il monachesimo

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Il monachesimo 1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella Tra la fine del III e gli inizi del IV secolo si viene a delineare, nel mondo cristiano un singolare fenomeno religioso, monachesimo. il periodo è quello della fine del mondo antico, della difficile crisi dell’impero romano diviso ormai tra impero d’occidente e impero d’Oriente, dell’urbanesimo, dello spopolamento delle campagne, della crescente pressione delle genti germaniche ai confini dell’impero. In questo periodo la Chiesa godeva già di un’organizzazione abbastanza solida, una gerarchia abbastanza diffusa, un culto, una disciplina, una letteratura, dei patrimoni e, a partire dall’editto di Milano del 313, la libertà religiosa concessale da Costantino. Col monachesimo ha origine una forma di vita consacrata interamente alla preghiera e alla penitenza, ma vuole esprimere e attuare il desiderio di un’esistenza dedicata completamente alla ricerca di Dio. Dopo la pace costantiniana un campo immenso si presentava a chi avesse voluto impegnarsi nell’evangelizzazione di popoli non ancora raggiunti dal messaggio cristiano. Eppure, proprio in quei decenni, si fece spazio un fenomeno orientato in direzione opposta. Alcuni cristiani, specialmente in Egitto, iniziarono a ritirarsi nel deserto, volendo affermare con ciò che «il regno di Dio non è di questo mondo», e rivendicare i più alti valori dello spirito insieme a una più o meno esplicita protesta contro i pericoli dei divertimenti, ora che la professione della fede non era più causa di persecuzioni ma poteva, al contrario, procurare onori e assicurare carriere. In quanto alle origini storiche e ideologiche del monachesimo, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del Novecento ci sono state diverse interpretazioni, oggi superate, ugualmente a quanto si è verificato per le origini dello stesso cristianesimo. Si era supposto che il monachesimo cristiano fosse sorto in derivazione da isolate forme di ascetismo pagano o da alcuni presupposti spiritualistici della filosofia greca, specie neoplatonica; o, ancora, ed era la tesi del famoso teologo protestante Adolf von Harnack, da qualche corrente ereticale rigoristica ed estremistica, come per esempio il montanismo; o, infine, da forme sincretistiche pagano-cristiane in rapporti più o meno diretti con le «religioni dei misteri» del mondo ellenistico. I monaci cristiani quindi — anche perché erano per lo più persone semplici, aliene da speculazioni filosofiche — non hanno elaborato un ideale di perfezione per conto proprio ma si sono rifatti sostanzialmente all’insegnamento della Sacra Scrittura come era vissuto dalla Chiesa del tempo. A questo riguardo bisogna ancora aggiungere la pratica della vita comune in vigore nella Chiesa primitiva, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli: per secoli «vita apostolica» significherà non già vita di apostolato, ma, appunto, «vita comune», a imitazione degli apostoli che avevano

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Flip Lesson della classe 2GL Scuola Marco Polo Bari.

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Page 1: Il Monachesimo

Il monachesimo

1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella

Tra la fine del III e gli inizi del IV secolo si viene a

delineare, nel mondo cristiano un singolare

fenomeno religioso, monachesimo. il periodo è

quello della fine del mondo antico, della difficile

crisi dell’impero romano diviso ormai tra impero

d’occidente e impero d’Oriente, dell’urbanesimo,

dello spopolamento delle campagne, della

crescente pressione delle genti germaniche ai

confini dell’impero. In questo periodo la Chiesa

godeva già di un’organizzazione abbastanza

solida, una gerarchia abbastanza diffusa, un culto,

una disciplina, una letteratura, dei patrimoni e, a partire dall’editto di Milano del 313, la libertà

religiosa concessale da Costantino. Col monachesimo ha origine una forma di vita consacrata

interamente alla preghiera e alla penitenza, ma vuole esprimere e attuare il desiderio di

un’esistenza dedicata completamente alla ricerca di Dio.

Dopo la pace costantiniana un campo immenso si presentava a chi avesse voluto impegnarsi

nell’evangelizzazione di popoli non ancora raggiunti dal messaggio cristiano. Eppure, proprio in

quei decenni, si fece spazio un fenomeno orientato in direzione opposta. Alcuni cristiani,

specialmente in Egitto, iniziarono a ritirarsi nel deserto, volendo affermare con ciò che «il regno di

Dio non è di questo mondo», e rivendicare i più alti valori dello spirito insieme a una più o meno

esplicita protesta contro i pericoli dei divertimenti, ora che la professione della fede non era più

causa di persecuzioni ma poteva, al contrario, procurare onori e assicurare carriere.

In quanto alle origini storiche e ideologiche del monachesimo, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del

Novecento ci sono state diverse interpretazioni, oggi superate, ugualmente a quanto si è verificato

per le origini dello stesso cristianesimo. Si era supposto che il monachesimo cristiano fosse sorto in

derivazione da isolate forme di ascetismo pagano o da alcuni presupposti spiritualistici della

filosofia greca, specie neoplatonica; o, ancora, ed era la tesi del famoso teologo protestante Adolf

von Harnack, da qualche corrente ereticale rigoristica ed estremistica, come per esempio il

montanismo; o, infine, da forme sincretistiche pagano-cristiane in rapporti più o meno diretti con le

«religioni dei misteri» del mondo ellenistico.

I monaci cristiani quindi — anche perché erano per lo più persone semplici, aliene da speculazioni

filosofiche — non hanno elaborato un ideale di perfezione per conto proprio ma si sono rifatti

sostanzialmente all’insegnamento della Sacra Scrittura come era vissuto dalla Chiesa del tempo. A

questo riguardo bisogna ancora aggiungere la pratica della vita comune in vigore nella Chiesa

primitiva, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli: per secoli «vita apostolica» significherà

non già vita di apostolato, ma, appunto, «vita comune», a imitazione degli apostoli che avevano

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Il monachesimo

1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella

lasciato tutto per seguire il Signore. Nella Chiesa dei

primi secoli, poi, l’ideale del perfetto cristiano sarà

costituito dal martire di cui, col venir meno delle

persecuzioni, i monaci si considereranno eredi e

continuatori. Anche la prassi penitenziale della Chiesa

antica, così rigorosa, influirà sui successivi sviluppi del

movimento monastico per il fatto che, cessata la

penitenza pubblica, molti cristiani si sottoporranno

spontaneamente a forme di disciplina penitenziale,

anticipando quindi il concetto del monaco quale

penitente volontario.

Assai varie quanto a provenienza, genere letterario, attendibilità storica, le fonti relative al

monachesimo delle origini — e molte sono ancora inedite, come quelle in lingue orientali —

presentano diversi problemi di carattere storico-letterario tuttora discussi. È certo, per esempio, che

alcune fonti, specialmente le agiografie, seguono determinati schemi, per influsso sia della

tradizione biblica (l’immagine del vir Dei), sia del romanzo ellenistico (fughe, nascondimenti,

travestimenti, ritrovamenti), sia delle tradizioni popolari (apparizioni favolose sotto forma di

animali). In ogni caso, alcuni di questi testi conobbero fortuna immensa e divennero un fenomeno

culturale dì grande rilevanza.

Il monachesimo antico presenta una grande varietà di forme quanto al genere di vita, all’estrazione

sociale, alle condizioni ambientali, all’ascesi, al lavoro, ai rapporti con la gerarchia ecclesiastica,

Per lo più i monaci sono semplici laici, qualche volta ancora catecumeni, per la convinzione che lo

stato monastico sia un equivalente del battesimo (donde la concezione della professione monastica

come secondo battesimo). La patria del monachesimo è l’Egitto, dove alla metà del IV secolo i

monaci erano centinaia di migliaia, e la Palestina, In tali ambienti s’incontrano non solo degli ideali

ma anche degli esemplari di altissima virtù e contemplazione e, a poco a poco, anche una vera e

propria dottrina elaborata dalla corrente monastica dotta di cui è precipuo esponente Evagrio

Pontico. Le stesse fonti non idealizzano però eccessivamente il livello spirituale dei primi monaci,

presentandone anche forme degenerate a causa di abusi, disordini morali, scandali, errori

teologici, forme di fanatismo, insufficiente senso ecclesiale.

Anche in ciò il monachesimo ha dovuto

compiere un lungo percorso e rettificare

alcune posizioni. Secondo uno schema

letterario destinato a una notevole fortuna,

esistevano diverse categorie di monaci (dai

migliori ai peggiori) e talora, dopo anni, un

monaco veniva a sapere per rivelazione

celeste che un artigiano dei dintorni era molto

più perfetto di lui. Le stesse fonti ci presentano

non di rado la figura del monaco pigro,

goloso e scroccone. Il fatto, però, che i padri

del monachesimo siano stati, in gran parte,

anche i maggiori padri della Chiesa, contribuì

a salvaguardarne lo spirito e l’ortodossia e a

Page 3: Il Monachesimo

Il monachesimo

1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella

conferire a tale movimento ulteriore autorevolezza e prestigio.

Sul fondamento del contenuto spirituale insito nel messaggio cristiano venne a poco a poco

elaborandosi un itinerario ascetico di cui si possono individuare le tappe essenziali. Va ricordato in

particolare il tema della compunzione, della rinuncia, dell’allontanamento nella solitudine,

dell’ascesi, del combattimento spirituale, del dominio di sé, del discernimento degli spiriti, del

riacquisto dello spirito colloquiale con Dio, della deificazione. Il cammino spirituale era visto come

contrassegnato dal progressivo acquisto della gioia e dal ripudio della tristezza, considerata come

facente parte degli otto vizi capitali e di cui spesso ebbero a occuparsi i padri del monachesimo.

Sotto questo punto di vista non c’è soluzione di continuità tra antichità e Medioevo, tra Oriente e

Occidente. In base alle prime esperienze compiute dai padri del deserto e descritte nei Detti dei

Padri, venne formandosi un patrimonio comune di dottrina e di idealità, via via attuato in forme

sempre più differenziate dal punto di vista organizzativo e istituzionale, E infatti, dopo la prima fase

dell’ascetismo domestico dei primi secoli testimoniato anche dai vari trattati De virginitate, si registra

una larga affermazione dell’eremitismo, a volte nelle forme più drastiche e assolute con distacco

deciso da parenti e amici, a volte mitigato mediante l’unione di vari eremiti in raggruppamenti o

«laure». Non vi sono ancora regole né legami di tipo culturale con la scuola teologica alessandrina

anche se a poco a poco pure i monaci verranno interessandosi alle dottrine del grande Origene e

saranno coinvolti nelle relative dispute e condanne.

Page 4: Il Monachesimo

Il monachesimo

2 GLI EREMITI Alessia Camero

La parola eremita deriva dal latino ĕrēmīta, latinizzazione del greco ἐρημίτης (erēmitēs), "del

deserto", che a sua volta deriva dal ἔρημος (erēmos), che significa "deserto", " disabitato", perciò

"abitante del deserto". Un eremita è una persona che vive, per sua scelta ed in una certa misura, in

isolamento dalla società, spesso in un luogo remoto.

Le ragioni principali che possono portare ad una scelta

del genere sono di solito spirituali o religiose. La scelta di

solitudine, contemplazione e ascetismo che caratterizza la

vita eremitica nasce in Oriente. L'Asia ha conosciuto fin

dall'antichità forme di vita ascetica assimilabili alla vita

eremitica nota al mondo mediterraneo, legate

all’Induismo, al Taoismo e al Buddismo.

Il monastero di Santa Caterina è un monastero del VI secolo situato in Egitto, nella regione

del Sinai, al centro di una valle desertica. Dedicato a santa Caterina d'Alessandria, è il più

antico monastero cristiano ancora esistente e sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la

tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente(3,2-6) e dove egli

ricevette i comandamenti. Nel 2002 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la

sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e per la grande raccolta di

antichissimi manoscritti che costituiscono la più vasta e meglio conservata biblioteca di testi antichi

bizantini dopo quella della Città del Vaticano. Inoltre, il monastero è considerato un luogo sacro

dalle tre maggiori religioni monoteiste: il Cristianesimo,

l'Ebraismo e l'Islam. L'origine del monastero ha radici

antichissime. La sua fondazione la si fa risalire a sant'Elena,

madre dell'imperatore Costantino che, nel 328 fece

costruire una sorta di primitiva cappella votiva nel presunto

luogo dove secondo la tradizione cristiana Mosè parlò con

Dio, nell'episodio biblico del roveto ardente.

Page 5: Il Monachesimo

Il monachesimo

3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Alessia Morisco

Grazie a Benedetto il monachesimo, nato in Oriente, si

diffonde in tutto l’Occidente. Infatti la sua Regola influirà in

modo determinante sulla storia dell’Europa. Benedetto

conosce molto bene le esperienze di vita monastica realizzatesi

in Oriente e anche in Occidente e, dopo diversi tentativi, dà

vita ad un monachesimo cenobitico, che introduce la novità

della stabilità del monaco nella comunità. L’originalità dell’intuizione di Benedetto sta proprio in questo

legame del religioso con il suo monastero, nella continuità di rapporti e di presenza, nell’appartenenza

totale ad una comunità.

Il monachesimo benedettino si diffonde presto in tutta l’Italia, grazie

anche all’opera di papa Gregorio Magno, il quale dà alla Regola un

posto preminente rispetto agli altri testi che disciplinano la vita

monastica. E così in breve tempo la regola di Benedetto, ammirata

per la saggezza, l'equilibrio e la discrezione, viene adottata da molti

istituzioni monastiche, che pure hanno avuto una storia e un ruolo

molto importante nell’alto medioevo.

E’ però tra il IX e il XII secolo che il monachesimo benedettino

diventa l’elemento fondante la cultura e la civiltà europea. Con la

formazione del Sacro Romano Impero vengono unificate le regole

monastiche e nell'816 Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, con

l’aiuto del monaco francese Benedetto d'Aniane, fa adottare da

un’assemblea di abati la Regola di S. Benedetto come la sola valida

per tutto l’impero carolingio.

Da allora tutte le abbazie dell’impero, maschili e

femminili, diventano benedettine ed intorno ad esse

l’Europa comincia a ricostruire il proprio assetto, dopo

il crollo dell’impero romano. Alle loro mura, che

garantiscono ospitalità e riparo in un mondo pericoloso

ed ostile, fanno capo sempre più spesso le strade

percorse da pellegrini: si cancellano gli antichi percorsi

per sostituirli con nuovi e più sicuri tracciati, che

portano da un monastero all’altro e lungo i quali

rifioriscono i commerci, gli insediamenti urbani, le aree coltivate.

Page 6: Il Monachesimo

Il monachesimo

3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Alessia Morisco

In un continente ormai frammentato in diverse etnie, lingue, legislazioni, livelli di cultura reciprocamente

ostili, l’unificante regola benedettina, il latino parlato da tutti i monaci, la stabilità secolare di tutti i

monasteri, forniscono l’unico e il più visibile segno di unità.

Monasteri e abbazie costituiscono anche un grande fenomeno economico e sociale: a loro fanno capo i

lavori di dissodamento e di bonifica, che recuperano all’agricoltura vaste aree di terreno inselvatichito da

secoli di abbandono. L’apicoltura, l’olivicoltura, viticoltura si sviluppano notevolmente, poiché al

monastero servono cera per le

candele, olio per le lampade,

vino per la S. Messa. Nel

monastero gli strumenti di

lavoro vengono sempre

migliorati: si passa per esempio

dall’aratro di legno a quello di

ferro, vengono utilizzate

invenzioni meccaniche come i

mulini a vento e ad acqua.

Tutto questo avviene per

rendere il lavoro più efficace e

meno faticoso e per poter

dedicare più tempo ed energie allo studio e alla preghiera.

I monaci sviluppano, inoltre, il culto e la cultura, la liturgia e l’arte: ogni monastero ha il suo scriptorium,

dove si trascrivono i testi degli autori cristiani e pagani, salvandoli dalla distruzione, e si decorano i preziosi

codici con splendide miniature.

Page 7: Il Monachesimo

Il monachesimo

4 LE ABBAZIE BENEDETTINE Giorgia Grisorio

L'abbazia (detta anche abazia o badia a seconda

se diretta da un abate o da una badessa), è un

particolare tipo di monastero, diritto canonico è

un ente autonomo. Il nome deriva dal tardo

latino abbatīa, appunto abate, termine che

inizialmente si riferiva solo alla persona che

reggeva l'edificio, per poi assumere il significato

più esteso del complesso dei beni che erano a

disposizione di tale carica religiosa. Infatti molto

spesso per abbazia in toponomastica si intende

non soltanto l'edificio in sé, quanto anche

l'insediamento che si sviluppava intorno ad esso.

La prima abbazia di cui si ha notizia fu fondata intorno al

320, che prese il nome di abadia, dal santo egizio

Paconimo, che ne fece il luogo dove riunire la prima

comunità monastica cenobita, elaborandone tra l'altro le

regole interne. Pacomio portò avanti tale progetto poiché

era dell'idea che l'ideale ascetico cristiano si sarebbe

realizzato in modo migliore attraverso una comunità

piuttosto che nella singola esperienza eremitica.

Alla costruzione di questa prima abbazia ne seguirono altre,

sia in Oriente sia in Occidente, dove però furono elaborate

nuove regole interne, ispirandosi sia alla Regola

Benedettina, a partire dal 534 che alla Regola

Colombaniana di ispirazione monastica celtico-irlandese.

Page 8: Il Monachesimo

Il monachesimo

5 LA REGOLA BENEDETTINA Samantha Carrassi

La Regola dell'Ordine di san Benedetto, o Regola benedettina, in latino denominata Regula

monachorum o Sancta Regula, dettata da San Benedetto da Norcia nel 534, consta di un "Prologo"

e di settantatré capitoli.

Nella "Regola" San Benedetto fa tesoro anche di una breve esperienza personale di vita eremitica

che gli fece capire quanto le debolezze umane allontanino di più dalla contemplazione di Dio. Per

questa ragione propone di vincere l'accidia (una certa "noia" spirituale), con il cenobitismo, cioè una

vita comunitaria che prevede un tempo per la preghiera ed uno per il lavoro e lo studio (Ora et

Labora), lontana dalle privazioni e mortificazioni estreme imposta dalla vita in solitudine scelta dagli

asceti e, quindi, attuabile anche da persone comuni.

L'attività primaria divenne in diversi monasteri la copiatura di testi antichi, specie di quelli biblici. A

tal proposito si è fatto notare che «il monaco che ricopia e medita e rivolve e commenta e diffonde

la parola biblica» aperse la via alle nuove scienze linguistiche.

In particolare, per i Benedettini la

"Preghiera" è intesa come la

contemplazione del Cristo alla luce della

Parola Sacra ed è praticata sia

comunitariamente attraverso i canti (loro

sono i canti gregoriani), la

partecipazione a funzioni e l'ascolto

delle letture in diversi momenti della

giornata (ad es. durante i pasti), sia nel

chiuso della propria cella sia attraverso

lo studio. Luoghi inospitali e disabitati

dove erigevano le loro abbazie, ma

anche lo studio e, un tempo, la

trascrizione di testi antichi (non solo

religiosi ma anche letterari o scientifici). Del resto per loro un'alta forma di preghiera è anche il

proprio atteggiamento verso il lavoro.

Così San Benedetto organizza la vita monastica intorno a tre grandi assi portanti che permettono di

fare fronte alle tentazioni impegnando continuamente ed in modo vario il monaco:

1. preghiera comune

2. preghiera personale

3. lavoro

Lo studio non era compreso. La maggior parte dei monaci benedettini era analfabeta. Compito del

monaco è, con l'aiuto della comunità monastica di cui fa parte, di adempiere a questi tre obblighi

con il giusto equilibrio, perché quando uno prende il sopravvento sugli altri il monachesimo cessa di

essere benedettino. I monaci che seguono la regola di San Benedetto, infatti, non devono essere né

dei contemplativi dediti unicamente all'orazione, né dei liturgisti che sacrificano tutto all'Ufficio, né

degli studiosi, né dei tecnici o degli imprenditori di qualsivoglia genere di lavoro.

Page 9: Il Monachesimo

Il monachesimo

6 IL MONACHESIMO IN EUROPA Mattia Caputo

Mentre le invasioni barbariche rendevano drammatiche le condizioni di vita delle popolazioni

dell'Impero Romano d'Occidente, andarono costituendosi e prendendo vigore diverse istituzioni

ecclesiastiche e religiose. Tra esse il

monachesimo, è forse la più importante.

Il monachesimo europeo proviene dal

Medio Oriente. Nel IV secolo, in Egitto, in

Palestina e in Siria, sulla scia di Antonio il

Grande e di altri Padri del deserto, si fecero

sempre più numerosi coloro che

abbandonavano completamente il mondo

per vivere nella solitudine oppure per

associarsi insieme in conventi o cenobi,

onde ricercare una comunione più intensa

con Dio ed innalzarsi verso la santità.

Il monachesimo degli albori si fonda sulla

libertà individuale del monaco che

liberamente sceglie la vita solitaria. Ma ben presto si diffuse il sistema delle regole. La regola era

posta dal maestro e aveva lo scopo di organizzare la vita comunitaria. Tra le regole più famose si

ricorda quella di san Benedetto da Norcia, esemplificata nel motto: Ora et labora (prega e lavora).

I monaci nell'Europa Orientale si davano con fervore, ad intense pratiche ascetiche (dal greco

aschesis=esercizio), le quali univano alla preghiera ed alla meditazione ogni sorta di mortificazioni

della carne, talora durissime o stravaganti addirittura, come l'astensione dal cibo, dal sonno o dal

lavarsi per periodi più o meno lunghi, oppure l'infliggersi flagellazioni e torture. Tra questi,

particolari furono gli stiliti e i dendriti

che trascorrevano la loro vita

rispettivamente su una colonna e su

un albero.

Dopo il IV secolo il monachesimo

comincia a diffondersi in Occidente:

Girolamo a Roma, Agostino in

Africa, Severino nel Norico, Paolino

a Nola, Martino Giovanni Cassiano

Page 10: Il Monachesimo

Il monachesimo

6 IL MONACHESIMO IN EUROPA Mattia Caputo

nella Gallia si fecero promotori dell’ideale monastico (sull'esempio di quello orientale) e monasteri

famosi sorsero nel V secolo a Tours e ad Arles ad opera dei vescovi Cesario e Aureliano (autori di

importanti Regole).

Cassiodoro, il ministro di Teodorico, fallita la sua politica di fusione tra Romani e Goti, abbandonò

la corte gotica, si rifugiò nei suoi possedimenti nella natia Calabria e verso il 554 fondò

un monastero a Vivarium, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita.

A dare al monachesimo del cristianesimo cattolico la sua particolare fisionomia operosa, fu però un

giovane, discendente da una famiglia della piccola nobiltà provinciale dell’Umbria: Benedetto da

Norcia(480-543). Ritiratosi a vita eremitica a Subiaco, Benedetto aveva veduto crescere attorno a sé

un gruppo di seguaci, insieme ai quali, trasferitosi successivamente nelle vicinanze di Cassino,

aveva fondato il monastero di Montecassino, il più importante centro monastico dell’Occidente.

Mentre il mondo occidentale è sconvolto dalle invasioni barbariche, i monasteri benedettini creano

un nuovo tipo di società basata, anziché sul concetto romano della proprietà privata, su quello

cristiano della solidarietà collettiva. I monaci coltivano le terre

circostanti al monastero, o almeno le fanno coltivare dai propri coloni,

difendendole dall’abbandono e dall’inselvaticamento. Attorno a loro, si

raggruppano in cerca di protezione famiglie coloniche, che trovano

rifugio all’ombra del monastero. Il monastero diventa così il centro di

un piccolo mondo economico auto-sufficiente; anche i prodotti

artigianali o industriali necessari alla sua esistenza vengono prodotti al

suo interno da monaci o da servi dipendenti dal convento. Il sovrappiù

della produzione viene posto in vendita; così, non di rado, attorno al

convento sorge anche un centro di scambi commerciali, un mercato,

una fiera.

In mezzo ad un’età di sovrani analfabeti e di regresso della civiltà, nei monasteri benedettini gli

amanuensi negli scriptoria, continuano a copiare le opere degli scrittori antichi cristiani e pagani.

Nei monasteri convivono quindi pacificamente insieme romani e barbari, affratellati dalla comune

fede e dalla comune obbedienza alla Regola. I monasteri

benedettini costituiscono, per tutto il Medioevo, importanti

centri di diffusione culturale.

Accanto a quello sempre più importante di Montecassino,

sorsero numerosi monasteri, fra cui emergono per

importanza quelli di Nonantola nell'Emilia, di Farfa nella

Sabina, di San Vincenzo al Volturno nell’Italia

meridionale, nel 726 della Novalesa in Val di Susa

(Piemonte). Questi cenobi accolsero tra le loro mura tanto

latini che barbari, favorendo la fusione dei due popoli,

mantennero in vita le tradizioni culturali dell’antichità e del cristianesimo, favorendo la diffusione

della civiltà romana tra i Longobardi.

Page 11: Il Monachesimo

Il monachesimo

7 IL MONACHESIMO IN EUROPA Roberto Salomone

Lo scriptorium o centro scrittorio, è, nel linguaggio

della paleografia e codicologia, il luogo dove si

scrive e per estensione ogni luogo dove era effettuata

l'attività di copiatura da parte di amanuensi,

soprattutto nel Medioevo. Nella terminologia corrente

di solito si intende per centro scrittorio quella parte

del complesso monastico dedicata alla copiatura dei

manoscritti, spesso comunicante con la biblioteca.

Tali ambienti ebbero grande importanza culturale sia per l'azione di salvaguardia della cultura

greca e latina, sia perché costituirono ambiti di pensiero e sviluppo di nuova cultura.

A Roma vi erano nel IV secolo 28 biblioteche pubbliche. Con il tramonto

dell'impero, in Occidente, la copiatura dei testi in ambito civile subì un

irreversibile declino. Gli scriptoria nacquero in ambito monastico per

continuare la trasmissione del sapere. Uno dei primi centri scrittori di cui

si abbia memoria fu quello fondato da Cassiodoro in Calabria alla metà

del VI secolo. Questa attività però non sopravvisse alla crisi economico-

istituzionale che attraversò l'Europa nel VII-VIII secolo.

L'Irlanda era rimasta estranea ai processi devastanti che avevano

interessato il continente. Il cristianesimo si era diffuso nel corso del V

secolo. Sull'isola, e nelle regioni celtiche della Gran Bretagna, nacquero

diversi monasteri. Il monachesimo irlandese fece propria la lingua e la

cultura latina. All'interno dei monasteri celtici, sia irlandesi che britannici,

si diffusero importanti scriptoria:

in Irlanda: Bangor (dove fu redatto il più antico antifonario esistente), ...

in Scozia e alta Inghilterra: Iona, Lindisfarne, Wearmouth e Jarrow;

nella bassa Inghilterra: Malmesbury.

Lo scriptorium era un vasta sala illuminata da numerose finestre. I monaci lavoravano vicino ai

punti più adatti a ricevere la luce. Gli strumenti del lavoro erano: penne, inchiostro e temperini,

righelli, punteruoli e, infine, il leggio. Per i manoscritti che andavano miniati c'erano altri utensili o

materiali specifici. Tutto questo materiale era fornito dall'armarius (il bibliotecario del monastero),

vero regista dell'operazione di copiatura. L'armarius poteva avere anche altri incarichi In una stessa

stanza potevano lavorare fino a trenta amanuensi. L'attività propriamente di copiatura

comprendeva tutte le fasi della lavorazione del libro. Sicuramente attestate sono le varie fasi della

preparazione della pergamena per la scrittura. Poiché il papiro non era più disponibile dopo la

conquista araba dell'Egitto, i fogli erano ricavati dalle pelli degli animali.

Page 12: Il Monachesimo

Il monachesimo

7 IL MONACHESIMO IN EUROPA Roberto Salomone

La pergamena più pregiata si ricavava dalla pelle di vitello e

prendeva il nome di vello. Una volta posto sul leggio, la

prima operazione consisteva nel tracciare delle righe

orizzontali sul foglio vuoto. Affinché la scrittura fosse diritta,

l'amanuense doveva seguire tali righe. Seguivano poi le fasi

della scrittura: il monaco amanuense copiava il testo sulla

pagina rigata. Ovviamente il lavoro non sempre si limitava

alla copia di testi antichi, bibbie o commenti biblici; molto

spesso venivano scritte anche opere originali. Spesso gli

scriptoria svilupparono usi grafici caratteristici diversi e

indipendenti fra loro (si pensi alle lettere a e b caratteristiche

dello scriptorium di Corbie o alle lettere a e z caratteristiche

di quello di Laon varianti della scrittura definita in

paleografia come merovingica). Meno ovvia è invece la

partecipazione di miniatori/pittori alle attività di scrittura. La

miniatura era infatti eseguita separatamente dopo la

redazione del testo (ma prima della legatura del libro) spesso

in altri ambienti e a distanza di tempo (anche qualche mese).

Gli scriptoria fornivano libri per i monasteri, sia per uso interno sia come manufatti di scambio.

Producevano inoltre i libri destinati alla ristretta fascia di laici alfabetizzati. Tuttavia, alla metà del

XIII secolo, la concorrenza di botteghe scrittorie laiche cittadine era diventata molto forte sia per il

tipo di letteratura proposta (non più soltanto edificante o di preghiera) sia per la lingua con cui era

scritta (non più in latino). Le botteghe scrittorie laiche inoltre avevano sistemi di copiatura più rapidi

(per esempio il sistema della pecia in ambito universitario). Diversa era certamente la mentalità del

monaco che copiava un'opera quale adempimento a un precetto religioso e quella dello scriba

laico che copiava un'opera a scopo di lucro. Comunque per vari secoli ancora gli scriptoria

monastici rimasero il perno della produzione di testi liturgici per i monasteri stessi, almeno fino alla

diffusione della stampa.

Page 13: Il Monachesimo

Il monachesimo

8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Gaetano Stea

Il nome della rosa è un romanzo scritto da

Umberto Eco ed edito per la prima volta da

Bompiani nel 1980. Dopo aver pubblicato

numerosi saggi, il semiologo decise di scrivere

il suo primo romanzo, cimentandosi nel genere

del giallo storico e in particolare del giallo

deduttivo. Tuttavia il libro può essere

considerato un incrocio di generi, a metà

strada tra lo storico e il narrativo.

Nel 1327 alcuni terribili omicidi sconvolgono un'abbazia benedettina sperduta tra i monti del Nord-

Italia. Nel monastero dovrà svolgersi un importante concilio francescano a cui è chiamato a

partecipare il dotto frate Guglielmo da Baskerville. Nel contempo, l'abate affida a Guglielmo le

indagini degli omicidi in virtù della sua esperienza di inquisitore, senza dimenticare le vociferazioni

sull'Anticristo che da sempre circolano nell'abbazia. Il francescano, insieme al suo giovane novizio

Adso da Melk, si ritrova in un ambiente ostile, un'abbazia piena di libri e di cultura ma anche

segreta e spaventosa, su cui dovrà indagare prima dell'arrivo della Santa Inquisizione.

Dopo 5 anni di preparazione il film viene girato in 16 settimane fra gli studi di Cinecittà a Roma, l'Abbazia di

Eberbach in Germania, la Rocca Calascio in Abruzzo e Castel del Monte (Andria), in Puglia. Le riprese si

svolsero tra l'11 novembre 1985 e il

10 marzo 1986. Il budget è stato di

circa 17 milioni di dollari e l'incasso

della pellicola è stato superiore ai 77

milioni di dollari nel mondoFu

distribuito in anteprima negli Stati

Uniti d'America il 24 settembre 1986,

mentre in Italia giunse il 17 ottobre

dello stesso anno e fu campione

d'incassi assoluto nella stagione

1986/87, davanti al blockbuster Top

Gun ed al film premio Oscar Platoon

di Oliver Stone.

Page 14: Il Monachesimo

Il monachesimo

8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Gaetano Stea

L'opera, ambientata sul finire dell'anno 1327, si presenta come il manoscritto

del monaco Adso da Melk, che, ormai anziano, mette su carta i fatti vissuti

da novizio molti decenni addietro in compagnia del proprio maestro

Guglielmo da Baskerville. La narrazione si svolge all'interno di un monastero

benedettino dell'Italia settentrionale, ed è suddivisa in sette giornate, scandite

dai ritmi della vita monastica. Il romanzo ha ottenuto un vasto successo di

critica e di pubblico, vendendo oltre 50 milioni di copie in trent'anni ed

essendo tradotto in oltre 40 lingue. Ha ricevuto diversi premi e

riconoscimenti, tra cui il Premio Strega nel 1981, ed è stato inserito nella lista

de "I 100 libri del secolo di Le Monde".

Fonte di Ispirazione: All'epoca della concezione dell'opera, il romanzo storico con

ambientazione medievale era stato riscoperto da poco in Italia da Italo Alighiero Chiusano, col suo

L'ordalia. Le diverse similarità (ambientazione temporale, genere inteso come romanzo di

formazione, e scelta dei personaggi principali, un novizio e il suo maestro, un saggio monaco più

anziano), e la notorietà che L'ordalia aveva nel 1979, che un esperto di letteratura come Umberto

Eco difficilmente ignorava, fanno ritenere L'ordalia con molte probabilità una delle principali fonti di

ispirazione de Il nome della rosa.

Page 15: Il Monachesimo

Il monachesimo

9 SANT’ANTONIO ABATE Maria Pia Lapenna

Del monaco più illustre della Chiesa antica, morto ultra centenario (250-356), ci è pervenuto uno

dei più bei esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di Antonio era amico e zelante

discepolo. Il biografo non ha trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla personalità, le

abitudini, il carattere, le opere e il pensiero del caposcuola del monachesimo. Nato a Come nel

cuore dell'Egitto, a vent'anni Antonio aveva abbandonato ogni cosa per seguire alla lettera il

consiglio di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai...". Si rifugiò dapprima in una zona

deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse

per ottant'anni vita di anacoreta.

L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato, è ormai un metodo di

vita ascetica, fatto di austerità, di sacrificio e di estrema solitudine: S.

Antonio, se non l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante.

Infatti, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver

incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un grande

influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la Chiesa. Il

richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in assenza dei

mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si propagò a tal

punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi, e

anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui per ricevere consigli o

conforto. Lo stesso Costantino e i suoi figli si mantennero in contatto con

il santo anacoreta.

Pur prediligendo la solitudine e il silenzio,

Antonio non si sottrasse ai suoi obblighi di

cristiano impegnato a riversare sugli altri i

doni con cui Dio aveva ricolmato la sua

anima: due volte egli lasciò il suo eremitaggio

per recarsi ad Alessandria, sapendo che la

sua presenza avrebbe infuso coraggio ai

cristiani perseguitati da Massimino Daia. La

seconda volta vi si recò dietro invito di S.

Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi

fedeli alla dottrina sancita nel concilio di

Nicea (325). Non è possibile parlare di questo

illuminato "contestatore" senza accennare alle

tentazioni che turbarono la sua solitudine nel

deserto e che fornirono a pittori come

Domenico Morelli il pretesto per ritrarlo tra donne sensuali: S. Antonio fu infatti bersaglio di

molteplici tentazioni del maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali.

Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine dell'anacoreta, è veneratissimo come

protettore degli animali domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato.

Page 16: Il Monachesimo

Il monachesimo

9 SANT’ANTONIO ABATE Maria Pia Lapenna

Morti i genitori, Antonio rimase solo con una piccola sorella. Aveva

diciotto o vent’anni e aveva cura egli stesso della casa e della

sorella. Non erano passati sei mesi dalla morte dei genitori e

andando come al solito in chiesa, camminando pensava e rifletteva

come gli apostoli avessero lasciato tutto per seguire il Signore, come

negli Atti si narri dei cristiani che vendevano i loro beni e ne

portavano il prezzo ai piedi degli apostoli, perché fosse distribuito ai

bisognosi, e quale grande ricompensa fosse per questi preparata in

cielo.

Con tali pensieri entrò in chiesa e avvenne che si leggesse il Vangelo

in cui il Signore dice al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’,

vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi e avrai

un tesoro in cielo”.

Antonio, ritenendo che i precedenti pensieri gli fossero stati ispirati da Dio e come se quella lettura

fosse proprio per lui, subito, uscito di chiesa, donò alla gente del paese i beni ereditati dai genitori

(erano 50 ettari di ottimo terreno); vendette i beni mobili che aveva e, conservata una parte per la

sorella, diede ai poveri il denaro ricavato. E iniziò la vita ascetica, mortificandosi e pregando.

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Il monachesimo

10 LO STILITA SIMEONE Michele De rosa

Simeone nacque a Sis, in Cilicia, nei pressi di Antiochia nel nord

della Siria, figlio di un pastore. Con la suddivisione dell'Impero

romano nel 395, la Siria venne incorporata in quello che divenne

l'Impero bizantino e il Cristianesimo si sviluppò velocemente.

Cresciuto sotto l'influenza della madre Marta (anche lei santa), egli

sviluppò un grande entusiasmo per il Cristianesimo, all'età di 13

anni, dopo la lettura delle Beatitudini. Iniziò presto ad osservare un

comportamento molto austero ed entrò in un monastero prima del

compimento del 16º anno d'età.

Un giorno, uscito dal convento, iniziò un lungo digiuno in occasione

della Quaresima; fu visitato dal priore del convento che gli portò acqua e

pane. Diversi giorni più tardi venne scoperto in condizioni di incoscienza e

con l'acqua e il pane intatti. Quando fu portato in convento, si scoprì che

aveva legata alla vita una cintura, fatta di fronde di palma, talmente stretta

da procurargli una ferita. A questo punto gli fu chiesto di lasciare il

convento.

Egli si rinchiuse quindi in una capanna, per un periodo di tre anni, dove

passava l'intero periodo quaresimale senza mangiare.

Dopo questo periodo, Simeone cercò un'eminenza

rocciosa sui pendii di quello che ora è lo Montagna

Sheik Barakat e decise di rimanere in uno spazio avente

meno di 20 metri di diametro. Una moltitudine di

pellegrini iniziò ad accorrere per chiedergli un consiglio

o una preghiera e questo disturbò molto Simeone in

quanto non gli lasciava più tempo sufficiente per la

preghiera. Questo lo condusse ad adottare un modo

nuovo di vivere.

Allo scopo di isolarsi dalla massa, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un

pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Quando il

monaco più anziano, che viveva nel deserto, seppe che Simeone aveva scelto una forma nuova e

strana di ascetismo, volle esaminarlo per capire se il suo atteggiamento era fondato sull'umiltà o

sull'orgoglio. Decise così di chiedere a Simeone un gesto di obbedienza e quindi di scendere dal

pilastro. Se avesse disubbidito lo avrebbero costretto con la forza ma se si fosse sottoposto ad

obbedienza ve lo avrebbe lasciato. Simeone rese obbedienza completa e sottomissione e pertanto

gli fu consentito di rimanere sul suo pilastro.

Questo primo pilastro era alto poco più di 4 metri ma successivamente venne sostituito con altri, via

via sempre più elevati, fino a raggiungere una distanza da terra di oltre 15 metri. Alla cima del

pilastro era situata una piattaforma grande non più di 4 metri.

Simeone non permetteva alle donne di avvicinarsi al suo pilastro, neanche a sua madre, dicendo

loro (a quanto riferito) "se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire".

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Il monachesimo

10 LO STILITA SIMEONE Michele De rosa

Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in

posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era

quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi.

Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile

ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì

senza scendere dalla colonna.

Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per

oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una

colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.

Page 19: Il Monachesimo

Il monachesimo

11 IL MONACHESIMO ORIENTALE Monica Damato

Diversamente da quanto comunemente si crede il

fenomeno del Monachesimo (che tanto caratterizzò il

Medioevo) ebbe il suo primo sviluppo nell'Oriente

Cristiano.

L'ascetismo fu inizialmente praticato in Egitto dove uno

dei primi monaci fu Sant'Antonio (abate, nato intorno

250 d.C) che per circa 20 anni si ritirò in completa

solitudine nelle vicinanze di Afroditopoli e di el-Fayyum.

A Sant'Antonio abate sono dovute le prime forme di

aggregazione del monachesimo cristiano che

inizialmente si affermarono nel basso Egitto ed in

particolare nei deserti di Nitria e Scete. Fra i cristiani di

Oriente questo personaggio è abbastanza noto (i

maroniti lo ricordano come "Mar Antonios al-Kabir " ,

altri come S.Antonio il Grande). Pochi anni dopo l'inizio

di queste esperienze S. Pacomio (292-348) creò, sempre

in Egitto, il primo monastero a Tabennisi. All'epoca della

sua morte facevano capo all'organizzazione da lui

ispirata diversi monasteri.

All'inizio la filosofia di questi monaci trovava documentazione anche nei discorsi, riportati da

Cassiano, di 24 monaci autorevoli che per un certo periodo di tempo avevano avuto contatti con lo

stesso Cassiano ed il suo amico Germano. Comunque dall'Egitto queste forme di vita religiosa si

estesero prima nel Sinai (dove era venerato il c.d. roveto ardente) e poi in altre zone del Medio

Oriente.

Nel Sinai nel luogo dove alcuni monaci

erano stati insidiati da predoni più tardi

nacque, per altre vicende ed anche con

l'intervento del famoso imperatore

Giustiniano, l'importante monastero dedicato

a Santa Caterina d'Alessandria.

In Siria, a differenza di quanto accadeva in

Egitto, esistevano forme di ascetismo un pò

particolari e può darsi che all'inizio gli

eremiti cristiani, per tradizioni locali, non

avessero avuto molti contatti con quelli

egiziani.

Le più famose forme di ascetismo erano quelle degli stiliti eremiti che vivevano sopra una colonna

(uno di questi era San Simeone Stilita) , ma c'erano altre forme singolari (ad esempio si narra di

monaci detti "pascolanti" che mangiavano l'erba dei campi). Altra forma ancora è quella dei

Page 20: Il Monachesimo

Il monachesimo

11 IL MONACHESIMO ORIENTALE Monica Damato

"dendriti" che si isolavano sopra gli alberi. Le foto di seguito,

effettuate nei pressi di Aleppo in Siria, documentano comunque il

rilievo che S. Simeone aveva per i cristiani prima dell'arrivo

dell'Islam.

Anche le donne si avviavano talora al monachesimo. In Siria pochi

monasteri femminili erano stati creati da nobildonne romane, ma

esistevano altre forme di aggregazione premonastiche come ad

esempio quelle delle "figlie dell'alleanza ". In Egitto monasteri

femminili erano poco più frequenti grazie anche ad una sorella di

Pacomio e monache furono poi presenti anche nel grande

Monastero Bianco (presso Sohag) fondato dal santo copto San

Shenouda.

Dal medio oriente

il monachesimo si

affermò poi in

Grecia grazie a

San Basilio. E

successivamente il monachesimo nella sua forma

greca si sviluppò in tutto l'Oriente romano e poi

(per via di Eusebio da Vercelli e di Sant'Agostino)

anche in Italia.

L'antico ceppo dei monaci antoniani nel corso dei

secoli si è diviso fra Maroniti (Libano), Baladiti,

Caldei, Armeni, diverse congregazioni anche

occidentali.

Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi

resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in

posizione eretta con le braccia aperte a forma di

croce, anche se la sua posizione più frequente era

quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi.

Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile

ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì

senza scendere dalla colonna.

Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per

oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una

colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.