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9 I QUADERNI DEL CONSUMATORE Caratteristiche generali e tipologie, contratti con il consumatore, nullità e annullabilita, clausole vessatorie ricorso alla giustizia. IL CONTRATTO seguici su facebook

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9I QUADERNIDEL CONSUMATORE

Caratteristiche generali e tipologie,contratti con il consumatore,nullità e annullabilita, clausole vessatoriericorso alla giustizia.

IL CONTRATTO

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Il contratto

Si ringrazia per la collaborazione l’Avv. Giulia Fesce del Foro di Ancona

Aggiornato a: 15 gennaio 2015

Indice

Presentazione 4

1. Nozione di contratto 6

2. Gli elementi del contratto 8

3. La formazione del contratto 15

4. Il contratto per adesione 16

5. Il contratto concluso mediante comportamento concludente 17

6. I contratti a distanza 19

7. Gli effetti del contratto 22

8. Rescissione e risoluzione 23

9. Nullità e annullabilità 27

10. Il codice del consumo e i contratti del consumatore 32

11. Le clausole vessatorie 35

12. La responsabilità precontrattuale e contrattuale 39

13. La risoluzione delle controversie 41

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iniziative realizzate con l’obiettivo di fornire ai consumatori gli strumenti informativi necessari per tutelare i propri diritti. In par-ticolare nel volume verranno illustrate le caratteristiche generali del contratto, le varie modalità di formazione dello stesso, le sue eventuali vicende patologiche, le caratteristiche dei contratti con il consumatore (che godono di una disciplina specifica) e le mo-dalità di accesso alla giustizia; il tutto con l’obiettivo di offrire al privato uno strumento per esercitare nel modo più consapevole ed informato i propri diritti e la propria autonomia contrattuale.

Ancona, ottobre 2015

Il PresidenteGiorgio Cataldi

Presentazione

Il Servizio di Tutela del Consumatore è attivo presso l’Ente came-rale nell’ambito delle c.d. funzioni di Regolazione del Mercato, funzioni che si sono venute ad affiancare a quelle più tradizionali, innovando profondamente la soggettività politica degli Enti ca-merali.Queste funzioni e più in generale la nuova mission affidata alle Camere di Commercio tendono a collocare gli Enti camerali super partes, cioè come fornitori di servizi utili non solo al sistema im-prenditoriale ma anche ai consumatori/utenti, contribuendo alla rimozione di fattori di disturbo ad un trasparente sviluppo del mercato. Imprese, professionisti, operatori economici e consumatori infatti non agiscono su fronti opposti; tra essi vi deve essere sintonia e scambio proficuo, verso la direzione di un mercato trasparente dove possa attuarsi una libera e leale concorrenza.Per questo motivo la Camera di Commercio di Ancona ha lavorato intensamente sulle tematiche relative al consumo, focalizzandosi in iniziative volte a favorire e a sostenere il dialogo tra imprese e consumatori.In particolare, il Servizio di Tutela del Consumatore offre infor-mazioni sulla normativa nazionale e comunitaria riferita alle pro-blematiche del consumo nei vari settori (finanziario, assicurativo, turistico...), organizzando ogni anno numerose attività di carattere divulgativo, finalizzate ad approfondire i principali aspetti della complessa legislazione sul consumo: un'adeguata conoscenza delle disposizioni applicabili costituisce, infatti, uno strumento fondamentale per la realizzazione di un sistema economico carat-terizzato da un maggior equilibrio tra imprese e consumatori, ma soprattutto per fare sì che i consumatori acquistino con consape-volezza beni e servizi.In quest’ottica, questa pubblicazione si inserisce nel quadro delle 4

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1. Nozione di contratto

Il codice civile, all’art. 1321, fornisce la definizione del contratto, come “l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estin-guere un rapporto giuridico patrimoniale”.Il contratto è dunque lo strumento che hanno a disposizione sog-getti privati e non per svolgere operazioni economiche: far sorgere un rapporto giuridico, modificarlo o porvi fine.Con le regole che disciplinano i contratti l’ordinamento da un lato offre un mezzo ai privati per operare in autonomia, dall’altro esercita il controllo dell’attività stessa. Vige in materia un princi-pio fondamentale di libertà contrattuale, che consiste nel decidere se contrarre o meno, nella facoltà di determinare condizioni e contenuto, nel poter decidere le forme; ognuna di queste manife-stazioni della libertà contrattuale incontra poi quei limiti imposti dall’ordinamento e che servono appunto ad esercitare il controllo nella giusta misura sull’autonomia delle parti (obblighi a contrarre in talune ipotesi, come ad esempio il caso di imprese che operi-no in condizioni di monopolio, inserzione di clausole obbligatorie all’interno di taluni contratti, come ad esempio alcuni di quelli che vedono tra le parti un consumatore, obbligo a stipulare in determinate forme, come ad esempio nel caso di compravendita di immobili). Esistono molte tipologie di contratti, che vengono classificati sulla base del momento perfezionativo, degli effetti prodotti, del tempo di esecuzione della prestazione, del numero delle parti contrattuali.In base al momento perfezionativo è possibile distinguere tra con-tratti consensuali e contratti reali: i primi, che costituiscono la re-gola nel nostro ordinamento (c.d. principio consensualistico), si perfezionano con il mero accordo delle parti, sufficiente a produr-re ogni effetto (esempio tipico: la vendita); per i secondi, che sono un’eccezione prevista volta per volta espressamente dalla legge,

è necessaria anche la consegna materiale del bene perché il con-tratto sia perfezionato (esempi: deposito, comodato, mutuo). In base agli effetti prodotti è possibile distinguere innanzitutto tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori: i primi han-no per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa deter-minata (ad esempio, compravendita di uno specifico immobile), la costituzione o il trasferimento di un diritto reale (ad esempio, costituzione o trasferimento di usufrutto) ovvero il trasferimento di un altro diritto (ad esempio cessione di un diritto di credito); i contratti ad effetti obbligatori, invece, sono quelli che danno vita a diritti relativi, cioè determinano la nascita di diritti di credito o di godimento (ad esempio, locazione o contratto di lavoro). Sem-pre in base agli effetti prodotti si distingue tra contratti gratuiti e contratti onerosi: per i primi l’obbligo di porre in essere una determinata prestazione è a carico di una sola parte (ad esempio, donazione); essi comportano a favore di una delle parti un van-taggio, senza che alla stessa parte faccia carico nessun sacrificio patrimoniale, dunque non esiste la controprestazione; nel mutuo gratuito, ad esempio, non viene pattuita la corresponsione di in-teressi, ed allo stesso modo, nel comodato il comodatario gode del bene senza pagare nessun canone; per i contratti onerosi in-vece esiste un obbligo a carico di entrambe le parti (ad esempio, così è nella vendita); nell’ambito dei contratti onerosi rientrano i contratti a prestazioni corrispettive, in cui la prestazione di una parte trova la sua giustificazione nella prestazione dell’altra (ad esempio, nell’appalto).In base al numero delle parti contrattuali si può distinguere tra con-tratti bilaterali e plurilaterali: nei primi esistono due parti soltanto, mentre nei secondi vi è la presenza di una pluralità di parti, che intendono perseguire uno scopo comune (è il caso, ad esempio, dei contratti associativi). Il contratto può essere anche unilatera-le, quando l’obbligazione è a carico di una parte sola, come nel deposito gratuito dove solo sul depositario incombe l’obbligo di 7

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custodire e consegnare la cosa nello stato in cui fu consegnata; si parla di contratto unilaterale anche con riferimento alla fatti-specie prevista dall’art. 1333 c.c., il contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, così disciplinato: “La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso”.I contratti, infine, possono essere tipici o atipici: sono contratti tipici quelli previsti e disciplinati dalla legge (es. compravendita, mandato, locazione, ecc…), mentre sono atipici quelli non pre-visti e regolamentati dalla legge, ma che nascono dall’autonomia negoziale delle parti che li modellano secondo le loro esigenze; sono validi solo se hanno una causa lecita, giuridicamente ed economicamente apprezzabile.

2. Gli elementi del contratto

La legge prevede, in particolare all’art. 1325 del codice civile, che vi siano degli elementi essenziali nel contratto, cioè elemen-ti che devono essere necessariamente presenti al fine di poter configurare una certa operazione economica come contratto. In mancanza di uno di essi il contratto sarebbe nullo. Questi sono:

1) l’accordo delle parti. L’accordo è l’incontro delle volontà delle parti contraenti su una serie di regole che realizza i loro interessi. All’accordo si può pervenire attraverso una trattati-va più o meno lunga o, al contrario, senza alcuna discussio-ne, come ad esempio, nei contratti per adesione (cfr. infra). Quando la volontà delle parti si è incontrata, il contratto si

ritiene concluso; ciò normalmente avviene nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente neces-sario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi; se invece l’accettazione arriva tardivamente può comunque essere rite-nuta efficace dal proponente purché ne dia immediato avviso all’altra parte. Se il proponente richiede per l’accettazione una forma particolare (ad esempio forma scritta), l’accetta-zione non ha effetto se data in forma diversa; vi sono casi in cui è la legge stessa ad imporre una determinata forma per il contratto, a pena di nullità dello stesso. In tutti gli al-tri casi l’accettazione ha forma libera, potendo essere anche differente rispetto a quella della proposta (esempio: propo-sta scritta e accettazione telefonica). Infine un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta (che necessiterà quindi a sua volta di una accettazione da parte dell’altro contraente). Finché l’accordo non è stato raggiunto, c’è la possibilità per entrambe le parti di agire con la revoca: la proposta come l’accettazione possono essere revocate fin-ché al proponente non è pervenuta l’accettazione. Se tuttavia l’accettante ha intrapreso l’esecuzione del contratto in buona fede, nella convinzione che fosse concluso, avrà diritto ad essere indennizzato per le spese sostenute e le perdite subite per l’iniziata esecuzione del contratto. In alcuni casi il propo-nente si obbliga a mantenere ferma la proposta per un certo periodo di tempo, si obbliga cioè all’irrevocabilità. Modalità particolari di formazione dell’accordo delle parti saranno ana-lizzate nei paragrafi seguenti.

2) la causa. La causa è lo scopo del contratto, la funzione economica che compie il contratto che si va a concludere. Se Tizio vende a Caio la sua automobile, la causa del contratto

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è data dallo scambio del bene col prezzo; se un imprenditore assume alle proprie dipendenze un lavoratore, la causa è lo scambio dell’attività lavorativa con la remunerazione. Dalla causa vanno distinti i motivi, che sono le ragioni di natura per-sonale ulteriori ed estranee alla causa. Tornando agli esempi sopra citati, Tizio vende la sua automobile perché ha bisogno di denaro o perché desidera un’automobile nuova; e così via. Mentre la causa è rilevante ed è elemento essenziale del con-tratto, i motivi sono irrilevanti: se cambiano o vengono meno, ciò non inciderà sul rapporto giuridico regolarmente instau-rato. L’unico caso in cui il motivo rileva è quando (art. 1345 c.c.) è illecito e comune ad entrambe le parti; ciò renderà tutto il contrario illecito. In quanto elemento essenziale del contratto la causa deve essere lecita e meritevole di tutela; la causa è illecita (art. 1343 c.c.) quando è contraria a norme imperative (ad esempio: contratto di affitto di fondo rustico che non rispetti le disposizioni delle leggi speciali a tutela del coltivatore), all’ordine pubblico (ad esempio: contratto con cui si impedisce ad un candidato di presentarsi alle elezioni) e al buon costume (ad esempio: contratto di meretricio). Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa; in tal caso si avrà un contratto (o negozio) in frode alla legge: il contratto di per sé è lecito, ma mira a realizzare un risultato vietato, quindi la causa va reputata illecita (ad esempio: il li-cenziamento seguito da immediata riassunzione, artificio con cui il datore di lavoro lucra indebitamente aggirando le norme a tutela del lavoratore, come per esempio quelle sul calcolo dell’indennità di fine rapporto).

3) l’oggetto. L’oggetto si distingue dalla causa, che - come si è detto - è lo scopo del contratto e può essere identificato nella cosa o attività su cui si fonda il contratto. Nella compravendi-

ta, ad esempio, l’oggetto è la cosa venduta ed il prezzo ricevu-to; nella locazione l’appartamento locato e il canone ricevuto; nel mutuo il denaro prestato e poi restituito; nel trasporto la cosa spedita ed il prezzo pagato. Stabilisce l’art. 1346 c.c. che l’oggetto del contratto deve essere possibile (da un punto di vista pratico-materiale e giuridico, ad esempio non è possibile la vendita di un bene andato distrutto), lecito (non contrario a norme imperative, ordine pubblico e buon costu-me, cioè non deve prevedere prestazioni proibite dalla legge), determinato o determinabile (cioè precisato, nel senso che le parti al momento della stipula devono essere in grado di conoscere nelle linee fondamentali l’impegno che assumono).

4) la forma, quando questa è prevista dalla legge a pena di nullità. La forma è il modo nel quale deve essere redatto il contratto o manifestata all’esterno la volontà negoziale. Di so-lito la forma è libera, ma in certi casi può essere prescritto l’utilizzo di una forma determinata il cui rispetto condiziona la validità del contratto stesso. Se la legge prescrive una deter-minata forma o le parti ne eleggono convenzionalmente una, se poi non viene utilizzata, il contratto sarà nullo, mancando uno dei suoi elementi essenziali. La forma è essenzialmente di tre tipi: a) orale, quella più ricorrente, che si esprime nella manifesta-zione verbale della volontà; b) scritta, quando la volontà delle parti è materialmente ripro-dotta in un documento; c) per atto pubblico, quando l’atto in cui è trascritta la volontà dei contraenti è redatto a cura di un pubblico ufficiale autoriz-zato o di un notaio. La legge all’art. 1350 c.c. elenca gli atti che devono farsi per iscritto (atto pubblico o scrittura privata a pena di nullità); il lungo elenco riguarda in particolare gli atti concernenti le vicende giuridiche degli immobili, la costi-

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tuzione o estinzione di diritti reali, i contratti di società in cui si conferiscono immobili, ed in genere tutto ciò che concerne i diritti reali immobiliari.

Quelli analizzati finora sono gli elementi essenziali del contratto, ma esistono anche i c.d. elementi accidentali del contratto, quelli cioè che possono esistere o meno all’interno dello schema che regola l’accordo delle parti. Gli elementi accidentali del contratto sono:

1) la condizione. La condizione è quell’elemento eventuale consistente in un avvenimento futuro ed incerto, cui le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto; si parla infatti di condizione sospensiva nel primo caso e di condizione risolutiva nel secondo caso. L’elemento deve es-sere futuro ed incerto proprio perché non deve essersi ancora verificato né le parti devono essere in grado di sapere con anticipo se si verificherà. Ad esempio, una casa può essere acquistata da un candidato ad un concorso in vista di un tra-sferimento di sede in caso di vittoria; si può apporre una con-dizione sospensiva in base alla quale gli effetti del contratto di compravendita si produrranno solamente in caso di vittoria nel concorso ovvero apponendo una condizione risolutiva in base alla quale gli effetti verranno meno in caso di mancata vittoria.

2) il termine. Nel termine, a differenza di quanto avviene per la condizione, l’avvenimento è certo, ma non si sa il momento in cui si verificherà (ad esempio la morte di un individuo); le parti possono stabilire il momento a partire dal quale il con-tratto inizierà a produrre i suoi effetti (c.d. termine iniziale), oppure cesserà di produrli (c.d. termine finale).

3) l’onere. L’onere infine incombe sul soggetto beneficiario di una prestazione gratuita e può consistere in una prestazione di dare, fare o non fare, da compiere a favore dello stesso sog-getto beneficiante o di un terzo dallo stesso indicato. L’onere è disciplinato dalla legge in materia di testamento e donazione (artt. 647-648 e 793-794 c.c.), mentre manca una disciplina di esso in ambito contrattuale; in tale ambito l’applicazione dell’onere è limitata ai negozi a titolo gratuito, visto che nei contratti a titolo oneroso perderebbe la propria caratteristica di elemento accessorio del contratto per divenire un vero e proprio corrispettivo della prestazione ricevuta. Il modus non incide sulla efficacia del contratto (come condizione e termi-ne), ma determina la nascita di obbligazioni aggiuntive ed ac-cessorie a carico del soggetto beneficiato di una prestazione gratuita; non si tratta di una vera e propria controprestazione, ma comunque di obblighi giuridici in tutto e per tutto.

Fra gli elementi accidentali del contratto, infine, meritano un ri-lievo particolare anche la clausola penale (di cui agli artt. 1382-1384 c.c.) e la caparra (ex artt. 1385 e 1386 c.c.).

4) La clausola penale è quella con cui le parti concordano una preventiva e convenzionale liquidazione del danno in caso di inadempimento o ritardo di una di esse nell’esecuzione della prestazione, a prescindere dalla prova del danno stesso. La pattuizione della penale limita il risarcimento all’importo pre-visto, salvo che non sia stata convenuta anche la risarcibilità del danno ulteriore, il che prevede però che esso dovrà essere provato nel suo intero ammontare. In tema di clausola penale l’art. 1384 c.c. attribuisce al giudice il potere di riduzione ad equità, che può essere esercitato anche d’ufficio; ciò significa che se il giudice ravvisa una manifesta eccessività dell’im-porto della penale oppure se l’obbligazione principale è stata

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adempiuta in parte, egli può ridurre l’importo della penale secondo la propria discrezionale valutazione.

5) La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è una somma di denaro (o una quantità di cose fungibili) che una parte con-segna all’altra a garanzia dell’esecuzione del contratto, con l’accordo che, in caso di suo inadempimento, l’altra parte po-trà recedere dal contratto trattenendo quella somma o le cose ricevute; nell’ipotesi in cui il contratto venga regolarmente adempiuto, la caparra deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. La sua funzione è quella di rinforzare il vincolo contrattuale e stimolare le parti all’adempimento.Dunque tra penale e caparra confirmatoria esistono le seguen-ti differenze: 1) la caparra può essere pattuita solo per l’inadempimento, mentre la penale anche per il ritardo; 2) la caparra è una pattuizione a carattere reale, perché si perfeziona con la consegna del denaro, mentre la clausola penale fa sorgere un’obbligazione; 3) la penale fissa un limite al danno risarcibile (salvo sia di-versamente pattuito), mentre la caparra confirmatoria non preclude al contraente adempiente di domandare l’esecu-zione o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento del danno, da provare e determinare secondo le regole generali.Esiste anche la caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), una som-ma versata al momento della conclusione del contratto, che costituisce il corrispettivo di un diritto di recesso, versato an-ticipatamente, pattuito per una o per entrambe le parti.

3. La formazione del contratto

Il contratto può essere concluso da soggetti a cui l’ordinamento ri-conosce la capacità di porre in essere, personalmente ed autono-mamente, atti negoziali destinati a produrre effetti nella propria sfera giuridica, a cui riconosce cioè la c.d. capacità di agire. La capacità di agire, che si acquista al raggiungimento della maggio-re età, fissata al compimento del diciottesimo anno di età, rende il soggetto capace di compiere atti giuridici rilevanti per l’ordina-mento ed in grado di incidere sulla sua sfera personale e patri-moniale. Il soggetto minore è quindi privo della capacità di agire, così come il soggetto maggiorenne che abbia una capacità di di-scernimento compromessa, ad esempio a causa di una malattia mentale. Per i soggetti considerati incapaci di agire dall’ordina-mento esistono una serie di istituti con lo scopo di garantire che questi soggetti non pongano in essere atti potenzialmente idonei ad incidere negativamente sui propri interessi; nel caso specifico del contratto, quello eventualmente posto in essere dal minore o da soggetto legalmente incapace di contrattare sarà sottoposto al regime dell’annullabilità.Come si è detto, l’art. 1321 c.c. definisce il contratto come l’ac-cordo fra due o più parti. Il concetto di parte non coincide con quello di soggetto, perché è parte il centro di imputazione di in-teressi omogenei, che può essere costituito anche da più soggetti distinti, che in presenza di una comunanza di interessi assumono una posizione uniforme nel contratto ed esprimono un’unica vo-lontà negoziale. Solitamente la parte che agisce è quella nella cui sfera giuridica si verificano gli effetti del contratto; questa regola subisce un’eccezione con l’istituto della rappresentanza, che è il potere di un soggetto (il rappresentante) di compiere atti giuridici in nome di un altro soggetto (il rappresentato). In questi casi il contratto posto in essere dal rappresentante produce effetti nella

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sfera giuridica del rappresentato, che è parte sostanziale anche se non formale. In questi casi si dice anche che il rappresentan-te agisce in nome e per conto del rappresentato. La fonte della rappresentanza può essere legale (il caso classico è quello della rappresentanza dei genitori per i figli minori) oppure volontaria, cioè frutto di una scelta del rappresentato di conferire un potere al rappresentante, tramite un atto di carattere autorizzativo che si chiama procura. La procura può essere generale o speciale a seconda che conferisca al rappresentante il potere di compiere tutti gli atti relativi alla gestione patrimoniale dell’interessato o esclusivamente il potere di compiere singoli atti giuridici espres-samente indicati.

4. Il contratto per adesione

Ci sono casi in cui il contenuto del contratto non è oggetto di trattativa, quindi il consenso non si forma a seguito di una ne-goziazione. Sono i casi in cui il contraente può solo decidere di concludere o meno l’affare aderendo ad uno schema predisposto da altri.Si parla in tal caso di contratti per adesione che si distinguono in:

a) contratti per adesione a condizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.), cioè a clausole uniformi predisposte unilateral-mente da uno dei contraenti per disciplinare in modo stan-dardizzato i propri contratti. Sono vincolanti per chi aderisce, anche se non inserite nel corpo del contratto, purché siano conosciute o conoscibili utilizzando l’ordinaria diligenza al momento della sottoscrizione. In questo ambito una discipli-na particolare è riservata alle c.d. clausole vessatorie.

b) contratti conclusi mediante moduli o formulari (art. 1342 c.c.); anche in questo caso la formazione del contratto è sta-bilita da un solo contraente predisponente su appositi moduli o formulari, cui viene posta in calce una firma per accetta-zione da parte dell’altro contraente. Anche in questo caso lo scopo è quello di disciplinare in modo uniforme determinati rapporti; la regola stabilita dalla legge per questi contratti è che qualora vi siano clausole aggiunte al modulo o al formula-rio, queste prevalgono su quelle prestampate qualora incom-patibili, anche qualora le seconde non siano state cancellate.

c) contratti aperti all’adesione di altre parti (art. 1332 c.c.); in questa ipotesi lo stesso contratto è aperto all’adesione di sog-getti diversi ed ulteriori rispetto a quelli che originariamente l’hanno sottoscritto. Grazie alla presenza della c.d. clausola di adesione è prevista la successiva adesione di nuove parti; ciò avviene tipicamente nei contratti con comunione di scopo dove le parti del contratto perseguono un interesse comune (ad esempio una società per azioni dove i soggetti che non erano soci sottoscrivono nuove azioni). Le adesioni successive devono essere indirizzate all’organo costituito per l’esecuzio-ne del contratto o, in mancanza, a tutti gli originari contraenti.

5. Il contratto concluso mediante comportamento concludente

Come si è visto, tra i requisiti del contratto vi è l’accordo, cioè l’incontro della volontà delle parti, chiamato anche consenso; il consenso si raggiunge quando si forma l’incontro di una offerta (o promessa) contrattuale e di una accettazione. L’accettazione può anche non esprimersi mediante una dichiarazione esplicita,

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ma mediante comportamento concludente. Si ha comportamento concludente ogni volta che la manifestazione della volontà sia indiretta, cioè si esteriorizzi non mediante una dichiarazione, ma mediante un indizio di quanto si vuol significare. Il comportamento concludente si risolve in un contegno oggetti-vamente orientato in una determinata direzione programmatica, da cui si evince l’interiore stato d’animo del soggetto; si parla altresì di una condotta significativa, dalla quale è desumibile in via in-terpretativa una volontà negoziale che non si trova dichiarata in modo espresso e la volontà stessa viene ricostruita in via logica in base all’analisi del comportamento tenuto.Se, ad esempio, l’accettante inizia a svolgere la prestazione in modo inequivoco, si deduce che il contratto è concluso e si riterrà concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzio-ne. Pensiamo anche al caso dell’automobilista che entra con la propria auto in un parcheggio a pagamento o di chi salendo su un autobus manifesta l’intento di concludere un contratto di traspor-to, rispondendo all’offerta al pubblico costituita dalla circolazione degli autobus. Stessa cosa per quel che riguarda gli acquisti self service, siano essi di ristorazione o approvvigionamento in un su-permercato; in questi casi la conclusione del contratto avviene in modo assai semplice: il cliente si serve da sé, poi si presenta alla cassa per pagare il prezzo; manca una dichiarazione espressa di voler acquistare, tutto avviene tacitamente e ciò che rileva è il comportamento, che rappresenta in modo inequivocabile l’inten-zione di voler acquistare. Altro esempio tipico di comportamen-to concludente (seppur non in ambito contrattuale) è quello di una persona che dopo aver scritto, datato e sottoscritto di propria mano il testamento, volontariamente lo distrugge, facendo così presupporre la volontà di revocarlo.Va precisato che il comportamento non rileva di per sé e non può quindi essere considerato concludente ogni volta che la legge imponga vincoli di natura formale (che non possono appunto es-

sere superati da un comportamento concludente, la cui rilevanza viene così a priori esclusa): ad esempio, una pattuizione avente quale effetto la costituzione, modificazione, estinzione di diritti reali immobiliari non potrebbe essere desumibile tramite condot-te concludenti.Il silenzio può valere come manifestazione tacita di volontà? Nor-malmente il motto “chi tace acconsente” non ha valore giuridico; chi tace non compie un atto giuridicamente rilevante, tranne nei casi previsti dalla legge, cioè quelle ipotesi in cui sia stato violato un obbligo di parlare posto a carico del soggetto rimasto inerte. Sono ad esempio i casi di modifiche unilaterali di un contratto (ad esempio materia bancaria) quando l’utente le subisca senza contestarle, così che si avrà un nuovo assetto contrattuale o le ipotesi di rinnovo tacito del contratto in caso di mancata disdetta; ancora pensiamo al caso di accettazione tacita dell’eredità (art. 476 c.c.: il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone volontariamente la sua volontà di accettare, come ad esempio la vendita di un immobile ereditato).Per fare invece un esempio in cui il silenzio non è rilevante (come regola generale) pensiamo ad un consumatore che si veda reca-pitato un libro per posta senza che l’abbia richiesto; in capo a questo soggetto vi sarà solo l’obbligo di restituirlo se non intenda acquistarlo, ma non vi sarà alcun obbligo di acquisto.

6. I contratti a distanza

Un particolare modo di formazione del contratto è quello che caratterizza i c.d. contratti a distanza, definiti dalla legge come “quei contratti, aventi ad oggetto beni o servizi, stipulati tra un professionista e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal

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professionista” che impiega esclusivamente “una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso” (art. 50 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo).Con l’espressione “tecnica di comunicazione a distanza” si in-tende fare riferimento a qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, possa im-piegarsi per la conclusione del contratto tra le parti; parliamo, in particolare, di tecniche che comportano l’utilizzo di stampati, lettere circolari, pubblicità a stampa con buoni d’ordine, catalo-ghi, telefono con o senza l’intervento di un operatore, radio, vide-otelefono, teletext con tastiera o schermo sensibile al tatto, posta elettronica, fax, televisore.L’utilizzo delle tecniche di comunicazione a distanza comporta, per i consumatori, una serie di rischi, che il legislatore ha voluto bilanciare con delle corrispondenti tutele; vi è, innanzitutto, il rischio di prestare il proprio consenso alla conclusione di un con-tratto di cui il consumatore non ha potuto adeguatamente valutare i termini e le condizioni, perché queste possono, ad esempio, essere trasmesse attraverso tecniche di comunicazione che non ne consentono la conservazione, primo fra tutti il mezzo telefoni-co; può inoltre esistere la difficoltà di una precisa individuazione del fornitore come pure l’impossibilità di avere diretta visione del bene oggetto del contratto prima della decisione finale all’acqui-sto.Come si è detto, a fronte di queste condizioni di “debolezza” o svantaggio in cui si trova il consumatore, la legge ha stabilito una serie di regole che lo tutelano e tendono a riequilibrare la sua posizione nei confronti del professionista.Poteva accadere in passato che ricette, suonerie e giochi elettro-nici venissero presentati come gratuiti salvo poi nascondere one-rosi vincoli contrattuali (sotto forma ad esempio di abbonamenti). A seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. 21 febbraio 2014 n.

21, i consumatori dovranno a loro stessa tutela confermare espli-citamente di avere compreso di essere in presenza di un’offerta a pagamento (da un punto di vista pratico e concreto, la norma stabilisce che se l’ordine deve essere effettuato azionando un pul-sante o un link, questi devono indicare in modo inequivocabile che con tale click il consumatore si obbliga a pagare una somma di danaro; in caso contrario, il consumatore non è vincolato al contratto o all’ordine e, dunque, non è obbligato a pagare).Nell’ambito dei contratti telefonici (contratti a distanza che ven-gono conclusi per telefono) il professionista (gestore telefonico, ad esempio) deve confermare l’offerta al consumatore che è vin-colato solo dopo averla firmata o dopo averla accettata per iscrit-to anche mediante firma elettronica. In caso di servizi (fornitura di energia, ad esempio), la conferma da parte del professionista deve avvenire prima dell’erogazione del servizio stesso. In ogni caso, è previsto che il servizio non venga prestato nei quattordici giorni validi per il recesso a meno che il consumatore non lo ri-chieda espressamente. Sia che si tratti di vendita di beni o servizi, il professionista ven-ditore dovrà assicurarsi di aver chiarito esplicitamente il costo totale del prodotto o servizio offerto, comprensivo di qualsiasi ex-tra. Non potranno essere validamente richiesti costi aggiuntivi al consumatore, se questi non ne era stato espressamente informato prima di inviare l’ordine.Nel caso di vendite a distanza il tempo a disposizione per eserci-tare il diritto di recesso è di quattordici giorni; si arriva a un anno e quattordici giorni se il venditore non ha adeguatamente infor-mato il consumatore sull’esistenza del diritto stesso. Se il consumatore esercita il diritto di recesso, dovrà ricevere il rimborso delle somme versate entro i quattordici giorni successi-vi, con lo stesso strumento di pagamento utilizzato per acquistare il bene o il servizio. I costi di spedizione saranno comunque a carico del venditore mentre saranno a carico del consumatore i

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costi di restituzione. Pur trattandosi di contratti negoziati fuori dai locali commerciali, le norme suddette non si applicano se il consumatore deve paga-re un corrispettivo non superiore ai 200 euro. Non si applicano inoltre ad alcune tipologie di contratto come i contratti di credito al consumo, i contratti a distanza di servizi finanziari, la multipro-prietà, i contratti stipulati con l’intervento di un pubblico ufficiale - tra cui i notai -, i contratti turistici.

7. Gli effetti del contratto

L’ordinamento dispone una serie di conseguenze giuridiche che si verificano quando le parti raggiungono l’accordo contrattuale. L’art. 1372 c.c. stabilisce che il contratto ha forza di legge tra le parti; ciò significa che le parti sono vincolate a quanto da loro stesse programmato, oltre che a quanto determinato dalla legge (integrazione del contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c.). Sciogliersi dal vincolo contrattuale quindi non è possibile se non per mutuo consenso, cioè con un nuovo contratto di natura solu-toria e liberatoria, di contenuto uguale e contrario a quello origi-nario, con cui le parti ripristinano la situazione preesistente alla stipulazione dello stesso. Il mutuo consenso deve essere prestato da tutti i partecipanti al contratto originario e deve essere espres-so con la medesima forma, se richiesta a pena di nullità; le parti possono stabilire che gli effetti decorrano dal momento della sot-toscrizione del contratto originario o da quello della sottoscrizione del secondo contratto.È inoltre irrilevante un eventuale pentimento della parte in or-dine alla conclusione del contratto, così come non è possibile apporre ad esso modifiche unilaterali, a meno che la legge o il

contratto stesso non lo prevedano. Secondo l’art. 1373 c.c. se ad una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto1, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto inizio di esecuzione. Nei contratti ad esecuzione continuata (ad esempio il contratto di locazione perché la casa è lasciata in modo continuativo nella disponibilità dell’inquilino) o periodica (ad esempio il contratto di somministrazione di derrate, in quanto la somministrazione va ripetuta a distanza di tempo a scadenze determinate), tale facoltà può essere esercitata anche successiva-mente all’inizio dell’esecuzione, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.Va infine specificato che il contratto non produce effetto rispetto ai terzi, se non nei casi previsti dalla legge; la sfera giuridica altrui rimane così protetta dalla possibilità che qualcuno attraverso un contratto produca effetti sfavorevoli nella sfera giuridica di coloro che non ne sono parte.

8. Rescissione e risoluzione

Con gli istituti della rescissione e della risoluzione il contratto si scioglie, per motivi e con conseguenze differenti.La rescissione è disciplinata dagli artt. 1447 e seguenti del codice civile; costituisce un’eccezione al principio generale dell’autono-mia negoziale, in base al quale le parti sono libere di concordare un’operazione economico commerciale alle condizioni che scel-gono. In due ipotesi espressamente previste questa autonomia incontra dei limiti:

1 Il diritto di recesso consiste nella facoltà concessa al contraente di poter unilateralmente scio-gliere il vincolo contrattuale restituendo il bene acquistato (o revocando l’ordine) e conseguente-mente ottenendo la restituzione del prezzo pagato

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1) contratto concluso in stato di pericolo; la parte che ha assun-to obbligazioni a condizioni inique esclusivamente per la ne-cessità, nota all’altra parte, di salvare sé od altri dal pericolo di un danno grave alla persona (deve trattarsi di un danno che si verificherebbe sicuramente senza l’intervento della contro-parte), può chiedere la rescissione del contratto;

2) contratto concluso in stato di bisogno; se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra e la spropor-zione è dipesa dallo stato di bisogno di una delle parti (che può riguardare anche persona diversa dal contraente e può consistere ad esempio in una carenza di mezzi patrimonia-li), del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può chiedere la rescissione del contratto. La sproporzione tra le prestazioni legittima la richiesta di re-scissione solo nell’ipotesi in cui il valore della prestazione eseguita o promessa superi il doppio dell’altra (c.d. lesione ultra dimidium).

La rescissione può essere richiesta solo dalla parte nel cui interes-se è prevista e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.L’azione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto (a meno che il fatto non costituisca anche reato, nel qual caso il termine di prescrizione coinciderà con il più lungo termine di prescrizione del reato stesso). Il contraente contro il quale è do-mandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità; ad esempio pagando una somma che faccia venir meno il presupposto della sproporzione fra le prestazioni dedotte in contratto.Una volta ottenuta una sentenza che pronuncia la rescissione, gli effetti del contratto saranno eliminati dal momento della sotto-scrizione del medesimo e la parte che ha ottenuto al pronuncia in suo favore potrà ottenere la restituzione di quanto prestato oltre

l’eventuale risarcimento del danno ulteriore.La risoluzione del contratto è disciplinata dagli artt. 1453 e s.s. del codice civile. Quando uno dei contraenti non adempie le ob-bligazioni assunte nel contratto (in caso di contratto a prestazioni corrispettive) l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto. Perché in caso di inadempimento si possa chiedere la risoluzione del contratto devono ricorrere alcune circostanze:

- l’inadempimento deve essere imputabile al debitore, nel senso che costui non adempie alla prestazione volutamente o per colpa;- l’inadempimento deve essere grave, non di scarsa impor-tanza.

Anche il semplice ritardo nell’esecuzione della prestazione può legittimare la richiesta di risoluzione, ricorrendo i presupposti suddetti.Il diritto di chiedere la risoluzione del contratto si prescrive in die-ci anni dal momento in cui si è verificato il grave inadempimento.Una volta ottenuta la risoluzione, gli effetti sono retroattivi, cioè il contratto si considera come mai venuto ad esistenza tra le parti; le parti devono restituire le eventuali prestazioni ricevute (effetti restitutori), sono definitivamente liberate dagli obblighi derivanti dal contratto (effetti liberatori) e la parte inadempiente dovrà ri-sarcire il danno subito dall’altra parte (effetti risarcitori).La risoluzione del contratto si può realizzare attraverso la pronun-cia del Giudice oppure di diritto in via stragiudiziale: ciò accade in presenza di una diffida ad adempiere, di una clausola risolutiva espressa o di un termine essenziale.La diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.) consiste in una intimazio-ne scritta alla parte inadempiente di adempiere alla obbligazioni assunte entro un dato e congruo termine (che non può essere inferiore a 15 giorni salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che per la natura del contratto o secondo gli usi risulti congruo un

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termine minore), con l’avviso che, una volta decorso inutilmente tale termine, il contratto di intenderà risolto; l’effetto risolutorio, una volta trascorso il termine, sarà automatico ed irreversibile.La clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) è quella clausola inserita nel contratto con cui le parti convengono che, in caso di inadempimento di una obbligazione secondo le modalità stabilite, il contratto sarà risolto; in questa ipotesi la risoluzione si verifica di diritto quando una parte comunica all’altra, in qualsiasi forma idonea a raggiungere lo scopo della comunicazione, che inten-

de avvalersi della clausola; in questo caso la valutazione sulla gravità dell’i-n a d e m p i m e n t o non rileva, poiché le parti hanno sta-bilito a priori che si tratta di un ina-dempimento che “merita” la sanzio-ne della risoluzio-

ne.Il termine essenziale (art. 1457 c.c.) è quello implicito nella na-tura dell’affare o comunque desumibile dall’insieme delle presta-zioni e da come sono state determinate (ad esempio prestazione del sarto che deve cucire un vestito da sposa). In caso di inadem-pimento in presenza di un termine essenziale il contratto si consi-dera risolto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione. In particolare la risoluzione si produce se, entro tre giorni dalla scadenza del termine, la parte non comunica all’altra che vuole comunque avere la prestazione nonostante la scadenza.La risoluzione può verificarsi anche per impossibilità sopravvenuta (art. 1463 e seguenti c.c.). In tal caso non è l’inadempimento,

sottoforma di comportamento colposo o volontario di una delle parti, a determinare la risoluzione come forma di sanzione, ma il verificarsi di una circostanza non imputabile al debitore che rende la prestazione impossibile da eseguire (ad esempio il pe-rimento del bene per causa non imputabile alla parte). L’impos-sibilità sopravvenuta estingue l’obbligazione e lo scioglimento opera di diritto. La regola dettata dalla legge è che nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la con-troprestazione e deve restituire quella eventualmente già ricevuta. Può accadere che una prestazione diventi solo parzialmente im-possibile; in tal caso l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta e può recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempi-mento parziale. In caso di contratti che trasferiscono la proprietà di un bene (o altri diritti reali), se l’impossibilità sopravviene al trasferimento, l’acquirente non è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegna-ta (perché l’effetto traslativo si è già prodotto e l’alienante sta solo custodendo il bene). Ulteriore ipotesi di risoluzione stragiudiziale (o di diritto) è quella dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (artt. 1467 e seguenti c.c.): nei contratti ad esecuzione continuativa o periodica (c.d. di du-rata) ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione di una del-le parti è divenuta, al momento dell’esecuzione, eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari o imprevedi-bili, comunque non imputabili al contraente, la parte tenuta a tal prestazione può domandare la risoluzione, sempre che la soprav-venuta onerosità non rientri nell’alea normale del contratto. Con questo strumento il legislatore ha voluto porre rimedio ad una si-tuazione non prevista al momento della conclusione del contratto, che fa gravare su uno dei contraenti gli esiti negativi di un rischio non prevedibile e non rientrante in quel grado di incertezza insito

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in ogni normale contrattazione (ad esempio, un evento bellico che provoca una forte inflazione). Anche in questo caso la risoluzione può essere evitata se la parte contro la quale è domandata si offre di modificare equamente le condizioni del contratto.

9. Nullità e annullabilità

Vi sono casi in cui il contratto presenta anomalie tali da renderlo non idoneo a perseguire scopi meritevoli di tutela. Il codice civile disciplina due ipotesi di invalidità negoziale: la nullità e l’annul-labilità.La nullità è considerata la forma più grave di invalidità negozia-le; il contratto viene valutato negativamente per la sua carenza strutturale, ossia per la mancanza o impossibilità originaria di un elemento costitutivo, oppure per la sua dannosità sociale e quindi per la sua illiceità. La nullità determina la inidoneità del contrat-to a produrre effetti giuridici e legittima le parti alla ripetizione dell’indebito qualora sia stata eseguita una prestazione (vale a dire che se c’è stato, ad esempio, un pagamento in forza di un contratto poi dichiarato nullo, quel pagamento dovrà essere resti-tuito).La cause di nullità sono elencate nell’art. 1418 c.c., che prevede tre categorie.

1) Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente (cioè il caso in cui è prevista una sanzione per la violazione della legge stessa che va a sanare così la nullità); in questa prima ipotesi la nullità sarà desumibile dall’interprete dal contrasto tra il contratto e una norma dell’ordinamento giuridico.

2) Il contratto è altresì nullo quando manca uno degli ele-menti indicati dall’art. 1325, quando sia illecita la causa o il motivo comune determinante o quando l’oggetto sia privo di uno dei requisiti di cui all’art. 1346 c.c. (cfr. par. 1).

3) Il contratto è infine nullo quando è il legislatore a prevede-re ulteriori specifiche ipotesi di nullità (c.d. nullità testuale), come avviene ad esempio per alcuni casi di divieto di compra-vendita (art. 1471 c.c.).

La nullità colpirà solo i contratti pendenti e posti in essere dopo che la disposizione che la prevede sia entrata in vigore, mentre non vale per gli effetti già prodotti.La nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (salvo alcune rare eccezioni come quella in materia di diritto dei consumatori) oltre ad essere rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio. L’azione per far valere la nullità non si prescrive.Il contratto nullo non può essere oggetto di convalida (a differenza di quello annullabile).Esistono delle ipotesi di nullità parziale; la nullità parziale di un contratto (o di singole clausole) comporta la nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non l’avrebbero concluso sen-za quella parte del contenuto colpita da nullità; deve trattarsi cioè di una parte o di una clausola essenziale. L’annullabilità è invece una forma di invalidità considerata meno grave rispetto alla nullità, e che non determina l’inefficacia ab origine del contratto, poiché gli effetti di questo si producono im-mediatamente (in quanto il contratto è strutturalmente perfetto) ma possono venire eliminati solo ed in quanto il contratto stesso venga impugnato dalla parte nell’interesse della quale l’annulla-bilità è stabilita; a differenza di quanto accade per la nullità, non è previsto il potere di intervento del Giudice di ufficio.

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La legge prevede che il contratto possa essere annullabile nei seguenti casi:

1) Incapacità legale di una delle parti a contrarre (ad esempio incapacità di intendere e di volere, inabilitazione o minore età).

2) Vizi del consenso, che sono errore, violenza e dolo. In que-sti casi la volontà che anima il soggetto alla contrattazione presenta delle anomalie che giustificano la richiesta di annul-lamento del contratto. In particolare: l’errore indica una falsa rappresentazione della realtà e deve essere essenziale (cioè cadere sulla natura o sull’oggetto del contratto, su una qualità determinante dello stesso o sull’identità o sulle qualità dell’altro contraente o quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione uni-ca o principale del contratto) e riconoscibile, cioè rilevabile da una persona di normale diligenza. Vizi del consenso che danno luogo ad annullabilità sono ad esempio: acquisto miglio credendolo grano, acquisto un anel-lo d’argento credendolo d’oro, confondo gli effetti giuridici della locazione con quelli della compravendita, stipulo un contratto con un soggetto credendolo un professionista, ma così non è.La violenza sussiste ogni volta che vi sia una forma di coa-zione che menomi la libertà di determinazione; deve trattarsi esclusivamente di una forma di violenza psicologica; se si trattasse di coercizione fisica, infatti, si ricadrebbe in un’ipo-tesi di nullità, poiché mancherebbe la stessa dichiarazione di volontà della parte. Secondo il codice civile (artt. 1434 e ss.) deve trattarsi di una violenza di tal natura da aver effetto su di una persona sensata (avendo riguardo, per valutare il grado di impressionabilità, ad età, sesso e condizione della persona)

e da farle temere di esporre sé (ma anche il coniuge, un figlio o un genitore) o i suoi beni ad un male ingiusto e notevole. La violenza è causa di annullamento del contratto anche se è esercitata da un terzo.Infine il dolo costituisce un artificio o raggiro con cui un sog-getto induce un altro in errore, al fine di fargli porre in essere un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato. Deve trat-tarsi di raggiri (anche qui usati da un contraente o anche da un terzo), tali che senza di essi l’altra parte non avrebbe con-trattato. Il caso tipico è quello del mendacio, consistente in una dichiarazione con cui si muta il vero; ma rientra nel dolo anche la c.d. reticenza, cioè l’aver taciuto consapevolmente circostanze che, se conosciute, avrebbero fatto desistere l’al-tro contraente dallo stipulare.

3) Altri casi espressamente previsti dalla legge: ad esempio il caso del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi ex art. 1394 c.c..

L’azione per far valere l’annullamento del contratto si prescrive in cinque anni. Per conteggiare correttamente questo termine, oc-corre distinguere le varie ipotesi: in caso di vizio del consenso o incapacità legale il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato di interdizione o inabilitazione, ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età; negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto.Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento mediante un atto di conva-lida che deve contenere la menzione del contratto e del motivo di annullamento e la dichiarazione che si intende convalidarlo.Per completezza si precisa che nullità ed invalidità vanno tenute distinte da inesistenza ed inefficacia: si ha inesistenza quando le

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anomalie del negozio sono tanto gravi da far ritenere la fattispecie nemmeno esistente, quindi incapace di produrre effetti giuridici (esempio contratto emesso in un determinato ambito da un’au-torità assolutamente carente di poteri); si ha invece inefficacia quando il contratto non produce i suoi effetti (sia perché invalido, sia perché sottoposto, ad esempio, ad una condizione sospensiva).

10. Il codice del consumo e i contratti del consumatore

La legge prevede una serie di regole “speciali” quando a contrarre è un consumatore; queste regole speciali sono previste in favore del consumatore, considerato soggetto svantaggiato, a volte meno informato e preparato rispetto al soggetto professionale con cui si trova a sottoscrivere un contratto; per questo l’ordinamento, con una serie di accorgimenti ed obblighi a carico del professionista, tende a ristabilire quella parità che dovrebbe essere alla base di qualunque trattativa e successivo accordo.Le norme a tutela del consumatore sono contenute nel “codice del consumo”, d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206.All’art. 3 del codice del consumo viene definito il consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”; al con-trario, il professionista è la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale.Dunque il consumatore che, come si è detto, può essere esclusi-vamente una persona fisica, agisce per il soddisfacimento di un bisogno relativo alla sua sfera privata, personale o familiare.Il codice del consumo si compone di sei parti: nella parte I si trovano i diritti fondamentali e le definizioni; nella parte II le nor-me sull’educazione, l’informazione, le pratiche commerciali e la

pubblicità; nella parte III i contratti di consumo; nella parte IV la disciplina della sicurezza e della qualità dei prodotti; nella parte V le associazioni dei consumatori, l’accesso alla giustizia e la class action; nella parte VI le disposizioni finali.Come si accennava al principio della presente guida, i contratti del consumatore presentano una serie di deroghe ai principi ge-nerali di libertà contrattuale ed una serie di norme di protezione a tutela del contraente considerato “debole”, che ora di seguito vedremo.Possono essere considerati contratti del consumatore solo quelli conclusi tra un consumatore ed un professionista.Per quel che riguarda il contenuto di questi contratti, che richie-dono necessariamente la forma scritta, una prima regola generale è contenuta all’art. 35 del codice del consumo, che prevede un onere di trasparenza, cioè chiarezza e comprensibilità delle clau-sole che vengono proposte al consumatore per iscritto. Spesso infatti il consumatore si trova di fronte a contratti predisposti dal professionista, ai quali deve solo scegliere se aderire o meno; dunque la tutela della formazione del consenso, in un contratto il cui contenuto non si è potuto determinare a seguito di una con-trattazione, viene garantita innanzitutto attraverso l’obbligo posto a carico del professionista di formulare le clausole in modo chiaro e trasparente.In moltissimi casi la formazione corretta del consenso viene tu-telata anche imponendo obblighi di contenuto, cioè informazioni che devono necessariamente essere fornite al contraente o prima della conclusione del contratto (anche consegnando allegati o do-cumenti informativi separati) o da inserire all’interno dello stesso (ad esempio in materia di multiproprietà, di pacchetti viaggio, ecc..).Tipica clausola che deve essere inserita in alcuni contratti con il consumatore è quella del diritto di recesso.Mentre, come già indicato, il diritto all’esercizio del recesso può

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essere inserito facoltativamente in qualsiasi contratto, in relazione ai contratti di compravendita di beni o servizi, conclusi a distanza, ovvero fuori dai locali commerciali, tra consumatore e professionista e solo dal primo nei confronti del secondo e non viceversa vi è l’ob-bligo di inserimento di tale clausola. Si tratta dei contratti conclusi via internet, via telefono o in genere fuori dai negozi dove abi-tualmente un consumatore si recherebbe per acquistare un bene e/o un servizio. Il professionista, dal canto suo, deve sempre farsi onere di comunicare al consumatore, all’interno dell’assetto con-trattuale, il diritto di recesso di cui gode (pena, come vedremo, l’allungamento dei termini), che è per sua natura irrinunciabile e non assoggettabile a penali o limitazioni. Il consumatore può esercitarlo senza essere tenuto a fornire alcuna spiegazione circa i motivi e le cause per cui intende sciogliere il contratto. Ogni clausola contraria alle regole appena descritte sarebbe da consi-derarsi nulla. Il consumatore deve porre estrema attenzione a termini e modalità entro cui esercitare il diritto di recesso. Con il decreto legislativo 21 febbraio 2014 n. 21, l’Italia ha recepito la Direttiva Europea 2011/83/UE, allungando i termini fino a quel momento determi-nati dal legislatore nazionale. Oggi, una volta effettuato l’acquisto a distanza o fuori dai locali commerciali il termine per esercitare il recesso è di quattordici giorni che decorrono dalla conclusione del contratto in caso dei contratti di servizi, dal giorno della consegna della merce nel caso di contratti di vendita di beni; il termine arri-va a un anno e quattordici giorni se il venditore non ha adeguata-mente informato il consumatore sull’esistenza del diritto stesso. Il decreto sopra menzionato stabilisce le informazioni standard che devono essere fornite al consumatore in materia di recesso, con un modello allegato (vedi http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/4178-allegatodgs212014.html). In caso di viola-zione degli obblighi informativi il consumatore non deve sostenere neppure il costo diretto di restituzione dei beni.

Come si è detto, a seguito dell’esercizio del diritto di recesso, il consumatore dovrà ricevere il rimborso di quanto pagato entro i quattordici giorni successivi, con lo stesso strumento di pagamen-to utilizzato per acquistare il bene o il servizio. I costi di spedi-zione saranno comunque a carico del venditore mentre saranno a carico del consumatore i costi di restituzione della merce. Per esercitare il diritto di recesso il consumatore potrà utilizzare un modello standard, valido per tutti i paesi europei, anch’esso allegato al decreto (vedi allegato B, http://www.agcm.it/trasp-sta-tistiche/doc_download/4178-allegatodgs212014.html), ma sarà comunque valida qualsiasi altra forma di espressione esplicita della volontà di recedere.Se il venditore vuole addebitare al consumatore i costi della resti-tuzione del bene conseguente all’esercizio del diritto di recesso deve informarlo sull’esistenza dei costi stessi indicando il costo massimo. In mancanza di tali informazioni le spese di restituzioni saranno a carico del venditore.

11. Le clausole vessatorie

La disciplina legale delle clausole vessatorie, pur non interessan-do esclusivamente il consumatore, ha una portata ancor più strin-gente per i contratti che lo riguardano, proprio in ragione della “debolezza” e della “condizione di svantaggio”, che – come già spiegato – il legislatore riconosce al consumatore quando si trova a dover stipulare un contratto con un professionista.La disciplina generale delle clausole c.d. vessatorie è prevista dall’ art. 1341 c.c. dedicato alle “Condizioni generali di contratto”, che al secondo comma dispone che “in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di

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responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente de-cadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rin-novazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”. Queste clausole proprio perché producono un forte squilibrio fra le parti, sono considerate, dunque, inefficaci, se non approvate per iscritto. Come già argomentato nei paragrafi precedenti, esiste da tem-po un fenomeno di crescente diffusione dei c.d. “contratti per adesione” e “a distanza”, generalmente stipulati con banche, as-sicurazioni o società di comunicazione, che offrono i propri servi-zi a condizioni predeterminate su moduli o formulari, che l’altro contraente si limita a sottoscrivere. Alla luce di ciò, alla regola generale suddetta, contenuta nel codice civile, è stata affiancata una disciplina specifica delle clausole vessatorie che riguardano il consumatore; tale disciplina è stata originariamente prevista anch’essa nel codice civile, per confluire poi, riformata anche alla luce delle direttive comunitarie, nel codice del consumo: agli artt. 33-38 e 139-141 si disciplinano così le clausole vessatorie nei rapporti tra professionisti e consumatori.Secondo l’art. 33 del codice del consumo, si considerano vessato-rie le clausole che “malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli ob-blighi derivanti dal contratto”. Al fine di eliminare questo squili-brio, gravante sul consumatore, quale parte economicamente più debole, la clausola o le clausole considerate vessatorie, ex artt. 33 e 34 del codice del consumo, sono sanzionate con la nullità, mentre il contratto rimane valido per il resto (art. 36).La vessatorietà di una clausola viene stabilita tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto, sulla base del-le circostanze esistenti al momento della sua conclusione, delle

altre clausole contenute nello stesso ovvero in altro contratto ad esso collegato (art. 34).Ad ogni modo, le clausole contenute per iscritto nel contratto proposto al consumatore, devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile: in caso di dubbio e di formulazione oscura prevale sempre l’interpretazione più favorevole all’utente (art. 35).Il secondo comma del menzionato art. 33 indica espressamente le clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria. Tra le diverse ipotesi enucleate dalla norma rilevano, in particola-re, le clausole volte ad escludere o limitare: la responsabilità del professionista in caso di danno (o morte) alla persona del consu-matore dovuta ad un’azione o omissione dello stesso; le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento (totale o parziale) o di adempimento inesatto; l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo. Rilevano, altresì, le clausole volte a: prevedere un impegno da parte del consumatore subordinando, viceversa, l’esecuzione della prestazione del professionista ad una condizione dipendente unicamente dalla sua volontà; riconoscere solo al professionista la facoltà di recedere dal contratto e consen-tirgli di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore in caso di recesso o mancata conclusione del contratto da parte di quest’ultimo (senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma, laddove sia quest’ultimo a non concludere il contratto o a recedere); consentire al profes-sionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa (ecc.).In deroga alle disposizioni di cui al comma 2, i successivi commi 3 e 4 dell’art. 33 introducono esplicite eccezioni per i contratti che hanno ad oggetto le prestazioni di servizi finanziari, nei quali è consentito al professionista, in presenza di un giustificato moti-vo e previa comunicazione al consumatore: recedere senza preav-

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viso; modificare le condizioni del contratto o il tasso di interesse e l'importo di qualunque altro onere originariamente convenuto (con relativo diritto del consumatore di recedere). Non rientrano, altresì, tra le clausole vessatorie, le condizioni che riproducono disposizioni di legge o norme e principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti gli Stati membri dell’Unione Europea (art. 34).Valgono ad escludere, inoltre, la vessatorietà, le eventuali tratta-tive tra le parti. L’art. 34 sancisce, infatti, che “non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa indivi-duale”. È questa l’ipotesi della c.d. doppia sottoscrizione (che ave-vamo incontrato anche nell’ipotesi dell’art. 1341 c.c.): la prova che vi sia stata trattativa fra le parti è data dal fatto che la singola clausola venga in qualche modo evidenziata, “separata grafica-mente” dall’elenco delle clausole cui il consumatore deve aderire sottoscrivendo il modulo. Solitamente, le clausole che superano il limite della vessatorietà grazie alla doppia sottoscrizione vengono richiamate in calce al contratto e vanno nuovamente sottoscritte; in questo modo è come se fossero “accettate” due volte: la prima cumulativamente insieme al corpo del contratto, la seconda spe-cificamente quando vengono riportate in calce ad esso. Nella pra-tica non è ovviamente scontato che vi sia stata una contrattazione specifica su ognuna di queste clausole in elenco per doppia sot-toscrizione, ma il consumatore accorto ed informato, dovrà alzare il livello di attenzione ed avere un accorgimento in più qualora dovesse trovarsi di fronte a questa eventualità (elenco separato di clausole da rifirmare in calce al contratto). Non sempre la doppia sottoscrizione è sufficiente; ci sono casi in cui la vessatorietà è insuperabile. Sono tassativamente affette da nullità, ancorché oggetto di trattativa, le seguenti tre clauso-le, aventi per oggetto o per effetto di: “a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla

persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del consuma-tore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto”.

12. La responsabilità precontrattuale e contrattuale

In questa guida si è analizzata la disciplina che ruota attorno al contratto a partire dalla nascita dello stesso (nelle forme tradizio-nali o in quelle specifiche), le sue vicende, le sue anomalie e le conseguenze e responsabilità per i contraenti in ognuna di queste fasi. Vi è però anche un momento che precede la formazione del contratto, che è quello delle trattative e che rileva sotto il profilo della responsabilità dei futuri contraenti sotto molteplici aspetti. Se è vero che le parti durante lo svolgimento delle trattative sono libere di decidere se concludere o meno, devono però in ogni caso agire secondo buona fede (art. 1337 c.c.); chi violi questo precetto, ponendo in essere un comportamento scorretto in danno dell’altro, va incontro a responsabilità precontrattuale. La ragione di questa forma di responsabilità è quella di tutelare la liber-tà negoziale dei soggetti nella fase di formazione della volontà, sanzionando comportamenti che possano generare affidamenti o convinzioni erronee. Quali sono i comportamenti che possono fare sorgere tale tipo di responsabilità?La regola generale è quella della buona fede; poi la legge prevede all’art. 1338 c.c. un obbligo comportamentale che impone alla

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parte che conosce o dovrebbe conoscere una causa di invalidità del contratto di darne notizia alla controparte; se non lo fa dovrà risarcire il danno che la controparte ha subito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. Per far sorgere l’ob-bligo risarcitorio l’affidamento deve essere appunto “senza colpa” della controparte, venendo così escluse tutte le ipotesi di manca-ta informazione circa l’esistenza o la portata di norme di legge; infatti per il principio “ignorantia legis non excusat”, la parte che non sia a conoscenza di una causa di invalidità per mancata cono-scenza della relativa norma di legge, non può imputare tale igno-ranza alla controparte, trattandosi di norme di legge che ciascun cittadino avrebbe il dovere di conoscere.L’ipotesi più diffusa di responsabilità precontrattuale resta quella di recesso ingiustificato dalle trattative: le parti, come si è detto, fino al momento della conclusione del contratto, sono libere di recedere in qualsiasi momento dalle trattative, ma, nell’ipotesi in cui queste siano giunte a un punto tale da far sorgere l’affidamen-to incolpevole della controparte circa la stipulazione del contrat-to, il recesso è legittimo solo se sorretto da un giustificato motivo.Altra ipotesi frequente di responsabilità precontrattuale si confi-gura quando siano stati lesi obblighi di informazione e chiarezza gravanti su entrambe le parti nel corso delle trattative e ciò abbia portato alla sottoscrizione di un contratto con condizioni pregiu-dizievoli per una delle parti; vale a dire che se le informazioni fossero state scambiate secondo buona fede, il contratto sarebbe stato stipulato a condizioni differenti.La responsabilità contrattuale è disciplinata dall'art. 1218 c.c., che così recita “Il debitore che non esegue esattamente la pre-stazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossi-bilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.” Ciò significa che se l’inadempimento è derivato da impossibilità della prestazione e questa non sia dipesa da causa imputabile al

debitore, l’obbligazione si estingue e il debitore non è più tenuto ad adempiere. In caso contrario il debitore è ritenuto responsabile dell’inadempimento e deve risarcire al creditore tutti i danni che ne siano derivati.Quali sono gli strumenti che ha a disposizione il creditore per reagire all’inadempimento del debitore?

1) l’azione di esatto adempimento; nell’ipotesi in cui la pre-stazione non sia stata in tutto o in parte eseguita il creditore, se il credito è ancora esigibile, può ottenere la condanna del debitore all’adempimento dell’obbligazione, rivolgendosi al giudice che emetterà una sentenza dichiarativa in tal senso;2) l’azione di risoluzione; sull’azione di risoluzione si è ampia-mente detto al paragrafo 8;3) l’azione di risarcimento del danno (o azione risarcitoria); con questa azione il creditore ha lo scopo di reintegrare il proprio patrimonio, riportandolo nello steso stato in cui si sarebbe tro-vato se non si fosse verificato l’inadempimento; questa azione può essere esperita indipendentemente rispetto a quelle di risoluzione e di esatto adempimento, essendo del tutto auto-noma e non sussidiaria ad esse.

13. Risoluzione delle controversie

La stipula di un contratto può determinare contenziosi tra le parti per risolvere i quali occorre ricorrere all’autorità giudiziaria.Il Giudice di Pace è l’organo giurisdizionale deputato a dirimere le controversie civili di piccola entità. Ha specifiche competenze in materia civile, penale e amministrativa. La competenza civile è ampia, praticamente analoga a quella del Tribunale e regolata in base al valore del contendere.

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Quella amministrativa riguarda sanzioni e multe (comminate ai sensi della legge 689/81 e del codice della strada), quindi ver-bali, ordinanze/ingiunzioni e, in alcuni casi, cartelle esattoriali.Per quanto riguarda la materia civile dal 4/7/2009 si può adire il Giudice di Pace per cause di valore fino a 5.000 euro (in prece-denza 2.582,28), innalzati a 20.000 (in precedenza 15.493,71) se la controversia riguarda il risarcimento dei danni da circolazio-ne stradale.Il Giudice di Pace, poi, ha competenza esclusiva (senza limiti di valore) per i seguenti tipi di controversie:

• cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi ri-guardo al piantamento degli alberi e delle siepi;• cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;• cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immo-bili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propaga-zioni che superino la normale tollerabilità.

Allorché si adisce il Giudice di Pace in sede contenziosa, si in-staura un vero e proprio giudizio che si svolge secondo le seguenti modalità: alla prima udienza il giudice interroga le parti e tenta una conciliazione, ovvero cerca di far giungere le stesse ad un “accordo”. Se questo non viene raggiunto le parti devono precisa-re i fatti, le difese, le eccezioni, con presentazione delle eventuali documentazioni e prove. A decisione del giudice può essere fissa-ta una seconda udienza per completare la fase istruttoria (attra-verso l’ascolto di testimoni o l’esecuzione di consulenze tecniche, ecc…). Quando il giudice decide che il procedimento è giunto al termine, invita le parti a precisare le conclusioni. Alla fine il giudice decide ed emette sentenza. Le parti possono, volendo,

presentare appello in Tribunale entro 30 giorni.Se il valore della controversia non supera i 516,46 euro e si pen-sa di avere le necessarie competenze per gestire la causa si può decidere di procedere senza avvocato.Per cause di valore fino 1.100 euro, se le parti interessate ne fanno richiesta, il Giudice di Pace decide secondo equità, cioè senza attenersi strettamente alle norme di diritto e seguendo, in parte, criteri soggettivi.In questo particolare caso la sentenza è appellabile solo per vio-lazione delle norme sul procedimento o di norme costituzionali o comunitarie.Il ricorso davanti al Giudice di Pace va presentato di persona re-candosi presso l’ufficio competente. Quando ad agire è un consu-matore, sarà competente il giudice della zona di residenza dello stesso (in casi particolari, come tipicamente i ricorsi avverso le multe, è competente il giudice del luogo ove è avvenuta l’infra-zione).Come si è già detto, per cause di valore fino a 516 euro, chiunque può agire senza l’assistenza di un legale; si potrà allora fare la co-siddetta citazione orale, recandosi personalmente presso l’ufficio del Giudice di Pace ed esponendo oralmente le proprie ragioni, accompagnate da eventuale documentazione.Il Tribunale è competente per tutte le cause che non sono com-petenza del Giudice di Pace. Il Tribunale è altresì esclusivamente competente (cioè indipendentemente dal valore della controver-sia) per le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile (ad esempio cause di separazio-ne).In alcuni casi, prima di adire l’autorità giudiziaria occorre tentare preliminarmente e obbligatoriamente una mediazione, sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

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La mediazione è l’attività svolta da un terzo imparziale e finaliz-zata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.Il D. Lgs. n. 28/2010 distingue due tipi di mediazione: facoltati-va, cioè scelta dalle parti volontariamente e obbligatoria, quando per poter procedere davanti al giudice, le parti debbono aver ten-tato prima senza successo la mediazione.Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 28/2010, la mediazione è obbli-gatoria a pena di improcedibilità nelle seguenti materie: condo-minio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di fa-miglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffa-mazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblici-tà, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Ciò significa che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a questi settori deve preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione con l’assistenza di un avvocato. Il mancato tentativo di mediazione dovrà essere eccepito in giu-dizio dal convenuto, a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione non è stata esperita, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda.In ogni altra materia la mediazione potrà essere avviata dalle parti su base volontaria, sia prima che durante il processo.La domanda di mediazione deve essere presentata innanzi all’or-ganismo di mediazione iscritto al Registro istituito presso il Ministe-ro della Giustizia del luogo del giudice territorialmente competente per la controversia e deve contenere l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni.Qualora si opti per un organismo di mediazione delle Camere di Commercio, il servizio si occuperà di contattare l'altra parte e cu-

rerà tutti gli aspetti organizzativi, nominando un mediatore. Qualora la parte accetti di partecipare, presso la sede della Came-ra, si svolgerà il primo incontro di mediazione, in cui il mediatore chiarirà le funzioni e le modalità di svolgimento della procedura, invitando le parti a pronunciarsi sulla possibilità di iniziare la me-diazione.Il primo incontro consente, quindi, di esaminare con il mediatore la possibilità che la mediazione, nel caso concreto, possa con-sentire di giungere a un accordo di conciliazione. Una volta che le parti congiuntamente decidano di proseguire il tentativo entra nel vivo e il mediatore potrà aiutarle a trovare una soluzione.Il mediatore avrà la possibilità di ascoltare le parti in sessioni con-giunte e in sessioni separate. Quest’ultime sono di fondamentale importanza perchè quanto viene riferito da una parte al mediato-re in quella sede non potrà essere riferito all’altra parte senza il consenso della parte dichiarante e spesso le “informazioni stra-tegiche” sono proprio quelle necessarie per poter giungere alla soluzione del problema. Con il mediatore, le parti potranno quindi convergere su un assetto negoziale condiviso senza che l’una sia necessariamente a conoscenza degli interessi dell’altra.Al termine del procedimento di mediazione le parti potranno aver raggiunto o meno un accordo amichevole.Se le parti non trovano un accordo, l’incontro di mediazione ter-mina e il verbale darà atto dell’esito negativo. Quando invece viene raggiunto un accordo il mediatore redigerà un verbale di esito positivo a cui verrà allegato il testo dell’accor-do raggiunto.L’accordo eventualmente raggiunto sarà vincolante per le parti come un contratto. Se formalmente regolare e non contrario a nor-me imperative o all’ordine pubblico, può divenire titolo esecutivo grazie al procedimento di omologazione.Qualora gli avvocati che abbiano assistito le parti sottoscrivano l’accordo, certificando che lo stesso non è contrario a norme im-

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I PRECEDENTI VOLUMI DELLA COLLANA "I QUADERNI DEL CONSUMATORE"

Nella collana “I Quaderni del Consumatore” realizzata a cura del Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio di Ancona, sono già stati pubblicati i seguenti volumi:

n. 1 "Il consumo sostenibile" (Marzo 2009)

n. 2 "S.O.S. Turista" (Luglio 2009)

n. 3 "I contratti a distanza" (Dicembre 2009)

n. 4 "Le etichette ecologiche" (Dicembre 2010)

n. 5 "La sicurezza dei prodotti" (Giugno 2011)

n. 6 "Le pratiche commerciali scorrette" (Dicembre 2012)

n. 7 "Il nuovo condominio" (Dicembre 2013)

n. 8 "Prescrizioni e decadenze" (Dicembre 2014)

I volumi sono scaricabili gratuitamente dal sito della Camera di Commercio di Ancona: www.an.camcom.gov.it.

perativo o di ordine pubblico, l’accordo è immediatamente utiliz-zabile come titolo esecutivo, senza necessità di ricorrere neppure all’omologazione da parte del Presidente del Tribunale.Il procedimento di mediazione ha una durata massima stabilita dalla legge di tre mesi.Inoltre, secondo il D. lgs. n. 28/2010, chi si avvale della media-zione ha diritto a vantaggi fiscali.

IL NUOVOCONDOMINIO

La Legge 11 dicembre 2012 n. 220 ha innovato profondamente la disciplina del condominio, apportando una serie di novità riguardanti ammi-nistratori, assemblee e gestione economica e, più in generale, ciò che ciascun condomino può o non può fare.

La guida intende illustrare gli aspetti salienti dellariforma e offrire a tutti i cittadini che vivono in un condominio o comunque proprietari di un immo-bile in ambito condominiale, una serie di informa-zioni teoriche e pratiche per conoscere e quindi tutelare i propri diritti.

Camera di Commercio, Industria,Artigianato, Agricoltura di Ancona

Piazza XXIV Maggio 1,60124 Ancona

Tel. + 39 071 58 98 250-360Fax +39 071 58 98 [email protected]

© 2014 Camera di Commercio di Ancona

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9IL NUOVOCONDOMINIO

La Legge 11 dicembre 2012 n. 220 ha innovato profondamente la disciplina del condominio, apportando una serie di novità riguardanti ammi-nistratori, assemblee e gestione economica e, più in generale, ciò che ciascun condomino può o non può fare.

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IL CONTRATTOLa guida si inserisce nel quadro delle iniziative realizzate con l’obiettivo di fornire ai consuma-tori gli strumenti informativi necessari per tute-lare i propri diritti.

In particolare nel volume verranno illustrate le caratteristiche generali del contratto, le va-rie modalità di formazione dello stesso, le sue eventuali vicende patologiche, le caratteristi-che dei contratti con il consumatore (che go-dono di una disciplina specifica) e le modalità di accesso alla giustizia; il tutto con l’obiettivo di offrire al privato uno strumento per eserci-tare nel modo più consapevole ed informato i propri diritti e la propria autonomia contrat-tuale.

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