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Cesare Ajroldi Dario Cottone Il nuovo museo del mare a Palermo L’ordine dell’architettura prefazione di Franco Purini postfazione di Sebastiano Tusa

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Cesare AjroldiDario Cottone

Il nuovo museo del mare a PalermoL’ordine dell’architettura

prefazione di Franco Purini

postfazione di Sebastiano Tusa

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A Giulia Vittoria Suerte

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Direttori

Cesare AjroldiUniversità degli Studi di Palermo

Tiziana BasiricòUniversità degli Studi di Enna “Kore”

Comitato scientifico

Antonio CottoneUniversità degli Studi di Enna “Kore”

Riccardo NelvaPolitecnico di Torino

Angelo TorricelliPolitecnico di Milano

Daniele VitalePolitecnico di Milano

Comitato di redazione

Responsabile

Dario CottoneUniversità degli Studi di Palermo

Simona BertorottaUniversità degli Studi di Palermo

Fosca MiceliUniversità degli Studi di Palermo

Della stessa collana

1Simona Bertorotta, Dario CottoneIdee per una nuova città moderna

Concorsi di Architettura a Palermo

2Dario CottoneTradizione e modernità

Le architetture di Pietro Ajroldi

3Tiziana Basiricò, Simona BertorottaL'industrializzazione nei quartieri di edilizia resi-

denziale pubblica

4Rossella CorraoArchitettura e Costruzione nella Palermo tra le due

Guerre. Tre edifici pubblici emblematici

5Federica Scibilia, Nunzio ScibiliaPietro Scibilia

Ingegnere Architetto (1889-1971)

Il volume è stato realizzato con il contributo diFondazione Pietro BarbaroDamir PubblicitàOrdine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Palermo

Con il patrocinio diComune di PalermoAutorità Portuale di Palermo

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DAL PROgETTO ALLA COSTRUzIONE ALLA CITTà

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La collana intende incentrare la sua atten-zione sui processi legati al progetto ed allacostruzione dell'architettura modernanella città ai fini anche della conser-vazione e recupero degli episodi più significativi.Al suo interno sono pubblicati volumisviluppati e curati all’interno di gruppi diricerca appartenenti al mondo universi -tario. La collana vuole essere il luogo dellamulti disciplinarietà ma avendo comefermo e preciso punto di riferimento ilprogetto (in tutte le sue declinazioni) inquanto strumento di analisi e modifi-cazione delle nostre città.Particolare attenzione sarà riservata allaconoscenza di protagonisti ed operespesso noti solo agli studiosi locali.

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Indice

Il luogo del nuovoFranco Purini 9

L’ordine dell’architettura per il Museo del MareCesare Ajroldi 13

Caos calmo, Palermo e il suo mareDario Cottone 31

Urbis Felicis Panormi. L’Arsenale della Marina Regia di SiciliaEliana Mauro 41

I principi dell’architetturaOswald Mathias Ungers: dal Museo di Architettura di Francoforte al Centro Civico di gibellina NuovaFosca Miceli 55

I riferimenti progettuali per una teoria della conoscenzaGiuseppe Borzellieri 67

I progetti didattici 81

Πάν-όρμος / Πάν- γῆ / Πάν - θάλασσα

tutto – ormeggio / tutta – terra / tutto - mareSebastiano Tusa 211

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Il luogo del nuovo

Franco Purini

Il nuovo Museo del Mare a Palermo. L’ordine

dell’architettura, di Cesare Ajroldi e DarioCottone, che lavora con Ajroldi da molti anninella didattica e nel progetto, è un librodedicato a un tema importante. Un tematriplice, le cui riverberazioni coinvolgono unaserie di ambiti contigui determinandointerrelazioni vitali. Attraverso tre corsicompositivi dedicati a questo argomento, unciclo che ha permesso al docente e ai suoiallievi di istruire il problema in termini quantomai esaurienti e complessi, viene infattiproposto il recupero di un testoarchitettonico fondamentale dell’identitàarchitettonica della capitale siciliana,l’Arsenale, nucleo funzionale erappresentativo dell’antico porto. Un testorestituito a una visibilità nuova e a unafunzionalità urbana altrettanto inedita,espresse da una sua completa ridefinizionearchitettonica, frutto di una accurata indaginefilologica e costruttiva. Una ridefinizione laquale, tra restauro e ridisegno, configura inmodo completo e organico l’anticomanufatto. Nell’edificio viene poi sistemato ilMuseo del Mare, una struttura espositiva e diricerca che consentirà alla città di rendere unaparte importante della sua storia di nuovodisponibile ai cittadini e ai visitatori. Infine sisottopone all’attenzione della culturaarchitettonica un’esperienza progettualeinnovativa, dalla quale è possibile trarreindicazioni essenziali non solo sul tematrattato, ma sulle potenzialità di cambiamentodi Palermo e dell’intera Sicilia. Prima di farealcune altre considerazioni sul libro è perònecessario parlare degli autori di questo

volume il quale, nonostante il suo aspettoagile e sintetico, è sicuramente un contributonecessario e durevole per una maggiorecapacità strategica della scuola architettonicapalermitana, chiamata a intervenire di più econcretamente sulla città.

Cesare Ajroldi è stato uno dei migliori allievidi Alberto Samonà, ma si è anche interessatoda sempre del lavoro teorico e progettuale digiuseppe, il padre del suo maestro, una figuracentrale dell’architettura italiana delNovecento. Una figura che se ha sempregoduto di una vasta notorietà, deve essereancora riscoperta e valutata in realtà in moltisuoi aspetti. Ad essa Cesare Ajroldi harecentemente dedicato un libro importante,contenente due saggi inediti i quali,nonostante siano stati scritti da circa quattrodecenni, letti alla luce della condizione attuale,dimostrano una sorprendente attualità.Docente storico della Facoltà di Architettura diPalermo, Cesare Ajroldi è un architetto chedai due Samonà ha ereditato un forte sensoplastico della forma che affianca e in qualchemodo contrasta una spiccata capacitàanalitica, anch’essa un esito dell’insegnamentosamonaniano. Attento, come nelle piùautentica e produttiva tradizione italiana, allarelazione fondativa tra architettura e città, eglisa unire a una ampia e precisa comprensionedelle relazioni tra luogo e progetto unavisione che si potrebbe definire trattatistica delcomporre in quanto costruzione di unsistema logico, reso più vivo dall’intervento,nell’insieme di scelte rigorose, di un’imprevista accelerazione formale.L’ispirazione plastica tratta dalle architetturedi giuseppe e Alberto Samonà, dedotta perinciso da entrambi dalla lezione che Le

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Corbusier aveva a sua volta assimilato dallaclassicità mediterranea, si fa nella visione diCesare Ajroldi orizzonte tematico invariante,paradigma di una scrittura architettonicarivolta alla pienezza, al carattere finito e allalunga durata della forma. Intrinsecamentesperimentale, forse al fine di non chiudersi inun sistema teorico e operativo di carattereaccademico, la sua posizione apparestrutturata in modo coerente ed evolutivo.Nel periodo della sua formazione CesareAjroldi ha avuto modo di confrontarsi conuna pluralità spesso conflittuale di visionidell’architettura. Tra la fine degli AnniSessanta e i primi Settanta la Facoltà diArchitettura di Palermo ha vissuto un periodointenso, contrassegnata da una molteplicità diorientamenti dovuti al numero considerevoledi docenti provenienti da contesti esterni.gino Pollini, Vittorio gregotti, FrancescoTentori, Manfredo Tafuri, anche se per unsolo anno, Vieri Quilici, il già ricordatoAlberto Samonà, dettero vita a un momentoculturale di estrema vitalità. Al contempoalcuni giovani docenti palermitani – primi tratutti Pasquale Culotta e giuseppe Leone –cercavano, in un periodo per inciso piuttostofortunato dell’architettura italiana, la propriaidentità architettonica rivolgendosi alla culturanordamericana, in particolare a Richard Meiere al regionalismo di Charles Moore pre-

postmodernista opponendosi, anche se in modonon frontale, alla influenza samonaniana. Iltutto all’interno di una originale dialettica trasublime e pittoresco. Roberto Collovà guardavainvece al mondo formale nella scuola diPorto, scegliendo l’opera di Alvaro Siza, conil suo empirismo contestuale e la sua sapientesprezzatura, come riferimento principale. Insintesi Pasquale Culotta, giuseppe Leone e

Roberto Collovà tentavano di affermareun’autonomia tematica della scuola palermitana,fondandola però non tanto su elaborazioniespresse dalla cultura locale, quanto datematiche dettate dal panoramainternazionale, mettendo così, in secondopiano, il contributo italiano al dibattitoarchitettonico, in quella stagione, come si èappena detto, particolarmente rilevante. Negliultimi anni Andrea Sciascia ha rilettocriticamente il lascito di Pasquale Culotta e digiuseppe Leone, cercando al contempo diconferire a posteriori alla scuola palermitanauna sua unità problematica.

Cesare Ajroldi partecipò di questa situazionepolicentrica, e sostanzialmente conflittuale,con una consapevolezza progressivamentecrescente che gli ha consentito nel tempo direndere sempre più chiara e operante la suaposizione. Il centro della sua idea diarchitettura è, e non poteva essere altrimenti,la sua vicinanza alle teorie dei due Samonà, larelazione tra tipologia e morfologia. Chi scriveha già affermato che nell’impostazionedisciplinare di Cesare Ajroldi non c’è quellavalenza dottrinaria che ha caratterizzato unaparte considerevole della produzionearchitettonica della generazione alla quale egliappartiene e, prima di questa, degli architettidella generazione precedente. Per l’autore dellibro la tipologia e la morfologia sono dueentità processuali, che si definiscono all’internodi una sfera di identità e di differenze, in unacontinua dialettica tra sincronia e diacronicitàdelle fasi evolutive relative agli organismiinsediativi. In particolare la morfologia nonha più quella staticità sovrastorica che si puòconstatare in altre analoghe visionidell’architettura. Al contrario essa si propone

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come l’esito di trasformazioni continue nellequali la struttura urbana cerca assetti nuovi inuna relazione dinamica e creativa tra continuità

e discontinuità. Più che un modello concettuale ricavato dasuccessive e sempre più totalizzanti astrazioni,la città è per lui un fenomeno che nonconsente interpretazioni univoche, anche secontinua a richiedere una tendenziosità dilettura, seppure criticamente intesa nonchécircoscritta a intorni scalari attentamenteprecisati. Estraneo a massimalismidisciplinari, a concezioni troppo realistiche,nel senso di un’adesione incondizionata allelogiche dominanti, e a quell’estetismo elitariopraticato da coloro che non voglionoidentificarsi con alcun orientamento, CesareAjroldi non cade neanche nell’equivocometodologico che negli ultimi anni hapurtroppo interrotto più di un promettenteitinerario conoscitivo e creativo. In breve lanarratività che plasma nel tempo la scenafisica della vita umana è stata sapientementeassunta da Cesare Ajroldi come unostrumento privilegiato, il quale ha fatto sì cheil suo sguardo sulla città sia equilibrato eprofondo, attraversato da una attitudine aricondurre la molteplicità dei fatti, delle cosee delle persone a poche categorie centrali.

Il libro si avvale di una densa introduzionedell’autore, in verità un saggio nel quale siaffrontano con una ammirevole chiarezza discrittura alcune questioni tra le quali lacondizione attuale dell’Arsenale; ladefinizione di una possibile teoriadell’architettura attraverso un rapido maefficace riepilogo di una serie di posizioniespresse in alcune enunciazioni trattatisticheantiche e moderne; il principio dell’ordine

come categoria essenziale per l’esistenzastessa della forma architettonica; un’idea dellacostruzione; il progetto come strumento diconoscenza, luogo concettuale e operativo nelquale l’intenzione trasformativa èconsustanziale alla natura dell’oggettoarchitettonico, inteso come un insieme dotatodi una intrinseca finalità costitutiva. Segue poiuna rassegna di Musei del Mare che hapermesso a Cesare Ajroldi di individuare irequisiti tipologici e rappresentativi di questogenere di edifici.

Il testo di Dario Cottone, autore di progetti(premiati e pubblicati) che hanno come fulcroil tema dello spazio urbano, si sofferma invecesul tema del rapporto tra la città e il suo mare,un tema difficile e negli anni a voltesottovalutato, ma che recentemente è tornatoall’attenzione degli addetti ai lavori. Il saggioespone le esperienze progettuali sviluppate aPalermo all’interno di una struttura tecnicacreata ad hoc.

Il testo si conclude con una valutazione deiprogetti didattici elaborati nel 2009-2010,2010-2011, 2012-2013.

Scorrendo le tavole che illustrano le proposteè facile constatare la corrispondenza tra lavisione dell’architettura degli autori e i risultatiprogettuali conseguiti dagli allievi. Tutte leproposte si situano infatti nell’ambito di unarazionalità vissuta non in modo rigido econvenzionale, ma messa positivamente intensione con una volontà formaleaccuratamente controllata. Tuttavia talevolontà è anche lasciata libera di svolgere unasorta di controcanto rispetto alla regola. Nerisulta un comporre strutturato attraverso

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scelte decise e conseguenti, al contempoattente però ai valori spaziali nelle loro piùinaspettate e misteriose risonanze. L’attitudinedi Cesare Ajroldi di pensare la dimensioneplastica in rapporto alla luce anima tutti iprogetti, così come una limpidezza tettonicaorganizza la costruzione secondo correttearticolazioni logiche. Nel loro complesso leproposte, che si differenziano soprattutto peri maggiori o minori livelli di intensità -

un’intensità musicale, si dovrebbe dire- nellatessitura degli spazi, rappresentano unprezioso patrimonio di idee offerto alla cittàperché essa rimetta in circolo le sue memoriepiù segrete ma anche più coinvolgenti. Ilnuovo infatti è ciò che viene prodotto dalsenso di ciò che è stato. E sicuramente aPalermo la tradizione portuale, che le ha datoil nome, è il luogo del nuovo più autentico eoriginale.

Franco Purini

Roma 7/10/2014

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L’ordine dell’architettura1 per il Museo del

Mare

Cesare Ajroldi

Il progetto del nuovo Museo del Mare aPalermo, nell’Arsenale costruito da MarianoSmiriglio, è un tema affascinante, perché sitratta di un monumento di grande valore, dicui è rimasta, a seguito dei bombardamentidell’ultima guerra, soltanto la parte antistante,quella “aulica”.Questa parte dell’edificio seicentesca èabbastanza ben conservata, a parte laavvenuta chiusura dei grandi vani da cuiuscivano le navi, mentre la parte retrostante,composta di una serie di volte a crocieraparallele, in cui si costruivano i vascelli, nonesiste più, ed è stata occupata dai CantieriNavali, che vi hanno sistemato un complessodi binari e di macchinari. Si tratta però di uncomplesso che non presenta costruzioniarchitettoniche, per cui è possibile ripristinareil sedime originario dell’edificio.Inoltre, è cambiato radicalmente il rapportocon il mare, che un tempo lambiva il grandemanufatto, mentre oggi si è allontanato dimolto, e su questo spazio sono sorte nuovecostruzioni. Nella dimensione didattica èproponibile una riconfigurazione di questospazio antistante l’Arsenale, anche se non èpossibile riproporre la condizione primitiva,non solo o non tanto per la complessità e ilcosto dell’intervento, ma anche per lapresenza di un vecchio bacino di carenaggioche, almeno in prima istanza, deve esseremantenuto, e che confligge con l’ipotesi diuna completa restituzione di quel rapporto.Oggi poi il monumento è in parte inglobatoall’interno dei Cantieri Navali, occupa quindiun’area assai poco frequentata, al limite

estremo del porto, al di fuori dei percorsiprincipali: recuperare quest’area a unafunzione pubblica, che si inserisca all’internodi un progetto complessivo che riguardil’intero porto, è un obiettivo di grande rilievo.

Questi temi sono temi attuali, che hannocostituito il lavoro di un Laboratorio diProgettazione Architettonica, al quarto annodella Facoltà di Architettura di Palermo, pertre anni. Sono anche temi che possono trascendere ilpuro esercizio didattico, e divenire la base diun progetto realizzabile, ora che laSoprintendenza del Mare ha assunto un ruolodi responsabile del monumento: è questo ilsenso di questo libro, cioè quello di ipotizzareuna ri-costruzione dell’edificio, secondoprocedimenti che hanno guidato il lavorodidattico e che qui vogliamo riportare.Va detto inoltre che da alcuni anni l’Arsenaleè stato parzialmente restaurato, e vi è statosistemato un Museo del Mare, prima agestione privata, ora della Soprintendenza, main spazi inadatti per la loro consistenza, e conmateriale eterogeneo, tale da non poterloqualificare appieno come tale, al pari di altriMusei di ben altre dimensioni, di cuitracceremo le linee fondamentali.

Il monumento si presenta in un modo chepossiamo definire esemplare: nella parteretrostante del corpo rimasto sonoperfettamente visibili le tracce delle volte acrociera crollate, per cui è possibilericostituire idealmente la configurazioneoriginaria, che è anche documentata da unaserie di disegni e fotografie. Inoltre, sul latosinistro dell’edificio, guardando dal mare, èrimasto un muro basso con finestroni in

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Arsenale di Palermo: veduta, pianta e prospetto principale dello stato attuale; pianta e modello dell'edificio primadelle distruzioni

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pietra ad arco ribassato, che ci permette diriconoscere il limite in profondità,coincidente con una porta, sempre in pietra,parzialmente crollata ma facilmenteripristinabile.L’esercizio svolto, le cui procedure sono,come detto, utilizzabili anche per un progetto“reale”, ha inteso naturalmente conservareciò che resta del monumento, compreso ilmuro a bandiera, e ha imposto un limite dialtezza alla ricostruzione, sia per ristabilire unrapporto congruo tra la parte contrassegnatada forti elementi architettonici: finestrericcamente disegnate, cornici, cornicione,eccetera, e la parte certamente più semplice epiù bassa, sia per evitare di ostruire, anchesolo otticamente, gli elementi architettonicianzidetti. Quindi il limite di altezza, almenoper la parte che si accosta al monumento, èquello delle tracce degli arconi, cioè circa 12metri.

A causa del crollo completo della parteretrostante del monumento, non si è ritenutonecessario un ripristino “come era e doveera”, ammesso che ciò sia possibile (vedi peresempio un caso emblematico, la profondadifferenza dei tre progetti relativi al Teatro LaFenice, che in teoria avrebbero dovutocorrispondere a quella procedura), ma sonostati messi a punto dei modi di intervento chehanno guidato il lavoro. E che sono, val lapena ripeterlo ancora, non solo un metododidattico, ma un metodo che si propone comevalido in circostanze come questa.Confrontarsi con un monumento,naturalmente, comporta un’operazione dotatadi vincoli, ma, come diceva Kahn, i vincoli inun progetto costituiscono un arricchimentodel processo creativo e non un impedimento.

Questo vale anche nell’insegnamentodell’architettura: i miei corsi comportanosempre la presenza di vincoli, il rapporto conmonumenti o comunque con opere delpassato, delle cui regole gli studenti devonotenere conto.

Questi modi di intervento, su cui ora si scriverà,configurano l’operazione architettonica comedotata di un sua teoria: nel senso che solo unaoperazione teorica può essere trasmissibile edescrivibile, così come deve esserlo unaoperazione didattica e come deve esserlo, anostro avviso, ogni progetto di architettura.Sosteniamo che l’architettura sia unadisciplina, con un suo statuto consolidato.Sappiamo che sul tema della teoria ci sonoposizioni differenti. Non possiamo tralasciarel’affermazione di Rossi2 che afferma lanecessità di una teoria della progettazione, dicui un punto basilare consiste nello studio deimonumenti; gli altri sono il discorso sullaforma dell’architettura e la lettura delle città.Dall’altro lato, Purini3 afferma che si puòparlare di teoria solo a posteriori, e non a priori,

essendo l’architettura una scienza artistica, oun’arte scientifica, in cui c’è spazio anche per lacreazione della forma, con la suaimprevedibilità, oltre che per la costruzionedi un apparato scientifico.Si tratta, come si diceva, di posizionidifferenti, ma che ammettono tutte un ruolofondamentale della teoria. È necessario unfondamento logico alla progettazione, anche sepoi ogni progetto apporta una componentedi novità, di trasgressione; vedi a questoproposito la citazione di Diaz fatta da MartíArís in Le variazioni dell’identità: “progettare ètrasgredire un determinato tipo con decisionilogiche”4 (nella nostra trattazione possiamo

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parlare di trasgressione delle regole).Sulla questione della teoria, è possibile riferirsiall’ultimo, illuminante breve scritto di BernardHuet sullo stato della teoria dell’architetturanel XX secolo, in cui egli pone la differenzatra dottrina e teoria, sostenendo che la granparte della produzione del XX secolo ècomposta di dottrine. Stabilisce infatti ladifferenza tra dottrina e teoria: la dottrina èciò che ogni architetto dice di vederedell’architettura, è l’esplicitazione di un puntodi vista, di un atteggiamento, nei confrontidell’architettura; la teoria è l’organizzazionesistematica dei saperi sull’architettura edell’architettura, è ciò che permette di pensarel’architettura come produzione intellettuale,ciò che permette di costruire un oggettoteorico che si chiama “architettura” (a partiredalla elaborazione di Leon Battista Alberti).Sia la dottrina che la teoria sono unaorganizzazione cosciente, intellettuale, la cuibase sono sempre le tre categorie di Vitruvio:firmitas, utilitas, venustas5.Parleremo quindi soprattutto di dottrine perl’architettura moderna: d’altra parte,Monestiroli sostiene che l’ultima elaborazionedi una teoria risale a quella classica6. Unesempio noto a tutti è costituito dal testo Vers

une architecture del 1923 e dai 5 punti per una

nuova architettura di Le Corbusier, del 1927,applicati poi questi nella loro interezza per ilprogetto della Villa Savoye.Ogni elaborazione, sia relativa alla teoria chealla dottrina, si traduce in un sistema di regole,

che ha una durata connessa a quellaelaborazione. Si pensi appunto ai 5 punti, maanche alla coeva lettura di Le Corbusier delle4 composizioni, attraverso cui analizza quattroville (La Roche, garches, Citrohan alWeissenhof, Savoye) attraverso parametri

basati sulle procedure di progetto. Ma si pensianche a Leon Battista Alberti, che sostiene lacorrettezza del rapporto tra pilastro e arco,appartenenti entrambi al sistema murario,mentre la colonna deve essere associata allatrabeazione, in quanto appartiene al sistemaarchitravato. Si tratta di un chiaro rapporto trasistema architettonico e sistema costruttivo,che riprenderemo in seguito.Un sistema di regole può essere lettonell’analisi di un monumento e costituire labase delle scelte progettuali da effettuare sulmonumento stesso, come nel caso delprogetto di cui ci stiamo occupando. D’altraparte, sosteniamo con grassi che il corpus delladisciplina architettonica è costituito da tuttele architetture, costruite o progettate. È una posizione che consente di resistere auna deriva dell’architettura contemporanea,quella più “alla moda” che sempre piùavvicina l’architettura al puro atto artistico.

Tornando alla questione della teoria,giuseppe Samonà, che giudica il M.M. comeultima espressione dell’Umanesimo, si ponesul piano di un possibile avanzamentodell’architettura attraverso la razionalità, da unlato, e dall’altro attraverso la capacità di unlinguaggio nuovo, frutto dell’integrazione tralinguaggio dei segni e linguaggio parlato, cheporti a un ruolo nuovo della forma7. Pure nelsuo caso, i monumenti giocano un ruolofondamentale nel raggiungimento di questoobiettivo.Emerge oggi invece sempre di più, comedetto in precedenza, una posizione che tentadi riallacciarsi alle avanguardie dell’inizio delXX secolo, da cui pure ebbe inizio il M.M.,rivendicando una libertà praticamenteassoluta, che è tipica dell’opera d’arte, la quale

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non deve essere “utile” a nessuno, mentrel’architettura fa sostanzialmente riferimentoai bisogni dell’uomo. E in tal modo questimovimenti tralasciano completamente quelliche sono a mio avviso i fondamentidell’architettura: l’ordine e la costruzione, chehanno una forte connessione.

La nozione di ordine è fondamentale inarchitettura: senza ordine non esistono forme,solo aggregazioni; ricordiamo che per Kahn(così come per Mies) forma è ordine.Scrive Kahn, mettendo in relazione ordine ecostruzione:

“Progettare è comporre forme in ordine. La forma emerge da un sistema costruttivo.Crescita è costruzione. Nell’ordine è la forza creativa. Da quello che lo spazio vuole essere l’ignotopuò essere rivelato all’architetto. Dall’ordine lui deriverà la forza creativa e ilpotere di autocritica per dare forma a questoignoto. Il Bello evolverà”8.

Anche per Le Corbusier il tema dell’ordine èbasilare: esso si esplicita nella lungaelaborazione del Modulor, negli anni a cavallodella guerra, con la volontà di giungere a unsistema di misura legato all’uomo, ma anchea rapporti armonici come la sezione aurea,presente in natura sotto molteplici aspetti, ela serie di Fibonacci9. Come scrive Juan Calatrava nella postfazioneal Poème de l’angle droit, “…il Modulor

presuppone la proporzione sulla base delcorpo umano, facendo in modo che l’uomoprogetti le sue relazioni con il mondo in baseallo stesso ordine”10.

E ancora Calatrava, riferendosi a questostraordinario libro di Le Corbusier, compostonegli stessi anni del Modulor con una serie didisegni a tutta pagina, di grande formato,accompagnati da pagine scritte a manodell’autore:

“….già dagli anni venti, Le Corbusier andavaelaborando una concezione cosmica,iniziatica, euristica, e non matematicamenteastratta (più pitagorica che euclidiana, com’èstato segnalato in varie occasioni) dellageometria. già a partire dal 1921. i tracciatiregolatori introducevano una sfumatura (nonsempre adeguatamente evidenziata) nellapoetica ‘macchinistica’ dell’architetto, con latesi di una particolare geometria inerente allospirito stesso dell’uomo, una geometria‘naturale’ che cessa ormai di essereconsiderata come una costruzioneintellettuale astratta per insistere piuttosto sulsuo carattere spirituale e istintivo, in cui ciòche conta non è più il calcolo scientifico bensìl’armonia - nel senso più strettamentemusicale del termine - con le leggidell’universo. Sebbene tutto ciò avesse cominciato adelinearsi solo nel corso dell’evoluzione delsuo pensiero architettonico e plastico, èquesta l’idea della geometria che si plasmanella metafora dell’angolo retto, come sipresenta nel più chiaro precedente teorico dellibro di cui ci stiamo occupando: l’articoloL’Angle Droit, pubblicato nel 1924 sul numero18 di «L’Esprit Nouveau». In esso, l’angoloretto è elevato a metafora centrale delcompito dell’artista nel mondo: cercare ditrovare le costanti dell’arte, basate sulla naturaumana; insistere su ciò che è ‘normale’,comune a tutti gli uomini e alla loro maniera

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Cesare Ajroldi, progetto di casa a Partanna Mondello, 2014: prospetto, pianta del piano terra, prospettiva(l’ordine dell’architettura)

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di relazionarsi con il mondo, incontrapposizione all’importanza attribuitadalla maggior parte delle avanguardie a ciòche è eccezionale, ‘anormale’ […] L’attocreativo è, così, un processo diriconoscimento delle leggi che governano ilmondo, ma al tempo stesso un’azionepositiva, produttrice di ordine in quantol’azione cessa di essere arbitraria e si adegua,invece, al contenuto essenziale di quelle leggi.E la geometria non è più fredda astrazionematematica ma flessibile adattamentodell’operare umano a dette leggi basilari; èpiuttosto un fieri, un ideale diperfezionamento. La perfezione dell’angoloretto risiede, così, innanzitutto nell’essere ilrisultato geometrico dell’incontro, tra laverticale e l’orizzontale, di due leggifondamentali: è la legge della gravità quellache produce la verticale, mentre l’orizzontaleè il piano del suolo terrestre o del livello in cuifinalmente le acque trovano stabilità, la lineadell’orizzonte”11.

Questo tema dell’ordine diventaparticolarmente evidente nei confronti delmonumento esaminato, vista la sua assolutasimmetria, che è stata rispettata dai progettididattici nella maggioranza dei casi; quandoessa è stata trasgredita, ciò è avvenuto con lacoscienza dell’operazione in corso.

Un’altra questione fondamentale inarchitettura è quella della costruzione.Ricordiamo in questo senso le parole diPerret, contenute negli aforismi checompongono il suo testo Contribution à une

théorie de l’architecture12.“La costruzione è la lingua maternadell’architettura, l’architetto è un poeta che

pensa e parla in costruzione”. “L’architetturaè l’arte di organizzare lo spazio, è attraversola costruzione che si esprime”.Anche per Le Corbusier la costruzione èmomento centrale della fondazione dellanuova architettura. Per Le Corbusier, lastruttura portante dell’edificio coincide con lastruttura logica.La questione della costruzione è sempre perme, dal punto di vista didattico, un elementofondamentale, che i progetti devonorispettare, non certo attraverso un calcolodettagliato, ma attraverso una impostazionecorretta della struttura.

Il tema della costruzione si lega a quello dellacittà, di quella che possiamo chiamare “cittàdi pietra”.Palermo è una città mediterranea, figlia diantiche civiltà, fenicia, greca e romana, “i cuivalori estetici sono diventati nel tempo idealicondivisi dalla cultura occidentale”13. I valoridell’architettura classica hanno appunto ilcarattere di intellegibilità che li rendeuniversali e permanenti nel tempo. Anchel’architettura moderna ne è stata permeatanell’opera dei maestri, pur proclamando il suoessere strutturalmente legata allatemporaneità. Ritengo per questo che si possa e si debbaancora parlare di regole, perché soloattraverso le regole si può pervenire adarchitetture dotate di autenticità e autorità.

Il progetto di architettura si configura in talmodo come risultato scientifico, analizzabilein termini scientifici, dando concreta rispostaalla definizione di progetto come strumento di

conoscenza, emersa nella feconda fasedell’elaborazione, soprattutto italiana, che ha

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condotto alla profonda trasformazione dellascuola da scuola a carattere professionale aluogo di riflessione culturale sulla disciplina ei suoi fondamenti.

Si tratta di un progetto di restauro, ma quidobbiamo affermare la definizione delrestauro come progetto di architettura: èsuperfluo ricordare come, nella situazioneattuale, la maggior parte dei progettiattengono ad interventi sul costruito. D’altraparte, quasi tutti i progetti di riferimentoproposti dal Laboratorio, così come tutti iprogetti sul Museo del Mare di Palermo, sonooperazioni di restauro, in quanto sipropongono come uno dei temi prioritariquello della conservazione di un monumento,più o meno degradato: ma costituisconocertamente un’opera di progettazione, non silimitano a mantenere il preesistente.In ogni caso, la sola modificazione d’uso, checoinvolge quasi tutti gli esempi presentati,costituisce di per sé un’opera di progetto.

In conclusione, la questione del caratterescientifico del progetto, che abbiamo vistoessere esplicito in alcune posizioni, inparticolare in Italia, di considerare il tema, nelnostro caso viene affrontata attraverso ilriferirsi alle regole dell’edificio ( da restaurare), chedà un connotato di scientificità alla proceduraseguita, superando la posizione della praticasolo “intuitiva” del progetto.

Riprendendo la convinzione che il corpus delladisciplina è costituito dal complesso delleopere realizzate o progettate, il lavorodidattico è costituito, nella prima fase, nellostudio, oltre che di alcuni testi, di una serie diedifici che avessero attinenza col tema. Ciò

secondo il principio che “l’architettura siinsegna con l’architettura, e il progetto sicostruisce smontando e rimontando,correggendo e modificando, migliorando einnovando gli esempi precedenti”14. Sonoquasi tutti musei, in parte scelti per il lorocarattere di aggiunzione rispetto a un edificioantico preesistente (Ungers e Meier aFrancoforte, grassi e Chipperfield a Berlino,Moneo al Prado), in parte per essere esempiemblematici di grandi maestri del ‘900 (LeCorbusier a Tokyo, Mies a Berlino, Kahn: ilKimbell), di cui esaminare le regolecostitutive. I progetti proposti, qualcuno con usi diversidal museo (Camera dei Deputati di Polesello,Facoltà di Architettura di gardella, edificio inFriedrichstrasse di Kollhoff) sono quasi tuttiedifici realizzati, per consentire una chiaralettura delle componenti costruttive.

Si tratta di progetti che non appartengono aduna area linguistica, perché l’obiettivo non èquello di formare una scuola concaratteristiche “mimetiche”, ma di fornire unaconoscenza approfondita di procedure che sirichiamino ai temi citati in precedenza, esoprattutto al tema dell’ordine.gli scritti degli altri docenti del laboratoriopresenti nel testo esemplificano la lettura dialcuni progetti e delle loro procedure, e fannoun parziale riferimento a progetti didattici.

Esempi di musei del mare

Sono di fondamentale riferimento anchealcuni dei Musei del Mare esistenti, per lo piùrecentemente restaurati rispetto agli antichiArsenali.Innanzitutto il Museu Maritim di Barcellona,

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Arsenale di Barcellona: assonometria, veduta dell'interno, veduta di un patio

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enorme costruzione risalente come primoimpianto al 1284, poi ingrandito in varieepoche, fino ad assumere la configurazioneattuale; oggi è in una fase di profondaristrutturazione. La dimensione dell’opera, laricchezza del materiale esposto, tra cui unaffascinante grande galeone, sono statisicuramente elementi di interesse. Ma è soprattutto lo spazio eccezionaledell’edificio, con la sequenza di arconi che sisusseguono in una dimensione inusuale e siincrociano ortogonalmente, con tetti a faldeche coprono ciascuna fila degli arconi edisposti lungo la direzione maggiore,illuminati da lucernari continui: è lo spazioche è stato ispiratore per molti progettididattici; tenendo anche conto che, pur nellaforte diversità di impianto rispettoall’Arsenale di Palermo, la presenza degliarconi apparenta le due opere, e costituiscequindi un elemento di immediata suggestione.Inoltre sia la grande dimensione che lestratificazioni temporali hanno costituito unavarietà di spazi anche in presenza di unsistema architettonico così costante: spazivuoti, patii, arconi senza copertura, interventicon solai che interrompono la dimensionedella grande altezza rappresentano una seriedi varianti all’interno di uno schema ripetutoquasi indefinitamente, arricchendone laqualità complessiva.Il Museo, restaurato negli anni Trentadall’architetto Adolf Florensa, ha ricevutouna sistemazione recente dall’architettoRobert Terradas, ed è oggi in stato diriorganizzazione: contiene moltissime opereoriginali e ricostruzioni, tra cui l’enormegaleone che occupa uno spazio considerevoleanche rispetto alla dimensione del complesso,al centro del sistema delle campate, come si

legge nell’assonometria, che è più alta dellealtre campate. Esso prevede una serie diservizi, sale per visioni computerizate,bookshop, eccetera, e un bar, che assume unaspetto affascinante per essere posto su unodei patii principali; ospita naturalmente anchemostre temporanee.Il Museu Maritim, come in misura minoreanche quello di Palermo, si ricollega nellatipologia degli spazi al notissimo Arsenale diVenezia, formato anch’esso da un complessodi edifici per lo più paralleli con il tetto a duefalde, anche se assai più ricco nei dettagli e neimateriali.

Anche il Museo galata di genova presentaelementi di immediata suggestione, pur seprofondamente diverso. E la più anticacostruzione esistente della vecchia Darsena:anche qui, la Repubblica genovese costruiva,armava e riparava le galee della propria flotta. Si tratta di un edificio con quattro grandicampate, costituite da ambienti voltati a bottee sovrapposti per quattro livelli: quindi unacostruzione più complessa, in cui si presentaun tema opposto a quello di Barcellona. Lì, lapossibilità di intervenire attraverso unadivisione della grande altezza degli arconi ;qui, la necessità di formare delle doppiealtezze in funzione della costruzione, e oggidella esposizione, di navi di grandidimensioni.Un concorso del 2000 ha proposto lasistemazione del Museo del Mare: vinto daguillermo Vázquez Consuegra, è statoprogettato nel 2001-2002 e concluso nel2004. L’architetto sivigliano ha inglobato ilvecchio edificio con una grande superficievetrata continua su tre lati, escludendo quelloopposto al mare: per cui il «galata» si affaccia

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guillermo Vázquez Consuegra, Museo galata a genova, 2004: pianta del primo piano, schizzo del sistema discale, veduta dal mare

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sul mare con questa immagine nuova, checonsente anche di avere delle viste eccezionalidel panorama del porto attraverso terrazzecompletamente vetrate.Inoltre, l’architetto ha riprogettato il sistemadi risalite, attraverso rampe e scale checonferiscono complessità spaziali particolari,evidenti in uno schizzo che, come al solito inConsuegra, riassume le qualità architettonichedi un intervento, spesso con pochi tratti. Cosìcome un altro schizzo riassume la sceltaprincipale, quella di ricoprire l’antico arsenalecon una “scatola” di vetro.Il museo contiene le fedeli ricostruzioni diuna galea genovese del Seicento e di unbrigantino–goletta dell’Ottocento, la Saladella Tempesta e moltissimi oggetti originaliche illustrano la storia del rapporto tra l’uomoe il mare, dalla fine del Medioevo ai nostrigiorni.

Un altro noto edificio di Vázquez Consuegra,un museo legato al mare, ha suggeritosoluzioni particolari. Si tratta di un’operainteramente nuova, il Museo di ArcheologiaMarittima di Cartagena, del 2008, che non hariferimenti diretti, né per l’organizzazionedello spazio, né per l’origine dell’opera.Presenta tuttavia un interessante e suggestivaipotesi, quella dello scavo per ricavare unambiente che si affaccia sul mare, ad unaquota inferiore a quella dell’acqua, che fasentire lo spettatore come in un acquario. Einoltre Consuegra ha progettato una sala digrandi dimensioni in altezza, per esporre unoscheletro di nave appeso a mezza quota, checostituisce uno spazio emozionante.

Il Museo del Mare della galizia a Vigo, unadelle ultime opere di Aldo Rossi con César

Portela, è situato in un luogo spettacolare, inuna stretta punta che si protende sull’Oceano,è quindi circondato dal mare da tutti i lati. Èun complesso urbano, composto di parecchiecostruzioni e aree all’aperto, delimitato da unaparete sul mare, da un lato, e dall’OceanoAtlantico dall’altro. Il complesso offre unavisione globale, sia del passato che delpresente, della pesca e del mare della galizia,attraverso una gamma di mostre differenti.Oltre alla vista storica, il museo inoltre esponegli ecosistemi marini e la loro biodiversità, perevidenziare l’importanza del mare ai vari livellidifferenti. È un’esposizione interessante dellastoria marittima spagnola e comprende unamostra sul disastro della flotta del 1702 el’importanza del commercio con le nuovecolonie del mondo. C’è inoltre una messa afuoco dell’acquario sull’ecosistema marinolocale. Anche in questo caso si tratta dell’aggiunta aun’antica fabbrica, del 1887, riutilizzata poicome mattatoio municipale, formata dacinque campate parallele con tetto a falde,come il museo di Barcellona; ma è molto piùpiccolo, e l’aggiunta è stata progettata a pocadistanza, vista l’esiguità dello spazio adisposizione.L’incarico è stato affidato nel 1992 dallagiunta di galizia ad Aldo Rossi e CésarPortela, e dopo la morte di Rossi è statoportato a compimento da Portela.Il progetto si compone di altre cinquecampate, disposte in modo sghembo rispettoalle originali, che denunciano questa divisionesolo all’esterno, poiché all’interno hanno unastruttura di pilastri metallici che formano ununico spazio.Le nuove campate hanno lunghezza diversa,e grandi pareti vetrate, e sono collegate

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Arsenale di Venezia. guillermo Vázquez Consuegra, Museo di archeologia Marittima a Cartagena, 2008:schizzo, veduta, sezioni

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Aldo Rossi e César Portela, Museo del Mare della galizia a Vigo, 1992 e segg.: assonometria, veduta dell'Acquario

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all’antico edificio con una passerella dimetallo e vetro. Al vecchio complesso è stataaggiunta una parte di ingresso curvilinea, conuna rampa e un grande muro dipinto inazzurro, come molte altre parti dell’edificio.Tutte le coperture, sia nella parte vecchia chenella nuova, sono in capriate metalliche conun lucernario centrale.Tutta la parte nuova è realizzata in unabellissima pietra grigia, con la quale sonocostruiti anche i muri separatori delle campatedella vecchia fabbrica, muri che siinterrompono a una certa altezza lasciando incima un sistema a pilastri in corrispondenzadelle capriate che consente di avere unospazio interamente collegato per quantoriguarda la visibilità. Il tutto è completato da un nuovo edificio sulpontile, quindi a ridosso del mare da due lati,che contiene l’acquario, e da muri in pietra chechiudono l’area o indicano direzioni, comenel caso dell’acquario, collegato al resto delcomplesso con un muro parallelo all’acquariostesso di grande suggestione.

I progetti didattici

I tre elementi di cui si è scritto nella primaparte di questa trattazione: rapporto con le regole,

ordine e costruzione sono alla base dei progettipresentati, ma sono naturalmente declinati inmodo diverso. Alcune questioni, tratte dallalettura delle regole del monumento,accomunano in pratica, anche per negazione,tutti i progetti:la perfetta simmetria dell’edificio ha condottogran parte degli elaborati a rispettarla, o, incaso contrario, a porsi il problema delleconseguenze del mancato rispetto;la presenza di una struttura di circa 13x11metri (vedi pianta originaria dell’Arsenale, e

in ogni caso riscontrabile nella sequenza diparaste del muro a bandiera rimasto) è stataper lo più la matrice per una strutturaintelaiata delle stesse dimensioni;l’altezza degli spazi delle campate rimaste, dicirca 12 metri, che corrispondeva a quelladelle volte a crociera distrutte, è stataanch’essa per lo più rispettata, e ha posto ilproblema della possibilità di inserire più livelliin questa grande dimensione. Comunquequasi tutti hanno optato per il mantenimentodell’altezza originaria, almeno per una parte,per ospitare navi, o modelli di navi, di grandidimensioni (alla stregua del galeone espostoal museo di Barcellona). È stato dato unvincolo di rispetto di quest’altezza al contattocon l’edificio esistente, con la possibilità dideroga, sfruttata da molti, nella parteterminale del nuovo edificio.Si tratta di progetti elaborati all’interno di unLaboratorio di Progettazione Architettonicaal 4° anno di corso (laurea a ciclo unico), neglianni 2009-2010, 2010-2011 e 2012-2013. Leannate presentano alcune differenze, poichénelle due ultime sono stati dati alcuni vincoliin più nell’organizzazione degli spazi.Il progetto del museo è composto deiseguenti spazi: un numero consistente di spazigrandi per la esposizione permanente di navi(o di ricostruzioni di navi) ed elementi digrandi dimensioni; spazi, di cui alcuni digrandi dimensioni, per le esposizionitemporanee; spazi per mostre di caratteretradizionale; spazi, di numero consistente madi non grandi dimensioni, per l’utilizzazionedi computer: sia per mostre di caratterevirtuale che per connessioni alla rete di museidel mare che è stata formata e si vaespandendo; una sala conferenze per circa200 posti con locali annessi; una piccola

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biblioteca con annessi spazi di studio; unbookshop; un bar; servizi igienici e locali pergli impianti.Si è dovuto anche riflettere sul rapporto conil mare. Un tempo l’Arsenale era a direttocontatto con il mare, e da esso venivano postein acque le grandi e piccole navi che lì dentrosi costruivano; oggi non è più così, e lapercezione diretta viene ostruita da unedificio dei Cantieri navali. È possibile in sededidattica prevedere la sua demolizione, e ilripristino di un rapporto diretto; o comunqueuna soluzione che affronti questo problema,come ad esempio avviene nell’edificio diCartagena, di cui abbiamo parlato, attraversoun percorso sotterraneo. La grande estensione dell’edificio hacomportato la necessità in quasi tutti iprogetti di un’illuminazione dall’alto. Il temacentrale della luce si è accompagnato inmoltissimi casi con quello della suamodulazione attraverso un sistema di brise-soleil.Molti progetti presentano un carattere disemplicità: come scriveva Le Corbusiernell’Œuvre complète presentando la serie diquattro case degli anni Venti, la più difficileda risolvere è quella apparentemente piùsemplice: la villa Savoye .

Ho descritto in precedenza le tre questionicentrali con le quali tutti i progetti hannodovuto confrontarsi. Passerò ora, in grandesintesi, a individuare i gruppi di rispostespecifiche, rimandando per una maggiorechiarezza alla breve descrizione cheaccompagna le tavole.

Alcuni progetti si sono distaccati radicalmentedall’ipotesi di ricostruzione del sistema

originario (in gran parte sono studentiErasmus spagnoli; forse non è un caso, datala maggiore libertà che usano prendersi neiconfronti delle preesistenze, rispetto allanostra cultura): Badallo, Castro Sanchez, AnaCosta, Mateu Mateu.Un gruppo di progetti ha affrontato, conmaggiore o minore coinvolgimento, il temadella doppia giacitura, del monumento e deidue padiglioni dei Cantieri (Argento,Battaglia, Catena, grassedonio, Santoro). Ci sono poi tre soluzioni particolari, con laprogettazione all’interno del perimetro di unaserie di elementi a pianta rettangolare sospesia varie altezze (Castello, Cuccia, Matracia; vedianche Parrinello).Due progetti inseriscono al centro un volumea pianta circolare, con una rampa (Digristina, gruppuso).Alcuni progetti si caratterizzano per lapresenza di un sistema di illuminazione postoin senso parallelo al corpo esistente(Bonfardeci. greco gambino).Altri studenti hanno immesso nel progettoelementi particolari (Buzzetta, Celesia,Cocciola, Di Chiara). Tra i progetti che si sono mossi nel rispettodella continuità relativa al corpo esistente ealla sistemazione originaria di quello distrutto,se ne segnalano in particolare quattro:Arcoleo, Benfante, Culcasi, graziano.Inoltre, nello stesso gruppo, sono molto benrisolti: Bruno, Cassaro, Cattano, AlessioCosta, Curcio, Faseli, Ferro, Fici, Tripoli.

Conclusioni

Il testo si propone due obiettivi.Il primo è quello di esporre una posizionesull’architettura e sul suo insegnamento, chesi concretizza nei progetti presentati, e che è

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fondata sui seguenti punti:- riconoscimento di uno statuto disciplinaredell’architettura: di conseguenza, sistema delleregole;- necessità di un apparato teorico, nei terminiespressi in precedenza;- interpretazione del progetto comestrumento di conoscenza;- riferimento alla città, nel nostro caso allacittà di pietra, alla città mediterranea;- centralità dei temi dell’ordine e dellacostruzione;- necessità dello studio delle architetture, inquanto base per ogni possibile avanzamentodella disciplina;- interpretazione del restauro come progetto.

Questi punti hanno valore in senso generale,e in particolare in relazione alla conduzionedidattica di un Laboratorio di progettazione,i cui risultati sono qui esposti.Il secondo obiettivo è quello di affrontare untema specifico di progettazione, di grandeattualità: perché riguarda un progetto fattibile,che sarebbe di indiscutibile avanzamento perla cultura della città, perché spezzerebbe unimmobilismo culturale, imposto da piani(quello generale e quello per il centro storico)che hanno nella pratica impeditol’inserimento del contemporaneo nella città enell’architettura storiche. Inserimento che, nelnostro caso, avviene attraverso i principiespressi in precedenza: condizione cheritengo necessaria, e che corrisponde allamigliore tradizione dell’architettura italiana.

Note

1 Questa parte del titolo ricalca quello del libro diAlberto Samonà (Il Mulino, Bologna, 1970), a cuil’autore è legato per l’inizio della sua attività intel-lettuale e didattica.2 Aldo Rossi, Progettare per i musei, in Teoria della pro-

getazione architettonica, Dedalo, Bari 1968. Vedianche le posizioni di giorgio grassi (La costruzione

logica dell’architettura, Marsilio, Padova 1967) e diAntonio Monestiroli (La metopa e il triglifo, Laterza,Roma-Bari 2002).3 Franco Purini, Necessità, molteplicità e contradditto-

rietà della teoria, in Parametro n.267, 2007, e La scena

nuova, in Arc n.8, 2002.4 Carlos Martí Arís, Le variazioni dell’identità: il tipo

in architettura, CittaStudiEdizioni, Torino 1994.5 Bernard Huet, Sur un état de la théorie de l’architecture

au XXe siècle, Paris 2003.6 Antonio Monestiroli, La metopa, cit.7 giuseppe Samonà, Architettura come valore auto-

nomo, in Hinterland n.13-14, 1980. Oggi anche inCesare Ajroldi, La Sicilia i sogni le città. Giuseppe Sa-

monà e la ricerca di architettura, Il Poligrafo, Padova2014.8 Louis Kahn (a cura di R. giurgola), zanichelli, Bo-logna 1981. 9 Un mio amico, Bruno Moretti, appassionato pro-fessore di matematica a genova, mi ha raccontatodi avere sottoposto per anni i suoi alunni a unesperimento, facendo scegliere tra una certa quan-tità di rettangoli quello a loro avviso più armonico;e che oltre l’80 per cento ha scelto il rettangoloaureo, anche se ce n’era tra quelli proposti uno conproporzioni assai simili. Lo conferma anche gilloDorfles, Ritmo e proporzione, in Il coraggio della filoso-

fia, Il saggiatore, Milano 2012.10 Juan Calatrava, Le Corbusier e Le poème de l’an-gle droit: un poema abitabile, una casa poetica, in LeCorbusier, Le poème de l’angle droit, Electa, Milano

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2007.11 Juan Calatrava, cit.12 Auguste Perret, Contribution à une théorie de l’archi-

tecture, Paris 1952.13 Claudio D’Amato, Città di pietra. Tradizione contro

modernità, in Città di pietra, Marsilio, Venezia 2006.14 Attilio Petruccioli, Progetto Sud, in Città di pietra,

cit.15 Le Corbusier, Œuvre complète 1910-29, zürich1937.

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Caos calmo.

Palermo e il suo mare

Dario Cottone

L’ordine che sembra venir fuori da ognunodei progetti presentati all’interno di questovolume è in realtà frutto di un lungo ecomplesso iter progettuale che parte inveceda processi caotici, processi mentali earchitettonici. Su questo tema che è centralenel testo esporrò alcune temi di ricercacomplementari a quelli del primo saggio.Massimiliano Fuksas afferma che larazionalità conta tanto quanto il caos, èproprio dal disordine che nasce la disciplina,il sistema di regole poggia le sue fondamentain processi compositivi che, nella loro genesi,non hanno niente che possa essere ricondottoa metodi non caotici.

Il luogo di progetto è caotico, quasi perdefinizione. Il sistema di regole è ilfondamentale mezzo ordinatore. Ma ilsistema di regole è, quantomeno, duplice. Dauna parte c’è il mondo della tettonica, leregole della matematica che generano figurecompiute, le leggi della statica; dall’altro ilsistema di regole è suggerito, a voltepalesemente altre meno, dall’esistente.

Il progetto non è il luogo delle certezze, èsemmai il continuo luogo del dubbio, delripensare, del mettere in discussione, delricominciare. È il luogo della tecnica, delsentimento, dove caos e ordine convivono. È il luogo dell’imprevedibile, che è sempre inagguato, ed il più delle volte l’imprevedibilitànon dipende da stati insiti nel progetto stessoma negli occhi di chi lo pensa, nella sensibilitàche è propria di ogni artista (perchè

l’architettura è un’arte). È il riferimento alleregole (suggerite dal monumento) checonferisce ordine e scientificità al progetto diarchitettura, come ben chiarito nel saggio diCesare Ajroldi.Nel progetto per il Museo del Mare mi sonotrovato spesso a sollecitare gli studenti aguardare oltre la linea della costa, perché ilprogetto del Museo del Mare non puòprescindere proprio dall’elemento liquido pereccellenza. Il mare è l’imprevedibile. È (pergli studenti, spesso) l’imprevisto, sebbene siastato sempre lì, davanti ai nostri occhi,sornione spettatore delle nostre azioniprogettuali. È proprio l’elemento che rimettetutto in discussione, che fa ripartire da zero.È il caos calmo. Però, spesso, molti studenti sembrano nonrendersi conto, o sottovalutare, che l’Arsenaleè un’architettura d’acqua, per sua stessagenesi, e che quindi una delle prime scelte diprogetto dovrebbe essere proprio quella direstituire questo carattere all’edificiooriginario.Lo sforzo progettuale è quello (ad un primoapproccio) di completare un edificio, è laricerca di un rapporto con esso, la ricercadella strada migliore per avvicinarsi al tema:accostarsi ad esso, sovrastarlo, rispettarlo; iltema principale è il rapporto con l’esistente.E in una città come Palermo il tema non puòessere diverso da questo. Il passato è semprelì ad aspettare di essere aggiornato senzaessere trasportato in anacronisticheoperazioni filologiche. Il tema del costruire nel costruito è sempre

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stato centrale nella ricerca didattica portataavanti da Cesare Ajroldi e ad esso sono statidedicati decine di corsi universitari.Tornando al tema del mare è chiaro comeesso non sia un elemento di novità, esso èsempre stato lì, non si è mai nascosto alnostro sguardo. Palermo città d’acqua ma chenell’acqua non si specchia e non fa di essaelemento di progettualità. È una storiavecchia. Ma che può avere future e fertilielaborazioni. gli esperimenti e i progetti per riavvicinarePalermo al mare dimostrano come laconsapevolezza dell’importanza del tema èormai radicata nei progettisti e negli operatoriculturali ed amministrativi. Da qui la scelta diincentrare questo scritto soprattutto su deilavori inerenti il tema. L’esperienza dell’Officina di Architettura del Porto

di Palermo1, struttura composta da dodicigiovani architetti palermitani, durante i quasidue anni di lavoro, dimostra come il temadell’acqua e quello ad esso correlato dellacreazione di un waterfront, possa essere untema centrale delle presenti e future ricerchearchitettoniche.La struttura, voluta dall’Autorità Portuale diPalermo, ha rappresentato un banco di provaimportante sulla capacità di ripensare la città

a partire dal mare; all’interno della continuadialettica interna al gruppo di lavoro e grazieai contributi di professionisti esterni e delconfronto con la cittadinanza, sono statesviluppate analisi a livello urbano che hannoportato alla definizione di un masterplan e adalcune elaborazioni progettuali, denominateprogetti pilota. L’avvio delle attività di questolaboratorio ha la sua genesi nel PianoStrategico della città di Palermo, piano cheindividua l’articolazione della città in 12 ATI(Aree di Trasformazione Integrata). Tale suddivisione consente di affrontare iprocessi di trasformazione delle singole areesenza perdere di vista il quadro urbanogenerale. A questo è seguita l'elaborazione diprogrammi strategici di trasformazioneintegrata (PSTI), i quali hanno il ruolo didefinire le identità prevalenti di ogni area infunzione della struttura generale della città edi assegnare ad ognuna un ruolo preciso nelsistema urbano. Tra le aree di interventosegnalate dal Programma troviamo l’area delwaterfront, comprendente, tra le altre, l’area delMolo Trapezoidale, della Cala, del bacinoFlorio, del giardino a Mare del Foro Italico.gli interventi, sia quelli di pianificazioneterritoriale che quelli di progettazionearchitettonica, erano finalizzati alla

L’Officina di Architettura del Porto di Palermo Schema delle connessioni porto-città

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riqualificazione e valorizzazione del fronte amare, al fine di potenziare la deboleinterazione tra il Porto e la Città. Per farequesto bisognava arrivare alla definizione diun Masterplan, strumento fondamentale perarrivare alla creazione di un nuovo PianoRegolatore di tutta l’area portuale.L’Officina del Porto è stata il principale"motore progettuale" per la rigenerazione delwaterfront: un luogo della riflessione,dell'analisi, della progettazione e dellacomunicazione. L'Officina è stata anche un networkdecisionale, scientifico e professionale checoinvolge amministratori, esperti e progettistiin un laboratorio permanente per larigenerazione del waterfront della nuova città-porto.Un’interessante ed intensa attività svoltaprima della fase progettuale si è basata, tra lealtre cose, sull’analisi di alcune antinomie chehanno permesso di riconoscere le diversedeclinazioni del rapporto tra città e porto. Le antinomie individuate sono state:accesso/chiusura, fronte/retro, natura/artificio,antico/moderno,edificato/libero, uso/dismissionee pubblico/privato.Esse hanno evidenziato proprio le modalitàin cui la città si connette al suo waterfront e,

conseguentemente, hanno permesso ditracciare uno schema di come le singole partidi questo fronte a mare si relazionino una conl’altra.Il Masterplan propone quindi tre tipi di porti:il “porto liquido” identificato dalla nautica dadiporto e dai servizi culturali e per il tempolibero, interconnesso alla città (Sant’Erasmo,Foro Italico, Molo Sud e Cala). Il secondoelemento è il “porto permeabile”, cioè l’area perla crocieristica e per il traffico passeggeri conuna stretta relazione di interscambio con lacittà e con il sistema stradale (BanchinaSammuzzo, Molo Vittorio Veneto e MoloPiave). Infine la terza tipologia è quella del“porto rigido” impermeabile e protetto nel suoperimetro per consentirne l’efficienza (MoloPiave e banchina Quattroventi, CantieriNavali). Il Masterplan (elaborato da MaurizioCarta) parte dalla nuova visione di Palermocome gateway city e si pone due obiettivifondamentali: fornire un miglioramentofunzionale del porto e progettare la cittàd’acqua come città creativa, capace digenerare nuove qualità e nuove economieurbane. Questo secondo obiettivo èidentificato con il progetto del fronte a mareurbano, in grado di offrire nuovi spazi enuove modalità relazionali.

Schema delle macro aree del waterfront

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I progetti, a volte approfonditi altre voltelasciati allo stadio di semplici visioni, chehanno riguardato punti nevralgici di quellaparte di città che volge il suo sguardo al mare(il Molo Trapezoidale, il Molo Sud, il giardinoa mare, il progetto per la nuova StazioneMarittima, la nuova sistemazione della Cala),sono stati condotti con la ferma convinzioneche fosse necessario rigenerare il rapporto traPalermo ed il suo mare attraverso scelteprogettuali a volte coraggiose. Alcuni di questi progetti, come accennato,sono rimasti delle visioni e non hannoraggiunto un adeguato livello diapprofondimento ma hanno, semmai,indicato una possibile via per futureelaborazioni. È il caso del progetto per il MoloTrapezoidale2, simbolo della strategia diriqualificazione del waterfront. Il luogo èpieno di criticità dovute alla compresenza diemergente storiche (l’antico Castello e gliedifici del primo Novecento) e di attività piùpuramente legate alla funzionalità della

macchina portuale, quali opifici e aree distoccaggio delle merci. La visione elaborata dall’Officina è quella diun nuovo quartiere d’acqua che prevede lariqualificazione ed il recupero degli edificiindustriali esistenti per farne spazi abitativi olavorativi per artisti, designer o musicisti. Lavisione era quella di farne una vera città-portoche permettesse al tessuto urbano dipenetrare fino all’acqua. La presenza quindidi nuovi elementi liquidi (come una darsenao un canale) avrebbe alimentato nuovi tipi direlazioni architettoniche ed umane. La partepiù esterna vicino al mare avrebbe ospitatouna città della musica e delle arti integrata conservizi ed attività legate alla zonaarcheologica.

Il progetto per il Molo Sud3 interessa un’areail cui assetto complessivo presenta una seriedi criticità legate al sottoutilizzo dellospecchio acqueo destinato agli ormeggi eall’inadeguatezza della sistemazione deglispazi a terra per le attività connesse alla

Proposta per il nuovo Molo Trapezoidale

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nautica. La sistemazione proposta prevedeva una seriedi trasformazioni finalizzate a migliorare eincrementare la capacità ricettiva dell’area conopere di carattere infrastrutturale, legate allenecessità del diporto nautico, e interventi diriorganizzazione degli approdi e degli spazi aterra, aventi come obiettivo l’integrazione delleattrezzature specificamente portuali con nuove

Assonometria del progetto per il Molo Sud e vedute dei due fronti

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strutture dedicate a una fruizione pubblicadegli spazi del molo. A parte una riorganizzazione delle banchinee dei posti barca, il progetto prevedeva sulledue banchine est e ovest, separate fisicamentee funzionalmente dal muro preesistente, lariorganizzazione della viabilità e mobilitàcarrabile e pedonale, mediante la realizzazionedi percorsi a differenti quote altimetriche.La sistemazione degli spazi a terra prevedevala realizzazione di un grande edificio a treelevazioni in corrispondenza dell’asse centraledel secondo braccio della banchina conaccessi da entrambi i versanti che ospitasseservizi per la diportistica e per la cittadinanza.Una serie di box, derivanti da singoli modulidi cassoni per trasporti navali, era destinata adaccogliere le attività dei circoli nautici e deiconcessionari.Elemento principale del progetto diriconnessione tra l’area portuale e la città, erala realizzazione di un percorso pedonalesopraelevato che si snoda lungo lo sviluppo

della banchina in continuità con la passeggiatalungomare del Foro Italico. Questo percorso (che si sviluppava partendodalla quota stradale per 150 metri fino araggiungere una quota di +6.00 m.) interagivacon il luogo attraverso una serie di sostepanoramiche e con l’edificio principale poichéconfluiva in esso fino a diventare un luogo disosta e di servizio. Una nuova passeggiata a mare in connessionecon il “mare verde” del Foro Italico cheavrebbe consentito di godere, da unaprospettiva inconsueta, del doppio panoramadel porto interno, la Cala e il suoampliamento, e del porto esterno, per arrivarealla piattaforma finale con l’antico faro.Un altro progetto portato avanti da alcunimembri dell’Officina del Porto riguarda laparte del waterfront che va dalla spiaggettaabbandonata all’inizio del molo sud finoall’Istituto di Padre Messina, subito dopo ilmare verde del Foro Italico progettato daItalo Rota.

Prospetti dei box container

Prospettiva del percorso di connessione del Molo Sudcon la città

Render dei box container

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Obiettivo del progetto4 è la riconfigurazionefunzionale e paesaggistico ambientaledell’intera porzione di waterfront del centrostorico della città, concentrandosispecificatamente sulle due aree poste alleestremità rispetto al giardino del Foro Italicoche occupa una posizione baricentrica: a nordl’area compresa tra il porticciolo turistico dellaCala e l'impianto di sollevamento, a sud l'areaprospiciente l'edificio di Padre Messina e lastorica villa giulia.Qui il progetto si poneva essenzialmente dueobiettivi sintetizzabili nella volontà diriconnettere tra di loro tutte le porzioni diwaterfront interessate; questo al fine di evitaredei singoli progetti isolati ma pensare invecea degli interventi che creassero un sistemaurbano. Altra volontà era quella dirifunzionalizzare l’intera area di progettoampliando il ventaglio di servizi da allocarenelle diverse zone dell’intervento. L’area tra la Cala e l’impianto di sollevamento

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viene riconnessa al tessuto esistente attraversouna rotatoria ed una pista ciclabile,

Progetto per la Costa Sud Viste dell’edificio sulla spiaggia

Vista del bar-ristoranteVista del percorso lungo la costa

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garantendo continuità agli interventi già inatto. La porzione di spiaggia presente all’accessodel Molo Sud (un tratto di costa urbana dalcarattere eccezionale) viene valorizzatoattraverso la creazione di un grande ombrarioal di sotto del quale vengono disegnati duesemplici prismi che ospitano servizi per lacittà e un club nautico.In direzione sud si è scelto invece di dareforza all’asse del Cassaro prevedendone il suoprolungamento con una passerella in legnoche, tagliando il giardino, termina il suosviluppo all’interno dello specchio d’acqua.Nel punto di innesto tra la porzione terrestree quella in acqua della passerella è previsto unaltro piccolo edificio di servizio.Questo contiene, al di sotto di una coperturavegetale, un piccolo bar-ristorante e un puntoinformazioni per il turista. La differenza diquote tra quella di calpestio e quella del marepermette al piccolo edificio di sviluppare unpiccolo sistema di terrazze ad uso delristorante.

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Per la connessione di questa porzione dispazio appena descritta e il mare verde vienepensata una passeggiata urbana a ridosso dellalinea di costa, realizzata attraversol’indietreggiamento del perimetrodell’impianto di sollevamento e la creazionedi un muro per nascondere l’impianto stesso.Se l’area del progetto di Rota rimane quasi aimargini dell’intervento (se non per il disegnodi una piccola caffetteria all’interno del prato),l’intervento più coraggioso riguarda l’area delgiardino a mare.Qui, anche in maniera provocatoria, la sceltaprincipale è quella di realizzare una serie dipiscine pubbliche con annessi tutti i servizinecessari. La volontà è quella di restituire allacittà e, perché no, alla balneaazione, un trattodi costa ormai perduto.Le piscine suddivise per tipologia di utenzasono pensate ad una quota ribassata di circadue metri e settata dalla quota attuale dicalpestio. In tale dislivello, avrebbero dovuto trovarespazio tutti i servizi connessi alla loro

Vista del progetto delle piscine pubbliche al Foro Italico

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fruizione.Come è chiaro da quanto fin adesso mostratoPalermo ha tutte le carte in regola per essereuna città d’acqua. Tantissime città, europee e non, hannopuntato la loro riqualificazione proprio sullavalorizzazione di aree prospicenti il mare. Ilrecente intervento alla Cala rischia di rimanereun caso isolato.

gli esperimenti condotti dalla città diMarsiglia per celebrare se stessa come cittàdella cultura 2013 sono un esempio di comesia possibile sfruttare l’architettura qualeelemento riqualificatore delle città d’acqua. Sono bastati tre interventi architettonici diqualità per riqualificare una intera zona e percreare nuove interazioni urbane. L’intervento di Rudy Ricciotti (il nuovoMuseo delle Civiltà d’Europa e delMediterraneo) è pensato come un monolitecon un involucro in pannelli di cementofiligranato (lo stesso usato per la strutturaverticale dell’edificio) che mediano il rapportocon il paesaggio. Il rapporto con l’esistente èun gesto tecnicamente ardito, la realizzazionedi una lunga passerella sospesa che collega ilnuovo edificio con l’esistente fortezza di SaintJean. L’edificio di Boeri (la Villa Méditerranée) haun grande valore didattico. Esso vienedisegnato intorno all’elemento acqua chediventa protagonista assoluta dell’intervento.Il nuovo spazio pubblico, una darsena chepenetra tra due piani dell’edificio, non èpensato solo come elemento ornamentale macome nuovo generatore di dinamichearchitettoniche e relazionali. L’edificio stesso,con le grandi vetrate verticali, è pensato permettere continuamente in relazione il fruitore

Rudy Ricciotti, MuCem a MarsigliaStefano Boeri, Villa Méditerranée a Marsiglia

Foster e associati, Intervento pubblico a Marsiglia

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con il paesaggio circostante. Anchel’intervento urbano di Norman Foster è alcontempo semplice ed efficace. Perl’architetto inglese la riqualificazione delvecchio porto passa per la realizzazione diuna grande tettoia rivestita da pannelli inacciaio inox specchiato. L’enorme struttura(42x22 m.) ribalta il punto di vistadell’osservatore in un infinito rilancio dinuove prospettive. Adesso il mare non siosserva soltanto voltando gli occhiall’orizzonte ma anche sollevando lo sguardoal cielo. Il mare quindi diventa elemento giocoso, diprovocazione, strumento attraverso il qualeriscoprire la città mediterranea.A ben osservare i progetti realizzati durante icorsi di progettazione è chiaro come ilprocesso didattico parte dalla conoscenza delmonumento, e dalla comprensione delle sueregole, altro tema centrale delle nostrericerche. La regola, e la sua conoscenza, è illasciapassare verso lo step successivo,l’individuazione delle procedure perl’elaborazione del nuovo progetto. E il dialogo (o perché no lo scontro) tra questidue sistemi (vecchie e nuove regole) è il filosul quale camminare. Un filo di per sépericoloso perché costruire nel costruito, conla presenza di un sistema di regolestoricizzato, non è certamente un tema difacile lettura. Come affermava Louis Kahn a proposito delSalk Institute, l’ordine è l’elemento che regolalo spazio, che ne definisce le regole e negestisce i rapporti con il paesaggio e conl’esistente.Il progetto è il luogo dell’ordine? Forse unarisposta netta è sbagliata, sia essa positiva onegativa. Quello che mi sembra sicuro è che

il progetto può essere elemento ordinatore diflussi caotici. È chiaro che il rapportodell’Arsenale con il mare oggi è declinatodagli studenti in termini di spazio pubblico, ilpiù delle volte uno spazio filtro tra l’edificioe lo specchio d’acqua. Ma con l’elementoliquido vi è anche un rapporto di sguardi, dicontinui richiami spaziali e prospettici.I progetti per l’Arsenale, partendo dal caosurbano lasciato da secoli di abbandono,fondandosi sullo studio del monumento,arrivano a soluzioni che fanno didatticamenteben sperare che i futuri architetti che stiamoformando possano avere la sensibilità e lacapacità per risolvere questioni urbane cosìurgenti e delicate come quelle che Palermoquotidianamente pone.

Note

1 L'Officina è stata guidata dal Presidente dell'Au-torità Portuale, Antonino Bevilacqua, dal Segreta-rio generale, Riccardo D'Amico, e da BartolomeoSalvo componente della struttura tecnica delPorto. È stata coordinata dal punto di vista scientifico daMaurizio Carta, per la pianificazione generale e leconnessioni con le strategie urbane e da FlavioAlbanese per i progetti pilota. La componente progettuale era formata da g. Ar-giroffi, M. Condurso, D. Cottone, T. Di Cara, E.Di gristina, M. giudice, g. Lucentini, S.Proven-zano, A. Riolo, P. Riolo, g. Romano e g. Vitrano. 2 Progetto di Dario Cottone, Massimiliano giu-dice, Sebastiano Provenzano e Pietro Riolo.3 Progetto di Dario Cottone, Alessandro Riolo,Pietro Riolo.4 Progetto di giulia Argiroffi, Dario Cottone, Se-bastiano Provenzano.

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Urbis Feli c is Panormi.

L’Arsenale della Marina Regia di Sicilia

Eliana Mauro

L’edificazione dell’Arsenale della MarinaRegia a Palermo viene avviata nel 1621, fuoridalla cinta murata e in prossimità del molonuovo che, insieme al borgo marinarorealizzato extra moenia nell’ultimo quarto delXVI secolo, aveva proiettato la città versonord ampliando il vecchio porto della Calaincuneato, ad arco, nel tessuto della cittàancora dotata del solo cardo (la storica viaToledo, il Cassaro), ormai rettificato eallungato fin quasi in prossimità del mare(1575).Fino alla metà del XIV secolo, l'estensionedella città di Palermo era definita da duesistemi: il primo originato dall'insediamentopunico-fenicio fortificato al quale si era neltempo aggregata una serie di agglomeratiesterni; il secondo sviluppatosi in etànormanna ampliando la superficie urbanachiusa entro le mura per inglobamento deiquartieri esterni, dando alla cittàconnotazione di capitale, quale era, di unregno esteso. A questo nuovo perimetrofortificato si attestarono le epoche successivefino a quella del lungo viceregno spagnolosotto la corona d'Asburgo (1516-1713;essendo la Sicilia regno a sua volta e concorona indipendente), che in qualche modoavrebbe ricalcato l'estensione, con diversiammodernamenti e aggiunte di bastioni ebaluardi, di quella normanna. Ebbero quindiinizio, in età rinascimentale, le granditrasformazioni delle fortificazioni esistentiche ricevettero decisivo impulso dallanecessità di resistere all'aggressione turca e

dall'esigenza di adeguare le strutture esistentiai nuovi sistemi di difesa1.

Il definitivo potenziamento delle difesemilitari marittime (in uno con quelledell’intera isola) fu infatti avviato dal viceré diCarlo V, Ferrante gonzaga (1535-1546), e lacittà venne, fra le prime in Italia dopol’introduzione dell’artiglieria, contestualmentemunita di baluardi e di una cinta fortificatapiù moderna e rispondente alle mutateesigenze. Su progetto dell'ingegnere militareAntonio Ferramolino (morto a Mahdia nel1550) le opere di modifica iniziarono nel 1535con il miglioramento della fortificazione delCastello a mare, realizzando due nuovibastioni (Bastione di S. Pasquale a sud-ovest,Bastione di S. Pietro a nord-ovest) e trebatterie sul fronte a mare (Batteria della Sanitàa sud-est, Batteria di S. Rosalia e Batteria dellaCatena a nord-est, secondo le denominazioniregistrate nel 1867)2.Fu anche ampliato il forte a nord, ilcosiddetto Castelluccio (1535-1539),migliorate le fortificazioni del fronte urbanoe costruita la nuova Porta dei greci (1553). Interraferma si aggiunsero bastioni e baluardilungo l'intero perimetro della cinta fortificatache raggiunse pertanto in questo periodo lasua massima estensione, mentre nel corso deidue secoli successivi si assisterà all'apertura dinuove porte e anche alla creazione edemolizione di diversi baluardi. Nell’ottica delpotenziamento e ampliamento del porto, chesi rivelavano oltremodo necessari, venneanche realizzato il Molo Nuovo (consideratonella sua epoca una delle grandi opere di ognitempo per le sue dimensioni) iniziato il 19giugno 1567 (cerimonia della posa della primapietra) e infine terminato nel 15903.Alla fine del secolo XVI la cinta muraria

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Prospetto con veduta in prospettiva dell'Arsenale, 1686 (da C. Castilla, Teatro geografico antiguo y moderno del Reyno de

Sicilia, ms., Palermo 1 maggio 1686)

risultò completa e la città dotata di 10 portemonumentali (Porta Nuova, Porta Carini,Porta Maqueda, Porta S. giorgio, Porta Felice,Porta dei greci, Porta di Termini, Porta diVicari, Porta S. Agata, Porta Mazzara), piùaltre 6 minori concentrate nell'arco del frontedi case del vecchio porto della Cala eprevalentemente destinate all'ingresso dellemerci ovvero alla comunicazione diretta conluoghi di culto (Porta di Piedigrotta, Portadella Calcina murata nel 1684, Porta Carbone,Porta della Pescheria, Porta della Doganademolita nel 1628, Porta del Molo poi MoloVecchio), e di 13 bastioni, oltre che dellafortificazione a protezione del palazzo reale,del molo nuovo e del forte a mare4.già subito dopo la battaglia di Lepanto, chevide i paesi europei riappropriarsi in sicurezza

delle rotte marinare del Mediterraneo (con lasconfitta dei turchi nel 1571), sotto le muradel fronte a mare della città viene realizzatanel 1580 la prima passeggiata extra moenia, laStrada Colonna, intitolata a MarcantonioColonna principe di Paliano comandante dellaflotta papale nella battaglia appena vinta,grandiosamente sistemata con arrediscultorei, alberi e fontane, mentre – coninterposta la Cala - a partire dallefortificazioni a settentrione, ed estendendosilungo la costa verso il nuovo molo già incostruzione, sorgeva l'agglomerato urbanodel borgo di Santa Lucia (post 1571), abitatoda mercanti e marinai5.Questi avvenimenti determinavano l’ampliamentodella città verso nord fino a tutto il XVIIIsecolo lungo la costa, fin quando il sorgere

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Veduta del Nuovo Molo e del porto di Palermo, 1686; al centro si vede l'Arsenale (da C. Castilla, Teatro geografico

antiguo y moderno del Reyno de Sicilia, ms., Palermo 1 maggio 1686)

del giardino pubblico del Senato, Villa giulia(1777), a sud e il tracciato di un ampliamentodel tessuto urbano a nord costituiranno iprimi atti di appropriazione del territorio dellapiana di Palermo. L’espansione fuori dallemura era stata già tentata nel 1757 da un lato(a nord) con la realizzazione di una ordinatapasseggiata urbana in corrispondenza delborgo di Santa Lucia e dall’altro (a sud) conle opere propedeutiche alla realizzazione diuna villa pubblica; solo più tardi, nel 1777-1778 con la realizzazione della Villa giulia asud e nel 1779 con la creazione di un nuovoincrocio viario verso la campagna nord (lapiazza Regalmici, detta dei quattro canti dicampagna, data dalle attuali vie RuggeroSettimo e Mariano Stabile), si configuròpositivamente l’azione combinata

dell’occupazione urbana del territorio esternoalla città murata e l'inizio delle opere dismantellamento di porte e bastioni e diconsistenti porzioni della cinta muraria.La costruzione del Molo Nuovo, come attodi ampliamento e spostamento del ruolo dicentro mantenuto fino a quel momento dallaCala, costituisce l’elemento determinantedello spostamento delle attività che sisvolgevano nei quartieri affacciati sull’anticoporto, non ultime le “officine” per larealizzazione delle navi e tutti i magazzini,depositi e commerci di supporto. “La riuscita poi fatta di questo Molo – scriveil marchese di Villabianca nel suo manoscrittodatato 17 agosto 1782 – in ordine dicondizione di porto fu meravigliosa” e l’operarealizzata divenne, sia per la spesa profusa che

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Prospetto principale e sezioni, longitudinale e trasversale dell'Arsenale già Caserma di cavalleria (Plano, perfiles y el-

evazion de el Arsenal, que existe en este Muelle de Palermo, 1772)

Vincenzo Di Martino, Progetto di un gran carcere centrale per 950 detenuti da eseguirsi nel locale dell'Arsenale di Marina...,1826 (Archivio di Stato di Palermo)

perla dimensione delle pietre utilizzate(“gettando in un golfo profondissimo unmonte di pietre con più milioni d’oro dispesa”)6 “famosa per tutto il mondo, e cosìcomoda, tanto che sia capace di grossissimearmate”7 .Protetto da quel Molo nuovo che alla fine delXVI secolo veniva accreditato come “ottavameraviglia”8, l’Arsenale sorse in quel trattodell'ampliamento del porto tale che le navifossero protette, orientando le sue corsie indirezione nord-sud con l'uscita verso unampio scivolo per il varo delle imbarcazioni.La realizzazione dell’edificio ebbe inizio il 24gennaio 1621, durante il regno di Filippo IVdi Spagna, per volontà del viceré FrancescoLemos conte di Castro e del PretoreAntonino Requesenz conte di Buscemi e conil contributo economico del regio erario e delSenato di Palermo, oltre che di quello del

generale delle galere Diego Pimentelmarchese di gélves (nato ad Aragona e mortonel 1631) finalizzato alla creazione di unalloggio per i comandanti. La posa della primapietra avvenne per mano della viceregina e labenedizione solenne fu officiata dal cardinalegiannettino Doria.La via del Molo, su cui si attestava l’Arsenalerappresentava un nuovo segmento per losviluppo urbano: la strada, che congiungevala città e il borgo marinaro con la borgatadell’Acquasanta, sarebbe stata destinata adiventare una delle passeggiate urbane e inessa si cominciarono ad edificare palazzi econventi.Primo fra tutti – anche rispetto all'Arsenale –fu il convento dei padri agostiniani con lachiesa di Santa Maria della Consolazione,proprio all'imbocco della via su un terrenodonato nel 1513 da Antonio Moncada contedi Adernò di tale estensione che permise aipadri anche la coltivazione di un orto disemplici.Accanto sorsero, nel corso del XVII secolo, igranai del Senato (il primo nel 1630, ilsecondo nel 1661 e quindi altri due inseguito), tutti utilizzati per alloggio delletruppe borboniche nella prima metà del XIXsecolo.Circa un secolo dopo si affacciava alla cortinaurbana il palazzo dei duchi di Montalbo(edificato intorno alla metà del Settecento)9

con due ingressi laterali e un ampio cortile peril giro delle carrozze, affiancato all'edificiodella Quinta Casa della Compagnia di gesù,sorto già nel 1715 (poi adattato a caserma dicavalleria, 1774, quindi a Real Casa dicorrezione, 1786, poi ancora a caserma nellaprima metà del XIX secolo, infine a scuolafino ad oggi).

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Pianta del porto di Palermo nel 1863 (particolare, tavo-letta IgM; Centro Regionale per l'Inventariazione, laCatalogazione e la Documentazione - CRICD)

Oltrepassato il ritiro gesuitico della QuintaCasa, fra questo e l’Arsenale venivanoacquistate e destinate ad abitazione alcunepreesistenze (forse antico ostelloseicentesco)10 che trasformate e riformateintorno al 1868 con un nuovo apparato diprospetto daranno luogo alla villa Degregorio con spazioso giardino, dove piùtardi sarà costruita un'alta torre diavvistamento (esistente ancora oggi alle spalledell'edificio) la cui funzione viene associata alpassaggio delle beccacce, segnalato da un'altratorre analoga esistente nella villa De gregoriodi Mezzomonreale. L'edificio invero avevaospitato nei secoli precedenti i capitani dellegalere, soppiantando, per la sua vicinanza e amaggiore comodità, l'uso abitativo previstoquale destinazione del piano superiore della

fabbrica dell'Arsenale che aveva introdottocome una necessità la riunione di due diversefunzioni, quella cantieristica e quellaresidenziale temporanea.Ma il primo insediamento nella via del Moloera stato quello ai fini cultuali con la chiesasorta nel 1569 per gli operai del cantiere dicostruzione del molo che da questo fuchiamata Chiesa del Molo nuovo, finché nel1625, i padri Mercedari Scalzi ne ebbero laproprietà e le diedero il nome di Santa Mariadel Popolo, riformandola e iniziando la

Il nuovo scalo di alaggio al Molo Nuovo con le modi-fiche dell'area antistante all'Arsenale.

Pianta dell'area dell'Arsenale con la cortina ancora in-tegra degli edifici sulla via Cristoforo Colombo, già via

del Molo

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costruzione del convento attiguo. La suafunzione cesserà nel 1788 per abolizione digran parte dei complessi conventuali da partedel regno borbonico, avendo infine nel 1792nuova destinazione quale collegio nautico11.Ancor prima della fine del XVIII secolo,viene migliorata la via del Borgo e trasformatain strada alberata con pioppi quale nuovapasseggiata urbana completa di berceaux dipiante di alloro come strade coperte per tuttala sua lunghezza, “dalla chiesa parrocchiale diSanta Lucia al Borgo fino al braccio delMolo”12. La sistemazione, avviata nel 1786 dalpretore Celestri di Santa Croce, demoliva peròle due fontane dei Quattro Venti, la maggioree la minore, sostituendole con un'altrarealizzata sempre in prossimità della QuintaCasa gesuitica; si demolivano anche “li granmagazzini della paglia e delle legna stativicostruiti sul littorale del Molo” ricoverando lescorte in prossimità dell’Arsenale e dentro ilforte del molo. Alla fine però la passeggiatarisultò “tra il novero dei luoghi di sollazzopubblico di questa felice nostra capitale”,come scrive il marchese di Villabianca nei suoiresoconti annuali.La storia della via del Molo si vivifica fino allarealizzazione nel 1899 della casa dei principidi Paternò, commissionata ad Ernesto Basilee sorta sulla via del Borgo all’incrocio con lavia Stabile e in prossimità del quartieredell’ampliamento del 1779, dalla parteopposta al molo13.L’Arsenale era sorto su progetto di MarianoSmiriglio, primo architetto del Senatopalermitano, “uno dei più rigorosi interpretisiciliani del manierismo italiano”14al quale siattestano diverse opere e attività dimanutenzione urbana; i lavori, iniziati nel1624, vennero ultimati nel 1630 (come recita

la data incisa su una lapide affissa nelprospetto principale dell’edificio), sotto ilviceré Francisco Fernandez de la Cueva ducadi Albuquerque e il Pretore Mariogambacurta.Mariano Smiriglio (Palermo 1569-1636)-architetto, pittore, scenografo, “apparatore”per celebrazioni pubbliche, progettista dimacchine e di arti applicate, come voleva ilcostume epocale del periodo della sua nascita,ma versatile in ogni disciplina -, fu il primo adottenere, con l’istituzione ufficiale della caricae il relativo compenso, la titolarità esclusiva diArchitetto del Senato di Palermo (sotto ilPretore Mariano Migliaccio marchese diMontemaggiore) dal 1602 al 1610, per poiessere nominato Architetto Regio dal 1610 al1636 (anno della morte).È quest’ultimo il periodo durante il qualerealizza le sue architetture più importanti erilevanti per la città: l’ampliamento delpalazzo senatorio (1616-1620; poi più voltemodificato fino all’ultimo assetto del XIXsecolo ad opera di g. Damiani Almeyda); ilpalazzetto con ampi fornici al piano terra esalone di adunanze per la Compagnia deiBianchi, testata dell’isolato in cui ricadel’oratorio della stessa (1619); il palazzod’ingresso dell’ospedale militare di Sangiacomo con fornici monumentali al pianoterra che si configurano come un “ordinegigante” rispetto alla sopraelevazione dimodesta altezza (secondo decennio del XVIIsecolo, attr.to); l’Arsenale della Marina Regia,con fornici monumentali al piano terra (anchequi configurato come una sorta di ordinegigante) per lo sbocco delle corsie di cantieree sopraelevazione di modesta altezza sullasapiente soluzione di continuità di un balconea sporto “all’antica” ricavato nella muratura.

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Tutti questi edifici manifestano, nell’accogliere iprincipi del manierismo stilistico con i tipicicaratteri del bugnato ben rilevato, dei piedrittipossenti, delle cornici classiche di finestre eattici, quel rigore progettuale che si manterràcome precipua caratteristica nellaprogettazione dei secoli a venire in tutta lamigliore produzione dei protagonisti sicilianinell’ambito della disciplina architettonica.L’attenzione alle soluzioni antiche (comequella del balcone a sporto dell’Arsenale odelle cornici rigidamente classiche) lascianointendere che Smiriglio, del cui apprendistatoben poco si conosce, si sia rivolto ai principidivulgati dalle opere palladiane e dalla nuovatrattatistica architettonica che aveva presoslancio dal cosiddetto “ritrovamento”, consuccessive e ripetute edizioni a stampaillustrate, del trattato vitruviano15.Nella sua qualità di architetto incaricato dioccuparsi del decoro e dell’aspetto della città– oltre che delle nuove opere a servizio dellastessa e dei cittadini -, ebbe il compito dicompletare l’opera monumentale pereccellenza del periodo, quel “teatro del Sole”costituito dall'incrocio a 90° con piazzacircolare dell’antico cardo (la via del Cassaro)con la Strada Nuova (poi via Maqueda)iniziato su progetto di giulio Lasso nel 1608(ma il cui primo colpo di piccone per fareposto agli apparati architettonici decorativi delfuturo incrocio di “inquartamento” perrifondazione del tessuto urbano della cittàvenne dato nell’anno 1600) che metteva inscena, in prossimità del palazzo senatorio, unteatro monumentale e scultoreo con imaggiori protagonisti della storia del regnospagnolo d’Asburgo. In altri casi si trattò diopere di manutenzione, come avvenne negliinterventi sulle porte urbane come Porta

Felice, o ancora di opere di sistemazione e didecoro, come quelle che videro larealizzazione (insieme a Vincenzo La Barbera,nato a Termini Imerese nel 1577 e morto nel1642, suo valente collaboratore in molteopere) delle fontane monumentali consistemazione panoramica e di belvedere neitornanti della strada che da Palermo conducea Monreale (1630) o, ancora, le fontane deiQuattro Venti (grande e piccola) nella via delMolo. Fu infine a Mariano Smiriglio che toccòpredisporre la città, con archi trionfali eapparati effimeri, per la prima celebrazionepubblica del festeggiamento di ringraziamento aSanta Rosalia divenuta, dopo la pestescongiurata nel 1630 per suo intervento, santapatrona della città e oggetto di sempiternadevozione16.Si occupò anche delle fortificazioni a serviziodel porto - i cui principi si riverberano nelprofilo “fortificato” del piano terradell’Arsenale - e nel 1592 realizzò la batteriadella garitta (di fronte Porta Felice) a serviziodella Cala, poi dotata di torretta nel 1597; nel1621 si dedicò al miglioramento dellafortificazione del Castelluccio; anche suo èquel cippo monumentale sormontatodall’aquila del Senato palermitano checelebrava la costruzione del Molo Nuovo edel grandioso ampliamento del porto(1590)17.Costruito, in sostituzione di un anticoArsenale esistente già sito nel punto piùprofondo dell’arco del porto della Cala (se neha notizia nel 1488 ma, già esistente inperiodo normanno, l’Arsenale era statoampliato e spostato una prima volta),sull'approdo in terraferma del grandiosomolo cinquecentesco realizzato perl’ampliamento del porto di Palermo, il Regio

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La via del Borgo ancora con le connotazioni di passeg-giata urbana; a sinistra si vede la torre della palazzinaPaternò e in fondo l'alberatura della via del Molo (fotoinizio XX secolo; coll. privata)

Arsenale si distingue dalle analoghe operecoeve per alcune sue caratteristichetipologiche18.

Originariamente l’edificio (del quale sonooggi scomparsi interamente i volumi dellecorsie di cantiere e quelli dei magazzinilaterali) sorgeva su pianta quadrangolare, conquattro ampi fornici in facciata rinserrati, alledue estremità, da un partito d’angolo a torredelimitato da ampie paraste che, costituendola soluzione d’angolo, si differenziava peravere al piano terra un ambiente coperto davolta a crociera. Con ghiere fortementebugnate, i fornici aperti sulla facciata davanoaccesso alla prima campata, coperta da voltaa botte (come oggi ancora si vede) eintroducevano alle corsie profonde, scanditeda archi e piedritti e coperte da una teoria divolte a crociera che correvano per tutta lalunghezza della fabbrica (fino all’attualeedificio che si affaccia sulla via dei Cantieri).Il corpo di fabbrica rivolto al mare e chefungeva anche da ingresso, unica ala rimastadella grande costruzione, è dotato di un pianosuperiore, cosa che costituiva una originalevariabile per la prassi del tempo. Il secondolivello doveva infatti servire, verosimilmente

secondo i desideri dell’ammiraglio DiegoPimentel che aveva contribuito alla spesa,quale alloggio per i comandanti delle galere,ed era accessibile da una scala in marmorealizzata nel corpo di fabbrica a torredell’angolo ovest. Tale piano superiore sieleva per un’altezza inferiore al sottostante; èripartito da paraste, con ampi risvolti, incorrispondenza dei piedritti degli archisottostanti e le grandi finestre a edicola, conle pronunciate sporgenze delle cornici, nescandiscono il ritmo in asse con gli ampifornici del piano inferiore.

Le arcate minori ai due angoli della facciata,aperte nel piano basamentale delle torri eprovviste di ambienti coperti da volte acrociera, davano luogo ad una serie diambienti di servizio estesa lungo i fianchilaterali, oggi testimoniati dalla permanenza diun tratto di muro con cornici in pietrarispondenti a finestre ormai tamponate eprive delle fabbriche retrostanti.

Il prospetto principale con i suoi risvolti atorre elevata sulle arcate terminali e il branodi muro con le finestre, sono gli unici apparatiche testimoniano la decisa connotazione

Veduta dell'Arsenale (foto inizio XX secolo; coll. pri-vata)

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Veduta del prospetto laterale prima delle demolizioni(foto metà XX secolo; Soprintendenza Beni Culturali

e Ambientali di Palermo, Regione Siciliana)

architettonica dell’edificio (“capolavoro deltardo manierismo palermitano”, g.Bellafiore). Di interesse appare anche lasoluzione costruttiva del ballatoio continuodel piano superiore, che interrompe lacontinuità della muratura del prospetto e cheviene ottenuto secondo modi costruttivi cherichiamano l’antichità tardo-romana secondola ripresa derivata dagli studi che si eranosviluppati in età umanistica e rinascimentale(essendo ricavato dallo sbalzo ottenuto conl’arretramento della muratura della secondaelevazione).La superficie coperta dalle corsie dovevacorrispondere a circa 4.000 metri quadrati,con campate ampie 11 metri e lunghe 55metri; il sistema strutturale di raccordo con ilcorpo di fabbrica che chiudeva esteriormenteil perimetro delle corsie era risolto concontrafforti muniti di terminali a volute che,collegati perimetralmente alle murature, negarantivano la stabilità assorbendo le spintenel sistema complesso che ne derivava. A unsolo piano, tale corpo di fabbrica,verosimilmente utilizzato per magazzinaggioe deposito, era tuttavia connotato, oltre chedalle finestre con stipiti in pietra e chiavi divolta sagomate, anche da portali con ghiera abugne corrispondenti ai due angoli posteriorie sovrastati da garitte.Anche se destinato nel 1755 a Quartiere diCavalleria - come documenta anche un rilievodell'edificio redatto nel 1772 ai fini diprovvedere a una ridistribuzione del pianosuperiore19-, vi si costruirono fino al 1775 -data alla quale si attesta il progetto di ulterioretrasformazione dell’Arsenale ad uso dicaserma - e anche da parte di cantieri privati,galere, vascelli, sciabecchi a tre alberi. Poi, allafine del XVIII secolo una parte venne adibita

a carcere per i “condannati alla pena del remoe della catena”, destinazione che mantennefino alla metà del secolo successivo. Tuttavia,nel 1797 vi si costruivano ancora unmercantile e una lancia a 12 remi poi donataal vicino Collegio Nautico per leesercitazioni20.A seguito dei diversi progetti di sistemazionee riforma redatti nel 1826 quale nuovo carceremandamentale, con la previsione dimodificare anche la configurazione delprospetto eliminando la connotazioneseicentesca, e poi per la detenzione dei forzati,le trasformazioni avvenute nel corso deglianni per rendere più vivibile l’edificio neavevano alterato la distribuzione interna ederivato la crescita di diversi corpi di fabbricasulla copertura dell’arioso piano terra a corsie. Con la perdita definitiva delle originarieconnotazioni industriali, l’architetturarigorosa dell’edificio viene gravata da nuove

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L'Arsenale dopo i bombardamenti del 1943 e prima chevenissero autorizzate le demolizioni (cortile interno,corsie, magazzini laterali) (foto post 1949; coll. privata)

strutture edilizie e inizia la decadenzadell’Arsenale come cantiere navale. Moltetrasformazioni vengono attuate per gliadattamenti necessari: edificazioni di ambientie volumi sopra le corsie perimetrali,realizzazione di uno spazio centrale superioreper l'ora d'aria dei detenuti, edificazione diuna piccola cappella e di un volume diservizio addossato alla parete sud dei grandisaloni del piano superiore seicentesco,modifiche distributive delle corsie, aggiunta

di garitte agli angoli perimetrali sud-est e sud-ovest. I lavori sono indicativamentedocumentati dagli elaborati di progetto redattinel 1826 e nel 1827: quello del 1826 firmatoda Vincenzo Di Martino (Architettodipartimentale della Direzione generale diPonti e Strade) prevede principalmente lademolizione di piedritti, archi e volte centralidelle corsie mediane per la creazione di uncortile interno con la sopraelevazione deicorpi perimetrali e la trasformazione delprospetto con camuffamento da tipologiacarceraria; quello del 1827 firmato daFrancesco Avilaja (Tenente del genio), figuraevidentemente come una rivisitazione delprecedente, dove viene proposta anche lademolizione della scala che porta al pianosuperiore e l'edificio è gravato da ulteriorimodifiche21.L’aspetto degli ambiti esterni non fu mutatofino all’inizio del XX secolo, sebbenel’edificio non fosse più adeguato all’usooriginario, quando la società Florio (che avevalì impiantato i Cantieri Navali della città)faceva realizzare nel 1902 un nuovo bacino di

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Progetto della musealizzazione dell'edificio dell'Arse-nale, schema dei percorsi museali (Soprintendenza del

mare, Regione Siciliana, gruppo di progettazione: g.Bruno, R. La grutta, E. Mauro, P. Selvaggio, A. Ur-

bano, g. Vaccaro)

carenaggio nel punto di attacco tra l’ormaiantico molo cinquecentesco e la linea di costaportuale, proprio in prossimità dell’Arsenale.Da quel momento interviene un lento maprogressivo processo di trasformazione dellepertinenze fino a che, intorno agli anni Ventidel secolo scorso, viene edificato davantiall’Arsenale un edificio a servizio dei cantierinavali, precludendogli definitivamente ilrapporto diretto con il mare. Questodeterminerà anche la successiva chiusuradefinitiva dei grandi fornici delle corsie dicantiere, rimasti fino ad allora chiusi soltantoda cancelli.Fino all’unità d’Italia, la gestione dell’edificiofece capo al Ministero della Regia Marina diguerra siciliana. Danneggiato durante ibombardamenti del 1943, fu ceduto ailimitrofi cantieri navali della città

permettendo la ricostruzione delle sole partirelative al corpo meridionale a due elevazionicon il riutilizzo delle pietre delle aree dirute.L’Arsenale di Palermo, che si trova oggi neltratto terminale della via CristoforoColombo22, è stato scelto infine per ospitareil Museo del Mare e della Navigazione dellaSicilia dove la Soprintendenza del Mare, conil concorso di ricercatori e studiosi, degliamanti dell’industria marittima, degli armatorie delle loro famiglie, dei collezionisti e degliappassionati, potrà costruire itinerari epercorsi sulla storia della città, del suo mare edella stessa Marina Regia di Sicilia23.

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Note

1Si vedano, tra tanti, M. Fagiolo, M.L. Madonna, Il Teatro

del Sole. La rifondazione di Palermo nel Cinquecento e l’idea

della città barocca, Roma 1981; E. Mauro, La storia della

città: frammenti, e I Quattro Canti, in Le città immaginate. Un

viaggio in Italia, catalogo della mostra, XVII Triennale diMilano, Milano 1987.2 Si veda M.C. Ruggieri Tricoli, M.D. Vacirca, Palermo e

il suo porto, Palermo 1986, passim.3 F.M. Emanuele e gaetani, marchese di Villabianca,Della fondazione del Molo di Palermo, ms., 1782, BibliotecaComunale di Palermo, Qq D 105.4Ancora nuove porte vengono erette nel Seicento: laPorta d’Ossuna, (1613); la Porta di Montalto (1638) chesostituisce la Porta Mazara; la Porta di Castro (1620),aperta vicino al fianco destro del palazzo Reale cheguarda ad occidente, in sostituzione dell’antica Porta delPalazzo (chiusa nel 1460 ca.) (E. Mauro, Palermo, in Difese

da difendere. Atlante delle città murate di Sicilia e Malta, a curadi E. Magnano di San Lio e E. Pagello, Palermo 2004,pp. 133-139).5Per l’area veniva immediatamente proposta da gabrioSerbelloni (comandante del contingente siciliano nellabattaglia di Lepanto) l’inclusione in un coevo progettodi ampliamento delle mura di forma stellare (maiattuato). Si veda L. Dufour, Atlante storico della Sicilia : le

città costiere nella cartografia manoscritta 1500-1823, Palermo1992.6La citazione, riportata da Vincenzo Auria, è tratta daV.M Cimarelli, Risolutioni filosofiche, politiche, e morali del p.

m. & inquisitore F. Vincenzo Maria Cimarelli portate da lui

con evidenza di ragioni, similitudini, essempi, & esperienze, tratte

da più occulti segreti della natura, e massime politiche, sopra varie

difficoltà. Preposteli nel viaggio, ch’ei fece per l’Italia, Grecia,

Sicilia, e Malta. Con un trattato speculativo di alcune lettioni

accademiche, Brescia 1655.7g. Botero, Relazioni universali, parte I, vol. II, Roma1591, pp. 67, 68.8 Ivi, p. 68.9 L’edificio, restaurato e riformato, è oggi sede delCentro per la progettazione e il restauro, Dipartimentodei Beni Culturali della Regione siciliana.

10 C. De Seta, M.A. Spadaro, S. Troisi, Palermo, città d’arte.

Guida ai monumenti di Palermo e Monreale, Palermo 1998,Villa De Gregorio, alla voce.11

Il fondatore della prima scuola nautica rivolta ai menoabbienti fu monsignor giuseppe gioeni e il collegionautico, ormai allocato in un moderno edificio neipressi di Porta Felice, fu il diretto continuatore di taleiniziativa. Per la vita e le opere di giuseppe gioeni siveda L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani.

Architettura, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, Palermo1993, alla voce.12 F.M. Emanuele e gaetani, marchese di Villabianca,Della fondazione…, cit.13 I bombardamenti americani della seconda guerramondiale (1943) avranno purtroppo la meglio sulpatrimonio edilizio della via riuscendo a colpire tuttal’area del porto e la via del Borgo da una parte all’altra,dalla casa Paternò al convento dei padri Mercenari,entrambi scomparsi insieme alla quasi totalità dellecorsie cantieristiche dell’arsenale.14 g. Bellafiore, Architettura in Sicilia, Palermo 1984, p.135.15Per l’influenza esercitata in ogni tempo dallatrattatistica vitruviana si veda per tutti g. Ciotta (a curadi), Vitruvio nella cultura architettonica antica, medievale e

moderna, atti del Convegno Internazionale di genova 5-8 novembre 2001, genova 2002.16Effettivamente vissuta in età medievale e appartenentead una ricca famiglia di Palermo, la leggenda e ladevozione alla santa traggono spunto dal ritrovamentodi alcune ossa in un anfratto del Monte Pellegrino chevengono portate in processione al colmo della peste del1630 che infestò l’Italia tutta e l’Europa di quel secolo.La processione coincise con il ripiegare della violenzadel flagello. A nulla valsero successivi studi e analisiscientifiche che vogliono le ossa della devozioneappartenere ad un uomo, perché la storia della verginemartirizzata continua ancora oggi nella tradizione dellapatrona della città e delle celebrazioni del suo famoso“festino”, immortalato dai pittori e dai viaggiatoriculturali dei secoli successivi accorsi per assistervi.

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17 Per le opere di Mariano Smiriglio si veda M.C.Ruggieri Tricoli, Mariano Smiriglio, in L. Sarullo,Dizionario degli Artisti Siciliani. Architettura, cit., alla voce. 18 Si veda, per tutti, il repertorio contenuto nel volumeIl Mediterraneo. I luoghi e la memoria. Mostra archivistica,

archeologica e numismatica promossa in occasione del primo

centenario dell’Arsenale Militare Marittimo di Taranto, Roma1989.19 Archivio di Stato di Palermo, Luogotenenza e Realsegreteria di Stato, Lavori Pubblici.20 A. Sansone, Storia del R. Istituto Nautico Gioeni-Trabia

1789-1892, Palermo 1892, p. 25.21 I progetti di trasformazione a carcere sono conservatipresso l’Archivio di Stato di Palermo, Luogotenenza eReal segreteria di Stato, Lavori Pubblici, ff. 79, 92. Siveda a tale proposito il progetto di nuovo carcereredatto dallo stesso Di Martino nel 1822 e pubblicatocome Memoria dell’Architetto Dipartimentale della Direzione

Generale di Ponti e Strade Vincenzo di Martino intorno al

progetto di un nuovo carcere in Palermo, Palermo 1822.22 Alla strada, che non ha sbocco e si attesta ad uno deicancelli dei cantieri navali, è stato cambiato oggi il nomecon quello di via dell’Arsenale. Una volta era collegataalla via Papa Sergio I (tra villa Belmonte e Villa Igiea) egirava intorno al convento dei padri Mercenari. Alletrasformazioni stratificatesi sino agli anni Trenta delsecolo scorso si sono poi sovrapposte quelle, definitive,indotte dalla seconda guerra mondiale e daibombardamenti che hanno colpito duramente tutte lestrutture portuali. Infine dopo la demolizione dellestrutture pericolanti, la strada è stata destinata adaccesso dedicato alla Fincantieri che ha inglobato l’areatutto intorno all’arsenale, compresa la strada, e chepossedeva l’edificio dell’Arsenale, acquistato nel 1994dalla Regione Siciliana e rientrato così nel pubblicodemanio.23Sfruttando la vocazione dell’Arsenale, per lecaratteristiche storiche e tipologiche che locontraddistinguono, la Soprintendenza del Mare dellaSicilia (Dipartimento dei Beni Culturali e dell’IdentitàSiciliana della Regione Siciliana) ha proposto lacreazione del Museo del Mare e della Navigazione (dicui sta curando il progetto) prevedendo l’utilizzo

dell’intero corpo di fabbrica rimasto e dello spazioantistante (considerato che l’area retrostante dovesorgevano le corsie dell’Arsenale è proprietà dei cantierinavali e viene utilizzata come laminatoio). Attualmentevi si trova esposta una collezione di modelli diimbarcazioni a cura dell’Associazione Museo del Maree della Navigazione siciliana Florio (al primo piano) ela collezione di oggetti, libri di bordo, piccoleimbarcazioni, oltre che documenti e fotografie,dell’associazione Pro Arsenale di Palermo. Uno degliambienti del piano superiore è stato destinato adinstallazioni multimediali a cura dell’associazione CLACdi Palermo nell’ambito del progetto Ecomuseo UrbanoMare Memoria Viva, con il concorso di vari entipubblici e società private. Il piano delle destinazionipreviste nelle diverse sale dal progetto di adattamentomuseale del corpo di fabbrica esistente è il seguente:Piano terraPrima sala: Reperti d’età antica e medievaleSeconda sala: Reperti d’età moderna e contemporaneaTerza sala: Collezione attrezzature subacquee storichegalleriePrima sala: Mostra permanente collezionismodocumentarioSeconda sala: Mostra permanente fotograficaTerza sala: Collezione carte nautichePrimo piano: Arrivo: Segreteria mostre e convegniPrimo salone: Mostre temporaneeSecondo salone: Convegni e conferenzeUltima sala: Allestimenti multimediali

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I principi dell’architettura

Oswald Mathias Ungers: dal Museo di

Architettura di Francoforte al Centro

Civico di Gibellina Nuova

Fosca Miceli

Sviluppo questo tema analizzando duearchitetture, la prima compresa nei riferimentiadottati nel Laboratorio, l’altra studiata per latesi di Dottorato. In quest’ultimo caso, la messa in luce deiprincipi, delle regole è servita da base per ilprogetto di restauro. All’interno della ricerca teorica di OswaldMathias Ungers, un ruolo di primo piano èassegnato all’individuazione delle tematichesu cui si fonda la composizione architettonica;queste costituiscono la premessa indispensabile enecessaria affinché si possa parlare di progettodi architettura. Per Ungers, infatti, il processocompositivo si basa sulla scelta di un tema;quest’ultimo, o per meglio dire l’idea, deveessere ricercato nelle cose viste e studiate eimpresse nella memoria di ognuno di noicome volumi, spazi e proporzioni. In questitermini, possiamo considerare l’architettotedesco erede diretto della filosofia platonicarelativa all’idea intesa come Eidos, eterna edimmutabile. È possibile individuare all’internodella teoria architettonica ungersiana unavarietà di tematiche trasversali ai progetti,caratterizzate, non da una netta e rigidaseparazione tra i temi, ma nella maggior partedei casi, da una sovrapposizione di idee eschemi concettuali. L’individuazione del tema,inoltre, fa sì che tutti i progetti si pongano sulmedesimo filo conduttore, configurandosiquasi come un sorta di abaco di soluzionidifferenti: “un edificio senza un tema, senza un’idea

portante è un’architettura senza una fondazione

teorica […] edifici che sorgono in questo modo sono

privi di senso, essi non hanno nessun significato e

servono esclusivamente al banale soddisfacimento dei

bisogni”1.Attraverso queste parole, Ungers porta avantila sua battaglia contro l’idea di architetturadefinita soltanto da funzioni, materiali etecnologie, che il Bauhaus annovera nellacerchia delle arti applicate, facendone quasiun anello del processo produttivo. I temi chea pieno titolo fanno parte della sua teoriaarchitettonica, sono cinque: la trasformazione omorfologia formale, l’assemblaggio o coincidentia

oppositorum, l’inclusione o matrioska, l’assimilazione

o adattamento al genius loci, l’immaginazione o ilmondo come rappresentazione 2.Nel primo caso Ungers intende dimostrarecome i processi di trasformazione possanoessere imitati per generare forme inarchitettura; la sua teoria trova applicazionein varie opere, tra le quali il progetto diconcorso per il pensionato studentesco diEnschede del 1963. Attraverso il tema dell’assemblaggio dimostra,invece, come la città non sia caratterizzata daun linguaggio unitario, bensì da una serie dielementi che risalgono a epoche e stilidifferenti ma che tuttavia subiscono unprocesso di assemblaggio e sovrapposizioneche contribuisce al processo evolutivo.L’inclusione o matrioska altro non è che ilcompletamento del tema della trasformazione: quiUngers indaga sulle possibili variazioni che unelemento subisce nel tempo e, in questosenso, l’immagine della matrioska rappresentail punto di partenza; una volta apertacustodisce al suo interno altri elementi ugualima dalle dimensioni più piccole. Il tema dell’assimilazione si riferisce allerelazioni contestuali di un luogo: in particolar

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1. O.M. Ungers, Museo dell’Architettura di Francoforte, la struttura a traliccio

modo l’obiettivo è il recupero degli edificievoluti nel corso della storia attraverso unapporto del tutto nuovo, e in questo sensol’assimilazione si avvicina al tema dellatrasformazione. L’ultimo tema, quello dell’immaginazione, trale tematiche ungersiane il più strettamentefilosofico, trova le sue radici nella convinzioneche il pensiero derivi dalla rappresentazione edall’immaginazione e il sapere si basi su ciòche è conforme ai sensi. All’interno della grande quantità di progettiredatti da Ungers, alcuni in modo particolaresono emblematici delle sue teorizzazioniarchitettoniche: tra questi il progetto per ilMuseo dell’architettura di Francoforte del1979. Qui si assiste ad una continuasovrapposizione di temi, l’individuazione deiquali fornisce una precisa lettura dei principiarchitettonici del progetto. All’inizio deglianni ottanta, l’amministrazione comunale diFrancoforte promosse un concorsourbanistico basato sull’individuazione di seimusei tematici sulle rive del Meno, al fine di

attuare un vasto piano di recuperourbanistico. L’idea più generale prevedeval’attribuzione all’architettura delle villeoriginarie, dello statuto di oggetto diesposizione, così da trasformare la riva delMeno in Riva dei Musei, “Museumsufer”. Ungers,vincitore del concorso di progettazione per ilMuseo dell’Architettura, redige un progettoche vede l’edificio preesistente incorporatoall’interno di una nuova struttura. In questosenso la ri-funzionalizzazione dell’edificio hatrovato nell’operazione di svuotamento esuccessiva incorporazione di nuovi corpi difabbrica il suo momento più alto.Dell’originaria villa non restano, infatti, che imuri di facciata che delimitanosimbolicamente il precedente spazio abitativo,muri che si aprono e si sdoppiano allo scopodi formare delle arcate in fondo al giardinoper la creazione di piccoli cortili in cuitrovano posto gli alberi esistenti. Oggi la villaè il contenuto di un grande ambiente peresposizioni, al tempo stesso oggetto e spazioespositivo. All’interno della scatola murariaottocentesca è stata installata una nuovacostruzione, un traliccio bianco e quasiimmateriale, archetipo della capanna, cheattraversa tutto l’involucro dal basso versol’alto, mettendo in comunicazione tra loro idiversi livelli e culminando in un piccolospazio con copertura a falde (fig.1). L’operazione di inscatolamento dello spazio simoltiplica per inclusioni successive, facendoproprio il tema della casa nella casa ovvero dellamatrioska. Una volta oltrepassato il muro dicinta del museo ci si trova nello spazioesterno della villa, poi si entra nella villa, finoa giungere al culmine dell’intera composizionearchitettonica: lo spazio più intimo, riservato,delimitato dalla struttura a traliccio simile ad

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2. O. M. Ungers, Museo dell’Architettura di Francoforte

una filigrana, che svetta in alto recuperandol’altezza complessiva dell’edificio perculminare in uno spazio introverso dalledimensioni più piccole. Se nelle primeversioni di progetto, la struttura centrale altronon era che una sorta di fonte di luce, lasoluzione definitiva ne fa una vera e propriacasa interna che il visitatore scopre solo dopoavere superato una serie di recinti, per mezzodei quali Ungers lo esorta a riflettere suifondamenti propri dell’architettura edell’abitare (fig.2). Il tema della casa nella casa, e dellasequenzialità dello spazio architettonicodifferenziato, costituisce la matrice principaledi impostazione del progetto. Per il resto,geometria, simbolismo e processocompositivo formano un sistema di regoleche unisce da un lato i requisiti funzionali delmuseo, dall’altro gli aspetti di carattereevocativo. Come detto, diversi sono i temiteorici presenti in questo progetto, e in

particolar modo si assiste ad unasovrapposizione di tre di questi: oltre quellodell’inclusione o della matrioska, il temadell’assemblaggio o coincidentia oppositorum equello della trasformazione morfologica. Dei primidue si ha una lettura immediata riscontrabilenell’idea del contenitore più piccoloall’interno di quello più grande, la bambola nella

bambola, per citare il surrealismo di Magritte(fig.3), riferimento evidente dell’opera diUngers. I tre diversi livelli, le tre matrioske, divolta in volta caratterizzate da dimensionidifferenti, trasposte nell’edificio per il museodi Francoforte, altro non sono che i tre diversigradi di costruzione del progetto: lasistemazione esterna, le pareti perimetralidella villa e la nuova struttura a traliccio.Inoltre, la presenza all’interno del museo di

3. Renè Magritte, La bambola nella bambola

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4. O. M.Ungers, La casa dello studente a Enschede, progetto di concorso 1963

numerosi modelli di architettura, generalizzaancora una volta il principio della casa nellacasa, alla stessa maniera in cui il tema è resoesplicito alla scala urbana: i singoli museitematici come matrioska più piccolaall’interno della matrice di partenza data dallaMuseumsufer. Il tema della trasformazionemorfologica, apparentemente più celato,consiste, invece, nell’inversione di spaziinterni ed esterni, perno attorno al quale sisviluppa tutto il progetto; vi è infatti uncontinuo rimando tra dentro e fuori, trainterno ed esterno che si compenetrano avicenda, si condizionano inevitabilmente manon si escludono l’un l’altro. A questi temi siriallacciano le ricerche di carattere urbano earchitettonico riconducibili alla teoria dellacittà nella città sviluppata da Ungers negli annisettanta durante il suo soggiorno alla Cornell

University3. Attraverso questa ricerca,l’architetto tedesco intende proporre unnuovo modello per lo sviluppo dellemetropoli e lo fa partendo dall’esempio diBerlino. La città, caratterizzata da unastruttura morfologica urbana ricca di vuoti,ha fatto del frammento il tema della suaricostruzione, secondo la teoria dell’arcipelago

urbano4 . L’elemento che lega insieme le varieparti è per Ungers la memoria collettiva5 : da quil’interesse per villa Adriana a Tivoli,riferimento costante nell’opera dell’architettotedesco. Ciò che lo affascina è l’idea delprogetto unico composto però da un insiemedi eventi, di pezzi, di frammenti, talora inconflitto, che interagiscono e completano ilsistema urbano; la complessità della strutturaurbana, la complementarietà nelle relazionispaziali, l’articolazione nel linguaggioarchitettonico, il suo essere comunqueun’architettura di ricordi collettivi, sono leragioni che elevano Villa Adriana ariferimento costante nella produzionearchitettonica del maestro tedesco.Questa influenza determinante è stata piùvolte riscontrata, già a partire dagli annisessanta, in tre progetti di concorso, cheseppur senza esito, non sono stati privi dieffetto per la storia dell’architettura: la Casadello Studente a Enschede (fig.4) del 1963,l’Ambasciata tedesca presso la Santa Sede(fig.5) e il Museo del PreussischerKulturbesitz al Tiergarten di Berlino del 1965(fig.6). I principi architettonici di Villa Adrianae dei tre progetti citati, non solo sono similima coincidono: questi ultimi, infatti, puressendo estremamente diversi fra loro perfunzione, eleggono a loro riferimentoassoluto Villa Adriana, configurandosi,ognuno con caratteristiche differenti, come

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5. O. M. Ungers, Ambasciata tedesca presso la Santa Sede, progetto di concorso 1965

6. O. M. Ungers, Museo del Preussischer Kulturbesitz al Tiergarten, progetto di concorso 1965

7. O. M. Ungers, Progetto per il Centro Civico di gibellina Nuova, 1982

piccole città in miniatura, microcosmiall’interno del più generale macrocosmo.Metafora della città da un lato, uso dellageometria e tema della reminescenza

dall’altro, contribuiscono a fare delle trearchitetture un alto esempio della teoriaungersiana della città nella città. C’è, a mioavviso, una certa analogia tra i precedentiesempi architettonici e il progetto per il pianoparticolareggiato del Centro Civico digibellina Nuova, redatto da Ungers nel 1982,successivo alle teorizzazioni relative alla città

nella città e alla città in miniatura.Le ricerche condotte nell’ambito della mia tesiall’interno del Dottorato di Ricerca inProgettazione Architettonica di Palermo, erelative allo studio del Centro Civico e inparticolare dell’edificio residenziale di Ungers

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8. O. M. Ungers, Progetto per il Centro Civico di gibellina Nuova, vista della galleria urbana, 1982

(fig.7), hanno condotto all’individuazione deiprincipi dell’opera, apparentemente celati dauno stato di fatto che ha travisato leindicazioni del progetto originale. A causa,infatti, di una ricostruzione che ha dovutotener conto dei finanziamenti che in manieradiscontinua arrivavano dallo Stato, gibellina,distrutta dal terremoto del Belice nel 1968, èstata ricostruita a partire dagli anni settanta inmaniera frammentaria e in un arco temporaledi oltre quarant’anni, non ancora conclusosi.Dei progetti redatti per il Centro Civico sonostati realizzati solo alcuni frammenti, che oggiappaiono privi di alcuna relazione tra loro. L’unico edificio di Ungers costruito (oltrel’albergo, iniziato soltanto in questi ultimi annie incompiuto), la galleria urbana (fig.8), è statorealizzato in maniera largamente incompleta,poi concluso da Nicolin nell’ambito di un

ulteriore progetto del Centro e in manieradifforme dall’originale, e successivamentetrasformato in modo irriconoscibile: neglialloggi, nelle grandi scalinate, nella galleria chegli dà il nome.

Fondamentale è risultato in questo senso, ilsupporto delle teorizzazioni architettonichedi Ungers, a cui fanno riscontro progetti cheaffrontano le medesime tematiche. L’attentalettura di ognuno di questi è servita aricostruire il significato perduto, forse maiavuto all’atto pratico, del progetto pergibellina. In particolare modo sono statistudiati altri progetti dell’autore (in particolarequelli citati in precedenza), al fine didimostrare come ci siano dei caratteri comuni,riscontrabili in tutte queste architetture.L’operazione descritta ha condotto al

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9. Prospetto stato di fatto dell’edificio residenziale su viale Belice

10. Prospetto stato di fatto lato piazza del Municipio

riconoscimento dei principi architettonici delprogetto per gibellina, all’analisi dellecompromissioni subite e all’elaborazione delprogetto di restauro; quest’ultimo non è statoconsiderato l’atto conclusivo della ricerca,bensì lo strumento metodologico diapproccio alla stessa.

Il progetto per il Centro Civico, redatto su

invito di Ludovico Corrao, è relativo ad unaparte circoscritta del nuovo agglomeratourbano, quella parte destinata dal Piano diTrasferimento Totale ad accogliere gli edificidi carattere istituzionale, culturale e religioso.Esso era rivolto a completare il progettooriginale del gruppo Samonà, rimastolargamente incompiuto. L’idea di base delprogetto di Ungers era quella di una città che

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11. Pianta di progetto dell’edificio residenziale alla quota della passeggiata

12. Prospetto di progetto dell’edificio residenziale su viale Belice

si caratterizzi per la presenza di elementi dalforte valore identificativo che popolano inostri agglomerati urbani: il boulevard, ilgiardino, la piazza, il porticato, le residenze, illago. Ancora una volta l’obiettivodell’architetto tedesco è proporre una città inminiatura che racchiuda in sé tutti quegli

elementi che costituiscono le città reali. Ilriferimento diretto è, ancora una volta, VillaAdriana, città nella città, simbolo dellamemoria collettiva. Se nei progetti citatiprima Ungers si apre a nuove composizionisperimentali che per la prima volta intendonoscardinare il pensiero articolato in sistemi

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13. Prospetto di progetto lato piazza del Municipio

chiusi, fino a giungere ad un sistemacomplesso basato sui criteri del collage e delframmento, in cui ogni elemento ha una suaautonomia di base, ma al tempo stesso faparte di un sistema; nel caso di gibellina, purfacendo riferimento a quelle esperienze, ilprogetto appare unitario, a partire da unsistema geometrico fortemente riconoscibile.La ricerca portata avanti all’interno delDottorato si è posta come obiettivo l’analisie l’approfondimento delle questioni relativealla conoscenza, alla conservazione e alrestauro dell’architettura moderna.Sull’edificio di Ungers si è proposto unintervento che miri a rafforzare l’idea di cittàconnotata da elementi differenti perlinguaggio e funzione. L’obiettivo è statomettere in relazione parti del nucleo urbano,attraverso la costruzione e il disegno dellospazio pubblico: le riconnessioni urbane trale diverse emergenze architettoniche delCentro Civico hanno costituito il presuppostodel progetto, a partire dal concetto di città inminiatura. Dalla scala urbana si è arrivati aquella dell’edificio e successivamente a quelladell’alloggio. In questo senso il progetto di

restauro ha fatto riemergere il forte valoreurbano insito nel progetto originaleparzialmente realizzato e la sincronia di ogniparte con l’altra. Il progetto di restauro èincentrato sull’intervento relativo alla galleria

urbana. L’edificio, in cui l’idea originale èparzialmente riconoscibile, posto lungo ilviale alberato, avrebbe dovuto contenereunità edilizie, spazi pubblici e attivitàcommerciali, collegate dalla galleria urbana:proprio in questo risiedeva il caratterepubblico e privato che caratterizzaval’intervento, divenendo tema del progetto.L’architetto tedesco elabora un modelloresidenziale basato sull’isolato multipiano eplurifamiliare, articolato su più livelli, in cui lospazio privato e lo spazio pubblico sicompenetrano agendo sull’articolazionedell’ambiente urbano. Un progetto essenziale,basato su una rigida maglia geometrica ecaratterizzato da un’infinita ripetizione dielementi affiancati l’un l’altro, che danno vitaad una cortina continua. Il risultato finale èun’architettura dagli evidenti tratti distintivi,che si caratterizza per la presenza di elementiricorrenti nella poetica architettonica

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14. Vista di progetto

ungersiana: la ripetizione quasi ossessiva delmodulo, la presenza delle finestre quadrateche diventa punto di forza dei prospetti, l’usodella geometria, protagonista indiscussadell’intervento. Le modifiche apportate nehanno però compromesso l’unitarietà e laconcezione iniziale (figg. 9-10). L’analisi deglielaborati originali e lo studio di altri progettiche affrontano le medesime tematiche hapermesso, attraverso il progetto di restauro,di leggere le tracce di quel principio assolutosu cui il progetto si basava. In quest’ottica,l’obiettivo della ricerca è stato quello didimostrare come ci sia stato un tradimento difondo che ha interessato, al tempo stesso,scale diverse dell’intervento: dall’aspettourbano, relativo alla connessione fra le diverseparti del Centro Civico, al rapporto trapubblico e privato che caratterizza la scaladell’edificio, sino ad arrivare a quelladell’alloggio. Sono stati ripresi gli elementi dellinguaggio, come le aperture quadrate e leampie scalinate; sono stati adeguati gli alloggi,che hanno subito molte modifiche, ad unacondizione attuale che rispetti le idee originali;è stata riprogettata la galleria urbana, che oggisi conclude in un cul de sac, perdendo quindi

ogni senso, in forme adeguate alla nuovasituazione (figg. 11-14). Insomma, è statousato il progetto come strumento di conoscenza

che ha consentito di operare unatrasformazione capace di recuperare eriportare in luce i principi fondanti, i temi ele regole compositive che hanno generato ilprogetto.

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Note

1 O.M. Ungers, Architettura come tema, in «Quaderni di

Lotus» n. 1, Milano 1982, p.24.2 O.M. Ungers, Architettura come tema,….p.263 Nel 1968 Ungers si trasferisce negli Stati Uniti, dove

diviene preside del Dipartimento di Architettura della

Cornell University. In quegli anni avviene la

consacrazione del tema della “città nella città”, resa

possibile grazie ai lavori della Sommerakademie di

Berlino del 1977, organizzata proprio dalla Cornell

University, particolarmente attiva in quegli anni

relativamente a questi studi e grazie all’influenza di

Colin Rowe e della sua teoria su Collage City, esplorata a

partire dagli anni cinquanta.4 Le tesi, alla base della ricerca condotta, si riferiscono

ad alcuni caratteri peculiari riscontrati all’interno del

sistema urbano berlinese: primo fra tutti la struttura

della morfologia urbana ricca di vuoti, che ha reso la

città frammentata e differenziata a tal punto da definirla

una città arcipelago, caratterizzata dalla presenza di isole

urbane. Altri temi sono quello dell’«arcipelago verde»,

in cui trovano spazio le infrastrutture per la

comunicazione e la mobilità, e quello della “villa

urbana”, compromesso tra l’edificio residenziale in città

e la casa unifamiliare.5 O. M. Ungers, L’architettura della memoria collettiva, in

«Lotus» n. 24, Milano 1986.

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Le Corbusier, schizzi che illustrano la genesi dell’idea del Museo a crescita illimitata, 1939

I riferimenti progettuali per una teoria

della conoscenza

Giuseppe Borzellieri

I riferimenti progettuali adottati e propostiall’interno del Laboratorio di Progettazione,sono stati utilizzati, finalizzandoli alle singoleesperienze progettuali didattiche, in manieracritica e analogica, mai univoca, cercando dievitare il sorgere di luoghi comuni econsiderando il percorso progettuale propriodi ogni studente come processo creativo e diconoscenza, evidenziando nelle analisi, larelatività delle soluzioni rispetto alleconcatenazioni di questioni che ledeterminano.La finalità didattica del lavoro condotto suiriferimenti è consistita, essenzialmente,nell’acquisire appropriate metodologieanalitiche, sotto forma di letture critiche edorientative, e nell’apprendimento di alcuniambiti conoscitivi e tecnici che definiscono lacomplessità del fenomeno architettonico eche trovano sintesi nel progetto diarchitettura.Ovviamente, l’associazione tra i riferimenti ei temi progettuali emergenti, è statapuramente indicativa. Molti riferimenti progettuali, infatti, se benanalizzati, svelano la propria afferenzatrasversale alla molteplicità dei tematismiproposti poiché essi, più che escludersi,stabiliscono tra loro relazioni dicomplementarità.I temi progettuali hanno costituito, inoltre,una prima chiave di lettura interpretativa deiriferimenti e un suggerimento per i singoliprocessi progettuali da porre in atto.L’analisi e la de-costruzione critica dei

progetti esemplari assegnati – che in questasede riguarderanno il Museo d’ArteOccidentale a Tokyo di Le Corbusier e ilKimbell Art Museum a Fort Worth, Texas diLouis I. Kahn – è finalizzata a riconoscere erintracciare le norme, le modalità, le prassidisciplinari che sono sottese alla costruzionedella forma architettonica, in rapporto allecontingenze culturali e contestuali che ladeterminano, in vista di una loro rifluenza,sempre in termini analogici, nell’esperienzaprogettuale prevista dal Corso.

Il museo di Tokyo

Il museo di Tokyo è ascrivibile all’archetipodel labirinto: esso viene utilizzato comemetafora allusiva di spazi architettonicicostruiti attraverso l’idea di movimentocontinuo, esprimendo una geometria dicarattere topologico-combinatorio, nel sensoche si fonda su nozioni quali quelle di limite,

ordine, continuità, inclusione1.

Dati generali

Il museo nasce per ospitare l’importantecollezione di pittura e scultura di arte

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Le Corbusier, schizzi di studio riguardanti il Museo di Arti Occidentali di TokyoLe Corbusier, manifesto riguardante la ricerca sperimentale iniziata con il museo a crescita illimitataLe Corbusier, Museo Mondiale, pianta sezione e prospetti, 1929Le Corbusier, Museo degli artisti viventi, Parigi 1930

impressionista appartenente al riccogiapponese Kojiro Matsukata, residente aParigi. Allo scoppio della Seconda guerra Mondialela collezione fu confiscata dal governofrancese per essere, in seguito, restituita algiappone a condizione che venisse realizzatoun museo per ospitarla stabilmente, dachiamare Museo Nazionale delle Belle Artid’Occidente.Per il nuovo edificio, la cui progettazione fuaffidata nel 1957 a Le Corbusier, fuindividuata una vasta area all’interno di unparco naturale in posizione dominanterispetto alla città di Tokyo. Un’area peraltrogià occupata, tra la fitta vegetazione, da altriedifici museali (il Museo Nazionale, il Museodelle Scienze, il Palazzo delle Esposizioni e ilCentro Culturale di Tokyo).La collocazione dell’edificio corrispondeinfatti all’interesse nutrito da Le Corbusier perl’edificio isolato, inteso come “monumento”individuale collocato nella natura.

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Le Corbusier, Museo a crescita illimitata, 1939Elaborazione digitale dello sviluppo del percorso espositivo secondo il principio della spirale,

a partire dalla rampa

Temi tipologici e morfologici emergenti

Il Museo delle arti Occidentali a Tokyorappresenta il punto di arrivo di una ricercasperimentale, trentennale, iniziata con ilmuseo a crescita illimitata. Tra il 1929 e il1939 Le Corbusier elabora due progetti,quello per il museo mondiale e quello per ilmuseo a crescita illimitata, le cui tipologievengono definite per mezzo di un percorsocontinuo ed avvolgente, come una sorta dilabirinto “unicursale”, illuminato dall’alto,lungo il quale si determinano gli spaziespositivi.L’idea labirintica dello spazio musealeperseguiva il fine di convogliare il flusso deivisitatori in uno spazio unidirezionale senzal’incrocio e la sovrapposizione dei percorsi

tipico dei musei ottocenteschi2.La suggestione di uno spazio configuratosecondo l’idea del movimento continuopermea anche il museo di Tokyo, ad iniziaredalla “spirale” a pianta quadrata, ma conl’aggiunta di diverse componenti di caratteretipologico che tendono alla spettacolarizzazionedegli aspetti inerenti l’allestimento espositivo,con la conseguenza che il visitatore nonosserva la singola opera d’arte, ma attraversodoppie altezze, affacci privilegiati, e il vuotodello spazio centrale coperto, può avereimmediata chiarezza del museo nel suoinsieme.L’edificio, a pianta quadrata, è sospeso da unalunga e regolare griglia di pilotis, disposti areticolo, che accoglie il visitatore come unombroso e vasto porticato3. Al piano terrasono ospitati i servizi di ricezione, i depositidel museo, gli atelier e l’alloggio del guardiano.L’atrio d’ingresso al museo, al livello delgiardino, è separato dall’esterno soltanto dalastre di vetro senza telaio.Fulcro di questi spazi al piano terra ènaturalmente la vasta area centrale atutt’altezza, illuminata da un lucernario,segnata dalla presenza di due possenti pilastriliberi a sostegno della copertura e, soprattutto,dalla rampa di collegamento con le saleespositive superiori. Proprio la rampa dàinizio al percorso continuo del museo “chesupera la condizione tradizionale di‘orizzontalità’ e ‘verticalità’ dei collegamenti”.Trasforma oltretutto il percorso in unapromenade architetturale, che consentel’innescarsi di u’esperienza spazialecomplessa, “al contempo parziale e globale,la quale permette di coglierecontemporaneamente la presenza di diversispazi espositivi”4.

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giunti al primo livello ha inizio il sistema dellesale espositive che, attraverso il percorsocontinuo e scandite dalla sequenza dei pilastristaccati dalle pareti perimetrali, si avvolgonodinamicamente attorno al vuoto della hallcentrale, con la quale comunicanovisivamente per mezzo di ampi affacci.L’illuminazione viene garantita per mezzo dilucernari pensati sotto forma di gallerievetrate sospese dai pilotis, percorribiliall’interno e accessibili da un pianomezzanino ricavato grazie alla doppia altezzadelle sale.I fronti esterni del museo appaionoassolutamente omogenei e completamentechiusi, ad eccezione di quattro ampi fornicivetrati, uno per prospetto, corrispondenti (intre casi) all’ordine doppio delle sale del primopiano.A queste ultime si può accedere mediantedelle scale esterne poste in corrispondenzaproprio dei fornici.Un sistema continuo di filtri, lungo la rampae le sale del primo piano, “dilata il sensodell’accadere del percorso permettendo alvisitatore di dare una rapida occhiata ointraprendere un lungo viaggio di scoperta:da percorso come deambulazione fisica, apercorso/fruizione da varie prospettive,distanze e angolazioni, degli oggetti esposti”5.

Vengono inserite delle soglie, cioè deglielementi fisici o virtuali che servono adistinguere situazioni spaziali diverse: talvoltale soglie sono costituite dalla disposizione disetti che definiscono quasi dei varchi dipassaggio tra le quattro ali delle sale del primopiano. In altri casi è l’improvvisa variazione luminosache individua due ambiti spaziali diversi.Questo risulta assolutamente coerente con

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Sezione Elaborazione digitale dell’aggregazione volumetrica dei vari livelli che compongono il museo

Il piano terra su pilotis con l’ingressoElaborazione digitale del sistema dei lucernari presenti nella copertura del museo

quell’idea tipologica di fondo perseguita da LeCorbusier di un’organizzazione degli spaziespositivi tendente ad una “labirinticacontinuità”.Il percorso espositivo ideato da Le Corbusierè infine itinerario, viaggio a cui si viene iniziatisin dal varco delle grandi soglie dei portali chesi aprono nella netta chiusura delle facciate openetrando nell’ombrosità del porticato alpiano terra. Il visitatore in tal modo diventa

soggetto del percorso perchè i suoimovimenti e le esperienze cognitive, chematura di sala in sala, intersecano il percorsostesso e la costruzione dell’allestimentoespositivo6.

In tutto questo è naturalmente fondamentaleil ruolo operato dalla luce.Illuminare, nel senso stretto del termine, eraper Le Corbusier mettere in luce, produrrecioè un “gioco sapiente rigoroso e magnifico” diombre e penombre. La migliore luce daimpiegare in un allestimento museale, rimaneper Le Corbusier quella naturale, certamentela più difficile da usare, e quindi la meno usatanei musei, eppure l’unica in grado diriconnettere l’opera e lo spazio espositivo alluogo7.

Per sottolineare il senso di astrazione, quasidi levitazione del volume “sospeso” delmuseo, Le Corbusier, così come aveva fatto

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Sezione trasversale e immagine della sala d’esposizione tipoLa sala del XIX secolo con al centro il lucernario triangolare sorretto dalla possente colonna liberaVeduta aerea del Kimbell Art Museum

nel museo di Ahmedabad, ma con diversomateriale, riveste le facciate con grandi lastreprefabbricate in cantiere, realizzate conciottoli di pietra verde del giappone (aspettodi sensibilità nei confronti del luogo) inseritia mano in un getto di calcestruzzo.Una quadrupla fila di pannelli così realizzataè contenuta tra le “fasce” orizzontali continuein calcestruzzo: quella alta sostenuta inaggetto dalle mensole dei pilotis, che rendeancora più evidente lo stacco dovutoall’addensarsi dell’ombra nel “vuoto” delpiano terra; e quella sottile, appenapercettibile del coronamento.L’edificio, sospeso da terra grazie allacostruzione tettonica indipendente, cessa diessere un ostacolo spaziale e si posa su unpossente solaio basamentale che sembra farfluttuare la fabbrica nell’aria.

Il Kimbell Museum

Il Kimbell Museum è invece ascrivibile ad unastruttura formale di base che consiste nellaripetitività di una componente tettonica, dialto valore formale, utilizzata come tramageometrica assoluta dell’edificio.

Dati generali

Il museo, progettato per ospitare la collezionedi opere d’arte di una coppia di miliardari

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Planimetria generale del MuseoSchema delle sequenze assiali delle porzioni di solaio ribassate (disegno di g. Borzellieri)

Sezione longiudinale (ridisegno di g. Borzellieri)Fronte sud (disegno di g. Borzellieri)

Pianta del livello seminterrato degli uffici (ridisegno di g. Borzellieri)

texani, sorge all’interno della Will RogersMemorial Park a Forth Worth, un’areadestinata a polo culturale della città in cui, inordine sparso, erano già presenti altri musei,gallerie d’arte e un auditorium.Molti aspetti organizzativi del museo sonostati programmati da Richard F. Brown,direttore della nuova istituzione museale, cheebbero un ruolo fattivo ma non vincolantesulle scelte progettuali compiute da Kahn.Il complesso occupa un’area di circadodicimila metri quadrati e comprende duedistinti livelli, ed è il frutto di ben quattrodiverse versioni di progetto, elaborate tra il1967 e il 1968, e di ulteriori modificheapportate in corso d’opera.

Temi tipologici e morfologici emergenti

Il Kimbell sembra rappresentare, nelle suecaratteristiche tipologiche, il ricongiungimentodelle esperienze architettoniche modernericonducibili all’International Style, con iprogetti esemplari delle gallerie modularipresenti nel Précis di Durand chenell’Ottocento aprivano la strada alladefinizione “moderna” del museo.L’opera al contempo può rappresentare unprototipo di un’architettura il cui fine è quellodi modificare sia stilisticamente che dal puntodi vista organizzativo (esposizioni permanentied esposizioni temporanee organizzatecontemporaneamente, percorsi di visitadifferenti, zone riservate allo studio,biblioteche, ecc.) il significato dell’istituzione

museale.Il progetto si fonda sulla scelta di un impiantotipologico di estrema chiarezza che sembracontenere tutti i principi irrinunciabili dellaricerca di Louis Kahn; tali principi vedono laluce diventare materia, la struttura denunciare

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Analisi ed interpretazioni critiche riguardanti la geometria dell’opera (di g. Borzellieri)

sempre la sua presenza e la semplicità spazialecome indice di bellezza compositiva.Il sistema è costituito dalla successione serialedi gallerie (lunghe ca. 46 metri e larghe 6),coperte da una volta cicloidale8, orientatesull’asse nord-sud, con una serie di lucernaricostituiti da sottili fenditure, praticate allasommità delle volte, che convogliano la lucenaturale all’interno dell’edificio.È proprio questa scelta iniziale edirrinunciabile di dover illuminare il museo conluce naturale, opportunamente modulata inrelazione alle necessità espositive delle opere,che spinge Kahn a compiere alcunevalutazioni progettuali sin dall’inizio.Alla fine l’edificio si compone di due livelli, dicui uno seminterrato, che nella logicatipicamente kahniana rispondevano agli spaziserviti del museo (quello superiore) e aglispazi serventi (quello inferiore).All’interno della successione ritmica deglispazi voltati che si alternano ad intervallispaziali di ridotta larghezza, per ribadire lanecessità di una diffusa illuminazione naturaledi tutti gli spazi del museo, anche di quelli piùinterni al sistema delle gallerie, Kahn operauna prima variazione dello schema tipologicodi base introducendo alcune corti interne chesi manifestano ad una visione dall’alto, comebrevi soluzioni di continuità praticate nelsistema delle volte disposte parallelamente ase stesse.Inoltre la campata-galleria coperta a voltacicloidale, ripetendosi parallelamente ed inalternanza alle porzioni di solaio ribassatedove sono alloggiati tutti gli impianti tecnici,costituiscono un ritmo A-B-A-B-A-B-A-B-A-B-A di memoria Palladiana (si veda la villaMalcontenta), dove A è pari a sei metrimentre B corrisponde a circa 1/3

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Sezione assonometrica di una porzione del sistema voltato delle gallerieSezione trasversale parziale (ridisegno di g. Borzellieri)

Particolare dell’attacco della volta alla porzione di solaio ribassata (disegno di g. Borzellieri)

dell’intervallo maggiore.Un’altra variazione dello schema tipologico dibase, consiste nell’introduzione di unaseconda assialità: la successione ritmica degliambienti voltati infatti, riconduce ad un’ unicaassialità secondo la direzione nord-sud. Ma incontrapposizione alla logica della ripetizionedelle sei campate, definite da volta a botte asezione cicloide, e alla conseguente multipladirezionalità assiale e parallela, Kahnintroduce un’assialità trasversale ottenutamediante la sottrazione, nella porzionecentrale dell’edificio, di due campate con loscopo di creare un’ampia corte, con una vascad’acqua al centro, che segna l’ingresso almuseo. Ingresso ulteriormente sottolineatodalla prima campata interrotta al centro etrasformata in due ali porticate a racchiuderela corte.In tal modo Kahn ottenne nella facciataprincipale una sorta di schema tripartito,tipicamente Beaux-Arts. Lo spazio architettonico nuovo trova nelrapporto proporzionale architettura-struttura-opera esposta il germe del linguaggiocompositivo di Kahn9.All’interno del museo, la successione ritmicadegli spazi, anche in mancanza di setti muraridi divisione, è evidenziata dall’alternanza dellevolte a tratti brevi di copertura rettilinea ed èsottolineata dalla diversità dei materialiimpiegati: parquet di quercia chiara nelle saleespositive voltate, travertino negli spazi strettidi separazione.L’obiettivo di Kahn è quello di ottenere unospazio che in una certa maniera sia in gradodi raccontare il processo costruttivodell’architettura “lo spazio è architettura quando

la maniera in cui è creato è visibile e comprensibile ed

il metodo di costruzione deve essere scelto in modo da

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Esploso assonometrico parziale del modulo tettonico della galleria (disegno di g. Borzellieri)Aggregazione volumetrica delle varie parti strutturali che compongono la galleria (disegno di g. Borzellieri)

permettere alla luce diurna di avere un suo carattere;

questo è un principio fondamentale”.

In questa maniera, la struttura mostratadiventa processo compositivo e non semplicedelimitazione di spazi, ponendosi comeelemento strutturante lo spazio stesso tantoche il pilastro non rappresenta più un’entitàautonoma ma è la stessa parete che logenera10.La luce diventa, nell’articolazione delle regole

compositive, l’elemento unificante con ivolumi ed il rapporto luce-ombra che ligenera, definendo in maniera totale lo spazioarchitettonico. L’importanza di questa particolare relazionetra la luce e la materia, la si comprende dallestesse parole di Kahn: “uno spazio non diventa

architettura senza la luce naturale” e ancora “tutta

la materia è luce...è la luce che quando termina di

essere luce diventa materia”.La luce attraverso l’indagine delle sueimplicazioni, diventa quell’elemento tecnicoindispensabile alla percezione dell’architettura11.Sistemi architettonici come pilastri, travi,archi, volte, aperture, facciate sono definiti infunzione della loro possibilità di creare inmaniera differente il rapporto luce-ombra.Alla luce e alle sue implicazioni architettoniche,Kahn associa un altro elemento “il silenzio”.Esso diventa nell’identificazione del “vuoto”,il mezzo capace di generare per le suepotenzialità la “creazione”.“Silenzio e Luce” sono quindi fusi in un unicoelemento, capace nella sua complessità di

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Ricostruzioni digitali del sistema di diffusione della luce e dei suoi componenti (di g. Borzellieri) Costruzioni a Pompei

contenere allo stesso tempo il germedell’espressività e la forza per generare ilprocesso creativo che sta alla base dellacreazione universale.Ma il completamento del procedimentocreativo definito dal rapporto Silenzio-Luce,si ha con il concetto di Ordine.Se infatti Silenzio e Luce rappresentano glielementi generatori indispensabili al processo

creativo, l’ordine rappresenta, nel suosignificato di regolatore delle leggi e deicomportamenti dell’attività umana, la“regola”capace di comporre non solo l’operad’arte, ma tutto lo spettro dei comportamentiumani.Il tentativo rimane quello di definire unarchetipo architettonico capace, attraverso ilsuo significato di rappresentazionenell’inconscio dell’esperienza dell’uomo, diintegrarlo con l’opera d’arte e quindi conl’architettura.Naturalmente gli elementi di maggiorecaratterizzazione del museo rimangono lospazio interno e le molteplici modalità diilluminazione sperimentate da Kahn. Dailucernari principali attraverso i ricurvi corpiriflettenti in alluminio microforato si riversasulla superficie delle volte, delle pareti e deidivisori, una luce che scivolando in manieraradente lungo di esse, genera una luminositàargentea uniforme.La luce che penetra attraverso le asole sullepareti, come quella che stacca le volte dai murid’ambito, o quella che giunge “colorata” dallepiccole corti scavate nella continuità dellevolte contribuisce ad un effetto distraordinaria suggestione.Anche nel livello inferiore destinato agli ufficie ai laboratori, Kahn sperimenta particolarisistemi di illuminazione come in alcuniambienti in cui la luce penetra dall’alto, grazieallo stacco delle campate a porticoposizionate ai lati dell’ingresso, rispetto alrimanente corpo del museo.L’immagine che restituisce il Kimbell ArtMuseum, anche per il suo aspetto archetipo,ha spinto diversi critici a definire un quadrodi possibili riferimenti.Dai magazzini voltati nel tempio di Ramsete

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a quelli di età romana sulla via Emilia, adalcune costruzioni di Pompei con le quali lasomiglianza è davvero impressionante, anchee soprattutto per l’intervallo che distanzia levolte, ai magazzini per il porto di Casablancadi Perret; ai moltissimi progetti di LeCorbusier che si basano su di un’analogastruttura formale: da Casa Monol del 1919,alle Case del villaggio a Sainte-Baume del1948, e quelle Roq à Cap Martin, del 1949,alla casa Fueter sul lago di Costanza inSvizzera, alla casa Sarabhai ad Ahmedabad del1955, alle Maison Jaoul a Neuilly sur-Seine del195712.A detta di molti, hanno ricoperto un ruolofondamentale anche i riferimenti iconograficiriconducibili ad immagini legate alle grandicostruzioni dell’ingegneria pionieristica, comehangar, silos, terminal ferroviari e opificiindustriali.

Note

1 L’idea della spirale quadrata che organizza laconfigurazione del Museo a Crescita Illimitata èmessa in esplicita relazione da Le Corbusier conla legge geometrica che presiede allaconformazione del guscio di una conchiglia a“chiocciola”. La genesi dell’idea sintetica dellaspirale, riscontrabile nell’illustrazione del progettodel museo di Tokyo, è basata su un’evoluzione cheva dalla forma naturale della conchiglia, alla leggedi costruzione di una spirale circoscritta da unaconcatenazione di rettangoli aurei, allo schema dibase di un edificio che si sviluppa appuntosull’illimitata possibilità di crescita di una spiralequadrata. Una volta definiti il programma edilizioe gli obiettivi del museo, l’idea generatrice dellasoluzione in grado di rispondere a questi requisitisi concretizza nella mente di Le Corbusierattraverso un processo di “scambio-trasformazione”. Egli estrapola dal mondo delleforme naturali un principio ordinatore che puòessere trasferito nel mondo delle formearchitettoniche perchè possiede, ai suoi occhi, lepotenzialità per tenere insieme e dare forma aglielementi del progetto.2 Il mutamento profondo introdotto dal museomoderno non appartiene più all’ordinamento, nonafferisce più al modo di comporre le opere nellospazio, bensì allo spazio stesso, ad un nuovo edautonomo modo di concepirlo. Da questo puntodi vista, Le Corbusier opera delle decisetrasformazioni alle vecchie concezioni degli spaziespositivi costituiti da sale poste in semplicesuccessione, segnando con la sua opera il senso diuna modernità del museo ancora in grado diprodurre suggerimenti e utili indicazioniprogettuali. Basti pensare all’introduzione dideterminati elementi fisici attraverso i qualidefinire il percorso: la “rampa” e la “soglia”.

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3 La struttura, nel sistema di Le Corbusier, è unoscheletro interno, corrispondente ad una magliastrutturale regolare più o meno dissimulato, chefornisce un esplicito ordine di riferimento.4 M. Aprile, Museo, Flaccovio, Palermo 1993.5 Ibidem.6 Vengono meno le soluzioni di continuità tra i varispazi in cui si articola il museo; il passaggio tra unasala ed un’altra non è mai rappresentato daelementi architettonici formalmente definiti(portali, vestiboli, ecc.) come accadeva nei museiottocenteschi.7 Anche il disegno dei lucernari in coperturaribadisce l’idea del movimento continuo dellesottostanti sale espositive.8 Curva piana generata dal movimento di un puntoappartenente ad una circonferenza (generatrice)che rotola sopra una retta fissa detta deferente. Lastruttura tridimensionale dei gusci del Kimbell ArtMuseum rappresenta una sintesi perfetta di formaarchitettonica e struttura tecnica. Secondo P.Cummings Loud, l’uso della volta a botte derivada qualche precedente francese: Boullée o i dipintidi Hubert Robert sui progetti proposti per lagrande galerie del Louvre. La soluzione applicatanel Kimbell, comunque, non è una volta a botte,perchè la campata strutturale non è trasversale macorre lungo l’asse longitudinale della “botte”.9 P. Cummings Loud, Louis I. Kahn. I musei, Electa,Milano 1991.10 g. Nordeson, Lo sviluppo delle strutture e il Kimbell

Art Museum, in «Lotus» n. 98.11 M. Biraghi, Storia dell’architettura contemporanea II,

1945-2008, p.117, Einaudi, Torino 2008.12 Il lato corto del Kimbell, ossia quello delletestate delle gallerie, dove materiali come iltravertino e cemento confinano con un sempliceprato, sembra evocare il Camposanto di Pisa,ammirato da Kahn all’epoca del suo viaggio inItalia. Se osserviamo l’opera dal lato lungo, in

corrispondenza dell’ingresso, dove due vasched’acqua precedono altrettanti corpi voltati trattaticome portici, esso assume invece le sembianze diuna “stoá” ellenistica o di un brano di VillaAdriana.

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Giuseppe Arcoleo

Un progetto di estremo rigore, alla ricerca di una assoluta simmetria in cui gli elementi di chiusura sonosfalsati rispetto alle campate e di altezza maggiore.

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Ambra Argento

Il progetto ha una grande corte; il corpo interno a questa ha proporzioni “assolute”, derivate da leggigeometriche e ispirate alla Casa del Fascio. Un elemento scultoreo, fuori dal recinto, funge da belvedereverso il mare.

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Giovanna Avola

grandi spazi luminosi, un atrio quadrato, molto luminoso, una lunga scala che lo affianca, un’architetturafatta di compostezza e semplicità.

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Daniel Badallo

Le cinque campate voltate, con una copertura ispirata a quella del Kimbell Museum, sono estremamentearticolate, sia in altezza che in profondità, dando luogo a un gioco ricco e complesso di alternanza trapieni e vuoti.

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Angela Battaglia

Soluzione complessa che interseca due giaciture, la principale, con elementi voltati come il Kimbell, incorrispondenza delle quattro campate centrali, l’altra per le campate laterali e la parte posteriore conbrise-soleil. Interessante il progetto della piazza a mare.

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Flavia Benfante

Un progetto di grande suggestione, con una sequenza di archi trasversali come nel museo di Barcellona,che determinano uno spazio fortemente unitario ma articolato attraverso setti, e una copertura che ri-corda quella di Sverre Fehn per il padiglione dei paesi nordici alla Biennale di Venezia.

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Daniela Bonfardeci

La soluzione scelta è tra quelle che non si attiene alla maglia preesistente, e inserisce tre corpi parallelidi diversa altezza, di grande semplicità e luminosità dall’alto, con un lucernario tagliato in diagonale suun lato della copertura. Ben risolta la piazza, con grandi vasche fino al mare.

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Giovanna Bonica

Atrio centrale coperto con brise-soleil, grandi spazi; la parte retrostante ha al centro un corpo più altodi un piano.

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Denny Bruno

Il nuovo edificio è separato dall’Arsenale ed è coperto con un grande e alto lucernario piramidale chedà luogo a una sistemazione interna con un vasto atrio che ha come riferimento la Casa del Fascio diTerragni.

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Giovanni Busacca

Il parziale riferimento al museo di Tokyo di Le Corbusier, in pianta (con la rampa) e nei fronti con unalarga apertura per lato, si combina con uno spazio che ha al centro un corpo sopraelevato ecoperto a lucernario.

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Marianna Buzzetta

Il museo si articola secondo il principio della “casa nella casa”, memore del museo di Ungers a Fran-coforte, che qualifica in modo significativo il progetto, diventandone l’elemento distintivo in uno spaziounitario. L’edificio è molto chiuso, illuminato con lucernari a tronco di cono.

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Giacinto Canzoneri

Un grande lucernario a pianta triangolare, ispirato a quello di Le Corbusier al museo di Tokyo, illuminala sala centrale. L’edificio è più alto nella parte posteriore, e con una parete di brise-soleil sui fronti laterali; un finestrone posteriore dell’Arsenale fa da sfondo a una imponente scala.

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Donatella Cassaro

Il progetto è caratterizzato dalla simmetria e soprattutto da una grande vetrata posteriore, centrale earretrata rispetto ai corpi laterali, dietro la quale c’è una imponente rampa, come nel MACBA di Meier.

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Francesco Castello

Uno dei progetti caratterizzati dall’inserimento di elementi all’interno del perimetro: i parallelepipedisono definiti dal riferimento alla sezione aurea, e formano uno spazio la cui qualità è data dalla luce. Ilprocedimento è in certo modo riproposto anche nella sistemazione della piazza antistante.

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Sandra Castro Sánchez

La scelta è quella di uno spazio autonomo rispetto all’Arsenale: una soluzione raffinata, anche dal puntodi vista del disegno, con uno spazio posto sotto una grande scalinata (a somiglianza del municipio diFiumicino di Sandro Anselmi); questo si accompagna a un edificio con una giacitura diversa, rafforzatadalla presenza di un patio circondato da un alto muro.

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Riccardo Catena

Il progetto presenta una giacitura derivata da quella dei capannoni adiacenti all’Arsenale, con un volumepuro distanziato dal monumento, grandi spazi e un articolato e ben risolto rapporto col bacino e conil mare.

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Bruna Cattano

Presenta un corpo centrale quadrato, illuminato con lucernario quadrato attorno a cui si sviluppa unarampa, e aperto lateralmente su due corti alberate; l’edificio di fondo è più alto e molto chiuso all’esterno,con un paramento in pietra, per la volontà di non dialogare. gli spazi sono molto articolati per la pre-senza di quote diverse.

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Elisabetta Celesia

Composizione di estrema chiarezza, in cui il grande atrio centrale è circondato da un elemento triliticosu tre lati con interassi molto stretti (in assonanza al progetto di teatro di Udine di Monestiroli), chedetermina una felice cesura dello spazio complessivo. Sul retro, un elemento trilitico distanziato dalfronte determina su questo una profonda ombra.

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Francesco Cocciola

Utilizza una struttura reticolare per articolare uno spazio simmetrico con raddoppio dei pilastri, alter-nanza di doppie altezze e larghi percorsi a quota intermedia, e un corpo centrale più alto. Una torreche contiene solo gli spazi di salita, come quella di gardella a Milano, è posta fuori dal perimetro efunge da belvedere.

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Alessio Costa

Lo spazio centrale a doppia altezza è unico e coperto a volta, i due laterali hanno copertura piana esono divisi da pareti che seguono la struttura e formano anche due corti. L’edificio è caratterizzato dauna elegante serie di percorsi d’acqua che proseguono anche all’esterno.

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Ana Costa

Ha proposto una serie di corpi lineari di altezza limitata e variabile, e di estrema semplicità ed eleganza,in parte separati dall’Arsenale e collegati fra loro; quello più prossimo al capannone dei Cantieri è orientato come quest’ultimo.

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Giorgio Cuccia

Il progetto è fondato su elementi a pianta rettangolare, posti a diverse altezze, collegati da unarampa e inseriti in una “foresta” di esili ed eleganti pilastri metallici. Questi parallelepipedi fuoriescono dalla copertura, con un taglio del solaio, determinando delle lame di luce che arricchiscono lo spazio ipostilo.

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Madelina Culcasi

Il progetto è accompagnato da molti schizzi (elemento non comune nell’epoca del computer) e presentasul fronte posteriore due scale, una delle quali segue la giacitura del capannone adiacente. Il tema della doppia giacitura è felicemente risolto, e costituisce l’elemento di complessità rispetto a unedificio per certi versi molto semplice.

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Fabiola Curcio

Il muro di recinzione racchiude spazi alberati che si inseriscono anche nel fronte posteriore dell’edificio,i cui elementi laterali hanno un forte aggetto che genera un gioco di ombre sulle ampie vetrate. L’internoè di grande semplicità e suggestione.

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Roberta Di Chiara

Quattro elementi quadrati più alti del resto dell’edificio, ai quattro angoli della struttura, ospitano spaziespositivi. Una rampa con la giacitura dei capannoni, tangente allo spazio centrale, attraversa tutto ilprogetto e fuoriesce lateralmente. gli stessi motivi si ripetono nella sistemazione della piazza.

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Mauro Di Gristina

Un grande cilindro, illuminato dall’alto, con una rampa all’interno, è al centro del progetto, tra gli spaziespositivi principali. Brise-soleil orizzontali su questi ultimi, e verticali sulle grandi aperture posteriori,schermano la luce.

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Priscilla Faseli

Una brillante soluzione di una copertura cassettonata sovrasta un alto porticato nella parte posteriore;una lunga scala attraversa longitudinalmente tutto lo spazio; la simmetria, come in altri casi, è spostatasul vuoto di una campata e non sul pieno del muro, ed è quindi diversa da quella dell’Arsenale.

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Pietro Dario Ferro

Come Bruno, ha un grande lucernario centrale (in questo caso piano) che dà luogo a una sistemazioneinterna in riferimento alla Casa del Fascio di Terragni, con due rampe ai lati. L’edificio è molto luminosoall’interno e chiuso all’esterno.

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Leonardo Fici

Altro caso di traslazione della simmetria con inserimento di una parte scoperta scandita da un sistematrilitico. Il disegno della piazza denota una certa complessità.

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Roberta Grassedonio

Una serie di corpi quadrati concentrici, di diversa dimensione e altezza, è impostata sulla giacitura deicapannoni, e coinvolge quasi l’intero spazio del museo. La restante parte, che segue la giacitura del-l’Arsenale, ha un trattamento di superficie in pietra.

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Anna Graziano

Lo spazio centrale ha un raffinato sistema trilitico di copertura che funge da brise-soleil e determinaun gioco di ombre, un’ampia corte e un corpo posteriore rialzato; questo spazio è accompagnato dauna scansione dell’interno con archi.

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Sergio Greco Gambino

Copertura a doppia falda, con lucernari disposti diversamente al centro e sui lati, sulle quattro campatecentrali, poggiata su pilastri doppi che riprendono lo spessore dei muri dell’Arsenale, e interrotta alcentro da una corte. Interno molto luminoso, esterno opaco.

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Enrico Gruppuso

Il grande tronco di cono che caratterizza il progetto si prolunga sino a una quota ipogea, dove sicollega alla biblioteca; questa si apre con un altro spazio a pianta circolare che determina la forma della piazza con il vuoto e il portico che lo circonda.

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Alessandra Gullo

Vasti, semplici, luminosi spazi con ampie vetrate schermate da brise-soleil.

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Salvador Mateu Mateu

Per far risaltare il monumento, un progetto in gran parte sotterraneo, illuminato da lucernari che scan-discono lo spazio retrostante all’Arsenale, con due corpi bassi alle estremità dell’area.

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Vittorio Matracia

Lo spazio interno è interrotto da una serie di parallelepipedi che si inseriscono in un sistema moltocompatto, con un portico posteriore ben risolto.

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Vesy Parrinello

L’area è divisa in due parti, e quella posteriore si caratterizza con la presenza di prismi vetrati inclinatiche assicurano l’illuminazione: lunghe scale e rampe qualificano gli spazi e ne assicurano una felice in-tegrazione.

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Natalia Redero

Campate coperte a volta, con le quattro centrali più alte: il riferimento è al Kimbell Museum, ma levolte sono a botte e non cicloidali.

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Alessandro Santoro

Incrocio articolato e complesso tra due giaciture ben risolto, con un edificio centrale quadrato ispiratoa progetti di Moneo, dall’ampliamento del Prado al municipio di Murcia; approfondito il lavoro sullapiazza, con parcheggi e la riutilizzazione di un capannone.

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Luca Tripoli

Lucernari lineari illuminano un corpo molto compatto, caratterizzato da una rampa centrale, un corpoposteriore sporgente e una chiusura laterale con una figura a greca. Studiati l’uso dei materiali e lasoluzione di dettagli.

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Πάν-όρμος / Πάν- γῆ / Πάν - θάλασσα

tutto – ormeggio / tutta – terra / tutto - mareSebastiano Tusa

La storia dei porti, o meglio dell’approdo,inizia con la ricerca da parte del primonavigante di un ormeggio ben protetto ed acarattere permanente lungo la riva, dove lasua barca potesse trovare ricovero sicuro dalleinfide correnti e dalle turbolenze marine edove fosse possibile caricare e scaricare mercie passeggeri. In questi siti si riunirono benpresto altri naviganti, pescatori, traghettatori,mercanti, viaggiatori in attesa di proseguire.Da questo istintivo ritrovarsi condizionatidalla natura in determinati luoghi nascenell’uomo il concetto di porto, ma anche illuogo fisico del porto. Nel corso dei millenni questo concetto èmutato secondo le esigenze, del tipo diimbarcazioni adoperate, delle tecnologiedisponibili ed anche delle vicissitudinipolitiche dei luoghi. Fino al periodoellenistico-romano una spiaggia ben riparataera il luogo ideale per ricoverarvi leimbarcazioni e procedere alle periodichemanutenzioni invernali. Ancor meglio se nellevicinanze vi erano acqua dolce, boscagliedove fare legna e genti amichevoli. Dalperiodo ellenistico - romano in poi, ma incerte parti del Mediterraneo e del mondoextra mediterraneo anche prima, il portobanchinato diventa il luogo fisico attrezzatoconsacrato al ricovero temporaneo. grandiurbanisti, come Ippodamo da Mileto, sicimentarono nel rendere tali luoghiefficientemente attrezzati ed esteticamenteapprezzabili. Tale è il caso della ricostruzioneellenistica del porto del Pireo e,successivamente, del fantastico porto di

Leptis Magna in Tripolitania.Ben presto, quindi, il porto assume uncarattere binario di luogo efficiente edefficace per le attività primarie dell’uomo:viaggio, trasporto, ricovero e commercio, maanche luogo rappresentativo del passaggio tramondi diversi dove chi parte si rammenta,come in un veloce e metafisico riassunto, dellepeculiari caratteristiche del luogo cheabbandona, e chi arriva ne viene rapidamenteedotto. Da sempre il porto ha assunto, quindi,la carica d’ideale luogo del trapasso cheavverte e a un tempo accoglie in una dialetticadi emozioni non necessariamente comprensibilinella loro interezza.In una parola il porto diventa nel tempo quelluogo d’inesauribile segreto che Ungarettiermeticamente, ma magistralmente, descrive:

Vi arriva il poetaE poi torna alla luce con i suoi cantiE li disperde

Di questa poesiaMi restaQuel nullaDi inesauribile segreto

Lo stesso poeta ci aiuta a capireraccontandoci la genesi di quel “segreto” che,Egli dice: “verso i sedici anni ho conosciutograzie a due giovani ingegneri francesi i fratelliThuile, Jean e Henri Thuile. Mi parlavano diun porto sommerso che doveva precederel’epoca tolemaica provando che Alessandriaera già un porto prima di Alessandro; maanche una città prima di Alessandro”.Ma il titolo reca anche un significatointrospettivo dato che per Ungaretti questoluogo misterioso è assunto a simbolo di ciò

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che resta segreto e indecifrabile nell’animoumano. Il poeta, attraverso un processo discavo interiore, vi si avvicina e ne traeispirazione per i suoi canti, ma non riusciràmai a portarlo completamente in superficie.Seconda questa concezione, la poesia nascedal riconoscimento di un mistero orappresenta lo sbocco di un sofferto itinerariodi ricerca della verità; ma di questa verità,racchiusa all’interno dell’uomo, si riesce acogliere un eco appena. E quest’ambiguità strutturale si ripercuote neldilemma annoso che ancora ci attanaglia e dalquale difficilmente riusciamo a uscire: Città –porto, città e porto o, ancora, prima il portoe poi la città o prima la città e poi il porto, cosìcome Ungaretti si chiedeva a propositodell’emergere primario di Alessandria porto oAlessandria città. Questo dilemma avvolgel’origine del rapporto città – porto e viceversaè amplificato nella realtà palermitana da alcunifattori di arricchimento di carattere sia storicoche geografico-morfologico che mi hannospinto a riassumere la problematica delrapporto città – mare nell’apparentementeermetico titolo di questo contributo che siarticola nella tricotomia interrogativa di Πάν-

όρμος / Πάν− γῆ / Πάν – θάλασσα; tutto –approdo / tutto – terra / tutto – mare.Alla luce di quanto premesso tale tricotomiaattraverso la quale si è articolata la storia diquesto luogo, spero diventi più evidente. È stata la nostra storia cittadina un susseguirsidi eventi che hanno avuto per attoreprincipale il suo grande e totalizzante όρμος

(ormeggio)? O è stato il suo entroterra - γῆ

- così vivace, fertile e terminale di infiniti filiche lo annodano con gli angoli più remotidella Sicilia ad averla fatta da padrone suldestino del luogo Palermo ? O, invece, è stato

il mare – θάλασσα - e gli speculari infiniti eramificati fili e rotte che hannoindissolubilmente legato la storia del luogo atutto il Mediterraneo ed oltre ? Viene facile e istintuale rispondere conscientifica diplomazia che Palermo è tutte etre le storie fuse insieme in una sorta dimiracoloso crogiolo di esperienze che talvoltal’ha proiettata verso i vertici dei destinimondiali, talaltra l’ha ridotta a metafora diinfime miserie umane. E se è vero che lastoria della nostra città ha in un avvolgentedestino millenario continuamente girovagatonei meandri di scelte mai compiute, tuttaviaè, altresì, vero che soggettivamente i suoiabitanti, o, meglio, i suoi più avveduti elungimiranti abitanti, l’hanno talvolta spintacon abilità verso quel traguardo di cittàterracquea che, a mio avviso, è il solo e unicodestino che la sua storia le concede perprimeggiare, dare un reale contributo alpianeta e costituire occasione di dignitosaesistenza per i suoi figli. Ma il dilemma che ci attanaglia oggi è sesiamo alla vigilia di un altro risorgimentoverso un roseo destino di città equilibrata traterra, mare e porto, e se, quindi, la partemigliore dei suoi abitanti la stia indirizzandoverso quel traguardo, o se, invece, ci stiamopericolosamente avvitando verso una derivache privilegi soltanto uno dei tre metaforicisuoi genetici costituenti.È certamente possibile trovare il giustoequilibrio tra terra, mare e porto, ma leavvisaglie di quello che certe tendenzepressanti fanno capire è che si voglia farprevalere una di queste sulle altre. E quellache sembra prevalere è la costituente “porto”sia sul mare che sulla terra. Far ridiventarePalermo πάν-όρμος se può significare

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rinvigorire una struttura certamente strategicaper il futuro economico della città, puòsignificare, altresì intraprendere una strada asenso unico che potrebbe rivelarsi catastroficanel suo futuro. La storia ci insegna chequando il porto divenne l’attività principaledella città, bastò un nonnulla per determinarebruschi arresti nello sviluppo. Bastò unaguerra perduta (guerre puniche) o la crisi diuna materia prima (lo zolfo) o la chiusura diuna rotta commerciale (crisi di Suez), oancora la fine di una grande e gloriosacompagine industriale (Florio) a farripiombare la città tutta contratta sul suoporto in un periodo più o meno lungo distagnazione. Rivitalizzazione del porto significa ancorarlosia alla sua funzione primaria di terminale esnodo nell’ambito di rotte sempre piùdiversificate, ma anche, in un legamestrettissimo con la città, significa farlodiventare luogo di produzione culturale a tuttii livelli in un’indissolubile dialettica funzionalesia con l’entroterra che con le altre cittàmarinare del Mediterraneo ed oltre. Significanon scimmiottare modelli non esportabiliperché nati nell’ambito di logiche contestualiaffatto diverse, ma costruire un modello disviluppo che si basi sulla nostra storiarivissuta attraverso un fecondo contatto econtributo di tutte le forze culturali che neconoscono caratteristiche, tendenze, pregi edifetti in un’ottica processualista e nonpuramente didascalico-descrittiva.Ma, di là dalle impostazioni metodologicheche devono stare alla base di ogni sanapolitica e azione di recupero e rivitalizzazionedel fronte a mare della città e delle sue borgateadiacenti, nonché del porto, è bene ricordarequali siano le principali caratteristiche di

questo lungo e tormentato rapporto tra terrae mare. Innanzitutto non possiamo nonevidenziare che, al di là del normalemutamento costiero, dovuto allepluristratificate impostazioni urbanistiche eportuali, la linea di costa dell’agropalermitano, essendo il limite di una grandevalle alluvionale che ha sempre svolto, nelbene e nel male, una spiccata funzione dicollettore di acque e detriti di una cordiglieradi alte colline che le fanno corona, ha avutouna vivace dinamica evolutiva apprezzabilecon macroscopici mutamenti a memoriad’uomo.Per non parlare della preistoria, quando la fasetrasgressiva post-pleistocenica portò il livellodel mare quasi a quello attuale, anche altempo della prima colonizzazione storica –quella fenicia – la fisionomia costiera deltratto portuale della nostra città era bendiversa da quella odierna. Il mare, com’è noto,arrivava fino agli odierni quattro canti di cittàe ben quattro estuari articolavano la costa trale odierne borgate di Acquasanta eRomagnolo. Il navigante che si avvicinava allacosta ne apprezzava l’articolato dedalo dicorsi d’acqua che si mischiavano con il mareattraverso un merletto costiero veramenteattraente per chi voleva ricovero, cercavaacqua dolce, spiagge dove alare in sicurezzale imbarcazioni e, se la sosta durava più alungo, anche fertili terre da coltivare.Questo era il territorio ove oggi articoliamo inostri affannosi percorsi o le serenepasseggiate domenicali e festive. Questo erail territorio descritto da Diodoro nel suofamoso passo (XXII, 10) che recita:“Panormos aveva il più bel porto della Sicilia,fatto dal quale la città aveva ricevuto il suonome”.

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Singolare che ben 21 secoli dopo lamagnificenza del suo fronte portuale ingenerisensazioni altrettanto entusiastiche nelleparole del Capitano Filippo geraci, Pilotoreale della Squadra di Sicilia nel XVII secolo.Nel suo Portulano del Regno di Sicilia cosìdescrive l’approccio alla città dal mare:“Palermo Città Felicissima metropoli delRegno dove la maggior parte dell’anno risiedeil Vicerè e sua corte abbondantissima d’ognivivere, e sopra d’essa verso libici v’è la città diMonreale perciò detta città di Palermo tieneattaccata con la cala dove si sorge nell’estade,e pure nell’inverno traversia greco, etramontana, e greco e levante. […] Il molo didetta città si certifica essere il principale ch’ènel mare Mediterraneo fabbricato e stentatoa forza di grandissima spesa dovecontinuamente si spende moneta per ilcarriaggio delle pietre che si buttano perrinforzarlo.”Alla felicissima metropoli si affianca lamagnificenza del suo molo, vera e propriameraviglia ingegneristica che le dava ilprimato addirittura al livello mediterraneo.già ci accorgiamo, dissipando eventualisospetti di anacronistiche nostalgie versoipotesi di restaurazioni ipernaturali, che leopere del lavoro dell’uomo allora, comeadesso, possono integrarsi così bene neltessuto naturale di un fronte costiero in modotale da avviare una sorta di virtuosa spirale diarricchimento reciproco tra natura emanufatto che, in ultima analisi non fa altroche esaltare il concetto di “creato” nel suocomplesso antropico ed anantropico. La provincialistica, quanto fuorviante,continua citazione di Barcellona (solo percitare quello più gettonato) come modelloprototipale di un porto da imitare, diventato

ormai nell’immaginario dei tanti imbonitoripseudo-scientifici quasi una sorta di paradiso,è, purtroppo dimostrazione di profondaignoranza storica della lunga storia dellaportualità mediterranea. Cos’hanno daspartire la razionale impostazione urbanisticadi Barcellona che, con la rambla, by-passa lacittà medievale relegandola al ruolo marginaledi città nella città e la catapulta direttamentenell’analoga razionalità squadrata dei suoibacini portuali su cui si specchia l’ulteriorerazionalità di quello che fu il borgo marinarodi Barceloneta, con la ricca ed articolatasequenza palermitana dei piccoli e vivaciborghi marinari con porti annessi che daSant’Erasmo alla Kalsa, dalla Vucciria, alBorgo, dal Molo, all’Acquasanta creavanotanti microcosmi costieri che soltanto l’insanamania dei lungomare e delle autostradecostiere ha strappato al mare? Quelli erano luoghi nei quali riviveva lavecchia tradizione portuale del confronto cheproduceva, ognuno a suo modo, culture eumanità diverse secondo una millenariaconsuetudine per cui il porto era luogo ditrapasso multiculturale e produttore dicultura. Ci narra Janni, in uno dei suoi molteplici saggisul mare e sul rapporto con l’uomo (Il mare

degli Antichi, Bari 1996: p. 368), che nei portiantichi, infatti, non c’erano soltantomagazzini, taverne e, com’è inevitabile,lupanari. Il poligrafo gallio, che scriveva altempo degli Antonini, parla in una paginafamosa delle botteghe di libraio che sipotevano trovare nel porto di Brindisi. Ilcurioso intellettuale che tornava dalla greciavi trovò opere di vecchi autori, tutti famosiper le stravaganti fantasie che essi avevanoraccolto su popoli e paesi favolosi: probabile

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lettura per chi affrontava le lunghe ore oziosedi un viaggio per mare, e forse l’equivalentedei libri e libercoli di science fiction cheriempiono le edicole-librerie nelle nostrestazioni.Né la tecnica era fine a se stessa: queiporti erano il luogo di traffici internazionali eintercontinentali che facevano circolare ognispecie di beni materiali e culturali fra leregioni di una grande civiltà, in un’opera discambio e di fecondazione vicendevole qualeè ricomparsa solo in epoche recentissime. Equanto tempo dovrà passare perché si rivedain Europa un porto con delle librerie ?Al tempo dei Fenici le città di Tiro e Sidonesulla costa libanese erano l'equivalente diquello che poi sarebbero state Venezia,Shanghai, Liverpool e New York: centricruciali per i commerci e gli scambi culturali.Le navi fenicie portavano merci preziosecome tinture, tessuti e vetro per tutto ilMediterraneo e oltre. Entrambe le città eranoabitate sin dall'età del bronzo (circa 3000 annifa), e furono di volta in volta conquistate daAlessandro Magno, dai Romani, dagli Arabi edai Turchi continuando a svolgere il lororuolo di centri produttivi di cultura, oltre cheluogo di commerci. Tale ruolo dei portiantichi veniva rinvigorito dal fatto chesvolgendosi la navigazione soprattutto dallaprimavera inoltrata all’autunno, i mesiinvernali costringevano i naviganti a fermarsiladdove la stagione li coglieva. Pertanto ilporto diventava per mesi luogo dipermanenza di genti di cultura, lingua, usi ecostumi diversi che, interagendo con lacomunità locale, condividevano con questaoccasioni formidabili di arricchimentovicendevole, se non altro al livello di purainformazione.I Fenici non furono i primi abitanti dell’area

panormita, bensì i primi a decidere difondarvi una vera e propria città secondo ladefinizione che a questa entità socio-politicasi dà nell’ambito della scala evolutiva dellasocietà umana. Tucidide ci conferma quantodecantato da tutti gli storici antichi, cioèl’attrattiva dovuta alla sua conformazionetopografica di diversi approdi costituiti dagliestuari fluviali al fondo di una grande baiaformidabilmente protetta. I Fenici giunserointorno all’VIII secolo a.C. e la città chededussero la chiamarono Sys – brillante – nelsenso di “corona brillante” che,semanticamente, nel senso collettivo cheemana, si collega all’analogo significatoavvolgente che ha il suo nome greco Πάν-

όρμος, ossia “tutto ormeggio” nel senso dellafacilità di approdo e ricovero, ma anche diporto-bello. Toponimo comunissimo nelMediterraneo talché altre quindici città necondividevano l’appellativo. Tuttavia un giallolinguistico avvolge l’origine del suo nomepoiché un famoso filologo delle linguesemitiche – garbini - sulla base del fatto cheil termine greco όρμος può tradursi incollana, monile e ghirlanda, criticando unaltro filologo – Xella – stabilisce unaderivazione del termine greco da quellofenicio non tanto nel senso dell’ormeggio,quanto in quello della collana o ghirlanda.Qualunque sia la lettura i due termini dannol’idea della coralità di questo territorio e,quindi, dell’indissolubile legame tra terra emare con la città incastonata in essa come laperla più preziosa.La coralità della costa nella vita cittadina deinostri antichi progenitori dovette esseregarantita dalla dislocazione delle sue principalifunzioni. Se l’approdo principale si snodavalungo i meandri / estuario del Kemonia e del

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Papireto che si addentravano fino alla cittàfortificata sede del centro pulsante cittadino,alcuni santuari, come quello dedicato a Tanit,tra cui probabilmente il tophet, dovevanotrovarsi nell’area dell’odierna contradaAcquasanta laddove potevano trovarsi anchel’arsenale ed i cantieri navali.La dislocazione diffusa lungo la costa dellevarie funzioni della città antica,incredibilmente ripercorsa attraverso la storiarecente con il dispiegarsi dei vari porticciolisatelliti, delle tonnare dell’Arenella e diVergine Maria, dei Cantieri Navali ad Ovest edella zona dei ceramisti ad Est verso Acquadei Corsari, la dice lunga sulla capacità delgolfo di accogliere nella sua interezza natantied imbarcazioni di ogni genere. Del resto è lostesso Diodoro a narrarci che nel 480 a.C.migliaia di navi cartaginesi vi trovarono sicuroricovero. La complementarietà dei porti èanche ricordata dal geografo arabo IbnHawqal che menziona due bacini, dei quali ilpiù grande fu detto “porto destro osettentrionale” e il più piccolo “porto sinistroo meridionale”.Tralasciando di puntualizzare la ricca e lungasequenza di episodi, fasi e momenti dellastoria della città e del suo territorio, è beneevidenziare la grande potenzialità della storiadi questo territorio. Partendo dalla preistoriaricordiamo che dalla zona dell'attuale areaurbanizzata provengono alcuni esemplari diceramiche assimilabili a quella cultura del IIIe II millennio a.C. definita del BicchiereCampaniforme. La suddetta cultura e il suopopolo ebbero una grande diffusione al livelloeuropeo investendo l'Europa dalla penisolaiberica agli Urali con le appendicisettentrionali della Scandinavia e delle isolebritanniche, e meridionali della penisola

italiana, della Sardegna e della Sicilia. È quasicerto che l'estrema mobilità di questa culturae del suo popolo sia da giustificare con ladiffusione primaria del rame e delletecnologie connesse con la fusione di questometallo che rivoluzionò completamente lavita delle società preistoriche. In Sicilia talefenomeno appare localizzato nel Palermitanoe nel basso Belice. È ormai chiaro che ilpopolo del Bicchiere giunse nell'isolanavigando dal golfo di Cagliari a quello diPalermo. La navigazione dovette, quindiessere di capitale importanza per la scopertadelle qualità del rame e dei metalli anche inSicilia. Della grande fioritura durante lacolonizzazione fenicio-punica dell'VIII-VIsec.a.C. abbiamo già parlato, così come deivari episodi di concentramento di grandiflotte nel golfo. Oltre all’episodio del 480 a.C.,nel 406 a.C. vi stazionarono le 40 triremecartaginesi coinvolte nell'assedio di Agrigento.Non fu soltanto l'area dell'odierno porto aessere interessata all'attracco, ma anche lezone dell'Acquasanta, Arenella e la baia diMondello. Durante la spedizione di AmilcareBarca del 248 a.C., quando il monte Heirktefu fortificato dalle truppe cartaginesi, la flottacollegata all'esercito di terra quasi certamentestazionava nella baia di Mondello o pressol'Acquasanta. Tra le operazioni belliche cheebbero come teatro il mare palermitanoricordiamo l'assedio bizantino della flotta diBelisario del 535 d.C. alla città occupata daigoti. La battaglia fu durissima e fucombattuta fino all'interno del porto. Madovette essere la famosa "battaglia diPalermo" il più cruento dei conflitti quicombattuti. Lo scontro fra vascelli, galere,lance e feluche francesi da un lato e ispano-olandesi dall'altro durò alcuni giorni

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culminando alle dieci del mattino del 2giugno 1647 quando le sorti voltaronoirreversibilmente a favore dei Francesi. Ladisfatta ispano-olandese fu tale che anche lafamosa “Reale di Spagna” - vera e propriafortezza galleggiante - s’inabissò dopo esserestata avvolta dalle fiamme.L'interramento delporto che lentamente porterà allaconfigurazione odierna non significò affattoperdita d’interesse e importanza. Anzi allariduzione dimensionale interna corrispondeun vigoroso allargamento esterno fino aoccupare una vasta area che va dalla zonadell'attuale Cantiere Navale fino all'odiernoForo Italico.Questo rapido excursus storicoci fa capire quanto sia stato grande il valorestrategico commerciale e militare del porto diPalermo e della sua grande baia. In questimillenni di storia marinara intensissima molti,purtroppo, saranno stati gli affondamentinaturali o provocati ed i naufragi. E datal'intensità dei traffici, com’è provato anche daaltre realtà similari analizzate scientificamente,molteplici saranno le realtà archeologichegiacenti al fondo del mare mai, e sottolineomai, scientificamente e sistematicamenteanalizzate come, invece, dovrebbe avvenirenel Belpaese.A tal proposito, per affrontare i problemi diuna corretta e adeguata salvaguardia evalorizzazione del patrimonio subacqueo delgolfo di Palermo è necessaria unaricognizione strumentale a tappeto dei fondalidell'area del golfo tra Capo zafferano e Capogallo relativamente allo spazio compreso frale batimetriche di m.2/3 e di m.100utilizzando attrezzature di prospezionemagnetica, sonar ed a penetrazione disedimenti che potranno, con una buona dosedi attendibilità e con una copertura pressoché

totale, sondare i fondali alla ricerca ditestimonianze ivi adagiate o parzialmentecoperte da fango e sedimenti superficiali.L'utilizzazione di telecamere ad altadefinizione filoguidate e d’imbarcazioni aposizionamento dinamico costituiràl'indispensabile corollario alla rilevazionestrumentale. In tal modo si potrà fornire, oltreai dati della rilevazione strumentale, ancheuna documentazione visiva diretta dellaricognizione effettuata.Ma anche i dragaggi portuali e tutte leoperazioni di trasformazione che potrannoeffettuarsi nell’area portuale e costieradovranno diventare occasione unica perrecuperare alla memoria pagine importantidella nostra storia. Ciò potrà realizzarsi sel’azione degli archeologi e dei ricercatori, siadelle soprintendenze sia delle università,nell’ambito dei lavori pubblici, non verrà vistacome ostativa allo sviluppo, come purtroppouna retrograda concezione continua a vedere,bensì come valore aggiunto per contribuiread un arricchimento collettivo e, soprattutto,a progettare luoghi più accoglienti perchérispettosi della memoria e, quindi, in ultimaanalisi del genius loci che da solo contribuiscea rendere i luoghi progettati vivibili edaccettati. Ciò che vogliamo sommessamente e senzainutili integralismi affermare è che al punto incui siamo la conoscenza storica dello spaziocostiero e portuale non può non avere unruolo integrante nella progettazione delfuturo assetto del rapporto tra la nostra cittàed il suo mare secondo il principio che essa èal contempo Πάν-όρμος / Πάν − γῆ / Πάν

− θάλασσα.

In questo scenario ideale, forse un po’utopistico (ma vivendo di sogni talvolta questi

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si realizzano), l’Arsenale della Marina Regia,erroneamente definito Borbonico, gioca unruolo fondamentale come luogo deputato acogliere i terminali conoscitivi del λιμήν realee metaforico tra città e mare, in una parola lamemoria del lungo e controverso rapporto trala società palermitana e il mare vicino elontano. Tuttavia sarebbe un errore vederel’Arsenale come monumento isolato ancorchében attrezzato nella sua funzione di luogodella memoria. L’Arsenale può e deve viverein un contesto ove i segni del passato remotoe recente vengano rivitalizzati attraverso scelteprogettuali che ne esaltino il valore storicosenza compromettere la vita economica delporto e del suo glorioso cantiere navale. guaia creare involucri imbalsamati privi di quellavitalità e vivacità che soltanto il legameall’attualità del lavoro può dare. L’Arsenaledeve diventare la casa della memoria marinaradi questa città in un ambiente dove passato epresente convivano alimentati dalla vivacitàdei suoni di una cantieristica che ha fattogrande questa città e che vogliamo riprenda ilruolo di entità trainante dell’innovazionetecnologica, del rinnovato valore del lavoro edell’economia di Palermo felicissima.

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