il monachesimo
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Flip Lesson della classe 2GL Scuola Marco Polo Bari.TRANSCRIPT
Il monachesimo
1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella
Tra la fine del III e gli inizi del IV secolo si viene a
delineare, nel mondo cristiano un singolare
fenomeno religioso, monachesimo. il periodo è
quello della fine del mondo antico, della difficile
crisi dell’impero romano diviso ormai tra impero
d’occidente e impero d’Oriente, dell’urbanesimo,
dello spopolamento delle campagne, della
crescente pressione delle genti germaniche ai
confini dell’impero. In questo periodo la Chiesa
godeva già di un’organizzazione abbastanza
solida, una gerarchia abbastanza diffusa, un culto,
una disciplina, una letteratura, dei patrimoni e, a partire dall’editto di Milano del 313, la libertà
religiosa concessale da Costantino. Col monachesimo ha origine una forma di vita consacrata
interamente alla preghiera e alla penitenza, ma vuole esprimere e attuare il desiderio di
un’esistenza dedicata completamente alla ricerca di Dio.
Dopo la pace costantiniana un campo immenso si presentava a chi avesse voluto impegnarsi
nell’evangelizzazione di popoli non ancora raggiunti dal messaggio cristiano. Eppure, proprio in
quei decenni, si fece spazio un fenomeno orientato in direzione opposta. Alcuni cristiani,
specialmente in Egitto, iniziarono a ritirarsi nel deserto, volendo affermare con ciò che «il regno di
Dio non è di questo mondo», e rivendicare i più alti valori dello spirito insieme a una più o meno
esplicita protesta contro i pericoli dei divertimenti, ora che la professione della fede non era più
causa di persecuzioni ma poteva, al contrario, procurare onori e assicurare carriere.
In quanto alle origini storiche e ideologiche del monachesimo, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del
Novecento ci sono state diverse interpretazioni, oggi superate, ugualmente a quanto si è verificato
per le origini dello stesso cristianesimo. Si era supposto che il monachesimo cristiano fosse sorto in
derivazione da isolate forme di ascetismo pagano o da alcuni presupposti spiritualistici della
filosofia greca, specie neoplatonica; o, ancora, ed era la tesi del famoso teologo protestante Adolf
von Harnack, da qualche corrente ereticale rigoristica ed estremistica, come per esempio il
montanismo; o, infine, da forme sincretistiche pagano-cristiane in rapporti più o meno diretti con le
«religioni dei misteri» del mondo ellenistico.
I monaci cristiani quindi — anche perché erano per lo più persone semplici, aliene da speculazioni
filosofiche — non hanno elaborato un ideale di perfezione per conto proprio ma si sono rifatti
sostanzialmente all’insegnamento della Sacra Scrittura come era vissuto dalla Chiesa del tempo. A
questo riguardo bisogna ancora aggiungere la pratica della vita comune in vigore nella Chiesa
primitiva, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli: per secoli «vita apostolica» significherà
non già vita di apostolato, ma, appunto, «vita comune», a imitazione degli apostoli che avevano
Il monachesimo
1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella
lasciato tutto per seguire il Signore. Nella Chiesa dei
primi secoli, poi, l’ideale del perfetto cristiano sarà
costituito dal martire di cui, col venir meno delle
persecuzioni, i monaci si considereranno eredi e
continuatori. Anche la prassi penitenziale della Chiesa
antica, così rigorosa, influirà sui successivi sviluppi del
movimento monastico per il fatto che, cessata la
penitenza pubblica, molti cristiani si sottoporranno
spontaneamente a forme di disciplina penitenziale,
anticipando quindi il concetto del monaco quale
penitente volontario.
Assai varie quanto a provenienza, genere letterario, attendibilità storica, le fonti relative al
monachesimo delle origini — e molte sono ancora inedite, come quelle in lingue orientali —
presentano diversi problemi di carattere storico-letterario tuttora discussi. È certo, per esempio, che
alcune fonti, specialmente le agiografie, seguono determinati schemi, per influsso sia della
tradizione biblica (l’immagine del vir Dei), sia del romanzo ellenistico (fughe, nascondimenti,
travestimenti, ritrovamenti), sia delle tradizioni popolari (apparizioni favolose sotto forma di
animali). In ogni caso, alcuni di questi testi conobbero fortuna immensa e divennero un fenomeno
culturale dì grande rilevanza.
Il monachesimo antico presenta una grande varietà di forme quanto al genere di vita, all’estrazione
sociale, alle condizioni ambientali, all’ascesi, al lavoro, ai rapporti con la gerarchia ecclesiastica,
Per lo più i monaci sono semplici laici, qualche volta ancora catecumeni, per la convinzione che lo
stato monastico sia un equivalente del battesimo (donde la concezione della professione monastica
come secondo battesimo). La patria del monachesimo è l’Egitto, dove alla metà del IV secolo i
monaci erano centinaia di migliaia, e la Palestina, In tali ambienti s’incontrano non solo degli ideali
ma anche degli esemplari di altissima virtù e contemplazione e, a poco a poco, anche una vera e
propria dottrina elaborata dalla corrente monastica dotta di cui è precipuo esponente Evagrio
Pontico. Le stesse fonti non idealizzano però eccessivamente il livello spirituale dei primi monaci,
presentandone anche forme degenerate a causa di abusi, disordini morali, scandali, errori
teologici, forme di fanatismo, insufficiente senso ecclesiale.
Anche in ciò il monachesimo ha dovuto
compiere un lungo percorso e rettificare
alcune posizioni. Secondo uno schema
letterario destinato a una notevole fortuna,
esistevano diverse categorie di monaci (dai
migliori ai peggiori) e talora, dopo anni, un
monaco veniva a sapere per rivelazione
celeste che un artigiano dei dintorni era molto
più perfetto di lui. Le stesse fonti ci presentano
non di rado la figura del monaco pigro,
goloso e scroccone. Il fatto, però, che i padri
del monachesimo siano stati, in gran parte,
anche i maggiori padri della Chiesa, contribuì
a salvaguardarne lo spirito e l’ortodossia e a
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1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO Rosella Carella
conferire a tale movimento ulteriore autorevolezza e prestigio.
Sul fondamento del contenuto spirituale insito nel messaggio cristiano venne a poco a poco
elaborandosi un itinerario ascetico di cui si possono individuare le tappe essenziali. Va ricordato in
particolare il tema della compunzione, della rinuncia, dell’allontanamento nella solitudine,
dell’ascesi, del combattimento spirituale, del dominio di sé, del discernimento degli spiriti, del
riacquisto dello spirito colloquiale con Dio, della deificazione. Il cammino spirituale era visto come
contrassegnato dal progressivo acquisto della gioia e dal ripudio della tristezza, considerata come
facente parte degli otto vizi capitali e di cui spesso ebbero a occuparsi i padri del monachesimo.
Sotto questo punto di vista non c’è soluzione di continuità tra antichità e Medioevo, tra Oriente e
Occidente. In base alle prime esperienze compiute dai padri del deserto e descritte nei Detti dei
Padri, venne formandosi un patrimonio comune di dottrina e di idealità, via via attuato in forme
sempre più differenziate dal punto di vista organizzativo e istituzionale, E infatti, dopo la prima fase
dell’ascetismo domestico dei primi secoli testimoniato anche dai vari trattati De virginitate, si registra
una larga affermazione dell’eremitismo, a volte nelle forme più drastiche e assolute con distacco
deciso da parenti e amici, a volte mitigato mediante l’unione di vari eremiti in raggruppamenti o
«laure». Non vi sono ancora regole né legami di tipo culturale con la scuola teologica alessandrina
anche se a poco a poco pure i monaci verranno interessandosi alle dottrine del grande Origene e
saranno coinvolti nelle relative dispute e condanne.
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2 GLI EREMITI Alessia Camero
La parola eremita deriva dal latino ĕrēmīta, latinizzazione del greco ἐρημίτης (erēmitēs), "del
deserto", che a sua volta deriva dal ἔρημος (erēmos), che significa "deserto", " disabitato", perciò
"abitante del deserto". Un eremita è una persona che vive, per sua scelta ed in una certa misura, in
isolamento dalla società, spesso in un luogo remoto.
Le ragioni principali che possono portare ad una scelta
del genere sono di solito spirituali o religiose. La scelta di
solitudine, contemplazione e ascetismo che caratterizza la
vita eremitica nasce in Oriente. L'Asia ha conosciuto fin
dall'antichità forme di vita ascetica assimilabili alla vita
eremitica nota al mondo mediterraneo, legate
all’Induismo, al Taoismo e al Buddismo.
Il monastero di Santa Caterina è un monastero del VI secolo situato in Egitto, nella regione
del Sinai, al centro di una valle desertica. Dedicato a santa Caterina d'Alessandria, è il più
antico monastero cristiano ancora esistente e sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la
tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente(3,2-6) e dove egli
ricevette i comandamenti. Nel 2002 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la
sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e per la grande raccolta di
antichissimi manoscritti che costituiscono la più vasta e meglio conservata biblioteca di testi antichi
bizantini dopo quella della Città del Vaticano. Inoltre, il monastero è considerato un luogo sacro
dalle tre maggiori religioni monoteiste: il Cristianesimo,
l'Ebraismo e l'Islam. L'origine del monastero ha radici
antichissime. La sua fondazione la si fa risalire a sant'Elena,
madre dell'imperatore Costantino che, nel 328 fece
costruire una sorta di primitiva cappella votiva nel presunto
luogo dove secondo la tradizione cristiana Mosè parlò con
Dio, nell'episodio biblico del roveto ardente.
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3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Alessia Morisco
Grazie a Benedetto il monachesimo, nato in Oriente, si
diffonde in tutto l’Occidente. Infatti la sua Regola influirà in
modo determinante sulla storia dell’Europa. Benedetto
conosce molto bene le esperienze di vita monastica realizzatesi
in Oriente e anche in Occidente e, dopo diversi tentativi, dà
vita ad un monachesimo cenobitico, che introduce la novità
della stabilità del monaco nella comunità. L’originalità dell’intuizione di Benedetto sta proprio in questo
legame del religioso con il suo monastero, nella continuità di rapporti e di presenza, nell’appartenenza
totale ad una comunità.
Il monachesimo benedettino si diffonde presto in tutta l’Italia, grazie
anche all’opera di papa Gregorio Magno, il quale dà alla Regola un
posto preminente rispetto agli altri testi che disciplinano la vita
monastica. E così in breve tempo la regola di Benedetto, ammirata
per la saggezza, l'equilibrio e la discrezione, viene adottata da molti
istituzioni monastiche, che pure hanno avuto una storia e un ruolo
molto importante nell’alto medioevo.
E’ però tra il IX e il XII secolo che il monachesimo benedettino
diventa l’elemento fondante la cultura e la civiltà europea. Con la
formazione del Sacro Romano Impero vengono unificate le regole
monastiche e nell'816 Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, con
l’aiuto del monaco francese Benedetto d'Aniane, fa adottare da
un’assemblea di abati la Regola di S. Benedetto come la sola valida
per tutto l’impero carolingio.
Da allora tutte le abbazie dell’impero, maschili e
femminili, diventano benedettine ed intorno ad esse
l’Europa comincia a ricostruire il proprio assetto, dopo
il crollo dell’impero romano. Alle loro mura, che
garantiscono ospitalità e riparo in un mondo pericoloso
ed ostile, fanno capo sempre più spesso le strade
percorse da pellegrini: si cancellano gli antichi percorsi
per sostituirli con nuovi e più sicuri tracciati, che
portano da un monastero all’altro e lungo i quali
rifioriscono i commerci, gli insediamenti urbani, le aree coltivate.
Il monachesimo
3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Alessia Morisco
In un continente ormai frammentato in diverse etnie, lingue, legislazioni, livelli di cultura reciprocamente
ostili, l’unificante regola benedettina, il latino parlato da tutti i monaci, la stabilità secolare di tutti i
monasteri, forniscono l’unico e il più visibile segno di unità.
Monasteri e abbazie costituiscono anche un grande fenomeno economico e sociale: a loro fanno capo i
lavori di dissodamento e di bonifica, che recuperano all’agricoltura vaste aree di terreno inselvatichito da
secoli di abbandono. L’apicoltura, l’olivicoltura, viticoltura si sviluppano notevolmente, poiché al
monastero servono cera per le
candele, olio per le lampade,
vino per la S. Messa. Nel
monastero gli strumenti di
lavoro vengono sempre
migliorati: si passa per esempio
dall’aratro di legno a quello di
ferro, vengono utilizzate
invenzioni meccaniche come i
mulini a vento e ad acqua.
Tutto questo avviene per
rendere il lavoro più efficace e
meno faticoso e per poter
dedicare più tempo ed energie allo studio e alla preghiera.
I monaci sviluppano, inoltre, il culto e la cultura, la liturgia e l’arte: ogni monastero ha il suo scriptorium,
dove si trascrivono i testi degli autori cristiani e pagani, salvandoli dalla distruzione, e si decorano i preziosi
codici con splendide miniature.
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4 LE ABBAZIE BENEDETTINE Giorgia Grisorio
L'abbazia (detta anche abazia o badia a seconda
se diretta da un abate o da una badessa), è un
particolare tipo di monastero, diritto canonico è
un ente autonomo. Il nome deriva dal tardo
latino abbatīa, appunto abate, termine che
inizialmente si riferiva solo alla persona che
reggeva l'edificio, per poi assumere il significato
più esteso del complesso dei beni che erano a
disposizione di tale carica religiosa. Infatti molto
spesso per abbazia in toponomastica si intende
non soltanto l'edificio in sé, quanto anche
l'insediamento che si sviluppava intorno ad esso.
La prima abbazia di cui si ha notizia fu fondata intorno al
320, che prese il nome di abadia, dal santo egizio
Paconimo, che ne fece il luogo dove riunire la prima
comunità monastica cenobita, elaborandone tra l'altro le
regole interne. Pacomio portò avanti tale progetto poiché
era dell'idea che l'ideale ascetico cristiano si sarebbe
realizzato in modo migliore attraverso una comunità
piuttosto che nella singola esperienza eremitica.
Alla costruzione di questa prima abbazia ne seguirono altre,
sia in Oriente sia in Occidente, dove però furono elaborate
nuove regole interne, ispirandosi sia alla Regola
Benedettina, a partire dal 534 che alla Regola
Colombaniana di ispirazione monastica celtico-irlandese.
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5 LA REGOLA BENEDETTINA Samantha Carrassi
La Regola dell'Ordine di san Benedetto, o Regola benedettina, in latino denominata Regula
monachorum o Sancta Regula, dettata da San Benedetto da Norcia nel 534, consta di un "Prologo"
e di settantatré capitoli.
Nella "Regola" San Benedetto fa tesoro anche di una breve esperienza personale di vita eremitica
che gli fece capire quanto le debolezze umane allontanino di più dalla contemplazione di Dio. Per
questa ragione propone di vincere l'accidia (una certa "noia" spirituale), con il cenobitismo, cioè una
vita comunitaria che prevede un tempo per la preghiera ed uno per il lavoro e lo studio (Ora et
Labora), lontana dalle privazioni e mortificazioni estreme imposta dalla vita in solitudine scelta dagli
asceti e, quindi, attuabile anche da persone comuni.
L'attività primaria divenne in diversi monasteri la copiatura di testi antichi, specie di quelli biblici. A
tal proposito si è fatto notare che «il monaco che ricopia e medita e rivolve e commenta e diffonde
la parola biblica» aperse la via alle nuove scienze linguistiche.
In particolare, per i Benedettini la
"Preghiera" è intesa come la
contemplazione del Cristo alla luce della
Parola Sacra ed è praticata sia
comunitariamente attraverso i canti (loro
sono i canti gregoriani), la
partecipazione a funzioni e l'ascolto
delle letture in diversi momenti della
giornata (ad es. durante i pasti), sia nel
chiuso della propria cella sia attraverso
lo studio. Luoghi inospitali e disabitati
dove erigevano le loro abbazie, ma
anche lo studio e, un tempo, la
trascrizione di testi antichi (non solo
religiosi ma anche letterari o scientifici). Del resto per loro un'alta forma di preghiera è anche il
proprio atteggiamento verso il lavoro.
Così San Benedetto organizza la vita monastica intorno a tre grandi assi portanti che permettono di
fare fronte alle tentazioni impegnando continuamente ed in modo vario il monaco:
1. preghiera comune
2. preghiera personale
3. lavoro
Lo studio non era compreso. La maggior parte dei monaci benedettini era analfabeta. Compito del
monaco è, con l'aiuto della comunità monastica di cui fa parte, di adempiere a questi tre obblighi
con il giusto equilibrio, perché quando uno prende il sopravvento sugli altri il monachesimo cessa di
essere benedettino. I monaci che seguono la regola di San Benedetto, infatti, non devono essere né
dei contemplativi dediti unicamente all'orazione, né dei liturgisti che sacrificano tutto all'Ufficio, né
degli studiosi, né dei tecnici o degli imprenditori di qualsivoglia genere di lavoro.
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6 IL MONACHESIMO IN EUROPA Mattia Caputo
Mentre le invasioni barbariche rendevano drammatiche le condizioni di vita delle popolazioni
dell'Impero Romano d'Occidente, andarono costituendosi e prendendo vigore diverse istituzioni
ecclesiastiche e religiose. Tra esse il
monachesimo, è forse la più importante.
Il monachesimo europeo proviene dal
Medio Oriente. Nel IV secolo, in Egitto, in
Palestina e in Siria, sulla scia di Antonio il
Grande e di altri Padri del deserto, si fecero
sempre più numerosi coloro che
abbandonavano completamente il mondo
per vivere nella solitudine oppure per
associarsi insieme in conventi o cenobi,
onde ricercare una comunione più intensa
con Dio ed innalzarsi verso la santità.
Il monachesimo degli albori si fonda sulla
libertà individuale del monaco che
liberamente sceglie la vita solitaria. Ma ben presto si diffuse il sistema delle regole. La regola era
posta dal maestro e aveva lo scopo di organizzare la vita comunitaria. Tra le regole più famose si
ricorda quella di san Benedetto da Norcia, esemplificata nel motto: Ora et labora (prega e lavora).
I monaci nell'Europa Orientale si davano con fervore, ad intense pratiche ascetiche (dal greco
aschesis=esercizio), le quali univano alla preghiera ed alla meditazione ogni sorta di mortificazioni
della carne, talora durissime o stravaganti addirittura, come l'astensione dal cibo, dal sonno o dal
lavarsi per periodi più o meno lunghi, oppure l'infliggersi flagellazioni e torture. Tra questi,
particolari furono gli stiliti e i dendriti
che trascorrevano la loro vita
rispettivamente su una colonna e su
un albero.
Dopo il IV secolo il monachesimo
comincia a diffondersi in Occidente:
Girolamo a Roma, Agostino in
Africa, Severino nel Norico, Paolino
a Nola, Martino Giovanni Cassiano
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6 IL MONACHESIMO IN EUROPA Mattia Caputo
nella Gallia si fecero promotori dell’ideale monastico (sull'esempio di quello orientale) e monasteri
famosi sorsero nel V secolo a Tours e ad Arles ad opera dei vescovi Cesario e Aureliano (autori di
importanti Regole).
Cassiodoro, il ministro di Teodorico, fallita la sua politica di fusione tra Romani e Goti, abbandonò
la corte gotica, si rifugiò nei suoi possedimenti nella natia Calabria e verso il 554 fondò
un monastero a Vivarium, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita.
A dare al monachesimo del cristianesimo cattolico la sua particolare fisionomia operosa, fu però un
giovane, discendente da una famiglia della piccola nobiltà provinciale dell’Umbria: Benedetto da
Norcia(480-543). Ritiratosi a vita eremitica a Subiaco, Benedetto aveva veduto crescere attorno a sé
un gruppo di seguaci, insieme ai quali, trasferitosi successivamente nelle vicinanze di Cassino,
aveva fondato il monastero di Montecassino, il più importante centro monastico dell’Occidente.
Mentre il mondo occidentale è sconvolto dalle invasioni barbariche, i monasteri benedettini creano
un nuovo tipo di società basata, anziché sul concetto romano della proprietà privata, su quello
cristiano della solidarietà collettiva. I monaci coltivano le terre
circostanti al monastero, o almeno le fanno coltivare dai propri coloni,
difendendole dall’abbandono e dall’inselvaticamento. Attorno a loro, si
raggruppano in cerca di protezione famiglie coloniche, che trovano
rifugio all’ombra del monastero. Il monastero diventa così il centro di
un piccolo mondo economico auto-sufficiente; anche i prodotti
artigianali o industriali necessari alla sua esistenza vengono prodotti al
suo interno da monaci o da servi dipendenti dal convento. Il sovrappiù
della produzione viene posto in vendita; così, non di rado, attorno al
convento sorge anche un centro di scambi commerciali, un mercato,
una fiera.
In mezzo ad un’età di sovrani analfabeti e di regresso della civiltà, nei monasteri benedettini gli
amanuensi negli scriptoria, continuano a copiare le opere degli scrittori antichi cristiani e pagani.
Nei monasteri convivono quindi pacificamente insieme romani e barbari, affratellati dalla comune
fede e dalla comune obbedienza alla Regola. I monasteri
benedettini costituiscono, per tutto il Medioevo, importanti
centri di diffusione culturale.
Accanto a quello sempre più importante di Montecassino,
sorsero numerosi monasteri, fra cui emergono per
importanza quelli di Nonantola nell'Emilia, di Farfa nella
Sabina, di San Vincenzo al Volturno nell’Italia
meridionale, nel 726 della Novalesa in Val di Susa
(Piemonte). Questi cenobi accolsero tra le loro mura tanto
latini che barbari, favorendo la fusione dei due popoli,
mantennero in vita le tradizioni culturali dell’antichità e del cristianesimo, favorendo la diffusione
della civiltà romana tra i Longobardi.
Il monachesimo
7 IL MONACHESIMO IN EUROPA Roberto Salomone
Lo scriptorium o centro scrittorio, è, nel linguaggio
della paleografia e codicologia, il luogo dove si
scrive e per estensione ogni luogo dove era effettuata
l'attività di copiatura da parte di amanuensi,
soprattutto nel Medioevo. Nella terminologia corrente
di solito si intende per centro scrittorio quella parte
del complesso monastico dedicata alla copiatura dei
manoscritti, spesso comunicante con la biblioteca.
Tali ambienti ebbero grande importanza culturale sia per l'azione di salvaguardia della cultura
greca e latina, sia perché costituirono ambiti di pensiero e sviluppo di nuova cultura.
A Roma vi erano nel IV secolo 28 biblioteche pubbliche. Con il tramonto
dell'impero, in Occidente, la copiatura dei testi in ambito civile subì un
irreversibile declino. Gli scriptoria nacquero in ambito monastico per
continuare la trasmissione del sapere. Uno dei primi centri scrittori di cui
si abbia memoria fu quello fondato da Cassiodoro in Calabria alla metà
del VI secolo. Questa attività però non sopravvisse alla crisi economico-
istituzionale che attraversò l'Europa nel VII-VIII secolo.
L'Irlanda era rimasta estranea ai processi devastanti che avevano
interessato il continente. Il cristianesimo si era diffuso nel corso del V
secolo. Sull'isola, e nelle regioni celtiche della Gran Bretagna, nacquero
diversi monasteri. Il monachesimo irlandese fece propria la lingua e la
cultura latina. All'interno dei monasteri celtici, sia irlandesi che britannici,
si diffusero importanti scriptoria:
in Irlanda: Bangor (dove fu redatto il più antico antifonario esistente), ...
in Scozia e alta Inghilterra: Iona, Lindisfarne, Wearmouth e Jarrow;
nella bassa Inghilterra: Malmesbury.
Lo scriptorium era un vasta sala illuminata da numerose finestre. I monaci lavoravano vicino ai
punti più adatti a ricevere la luce. Gli strumenti del lavoro erano: penne, inchiostro e temperini,
righelli, punteruoli e, infine, il leggio. Per i manoscritti che andavano miniati c'erano altri utensili o
materiali specifici. Tutto questo materiale era fornito dall'armarius (il bibliotecario del monastero),
vero regista dell'operazione di copiatura. L'armarius poteva avere anche altri incarichi In una stessa
stanza potevano lavorare fino a trenta amanuensi. L'attività propriamente di copiatura
comprendeva tutte le fasi della lavorazione del libro. Sicuramente attestate sono le varie fasi della
preparazione della pergamena per la scrittura. Poiché il papiro non era più disponibile dopo la
conquista araba dell'Egitto, i fogli erano ricavati dalle pelli degli animali.
Il monachesimo
7 IL MONACHESIMO IN EUROPA Roberto Salomone
La pergamena più pregiata si ricavava dalla pelle di vitello e
prendeva il nome di vello. Una volta posto sul leggio, la
prima operazione consisteva nel tracciare delle righe
orizzontali sul foglio vuoto. Affinché la scrittura fosse diritta,
l'amanuense doveva seguire tali righe. Seguivano poi le fasi
della scrittura: il monaco amanuense copiava il testo sulla
pagina rigata. Ovviamente il lavoro non sempre si limitava
alla copia di testi antichi, bibbie o commenti biblici; molto
spesso venivano scritte anche opere originali. Spesso gli
scriptoria svilupparono usi grafici caratteristici diversi e
indipendenti fra loro (si pensi alle lettere a e b caratteristiche
dello scriptorium di Corbie o alle lettere a e z caratteristiche
di quello di Laon varianti della scrittura definita in
paleografia come merovingica). Meno ovvia è invece la
partecipazione di miniatori/pittori alle attività di scrittura. La
miniatura era infatti eseguita separatamente dopo la
redazione del testo (ma prima della legatura del libro) spesso
in altri ambienti e a distanza di tempo (anche qualche mese).
Gli scriptoria fornivano libri per i monasteri, sia per uso interno sia come manufatti di scambio.
Producevano inoltre i libri destinati alla ristretta fascia di laici alfabetizzati. Tuttavia, alla metà del
XIII secolo, la concorrenza di botteghe scrittorie laiche cittadine era diventata molto forte sia per il
tipo di letteratura proposta (non più soltanto edificante o di preghiera) sia per la lingua con cui era
scritta (non più in latino). Le botteghe scrittorie laiche inoltre avevano sistemi di copiatura più rapidi
(per esempio il sistema della pecia in ambito universitario). Diversa era certamente la mentalità del
monaco che copiava un'opera quale adempimento a un precetto religioso e quella dello scriba
laico che copiava un'opera a scopo di lucro. Comunque per vari secoli ancora gli scriptoria
monastici rimasero il perno della produzione di testi liturgici per i monasteri stessi, almeno fino alla
diffusione della stampa.
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8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Gaetano Stea
Il nome della rosa è un romanzo scritto da
Umberto Eco ed edito per la prima volta da
Bompiani nel 1980. Dopo aver pubblicato
numerosi saggi, il semiologo decise di scrivere
il suo primo romanzo, cimentandosi nel genere
del giallo storico e in particolare del giallo
deduttivo. Tuttavia il libro può essere
considerato un incrocio di generi, a metà
strada tra lo storico e il narrativo.
Nel 1327 alcuni terribili omicidi sconvolgono un'abbazia benedettina sperduta tra i monti del Nord-
Italia. Nel monastero dovrà svolgersi un importante concilio francescano a cui è chiamato a
partecipare il dotto frate Guglielmo da Baskerville. Nel contempo, l'abate affida a Guglielmo le
indagini degli omicidi in virtù della sua esperienza di inquisitore, senza dimenticare le vociferazioni
sull'Anticristo che da sempre circolano nell'abbazia. Il francescano, insieme al suo giovane novizio
Adso da Melk, si ritrova in un ambiente ostile, un'abbazia piena di libri e di cultura ma anche
segreta e spaventosa, su cui dovrà indagare prima dell'arrivo della Santa Inquisizione.
Dopo 5 anni di preparazione il film viene girato in 16 settimane fra gli studi di Cinecittà a Roma, l'Abbazia di
Eberbach in Germania, la Rocca Calascio in Abruzzo e Castel del Monte (Andria), in Puglia. Le riprese si
svolsero tra l'11 novembre 1985 e il
10 marzo 1986. Il budget è stato di
circa 17 milioni di dollari e l'incasso
della pellicola è stato superiore ai 77
milioni di dollari nel mondoFu
distribuito in anteprima negli Stati
Uniti d'America il 24 settembre 1986,
mentre in Italia giunse il 17 ottobre
dello stesso anno e fu campione
d'incassi assoluto nella stagione
1986/87, davanti al blockbuster Top
Gun ed al film premio Oscar Platoon
di Oliver Stone.
Il monachesimo
8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE Gaetano Stea
L'opera, ambientata sul finire dell'anno 1327, si presenta come il manoscritto
del monaco Adso da Melk, che, ormai anziano, mette su carta i fatti vissuti
da novizio molti decenni addietro in compagnia del proprio maestro
Guglielmo da Baskerville. La narrazione si svolge all'interno di un monastero
benedettino dell'Italia settentrionale, ed è suddivisa in sette giornate, scandite
dai ritmi della vita monastica. Il romanzo ha ottenuto un vasto successo di
critica e di pubblico, vendendo oltre 50 milioni di copie in trent'anni ed
essendo tradotto in oltre 40 lingue. Ha ricevuto diversi premi e
riconoscimenti, tra cui il Premio Strega nel 1981, ed è stato inserito nella lista
de "I 100 libri del secolo di Le Monde".
Fonte di Ispirazione: All'epoca della concezione dell'opera, il romanzo storico con
ambientazione medievale era stato riscoperto da poco in Italia da Italo Alighiero Chiusano, col suo
L'ordalia. Le diverse similarità (ambientazione temporale, genere inteso come romanzo di
formazione, e scelta dei personaggi principali, un novizio e il suo maestro, un saggio monaco più
anziano), e la notorietà che L'ordalia aveva nel 1979, che un esperto di letteratura come Umberto
Eco difficilmente ignorava, fanno ritenere L'ordalia con molte probabilità una delle principali fonti di
ispirazione de Il nome della rosa.
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9 SANT’ANTONIO ABATE Maria Pia Lapenna
Del monaco più illustre della Chiesa antica, morto ultra centenario (250-356), ci è pervenuto uno
dei più bei esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di Antonio era amico e zelante
discepolo. Il biografo non ha trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla personalità, le
abitudini, il carattere, le opere e il pensiero del caposcuola del monachesimo. Nato a Come nel
cuore dell'Egitto, a vent'anni Antonio aveva abbandonato ogni cosa per seguire alla lettera il
consiglio di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai...". Si rifugiò dapprima in una zona
deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse
per ottant'anni vita di anacoreta.
L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato, è ormai un metodo di
vita ascetica, fatto di austerità, di sacrificio e di estrema solitudine: S.
Antonio, se non l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante.
Infatti, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver
incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un grande
influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la Chiesa. Il
richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in assenza dei
mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si propagò a tal
punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi, e
anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui per ricevere consigli o
conforto. Lo stesso Costantino e i suoi figli si mantennero in contatto con
il santo anacoreta.
Pur prediligendo la solitudine e il silenzio,
Antonio non si sottrasse ai suoi obblighi di
cristiano impegnato a riversare sugli altri i
doni con cui Dio aveva ricolmato la sua
anima: due volte egli lasciò il suo eremitaggio
per recarsi ad Alessandria, sapendo che la
sua presenza avrebbe infuso coraggio ai
cristiani perseguitati da Massimino Daia. La
seconda volta vi si recò dietro invito di S.
Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi
fedeli alla dottrina sancita nel concilio di
Nicea (325). Non è possibile parlare di questo
illuminato "contestatore" senza accennare alle
tentazioni che turbarono la sua solitudine nel
deserto e che fornirono a pittori come
Domenico Morelli il pretesto per ritrarlo tra donne sensuali: S. Antonio fu infatti bersaglio di
molteplici tentazioni del maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali.
Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine dell'anacoreta, è veneratissimo come
protettore degli animali domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato.
Il monachesimo
9 SANT’ANTONIO ABATE Maria Pia Lapenna
Morti i genitori, Antonio rimase solo con una piccola sorella. Aveva
diciotto o vent’anni e aveva cura egli stesso della casa e della
sorella. Non erano passati sei mesi dalla morte dei genitori e
andando come al solito in chiesa, camminando pensava e rifletteva
come gli apostoli avessero lasciato tutto per seguire il Signore, come
negli Atti si narri dei cristiani che vendevano i loro beni e ne
portavano il prezzo ai piedi degli apostoli, perché fosse distribuito ai
bisognosi, e quale grande ricompensa fosse per questi preparata in
cielo.
Con tali pensieri entrò in chiesa e avvenne che si leggesse il Vangelo
in cui il Signore dice al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’,
vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi e avrai
un tesoro in cielo”.
Antonio, ritenendo che i precedenti pensieri gli fossero stati ispirati da Dio e come se quella lettura
fosse proprio per lui, subito, uscito di chiesa, donò alla gente del paese i beni ereditati dai genitori
(erano 50 ettari di ottimo terreno); vendette i beni mobili che aveva e, conservata una parte per la
sorella, diede ai poveri il denaro ricavato. E iniziò la vita ascetica, mortificandosi e pregando.
Il monachesimo
10 LO STILITA SIMEONE Michele De rosa
Simeone nacque a Sis, in Cilicia, nei pressi di Antiochia nel nord
della Siria, figlio di un pastore. Con la suddivisione dell'Impero
romano nel 395, la Siria venne incorporata in quello che divenne
l'Impero bizantino e il Cristianesimo si sviluppò velocemente.
Cresciuto sotto l'influenza della madre Marta (anche lei santa), egli
sviluppò un grande entusiasmo per il Cristianesimo, all'età di 13
anni, dopo la lettura delle Beatitudini. Iniziò presto ad osservare un
comportamento molto austero ed entrò in un monastero prima del
compimento del 16º anno d'età.
Un giorno, uscito dal convento, iniziò un lungo digiuno in occasione
della Quaresima; fu visitato dal priore del convento che gli portò acqua e
pane. Diversi giorni più tardi venne scoperto in condizioni di incoscienza e
con l'acqua e il pane intatti. Quando fu portato in convento, si scoprì che
aveva legata alla vita una cintura, fatta di fronde di palma, talmente stretta
da procurargli una ferita. A questo punto gli fu chiesto di lasciare il
convento.
Egli si rinchiuse quindi in una capanna, per un periodo di tre anni, dove
passava l'intero periodo quaresimale senza mangiare.
Dopo questo periodo, Simeone cercò un'eminenza
rocciosa sui pendii di quello che ora è lo Montagna
Sheik Barakat e decise di rimanere in uno spazio avente
meno di 20 metri di diametro. Una moltitudine di
pellegrini iniziò ad accorrere per chiedergli un consiglio
o una preghiera e questo disturbò molto Simeone in
quanto non gli lasciava più tempo sufficiente per la
preghiera. Questo lo condusse ad adottare un modo
nuovo di vivere.
Allo scopo di isolarsi dalla massa, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un
pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Quando il
monaco più anziano, che viveva nel deserto, seppe che Simeone aveva scelto una forma nuova e
strana di ascetismo, volle esaminarlo per capire se il suo atteggiamento era fondato sull'umiltà o
sull'orgoglio. Decise così di chiedere a Simeone un gesto di obbedienza e quindi di scendere dal
pilastro. Se avesse disubbidito lo avrebbero costretto con la forza ma se si fosse sottoposto ad
obbedienza ve lo avrebbe lasciato. Simeone rese obbedienza completa e sottomissione e pertanto
gli fu consentito di rimanere sul suo pilastro.
Questo primo pilastro era alto poco più di 4 metri ma successivamente venne sostituito con altri, via
via sempre più elevati, fino a raggiungere una distanza da terra di oltre 15 metri. Alla cima del
pilastro era situata una piattaforma grande non più di 4 metri.
Simeone non permetteva alle donne di avvicinarsi al suo pilastro, neanche a sua madre, dicendo
loro (a quanto riferito) "se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire".
Il monachesimo
10 LO STILITA SIMEONE Michele De rosa
Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in
posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era
quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi.
Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile
ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì
senza scendere dalla colonna.
Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per
oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una
colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.
Il monachesimo
11 IL MONACHESIMO ORIENTALE Monica Damato
Diversamente da quanto comunemente si crede il
fenomeno del Monachesimo (che tanto caratterizzò il
Medioevo) ebbe il suo primo sviluppo nell'Oriente
Cristiano.
L'ascetismo fu inizialmente praticato in Egitto dove uno
dei primi monaci fu Sant'Antonio (abate, nato intorno
250 d.C) che per circa 20 anni si ritirò in completa
solitudine nelle vicinanze di Afroditopoli e di el-Fayyum.
A Sant'Antonio abate sono dovute le prime forme di
aggregazione del monachesimo cristiano che
inizialmente si affermarono nel basso Egitto ed in
particolare nei deserti di Nitria e Scete. Fra i cristiani di
Oriente questo personaggio è abbastanza noto (i
maroniti lo ricordano come "Mar Antonios al-Kabir " ,
altri come S.Antonio il Grande). Pochi anni dopo l'inizio
di queste esperienze S. Pacomio (292-348) creò, sempre
in Egitto, il primo monastero a Tabennisi. All'epoca della
sua morte facevano capo all'organizzazione da lui
ispirata diversi monasteri.
All'inizio la filosofia di questi monaci trovava documentazione anche nei discorsi, riportati da
Cassiano, di 24 monaci autorevoli che per un certo periodo di tempo avevano avuto contatti con lo
stesso Cassiano ed il suo amico Germano. Comunque dall'Egitto queste forme di vita religiosa si
estesero prima nel Sinai (dove era venerato il c.d. roveto ardente) e poi in altre zone del Medio
Oriente.
Nel Sinai nel luogo dove alcuni monaci
erano stati insidiati da predoni più tardi
nacque, per altre vicende ed anche con
l'intervento del famoso imperatore
Giustiniano, l'importante monastero dedicato
a Santa Caterina d'Alessandria.
In Siria, a differenza di quanto accadeva in
Egitto, esistevano forme di ascetismo un pò
particolari e può darsi che all'inizio gli
eremiti cristiani, per tradizioni locali, non
avessero avuto molti contatti con quelli
egiziani.
Le più famose forme di ascetismo erano quelle degli stiliti eremiti che vivevano sopra una colonna
(uno di questi era San Simeone Stilita) , ma c'erano altre forme singolari (ad esempio si narra di
monaci detti "pascolanti" che mangiavano l'erba dei campi). Altra forma ancora è quella dei
Il monachesimo
11 IL MONACHESIMO ORIENTALE Monica Damato
"dendriti" che si isolavano sopra gli alberi. Le foto di seguito,
effettuate nei pressi di Aleppo in Siria, documentano comunque il
rilievo che S. Simeone aveva per i cristiani prima dell'arrivo
dell'Islam.
Anche le donne si avviavano talora al monachesimo. In Siria pochi
monasteri femminili erano stati creati da nobildonne romane, ma
esistevano altre forme di aggregazione premonastiche come ad
esempio quelle delle "figlie dell'alleanza ". In Egitto monasteri
femminili erano poco più frequenti grazie anche ad una sorella di
Pacomio e monache furono poi presenti anche nel grande
Monastero Bianco (presso Sohag) fondato dal santo copto San
Shenouda.
Dal medio oriente
il monachesimo si
affermò poi in
Grecia grazie a
San Basilio. E
successivamente il monachesimo nella sua forma
greca si sviluppò in tutto l'Oriente romano e poi
(per via di Eusebio da Vercelli e di Sant'Agostino)
anche in Italia.
L'antico ceppo dei monaci antoniani nel corso dei
secoli si è diviso fra Maroniti (Libano), Baladiti,
Caldei, Armeni, diverse congregazioni anche
occidentali.
Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi
resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in
posizione eretta con le braccia aperte a forma di
croce, anche se la sua posizione più frequente era
quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi.
Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile
ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì
senza scendere dalla colonna.
Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per
oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una
colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.