il « fascismo delle origini · 2019. 3. 5. · il « fascismo delle origini » e i problemi di...

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IL « FASCISMO DELLE ORIGINI » E I PROBLEMI DI POLITICA ESTERA * « Io pensavo che spezzata la tracotanza non solo verbale del bolscevismo italiano, il Fascismo dovesse divenire la vigilante coscienza della nostra politica estera. Pensavo che il Fascismo do- vesse generare una generazione di uomini nuovi, sprovincializ- zati ed scampanilizzati che sentisse il problema italiano come problema di conoscenza, di espansione, di prestigio italiano nel- l’Europa e nel mondo... Se l’Italia vuol giocare questa sua parte direttiva nel mondo, se l’Italia ha l’orgoglio di ciò, e deve averlo, deve anche prepararsi... [e] suscitare fra le masse sempre più gran- di di italiani interesse per la politica estera... Per questi motivi io andai a Cannes e mi sono recentemente recato in Germania... si trattava di sradicare il Fascismo dalle sue acerbe passioni provin- ciali e comunali per farne l’elemento direttivo della nostra poli- tica estera. Fatica ingrata ed aspra. Ma necessaria. O il Fascismo sarà questo o cessata la lotta contro il bolscevismo per mancanza di nemici, il Fascismo non avrà più scopo » \ Nei mesi che precedono la marcia su Roma, non è questo il solo indizio rivelatore del vivo interessamento che Mussolini ed il fascismo rivolgono ai problemi di politica estera e al concreto indirizzo da dare all’azione internazionale dell’Italia in caso di conquista del potere. Al contrario, proprio quando ci si attende- rebbe una completa polarizzazione dell’attenzione di capi e se- guaci sulle agitate vicende interne, sulle crescenti prospettive di vittoria, sul rapido cedimento di uomini e di istituti verso una soluzione autoritaria dei problemi nazionali, giornali e riviste di * Questa ricerca si basa, pressoché esclusivamente, sulla stampa fascista — dalle origini del movimento fino al 1926-27 —, con particolare riguardo alla pubbli- cistica locale, che è stata sin qui ignorata dalla storiografia. Inoltre, simile im- postazione mi è sembrata opportuna, sia per tentar di comprendere l’effettiva importanza attribuita dal movimento fascista ai problemi di politica estera, sia per meglio collocare il fascismo delle origini nell’ambito della vita nazionale. Com’è ovvio, la prospettiva del presente lavoro rimane, nondimeno, prov- visoria e parziale, e spero di poterla precisare attraverso indagini successive e complementari. Da qui derivano, tra l’altro, gli accenni ai molti problemi non ancora risolti, allo stato attuale degli studi; e lo stesso carattere largamente pro- blematico della conclusione. 1 Gerarchia, a. I, n. 3 (1922) « Maschera e volto della Germania » (B. Mussolini).

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Page 1: IL « FASCISMO DELLE ORIGINI · 2019. 3. 5. · Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera 5 Popolo d’Italia, dà rilievo ai primi moti dei popoli africani

IL « FASCISM O D E LL E ORIGINI »E I PROBLEMI DI PO LITICA E ST E R A *

« Io pensavo che spezzata la tracotanza non solo verbale del bolscevismo italiano, il Fascismo dovesse divenire la vigilante coscienza della nostra politica estera. Pensavo che il Fascismo do- vesse generare una generazione di uomini nuovi, sprovincializ- zati ed scampanilizzati che sentisse il problema italiano come problema di conoscenza, di espansione, di prestigio italiano nel­l’Europa e nel mondo... Se l’ Italia vuol giocare questa sua parte direttiva nel mondo, se l’ Italia ha l’orgoglio di ciò, e deve averlo, deve anche prepararsi... [e] suscitare fra le masse sempre più gran­di di italiani interesse per la politica estera... Per questi motivi io andai a Cannes e mi sono recentemente recato in Germania... si trattava di sradicare il Fascismo dalle sue acerbe passioni provin­ciali e comunali per farne l’elemento direttivo della nostra poli­tica estera. Fatica ingrata ed aspra. Ma necessaria. O il Fascismo sarà questo o cessata la lotta contro il bolscevismo per mancanza di nemici, il Fascismo non avrà più scopo » \

Nei mesi che precedono la marcia su Roma, non è questo il solo indizio rivelatore del vivo interessamento che Mussolini ed il fascismo rivolgono ai problemi di politica estera e al concreto indirizzo da dare all’azione internazionale dell’ Italia in caso di conquista del potere. A l contrario, proprio quando ci si attende­rebbe una completa polarizzazione dell’attenzione di capi e se­guaci sulle agitate vicende interne, sulle crescenti prospettive di vittoria, sul rapido cedimento di uomini e di istituti verso una soluzione autoritaria dei problemi nazionali, giornali e riviste di

* Questa ricerca si basa, pressoché esclusivamente, sulla stampa fascista — dalle origini del movimento fino al 1926-27 —, con particolare riguardo alla pubbli- cistica locale, che è stata sin qui ignorata dalla storiografia. Inoltre, simile im­postazione mi è sembrata opportuna, sia per tentar di comprendere l’effettiva importanza attribuita dal movimento fascista ai problemi di politica estera, sia per meglio collocare il fascismo delle origini nell’ ambito della vita nazionale.

Com’è ovvio, la prospettiva del presente lavoro rimane, nondimeno, prov­visoria e parziale, e spero di poterla precisare attraverso indagini successive e complementari. Da qui derivano, tra l’altro, gli accenni ai molti problemi non ancora risolti, allo stato attuale degli studi; e lo stesso carattere largamente pro­blematico della conclusione.

1 Gerarchia, a. I, n. 3 (1922) « Maschera e volto della Germania » (B. Mussolini).

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4 Giorgio Rumi

partito si sforzano di fissare i capisaldi di una futura politica estera italiana.

E cosi, le esaltazioni defl’espansionismo e dell’imperialismo, le rievocazioni della figura e dell’opera di Francesco Crispi, le no- stalgiche rielaborazioni del mito di Roma e della sua grandezza o delle glorie della Serenissima, le valutazioni in termini di po­tenza della tradizione cattolica italiana, la difesa intransigente delle necessità d’una « nazione proletaria », che non esclude, al caso, la pur asserita, spregiudicata disponibilità per blocchi ed alleanze di ogni tipo: tutti questi motivi trovano allora, più che mai, spazio e rilievo. Suggeriscono anzi l’immagine d’una politica estera superiore ed estranea alle questioni ed alle lotte interne e si traducono in un ambizioso disegno, malcerto ancora nei suoi limiti e nelle possibili forme di realizzazione, di azione e presenza fascista nel mondo.

Quel che resta semmai in secondo piano è l’esperienza, che Mussolini si compiace di sottolineare, dei lavori della conferenza di Cannes 2; è la consapevolezza di quanto delicate e complesse fossero nel dopoguerra le relazioni fra le potenze; ma la possibi­lità di toccare così da vicino simili problemi non lascia una trac­cia duratura nel pur influenzabilissimo spirito del « duce » e l’e­pisodio offre solo un’altra conferma — e del tutto esteriore — dell’importanza che ormai egli assegna ai problemi di politica estera, per meglio collocare il partito nell’ambito della vita na­zionale. In definitiva, il vero scopo del fascismo — come scrive il Popolo d’Italia — è di « far penetrare... lentamente e profon­damente nelle masse... il suo nuovo mito che indica l’unica via di salvezza e di ordine futuro: il mito dell’ Italia fatalmente im­periale e necessaria alla vita dell’Europa e del mondo » 3 4. « Pen­siamo di fare di Roma — proclama Mussolini ad Udine nel set­tembre 1922 — la città del nostro spirito, il cuore pulsante, lo spirito alacre dell’ Italia imperiale che noi sogniamo » *.

L ’attenzione è volta così a tutti questi elementi che indicano il venir meno di un tradizionale equilibrio di potenze, l’incri­narsi di un esperimentato sistema di dominazione coloniale. E il

2 Si v. E. Di N olfo, Mussolini e la politica estera italiana, Padova i960, p. 33 e ss.;G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, Verona 1961, p. 291 e ss.

3 Popolo d ’ Italia, 5-7-1922, « Il nostro ’ mito ’ » (Francesco di Pretoro).4 Popolo d ’ Italia, 21-9-1922.

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Popolo d’Italia, dà rilievo ai primi moti dei popoli africani ed asiatici per la libertà e l ’indipendenza; ma, ancora una volta, senza cogliere il significato degli avvenimenti, quel che importa è d’individuare unicamente le possibili vie dell’espansione ita­liana: « Tutto il mondo mediterraneo è in un periodo di trava­glio e di sistemazione. Dal Cairo ad Angora i popoli sono in fer­mento e cercano la loro strada. E ’ questo il momento in cui l ’ I­talia seguendo una politica realistica di dignità e di equilibrio può avvantaggiarsi sugli altri Stati e preparare nel mare che fu di Roma e di Venezia le strade della sua potenza » 5. E ’ su que­st’ultimo punto che batte l’accento; ed è nel Mediterraneo infatti che la nuova politica estera italiana, dura, realistica, aliena da cedimenti internazionalistici, dovrà fare anzitutto le sue prove. A pena di sconvolgimenti politici di scala mondiale, deve essere assicurato all’ Italia libero sbocco agli oceani ed indisturbata co­municazione coi suoi possessi africani: « Il Mediterraneo nondeve essere monopolio di nessuno e saprattutto non deve essere l’ergastolo di un popolo mediterraneo per opera di genti non me­diterranee » 6. Ed è Giocchino Volpe a mostrare l’attualità ed il significato dell’insegnamento di Roma: « quella storia... deve ancora grandeggiare. Deve nuovamente essere presente e può dire ancora qualche cosa a quei quaranta o cinquanta milioni di italiani... che hanno un piccolo territorio ed una grande fecon­dità, che sono insuperabili dissodatori di terre e costruttori di strade, che posseggono intelligenza ed intraprendenza. Forse che non è venuta per essi l’ora di prendere posto tra i popoli che gui­dano e che comandano, anziché che fra quelli che seguono e che obbediscono? » 7.

Possono sembrare parole, semplici intemperanze verbali, vuoti esercizi retorici, ma, a ben vedere, corrispondono a una sempre più netta individuazione dei problemi nazionali, sottintendono l’idea che una politica estera « forte » deve essere comunque fatta, indicano una serie di scelte cui si vuol dare, ad ogni costo, un principio di attuazione. Sui mezzi si potrà discutere; le stesse singole mete, ancora troppo approssimative, potranno essere mu­tate, ma non l’indirizzo di fondo.

5 Popolo d'Italia, 2-3-1922, « L ’Egitto indipendente? » (B. Mussolini).15 Gerarchia, a. I, n. 8 (1922), « L ’Italia nel Mediterraneo » (L. De Magistris).7 Gerarchia, a. I, n. 4 (1922), « Roma e l ’Italia » (G. Volpe).

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6 Giorgio Rumi

Alla vigilia della marcia su Roma, un « programma » fascista di politica estera indubbiamente esiste, ed è meno astratto e vago di quanto di solito si giudichi. La questione aperta, piuttosto, è un’altra: si tratta cioè di un fenomeno di data recente, coevo alla grande diffusione del movimento, all’ immissione di elementi e motivi nazionalistici nell’originario corpo del fascismo, agli stretti contatti coi settori più conservatori della classe dirigente liberale ed in generale all’accresciuto peso e responsabilità; o al contrario, per comprenderlo, è opportuno risalire bene addietro fin alle ori- gini stesse del movimento?

Se si ha riguardo alla violenta campagna anti-slava ed anti- wilsoniana, alle pretese adriatiche basate sulle necessità strate­giche come su una presunta superiorità razziale o culturale, all’a- pologia dell’ imperialismo come prova della vitalità dei popoli e delle nazioni — non infrequente sul Popolo d’ Italia e ripetuta an­che nell’adunata costitutiva dei fasci di combattimento — è diffi­cile aver dubbi in proposito. Gli elementi fondamentali dell’orien­tamento, mussoliniano prima e fascista poi, nel campo della poli­tica estera, sono già presenti all’ indomani stesso della Vittoria. Nè le dichiarazioni pacifiste o in pro della Società delle Nazioni, fatte a San Sepolcro, o al secondo convegno dei fasci del giu­gno 19 19 , alterano la linea prescelta, ambigue come sono e su­bito abbandonate, del resto, in quei punti che contrastavano con la difesa ad oltranza dell’egoismo nazionale s. Solo a questo Mus- 8

8 Popolo d ’Italia, 20-11-1918, «Su ll’ altra sponda» (B. Mussolini): 23-11-19 18 , « I gen­darmi e gli eredi degli Asburgo »; 25-11-19 18 , « Per i sacri diritti dell’Italia » (B. Mussolini); 11-12-19 18 , « Un esempio » (B. Mussolini): 12-12-1918, « Trieste eFiume » (S. Carpani); 30-12-1918, « Idealismo e realtà »; 13-3-1919, « Congresso nazionale pro Fiume e Dalmazia » (B. Mussolini); 1-1-19 19 . Durante l ’adunata di piazza S. Sepolcro, fu approvata la seguente dichiarazione in tema di politica estera : « L ’adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all’ imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia e all’eventuale imperialismo italiano a danno degli altri popoli e accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni che presuppone l’integrazione di ciascuna di esse, integrazione che per quanto riguarda l’ Italia deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico con la rivendicazione ed annessione di Fiume e della Dalmazia ». II commento che segue snatura completamente il ge­nerico societarismo del «postulato» mussoliniano: «Abbiamo quaranta milionidi abitanti su una superficie di 287 mila chilometri quadrati, separati dagli Appen­nini che riducono ancora di più la disponibilità del nostro territorio lavorativo: saremo fra dieci o venti anni sessanta milioni ed abbiamo appena un territorio di un milione e mezzo di chilometri quadrati di colonia in gran parte sabbiosi, verso i quali non potremo mai dirigere il più della nostra popolazione. Ma se ci guardiamo attorno vediamo l’Inghilterra che con 47 milioni di abitanti ha un impero di 55 milioni di chilometri quadrati e la Francia che con una popolazione di 38 milioni di abitanti ha un impero di 15 milioni di chilometri quadrati. E vi potrei dimostrare con le cifre alla mano che tutte le nazioni del mondo, non

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solini bada, in effetti, e solo per questo egli ostenta la sua com­pleta disponibilità: ora a fianco dell’ Intesa, ora coi Paesi già nemici, al fine di migliorare ovunque, sulle Alpi, nell’Adriatico come nel Mediterraneo, la posizione strategica dell’ Italia.

Le Nazioni, nella visione del « duce», necessitano di spazio, di sicurezza, di beni e materie prime; e, sostanzialmente indiffe­renti a motivazioni ed esigenze diverse da quelle dettate da una sorta di « struggle for life », lottano senza tregua per il proprio potenziamento e la propria affermazione nel mondo. Sono motivi, certo, assai diffusi, ripresi spesso senza originalità alcuna, esage­rati o demagogicamente semplificati. Ma — ed è quel che più conta — nella tematica mussoliniana occupano comunque un po­sto di primo piano; e spesso, anzi, facilitano la confluenza nel fascismo d’altri movimenti o correnti che su simile terreno pos­sono appunto riconoscersi e collaborare.

Da tale punto di vista è forse al 19 14 - 15 , se non più oltre, che occorrerebbe tornare. Poiché, in quegli anni, in effetti, i as­sidetti <( interventisti di sinistra » — cioè diversi fra sindacalisti, anarchici, socialisti rivoluzionari, repubblicani — compiono una serie di scelte sul terreno della politica estera, che li avvicina a posizioni di tipo « nazionalista ». E la rottura dell’equilibrio euro­peo; il progressivo abbandono degli ideali di solidarietà interna­zionale, con tutti i corollari di spinte aggressive, dinamiche e irrazionali, confusamente innovatrici, di desideri di conquista e potenziamento individuale e nazionale; la rinnovata applicazione nei rapporti fra gli Stati dei principi della lotta di classe e della violenza rivoluzionaria, conducono molti « sovversivi » a diveni­re, di fatto, accesi teorici dell’espansionismo e deH’imperialismo.

« ... L ’imperialismo non è altro che l’esuberanza delle forze vitali inevitabili in tutti gli organismi giovani o non ancora giunti

escluso il Portogallo e l'Olanda, hanno tutte quante un impero coloniale cui ten­gono e che non sono affatto disposte a mollare in base a tutte le ideologie che possano venire da oltre oceano. Lloyd George parla apertamente di impero inglese. L ’ imperialismo è il fondamento della vita di ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente... e diciamo: o tutti idealisti o nessuno. Si faccia il proprio interesse... Noi vogliamo il nostro posto nel mondo perchè ne abbiamo diritto... se la S. D. N . deve essere una solenne fregata da parte delle nazioni ricche contro le nazioni proletarie per fissare ed eternare quelle che pos­sono essere le condizioni attuali dell’equilibrio mondiale, guardiamoci bene negli occhi... ». Sulla fondazione dei « fasci di combattimento » si può v. il mio arti­colo su Mussolini ed il « programma » di San Sepolcro in II Movimento di Libe­razione in Italia, n. 7 1, 1963, pp. 3-26.

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al culmine della loro parabola e che hanno bisogno di donarsi agli organismi che li circondano in stato di vecchiezza o di ri­poso... »: fin dalla primavera del ’ 15 , uno di loro, Massimo Roc­ca, lo aveva pur scritto. E aveva auspicato « un’ Italia gigante di prestigio, di ricchezza e di potenza, ridiventata centro e guida e difesa della latinità dopo esserne stata l’origine: e ciò per la sua posizione geografica nel Mediterraneo, la fecondità delle sue ma­dri, la tenacia rude del suo popolo e l’audacia de’ propri marinari... Un’Italia che abbia la romana capacità di assimilarsi e sfruttare tutte le altre forme di imperialismo e di libertà per compiere l’ im­perialismo della sua missione liberale nel mondo » 9. I termini erano ancora ambigui, ma la piega del discorso non lasciava dubbi su quel che il Rocca giudicava veramente importante. Ed il suo era il caso di molti...

Ma è senz’altro la conclusione, pur vittoriosa, della guerra a segnare la diffusione, in settori sempre più vasti di interventisti e combattenti, di simili motivi. Ed è proprio un uomo di sinistra. Agostino Lanzillo, già vicino a sindacalisti e socialisti, poi colla­boratore del Popolo d’Italia, e Sansepolcrista, ad esprimere bene il disorientamento dei reduci, la sfiducia e la delusione nei prin­cipi democratici ed internazionalistici: « Questa guerra prova che i criteri che veramente reggono la compagine sociale e nazionale, oggi, ieri, sempre, non sono le idee astratte di eguaglianza, di libertà, di giustizia, di solidarietà sociale, di tolleranza..., ma bensì le idee che sono realtà, di forza, di necessità, di onor mili­tare, di dignità umana, di diritto dei forti e dei capaci, anche se pochi, a dirigere i molti incoscienti, di disciplina fermamente imposta e con tutti i mezzi tenuta, di dovere in tutto, anche nel sacrificio consapevole delle masse anonime e incapaci per la con­quista di generali finalità di gloria e potenza collettiva...» I0.

Il dilaceramento provocato dalla guerra, la percezione di una rottura profonda cogli ideali del passato, la scoperta della dram­matica importanza dei fattori di « potenza » e di « violenza » costringono cioè a un generale ripensamento dottrinale e politico.

Il nazionalismo come tale, il nazionalismo ufficiale, resta pa-

s M. Rocca, Dieci anni di nazionalismo fra i sovversivi d ’Italia, Milano 1918, p. 144, 147-8.

10 A . Lanzillo, La disfatta del socialismo, Firenze 1918, pp. 24-25; ed anche P. V ita F lNZI, Le delusioni della libertà, Firenze 1961, pp. 241 e ss.

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trimonio di gruppi assai circoscritti. Ma questo non impedisce la ben più ampia diffusione di un nazionalismo popolare o, come anche si dice, d’un nazionalismo « proletario ». E non impedisce nemmeno che motivi analoghi, o convergenti, si diffondano, fac- ciano presa, suscitino consensi tra uomini e gruppi delle più varie provenienze, da Rapini a Prezzolini, dai sindacalisti nazionali al futurista Marinetti... Ed è proprio questi ad esprimere efficace' mente l’avversione di molti per l’internazionalismo ginevrino: « Non Società delle Nazioni, ma semplicemente carabinierismo universale. L ’arma dei carabinieri a custodia dei popoli grandi bor- ghesi intimoriti... la SD N è specialmente concepita come una mor- fina o una questura antirivoluzionaria. Noi futuristi la condan- niamo recisamente perchè è la negazione di ogni interventi- smo... » n.

Così, per simile via, fin dall’iniziò, la posizione del Popolo d’Italia non tarda a riscuotere consensi. Certo, se si vuole, poli' tica estera e politica interna fanno tutt’uno in tale indirizzo. Ma la spinta al di là dei confini per l’affermazione italiana nel mondo è pure vista, e sentita, come la giustificazione profonda della stessa lotta antibolscevica, il logico punto d’arrivo, l’unica reale possi' bilità di coesione di forze altrimenti disperse. Persino dopo la scon- fitta elettorale del novembre 19 19 , è lì che torna Mussolini; ed è dalla riaffermata esigenza di superare le lotte di classe e di par- tito per garantire l’espansione italiana, che prende le mosse la rinascita fascista. Nel Mediterraneo e nell’Oriente europeo, nella competizione economica e politica fra gli Stati, nella difesa in- transigente dei « superiori interessi nazionali », Mussolini indica l’unica alternativa sia al dilagare della marea rossa sia alla col- pevole acquiescenza borghese. Il fascismo si fa portavoce della « altra Italia », diversa dalla « vilissima e sporchissima e pestife' rissima Italia dei politicanti che bagolano a Montecitorio » 11 I2, « quella che muove l’ insidia dello straniero, che vuole vivere e vincere: l’ Italia di domani, che popolerà il cielo di fulminei aereo- plani ed il mare di navi, possenti, che non avrà più generazioni di piccoli impiegati... ma generazioni di marinai che porteranno il tricolore d’ Italia per tutti gli oceani e a tutte le spiaggie del

11 F. T . Marinetti, Democrazia futurista, Milano 1919, p. i n , 116 .12 Popolo d ’Italia, i8 'i2 'i9 ig , « Italia marinara, avanti! » (B. Mussolini).

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IO Giorgio Rumi

mondo » 13. Così scrive nel momento di maggior sbandamento e di incertezza, nel dicembre 19 19 .

Da questa linea, Mussolini ed il suo Popolo non si discostano più: il maggior foglio fascista, le più note firme del movimento continuano ad illustrarvi, nel triennio che precede la presa del potere, i capisaldi della politica estera fascista. E l’orientamento in proposito di un altro giornale di partito, il Fascio, organo dei fasci milanesi di combattimento in cui l’ influenza del fondatore era naturalmente cospicua, è lì a dimostrare la forza di penetra­zione di simili idee u.

L ’allineamento della restante stampa del movimento, certo, è più tardo e graduale: ma ciò non deve sorprendere, se si ha riguardo alle date di fondazione degli altri fogli fascisti, al pre­valente impegno locale, all’esiguità di mezzi tecnici, all’incer­tezza della periodicità ed alla limitata levatura delle collabora­zioni. Sorti in ideale e sedicente continuità coi giornali di trin­cea, impegnati in modo quasi totalitario nell’azione di piazza, nella quotidiana lotta « antibolscevica », assorbiti dal problema della concentrazione delle forze cosidette « nazionali », in con­tinua polemica con oppositori e concorrenti, in difficili rapporti con le autorità dello Stato, i fogli fascisti di provincia riflettono espe­rienze e vicende di ben determinati settori della pubblica opi­nione o di ben circoscritte zone geografiche Io. Così, dedicano scar­sa attenzione, fino a tutto il 19 2 1, alle questioni di politica estera. E tuttavia, a poco a poco, questa prende piede, ed i primi indizi del crescente interessamento alla vita internazionale collocano sen­z’ombra di dubbio i giornali fascisti periferici sulla scia del quo­tidiano mussoliniano.

A l di là delle mutevoli contingenze delle situazioni locali e personali, un tratto comune sembra infatti legare i gruppi sparsi, le piccole équipes che danno vita ai primi giornali fascisti: l’e­sperienza della guerra. E ’ proprio questo elemento, che solo a prima vista può apparire labile e scontato, che dà loro unità e coerenza. A Torino, attorno al Maglio confluiscono anarchici di

13 I v i .

u II Fascio, a. I, n. 12 (1919), « Programma di vittoria » (T. Labriola); a. II, n. 6 {1920), « La guerra e la lega delle nazioni »; a. Ili, n. 27 (1921), « In tema di po­litica estera. Un elemento dimenticato » (A. Amante), ecc.

15 Fra i fogli « antibolscevichi » milanesi del 1919-1920 ricordiamo I nemici d ’Italia (direttore Armando Mazza) e Testa di Ferro (direttore Mario Carli).

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Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera

vecchia data, come Mario Gioda e Massimo Rocca, e ufficiali mo­narchici e tradizionalisti come De Vecchi. A Bologna, sono ex­combattenti, arditi, sindacalisti o qualche repubblicano, come Pie­ro Bolzon, Leandro Arpinati, Dino Grandi, a fondare l’Assalto. A Cremona, a Ferrara, sono ancora gruppetti di interventisti e di reduci. E i motivi dominanti sono ovunque gli stessi: generica difesa della Vittoria, lotta antisovversiva, gelosa tutela degli inte­ressi nazionali, collocati, al solito, in Adriatico, oltre alle imman­cabili polemiche locali. Non si va più in là, nei primi tempi. Ma, già nel ’20, qualche esponente del fascismo di provincia, come Dino Grandi, esce da questi limiti e, allora, non tarda a collocarsi sulle posizioni del Popolo d’ Italia e del nazionalismo « proleta­rio » : « La guerra ha fatto appello agli orgogli nazionali, agli irredentismi così territoriali che economici e questi, violentemente suscitati, furono null’altro che lo strumento di un concetto più alto ed assorbente: l’ idea imperiale...)-) 16. Ed un’altra volta: « Io credo e sostengo che la guerra di domani null’altro sarà che la lotta di classe fra le nazioni » l7. Non diversamente s’esprimeva, sempre nel 1920, Cultura Sindacale, che rispecchiava l’orienta­mento di certi ambienti del lavoro, assai vicini al movimento fa­scista 18.

L ’allineamento della stampa locale fascista col Popolo d’Italia non giunge però completamente inaspettato. Ed è anzitutto l’As- salto di Bologna a riprenderne temi ed orientamenti fin dagli inizi del 19 2 1 : « Oltre 40 milioni di italiani non possono restare chiusi entro la cerchia ristretta dei confini della Patria. G l’Italiani ap­partengono ad una razza di colonizzatori, mercanti, navigatori. V i è la tradizione romana e quella delle repubbliche marinare. V i è — esempio recente e mirabile — la massa proletaria dei no­stri emigranti che ha fecondato le due Americhe... Bisogna che i nostri colonizzatori ed i nostri navigatori restando italiani tengano gli occhi fissi sulla Patria lontana. Di qui un postulato della poli­tica estera del fascismo ’ creare le condizioni sufficenti e neces­sarie per la pacifica espansione italiana nel Mediterraneo ed oltre Oceano ’ » 13. Oppure: « V i sono terre che ancora non costi-

1(1 La libertà economica, 10-1-1920, « Società delle Nazioni - Ultima menzogna »; ri­stampato in D. G randi, Giovani, Bologna 1941, p. 52.

17 Ivi, p. 16 1.18 Cultura Sindacale, a. I, n. 1 (30-12-1920).19 L ’Assalto, 4-5-1921, « La politica estera de! Fascismo ».

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12 Giorgio Rumi

tuiscono monopolio delle potenze plutocratiche. Buona parte deh l’Asia Minore si presta ancora alla nostra ’ pacifica espansione ’...»2n.

La contrapposizione fra nazioni «plutocratiche» e «prole- tarie », tese le une alla conservazione del proprio predominio, le altre ad una redistribuzione di colonie e posizioni strategiche; l’emigrazione come presupposto della penetrazione e dell’ influen­za italiana; la pressione demografica; la direttiva mediterranea ed oceanica...: le stesse parole d’ordine, insomma del Popolo d’Italia.

E ’ ovvio; per la stampa locale, si tratta spesso di spunti iso­lati, di aspirazioni abbastanza confuse, di stati d’animo partico­lari, ma sono pur sempre significativi di un orientamento comune del fascismo delle origini. Ora compare la più sfumata locuzione d’ « espansionismo » 20 21 22 ; ora si esaltano i successi dell’aviatore Fer- rarin o di Arturo Toscanini, e da lì si ricava una riprova della legittimità del primato italiano nel mondo i!; ora, con più imme­diato rilievo politico, si auspica la conservazione dei caratteri ita­liani di terre e popolazioni purtroppo soggette a governi stranie­ri 23 ... Il discorso prende le pieghe più diverse, si spezza, si di­sperde; ma le premesse sono poste, anche se la vera saldatura tra centro e periferia avviene solo verso la fine del ’2 1 e il discorso tenuto da Mussolini all’Augusteo di Roma ne è un po’ il segnale. « Io ricordo la grandezza imperiale di Roma per asserire come il nostro popolo abbia una storia politica meravigliosa. Ora noi siamo Nazione da soli cinquantanni e durante questo periodo abbiamo fatto una piccola politica. La grande politica fu fatta immedia­tamente poco prima ed un poco dopo la conquista di Roma dagli uomini della Destra storica... (Poi) un uomo solo è apparso vera­mente grande ed ebbe il coraggio — lo dico perchè siamo fra fascisti: parlo di Francesco Crispi — ebbe il coraggio in un mo­mento in cui l’ Italia sembrava essere dominata dalla politica del piede di casa, di portare l’Italia nel Mediterraneo ed in Africa perchè sentiva che non ci può essere grandezza nazionale se la Nazione stessa non è spinta da un’ idea d’ impero... » 3t. Il mito imperiale, pur confusamente delineato, è ormai, nel periodo im­

20 Ivi.21 L ’Assalto, 5-5-1921, « II Fascismo alle frontiere ».22 II Maglio, 26-2-1921, « 11 Fascismo e la politica estera - Verso l ’Italia imperiale

e Mediterranea ».23 L ’Assalto, 4-5-1921, « L ’autonomia a M alta».21 Popolo d ’ Italia, 9 -11-1921.

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mediatamente precedente e seguente la presa del potere, il leit­motiv di tutta la stampa fascista. E il giornale mussoliniano, come i fogli degli irrequieti ras di provincia: Grandi, Balbo, De Vec­chi, Farinacci, come anche le recentissime riviste di politica e di cultura del movimento, diffondono un’aspettazione di rapidi e grandiosi successi in politica estera, di rigenerazione profonda delle energie nazionali, di riscoperta di una missione mondiale da svolgere.

Fin dal lontano luglio 1920 Mussolini aveva ammonito, pa­rafrasando Teodoro Mommsen: « ... non si resta a Roma senza un’idea universale! » Ed ora il Popolo d’Italia, alla vigilia della mobilitazione fascista, annuncia a piena pagina: « Le Aquile ed i fasci littori sono i segni della nuova Roma imperiale » c2. E non diversamente s’esprimono l’Assalto, il ferrarese Balilla, Cremona Nuova, o il piemontese Maglio.

« Il fascismo non poteva essere insensibile al fascino di Roma ’ nave immensa lanciata verso l’ impero' del mondo ’. Assertore ed esaltatore delle virtù della stirpe, esso rievoca gli austeri riti dell’antica Roma per tener viva nella mente e nel cuore degli Italiani la memoria della passata grandezza » 25 * 27 28. Il Discorso sul- l’ imperialismo, L ’ etica dell’Imperialismo, Italia Nuova, La luce di Roma, Verso l’Impero 28 : poco prima e poco dopo la marcia su Roma i titoli sono questi, e si tratta, per così dire, di un pre­supposto scontato: come mostra Ugo D ’Andrea, « Nessuna na­zione ha come l’ Italia una necessità organica ed immediata alla propria espansione imperiale: tutta la nostra vita sociale, politica, economica è dominata da una sproporzione enorme tra la densità e l’accrescimento della popolazione e la ristrettezza e la densità del territorio... Se vi è qualcuno determinato in partenza a rom­pere l’attuale equilibrio che le potenze egemoni vorrebbero ren­dere statico, esso è l’ Italia; ed in ciò, in questa sua istintiva, fìsio-

25 Popolo d ’Italia, 1-7-1920, « Mortificazione » (B. Mussolini).•2G Popolo d ’Italia, 10-10-1922.27 L ’ Assalto, 21-4-1923, « Roma » (U. Mellori).28 II Maglio, 29-4-1922, « Il cuore del mondo » (U. Rondelli); 13-10-1923, « Primato »;

Il Principe, 11-6-1922, « Salire alle origini »; L ’ Impero, 30-3-1923; 22-3-1923, « Po­litica estera italiana » (P. Gorgolini); 17-3-1923, « Nostri postulati » (Volt); Il Po­polo di Lombardia, 4-11-1922, « Italia nuova » (C. M. Maggi); 20-1-1923, « In Ro­ma imperiale il Fascismo concreta e potenzia la sua Rivoluzione »; L'Ambrosiano, 1-12-1923, « La luce di Roma » (U. Notari); L ’Adriatico Nostro », a. Ili, nn. 34-5 (1923), « Il Congresso nazionale dell’espansione italiana all’ estero ».

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logica necessità di maggiore territorio e potenza è la sua tendenza all’ Impero. In questa istintiva ed inconscia ma formidabile vo- lontà di territorio, di ricchezza e di potenza è anche la certezza del nostro divenire imperiale... » 2S. La strada è tracciata. E, al di là del linguaggio retorico e generico, non è difficile scorgere una serie di precisi addentellati con la situazione del paese.

Il disegno di lotta antisovversiva, e di restaurazione dei va-lori tradizionali come antidoto alle lotte interne, è chiaro, eMussolini l’ha teorizzato, del resto, fin dal 1920: « Bisogna de­cidersi, cari italiani, scegliere o la politica mondiale o ritirarsi sul piede di casa e diventare se è possibile una colonia di sfrutta­mento e di divertimento angloamericana... » 29 30. Oppure: « ... noi non possiamo guardare oltre monte ed oltre mare perchè c’è sem­pre una Roccacannuccia qualsiasi che impazza e gioca alla rivo­luzione e diventa per qualche giorno il centro dell’attenzione na­zionale, mentre al di là dei confini, gli altri, dicendo plebeal-mente, ci fregano in pieno » 31 32. Ed ora, con sempre maggiorvigore, la nazione è posta come valore superiore agli interessi dei singoli e delle classi; e la politica estera è vista come l’unico rimedio capace di assicurare l’armonia sociale e l’universale be­nessere. La tendenza traspare con ancora maggiore evidenza se si ha riguardo agli orientamenti dei sindacalisti fascisti, che, pur non negando la lotta di classe, la limitano e la subordinano net­tamente alle esigenze dello stato.

Mario Viana, già vicino al movimento nazionalista, su Cui- tura Sindacale esprime con assoluta franchezza le sue idee: « ... Il mondo per noi è troppo vasto. Noi pensiamo a salvare il mondo italiano, i francesi pensino a salvare il mondo francese, i tedeschi il mondo tedesco. E la salvezza della Nazione — che è poi la salvezza degli stessi lavoratori .— non sta soltanto nella produ­zione ma sta pure nella competizione; nell’educazione alla lotta, al senso agonistico delle masse, alla concezione egoistico nazionale. Non credo che il Sindacalismo possa essere qualcosa se non è na­zionale ed antidemocratico » 3\ E Edmondo Rossoni, uno dei lea-

29 Critica Fascista, a. I, n. 12 (1923), « Discorso sull’imperialismo » (U. D ’Andrea); v. anche L ’Assalto, 31-10-1922, « L ’etica dell’ imperialismo » (G. R. Mandel).

30 Popolo d ’Italia, 1-7-1920, art. cit.31 Popolo d ’ Italia, 6-7-1920, « Roccacannuccia e Spa » (B. Mussolini).32 Cultura Sindacale, 31-12-1920, art. cit.

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ders del nascente sindacalismo fascista, per tutto commento si limita ad osservare: « ... non v ’è molta differenza fra il suo e il nostro modo di concepire il Sindacalismo » 33 *. In perfetto ac- cordo, a sua volta, con quanto sostiene l’Assalto: « Queste cor- porazioni (fasciste) hanno ... ben altra funzione da quella della lotta economica di classe ... Dall’armonia di Stato e sindacati sorge l’ Impero ... chi crede nel destino avvenire d’ Italia, chi attende fidente la sua riaffermazione stupenda nel ciclo inesauribile della sua storia, vede queste affermazioni concretarsi fatalmente nel- l’Impero che si rinnova. Esso rappresenta il raggiungimento della coscienza, la riaffermazione dello spirito e della pace sopra il caos in cui, attraverso la lotta dei singoli fattori della vita sociale, la Nazione cerca assiduamente senza sconfitte il supremo equilibrio delle forze brute e di quelle dell’anima che si fondono trasfigu- rate in perfetta unità. Nella Maestà di Roma che a lui dobbiamo riconquistare, nello splendore delle opulente armonie della Rina- scenza, abbiamo l’immagine dell’ Impero in veste di gloria, di bel­lezza e di luce insuperabili. L ’ Impero è il solstizio di tutte le civiltà. E noi lo promettiamo al mondo » “ .

I consensi e le simpatie fra gli uomini « d’ordine » erano così assicurati. E la stampa fascista metteva in primo piano anche il tema della tradizione cattolica d’ Italia e del suo significato me­diterraneo e mondiale35 36... E Emilio Bodrero scriveva il suo Mani- festo alla Borghesia, e mostrava tutti i legami fra il « nuovo libe­ralismo italiano» ed il nuovo e « luminoso imperialismo »3C. T ut­to questo era ammesso, teorizzato, esaltato persino. Ma gli orien­tamenti fascisti non s’esaurivano poi in tale, vasto processo di restaurazione. Qualcosa resisteva, malgrado tutto, come se quella sorta di autonoma elaborazione compiuta sin lì davvero corri­spondesse ad una volontà precisa di tentare una propria via. Si trattava, forse, di « sradicare il Fascismo dalle sue acerbe passioni

33 Ivi.31 L ’Assalto, 30-9-1922, « Verso l'Impero » (G. Pini). Sugli orientamenti di questo

sindacalismo nazionale e l'abbandono dei motivi internazionalistici, si v. S. Pa- nunzio, Stato nazionale e Sindacati, Milano 1924, pp. 93 e ss.; Id., La crisi dello Stato moderno e la S. D. N . in Vita internazionale, 20-7-1920, pp. 305-9: K . Su- kert, L ’Europa vivente, Firenze 1923, p. 115 e ss.; A . O. Olivetti, Il sinda­calismo come filosofia e come politica, Milano 1924, p. 81 e ss.; iL. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1923, p. 6 e ss.

35 Popolo d ’Italia, 24-1-1922, « Vaticano », (B. Mussolini): ld ., 16-11-1923, 30-11-1923; L ’Ambrosiano, 1-12-1923, « La luce di Roma », (U. Notari).

36 E. Bodrero, Manifesto alla Borghesia, Roma 1921, pp. 50-51.

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provinciali e comunali per farne l’elemento direttivo della nostra politica estera » 37 38, proprio come scriveva Mussolini. O, ancora più ampiamente, di ritrovare, al di là delle contingenti necessità della lotta antibolscevica, una direttiva ed una giustificazione permanente per il partito.

L ’Impero: il mito torna, sempre più articolato, e se ne ra­giona e discute da diversi punti di vista. Ora costituisce l’espres­sione ultima della politica di potenza, e delle necessità di svi­luppo economico; ora è la soluzione più efficace della lotta di classe, si, ma sempre in vista della creazione d’una massa d’urto sul piano internazionale. Il fine maggiore è questo, e assorbe gli altri. Come accade, ad esempio, a proposito dell’emigrazione: « il problema dell’emigrazione è tutto il problema della politica estera e quindi della politica economica e mondiale dell’ Italia. Quando il problema dei debiti e delle riparazioni sarà risolto, e verrà il giorno, verrà pure il problema indilazionabile della nostra esu­berante manodopera... E la soluzione per una Nazione Imperiale quale è e deve essere l’ Italia, è una sola: trasformazione dell’emi­gratone in colonizzazione. O l’estero si convince dell’ ineluttabi­lità di questa trasformazione... o l’Italia darà molto filo da tor­cere a tutti... » 3S. « Ma intendiamoci: Impero extraeuropeo, su popoli non ancora capaci di autogoverno, su terre i cui prodotti... possono dare ad una nazione come la nostra non tanto la ricchezza quanto con le materie prime che ci difettano l’autonomia com­merciale.. »39 40. E si formerebbe così una classe di dominatori, un vero e proprio « Herrenvolk », come altri teorizzeranno fra breve. « L ’ Impero riuscirà a fondere in una ’ unica classe ’ tutti gli italiani. La forza unitaria dell’Impero è incalcolabile. Possedendo delle provincie che ci daranno materie ed uomini, anche quello che è oggi il ’ proletariato ’ diventerà borghesia, anche quelli che oggi sono operai diventeranno ’ datori di lavoro ’ o proprie­tari, o, comunque, appartenenti alla classe dirigente e domi­nante... La ’ lotta di classe ’ cesserà di essere un problema di vera politica interna e diventerà quasi un problema di politica estera. Fra italiani ed abitanti delle provincie dell’Impero »

37 Gerarchia, a. I, n. 3, art. cit.38 II Balilla, 22-4-1923, « Emigrazione » (S. Panunzio).33 L ’ Impero, 18-8-1923, « Primato ed Impero » (M. Carli); si v. anche Politica,

a . V I, nn. 52-53 (1924), « Dall’ emigrazione all’ Impero » (F. Coppola).40 L ’ Impero, 8-4-1923, « L ’ Impero ucciderà la lotta di classe » (Settimelli).

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E ’ la via maestra, ma non esclude per questo l’esigenza di tutelare l’impronta italiana — la cultura, la lingua e la tradi' zione — di alcuni territori come il Canton Ticino 41 o Malta “ , ila Dalmazia o la Corsica 43. E, in quest’ultimo caso le trasparenti ammonizioni di un Gioacchino Volpe si spingono assai più in là, sino a sconfinare nell’aperto irredentismo: « Quella vicinanza non (è senza interesse: duplice interesse per noi Italiani. La Corsica ha una sua individualità come di nazione. Ma essa è una delle tre grandi isole che inquadrano, ad ovest e a sud'ovest, la peni' sola e sono geograficamente saldate ad essa ed hanno con essa affinità etniche che spiegano le affinità di linguaggio e di cui- tura » u. « Si potrà attrarre di nuovo nell’amplesso della sua madre vera la forte e rude isola alpestre? Ecco uno dei compiti dell’ Italia nova... Penetriamo nell’ isola con la nostra cultura, con la nostra lingua, comunichiamole il palpito della nostra vita, atti' riamo i giovani corsi nelle nostre università... prepariamoci al giorno forse non lontano in cui l’Italia accoglierà fra le sue brac' eia, alfine redenta, l’ isola che le fu strappata ignominiosamente...»45.

Aspirazioni imperiali e spinte panitalianiste: sono proprio que- sti accenni a segnare la rottura col passato ed a provocare vivi allarmi oltralpe. Ma di ciò, in un primo tempo almeno, il fasci- smo non sembra preoccuparsi gran che: il dinamismo, il di­sprezzo degli schemi tradizionali, l’abbandono della vecchia poli­tica, misurata e cauta, dell’Italia liberale, in qualunque direzione e comunque attuati, sono altrettanti titoli di vanto del nuovo regime. E qui, nella polemica con quanto rimane degli ideali risorgimentali di volontà pacifica, di collaborazione internazionale, di equilibrata interpretazione del principio di nazionalità, avviene anche la definitiva convergenza tra nazionalisti e fascisti.

Il nazionalismo, anzi, non ha dato alla fin fine al fascismo il suo vero programma: qualcuno ha voluto sostenerlo46; ma il problema, ancora una volta, è forse diverso. Sul dottrinalismo, sullo scarso seguito popolare del movimento nazionalista, i fa-

11 L ’Ambrosiano, 21-9-1923, « La caccia all’ italiano » (U. Nptari); Popolo di Lom- bardia, 6-1-1923, « La questione ticinese ».

42 L ’Assalto, 4-5-1921, « L'autonomia a Malta », art. cit.43 Politica, anno V , n. 49 (1923), « Come la Corsica divenne francese », (G. Volpe).44 Ivi.45 L ’Assalto, 16-2-1924, « L ’ isola irredenta », (P. Ducati); v. anche L ’Ambrosiano,

17-10-1923.46 P. A latri, Le origini del fascismo, Roma 1956, pp. 11-14 .

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scisti non hanno certo taciuto le loro riserve " , ed hanno proce- duto per la propria strada. Ora, tra il ’22 ed il ’23 la convert genza porta a qualche risultato nuovo, ma non ad un mutamento radicale. E sul terreno della politica estera, il nazionalismo ag- giunge la sua spiccata e più concreta sensibilità a certi problemi della vita internazionale; aggiunge la dimestichezza, pur relativa, con gli strumenti del potere: la diplomazia, la rete consolare, le organizzazioni per la tutela deH’emigrazione 47 48 49; e, a volte, i van- taggi derivati daH’infiltrazione precedente negli stessi ranghi della Consulta. E rafforza così, in definitiva, la volontà di innovare in quel delicato settore della vita nazionale, liberandolo da una com- plessa eredità, non solo ideale, ma di pratiche consuetudini, di norme di condotta, di metodi d’azione.

E ’ una questione, quella della continuità e discontinuità della politica estera fascista rispetto alla precedente tradizione diplo­matica dell’ Italia liberale, che la recente storiografia non ha del tutto trascurato. Ma l’accento è stato posto poi, troppo sempli­cemente sul rapporto che si potrebbe definire da maestro (Con­tarmi e la vecchia Consulta)» ad allievo (« il duce »), sulla fun­zione di freno e contenzione che la « Carriera » avrebbe eserci­tato verso l’ impetuoso desiderio d’avventure proprio del fascismo 4S.

Ma, da un lato, indubbia è la volontà di sostanziale innova­mento, al di sopra di ogni parziale e temporaneo compromesso del fascismo, e del suo leader; e, dall’altro, quali concrete alter­native la « Carriera » poteva contrapporre? E ’ così che andrebbe studiata, verificata, approfondita la questione.

La memorialistica dei diplomatici non è certo abbondante; ma

47 Popolo d ’Italia, 15-9-1921, « Le basi del Partito Fascista », (E. Rocca); e 7-12-1921, « Integrazione nazionale », (G. Bottai). Sui rapporti fra nazionalisti e fascisti si v. P. A rcari, L ’ elaborazione della dottrina politica nazionale dall’ Unità all’in­tervento, Firenze 1934, pp. 919 e ss.; U. D ’A ndrea, Corradini ed il naziona­lismo, Roma 1928, pp. 46 e ss.; P. G orgolini, Il Fascismo e la crisi italiana, T o­rino 1923, p. 225 ss., che sottolinea il distacco fra i due movimenti mentre VOLT (Vincenzo Fani Giotti) nel Programma della Destra fascista, Firenze 1923, pp. 39 e ss., limita le differenze ad una semplice « fobia verbale » dei vecchi apparte­nenti alla sinistra per la parola imperialismo.

48 Si v. numerosi articoli in proposito in Politica, Vita Italiana e sulla vasta pubbli- cistica del periodo.

49 E . Di N olfo, op. cit., p . 45 e s s . ; M. Donosti, Mussolini e l’Europa, Roma 19 4 5 , p p . 1 2 e s s . ; L egatus (Roberto Cantalupo), Vita diplomatica di Salvatore Contarini, Roma 19 4 7 , passim; L . Salvatorelli - G. M ira, Storia d ’ Italia nel periodo fascista, Torino 19 5 6 , p . 24 6 e s s . ; G. SALVEM INI, Mussolini diplomatico, Bari 1 9 5 7 , p . 5 7 e s s . ; P . Q u a r o n i , Valigia diplomatica, Milano 19 5 6 , p . 1 5 e s s .

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da lì e dalla documentazione pubblicata qualcosa già trapela Una certa penetrazione degli ideali nazionalistici nella diploma- zia italiana risulta evidente; e ci si accorge che macroscopici dis­sensi, sul terreno della politica estera, non la separavano dagli orientamenti fascisti. E ’ un primo punto. E allora sì: preccupa- zione di contenere ed incanalare negli argini tradizionali l’esube- ranza del movimento — e la preghiera rivolta da Contarini aSforza perchè conservi il suo ufficio ne è il più cospicuo esempio — ; ma più che altro questione di forma, di esteriore rispetto di una certa consuetudine internazionale che si cerca di salvare. E per alcuni diplomatici, poi, l’adesione è ancor più marcata 50 51.

Nell’opinione della « Carriera » 52 53 i patti esistenti, certo, co­stituivano un patrimonio non trascurabile, una piattaforma giàconsolidata per i futuri sviluppi della politica nazionale e quindi si spiega la diffidenza nei riguardi dell’ambiguo revisionismo fa­scista. Ma anche qui, analogamente a quei settori della classe dirigente liberale che vedevano nel fascismo un temporaneo espe­diente per consolidare l’ordine e rafforzare le istituzioni, si spe­rava al più di strumentalizzare il fascismo per migliorare final­mente la posizione dell’ Italia, dopo un lungo periodo di rinuncie e delusioni. E il calcolo, che rivela pur sempre talune affinità,non tarda a mostrarsi errato, e assai limitato si mostra ben presto il margine di concessioni che il fascismo è disposto a fare allaprudenza ed ai canoni tradizionali delle cancellerie. Gli episodi di Territet, di Corfù, del fantasioso « piano continentale » contro l’ Inghilterra, come altri ha già illustrato, sono lì a mostrarlo J. Alla pressione fascista, la diplomazia ha poco da opporre, o addi­rittura consente.

Forse, più ancora dei clamorosi colpi di testa mussoliniani, sono le prese di posizione dei giornali fascisti del periodo ad indicare chiaramente il valore strumentale della pur relativa ade­sione ai suggerimenti della diplomazia, come anche la precisa

50 R. G u a r ig l i a , Ricordi, N a p o li 19 5 0 , p. io e ss.; iR. C a n t a l u p o , Racconti politici dell’altra pace, M ila n o 19 4 0 , p . 10 6 ; G . C a r o c c i, Giolitti e l'età giolittiana, T o ­r in o 1 9 6 1 , p p . 14 6 -7 .

51 Documenti diplomatici italiani, serie VII, vol. I (a cura di R. Moscati), Roma 1953, nn. 2 2 - 2 5 - 4 2 - 4 4 - 6 0 . Per la Corsica, n. 427; per Malta, n. 98; per il Dode- canneso, n. 76.

52 LegaTUS, op. cit., pp. 81-3.53 R. Moscati, Gli esordi della politica estera fascista in La politica estera italiana

dal 1914 al 1945, Roma 1963, pp. 89 e ss.

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volontà di innovazione. « Il grande merito del Presidente Mus­solini — scrive l’Impero — è di avere accettato e seguito in poli­tica estera il metodo tradizionale e di aver basato la propria azione di governo sulla logica politica e storica di un programma nuovo e di una mentalità, di una volontà, di una competenza nuove. Il problema della nostra politica estera non è, s’intende, fondato su possibili capovolgimenti di metodi, inattuabili fintanto che la situazione dell’Italia in Europa e l’ indipendenza dell’ Italia e delle altre nazioni non subiscano modificazioni di qualche importanza, ma è fondato sulla maggiore o minore possibilità di attuazione di un nuovo programma, quale è oggi senza dubbio il program­ma del presidente Mussolini... » 5*. Il quale, dal canto suo, ap­punto notava: « ... non c’è nessuna originalità in materia di politica estera e mi rifiuterei energicamente di fare l’originale, se questa originalità dovesse procurare qualche linea soltanto di danno al mio paese... »55. E chiariva così anticipatamente il senso delle parole dette alla Camera — e poi variamente interpretate — : « respingo la definizione che il mio amico on. Alfieri ha dato di questa politica estera, quando l’ha chiamata originale. Una politica estera non è mai originale... » “ che è poi la stessa linea dei vari articoli del Popolo d’Italia inneggianti, in apparenza, al significato conservatore e tradizionalista della politica fascista r'7.

E la stampa di partito indica bene anche i limiti dell’adesione di Mussolini allo stile della vecchia Consulta — su cui molti han­no insistito — , si fa portavoce delle critiche e delle riserve sulla sua efficienza e capacità. Barone-Russo (poi Giacomo Paolucci De Calboli-Barone), chiarisce persino con franchezza il rapporto di collaborazione, ma anche di subordinazione che lega lo stesso Salvatore Contarini al « duce » : « ... questa collaborazione del Sen. Contarini è stata tanto più proficua in quanto esercitata da un lato con quello spirito di devota ammirazione che egli pro­fessa verso il Presidente e dall’altro accolta con la consueta par- 64

64 L ’ Impero, 2-5-1923, « Fascismo e politica estera » (C. Suckert).55 Popolo d ’Italia, 11-2-1923.16 Popolo d ’Italia, 1 6 - 1 1 - 1 9 2 4 . M. T o sc a n o , in Le Origini del patto di Londra, B o ­

lo g n a 1934, p . 3, v e d e n e lle d ic h ia ra z io n i m u s so lin ia n e u n ’e s p re s s io n e d i o sse q u io a i c o s id e tti « p e rm a n e n t i in te re s s i n a z io n a li » , s e m p re d e te rm in a n ti la p o litica e s te ­ra d i u n p a e s e .

57 Popolo d ’Italia, 15-1-1924, « Realizzazioni »; 27-1-1924, « La pace adriatica » (Ra- stignac); 31-1-1924, « Residui passivi » (Rastignac); 9-2-1924, « Dopo la firma del trattato » (Rastignac); ed ancora 8, 10-2-1924; 6-3-1924.

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ticolare fiducia.. » 5S. Non appena poi l’azione dei fasci all’estero provoca le inevitabili resistenze o almeno perplessità della diplo- mazia — toccata nelle sue gelose prerogative — l’insofferenza è violenta. A tal punto che l’episodio è portato senz’altro ad esem- pio di una certa sordità della Carriera alle nuove esigenze del governo: « ... uno degli ambienti che il fascismo non sembraancora avere nè permeato nè galvanizzato è quello diplomatico consolare, e tranne nobili eccezioni individuali deve dirsi che ge- neralmente i nostri rappresentanti all’estero videro riformarsi dei fasci locali o con paura o con diffidenza o con vera e propria ostilità »

Specie dopo Corfu, è anzi la diplomazia italiana nel suo com- plesso ad essere ormai posta in discussione. E molti fanno eco: « il più geniale dei ministri deve rassegnarsi troppo spesso ad una imperfetta attuazione dei suoi migliori concetti di politica estera, quando gli manchino dei buoni ambasciatori... Coloro che sanno... le segrete cose dicono che l’ Italia d’oggi non dispone di amba­sciatori ideali e neanche semi-ideali, e temo che non dicano una bugia. Non è un personale che si possa creare da un giorno al­l’altro... occorrono... l’impegno, lo zelo, una ragionevole dose di ambizione e soprattutto la guida sapiente del Ministro degli Este­ri, considerato sub specie aeternitatis, cioè come il custode di una buona tradizione politica... avremo dunque buoni ambasciatori anche noi allorché il clima di Palazzo Chigi sarà divenuto così costante da permettere quel difficile allevamento... » : così scrive il Popolo d’Italia 6n.

Non è la carriera il vero freno dell’azione mussoliniana; ma sono, da un lato, gli ostacoli effettivi della situazione interna­zionale, e, dall’altra, e ancor più le preoccupazioni della politica interna. Il disorientamento causato dalla vicenda Matteotti crea difficoltà al partito, moltiplica le incertezze e i contrasti e porta ad un’indubbia cautela. Ora al fascismo preme di non impe­gnarsi troppo; evitare ogni possibile insuccesso; e, pur alimen­

ts Popolo d ’Italia, 3-2-1923, « Le riforme del Presidente Mussolini nell’Amministra- zione degli Esteri ».

■™ Popolo d ’Italia, 1-8-1923, « Fasci all’Estero », (C. Pellizzi).00 Popolo d ’ Italia, 9-2-1924, « Un mestiere difficile », (Tournebroche). Si v . inoltre

L ’Ambrosiano, 10-8-1923, » Marocchinerie », (U. Notaci); Critica Fascista, a. II, n. 18 (1924), « Rivedere la diplomazia », (C. Pellizzi); Gerarchia, a. Ili, n. 6, « Po­litica Estera », (A. Signoretti); Cremona Nuova, 12-4-1923, « L ’Italia all’Estero », (P, Simoncini); Vita Italiana, a. XI (1923), n. 125, «La riforma della diplomazia»; ecc.

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tando speranze ed entusiasmi mette perciò in sordina le indiscri- minate esaltazioni tipiche del periodo della marcia su Roma. Lo fa in modo indiretto, magari poco avvertibile alle prime; ma, sia pure nella forma di capziose distinzioni fra i vari tipi di impe­rialismo, il ripiegamento s’accentua. « ... Non gli ipocriti pre­testi di Albione, nè il cinismo brutale dei fulvi Germani, e nem­meno il tremebondo dispotismo della Francia dissolvitrice. Ma l’e­quilibrata saggezza ereditata dai Romani, ma il senso di umana giustizia che la Chiesa Cattolica ci ha profuso in venti secoli di sua influenza... questo sarà il nostro Impero ed il mondo non avrà che da affrettare l’evento se davvero aspira alla pace... » 61 *. Op­pure; « ... Noi non siamo imperialisti come lo sono i tedeschi che tentarono di sovvertire colla barbarie anche le leggi della mo­rale, ma siamo imperialisti come lo furono i nostri padri... una politica difensiva aveva inspirato Roma quando prese nella peni­sola la direzione delle guerre contro i barbari; la necessità di di­fendere il commercio e la giustizia dai feroci pirati che nascevano in quelle regioni oggi facenti parte della Jugoslavia, indusse i Romani a conquistare le coste del nostro Adriatico; così fu difen­siva la guerra contro Pirro e la lotta condotta contro i Semiti di Africa fu una difesa contro la perfidia Punica e contro l’ inten­dimento di Cartagine di essere padrona assoluta e dispotica dei mari... » <l2. E c’era già stato, d’altra parte, chi, fin dagli inizi del ’23, aveva appunto sottolineato l’aspetto spirituale e culturale del­l’espansionismo italiano. « L ’imperialismo non deriva da ’ im­pero ’ , cioè da una entità politica e statale a struttura militare, ma da ’ imperio ’ , vale a dire da una somma di sentimenti e responsabilità tendenti alla valorizzazione di tutte quelle prero­gative individuali e collettive che portano al ’ comando ’ , al ’ do­mino ’, al ’ primato ’ ... l ’ imperialismo dunque non va confuso nè con la megalomania militare di tipo napoleonico, nè con l’ i­stinto brutale di conquista soldatesca a tipo germanico... Noi non ci preoccupiamo affatto dei beni materiali che l’ impero può ap­portarci, ma dei beni morali » 63. Così come v ’era chi, anche più tardi, riprendeva simile filone deH’imperialismo ’ spirituale ’ fa­

61 L ’ Impero, 21-8-1923, « Primato ed Impero », (M. Carli); v. anche Augustea, a. II (1926), n. 1 , « L ’imperialismo italiano », (A. Solmi).

02 L ’Assalto, 15-9-1923.63 L ’Ambrosiano, 4-5-1923, «Prim e linee dell’imperialismo italiano: lo spirito im­

periale », (U. Notari).

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scista. Ancora nel 1926 ne troviamo traccia, ma il tono del di' scorso rivela sempre il falso scopo, il temporaneo espediente per celare, o rinviare, l’attuazione di un ben diverso disegno: « Spi­rituale. E però unico imperialismo positivo in un paese che come il nostro non dispone di materie prime sufficienti ad alimentare industrie che possano battere in concorrenza quelle straniere, nè di un’indipendenza economica che gli consenta il lusso di avven­ture in politica estera, nè di una plutocrazia che ne spalleggi l’e­spansione »

L ’interesse si posa sulle materie prime, sulle relazioni econo­miche, sugli scambi, lasciando tacitamente intendere che l’uomo d’affari e la nave mercantile non fanno che aprire la strada ad un ben diverso tipo d’espensione 6r>. « Roma non è stata costruita in un giorno: chi va piano va sano e chi va sano va lontano. Un impero è il frutto di una pazienza infinita... Per quel che concerne il momento attuale dell’Italia gli scopi pratici verso l’espansione sono rinchiusi nei limiti del campo economico. Le sue aspirazioni imperiali per lungo tempo devono restare in uno stato ideale...»66.

Ma, ancora una volta, è il Popolo d’Italia a definire meglio le posizioni mussoliniane. Come pochi mesi prima l’accento era posto sull’espansionismo, sull’esaltazione dell’egoistico interesse na­zionale, sul mito dell’ impero di Roma, ora, nei difficili mesi del 1924, tutti questi motivi cedono il passo ad altri, ben lontani dalla tradizionale linea fascista.

E ’, talvolta, l’idea della pace quale bene supremo della co­munità internazionale: « L ’ Italia della realtà e della verità è un’al­tra: è l’ Italia di questo trattato con la Iugoslavia, equa e leale, l’ Italia ansiosa soltanto di pace e di lavoro, l’Italia che deve affi­dare tutti per la disciplina interna che si è imposta e per il pro­gramma di civile solidarietà che intende svolgere insieme ai suoi vicini... »67. Si esalta, quindi, la prassi diplomatica tradizionale come fattore di ricostruzione e di garanzia dell’ordine interno "s. E ben presto è l’esistenza stessa di un programma imperialistico 61

61 Augustea, a. II (1926), n. 3, « Imperialismo spirituale », (E. Rocca).U5 L ’Assalto, 13-10-1923, « La maturità di noi giovani », (M. Carli).66 Vita Italiana, a. XII, n. 140-1 0924), « I fondamenti del fascismo », (G. S. Barnes).

Popolo d ’ Italia, 1-1-1924, « Residui passivi », cit.68 Popolo d ’Italia, 9-2-1924, « Dopo la firma del trattato » (Rastignac).

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fascista ad essere messa in dubbio 69: « Il preteso imperialismo fascista non esiste, tanto è vero che l’ Italia desidera fare una po- litica di amicizia con tutti i paesi... Ho fiducia nella nostra espan­sione commerciale e credo che prenderà sempre maggior sviluppo l’espansione italiana in Oriente sia per la situazione geografica sia per la tradizione... ».

Pare, ancora una volta, di trovarsi di fronte ad uno di quei radicali capovolgimenti d’indirizzo, che una parte della storiogra­fia attribuisce a Mussolini. Ma, per poco che si approfondisce l’ in­dagine, ci si rende conto che l’impostazione espansionistica non viene affatto meno. Persiste infatti l’aspirazione indifferenziata alla grandezza come tendenza immanente all’esistenza stessa della nazione, come dato costante ed immutabile rispetto al mutare dei regimi e degli orientamenti politici '. Le relazioni economiche e commerciali coi paesi balcanici e mediorientali sono sempre ordi­nate ad un preciso fine espansionistico '2. E c’è, poi, chi non ab­bandona la speranza di prossime conquiste territoriali: « Muo­vere alla conquista pacifica di grandi mercati esteri. Come? Le crociere... sono un meraviglioso strumento di penetrazione... ma non basta. Bisogna integrarle con ’ occupazioni provvisorie ’... »73. Cosi che, in definitiva, il metodo gradualistico '* non rende meno chiara la vera natura dell’espansionismo fascista « che, ad onta di tutti i vecchi e tenaci luoghi comuni democratici e pacifisti altro non è che l ’espansione politica o per chiamare le cose col loro no­me, l’espansione imperiale... » In questo ambito, l’accettazione da parte dell’Italia fascista dell’equilibrio di forze codificato dai trattati, e di tutto il procedimento diplomatico stabilito dalla tra--

6<J Popolo d ’Italia, 6-3-1924, « Il preteso imperialismo fascista e l’attività internazio­nale dell’ Italia ».

70 Popolo d ’ Italia, 23-1-1924, « Politica estera fascista »; 4-1-1924, « Tiro a segno », (Il fromboliere).

71 Popolo d ’Italia, 12-2-1924, « Per coloro che non vedono », (E. Corradini) e 31 -5- 1924, « Condizioni di politica estera ».

72 Adriatico Nostro, a. IV , n. 40-1, « I nuovi orizzonti della politica italiana in Oriente », (G. Tonsa).

73 L ’Ambrosiano, 31-7-1924, « Se ’ occupassimo ’ qualcosa anche noi? », (U. Notari). '* L ’Assalto, 13-10-1923, « La maturità di noi giovani », (M. Carli).75 Politica, a. V I, n. 52-3 (1924), « Dall’emigrazione all’Impero », cit.; si v. anche

L ’Assalto, 10-11-1923; Gararchia, a. II, n. 9, «Politica estera», (A. Signoretti), n. 12, « La lotta delle nazioni », (E. Corradini); a. Ili, n. 6, « La Nazione e l’Im­pero », (C. Pellizzi); Critica Fascista, a. I, n. 12, « Discorso sull’ imperialismo », (U. D ’Andrea).

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dizione, non può nascondere i suoi limiti ed il suo più autentico significato: « L ’ Italia non può oggi rinunciare alla politica delle alleanze, perchè queste sono l’unico mezzo offerto dalla storia per attuare la realtà imperiale » 76 77 78 79 *.

Così, prima ancora del 3 gennaio 1925 e della definitiva in­voluzione dittatoriale fascista, le perplessità e le cautele tendono a scomparire. I temi consueti: politica nuova e dinamica, espan­sione rispondente alle necessità sociali e nazionali, idea imperiale, riprendono con accresciuta intensità d’accenti. E quel che è anche più significativo, mete e tappe della politica estera fascista si precisano, lasciando cadere quei motivi, dettati dall’euforia del 1922, che si palesano di improbabile realizzazione o suscettibili di gravi complicazioni internazionali. In secondo piano passano, ad esempio, le rivendicazioni sulle terre etnicamente italiane: Malta, Corsica, Dalmazia, Cantone Ticino; e le infrequenti rie­vocazioni si affidano ora ai riferimenti culturali e linguistici ” , Il fascismo, insomma, esclude nettamente ogni prospettiva d’espan­sione terrotoriale in Europa: « ... lo sappiano gli stranieri — è principalmente questo che si intende in Italia quando si parla del necessario imperialismo italiano: impero coloniale, impero extra' europeo, impero d’oltre mare. Nessuno pensa in Italia a ’ conqui­stare ed opprimere ’ il più piccolo villaggio europeo... » 7S. Ed è invece sull’Africa e sull’Albania che vanno lentamente prenden­do forma i progetti del regime.

Nell’Albania, si osserva, la penetrazione franco-inglese è già cospicua, ma la partita non sembra ancora definitivamente persa ” . L 'avance è evidente. E lo stesso accade a proposito delle ripetute osservazioni sugli attuali possedimenti coloniali che sono ben lon­tani dal soddisfare le esigenze italiane... Così per quanto suscet­tibili di sviluppo, l’Eritrea e la Somalia sono del tutto insuffi­cienti h". E così la Libia, che « ... non ha carbone, non ha petrolio, non ha metalli: cose tutte essenziali per assicurare la vita econo­mica del Paese in pace e la sua capacità di resistenza in guerra ».

76 L ’Impero, 24-1-1924, « L ’Impero non è ma diviene - Necessità delle alleanze », (Volt).

77 L ’Assalto, 23-5-1925, « La Corsica », (L. Colini Baldeschi).78 L ’Assalto, 9-1-1926, « Dell’ ’ Impero ’ italiano », (Francesco Coppola).79 L ’ Impero, 17-2-1925, » Petrolio, linfa del mondo », (M. Carli); si v. inoltre Vita

Italiana, a. XIII, n. 154 (1925), « Italia ed Albania », (M. Carini).so Gerarchia, a. V , n. 12 (1926), » La più grande Somalia », (C. M. De Vecchi).

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Occorre allora « ... cercare altri territori, altre zone che posseg­gano tali materie che sono state finora sfruttate in misura assai piccola... e che nello stesso tempo consentano una larga impor­tazione di coloni italiani da far vivere in condizioni di clima ana­loghe a quelle della terra natale. Tali zone possono essere dentro il bacino del Mediterraneo e fuori di esso... » 81.

■ A questo punto, le assicurazioni non richieste di buona vo­lontà verso l'impero etiopico 82 sono di per sè indicative; anche se dissolte per ora in una generica prospettiva mediorientale, che è quanto basta, per il momento, alle gerarchie fasciste, per tener desto sul piano dell’opinione pubblica interna ed estera il pro­blema della necessaria espansione italiana.

Le giustificazioni: povertà del suolo, pressione demografica, vitalità e rinascita delle energie nazionali, sono certo ancora quelle portate avanti dal mussoliniano Popolo d’Italia fin dall’ immediato dopoguerra, ma vengono ora riprese con significativa frequenza e corale uniformità da tutta la stampa di partito. « L ’ Impero... ecco in lontananza la nuova visione fatta balenare agli italiani, ora come dominio territoriale, ora come prevalente influenza in­tellettuale ed economica e politica nel Mediterraneo, ora come energico atto di presenza e manifestazione di volontà nei problemi del mondo. Ed io non dirò a nessuno che gli Imperi si creino o se ne affretti l’avvento proclamandoli o preannunciandoli a gran voce... neanche dirò che sia senza pericolo creare nella genera­zione che cresce uno stato d’animo di baldanzosa e impaziente attesa, laddove tutti esperimentiamo come sia sbarrata e vigilata ogni via attorno a noi... Ma i miti hanno anch’essi il loro valore e la loro funzione: questo come gli altri miti dell’Olimpo fasci­sta, come quello di una Italia che sia tutta una serrata falange e le lotte intestine, la mano del fratello levata contro il fratello, gli atti vituperevoli contro la Patria, i tradimenti, ecc. ecc., non si vedano più... » 83. Le parole del Volpe rivelano limiti e signi­ficato deH’imperialismo fascista. Il regime vuole coagulare attorno alla nazione ed alle sue fortune gli interessi e le energie di masse popolari sempre più vaste, vuole creare e sfruttare una generale

81 La Stirpe, a. IV , n. 4-5 (1926), « Il Mediterraneo e l’Italia », (F. Tiby).82 Popolo d ’Italia, 22-5-1927, « Giornate italiane in Ungheria ed in Etiopia », (G. P-);

ivi, 28-5-1927, « Per la potenza del Negus », (G. P.).S3 Gerarchia, a. IV , n. 8 (1925), « Ripensando al congresso fascista », (G. Volpe).

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concordia d’intenti per assicurare sul piano internazionale qualche concreta prospettiva di sbocco commerciale e coloniale.

Anche agli strumenti concreti della politica estera si guarda con rinnovato interesse: si ripresenta il problema di una diplo- mazia « fascistizzata » 8\ si sottolinea la necessità di un potenzia- mento delle forze armate 8a di cui, fra l’altro, il « duce » stesso assume la responsabilità ministeriale 86. La guerra stessa diviene nelle teorizzazioni della stampa fascista un mezzo normale nella condotta della politica estera, uno strumento imprescindibile per la realizzazione dei « fini nazionali » : « Sissignori : precisamente la guerra! E come si coltiverebbe nell’animo di un popolo l’ Idea dell’ Impero, senza segnalare l’unico, il più realistico mezzo per giungervi?... Per aumentare il territorio della Patria — che, per universale giudizio, non è più sufficiente alla vigorosa prolifi­cità della razza ■— bisogna conquistare. Per conquistare bisogna combattere... » 87; ma, d’altra parte, « ... non è detto che questa volontà di vita delle nazioni vigorose e sane si possa affermare solo con la guerra. Mussolini lo ha affermato. Essa può tradursi solo con opere di pace se la saggezza di altri popoli, liberata dal­l’egoismo e dalle avidità, ne riconosce il fondamento morale ed il diritto naturale e le fa posto nel mondo... » 88.

L ’espansione diventa in questo modo la chiave di volta di tutta la politica fascista. Alle sue esigenze è via via coordinato l’atteggiamento italiano di fronte ai maggiori avvenimenti inter­nazionali. La diffidenza per la Società delle Nazioni 89, o per le varie iniziative tese al disarmo ed alla pacifica soluzione delle con­troversie tra le potenze ne è solo un segno. Non vi può essere tranquillità ed ordine nelle relazioni internazionali, senza una totale ristrutturazione dei rapporti politici ed economici: « I paesi ricchi, saturati di potenza, vogliono stabilire le condizioni ed i valori del mondo, per cristallizzare le gerarchie internazionali, le posizioni di comando che la fortuna di un periodo storico ha crea-

®* Gerarchia, a. VII, n. 2 (1927), « L'evoluzione della diplomazia », (G. Bevione);a. Ili, n. 6, « Politica estera », (A. Signoretti).

85 L ’Impero, 26 / 27 - 8 - 1925, « Il titano della nuova Italia »; Gerarchia, a. IV, n. 6 (1925), « Note sulla politica estera », (R. Cantalupo).

88 L ’Impero, 8-4-1925, « Più in alto », (Settimelli).87 L ’Impero, 31-1-1925, «Sissignori: la guerra», (M. Carli).88 Gerarchia, a. V , n. 1 (1926), « Mussolini e l’Impero », (V. Gayda).89 Popolo d ’ Italia, 1-12-1926, « Popolazione e mandati », (G. P.).

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to, per disarmare economicamente e militarmente i concorrenti, assicurare una perpetua intesa che altrimenti verrebbe a mancare per la insufficienza dei mezzi e l’ irresistibile movimento di co- scienza dei popoli giovani. I paesi poveri e giovani, vogliono in­vece difendere e fare rispettare il loro diritto alla vita... » 90. Sono, ancora una volta, temi ed immagini care a Mussolini ed al suo movimento, motivi già presenti fin dalle origini e dai giorni stessi della Vittoria, tradotti ora sul terreno concreto dell’azione inter­nazionale italiana. Una politica, come aveva detto Carlo Sforza in una notissima definizione, di « sentimenti e di risentimenti », ma non per questo, a modo suo, meno coerente. E la politica nei riguardi della Germania e del più vasto mondo delle nazioni « vinte », ma pur sempre « proletarie », vitali, insoddisfatte e bisognose di spazio e d’espansione, è lì a dimostrarlo.

« Tra l’ intesa delle -forze conservatrici e l ’alleanza delle forze rivoluzionarie (Germania e Russia) l’ Italia libera e padrona delle sue energie vuole ottenere il riconoscimento dei propri diritti alla vita » ’ Dobbiamo essere intelligenti — disse recentemente Mus­solini dinanzi al Senato — per comprendere presto e con buona grazia ’ . L ’amicizia si rivela non solamente nel riconoscere ’ pre­sto ’ e nell’acconsentire ’ con buona grazia ’ . Sino ad ora s’è pre­teso che l'Italia fosse un gendarme nel Continente ed un men­dicante nel Mediterraneo, da snazionalizzare, possibilmente. Quei tempi sono finiti » S1.

L ’ Italia, fra le potenze dell’ Intesa ed i vinti di Versailles, vuole, negli intendimenti mussoliniani, porsi con quel terzo ele­mento capace di determinare il corso degli eventi. La disponibi­lità, quindi, è totale, come è spregiudicata la ricerca del successo immediato, della realizzazione concreta. L ’ importante è non essere assenti nella prossima « lotta per i posti al sole » ffi. Una volta soddisfatta la question préalable della necessaria espansione, il fa­scismo non rifuggirà dall’assumere il ruolo di pacificatore e ga­rante dell’ordine internazionale: « Allo stato delle cose, l’ Italia è una forza d’equilibrio: e potrebbe anche essere una forza d’in­telligente conservazione. Esistono in Europa delle energie com­presse ed esistono anche delle ingiustizie. Una comprensione di 99

99 Gerarchia, a . VII, n. 3 (1927), « Armi e disarmo », (V. Gayda).91 Popolo d ’Italia, 12-6-1926, « L ’Italia nel Continente e nel Mediterraneo », (G. P.).92 L ’Impero, 10-12-1925, « I posti al sole ».

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ciò è bene che si generalizzi, perchè la tranquillità, più che dalle forze, può essere assicurata da un’intelligente giustizia » ” ,

Così, quando sulla stampa internazionale, e francese in par- ticolare: dai nazionalisti Echo de Paris e Action Française, ai ra- dico-socialisti Ere nouvelle, l’Oeuvre e Le Peuple appariranno, sul finire del 1925, vivi allarmi per l’avventurosità della politica italiana, e voci di imminente proclamazione dell’Impero fascista “ , il « duce » potrà fare alla stampa dichiarazioni forse tranquillanti per l’opinione pubblica europea, ma non riuscirà a nascondere gli autentici intendimenti del regime: « L ’ Impero... come volontàdi vita e di potenza è alla base di tutti gli organismi viventi. Ogni nazione che abbia esuberanti capacità di progresso è tratta dalla sua stessa natura, via via che si intensificano le sue forze prò- duttive e la luce del suo spirito ad allargare i termini della propria pacifica penetrazione economica nel mondo, ad espandere oltre i suoi confini la sua potenza ed il prestigio intellettuale e morale... allorché si parla dunque di un’Italia « Imperiale » non si allude a nessuna conquista determinata territoriale, ma ad una attitu­dine a una norma di condotta virile, risolutiva, combattiva se occorre... E ’ stolto chi veda in tali direttive un proposito aggres­sivo : non mancano nella storia accordi e divisioni pacifiche me­diami le quali le potenze raggiunsero un più saldo e giusto equi­librio fra le forze rispettive e salvaguardarono la pace e la tran­quillità dei loro popoli » 93 94 95.

Ancora una volta egli vuole rassicurare, e l’accento sembra posarsi sulla prevalente volontà di pace e collaborazione. Ma a quali e quante condizioni essa è subordinata! Come rivela, se non altro, quell’esordio, che ripete quasi esattamente la parola pro­nunciata nel marzo 19 19 , all’adunata di San Sepolcro.

Giorgio Rumi.

93 Popolo d ’Italia, 7-10-1927, « Amicizie ed armonie internazionali », (G. P.).94 Echi e commenti, 5-1-1926.95 Ivi, « Rapporti e problemi internazionali all’ inizio del 1926 ».