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Il nostro antico misterioso cugino L'antropologo toscano Damiano Marchi racconta chi era e come viveva l'antenato che sconvolge le teorie sull'evoluzione di BARBARA BARONI a una tibia e un perone, ritrovati nel fondo di una caverna in Sud Afri- ca, si può indovinare come vi- vevano e come si muovevano i nostri antenati così come si può gettare nuova luce sull' evoluzione dell'uomo. È il col- legamento tra osso e compor- tamento nonché il tentativo di provare a risolvere i dubbi e le grandi domande della storia evolutiva che ha sempre affa- scinato Damiano Marchi. Gio- vane antropologo, ricercatore al Dipartimento di biologia dell'Università di Pisa, di origi- ne viareggina (oggi vive a Pu- gnano, lungomonte pisano), il professor Marchi è l'unico al mondo a conoscere a fondo gli arti dei nostri antenati. Ed è per questo che è stato chiama- to, unico italiano, nel team per lo studio dell'homo Naledi. Pochi giorni fa, è uscito per Mondadori il libro Il mistero di homo Naledi perché «in qualsi- asi epoca sia vissuto, ci costrin- ge a rivedere consolidate teorie dell'evoluzione e a riconsidera- re anche noi stessi, non più co- me rappresentanti privilegiati di un mondo a parte, ma come il frutto di un processo che, at- traverso gli stessi meccanismi, ha portato sia all'homo Sa- piens sia a tutti gli esseri viven- ti con cui condividiamo il pia- neta». Professore , ci descriva l'ho- mo Naledi «Questa nuova specie è ca- ratterizzata da una morfologia che è un insieme di tratti primi- tivi: cranio molto piccolo, di 500 centimetri cub,i tipo un' arancia, falangi delle dita curve come uno scimpanzé, torace e spalla simili a un australopite- co; e di tratti più moderni co- rre la faccia e le mani. Fa dun- que pensare a un omninine, una tribù sotto la più grande fami- glia degli ominidi, che fa parte della nostra linea evolutiva, una sorta di lontano cugino. Le gambe sono molto moderne e sembrano indicare che cammi- nasse a terra per lunghe distan- ze, ma non sappiamo ancora se corresse perché per correre ci vogliono delle particolarità del torace finalizzate a una maggiore capacità di respira- zione: il torace del Naledi è pic- colo e con una forma ad imbu- to, anziché a barile come il no- stro. Le dita, primitive e curve, inducono ad asserire che si ar- rampicasse giornalmente sugli alberi e questa è una cosa nuo- va in paleoantropologia per- ché, fino ad oggi, si pensava che un ominine diventato [erri - colo avesse perso la capacità di arrampicarsi sugli alberi». Che cosa significa Naledi? «Nella lingua shoto, parlata in Sudafrica dove sono stati ri- trovati i fossili, Naledi significa stella. E la caverna dove è stato scoperto si chiama proprio Na- ledi: stella nascente». Quando potrebbe essere vissuto? «Da un punto di vista morfo- logico potrebbe avere due mi- lioni d'anni però ci sono altre specie di fossili in antropologia che sono molto primitivi ma sono stati datati recenti, ad esempio l'homo Floresiensis. Stiamo lavorando alla colloca- zione storico-cronologica ma la geologia in Sud Africa è mol- to complessa. Nella caverna Naledi ci sono altre ossa ma prima di prelevarle occorre fis- sare il tempo di questo omnini- ne». Che cosa si prova ad analiz- zare le ossa di un antenato vis- suto milioni di anni fa? «Noi esseri umani da sem- pre desideriamo sapere come siamo nati, da dove provenia- mo e come siamo arrivati ad es- sere quello che siamo. Magari questo è un cespuglio invece che un albero, ovvero non fa parte della linea di discenden- za diretta che conduce all'ho- mo Sapiens. Gli studi che sono in processo ci permetteranno di avere una definizione com- pleta di questa specie. A livello emotivo, sono stato contento, avevo 121 diversi frammenti da cui ricostruire le caratteristi- che locomotorie: ero felice e soddisfatto, vedrai, mi dicevo, ce la faremo a capire fino in fondo». Che cosa pensa di coloro che negano l'evoluzionismo? «L'evoluzione non è più una teoria ria un fatto. Quando in-

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Post on 17-Feb-2019

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Il nostro anticomisterioso cuginoL'antropologo toscano Damiano Marchi racconta chi erae come viveva l'antenato che sconvolge le teorie sull'evoluzionedi BARBARA BARONI

a una tibia e un perone,ritrovati nel fondo diuna caverna in Sud Afri-

ca, si può indovinare come vi-vevano e come si muovevano inostri antenati così come sipuò gettare nuova luce sull'evoluzione dell'uomo. È il col-legamento tra osso e compor-tamento nonché il tentativo diprovare a risolvere i dubbi e legrandi domande della storiaevolutiva che ha sempre affa-scinato Damiano Marchi. Gio-vane antropologo, ricercatoreal Dipartimento di biologiadell'Università di Pisa, di origi-ne viareggina (oggi vive a Pu-gnano, lungomonte pisano), ilprofessor Marchi è l'unico almondo a conoscere a fondo gliarti dei nostri antenati. Ed èper questo che è stato chiama-to, unico italiano, nel team perlo studio dell'homo Naledi.

Pochi giorni fa, è uscito perMondadori il libro Il mistero dihomo Naledi perché «in qualsi-asi epoca sia vissuto, ci costrin-ge a rivedere consolidate teoriedell'evoluzione e a riconsidera-re anche noi stessi, non più co-me rappresentanti privilegiatidi un mondo a parte, ma comeil frutto di un processo che, at-traverso gli stessi meccanismi,ha portato sia all'homo Sa-piens sia a tutti gli esseri viven-ti con cui condividiamo il pia-neta».

Professore , ci descriva l'ho-mo Naledi

«Questa nuova specie è ca-ratterizzata da una morfologiache è un insieme di tratti primi-tivi: cranio molto piccolo, di500 centimetri cub,i tipo un'arancia, falangi delle dita curvecome uno scimpanzé, torace e

spalla simili a un australopite-co; e di tratti più moderni co-rre la faccia e le mani. Fa dun-que pensare a un omninine, unatribù sotto la più grande fami-glia degli ominidi, che fa partedella nostra linea evolutiva,una sorta di lontano cugino. Legambe sono molto moderne esembrano indicare che cammi-nasse a terra per lunghe distan-ze, ma non sappiamo ancorase corresse perché per correreci vogliono delle particolaritàdel torace finalizzate a unamaggiore capacità di respira-zione: il torace del Naledi è pic-colo e con una forma ad imbu-to, anziché a barile come il no-stro. Le dita, primitive e curve,inducono ad asserire che si ar-rampicasse giornalmente sugli

alberi e questa è una cosa nuo-va in paleoantropologia per-ché, fino ad oggi, si pensavache un ominine diventato [erri -colo avesse perso la capacità diarrampicarsi sugli alberi».

Che cosa significa Naledi?«Nella lingua shoto, parlata

in Sudafrica dove sono stati ri-trovati i fossili, Naledi significastella. E la caverna dove è statoscoperto si chiama proprio Na-ledi: stella nascente».

Quando potrebbe esserevissuto?

«Da un punto di vista morfo-logico potrebbe avere due mi-lioni d'anni però ci sono altrespecie di fossili in antropologiache sono molto primitivi masono stati datati recenti, adesempio l'homo Floresiensis.

Stiamo lavorando alla colloca-zione storico-cronologica mala geologia in Sud Africa è mol-to complessa. Nella cavernaNaledi ci sono altre ossa maprima di prelevarle occorre fis-sare il tempo di questo omnini-ne».

Che cosa si prova ad analiz-zare le ossa di un antenato vis-suto milioni di anni fa?

«Noi esseri umani da sem-pre desideriamo sapere comesiamo nati, da dove provenia-mo e come siamo arrivati ad es-sere quello che siamo. Magariquesto è un cespuglio inveceche un albero, ovvero non faparte della linea di discenden-za diretta che conduce all'ho-mo Sapiens. Gli studi che sonoin processo ci permetterannodi avere una definizione com-pleta di questa specie. A livelloemotivo, sono stato contento,avevo 121 diversi frammentida cui ricostruire le caratteristi-che locomotorie: ero felice esoddisfatto, vedrai, mi dicevo,ce la faremo a capire fino infondo».

Che cosa pensa di coloroche negano l'evoluzionismo?

«L'evoluzione non è più unateoria ria un fatto. Quando in-

segnavo negli Stati Uniti anda-vo al lavoro in pullman e spes-so parlavo con le persone di co-lore, quasi tutte protestanti. So-no molto cordiali e loquaci equando gli dicevo che ero unostudioso dell'evoluzione uma-na, loro mi chiedevano: ma tucredi alla teoria dell'evoluzio-ne? Negli Stati Uniti sono intanti, forse troppi, a voler spie-gare il mondo con la Bibbiaprendendola come un testoscientifico. Per questo decisiche alla prima e alla seconda le-zione dei miei corsi avrei parla-to proprio del rapporto tra fedeed evoluzione. Personalmentepenso che fede ed evoluzionecorrano su due binari paralleli.Del resto la scienza non ha glistrumenti per negare l'esisten-za di Dio, ma è anche vero chela religione non può spiegare ilmondo».

Mi parli di lei: come mai hascelto di fare l'antropologo?

«Mi sono sempre piaciute leossa. La mia vera passione siconcentra soprattutto su quel-lo che dicono le ossa, analiz-zandole. Mi si è accesa una lu-cana quando, da studente, hocapito che le ossa sono legatealla meccanica e al funziona-mento dei corpi».

A quali progetti i ha lavora-to finora?

«Le tappe più importanti mihanno condotto a studiare lamorfologia funzionale dei pri-mati viventi per capire bene isegreti della biomeccanica del-le ossa nelle antropomorfe

umane e non umane, e percomprendere come diversi tipidi locomozione mutavano conl'osso. Successivamente ho ap-plicato questo ai fossili di scim-mie e dopo ai fossili umani».

I prossimi progetti?«Il mio progetto è quello di

far capire alla comunità scienti-fica quanto siano importanti latibia e il perone per conosceremeglio i nostri primi antenati.Queste due articolazioni sonocapaci di rivelarci il grado di ar-rampicamento sugli alberi.Perché la grande domanda allaquale gli scienziati tentano dirispondere è: quand'è che i no-stri antenati si sono distaccatidagli alberi e sono diventaticompletamente terricoli? Nell'antropologia tradizionalel'idea era che per essere bipedibisognava abbandonare gliadattamenti scheletrici dell'ar-boricolismo, però homo Nale-di confuta questa teoria: egli èefficiente sia come bipede checome arboricolo».

E che ci dice di homo Nalediin rapporto all'evoluzioni-smo?

«Ci ha rivelato che la nostraevoluzione va per piccoli passicome per tutti gli animali. C'èsempre stata la credenza chel'evoluzione dell'uomo sia sta-ta privilegiata rispetto agli altrianimali e invece pare che nonsia così: anche la nostra evolu-zione è graduale. Dire chel'evoluzione va a caso, non èuna semplificazione né un'esa-gerazione».

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Damiano Marchi, antropologo dell'università di Pisa