i privilegi del cittadino e quelli dello stato · letizia a pagina 7 arte, ... perfetta,...

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sociale togliendo un privilegio ai citta- dini deve necessariamente rinunciare a pretendere un privilegio proprio. Perché se questo non avviene il patto perde il suo valore e il suo significato, s’incrina il rapporto tra il corpo sociale e le istitu- zioni e si creano le condizioni per la pro- gressiva disgregazione della società e dello Stato che la dovrebbe regolare. Non si può, tanto per fare un esempio di populismo applicato al contrario, chiedere il taglio delle pensioni e conti- nuare a pretendere la conservazione del- l’addizionale per la guerra d’Abissinia nella accise sul costo della benzina. Il patto tra Stato e cittadini deve rimanere sempre bilanciato. Altrimenti non è più un patto sociale ma un patto leonino. E come tale legittima chi usa la sua mag- giore debolezza per giustificarne il man- cato rispetto! Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 2 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 42 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà PIPES A PAGINA 5 Linda Sarsour, nuova star della sinistra ESTERI MELLINI A PAGINA 3 Cinque Stelle e magistrati hanno un nemico in comune? PRIMO PIANO VECELLIO A PAGINA 3 Non è vero che tutti devono chiedere perdono: lettera a Roberto Saviano PRIMO PIANO LETIZIA A PAGINA 7 Arte, cultura e scambi con un occhio alla Cina ECONOMIA-CULTURA SOLA A PAGINA 4 I redditi degli italiani: una brutta fotografia ECONOMIA Su Renzi la doppia tegola napoletana L’arresto dell’imprenditore Alfredo Romeo nel quadro dell’inchiesta sulla Consip e lo scandalo delle tessere taroccate in vista delle primarie rendono più ardua la strada dell’ex premier verso la rielezione a segretario del Partito Democratico periodi storici in cui le ragioni inderoga- bili del presente non esistevano. Ma la loro modifica o abolizione, che cambia l’articolazione del patto sociale, va bi- lanciata dalla modifica o dall’abolizione di una parte equivalente dei doveri che spettano ai cittadini nei confronti dello Stato. Ne deriva, passando dalla teoria a qualche esempio concreto, che se si vuole incidere sul costo delle pensioni (siano esse i vitalizi privilegiati dei parlamentari che quelle d’oro dei grandi burocratici fino a quelle dei comuni mortali con red- diti pensionistici superiori ai 50/60mila euro l’anno) si deve necessariamente e adeguatamente modificare il peso delle imposte dirette e indirette che si è acca- vallato sulle spalle del cittadini in de- cenni e decenni in cui i diritti privilegiati venivano pareggiati dai doveri punitivi. In pratica, se lo Stato cambia il patto I privilegi del cittadino e quelli dello Stato I diritti acquisiti non sono solo dei pri- vilegi, come sostengono i populisti di opposizione e anche di governo. E non rappresentano neppure un orpello da buttare alle ortiche o cambiare a seconda delle necessità. Costituiscono una parte essenziale del patto sociale che lega il cit- tadino allo Stato. E per questo motivo considerarli come un argomento prete- stuoso usato dai privilegiati per difen- dere la propria rendita di posizione e trasformarli nell’ultima difesa della casta da distruggere al più presto, è un atto ir- responsabile e demenziale. Naturalmente i diritti acquisiti pos- sono essere modificati. Quando esistono ragioni inderogabili, lo Stato può e deve cambiare se non addirittura eliminare quei diritti che sono stati riconosciuti in di ARTURO DIACONALE

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Page 1: I privilegi del cittadino e quelli dello Stato · LETIZIA A PAGINA 7 Arte, ... perfetta, sull’aborto che almeno non punisce penalmente le donne; ... spartito Transnazionale, oppure,

sociale togliendo un privilegio ai citta-dini deve necessariamente rinunciare apretendere un privilegio proprio. Perchése questo non avviene il patto perde ilsuo valore e il suo significato, s’incrina ilrapporto tra il corpo sociale e le istitu-zioni e si creano le condizioni per la pro-gressiva disgregazione della società edello Stato che la dovrebbe regolare.

Non si può, tanto per fare un esempiodi populismo applicato al contrario,chiedere il taglio delle pensioni e conti-nuare a pretendere la conservazione del-l’addizionale per la guerra d’Abissinianella accise sul costo della benzina. Ilpatto tra Stato e cittadini deve rimaneresempre bilanciato. Altrimenti non è piùun patto sociale ma un patto leonino. Ecome tale legittima chi usa la sua mag-giore debolezza per giustificarne il man-cato rispetto!

Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 2 Marzo 2017Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 42 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

PIPES A PAGINA 5

Linda Sarsour,

nuova star della sinistra

ESTERI

MELLINI A PAGINA 3

Cinque Stelle e magistrati

hanno un nemico

in comune?

PRIMO PIANO

VECELLIO A PAGINA 3

Non è vero che tutti

devono chiedere perdono:

lettera a Roberto Saviano

PRIMO PIANO

LETIZIA A PAGINA 7

Arte, cultura e scambi

con un occhio alla Cina

ECONOMIA-CULTURA

SOLA A PAGINA 4

I redditi degli italiani:

una brutta fotografia

ECONOMIA

Su Renzi la doppia tegola napoletanaL’arresto dell’imprenditore Alfredo Romeo nel quadro dell’inchiesta sulla Consip e lo scandalo delle tessere taroccatein vista delle primarie rendono più ardua la strada dell’ex premier verso la rielezione a segretario del Partito Democratico

periodi storici in cui le ragioni inderoga-bili del presente non esistevano. Ma laloro modifica o abolizione, che cambial’articolazione del patto sociale, va bi-lanciata dalla modifica o dall’abolizionedi una parte equivalente dei doveri chespettano ai cittadini nei confronti delloStato. Ne deriva, passando dalla teoria aqualche esempio concreto, che se si vuoleincidere sul costo delle pensioni (sianoesse i vitalizi privilegiati dei parlamentariche quelle d’oro dei grandi burocraticifino a quelle dei comuni mortali con red-diti pensionistici superiori ai 50/60milaeuro l’anno) si deve necessariamente eadeguatamente modificare il peso delleimposte dirette e indirette che si è acca-vallato sulle spalle del cittadini in de-cenni e decenni in cui i diritti privilegiativenivano pareggiati dai doveri punitivi.

In pratica, se lo Stato cambia il patto

I privilegi del cittadino e quelli dello Stato

Idiritti acquisiti non sono solo dei pri-vilegi, come sostengono i populisti di

opposizione e anche di governo. E nonrappresentano neppure un orpello dabuttare alle ortiche o cambiare a secondadelle necessità. Costituiscono una parteessenziale del patto sociale che lega il cit-tadino allo Stato. E per questo motivoconsiderarli come un argomento prete-stuoso usato dai privilegiati per difen-dere la propria rendita di posizione etrasformarli nell’ultima difesa della castada distruggere al più presto, è un atto ir-responsabile e demenziale.

Naturalmente i diritti acquisiti pos-sono essere modificati. Quando esistonoragioni inderogabili, lo Stato può e devecambiare se non addirittura eliminarequei diritti che sono stati riconosciuti in

di ARTURO DIACONALE

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Vi siete mai domandati perché ipentastellati che sbraitano e cer-

cano di mordere “chi capita, capita”nel mondo politico, tra i parlamen-tari e gli amministratori eletti, nondicono mai una parola sui magi-strati, la loro carriera, le loro retri-buzioni (di cui pure sarannoanch’essi stati vittime), sulla loro in-vadenza?

Penserete: magari perché dicono diessere “diversi dagli altri”: deputati,senatori, sindaci (!), “parlamentari di-versi”. Poiché non vi sono magistrati“targati” Cinque Stelle non hanno daevidenziare le magagne che, dunque,vale la pena denunciare, perché sono“la loro diversità”.

È un arzigogolo anche un po’grottesco, che al più potrebbe dimo-strare l’incapacità di questi signori difarsi carico d’altro che non sia la loroportata e oggetto della loro “concor-renza”. Ma non credo sia così. Piut-tosto è da ritenersi che politicamentesi “sentano dalla stessa parte” e che,in fondo, i grillini vedano in unacerta magistratura, quella indiscuti-bilmente costituita in partito, quella“lottatrice”, qualcosa che definire“loro maestra” non è poi né sba-gliato né malevolo.

I Cinque Stelle sono (a parte la de-finizione alquanto abusata di “popu-listi”) l’antipolitica. Ma non sono ilpartito che dell’antipolitica possavantare il monopolio. Matteo Renziha cercato addirittura di appiopparciuna riforma costituzionale ispirataall’“antipolitica”. Ma i magistrati, enon solo quello di loro una volta de-finito “il più amato dagli italiani”,Antonio Di Pietro, li hanno precedutitutti, imponendo la loro “antipoli-tica” con vere presunzioni di colpe-volezza e a suon di manette.

I Cinque Stelle, in fondo, sono

nati di lì. Con la pretesa di rappre-sentare l’antitesi di quella “politicasporca”, di essere senza peccato ori-ginale, i “diversi da tutti”. Prendetela loro campagna per la riduzionedell’indennità parlamentare e per iltaglio dei “vitalizi” per gli ex depu-tati e senatori. Certo, si dirà “onesta-mente” misurano tutti con il lorometro, non si dà stipendi e pensioni achi non fa che cavolate. Ed è una“battaglia” che fa effetto sull’igno-ranza della gente. Ci tornerò sopra.Ma qui e ora mi pongo (e vi pongo)una domanda: perché non dicono

una parola sugli stipendi, che so, deimagistrati? Forse perché troppo dif-ficile è conoscere complicazioni talida rappresentare una sorta di segretodi Stato (anche di questo ne riparle-remo)?

Nossignori. In realtà i CinqueStelle sono, per cultura (cioè subcul-tura) e per obiettivi (e questo è ilpunto) i compari del “Partito deiMagistrati”. Li accomuna, lo ab-biamo già detto, l’“antipolitica”.Ma, in particolare, l’antiparlamenta-rismo, che è proprio di tutti gli auto-ritarismi più o meno fondati sullosfruttamento di istintive reazioni po-

polari. Ci sarebbe da aggiungerealtro. Ma una cosa è da dire subito:tutto ciò è estremamente pericoloso.Si potrà scherzare sull’ignoranza e lastupidità telematica dei Cinque Stellee sulle gherminelle dei magistrati incarriera politica. Ma è scherzare conil fuoco.

Il “populismo”, se così lo vo-gliamo chiamare, si combatte in unsolo modo: con una buona politica.E lo stesso si dica per quel che ri-guarda l’invadenza e il “terrorismogiudiziario” di certi magistrati. Pre-sto a dirsi. Meno facile trovare chisaprà farlo!

3L’OPINIONE delle LibertàPrimo Piano

di MAURO MELLINI

giovedì 2 marzo 2017

Cinque Stelle e magistrati hanno un nemico in comune?

Caro Roberto Saviano, scrivi, rife-rendoti al caso di Dj Fabo, “per-

donaci... per non essere riusciti aoccupare, con il tuo appello, ognispazio disponibile. Perdonaci pernon aver ascoltato la tua legittima ri-chiesta di una morte dignitosa. Per-donaci per essere andati oltre.Perdonaci per aver vissuto cammi-nando, parlando, guardando senzapensare che tu questo non potevi piùfarlo da molto tempo, dall'incidenteche ti ha reso tetraplegico e cieco, malucido nel voler scegliere la morte auna vita ‘di dolore, di dolore, di do-lore’. Perdonaci per non essere riu-sciti a farti lasciare questa vita in unacondizione per te umana, non do-vendo affrontare un viaggio faticosoe assurdo per ottenere in Svizzeraquello che avresti avuto diritto adavere a casa tua”.

Avrei voluto risponderti d’impeto;non l’ho fatto perché, si dice, la frettaconsiglia male. Così uno aspetta, cipensa, riflette. Aspetti, pensi, rifletti,ma l’originario pensiero-reazionenon muta. Dunque: no, non è veroche tutti devono chiedere perdono.D’accordo, è un espediente retorico,ma non è ugualmente accettabile;come non è accettabile il corrispon-dente “siamo tutti colpevoli”. Non èvero che si sia tutti colpevoli (tutticolpevoli significa nessun colpevole);non tutti devono chiedere perdono.Molti, tanti, quasi tutti, forse devono

farlo. Tutti, no. Tracciare una linea didiscriminazione si deve.

Faccio parte della nobile (non hopaura di dirlo, che tale è), pur se ap-parentemente sparuta organizza-zione politica chiamata PartitoRadicale Nonviolento TranspartitoTransnazionale che da sempre con-duce battaglie di libertà e di libera-zione: per tutti, contro nessuno.

Non potevi esserci, sei del 1979.Ma nel 1974, a piazza Navona, si fe-steggia la vittoria del “No” al refe-rendum promosso da chi vuoleabrogare la legge sul divorzio. Unalegge conquistata da Marco Pan-nella, Loris Fortuna, Mauro Mellini,dopo anni e anni di lotte; poi, congrave ritardo, sono venuti tutti glialtri. La stessa cosa è avvenuta perottenere una legge, comunque im-perfetta, sull’aborto che almeno nonpunisce penalmente le donne; e poitutto il catalogo delle grandi leggi diciviltà: pillola e antifecondativi, obie-

zione di coscienza, voto ai diciot-tenni, nuovo diritto di famiglia, abo-lizione dell’infame regolamentomanicomiale... fino ai giorni nostri:la libertà di ricerca scientifica di LucaCoscioni, radicale; il diritto a unavita degna e a una morte senza do-lore, di Luca Coscioni e PiergiorgioWelby, radicali; la lotta per una de-tenzione civile e la più generale bat-taglia per una giustizia giusta, per ildiritto, di Pannella ed Enzo Tortora,di Leonardo Sciascia fino a oggi: conRita Bernardini che è a un mese disciopero della fame, e nessuno si pre-occupa di conoscere e far sapere per-ché lo fa. Tutti radicali. La battagliae l’impegno per il diritto umano e ci-vile alla conoscenza, diritto da incar-dinare in Italia e ovunque, l’ultimodei chiodi fissi di Pannella. L’elencopotrebbe continuare a lungo, e nonbasterebbe una giornata per esau-rirlo.

Perdono? No, non tutti devono

chiedere perdono. Perdono lo devechiedere chi non fa nulla perché que-ste iniziative politiche siano cono-sciute, ci sia confronto, dibattito,riflessione. Perdono lo deve chiederechi, a conoscenza diqueste cose, sapendoche chi le conduce e leporta avanti, rinunciaa fare la “piccola”,“semplice”, “minima”cosa che è urgente, ne-cessaria, doverosa: so-stenere con la propriaiscrizione chi questebattaglie, queste ini-ziative, le porta avantie le incarna. Se è veroche i radicali sono,come si dice, una po-lizza assicurativa, eb-bene: per essere“assicurati” e benefi-ciare del “premio”, bi-sogna pur pagarsela,

l’“assicurazione”. Ecco: perdono lo devono chiedere

quanti non pagano la “tassa” del-l’iscrizione; fare elogio e riconosceremeriti a posteriori rischia di esserel’elogio al “caro estinto”. Da rozzoquale sono gradisco le “opere dibene” oggi, ai “fiori” di domani. Per-dono lo deve chiedere chi non siiscrive al Partito Radicale Nonvio-lento Transnazionale Transpartito; enon iscrivendosi nega il necessariosostegno e appoggio alle sue batta-glie e le sue iniziative. Nel RegnoUnito s’usa dire che la solidarietànon vale se non è accompagnata al-meno da un penny.

Chiedere perdono non vale, senon è seguito dall’unico gesto che havalore: il concreto sostegno che de-riva da un’iscrizione, il poter dire, ungiorno: “Io c’ero; io non ho assistitoinerte, indifferente; io ho reagito,non mi sono rassegnato”. Caro Ro-berto Saviano, oggi più di sempre: osi comprende che è urgente, necessa-rio, “civile” dire: “Sono radicale delPartito Radicale Nonviolento Tran-spartito Transnazionale, oppure, confranchezza: per quanto ottime pos-sano essere le intenzioni e i propositi,non ha alcun valore il chiedere per-dono.

Non è vero che tutti devono chiedere perdono:lettera a Roberto Saviano

di VALtER VECELLIO

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

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Le chiacchiere sono chiacchiere,mentre i numeri sono testardi.

Accade che a smentire la propagandadel Partito Democratico, che nonsmette di raccontarci di quanto siaripartita l’Italia e di quanto stianomeglio gli italiani, ci pensino i datiimplacabili del ministero dell’Econo-mia e delle Finanze sulle “Dichiara-zioni dei redditi persone fisiche(Irpef) per l’anno di imposta 2015”.Non sono una catastrofe, tuttavia re-stituiscono il quadro d’insieme di unPaese sostanzialmente fermo dovechi se la passa male è un cittadino suquattro. I numeri prima di tutto.

In Italia, al 1 gennaio 2016, sonocensiti 60 milioni 656mila residenti.Di questi, 5 milioni 54mila, cioè l’8,3per cento della popolazione, sonostranieri. Stando al Mef, per l’anno2015 hanno assolto l’obbligo dichia-rativo circa 40,8 milioni di contri-buenti, segnando un incrementorispetto all’anno precedente dello 0,1per cento. Di questi, 19,7 milionihanno utilizzato il “Modello 730”,9,8 milioni di persone hanno presen-tato il “Modello Unico”, mentre idati di 11,2 milioni di contribuentinon tenuti alla presentazione delladichiarazione dei redditi sono statidesunti dai “Modelli CU” presentatidai sostituti d’imposta. Conside-rando che l’imposta netta è stata di-chiarata da 30,9 milioni di soggetti,pari al 76 per cento dei contribuenti,si deduce che 10 milioni di personehanno un’imposta netta pari a zeroper effetto dei livelli reddituali rag-giunti che rientrano nelle soglie diesenzione. Tradotto dal burocratesevuol dire che non guadagnano a suf-ficienza neanche per il fisco.

Da questa rappresentazione, poi,sfuggono totalmente tutti coloro chenon avendo svolto alcun tipo di pre-stazione lavorativa non sono capta-bili attraverso le dichiarazioni deisostituti d’imposta. I dati Istat del2015 parlano di 4 milioni 598milaresidenti in Italia in condizione di

povertà assoluta. Facendo quattroconti si ricava che: il 7,6 per cento dichi sta in Italia non ha nulla; il 16,5per cento dei potenziali contribuentiproduce un reddito sotto la soglia ditassazione. Tirando le somme: unquarto complessivo della popola-

zione residente se la passa male. Oanche peggio.

Ora, se la situazione è quella fo-tografata dal Mef, che non avrebbealcun motivo per truccare i conti purdi fare apparire gli italiani più poveridi quanto non siano nella realtà, esi-

ste o no un problema di declino dellanostra società che non è curabile coni pannicelli caldi proposti dal centro-sinistra? C’è poco che fare: o si in-traprendono misure economichecoraggiose o si va a fondo. Uno Statoche deve farsi carico di una quantità

gigantesca d’incapienti, loro mal-grado, non ce la può fare. Non haneanche la forza di mettere in campoquelle misure minime di welfare peraffrontare il disagio e la disperazionedei cittadini. I dilettanti allo sbara-glio del Movimento Cinque Stellela fanno facile con la storiella delreddito di cittadinanza: ma non sirendono conto che così illudono lapovera gente? In realtà, è davverocomplicato tirare fuori la ricettagiusta. C’è chi sostiene che un ta-glio radicale della pressione fiscalerimetterebbe di colpo in moto lamacchina produttiva. Può darsi, maè legittimo qualche dubbio. Se agliimprenditori, in particolare quelligrandi, si concede di liberare risorsaè certo che poi costoro la reinvestanonell’impresa? O piuttosto non prefe-riscono far fruttare il denaro dirot-tandolo verso la rendita finanziaria?

Comunque, ammesso che queldenaro ritorni nel circuito pro-duttivo, i dati dimostrano che gliinvestimenti si orientano verso l’ac-quisizione di nuove tecnologie e noncerto nel reclutamento di capitaleumano. Ne consegue che non ne-cessariamente all’aumento dellaproduzione corrisponda la crescitadell’occupazione. E visto che, standoai dati ministeriali, i redditi da la-voro dipendente e da pensione rap-presentano circa l’82 per cento delreddito complessivo dichiarato, senon aumenta la platea degli occu-pati come si pensa di far ripartire iconsumi? Alla fine della fiera,l’unica cosa certa è che ci vuolequalcuno che abbia gli attributi giu-sti per governare questa fase deci-siva per le sorti del Paese. Ma se viguardate attorno non è che ne tro-verete molti degli aspiranti “con-dottieri” che abbiano le carte inregola per fare ciò che deve esserefatto.

4 l’oPinionE delle libertà Economia giovedì 2 marzo 2017

I redditi degli italiani: una brutta fotografiadi CriStofaro Sola

La Commissione Finanze e Te-soro del Senato riprende, in sede

referente, l’esame congiunto di 15disegni di legge, presentati da parla-mentari di tutte le parti politiche, perl’istituzione di una Commissioned’inchiesta a proposito di fatti verifi-catisi in alcune banche e a proposito,anche, del sistema bancario e finan-ziario in genere. Questo stessoramo del Parlamento ha già dapoco ultimato i lavori relativi a unaCommissione di indagine (non spe-cificamente prevista dalla vigenteCostituzione, che invece prevede edisciplina la Commissione d’inchie-sta, attribuendole – all’articolo 82– gli stessi poteri dell’Autorità giu-diziaria). In merito alla nuovaCommissione, s’impongono alcuneriflessioni.

Quando, nel luglio del 1920,Luigi Einaudi prese posizione a pro-posito della Commissione d’inchie-sta sul sistema bancario (propostadall’onorevole Donati, con specificoriferimento – anche allora – a fattidenunciati nella famosa petizioneTurletti), lo fece con grande rigoremorale e giuridico, fissando ben pre-cisi paletti e obiettivi (sottolineando,tra l’altro, che “di molti peccatid’ignoranza sono gravati i giornaliitaliani”). Nello stesso modo – è in-dubbio – ha ora operato il presidenterelatore, senatore Mauro Maria Ma-rino, predisponendo il testo unificatoper varare l’inchiesta, adottato dallaCommissione anzidetta quale testobase di discussione.

La proposta unificata (come re-datta dal relatore e già emendata nelcorso dei lavori) prevede così chel’istituenda Commissione d’inchiestaabbia il compito di verificare: a) glieffetti sul sistema bancario italianodella crisi finanziaria globale e leconseguenze dell’aggravamento deldebito sovrano; b) la gestione degliistituti bancari che, anche in rela-zione ai fenomeni del “punto a” sonorimasti coinvolti in situazioni di crisio di dissesto e sono stati o sono de-stinatari a qualsiasi titolo di risorsepubbliche; c) l’efficacia delle attivitàdi vigilanza sul sistema bancario e fi-nanziario poste in essere dagli organipreposti, in relazione alla tutela delrisparmio, alla modalità di applica-zione delle regole e degli strumenti dicontrollo vigenti, con particolare ri-guardo alle modalità di applicazione

e all’idoneità degli interventi, dei po-teri sanzionatori e degli strumenti dicontrollo previsti, nonché all’ade-guatezza delle modalità di presidiodai rischi; d) l’adeguatezza della di-sciplina legislativa e regolamentaresul sistema bancario e finanziario,nonché sul sistema di vigilanza,anche ai fini della prevenzione e ge-stione delle crisi bancarie.

Proprio per quanto anzidetto (esenza soffermarsi sul fatto che – inalcuni punti e anche in quello, deli-cato, della vigilanza – sembra si vo-gliano attribuire alla Commissionepoteri di giudizio discrezionale nonappropriati), meraviglia che non sisia prevista la possibilità per i parla-mentari commissari di indagare,anche, su chi realmente volle – e perquali motivi – la legge contro le Po-polari, che è la causa prima della

grave situazione de-terminatasi nel campobancario, nonché sulperché si sia giuntialla risoluzione dellefamose quattro ban-che (tanto più che –come si sa – gli exvertici di una diesse, quelli di BancaEtruria, sono statitutti assolti e, oltre-tutto, perché “ilfatto non sussiste”).

A proposito dellalegge contro le Po-polari (così comesul secondo interro-gativo), l’opinionepubblica è frastor-

nata e gli osservatori, dal canto loro,in molti sostengono che l’origine siada ricercarsi nella volontà dellegrandi banche d’affari statunitensi,nonché dei fondi europei e ameri-cani, di spartirsi il mercato del cre-

dito italiano, magari – distruggendole banche di territorio, appunto –anche preparando la strada a unmercato dominato da pochi, grandi,istituti e quindi sostituendo all’at-tuale piena concorrenza una situa-zione oligopolista di tutto favore.

La situazione creatasi in Popolaritrasformate, sembra davvero – èinutile negarlo, apoditticamente –avvalorare la tesi in questione,anche considerando il comporta-mento tenuto in materia dallagrande stampa del nostro Paese. Sedunque la Commissione su questonon indagasse, la tesi dell’oligopo-lio verrebbe a nuovo titolo avvalo-rata. Con l’aggravante che qualcunopotrebbe anche pensare che la no-stra classe politica sia disponibile (eforse adusa) a indagare su tutto e sututti meno che sulle proprie respon-sabilità, coscienti o incoscienti chesiano.

(*) Presidente Assopopolari

Indagare anche su chi volle la legge contro le Popolaridi Corrado Sforza fogliani (*)

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Cosa pensare di Linda Sarsour diBrooklyn, la principale quere-

lante nella causa contro l’ordine ese-cutivo sull’immigrazione delpresidente Donald Trump e nuovosimbolo apparentemente onnipre-sente dell’alleanza tra l’estrema sini-stra e l’Islam radicale?

L’amministrazione Obama l’hadefinita una “campionessa del cam-biamento”. Il sindaco di New York,Bill de Blasio, ha chiesto il suo ap-poggio. Il senatore del Vermont, Ber-nie Sanders, l’ha utilizzata comesostituto nella sua campagna eletto-rale per le elezioni presidenziali. LaSarsour era tra i delegati alla Con-vention nazionale del Partito Demo-cratico nel 2016. La Sarsour è stataospite di importanti programmi tele-visivi e il “New York Times” ha pub-blicato un lungo articolo celebrativodefinendola “una ragazza di Broo-klyn in hijab”. L’organizzazione diDavid Brock, “Media Matters forAmerica”, la sostiene. È stata unadelle quattro organizzatrici princi-pali della “Marcia delle donne” aWashington contro Donald Trump.L’attrice Susan Sarandon e il repub-blicano Keith Ellison le esprimono illoro appoggio. In breve, l’attivista è“venerata dalla sinistra”, osserva lariformatrice musulmana Shireen Qu-dosi. E anche dagli islamisti: adesempio, Al Jazeera la esalta.

La Sarsour è piombata nella miavita nel marzo 2010, quando haconfuso me, Daniel Pipes, con Pipe-LineNews.org, un “servizio di infor-mazione di nicchia” che avevapubblicato un articolo critico su dilei definendola una “simpatizzante diHamas”. Lei ha risposto ricopren-domi di finta gratitudine per l’atten-zione (Grazie Mister Pipes!).Notando il suo errore, ho scritto unasarcastica risposta (“La Sarsour do-

vrebbe inondare di af-fetto PipeLineNews.orge non me”). E vedendoche non riconosceva ilsuo errore, mi sono in-teressato alla sua car-riera.

Ho scoperto che laSarsour sbaglia spesso epoi non fa ammenda.Ella ha asserito chel’omicidio di ShaimaAlawadi è stato dettatodall’odio verso i musul-mani, quando in realtà èstato un delitto d’onorecompiuto dal maritoKassim Alhimidi. Peg-gio ancora, ha finto diessere stata vittima diun crimine razziale, ri-scuotendo consensi po-litici a livello nazionaleper aver dipinto un sen-zatetto psicolabile come un razzistaviolento.

Ho scoperto il disprezzo para-noico che la Sarsour nutre per il go-verno americano. Ella ha dipinto ilmancato “attentatore delle mu-tande”, Umar Farouk Abdulmutal-lab, come un agente della Cia,insinuando che il governo federaleuccide gli americani per incolpare imusulmani. Ha anche affermato chenegli Stati Uniti i “bambini (musul-mani) vengono giustiziati”, presumi-bilmente dal governo.

Ho scoperto come la Sarsour pro-muove l’islamismo. Ella ha espressoil suo sostegno all’Arabia Sauditaperché l’applicazione della legge isla-mica nel Paese apporterebbe beneficicome il diritto al congedo di mater-nità retribuito e nessun pagamento

di interessi sulle carte di credito. Hamanifestato il suo sostegno al jihad,mostrando il dito indice verso l’alto,suo simbolo.

Sono venuto a conoscenza deisuoi attacchi feroci contro Israele. LaSarsour ha incoraggiato la lapida-zione delle Forze di difesa israeliane.Ha posato per una fotografia conSalah Sarsour, un operativo diHamas arrestato negli anni Novantadalle autorità israeliane. Ammette diavere moli parenti maschi nelle car-ceri israeliane.

Ho scoperto che la Sarsour disco-nosce la storia. Si fa promotrice diun’immagine fantasiosa di Mao-metto, il fondatore dell’Islam: “Il no-stro profeta era un attivista dellagiustizia razziale, un attivista per i di-ritti umani, un femminista a tutti gli

effetti. Era un uomo che aveva acuore l’ambiente. Si preoccupava peri diritti degli animali. (...) Fu anchela prima vittima dell’islamofobia”.Mi hanno colpito le sue riflessionisulla schiavitù americana: “Il sacrifi-cio che gli schiavi musulmani neri inquesto Paese hanno dovuto affron-tare non è nulla in confronto all’isla-mofobia (sic) odierna”.

Sono venuto a conoscenza dell’in-fima reputazione di cui gode la Sar-sour tra i suoi presunti alleati.Debbie Almontaser, una collega isla-mista, ha denigrato la sua impu-denza e mancanza di umiltà. Lafemminista Aki Muthali l’ha definitarazzista (si rilegga la citazione suglischiavi neri). Anche il sito web anti-sionista Ikhras l’ha accusata di nu-trire “orribili sentimenti razzisti

verso gli afro-americani”.Inoltre, ha definito la Sarsourcome personaggio pubblico“una farsa piena di fin-zione ed esagerazione” el’ha dipinta come una falsareligiosa, priva di qualsiasibussola morale e di “autenti-che convinzioni o veri prin-cipi”.

Ho scoperto che la Sarsourha risposto a chi le ha mossocritiche con volgarità al ve-triolo. Con l’eleganza e lagrazia che la contraddistin-guono, l’attivista ha detto aproposito di Brigitte Gabriele Ayaan Hirsi Ali, due emi-nenti anti-islamiste (la se-conda è stata vittima dimutilazione genitale femmi-nile): “Vorrei poter togliereloro la vagina, non meritanodi essere donne”.

Ho scoperto che la Sarsour, unadonna insignificante, che si vestemale e indossa un ingombrantehijab, indulge nella vanità civettuola.Si vanta pubblicamente della sua“bellezza mozzafiato”, dice: “Io sonobella” e dichiara entusiasta: “Chebell’autoscatto!”. Inoltre, la Sarsoursi sopravvaluta maldestramente, de-finendosi, ad esempio, una “personastraordinaria”.

Questa lunga lista di incompe-tenza, estremismo, volgarità ed ec-centricità mi induce a chiedermicome gli islamisti e la sinistra spasi-mino per Linda Sarsour. Se lei è laloro tanto decantata star, allora iconservatori possono dormire sonnitranquilli.

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada

5l’OPiniOne delle libertàgiovedì 2 marzo 2017

Linda Sarsour, nuova star della sinistradi Daniel PiPes

Esteri

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La cultura è l’origine e allo stessotempo la frontiera della competitività

del “Made in Italy”, perché è fondatasulla tradizione che sa rinnovarsi e chealimenta lo spirito innovativo, per certiversi unico nel suo genere, dell’Italia cheinventa. La cultura produttiva è rappre-sentata in maniera più evidente da quelleoltre quattrocentomila imprese che ope-rano nel settore dell’export del “Made inItaly” delle eccellenze italiane. L’associa-zione “Arte Italia Cultura” è riuscita,dopo attente analisi e azioni di marke-ting, volte a mirare alle strategie deimercati, a rafforzare non solo gli scambiculturali della nostra penisola, ma anchea trovare canali preferenziali per favo-rire gli scambi commerciali internazio-nali che, solo grazie a una sinergiareciproca, si possono ottenere nelmodo più soddisfacente. IntervistiamoGiuseppe Colombo, presidente e fonda-tore dell’associazione “Arte Italia Cul-tura” sui progetti futuri e sul particolarelegame che lega l’associazione alla Cina.

Come nasce e perché l’idea di questaassociazione?

L’associazione nasce dall’esigenza dipromuovere il “Made in Italy” all’esterofavorendo la ripresa economica delle im-prese italiane gravate da trent’anni da ungoverno che non sempre ha saputo reg-gere un confronto con l’estero, portandoil Pil a livelli disastrosi. Noi crediamo fer-mamente che la cultura italiana sial’unica ancora di salvezza per l’Italia inquanto conoscenza territoriale, musei,arte, riscoperta delle tradizioni e dei va-lori sono il motore trainante della ripresaeconomica e culturale italiana. Per que-sto ci avvaliamo di professionisti seri eacclarati quale il ricercatore e medico chi-rurgo Antonio Spano, lo storico dell’arteAdriana Conconi Fedrigolli, artisti difama internazionale e favoriamo le eccel-lenze italiane nel settore enogastrono-mico, l’incremento del turismo in Italia ei confronti culturali con altre nazioni.

L’associazione Arte Italia Cultura innumerosi eventi si è occupata di presen-

tare le eccellenze italiane quale “leitmo-tiv” di una nostra forza produttiva, creareinvestitori nei cinque continenti e renderliambasciatori nel mondo di una “frien-dship” in grado di soddisfare le esigenzestraniere del gusto italiano. Come riuscitea coniugare cultura, economia e aperturaalla conoscenza?

Siamo convinti che gli investimentiesteri da parte di Paesi come la Cina (concui l’associazione ha siglato una partner-ship), la Russia dove siamo in contattocon il direttore del Museo della Sacra Co-rona Imperiale, Dubai, Qatar, Spagna eLos Angeles siano di grande aiuto in que-sto momento per creare nuove infra-strutture per l’arte, restaurare quelleesistenti e aiutare nella crescita le piccolee medie imprese, creando nuove occupa-zioni e aiutando i giovani a meglio inse-rirsi nel mondo del lavoro con masterdirettamente in loco.

“Arte Italia Cultura”, in partnershipcon l’Associazione “Cina Italia” e conl’eccezionale contributo del presidente diConfassociazioni International, Salvo Ia-varone, sarà presente in Cina dal 24 al 31marzo con la delegazione italiana a rap-presentare le eccellenze della nostra peni-

sola. Sarà occasione di approfondimentoprogettuale per l’internazionalizzazionedelle aziende italiane all’estero, sottoline-ando l’importanza di una collaborazionetra Cina e Italia per la promozione dellacultura italiana e per la ripresa econo-mica di un’Italia da troppo tempo de-pauperata delle sue eccellenze. Cosa ci siaspetta da tali lavori?

Dall’evento in Cina, organizzato dallostesso governo di cui saremo ospiti e conil supporto del senatore Zhu Yuhua, ciaspettiamo di favorire le aziende italianenel trovare canali preferenziale per l’ex-port delle materie prime (in questo casol’enogastronomia italiana) favorendo lestesse nell’incremento e in un maggioresviluppo, attraverso la creazione di com-petitività produttiva.

L’evento sarà ripreso dalla televisionecinese ed è prevista una massiccia pre-senza di giornali internazionali. I lavorisono stati strutturati dallo stesso governocinese, dal senatore Zhu Yuhua che tral’altro è anche presidente del Club Ferraridi Shanghai. La Cina guarda al “Made inItaly”, ma quali sono i vantaggi che i no-stri imprenditori potrebbero trovare nelcontinente asiatico?

Come dicevo nella precedente do-manda gli imprenditori, oltre ad ampliareil mercato del “Made in Italy” all’estero,usufruirebbero di notevoli vantaggi sia intermini fiscali sia di natura economica.Inoltre l’“italian style” trova in questomomento grande apertura da parte deiPaesi asiatici e non solo.

Nel corso della conferenza sarà illu-strato, dalla dottoressa Maria LorenaFranchi, un programma itinerante teso arafforzare il turismo tra Cina e Italia, cre-ando nuove mappe itineranti per unire laconoscenza dell’arte alla bellezza del ter-ritorio e delle degustazioni locali di eno-gastronomia. Può illustrarci meglio taleprogettualità?

Per quanto concerne il progetto turi-smo che sarà illustrato dalla dottoressaMaria Lorena Franchi, nostra referentepresso il Principato di Monaco nel corsodella conferenza, è un progetto dove giàdi base abbiamo accordi con i tour ope-rator di Shanghai per trasferire un mi-lione di turisti all’anno dalla Cina inItalia. Ovviamente il progetto consiste nelcreare itinerari fuori dalle consuete rottegià battute e visitare musei, chiese e cittàin cui si custodiscono capolavori di

grande pregio dell’arte italiana. In questaprima fase sarà la dottoressa AdrianaConconi Fedrigolli, coadiuvata da unostaff, con la sua competenza storico-ter-ritoriale a disegnare le vie dell’arte. In unsecondo momento i turisti potranno gu-stare i vini e la gastronomia locale abbi-nando il piacere visivo dell’arte a quelloculinario. Quindi arte, moda, enogastro-nomia, paesaggio e tradizioni in un unicocontesto turistico.

Quali sono le iniziative dell’associa-zione per il 2017?

L’associazione ha in progetto di par-tire da Napoli con l’esposizione di valentiartisti abbinati all’alta moda italiana e aperformance letterarie/poetiche dellagrande scrittrice Giovanna Mulas, già piùvolte indicata come premio Nobel per laletteratura italiana. Inoltre torneremo aShanghai entro l’estate con l’eventomoda e cinema italiano e successiva-mente ad ottobre saremo presenti ancorain Cina al Club Ferrari per i 70 anni dellaFerrari e dove cinema italiano, arte,moda e gastronomia saranno il leitmo-tiv dell’evento. Nel frattempo avremol’onore di ospitare in Italia la delegazionerussa, spagnola e americana e lavorarecon loro a una tavola rotonda per dif-fondere la cultura italiana e lavorare perla pace nel mondo.

Con quali altre nazioni sta collabo-rando l’associazione per l’implementa-zione dei rapporti bilaterali con l’Italia?

L’associazione è già in partnership dadiversi anni con una delle più grandi or-ganizzazioni mondiali, la “Word Vi-sion”, che con le sue 49 sedi sparse nelmondo già collabora con l’Unicef, laNato e la Fao. Il supporto istituzionale erappresentativo dell’Italia ci sarà fornitodall’insostituibile presidente di Confas-sociazione International, Salvo Iavarone,che in conferenza parlerà dell’importanzadell’internazionalizzazione delle aziendeall’estero.

7L’oPinione delle Libertà

di Domenico Letizia

giovedì 2 marzo 2017 Economia - Cultura

Arte, cultura e scambi con un occhio alla Cina

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