i testimoni del tempo

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Page 1: I testimoni del tempo

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Page 2: I testimoni del tempo

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I QUADERULA (I QUADERNI DI ADERULA)

----------------- 9 ---------------- COLLANA DI STUDI STORICI

SUI LUOGHI ATELLANI

Page 3: I testimoni del tempo

5

Questo volume è stato curato da

A.D.E.R.U.L.A. ASSOCIAZIONE DI ESPRESSIONI RICERCHE USANZE LUOGHI ATELLANI

e patrocinato, con un contributo economico, da:

ASSOCIAZIONE A.R.C.A. – S.ARPINO;

Edil Cavi s.r.l. – S.Antimo

Sig. Chiariello Corrado – Capogruppo Consiliare A.N. –

Comune di S.ANTIMO

Marlen Italy – S.Arpino

Pezzella Immobiliare s.r.l.

NOTE SUGLI AUTORI

Antonio DELL’AVERSANA

Nasce in S.Arpino nel 1951. Diplomato al Liceo Classico “Francesco DURANTE di

Frattamaggiore, intraprende, nel 1971, la carriera militare nell’Esercito Italiano fino al

grado di Tenente Colonnello. Conduce, dal 1991, ricerche di Storia locale. Ha dato alle

stampe, in collaborazione con altri autori, 9 lavori sulla storia di Atella e di S. Arpino.

E’ membro dell’Asssociazione A.D.E.R.U.L.A.

Elpidio SPUMA

Nasce in S. Arpino nel 1965. Diplomato all’ITIS “Alessandro VOLTA” DI Aversa, si

arruola, nel 1986, nella Guardia di Finanza di cui è Appuntato. Appassionato fotografo e

cultore di Storia patria, ha alle spalle alcune mostre fotografiche di successo.

E’ membro dell’Asssociazione A.R.C.A.

Page 4: I testimoni del tempo

6

Antonio Elpidio

DELL’AVERSANA SPUMA

I TESTIMONI

DEL TEMPO

EDICOLE, LAPIDI E STEMMI

DI S. ARPINO

Presentazione

del

Dott. Giuseppe BENINCASO

Page 5: I testimoni del tempo

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INDICE

PRESENTAZIONE pag.13

PREFAZIONE pag.19

CAPITOLO I

LE EDICOLE “SANTE CROCI “ pag.23

1. LA ”SANTA CROCE” DELLA “MADDALENA” pag.24

2. LA ”SANTA CROCE” DEL “TRIVICO” pag.26

3. LA ”SANTA CROCE” DELLA “FERRUMMA” pag.28

4. LA ”SANTA CROCE” DI

VIA S.MARIA DELLE GRAZIE pag.30

5. LA ”SANTA CROCE” DI PIAZZA UMBERTO I pag.32

CAPITOLO I I

LE LAPIDI pag.37

1. LA LAPIDE DELLA CAPPELLA DELLA

MADDALENA pag.38

2. LE LAPIDI CHE RICORDANO L’ANTICA

CHIESA DI S. ELPIDIO VESCOVO pag.40

Page 6: I testimoni del tempo

8

3. LA LAPIDE DEI FRATI MINIMI pag.44

4. LE LAPIDI DEI SANTI PROSPERO E

COSTANZO pag.46

5. LA LAPIDE DI ALONZO VIII

SANCHEZ DE LUNA pag.53

6. LA LAPIDE DELL’ABATE

VINCENZO DE MURO pag.55

7. LE LAPIDI DELLA NUOVA CHIESA DI

S. ELPIDIO VESCOVO pag.60

8. LA LAPIDE DEL MEDICO

ALFONSO GUARINO pag.64

9. LE LAPIDI DEGLI ZARRILLO pag.67

10. LA LAPIDE DI MARIA MAGLIOLA pag.69

11. LE LAPIDI DI GIUSEPPE MACRI’ pag.70

12. LA LAPIDE DI GIOVANNI ARDIZZONE pag.80

13. LE LAPIDI DELL’AMMINISTRAZIONE

LEGNANTE NEL CIMITERO pag.83

Page 7: I testimoni del tempo

9

14. LA LAPIDE DELLA CAPPELLA

DEL PURGATORIO pag.88

15. LE LAPIDI DI PADRE PASQUALE ZIELLO pag.89

16. LE LAPIDI DELLA CAPPELLA

DI S. MARIA DELLE GRAZIE

NEL CIMITERO pag.99

17. LA LAPIDE DEL PARROCO

FRANCESCO PEZZELLA pag.101

18. LE LAPIDI DI AMEDEO CINQUEGRANA pag.104

19. LE LAPIDI DEI CADUTI IN GUERRA pag.108

20. LAPIDI ED INSEGNE VARIE pag.113

CAPITOLO I I I

GLI STEMMI pag.117

1. GLI STEMMI DEI SANCHEZ DE LUNA pag.119

1.a LO STEMMA DI ALONZO III

SANCHEZ DE LUNA pag.121

1.b LO STEMMA DI ALONZO VII

SANCHEZ DE LUNA pag. 125

Page 8: I testimoni del tempo

10

1.c LO STEMMA DI ALONZO VIII

SANCHEZ DE LUNA pag.129

1.d LO STEMMA “IGNOTO” DELLA

FAMIGLIA SANCHEZ DE LUNA pag.133

2. GLI STEMMI DEL VESCOVO

MARCO DE SIMONE E DEL FRATELLO

MEDICO ANTONIO DE SIMONE pag.137

3. LO STEMMA DEL VESCOVO

ORAZIO MAGLIOLA pag.143

4. LO STEMMA DEL PALAZZO ZARRILLO pag.148

5. LO STEMMA DELLA FAMIGLIA LETTERA pag.149

6. LO STEMMA DEL PALAZZO DE MURO pag.152

7. LO STEMMA “VECCHIO” DI S.ARPINO pag.153

8. LO STEMMA DELLA FAMIGLIA

REGNANTE SAVOIA pag.156

9. LO STEMMA DEI FRATI MINIMI DI

S. FRANCESCO DI PAOLA pag.157

10. LO STEMMA DEL PAPA

GIOVANNI PAOLO II pag.158

Page 9: I testimoni del tempo

11

11. LO STEMMA DEL SACRO CUORE DI GESU’ pag.59

12. LO STEMMA NUOVO ED IL GONFALONE

DEL COMUNE DI S.ARPINO pag.160

APPENDICE DOCUMENTARIA pag.165

BIBLIOGRAFIA E FONTI ARCHIVISTICHE pag.235

RINGRAZIAMENTI pag.237

Page 10: I testimoni del tempo

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PRESENTAZIONE

“ . . . e fu sera e fu mattina: un altro giorno.”

La presentazione di un libro intitolato “I testimoni del tempo”

inevitabilmente obbliga ad alcune considerazioni sul concetto

“Tempo” e, senza scomodare le alte vette del pensiero speculativo e

filosofico, l’espressione biblica citata all’inizio mi pare contenga tutti

gli elementi per individuare in maniera sintetica, ma esaustiva, tale

dimensione.

Di ritorno a casa, dopo una giornata di duro lavoro, mi piace

sfogliare quegli opuscoli illustrati sui programmi della televisione e,

saltando da una proposta televisiva ad un’altra, cerco di organizzarmi

la serata.

Spesso, però, rimango deluso dalla programmazione e, per

riprendermi dalla delusione, mi precipito a vedere le proposte

dell’indomani sera e le confronto con ciò che ho visto la sera

precedente e, mentre pregusto la partita di pallone che vedrò domani,

davanti agli occhi si ricompongono le scene del film visto ieri.

Ma, a ben pensarci, faccio la stessa cosa per molte altre cose: per le

vacanze, per il lavoro, per gli acquisti, ecc. ed alla fine mi perdo e mi

sento avvolto e trascinato da un turbinio di eventi che non riesco a

governare, fatto di progetti che si trasformano in ricordi e di ricordi

sulla base dei quali faccio i progetti.

Vivo una condizione di futuro che diventa passato l’attimo stesso in

cui accade.

E tutto questo a causa del “tempo”, questo nostro padrone e signore,

che c’inchioda a ritmi cosmici di eventi ciclici, che ci manipola, ci

condiziona, ci aliena, ci snerva, ci rende brute comparse di uno

spettacolo di cui egli è il sommo regista, ci consuma ed, alla fine, ci

distrugge.

Il “tempo”, quest’orrido vecchio canuto e bianco, che rivela

impietosamente il suo vero volto solo nella vecchiaia, dopo averci

teso la mano nella fanciullezza ed illuso in gioventù.

La mitologia classica gli attribuiva il nome di “KRONOS”.

Page 11: I testimoni del tempo

13

Figlio di Urano e Gea, Kronos era il più giovane dei Titani. Istigato

dalla madre, volle punire il padre dell’empia colpa di gettare i figli

sulla terra, appena partoriti da Gea, e con un falcetto di silice ben

affilato lo evirò privandolo degli attributi maschili.

Kronos stesso, comunque, non era immune da perversità ed empietà

nei confronti della prole. Una profezia gli aveva predetto che un suo

figlio lo avrebbe detronizzato e, per non essere spodestato, divorava i

figli appena nati.

Il lettore, tuttavia, non deve farsi impressionare dalla brutalità della

narrazione mitologica, soffermandosi al solo senso letterale, giacché

dietro la storiella, più o meno fantasiosa, si celano delle profonde

verità e degli insegnamenti utili per la corretta formazione della

psiche umana.

Infatti, emerge dal mito, la mostruosità propria di chi vuole scuotere e

sconvolgere, raccontando vicende assurde e grottesche, che risultano

proponibili solo perché concepite in ambito sovrannaturale, al di fuori

dei contesti morali e fisici che reggono una normale esistenza umana.

Divorare i figli vuol essere, dunque, l’immagine cruda del “tempo”

che stritola e divora, quanti si lasciano trascinare dal meccanismo

della cieca ciclicità, ingoiati dal vortice implacabile della casualità

routinaria.

Ma … continuiamo nella narrazione mitologica.

La moglie di Kronos, Rea, stanca del macabro pasto, sostituì l’ultimo

nato, Zeus, con un sasso, che fece ingoiare al marito al posto del

pargolo. Divenuto adulto, Zeus detronizzò il padre e lo obbligò a

rigurgitare i figli ingoiati. Così rividero la luce Demetra, Estia, Era,

Poseidone ed Ade, fratelli e sorelle di Zeus.

Dopo aver inutilmente tentato, con l’aiuto degli altri Titani, di

riprendersi il trono, Kronos riparò nel Lazio dove fu ospitato dal re

Giano. Qui fondò una città che, dal nome nuovo che aveva assunto, e

cioè Saturno, chiamò Saturnia. Il suo regnò fu improntato alla

saggezza ed all’equità, insegnò ai suoi sudditi a coltivare i campi e

prosperità ed abbondanza caratterizzarono il suo governo, tanto da

essere ricordato come la mitica età dell’oro.

Page 12: I testimoni del tempo

14

In suo onore nell’antica Roma, tra il 17 ed il 23 dicembre, si

celebravano i “Saturnali”, per invocare il ritorno del dio e con lui la

prosperità e l’abbondanza.

Il significato di tutto questo è presto detto.

L’”obiettivo”, se così si può dire, del Tempo è di perpetuare

all’infinito i ritmi ed i cicli in modo che niente possa perturbare il loro

prodursi all’infinito; tutto questo, però, a discapito dell’affermazione

della singola personalità, che rimane, pertanto, schiacciata dalla mole

immane di questo cosmico ingranaggio.

Il problema, quindi, è bloccare il susseguirsi incessante del continuo

divenire, mediante l’acquisizione della consapevolezza di ESSERE,

tale da affermare la propria ESISTENZA, facendola sublimare da

una condizione di una amorfa ed insignificante apparizione (i figli

divorati da Kronos), in una presenza consapevole, attiva e propulsiva

(Zeus che scaccia Kronos).

Soltanto in questo modo il “Tempo” si rivelerà essere un nostro

“padre” premuroso ed affettuoso, solerte nel guidarci, prodigo di

consigli, pronto a lenire i nostri affanni ed ad infonderci fiducia per

l’avvenire (Kronos che, col nome di Saturno, elargisce abbondanza e

felicità).

Non a caso si dice che il tempo allevia tutti i dolori, anche quelli più

gravi, che più passa il tempo e più si diventa maturi e che il domani

sarà sempre più radioso dell’oggi.

Vivere il proprio PRESENTE, pertanto, costituisce la regola

fondamentale.

Ma la condizione temporale del “PRESENTE” non la possiamo

vivere pienamente, la possiamo solo avvertire, perché siamo

continuamente proiettati verso l’avvenire (sintropia), con uno sguardo

rivolto al passato. Cosa faremo, cosa diremo, dove andremo ecc.,

sono i nostri interrogativi quotidiani, dimenticando che l’attimo stesso

in cui faremo, in cui diremo ed in cui andremo, già l’avremmo fatto,

l’avremmo detto o ci saremmo arrivati.

Page 13: I testimoni del tempo

15

Questa impossibilità di vivere pienamente il “PRESENTE”

probabilmente deriva dal fatto che esso appartiene all’eternità e,

quindi, al divino.

Nella Bibbia è scritto che JAHVÈ si rivelò a MOSE’ nel roveto

ardente con il seguente appellativo: “ IO SONO COLUI CHE

SONO”. E quando Mosè insistendo chiedeva maggiori delucidazioni

sulla sua missione, Jahvè rispondeva: “ … dirai che “ COLUI

CHE E’ ti ha mandato … “

Per cui cosa ci rimane da fare per bloccare il “Tempo”?

L’unica cosa che ci rimane da fare per evitare la dissoluzione e

l’oblio è quello di lasciare dei segni, delle impronte, delle tracce del

nostro passaggio, della nostra esistenza, sia in noi stessi sia

nell’ambiente esterno.

In noi stessi, attraverso le esperienze vissute in maniera consapevole,

le quali incidono la nostra coscienza ed una volta registrate e

memorizzate diventano “conoscenza”.

Esternamente, nell’ambiente in cui viviamo, che modelliamo e

plasmiamo secondo il nostro modo di vedere, di sentire, di percepire,

di capire, di manifestarci: un ambiente ben tenuto e curato ci rivela

per essere delle persone intelligenti, un ambiente sozzo, inquinato e

devastato ci rivela per essere degli emeriti imbecilli !!!

In aiuto a noi, uomini del terzo millennio, è intervenuta la tecnologia,

che attraverso vari strumenti, dalla fotografia, al cinema, alle

registrazioni ed ai computers, ci permette di cogliere quest’attimo

fuggente chiamato “PRESENTE”.

I nostri avi non avevano tali possibilità ed affidavano

all’incorruttibilità della pietra l’arduo compito di fissare il

“PRESENTE”.

Emergono, allora, a volte facendosi spazio tra irriverenti ed

opprimenti edifici moderni, reperti, lapidi, monumenti, icone, edicole,

ruderi e quant’altro, quali mute testimonianze di un passato più o

meno lontano.

Un passato, tuttavia, fatto presente dall’assordante silenzio di

ammonimenti ai posteri incisi su lastre di marmo o dal fragore festoso

Page 14: I testimoni del tempo

16

ma impercepibile di solenni celebrazioni istoriate su pietra o di una

ricorrenza immortalata su granito a futura memoria ed affinchè i

posteri sappiano.

Queste incisioni che destano stupore e meraviglia in quanto rivelano

l’abilità del maniscalco nell’incidere il foglio calcareo, unita ad una

sapiente maestria nell’esprimere con poche parole avvenimenti, fatti e

ricorrenze.

E le vediamo queste lapidi in bella evidenza, collocate con gran

valenza all’interno di muri o affissi sui basamenti dei monumenti, a

volte grandi e maestose, a volte piccole ed aggraziate.

Esse c’inducono rispetto e ci trasmettono un certo timore

reverenziale, per essere pensiero umano antico, e cioè verbo di

uomini che non ci sono più, ma che vengono evocati non appena ci si

sofferma a leggere la loro volontà.

Volontà che diviene storia, che diviene tradizione e che, quindi, entra

a far parte del patrimonio culturale della collettività, che nella ricerca

di una propria identità e nell’affannosa affermazione della propria

esistenza, costituisce l’unico valido ancoraggio per evitare l’oblio.

Come pure le icone e l’edicole collocate qua e là, quasi oggetti di

arredamento del territorio, con immagini e scene provenienti da una

religiosità fatta di credenze e superstizione, destinate a “consacrare”

l’ambiente ed a renderlo più propizio ai suoi abitanti.

La riscoperta e la valorizzazione di questi reperti, che sono senz’altro

privi di interesse artistico o architettonico, assumono, invece, una

importanza fondamentale in un quadro ricostruttivo di una identità

storica, la sola in grado di trasformare una accozzaglia di individui in

un popolo.

Da qui l’enorme valore di questo libro, frutto di una lunga ed

appassionata ricerca sul territorio da parte degli instancabili autori

Antonio Dell’Aversana ed Elpidio Spuma, continuamente impegnati

nella ricostruzione e nella preservazione di questa identità storica che

appartiene di diritto al popolo di Sant’Arpino, che diviene tale

soltanto riconoscendosi in essa.

Page 15: I testimoni del tempo

17

Allora, la citazione biblica iniziale “ … e fu sera, e fu mattina un altro

giorno”, alla luce di quanto detto sopra, acquista un significato

diverso e più pregnante rispetto ad una ciclicità imperturbabile ed

opprimente, e cioè di opportunità sempre nuove che si rinnovano con

l’alternarsi del giorno e della notte, in un continuo arricchimento

elargito da un TEMPO portatore di felicità ed abbondanza per

ognuno, quale persona singola, e per la comunità, quale insieme di

persone, che vivono un presente consapevole e responsabile, da

tramandare ai posteri assicurando loro un futuro radioso, sicuri che

questi sapranno riconoscere, in ciò che erediteranno, un glorioso

passato, … che altro non è che il nostro PRESENTE.

Dott. Giuseppe Benincaso

Page 16: I testimoni del tempo

18

PREFAZIONE

Anche questo libretto, inserito nel solco della collana che

l’A.D.E.R.U.L.A cura ormai da tredici anni, nasce dalla

consapevolezza che la Storia di S. Arpino deve essere ancora scritta.

Come quasi tutti i paesi della Regione Campania, ma soprattutto quelli

degli Agri napoletano ed aversano, infatti, il nostro Comune risulta

tuttora sprovvisto di quella carta d’identità precisa che il proprio

passato avrebbe dovuto fornirgli.

E, in mancanza di fonti scritte, esclusi alcuni frammenti sparsi qua e là

in vari Archivi di Stato, risulta oggi particolarmente difficile

avventurarsi nella ricostruzione di una Storia vera, con la

individuazione dei problemi che hanno interessato la struttura sociale

dell’agglomerato urbano sin dal medioevo, considerato periodo di

nascita dell’ insediamento autonomo primitivo della Terra di

S.Elpidio dopo il distacco ombelicale dalla madre patria Atella.

Pur avendo avuto un ruolo, non sappiamo quanto marginale, negli

avvenimenti “più grandi” del Regno di Napoli riportati dai testi che si

studiano, S.Arpino non ha mai conservato alcun documento del suo

passato, neppure di quello più prossimo. E tutto induce a pensare che

ciò sia stato anche voluto, al fine di far scomparire tracce

“compromettenti” per le Famiglie dominanti nelle varie epoche

storiche.

L’assoluta carenza di notizie ha, così, finora impedito di individuare i

rapporti economico-sociali sviluppatisi nel tempo nel nostro antico

Casale.

Non vuole essere certamente questa, però, la velleità di questo scritto.

Il suo scopo primario è quello di togliere dalla dimenticanza di oggi

fatti e personaggi di rilievo spesso ignorati. E ciò attraverso le

microstorie che i reperti in esso riportati raccontano.

Reperti che, nel loro insieme, formano anche un inventario del

patrimonio artistico e demoetnoantropologico di cui S.Arpino dispone.

Page 17: I testimoni del tempo

19

Tale inventario potrà essere di grande utilità agli Organi proposti alla

tutela del patrimonio collettivo, la Soprintendenza e

l’Amministrazione locale, per salvaguardare dall’incuria degli uomini

quelli che noi abbiamo definiti “ i testimoni del tempo”.

Testimoni apparentemente muti ma che, in realtà, ci ammoniscono

costantemente a riordinare la nostra Memoria per un futuro migliore

della Comunità santarpinese.

GLI AUTORI

Page 18: I testimoni del tempo

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CAPITOLO I

LE EDICOLE

“SANTE CROCI”

Page 19: I testimoni del tempo

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LE EDICOLE “SANTE CROCI”

Le Edicole cosiddette “sante croci” esistenti in S.Arpino sono 5,

disseminate lungo tutto il perimetro del Centro Storico.

Se volessimo, infatti, delimitare l’abitato del paese così come si

presentava fino alla metà degli anni sessanta del 1900, basterebbe

identificarlo semplicemente con il riferimento a queste Edicole.

Esse venivano erette a ricordo delle Missioni, dette anch’esse “sante”

effettuate periodicamente da Ordini Religiosi come i PII OPERAI, i

REDENTORISTI, gli OBLATI DI MARIA, i PASSIONISTI. Le

Missioni erano più frequenti tra i secoli XVIII e XIX sia per motivi

legati al Carisma delle predette Congregazioni Religiose che si

rivolgevano maggiormente alle popolazioni rurali, com’era quella

santarpinese dell’epoca, sia al fatto che in quel periodo si assisteva ad

una vera e propria crisi dei valori cristiani delle masse.

Le Edicole presentano, e da ciò il loro nome, una o più Croci, in legno

od in metallo. Di norma la Croce è posta su di un cippo in fabbrica, a

mò di altarino rivestito di marmo liscio o con modanature. Il

complesso è racchiuso da una gabbia formata da tre lati di cancellata

in ferro ancorata al muro al quale è addossato il tutto.

La loro installazione all’inizio delle strade di accesso al paese ha una

probabile motivazione nell’altra funzione che esse dovevano assolvere

oltre al ricordo della Missione: la protezione divina sul paese dal

quale esse stesse avrebbero dovuto tenere lontani gli spiriti maligni.

La festa delle “sante croci” viene celebrata il 3 maggio. In questo

giorno esse vengono addobbate con fiori e tendaggi. A devozione

vengono accese lumini da tutto il vicinato.

Page 20: I testimoni del tempo

22

1. LA “SANTA CROCE” DELLA “MADDALENA”

E’ la più grande delle 5 (fig.1) ed è posta all’incrocio tra le attuali vie

Alessandro Volta (di moderna costruzione, detta “a via nova” ) e Ten.

Leone D’Anna (l’antica stra S. Maria di Atella che portava alla

omonima Chiesa e quindi a Frattamaggiore).

E’ addossata alla facciata laterale della cinquecentesca Cappella della

Maddalena che ha dato il nome a tutta la contrada che, dipartendosi da

essa, termina alla strada provinciale S.Arpino-Frattamaggiore.

Il territorio della Maddalena (vds. Appendice Documentaria), detta

anche Starza Terracciana, di cento moggia, era proprietà delle Dame

Monache del Monastero Napoletano della Maddalena. Nel 1808 fu

acquistato dal 6° Duca di S.Arpino Alonzo VIII Sanchez De Luna.

L’Edicola si presenta con una struttura muraria simulante 5 alture del

Golgota (da cui anche il nome di Calvario con cui sono conosciute

queste Edicole) su ognuna delle quali è posta una croce in legno. Al di

sotto della croce centrale è murato un medaglione in marmo, risalente

presumibilmente agli anni 50 del 1900, con l’immagine della

Madonna Addolorata opera dello scultore santarpinese Francesco

LETTERA. Lo sfondo delle croci è maiolicato di colore azzurrino.

La cancellata è formata da elementi in ferro lineari terminanti a punta

di lancia e presenta una porticina d’ingresso ad 1 anta con serramenta.

La copertura di tutto il complesso è in tegole rosse sostenute da

supporto metallico arcuato dal quale pende una catena metallica

sostenente un lume elettrico.

Non si conosce l’esatta data di costruzione dell’Edicola anche se, a

ricordo di Missione successiva, è stata apposta lapide in marmo con

scritta: “RICORDO S. MISSIONE DEI PP. PASSIONISTI –

S.ARPINO 1 MARZO 1981”. I Padri che parteciparono a questa

Missione, durata dal 15 febbraio al 1° marzo 1981, furono i

Passionisti della Provincia dell’Addolorata Leonardo FIORE,

Antonino BRILLANTE, Carmine FLAMINIO e Lorenzo

VETRELLA.

Page 21: I testimoni del tempo

23

Considerata la tipologia della costruzione, però, (simulazione del

CALVARIO a 5 croci), si può ipotizzare l’operato o l’influenza della

Congregazione Religiosa napoletana dei PII OPERAI che adottò per

prima questo modo di innalzare le Edicole (vds. Appendice

Documentaria) e di cui la Congregazione dei Passionisti è una

emanazione .

fig. 1 : LA “SANTA CROCE” DELLA MADDALENA

Page 22: I testimoni del tempo

24

2. LA “SANTA CROCE” DEL “TRIVICO”

L’Edicola (fig.2) è posta nel TRIVICO (mmiezz’ ‘o tririce), ora

piazzetta GIORDANO, incrocio di tre antiche strade che adducevano

a S.Antimo (ora Corso Atellano), a Napoli (ora Via G. Marconi) e

mmiezz’ ‘a via (ora Piazza Umberto I).

Presenta 1 croce in ferro infissa su cippo in fabbrica rivestito di marmi

con cornici e scritta “A RICORDO DELLA S. MISSIONE DEI PP.

PASSIONISTI – 29 NOVEMBRE 1908”. La Missione fu svolta dai

Passionisti della Provincia dell’Addolorata P. Luca, P. Michele, P.

Emidio, P. Pasquale e Frà Raffaele, dal 22 al 27 novembre 1908.

I tre puntali dei bracci della croce sono in metallo traforato. Sulla

croce sono apposti:

scritta “INRI” (IESUS NAZARENUS REX IUDEORUM” su

lista metallica, sulla parte alta del braccio verticale;

uno scudo rotondo in metallo con sopra, dipinto in nero, il

Cuore di Gesù con il motto dei Passionisti “IESU XPI

PASSIO”, all’incrocio dei bracci;

una alabarda (che indica la lancia con cui fu trafitto il costato di

Gesù) ed un’asta (con riprodotta la spugna che, imbevuta di

aceto, servì per dissetare il Figlio di Dio crocifisso), incrociate;

un quadretto con la stampa dell’immagine della Madonna

Addolorata, sulla parte bassa del braccio verticale;

un portalumini con vetri, sotto il quadretto.

L’inferriata che circonda l’Edicola presenta elementi decorati e

porticina di ingresso a 2 ante con serramenta.

La copertura è assicurata dal balcone sovrastante dell’edificio a cui

l’Edicola è addossata.

Nell’anno 2002 l’Edicola è stata inopportunamente ridipinta da privati

sollevando le proteste dell’Associazione ADERULA. Nonostante

Page 23: I testimoni del tempo

25

l’intimazione della Soprintendenza a ripristinare lo stato dei luoghi,

l’Amministrazione Comunale di S.Arpino non ha, tuttora, ancora

proceduto (vds. Appendice Documentaria).

fig. 2 : LA “SANTA CROCE” DEL “TRIVICO”

Page 24: I testimoni del tempo

26

3. LA “SANTA CROCE” DELLA “FERRUMMA”

L’Edicola (fig.3) si trova al termine e nella parte più alta della odierna

Via Luigi Compagnone (già FERRUMMA, la strada più vecchia del

paese, detta così perché lastricata da un tipo di basolato di colore

bianco chiamato dagli antichi romani, che lo usavano, FERRUMINA).

Essa è formata da una croce in legno, lungo la cui silhouette sono stati

recentemente apposti dei neon) infissa su di un cippo in fabbrica

rivestito di marmo liscio e con una lapide sovrapposta con la scritta:

“RICORDA LA CROCE LA SANTA MISSIONE DEI PADRI

OBLATI MAGGIO 1938”.

L’inferriata che la circonda presenta elementi lineari, terminanti a

punta di lancia, ed una porticina di ingresso a 2 ante con serramenta.

La copertura è in metallo di forma triangolare con cornice anteriore

decorata.

Lungo il braccio verticale della croce sono apposti:

in alto, la scritta “INRI” su lista metallica;

in basso, un quadretto con stampa della immagine della

Madonna Addolorata ed un crocifisso metallico.

Il palazzo al quale è addossata l’Edicola ha ospitato, fino alla fine

degli anni 50 del 1900, la Scuola Elementare di S. Arpino.

Page 25: I testimoni del tempo

27

fig. 3 : LA “SANTA CROCE” DELLA “FERRUMMA”

Page 26: I testimoni del tempo

28

4. LA “SANTA CROCE” DI VIA S. MARIA DELLE GRAZIE.

L’Edicola (fig.4) è situata lungo la Via S. Maria delle Grazie laddove

questa abbandonava l’abitato all’inizio del secolo scorso.

La croce è in legno. Sovrapposte ad essa troviamo la scritta “INRI”, la

lancia e la scala anch’esse in legno.

Il cippo sottostante è in fabbrica rivestito, nella parte superiore, di

lastra di marmo. Sullo stesso è apposta una piccola lapide in marmo

sagomato riportante la scritta “MISSIONE DEI PP. SERVI DI

MARIA – MARZO 1945” ed, inciso, lo stemma della stessa

Congregazione Religiosa.

L’inferriata è composta da semplici elementi lineari terminanti a punta

di lancia. Il cancelletto d’ingresso è a 2 ante e sulla sommità ritiene un

Cuore di metallo sormontato da una croce e con. All’interno, la scritta

in metallo “Salve”.

La copertura di tutto il complesso è assicurata da elementi di eternit

sostenuti da supporto metallico di forma triangolare.

Page 27: I testimoni del tempo

29

fig. 4 : LA “SANTA CROCE” DI VIA S. MARIA DELLE GRAZIE

Page 28: I testimoni del tempo

30

5. LA “SANTA CROCE” DI PIAZZA UMBERTO I

E’ sicuramente la più artistica delle “sante croci” santarpinesi ed è

situata in Piazza UMBERTO I (una volta mmiezz’ ‘a via)

all’ incrocio con Via S. Giacomo (figg. 5 e 6 ).

Non conosciamo la Congregazione Religiosa che la eresse a ricordo di

una propria Missione. Possiamo, però, ipotizzare l’anno di costruzione

(1841) da una scritta posta dietro la croce.

Questa, in legno, sostiene una sagoma, anch’essa lignea, solla quale

sono riprodotte le fattezze umane di Gesù Cristo. La pittura si

presenta, nonostante i restauri effettuati nel tempo, in pessimo stato.

La croce è ancorata al muro e racchiusa in una teca in legno e vetri di

recente rifatta per devozione popolare. Rifatto anche il cippo in

fabbrica, rivestito di marmo bianco, sottostante. Nel 2002 è stato

sostituito da altarino in fabbrica ricoperto di marmo grigio con cornici

in grigio scuro. Su di esso è stata apposta effigie marmorea della

Madonna Addolorata. Una lapide marmorea ricorda così il restauro

“RESTAURATA A DEVOZIONE DEL POPOLO PRO

MANIBUS FEDERCASALINGHE “maggio 2002””.

A testimoniare l’autore della pittura ed i vari restauri rimangono,

dietro la croce, le seguenti scritte:

“FATTA DA GENNARO MARTORANO 1841”;

“RESTAURATA DA ANTONIO MARTORANO 3 MAGGIO

1890”;

“SANT’ARPINO ANNO 1977. NEL GIORNO 30 APRILE

ALLE ORE O3 DEL MATTINO DOVEVO PORRE FINE AL

RESTAURO DI QUESTA TAVOLA. INIZIAI CON AMORE

E LA TERMINAI NELLA STANCHEZZA PIU’ ASSOLUTA-

UMBERTO DEL MONACO”.

Page 29: I testimoni del tempo

31

fig. 5 : LA “SANTA CROCE” DI PIAZZA UMBERTO I

COME SI PRESENTAVA FINO AL 2002

Page 30: I testimoni del tempo

32

fig. 6 : LA “SANTA CROCE” DI PIAZZA UMBERTO I

COME SI PRESENTA AL MOMENTO

Page 31: I testimoni del tempo

33

CAPITOLO II

LE LAPIDI

Page 32: I testimoni del tempo

34

LE LAPIDI

Applicate su facciate di edifici o su fosse sepolcrali, a partire dal

1559, le lapidi marmoree santarpinesi sono 40 (oltre quelle installate

sulle edicole Sante Croci) e commemorano personaggi ed eventi che

hanno interessato il nostro paese e che sono stati ritenuti degni di

essere tramandati ai posteri.

Le iscrizioni risentono degli stili letterari di coloro che le dettarono e

del periodo di riferimento.

Si presentano quasi tutte ancora in buono stato anche se alcune di esse

andrebbero sottoposte ad opera di restauro.

Pur se ignorate in una epoca in cui i dati informativi risultano

assicurati da supporti multimediali di altissima tecnologia, restano

comunque una testimonianza di alto valore storico in una Comunità

che ha smarrito, o volutamente distrutto, le documentazioni cartacee

interessanti il proprio passato.

Anche se solo frammenti di una storia locale molto più ampia, esse

restano le sole a documentare, e continueranno a farlo, i ricordi dei

nostri antenati sottraendoli all’oblio di oggi.

Page 33: I testimoni del tempo

35

1. LA LAPIDE DELLA CAPPELLA DELLA MADDALENA

E’ la lapide (fig.7) più antica esistente in S.Arpino. Installata nella

Cappella della Maddalena, lungo l’attuale Via Ten. Leone

D’ANNA, risale al 1559. Ne ignoriamo il significato, nonostante la

traduzione che omettiamo di riportare, perché non conosciamo

storicamente i personaggi nella stessa elencati.

La precedente Cappella della Maddalena sembra fosse situata

nell’attuale Piazza Umberto I e demolita da Alonzo III SANCHEZ

DE LUNA che provvide a creare lo slargo per costruire il Palazzo

sua residenza (1590). Ricostruita nell’attuale posizione, esercitava

il diritto di proprietà sul territorio circostante detto, appunto, della

MADDALENA o Starza Terracciana, della estensione di circa 100

moggia (vds. piantina nell’Appendice Documentaria).

Di proprietà, ab antiquo, delle Dame Monache di S. Maria

Maddalena in Napoli, la Starza venne acquistata, nel 1808, da

Alonzo VIII SANCHEZ DE LUNA, ultimo Duca di S.Arpino, e la

Chiesetta divenne Cappella Gentilizia di questa Famiglia. Al

momento il territorio della Maddalena è interamente edificato.

Page 34: I testimoni del tempo

36

fig. 7 : LA LAPIDE DELLA CAPPELLA DELLA MADDALENA

Trascrizione

“SACELLUM VESTALIUM DIVAE MARIAE

MAGDALENAE IN ALIENUM MANCIPIUM

PRAETER IUS REDACTUM AB HELIONORA

MONTANARIA VESTALI PRAEFECTURA

ORNATA IN IUS PRISTINUM FRANCISCO

COGNOMENTO NIGRO PROCURANTE

VINDICATUM EST RELIQUUM IN SANTORI

CAVALERII STIPULATIONE CERNI DATUM

III NONAS IANUARIUS

MDLIX”

Page 35: I testimoni del tempo

37

2. LE LAPIDI CHE RICORDANO L’ANTICA CHIESA DI

S. ELPIDIO VESCOVO

Per far posto al costruendo Palazzo Baronale, Alonzo III SANCHEZ

DE LUNA, neo Signore del Casale di S. Arpino, fa abbattere, a partire

dal 1574, diverse abitazioni e l’antica Chiesa dedicata a S. Elpidio

Vescovo che insiste sul luogo dell’attuale cortile del Palazzo Ducale.

A ricordo, però, ed in segno di doveroso rispetto, lascia 3 lapidi a

testimonianza della esistenza della Chiesa. Le lapidi sono tuttora nei

luoghi originari anche se una di esse si presenta mutila quasi della

metà. Pur non essendo datate, le lapidi dovrebbero risalire al periodo

1574-1590.

Page 36: I testimoni del tempo

38

La prima, posta sulla facciata del Palazzo che dà sull’attuale Via Piave

(l’antica VIELLA DEL VINO), manca della metà della scritta

originaria e riporta questa iscrizione:

QUESTA CROCE E POSTA NEL MEZO DELLA

FACCIATA ET DELLA LARGHEZZA DELLA

ECCLESIA VECCHIA LA QUALE ERA LARGHA

PALMI QUARANT OTTO ET LONGA PALMI

SETTANT OTTO E MEZO COMPRESI LE MURA

ET TANTO INTRAVA DENTRO DI QUELLA

FACCIATA

fig. 8: LA LAPIDE POSTA IN VIA PIAVE A RIDOSSO DEL

PALAZZO DUCALE

Page 37: I testimoni del tempo

39

La seconda, murata sotto un arco del loggiato del Palazzo, così ricorda

l’esistenza della Cappella della Concezione (fig.9):

QUESTA CROCE E’ POSTA NEL MEZO

DOVE ERA LA CAPPELLA DELA CON-

CEPTIONE LA QUALE ERA LARGHA PALMI

VINTICINQUI COMPRESI LE MURA ET IN-

TRAVA DA LA FACCIATA DI QUESTO MURO

DENTRO DI QUESTA LOGIA PALMI DECEDOTO

fig. 9: LA LAPIDE POSTA SOTTO IL LOGGIATO DEL

PALAZZO DUCALE

Page 38: I testimoni del tempo

40

La terza, installata su di una facciata interna del Palazzo, ricorda

l’estensione della Chiesa all’interno dell’attuale cortile (fig.10) :

QUESTA CROCE E POSTA NEL MEZO DELA

LARGHEZA DELLECCLESIA VECCHIA LA

QUALE ERA PALMI QUARANT OTTO

LARGHA COMPRESI LE MURA ET LA

LUNGHEZA SI EXTENDEVA PALMI TRENT-

OTTO DALLA FACCIATA DI QUESTO MURO

DENTRO IL CORTILE DI QUESTA CASA

fig. 10: LA LAPIDE POSTA SULLA FACCIATA INTERNA DESTRA

DEL PALAZZO DUCALE

Page 39: I testimoni del tempo

41

3. LA LAPIDE DEI FRATI MINIMI DI S. FRANCESCO

DI PAOLA

Si trova (fig.11) nella Chiesa di S. Francesco di Paola (o di S. Maria

della Stella o di S. Maria di Atella) a copertura della fossa sepolcrale

dei Frati Minimi che l’avevano in uso con l’annesso Convento. Risale

al 1724 e riporta la seguente scritta:

HIC SOLIS ACCASUS MINIMIS

HINC FRATRIBUS ORTUS

P.

AN.D.NI MDCCXXIV

e, cioè:

QUI’ IL TRAMONTO – DA QUI’ LA NASCITA DEL SOLE

PER I FRATI MINIMI – POSTA NELL’ANNO DEL SIGNORE

1724

Nella fossa potrebbero essere stati sepolti, tra il 1593 ed il 1810, questi

17 Frati di cui conosciamo i nomi:

- P. FILIPPO DA CAPUA;

- P. BERNARDINO DA NAPOLI;

- FRA’ D’ELIA BERNARDO;

- P. EUGENIO DA SANTA MARIA;

- FRA’ MOCCIA ANTONIO;

- P. MASCECCO GIOVANNI BATTISTA;

- SUDDIACONO VALENTI MARIANO;

- FRA’ VALENTI CARLO;

- P. GERONIMO DA SORA;

- P. LOMINCELLI BALDASSARRE;

- FRA’ POLVERINO ARCANGELO;

- P. ASTOLFI FRANCESCO;

- P. AJALA TOMMASO;

Page 40: I testimoni del tempo

42

- P. GRILLO ANDREA;

- FRA’ SCIATTARELLI VINCENZO;

- FRA’ FERRAJOLO GIUSEPPE;

- P. DE MURO RAFFAELE.

Page 41: I testimoni del tempo

43

fig. 11: LA LAPIDE DEI FRATI MINIMI

Page 42: I testimoni del tempo

44

4. LE LAPIDI DEI SANTI PROSPERO E COSTANZO

Installate nel 1780, dai fratelli Gennaro e Alonzo SANCHEZ DE

LUNA, nella Chiesa di S. Elpidio Vescovo.

Gennaro SANCHEZ DE LUNA nasce in S. Arpino il 17 luglio del

1725, tredicesimo ed ultimo figlio del Duca Giovanni Nicola e della

Duchessa Laura Maria PISANO.

Viene battezzato, cinque giorni dopo, in S. Elpidio ed il Parroco

Salvatore FERRIGNO gli impone la lunga sequela di nomi che, oltre a

GENNARO, comprende Carmine, Alessio, Nicola, Pasquale, Donato,

Elpidio. Fa da madrina l’ostetrica napoletana Giovanna CALIFANO.

Anche a lui “tocca”, come d’uso per i cadetti delle Famiglie nobili,

allontanarsi dal mondo divenendo religioso. Appena quattordicenne,

infatti, lo ritroviamo nella Compagnia di Gesù, che lo “ammette”, in

Napoli, il 9 gennaio 1739.

La scelta della Congregazione fondata da S. Ignazio di Loyola nel

1540 è sicuramente dettata dal fatto che essa, in virtù del proprio

sistema pedagogico sviluppato sin dalle origini, è specializzata nella

formazione dei ceti nobili e della classe dirigente. I risultati per

Gennaro, infatti, non mancano.

Cresciuto in un ambiente, il Collegio Napoletano della Compagnia,

nel quale si respira un’atmosfera di cultura “alta “ ed esigente, il

santarpinese si assoggetta ad un severo tirocinio intellettuale e

spirituale che lo porterà ad esprimersi, soprattutto, e per quanto ne

sappiamo, nel campo dell’insegnamento e della produzione letteraria.

Non sappiamo se egli abbia agito anche nel campo della predicazione

missionaria, altro preminente settore di apostolato della Compagnia.

La grave carenza di documenti, conseguente alla soppressione della

Compagnia nel Regno di Napoli nel 1767, non ci consente di

Page 43: I testimoni del tempo

45

conoscere, infatti, né l’esatto curriculum degli studi ecclesiastici di

Gennaro né il suo agire spicciolo e quotidiano.

Lo ritroviamo, invece, già sacerdote, ad insegnare a Napoli Retorica,

Lingua Greca e Filosofia.

Tra il 1751 ed il 1766, P.Gennaro produce e dà alle stampe opere tra le

quali ricordiamo:

- “GRAECAE LINGUAE INSTITUTIONES APTIORE METHODO

ET AUCTIORE CONCINNATAE A JANUARIO SANCES DE

LUNA E SOCIETATE JESU IN SUORUM AUDITORUM USUM” –

NEAPOLI 1751;

- “DISSERTAZIONI SOPRA ERCOLANO E POMPEI, -

SULL’ISCRIZIONE POSTA DAGLI ERCOLANESI NELLA BASE

DELLA MORMOREA STATUA EQUESTRE DI M. NONIO

BALBO; - INTORNO UNA MEDAGLIA DI RUGGIERO I RE DI

SICILIA;- SPIEGAZIONE D’UNA MEDAGLIA DI S. GENNARO”

in “ACCADEMIA DELLE SCIENZE2 1753;

- “CATULLUS, TIBULLUS ET PROPERTIUS REPURGATI, ET

ILLUSTRATI” – NEAPOLI 1757;

- “ORAZION PANEGIRICA IN LODE DI S. GAETANO THIENE,

FONDATORE DEI CHIERICI REGOLARI TEATINI, RECITATA

NEL DI’ SOLENNE DEL SANTO NEL TEMPIO DI S. PAOLO IN

QUEST’ANNO 1764 DA GENNARO SANCHEZ DE LUNA

SACERDOTE DELLA COMPAGNIA DI GESU’”. IN NAPOLI 1764;

- “ORAZIONE PANEGIRICA DELLE LODI DI S.CATELLO

DETTA IN CASTELLO A MARE DI STABIA L’ANNO

MDCC.LXIV” IN NAPOLI 1764;

- “ASSERTIONES LOGICAE, AC METAPHYSICAE CUM

UBERIORIBUS EXPLICATIONIBUS” PARS PRIMA – NEAPOLI

1765;

- “PIANO DI FISICA SPERIMENTALE COSI’ GENERALE, COME

PARTICOLARE DEL P. GENNARO SANCHEZ DE LUNA AD USO

DI QUE’, CHE VORANNO APPRENDERLA NEL COLLEGIO

Page 44: I testimoni del tempo

46

NAPOLITANO DEGLI STUDJ DE’ PP. GESUITI NEL PROSSIMO

ANNO SCOLASTICO 1765. RIVEDUTO E MIGLIORATO

DALL’AUTORE” IN NAPOLI 1765;

- “PIANO DI NATURAL TEOLOGIA DEL P.GENNARO SANCHEZ

DE LUNA AD USO…SCOLASTICO 1766. LE MATERIE SARAN

DIVISE TRA MATTINA E GIORNO. SI COMINCERA’ LA

MATTINA 5 NOV. AD ORE 16 E MEZZO A TRATTAR D’IDDIO

ESISTENTE, E CREATORE DI TUTTE LE COSE DOVE A

DISTESO SI CONFUTERANNO GLI ERRORI DEGLI ATEI, DE’

SENSISTI, DE’ MATERIALISTI, DEGLI SPINOSISTI, DE’

RAZIONALISTI, DE’ LIBERI PENSATORI, DEGLI SPIRITI

FORTI, ECC. AL DOPO PRANZO ALLE ORE 22 SI DETTERA’ DI

DIO, COME CREATORE DELL’HUOMO, A CUI COMMANDA,

OSIA DI DIO LEGISLATORE: DOVE ENTRO TUTTO CIO’ CHE

S’APPARTIENE AL DIRITTO DI NATURA, O SIA LEGGE

NATURALE, A TUTTI GLI UOMINI COMUNE” – NELLA

STAMPERIA DEL PACI 1766;

- “ORAZIONI DELLE LODI DI S.GREGORIO VESCOVO E

MARTIRE DI ARMENIA COMPOSTA SULLA SUA LEGENDA E

RECITATA DA GENNARO SANCHEZ DE LUNA, DELLA

COMPAGNIA DI GESU’ A DI’ 1 OTTOBRE DI QUEST’ANNO

1766 GIORNO SOLENNE DEL SANTO, NEL MAGNIFICO

TEMPIO A SUO ONOR CONSACRATO” – IN NAPOLI 1766;

- “RISPOSTA ALLA CENSURA FATTA ALLE CANZONETTE

MARINARESCHE PER LE FESTIVITA’ DI MARIA SANTISSIMA.

COSMOPOLI (NAPOLI) – senza data.

Con le sue opere, Gennaro si inserisce, a giusto titolo, nel filone

letterario che caratterizza alcuni Sanchez De Luna santarpinesi del

secolo XVIII. Anche il fratello Alonzo VII, 4° Duca di S.Arpino dal

1763 al 1781, nello stesso periodo di tempo in cui scrive Gennaro, dà

alle stampe apprezzatissime, per l’epoca, opere di carattere militare.

Egli, infatti, Tenente Colonnello di Cavalleria al servizio di vari

regnanti napoletani, risulta particolarmente versato nelle materie

militari.

Page 45: I testimoni del tempo

47

Ma egli, come Gennaro, rimarrà nella memoria collettiva del nostro

paese soprattutto per un altro fatto: la costruzione di un altare

gentilizio nella Chiesa di S. Elpidio Vescovo.

Del Gesuita Gennaro si perdono le tracce “napoletane” nel 1767

quando anche il Regno di Napoli, seguendo l’esempio di altri Stati

Europei, espelle i Gesuiti da tempo al centro, in tutta Europa, di

crescenti sospetti derivanti dalla forza organizzativa e l’influenza della

Societas Jesu che viene accusata, da più parti, di essere al servizio di

un oscuro disegno internazionale. Obtorto collo, il Papa Clemente

XIV la scioglie nel 1773 (Bolla REDEMPTOR NOSTER). Alcune

Comunità, però, sopravvivono in forma clandestina e tollerata.

P. Gennaro, divenuto sacerdote secolare, probabilmente si allontana

dal Regno recandosi a Roma dove potrebbe avere vissuto, ma le

notizie sono vaghe, molti anni morendo nella città eterna nel 1794.

Di lui ritroviamo tracce “romane” nel 1788 quando egli partecipa

attivamente alla stesura di una collana letteraria, per i tipi della Rev.

Camera Apostolica, per la causa di beatificazione del Servo di Dio il

Vescovo Giovanni di PALAFOX E MENDOZA.

Nel 1780, comunque, egli cura la traslazione, nella Chiesa di S.

Elpidio Vescovo del paese natio, dei corpi dei Santi Prospero e

Costanzo. Non sappiamo da dove egli faccia trasferire le sacre reliquie

né il nome del Vescovo che ne autorizza la traslazione. E’ sicuro,

però, che l’operazione serve a ricordare il suo battesimo avvenuto

nello stesso Tempio il 22 luglio 1725. Così recita, infatti, la lapide (fig.

12) lasciata a ricordo dell’evento all’interno della Cappella di

Famiglia ove il fratello Alonzo fa costruire appositamente un altare di

marmo per accogliere le sacre ossa:

- H.S.S. CORPORA PROSPERI ET CONSTANTII MARTT.

SANCTISS. QUAE IANUARIUS SANCHEZ DE LUNA AB

ARAGONIA E DUCIBUS S.ELPIDII INFERENDA CURAVIT

ANNO CHRISTIANO MDCCLXX QUOD HEIC BAPTISMO

LUSTRATUS SIT XII CAL.AUG.MDCCXXV.

Page 46: I testimoni del tempo

48

Sul paliotto d’altare vengono riprodotte, in duplice esemplare, le

Insegne Gentilizie del IV Duca santarpinese. Anche Alonzo fa

affiggere una lapide (fig.13) ad imperitura memoria:

- PROSPERO ET CONSTANTIO BEATISS.MARTT. ALONSUS VII.

SANCHEZ DE LUNA AB ARAGONIA IV. DUX S. ELPIDII

DECURIALIS A CUBICULO IOSEPH II. AUGUSTI GERMANAM

PIETATEM AEMULATUS ARAM FECIT ANNO MDCCLXXX.

Auspichiamo che, in una prossima ricognizione delle reliquie, si possa

entrare in possesso di ulteriori notizie storiche leggendo la Bolla di

traslazione sicuramente lasciata insieme alle ossa. E ciò anche al fine

di far riprendere il culto di due Santi che, stranamente, in paese non

hanno mai “tirato”.

P. Gennaro Sanchez De Luna muore in Roma il 23 giugno 1794. Si

ignora il luogo della sepoltura.

Di Alonzo VII Sanchez De Luna si veda il profilo riportato in questo

libro nel capitolo degli stemmi.

Page 47: I testimoni del tempo

49

fig. 12: LA LAPIDE DI GENNARO SANCHEZ DE LUNA

Traduzione

“QUI STANNO I CORPI DEI SANTISSIMI MARTIRI

PROSPERO E COSTANZO CHE GENNARO SANCHEZ DE

LUNA D’ARAGONA DEI DUCHI DI S. ELPIDIO CURO’ DI

FAR TRASLARE NELL’ANNO CRISTIANO 1780 AFFINCHE’

SIA RICORDATO IL SUO BATTESIMO AVVENUTO IL 22

LUGLIO 1725”

Page 48: I testimoni del tempo

50

fig. 13: LA LAPIDE DI ALONZO VII SANCHEZ DE LUNA

Traduzione

“ALONZO VII SANCHEZ DE LUNA D’ARAGONA IV DUCA

DI S. ELPIDIO CIAMBERLANO IMPERIALE

DELL’AUGUSTO GIUSEPPE II EMULO DELLA

DEVOZIONE FRATERNA COSTRUI’ L’ALTARE AI

BEATISSIMI MARTIRI PROSPERO E COSTANZO

NELL’ANNO 1780”

Page 49: I testimoni del tempo

51

5. LA LAPIDE DI ALONZO VIII SANCHEZ DE LUNA

Alonzo VIII SANCHEZ DE LUNA , 6° ed ultimo utile Duca di

S.Arpino, in occasione delle nozze con Maria Giovanna D’AVALOS,

figlia del Marchese di Pescara e Vasto, fa ristrutturare, nell’anno

1798, il Palazzo Ducale e, a ricordo, affigge la lapide che segue (fig.

14). Dapprima installata sull’arco centrale del loggiato, la lapide si trova

ora, sicuramente traslatavi dal Ten. Giuseppe MACRI’ durante

successiva ristrutturazione, nell’androne d’ingresso del Palazzo, sulla

sinistra di chi entra.

fig. 14: LA LAPIDE DI ALONZO VIII SANCHEZ DE LUNA

Page 50: I testimoni del tempo

52

Trascrizione

ALFONSUS. IOH. F.ALF.N. NICOL. PRON. SANCHESIUS. DE LUNA. ARAGONIUS.

COMES.MORATAE. ET ILLUECAE IN HISP.CIT. COMES. CALATIAE. AD VOLTURNUM

DUX ATELLAE. ET CARFITII. DUX CASALIS.PRINCIPIS.

MARCHIO. PASCAROLAE. ET MACCHIAGODENAE. MARCHIO. S.NICOLAI. ET

CASABONAE

BARO.TURRIS.CARBONARIAE

D.N. FERDINANDI. IV INTIMUS CUBICULARIUS

AEDES INIURIA. SUPERIORUM TEMPORUM CORRUPTAS

A SOLO. REFICIENDAS. OMNIQUE. CULTU EXORNANDAS. CUR.

OB. SOLEMNE NUPTIARUM

CUM MARIA.IOH. DE AVALOS TH. PISCARIAE. ET HISTONII. MARCHIONIS. F.

CELEBRANDUM

ANNO MDCCXCVIII

Traduzione

“ALFONSO GIOVANNI FRANCESCO NICOLA SANCHEZ DE

LUNA D’ARAGONA, CONTE DI MORATTA ED ILLUCA

NELLA SPAGNA CITERIORE, CONTE DI CAIAZZO AL

VOLTURNO, DUCA DI ATELLA E CARFIZIO, DUCA DI

CASAL DI PRINCIPE, MARCHESE DI PASCAROLA E

MACCHIAGODENA, MARCHESE DI S. NICOLA E

CASABONA, BARONE DI TORRE CARBONARIA,

MAGGIORDOMO DI CAMERA DI SUA MAESTA’

FERDINANDO IV, RISTRUTTURO’ DA SOLO QUESTA

CASA CORROTTA DALLA INGIURIA DEL PASSATO,

RIORDINANDONE LO STILE PER LA SOLENNITA’ DELLE

NOZZE DA CELEBRARE CON MARIA GIOVANNA

D’AVALOS, FIGLIA DEL MARCHESE DI PESCARA E

VASTO – NELL’ANNO 1798”

Page 51: I testimoni del tempo

53

6. LA LAPIDE DELL’ABATE VINCENZO DE MURO

La lapide marmorea (fig.15), installata sulla facciata del Palazzo avito

sito nella strada che ne eterna il nome, tende, dal 1884, a ricordare ai

posteri che “in questa casa il dì 27 aprile 1757 nacque l’Abate

Vincenzo DE MURO storiografo di Atella Archeologo Letterato

Oratore Linguista”.

Ma, ancora una volta, il Municipio che, con delibera del 1° ottobre

1884, intende così rendere onore “all’illustre concittadino”, agisce

con estrema superficialità. Al ritardo di ben 73 anni dalla morte con

cui esso si ricorda di quello che è stato uno degli uomini più insigni

partoriti dal paese si aggiunge anche un errore dell’epigrafista che,

benché banale, stigmatizza, però, la scarsa considerazione in cui DE

MURO è stato fino ad ora tenuto. La data del 27 aprile risulta, infatti,

errata.

Colui che sarà, in seguito, considerato uno dei vanti paesani nasce il

17 aprile dal notaio Don Giuseppe e dalla Magnifica Donna Lucrezia

DELLA ROSSA.

Il parroco pro tempore della Chiesa di S.Elpidio, Pasquale DE LUCA,

lo battezza il 19 dello stesso mese con i nomi di Vincentius,

Paschalis, Elpidius, Dominicus, Fortunatus alla presenza del padrino

Sebastiano Palmieri e dell’ostetrica provata Lucia Califano.

A soli 9 anni, non sappiamo se per effettiva chiamata divina oppure

per meri calcoli familiari intesi ad avviarlo ad una brillante carriera

ecclesiastica, entra nel Seminario Vescovile di AVERSA.

Qui si fa ben presto conoscere grazie al suo ingegno perspicace.

Riesce talmente bene negli studi da spingere i superiori ad adibirlo

all’insegnamento addirittura all’età di 16 anni. Sembra, a dire degli

storici che si sono interessati di lui, che sia espertissimo in varie

lingue quali la italiana, la francese, la latina e l’ebraica.

A 20 anni risulta essere professore di lettere sempre nello stesso

Seminario. A 24 anni dà alle stampe una “Relazione de’ funerali, e

Page 52: I testimoni del tempo

54

delle iscrizioni che furono lette in Sant’Arpino” in occasione della

morte di Alonzo VII SANCHEZ DE LUNA 4° Duca di S.Arpino.

Nonostante l’appellativo di ABATE rimastogli cucito addosso,

Vincenzo DE MURO non è stato mai a capo di una ABBAZIA od

altra struttura religiosa. L’aggettivo, nel secolo dei Lumi, serve

esclusivamente ad identificare quei giovani preti che vestono “alla

moda”, con clergyman ante litteram.

Di idee illuministe, deve lasciare l’insegnamento nel Seminario

trasferendosi a Napoli. Qui, dopo un inizio incerto, lo ritroviamo, nel

1785, ad insegnare Grammatica agli allievi del Convitto Militare della

Nunziatella a Pizzofalcone.

Quando al Convitto viene data nuova forma e nuova denominazione

perché le esigenze del Regno impongono di “rinnovare radicalmente

l’impostazione dell’educazione militare”, a Don Vincenzo DE MURO

viene rinnovato l’incarico, nella nuova Real Accademia Militare, di

insegnare nuove materie.

Nello “Stato de’ Professori della Real Accademia Militare incaricati di

disimpegnare quanto è ordinato per l’Istituto Scientifico pratico nella

ripartizione delle seguenti classi, colla distinzione dei rispettivi loro

averi”, stilato il 14 gennaio 1787, il Sacerdote santarpinese viene

riportato come professore della IV Classe per la quale sono previste

“Arte di ben scrivere in Italiano ed esercizi di lingua latina e francese,

Aritmetica ragionata, Geometria piana, Disegno di delineazione”. Al

DE MURO compete l’insegnamento dell’italiano, del latino e del

francese.

L’Accademia offre una qualificata preparazione scolastica e le

disposizioni prevedono, pertanto, che i libri d’istruzione per le varie

classi e discipline debbano essere compilati ad uso esclusivo

dell’Istituto.

Al DE MURO viene, perciò, affidato l’incarico di redigere testi che

diverranno, poi, fondamentali per molti anni a venire nella istruzione

dei Cadetti.

Page 53: I testimoni del tempo

55

Egli scrive, così:

- Primi rudimenti della Lingua Italiana per uso dei fanciulli;

- Grammatica ragionata della Lingua Italiana;

- L’Arte di scrivere ad uso de’ giovanetti della Regia

Accademia Militare;

- Grammatica ragionata della Lingua francese per uso de’

giovanetti della Reale Accademia Militare;

- Grammatica Latina;

- Storia dell’Accademia Militare.

L’invasione francese del Regno (1798) crea larghe defezioni e

significativi atti di lealismo nell’ambito accademico della Nunziatella.

Molti Ufficiali (tra cui il Comandante pro tempore Magg. Tommaso

SUSANNA divenuto Ministro della Guerra della Repubblica

Partenopea) e professori aderiscono alla Repubblica Partenopea.

L’Accademia viene soppressa il 23 luglio 1799 pur lasciando 60

allievi ad alloggiare nell’Istituto.

Vincenzo DE MURO aderisce sin dalla prima ora alla Repubblica

spintovi, forse, più che dalle sue idee illuministe, da un ardente

desiderio di “protagonismo” da sempre malcelato.

La rivoluzione gli deve sembrare, infatti, una occasione più unica che

rara per poter realizzare quanto da sempre cova nel suo animo,

soprattutto in materia di “beni ecclesiastici”.

E’ suo, infatti, un “Piano di amministrazione e distribuzione di beni

ecclesiastici diretto al Governo provvisorio” inviato ai Governanti

della neonata Repubblica. In esso il DE MURO chiede che venga

portata a compimento una “democratizzazione del Clero” che, così,

nella sua interezza, possa finalmente disporre di quei beni ecclesiastici

che sono stati, finora, appannaggio soltanto dei vertici della Chiesa e

dei Sovrani.

Ma le turbinose vicende politiche non gli permettono di vedere

realizzato questo suo sogno. La repentina caduta della Repubblica,

infatti, lo vede fuggitivo e ricercato dalle forze borboniche ritornate in

Page 54: I testimoni del tempo

56

auge. Gli indulti di Ferdinando IV, però, lo sottraggono alle pene

inflitte agli altri “rei di Stato” tra cui altri santarpinesi.

Ritiratosi nel paese natio, vi scrive alcune sue opere rimaste, quasi

tutte, allo stadio di manoscritti.

L’arrivo dei Napoleonici a Napoli (1806), gli permette di ritornare

nella Capitale ed egli è richiamato ad insegnare alla Nunziatella nella

quale, nel frattempo, sono state istituite Scuole Politecnico-Militari.

Dallo “Stato Militare e Scientifico delle Scuole Militari nella fine

dell’anno scolastico 1810” si rileva che nell’organico dell’Istituto

esiste una Divisione Scientifica nell’ambito della quale “direttore per

le lingue e la filosofia” risulta essere l’Abate Vincenzo DE MURO.

Durante gli anni trascorsi a Napoli collabora, come giornalista, al

periodico “La Gazzetta Napoletana” e rifonda, insieme all’amico

Vincenzo CUOCO, l’Accademia Pontaniana istituita per ricerche

storiche, filosofiche e filologiche e di cui viene eletto Segretario

Generale perpetuo. In alcune “adunanze” dell’Accademia vengono da

lui lette molte delle storie sugli antichi abitatori delle nostre zone poi

raccolte e pubblicate, postume nel 1840, dal fratello avvocato

Domenico, nel suo libro più noto “Ricerche storiche e critiche sulla

origine, le vicende e la rovina di Atella antica città della

Campania”.

Muore, a soli 54 anni non ancora compiuti, il 9 gennaio 1811 a

Napoli.

Page 55: I testimoni del tempo

57

fig. 15: LA LAPIDE DELL’ABATE VINCENZO DE MURO

Page 56: I testimoni del tempo

58

7. LE LAPIDI DELLA NUOVA CHIESA DI S. ELPIDIO

VESCOVO

Nel 1884 la Chiesa di S.Elpidio Vescovo, costruita ex novo nel 1590

da Alonzo III SANCHEZ DE LUNA e poi ristrutturata nel 1754,

viene completamente rifatta ed ingrandita di un terzo con l’aggiunta

della cupola. Dell’antica facciata rimane solo il portale cinquecentesco

in piperino nel cui timpano viene installata, a ricordo dei lavori, una

lapide marmorea (fig.16) dettata dalla penna del letterato e latinista

Prof. Nicola PERRONE.

fig. 16: LA LAPIDE CHE RICORDA LA RICOSTRUZIONE DELLA

CHIESA DI S. ELPIDIO VESCOVO NEL 1884

Page 57: I testimoni del tempo

59

Trascrizione

HOC DIVI ELPIDII FANUM

QUOD ANNO MDXC

ALPHONSUS SANCHESIUS DE LUNA ARAGONIUS

AEDIFICANDUM CURAVERAT

NUNC MUNICIPIUM

PUBLICO AERE

AMPLIATUM ET OMNINO REFECTUM

ANTIQUO CULTUI ET DECORI RESTITUIT

ANNO MDCCCLXXXIV

Traduzione

ORA IL MUNICIPIO HA RESTITUITO, AMPLIATO ED

INTERAMENTE RIFATTO CON PUBBLICO DENARO,

ALL’ANTICO CULTO E DECORO QUESTO TEMPIO DI S.

ELPIDIO CHE, NELL’ANNO 1590, ALONZO SANCHEZ DE

LUNA D’ARAGONA AVEVA CURATO DI COSTRUIRE –

ANNO 1884.

Page 58: I testimoni del tempo

60

All’interno della navata, sulla destra di chi entra, viene posta un’altra

lapide (fig.17) che ricorda la riconsacrazione della Chiesa da parte del

Vescovo di Acerra Mons. Giacinto MAGLIULO nel 1886.

L’epigrafista è sconosciuto.

fig. 17: LA LAPIDE CHE RICORDA LA RICONSACRAZIONE

DELLA CHIESA DI S. ELPIDIO VESCOVO NEL 1886

Page 59: I testimoni del tempo

61

Trascrizione

TEMPLUM HOC

D.ELPIDIO ATELLARUM EPISCOPO

HIC OLIM AB AFRICA EXULI

MOX OPPIDI COGNOMINIS

PRINCIPI FUNDATORI AC PATRONO

MARCUS DE SIMONE CIVIS ANTISTES TROIANUS

III ID OCT A.R.S. MDCCLIIII

DEDICAVIT

NUPER A MUNICIPII CURATORIBUS

AERE PUBLICO IN AMPLIOREM FORMAM REDACTUM

ET MAGNIFICENTIUS EXORNATUM

HYACINTHUS MAGLIULO ACERRARUM EPISCOPUS

EXPENSIS DOMINICI COMPAGNONE

MUNICIPALI REI CURANDAE PRAEFECTI

INSTAURATIS ENCAENIIS

VOTA ITERUM NUNCUPAVIT

VI ID IUN A.R.S. MDCCCLXXXVI

Traduzione

IL CONCITTADINO MARCO DE SIMONE, PONTEFICE

TROIANO, IL 18 OTTOBRE 1754, DEDICO’ QUESTO

TEMPIO A S .ELPIDIO VESCOVO DI ATELLA, UN TEMPO

QUI ESULE DALL’AFRICA ED IN SEGUITO PRINCIPALE

FONDATORE E PATRONO DEL PAESE CUI DIEDE IL

NOME. DA POCO TEMPO RIFATTO, CON PUBBLICO

DENARO, IN FORMA PIU’ AMPIA E SPLENDIDAMENTE

ABBELLITO DAI CURATORI DEL MUNICIPIO, GIACINTO

MAGLIULO, VESCOVO DI ACERRA, A SPESA DEL

SINDACO DOMENICO COMPAGNONE, HA RINNOVATO I

VOTI PER LE STRUTTURE RIFATTE – 19 GIUGNO 1886

Page 60: I testimoni del tempo

62

8. LA LAPIDE DEL MEDICO ALFONSO GUARINO

IL 16 ottobre 1903, ad un anno dalla morte, l’Amministrazione

Municipale di S.Arpino fa installare una lapide ricordo (fig.18) in

onore del medico Alfonso GUARINO (fig.19) sulla facciata della sua

casa natale in Via SS. TRINITA’ (ora Via Ten. Pasquale ZIELLO).

Questo illustre concittadino nasce in S.Arpino il 13 ottobre 1840 da

Giuseppe, negoziante, e da Giovanna PELLINO. Gli vengono imposti

i nomi di Alfonso Stanislao. Dedicatosi alla professione medica,

diventa in breve un illustre clinico arrivando, come recita l’epigrafe,

“alle vette della scienza medica” e conosciuto “universalmente”.

Risulta, inoltre, aver mostrato molta prodigalità verso i santarpinesi,

soprattutto i più poveri. Questa sua peculiarità di carattere è stata

riportata, ad imperitura memoria, anche sulla lapide funeraria nel

cimitero di S.Arpino ove è sepolto nella bella Cappella di Famiglia:

“FINCHE’ NELLE ISTITUZIONI OSPEDALIERE

CONVERRANNO MORBI E MISERIE DI POVERI E MORTE

DEBELLERANNO SCIENZA E FILANTROPIA SACRA A GLI

STUDIOSI A GLI INFERMI SARA’ LA TUA MEMORIA, O

ALFONSO GUARINO, CHE GENIALE SCIENZIATO CLINICO

OSSERVATORE L’INTELLETTO ED IL SAPERE A

L’UMANITA’ CONSACRANDO NEL COTIDIANO

APOSTOLATO TRA LE NUOVE SVENTURE AFFINASTI LA

MITEZZA E LA BONTA’ DELL’ANIMO TUO”

Alfonso GUARINO muore in Napoli il 13 ottobre 1902.

Page 61: I testimoni del tempo

63

fig. 18: LA LAPIDE AFFISSA SULLA FACCIATA DELLA CASA

NATALE DI ALFONSO GUARINO

Page 62: I testimoni del tempo

64

fig. 19: IL MEDICO ALFONSO GUARINO

Page 63: I testimoni del tempo

65

9. LE LAPIDI DEGLI ZARRILLO

Poste dalla Congregazione di Carita’, ricordano:

- l’una, installata nel 1913 sulla facciata del Palazzo DE

SIMONE-ZARRILLO, i 4 fratelli ZARRILLO. Lorenzo,

Giuseppe, Teresa e Cristina benefattori dei poveri di S.Arpino

ai quali lasciano le “sostanze avite”, cioè il Palazzo ed i beni (fig. 20);

- l’altra, installata nel 1917 sulla facciata della Chiesa di

S.Francesco di Paola, Cristina ZARRILLO di cui nasconde le

ceneri (fig. 21).

Non abbiamo notizie dettagliate sui beni lasciati dai fratelli

ZARRILLO ritenuti “generosi benefattori”.

fig. 20: LA LAPIDE DEI FRATELLI ZARRILLO

Page 64: I testimoni del tempo

66

fig. 21: LA LAPIDE DI CRISTINA ZARRILLO

Page 65: I testimoni del tempo

67

10. LA LAPIDE DI MARIA MAGLIOLA

E’ apposta (fig.22), dal 1927, sotto la base del bellissimo trono

marmoreo donato da Maria MAGLIOLA alla Chiesa di S.Elpidio

Vescovo a coronamento dell’abside ed in onore del Sacro Cuore di

Gesù cui la Chiesa è dedicata.

Maria MAGLIOLA è sepolta nella Cappella di Famiglia nel cimitero

di S.Arpino. Sulla lapide funeraria è riportato:

“Il Cuore di Gesù cui Marietta Magliola artistico trono di gloria eresse

nella Chiesa Parrocchiale offrendogli vita beni dolori custodisca

queste ossa e ne accolga l’anima presto nel suo regno d’amore – Morì

il 21 aprile 1933”.

fig. 22: LA LAPIDE DI MARIA MAGLIOLA

Page 66: I testimoni del tempo

68

11. LE LAPIDI DI GIUSEPPE MACRI’

Quella di Giuseppe MACRI’ rimane ancora, e soprattutto per le nuove

generazioni di santarpinesi successive al 1932, una figura “misteriosa”

anche se continuamente “presente” nel paese.

Seppure noto come benefattore per aver lasciato in dono, allo scopo di

favorire soprattutto i poveri, il Palazzo Ducale, divenuto sua proprietà

sin dal 1903, ed altre sostanze, rimane per tutti un misconosciuto

personaggio su cui varrebbe finalmente la pena di indagare una volta e

per sempre anche al fine di rendergli quell’onore che merita e che non

gli è stato mai dato se è vero, come è vero, che nessuna lapide lo

ricorda ufficialmente né riconoscimento alcuno risulta essergli mai

stato tributato da alcuna Amministrazione Comunale se non

l’intestazione di un misero violetto, cieco peraltro! Eppure in S.Arpino

sono stati riconosciuti più “meritevoli”, soprattutto a seguito di mode

politiche, personaggi del tutto sconosciuti e che nulla hanno dato alla

Comunità, in ogni senso!

Giuseppe MAGRI’ (in seguito corrotto, non sappiamo ancora perché,

in MACRI’) nasce in Messina l’8 luglio 1843 da Don Silvestro,

impiegato di 52 anni, e Donna Filippa SANTANGELO di anni 36.

Tre giorni dopo è battezzato, nella Parrocchia di S.Leonardo in

S.Matteo, dal Parroco Pasquale RIZZO alla presenza del padrino

Giacomo MAGRI’, probabile zio, e dell’ostetrica Maria CARDILLO.

Il titolo onorifico attribuito ai genitori nell’Atto di Battesimo (che

ritroviamo nell’Appendice Documentaria) indica chiaramente che la

sua è una famiglia benestante. Di essa, però, non siamo riusciti a

riconoscere i componenti nella considerazione che in Messina, dopo il

terribile terremoto del 1908 che rade al suolo la città, scompaiono

moltissimi documenti anagrafici. Neppure i nomi dei Magrì incisi su

alcuni busti da lui voluti nel Palazzo Ducale ci aiutano molto perché

non sappiamo quale relazione di parentela lo leghi a quei personaggi.

Page 67: I testimoni del tempo

69

Ritroviamo le sue tracce nel 1860 quando, appena diciassettenne, il 16

giugno si arruola nelle file dell’Esercito dell’Italia Meridionale

costituito da Giuseppe GARIBALDI durante la Campagna di Sicilia.

Entra a far parte, come tanti dei “picciotti” aggregatisi ai MILLE ed ai

successivi volontari garibaldini, della “Divisione MEDICI”, una delle

tre costituenti l’Esercito dell’ ”eroe dei due mondi”. Dieci giorni dopo

è nominato Sergente ed assegnato al 3° Reggimento “Onofrio”.

A concorrere alla sua immediata promozione deve, sicuramente,

contribuire il suo ardore di combattente unito alle sue qualità fisiche

che lo individuano come molto aitante, come si evince dalla foto

(fig.23) in divisa ancora rimasta nel nostro paese.

Egli partecipa, così, alla Campagna di Sicilia e, presumibilmente, ma

non lo sappiamo di certo, anche ai successivi combattimenti svoltisi

sul continente che porteranno alla successiva annessione del Regno

delle Due Sicilie al Piemonte.

In questo modo egli potrebbe avere conosciuto S. Arpino visto che

dalla Storia apprendiamo che la Divisione MEDICI si accampa “nei

pressi di Aversa” prima della battaglia del Volturno. Una strana

coincidenza del destino lo potrebbe anche avere opposto al Generale

Borbonico Gaetano SANCHEZ DE LUNA, parente dei Duchi di

S.Arpino, particolarmente distintosi nell’estrema difesa del Regno

Napoletano.

Giuseppe MACRI’ viene congedato il 29 gennaio 1861 a seguito dello

scioglimento dell’Esercito Meridionale in Piazza Plebiscito in Napoli.

Egli viene anche insignito della Medaglia commemorativa della

Campagna di Sicilia del 1860.

Lo ritroviamo, il 21 aprile 1862, a ricoprire l’incarico di Luogotenente

nel 6° Reggimento della Guardia Nazionale di Messina, Corpo

istituito dala Dittatore GARIBALDI. Il 1° dicembre di detto anno,

però, lascia la carica per arruolarsi come “soldato volontario

d’ordinanza” nel 12° Reggimento fanteria (12 gennaio1863). Qui è

promosso Caporale il 1° novembre e poi Caporalefuriere il 1° ottobre

1864. In seguito si fa ammettere, come volontario, nel Corpo

Cacciatori Franchi (14 marzo 1866).

Page 68: I testimoni del tempo

70

Il 23 luglio dello stesso anno è Allievo della Scuola di Fanteria e

Cavalleria dove diventa Sottotenente il 19 agosto 1866. Assegnato al

4° Reggimento Granatieri, presta il giuramento da Ufficiale il 23

settembre successivo in VALVASSONE.

L’anno dopo (25 agosto 1867) viene posto in aspettativa per riduzione

Quadri. Rientra in servizio, nel medesimo Reggimento, nel 1871. Non

conosciamo l’epoca del congedo che ottiene, comunque, con il grado

di Tenente.

Ricompare, già sessantenne, nel 1903 quando acquista in S.Arpino il

Palazzo Ducale appartenuto alla Famiglia SANCHEZ DE LUNA.

Non conosciamo molto della sua vita nella nostra cittadina. A tenergli

compagnia è la “domestica di civile condizione” Filomena PASSERO,

nata ad Ottajano (Na) da Raffaele e donna ignota.

Anche Filomena, a causa dei suoi “strani” comportamenti, rimane

nell’immaginario collettivo santarpinese come figura misteriosa. In

vita è da tutti appellata “Donna Filumena d’ ‘o Tenent” o “Filumena

‘a mort” per i suoi atteggiamenti. Sembra, tra l’altro, che non esca mai

dal Palazzo e vesta permanentemente di nero. Ella premuore al

MACRÌ, dopo averlo fedelmente servito durante lunghi anni, il 17

marzo 1925 a 78 anni, e le è riservato, dal MACRÌ stesso , un

“trattamento di favore” che induce a pensare sul legame realmente

esistente tra i due. Viene, infatti, tumulata nella Cappella/Mausoleo,

fatta erigere da MACRI’ nel cimitero, con lo stesso rito di stampo

massonico che il messinese riserverà a sé stesso: in piedi e con una

piccolissima borchia di ottone a ricordarne le generalità apposta sulla

lapide di copertura della tomba che non riporta altre iscrizioni.

Giuseppe MACRI’, dal 1912, si autodefinisce “negoziante

agricoltore” ma in realtà non conosciamo, nei dettagli, l’attività da lui

svolta e con chi abbia rapporti di lavoro. Certi, però, rimangono i suoi

viaggi in treno a Napoli dove possiede alcuni appartamenti. Si

racconta che spesso i ragazzini lo attendano all’arrivo alla stazione di

S.Antimo perché lui è solito distribuire loro degli spiccioli.

Page 69: I testimoni del tempo

71

A Napoli il MACRI’ è sicuramente socio di qualche “Circolo

Spiritista”. La sua decisa adesione all’esoterismo è ampiamente

documentata dalla lettura del testamento olografo lasciato. Sembra che

anche nel Palazzo Ducale avvengano spesso sedute spiritiche.

Non conosciamo neanche le sue amicizie in paese ma ipotizziamo che

privilegi i contatti con uomini di un elevato livello morale.

Nel 1925, sentendo forse prossima la morte, a seguito anche della

dipartita della “cara” Filomena, ed ansioso di essere ricordato

perennemente in un paese che lui “ha prediletto”, redige il testamento

che riportiamo nell’Appendice Documentaria in versione originale ed

in trascrizione per una migliore comprensione.

Egli predispone nei minimi particolari il lascito che effettuerà di lì a

qualche anno integrando, negli anni successivi e fino al 1932, il

testamento con dei codicilli.

Il lettore noterà, però, e certamente con raccapriccio, che tutte le

disposizioni testamentarie sono state completamente disattese. Lo

stesso Palazzo Ducale ancora degradato ed il territorio circostante

devastato dalla speculazione edilizia permessa dalle Amministrazioni

Comunali lo dimostrano chiaramente.

Anche lo scopo principale della donazione del MACRI’, perno della

estrinsecazione del suo concetto di CARITA’, fallisce miseramente.

L’Ente di Beneficenza al quale egli vuole legare il suo nome in eterno,

infatti, nato col ritardo impressionante di 22 anni a causa delle

inefficienze burocratiche dei personaggi preposti, ha una breve vita

durante la quale si limita quasi semplicemente a distribuire pasta ed

olio ai “bisognosi”.

A nostro parere ricorrerebbero tutti gli estremi per impugnare il

testamento ed affidare il Palazzo Ducale all’amministrazione

comunale di altro paese, così come ammonito dal MACRI’!

In contemporanea al testamento Giuseppe MACRI’ fa installare

diverse lapidi che dovranno ricordare la sua figura, il suo senso di

“patriottismo italiano” ed il suo concetto di carità. Quattro si trovano

nel Palazzo Ducale e due nella Cappella Gentilizia. Alcune di esse

Page 70: I testimoni del tempo

72

(figg.24-25) sembrano sfatare il mito del MACRI’ massone, ateo e

mangiapreti trasmessoci oralmente. Esse, infatti, unite ai busti di

“IMMACOLATA” (probabilmente raffigurante la Madonna) e

“S.ARPINO” da lui fatti scolpire nel 1907 (almeno il secondo firmato

da Leonardo DI CANDIA), dimostrano chiaramente che egli crede in

Dio e che non sono state fatte perché l’eta avanzata gli “impone” di

salvarsi l’anima in tempo utile.

Le lapidi “patriottiche” (figg.26-27) riprendono “coerentemente” il suo

concetto di nazionalismo già estrinsecatosi con la sua partecipazione

all’avventura garibaldina per l’unificazione dell’Italia nel 1860.

Le lapidi che lo ricordano personalmente e che tramandano il suo

“testamento morale” sono quelle delle figure 28 e 29.

Giuseppe MACRI’ muore, a 89 anni quasi compiuti, il 15 aprile 1932

“munito dell’estrema Unzione”

fig. 23: GIUSEPPE MACRI’ IN DIVISA

Page 71: I testimoni del tempo

73

fig. 24: LA LAPIDE A CONTENUTO RELIGIOSO INSTALLATA NEL

PALAZZO DUCALE

Page 72: I testimoni del tempo

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fig. 25: LA LAPIDE A CONTENUTO RELIGIOSO INSTALLATA NELLA

CAPPELLA DEL CIMITERO

Page 73: I testimoni del tempo

75

fig. 26: LA LAPIDE A CONTENUTO PARIOTTICO, RIPORTANTE

IL “BOLLETTINO DELLA VITTORIA” NELLA 1^ GUERRA

MONDIALE, INSTALLATA NEL PALAZZO DUCALE

fig. 27: L’ALTRA LAPIDE A CONTENUTO PATRIOTTICO

INSTALLATA NEL PALAZZO DUCALE

Page 74: I testimoni del tempo

76

fig. 28: LA LAPIDE CHE RIASSUME L’OPERATO

DI GIUSEPPE MACRI’ INSTALLATA NEL PALAZZO DUCALE

Page 75: I testimoni del tempo

77

fig. 29: LA LAPIDE SOTTO IL BUSTO DI GIUSEPPE MACRI’

INSTALLATO NELLA SUA CAPPELLA GENTILIZIA NEL CIMITERO

Page 76: I testimoni del tempo

78

12. LA LAPIDE DI GIOVANNI ARDIZZONE

Fatta installare (fig. 30), il 10.2.1963, dalla locale Sezione del Partito

Comunista che aveva sede nella Via DE MURO, resta ancora a

testimoniare un tragico fatto di cronaca politica che ha interessato

l’Italia.

Giovanni ARDIZZONE nasce nel 1941 a Castano Primo in provincia

di Milano, figlio unico di una famiglia titolare di una farmacia. Nel

1962 è iscritto al secondo anno della Facoltà di Medicina e Chirurgia

dell’Università di Milano, nel collegio universitario Fulvio Testi, alle

porte di Sesto S.Giovanni. Nell’ambiente studentesco e proletario

conosce e condivide gli ideali del movimento operaio arrivando ad

essere un attivo militante comunista.

Il sabato 27 ottobre 1962, in piena crisi dei missili, la Camera del

Lavoro di Milano organizza una manifestazione di protesta contro

quella che è considerata una aggressione imperialista degli Stati Uniti

a Cuba ed in favore della pace. Dopo il discorso del Segretario della

Camera del Lavoro, si forma un corteo che sfila nelle vie del centro

urbano. I manifestanti alzano cartelli e striscioni e scandiscono parole

d’ordine come “Indipendenza per Cuba”, “Cuba sì, yankee no”, “Pace,

pace”, “Disarmo”, “Fuori le basi nordamericane”.

Dopo l’arrivo del corteo in Piazza del Duomo, il Comando della

Polizia dà l’ordine di disperdere i manifestanti. Il Terzo Battaglione

Celere di Padova, corpo speciale di intervento nelle manifestazioni,

inizia i caroselli con le jeeps incuneandosi contro la testa del corteo ed

investendo il giovane ARDIZZONE ed altri due manifestanti: Nicola

Giardino di 38 anni, muratore, e Luigi Scalmana, di 57 anni, operaio.

Giovanni ARDIZZONE muore nel medesimo pomeriggio in ospedale.

Degli altri due feriti ospedalizzati Luigi Scalmana è in pericolo di vita.

I manifestanti reagiscono all’episodio con lanci di pietre e bastoni,

obbligando varie volte le jeeps a ritirarsi. Durante gli scontri ci sono

altri feriti ed arrestati.

Page 77: I testimoni del tempo

79

Nella notte gruppi di manifestanti giungono alla spicciolata nel luogo

dove è caduto ARDIZZONE e nelle 48 ore successive una moltitudine

sempre più impressionante si concentra bloccando la strada e

depositando fiori e cartelli che denunciano gli autori di quello che

viene considerato un assassinio.

Il lunedì seguente, 29 ottobre, gli operai delle principali fabbriche

entrano in sciopero e vengono sospese le lezioni nelle Università e

nelle scuole superiori per partecipare alla protesta. Nella notte una

immensa manifestazione colloca il ritratto del giovane caduto e molte

corone di fiori nel vicino Sacrario dedicato ai Caduti della Resistenza,

dove continua il pellegrinaggio.

Una grande partecipazione si ha pure al funerale di Giovanni nel suo

paese natale, dove giungono, per l’estremo saluto, oltre 5 mila

persone.

In molte città italiane vengono realizzate manifestazioni a favore di

Cuba e contro la guerra, con scioperi nei posti di lavoro e la chiusura

delle scuole.

Page 78: I testimoni del tempo

80

fig. 30: LA LAPIDE DI GIOVANNI ARDIZZONE INSTALLATA

IN VIA DE MURO

Page 79: I testimoni del tempo

81

13. LE LAPIDI DELL’AMMINISTRAZIONE LEGNANTE

NEL CIMITERO

Nel 1972 l’Amministrazione Comunale di S.Arpino, in base alle

accresciute esigenze demografiche della popolazione, amplia l’area

cimiteriale. A ricordo dell’evento, il Sindaco Avvocato Vincenzo

LEGNANTE fa apporre alcune lapidi che, citando vari versi del

Carme “I SEPOLCRI” del poeta Ugo FOSCOLO (figg.31-35) ed alcuni

di un canto composto dal concittadino Medico e Storico Francesco

Paolo MAISTO (fig.36) tendono ad indurre il visitatore “a pensoso

raccoglimento”.

L’opera “I SEPOLCRI” è, in sintesi, una rievocazione commossa

delle vicende mortali: il fascino sottile e fugace della giovinezza,

l’inesorabile trascorrere del tempo, l’intima dolcezza dell’amore, la

desolata tristezza della guerra, la dolorosa precarietà della vita, la

serenità della morte.

Niccolo (Ugo) FOSCOLO nasce, da Andrea e Diamantina SPATHIS,

il 6 febbraio 1778 a ZANTE, una delle isole Eolie. Quattordicenne si

trasferisce a Venezia dove continua gli studi iniziati a Spalato e Zante.

Le sue intense esperienze culturali e di vita lo portano a produrre

numerosissime composizioni poetiche ed a partecipare attivamente al

corso delle vicende politiche italiane. Nel 1806 scrive il Carme “I

SEPOLCRI”, dedicandolo all’amico Ippolito PINDEMONTE, sulla

scia delle polemiche sorte intorno alla estensione (5 settembre 1806)

alle Province Italiane del Decreto di Saint Cloud del 12 giugno 1804

con cui Napoleone BONAPARTE aveva vietato le sepolture nelle

chiese e nell’abitato ed aveva regolamentato democraticamente i

cimiteri imponendo l’assenza di lapidi e di epigrafi sulle tombe in

modo da non far distinguere gli uomini illustri da quelli sconosciuti.

Page 80: I testimoni del tempo

82

Per il Foscolo il sepolcro diventa la sorgente della grande illusione

umana che vince le certezze razionali della morte e del nulla e crea la

religione della patria e della storia. La tomba vista come il nucleo

vitale dell’uomo di sentimento che ad essa àncora la sua invincibile

speranza di prolungare l’esperienza esistenziale nell’omaggio degli

amici superstiti, nel pianto della sua donna sul proprio tumulo; è la

forza morale dell’uomo civile che in essa ritrova le testimonianze di

una convivenza pacifica e serena, protetta dalle istituzioni e dal culto;

è il nutrimento dell’amor patrio che in essa scopre le vestigia della

grandezza della propria terra e da essa trae, in epoche di decadenza,

l’auspicio del rinnovamento; è la fonte della poesia che, ispirandosi

alle tombe dei grandi, eternizza le vicende umane e vince il silenzio

dei secoli.

Nella immagine del sepolcro si incentra il dramma dell’uomo, scisso

tra la coscienza dolorosa dell’inesorabile legge della materia e la

confortante visione della propria tomba lacrimata e consolata.

Il poeta muore il 10 settembre 1827 nel villaggio di TURNHAM

GREEN presso LONDRA.

I tre versi del Medico Francesco Paolo MAISTO, autore dell’opera

“MEMORIE STORICO-CRITICHE SULLA VITA DI S.ELPIDIO

VESCOVO AFRICANO E PATRONO DI S.ARPINO-1884”, sono

tratti dal canto “PER L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA

CHIESA PARROCCHIALE DI SANT’ARPINO” annesso all’opera

stessa.

Vincenzo LEGNANTE nasce in S.Arpino il 28 dicembre 1897 da

Gioacchino e Concetta D’ANNA. Sposa Chiara MAGLIOLA.

Laureato in Giurisprudenza, è stato Sindaco, nelle file del Partito

Comunista , dal 1964 al 1975. Muore in S.Arpino il 5 dicembre 1979.

Durante l’arco della sua vita associa all’impegno politico e sociale

l’amore per ATELLA e S.ARPINO, per i quali scrive note storiche, e

per la poesia. I suoi lavori sono raccolti nel libro “VINCENZO

LEGNANTE CITTADINO DI ATELLA-1989”.

Page 81: I testimoni del tempo

83

fig. 31: LA LAPIDE DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE

fig. 32: LA LAPIDE CHE SINTETIZZA IL SENSO DEI SEPOLCRI

Page 82: I testimoni del tempo

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fig. 33: LA LAPIDE CON I VERSI 41/42 E 46/50 DE “I SEPOLCRI”

fig. 34: LA LAPIDE CON I VERSI 97/98 E 99/100 DE “I SEPOLCRI”

Page 83: I testimoni del tempo

85

fig. 35: LA LAPIDE CON I VERSI 119/123 DE “I SEPOLCRI”

fig. 36: LA LAPIDE CON I VERSI 29/31 DEL CANTO DEL MAISTO

Page 84: I testimoni del tempo

86

14. LA LAPIDE DELLA CAPPELLA DEL PURGATORIO

NEL CIMITERO

Posta (fig.37) nel gennaio 1973 dagli amministratori della Congrega del

Purgatorio in essa menzionati.

La Cappella, costruita per accogliere i resti mortali dei confratelli

della Congrega, è stata benedetta dal Vescovo di Aversa Mons.

Antonio TEUTONICO nel 1958.

fig. 37: LA LAPIDE DELLA CAPPELLA DEL PURGATORIO

Page 85: I testimoni del tempo

87

15. LE LAPIDI DI PADRE PASQUALE ZIELLO

Pasquale ZIELLO nasce a S.Arpino il 2 settembre 1901, ultimo di 8

figli, da Salvatore e Maria Consiglia CINQUEGRANA, al Corso

Atellano n.33 (ora Vico Zarrillo 4). Il padre, noto in paese come “il

carabiniere”, svolge dapprima mansioni di “agente daziario” e poi di

“custode del cimitero”.

A Pasquale viene imposto questo nome in onore dell’omonimo zio,

sacerdote a S.Arpino da circa 30 anni. Si racconta che il piccolo, al

momento del battesimo, venga offerto a Dio dai genitori che

desiderano vederlo sacerdote da adulto.

Il fervore religioso che anima il ceppo familiare degli ZIELLO si è già

manifestato in altre occasioni nelle quali esso ha consacrato al Signore

i seguenti componenti:

- Pasquale ZIELLO (prozio del futuro missionario) divenuto

Frate Minore con il nome di Frà CARMELO;

- Pasquale ZIELLO (zio 1845-1923) sacerdote diocesano;

- Filomena ZIELLO (zia 1884-1971) suora ;

- Pasquale ZIELLO (sottotenente di fanteria di complemento

caduto nella guerra 1915-18) studente di teologia nel Seminario

di Aversa.

Pasquale manifesta sin da piccolo la sua predisposizione alla vita

religiosa. A nove anni, mentre frequenta ancora la scuola elementare,

chiede ai genitori di entrare nel Seminario di Aversa. Ma le cattive

condizioni economiche della famiglia frenano i genitori che non

possono pagare la retta del convitto religioso pur desiderando di

accondiscendere alla richiesta del figlio.

Page 86: I testimoni del tempo

88

L’intervento dello zio sacerdote don Pasquale ottiene, però, una

riduzione sul pagamento ed il piccolo può accedere (1911) al

“seminario piccolo” di Aversa aperto agli aspiranti poveri, al contrario

del “primo seminario” che accoglie i benestanti.

Il “seminario piccolo” è retto dal Canonico Antonio MIGLIACCIO i

cui metodi di insegnamento si ispirano a quelli di S.Giovanni BOSCO.

Pasquale vi compie gli studi ginnasiali (5 anni) passando, poi, al

“primo seminario” per il liceo.

Nel 1919 è iscritto al Seminario Interregionale Campano, gestito dai

Gesuiti a Posillipo, per studiare teologia.

Tra studi e disciplina molto severi, egli comincia ad entusiasmarsi per

i problemi missionari del tempo, assieme ad altri chierici provenienti,

come lui, dal Seminario di Aversa.

L’incontro con Padre Paolo MANNA (di recente beatificato)

Superiore del PIME Ducenta, nel 1922 a Frattamaggiore, fa sbocciare

in lui la vocazione missionaria che darà i suoi frutti successivamente.

Questa cresce giorno dopo giorno attraverso adorazioni eucaristiche,

piccole mortificazioni e rinunce. Convintosi definitivamente che il

disegno di Dio è quello di volerlo missionario, Pasquale parlerà, poi,

di “tocco mistico” del Signore nei suoi riguardi. In seguito tutta la sua

vita religiosa in terra birmana sarà orientata verso la perfezione

derivante da questo fenomeno spirituale che Dio ha provocato in lui.

Il 22 dicembre 1923 Pasquale viene ordinato sacerdote dal Vescovo di

Aversa Settimio CARACCIOLO seppure non ancora in età canonica.

Nello stesso anno viene adibito all’insegnamento nel ginnasio del

Seminario di Aversa dove diventa anche prefetto di disciplina. Tra il

1925 ed il 1926, insegnando materie letterarie in IV ginnasio, si

distingue per cultura e saggezza. Fine oratore, viene ricercato come

precettore nelle famiglie bene per la sua pietà e dolcezza di spirito.

Page 87: I testimoni del tempo

89

Nel 1926, nonostante le proteste ed i tentativi di dissuasione dei

familiari che sognano per lui una comoda vita sacerdotale, che possa

produrre frutti anche per loro, nel paese natio, Pasquale decide di

partire missionario.

Si iscrive al PIME di Ducenta ed il suo esempio viene seguito da altri

chierici del Seminario di Posillipo tra i quali ricordiamo il frattese

Padre Mario VERGARA che sarà martire in Birmania nel 1950.

Dopo un mese a Ducenta, ove conosce vecchi missionari reduci dalla

Cina e dalla Birmania, parte per Milano dove, secondo le regole

dell’Istituto, benché sacerdote già da 3 anni, svolge un anno di

noviziato. Il 16 agosto 1927 giura fedeltà eterna al PIME e riceve il

mandato della evangelizzazione della missione di TOUNGOO in

Birmania.

Durante la cerimonia di addio, che si tiene nella Chiesa di S.Maria al

Naviglio il 18 agosto, è proprio lui a tenere il discorso di commiato

dopo che i neo missionari hanno ricevuto il CROCIFISSO, simbolo

dei missionari stessi, dalle mani del Cardinale di Milano Mons. TOSI.

Con le sue parole don Pasquale commuove tutti gli astanti.

Il 19 agosto, da Genova, P. Ziello si imbarca sul piroscafo

“GENOVA” alla volta dell’Oriente in compagnia di altri 20 confratelli

di fede. Dopo una breve sosta nel porto di Napoli dove abbraccia i

parenti, guidati da don Luigi DELL’AVERSANA ORABONA di

Lusciano (futuro Vescovo di Melfi e Rampolla), Pasquale riparte per

il continente asiatico.

L’8 settembre egli ed i suoi compagni sbarcano in INDIA e quelli di

loro destinati alla Birmania vengono trattenuti per 5 mesi nella

missione di HYDERABAD per perfezionarsi nella lingua inglese.

Questo periodo, benché molto duro, serve a P. Pasquale per

acclimatarsi con il nuovo continente. Egli incontra anche P. Paolo

Manna, suo Superiore, in giro per le sue missioni orientali. Assieme a

Page 88: I testimoni del tempo

90

lui ed altri 2 nuovi missionari si imbarca, il 14 febbraio 1928, alla

volta della Birmania raggiungendo la città di RANGOON.

Il 12 marzo è a TOUNGOO, la sua “terra promessa. Base di un

territorio missionario curato dal PIME sin dal 1867, questa cittadina

serve anche come luogo di rifornimento e di rifugio all’emergenza.

Ma il missionario di S.Arpino viene destinato al villaggio di

LEITHO’, dimora della tribù dei CARIANI BIANCHI, distante 45

Km. e situato ad 800 m. di altezza.

Nel misero agglomerato di capanne di bambù, abitate da una dozzina

di famiglie, P.Ziello viene presentato così: “Ecco il vostro prete! E’ un

giovane, era professore, ha lasciato i genitori vecchi e due sorelle per

venire in mezzo a voi…Vogliategli bene!”. A Leithò, dove impara la

lingua locale ghebà, rimane un anno. Questo sarà l’unico periodo di

“missionario attivo” perché in seguito avrà altri compiti ai quali

attendere.

Tra il 1930 ed il 1934, infatti, è rettore del Seminario di Toungoo da

cui usciranno molti sacerdoti birmani, due dei quali diventeranno

anche Vescovi (nel 1961 e nel 1984).

Durante il suo rettorato si dà molta cura agli allievi e si risolvono

problemi legati alla costruzione di nuovi fabbricati. Inoltre, egli

approfondisce i suoi studi di teologia, liturgia e diritto ecclesiastico al

punto che, divenuto un grande esperto, viene consultato, per questioni

di Fede, da molti sacerdoti e Vescovi di altre missioni. Diventa

celebre il detto: “L’ha detto P. Ziello? Quindi la questione è chiusa!”

per indicare che i suoi verdetti sono giusti ed inappellabili.

In questo contesto egli emette il voto di perfezione per indicare la sua

risposta al “tocco mistico” dal quale è stato colpito, ad opera di DIO, e

per santificare la sua vita. Molti confratelli ed alcuni Vescovi

ricorrono a lui per la confessione, a testimonianza della stima di cui

gode.

Diventano numerosi anche gli inviti a predicare Ritiri ed Esercizi

Spirituali. In uno famoso del 1939 nella Missione di KENGTUNG un

sacerdote esprime così la soddisfazione per quanto appreso da P.

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Pasquale: “Dopo tali esercizi, possiamo ben stare due anni senza farne

altri!”

Nel 1934 a Toungoo viene inviato anche P. Mario Vergara da

Frattamaggiore, che è stato ex alunno di P. Ziello nel Seminario di

Aversa. Questo sacerdote, che poi svolgerà il suo mandato missionario

nel Distretto di SHADOW, sarà martirizzato dai soldati battisti cariani

nel 1950.

Nel 1934 P. Ziello è nominato anche Procuratore della missione di

Toungoo ed in tale veste attende alla gestione economica della

missione, ai bisogni di tutti i missionari e missionarie sparsi nel

territorio, alla corrispondenza ed alle richieste di aiuto all’estero.

Viene riconfermato in questo incarico anche negli anni a venire per la

sua competenza ed il senso di responsabilità che dimostra.

Nel 1937 P. Pasquale perde entrambi i genitori che muoiono tra i mesi

di gennaio (il padre) e giugno (la madre).

Il 2° Conflitto Mondiale (1940-1945) arreca ingentissimi danni alla

missione di Toungoo. Quasi tutti gli edifici vengono distrutti ed i

missionari vengono in gran parte dispersi. Molti sono trasferiti in

campi di concentramento in India, altri trovano rifugio sui monti per

sfuggire alle uccisioni. Padre Ziello è tra questi ed alla fine della

guerra, grazie agli aiuti giunti dall’India, dall’Italia e dal

Governatorato Inglese della Birmania, può rimettere in sesto la

missione della quale è Vicario Generale e Procuratore.

Nel 1948 la Birmania ottiene l’indipendenza dagli inglesi ma con essa

inizia un periodo di lotte fratricide tra i diversi gruppi etnici che la

compongono. Di ciò fanno le spese i missionari il cui sangue macchia

la terra del loro apostolato.

Nello stesso anno P. Ziello festeggia il 25° anniversario di Sacerdozio.

Pubblicamente viene fatto oggetto di grande attenzione dalle Autorità

e dal popolo che cura ormai da 20 anni. Il Vescovo di Toungoo,

Alfredo LANFRANCONI, lo ringrazia per: “…il lavoro che lei è

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venuto compiendo ormai da 15 anni con zelo e singolare diligenza a

beneficio di noi tutti e nel quale i notevoli doni di mente e di cuore

che il Signore le ha elargito, per gli Uffici voglio dire che ha occupato,

di procuratore e Vicario della missione”.

Tra il 1950 ed il 1953, 4 missionari italiani perdono la vita assieme ad

un catechista per l’odio tribale e di religione fomentato soprattutto dai

ribelli di fede protestante battista che hanno sempre avversato l’opera

dei sacerdoti cattolici.

P. Ziello, pur scosso nell’animo dagli avvenimenti, continua il suo

Ministero provvedendo alla ricostruzione graduale delle opere della

missione di Toungoo. Anzi, ottiene una conversione inaspettata e

molto singolare: quella del Colonnello buddista birmano U MAUNG

MAUNG.

Questo Ufficiale dell’Esercito Birmano, caduto prigioniero dei ribelli

cariani, riesce a fuggire. Una sera, presentatosi da P. Ziello, gli

manifesta l’intenzione di essere battezzato. E’ sicuro, dice, che la sua

fuga è da attribuire ad un intervento divino non potendosi altrimenti

spiegare come i cariani, mortali nemici dei birmani, non l’abbiano

ucciso. Rivela al sacerdote che i libri di carattere religioso da P.

Pasquale inviatigli durante il periodo di prigionia gli sono stati di

grande aiuto morale nelle sofferenze patite.

Riconosce, soprattutto, alla luce di quanto letto, che la Religione

Cristiana è l’unica vera.

Il battesimo del colonnello, divenuto in seguito eminente figura

dell’Esercito, ha una risonanza nazionale ed apporta a P. Ziello

notorietà e, in diverse occasioni, l’operato dei missionari viene

favorito dal Governo Birmano.

Nel 1957 P. Ziello rientra in Italia che non vede da 30 anni.

L’occasione è data dalla V Assemblea Generale del PIME durante la

quale deve essere eletto il nuovo Superiore Generale. P. Pasquale

viene scelto come delegato anche per consentirgli di riposarsi in Patria

dopo tanti anni di assenza.

Page 91: I testimoni del tempo

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Dei familiari, a S.Arpino, ritrova solo le tre sorelle. Il paese, con a

capo il Parroco D. Eugenio BENCIVENGA, lo accoglie in festa.

Durante la Celebrazione Eucaristica nella Chiesa di S.Elpidio,

racconta ai presenti le sue esperienze missionarie incantando tutti.

La sua permanenza in Italia dura 8 mesi al termine dei quali, il 21

dicembre 1957, con la motonave “NEPTUNIA”, riparte per la

Birmania.

Agli inizi del 1958, sfruttando le offerte raccolte in Italia, P. Ziello

pone mano alla costruzione di un ospizio per incurabili a Toungoo al

quale viene dato il nome di “piccolo Cottolengo”. Qui, ad imitazione

dell’analogo Istituto esistente a Torino, egli intende accogliere quegli

infermi rifiutati da altri ospizi.

Nel 1959, alla morte di Mons. Lanfranconi, Vescovo di Toungoo, P.

Pasquale è chiamato a sostituirlo come Vicario Capitolare. Governa,

con questa carica, la Diocesi per 17 mesi con competenza e rara

diligenza. Alla nomina del nuovo Vescovo, la Diocesi viene suddivisa

in due: Toungoo e Taungyi. P.Ziello potrebbe sicuramente essere uno

dei due nuovi Vescovi ma, presumibilmente, non vuole. Viene,

invece, nominato Procuratore e Cancelliere della nuova Curia di

Taungyi, dopo 30 anni di ininterrotto Ministero a Taungoo.

Tra il 1962 ed il 1964 inizia un periodo molto duro per la Chiesa

Cattolica in Birmania. Il Governo socialista, nato da un colpo di stato,

nazionalizza tutte le scuole, cattoliche e delle altre religioni

intendendo dare alla gioventù birmana una educazione materialistica

ed atea. Poi requisisce gli ospedali e gli orfanotrofi al fine di fare

tabula rasa dell’operato dei missionari e per convincerli a lasciare il

paese.

Nel 1965 moltissimi missionari, i più giovani, vengono espulsi dalla

Birmania ed ai più anziani vengono imposte limitazioni negli

spostamenti interni. Nonostante tutto P. Ziello continua a svolgere il

suo apostolato con grande spirito di sacrificio.

Page 92: I testimoni del tempo

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I missionari, in Birmania, si servono della stampa come mezzo di

apostolato. P. Ziello, dotato in campo letterario e teologico, sfrutta la

sua abilità per dare alle stampe numerosi lavori editi dall’attrezzata

tipografia del PIME di Toungoo ma anche in India ed in Italia.

Tra il 1952 ed il 1972 egli pubblica 15 libri e numerosi fascicoli ed

articoli, molti dei quali in lingua birmana. Tra i più famosi:

- DIRETTORIO AD USO DEI SACERDOTI DEL VICARIATO

APOSTOLICO DI TOUNGOO” 1952;

- “DA BUDDA A CRISTO” (storia della Birmania e della

conversione del Col. U MAUNG MAUNG) 1965;

- “UN’ESIGENZA DELL’AMORE” (studio sul significato del

voto di perfezione) 1972.

Il primo, molto elogiato, è un vademecum del missionario, un mezzo

per “poter divenire, o meglio mantenersi sempre missionario

modello”.

Nel 1973 (26 novembre) P. Ziello, per motivi di salute, viene

rimpatriato, nonostante egli abbia manifestata l’intenzione di morire in

terra birmana.

Nello stesso anno cade il suo 50° di sacerdozio ed egli lo festeggia, il

16 dicembre, nella Chiesa di S.Elpidio davanti ad una folla

strabocchevole. L’incontro con i fedeli, organizzato dal Parroco

PEZZELLA, è caldeggiato da P. Antimo Boerio, l’altro compaesano

missionario e Segretario Generale del PIME.

Nel 1974 si ritira nella casa di riposo del PIME a Rancio di Lecco

(Como), dove muore santamente, così come è vissuto, il 21 maggio

1976. E’ sepolto in Calco (Como) nel Cimitero PIME di Villa

Grugnana. L’annuncio della sua morte viene diffuso in Birmania dal

quotidiano GUARDIAN. La reazione unanime è: “ è morto un

Santo!”

Page 93: I testimoni del tempo

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In onore di P. Pasquale Ziello, in S.Arpino viene intestata una strada e

vengono installate due lapidi.

La prima (fig.38) è apposta sulla facciata della casa natale in Vico Zarrillo

n.4.

La seconda (fig.39) si trova nella Chiesa di S. Canione.

fig. 38: LA LAPIDE IN VICO ZARRILLO SULLA FACCIATA DELLA

CASA NATALE DI P. PASQUALE ZIELLO

Page 94: I testimoni del tempo

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fig. 39: LA LAPIDE AFFISSA NELLA CHIESA DI S. CANIONE

Page 95: I testimoni del tempo

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16. LE LAPIDI DELLA CAPPELLA DI S. MARIA DELLE

GRAZIE NEL CIMITERO

Sono due, opere di privati cittadini, e si trovano nella Cappella di S.

Maria delle Grazie (fig.40), attigua alla Chiesa di S.Maria di Atella, nel

cimitero di S.Arpino. Ricordano:

- l’una il restauro, nel 1978, della antica icona della Madonna

(1300 circa) da parte dell’Avv. Antonio SPANO’ in onore della

sorella Titina morta prematuramente (09.12.1930-02.6.1977)

(fig.41);

- l’altra la devozione alla Madonna e la “cura” della Cappella da

parte di Giuseppe DELL’AVERSANA (fig.42).

fig. 40: L’ICONA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

Page 96: I testimoni del tempo

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fig. 41: LA LAPIDE DELL’AVVOCATO ANTONIO SPANO’

fig. 42: LA LAPIDE DI GIUSEPPE DELL’AVERSANA

Page 97: I testimoni del tempo

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17. LA LAPIDE DEL PARROCO PEZZELLA

Il 28 dicembre 1997 il Parroco Francesco PEZZELLA, in occasione

del 50° anniversario di Sacerdozio, fa installare una statua in marmo

della Madonna Immacolata (fig.43) nel Parco giochi di Via della

Libertà. Sotto la statua una lapide marmorea ricorda l’evento (fig.44) .

A fine 1998, per raggiunti limiti di età imposti dal Diritto Canonico, a

75 anni quello che per tutti i santarpinesi è ormai divenuto,

familiarmente, solo “Don Ciccio” lascia la carica attiva di Parroco

della Chiesa di S. Elpidio Vescovo pur conservandone il titolo

onorifico di Parroco Emerito.

Sono passati 6 lustri da quando, nel giugno del 1968, una Bolla del

Vescovo di Aversa Mons. Antonio CECE lo destina alla cura dei

parrocchiani del paese natio e ben 63 anni dal momento in cui decide

di dedicarsi alla vita religiosa.

Nato il 13 marzo 1923 in S. Arpino da Biagio, operaio, ed Annunziata

D’ALIA, casalinga, Francesco PEZZELLA, compiuti gli studi

elementari nel suo paese, entra nel Seminario Diocesano di Aversa

(1935).

Fino al 1940 vi compie il Ginnasio passando, poi, al Seminario

Pontificio Regionale in Salerno dove continua gli studi liceali

arrivando al IV anno di Teologia nel 1947.

Nel giugno dello stesso anno riceve l’Ordinazione Sacerdotale, in

Aversa, dalle mani di S.E. Mons. Antonio TEUTONICO. Celebra la

sua prima Messa in S. Arpino il 29 giugno 1947.

Per un biennio, fino al 1949, ricopre l’incarico di Animatore nel

Seminario Vescovile di Aversa, Conseguito, da privatista, nello stesso

anno l’Abilitazione Magistrale in Napoli all’Istituto Pimentel Fonseca,

si dedica all’insegnamento, dal 1950 al 1953, nel Circolo Didattico

della vicina Succivo.

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Viene, nel frattempo, nominato (1950) collaboratore (Vice Parroco) di

Don Eugenio BENCIVENGA che sarà suo predecessore, come

Parroco, fino al 1968.

Nel 1954 lo ritroviamo nella Scuola di Avviamento Professionale in

S.Arpino quale Professore di Religione. Protrae l’incarico fino al 1988

quando riceve la pensione statale. Nel 1997 festeggia il 50° DI

Sacerdozio.

E’ stato uno dei Parroci più “longevi” della lunga lista che, partendo

dal 1599, lo annovera al 17° posto tra i Sacerdoti che si sono

avvicendati nell’Amministrazione dell’antica Parrocchia di S.Elpidio

Vescovo costruita ex novo da Alonzo III Sanchez De Luna, utile

Signore di S.Arpino, nel 1590.

fig. 43: LA STATUA DELLA MADONNA

NEL PARCO GIOCHI

Page 99: I testimoni del tempo

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fig. 44: LA LAPIDE DEL PARROCO PEZZELLA

Page 100: I testimoni del tempo

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18. LE LAPIDI DI AMEDEO CINQUEGRANA

Due lapidi, una del 1983 (fig.45) e l’altra del 1998 (fig.46), entrambe

dettate dalla penna del Prof. Salvatore BRANCACCIO, tendono a

ricordare ai posteri che nell’elenco dei benefattori del popolo di

S.Arpino va inserito il nome di Amedeo CINQUEGRANA (fig.47).

Questi nasce in S.Arpino il 16.10.1895, da Raffaele ed Anna VERDE.

Arruolatosi nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, vi rimane

effettivo per un quarantennio arrivando a ricoprire, all’atto della

pensione, il titolo onorifico di Tenente. Viene pure insignito dei titoli

di Cavaliere di Vittorio Veneto e Cavaliere della Repubblica. Sposato

con Giuseppina ROSSI, ha due figli: Giovanni ed Augusta.

Nel 1975, ormai ottantenne, nostalgico della terra natia e desideroso di

esservi ricordato, predispone una donazione in denaro (2 milioni poi

elevati a 3,5) a favore dell’Amministrazione Comunale di S. Arpino

che, con i proventi maturati, dovrà istituire annualmente una borsa di

studio per gli alunni della III elementare. Nel contempo dona diversi

volumi di vario genere alla Biblioteca Comunale.

Le donazioni vengono accettate ed annualmente si rinnova il rito della

premiazione della borsa di studio istituita a suo nome.

Egli muore, in Genova, il 14.7.1983. E’ sepolto in S.Arpino.

L’Amministrazione Comunale di S.Arpino, dal canto suo, esterna la

sua gratitudine per questo “illustre benefattore” dapprima con una

lapide affissa sulla facciata della Chiesa di S.Francesco di Paola e poi

intitolandogli il plesso scolastico elementare sito nella località

Paradiso.

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fig. 45: LA LAPIDE AFFISSA SULLA FACCIATA

DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA

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fig. 46: LA LAPIDE AFFISSA NELLA SCUOLA ELEMENTARE

DELLA LOCALITA’ PARADISO

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fig. 47: IL CAVALIERE AMEDEO CINQUEGRANA

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19. LE LAPIDI DEI CADUTI IN GUERRA

Sono 4 ed installate:

- quella dedicata al Sergente Maggiore Francesco

PENNACCHIO sulla casa natale in Via S. Giacomo (fig.48);

- quelle dei Caduti della 1^ e 2^ Guerra Mondiale sulla

facciata principale del Palazzo Ducale (figg.49-50);

- quella del nuovo monumento ai Caduti in Piazza Salvo

D’ACQUISTO (fig.51).

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fig. 48: LA LAPIDE DI FRANCESCO PENNACCHIO

Francesco PENNACCHIO nasce in S.Arpino il 28.9.1889, da Alfonso

e Caterina GRIFASI, alla Via S.Giacomo 6. Arruolatosi volontario nel

Regio Esercito, diventa effettivo alla 5^ Compagnia del 71°

Reggimento Fanteria con cui partecipa alla Guerra Italo-Turca (1911-

1912). Muore nell’Ospedaletto di BENGASI (Cirenaica), il 3

dicembre 1911, per “ferite da arma da fuoco all’addome”. Decorato

di medaglia d’argento al Valor Militare.

La lapide è stata apposta nel 1923.

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fig. 49: LA LAPIDE DEI CADUTI DELLA 1^ GUERRA MONDIALE

La lapide ricorda i 40 santarpinesi morti, sui vari fronti di guerra,

durante il 1° conflitto mondiale (1915-1918). E’ stata costruita nel

1927, come si evince dalla data (Anno VI dell’Era Fascista) scolpita

sulla lampada votiva che l’adorna. E’ in marmo con i nomi dei Caduti

incisi e ritiene una bella Vittoria alata, di autore ignoto, una lampada

votiva, lo Stemma di S.Arpino e lo Stemma della Casa Regnante

Savoia tutti in bronzo.

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fig. 50: LA LAPIDE DEI CADUTI DELLA 2^ GUERRA MONDIALE

E’ stata installata nel 1982 a ricordo dei Caduti della 2^ Guerra

Mondiale (1940-1945). E’ in marmo con borchie e decori in bronzo e

riporta solo 27 dei 30 morti in guerra e per causa di essa.

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fig. 51: LA LAPIDE DEL MONUMENTO AI CADUTI

Nell’anno 2002 l’Amministrazione Comunale indice un concorso

pubblico per la realizzazione di un Monumento ai Caduti di tutte le

Guerre. Vince il bozzetto presentato dall’artista A. GIANNINO. Sotto

il manufatto, realizzato in bronzo ed installato nella Piazza Salvo

D’Acquisto, viene posta la lapide marmorea surriportata.

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20. LAPIDI ED INSEGNE VARIE

Sono due. La prima (fig.52) è una insegna metallica del TOURING

CLUB ITALIANO, installata in Via Martiri Atellani all’altezza del

civico 114 ed indicante il Comune di ATELLA DI NAPOLI nato, nel

1928, dalla fusione di S.Arpino, Succivo, Orta di Atella e parte di

Frattaminore e disciolto nel 1946 (si vedano i relativi Decreti

nell’Appendice Documentaria). La seconda (fig.53) è una targa

marmorea installata sulla Cabina Elettrica sita in Via Piave. Ricorda la

Società costruttrice esistente prima dell’ENEL.

fig. 52: L’INSEGNA INDICANTE ATELLA DI NAPOLI

fig. 53: LA LAPIDE INSTALLATA SULLA CABINA ELETTRICA

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CAPITOLO III

GLI STEMMI

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GLI STEMMI

In S. Arpino, apposti od affrescati su Palazzi Gentilizi, esistono ancora

diversi stemmi, quasi tutti relativi ad Insegne nobiliari di varie

Famiglie, che testimoniano un passato lontano, fatto di “caste” e strati

sociali diversi.

L’uso di “alzare” uno stemma risale al medioevo ed era peculiare di

una casta particolare, i “nobili”, destinataria di privilegi sociali sul

resto della popolazione e quasi sempre, per concessione della Corona

regnante, “utili Signori” di un territorio denominato “feudo”.

Nel tempo una consolidata legislazione, detta “araldica”, ha

provveduto alla “concessione, al riconoscimento ed alla registrazione”

di stemmi per Città, Comuni, Enti e persone.

Dal 1806 tutti i privilegi feudali, che spesso provocavano

“prevaricazioni” nei confronti del popolo, sono stati aboliti ma l’uso

di concedere stemmi è rimasta prerogativa sovrana dei Regnanti

d’Italia fino alla fine della Monarchia ed all’avvento della Repubblica.

Ancora oggi, tuttavia, seppure con uno spirito diverso, gli stemmi

vengono concessi dal Presidente della Repubblica a Città, Comuni ed

Enti quale “documento di identità” della storia passata.

“Per stemma od arma, secondo l’accezione araldica, s’intende il complesso di

determinate figure effigiate secondo certi principi e regole, che costituiscono i

contrassegni stabili di persone od Enti e vengono portate ed usate per una speciale

autorizzazione. Una figura entra a far parte di un’arma solo se inserita nella forma

di uno scudo con determinati colori in una figurazione fissa ed ereditaria. Lo

stemma, per le persone, si compone di 2 parti: lo scudo e l’elmo con l’aggiunta di

ornamenti come la corona e gli svolazzi. Lo scudo è il fondo sul quale sono

disegnate le figure araldiche. Il fondo si chiama campo e figure tutti i disegni che

sono sopra lo scudo. Per intendere il linguaggio araldico relativo alle parti dello

scudo ed alle posizioni delle figure è necessario figurarsi un cavaliere dentro la

propria armatura ed imbracciante lo scudo. Si capirà, allora, perché in araldica si

chiama destra la parte che resta a sinistra di chi guarda e viceversa. Anche le

figure dello scudo sono in genere rivolte verso destra (sinistra di chi guarda), cioè

nella direzione del guerriero che si copre con lo scudo, verso l’avversario.

Page 112: I testimoni del tempo

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Nelle varie epoche furono in voga moltissime forme di scudi. La forma di scudo

ammessa ora in Italia è quella sannitica.

Per facilitare il blasonamento dello scudo, si è pensato di dividere lo stesso in

tante parti alle quali sono stati dati nomi specifici comparando lo scudo col corpo

umano.

Le suddivisioni dello scudo secondo le varie direzioni sono le seguenti:

PARTITO = diviso verticalmente in due parti uguali;

TRONCATO = diviso orizzontalmente in due parti uguali;

TRINCIATO = diviso in diagonale dall’alto a destra al basso a

sinistra;

TAGLIATO = diviso in diagonale dall’alto a sinistra al basso a destra.

Lo scudo può avere il campo di uno o più smalti. Gli smalti sono 7: 5 colori e 2

metalli. I colori sono: il rosso, l’azzurro, il verde, il nero ed il porpora. I

metalli: l’argento e l’oro. Nelle rappresentazioni grafiche e nelle realizzazioni in

bronzo, pietro, marmo ecc. vengono effigiati con linee e puntini. L’argento è

rappresentato lasciando indenne la superficie da linee e punti.

La corona, posta al di sopra dello stemma, indica il grado nobiliare ed assume

forma diversa a secondo del rango di chi la usa.

Tra gli ornamenti accessori dello scudo c’è il motto, breve espressione scritta per

lo più in lettere maiuscole romane sopra liste bifide svolazzanti, dello stesso

colore del campo, poste sotto lo scudo (1)”.

(1) A. DELL’AVERSANA – E. SPUMA “ORDO POPULUSQUE

ATELLANUS” – S.ARPINO A.R.C.A. 2000

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1. GLI STEMMI DEI SANCHEZ DE LUNA

Nel 1574, con l’acquisto definitivo del feudo di S.Arpino, avviato nel

1969 da Caterina DE LUNA, moglie del Marchese di Grottole

ALONZO III SANCHEZ DE LUNA, inizia sul nostro paese la

dominazione di questa Famiglia originaria dell’Aragona.

Essa arriva in Italia nel 1282, quando gli spagnoli conquistano la

Sicilia a seguito dei Vespri Siciliani.

Nel tempo riesce ad acquisire tanto potere, per i vari servigi resi ai

Regnanti di Sicilia e di Napoli, da possedere 38 feudi in tutta la

penisola ed in gran parte delle regioni del sud.

In S.Arpino essa produce una serie di feudatari che termina nel 1806,

con l’eversione della feudalità voluta dai francesi.

Alonzo III costruisce in paese, tra il 1574 ed il 1590:

il Palazzo ove risiede che sarà, successivamente, detto Ducale;

la Chiesa di S.Elpidio in sostituzione dell’analoga abbattuta per

far posto al Palazzo;

la Chiesa ed il Convento di S.Maria della Stella, ora Cappella

del Cimitero.

La linea di successione dei Sanchez De Luna in S.Arpino sarà la

seguente:

ALONZO III 1° Signore dal 1574 al 1607;

GIOVANNI III 2° Signore dal 1607 al 1612;

LUIGI 3° Signore dal 1612 al 1639;

ALONZO V 4° Signore dal 1639 al 1664;

GIOVANNI IV 1° Duca dal 1664 al 1672;

ALONZO VI 2° Duca dal 1672 al 1694;

GIOVANNI NICOLA 3° Duca dal 1694 al 1763;

ALONZO VII 4° Duca dal 1763 al 1781;

GIOVANNI FRANCESCO 5° Duca dal 1781 al 1789;

Page 114: I testimoni del tempo

116

ALONZO VIII 6° Duca dal 1789 al 1806.

Alcuni di questi Feudatari lasceranno la loro Insegna sui manufatti

costruiti in S.Arpino.

Gli stemmi sono ancora installati nei luoghi ove furono posti ab

origine.

Un discorso a parte merita lo stemma “scoperto” sotto la volta

dell’androne d’ingresso del Palazzo Ducale. Quello al momento

visibile è un falso storico clamoroso. Un restauro inappropriato,

infatti, ci ha restituito una Insegna fasulla privandoci di gran parte

della nostra memoria storica.

Page 115: I testimoni del tempo

117

1.a LO STEMMA DI ALONZO III SANCHEZ DE LUNA

(1° SIGNORE DI S. ARPINO 1574-1607)

Alonzo III Sanchez De Luna succede al padre Alonzo I, nel 1564, nel

feudo di Grottole (ora in provincia di Matera) di cui diventa Marchese

per l’investitura di Re Filippo II.

Intanto è già da tempo Regio Tesoriere Generale del Regno, carica

trasmessagli per privilegio regio dal padre.

Con altro privilegio del 19 dicembre 1566 il Re lo promuove alla

dignità di Collateral Consigliere di Stato del Regno di Napoli. Egli

esercita l’ufficio con tanta soddisfazione che, il 31 marzo 1570, viene

ammesso dai Nobili del Seggio di Montagna a godere gli onori della

sua nobiltà.

Sposa, nella Chiesa di S.Giovanni in Firenze, D.Caterina De Luna,

figlia di D. Giovanni Martinez De Luna, Signore di Porroi, Cavaliere

di S.Giacomo, Commendatore di Monte Albano, Cavallerizzo

Maggiore, Castellano di Milano e Generale dell’Armata di Pisa e

Siena.

Per parte della moglie Alonzo III acquista le ragioni di successione

della Baronia di Illucca, trasformata poi nel Contado di Moratta, in

Aragona, e comprendente i castelli di Moratta, Gotor, Valtorres,

Borrei, Cindes, Tralles, Illucca e Leossa.

Tra il 1569 ed il 1574 D. Caterina De Luna attende alla compera del

Casale di S.Arpino, allora feudo della Famiglia CARAFA, con la

giurisdizione delle prime cause civili, criminali e miste. In seguito

vengono acquistati, dalla Regia Corte, l’Ufficio di Mastrodattia e le

seconde cause a “zone di ducati 5 a fuoco per n.63 fuochi, in feudis e

con il servizio dell’Adoha”.

Alonzo III viene molto favorito dal Re Filippo II con l’appoggio del

quale, e contro l’opposizione del Viceré di Napoli Duca d’Ossuna,

compra la Dogana (DEL FERRO) delle Terziarie, detta di Puglia.

Avendo accumulato enormi ricchezze, tenta di comprare per 100 mila

ducati le città di Lettere e Gragnano senza, però, riuscirvi.

Page 116: I testimoni del tempo

118

Rivende, invece, a Giovanni Battista Caracciolo, l’Ufficio di Regio

Tesoriere del Regno per 33 mila ducati.

In S.Arpino, tra il 1574 ed il 1590, Alonzo III costruisce, dopo aver

abbattuto diverse abitazioni nel centro del paese:

il Palazzo ove risiede che sarà, successivamente, detto Ducale;

la Chiesa di S.Elpidio in sostituzione dell’analoga abbattuta per

far posto al Palazzo;

la Chiesa ed il Convento di S.Maria della Stella, ora Cappella del

Cimitero.

Dal matrimonio con D. Caterina De Luna ad Alonzo nascono questi

figli:

Alonzo;

Alonzo: futuro Marchese di Grottole;

Giovanni: futuro Signore di S.Arpino;

Gabriele: futuro Cappellano Maggiore del Regno di Napoli;

Antonio: valoroso militare in diverse campagne;

Girolamo: Cavaliere di Malta e Commendatore di Mareggio;

Brianda: sposa d.Antonio Brancaccio Duca di Lustri;

Isabella: sposa D.Antonio Ruffo dei Principi di Sicilia.

In punto di morte (avvenuta nel 1607) Alonzo III lascia, nel

testamento, “erede in feudalibus” il primogenito Alonzo (IV) ed erede

universale il secondogenito Giovanni. A questi andrà, dopo una lite

ereditaria tra fratelli, il feudo di S.Arpino mentre Alonzo IV riterrà

esclusivamente il titolo di Marchese di Grottole.

Lo stemma di Alonzo III, in marmo ed in duplice esemplare (fig. 54) ,

risulta ancora installato sul portale di piperno della Chiesa di S.Elpidio

Vescovo.

Page 117: I testimoni del tempo

119

fig. 54: LO STEMMA DI ALONZO III SANCHEZ DE LUNA

INSTALLATO SUL PORTALE DELLA CHIESA

DI S. ELPIDIO VESCOVO

Page 118: I testimoni del tempo

120

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO SAGOMATO PARTITO-SEMITRONCATO. NEL 1°

DI ARGENTO A TRE BANDE DI ROSSO COL LEONE DI

AZZURRO ATTRAVERSANTE SUL TUTTO (per Famiglia

SANCHEZ). NEL 2°: NEL 1° DI ROSSO AD UN CRESCENTE

RIVERSATO DI ARGENTO E NEL 2° DI ARGENTO PIENO

(per Famiglia DE LUNA)”.

LA CORONA, SICURAMENTE DI MARCHESE, RISULTA

ROTTA IN ENTRAMBI GLI ESEMPLARI.

Page 119: I testimoni del tempo

121

1.b LO STEMMA DI ALONZO VII SANCHEZ DE LUNA

(4° DUCA DI S.ARPINO 1763-1781)

Alonzo Ciro Giuseppe Donato Baldassarre Sanchez De Luna è il

primogenito maschio, dopo Caterina, di Giovanni Nicola (3° Duca di

S.Arpino) e Laura Maria Pisano Marchesa di Pascarola.

Nasce in S.Arpino il 16 marzo 1704 e viene battezzato nello stesso

giorno nella Chiesa di S.Elpidio. Padrino è lo zio Gabriele Sanchez De

Luna.

Nel 1729 eredita, per la morte della madre, il titolo di Marchese di

Pascarola. Rivende questo feudo, tra il 1739 ed il 1742, a D.

Domenico Palomba.

Sposa D. Laura Caracciolo ed il 13 aprile 1763 rileva il Ducato di

S.Arpino per morte del padre.

Alonzo VII è militare di professione e partecipa a diverse campagne

sotto vari Regnanti nei Reggimenti di Cavalleria. Ottimo cavallerizzo,

è tenuto talmente in considerazione dal Re austriaco Carlo V (poi VI

come Imperatore) che questo lo eleva dapprima al grado di Tenente

Colonnello e poi gli conferisce, in occasione delle nozze della figlia

Maria Teresa, il rango di Ciamberlano Imperiale. Anche l’Imperatore

Giuseppe II gli conserva questo onore inviandogli la Chiave d’oro,

simbolo della carica, direttamente a S.Arpino da un proprio Ministro e

forse alla presenza dell’Arciduca Massimiliano.

Alonzo diventa anche autore di queste 3 opere a carattere militare che

egli spedisce a diversi Regnanti d’Europa, tra i quali Federico II di

Prussia, l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, Filippo I Duca di

Parma, Papa Pio VI, il Re di Sardegna, e che gli procurano una certa

notorietà:

LO SPIRITO DELLA GUERRA – 1760;

TEORICA PRATICA MILITARE (2 TOMI) – 1762/1769;

DELLE MILIZIE GRECA E ROMANA – 1763.

Page 120: I testimoni del tempo

122

Il 4° Duca di S. Arpino è anche ricordato per la sua prodigalità verso il

popolo santarpinese durante la triste carestia degli anni 1763-1764.

Nell’occasione, infatti, tenta, attraverso l’acquisto di vettovaglie, di

alleviare le difficoltà enormi in cui versano i suoi vassalli.

Nel 1780, a seguito della traslazione dei corpi dei Santi Prospero e

Costanzo, curata dal fratello gesuita Gennaro nella Chiesa di S.Elpidio

Vescovo, Alonzo VII costruisce nella Chiesa l’altare dove ancora

riposano quei resti mortali.

A ricordo viene lasciata una lapide e nel paliotto dell’altare viene

istoriato, in duplice esemplare, il suo stemma (fig.55).

Il 17 dicembre 1781, dopo una settimana di “febbre convulsiva

biliosa”, Alonzo VII (fig.56) muore e viene seppellito, dopo pompose

esequie previste per il suo rango, nella Chiesa di S.Gregorio Armeno,

nella tomba di Famiglia dei Pisano cui appartiene la moglie.

Anche in S.Arpino gli vengono resi onori funebri imponenti e,

nell’occasione, è l’Abate Vincenzo De Muro a tessere l’elogio funebre

dell’estinto.

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO ACCARTOCCIATO. INQUARTATO: NEL 1° E 4° DI

ARGENTO A TRE BANDE DI ROSSO COL LEONE DI

AZZURRO ATTRAVERSANTE SUL TUTTO (per Famiglia

SANCHEZ). NEL 2° E 3°: NEL 1° DI ROSSO AD UN

CRESCENTE RIVERSATO DI ARGENTO E NEL 2° DI

ARGENTO PIENO (per Famiglia DE LUNA). IN CUORE LO

SCUDETTO CON LA STESSA ARMA DEI DE LUNA”

Page 121: I testimoni del tempo

123

fig. 55: LO STEMMA DI ALONZO VII SANCHEZ DE LUNA

SUL PALIOTTO D’ALTARE DELLA CAPPELLA DELLA

MADONNA DEL BUON CONSIGLIO

Page 122: I testimoni del tempo

124

fig. 56: ALONZO VII SANCHEZ DE LUNA (incisione tratta da “FUNERALI PER D.ALONZO SANCHEZ DE LUNA D’ARAGONA-1781”

BIBLIOTECA NAZIONALE- NAPOLI)

Page 123: I testimoni del tempo

125

1.c LO STEMMA DI ALONZO VIII SANCHEZ DE LUNA

(6° DUCA DI S. ARPINO 1789-1806)

Alonzo VII è figlio di Giovanni Francesco, 5° Duca di S.Arpino, e

Maria Teresa De’ Rossi Duchessa di Casal di Principe e Contessa di

Caiazzo.

Il 17 marzo 1783, alla morte della madre, diventa suo erede nei feudali

ed il 16 novembre 1789, morto il padre, diventa 6° ed ultimo utile

Duca di S.Arpino.

Egli cumula, così, i seguenti titoli per le varie successioni dei suoi avi:

CONTE DI MORATTA (in Spagna);

CONTE DI CAIAZZO SUL VOLTURNO;

DUCA DI ATELLA;

DUCA DI CARFIZIO;

DUCA DI CASAL DI PRINCIPE;

MARCHESE DI PASCAROLA;

MARCHESE DI MACCHIAGODENA;

MARCHESE DI S. NICOLA E CASABONA;

BARONE DI TORRE CARBONARA,

come si evince dalla lapide da lui stesso fatta affiggere nel Palazzo

Ducale, nel 1798, in occasione delle nozze con Maria Giovanna

D’Avalos Marchesa di Pescara e di Vasto.

Nello stesso anno egli abbellisce il palazzo rinnovando la facciata

principale ed aggiungendo un quarto lato con loggiato.

Deputato della Città di Napoli, nel 1799 aderisce alla Repubblica

Partenopea e, al ritorno dei Borboni, è arrestato e condannato a 5 anni

di prigione. Non sappiamo, però, se sconta il carcere.

Lo ritroviamo, dopo l’abolizione della feudalità, nel 1808 quando

acquista la Starza Terracciana (il territorio della Maddalena in S.

Page 124: I testimoni del tempo

126

Arpino). Nel 1810 sostiene, per possedimenti terrieri, una lite con

l’Università di Casal di Principe.

Dismesse le prerogative feudali, il Ducato di S.Arpino passa,

attraverso Teresa sua unica figlia, sposata con Carlo Caracciolo Duca

di S.Teodoro, al nipote di Alonzo VIII Alonzo Caracciolo Sanchez De

Luna che morirà a 23 anni nel 1853.

Lo stemma di Alonzo VIII si ritrova:

in marmo, installato sulla facciata principale del Palazzo Ducale

(fig.57);

affrescato, su di una volta al 1° piano dello stesso Palazzo (fig.58).

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO OVALE PARTITO. NEL 1° PARTITO

SEMITRONCATO: NEL 1° INQUARTATO IN CROCE DI

S.ANDREA: NEL 1° PALATO DI ROSSO E GIALLO; NEL 2°

ALL’AQUILA ARALDICA CORONATA. NEL 2°

INQUARTATO : NEL 1° E 4° DI ARGENTO A TRE BANDE

ROSSE COL LEONE D’AZZURRO ATTRAVERSANTE SUL

TUTTO; NEL 2° E 3° : NEL 1° DI ROSSO AD UN CRESCENTE

RIVERSATO DI ARGENTO E NEL 2° DI ARGENTO PIENO.

IN CUORE LO SCUDETTO CON L’ARMA DEI DE LUNA (il

tutto per Famiglia SANCHEZ DE LUNA).

NEL 2° INQUARTATO: NEL 1° E 4° DI AZZURRO AL LEONE

RAMPANTE DI ARGENTO; NEL 2° E 3° ONDATO DI

ARGENTO ED AZZURRO (per Famiglia DE’ ROSSI).

AD ORNAMENTO DELLO SCUDO IL MANTO DI

ERMELLINO SOVRASTATO DA CORONA DUCALE.”

Page 125: I testimoni del tempo

127

fig. 57: LO STEMMA MARMOREO DI ALONZO VIII SANCHEZ DE

LUNA INSTALLATO SULLA FACCIATA PRINCIPALE

DEL PALAZZO DUCALE

Page 126: I testimoni del tempo

128

fig. 58: LO STEMMA DI ALONZO VIII SANCHEZ DE LUNA

AFFRESCATO AL 1° PIANO DEL PALAZZO DUCALE

Page 127: I testimoni del tempo

129

1.d LO STEMMA “IGNOTO” DELLA FAMIGLIA SANCHEZ

DE LUNA

Come d’uso durante il feudalesimo, anche in S. Arpino esisteva,

affrescato sotto la volta dell’androne d’ingresso del Palazzo Ducale,

uno stemma di grosse dimensioni recanti le Insegne Gentilizie della

Famiglia Sanchez De Luna. Nel corso dei secoli in cui questa

Famiglia ebbe i privilegi del feudo, si assistette a diverse ridipinture di

detto stemma perché ciascun feudatario imperante faceva sovrapporre

la propria Arma a quella del predecessore.

L’ultima versione è rimasta occultata da mani di tintura bianca,

prodotta in epoca imprecisata, sino all’anno 2001 quando

l’Amministrazione Comunale pro tempore promuove una operazione

di “rinvenimento-restauro” tesa a recuperare una testimonianza storica

ancora ignota.

Detta operazione, però, iniziata nel mese di maggio e terminata in

poco più di un mese, fallisce completamente restituendo alla

Comunità santarpinese un fumettistico bozzetto lontanissimo parente

di un’Arma gentilizia, inventato di sana pianta, per nulla rispondente

alle rigide leggi dell’araldica e, pertanto, difficilmente blasonabile

(fig.59).

Una restauratrice impreparata storicamente e giovani maestranze

inesperte cancellano in fretta e furia le tracce di tre secoli di storia di

una Famiglia molto importante e privano S.Arpino di gran parte della

sua memoria.

L’assoluta mancanza di indagini diagnostiche e la fretta di portare a

termine l’operazione arrecano danni tali da indurre gli operatori ad

“inventarsi” uno stemma pur di presentare un risultato alla

popolazione.

Page 128: I testimoni del tempo

130

Le vibrate proteste dell’associazionismo locale, che produce un

dossier inviato alle più alte Autorità dello Stato, induce la

Sovrintendenza competente ad autorizzare il parziale discialbo

immediato di quanto inopportunamente ridipinto.

Ciò che rimane al momento visibile (fig.60) non è altro che uno

stemma composto da figure araldiche appartenute in origine a diversi

stemmi sovrapposti. Esso non ha, pertanto, alcun valore storico né è

attribuibile ad alcun feudatario.

Auspichiamo che la Sovrintendenza, come promesso, rimetta mano al

progetto di restauro dopo le previste “approfondite ricerche storiche”

(vds. Appendice Documentaria).

Page 129: I testimoni del tempo

131

fig. 59: COME SI PRESENTAVA LO STEMMA RIDIPINTO EX NOVO

Page 130: I testimoni del tempo

132

fig. 60: COME SI PRESENTA LO STEMMA AL MOMENTO DOPO LA

DESCIALBATURA AUTORIZZATA DALLA SOVRINTENDENZA

Page 131: I testimoni del tempo

133

2. GLI STEMMI DEL VESCOVO MARCO DE SIMONE

E DEL FRATELLO MEDICO ANTONIO

Rampollo di una Famiglia benestante radicata in paese sin dal secolo

XVI, Marco DE SIMONE nasce in S.Arpino, presumibilmente

nell’attuale Palazzo Zarrillo sito nella Strada per S.Maria d’Atella, il

17 giugno 1704 da Gregorio ed Andreana BIANCO.

E’ battezzato, due giorni dopo, dal Parroco Gioacchino PEZZELLA

con i nomi di Antonio Marco Agnello. Fa da madrina la levatrice

Maddalena PEZONE.

Giovanissimo, viene avviato alla vita religiosa nel Seminario di

Aversa dove si distingue, sin dai primi studi, per la sua prodigiosa

memoria e l’ingegno precocissimo. Risulta essere molto versato nelle

opere poetiche e nella prosa.

Successivamente inframezza i suoi studi in Filosofia, Matematica,

Teologia, Diritto Canonico, Greco, Ebraico e Francese con

esperimenti nel sociale aprendo una “Scuola per giovani” nel paese

natio.

Nel 1731, già Sacerdote dotto e zelante, si trasferisce in Napoli, ospite

del fratello medico Antonio che ha aperto uno studio in questa città sin

dal 1726, e qui diventa precettore di Francesco CARAFA, dei Duchi

di Traetto, futuro Cardinale. Nel 1740, attiratovi sicuramente da

orizzonti più ampi, lo ritroviamo a Roma.

Nella Città Santa molti lo ammirano per il suo ingegno grazie al quale

diventa membro dell’Accademia dell’Arcadia. Tra il 1740 ed il 1750

la sua Cultura e la sua Dottrina lo pongono all’attenzione della Curia

romana. Molti sono, infatti, gli incarichi che ricopre.

Designato, dal Cardinale Carafa, Uditore nella Legazione di Ferrara,

svolge talmente bene il compito da venire nominato Vicario Generale

del Cardinale CRESCENTI Arcivescovo di quella città.

Il Papa BENEDETTO XIV (Prospero LAMBERTINI), al quale ,

probabilmente, lo lega qualche relazione di parentela in virtù della

Page 132: I testimoni del tempo

134

moglie di suo fratello Antonio Marianna LAMBERTINI, lo designa a

Vescovo di Salerno nel 1750 ma Marco rifiuta. Accetta, invece, due

anni dopo, la Mitra della Diocesi di Troia di cui diventa 58° Vescovo

succedendo a Mons. Pietro FACCOLLI.

Nella Bolla di partecipazione, del 17 luglio 1752, al Comune ed alla

Diocesi di Troia della nomina di Mons. DE SIMONE, il Papa così si

esprime “…abbiamo provveduto nominando la persona del diletto

figlio Marco De Simone eletto di Troja, accetta a Noi ed ai venerabili

fratelli nostri Cardinali di Santa Romana Chiesa per la rilevanza dei

suoi meriti…sì che possiate rallegrarvi di aver trovato…in lui…un

padre benevolo”.

E Marco DE SIMONE, nell’arco dei successivi 25 anni, sarà talmente

un Buon Pastore da essere ricordato perfino oggi come uno dei più

grandi Prelati che abbiano diretto la Diocesi Troiana.

Il suo zelo ed il suo spirito di carità compiono, infatti, meraviglie nella

città dauna. Lascerà il ricordo di sé nel campo dell’edilizia religiosa ed

in quello dell’amore verso le pecorelle del gregge a Lui affidato.

Con le rendite che gli derivano dal suo stato di Vescovo Feudatario (è

Barone di S.Lorenzo in Carmignano, località vicino Troia, ed “utile

Signore” dei feudi di Monte Calvello e S.Nicola) egli abbellisce Troia

sotto l’aspetto architettonico di interesse religioso.

Nell’intero arco della sua attività pastorale costruirà opere splendide,

tra le quali:

- il Palazzo Vescovile (su probabile progetto del Vanvitelli);

- i saloni, le camerate ed il refettorio del Seminario

(ampliamento);

- la balaustra, l’altare ed i frontespizi marmorei della Cappella

del Seminario;

- la Cappella dell’Assunta nella Cattedrale;

- la balaustra con scalinata all’ingresso della Cattedrale;

- il Campanile della Cattedrale;

- la Chiesa di S.Giovanni al Mercato (inizio costruzione).

Page 133: I testimoni del tempo

135

Dota, inoltre, la Cattedrale di due magnifici Organi che saranno, in

seguito, trasportati altrove.

Per questa sua frenetica ed intensa attività edilizia, Mons. DE

SIMONE viene definito, dai suoi contemporanei, come il Vescovo

affetto dal “mal della pietra”.

Ma Egli è ricordato, soprattutto, per i suoi morigerati costumi, il suo

magnanimo cuore e la vita vissuta santamente.

Le cronache, infatti, raccontano come Egli aborrisca il fasto, la

sontuosità e lo splendore prediligendo, invece, la semplicità e l’umiltà.

Il suo pasto abituale risulta essere molto frugale, a base di legumi o di

pesce di modesta qualità. Le sue ricchezze vengono spese per il

decoro degli edifici religiosi e per il sostegno dei poveri.

La sua sollecitudine pastorale lascia un segno che molti scrittori

definiscono un vero “miracolo”.

Nel 1764, a causa di una grande carestia, Mons. DE SIMONE

distribuisce ai bisognosi ed ai poveri tutto il grano che ha fatto

raccogliere nella sua masseria dello Staffio. Ma questo non basta ed il

Vescovo fa una processione di penitenza al termine della quale riapre i

magazzini. Come per incanto questi vengono ritrovati pieni! La

Divina Provvidenza, infatti, moltiplica il pochissimo grano che era

rimasto fino ad arrivare a cinquemila tommoli che vengono

equamente divisi tra tutti i contadini privi di semenza.

Mons. DE SIMONE rivela di essere anche un buon agronomo per la

sua Diocesi. Insegna, infatti, ai coloni a saper sfruttare il concime di

origine organica, dagli stessi fino ad allora ritenuto inutile, per rendere

più fertile il terreno. Ed i risultati non tardano ad arrivare. Il raccolto

viene quasi triplicato!

Pur assente per lunghissimi anni dal paese natio, Mons. DE SIMONE

non dimentica S.Arpino dove continua a vivere parte del suo nucleo

familiare che annovera, oltre ai genitori, la sorella Carmina e lo zio

sacerdote Elpidio DE SIMONE. I fratelli Antonio, medico, e

Giuseppe, studente di medicina, vivono più a Napoli che a S.Arpino.

Page 134: I testimoni del tempo

136

Nel 1754 egli dona alla Chiesa di S.Elpidio Vescovo, in fase di

ristrutturazione, il magnifico altare maggiore in marmo ed in stile

barocco sui lati del quale fa scolpire anche la sua Insegna Vescovile (fig.61).

Nel contempo egli consacra pure la Chiesa. A ricordo dell’episodio

viene murata una lapide che sarà rimossa nel 1884 durante la

definitiva ristrutturazione dell’edificio religioso. Il fratello Antonio,

nel 1758, regala, a sua volta, la balaustra in marmo che chiude

l’abside. Anch’egli fa scolpire l’Insegna gentilizia familiare nel

marmo della balaustra (in duplice esemplare) (fig.62) a perenne ricordo

della sua devozione.

Mons. Marco DE SIMONE, già affetto da molti anni da malanni vari e

portatore di una protesi oculare, muore all’improvviso in Troia,

colpito da colpo apoplettico, nella notte tra il 19 ed il 20 febbraio

1777, all’età di 73 anni e dopo 25 di governo pastorale in terra

pugliese.

I solenni funerali vengono officiati dall’Arcivescovo di Matera Mons.

Francesco ZUNICA e Mons. DE SIMONE viene seppellito nella

Cappella dell’Assunta.

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO ACCARTOCCIATO. NEL 1° DI NERO ALLA

STELLA D’ORO BOTTONATA DI ROSSO; NEL 2°

D’ARGENTO AL GIGLIO D’ORO FASCIATO DI ROSSO; SUL

TUTTO UNA FASCIA DI ROSSO CARICATA DA TRE GIGLI

D’ORO FASCIATI DI ROSSO”

Lo Stemma del Vescovo è ornato dal Cappello Prelatizio e due

cordoni a sei fiocchi mentre quello del fratello Antonio è ornato di

corona apparentemente di Marchese.

Page 135: I testimoni del tempo

137

fig. 61: LO STEMMA DI MONS. MARCO DE SIMONE

SULL’ALTARE MAGGIORE DELLA CHIESA DI S. ELPIDIO VESCOVO

Page 136: I testimoni del tempo

138

fig. 62: LO STEMMA DI ANTONIO DE SIMONE

SULLA BALAUSTRA DELL’ABSIDE DELLA CHIESA

DI S. ELPIDIO VESCOVO

Page 137: I testimoni del tempo

139

3. LO STEMMA DEL VESCOVO ORAZIO MAGLIOLA

Orazio MAGLIOLA nasce in S.Arpino, il 04 settembre 1745, dal

Dottor Fisico Giacinto e dalla Magnifica Donna Angela DE LUCA. E’

battezzato nello stesso giorno dal Parroco Pasquale DE LUCA anche

con i nomi di Antonio, Luigi e Vincenzo. A portarlo al fonte è

l’ostetrica Lucia CALIFANO.

Appartenente ad una delle Famiglie più benestanti dell’epoca e che ha

già dato diversi componenti alla Chiesa, Orazio viene avviato

giovanissimo alla vita religiosa. Studia nel Seminario diocesano di

Aversa ma non risultano, tuttora, noti i dati relativi alla sua

ordinazione. Conosciamo, invece, che nutre un profondo amore per lo

studio, soprattutto delle cose sacre, tanto da essere considerato ben

presto come profondo conoscitore della Giurisprudenza oltre che dotto

Canonista.

Per queste sue doti, accoppiate all’onestà, è chiamato da ben due

Vescovi a ricoprire l’incarico di Vicario Generale delle rispettive

Diocesi. La prima volta è a MURO, con Mons. DE LUCA; la seconda

a Capua, sotto L’Arcivescovo Mons. GERVASIO, influente figura di

Prelato, Cappellano Maggiore del Regno e Confessore del Re

Ferdinando IV.

Sarà lo stesso Mons. GERVASIO a “favorire” sia la nomina regia di

Orazio MAGLIOLA a Vescovo di ACERRA che il suo ingresso,

quale Membro, nella Giunta dei Vescovi presieduta dallo stesso

Arcivescovo. All’interno di essa al Prelato di S.Arpino verrà chiesto di

risolvere importantissimi affari di Governo.

Orazio MAGLIOLA viene nominato Vescovo della Diocesi Acerrana

dopo una vacanza di governo succeduta alla morte di Frà Leonardo

DE FUSCO. La Bolla papale di nomina di Pio VI porta la data del 19

dicembre 1797. Il regio exequatur, con cui all’epoca veniva permesso

dal Re di prendere possesso della sede vescovile, viene concesso da

Ferdinando IV il 22 dello stesso mese.

Page 138: I testimoni del tempo

140

Con la carica di Vescovo, il Magliola cumula anche, come prassi

solita per i vescovi acerrani, il titolo di Consigliere a latere del Re.

In Acerra Mons. MAGLIOLA inizia subito a lavorare. Riprende, a sue

spese, la ricostruzione della Cattedrale iniziata dal suo predecessore

che aveva contratto, per la fabbrica, ventiquattromila ducati di debito.

Fino al 1828 il Vescovo santarpinese spenderà trentaduemila ducati

provenienti dagli introiti delle Masserie di Castelluccio e Pastiniello i

cui benefici sono appannaggio della Mensa Vescovile acerrana.

Egli apporta restauri anche al Seminario ed al Palazzo Vescovile sul

cui portale di accesso fa apporre la propria Insegna prelatizia.

Il Governo Pastorale di Orazio MAGLIOLA, benché sviluppatosi in

un periodo di turbolenze politiche (Rivoluzione napoletana del 1799,

regime dei Napoleonidi, ripristino del potere borbonico), viene

descritto dagli storici come “molto prudente”. Egli, infatti, non si

schiera apertamente, come qualche suo confratello, con alcun regime.

Pur rispettando gli ordini emessi dai vari Ministeri del Culto, che a

quei tempi hanno enorme ingerenza in materia ecclesiastica, agisce

sempre con spirito caritatevole mitigando al massimo qualsiasi

drastica decisione da prendere.

Pensando esclusivamente al suo ministero, riordina la disciplina,

piuttosto evanescente all’epoca, del clero diocesano correggendone i

costumi e dà slancio agli affari diocesani.

Con il Concordato del 1818 vengono riordinate le circoscrizioni delle

Diocesi ed il 25 ottobre Mons. MAGLIOLA prende possesso anche

della Sede Vescovile di S.Agata dei Goti unita a quella di Acerra.

Durante i dieci anni nei quali egli governa in quest’altra Cattedra, vi

apporta notevoli migliorie.

Riatta, infatti, l’Episcopio, ritrovato in pessime condizioni,

arredandolo a proprie spese. Si adopera, inoltre, affinché ai Canonici

santagatesi vengano concessi, dalla Santa Sede, privilegi ecclesiastici.

Page 139: I testimoni del tempo

141

Nei trentadue anni complessivi nei quali Mons. Orazio MAGLIOLA

governa le due Diocesi, il suo operato viene apprezzato da tutti, clero

e laici.

Egli, già affetto da diversi anni da podagra, muore in S.Arpino il 03

gennaio 1829. Il suo corpo, trasportato in Acerra, viene sepolto nella

Cattedrale.

In S.Arpino, notevole per fattura, rimane il suo Palazzo in cui si

vedono ancora, scolpiti ed affrescati, due esemplari dello Stemma

Vescovile da lui alzato (figg. 63-64).

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO ACCARTOCCIATO. CON CROCE TRIFOGLIATA

POSTA DIETRO, ORNATO DA CAPPELLO VESCOVILE E 12

FIOCCHI DI COLORE VERDE. INQUARTATO. NEL 1° E 4°

DI ROSSO ALLA TORRE MERLATA AL NATURALE E

SORMONTATA DA GIGLIO DI FRANCIA D’ORO; NEL 2° DI

AZZURRO A DUE LEONI AL NATURALE AFFRONTATI AD

UN PINO TERRAZZATO ANCH’ESSO AL NATURALE; NEL

3° DI AZZURRO AL PONTE A DUE ARCATE AL NATURALE

SORMONTATO DA COLOMBA ANCH’ESSA AL

NATURALE.”

Page 140: I testimoni del tempo

142

fig. 63: LO STEMMA MARMOREO DI MONS. ORAZIO MAGLIOLA

INSTALLATO SUL PORTALE DEL SUO PALAZZO IN S. ARPINO

Page 141: I testimoni del tempo

143

fig. 64: LO STEMMA DI MONS. ORAZIO MAGLIOLA AFFRESCATO

NELL’ANDRONE D’INGRESSO DEL SUO PALAZZO IN S. ARPINO

Page 142: I testimoni del tempo

144

4. LO STEMMA DEL PALAZZO ZARRILLO

E’ scolpito (fig. 65) sulla chiave di volta del portale in peperino del

Palazzo ZARRILLO sito lungo la Via Ten. D’ANNA Leone. Non

sappiamo a quale tra le Famiglie DE SIMONE e ZARRILLO, che

hanno avuto il possesso del Palazzo, essa appartenga. Difficile anche

da blasonare in considerazione della scarsa leggibilità delle figure che

esso riporta. Lo scudo è accartocciato e sovrastato da un elmo posto

frontalmente.

fig. 65: LO STEMMA DEL PALAZZO ZARRILLO

Page 143: I testimoni del tempo

145

5. LO STEMMA DELLA FAMIGLIA LETTERA

Lo ritroviamo, in duplice esemplare:

- affrescato sotto la volta dell’androne d’ingresso del Palazzo

LETTERA sito in Via S. Maria delle Grazie (fig. 66);

- in stucco sulla facciata della Cappella Gentilizia della stessa

Famiglia nel Cimitero di S. Arpino (fig. 67).

Non abbiamo, al momento, notizie storiche sulla Famiglia LETTERA.

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“SCUDO SAGOMATO. DI ROSSO ALLA FASCIA

D’ARGENTO CARICATA DELLA SCRITTA IN LETTERE

D’ORO S.P.Q.R.. NEL CAMPO FIAMMA D’ORO A CINQUE

PUNTE USCENTE DAL CAPO E TRE LETTERE L D’ORO

POSTE DUE AL DI SOPRA ED UNA AL DI SOTTO DELLA

FASCIA. AD ORNAMENTO ELMO NERO POSTO DI

PROFILO SULLO SCUDO E CIRCONDATO DA

LAMBRECCHINI DI COLORE NERO.”

Page 144: I testimoni del tempo

146

fig. 66: LO STEMMA DELLA FAMIGLIA LETTERA

NEL PALAZZO OMONIMO

Page 145: I testimoni del tempo

147

fig. 67: LO STEMMA DELLA FAMIGLIA LETTERA

SULLA CAPPELLA GENTILIZIA

Page 146: I testimoni del tempo

148

6. LO STEMMA DEL PALAZZO DE MURO

In stucco (fig. 68), è installato sul portale d’ingresso del Palazzo ove è

nato l’Abate Vincenzo DE MURO, nella Via omonima. Non

conosciamo a quale Famiglia appartenga nella considerazione che il

Palazzo è stato in possesso anche della Famiglia BUONINCONTRI.

E’ stato ridipinto e risulta, pertanto, difficile riconoscere gli smalti

originali.

Presenta scudo sannitico con, nel campo, due leoni affrontati a

quella che sembra l’elemento centrale di una fontana la cui acqua

potrebbe essere quella rappresentata in punta. A ornamento una

corona ducale e fogliame circondante lo scudo sotto il quale è

posta una testa umana.

fig. 68: LO STEMMA DEL PALAZZO DE MURO

Page 147: I testimoni del tempo

149

7. LO STEMMA “VECCHIO” DI S.ARPINO

E’ una versione, sicuramente rimaneggiata nel tempo, di quello che fu

il sigillo originario della UNIVERSITA’ di S. ARPINO e che

ricordava il patrocinio di S. Elpidio fondatore del paese. Esso è stato

usato, per consuetudine, negli atti pubblici sino all’anno 2000.

Lo ritroviamo in triplice esemplare:

- uno in stucco su di un arco della navata centrale della Chiesa di

S.Elpidio Vescovo risalente al 1884 (fig. 69);

- uno dipinto, di recente, sulla vetrata d’ingresso della Chiesa stessa

(fig. 70);

- uno in bronzo installato sulla lapide dedicata ai Caduti della 1^

Guerra Mondiale sulla facciata del Palazzo Ducale e risalente al

1928 (fig. 71).

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“ DI AZZURRO ALLA MITRIA D’ORO CON FIBULE

SVOLAZZANTI ANCH’ESSE D’ORO, L’INFULA POSTA A

SINISTRA ATTRAVERSATA DAL PASTORALE D’ORO”

Page 148: I testimoni del tempo

150

fig. 69: LO STEMMA IN STUCCO DENTRO LA CHIESA

DI S. ELPIDIO VESCOVO

fig. 70: LO STEMMA DIPINTO SULLA VETRATA

D’INGRESSO DELLA CHIESA DI S. ELPIDIO VESCOVO

Page 149: I testimoni del tempo

151

fig. 71: LO STEMMA IN BRONZO INSTALLATO SULLA LAPIDE DEI

CADUTI DELLA 1^ GUERRA MONDIALE

Page 150: I testimoni del tempo

152

8. LO STEMMA DELLA FAMIGLIA REGNANTE SAVOIA

E’ in bronzo (fig. 72) ed è stato installato sulla lapide dei Caduti della

1^ Guerra Mondiale nel 1928 (Anno VI Era Fascista, come si evince

dalla data scolpita sulla lapide) a ricordo dell’allora Famiglia

Regnante.

La dinasta dei SAVOIA si è succeduta, nel Regno d’Italia, dal 1861

(17 marzo titolo di Re d’Italia a Vittorio Emanuele II) al 1946 quando,

per gli esiti del Referendum Monarchia-Repubblica, l’ultimo Re

Umberto II abbandona l’Italia per l’esilio.

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“ SCUDO SAGOMATO. DI ROSSO ALLA CROCE D’ARGENTO”

fig. 72: LO STEMMA IN BRONZO DEI SAVOIA INSTALLATO SULLA

LAPIDE DEI CADUTI DELLA 1^ GUERRA MONDIALE

Page 151: I testimoni del tempo

153

9. LO STEMMA DEI MINIMI DI S. FRANCESCO DI PAOLA

E’ installato (fig. 73) sul portale d’ingresso del Convento di S. Maria

della Stella (noto come S.Maria di Atella o di S.Francesco di Paola)

attualmente inglobato nel recinto cimiteriale di S.Arpino.

Nel 1593 Alonzo III SANCHEZ DE LUNA, 1° Signore di S.Arpino,

chiama ad insediarsi nel complesso conventuale (convento e Chiesa)

da lui stesso fatto costruire, i frati dell’Ordine dei Minimi di

S.Francesco di Paola che vi permangono fino al 1810, anno della

soppressione del convento. Lo stemma è il simbolo dell’Ordine ed

inneggia alla CARITA’, costante caratteristica dei Minimi.

E’ in marmo e presenta un sole radiato (32 raggi) con all’interno la

scritta in latino CHARITAS.

fig. 73: LO STEMMA DEI MINIMI

Page 152: I testimoni del tempo

154

10. LO STEMMA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II

E’ stato, di recente, dipinto sulla vetrata d’ingresso della Chiesa di

S.Elpidio Vescovo a ricordo del regno di Sua Santità il Papa

GIOVANNI PAOLO II (Karol WOITYLA) (fig. 74).

DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA

“ SCUDO SANNITICO CIMATO DAL TRIREGNO E DALLE CHIAVI,

UNA D’ORO ED UNA D’ARGENTO, POSTE IN DECUSSE CON I

CONGEGNI IN ALTO E LE IMPUGNATURE IN BASSO. DI AZZURRO

ALLA CROCE D’ORO. SOTTO IL BRACCIO SINISTRO DELLA CROCE

LA LETTERA M D’ORO”

fig. 74: LO STEMMA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II

Page 153: I testimoni del tempo

155

11. LO STEMMA DEL SACRO CUORE DI GESU’

Installato (fig. 75) sulla cuspide dell’Organo a canne della Chiesa di

S.Elpidio Vescovo. Ricorda la consacrazione della Chiesa al Sacro

Cuore di Gesù avvenuta nel 1884. E’ in legno. Scudo accartocciato.

Di azzurro al Sacro Cuore di Gesù di rosso circondato, in fascia,

da corona di spine. A ornamento corona ducale.

fig. 75: LO STEMMA DEL SACRO CUORE DI GESU’

Page 154: I testimoni del tempo

156

12. LO STEMMA NUOVO ED IL GONFALONE

DEL COMUNE DI S. ARPINO

Il 24 aprile 2000, con il Decreto che riportiamo nell’Appendice

Documentaria, il Presidente della Repubblica Carlo Azelio CIAMPI

“concede” al Comune di S.Arpino lo Stemma ed il Gonfalone. E’

l’epilogo di una operazione iniziata diversi mesi prima dagli autori di

questo libro. Essi, infatti, alla ricerca di notizie sulla origine dello

Stemma fino ad allora in uso nella Comunità santarpinese, scoprono

che esso non risulta mai “concesso” ufficialmente da alcuna Autorità

dello Stato, né Re né Presidenti, e che non corrisponde araldicamente

al “sigillo” anticamente usato dalla Università di S.Arpino che

rinvengono negli Archivi di Stato.

L’Amministrazione Comunale pro tempore, messa a conoscenza dei

fatti, decide di iniziare la pratica per la concessione.

I bozzetti, approntati da Antonio DELL’AVERSANA, prevedono per

lo Stemma gli smalti antichi già usati con l’aggiunta del motto, che

ricorda l’origine atellana di S.Arpino, “Ordo populusque atellanus”.

Per il Gonfalone vengono indicati i colori rosso e giallo a ricordo

dell’Aragona, patria di origine della Famiglia Sanchez De Luna che

tanta parte ha avuto, per secoli, nelle vicende del nostro paese.

L’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

“risistema” araldicamente il tutto e prepara il Decreto di concessione

poi firmato. S.Arpino, si trova, così, ad essere uno dei pochi paesi

della Campania ad avere lo Stemma (fig. 76) ed il Gonfalone (fig. 77)

“ufficiali”.

La storia della concessione è riportata nel libro degli scriventi dal

titolo “ORDO POPULUSQUE ATELLANUS”.

Page 155: I testimoni del tempo

157

fig. 76: IL NUOVO STEMMA DEL COMUNE DI S. ARPINO

DESCRIZIONE ARALDICA

“ DI AZZURRO. ALLA CORONA DI SPINE DI DICIOTTO INTRECCI,

DI ROSSO, ATTRAVERSANTE IL PASTORALE D’ORO, POSTO IN

SBARRA. ESSA CORONA SORMONTATA DALLA MITRA D’ORO,

ORNATA DA QUATTRO RUBINI DI ROSSO, POSTI IN PALO, CON LE

INFULE DI ORO SVOLAZZANTI. L’INFULA POSTA A SINISTRA

ATTRAVERSATA DAL MANICO RICURVO DEL PASTORALE. SOTTO

LO SCUDO, SU LISTA BIFIDA E SVOLAZZANTE DI AZZURRO, IL

MOTTO IN LETTERE MAIUSCOLE DI NERO ORDO POPULUSQUE

ATELLANUS. ORNAMENTI ESTERIORI DEL COMUNE”

Page 156: I testimoni del tempo

158

fig. 77: IL GONFALONE DEL COMUNE DI S.ARPINO

DESCRIZIONE ARALDICA

“ DRAPPO PARTITO DI ROSSO E DI GIALLO, RICCAMENTE

ORNATO DI RICAMI DI ARGENTO E CARICATO DELLO STEMMA

CON LA DESCRIZIONE CENTRATA IN ARGENTO, RECANTE LA

DENOMINAZIONE DEL COMUNE. LE PARTI DI METALLO ED I

CORDONI SONO ARGENTATI. L’ASTA VERTICALE E’ RICOPERTA

DI VELLUTO DEI COLORI DEL DRAPPO, ALTERNATI, CON

BULLETTE ARGENTATE POSTE A SPIRALE. NELLA FRECCIA E’

RAPPRESENTATO LO STEMMA DEL COMUNE E SUL GAMBO

INCISO IL NOME. CRAVATTA CON NASTRI TRICOLORATI DAI

COLORI NAZIONALI FRANGIATI D’ARGENTO”

Page 157: I testimoni del tempo

159

APPENDICE

DOCUMENTARIA

Page 158: I testimoni del tempo

160

PIANTA DEL TERRITORIO DELLA “MADDALENA” IN S. ARPINO

(ARCHIVIO DI STATO NAPOLI-TRIBUNALE DI NAPOLI)

Page 159: I testimoni del tempo

161

FRONTESPIZIO DEL MANOSCRITTO DEL PADRE PIO OPERAIO

D. PASQUALE COLELLA “ISTRUZZIONI E REGOLE PER LE

MISSIONI DEI PADRI PIJ OPERARII – 1778”

(ARCHIVIO PII OPERAI – CHIESA S. NICOLA ALLA CARITA’ - NAPOLI)

Page 160: I testimoni del tempo

162

ESTRATTO DAL MANOSCRITTO

DEL PADRE PIO OPERAIO D. PASQUALE COLELLA

“ISTRUZZIONI E REGOLE PER LE MISSIONI DEI PADRI

PIJ OPERARII – 1778”

….omissis….

Regole per la funzione del Calvario

Quei medesimi P.P. di s.m. che inventarono l’esercizio della vita devota per profitto e

vantaggio spirituale delle anime, incominciarono ancora la pratica di piantare ne’ luoghi

ove dalla nostra Congregazione si fanno le Missioni, cinque croci per lasciare con esse

uno svegliarono visibile a i popoli di ricordarsi spesso de’ cinque principali misteri della

passione di Gesù Cristo come mezzo efficacissimo a farli perseverare nel bene incominciato

nel tempo della missione ed infervorarli nell’amore verso Dio ed esercizio delle sante virtù.

Gli cento e mille prodigi succeduti in varie parti ove da noi si son piantate queste croci, a’

quali da noi s’è dato il titolo del Santo Calvario, devono essere a noi d’un efficacissimo

motivo di piantarle in tutti i luoghi ne’ quali da noi si fanno le sante Missioni, a riserva

di quei luoghi, a mio parere, ove da qualche Padre Francescano si trova posta nella

chiesa madre la Via Crucis, poiché in questo caso basterebbe infervorare detta visita, e detto

esercizio, e questo appartiene a chi farà la Vita Devota, e non facendosi questa,

apparterebbe a chi farà la predica grande della sera d’infervorarla nella predica della

benedizione, quando propone il mezzo di riflettere spesso alla passione di Gesù Cristo.

Del resto, quando in quella terra o città vi è luogo opportuno da piantarle, e gli sindici ed

eletti delle rispettive università si contentano di fare la spesa, io son di parere che questa

pratica incominciata da’ nostri Servi di Dio non si trascuri, e non vada in oblivione.

Nella diocesi di Rossano in Calabria molti anni sono fu piantato da nostri Padri il

Santo Calvario in una certa terra e fuvvi un attestato giurato di moltissimi di quei

cittadini, che molto tempo prima di venire i nostri Padri a farvi la missione, fu veduto

uno splendore pur troppo eccessivo che mirabilmente illuminava tutta quella contrada, e

Page 161: I testimoni del tempo

163

detto splendore era propriamente in quel luogo ove i Padri, senza sapere ciò, per loro

elezione piantarono il Santo Calvario.

Volle Dio con ciò darci a conoscere essere di sua volontà che si piantasse il Santo

Calvario in memoria della passione del suo divin figliuolo.

Sempre che mi son trovato presente a questa funzione, non ho potuto far di meno

d’intenerirmi e consolarmi della comune compunzione del popolo, e non una, ma più e più

volte mi è accaduto di aver avuto a’ piedi miei anime compunte e convertite da questa

funzione, che con tante prediche della Santa Missione, ed esempio degli altri non si erano

accese dal profondo letargo de’ loro vizii.

Sicchè dunque per questo, e cento e mille altri motivi non dee farsi raffreddare e trascurare

questa pratica, ma avere l’attenzione e la diligenza sin dal primo giorno che si arriva in un

luogo, in vedere che non vi sia la Via Crucis nella chiesa madre, e vi sta luogo

proporzionato ed opportuno per piantare le sante croci, ed essendovi queste condizioni,

chiamarsi subito il capo dell’università acciò abbia il tempo di procurar il legname e farlo

lavorare di maniera che le croci si trovino lavorate pe’l giorno della benedizione, in cui si

metteranno avanti o dentro la porta della chiesa ove si fa la Missione, acciò vedendosi da

tutto il popolo, che ordinario tutto per intiero suole venir in chiesa in detto giorno, questi

concepisca volontà e desiderio di venire ad assistere nell’atto che dovranno condursi dalla

chiesa e piantarsi nel luogo scelto e destinato da’ Padri.

Condizioni del luogo:

Il luogo ove devono piantarsi dette croci dev’essere atto e proporzionato a mantenerle in

devozione; deve avere le seguenti condizioni, cioè:

1. deve essere vicinissimo all’abitato, acciò non vi sia difficoltà per essere spesso

visitato;

2. dev’essere a vista di case abitate che abbiano finestre affacciatore verso di esso, acciò

ognuno stia sull’idea di poter essere veduto; ma dette case non siano attaccate a detto

luogo, di maniera che gli abitanti affacciati dalle loro finestre possano essere di

Page 162: I testimoni del tempo

164

soverchia soggezione, anzi che d’impedimento alla gente di portarsi alla visita di

dette croci e farvi orazione;

3. dev’essere un luogo ove non sia solito fermarsi la gente del paese a far conversazione o

combriccole; ma sia, se sarà possibile, un luogo per dove ordinariamente deve

passare e ripassare la maggior parte di quelli che escono dal paese per andare nelle

campagne, acciò questi abbiano l’occasione di spesso visitare le sante croci e farvi

qualche piccola orazione;

4. dev’essere un luogo che non sia una specie di pascolo di animali, andandovi ivi al

solito essi a pascolare, non essendo di onore e culto delle sante croci che attorno vi

siano animali a pascolare e che imbrattino quel luogo ove deve inginocchiarsi la

gente quando andarà a farvi orazione per venerare quelle croci;

5. deve trovarsi un luogo per quanto sia possibile pulito, che non vi sia fango, che abbia

un poco di pennino che non ci si fermi l’acqua quando piove;

6. se la chiesa madre have l’atrio, o spiazzo avanti, ove senza soggezione si potessero

venerare le sante croci, e fermarsi la gente a farci orazione, in questo caso senza

andar trovando luogo fuor dell’abitato si potrebbe ivi situare il S. Calvario;

7. trovato che sarà il luogo atto ed opportuno, prima di portarvici le sante croci, sin

dalla mattina si ci faranno le fossette per mettercele, le quali devono essere a linea, e

lontana l’una dall’altra 12 o 16 palmi e non più, e per ogni fossetta si faranno

trovare preparate le pietre in numero tale che si stimeranno bastanti a fermarvisi

ed inzepparci la santa croce; e il giorno quando dovrà farsi detta funzione che vi

sia uno colla zappa e palo di ferro per tirare il terreno dentro le fossette ed

inzepparci le pietre.

Processione

Preparata dunque che sarà ogni cosa sin dalla mattina, il giorno si convocare il Capitolo

e tutti gli ecclesiastici secolari, e all’ore ventuna se il cammino sarà lungo, o in circa alle 22

se sarà breve, usciranno tutti li signori chierici, suddiaconi, diaconi, sacerdoti semplici e

canonici in processione dalla chiesa cantando solennemente il Vexilla Regis prodeunt, che

finito si replicare sino che si arrivarà al luogo destinato pel Santo Calvario, e dopo di

detti signori ecclesiastici li nostri Padri, l’un dopo l’altro, porteranno ognuno una croce

sulle loro spalle, e perché le croci per ordinario sono di 16 o 12 palmi in circa lunghe, e di

Page 163: I testimoni del tempo

165

legno duro e pesante, perciò è inevitabile l’aiuto d’uno o due che sostengano da dietro l’asta

della croce, a quale effetto si fanno vestire una dozzina di confrati che aiutino i Padri a

portare le croci.

Dopo i Padri verrà tutto il popolo cantando a vicenda il Santo Rosario, prima gli

uomini, e poi le donne. Deve avvertirsi che le croci dovran portarsi l’una dopo l’altra, e

anderà la prima quella che dovrà essere la prima a piantarsi, e così s’intende dell’altre, e

l’ultima sarà quella che rappresenta la croce ove fu crocifisso Gesù Cristo, che sarà

l’ultima a piantarsi, ed in essa vi saranno martello, tenaglie, scala, spongia, e lancia di

legno, e le discipline pendenti dalle due braccia della croce.

Arrivata che sarà la processione nel luogo destinato pel Santo Calvario, tutto il clero si

fermerà attorno alla prima fossetta ove dovrà piantarsi la prima croce, e la farà sostenere

in piedi fuor di essa dalli due confrati, il secondo lascerà la sua vicino la seconda fossetta,

facendola tenere come la prima, e così da mano in mano sino all’ultima.

Benedizione delle croci

Posate così tutte le croci, quel Padre che dovrà benedirle si metterà la cotta e stola con

piviale di color rosso, le quali cose si faranno ivi portare dal sagrestano assieme

coll’incenziere e secchietto con acqua santa, ed aspersorio e rituale romano ove sta

Benedictio novae crucis.

E prima d’incominciare la benedizione si situarà il popolo di maniera che gli uomini stiano

in un’ala della prima fossetta verso l’altre fossette che vengono appresso, e le donne stiano

nell’altr’ala all’incontro, di maniera che il clero con tutti li Padri stiano nel mezzo fra gli

uni e le altre.

Situati già li Padri, clero e popolo incominciarà la benedizione, con cantare ad alta

voce le parole del rituale romano, e dato che sarà l’incenso alla croce, sì come si farà in tutte

l’altre, quel Padre che l’ha benedetta ed incensata, la prenderà colle sue mani, ma con

l’ajuto de’ confrati la metterà dentro la sua fossetta, ove si fermarà con terra e pietre tanto

quanto possa mantenersi , perché poi appresso chi governa quella università vi ci farà subito

dal giorno susseguente in avanti li piedi di fabbrica con un gradino attorno per comodo di

chi si ci vuole inginocchiare.

Page 164: I testimoni del tempo

166

Fissata dunque la santa croce già benedetta, uno dei padri farà il suo sentimento, il quale

conta di quattro parti, cioè introduzione, narrazione, dolore e proponimento. Parlerò qui

di tutte le dette quattro parti.

….omissis….

Terminato l’atto di dolore e proponimento si cantarà da un padre la seguente canzoncina,

facendo rispondere e replicare dal popolo ogni versetto di essa:

Io ti adoro, o Santa croce,

duro letto del mio Signore,

ti saluto con la voce,

ti adoro con il cuore,

io ti adoro o Santa Croce.

Terminata la canzoncina il Padre vestito col piviale e poi l’altri Padri baciano la croce,

e immediatamente passano alla benedizione dell’altra, e così di mano in mano eodem modo

ut sopra. ….omissis….

Quel Padre che farà l’ultimo sermoncino seu sentimento nell’ultima croce dopo l’atto di

dolore e prima della canzoncina dovrà dire diverse cose:

1. darà il nome a quel luogo, che tutti per l’avvenire devono chiamarlo il Santo

Calvario, il luogo santo;

2. esortare tutti alla riverenza, modestia, silenzio e devozione dovuta a quel luogo, in

cui non ci si deve andare e fermarsi se non per farvi orazione, e che perciò ognuno

sia vestito a non farci fermare gli animali, acciò si mantenga sempre in

venerazione e pulizia;

3. che ognuno quando va a visitare il Santo Calvario ci portasse una buona pietra

per la fabbrica che ci si deve fare delli piedistalli alle croci, e le cappelle ancora, sì

come han fatti tanti popoli in tanti luoghi, e si dirà che chi ha ben trattato ed

onorato questo santo luogo del Calvario ne han ricevuto dalle Sante Croci

miracoli senza fine;

4. spiegherà l’indulgenze che vi sono, cioè chi dice un solo Pater e Ave per ogni

croce considerando e compatendo i dolori e patimenti del Figlio e della madre,

Page 165: I testimoni del tempo

167

guadagnerà diecimil’anni d’indulgenze, e se ne dirà cinque per ogni croce ne

guadagnerà cinquantamil’anni, che si possono applicare per l’anime del

purgatorio.

Page 166: I testimoni del tempo

168

DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALLA SALVAGUARDIA

DELLA “SANTA CROCE” DEL TRIVICO

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 167: I testimoni del tempo

169

DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALLA SALVAGUARDIA

DELLA “SANTA CROCE” DEL TRIVICO

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 168: I testimoni del tempo

170

DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALLA SALVAGUARDIA

DELLA “SANTA CROCE” DEL TRIVICO

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 169: I testimoni del tempo

171

DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALLA SALVAGUARDIA

DELLA “SANTA CROCE” DEL TRIVICO

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 170: I testimoni del tempo

172

DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALLA SALVAGUARDIA

DELLA “SANTA CROCE” DEL TRIVICO

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 171: I testimoni del tempo

173

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 172: I testimoni del tempo

174

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 173: I testimoni del tempo

175

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 174: I testimoni del tempo

176

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 175: I testimoni del tempo

177

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 176: I testimoni del tempo

178

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

CHE DICHIARA IL PALAZZO DUCALE DI S. ARPINO MONUMENTO

NAZIONALE

(BIBLIOTECA MILITARE DI PRESIDIO-NAPOLI)

Page 177: I testimoni del tempo

179

ATTO DI NASCITA DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO DI STATO-MESSINA)

Page 178: I testimoni del tempo

180

ATTO DI NASCITA DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO DI STATO-MESSINA)

Page 179: I testimoni del tempo

181

ATTO DI NASCITA DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO DI STATO-MESSINA)

Page 180: I testimoni del tempo

182

CERTIFICATO DI BATTESIMO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO PARROCCHIA S. MATTEO SALESIANI-MESSINA)

Page 181: I testimoni del tempo

183

ATTO DI BATTESIMO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO PARROCCHIA S. MATTEO SALESIANI-MESSINA)

Page 182: I testimoni del tempo

184

FOGLIO MATRICOLARE DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO DI STATO – TORINO)

Page 183: I testimoni del tempo

185

TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 184: I testimoni del tempo

186

TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 185: I testimoni del tempo

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 191: I testimoni del tempo

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 192: I testimoni del tempo

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 195: I testimoni del tempo

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 196: I testimoni del tempo

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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202

TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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203

TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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TESTAMENTO OLOGRAFO DI GIUSEPPE MAGRI’

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

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206

TRASCRIZIONE

DEL

TESTAMENTO OLOGRAFO DI:

MAGRI’ GIUSEPPE FU SILVESTRO

NATO IN MESSINA LI’ 8 LUGLIO 1843

(come da relativa fede di nascita qui annessa)

Trovandomi nel pieno e sano esercizio delle mie facoltà mentali e non avendo né

ascendenti né discendenti, né coniuge o altri parenti aventi diritto a quota di riserva sulla

mia eredità, ed essendo perciò io libero di disporre dei miei beni senza limitazione alcuna,

faccio le seguenti disposizioni testamentarie: Istituisco e nomino mio erede universale della

mia nuda proprietà da consolidarsi un giorno con l’usufrutto di tutti i miei beni immobili

siti in Sant’Arpino, il Comune di Sant’Arpino, e qualora esso non volesse accettare,

nomino in sua vece il Comune di Succivo, e tanto l’uno o l’altro gravati di adempire ai

seguenti pesi, vincoli e legati.

Lego l’usufrutto delle tre (dico tre) camere dove io abito in Sant’Arpino, e dei miei due

giardinetti colà, ad Aniello Caporale di Acerra, vita sua naturale durante: camere

esistenti al secondo piano del mio palazzo, con tutti gli accessori che le riguardano, scale di

accesso, porte, cancelli, soppenne, per poterle comodamente usufruire come io le usufruisco, e

lego al medesimo i frutti pendenti e già maturati all’epoca della mia morte e non ancora da

me raccolti nei due giardinetti, e tutto dispensandolo di fare inventario e di prestare

cauzione: Modifico questo legato: si veda a pagina n.16 di questo testamento; seguito al 3°

Codicillo (Postilla in data 1 giugno 1929).

Pure allo stesso Aniello Caporale di Francesco, lego, ripeto sempre in proprietà i

mobili e in usufrutto i tre bassi, in usufrutto tutti i miei beni mobili, cioè tutto ciò che posseggo

all’epoca della mia morte nella mia abitazione in Sant’Arpino, e nei giardini, e camere

o bassi, terreni e luoghi di deposito che sono tre con suppenna che stanno nel giardino del

palazzo, e cioè debbono essere compresi tutti gli animali e oggetti mobili, giusto l’Articolo

424 del vigente Codice Civile e anche il denaro e tutti i suoi rappresentativi, e tutto che è

indicato nell’Articolo 422 dello stesso Codice, ad eccezione s’intende, di quello che

Page 205: I testimoni del tempo

207

eventualmente potrebbe da me essere stato lasciato ad altre persone, in questo mio testamento

= Tali legati a Caporale avranno luogo a cominciare dal giorno della mia morte = =

= =

Lego l’usufrutto di una casa a piano terra del mio palazzo in Sant’Arpino a Raffaele

Crispino di Acerra, sua vita naturale durante: Detta casa (basso) è proprio la prima a

sinistra come si entra dal portone grande del palazzo =

Tale legato avrà luogo a cominciare dal giorno seguente della mia morte = =

In qualunque luogo e tempo avvenga la mia morte in Italia o fuori, la pratica e la spesa

pel trasporto della salma mia, da sotterrarsi nella mia cappella nel Cimitero di

Sant’Arpino, dovrà essere fatta in tempo, e supportata dal Municipio mio erede, sotto

pena di decadere, in contrario, dalla mia eredità: Potrà si intende, detto Municipio

prelevare le relative spese dalla rendita della mia eredità, con diritto di precedenza sopra

qualsiasi diritto = = = =

A cominciare dal giorno seguente la mia morte, e prima e dopo che sarà consolidato

l’usufrutto con la proprietà, voglio che il Municipio erede destini annualmente la rendita

totale (netta) di tutta la mia eredità, a scopo di Beneficenza rubricando tale

amministrazione (patrimonio ereditato) sotto il nome

BENEFICENZA MACRI’ GIUSEPPE

Voglio che il mio erede, cioè il Municipio di Sant’Arpino, o in sua vece quello di

Succivo (il primo mese per Sant’Arpino, il secondo mese, eventualmente, per Succivo)

proceda con apposita deliberazione per dichiarare se vuole accettare tale eredità, facendosi

in tale caso autorizzare, come per Legge, al più presto possibile dall’Autorità Tutoria

Superiore, per destinare le rendite in beneficio dei poveri (in grandissima parte) come qui

appresso tutto dettagliatamente sarà da me indicato = = = = = = = e non

diversamente.

Dispongo che la tassa di successione sullo intiero patrimonio lasciato, sia a titolo di usufrutto

e legati a Caporale Aniello, e a Crispino Raffaele e a Franco Francesca e di

proprietà al Municipio, sia tutta pagata dal Municipio erede, e a tale scopo lascio al

medesimo la somma di lire italiane tremila dico 3000, somma esistente nell’unito qui

libretto della Cassa Risparmio Banco di Napoli (sede Donnaregina) che porta il

N.° 72718 ed è titolo al latore = (Di ciò si fa cenno in altre copie di questo mio

testamento, ad ogni buon fine coiè per dispersione ecc.).

Page 206: I testimoni del tempo

208

Qualora la detta somma non fosse sufficiente per pagare la tassa di successione, la

differenza sarà pagata dal Municipio erede ritenendosela poi dalla rendita dei miei beni,

rendita che comincerà a percepire dal giorno susseguente alla mia morte: Qualora, invece,

pagate tutte le tasse di successione, vi fosse eccedenza, sarà tutta in una volta tale eccedenza

delle lire tremila distribuita ai poveri del Comune erede, nella occasione della prima festa

del Santo Protettore del paese, e secondo le modalità e gli ordini del Sindaco del

Comune erede.

Nomino esecutore testamentario del presente mio testamento, il Sig. Giuseppe Limone

ed in mancanza nomino Aniello Caporale. La tassa fondiaria, e il censo enfiteutico per

la chiesa parrocchiale di Sant’Arpino, saranno, s’intende prelevate dalla rendita,

tenendo presente, sieno le case (come era solito il testatore) affittate ad anno, con pigione

pagabile dagli inquilini a quadrimestre anticipato: Tanto per non derogare all’ordine,

alla disciplina, all’abitudine attuale.

Voglio che l’Amministrazione del Comune erede nomini un Consiglio di

Amministrazione che amministri i miei beni, senza mai avere facoltà di potere alienarli

in nessuna maniera, né vendere, né cedere ad altri, per nessuna ragione.

Devono necessariamente far parte di detto consiglio il Sindaco, il Parroco, ed il

Medico condotto del Comune: Se più Parroci o medici condotti vi fossero, saranno

nominati i più anziani = =

I membri di tale Consiglio di Amministrazione, saranno eventualmente, retribuiti con

un gettone di presenza pei giorni di seduta o di lavoro, come meglio ed equo crederà il

Comune erede = = Quando inteso intervengano tutti e delibereranno qualche cosa e

una loro deliberazione. Il Comune erede e propriamente il Sindaco, il Parroco ed il

Medico condotto devono amministrare i miei beni tutti, esistenti in Sant’Arpino e

adempiere a tutti gli oneri espressi in questo mio testamento, rimanendo (senza meno)

sempre esclusa ogni minima ingerenza della Congregazione di Carità per qualsiasi

ragione = = =

Impongo al Municipio erede i seguenti oneri:

dovranno spendersi per rate annuali di sussidi lire cinquemila e cento =

Tali sussidi, che sieno dati tutti nel giorno 2 novembre di ogni anno (senza meno) cioè nel

giorno della Commemorazione dei Defunti, e nell’ordine seguente:

1° = Vecchi e vecchie povere, di ogni ceto e inabili al lavoro.

Page 207: I testimoni del tempo

209

2°= Orfani di padre e madre poveri, a qualunque ceto e sesso appartengano, e in

mancanza orfani di solo padre poveri, fino alla età di 12 anni compiuti;

3° = Inabili permanentemente o temporaneamente al lavoro, poveri, meritevoli di

soccorso, e che non possono procacciarsi permanentemente o temporaneamente

la sussistenza, a qualunque età, sesso, o ceto appartengano: Siano pure soccorsi,

raccomando (cercandoli) i poveri che si trovano ammalati a domicilio = = =

Lascio l’annuo legato di lire millecento, in denaro, ad Aniello Caporale di Francesco,

vita sua durante, legato che gli si dovrà corrispondere nel giorno 31 dicembre di ogni anno,

cioè il giorno di San Silvestro.

Eventualmente, si calcolerà il suo avere a tre lire al giorno, sempre pagamento al 31

Dicembre, in ogni anno, dopo la mia morte = =

Lascio l’annuo legato di lire trecento sessantacinque in denaro, a Raffaele Crispino di

Acerra, che gli si dovrà corrispondere tutto in una volta, sua vita durante, nel giorno 2

novembre di ogni anno (Commemorazione dei Defunti) = Eventualmente si calcolerà il

suo avere a una lira al giorno sua vita durante, sempre pagamento al 2 novembre dopo la

mia morte = = =

Lego al Municipio erede, tutti i busti di marmo esistenti nella mia palazzina, e la camera

in legno, smontabile, colà esistente, con tutti i pochi mobili e libri che colà si troveranno

all’epoca della mia morte = mobili e libri di cui si troverà in fine di questo mio testamento,

relativo elenco dettagliato. Tutti tali pochi mobili e libri, si troveranno esistenti all’epoca

della mia morte nell’ambulatorio della detta mia palazzina, dove sono i busti di marmo,

palazzina sita nella parte posteriore del mio palazzo, sulla loggia cioè del medesimo = =

Tutti oggetti e cose, libri, mobili, arredi, ecc. che faccio obbligo assoluto a qualunque erede

di non alienare o cedere in alcun modo e per qualsiasi ragione, dovendo anzi avere di tutto,

cura continua, speciale, per la più lunga possibile, integra conservazione dei medesimi (vedi

pag. N.16 bis in questo testamento).

Lascio anche perciò lire mille annue, al Municipio erede, da prelevarsi dalle rendite, per

spese di manutenzione suddetta, e abbellimenti generali al palazzo, cioè la metà di tale

somma in lire cinquecento dovrà spendersi o accantonare per erigere e mantenere busti in

marmo da collocarsi anche nel Cimitero di Sant’Arpino, dopo però che non esiste più

luogo disponibile, per collocarli nell’ambulatorio della mia palazzina di cui sopra è parola.

Page 208: I testimoni del tempo

210

Tali busti di marmo devono essere eseguiti ogni volta che sarà possibile, da valenti giovani

artisti e devono rappresentare solamente, persone che in vita o in morte, abbiano avuto

pensiero, sollecitudine pei poveri, o li abbiano beneficati = = =

Qualunque somma di bilancio annuale, o imprevisto, che non potrà per forza maggiore o

imprescindibile necessità, avere applicazione cui vien destinata precedentemente, o in seguito

in questo mio testamento (meno quella di erigere nuovi busti, che potrà essere accumulata,

eventualmente, al massimo per un decennio) dovrà essere spesa nel corso dell’anno

seguente, destinandola sia anche in accomodi straordinari o abbellimenti dell’intiero edificio

(che è anche per la facciata del palazzo, Monumento Nazionale) e di tutte le case ed

annessi che lo circondano, nel circuito e fuori del palazzo, cioè case, giardini, palazzina e

annessi, che devono, compreso il palazzo, che devono, ripeto, conservare tutto e tutti sempre

immutata e immutabile la forma data ai medesimi, e anche in parte trovata così dal

testatore, e ciò per isolare sempre perennemente in avvenire, il detto palazzo, e averlo così

maestoso, solo e lontano da qualunque altra piccola e grande costruzione = =

Faccio obbligo espresso al Comune erede, di intonacare a stucco, almeno ogni decennio

dopo la mia morte, il basamento del palazzo che esso ha ereditato in Sant’Arpino, e di

avere cura annuale, speciale, della mia cappella mortuaria nel giorno della

Commemorazione dei Defunti (2 novembre di ogni anno) per preservarla per quanto

possibile, dalle ingiurie del tempo………e dei male intenzionati tenendola eventualmente

chiusa, o ben guardata.

Le spese occorrenti per tali due ultime mie disposizioni, saranno impostate e prelevate dal

Comune, dal bilancio generale Rendita Beneficenza Macrì Giuseppe ovvero

Beneficenza Magrì Giuseppe, che bisogna ritenere essere lo stesso Magrì o Macrì.

Desidero che solo dopo un anno o circa dalla mia morte, il Municipio mio erede, nel

giorno 2 novembre (Commemorazione dei Defunti) scopra al pubblico la epigrafe

dedicatoria (in marmo) che è ora invisibile, e che è, e resterà dopo visibile e murata, dove

ora trovasi, cioè presso il vestibolo della scala principale del palazzo, infissa, ma poco

incastrata, nel secondo androne, entrando dal portone principale del palazzo, e proprio

appunto, nel pilastro a sinistra di chi si accinge a salire il primo gradino di detta scala

principale.

La detta epigrafe è murata e collocata alla altezza poco al di sopra di testa d’uomo, e a suo

tempo staccando leggermente l’intonaco e le tavole (anche le tavole staccarle leggermente e

Page 209: I testimoni del tempo

211

con molto garbo) che tutta la rivestono e ricoprono, essa apparirà completamente = Sarà

bene per farla addossare al muro e renderla a esso aderente assicurarla prima con una

staffa di rame , per evitare così ogni pericolo (eventualmente possibile) nell’eseguire

l’operazione di scoprimento, e dopo.

Lascio mille lire della rendita annuale (in ogni anno) della mia eredità, a quello studente

nato e domiciliato in Sant’Arpino (o meglio dico, nato e domiciliato nel comune mio

erede) che abbia dato prova di conoscere bene il Francese, e che sia risultato primo, cioè il

migliore fra gli aspiranti in concorso.

Fallendo la prova qualche anno, potrà essere ripetuta solamente il secondo anno dagli

stessi concorrenti suddetti = = Andando deserti i concorsi a tale premio, o non potendo

la detta somma essere anno per anno aggiudicata per tale uso, sarà in facoltà del Comune

erede, destinarla, quella del biennio, ad opere di beneficenza del Comune stesso, e

cominciare da capo in seguito come prima.

Lascio mille lire all’anno della mia eredità, per l’istituzione e cura del Municipio erede,

di un Circolo Spiritico. Circoli riconosciuti ora di pubblica utilità dai popoli più inciviliti

del mondo.

Qualora dopo cinquanta anni, per ignavia o ignoranza di tale materia, dei cittadini del

Municipio mio erede, il circolo non siasi potuto costituire, per l’avanzamento morale e

conseguente bene del popolo, allora il Municipio avrà facoltà di destinare la somma

accumulata, per opera di beneficenza, e ricominciare subito dopo, un nuovo identico

accantonamento di denaro, per lo stesso scopo, e nelle stesse modalità e proporzioni sempre .

Qualora il Municipio che abbia accettata la mia eredità non ne adempisse in qualunque

modo e tempo gli oneri tutti, potrà benanche esservi astretto dal Municipio che gli è

sostituito, e che potrà, al caso essere dall’autorità competente, dietro sua domanda essere

immesso nel possesso della eredità stessa con gli oneri tutti che vi sono annessi;

Provvedimento questo s’intende, che l’autorità tutoria potrà decidere ed adottare in casi

gravi, gravissimi…..

Il presente mio testamento olografo è stato da me scritto, datato e sottoscritto.

Sant’Arpino, 15 agosto 1925

Giuseppe Magrì fu Silvestro.

Page 210: I testimoni del tempo

212

Confermo tutto.

Sant’Arpino 1° ottobre 1928

Giuseppe Magrì

1° CODICILLO : Desiderando io dare maggiore sviluppo e chiarimento a

qualche mia disposizione testaria precedente, e aggiungerne altra, scrivo il presente codicillo:

Le quote di sussidio o di soccorso devono essere annue, per essere considerevoli e non

miserabili, per la povera gente:

La prova di conoscere il Francese, potrà essere ripetuta per tre anni invece di due. La

conoscenza della lingua francese va intesa, per quanto basti “eventualmente”, a spiegare

benissimo in Italiano, a colpo d’occhio, i libri stampati in Francese ed in Italiano dello

stesso autore, libri che si trovano fra quelli che io lascio al Municipio mio erede (vedi

Leon DENIS Dans l’invisible) in Francese, legato in tela nera e lo stesso tradotto

in Italiano, legato in tela rossa , libri che a turno, libri tutti dico che con le debite cautele

potranno essere dati a turno in prestito temporaneo, ai concorrenti, aspiranti al premio, e

poi anche in prestito ai premiati: La prova di concorso è prestissimo fatta, e quasi senza

spesa alcuna:

Ecco come: La Commissione composta dal Parroco, dal Sindaco e dal Medico

condotto, il giorno e al momento dell’esame di concorso, terranno sotto occhio un libro della

mia biblioteca stampato in Italiano (VEDI Leon Denis Nell’invisibile) legato in

rosso = e i concorrenti avranno sottocchio lo stesso libro stampato in francese (vedi Leon

Denis Dans L’invisible) legato in nero e stando di fronte agli esaminatori dovranno

tradurre oralmente in italiano benissimo, il periodo del libro a essi a volta a volta indicato

dalla Commissione esaminatrice suddetta = Chi avrà tradotto bene e meglio

estemporaneamente e senza dizionario , avrà vinto la prova e le mille lire, dietro relativo e

solo parere (s’intende) della Commissione detta, unanime , senza appello.

Faccio obbligo al Municipio erede, rinnovare sempre annualmente lo abbonamento

annuo alla Rivista mensile Luce e Ombra che si pubblica in Roma Via Varese n. 4.

Rivista questa, esistente fra i libri di scienza spiritica che lascio al Municipio mio erede

(Vedi elenco libri ecc. alla fine di questo mio testamento e codicilli, a pagina Numero 13 e

altra seguente).

Page 211: I testimoni del tempo

213

Voglio che l’Amministrazione dei miei beni, sia, ripeto, affidata per tutto ad una

Commissione composta dal Sindaco che ne sarà il Presidente, dal Parroco e dal

Medico condotto, più anziani di età. Le loro deliberazioni non sono soggette ad alcuna

approvazione, ma invece immediatamente esecutive ===

Rimane espressamente esclusa e vietata ogni ingerenza della Congregazione di Carità.

La Giunta ed il Consiglio del Comune, o chi ad essi succederà, avranno soltanto il

diritto di vegliare alla esatta esecuzione di quanto ho disposto in tutto questo mio testamento,

ed essi saranno sostituiti secondo la rispettiva competenza alla predetta commissione, ove

questa non voglia, o per disposizione di legge non possa funzionare per l’amministrazione

suddetta =

La prova per le spese fatta per la beneficenza sopraindicata, sarà data con quietanza delle

parti prendenti, su di analoghi mandati di pagamento da emettersi nelle forme prescritte

dalla legge comunale e provinciale, dietro la comunicazione che farà la Commissione delle

sue deliberazioni. Le spese per gli stampati delle quietanze, e gli eventuali diritti al

Tesoriere Comunale, per le riscossioni delle rendite e pel servizio di cassa, ove questo non

sia gratuito, saranno prelevate dalle entrate, ed all’uopo si faranno analoghi stanziamenti,

in tempo opportuno antecedentemente, per non far poi aspettare la povera gente, che deve

conseguire senza meno il soccorso e il sussidio pel giorno 2 novembre di ogni anno in

Sant’Arpino, dal Municipio erede.

Se mai per disposizione di legge o di altra autorità qualsiasi, qualunque delle predette mie

disposizioni non possa avere effetto, voglio espressamente che la somma annua all’uopo da

me destinata, sia erogata in altre opere di beneficenza a favore degli abitanti del Comune

erede ammessa dalla legge, a giudizio della Commissione suddetta, dal Consiglio

Comunale, non volendo io alcuna ingerenza governativa né sottrazione qualsiasi (anche

per altri scopi di pubblica utilità o beneficenza) alle disposizioni da me fatte a favore dei

nati e abitanti del Comune erede (dico dei nati e abitanti in S.Arpino). Lego lire mille

al Signor Giuseppe Limone che gli saranno corrisposte nette di tutto, alla fine dell’anno

di sua gestione, essendo stato il medesimo da me nominato esecutore testamentario di questo

mio testamento.

Qualora il Sig. Giuseppe Limone non volesse o non potesse accettare tale nomina,

nomino in sua vece, per esecutore testamentario, il Sigr. Aniello Caporale di

Page 212: I testimoni del tempo

214

Francesco di Acerra pel quale militeranno tutte le clausole stabilite per il Sigr.

Limone.

Revoco ed annullo qualsiasi altro testamento da me fatto, e voglio che solo il presente abbia

la sua piena efficacia ed esecuzione.

Sant’Arpino 1° settembre 1925

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Confermo tutto

Sant’Arpino 1° ottobre 1928

Magrì Giuseppe

2° CODICILLO: Qualora (come credo) il Municipio mio erede sia quello di

Sant’Arpino voglio che al concorso pel premio di Mille lire annue pel Francese e al

circolo spiritico cioè eventualmente anche al concorso per l’insegnamento (al caso) di tale

novella scienza possono aspirare ed essere ammessi perfettamente a parità di quelli di

Sant’Arpino, anche gli studenti, giovani nati e domiciliati in Succivo, dietro semplice

loro domanda, che ne comprovi anche la integrità morale dell’aspirante, con relativi

documenti; La domanda dovrà essere indirizzata, s’intende, al Comune erede, che dovrà

senza meno perciò, bandire i relativi concorsi a suo tempo, comunicandoli al Comune di

Succivo, che ne è interessato.

Il presente mio testamento olografo e codicilli olografi, sono stati da me scritti, datati e

sottoscritti. Essi sono tutti scritti sopra pagine dodici (dico 12) di questo formato e carta,

pagine che sono state tutte da me firmate.

Sant’Arpino 1° settembre 1925

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Confermo tutto

Sant’Arpino 1° ottobre 1928

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Page 213: I testimoni del tempo

215

Aggiunta al mio testamento del 1925

e conferma del medesimo

Col presente mio testamento olografo da me scritto datato e sottoscritto, intendo confermare

le mie disposizioni di ultima volontà racchiuse nel testamento olografo 15 agosto 1925 e nel

codicillo, nonché nell’altro codicillo arrecandovi qualche aggiunzione = Per

conseguenza, mio erede universale istituisco il Comune di Sant’Arpino e nel caso il detto

comune non voglia accettare l’eredità nomino erede il Comune di Succivo. Nello stesso

tempo lego l’usufrutto delle tre camere dove io abito in Sant’Arpino, dei miei due

giardinetti, ivi siti, ecc. come descritto in tale legato, ad Aniello Caporale di Francesco,

vita naturale durante.

Lego l’usufrutto di una casa a pianterreno del mio palazzo in Sant’Arpino a Raffaele

Crispino di Acerra sua vita naturale durante consistente nel basso a sinistra come si

entra dal portone grande del palazzo;

Lascio pure al detto Crispino l’annuo legato di lire trecentosessantacinque che gli si dovrà

corrispondere vita naturale durante in denaro, dal mio erede, nel giorno 2 novembre di

ogni anno.

Lascio l’annuo legato di lire millecento in denaro ad Aniello Caporale di Francesco,

legato che gli si dovrà corrispondere sua vita durante, nel giorno 31 di dicembre di ogni

anno, dal mio erede.

Lascio il legato mensile di lire duecento in denaro, a Francesca Franco, figlia di

Giuseppe Vincenzo Franco, legato che gli si dovrà corrispondere dal mio erede alla

Franco sua vita natural durante, l’ultimo giorno di ogni mese, a cominciare dal mese

successivo a quello in cui sarà avvenuta la mia morte: La presentazione della legataria che

firma mensilmente la relativa ricevuta, o la presentazione della di lei fotografia, con

attestato di notaio che sia viva, devono essere sufficienti per pagarle il mensile anche per

mezzo di un suo legale procuratore, se essa si trovasse ammalata o impossibilitata di recarsi

personalmente per riscuotere il legato. Lascio a Francesca Franco figlia di Giuseppe

Vincenzo Franco gli oggetti tutti esistenti, niente escluso, ed eventualmente il denaro

Page 214: I testimoni del tempo

216

contante anche, nella mia casa in Napoli, dove io abito e pernotto, della quale casa sono

fittuario = = =

Restando senza meno intangibili tutti i legati da me lasciati a tutte le persone nominate e

designate nel mio testamento. Voglio poi e dispongo, che ove il Comune di Sant’Arpino

e in mancanza di questo , il Comune di Succivo, a giudizio inappellabile delle Autorità

tutorie non possa adempiere tutte le condizioni da me prescritte, sia nel testamento 15

agosto 1925 sia nel codicillo del 1° settembre 1925 o nell’altro di pari data, lo adempimento

delle dette condizioni e modalità non dovrà rendere invalide ed inefficaci le dette mie

disposizioni testamentarie, pure avendo piena e completa fiducia che il detto Comune erede,

interpretando la mia volontà, quale è stata manifestata, la adempirà scrupolosamente e

puntualmente. Amen.

Napoli 30 agosto 1928

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Confermo tutto

S.Arpino 1° ottobre 1928

Magrì Giuseppe fu Silvestro

3° CODICILLO: Se il bilancio annuale del presente mio testamento, le spese

generali cioè, se superassero gli introiti, si devono in tale caso ridurre prima a preferenza, i

due accantonamenti per Fondo Spiritismo e Fondo Concorso del Francese, di lire

cinquecento ognuno, e ciò eventualmente per pareggiare sempre il bilancio annuale, se sarà

però necessario, indispensabile, assoluto.

Il presente mio testamento olografo, e codicilli sono stati da me scritti datati e sottoscritti:

essi sono tutti scritti sopra pagine sedici (dico 16) di questo formato e carta pagine che sono

state tutte da me firmate.

S.Arpino 11 novembre 1928

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Page 215: I testimoni del tempo

217

Dichiaro ai sensi (dell’Art.825 Codice Civile) volere che la mia liberalità espressa nel

legato a Francesca Franco abbia effetto a preferenza di tutte le altre, avendomi essa

assistita fraternamente in tutte le mie malattie.

Sant’Arpino 14 gennaio 1929

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Postilla:

Alla pagina N.1 cioè alla prima pagina di questo mio testamento, ho legato fra l’altro

ad Aniello Caporale di Acerra l’usufrutto di due miei giardinetti a sua vita naturale

durante; ora invece voglio lasciarglieli e glieli lascio, uno in usufrutto sua vita natural

durante, e l’altro che è quello confinante con le mie case di via San Giacomo, e colle mie

case in vico Cerri in S.Arpino, glielo lascio dico, in usufrutto fino al 31 dicembre 1970.

Disponendo di dar cauzione o dare o fare qualunque inventario: Gli lascio anche l’uso e

l’usufrutto dei materiali e di tutto ciò che si possa trovare il giorno della mia morte sul

terreno e nel recinto di tale giardinetto; piante, case, pietre ecc. ecc. Lasciandolo padrone di

edificare su quel terreno altre case dello stesso tipo ed altezza di quelle là esistenti e di

goderne uso e usufrutto sopra di esse, come se fosse assoluto padrone di quel terreno di quel

mio giardinetto colla condizione che tutto quello che si trovarà costruito o anderà

costruendo, cederà e resterà di proprietà del mio erede il 1° gennaio 1971 senza che

l’usufruttuario abbia in fine dell’usufrutto, alcuna indennità per nessuna ragione.

Napoli 1° giugno 1929

Magrì Giuseppe fu Silvestro

(N.16 bis) vedi legato a pagina n.5 di questo testamento

Elenco di oggetti e libri ecc.ecc. destinati all’ambulatorio.

1° Una libreria piccola, di legno noce; ricordo del Prof. Mastrocinque.

Page 216: I testimoni del tempo

218

2° Un tavolo di pioppo o abete grezzo per eventuali sedute medianiche.

3° Un tavolo artistico in ottimo stato e bello ancora per conservare i

libri per il concorso del Francese e in generale chiusi a chiave nei

suoi tiretti quei libri contrassegnati nel frontespizio, o 1^ pagina

dalla parola Importante.

4° Sei sedie di finocchietto, semplici (dette sedie di Vienna) Buono stato.

5° Una poltroncina di finocchietto (detta di Vienna) in buono stato

sulla quale si trovano i Libri di Spiritismo ora (Febbraio 1930) libri

che passeranno in seguito questi soli che trattano cioè di spiritismo

in proprietà dell’erede e che ora si trovano nel mio alloggio in

Sant’Arpino.

6° Una sedia poltrona (Dormeause) leggiera altalena.

7° Il libro massimo, stupendo, Enciclopedia Popolare Italiana completa

in ottimo stato (Tutti libri questi e quelli che seguono da destinarsi al

Circolo Spiritualista esclusivamente istituendo per lettura,

regolarmente autorizzata in sede, dai soli soci o premiati spiritisti,

sempre con autorizzazione e responsabilità della Commissione

Amministrativa = addetta alla casa o al Circolo Spiritualista in

Sant’Arpino).

8° Se non avrò il tempo di elencarli qui, tutti i libri opuscoli e carte che

si troveranno nella mia casa e che trattano di argomenti di

spiritismo, n qualunque lingua si troveranno stampati o manoscritti.

Fra i libri se ne trovano due che serviranno pel concorso annuo del

Francese istituendo: Essi due sono legati uno in rosso e uno in nero.

Sono attaccati insieme tutti e due con un legaccio: Sono: Leon Denì:

Nell’Invisibile in Italiano e Leon Denì Nell’Invisibile in Francese.

9° La Bibia.

10° Dante la Divina Commedia Inferno Purgatorio e Paradiso, legati in

un bel libro.

Page 217: I testimoni del tempo

219

pel seguito vedi pagine seguenti.

4° Codicillo: Voglio che nessuno dei legatari miei sia soggetto a pagare tasse per le cose

legategli, sia essa tassa canone, rendita fondiaria, ecc.ecc., e che tutte le tasse debbano essere

pagate dall’erede in qualunque circostanza, e a carico della eredità, senza nessun regresso

ad alcuno.

Sant’Arpino 14 gennaio 1932

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Caporale Aniello

Carlo Allegrezza

Belardo Giuseppe

--firma illeggibile--

Notaio Antonio Maisto

5° Codicillo= Ferme restando tutte le mie disposizioni precedenti in tutto e per tutto,

aggiungo solo che lascio ad Aniello Caporale ancora in usufrutto sua vita natural

durante, un’ altra camera, che è quella adiacente al quartino da me abitato alla mia morte,

camera che ha un solo balcone, che affaccia nel cortile, giardino ora, del Palazzo mio.

Desidero, che durante l’anno di Amministrazione dell’esecutore testamentario e anche

poi, esattore, e dispositore delle pigioni case, sia sempre il Signor Giovanni D’Elia

(intendo dire dispositore nel senzo di stabilire con gli inquilini tutti, del modo e del tempo

(mese) o quadrimestre (terza), come pagare il pigione casa ai medesimi fittata mettendosi

d’accordo con essi. Desidero giardiniere resti Michele e Giuseppa Di Serio, di lui

moglie, vita durante e custode dei busti e dei libri sia vita durante Luigi Bagno , che

abita una mia casa contigua a quella dove essi busti e libri si trovano, cioè all’ambulatorio,

sulla terrazza del Palazzo. Il compenso a essi, da stabilire .

Sant’Arpino 28 agosto 1931

Magrì Giuseppe fu Silvestro

Page 218: I testimoni del tempo

220

Seguono altri Codicilli e postille (vedi)

Caporale Aniello

Carlo Allegrezza

Belardo Giuseppe

--firma illeggibile--

Notaio Antonio Misto

4^ Postilla : Ferme ed immutate le mie disposizioni tutte, per evitare a seguito della

fusione del Comune di S.Arpino in quello di Atella di Napoli, eventuali cavillose ed

erronee interpretazioni della mia volontà, chiarisco e confermo che i poveri che dovranno

beneficiare delle mie sostanze ereditarie sono e saranno quelli del Comune di S.Arpino,

facendosi in ogni caso ricorso alla circoscrizione parrocchiale, ciò sempre restando erede,

come per legge il comune che ha assorbito S.Arpino.

Atella di Napoli 14 febbraio 1932

Macrì Giuseppe fu Silvestro

o Magrì Giuseppe fu Silvestro

Caporale Aniello

Carlo Allegrezza

Belardo Giuseppe

--firma illeggibile--

Notaio Antonio Maisto

Page 219: I testimoni del tempo

221

DECRETO DI COSTITUZIONE DEL COMUNE DI ATELLA DI NAPOLI

(ARCHIVIO A.R.C.A.)

Page 220: I testimoni del tempo

222

DECRETO DI SCIOGLIMENTO DEL COMUNE DI ATELLA DI

NAPOLI

(ARCHIVIO A.R.C.A.)

Page 221: I testimoni del tempo

223

DECRETO DI SCIOGLIMENTO DEL COMUNE DI ATELLA DI

NAPOLI

(ARCHIVIO A.R.C.A.)

Page 222: I testimoni del tempo

224

TELEGRAMMA RELATIVO AL RESTAURO STEMMA

SANCHEZ DE LUNA ANDRONE PALAZZO DUCALE (ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A.)

Page 223: I testimoni del tempo

225

RISPOSTA SOPRINTENDENZA CASERTA BENEVENTO

SU RESTAURO STEMMA SANCHEZ DE LUNA

(ARCHIVIO A.D.E.R.U.L.A)

Page 224: I testimoni del tempo

226

DECRETO DI CONCESSIONE DEL GONFALONE AL COMUNE DI

S.ARPINO

(ARCHIVIO A.R.C.A.)

Page 225: I testimoni del tempo

227

BIBLIOGRAFIA

- “FUNERALI PER D. ALONSO SANCHEZ DE LUNA D’ARAGONA” Napoli Stamperia Raimondiana 1781;

- P. D. Pasquale COLELLA dei PIJ OPERAII

“ISTRUZZIONI E REGOLE PER LE MISSIONI DE’

PADRI PIJ OPERARII” (Manoscritto 1778);

- A. DELL’AVERSANA - F. BRANCACCIO

“PROFILI RELIGIOSI – Note per una storia del Clero

Santarpinese “ A.D.E.R.U.L.A.2003

Dall’opera sono stati integralmente tratti i profili dei

personaggi riportati alle pagine 48-52 / 57-60 / 91-100 /

139-142 / 145-147;

- Francesco Paolo MAISTO

“ MEMORIE STORICO-CRITICHE SULLA VITA DI

S.ELPIDIO VESCOVO AFRICANO E PATRONO

DI S.ARPINO” Napoli 1884;

- RIZZOLI-LAROUSSE EDIZIONI

“ANTOLOGIA DELLA LETTERATURA ITALIANA”

1968 ;

- A. DELL’AVERSANA - F. BRANCACCIO

“ I SANCHEZ DE LUNA D’ARAGONA FEUDATARI DI

S.ARPINO” A.D.E.R.U.L.A. 1997;

- A. DELL’AVERSANA – E. SPUMA

“ORDO POPULUSQUE ATELLANUS” A.R.C.A. 2000

Page 226: I testimoni del tempo

228

- MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

“ELENCO DEGLI EDIFIZI MONUMENTALI IN

ITALIA” ROMA 1903

FONTI ARCHIVISTICHE

- ARCHIVIO DI STATO DI TORINO

- ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI

- ARCHIVIO DI STATO DI MESSINA

- ARCHIVIO CONGREGAZIONE PII OPERAI

CATECHISTI RURALI (MISSIONARI ARDORINI)

PARROCCHIA S.NICOLA ALLA CARITA’ NAPOLI

- ARCHIVIO DEI PADRI PASSIONISTI PROVINCIA

DELL’ADDOLORATA CHIESA S. MARIA AI MONTI

NAPOLI

- ARCHIVIO PARROCCHIALE S.MATTEO-SALESIANI

MESSINA

- ARCHIVIO ASSOCIAZIONE A.D.E.R.U.L.A.

- ARCHIVIO ASSOCIAZIONE A.R.C.A.

- BIBLIOTECA DEL PRESIDIO MILITARE DI NAPOLI

Page 227: I testimoni del tempo

229

RINGRAZIAMENTI

Il nostro doveroso ringraziamento vada ai seguenti Signori

per il contributo datoci nella ricerca di documenti riportati

nel libro :

- P. Domenico VIZZARI

CONGREGAZIONE PII OPERAI CATECHISTI RURALI

(MISSIONARI ARDORINI) PARROCCHIA S. NICOLA

ALLA CARITA’ NAPOLI;

- Dott.ssa I. MESSABO’ RICCI DIRETTORE ARCHIVIO DI STATO DI TORINO;

- P. Roberto FELLA CONGREGAZIONE DEI PADRI PASSIONISTI PROVINCIA

DELL’ADDOLORATA CHIESA S. MARIA AI MONTI

NAPOLI;

- Mar. Mario ARENA

COMANDO REGIONE MILITARE SUD NAPOLI;

- Signorina Eleonora ARENA MESSINA.

Un grazie particolare, inoltre, vada ai seguenti Signori per l’aiuto

concessoci nella organizzazione e nella distribuzione del volume:

- Salvatore CINQUEGRANA, Alfredo DI SERIO, Salvatore DI

SERIO, Giorgio MARROCCELLA, Stanislao

MARROCCELLA, Mario MERENDA, Antonio

MIGLIACCIO, Domenico POSSENTE, Luigi ZIELLO.

Page 228: I testimoni del tempo

230

Finito di stampare nel mese di 2005

Presso la Tipolitografia “DEL PRETE”

Frattaminore (Napoli)

Page 229: I testimoni del tempo

231