sandali di cuoio. Il viaggio di Kantù, disseminato di prove ed ostacoli, ma accompagnato da due figure, maschio e femmina, ognuna con un compito di insegnamento, il curandero del fuoco Condori e Mama Maru, la dominatrice dei serpenti, è un percorso per risvegliare il potere femminile, il femminino sacro, l’essenza di Maria Maddalena. L’amore è la spinta, la focalizzazione sul programma è la strada, la volontà è il mezzo. Dal testo: “Il curandero del fuoco proseguì:... Ho riflettuto molto se sia il caso di insegnarti i tremendi poteri di cui è dotata la donna. Sono poteri che devono giungere solamente nelle mani di coloro in grado di conquistarli. Sono poteri che devono giungere solamente nelle mani di coloro in grado di conquistarli. Sono poteri che si possono donare e che si devono insegnare solo alle persone che riescono a conoscere realmente se stesse, che riescono a capire chi sono e qual è il loro cammino”. “Riuscirò a meritarmi i tuoi insegnamenti” affermò Kantù con estrema sicurezza...”. Ancora dal testo “Mama Maru rispose: Esiste una profezia secondo la quale la terra, all’inizio del terzo millennio, subirà dei grossi cambiamenti climatici, che si ripercuoteranno sulla salute, sull’economia, sulla organizzazione sociale dell’umanità.

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I Pajacuna e le Machukuna tramandano che giungerà il momento in cui lo spirito femminile si risveglierà da un lungo letargo, durato più di cinque secoli, per dare, infine, origine a un mondo di pace e di armonia... Fintanto che nel cuore della donna continuerà a brillare la luce dell’amore il mondo sarà salvo ma, se quell’amore scemerà, allora l’odio e l’indifferenza dilagheranno e finiranno col distruggerlo. La donna è il ponte teso verso l’eternità, è il senso dell’ordine morale, intellettuale, spirituale, è uno stato di coscienza. Non appena l’uomo avrà realizzato lo scopo per il quale è venuto sulla terra, non appena si sarà unito al cielo e alla terra, allora si ricongiungerà con il Creatore e la donna sarà il Ponte, che gli permetterà di accedere a Lui”... Ritorna l’insegnamento maschile di Condori “È molto semplice. In questa parte definita Chaka” disse, indicando la zona compresa tra l’osso sacro e il monte di Venere “risiede l’energia vitale che, nella donna, è un’energia creativa molto potente. È per questa ragione che la donna possiede una sessualità e un’energia molto più forti di quelle dell’uomo, ma delle quali non è cosciente perché su di lei gravano tutta una serie di condizionamenti e di tabù culturali... Alcuni uomini hanno tentato in ogni modo di degradare la condizione della donna, di dominarla di soggiogarla... Il sesso femminile è temuto e invidiato; solo i veri uomini imparano a rispettare e a valorizzare questa parte intima della donna”... “L’uomo che si avvicina alla donna deve farlo con un atteggiamento quasi di adorazione, di contemplazione, perché solo attraverso la porta femminile, potrà tendere all’infinito. E la donna, dal canto suo, dovrà tendere il ponte d’ energia esistente tra il suo sesso e il suo cuore. “Pacha” è il termine che il nostro popolo usa per designare il tempo e lo spazio, oltre che per designare la terra come un ente spirituale. “Chaka” significa ponte, qualcosa costruito tra due punti di appoggio, ed è la parola usata per indicare il punto d’incrocio fra la linea verticale e quella orizzontale, mentre “Chacana” è l’osso sacro. In questa cavità giace attorcigliato su se stesso Amaru, il serpente d’energia che s’innalza o discende lungo la colonna vertebrale, mettendo in contatto e in funzione determinati centri di potere del nostro corpo...”.

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Gino, si muove veloce tra i massi del viottolo, carico del peso di una borsa, piena di tutto ciò che può servire sulla spiaggia, compreso cibo ed acqua. Vi rivedo Condori, che si sottopone a lavori stressanti, senza sentir fatica, che porta gravi pesi, senza che il suo passo rallenti e s’impigrisca. Ecco laggiù un angolo di spiaggia, tra le rocce, uno spicchio di mare azzurro e trasparente, alcune persone, a gruppetti, sdraiate sulla sabbia. Anche noi troviamo riposo vicino vicino ad una parete scavata, rifocillati dall’ombra scura della cavità. Ascoltando le parole che s’incrociano vicine nell’aria ormai calda, noto, e poi ne ho conferma, che i presenti provengono, guarda un po’, dalla Toscana: Livorno, Firenze, Pontedera; poi una coppia da Perugia ed un’altra, con un bambino, da Rieti. È naturale, ed è voluto, attaccare discorso, prima sul bambino, poi “sui bambini indaco”, infine su qualcosa di particolare, quello che fanno nella loro casa... allevano serpenti! “Abbiamo due boa, uno dei quali è albino, altri serpi, vivi, in teche, poi, in campagna.... coniglietti, tartarughe, oltre a cani e gatti” dice il piccolo, mentre con un retino, pesca sulla riva le “meduse”. Una famiglia molto particolare! Marcella dice che il marito senz’altro era stato “un serpente”; io lo guardo, magro ossuto, mentre si divincola al suono della musica, che gli chiude gli orecchi, e lo vedo come un incantatore di serpenti, con i capelli lunghi, come ora, ed il turbante. Lui mi guarda con uno sguardo di bambino, ma gli occhi sono allungati e si chiudono al sole. Ripenso alla curandera serpente, a mamma Maru, ed a Kantù, che ne apprende la forza. Perché tutti questi simboli, legati ai serpenti, forse perché sto creando gruppi di Tantra e parlo della Kundalini, il serpente arrotolato, forse perché la mia energia, qui in Sardegna, si sta attivando, o forse c’è l’attacco di qualche serpe? Ripenso anche a Gigi, il piccolo sciamano sardo, che, sulla sua chitarra, canta “terra noa”, a Maru, una venditrice argentina, che vive da lui... “Noa, noa” una mamma sta chiamando il suo bambino, che si è allontanato sulla spiaggia!

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5 luglio Alguer e la grotta di Nettuno Alghero, Alguer in catalano, dispiega i suoi bastioni spagnoli, che circondano la parte antica e le strette vie, lastricate con piccoli sassi e lastre di pietra. È un ricordo, che nasce nel cuore, che si distende tra i tetti a terrazzo, i giardini odorosi, le grandi palme. Ricordo, ricordo un luogo simile, forse può essere in un’altra esistenza o sono frammenti del paese dove sono nata, Orbetello, più piccolo, ma sempre presente dell’antico dominio spagnolo, come anche Porto Ercole e Porto Santo Stefano, sull’Argentario. Ho lasciato quei posti da tempo, ma l’indicazione, il programma in me ascritto, rivela un mio indubbio collegamento alla Spagna. Ritorna il pensiero ad Eleonora, a Barcellona, sua città natale, al contatto frequente con gli Aragonesi, prima che Brancaleone prendesse la decisione di diventare ribelle ed espandere il potere d’Arborea. Eleonora, perché questa donna pressa la mia mente e si rinnova l’immagine di lei, così come appare sulla copertina del libro di Camillo Belleni, austera e forte nel suo vestito rosso prettamente spagnolo? Andrea, che mi sta accompagnando, mi guida lungo il porto, verso il battello, per l’escursione alle grotte di Nettuno, sulla cima del promontorio Capo Caccia, distante circa un’ora di navigazione da Alghero. L’imbarcazione si chiama Giglio, da Punta Giglio, il luogo preciso dell’approdo. Giglio, Manuela del bagno Giglio, Gigliola della Maddalena, giglio, il simbolo dei Merovingi. La prua solca veloce l’acqua, mandando intorno spruzzi iridescenti mentre, a lato, scorre imponente il promontorio pieno di anfratti, di grotte, di arditi pinnacoli di roccia. Nettuno, dio del mare, il cui tridente si alza a domare le acque, e mi riporta all’amore per esse, al mio essere acquatico, al loro potere di guarigione. I flutti s’infrangono contro le rocce, sbattendo la passerella allungata dalla nave, ed io mi sento ondeggiare, come volando sull’acqua. Poi l’incontro con il buio dell’interno, rischiarato dalla delicata luce dei camminamenti. Laghetti cristallini si stendono, in una cattedrale naturale di colonne, formate dal tempo, ed aprono un ricordo dentro di me, forse una casa di cristalli, come quella imprendibile di Super Man.

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Da “Eldorado risorgerà”: “Si chiama diamantite la più diffusa materia prima, usata in Eldorado, per la costruzione di edifici, spesso a forma di templi greci, e di mezzi di locomozione. L’uso di questa materia, oltre ad essere benefico, possiede caratteristiche di eccezionale sicurezza e di prodigiose capacità cosmodinamiche... Il processo per produrre questo prodigioso materiale, non è tanto diverso da quello che produce, naturalmente il diamante. La differenza sostanziale sta nel fatto che la diamantite possiede dinamismi particolari e tali da assicurare specifiche esigenze spaziali e dimensionali”. La guida continua a parlare, nominando i vari ambienti che attraversiamo, chinandoci, spesso sotto la bassa volta o lo sperone sporgente. Poi ritorniamo “a riveder le stelle”, si fa per dire, perché il cielo è azzurrissimo e luminoso. Sulla barca, accanto a me, si siede una coppia di Venezia e facciamo amicizia. Come simili sono i giochi architettonici della grotta ai pinnacoli ed ai gocciolanti intarsi delle facciate veneziane, dei merletti e delle murrine, in cui l’acqua diviene arcobaleno! In questo viaggio in Sardegna, un moto dentro di me, cominciato alla Maddalena, incontro spesso Venezia, forse a causa del libro di Gian Marco “L’ordine di Melchisedek”, che ho portato con me, incontro fratelli e sorelle, che mi danno segnali, e che cerco di aiutare. “Dai e riceverai” cerco sempre di attenermi alle parole di Michele, trovando il bene nella confusione della personalità. Pochi sono i puri! Tutti danno segni, anche i più inconsapevoli, ma, a volte, ed a me capita, ti arriva un attacco rivestito di pelli d’agnello, che cerca di scombinarti il viaggio, perché hai aperto il cuore, e non te lo aspetti; “siate candidi come colombe e astuti come serpenti” ha detto Gesù, ma non è poi così facile fare barriera al serpe che entra, soprattutto se lo fa nei gruppi che sto, via, via creando in tutta Italia, “Il ponte di luce”, che pone le colonne di una cattedrale, tra il cielo e la terra. Mi arrabbio, poi penso a Michele, alla sua spada di giustizia e...gli affido il “malfattore”. Lui sa, certamente, come fare e cosa fare, molto meglio di me. Grazie.

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Viene detto che, spesso, dobbiamo chiedere l’aiuto degli angeli: essi sanno già un futuro che noi ignoriamo e possono guidarci. Che bello affidare tutto a loro, però nella materia, qua, in questa viscosa densità, dobbiamo muoverci noi, “aiutati che Dio ti aiuta”, facciamo le cose in unione, materia e spirito, e saremo vincenti! Noi siamo angeli incarnati, luci del gruppo di Michele, con una grande voglia di ritornare a casa. L’ora è calda, lungo le strette strade d’Alghero, e l’imponente cattedrale, dedicata a Santa Maria, mi offre rifugio. Com’è buio e silenzio, all’interno! La chiesa è austera e, splendida, sull’altare, si leva la statua, in granito bianco, dell’Assunta, le braccia spalancate verso il cielo, lo sguardo attratto, e dietro, nelle oscure nicchie del presbiterio, proprio centrale, la piccola statua dorata di una madonna nera con il suo bambino, Maria Maddalena. Algher, che mi chiami con i tuoi bastioni spagnoli, che mi ricordi un tempo ed un luogo, forse Barcellona, patria di Eleonora e rifugio di spiriti eletti...La Sagrata Famiglia, il Monte che sovrasta la città, dove s’apre un portale d’energia cristallina. Uno squillo al cellulare “Ciao, sono Daniele, sto partendo per la Spagna, ho già prenotato il biglietto da Civitavecchia, che dici, vuoi venire, so che ti piacerebbe...”. “Grazie, Daniele, certo che mi piace, andrò, andrò presto, ma ora sono in Sardegna e questa terra mi parla e mi ricorda, mi rigenera con le sue torri nuragiche”. Torri in ogni dove, circolari, uguali, piccole punte di diamante, di un corpo più grande e profondo di quello che si osserva. La Sardegna, un enorme granito, venato d’oro e d’argento. E il mio corpo è pieno di questa energia e la sento dentro e sento la sua voglia di vivere, di cantare...cantare, come con Andrea, che, dopo la grotta di Nettuno, mi ha portato nella sua casa, nel Lugodoro, luogo d’oro, piccola in un grande giardino, lontana dai rumori, come una grotta. E lì il mio corpo ha cantato, libero, a lungo, nella notte, e la gola si è aperta, e un suono dolce, modulato e fluido si è diffuso:un flauto che suona. Peccato che poco accada e, spesso una sola volta, perché l’uomo non è adatto, non è Lui. Eppure Andrea mi è tornato da un sogno, ora si stanno realizzando i sogni, ed assomiglia tutto a Richard Gere, soprattutto quando sorride, ed io ho

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sognato il matrimonio con lui, un tempo, nel '93, insieme a quelli con Baba e con Totò. Unioni particolari e certamente esoteriche, dal significato più profondo di quello apparente! Andrea...manca qualcosa, manca Lui. Luglio Carbonia e la spiaggia di Kia La sabbia è bianca, abbaccina sotto il sole, l’acqua lascia trasparire un fondale come dipinto ed intarsiato dall’ombra del cielo. Ero indecisa nel venire, in questo scendere da Capo Testa, la cima Nord della Sardegna, a Capo Spartivento, una delle propaggini più a Sud, insieme all’isola di Sant’ Antioco, che ho visitato. Ma come non ascoltare i segni, che sempre precedono insistenti ogni mio movimento, e lo accompagnano, attenti, nel suo compimento? “Devi andare, sei attesa” mi ha detto Maria, l’amica veggente di Roma, che, guarda caso, con mio dispiacere per non essere con lei, ma non posso certo dividermi, si trova in Francia con il suo camper. “Guarda che laggiù, nella parte a Sud, si è stabilizzata una grande colonia di superstiti atlantidei, che ha lasciato segni in tutta l’isola” aggiunge Francesco di Palau, con la sua variegata conoscenza esoterica, determinata da un lungo soggiorno in Svizzera. “Qualcosa mi chiama”, penso io, che, seguendo Eleonora, desidero vedere il Campidano e la terra di Cagliari ed Oristano. Torredda, si chiama il luogo, per una bianca torre, che si staglia al sole, su un bruno promontorio, tra lembi di nubi e mare azzurro. La sabbia fine e bianca si scalda al calore e cerco ombra tra gli alberi di mimosa, che arrivano fino al bagnasciuga. Che incanto, che profumo! Mi giro, al frusciare d’una seta, e vedo, su di un filo, al vento, stesi i parei d’una bancarella, e Krisna, sul telo, mi sorride, mentre suona il suo flauto, vicino ad una sacra mucca. “Guardi che ho anche Ganescha e Shiva”, mi dice la donna, attratta dal mio interesse. “Grazie, preferisco il primo, senza togliere importanza agli altri ...”. Le sorrido, mentre lei sostituisce il pareo venduto con quello di Shiva.Lei non sa che sono molto tentata di prenderli tutti e tre, soprattutto

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per Ganesha, che amo molto, ma è una sciocchezza, poi il primo mi ha chiamata, ed il suo flauto mi ricorda Pan ed il mio corpo che canta. Certamente qua tutta la natura sembra cantare, un suono fluido e costante, accompagnato da un leggero vento. Canta la spuma del mare, canta la sabbia sotto i piedi, cantano i grappoli d’oro delle mimose, che si sciolgono sulla sabbia. A sera, con gli amici, che mi ospitano, torno a Carbonia, così chiamata per le antiche miniere di carbone, città particolare, che forma, con le sue strade squadrate, una B ed una M, planimetria voluta da Benito Mussolini, che la fece così totalmente costruire, per i minatori del tempo. E la chiesa, imponente nei suoi blocchi di pietra bruna, è dedicata a Santa Barbara, che certamente, come al solito, mi ha chiamata. Tanto per non variare il programma, il giorno dopo, si levano alti i fuochi su Sant’Antioco ed è tutto un correre dei mezzi dei pompieri, sulla terra ferma, e di elicotteri, che, dal mare, in un turbinio di spuma, caricano acqua per l’incendio. Un caso? No, è il saluto della Santa, questa volta, veramente in grande! Sulla bellissima strada tra Carbonia e Khia, gli amici mi portano a trovare Isidoro, un anziano pastore, le cui terre si allungano su quel mare verde e azzurro, piene di picchi e guglie rocciose, di frange di sabbia bianchissima. Isidoro, Isis d’oro, mi parla della ricchezza dell’isola, dei giacimenti di minerali, tra cui argento ed oro, ed io rivedo le rocce intorno, prima rosse e brunite, ora lucide e madreperlate, striate da intarsi che luccicano al sole. Questa terra mi accoglie, con ricordi antichi, che leggo nelle sue forme. Ma ancora devo comprendere. Anche la popolazione è gentile e mi si dice che la maggior parte è di origine veneta, perché lo stesso Mussolini fece creare qua colonie di detenuti veneti, che mise a lavorare in questa terra: gente di Treviso, di Udine,di Padova. Ancora questa Venezia che ritorna! In seguito, tornando ad Abano, uno dei proprietari dell’Hotel Dolomiti mi ha dato altre precisazioni. “Arborea!” dice, visionando il mio sito “Ma è collegata a noi Veneti” e mi racconta che l’attuale città di Arborea, vicino ad Oristano, si chiamava originariamente Mussolinia, poiché fondata da Mussolini, proprio per istallarvi colonie di Veneti.

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Ma guarda un po’! Sempre questo collegamento tra il Veneto, l’Arborea ed anche, credo, ... Mussolini, che, in definitiva era un “leone”. Mi fermo a Cagliari, che m’incanta con i suoi lunghi portici aperti sul mare, i palazzi di stile veneziano o arabo, le palme e le enormi magnolie, caratteristiche di un clima africano. B&B “Arcobaleno”, la scritta appare nella stretta viuzza del centro storico. “Perché no, è il nome della mia associazione, mi fermo a dormire qui” penso, sorridendo per la sincronicità. Il Bad è particolare nella struttura muraria interna, sembra quasi in stile egiziano, invece, alle mie domande, viene chiarito che tutto fa riferimento alla chiesa di Saccargia, di cui mi viene narrata l’origine... La chiesa, oggi monumento nazionale, si trova a 20 chilometri da Sassari; narra un’antica storia che in quel sito c’era un piccolo gruppo di eremiti e che, ogni giorno, una vacca pezzata “varga “ andava ad alimentare con il suo latte, inginocchiandosi, poi, sulla terra. Questo fu identificato come segno divino, e lì fu eretta una chiesa e si ebbero guarigioni; senz’altro c’è un nodo d’energia od un portale, in quanto, ormai, sono abituata ad avere informazioni, in tal modo, sui siti sacri. Come ciò mi fa anche pensare alla mucca sul telo di Krisna, appena comprato, ed anche al monastero, vicino ad Arcidosso, sul monte Amiata, costruito dove un’asina si era fermata, inginocchiandosi, senza volersi più alzare, per la presenza di una forza misteriosa. In tanti luoghi, più di quelli che pensiamo, si crea un campo d’energia, si manifesta una presenza, che, spesso, proprio gli animali sentono per primi, vengono dati segni, provenienti da altre dimensioni. Il giovane, al banco della reception, sul computer, mostra il sito del Bad, un colorato Arcobaleno, sopra la città. E' veramente bello, e quella sera, di mercoledì, come ogni mercoledì, nella mia camera, che sembra una grotta di pietre, insieme ad altri amici, formo una colonna di luce, per mandare energia alla terra ed alle persone malate, collegata, dalla rete d’argento, a tantissimi in tutta Italia. Sto muovendomi per la Sardegna e, come una lumaca, sto lasciando una scia di luce e tante colonne luminose, da nord a sud, Palau, La Maddalena, Arzachena, Valledoria, Casteldoria, Alghero, Sassari e, poi, scendendo, Olbia, Nuoro, Cagliari, Carbonia, ad est, Villasimius e San Vito, ad ovest.

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A San Vito sono stata ospite di Gino, un marinaio della Tirrenia, amante, come me delle terme, forte, muscoloso, in perpetuo movimento, definirei superattivo, che cerca un luogo dove stare fermo, un’isola senza macchine, lui dice, cerca, in verità, un luogo che non riesce a trovare dentro di sé. Con lui, Antonio, Sandro, ho creato l’ultima luce, proprio nella piccola cittadina, dove il marinaio costruisce, ogni anno, un pezzo di casa, e ormai è al terzo piano, una casa che non ama e da cui vuol fuggire. Anno, dopo anno, come una formica, mette il ricavato del suo lavoro nella casa, che cresce, cresce, mentre lui sogna un’isola deserta sulle coste brasiliane, dove andrà a vivere, quando “avrà sistemato tutto”. Guardo il giardino e vedo che confina con l’argine del fiume; basta un niente, una piena, e questo è già accaduto, che la formica avrà il formicaio distrutto.. Il triangolo luglio 2010 La cartina della Sardegna, che Gino, col suo fare veloce, sta aprendo davanti a me, delinea bene il mio percorso ed evidenzia un triangolo, che il mio movimento ha formato. Capo Testa è la punta, nell’estremo nord, che ha il suo punto più bello ne La valle della luna, a sud la grande espansione del Golfo degli Angeli, al centro Cagliari, dietro il promontorio della Sella del diavolo, ad est Capo Spartivento, con le bianche spiagge di Kia, ad ovest Capo Carbonara, con il lido di Villasimius. Dalla testa alla base dell’isola, alla radice, alla kundalini rappresentata da Cagliari e dal suo promontorio. Dice una leggenda sarda, che qua, nel golfo, ci fu, in un tempo assai remoto, un combattimento tra Michele e le sue schiere, e l’avversario, con i suoi accoliti.Il diavolo, vinto, perse la sella del suo cavallo, che cadde in mare, formando l’attuale promontorio, incavato, proprio come una sella. Il castello di San Michele, domina ora la città, mentre la splendida chiesa, di pietra scura, sovrastata dalla sua statua, si scopre anch’essa in alto, nella zona del centro. Francesco di Palau, sempre pronto ad esternare la sua conoscenza esoterica, mi ha spiegato che tutta quella parte del Sud della Sardegna

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ospitò colonie atlantidee, fuggite alla distruzione della patria, che poi, in seguito, si spostarono in Toscana. Questo mi risuona molto. Come, infatti sento collegate, dentro di me, le due terre, e sembra anche che un tempo fossero unite, senza il canale di mare che ora le separa. Ancora uno specchio interessante tra il lato occidentale e quello orientale della Sardegna del Sud: nel primo Carbonia, sul secondo, capo Carbonara, nel primo l’incontro con Isidoro, l’uomo che potrebbe offrire uno spazio considerevole, per la creazione di un centro di accoglienza, dall’altro lato, la presenza di piccolo paese, davvero speciale: Sant’Isidoro. Le case sono basse, con ampi giardini antistanti, racchiusi da un muro di cinta, che impedisce all’occhio d’entrare nei loro segreti, nell’intrigo di piante e verzure; poi si apre una piazza, sospesa sui gradini, e lì c’è la chiesa, bassa ed allungata alla vista. Attratta, chiedo a Gino di fermare l’auto ed entro nell’oscurità refrigerante della struttura. Tre sono le statue dietro l’altare, che rappresentano tre borghi collegati: Sant’Isidoro, San Martino e Santa Maddalena, sì proprio la Maddalena, come già annunziata da quell’Isidoro, Iside oro, ripetuto da un lato e dall’altro. Bella anche la storia del Santo, un contadino, che, spesso, preferiva stare con Dio, in preghiera e contatto, tralasciando il lavoro del campo, che, poi, meraviglia, trovava lavorato... dagli angeli. Come ciò mi fa pensare alla presenza di Gesù nella casa delle due Marie; mentre l’una si affretta a preparare il cibo per l’ospite, l’altra si mette ai suoi piedi e l’ascolta; ed è solo della seconda, il giusto atteggiamento, come Lui dice, quello di ascoltare la parola di Dio. Solo staccandoci dall’affaticamento terreno e mettendoci tranquilli in ascolto, possiamo sentire la voce interiore della scintilla divina! Vicino al paese, una “tomba dei giganti”, dalla copertura ancora intatta, ed uno splendido “pozzo sacro con nuraghe”, con i gradini di pietra in discesa verso la profondità dell’acqua. Ed intorno monti dai fianchi di pietre, erti nell’azzurro, e profumi di lentischio e di mirto. da portare con me, da quest’ultima tappa, sulla terra di Sardegna. Un viaggio cominciato a nord, nell’isola della Maddalena, e finito, come ultima visita, in questa chiesa, dedicata alla Maddalena!

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Sempre seguita, sempre accompagnata in ogni luogo, sempre amata, sempre amando, al di là del pensiero e del giudizio umano, al di là degli attacchi, per accendere la luce, tanti puntini di luce in tutta l’isola. Spero di aver operato come voluto! 30 luglio Il castello di Quirra Ieri, prima della mia partenza, è venuto a salutarmi Sandro, l’amico di Gino, e abbiamo parlato di Eleonora d’Arborea, dell’interesse, forse il ricordo d’una incarnazione, che io provo per lei; allora è apparso chiaro che, ancora inconsapevolmente, mi ritrovo vicina ad un luogo ad essa collegato, il castello di Quirra, dove la sua capacità intuitiva fece terminare un assedio, con uno stratagemma, rimasto nella storia. Sandro mi ha, infatti, raccontato, che ormai circondata ed alla fine di ogni possibile resistenza, Eleonora fece portare, da alcuni servi, un cesto di pesce ed acqua fresca alla truppa assediante, un gesto apparentemente magnanimo, e invece molto furbo, che ingannò il nemico, convinto che il castello, tramite i nascosti passaggi, avesse cibo in abbondanza. Era inutile continuare, mai si poteva avere il loco per fame, e gli assalitori tolsero le tende. Eleonora: ho comprato anche la tua bandiera, quell’albero verde, in campo bianco, l’albero della vita, di cui sempre parlo, recandomi domenica scorsa ad un convegno a Cagliari, al “Lazzaretto di Sant’Elia”, nella borgata omonima. Insomma, sempre, continuano i segni! “Mi spiace di non essere venuta” mi telefona Gigliola da Livorno, dicendomi ch’è andata alla basilica, sul monte, ed ha visto la Madonna nera, Maddalena. “Eleonora era come Giovanna d’Arco” continua Sandro, con gli occhi socchiusi e sornioni. Poi arriva il libro, improvvisamente uscito, come dal cappello magico, dall’interno della valigia, che Gino ha preparato per il vicino imbarco. “Il pettine senza denti” di Eugenio Campus, autore sardo, come si comprende dal nome.

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Apro all’introduzione... “Donna Violante vive prevalentemente nel castello di San Michele, che, da una parte domina sulla piana del Campidano, mentre dall’altra tiene sotto controllo Cagliari, città dall’anima irrequieta, mai stata gentile con lei (come con Eleonora, che non riuscì a cacciarne gli Aragonesi). È il castello dov’è nata, nel 1456, cinquanta anni dopo la morte di Eleonora, e tutto il sud della Sardegna le appartiene. Così ha deciso il re di Spagna... Violante è una donna sposata, molto religiosa, ma è una Carroz, la famiglia che decide le sorti della Sardegna, e sa che può ottenere sempre quello che vuole. Chiama la servitù ed ordina di organizzare il viaggio verso il castello di Quirra, la più amata tra le sue residenze... (vuole che il parroco del paese la sciolga dall’attuale matrimonio)...”. “È prevista una prima tappa al villaggio di Carbonara (Attuale Villasimius)... che appartiene alle sue terre, estese per tutto il Campidano, fino all’Arborea e all’Ogliastra...”. “Contessa, sembra che oggi un villano, mentre lavorava, abbia trovato una statua raffigurante la Madonna”... Dopo una ventina di minuti raggiungono i ruderi di un’antica villa romana. Nel punto indicato dal contadino, giace a terra una statua raffigurante una donna.Le esclamazioni di stupore, accompagnate dal segno della croce, vengono spente dalla voce solenne di Violante “Sollevatela e pulitela bene, questo luogo è sacro”. (Poi, ai piedi della statua, la donna scopre un forziere, che fa aprire dalla guardia, al suo seguito)... Ma l’oggetto che più di tutti spicca nel forziere è un telaio d’oro, grande almeno tre palmi per due. Un capolavoro finemente lavorato, un vero oggetto d’arte. E soprattutto molto pesante. La storia poi si articola dal passato, al presente (cronologicamente) ed al futuro, in cui, un personaggio principale si chiama proprio Eleonora. Strana storia, che, certamente mi sta parlando. Comunque Isidoro e il telaio d’oro, si ricollegano ad Eleonora ed a me. Non ci scordiamo della chiesa con la Maddalena! Perché non è tutto più semplice? Sempre ml sembra di risolvere un rebus, pezzo, dopo pezzo, come una caccia al tesoro.

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E quelli che mi “portano nei posti”, sembrano apparentemente inconsapevoli, ma, forse, dietro, dietro, si fanno l’occhiolino, tutti d’accordo, aspettando che io trovi la soluzione, come nel film in cui il protagonista, si accorge, ormai adulto, di vivere dentro un programma televisivo molto di moda, dove la sua vita, dalla nascita, con tutte le feste ed i dolori, viene attentamente seguita da un folto numero di telespettatori... e le comparse sono sempre le stesse! Gino, in particolare, sembra più una macchina che un uomo; mi porta a vedere, a conoscere posti e luoghi, anche se sono recalcitrante, anche se sono stanca. Mi dice che è importante; lui non si stanca mai, sempre avanti, anche carico, come il curandero di Mamani! Addio Quirra, addio al castello ormai diroccato, che scorgo alto, lassù, sulla punta dell’altura, e, sotto, nel pendio, si apre l’imboccatura di una caverna, “ la grotta dei colombi “ dice Gino. Mi sembra tutto così conosciuto... ed il ricordo mi segue, finché non si disperde nello splendido panorama, che la strada verso Olbia, apre al valico più alto, prima di ridiscendere verso il piano: montagne, picchi, valli, che ti chiamano a volare. “Ti è piaciuto tutto, sei contenta di ciò che ti ho mostrato?” chiede Gino, col suo fare da bambino, che vuole essere sicuro di aver fatto bene ogni cosa. “Certo, grazie, tutto è bellissimo!”. E lui sorride, compiaciuto, perché ha fatto un buon lavoro. Chissà chi è il mandante? Elena, Eleonora 31 luglio Quanti nomi in “EL” nella mia vita, ora, in particolare Elena, Eleonora, Manuel, Manuela: EL, Il Signore. Nel traghetto Olbia - Civitavecchia, ho conosciuto, una splendida donna, Elena, e il discorso è andato su di un suo sogno, a lungo, ricorrente: ella si vedeva tra i ruderi di un’antica città, in vesti antiche, ed il tutto era piacevole al ricordo. Elena di Troia, l’ho chiamata, e lei non è rimasta sorpresa, ma compiaciuta, come se già lo sapesse dentro di sé. Molto, in questo momento, mi sta riportando al mio ricordo asiatico ed a Cassandra! Anche la graziosa stanza nella mansarda di Carbonia, abitata prima da due ragazze, aveva i muri tappezzati dai poster relativi al film

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Troy, senz’altro a causa del loro innamoramento per l’attore che impersonava Achille, biondo, dolce e forte insieme. Al cinema, durante la proiezione, anch’io ho sentito un forte struggimento, ma anche un dolore tale per le scene che si susseguivano, che non ho potuto finire la visione dello spettacolo. Nel testo di un articolo, della rivista Hera, che sto sfogliando sul traghetto, dedicato al figlio di Amun, Alessandro il Grande, che ad un certo punto entrerà, prepotentemente nella mia vita, trovo altre notizie su Elena. Si sta parlando di Alessandria d’Egitto, la grande e meravigliosa città voluta dal condottiero, Si dice che, secondo una leggenda, Elena ed il suo amante Paride si erano rifugiati a Canopo, l’attuale Abukir, all’estremità orientale della costa alessandrina, sulla strada per Troia. Elena era la figlia del dio Zeus, nata dalla sua unione con Leda. Un'altra curiosa storia su Elena narra invece che, dopo la fuga dal marito, re Menelao, lei e Paride tentarono di navigare verso Troia. Durante il viaggio l’imbarcazione fu dirottata da una tempesta verso le spiagge dell’Egitto, vicino a Canopo. Lì, la vera Elena fu trattenuta dal Faraone Proteo, mentre una Elena “fantasma” continuò il viaggio per Troia. Nella rappresentazione di Euripide, attorno al 412 a. C., Elena rimase in custodia del di lui figlio, il leggendario Teoclimeno. Si parla anche di un tempio dedicato ad “Afrodite la straniera”, in onore di Elena, nella città di Menfi. Eleonora, invece, l’ho trovata a casa, a Marina di Grosseto, San Rocco, dove viene ad annaffiare, quando non ci sono; si occupa anche di Pallina, la gattina bianca, dagli occhi di zaffiro. Ella è ucraina, ma da dove venga veramente rimane per me un mistero, certamente non da questa terra. È piccola, esile, la vita sottile e stretta, “A causa dell’attività con il cerchio, fatta da bambina”, lei dice, il viso appuntito, sotto i capelli biondi, e gli occhi grandi, verdi, allungati, occhi di un altro mondo. Non riesco a trovarla quasi mai, quando la chiamo al cellulare, come sparita, poi si riapre il contatto, mi collego e lei mi ringrazia che l’ho pensata, come se l’avessi sciolta dal sonno.

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Mi dice che ora, d’estate, lavora tanto, fa le pulizie, ed è certamente vero, perché il suo viso è più smunto e la vita più sottile, ma rimane l’incanto dei suoi occhi e dei vestitini francesi che indossa, adorabili, che lei trova da un venditore ambulante, che, ogni tanto, viene dalla Francia, e vende l’usato a pochi euro. L’amore per la Francia ci accomuna e forse altre cose. Anche lei è una Maddalena, ma la sento in pericolo, c’è qualcosa che non va. Troppo magra e troppo tesa! Oggi sembra una ballerina in tutù, ma mi guarda spaurita, dicendo che è successo qualcosa; va tutto bene il medico ha fatto tutti gli esami e l’ha trovata sanissima, tutti i suoi organi sono più giovani della sua età, così infatti appare, ma è svenuta all’improvviso, non ricorda nulla, se non un ondeggiamento, come se fosse in mare, quando senz’altro la portavano via con l’autoambulanza. Ha riaperto gli occhi all’ospedale ed era vestita “da sposa”, come lei ha detto, con mutandine e reggiseno bianchi, ed una arricciata, candida vestaglia, tutta una “mise” francese, che teneva nell’armadio e non aveva mai messo. Non sa chi è stata a vestirla così, non certo lei stessa. Piccola Maddalena cosa sta accadendo? Dell’altra Eleonora, la regina sarda, di cui ho parlato, mi ritorna, in contrasto, il rosso del vestito e la spada e la forza della legge, ma ancora il suo bisogno umano di un calmo rifugio, lontano dalla battaglia e nascosto tra le calde rocce di Casteldoria. Monte Amiata - Seggiano e Montenero. Patrizia mi accoglie allegra: “Wedding - Events, finalmente il lavoro è partito, ho trovato una socia e...organizzeremo matrimoni...Che bello!”. Guardo il suo viso radioso e ben truccato, ben diverso dall’oscura nuvola di problemi, che lo rivestiva alcuni mesi fa. Lei ha deciso, ha programmato, ha creato... Un’altra Maddalena, che, con orgoglio, ho aiutato a nascere. Una levatrice, spesso mi sento, perché spingo ad emergere, assisto alla nascita.

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La sera andiamo al cinema, anzi, in realtà, seguo il programma che lei ed Elena, ancora un'altra, hanno già fatto. “Mine vaganti” il titolo del film, che non mi attira proprio; le mie scelte sono ormai diverse, non amo che lo schermo riporti il mio cervello in situazioni emozionali virtuali, da cui già sono distaccata nella “vita” giornaliera! Però vado per loro, per quest’altra Elena di Seggiano, il cui viso varia continuamente d’età, sotto i capelli ricci, e per Patry, a cui voglio molto bene. E la tessa scena si ripete, all’inizio, in mezzo, alla fine della pellicola: “Una sposa”, al di là dei colori della vita terrena, viene portata al suo sposo, al suo vero sposo! “È tutto un ripetersi di segnali di matrimonio” mi dico, ripensando a Manuela, che, mercoledì sera, è venuta al gruppo di Marina, indossando, su una maglietta aderente, la scacchiera bianca e nera delle bandiere che, al traguardo, segnalano la vittoria. Il traguardo, il matrimonio! Ma dov’è? Certamente è tutto un simbolo; il matrimonio con il mio spirito è ciò che anelo, anche se il riflesso su questa terra mi aggraderebbe molto. La sera dopo, nel giardino illuminato dalla luna, siamo in 17, intorno al tavolo della cena, un numero per me sacro, poi, al suono di una chitarra, si leva il canto melodioso di Elena, che si spande, incantatore, attirato dalle luci sfocate di Arcidosso, sullo sfondo. Un sogno di due giorni, e, nel discendere verso Grosseto, mi fermo a “Terra nera”, un agriturismo di amici, vicino al piccolo paese di Monte Nero. Non so l’origine del nome. “Forse perché c’è una madonnina nera, come da noi, a Montenero” dice una bionda signora livornese, qui in vacanza. “Anche da noi, sul monte Santo, c’è una Madonna nera”, s’inseriscono due amici di Varese. Così ritorna Maddalena, presente, insistente, costante. È l’8 di agosto ed è il compleanno di Totò, un vecchio amico di Paolo, il proprietario del posto, che ho conosciuto un tempo a Telamone. Sorrido, pensando anche a quel matrimonio, il matrimonio del secolo, con Totò, un matrimonio principesco, nel mio sogno del '93. Totò, forse Thot...?

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Qui c’è Totò, Ganeschia, che ricopre la parete dietro il letto della mia camera, ci sono, intorno al tavolo della cena, sulla grande terrazza, personaggi, che sono tutti in risonanza con me: due francesi, due olandesi, due varesini, due romani, e pure una graziosa donna di Berlino, con le bionde bambinette. Guardo Paolo. Tutto qui canta intorno a me e m’invita a restare, ma Lui dov’è, non c’è; per l’uomo, senz’altro una parte di me, c’è un affetto, ma, soprattutto fraterno. Troppo rispetto, troppo distacco! Come può il mio corpo qui cantare? “Sette paia di scarpe ho consumate, ...per te ritrovare” dice l’antica filastrocca. “E il gallo canta e non ti vuoi svegliare”. Quanto ho camminato, quante luci ho acceso! Il pomeriggio, prima della partenza, un gruppo si ritrova sotto l’ampio gazebo: siamo seduti sul piano di legno, di fronte ad un panorama dove l’occhio spazia libero tra un mare di colline. Anche qui si crea una colonna di luce, mentre una stella ad otto punte manda amore alla terra. Ormai, da tempo, va avanti la mia creazione di questa rete d’argento, formata da tante luci, in tutta Italia, tanti fari, che segnano la via del ritorno. Mi piace riportare un brano tratto dal capitolo 55 “Sulla Senna con il gran maestro”, dal libro “L’eredità dell’ordine di Melchisedek”. “E perché noi avevamo un codice che ci affratellava sotto le nostre bandiere, e tale codice era che in ogni territorio che attraversavamo, il cavaliere recava una simbologia un’impronta. E ogni volta che il cavaliere vi faceva ritorno, tale simbologia veniva riattivata, fisicamente e psichicamente. Si innestava così un moto rotatorio collegato a tanti altri luoghi sparsi, non solo sul suolo italici o francese o in Terra Santa. Era come se venissero accese tante luci contemporaneamente...”. “Il Tempio non è più inteso come solo punto di aggregazione e raccolta per la Notre Dame Noir, simbolo di Maddalena, a cui noi tutti ci eravamo e ci siamo da sempre immolati, esso è inteso come forza aggregante Cosmica dell’Universo. Ecco che allora i nuovi Cavalieri sublimeranno ed eventualmente riusciranno a far sì che le loro energie possano di nuovo calcare i suoli e i cieli come fecero in passato...”.

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San Rocco - Marina di Grosseto 11 agosto Un messaggio di Francesco, dalla Sardegna, apre questa particolare giornata, tutta un’indicazione, tutta felice, come un dono meritato. Cosa ho fatto ieri, in che modo ho guadagnato, ho fatto punteggio? Sì, perché, spesso, tutto mi sembra un gioco a punti; quando li faccio, ho diritto a ricompense, che arrivano, puntualmente, come oggi. “Sono accadute cose veramente buone, ho avuto un bel dono” dice lui, chiamandomi, come al solito “Giovy Splendens”. Anche per me sarà così, lo sento. E la danza comincia sulla riva del mare, dove mi trovo, alternando il contatto tra acqua e sabbia, tra sabbia ed acqua. Il liquido azzurro, ancora una volta, mi avvolge, ma, all’improvviso, la calma piatta s’increspa e palpita avvicinandosi. La sento così viva, come volesse parlarmi. Cosa succede? Non mi era accaduto prima: il mare mi accarezza e freme, timoroso, come un amante. Anche la sabbia è calda ed accogliente; ne preferisco il contatto, allontanando l’asciugamano. Si avvicina Mohammed, un venditore amico, con i suoi splendidi gioielli indiani. Si unisce a noi Franca, una fiorentina, che l’accento tradisce chiaramente, e si sofferma a parlare: il marito, pittore è trapassato, lei lo sente sempre vicino, e me ne accenna, poi mi invita ad una mostra che sta organizzando, in ricordo di Sirio ...Il numero di telefono, l’indirizzo: via delle Centostelle... Particolare, molto particolare! Apro il libro che ho portato con me, desiderosa, perché, come al solito, casualmente, mi è ricapitato in mano, dopo anni di riposo sullo scaffale. “Il terzo occhio” di Lobsang Rampa, ed. Mondadori. “I Tibetani che hanno studiato i veri insegnamenti del Budda, non chiedono mai, nelle loro preghiere, commiserazione e grazie; chiedono soltanto di poter avere giustizia dall’uomo. Un Essere Supremo, in quanto essenza della Giustizia, non può dimostrarsi pietoso con l’uno e non con l’altro, perché ciò equivarrebbe ad una

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negazione della giustizia...” La nostra preghiera “Om mani pad-me Hum” viene spesso tradotta letteralmente “Salute al gioiello nel loto”. Noi che abbiamo studiato un po’ di più in profondità, sappiamo come il suo vero significato sia “Salute al super Io dell’uomo”. Ripenso spontaneamente ad Aurobindo ed alla sua “Super mind”, lui che, vissuto all’inizio del secolo, già parlava della nuova specie, dell’evoluzione della razza che, ora, si sta chiaramente, delineando. Ho parlato del maestro indiano con David, un bell’uomo friulano che, con la sua compagna, ho incontrato da Paolo, ed, ancora, un altro David, di Milano, questa volta, mi ha accompagnato all’agriturismo “Terra Nera”. Questo nome sacro, il cui simbolo porto al collo, sta intervenendo molto, ora, nella mia vita, come lo fece un tempo, al mio risveglio! Stesa sul bagnasciuga, una piacevole signora mi consiglia le creme solari di Clarins, ed io, per assonanza, ripeto Clarion, riportandomi al testo di Maurizio Cavallo “Oltre il cielo” editrice Verdechiaro, ed ai suoi incontri con gli abitanti del pianeta Clarion, gente simile a noi, dagli occhi puri e cristallini. In questi giorni tutto sembra sempre parlarmi, forse proprio perché sto facendo spesso la stimolazione del terzo occhio, ed anche Eleonora mi gira intorno allegra, quasi ammiccante, e mi chiede quando è il mio compleanno, perché vuol farmi un regalo. Anche il 21 mi ricorre, ed è la ricorrenza della mia nascita. “Ogni 21 di agosto, finisco 21 anni e così, all’infinito, perché il tempo non esiste”. Dico sempre... e ci credo! E il mio corpo ci crede e non si ammala mai, ci crede ed ha sempre voglia di fare, di conoscere, e vuole mangiare come un bambino: certamente è ancora più piccolo della maggiore età. Ma non è stato detto “Lasciate che i piccoli vengano a me”. Ed ancora “Dei bimbi sarà il regno dei cieli”. 15 agosto, festa dell’Assunta Oggi il tempo è dedicato solo a me, per cui decido di coccolare un po’ il mio corpo, facendo il bagno ed ungendo con olio ogni parte delle membra.

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Il mio mezz’agosto sarà casalingo, o meglio, starò finalmente con me, dopo tanto tempo vissuto in mezzo alla gente! Accendo la radio e m’investe il piacevole suono della stazione di musica classica; sono però le parole che mi colpiscono... È una fresca voce femminile “Ma com’era il corpo di Maria? Si parla della sua bellezza spirituale, della sua anima candida e senza macchia, ma cosa si dice del suo corpo? Senz’altro era bellissima e quel “piena di grazia”, poteva anche alludere alle sue grazie fisiche”. Continua la voce, e notiamo bene che siamo su radio Maria. “Ella è stata assunta in cielo con tutto il corpo, ed esso doveva essere puro come l’anima.” Sembra proprio parlare del corpo di luce, della merkaba; solo il corpo psicosomaticamente puro può cambiare di frequenza ed essere teletrasportato o teletrasportarsi. Rivedo la bellissima Assunta della chiesa di Alghero, in marmo bianco, e la pala, dietro l’altare della cattedrale di Orbetello, paese che mi ha dato i natali: Maria, in gloria, viene sollevata dagli angeli. Cosa vogliono mostrare? “Essa ci ha indicato la strada ed il cielo non è qualcosa di sconosciuto, ma è aperto per noi” Conclude la voce, chiaramente indicandoci la nostra possibilità di ascendere con il corpo, senza che sia toccato dalla morte. Poi riprendono le melodie della musica classica, ch’è tra le poche ad essere gradita al mio orecchio, e mi abbandono, portata da queste onde. Dopo il temporale di ieri notte, l’aria è più sottile e profumata, la terra più scura, le foglie più lucenti, la sabbia si asciuga lentamente, dopo l’invasione della mareggiata. “Questa nostra terra è così bella, e Maria, regina del cielo e della terra, madre di tutto, doveva essere bellissima” finisce la voce. “O bella signora, o bella signora”. Già preannunciata da una telefonata, arriva Livia, bellissima, alta, magra, in un morbido vestito a palloncino grigio, bordato di paillettes.. Mi parla della sua prima uscita dal corpo, con me può farlo, la comprendo, poi delle altre, frequenti, che, a volte le causavano problemi fisici, tanto che, volutamente ha cercato di interrompere il fenomeno, in parte

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riuscendoci. Parliamo di telepatia, preveggenza “Penso a quel mio amico e lo incontro, sento qualcosa e ciò accade!”. Livia ha molte capacità, ma non sa, in questo momento non sa qual è il suo compito, se lo chiede e si sente sola, come sperduta. Ora vive a Roma, dove lavora; non le piace tornare nel suo paese, sull’Amiata, “Solo per poco tempo”. Dice, dolcemente, ma anche con dolore, perché non “Sente casa là”. Ma anche Roma non è casa! Quel senso di non appartenenza, di non consistenza, di non legame... “Sarò depressa” dice. “È un po’ depressa” aggiunge Patrizia, la mamma, che non riesce a capire. Le stesse cose, lo stesso sentimento ch’è dentro di me! “Non sento casa, non c’è un posto, che abbia visitato, dove vorrei restare” dico anch’io, che pur m’innamoro di luoghi, per scoprire che sono quelli delle mie incarnazioni! Ma il mio posto è quel “Palazzo”, dove Michele mi aspetta. Lo dico a Livia, bellissima come una statua greca, la testa leggermente reclinata sulla spalla; guardo i suoi occhi azzurri, luminosi, e le consiglio di leggere il testo di Kryon “Lettere da casa”. I nostri veri parenti, la famiglia, che ci ama ed aiuta, non è qui, in questa frequenza. Ma noi abbiamo deciso di scendere nella dimensione terrena, di incarnarci per un lavoro d’amore, e siamo molto seguiti ed amati. Mandiamo lettere a casa, chiediamo, per i nostri bisogni, ed avremo risposta, ci sentiremo sostenuti, protetti, meno soli. “Amata” Sento la voce di Michele. 18 agosto In Abruzzo La Maiella La grande terrazza della casa di Giovanni lascia spazio allo sguardo, da un lato, verso le case montane di Campo di Giove, dall’altro, su, sino all’ondulato crinale della Maiella, dove Maia si stende, ormai immobile, morta, secondo la leggenda, addormentata, per me. Giovanni m’invita a cogliere, dove la montagna tocca il cielo, d’un azzurro chiarissimo, il profilo della donna distesa, dalla testa, al collo incavato, al petto prominente, giù sino ai piedi; Maia, gigante nella forma, tenera nel cuore, che, a causa della morte del figlio, si lasciò anch’essa morire, lassù,

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sulla montagna, Maia, illusione d’una materia dormiente, che deve essere risvegliata. “La ricca tradizione spirituale di ‘Montagna sacra’ e di ‘Montagna Madre’ per eccellenza affonda le sue radici nei lontani tempi dei culti precristiani di Hermes ed Ercole Curino, tipici delle prime Gentes Italiche, che popolavano questo territorio, poi sul culto di Ercole Curino, s’innesta la personalità di San Michele, l’arcangelo guerriero, che prende possesso, con l’avvento del cristianesimo, di tutta l’area che si stende dal promontorio del Gargano sino alle estreme propaggini settentrionali del monte ‘Palleno’. Questo in origine il nome della Majella, prima della sua dedicazione a Maja, la gigantesca donna - guerriero, amata dal fauno. Il monte Palleno era sacro a Giove, il quale, mosso a compassione del triste destino occorso alla gigantessa e al figlio, le consacrò il monte”. Così mi ha narrato Isabella, i capelli raccolti in una lunga coda scura, che lavora presso il centro informazioni del Parco della Maiella; poi, molto scrupolosa e gentile, mi ha dato un libretto su Campo di Giove. Dal capitolo 10 “Narra infatti la leggenda che Giove, desiderando un trono terrestre, un giorno riunì tutti gli dei nell’Olimpo espose il suo desiderio... “ Che il trono sia rivolto a ponente, onde il sole, traendo a fine il dì, mi fiammeggi gli ultimi bagliori in diversi tenui colori nel cielo, che altrove s’incupisce. La spalliera sia un lieve galoppar di montagne da Sud a Nord, per metà ricoperte da folte faggete, affinché l’alitar del bosco, in giusta frescura, m’avvolga la schiena. E le foglie intinte di rame, frusciando ciarliere ravvivino il muto riposar mio”. Altre indicazioni furono date, finché fu trovato il posto, il monte Palleno. E sulle sue falde, sulla collina posta per cuscino del suo trono, tra un manto di faggete, tra mille valli ed infinite forre, a 1.100 m. sul livello del mare, spuntò magicamente il delizioso paesino Jovis Laris Palleno, oggi Campo di Giove”. Sempre la presenza di Michele sul mio cammino, inaspettata, amata, poi il legame con il Monte Amiata, sempre una montagna sacra, paragonata in alcuni testi all’Olimpo, dove sorge, su di un cucuzzolo, il paesino di Montegiovi.

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Ed anche qua, abbiamo Giove che sceglie il suo trono terreno sul monte Palleno e si crea “Campo di Giove”. Quanti collegamenti, quanti segni in questo cammino! Segni di chiusura, di conclusione, di arrivo. E, per me, arrivo vuol dire risveglio, unione con il mio spirito, matrimonio alchemico, senz’altro anche la fine del libro... “Siamo ai confetti” ho detto alla paffuta ragazza bruna, seduta di fronte a me, sul treno Roma - Sulmona. Ci siamo incontrate alla stazione romana di Tiburtina ed abbiamo fatto amicizia, per quel qualcosa che accade, sempre, come a caso, e non lo è. Lei interessata all’ipnosi, io... “Che lavoro fai?”. “Revisore di bozze, prima della stampa”. “Ma guarda un po’! È arrivato il tempo di chiudere il libro, ho trovato anche chi mi può aiutare! Come al solito grazie” e le sorrido. Xenia, nome tutto un programma, sembra presa dal testo ch’è tra le sue mani, “Il poliziotto segreto”, mentre, in contemporanea, l’auricolare le chiude le orecchie. Ha però il tempo d’indicarmi, attirando la mia attenzione, un’altra donna, molto, molto particolare, seduta sul sedile davanti, ed anch’essa sprofondata nella lettura. Sembra un quadro coloratissimo di uno spezzone di vita inglese: il cappellino bianco, calato sino agli occhi, coperti da chiare lenti, un vestito fiorito, che le copre i polpacci, piccoli sandali, che s’intrecciano alle caviglie. Manca solo un cagnolino! Ma, sì, sul sedile davanti a lei, tra due borsoni, anch’essi fioriti, c’è un grosso orsacchiotto bruno, naturalmente di pezza, con un nastro rosso al collo. Mi ammicca e mi ricorda l’altro, che ho incontrato, la mattina, nel camper di un amico canterino. Questi orsi sono disseminati nella mia vita, come pietre miliari della strada, ed ora stanno, nuovamente tornando insistenti, come la ripetizione del nome di Michele e David. Giovanni, col suo fare gentile, è venuto a prendermi alla stazione di Sulmona e mi ha donato un breve giro nel centro cittadino, tra i molti negozietti di confetti colorati, aggregati in una miriade di forme, soprattutto fiori.

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Sono qua, in parte, per sistemare il sito che l’amico sta costruendo per me, e so che dovrà inserirvi il matrimonio d’Eleonora d’ Arborea con Brancaleone Doria, una storia guerriera che mi risuona. Qui sto trovando i confetti ed altre storie. Il B and B, scelto per me, è situato a cinque chilometri da Campo Di Giove, nel piccolo paese di Cansano, sempre in provincia dell’Aquila, si chiama “Ara del colle” e porta nel nome il simbolo mistico dell’altare, di pietra e di carne. “Muovi la tua ara”. Risento le parole del channeling di Raschiana, uno dei primi fatti, che m’invitava a muovere la mia energia femminile e divina. Potrà essere mossa in questo luogo, potrà la bella addormentata Maia risvegliarsi e risvegliare il mondo? Cansano e Pacentro Il paese che mi dà ospitalità, Cansano, ha pochissimi abitanti d’inverno, di più d’estate, quando il calore sospinge molti a desiderare la frescura del luogo e della casa natia, o sono forestieri, attirati dal silenzio e dal verde. Ora, in verità, c’è un’invasione di musica, portata nelle più piccole vie dalla banda del paese. Tre giorni di festa, 17, 18 e 19, per i Santi, che, a turno, aprono la processione giornaliera: San Rocco, Maria Assunta, San Donato. Avevo desiderato, desidero sempre la musica, ed ora ci sono immersa, come un bagno costante, di varie ondulazioni: Ottoni, trombe, pifferi, tamburi! Ed anche fuochi d’artificio, per l’Assunta. “Una vera principesca accoglienza...” “Principessa, principessa”. Una mamma fa le coccole alla piccola in carrozzina; ed io ritorno col pensiero al mio principe “che mi aspetta”. La sera del mio arrivo, il 17, numero sacro, sono stata portata a Pacentro, splendido paese medioevale, arroccato in alto su di un cucuzzolo donde s’ha la vista, nella vallata, della estesa luminaria di Sulmona. E là, nel castello dalle tre torri, s’espande la melodia del canto gregoriano, ch’è la manifestazione d’un’altra festa paesana.

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Gli abiti azzurri dei cantori si gonfiano al leggero vento, mentre la musica rimbalza tra le antiche mura, aggira le torri merlate e fugge a raggiungere le stelle. “Non far caso se piango”, mi dice l’amica, che siede vicina. Romana è una deliziosa signora milanese, dal viso bianco e fatato, sotto i riccioli scuri, e gli occhi sono grandi e sognanti. “Come può una donna essere sempre serena e positiva, come lo è lei?” chiede il marito, a dir la verità, anch’esso molto dolce. Sorrido, lui non sa che esistono gli angeli incarnati e che lei è proprio uno di loro. L’associazione culturale pacentrana del Caldoreschi, che nel nome ricorda il grande condottiero Iacopo Caldora, “barone, non ignaro di lettere, capitano eccellente, ambizioso, di grande animo, fedele alla parte angioina, ma intento alla sua utilità”, ha organizzato le particolari rappresentazioni, dal 17 al 22. Stasera i canti mi riportano ai giorni passati, nella quaresima, presso l’abbazia di Sant’Antimo, in Toscana, dove l’alabastro dei muri e delle colonne rispecchiava la luna, e le lunghe ombre nere dei cipressi tutt’intorno. Ricordo con nitidezza quel cielo di luna piena, mentre salivo il sentiero verso la foresteria, su, nel paese già addormentato; poi un guizzo, una luce rosso dorata, in alto, sopra la chiesa, come una stella cometa, e non la era. Guardo anche ora il cielo, forse in attesa, ma solo il vento risponde, muovendo i pinzi delle bandiere bianche con una croce rossa. Sono insegne templari! Ed è il 21, il giorno del mio compleanno, che vede la rievocazione della cattura dei templari, che vivevano nella zona: si odono le grida, il cozzar delle spade, il suono funereo della musica di fondo... Mi sembra di udire il nome di De Mulay, mentre un uomo dai lunghi capelli, viene catturato. No, non è possibile, non siamo in Francia, la vicenda è ambientata qua... Ma ho sentito quel grido, quel nome! Forse è l’ultimo del cavaliere, che ha invocato il suo maestro!

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Aquila 66-99 “La rivelazione dell’Aquila”, il libro di Luca Ceccarelli e Paolo Cautilli, mi viene dato da Giovanni, attento alle mie interessate domande sulla storia del luogo ove mi trovo. Poco, invero, m’interessa delle vicende, ma attraverso di esse, cerco la risonanza che mi ha portata qua: sono i nomi, i numeri, le leggende, a parlarmi, a risvegliarmi. La città chiamata Aquila fu fatta costruire da Federico II, circa verso il 1232, come centro del suo impero e come Nuova Gerusalemme. La sua planimetria è quella di un’aquila con le ali spiegate, il simbolo del sole, specchio in terra della costellazione dell’Aquila, come in cielo, così in terra; la forma è la stessa di Gerusalemme, ma rovesciata, nei punti cardinali, i templi e i luoghi di culto dell’antica si trovano, a specchio, nella nuova... Leonardo Pisano, detto Fibonacci, il celebre matematico della proporzione divina, “ricercò il numero cabalistico della nuova Capitale spirituale, la cifra magica che le avrebbe garantito la protezione dalle forze cosmiche e dalle negatività astrologiche”. Quel numero era il 99 e contemplava la missione spirituale della città. Altro personaggio, che ebbe una parte fondamentale nel progetto, fu il leggendario Michele Scoto, il grande mago e astrologo personale dell’imperatore, insigne matematico ed alchimista. Egli s’incaricò nel ricercare nei dati astrali, il momento propizio per la nascita della città, così come gli capitò di fare prima di erigere tutti gli altri edifici federiciani. Il lavoro di costruzione fu affidato ai maestri Cistercensi, ordine fondato a Citeaux da Bernardo di Chiaravalle e tutto si collega ai Templari e, poi, a Celestino 5°. Anch’io mi sento legata a tutto ciò. Sto senz’altro seguendo la scia di mie incarnazioni, com’è già accaduto in Sardegna, ma qui c’ò ancora di più. Certo, la figura di Celestino 5° è da molto che mi accompagna e, il ritrovarmelo qua, con tutta una serie d’indizi, il suo andare a Lione, il collegamento con Federico II, che ho molto incontrato in Puglia, ed ai

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Templari, che, è assodato, sono parte della mia storia, insieme a tanti altri segni, me lo rende un personaggio molto vicino! Ma è Aquila che mi chiama, sono certa, o è Gerusalemme, attraverso Aquila? “Le aquile d’oro sorgeranno da Eldorado”, quando i tempi saranno pronti, si cita in un testo; “I comandanti discesi, le aquile, guideranno le genti, se si dovessero presentare momenti di pericolo, e le porteranno nei luoghi sicuri, indicati”, dice Michele, in una comunicazione all’inizio del secolo, presso il circolo della Pace di Berlino. Ora, nel suo comunicare, Lui non parla più di distruzione, perché siamo noi a decidere e “ce la faremo a portare la terra in 5° dimensione senza troppe scosse”, ce la faremo a risvegliarci, una massa critica che determinerà la fine del tempo, lo possiamo chiamare gioco, attuale. “Potete camminare sulle acque (ed io ho camminato sul fuoco!), potete spostare le montagne” disse Gesù, già indicandoci il grande potere che abbiamo.Siamo creatori, collegati allo spirito, ma siamo ancora creatori di tutta la parte inconscia dentro di noi, fatta di paura, di odio, di basse passioni. Così Gerusalemme è caduta, il Tempio devastato, così Aquila è stata distrutta, Collemaggio violato, perché la cattiveria umana, il pensiero distruttivo, diviene un devastante terremoto, è un’ombra che attacca la luce. Tutto è unito, tutto è collegato, le emozioni, i pensieri muovono la materia, possono aiutare o distruggere la terra! Dal testo “La rivelazione dell’Aquila” - “Lo stemma dell’Impero era un’aquila e la sua città doveva ineluttabilmente onorare il suo sommo grado.La “Regina degli Appennini” sorse incastonata come una gemma preziosa tra le altissime vette, regno dell’uccello sacro di Giove. Federico le vide roteare maestose, durante il suo accampamento nella grangia cistercense di Carlo Imperatore. Le studiò, ne restò profondamente affascinato, mentre andava a caccia con i suoi falconi. Il nome che battezzava la sua creatura non poteva che essere uno “Aquila”, come l’uccello sovrano degli Dei e re del cielo. Solo all’aquila è concesso guardare il sole impunemente. Sovranità, potenza, giustizia e il potere dell’elemento aria sono le virtù che incarna. La magnifica stella, anzi una costellazione intera, la “Costellazione dell’Aquila”, quale simbolo del sole...

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Infatti essa, anticamente, godeva della stessa idolatria riposta al sole, poiché, dal punto di vista astronomico, si alterna con la costellazione della Lepre, come il Sole si alterna con la Luna. Nello Zodiaco, la costellazione dell’Aquila si precipita ad ali spiegate nella coppa dell’Acquario, ad indicare l’ingresso delle persone ad uno stadio superiore... La città rappresentava il sole, l’astro che, in alchimia è analogo all’oro, in pratica il compimento della “Grande Opera”. L’arrivo, la fine del gioco, l’apertura del velo! “Brava, brava, il principe ti aspetta”. E vedo e mi ritrovo in un luogo, dove percorro un camminamento lastricato, tra due ali di persone, certamente sono all’interno di una lunga sala, sono all’interno del “Palazzo”, come viene chiamato nel testo “La vita nel labirinto” di E. J. Gold, ed. Crisalide. Lui mi aspetta ...ed io riprecipito nel buio… “Saprai seguirmi?” mi disse Michele. “Lo voglio”, ho sempre risposto dentro di me, ma il sapere... Certamente qui c’è una porta dimensionale, o un canale, o uno strumento che permette il veloce ritorno a Casa, c’è un punto di osservazione al di là del velo. Dallo stesso libro “Mettendo a confronto le carte topografiche delle due città, scoprimmo che la piscina di Siloe di Gerusalemme corrisponde perfettamente alla collocazione urbanistica della fontana aquilana dalle 99 cannelle. La Piscina di Siloe è il luogo citato nella Bibbia in cui Gesù compì il famoso miracolo della restituzione della vista. Risultano posizionate allo stesso modo nella città, nella parte bassa, adiacente un fiume (il Cedron a Gerusalemme e l’Aterno ad Aquila). L’opera fu completata nel 1272 (non a caso è stato molto sollecitata la mia attenzione per i numeri inversi)... Nell’angolo Sud Est ecco manifestarsi la pietra angolare (corner stone per l’archeologia, pietra filosofale per l’alchimia)... Pur se consunta, i lineamenti sono ancora chiari ed identificabili in una figura con il volto di un uomo e il corpo di un pesce. L’uomo pesce è il personaggio mitologico che troviamo in tutte le culture antiche “Oannes”, Osiride, Enki, Poseidone, Gesù, il Messia dell’era dei

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Pesci...Trovammo nella maschera l’esatta riproduzione di “Colapesce”, una variazione del mito, risalente proprio a Federico II. Si trattava della pietra filosofale della fontana, la chiave di volta, il segreto gelosamente custodito dalle antiche confraternite di muratori e che apre le porte ai segreti del Priorato di Sion...”. “Sappiamo che il monumento è disposto in modo che gli angoli siano in corrispondenza dei punti cardinali, come le piramidi di Giza e come la rosa dei venti.Applicando su un comune mappamondo lo spicchio di globo che il perimetro della fontana sembra formare, provammo a considerare il centro della fontana come l’asse della terra... La scoperta ci lasciò esterrefatti: il prolungamento dei quattro vertici del trapezio cadevano rispettivamente su Giza, il Triangolo delle Bermuda, la fossa delle Aleutine e la vetta dell’Himalaya”. Non potremmo pensare che sia un’indicazione di cinque porte dimensionali, molto importanti, esistenti nel nostro globo terraqueo, di cui senz’altro Aquila è il punto centrale? Penso proprio di sì. “Sono abruzzese di latte” dico sempre ai miei amici, sentendo amore in ciò, ed ora comincio a comprenderne il motivo: qui c’è una porta che mi connette a Casa, al mio Principe. Dal capitolo “Simbolismi occulti in città”: “Il Priorato di Sion si ritiene fosse l’antichissima associazione segreta che stava alle spalle dei Templari e soprattutto dei Cistercensi. Nel Priorato c’era una serie di riferimenti a Sion, alla dinastia degli Hohenstaufen e a Bernardo di Chiaravalle...”. Un tema ricorrente alludeva costantemente come ad una non meglio precisata conoscenza segreta, un “fiume sotterraneo dai connotati della tradizione esoterica, trasmesso clandestinamente di generazione in generazione, di circolo in circolo. Consci di questi nuovi elementi, tornammo a scrutare ancora una volta il vessillo della città, custodito nel Museo Nazionale d’Abruzzo. Nella scena era descritta Aquila nel giorno del giudizio, materialmente ed idealmente sostenuta dai suoi quattro santi protettori: San Pietro Celestino, San Bernardino da Siena, Sant’Equizio e San Massimo. Più in alto domina il Gesù Risorto che mostra la croce a sinistra un angelo presso una colonna del tempio di Gerusalemme con in mano l’ampolla d’unguento di Maddalena.

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Il dettaglio del “vaso Graal”, sorretto dai Cherubini al di sotto del Cristo, è ben evidenziato e sulla sinistra del calice ecco apparire Maria Maddalena, e qui lo scandalo presunto, in stato di gravidanza. Quale messaggio voleva pronunciare ermeticamente l’autore del gonfalone, applicandovi tali immagini? “Neppure ci trovassimo al Louvre di Parigi, nella nostra perlustrazione”... in una delle sei chiese principali della costellazione, trovammo un quadro. “La Visitazione”, (purtroppo una copia, perché l’originale, trafugato dagli spagnoli, si trova al “Museo del Prado” ... “Nel quadro c’era qualcosa d’indefinito che non andava d’accordo con la rappresentazione della visitazione biblica, cioè la scena della visita fatta da una giovanissima Maria alla sua anziana cugina Elisabetta, incinta da sei mesi di Giovanni Battista. Nel dipinto vi sono due donne che si stringono teneramente le mani: a sinistra la Madonna riconoscibile sia dalla tipica veste blu con sopra il mantello rosso, sia dal turbante. Sulla destra c’è Elisabetta che indossa una veste bianca ed un mantello blu, il capo è scoperto ed è visibilmente incinta, poggia dolcemente la mano destra sul suo ventre prominente... Restammo stupiti... Nel quadro ad essere anziana è la donna a sinistra della scena, che qui non mostra segni di gravidanza. La donna in avanzata dolce attesa è quella a destra del dipinto ed è giovanissima, quindi non può essere Elisabetta! Le due donne del quadro sono totalmente invertite rispetto al testo evangelico”. L’autore porta l’ipotesi che Maria, più grande d’età, tenga per mano Maria Maddalena, incinta, e collega ciò con tutta una serie di simbolismi occulti che si manifestano qua e là per la città, tra cui, molto significativo, nella fontana delle 99 cannelle, un gigantesco triangolo con il vertice in basso (il calice del femminino sacro), disegnato sul selciato della piazzetta antistante la chiesa di S. Vito. Maria Maddalena ritorna anche qui insistente, come simbolo tra i simboli. Sulla spiaggia di Marina di Grosseto, prima della partenza per l’Abruzzo: un ragazzo, un giovane senegalese, si è avvicinato. Non vende le solite cose, ma libri sul suo paese, in particolare insiste su un testo “Il viaggio”, che racconta la sua storia, dal Senegal a Pisa, dove ora studia, un percorso difficile, che si è concluso con la realizzazione del suo sogno.

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I suoi occhi, bianchi sul volto scuro, mi sorridono complici, ed anch’io penso al mio viaggio ed ai segnali della fine, dell’arrivo. Quanti segni, qui per me, o Aquila! Celestino 5°, che più volte ho incrociato, dopo che, casualmente, mentre mi trovavo alle terme di Fiuggi, mi hanno portata al castello di Fumone, dove lui è stato rinchiuso e ucciso, Cristoforo Colombo, che, devo dire, mi perseguita spesso, dovunque vado, con la presenza del suo nome, delle sue statue, con il richiamo della Spagna. Poi arriva San Bernardino da Siena, anch’esso da me conosciuto, quando Mario, che adesso è al di là del velo, mi portò alla “Nave”, un antico monastero, agibile ancora solo in parte, nel bosco di Montorsaio, un tondo paese sul cocuzzolo di una collina a pochi chilometri da Grosseto... Un luogo incantato, dove gli alberi svettano alti ed allungati verso il cielo, e tutta la vegetazione risulta brillante allo sguardo. Un posto di notevole energia, dove ti senti preso e vuoi rimanere, certo un portale, al cui cospetto Bernardino amò vivere a lungo, in ritiro spirituale. Poi Lui volle morire a Aquila e nel 1444, dal convento della Capriola presso Siena, insieme a quattro fratelli affrontò il viaggio e si spense nella città il 20 maggio, facendosi deporre nudo sul pavimento, con le braccia a croce, similmente a San Francesco d’Assisi. Quello che è interessante, e che il testo già citato mette in evidenza, è la posizione della Basilica di San Bernardino, che corrisponde, nella costellazione dell’Aquila, alla stella Altair, una delle quattro stelle conosciute come “reali”, che contrassegnava il solstizio d’inverno. Così il Santo veniva a rappresentare colui che avrebbe dovuto “riaccendere il sole”, dopo la scomparsa di Celestino. “La nave” ritorna in un altro incontro simbolico, quello con Leonardo da Vinci, un personaggio a cui mi sono sentita spesso vicina, soprattutto come pittore. Il nome Leo è stato, devo dire, una costante di molti miei contatti, fino all’ultimo mio interesse per E-leo-nora e Branca-leo-ne, che lo vedono inserito all’interno. Sono nata nel segno del Leone e nel sole d’agosto... Quando ero alle scuole medie, spesso, ascoltavo parlare l’insegnante e, insieme, osservavo il viso, le mani, della mia alternante compagna di

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banco, e ne riproducevo, senza problemi, l’anatomia, velocemente sfumando con la matita. Donde veniva tale possibilità? Non certamente da un apprendimento scolastico; era connaturata in me, o meglio, si originava, come io penso, da una precedente incarnazione, e, molto vicina. “Sembri Leonardo” mi diceva qualche amica delle superiori, a cui, immancabilmente facevo il ritratto. Sempre dal testo “La rivelazione dell’Aquila”, dove si parla di un disegno intitolato “L’allegoria della navigazione”: “È un disegno del Leonardo esoterico, ed è un disegno che sostiene le teorie esposte in questo libro, quelle di un Leonardo profondo conoscitore del segreto di Aquila e delle connessioni con Gerusalemme e con il tempio di Salomone...”. “I profeti attendono l’avvento della giovenca rossa: sarà il momento in cui la Nuova Gerusalemme dell’Apocalisse di Giovanni aprirà le sue porte... Osserviamo attentamente il disegno... Notiamo subito che la barca e la vela sono composti da due triangoli sovrapposti, vale a dire il sigillo di Salomone. L’albero maestro che sorregge la vela è raffigurato da un vero albero dal cui tronco si diramano sei rami principali, ovvero la Menorah - il candelabro ebraico a sette braccia che la Torah prescrive debba rimanere acceso alimentato solo da purissimo olio d’oliva. Al timone della barca c’è una giovenca rossa che la manovra attraverso una ruota con otto raggi, verso un nuovo mondo, su cui svetta radiosa, imperiale, raggiante Aquila, la stella e la città ideale che segna l’approdo della linea spirituale e messianica, un attracco agognato da una giovane, sacra vacca rossa”. Ed ancora “Gerusalemme è la città santa. Il suo numero è il 66, la cifra che corrisponde al valore numerico della parola Dio... L’Aquila è la sua copia occidentale, ma progettata affinché sia topograficamente capovolta, ossia con i punti cardinali invertiti. Capovolgete il 66 ed ecco che l’evidenza del 99 si manifesta in tutta la sua sostanza. La regina degli Appennini fu addormentata, narcotizzata e coperta da uno spesso manto di complice silenzio, ricoperta dalla polvere della storia, e attende il momento del risveglio”. Sarà risvegliata la regina, uscirà dal suo sonno mortale?

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Mi viene da pensare al gioco degli scacchi, dove la regina può decidere di soccombere per salvare il suo re; ora il re, lo spirito, aiuterà la regina, la materia, perché, nella fusione si crei una nuova terra.

IRIN-INRI-I Leoni- La famiglia di Michele Da un articolo di Mike Plato, “I leoni della via”, tratto dalla rivista Fenix. Chissà perché, ora, mentre sto iniziando, si leva intenso un suono di campane. Mi fa pensare alle ultime comunicazioni della Mere: “quando sarò andata via, vi darò segno che sono viva, attraverso il suono delle campane”. E le campane suonarono a lungo, a festa, riempiendo del suono argentino ogni dove, come dicessero: “Sono viva, sono viva!”. “Ritengo fortemente probabile che i Vigilanti incarnati, gli eletti dell’Ordine di Melchisedk, siano quel corpo collettivo Ermetico - Osirideo che si divise in 144.000 membri, i famosi eletti dell’Apocalisse... Il Corpo dei Vigilanti è conosciuto segretamente come il popolo della Sfinge - Leone (San Marco), simboleggiato dalla Sophia - Shechina e dai Leoni, intesi come guardiani Vigilanti, la vera presenza di Dio sulla terra, custodi della sapienza divina e guardiani di pace e giustizia. La parola Leone indica in modo occulto L’Eone, ossia l’essere di luce, alieno a questo mondo, simbolo degli Dei Solari, detti Irin. C'è un motivo che mi spinge a ritenere che l'anima di Gesù fosse l'antichissimo leader degli Irin. L'INRI della crocifissione è l'anagramma occulto di IRIN, poiché Gesù incarnava l’anima collettiva dei Vigilanti: i GIU-DEI, gli dei incarnati in questo basso mondo... “ IRIN fu il mantra che mi fu dato, e non a caso, nell'iniziazione di meditazione trascendentale. “La quintessenza dell’insegnamento era quello che i cabalisti chiamano ‘Merkaba’, Opera del Carro, il Corpo di Luce, che si traduce nella divulgazione dell’arte reale (alchimia), che punta proprio alla costruzione del ‘corpo indistruttibile adamantino’, per liberarsi dalla maledizione del ciclo dell’eterna morte e reincarnazione e teletrasportarsi con un imperiale

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atto di volontà. Tutta la loro gnosi, di cui essi si rimpadronirono dopo diverse incarnazioni, fu messa a disposizione di coloro che sentivano la prigionia del mondo materiale. Il Fine della loro discesa era risvegliare e liberare altri fratelli rimasti impantanati in questo perverso ciclo, che Gesù chiama Ghenna...”. “Essi portano informazione, la carica elettromagnetica che sparge la nuova frequenza... essi portano la sfida armonica, la spada cristica, come simbolo di potenza vibrazionale nuova... Queste anime speciali sono veri e propri guerrieri spirituali che, a differenza di altre intelligenze del cosmo, che non vogliono avere niente a che fare con l’incarnazione e la materia, sono ben disposte a tuffarsi in questo regno, per aiutare altri”. Da “Segnali di luce” ed. Stazione Celeste: “Colui che chiamate Michele non è solo una singola entità ma anche un’insieme d’energie, che formano un’unica vibrazione. Ecco perché ve lo descriviamo come una famiglia. Sebbene il numero fluttui costantemente, da questo lato del velo la famiglia che chiamate Michele è in verità la vibrazione collettiva di 144.000 anime. La singola vibrazione è stata formata per ottenere un unico scopo, e tutte le cose che vengono attratte verso quella vibrazione sono relative a tale scopo. Colui “che è come Dio” è l’eccezionale Arcangelo che avete conosciuto come Michele.Il più grande dei guerrieri che combattè costantemente per il diritto di porre fine a tutte le guerre. La battaglia finale adesso è imminente dato che l’umanità sta decidendo di usare la propria spada per uno scopo più elevato. La battaglia originaria fu una battaglia in cui gli angeli iniziarono a credere di essere superiori agli umani sui quali stavano vigilando. Questo fu un orientamento errato dell’energia e fu Michele colui che rimase fermo nella comprensione che, per essere davvero forti, era necessario divenire aperti e vulnerabili. Egli fu colui che estrasse la spada per restare fermo nella propria verità dichiarando fedeltà alla Luce, il che dette inizio ad una vibrazione familiare, poiché molti seguirono quella direzione” (potremo vederlo come il capo di coloro che decisero di aiutare e discesero nel mondo).

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“Oggi la famiglia di Michele è in prima linea nei vostri cambiamenti vibrazionali, mentre come esseri spirituali state entrando nella successiva fase evolutiva”. San Rocco 3 settembre ‘10 È quasi mezzanotte, ma è accaduto qualcosa che sembra una conclusione... del libro: ho incontrato Marco. Quanti segnali su Marco, cominciando dal caro autore del testo su Melchisedek, alle ultime pressanti ripetizioni di “Leo”, leone “di San Marco”. Questo Marco è un musicista, studia al conservatorio a Roma ed è nato ...il 23 febbraio, esattamente il giorno in cui ho deciso di cominciare il libro. Il 23, numero collegato a Michele, potrà quindi rappresentare l’inizio e la fine della mia storia. Ma è anche la fine del sogno, il collegamento sempre più stretto e diretto con Casa, al di là del velo, io lo so. Infatti oggi è stata una giornata splendida, dove il pensiero si è immediatamente realizzato. Ho già sperimentato tutto ciò, a cominciare dal '93, dove osservavo la distanza occorrente tra il pensiero e la sua realizzazione; potevano passare due, tre giorni, e, in quel caso, sembrava preveggenza, invece...era il tempo di creazione! Ora tutto è veloce! Tutto corre... come un treno... ad alta velocità, come ben chiariscono gli splendidi ed esatti messaggi del libro che Giovanni mi ha regalato “Segnali di luce” di Steve Rother, ed. Stazione Celeste. Il velo si sta assottigliando, ed entriamo sempre più in contatto con chi ci ha sempre guidati e con noi stessi. La musica per me è così importante, ma è il mio corpo che deve cantare, ed un patner come Marco appare come l’anima Gemella più compatibile. Ho chiesto, volevo sapere di lui cose che confermassero i segni… “Sono dei Pesci” ha detto, e questo non solo mi ha riportato alla fontana delle 99 cannelle dell’Aquila, con la chiave di volta dell’uomo pesce, con tutti i suoi collegamenti, ma anche al mio primo amore, Aurobindo, che ritorna nella sua unione alla Mer, la donna francese che andò da lui, a Pondischerì, nell’India Francese. Lui Leone, lei Pesci, un connubio da me sempre amato e desiderato. Due grandi maestri, che, già all’inizio del

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secolo, parlavano della trasformazione della specie, dell’evoluzione della razza umana, del collegamento con il tutto, cosa che sta ora accadendo. Marco... Un incontro all’improvviso: la mia bicicletta che si ferma, perché la catena... è andata fuori posto, così, all’improvviso, e lui che si ferma, gentile “Ha bisogno di aiuto?”. E mi guarda con quegli occhi scuri, penetranti, ma ciò che più mi colpisce sono i capelli, folti mossi, un po’ arruffati, come quelli di un direttore d’orchestra. Allora chiedo e lui mi dice che studia musica, che suona la chitarra e il piano... e mi sorride. C’è un pianoforte nella mia casa, che ho comprato per amore, ma che nessuno suona. “Vieni stasera, gli dico, mi piacerebbe tanto sentirti”… E Marco acconsente. Ora me lo dice, mi ha desiderato subito, e così, anche per me, all’improvviso, anche se lo aspettavo solo per la musica. E invece il mio corpo ha cantato, dolcemente, con lui, in modo così naturale, come se ci conoscessimo da tanto tempo. L’energia della Kundalini è salita, ed io sono qui che scrivo, senza che il sonno sia presente. “Sogno sempre di combattere” lui dice. “Fin da bambino, sognavo battaglie, ed anche ora, ultimamente, ho sognato che su Grosseto c’erano combattimenti tra aviazione e navi aliene; sotto la città esisteva un’altra città dove la gente veniva comandata di entrare, (mi dice che sa, forse, che esiste veramente una città sotterranea; ma può essere vero?); poi ho visto un altro combattimento tra grandi astronavi aliene ed aerei militari sopra il mare di Marina (San Rocco), ho visto una nave precipitare, ed ogni volta, poiché il sogno si ripeteva, mi dicevo che quella volta era proprio vero, non era un’immagine onirica... e, invece, mi risvegliavo”. Intanto muove le dita sulle corde della chitarra e mi sorride, come un bambino che non sa nulla; invece, poi, salta fuori che ha letto “Le profezie di Celestino” e tanti altri libri... Tra le mani ne ha uno, “L’amore liquido”, a cui l’autore dà una spiegazione, ma che, per me, rappresenta comunque l’acqua, il fluire, il riempire, il nuotare, lo scorrere libero tra le note della tastiera. La Musica... la sento come qualcosa in cui si nuota, qualcosa che ti scivola intorno, ti accarezza. La musica ti eccita, ti fa vibrare, ti solleva. I capelli di Marco mi sono noti, e li vedo ondeggiare sul podio, mentre lui è immerso nella direzione dell’orchestra.

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Amore mio, cos’è questo struggente sentimento, a cui non do visione, e che però mi riempie il cuore? Dove ci siamo incontrati? È la stessa attrazione, immediata, profonda, che ho provato per l’altro Marco “Maddalena, ti amo”... Sento ancora la sua voce. Durante la mattina del giorno successivo, ha cominciato a levarsi nell’aria il suono d’un flauto, che arrivava forse da una casa vicina, e ha fatto danzare il mio cuore, a lungo; ho pensato a Chrisna, al suo leggiadro muoversi tra le Gopi, senza peso, senza tempo, solo un flauto, un canale aperto, dove la frequenza crea suono, dove il suono crea amore. Così il corpo canta, così il mio corpo vuol cantare, sa cantare. Così accadrà, così è già accaduto, così sta accadendo, perché Maddalena si unisca nuovamente al suo principe. 3 settembre 2010 - 3x7x3 - La moltiplicazione nei due sensi dà 21, il mio numero.

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POST SCRIPTUM

E mi è arrivato un ultimo libro, così, all’improvviso, che avevo in biblioteca già dal mio ritorno dall’India, nel ‘93, un libro che fa riferimento ai miei primi amori, la Mere ed Aurobindo, “Evoluzione 2” di Satprem, ed. Mediterranee, scritto nel 1992, un anno prima del mio risveglio. Dal testo “Satpren, come Sri Aurobindo e la Mere, e come i Rishi vedici, la cui voce ci ritorna dal fondo dei tempi, non viene a predicare ma, ed è qui il suo e il loro irresistibile fascino, traccia un percorso, il suo, che tutti ci riguarda. Perché non è intellettuale, morale o metafisico: è fisico. E la materia, pur spezzettata in tante individualità, è uno. Il percorso fisico comincia nel corpo, quando tutte le sue sovrastrutture, mentali ed emozionali, sono cadute. Che cosa viene dopo? Satpren cerca appunto di dircelo...”. E che l’ultima parola sia quella del poeta: “Sorella, madre e spirito del fiume, spirito del mare, non sopportare che io sia separato. E giunga il mio grido fino a Te” (T. S. Eliot, versi finali del Mercoledì delle ceneri). Bellissimo; ancora: “È la gigantesca sonda di cui ho parlato, o una specie di martello pneumatico: e il corpo è come un tubo che questa sonda attraversa per poi andare a cozzare sotto i piedi. Lì c’è uno strato durissimo, minerale, che si direbbe più vasto e refrattario di tutta la terra. Poi, un giorno, ho trovato per caso la definizione probabilmente più esatta di questa potentissima energia respiratoria o pneumatica. L’aveva buttata lì Sri aurobindo, come per caso, in una conversazione. Lui chiamava “sopra - mentale l’ambiente denso, solare, che sta al di sopra dell’estrema linea sur - mentale, oltre la quale dicono non si possa andare senza lasciare il corpo. Diceva: “ Il sopramentale è più fluido di un gas e più duro del diamante”. Quel luglio del '93, dopo la discussione della tesi, ho sentito il mio corpo come un tubo vuoto e, poi, la discesa, attraverso l’apertura della testa, di

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qualcosa di denso, fluido, e il mio sentirmi riempire e nutrire e appagare dai desideri, dai bisogni...Il contatto era avvenuto! Non c’erano stati emotivi di contrasto, ma un fluire amorevole ed espanso con tutto ciò che mi circondava. “Vieni, che ti riscaldo”, mi disse l’albero, nel giardino; io mi avvicinai e fui avvolta da un gran calore, un amore tangibile. Ed ancora dal testo: “Sri Aurobindo che per quarant’anni si era lasciato martellare e annientare, giorno dopo giorno per aprire un primo sbocco a quest’aria nuova, a un altro potere d’azione, che lui chiamava “sopramentale”, per aprire le porte al prossimo sole della specie, diceva con semplicità ai suoi razionalisti e recalcitranti discepoli: se il Supermentale è sceso nel nostro fisico (di Mere e di Sri Aurobindo) vuol dire che è sceso nella Materia: perciò non c’è ragione che non si manifesti in coloro che cercano... “La salvezza è fisica” diceva Mere. “La prima ricerca di tutte le specie, compresa la nostra, è stata quella del cibo.Ma la vecchia legge è perentoria ed automatica: chi mangia verrà mangiato”. Mere diceva: “Il cibo contiene il suo germe di morte...Beh, mi è stato mostrato, non in un’esperienza corporea, ma in quella specie di visione d’oltre le tombe, che hanno gli occhi quando il corpo sta con un piede da una parte e un piede dall’altra, che la nuova respirazione nutre. È un’aria che nutre. I tre elementi, insieme, dell’evoluzione 2. Ma se uno solo degli elementi dell’evoluzione riesce a infiltrarsi una prima volta in un animale in carne ed ossa, vuol dire che può infiltrarsi in tutti gli animali, della stessa sostanzaEcco il nostro caos e la nostra speranza. Se quella Forza può infiltrarsi, vuol dire la fine di tutti i nostri artifici... Così noi ci troviamo adesso a passare in un’altra aria che cambierà radicalmente la faccia del pianeta, che sta appunto martellando e sbriciolando inesorabilmente la terra, per far comparire o per forgiare un’altra specie, capace di sopportare e di vivere quel nettare di cui ha tanta sete. Perché, a dire il vero, uno non ce la farebbe a sopportare tali doglie evolutive solo e unicamente per sé - mai e poi mai, preferirebbe morire mille volte. Ma in realtà noi stiamo morendo a milioni di esemplari, alberi, donne, bambini, graziosi uccelletti. Tutti insieme ad un ritmo selvaggio… È questione di vita o di morte per tutte le specie.

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Ma è mai esistita la vita? O non c’è stata piuttosto una morte trionfante sin dalla prima tomba del primissimo organismo unicellulare? Arrivati alla fine dell’evoluzione 1, stiamo inevitabilmente passando all’evoluzione 2. Quando e dove potrà mai fermarsi l’antichissima spinta evolutiva, su questa terra o su un’altra?...Lo squarcio evolutivo è avvenuto. Stiamo vivendolo nostro malgrado…La morte sta venendo a galla dappertutto: ma è solo il coperchio della nostra tomba. Un altro sole agita, brucia e scortica tutti questi piccoli corpi disperati. D’improvviso un altro alito, che ora grava sulle nostre spalle straziate, riverserà su di noi un nettare inatteso. Sarà una vera Terra. E noi saremo degli uomini veri.Allora la vita che non muore penetrerà goccia a goccia nei nostri polmoni, per rimodellarci secondo la sua legge”. Invece, proprio l’ultimo libro che ho letto mi è stato regalato da Giovanni, a Campo di Giove, il 21 di agosto, giorno del mio compleanno: “Segnali di luce” di Steve Rother, ed. Stazione Celeste. “Auguri, mia cara” mi ha detto “Leggilo, è un libro che va per la maggiore”. E mi ha sorriso. L’ho ringraziato, pensando che, relativamente a ciò che mi riguarda, per “la maggiore” va sempre Michele. Apro a caso e... capitolo 2°: La famiglia di Michele. Ma guarda un po’, questo furbacchione di Giovanni, fa finta di non saperne niente, poi mi dà il libro che dovevo avere! “Ti ho sgamato” gli dico “Ti sei troppo scoperto nel gioco, forse per amore”. Mi risuona molto il discorso della famiglia, perché ho sempre sentito Michele come un familiare, a differenza di coloro che si meravigliavano del mio poco rispetto per l’Arcangelo. Ma come puoi provare deferenza ed ossequio per chi senti come parte di te? Per Lui solo un grandissimo Amore e il desiderio di tornare a Casa. “Voi uomini costruite cattedrali” mi disse il mio amore “Il mio tempio sei tu, il mio tempio è il mondo”. La materia è creazione virtuale e la Sua energia pervade tutto. Grazie. Ho sempre sentito Casa da un’altra parte ed i miei genitori terreni come dei mezzi, perché io scendessi qui, “nel gioco”, come dice “Il Gruppo”, canalizzato da Steve.

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Dal testo “Ogni Arcangelo o famiglia, ha una vibrazione generale che rappresenta un unico scopo. Non è un caso che noi chiamiamo il nostro pater umano con il titolo di Custode della Spada. Egli ha avuto questo ruolo per eoni del vostro tempo, ed ora lo sta nuovamente interpretando e non è neanche un caso che l’Arcangelo Michele sia sempre stato ritratto con una spada, perché sulla scena del Gioco, la spada simboleggia la verità e la presa di coscienza del proprio potere”. Da “Il tempo di Merlia”: Mi hanno detto che sulla terra ci troviamo letteralmente sulla soglia di un tempo molto eccitante. Noi lo percepiamo e, per comprendere ciò che sentiamo, ricorriamo ai concetti di “ascensione” o assottigliamento del velo. Il Gruppo la sta mettendo in un contesto diverso, facendoci sapere come vedremo questo periodo, quando tra centinaia d’anni, guarderemo indietro. Il tempo di Merlia sta per iniziare. È chiamato tempo perché è un periodo molto breve rispetto alle ere della nostra storia. Nel nostro passato i grandi cambiamenti di coscienza hanno impiegato centinaia d’anni per compiersi; in questa nuova energia non è più così. Il periodo temporale a cui si riferiscono va dai 30 ai 50 anni. Merlia, di fatto è l’energia di Merlino che in questo periodo ritorna, e c’è di più... “Artù, stai fermo, Artù, vieni qua”, dice in modo affettuoso un lui dai capelli bianchissimi, vestito all’inglese, come d’altri tempi, tirando il guinzaglio di uno splendido cane dal mantello pezzato. Sono sul bus che mi porta da Firenze a Grosseto, dopo la giornata a Venezia. Quelle quattro persone mi hanno colpito subito: così diverse, così ...fuori del mondo! La loro frequenza è più sottile, i capelli del vecchio e della donna, forse sua moglie, sono come luminosi, anche il biondo dei due piccoli, un maschio ed una femmina, forse i nipotini, è sottile e fino, come di seta. I bimbi parlano tra loro in italiano, la donna, dalla crocchia argentea, si rivolge loro in inglese.

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Potrebbe essere tutto nella norma, ma questo gruppo è come rilucente, c’è quell’effetto bambagia, che conosco bene, e quell’Artù s’impone proprio: guarda un po’, siamo proprio al bivio per San Galgano, sì quello della spada nella roccia! Continuo a leggere il testo “Ciò che dicono di quei tempi arturiani è che il tempo di Camelot era molto reale, era davvero un tempo magico quello in cui i semi di una coscienza più grande vennero piantati con cura sulla terra. Camelot era molto più di un regno supremo, era un ideale sacro che formava la matrice per il millennio in arrivo. Quei semi dovevano trovare una dimora e, apparentemente rimanere dormienti per secolo... fino a quando non sarebbe arrivato il tempo appropriato per la loro germinazione. Quel tempo adesso è qui. Uno dei più importanti aspetti di questo periodo magico è il ritorno sul nostro pianeta dell’energia della Dea, da qui il nome di Merlia. Quando iniziò il gioco che chiamiamo vita, entrammo in campo con un equilibrio tra femminile e maschile...poi siamo entrati nella polarità. Crescendo la vibrazione possiamo adesso ritornare all’equilibrio con cui siamo arrivati qui e, grazie a tutti gli intenti e gli obiettivi, il pendolo si fermerà nel mezzo, per non oscillare mai più... L’energia della Dea è contenuta in tutti noi ed è un grandissimo compito, ora possibile, far posto, affinché questa energia ritrovi la sua strada verso casa....L’energia della Dea può essere definita come la fusione di pensieri ed emozioni. Merlia è l’energia di Merlino che ritorna sulla terra in forma femminile per offrire l’equilibrio necessario per passare dalla polarità all’unità. Questo ritorno è stato profetizzato in molte delle vostre scritture. Vi chiediamo di far posto a Merlia mentre ritorna per offrire il suo equilibrio”. Ormai sono tornata a casa e sto scrivendo sul tavolo del soggiorno... Merlia... Maddalena, tutte e due iniziano con la M, come Michele, come Merlino: tanti nomi, per un’unica energia. Sollevo lo sguardo sulle pareti intorno e vedo tante donne, di tutte le età, dalle più varie forme e tecniche pittoriche. Ho sempre dipinto donne, ho sempre dipinto... la Dea.

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Sono a Venezia, nella data particolare dell' 11 settembre. Essa porta il ricordo dell'attentato alle torri gemelle, nel 2001, un momento in cui si sono mosse tante energie, di paura, di rabbia, d’impotenza, di dolore, ma, in realtà, come dice il Gruppo, dell’ultimo testo citato, l’evento ha generato una potente onda di ritorno d’amore sulla terra, attraverso l’apertura e il collegamento dei cuori. Questo è il compito degli eventi dolorosi, del dolore in generale: risvegliare il collegamento con il cuore, che sembra come addormentato. Ma chi è il nostro cuore se non noi stessi, l’angelo d’oro che è presente in questa macchina biologica? Oggi, 11 settembre 2010, per me è, invece, un giorno splendido, senz’altro di ricostruzione e rinascita. Sono a Venezia. Perché sono qua? Al solito, è accaduto, un amico mi ha accompagnata e lasciata a piazza Roma, come se fosse ineluttabile; non potevo proprio dire di no. Ci sono certi esseri che quasi ti “costringono”; è quello il loro compito e non sanno recitare diversamente. “Passa il ponte” mi ha detto “Poi prendi il traghetto e ti troverai a San Marco”. Ed è sparito. Va bene, ma con la valigia pesante che mi trascinavo appresso... Ho guardato il ponte, che era tutto una scala, ed ho cercato il cellulare “Ora lo chiamo” ho pensato. “A Venezia ci vado un’altra volta!”. Invece una voce “Posso, portarti la valigia?” e il ragazzo, apparso dal nulla, me l’ha portata quasi fino al deposito bagagli, dove... me ne sono liberata. Una giornata a Venezia, solo per me, in tutta libertà! C’è senz’altro un motivo al mio essere qua.... questo collegamento alle due torri, (Magdala), al fatto che la città è stata il teatro dell’ultimo libro scritto da G. Marco Bragadin “L’eredità dell’Ordine di Melchisedek” ed anche a “Segnali di luce” e che mi sta accompagnando... Ma ciò che mi colpisce è ...che qui non ci sono automobili! “Vorrei vivere in un’isola senza auto” aveva detto Gino, giù, a San Vito, nel bellissimo sud della Sardegna, e mi parlava di un luogo del Brasile, da cui era da poco tornato Ma ecco, anche qua c’è un mondo così, nel bel mezzo della così detta civiltà, e la gente, tanta gente, di tanti paesi, di tante lingue, cammina a piedi, o... sull’acqua, una strada centrale, non asfaltata, scivolosa, percorsa, da gondole, piccoli motoscafi, barche, di vario tipo, bus acquatici, che fanno fermata nelle stazioni del canale.

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Sono andata due volte a Venezia, ma mai così l’ho vista, l’ho sentita, l’ho scoperta: un dipinto, un vero e proprio dipinto. Quindi un portale, dove tutto si muove, eppure è fermo, perché tutto intorno a me si muoveva, ma io mi sentivo come ferma, più estesa, distaccata. È il mio vivere un punto d’energia! E poi ponti, su ponti, in questo salire e scendere, che ti cambia dimensione, che ti porta dall’acqua al cielo, dal cielo all’acqua... Poi, percorrendo le stradine, lo slargo di piazzette, con le loro chiese, che ti tirano dentro, accompagnata dai piccioni, ormai abituati al trambusto. Santa Lucia, segnale per me molto ricorrente (non per nulla la mia Molly era una cechina), la Santa che si “tolse gli occhi”, forse perché, ormai non ne aveva più bisogno, dopo l’attivazione del terzo. Allora, veramente “ vedeva”, non “le ombre della caverna”, ma la realtà. La fine dell’illusione, l’apertura del velo. In fondo, laggiù, dopo i mille negozietti, pieni di colori e profumi, dopo lo splendido ponte di Rialto, ecco piazza San Marco, dove la gente sguazza a piedi nudi, nelle zone d’acqua alta, come incurante e felice, sotto il caldo sole. Tutto è colorato e brillante, allegro nel movimento, sotto un cielo dorato. Non è così che ho veduto Venezia, l’altra volta che son venuta, lei è la stessa, io non sono più quella: cambiando, l’ho cambiata. Mancano solo gli aquiloni nel cielo ...ma ci sono tanti ponti, sulla terra, che si rispecchiano nell’acqua, nel riflesso del cielo! In cerca dell’asciutto, faccio un salto su di un palchetto, affacciato sulla piazza. Mi sembrava vuoto, salvo un pianoforte in angolo, nero e lucente. Invece “Bongiour madame”, mi appella una voce graziosa, e vedo, seduta, nascosta da una tenda, una giovane ragazza, in pizzo nero, come uscita da un antico dipinto francese, che, senz’altro, aspetta il momento per cantare. Mi sento, per un momento, parte di quel quadro, poi le sorrido e... discendo, verso il palco vicino, dove due ragazze suonano il flauto... magico. Seguo la musica, che sembra tracciare linee colorate nell’aria, come code di aquiloni, (“Vedo le parole come colori” mi disse un poco apparente spettatore di una conferenza a Padova); anch’io vedo i suoni come colori. E arrivo davanti alla basilica, che incombe enorme sulla piazza e, insieme, appare leggera, come ondulata, come sognante.

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“È un sogno” continuavo a dire, questa notte, nel sogno. “Sto veramente sognando, perché, poco avanti, ero da un’altra parte”. E le persone del sogno, mi guardavano stupite; per loro, tutto ciò che vedevo, era realtà! Venezia, questa Venezia che vedo, non è in questa frequenza! All’interno, San Marco mi accoglie nella sua oscurità ovattata, dove l’energia è così densa, che mi sembra di nuotare e, insieme, la sento come pesante, intorno a me. Il peso del tempo! Per sollevarmi, guardo in alto, alla ricerca di un segno; e vedo l’albero della vita, dove gli esseri sono seduti, come uccelli sui rami. Cos’è questo se non un volo fuori del nido, per costruirne un altro. “Costruisci un altro nido” mi disse Michele. “Dove?” mi son chiesta. Ora ho compreso, che la ricostruzione è qui, sulla terra, perché essa si trasformi in “una casa”, simile a quella da cui provengo. Uscendo fuori, sulla passerella di legno, t’investe, di nuovo, il profumo del mare e il colore del cielo. La piazza è piena di sole e ancora dipinta dalle note del flauto...Il mio corpo è leggero, come vuoto, e la musica lo penetra e lo fa vibrare. Sento un canto nella mia gola. Vorrei restare, poi penso di tornare: la giornata è, per me, finita e m’immergo nuovamente nelle piccole vie, che mi portano a Rialto, dove prenderò il traghetto per la stazione ferroviaria. D’incontro, come un fiume, mi stringono le persone, tante e ciarliere, che si addossano ai muri, entrano nei negozi... Ed ecco che vedo altra gente, con il volto coperto da maschere di ogni tipo, colorate, piene di brillanti, oppure lisce e dorate, gente che mi scruta, che mi osserva al di là del “velo”. E la ricchezza, la bellezza, l’armonia, sono in ogni dove. Mi fermo un momento a riposare sul bordo di una fontana; due uomini stanno parlando. “Ho messo su il palcoscenico” dice uno “Ho avuto il lavoro di creare lo spettacolo, ed ora mancano le ultime battute”. “Vedrai che tutto andrà bene” risponde l’altro, “Possiamo inserire qualcosa di nuovo, ma ormai il Gioco è Finito”. E in fondo, in fondo... Sempre in “Segnali di luce” si parla dell’ascensione lemuriana: “Desideriamo correggere alcuni concetti, perché è comunemente scritto che Lemuria affondò nell’Oceano. Non andò proprio in quel modo, perché

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le anime di Lemuria erano così avanti nella loro comprensione che diventarono come bambini. Quando gli umani si evolvono tanto da tornare come bambini, la terra diventa un posto molto scomodo in cui vivere. Il continente di Lemuria non affondò, al contrario ascese ad uno stato vibrazionale più elevato. Lemuria esiste ancor oggi nella stessa ubicazione fisica...”. “Lasciate che i bambini vengano a me” diceva Gesù. “Solo dei bambini è il regno dei cieli”. Bambini, bambini, bambini... Il gioco è sempre una questione di Halfa. Forse per questo io dico che il mio corpo veste la taglia dei... 16 anni e vado a comprare nei negozi per bambini, così colorati, così gioiosi, così pieni di cuori... e di aquiloni. Tutto diverso dal mondo compassato degli adulti. Tutto un altro mondo. Mi sono accorta che, ultimamente, mi chiamano tutte città con la “V”, come Vicenza, dove abita Laura, Verona, c’è un’altra amica, Varese, mi vogliono anche là, Venturina, dove amo andare alle terme, Viterbo, un altro amore termale, Ventimiglia, così vicina alla Francia, Venezia, dove vivrei. Come Vittoria? Come...Oh, sì, forse ...come Vienna. Sì, come Valzer... come il Valzer. Ed ecco che la melodia di Strauss mi prende, mi solleva e mi vedo, Sissi (Isiss), assieme al mio principe, in una sala senza pareti, senza confini, che giro, giro, giro, stretta a lui, finché non esiste più nulla, se non una fiamma roteante, se non un canto d’amore. E il corpo canta, canta, canta... A Vienna esiste un portale della famiglia di Michele...

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APPENDICE 1 Com’è possibile finire un libro, se esso stesso è vita? Ma cos’è la vita? È il 21 di settembre, giorno per me magico: mi trovo alla copisteria “Farini” di Grosseto, per scaricare dalla penna la bozza del testo, ancora del tutto non finito e fare una prova di stampa. Osservo l’atmosfera d’intorno; soprattutto mi piace rivedere la proprietaria, che, a suo tempo, ha lavorato anche per mio padre Giovanni. “Elia, Elia, piccolo” mi volto, alla voce, verso un bambinetto di circa otto mesi, che sorride sul petto della giovane madre. “Elia”, il nome mi risuona mentre mi avvio verso la mia camperona Shamada, parcheggiata là vicino. Sul lato della strada, c’è un’auto ferma; “Vittoria” assicurazioni, evidenzia nettamente sulla fiancata. Vittoria, vittoria, vittoria... Dal testo di Marco Bragadin “Elia - Giovanni è tornato in terra ora, incarnando il sogno manifesto, e la sua funzione è facente parte del piano divino per l’unificazione delle religioni”. Ed ancora, nel tempo che scorre e non scorre, perché io mi sento fuori, mi accorgo che la mia patente scade il 10-10-2010. Che numero! Dovrò però provvedere, il film ha delle regole, ma, soprattutto, dà segni! Infatti arriva un messaggio di Fabio di Lecco “Cosa sai sul 10 - 10 - 2010? Qual è l’importanza di questa data? Ne ho sentito parlare in più sedi: apertura di portali dimensionali, allineamenti. Che ne pensi?”. E intanto è già il nove e mi ritrovo sul treno, che da Venturina, come al solito, presente per le sue acque termali, ritorno a Grosseto. “Dai, cammina” e nel corridoio si muove una giovane mamma, capelli bruni, raccolti, vestiti morbidi e colorati, la gonna lunga ed ondeggiante e la sacca, sempre di panno, a tracolla, vistosa nei tre grossi rombi laterali. “Cammina” e spinge avanti un bimbetto grassottello, mentre dietro segue la di lui sorellina, bionda, esile, un po’ più grande. Ripassano, tornando dalla toilette del treno, sempre in una fila colorata e gioiosa. È naturale “Come si chiama?” chiedo alla madre, indicando il paffutello... “Elia”.

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Elia, ancora Elia! “E lei?”. Non voglio essere scortese con la bambina, che mi guarda ad occhi sgranati, desiderosa d’attenzione. “Vittoria”. Ancora Elia e Vittoria! Sulla maglietta del ragazzo ch’è seduto, quasi di traverso, sul sedile di fronte, c’è una scritta “Last game”, ultimo gioco... E la sera, una stella, ma forse non stella, davanti alla finestra della mia camera, nella casa di Marina di Grosseto, e una voce dentro di me: “Vieni, è arrivato il tempo!”. E stamani, 10-10-2010, nella chiesa del paese, a sorpresa, un matrimonio: giovani, emozionati e lei... il velo bianco e il viso e i capelli lunghi, in boccoli... Mi ha ricordato la foto, ingrandita, che tengo incollata su una porta interna del camper, la foto del mio giorno da sposa. Alla radio accesa, in mezzo alla musica “Erano numeri 10 Baggio, Rivera, Mazzola, Maradona, Sivori, splendidi numeri 10!”. Arriva un messaggio al cellulare “Ho Prenotato per stasera allo Scacco Matto, ci andiamo?”. “Scacco Matto, ma chi è che scrive?”. “Scusi, ho sbagliato numero”... Il 10: la fine del gioco... La partita è finita... Scacco Matto! E all’alba del 10-10-2010, un sogno: sono in un luogo con tanta gente. Porto le persone all’interno di una torre, con una scala a chiocciola, di cui ricordo il ballatoio in vetro, su verso l’alto, dove c’è Michele. C’è molto da fare. Arriva allora Anna Federighi, che ha creato il gruppo Katamark di “Vinci”, collegato a Michele, e mi dice che dobbiamo fare qualcosa insieme. Sogno molto, molto particolare. Elena, Eleonora... Eli... Elia-Giovanni, Giovanna... Gio... Gioia. Da “L’eredità dell’Ordine di Melchisedek”: “La nuova Legge sarà in mano femminile, come Ildegarda da Binghen aveva avuto visione, descrivendola nelle sue tavole. La Regina Bianca come la pietra vivente nell’ultima tavola della grande mistica, sarà finalmente sollevata dal fango in cui l’uomo l’ha sepolta, com’è scritto nel Serpente Rosso… L’energia della luce scura, la Scura Maria, passa per il punto zero e si collega al centro della terra. L’energia della luce Bianca, la Bianca Maria, si espande fino al centro della Galassia”.

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APPENDICE 2 13 ottobre - Andrea mi telefona: sta partendo dalla Sardegna, da Sassari, direbbe lui, molto preciso, per recarsi ad Alessandria, in Piemonte, facendo in nave il tragitto Porto Torres - Genova. Amo risentire Andrea, perché mi riporta in Sardegna, nei magici luoghi di quest’estate. Ma la cosa più bella è che stavo pensando ad Alessandro, l’ultimo nato della mia famiglia terrena, che ha quasi tre mesi. Alessandro il Grande! In effetti, si nota subito ch’è più avanti della “norma”. “Ha tenuto subito su la testa” dice Silvia, la giovane mamma, arrotondata dal latte e bellissima nei capelli neri, raccolti in crocchia, come un’antica madonna. E vuol stare diritto, in braccio, guardando avanti, con due occhi azzurri che sembrano due stelle. “Speriamo che gli rimangano così” dice lei, ancora, apparentemente inconsapevole, ma il piccolo è della nuova specie, è “un cristallo”. Alessandro il Grande, il fondatore di Alessandria! Poco prima della sua nascita, casualmente, come al solito, ho visto, in televisione, il film sulla vita e le gesta di questo grande condottiero, assetato soprattutto di conoscenza, desideroso di andare oltre, oltre i confini del noto, al di là di ciò che è il possibile. Alessandro il grande: la notte mi è venuto in sogno un bambino, era il 23 di luglio e mi trovavo ancora a Carbonia. “Nasco per aiutarti”. La mattina dopo, una telefonata a Grosseto e... Silvia era… in sala travaglio, come si dice da noi, che non sappiamo o non vogliamo partorire senza dolore. Alle cinque è nato e “Non è stata una passeggiata” dice dolcemente la madre. Un leoncino come me, come sua madre: 3 di agosto, lei, 21, io, 24 il piccolo, la somma dei nostri giorni e il numero del giorno di nascita di mio padre Giovanni. Una bella coincidenza! Non scordiamoci il 23, la notte del sogno, numero chiaramente collegato a Michele! Gli occhi stellati brillano ancora di più “Nasco per aiutarti”. C’è una spada presso di me, piatta, affilata, là da tanto tempo: sul fodero un drago, sulla lama sette stelle. Un tempo, il mio desiderio fu di donarla al

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figlio di Cesare di Monteluce, al compimento della sua maggiore età, ma quel cammino s’è interrotto e l’arma è rimasta, come dimenticata. Ora, forse proprio ora, è arrivato il tempo di usarla per la luce, per la vittoria. È nato Alessandro, il condottiero: sarà sua. “Nasco per aiutarti”. Dal greco: Alex-andros colui che aiuta l’uomo, l’umanità. Così sia. Grazie Sul sedile di guida della mia camperona, lascio che il sole, attraverso la totalità dei vetri, mi scaldi, mentre continuo a leggere, su Hera, l’articolo, già citato, riguardante Alessandro. Egli venne sempre considerato di origine divina, il figlio di Amun. E, dopo la sua morte, il corpo venne imbalsamato e messo in una teca di cristallo, in attesa, come nei faraoni, del suo ritorno. “E morì a 33 anni, come Gesù”. Mi completa un amico, che sembra avere una passione particolare per quel Grande. “Ci sono dei popoli, discendenti dei Sardana, un gruppo guerriero al suo comando, che aspettano il suo ritorno”. Nella grande sala delle Terme di Venturina, ritrovo stamane Alex, Alessio, col suo splendido banco di collane e bracciali che lui crea con pietre e cristalli. “Alex - Colui che aiuta” ed, infatti, il suo grande amore per le pietre si accompagna al desiderio di consigliare ciò che è di positivo e di bene per ciascuna persona. Percorro con lo sguardo gli oggetti in mostra e l’attenzione viene presa da una pietra verde, sfaccettata, una goccia luminosa da portare al collo. È un amore a prima vista: la sento. È una Olivina, Lumahai, in havaiano, infatti in queste isole se ne trova in abbondanza, ma che è, comunque presente in tutto il mondo ed è, recentemente stata trovata in meteoriti: proviene quindi dalle stelle. Viene usata come amuleto, poiché respinge le forze negative dirette contro chi la porta, attrae la fortuna ed il denaro, apre la visione, dona l’amore. Beh, mi piace proprio. Insieme chiedo ad Alex se c’è una pietra che si chiama “venturina”, dato che questo posto, questa piccola cittadina mi attira. “Avventurina” mi corregge. “Ed è anch’essa un portafortuna, un talismano popolare tra i giocatori, poi rafforza la vista, dà pace e guarigione”. Molto bene, direi che pietra e luogo mi sono assai confacenti.

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Che piacere indossare la goccia verde, “Lo smeraldo dei poveri” mi dice Claudio, un amico di Piombino, che, non lo sapevo, ha raccolto pietre in tutto il mondo. “Tu non sai tante cose di me, mi dice sornione. “Ha ragione, come spesso la superficialità è presente nei contatti, finché non arriva il momento che qualcosa di nuovo ed importante si palesa, e dà una nuova direzione... Mah, comunque lui è un gatto soriano e mi dice solo quello che vuole! Altra carissima gattona è Patrizia, che, al mio ritorno a Grosseto, come facendo le fusa, mi aspetta sulla porta di casa, con la scrittura medianica su Alessandro.“È bellissimo” mi dice, congiungendo le mani, con quel suo fare da bambina. Qui la riporto “Tu dominante creatura cosmica, sei ora un bambino indaco. Tu discendi da un popolo extraterrestre chiamato Tauram, popolo delle montagne azzurre…Tu fosti un grande re saggio e valoroso ed anche un veggente, portatore di luce. Sarai un uomo che combatterà tutti i pregiudizi della tua generazione e la tua voce sarà soave come una nota musicale, ma porterà cose innovative tra la tua gente.La tua aurea sarà la tua forza, ti aiuterà a combattere ed a leggere il pensiero. Nome cosmico: Jampacà, colui che guarda lontano. Il tuo angelo è Ramì - sole che sorge -, e San Michele. Loro ti guideranno in grandi battaglie. Tu amerai la musica e il tuo lavoro sarà quello d’interprete”. Caro Alessandro, mi sembra proprio che la scrittura di Patrizia sia in risonanza, anche nell’amore per la musica, che muove l’universo e per la sete di conoscenza e di sapere, che ti spingeranno a guardare lontano ed ad apprendere la lingua di altri paesi, la stessa sete di Alessandro il Grande. Poi c’è Michele con te, quindi sei uno dell’ordine. Benvenuto, mon amour. 555- Siamo in 5° dimensione. “Quest’anno nel mese di agosto ci sono 5 domeniche, 5 lunedì, 5 martedì; l’evento accade ogni 823 anni e nel feng shui pare che porti molti soldi a chi lo dice ad altre persone”. Così un messaggio di Roby, sul cellulare, mandatomi in agosto, ha anticipato tutta una serie di sincronicità, legate al numero 5. Nel testo noto anche il 23.

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Il 5 si è poi legato al tre, (non faccio altro che incontrare bambini di tre mesi, quindi leoni) per cui 15 o 555. Per caso, si sa come avviene, incontro anche Gianfranco, un caro amico, uno dei nostri, mentre, sempre corpulento, scende dalla moto, davanti a “Villa Gaia”, nome, assai simbolico, del Pab di Marco a Marina di Grosseto. È radioso, sento in lui una frequenza speciale. E, d’un tratto, mentre prima era come nascosta, esce da dietro la sua mole una fragile e diafana creatura, a dire il vero, abbastanza infreddolita, per la corsa ormai notturna. “Ecco Cristina, mia moglie”. Gianfranco sposato, una sorpresa, un’inaspettata sorpresa! “Ho sbagliato ancora”. Le ultime e ripetute parole, in una sua ricerca, che prolungava una coazione a ripetere negativa. E, invece “Sono felice, è stato il mio primo amore, l’opposizione dei parenti prima ed anche ora”. Gianfranco frena il fiume di parole, che la nostra antica conoscenza rende facile. “Ma questa volta non hanno potuto fare niente”. Continua lei con voce decisa “Ho lasciato tutto e sono andata a vivere con lui; ieri ci siamo sposati”. E mostra il cerchietto d’oro sulla mano chiara. Si baciano, innamorati, battaglieri, uniti. Si vede che per vie diverse hanno sofferto. “È stata una vittoria” dice lui. “L’ho proprio sentita così”. Bellissima vittoria, un’unione, un matrimonio! Bellissimo segno! Sembrava un evento impossibile! E, invece, clik, un soffio di polvere magica, e... improvvisamente il sogno si è realizzato. E Gian si è sposato il 15-10-10, e quando manda messaggi, subito riconosco il numero che finisce in... 555. Anch’io, nel mio primo matrimonio mi sono sposata il 15. Da “Segnali di luce”: “Siete pienamente entrati nella 5° dimensione e state iniziando ad abituarvi a questa energia...tuttavia una tale crescita necessita di una nuova e seria responsabilità per usare al meglio queste capacità. È importante farlo se si vuole che la seconda onda di potere dia i suoi frutti”. Tutto ciò vuol dire che, ora, se pensiamo con la giusta intensità, realizziamo. Dobbiamo fare attenzione a quello che pensiamo! A un certo punto Gian ha fatto quel clik...ed ha realizzato. Grazie.

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Potrei finire la storia del mio film oggi, 24 ottobre, data collegata a mio padre, ed anche perché ho incontrato...no non ancora il Re, ma “la scuderia del Re, “i falconi del Re”, nella caratteristica festa medioevale di Arcidosso, paesino di cui ho già parlato, per la sua valenza templare. Vicino al castello, di cui la leggenda parla come luogo alchemico e magico, il suono di una musica celtica mi richiama verso un banco e, subito, l’attenzione è presa da una grande spada, poggiata proprio al centro. “Non è in vendita” mi dice, avvicinandosi, un uomo dalla folta barba bianca, che esce prorompente dal cappuccio che gli arriva fino agli occhi. “Vendo solo le spade di legno per bambini”. E, dall’altra parte, vedo anche, oltre le colorate armi, delle coroncine fiorite di rafia... Ne acquisto una e Massimo, l’omone barbuto, me la pone sul capo, come se lui fosse “Re Artù” dice. Strana sensazione, però mi sento bene, cinta di quei fiori di pesco ed immagino una veste leggera e chiara sul mio corpo. Mi porge un suo biglietto “Scuderie del re”, dove appare vestito da crociato, con la spada in pugno. Un gruppo di persone si accalca verso l’angolo assolato del castello, dove 5 splendidi falconi incappucciati si mostrano, con le piume appena arruffate dal vento, sui loro trespoli. “I falconi del re” dice l’esperto falconiere che li ha portati. Quindi siamo arrivati al Re. Poi, al suono dei tamburi, scorre la sfilata in costume, con dame e cavalieri, damigelle e paggi, sbandieratori e giocolieri. Ma che visi hanno? Perché non ci sono, come accade nelle sfilate, belle fanciulle, forti giovani, che piacciono allo sguardo? Quei volti sono vecchi, antichi, quei corpi sono come dei manichini, delle sagome impagliate, senza vita. Non c’è l’anima. Squilla il cellulare “Ciao, sono Alex, come stai con l’olivina? Guarda che stimola la visione”. E, certo, ciò che vedo è... che qui siamo in un altro tempo, siamo fuori del tempo. Appesa al muro del palazzo comunale, mi chiama l’immagine di David Lazzaretti, in una grande locandina dell’associazione, che promuove la sua vita. “Ma guarda un po’, tutto uguale al caro Paolo di Monza, lo stesso viso e devo dire, la stessa ricerca. Mah, tutto si ripete!”. Anche il falcone, liberato dal falconiere per un gioco d’addestramento, rotea tre volte in alto, ma non torna giù verso la folla, al punto di partenza.

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Come può? Lui vede il terso colore del cielo, aspira il profumo della vita e non vuol più mischiarsi con la morte. Il falconiere, che si appresta ad andare in altro loco, per recuperarlo. “Vengo chiamato per farli volare ed è questo che faccio”. Dice, rispettando l’anima libera dell’uccello. Sempre da “Segnali di luce”: “Non è il risultato della scelta che la vostra anima va cercando, ma è l’esperienza stessa della vostra verifica. Non è la destinazione, è il viaggio”. Ancora, ieri, al cinema con Roby, a vedere “Stand up”: “Non è importante l’obiettivo, ma il viaggio” dice il protagonista. E mi ricorda il gitano di Le Saintes Maries de la Mer. “Non è importante l’arrivo, ma il percorso”. Chissà se ora lui conduce il suo veliero? È importante il volo, ampio, regale, come quello del falco e dell’aquila. “Fai un altro nido”... “Vola”... Molti hanno paura di volare. Per il piccolo corso di Marina, una bancarella, stracarica di castagne e melagrane, e Maria, dalla cocchia di capelli, bianca ed intrecciata sulla testa, mi sorride, perché ci conosciamo. Lei ha un grosso canile, vicino all’aeroporto di Grosseto e un tempo, mentre mi trovavo in Brasile, la Molly, le fu data con l’inganno, dicendo che era stata abbandonata, proprio dall’essere, che avendomi generato nella carne, dovrebbe, forse, avere un po’ di amore per me. Questa fattrice, al mio ritorno, mi disse che la canina era morta e che “l’aveva buttata nel secchio della spazzatura...”. Ma non aveva fatto i conti con Michele, che con amore, mi diceva che la piccola era viva. Così l’ho cercata e l’ho trovata, laggiù nel canile, messa insieme ai gatti, perché era piccola e cieca e Maria proprio non poteva fare di più, avendo, a quel tempo, 400 cani. “Ora ne ho 23, e voglio chiudere, sono 40 anni che faccio questo lavoro, che poi è amore.” Guardo il suo viso: è proprio giovane e gli occhi sono azzurri, come due stelle. “Tu non sei della mia razza”. Mi ha sempre detto quella che doveva essere mia madre e, quando nel '93 l’ho vista, ne sono stata ben felice.

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Tornando da Roma, sono andata, come al solito a salutarla e lei, come al solito, ha cominciato ad asfissiarmi con mille parole. Ed, a un certo punto, tutto ha cominciato a scorrere più veloce, una parola dietro l’altra, come un disco ad un’altra velocità; poi l’immagine, che avevo davanti, si è sfocata ed è apparso un muso grigio da rettile, con grandi occhi gialli, che mi veniva contro, beffardo. “Tanto te lo faccio apposta”. Sentivo, dentro di me le sue parole. Cosa avevo visto? A quel tempo ero inconsapevole e le visioni si aprivano spontanee. Poi ho compreso il suo gioco, perché non mi ha allattata (fortunatamente, così ho dovuto fare meno ripulitura!), perché mi ha tenuta lontana, da bambina (ho passato così una splendida infanzia con i nonni e mia zia, che, in realtà doveva essere mia madre), perché mi è sempre stata nemica (come poteva essere amica di Michele), perchè ha cercato di fare “terra bruciata”, intorno a me. “Prima era tanto buona” lei dice, alludendo alla sottoscritta,“poi è cambiata”. Certo, mi sono risvegliata ed ho visto con chi avevo a che fare. E non mi ha reso davvero facile il percorso. Così è accaduto a me, così a tanti fratelli. “E se non ubbidisci, ti taglio la testa” com'è accaduto a Santa Barbara. Ma io ho seguito Michele, lo spirito mio, il mio unico amore. Ho seguito la linea della sua spada di giustizia, che spesso diverge da quella terrena. La giustizia divina è la purezza, a cui pochi hanno accesso, misurando le cose con il loro, purtroppo, piccolo cervello animale. Il problema è quando vogliono, pretendono, costringono altri a seguire le loro false orme. Così può essere compreso perchè Gesù dice nei Vangeli: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Ed ancora “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”. Un'energia nefasta, un pensiero collettivo errato ha preso il controllo sulla terra, portando alla attuale, distruttiva situazione. Ma siamo alla fine della scacchiera. Se è veramente un gioco, come viene detto nel libro “Segnali di luce”, il mio è stato molto “tosto”, considerando, però, che altri sono ben peggiori; ma cosa ho visto allora? Era la visione di una creatura scura che mi si avventava contro!

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Può essere un’invasione della macchina, da parte di un’entità, e chi meglio può rappresentare il nemico di Michele, se non un essere strisciante, subdolo, bugiardo, che cerca di far apparire tutto il contrario di quello che è, il cui solo motto è “divide ed impera”. Così è stato, per me, così è stato per molti. La vita dei fratelli discesi non è risultata facile, le opposizioni tante, a temprare la forza, pena l'eliminazione, nel bianco e nel nero, fino a quando esisterà la scacchiera. Ma il gioco è alla fine. “Last game”, nella maglietta del ragazzo sul treno, ultimo gioco. Vincerà l’amore e tutto va giocato con amore, ma anche con astuzia. “Siate candidi come colombe, ma astuti come serpenti”. Le parole di Gesù. Certo non si vince se non si conosce l’altra parte, che poi può essere la nostra parte oscura. Maria attende e mostra la merce del banchetto, il cui ricavato andrà ai cani. Compro le castagne e tre rosse melagrane. La donna, che ha saputo della partenza della Molly, mi mostra la foto di un canino di 5 anni. “Lo vuoi, me lo hanno lasciato perché abbaiava troppo, ma non è vero, è tanto dolce. Si chiama Oscar...”. Strano nome per un cane: Oscar, come la statuetta che viene data al vincitore di una manifestazione cinematografica. Che il mio film sia degno dell’Oscar? Allora ho vinto! Allora abbiamo vinto! Che fatica! È l’ ultimo gioco! “E Lei gli schiaccerà la testa”. Grazie. Così sia.

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APPENDICE 3 25 ottobre - Sono tornata alla copisteria, per stampare il testo, nella versione che “credo” definitiva, ma so che non è, non è ancora la “fine”. E' ormai sera e, tra le luci e l'ombre della strada, vedo venirmi incontro un uomo con il suo cane. E' Francesco, un amico di Grosseto, che cura la regia di lavori teatrali di varia tipologia, cominciando dallo splendido impegno che, ogni anno, d'estate, lo porta ad animare, spesso in notturna, l'anfiteatro etrusco di Roselle. Beh, era molto che non lo vedevo, ma al film non poteva mancare il regista! Anche lui è sorpreso, direi piacevolmente. “Che stai facendo?” lo incalzo, prima che l'enorme bestia lo faccia allontanare. “Sto realizzando a Firenze la rappresentazione di un'opera dantesca”. “Dante?”..... Drizzo le orecchie. “Sì, la “Vita Nova”, il racconto che Dante fa, in prosa e poesia dell'incontro a Firenze con Beatrice, prima a 9 anni, tutta vestita di bianco, poi a 18, nella chiesa. E' la donna angelo!”. “Ancora un segnale d'un nuovo inizio: vita nova, come terra nova, della canzone, spesso ripetuta dal sardo Gigi. “Pensa che Dante” aggiunge Francesco “segue la simbologia del 9, infatti egli dice, in seguito che l'amata muore a 27 anni, discordando da altre versioni che indicano l'età di 26”. Mi sorride, ammiccando, davanti al mio interesse. “Tutto il mondo è teatro e tutti gli uomini e tutte le donne non sono altro che attori, con le loro entrate e le loro uscite”. Cita dall'Amleto, di Shakespeare. Com'è tutto ciò profondamente vero! Grazie Francesco, come regista non potevi dare indicazione migliore! E non è finita qui. Il treno ha cominciato a correre velocemente, con tutta una serie d'incontri in sincronicità. Ma sono io che mi sto, nuovamente, sempre più risvegliando. Ed è arrivata Roberta, che vive a Grosseto, “per colpa” del marito musicista, e che sente, “muore” di nostalgia per il suo paese Orbetello, ch'è

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poi anche il mio; anch'io quella sensazione l'ho nascosta nel cuore ed ora sta premendo, da un po', da sempre. Il marito suona il sax, lo strumento che preferisco, dopo il piano. E m'immergo con lei nella musica, mentre osservo i suoi lunghi e ricci capelli rossi, da Maddalena. “Ho bisogno di vedere l'acqua”. Lei dice le stesse mie parole! Ed è arrivata Chiara, piccolo e fragile uccellino che ha una tempra da guerriera, necessaria nel ruolo terreno che le spetta. Tre uomini, tre figli, certamente indaco, che parlano già da adulti, un cane, un gatto ed un'associazione appena nata, che deve vivere in mezzo a tutta quella baraonda... Ma tutto è così vivo, così pulito, così colorato, che, a Udine, mi sono innamorata della sua casa, di Michelino, il più piccolo, di Luna, la bambina principessa e di Nicola, il grande, che, anche all'aspetto, non è proprio di questa terra. Al tramonto, dalla terrazza, le cime innevate delle Alpi Giulie si avvicinano, sospinte da folate di nuvole rosse. Ed al ritorno, sul treno, ecco Brunella, appena tornata da una tournèe in Giappone, lei che canta al teatro “La Fenice” di Venezia. Oh, anche qui siamo in risonanza: Giappone, Venezia... e La Fenice, colei che risorge dalle ceneri! Un segnale ancora è quello dell'America, che, ultimamente, mi ricorre. “New Jork, New Jork”, risento la splendida voce di Lisa Minelli, accompagnata dalle note acute del sax... Perchè siamo, tutti, così totalmente collegati, che, a volte, mi sento spezzata in una miriade di scintille, onde seguire i tanti richiami, perchè siamo così tutti Uno? Poi, il 31 di ottobre eccomi, portata, al “Gustatu”, la festa di tre giorni che, tutti gli anni si svolge ad Orbetello, con tutta una serie di banchi, dove si espongono i prodotti della Maremma e... “Ci sono tanti assaggini” dice Roby, che, certamente non si fa sfuggire l'occasione. Per me, è, invece, un ritornare a casa, almeno in quella terrena, ai colori, ai sapori a me noti. Poi, come accade spesso con l'amico, andiamo al cinema, ma qui il desiderio è mosso dal ricordo, da memorie, che vogliono rinnovarsi.

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Supercinema Corso Italia 131.. Non avevo prima notato il numero civico, che per me è un segnale, lo stesso numero che, il giorno dopo, ho visto nella targa dell'auto nuova di Chiara. “La mia pantera nera” lei dice. Il supercinema, di quand'ero bambina, è diventato una multisala, ma, alla biglietteria, c'è sempre la stessa proprietaria, solo più sbiadita. Nessun tentennamento: andiamo a vedere la “Magica avventura” delle Winxs! Cosa c'è di meglio, per rilassare il cervello, di un cartone animato, pieno di musica e di colori, certamente a lieto fine? Ma la cosa interessante, forse il messaggio per me, è quello della doppia famiglia di Bloom, una delle Winxs, situazione certamente ripresa da altre storie, ma che qui si sviluppa in una compresenza delle due coppie, quella stellare, i veri genitori, e quella terrena, gli adottivi. Sono avvolta da un dolce calore. Mi trovo ad Orbetello, qui sono nata sulla terra, ma la mia famiglia, quella vera, è certamente da un'altra parte! E' la famiglia di Michele. Alla “Fine”, tra tante stelle d'oro e d'argento, Bloom, una Maddalena dai capelli rossi, vola sù, nell'azzurro, a cavallo del bianco, alato unicorno, insieme al suo Principe. Così sia. Ormai tornata a casa, a Marina di Grosseto, non riesco a prendere sonno. Troppo movimento nell'aria: è la vigilia di Tutti i Santi, la notte della festa celtica di Halloween, chiamata Samahin, che in gaelico significa “fine dell'Estate”. Per i Celti la notte del 31 ottobre segnava la fine dell'anno, quando era finita la stagione dei raccolti e le scorte invernali erano assicurate. Quella notte si chiedeva protezione agli dei per l'arrivo del temuto Inverno, con festeggiamenti, canti e balli. I Celti credevano anche che, secondo un'antica leggenda, quella notte, i morti tornassero a cercare un corpo da abitare nell'anno nuovo. Pertanto gli abitanti dei villaggi giravano per le vie, travestiti da mostri orribili, per mandare via gli spiriti. Il capodanno celtico, ancora una fine ed un inizio: forse, nel mio legame al tutto, il mio sentir una “fine”, il mio incontrare una “vita nova”, aveva, con questo evento, collegamento? Tutto è in un modo, ma anche al contrario, “così in alto, come in basso”.

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Il primo di novembre, arriva Chiara, una Maddalena dalla pelle ambrata ed i capelli neri. Lei mangia “poco”, io ancor meno, ma, per stare insieme, mi porta in un piccolo bar... a mangiucchiar qualcosa. Mi siedo al colorato tavolino di legno e una grande ragnatela, appesa al muro, m'incornicia le spalle. Ed anche davanti e di lato, sulle pareti, occhieggiano scheletri ed enormi ragni. Beh, un tempo il ragno, per i superstiziosi, era portatore di cattive notizie ed anch'esso fu associato alle “streghe”, oggi è diventato simbolo di fortuna, ricchezza e creatività. Benissimo, in borsetta ho anche l'Avventurina! Ma ciò che mi torna in mente è l'incontro, in Marocco, con i due alieni, il cui luogo di provenienza ha, forse, un ragno, come simbolo. Ricordo nettamente la figura femminile, alla quale mi sono avvicinata, con quelle gambe così lunghe e sottili... poi guardo Chiara, tutta vestita di nero (è il colore che preferisce), con le braccia così magre, con le gambe così sottili, che lei allunga, camminando sempre su scarpe altissime, sempre, anche in casa, “perchè sto bene così” lei dice, sgranando quegli occhi verdi e allungati ed ondeggiando, mentre si muove, proprio come “lei”. Chissà, chissà da dove viene la gentile mia compagna di tavolo; certamente non è di questo mondo! E, anche lei, ha subito tanti attacchi, soprattutto nell'ambito famigliare. La sera, e con questo, vorrei proprio finire, mi ritrovo a casa di Francesco, con Tonia, che è impegnata nella battitura del libro. Poco dopo, arriva Valentina, sì proprio quella che, inizialmente, avrebbe dovuto fare questo lavoro. Ma guarda il caso! Anche lei è presente alla conclusione! Al suo fianco c'è Franco, che compone testi per il Cabaret, molto interessato a Maddalena. “Un interesse personale”dice. Valentina, Valentina, la festa...degli innamorati, ed è nata il 25 marzo, il giorno dell'Annunciazione! Tonia se ne va, perchè l'aspetta il fidanzato. “Domani vado con lui a fare la firma”dice col suo netto accento napoletano “sì la firma per la casa nuova, che ci siamo comprati”. Anche questo è un bel segno. Rimaniamo in quattro, quasi posizionati a specchio, nell'abbigliamento.

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Io e Franco siamo in nero e viola (cosa rara per me), Francesco e Valentina, in pantaloni bianchi e maglione rosso. Anche il dialogo si divide in coppie. Strano movimento d'energia! Che ho da spartire col nuovo arrivato? Poi, sempre innamorata dei numeri, scopro che la sua data di nascita è il 25 dicembre, cosa per pochi, che mi fa subito pensare a un bell'articolo di Flavio Barbiero, trovato sfogliando la rivista Fenix, sulle analogie tra Mitra e Gesù: tutti e due nati il 25, da una madre vergine, hanno celebrato un'ultima cena, insieme ai seguaci più fedeli, prima di far ritorno al padre; non sono morti, ma ascesi al cielo, per tornare alla fine del mondo... Franco ha una sua netta possanza e, certamente, la sua data di nascita ha risonanza in lui, come accade per tutti. Anche Valentina è nata il 25, ma di marzo, mentre Francesco ha il numero 7 ed io il 21. Calcolo , come sempre amo fare: 2+5=7, 2+5=7, infine 7 e 21; quindi 7-7-7-21; 3per7=21(i miei numeri), 21-21=3-3=6 (la stella a sei punte). Insomma rappresentiamo la stella di David, che porto al collo. Penso proprio che il libro abbia trovato la sua conclusione insieme alla fine dell'anno celtico. Oggi si apre un nuovo tempo.... Una “vita nova” (Francesco), una nascita divina (Franco), una casa acquistata in due (Tonia), il giorno degli innamorati e dell'Annunciazione (Valentina). E Giovanna? E' il quinto elemento. Grazie. Ma, dato che, comunque, il 7 ricorre sempre, anche la mia casa è al n° 7 di via del Tulipano, finiamo oggi, 7 novembre. “Vuoi venire al Centro Benessere di Riva del Sole” mi ha telefonato stamani Roby, sempre alla ricerca di cose divertenti. E' l'ultimo giorno, stasera chiude”. “Ancora un segnale di chiusura” mi dico, ma, intanto, sono ben felice, al pensiero della grande piscina di acqua di mare riscaldata, che mi aspetta. Riva del Sole è un villaggio svedese, che da tempo esiste a pochi chilometri da Castiglioni della Pescaia, in provincia di Grosseto. Ultimamente è stato creato questo Centro, ch'è veramente incantevole. La piscina si apre in un parco di pini, poco lontana dal mare, da cui assorbe le acque salate, sapientemente, poi, riscaldate, così che il corpo ritrova ricordi antichi, mai sopiti e n'è disteso, rigenerato.

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Il sole, sempre presente a Riva del Sole, filtra tra le vetrate della piscina coperta, gioca con la spuma degli idromassaggi, s'infrange nelle cascatelle, che orlano i bordi dello spazio aperto. Manca solo un arcobaleno!. “Oggi 7 è il compleanno di Elena” dice Roby, sorridendo “finisce 44 anni”. Beh, un'altra cifra per me simbolica! “Anch'io sono nato il 7, ma di Settembre” precisa. Cioè 7 sette... Mah, anche l'armadietto dello spogliatoio ha il numero 49! Il 7 impera: può indicare il 7° Chakra, il Settimo Sigillo. Se è l'apertura, è la fine e l'inizio, l'alfa e l'omega, il risveglio, il ritorno a casa. “La SPA si chiama Thana” mi dice Roby; “Thana”, leggo, mentre sto uscendo. “Tana, tana” e il gioco finiva, perchè i giocatori venivano scoperti! Un gioco da bambini. Messaggio sul cellulare: “ La vitalità è il rapporto col liquido ammiotico. La fantasia è il rapporto con l'utero. Questa è l'identità alla nascita. Poi c'è tutto il resto...Attività è capacità di pensare per immagini alla nascita. Si nasce prima prima pensanti e poi viventi”. “Cogito ergo sum”. A casa, sono attirata dal cofanetto arancio de “la Cabala-carte per la meditazione”, di Deepak Chopra. L'ho comprato, ma poco aperto. “Perchè no” mi dico. E ne prendo una a caso. E' la n° 21, sempre il mio numero: “Shin”. Leggo dal manuale esplicativo, per meditare con la Bibbia: “Questo singolo versetto, Shemàé Yisrael, Adonai Elohein, Adonai Ekhad, è considerato la pietra angolare della fede ebraica. E' la prima preghiera insegnata ai bambini e l'ultima preghiera recitata sul letto di morte, e , nella sua semplicità e brevità, questo versetto coglie le lezioni ultime della vita: Dio è Uno, noi siamo Uno, tutto è Uno... Prima che gli ebrei finalmente entrino nella terra di Israele, dopo quarant'anni di vagabondaggio nel deserto, Mosè...pronuncia lo Shemàé... La Shin è la prima lettera delle parole Shalon (pace) e Shalem (completo o integro), per cui sentirsi una persona completa significa essere in pace con se stessi. Percepire la completezza dell'universo (la singola forza vitale che alimenta tutti noi e il mondo che ci circonda) significa anche trovare pace, ascoltare la spiegazione delle lezioni dell'universo... La Shin è il faro di pace e completezza”. Bellissima carta! “All is Good”.

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David Lazzaretti - Perchè non finire con lui, dato che tanti segni mi legano alla sua figura, a colui che fu chiamato “Il Cristo dell' Amiata” e che scrisse tali cose, che certo un semplice barrocciaio non avrebbe potuto, se non ci fosse stato un contatto, una discesa d'informazione, un'apertura alla “Super Mind”, come direbbe Aurobindo, un'apertura della sua macchina biologica. Così lui divenne “un pesce rosso, che sapeva di essere in un vaso, divenne un gabbiano, che aveva provato l'ebrezza del libero volo”. Ma chi poteva veramente comprenderlo? Chi può comprendere ciò che non ha mai sperimentato? Dal testo di Chiappini: “Il giorno 6 novembre, giorno dedicato a San Leonardo, nella antica contrada di San Leonardo (ritorna Leo!), nasceva il secondogenito di Faustina Biagioli, consorte di Giuseppe Lazzaretti. Molti anni dopo, ...la mattina del 18 agosto “1878” (Aurobindo è nato il 18 agosto), la fucilata secca e precisa di un bersagliere, o carabiniere che fosse, mise fine alla sua vita... (aveva 44 anni). Il giorno 7 novembre 1834... fu battezzato nella Chiesa parrocchiale di San Leonardo, coi nomi di Rinaldo, di Leonardo e di David. Il primo nome gli fu messo dal padre; il secondo perchè nacque nel giorno di San Leonardo. Il terzo gli fu messo dallo zio e compare Giovan Battista Biagioli, il quale, mosso da interna ispirazione, disse: “Gli metto il nome David, perchè un giorno il mio compare sarà re David”. Da “L'uomo del mistero” di Gianni Repetto: “Il 25 aprile del “1848”, durante un viaggio con un barroccio, ebbe una visione nella quale un frate gli predisse che la sua vita sarebbe stata un mistero... Il 25 aprile “1868”, a distanza di vent'anni dalla prima, David ebbe un'altra visione nella quale il frate gli riconfermò il mistero della vita e lo invitò a recarsi dal Papa a rivelargli quanto aveva visto. Qualora non fosse stato ascoltato, avrebbe dovuto ritirarsi tra i ruderi di un convento presso Montorio Romano, vivendo da penitente con il soccorso di un eremita che avrebbe trovato sul luogo”. Si possono notare già le tre date, che si leggono nei due sensi, messaggio che, per me, è una costante: 1848, 1868, 1878. Nel 1869, ancora numero a me ricorrente, che poi è il simbolo del Tau, il femminile e maschile, la terra e il cielo, “David costruì sul picco del monte, aiutato dai suoi seguaci più fedeli, una torre a forma di tronco di cono, che doveva essere, nei suoi progetti, il primo edificio e simbolo della nuova Sion”.

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Ancora un altro collegamento con David: l'isola di Montecristo. Al tramonto, quando il cielo s'infuoca sull'acqua, essa appare, come sospesa sul bordo dell'orizzonte, proprio di fronte alla larga spiaggia di San Rocco, collegata da una linea invisibile alla strada del “Cristo”, che collega la cittadina a Grosseto. Si staglia centrale, un netto cono vulcanico, tra il promontorio dell'Argentario e l'isola del Giglio, da una parte, lo sperone ondulato di Punta Ala, la punta di Piombino con l'isola d'Elba, dall'altra. Un triangolo, coronato sempre dalle nuvole, qualcosa di magico e d'inaccessibile! Infatti non è possibile sbarcare sull'isola; solo d'estate, una barca autorizzata porta i turisti in una visita “guidata”, con tanto di scorta! Scusante il fatto ch'è zona privata, ma forse le sue viscere nascondono un segreto che non è rivelato. Comunque il luogo è incantevole: la scogliera rocciosa a picco sul mare, la macchia mediterranea dall'intenso ed incontaminato profumo, i rivoli d'acqua sorgiva, che scendono pei crinali, lo stradello, che s'inerpica sino alla grotta di San Mamiliano, dove, al riparo dal sole, appare una limpida e trasparente polla. “La grotta in Montorio, il Monte Labbro, Montecristo hanno in comune una storia di sacralità intrinseca al luogo e percepita fin dalla notte dei tempi. Com'è possibile che uomini vissuti in epoche diverse riconoscano in certi luoghi delle caratteristiche sacrali?”. Ancora dal testo di Mauro Chiappini. Certo, qui si sente bene: Montecristo è una porta... dimensionale, come certamente lo sono gli altri due siti. Dallo stesso testo: “In Montecristo, che si chiamava Mons Jovis (non assomiglia alla Maiella?), nel 5° secolo si ritira un certo San Mamiliano e da allora l'isola prese il nome di Mons Cristi. Nella grotta ove San Mamiliano era solito ritirarsi e che da lui prende nome, David, secoli dopo, ritorna sugli antichi passi e vi dimora. Potenza del caso?... Egli affermò sempre che quei luoghi gli venivano indicati nelle sue visioni”. Sempre la visione è espressione del contatto divino! Anche la ricerca, la necessità della “grotta” è data dal desiderio d'isolarsi dal mondo virtuale ed ingannevole, per entrare in “contatto” e, dopo, vivere e gestire l'illusione.

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Così per molti, così anche per me, che amo i luoghi dove le “onde dei cellulari” non arrivano, che ho sentito profondamente lo spazio vuoto del deserto, nel mio lungo soggiorno in Marocco, che adoro, particolarmente, i picchi rocciosi, come quelli della Sardegna, come quello del Monte Labbro. E' un ricordo forte dentro di me: un lago, un monte roccioso, gli ulivi... una grotta. Dopo la gita a Montecristo, come al solito... voluta, gli amici dell'isola del Giglio mi hanno parlato del Santo, ch'è anche loro patrono. La storia narra di lui grandi meraviglie, che combattè e riuscì a vincere tre enormi draghi che uscivano dal mare, provocando tempeste ed alte trombe d'acqua; li disperse e riportò la calma e la pace . Ho sempre avuto per lui, la visione di San Giorgio e il drago, quindi di Michele, con la sua spada infuocata. Ma anche la guida di David era senz'altro Michele, che gli appare in visione ed a cui dedica anche la grotta del Monte Labbro. Lui l'ha sempre chiamato! I resti di San Mamiliano, per il suo potere, furono contesi e il corpo, smembrato, sembra che fu diviso tra il Giglio, Giannutri ed anche l'isola d'Elba! Mons Jovis prese il nome di Mons Christi. Mamiliano, il Cristo del Monte Jovis, David il Cristo dell'Amiata. Anche in quest'ultimo, esiste un paesino, su di un cucuzzolo, che si chiama Montegiovi (guarda caso, dov'è nato il mio ex marito), considerando, poi, il già citato sito della Maiella, dove vive Giovanni, Giovi, come me. Quante assonanze e segnali! Poi il suo ripetuto contatto con la Francia, che sempre mi chiama. Dal testo di Gianni Repetto: “David senti il bisogno di propagandare la sua parola ai popoli, secondo la tradizione apostolica itinerante (anch'io mi sento un maestro errante). Decise dunque di recarsi in Francia, sostenendo che là Dio lo chiamava, stimolato forse dalle visioni sulle sue origini transalpine... Dopo una breve permanenza a Torino nella Casa di Don Bosco (mio padre Giovanni aveva studiato in un collegio salesiano ed era molto legato al Santo), David giunse a Grenoble nel 1873 (altri segni per me)... dove condusse nell'eremo una vita di rigida penitenza e scrisse il libro “I Celesti

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Fiori”, pubblicato in Francia, con il titolo “Le livre des Fleurs Celestes”(Lione 1876). Nel 1875, dopo essere tornato sul monte, si trasferì con tutta la famiglia di nuovo in Francia, ospite stavolta di un magistrato francese, Leone du Vacht, nostalgico legittimista che si era interessato alla sua opera. Costui era giudice a Belley, in Borgogna, ed ospitò il Lazzaretti prima a Saint Jean de Maurienne e poi, poiché David espresse il desiderio di dimorare in un luogo più solitario, a Beligny, presso Belley, in una casa di campagna di sua proprietà”. Ancora quanti segni, per questa zona intorno a Lione, luogo di particolari energie; in Sardegna, certamente ispirato, Francesco mi ha presentata un'amica francese di Lione, con la piacevole prospettiva di andarla presto a trovare. Lione, Leon...ma non è nel golfo del Leone che Maria Maddalena sbarcò, proveniendo dalla Palestina? “David e Michele, Michele e David”, questi i primi segni, al mio risveglio nel '93. Questi i nomi ancora nel mio cuore. Dal testo di Mauro Chiappini: La mia lotta con Dio e libro dei Sette Sigilli “ I simboli che danno termine all'apparire della prodigiosa Verga, sono un segno che da essa e da me si comprende il Mistero, poiché detto segno (il simbolo comparso dopo Montorio Romano), il suo e il mio nome contiene per senso inverso di una croce in mezzo. A questo misterioso segno ho congiunto molti simboli di questo settimo Libro e Sigillo con tre leoni ed un'aquila, tenenti una corona triregno in testa, una Verga, una gemma, una spada, uno scettro, un Libro ed una stola”. Ancora “Qui l'uomo del Labaro tocca il punto più alto e significativo della sua enunciazione e della sua manifestazione. Tutto rimanda all'incorrotta catena delle alleanze tra Dio e l'uomo e riecheggia il senso del sacerdozio eterno di Melchisedek. Non per caso, né per effetto scenico, egli aveva detto: “ Io non avevo mai parlato all'altare ma ora conviene, ho il diritto di farlo, perchè sono Sacerdote Eterno secondo l'ordine di Melchisedek ”. Sempre da Gianni Repetto: Apocalisse, 21-1,2. “E vidi un nuovo cielo e una nuova terra; perchè il precedente cielo e

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la precedente terra erano passati, e il mare non era più. E vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, come una sposa adorna per il marito”.

Dov’è la tua casa?

Dov’è la tua antica dimora?

È nei cieli ancestrali

del divenire.

(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )(Giovanna Mancini )

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BIBLIOGRAFIA Anna Maria Bona, Il viaggio nel tempo con Uriel, Ed. Melchisedek

Bhagwan Shee Rajneesh, Il libro dei segreti, Edizione Bompiani

Corrado Malanga, Alieni o demoni, Edizione Chiaraluna

Daniel Meurois - Givaudan, Come dio divenne Dio, Edizioni Macro

Deepak Chopra, La Cabala - Carte per la meditazione, Edizioni Armenia

E. J. Gold, Il risveglio della macchina biologica, Edizioni Clisalide

E. J. Gold, La vita nel labirinto, Edizioni Clisalide

Gianni Repetto, L'uomo del mistero, Edizioni Effigi

Giovanni Nencini, Umbria meravigliosa (poesie), Edizioni Terni

Herman Huarache Mamani, La profezia della Curandera, Ed. Piemme

Jasmuheen, Nutrirsi di luce, Edizioni Mediterranee

Kryon, Lettere da casa, Edizioni Macro

Lobsang Rampa, Il terzo occhio, Editrice Mondadori

Luca Ceccarelli e Paolo Cautilli, La rivelazione dell'Aquila, Edito in

proprio, L'Aquila

Luisa Muratore , Gli occhi del cielo, Editrice Nuovi Autori

Marcello Stanzione, 365 giorni con Michele Arcangelo, Edizione Segno

Marco Bragadin, L'eredità dell'Ordine di Melchisedek, Ed. Melchisedek

Mario Pincherle, Il segreto della Bibbia, Ed. Melchisedek

Maurizio Cavallo , Oltre il cielo, Edizione Verdechiaro

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Mauro Chiappini , David Lazzaretti - Dal Monte Labbro a Rennes le

Chateau, verso “L'arca della Nuova Alleanza”, Edizione Lazzaretti

Orazio Valenti, El Dorado risorgerà, Edito dall'Associazione Agorà,

Catania

Satprem, Evoluzione 2, Edizione Mediterranee

Steve Rother, Segnali di luce, Editrice Stazione Celeste

Tino Paglialunga, Gli archetipi e il serpente piumato, Franchellucci

Editore

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Shamada

è sempre disponibile per domande e chiarimenti relativi al testo.

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Immagini del libro

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Disegno di Patrizia

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Opera dell'autrice

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Opera dell'autrice

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La Porta

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Opera dell'autrice

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Opera dell’autrice

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Opera dell'autrice

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Opera dell'autrice

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IL RISVEGLIO DI MADDALENA: il corpo che cantaIL RISVEGLIO DI MADDALENA: il corpo che cantaIL RISVEGLIO DI MADDALENA: il corpo che cantaIL RISVEGLIO DI MADDALENA: il corpo che canta

Il libro narra momenti della vita dell'autrice, ini ziando dal 1993, anno del suo risveglio e contatto con la sua essenza spirituale, l'Arcangelo Michele. Il passato ed il presente s'alternano, regolati dalla sincronicità, nella consapevolezza che il tempo è un programma della mente. La discesa della grande energia, i fenomeni conseguenti, che l'autrice definiva paranormali, che Michele ha definito mistici, perchè frutto del collegamento tra cervello, anima e spirito, e che, in seguito, la stessa ha poi denominato come risveglio della macchina biologica, tutto viene descritto in un modo gioioso e pittorico, come se non esulassero dalla quotidianità, perchè appartengono al vivere giornaliero, solo in un'altra frequenza. Così il contatto con l'Arcangelo appare qualcosa d'intimo, un costante innamoramento, gli incontri con esseri d'altri pianeti, sempre in quella "bambagia", non creano disagio più del dovuto, poiché, in quel momento di "qui ed ora" tutto è visto nel distacco....

Ma nella semplicità dello scorrere, è posto l'obiettivo. Dice l'autrice: "E' scritto per coloro che non si accontentano di un programma di massa, ma si pongono domande, ricercano risposte a fatti che accadono, a sensazioni, intuizioni, disagi, in questo momento sempre maggiori , per il cambiamento di frequenza. Spero che le tante cose che ho raccontato, spesso così personali, e che invece non lo sono, perchè tutti, consapevoli o no, siamo collegati, spero, ripeto, possano evitare l'uso di farmaci o terapie errate".

Shamada Gio è nata ad Orbetello, un paese a forma di pesce, nella laguna dell'Argentario, il 21 agosto, nel segno del leone. Ha trascorso molta parte della sua vita di bambina a Gavorrano, un altro magico paese, che si stende su miniere di pirite argentifera, tra i castagni e le rocce che facevano da sfondo al suo mondo incantato e non rivelato. E' vissuta poi a Grosseto, dove ha insegnato, essendosi laureata in Lettere; presto, sotto la spinta interiore, che ancora non definiva , si è trasferita a Roma, dove è vissuta molto tempo e si è laureata in Psicologia, specializzandosi in Ipnosi Ericksoniana e P.N.L.

E' stato nel periodo degli studi che sono aumentati i fenomeni "paranormali", finché nel 1993, all'indomani della laurea, c'è stato un "risveglio della macchina biologica", con il contatto con la sua essenza spirituale, l'Arcangelo Michele. Dopo viaggi in India, Egitto, Sud America e Nord Africa, per conoscere ciò che sentiva nel cuore, ha creato l'associazione "Il ponte di luce", ora diffusa in tutta Italia, e poi il GUM, gruppo ufo M ichael.

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