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Tutti gli errori di Keynes. Perché gli Stati continuano a creare inflazione

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Mercato, Diritto e Libertà

Collana diretta da Luigi Marco Bassani, Nicola Iannello,

Carlo Lottieri, Sergio Ricossa

I volumi della collana Mercato, Diritto e Libertàsono pubblicati grazie al generoso contributodell’Istituto Adam Smith di Verona.

TUTTI GLI ERRORIDI KEYNES

Perché gli Stati continuano a creare inflazione,bolle speculative e crisi finanziarie

Prefazione di Francesco Forte

Hunter Lewis

Titolo originaleWhere Keynes Went Wrong,And Why World Governments Keep Creating Inflation,Bubbles and Busts

Traduzione dall'ingleseDiana Mengo

ADGerardo Spera

CopertinaTimothy Wilkinson

© 2009 by Axios Press

© 2010 IBL Libri

IBL LibriVia Bossi, 110144 [email protected]

Prima edizione: novembre 2010ISBN 978-88-6440-036-5

Indice

Prefazione di Francesco Forte 9

Parte prima Introduzione

Capitolo 1Un’economia basata sul buon senso 53

Parte seconda Cosa disse davvero Keynes

Capitolo 2Abbassare i tassi d’interesse 67

Capitolo 3Spendere di più, risparmiare meno 77 e diventare più ricchi

Capitolo 4L’immoralista (una digressione per discutere 85dei valori personali di Keynes)

Capitolo 5Cosa fare con Wall Street? 99

Capitolo 6Guardare allo Stato per una leadership economica 107

Capitolo 7Durante una crisi economica bisogna stampare denaro, 119prestarlo, indebitarsi e spendere

Capitolo 8I mercati non si auto-correggono 127

Capitolo 9Sì, No, e ancora Sì, alla globalizzazione economica 135(se vi sembra un messaggio ambiguo, beh, lo è.Cercheremo comunque di chiarirlo)

Parte terza Perché Keynes si sbagliava

Capitolo 10«Abbassare i tassi d’interesse» 145(e ottenere un vortice d’inflazione, bolle speculative e fallimenti)

Capitolo 11Spendere di più, risparmiare meno 175e diventare più poveri

Capitolo 12Cosa (non) fare con Wall Street 197

Capitolo 13(Non) guardare allo Stato per una leadership economica 209

Capitolo 14Uno Stato in vendita. 227Una digressione per discutere della “lieve” corruzione della politica statunitense durante la bolla immobiliare e delle industrie farmaceutica e automobilistica

Capitolo 15Durante una crisi economica, stampare denaro, 251prestarlo, indebitarsi e spendere significa spargere i semi della prossima crisi

Capitolo 16I mercati si auto-correggono 293

Capitolo 17Sì alla globalizzazione economica 317

Parte quarta Ancora su Keynes

Capitolo 18Quanto era keynesiano Keynes? 337

Capitolo 19Keynes oratore 341

Indice

Capitolo 20Keynes scrittore 347

Parte quinta Conclusione

Capitolo 21L’economia alla rinfusa: 363cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

Capitolo 22Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo: 373il paradosso centrale di tutto il keynesismo

Parte sesta Saluti finali

Capitolo 23Salutando Keynes 385

Note di chiusura 389

Bibliografia 435

Indice

1. La ragione di questo brillante e polemico libro,frutto di una scrupolosa lettura dei testi di John May-nard Keynes,1 allo scopo di metterne in luce gli errori(molti) e i meriti (pochi), è racchiuso nella seguentefrase, che si trova nelle pagine conclusive: «Oggi moltepersone – economisti, finanzieri, investitori, titolarid’impresa e dirigenti – dicono che Keynes è il loro eroeintellettuale. Ma hanno letto la Teoria generale? Hannoletto qualcosa di più di quei pochi passaggi chiari e bril-lanti che vengono citati così spesso? L’hanno letta dalprincipio alla fine? E l’hanno letta in età matura, e nonsolo a scuola?». Questa rilettura critica, fatta da HunterLewis, si avvale di un’altra lettura, quella della Teoriagenerale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta diKeynes effettuata da Henry Hazlitt, nel libro The Failu-

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Prefazione

di Francesco Forte

11.. John Maynard Keynes (1883-1946), a differenza della gran parte deglieconomisti suoi contemporanei, ha scritto pochi articoli teorici. La sua repu-tazione scientifica, precedente alla Teoria generale dell’occupazione, dell’interes-se e della moneta del 1936, che lo rese famoso, non si deve al suo primo librodel 1913, Indian Currency and Finance, diligente e ponderoso saggio sull’eco-nomia monetaria indiana, né al suo Trattato sulla probabilità, del 1921, che,nonostante il titolo, non è un’opera di matematica, ma di (non profonda)filosofia, bensì al polemico libro del 1919, Le conseguenze economiche dellapace, riguardante il peso eccessivo delle riparazioni imposte alla Germania, aisuccessivi due libri monetari del 1923 e del 1930 – ossia al piccolo, ma suc-coso, La riforma monetaria del 1923 e al massiccio Trattato della moneta del1930, in due volumi riguardanti rispettivamente La teoria pura della monetae La teoria applicata della moneta. Ma Keynes era diventato soprattutto cele-bre come brillante articolista e polemista. Per una esposizione della teoria di

re of the “New Economics”, pubblicato nel 1959. «Hazlitt –scrive Lewis con ammirazione e devozione – fu un genioe un vero erudito: giornalista, critico letterario, filosofoed economista autodidatta, scriveva di economia per ilNew York Times e Newsweek. Uno dei suoi libri, Economicsin One Lesson, pubblicato nel 1946, vendette più di unmilione di copie e rimane popolare ancora oggi».

Hunter Lewis afferma, con un eccesso di generosi-tà, che «Keynes […] fu un importante filosofo morale.Il suo saggio My Early Beliefs [...] è una perla filosofi-ca. Scrisse anche un Trattato sulla probabilità (il suoprimo libro) che si è guadagnato un posto nella storiadella filosofia morale». Lewis aggiunge che Keynesammetteva che «l’economia non è una scienza natura-le [ma] impiega […] giudizi di valore»2 e che disseall’arcivescovo di York che «l’economia, più propria-mente chiamata economia politica, è un aspetto del-l’etica».3 Ciò precisato, Lewis chiarisce che non si puòcomprendere Keynes se non si tiene presente la suaimpostazione, che, io ritengo, si può definire anti-vit-toriana e tecnocratica.

Nel sistema di Keynes – sottolinea Lewis – il gover-no affiderebbe le redini dell’economia a degli esperti.

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Tutti gli errori di Keynes

Keynes e dei suoi critici rimando alla mia Prefazione al libro di Dudley Dil-lard, Guida all’economia keynesiana, Milano, Etas Libri, 1980, avvertendo chein essa, data la natura del compito di introduzione a un Manuale, non pre-sentavo, oltre a quelle altrui, le mie critiche personali. Aggiungo che la affer-mazione che faccio in tale Prefazione, e riprendo qui, per cui Keynes ha dimo-strato che non esiste nell’economia un equilibrio spontaneo di pieno impie-go è soggetta a tre caveat. Il primo è che egli ha omesso di tenere presente chenel mercato esistono fattori di riequilibrio spontaneo, che – come spiegaHunter Lewis e sottolineo nelle pagine che seguono – è pericoloso turbare,mentre Keynes e i neo-keynesiani ignorano ciò. Il secondo è che gli squilibricongiunturali maggiori, come quello del 2008, non derivano dalle tendenzespontanee del mercato, ma da interventi pubblici e regole contrarie ai princi-pi del mercato. Il terzo caveat è che la teoria macroeconomica keynesiana nonserve ed è fuorviante, come teoria dello sviluppo economico. Anche questidue ultimi punti sono centrali nel libro di Hunter Lewis e nella presente Pre-fazione.

22.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 14, The General Theoryand After: Defence and Development, London, Macmillan; New York, St. Mar-tin’s Press, 1973, p. 296.

33.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 264.

Al riguardo cita una frase di Keynes che non lasciaalcun dubbio: «[L’economia] è una cosa che va lasciataagli esperti. Devono capire la macchina. Devono esserein grado di ripararla quando si rompe».4

Keynes cercava di risolvere i problemi socialimediante una terza via fra i principi economici liberalie i principi di intervento tecnocratico ed elitario. Taleterza via comportava un legame fra classe lavoratrice emondo degli affari, per il tramite di una élite intellet-tuale di esperti. Quest’ultima deve infatti stare al verti-ce delle grandi istituzioni economiche, necessarie perregolare questo nuovo tipo di economia, e deve svol-gere anche compiti nei governi e nei parlamenti nazio-nali e internazionali. Ciò senza troppo sporcarsi lemani, sulla base delle proprie superiori conoscenze ecompetenze. Che, ovviamente, per Keynes derivanodalla sua teoria.

Si tratta di una profonda convinzione che ha avutoun largo seguito e che, comunque, portò Keynes aimmaginare un sistema monetario guidato da un’uni-ca autorità monetaria mondiale, il Fondo MonetarioInternazionale. Esso doveva avere cambi fissi, perunificare le monete di tutto il mondo in un unicosistema, gestito a tavolino dagli esperti del Fondo, cheavrebbe dovuto emettere la base monetaria per tuttele valute.

Keynes, come osserva Hunter Lewis, «aveva avutomodo di dire cose sia positive che negative sul concettodei tassi fluttuanti. In realtà, ciò che favoriva maggior-mente, e che aveva cercato senza successo d’istituireall’interno del sistema di Bretton Woods, era un’agen-zia sovranazionale autorizzata a creare una propriamoneta cartacea» di natura mondiale. «Abbiamo rag-giunto uno stadio nell’evoluzione della moneta in cuiuna valuta “guidata” è inevitabile, ma [… è meglio affi-dare il compito] a un’unica autorità […] con il discerni-

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Prefazione

44.. John Maynard Keynes, CBS Radio Broadcast, 12 aprile 1931, in Keynes,Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Bri-tain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1982, p.515.

mento plenario e la gestione scientifica [… di] un’auto-rità sovranazionale».5 I suoi esperti avrebbero dovutogestire, secondo linee guida scientifiche, non solo sal-vataggi di Stati in crisi dal punto di vista della solvibi-lità del governo o della bilancia dei pagamenti o dientrambi, come poi si è di fatto stabilito, ma addiritturail governo mondiale della moneta, con una sorta disistema solare, in cui il Fondo Monetario sarebbe statola banca mondiale di ultima istanza e le singole mone-te vi avrebbero ruotato attorno come pianeti, regolatenei rapporti fra loro e il Fondo dai cambi fissi. Il siste-ma dei cambi fissi, utile per far ripartire l’economia, nel1945, dopo il disordine monetario generato dal secondoconflitto mondiale, e per smantellare i connessi control-li dei cambi, si rivelò poi sempre più inadeguato e crol-lò nel 1971, lasciando il posto a un sistema ibrido, in cuiemergevano i cambi fluttuanti, che i governi cercavano,senza grande successo, di manipolare. Ciò perché icambi delle monete sono prezzi globali che riflettonoquelli delle diverse aree di mercato. Gli equilibri fra iprezzi, che riguardano interi mercati, non si possonofissare in modo permanente, se i mercati sono liberi. Inuna economia libera, i cambi li può fare solo il mercato.Oppure vengono determinati dalle autorità politicheche controllano l’economia e la società, come in Cina.

Keynes non immaginava che ci potesse essere ungoverno mondiale unico, governato da un parlamentomondiale eletto democraticamente, sulla base di unaconfederazione mondiale di Stati. Ma immaginava checi potesse essere una autorità monetaria mondialeunica “sovranazionale”, come se il potere monetariofosse un potere puramente tecnico e non anche politico.Come Hunter Lewis osserva, «le banche centrali sonoistituzioni politiche. [...]. I banchieri centrali sono politi-ci. Non sono, e non saranno mai, gli scienziati econo-

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Tutti gli errori di Keynes

55.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 4, Tract on MonetaryReform, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 159;John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money: TheApplied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1971, pp. 268, 303.

mici virtuosi e onniscienti dei sogni utopistici di Key-nes. E anche quando non sono veri e propri politici siaffidano a strumenti e modelli i cui input sono talmentesoggettivi da sembrare quasi impietosamente nonscientifici. […] Concentrare tutta l’autorità in un’unicabanca centrale mondiale non farebbe altro che peggio-rare le cose». Dunque si debbono dare alle autoritàmonetarie delle regole, che esse debbono rispettare. Maquesto rispetto non può essere affidato puramente allaloro reputazione. Occorre che vi sia un guardiano dellacorrettezza della loro condotta, che, in democrazia, nonpuò che essere il potere politico democratico, vincolatoa sua volta da una costituzione.

Keynes è alla radice della teoria presuntuosa e pre-testuosa per cui le autorità indipendenti, dotate di pote-re discrezionale, in quanto fatte di esperti, sono capacidi fare le scelte oggettivamente giuste, perché il saperee il bene, come nella filosofia politica di Platone, si iden-tificano. La possibilità che le autorità indipendenti dis-crezionali possano essere oggetto di cattura dagli inte-ressi costituiti sembra sfuggirgli. Eppure è ciò che èaccaduto nella grande crisi dal 2008 in poi, nell’intrec-cio fra poteri bancari, in particolare (ma non solo) nel-l’economia americana.

Manca interamente a Keynes una teoria costituzio-nale del potere fiscale e monetario, con il compito dilegare il Leviatano e di costringere sia quello fiscale chequello monetario a comportarsi in modo conforme aiprincipi del mercato. La sua è la teoria per cui il Levia-tano fiscale e monetario svolge una politica discrezio-nale di regolazione dell’intera economia. Insomma,quella keynesiana è una dottrina di politica (macro)eco-nomica neo-mercantilista, non una dottrina neo-libera-le, come generalmente si sente dire.

La Teoria generale di Keynes, come mostra Lewis, èerrata non solo come teoria generale, ma anche cometeoria particolare, per le situazioni di crisi economica.Ciò perché è costruita su basi puramente macroecono-miche al di fuori delle scelte microeconomiche del mer-cato e dell’economia pubblica e del loro contesto istitu-

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Prefazione

zionale. Sicché la rivoluzione keynesiana ha dato luogoa risultati spesso disastrosamente negativi, come si puòconstatare con i consigli dati agli esperti, che se ne sonoavvalsi prima e durante la grande crisi iniziata alla finedel 2008. E purtroppo questa macroeconomia, priva diistituzioni e di microeconomia, continua a dilagare:nelle accademie e negli uffici studi dei governi e delleistituzioni pubbliche e private, nazionali e internazio-nali, in quanto il retaggio keynesiano ha messo ampie eprofonde radici e fa comodo.

2. Tuttavia sarebbe riduttivo ignorare che il retaggiodi Keynes non consiste solo in una discutibile politicamacroeconomica. Dopo la Teoria generale di Keynes, lascienza economica positiva è profondamente cambiata,ha subito una vera rivoluzione metodologica, di naturamacroeconomica quantitativa, che vale indipendente-mente dalla teoria di politica economica keynesiana. Daallora la macroeconomia è diventata misurabile: nel suototale, nel suo tasso di crescita, nei suoi grandi aggre-gati dei risparmi, degli investimenti lordi e netti diammortamenti, dei consumi, nel suo valore aggiuntogenerale e settoriale, con i tre grandi operatori costitui-ti dalle famiglie, dalle imprese e dal governo ed è pos-sibile rappresentare ciò con modelli econometrici glo-bali. Ci sono nozioni come la propensione al consumo,la propensione al risparmio, il moltiplicatore, l’accele-ratore. Si tratta di un progresso enorme, rispetto aitableaux dei fisiocrati, alle analisi per grandi categorie diRicardo e degli economisti classici, alle equazioni del-l’equilibrio economico generale dei neoclassici da Wal-ras a Pareto e allo stesso edificio post-marshalliano diPigou, consistente nel passaggio dalla microeconomiaalle grandi componenti del dividendo nazionale.

La fortuna della macroeconomia keynesiana è peraltro in parte immeritata. Infatti non bisogna credereche i grandi aggregati della contabilità nazionale deri-vino da Keynes, che, come si vede dai suoi scritti, erascarsamente dotato di mentalità contabile. Anche perquesto commise molti degli errori e scrisse molte frasi

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Tutti gli errori di Keynes

nebulose che i critici e in parte gli stessi seguaci hannorilevato. La contabilità nazionale non è un derivatodella macroeconomia keynesiana. Deriva dagli espertidi questa nuova disciplina quantitativa, di natura stati-stica e contabile, che si era sviluppata negli Usa e inGran Bretagna durante la guerra al duplice scopo dicalcolare quanto sforzo bellico fosse sostenibile daglialleati e di quanto fosse superiore la loro potenza eco-nomica rispetto a quella dei paesi avversari e in parti-colare della Germania. Gli economisti che, nel secondodopoguerra, esposero la nuova macroeconomia keyne-siana in termini di contabilità nazionale, in parte pro-vennero da tale scuola a cui non pareva vero di potertrasformare la contabilità del reddito nazionale inmacroeconomia e in parte da economisti della vecchiascuola che avevano bisogno di un impianto macrocon-tabile da trasformare in diagrammi ed equazioni ele-mentari per sviluppare e predicare la macroeconomiakeynesiana come dottrina di programmazione econo-mica compatibile con il mercato e foriera di benessereper i lavoratori, che diversamente potevano subire ilfascino del marxismo e del collettivismo. La lezione delmarxismo, consistente nell’esame critico dei fenomenistrutturali della macroeconomia, non fu recepita dallanuova macroeconomia keynesiana, che era ed è troppoaggregata. Inoltre, con il passare degli anni i testi dimacroeconomia e i modelli econometrici (neo)keyne-siani si sono allontanati dalle sottigliezze della contabi-lità nazionale.

La lezione marshalliana e della raffinata correntedell’economia teorica del benessere, consistente nell’e-same critico dei fenomeni strutturali della microecono-mia, non fu recepita dalla nuova macroeconomia key-nesiana, che era ed è troppo aggregata. Ha ragione,dunque, Hunter Lewis nel dire che non è del tutto veroche Keynes ha il merito di aver “inventato” la macroe-conomia, che guarda ai flussi di un’economia piuttostoche alla microeconomia di specifiche aziende o settori.Ed ha anche ragione nell’osservare che altri economistiavevano adottato un punto di vista economico ampio,

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Prefazione

anche se spesso facevano le loro deduzioni a partire daun’impresa o da un settore per portarle nell’economianel suo insieme, procedimento che Keynes, a torto, cri-ticava. Ed è esatto osservare che la stessa legge di Say,che Keynes criticò, è un esempio di macroeconomia. Sipuò inoltre convenire con Lewis quando arguisce che«da un punto di vista macroeconomico rende più facile– per un esperto sofista – agire in maniera fuorviante econfondere le acque».

Ma la macroeconomia keynesiana, anche in questaversione troppo aggregata, ebbe ed ha un merito chenon può essere ignorato, quello di porre l’accento sulruolo della domanda nell’equilibrio macroeconomico.Lo fece mediante la critica alla legge “degli sbocchi” diSay, per cui l’offerta crea automaticamente la suadomanda. Critica che presentò, fra l’altro, con laseguente espressione icastica, che, come fra poco spie-gherò, può dirsi vera e falsa nello stesso tempo: «Unatto di risparmio individuale significa, per così dire,una decisione di saltare il pranzo di oggi; ma nonrichiede necessariamente una decisione di pranzare odi comperare un paio di scarpe fra una settimana o fraun mese».6 Da ciò si desume che, nella misura in cuirisparmiare e investire sono due attività diverse eseparate, il risparmio non crea, necessariamente, l’in-vestimento.

Nella gran parte dei casi i due atti non sono separa-ti. Un rilevante ammontare di risparmio si traduce inreinvestimento diretto nella propria azienda. Inoltre c’èquello delle famiglie che risparmiano per farsi la pro-pria casa e avere altre proprietà immobiliari. In una eco-nomia stazionaria non ci sono investimenti netti, masolo ammortamenti, e la tesi per cui i risparmi e gliinvestimenti sono atti diversi di soggetti diversi risultaerrata, in quanto coloro che decidono se effettuare gliammortamenti, cioè i risparmi, sono coloro che posseg-gono i capitali. E, se si considera una economia evoluta,

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Tutti gli errori di Keynes

66.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 210.

si nota che la parte maggiore dell’investimento non èl’investimento netto, ma l’investimento lordo costituitoda ammortamenti, cioè risparmio. In Italia, ad esempio,nel 2007 su una quota di investimenti fissi lordi del 21per cento del Pil, quelli netti sono solo il 5,3 per cento, eil resto sono ammortamenti.

Per altro la tesi di Lewis per cui la critica di Keynesalla legge “degli sbocchi” di Say sarebbe del tutto erratanon è corretta. Come abbiamo visto, in una economianon stazionaria è un dato di fatto che solo una partedegli atti di risparmio si collega ad atti di investimento.Inoltre le innovazioni e le scoperte consentono investi-menti, la cui dimensione è di gran lunga superiore alrisparmio che ha consentito di generarle. D’altra partel’inflazione può generare investimenti da parte di sog-getti che non hanno compiuto atti volontari di rispar-mio, ma hanno perduto parte del potere di acquistodella propria moneta e dei propri crediti e che quindihanno subito un “risparmio forzato”. Infine è vero chemolti risparmi si traducono in depositi bancari o addi-rittura nella tesaurizzazione di moneta. E, come argo-menteremo, non è detto che questo risparmio vengatutto utilizzato, se i diritti di proprietà sono precari, se icosti dell’informazione sono alti, se non ci sono effi-cienti intermediari finanziari, e mercati come la borsa,che collegano l’offerta di risparmio con la sua doman-da. Durante la Grande Depressione degli anni Trentaappariva evidente che il denaro giaceva inoperoso nellebanche, perché mancava lo stimolo a investire. Il mec-canismo per cui il risparmio genera investimento si erainceppato, per una serie complicata di ragioni. Keynes,nella sua Teoria generale, ha teorizzato che una caratteri-stica della grande depressione è, in generale, la prefe-renza per la liquidità da parte degli operatori economi-ci, che tengono i loro soldi inoperosi nelle banche. Lemisure che Keynes ha proposta per risolvere il proble-ma non erano le migliori. Vi erano altre soluzioni piùcorrette, dal punto di vista del buon funzionamentodell’economia di mercato, e lo stesso Lewis ne prospet-ta alcune, sulla base di suggerimenti di critici di Key-

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Prefazione

nes. Ma ciò non toglie che, allora, la legge “degli sboc-chi” di Say per cui l’offerta crea la sua domanda e quin-di il risparmio fatto con il reddito ricavato dalle attivitàeconomiche viene investito, per soddisfare la domanda,si fosse inceppata. Nella crisi di questi anni, viceversa,le banche sono rimaste senza adeguati risparmi e si ègenerata una crisi di liquidità perché nessuna banca sifidava delle altre e non le prestava denaro e perché lefamiglie, indebitate, erano scarse di liquidità. Sicché laTeoria generale di Keynes non vale né a spiegare la crisi,né a fornire ad essa i rimedi.

Tuttavia non bisogna confondere i problemi dibreve-medio periodo di equilibrio fra domanda e offer-ta, nelle depressioni economiche, con quelli che riguar-dano il ruolo della domanda nella crescita economica,come trend di medio-lungo periodo. Qui i neo-keyne-siani, se sostengono la tesi che la domanda crea auto-maticamente l’offerta, sono fuori gioco. Ma è vero chesenza l’enfasi della macroeconomia keynesiana sulladomanda non si sarebbero sviluppate le teorie e le ana-lisi della crescita che ne tengono conto. Il punto crucia-le è costituito dal fatto che la capacità produttiva di unsistema economico non è un dato fisso, in quanto levarie risorse produttive non si combinano fra loro auto-maticamente, occorrono imprenditori che siano ingrado di farlo e che trovino i soldi per farlo. Il progres-so tecnologico e organizzativo è come un elastico, cheha bisogno di essere tirato per emergere. Senza unaspinta appropriata, che venga da una domanda noneffimera, molte risorse possono rimanere non valoriz-zate e le innovazioni, che in parecchi modelli macroe-conomici sono “esogene”, non emergono.

Queste risorse non valorizzate, nella grossolanavisione keynesiana e neo-keynesiana, si chiamano “dis-occupazione” e sono un risparmio potenziale inopero-so, che non dipende da atti individuali di rinuncia alconsumo, per effettuare risparmi di reddito ottenuto indenaro o in natura, ma dal mancato utilizzo di qualco-sa che c’è e che attende di emergere. La parola “disoc-cupazione” e la parola “peno impiego” utilizzate da

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Tutti gli errori di Keynes

Keynes e dai suoi seguaci, e impiegate nei diagrammikeynesiani, sono suggestive ma ambigue. Infatti il lavo-ro a cui ci si riferisce quando si parla di disoccupazioneè solo uno dei fattori produttivi e non è neppure undato fisso in quanto le competenze dei lavoratori varia-no. Il termine “pieno impiego” può riferirsi al lavoro,ma anche agli altri fattori produttivi ed è, comunque,una sorta di “araba fenice” perché la sua linea si spostanel tempo e non è raggiungibile senza frizioni che gene-rano inflazione. Pertanto, a differenza che nei modellikeynesiani, bisogna scegliere fra pieno impiego imme-diato con notevole inflazione che danneggia quellofuturo, creando rialzi di tassi di interesse e altri proble-mi e impiego minore di quello massimo, con “quasi”stabilità monetaria.

A tavolino gli “esperti” keynesiani tracciano le lineedelle soluzioni ottimali. Ma nei mercati reali non esistela perfetta conoscenza. Conoscere come si possonovalorizzare le proprie risorse e quelle di una impresa oquelle di altri, con cui si possono fare atti di scambio, èuna scoperta che non è automatica, ma che può esseresollecitata dalle interazioni del mercato, soprattutto inuna situazione dinamica, come è quella normale di unaeconomia libera. Spingendosi troppo in là, si ha peròl’inflazione. Occorre adottare delle regole e rinunciareagli ottimi keynesiani. La prospettiva di espansionedella domanda aggregata, sana e non frutto di azionisenza regole fisse, promuove la crescita economica, sti-molando a utilizzare meglio sia il risparmio disponibi-le e quello potenziale che le capacità a innovare. L’au-tomatismo della legge di Say per cui l’offerta crea lapropria domanda perché i vari fattori produttivi spen-dono ciò che hanno guadagnato, destinandolo in partea consumi e in parte a investimenti o in risparmi chevengono investiti è, insomma, ingannevole perchériguarda un flusso circolare statico, basato sulla ripeti-zione del passato, con meccanismi istituzionali perfetti.Si può dunque spiegare perché, come osserva Lewis,«anche i maggiori critici di Keynes, come gli economi-sti Milton Friedman o Robert Mundell, mantenevano

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Prefazione

alcuni dei presupposti keynesiani». Non vi è da stupir-sene, come fa il nostro autore.

Contrariamente a quello che sostiene l’autore, nonha neppure torto «Gregory Mankiw, economista diHarvard ed ex presidente del Council of EconomicAdvisors di Bush, oltre che autore di un manuale dieconomia di successo», secondo cui «se ci si deve rivol-gere a un economista per capire i problemi affrontatidall’economia, non c’è dubbio che quell’economistadebba essere John Maynard Keynes».

3. Hunter Lewis ha invece ragione nel criticare Man-kiw, che sposa il “paradosso del risparmio” keynesianoe afferma che, «benché [Keynes] sia morto più di mezzosecolo fa, la sua diagnosi delle recessioni e delle depres-sioni resta il fondamento della macroeconomia moder-na» in quanto «la causa prima delle crisi economiche èuna domanda aggregata insufficiente». In realtà ladomanda aggregata insufficiente non è la causa, mal’effetto delle recessioni, derivanti dallo scoppio di bolledi espansione prive di sostenibilità di lungo periodo,come quella costituita dal boom immobiliare e dallecarte di credito che è sfociata nella depressione di que-sti anni. Hunter Lewis fa bene a prendersela con la tesidi Mankiw (che è stata sostenuta anche dal FondoMonetario Internazionale contro le politiche anti-deficiteuropee) per cui «per l’economia nel suo complesso[…] le fasi di recessione non sono il momento miglioreper cercare di risparmiare qualcosa in più». Sulla basedi questa ottica errata, gli Stati Uniti, nonostante l’enor-me spesa in deficit fatta dal governo, l’enorme sforzomonetario della loro banca centrale e le grandi risorsetecnologiche e naturali disponibili, non sono usciti rapi-damente dalla recessione, come gli economisti neo-key-nesiani speravano.

Quel che è sbagliato nella macroeconomia keynesia-na non è la carenza di automatismo della legge “deglisbocchi” di Say. Questa legge, nonostante la difesa diLewis, non opera con automatismo, perché il sistema dimercato non è un meccano. Il suo equilibrio ha luogo

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Tutti gli errori di Keynes

solo tramite la continua scoperta di errori e deviazioni,da parte delle sue unità, nella loro azione spontanea. Ea volte gli errori si sommano. Certo, non si può darecolpa al mercato di depressioni come quella del 2008,dovuta alla violazione delle sue regole più elementari,nel campo monetario, con le banche che hanno creatomoneta facendo prestiti privi di contropartita di rispar-mio e generando un boom artificiale. Le fluttuazioninell’economia di mercato sono inevitabili, anche quan-do le istituzioni sono appropriate. Dopo una corsa, unorganismo umano si ferma per tirare il fiato. Dopo unagiornata febbrile, viene il sonno con cui ci si ristora. Ciòche è errato nella teoria keynesiana e neo-keynesiana èla tesi che il risparmio delle famiglie e delle imprese siastrutturalmente eccessivo, che il tasso di interesse per-ciò debba essere il più basso possibile per generare gliinvestimenti e che l’espansione della domanda di con-sumi creata artificialmente, sulla base di debiti, sia unrobusto motore dello sviluppo in quanto la domandacrea l’offerta, in modo automatico. La legge di Say percui l’offerta crea, automaticamente, la domanda ha deilimiti, ma la tesi per cui basta una domanda sostenutaper creare automaticamente l’offerta e quindi l’occupazio-ne è una tesi da apprendisti stregoni, che non solo nonopera nel medio termine, perché lo sviluppo economicoè un processo di crescita complesso, fondamentalmenteendogeno, ma nemmeno nel breve, in una depressione,succeduta a un boom, perché essa è il risultato di squili-bri endogeni al boom, che in gran parte solo il mercatopuò sanare, e perché se ogni squilibrio viene sanato condenaro pubblico, della banca centrale o dello Stato, con-verrà ripetere queste operazioni azzardate. In tal modosi creano i presupposti per nuovi squilibri e nel mercatoprevalgono non i migliori economicamente, ma i piùabili e spregiudicati politicamente, e imprese più grossedi quelle che il mercato di concorrenza selezionerebbe,in quanto dotate di maggior capacità di pressione politi-co-mediatica-finanziaria.

Il nocciolo della genuina concezione di Keynes e deikeynesiani, la loro magica ricetta per fabbricare l’oro dal

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Prefazione

nulla, è dunque la sostituzione della legge di Say (percui l’offerta crea automaticamente la domanda) conquella opposta, per la quale è la domanda che crea l’of-ferta e quindi il consumo crea il risparmio e lo sviluppo.

Quando Lewis afferma, in relazione a ciò, che «insostanza il keynesismo è l’opposto di un’economiabasata sul buon senso» non fa una osservazione banale.Keynes, con la sua impostazione macroeconomica, cer-cava di dimostrare che ciò che sembra vero per il sin-golo, nel bilancio domestico, è l’opposto del vero per iltutto, e che quindi l’analogia fra la buona condotta delgoverno e quella della famiglia è sbagliata. Keynes citacon grande approvazione l’economista mercantilistaBernard De Mandeville del Sei-Settecento, che nella suaFavola delle api del 1703-1714 argomentava che il lussodei ricchi genera ricchezza perché crea la domanda perle industrie di qualità, mentre la parsimonia crea pover-tà. Nella sua Teoria generale, Keynes si bea di questoparadosso per sostenere che la virtù privata del rispar-mio è un vizio pubblico. E il vizio privato del consumoè virtù pubblica. Non si avvede però del fatto che, conquesto riferimento, si dà la zappa sui piedi due volte.Innanzitutto perché se è vero che i ricchi spendono inbeni di lusso, non è più vero che nella società, a causadel fatto che essi hanno elevati redditi, c’è necessaria-mente una endemica tendenza al sotto-consumo. Ciòdipende dalle circostanze, non è una legge generale,come lui pretende. E poi dal racconto di Mandeville sicapisce che, per produrre i beni di lusso per i ricchi, inon abbienti debbono prendere il denaro a prestito perprocurarsi il capitale fisso e circolante. Dunque usano irisparmi dei ricchi, che si bilanciano con i loro consumie creano, assieme al lavoro, il reddito dei poveri. Quin-di, pagati gli interessi sui prestiti, consumano la diffe-renza. Senza la virtù del risparmio, il circolo virtuosodel processo di sviluppo non si innesca e non si perpe-tua. La sopravvalutazione da parte di Keynes dellevirtù del consumo e la sua tesi, contraria al senso comu-ne, della viziosità del risparmio sono dovute, presumi-bilmente, ai suoi pregiudizi ideologici contro il valore

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Tutti gli errori di Keynes

sociale dell’etica della religione cristiana e della moralevittoriana. Ma derivano anche dalla sua ambizione diinventare una ricetta di politica economica di cosiddet-ta terza via, che generi la “giustizia sociale” attraversola redistribuzione mediante lo strumento fiscale. Lecitazioni di brani di Keynes fatte da Hunter Lewis sonoeloquenti: «Da una parte, le classi lavoratrici […] pote-vano definire come propria una parte molto piccoladella torta che loro stessi e la Natura avevano coopera-to per produrre. Dall’altra parte, alle classi capitalisteera consentito definire come propria la parte miglioredella torta ed erano teoricamente libere di consumarla,con la tacita condizione sottostante che ne consumasse-ro poca. Il dovere del “risparmio” divenne i nove deci-mi della virtù e la crescita della torta l’oggetto dellavera religione. […] E così la torta crebbe; ma a quale finenon era chiaro. […] I risparmi erano per la vecchiaia o ifigli; ma questo solo in linea teorica – la vera virtù dellatorta era che non doveva mai essere consumata, né davoi, né dai vostri figli dopo di voi».7 E poi, ancora, con-tro l’etica dell’epoca vittoriana: «Morale, politica, lette-ratura e religione dell’epoca convergevano in una“grande congiura” per sollecitare il risparmio. Dio eMammona si riconciliavano. Pace in terra agli uominidi buone proprietà. Il ricco poteva finalmente entrarenel regno dei cieli, purché risparmiasse».8

Da queste considerazioni, Keynes, molto superficial-mente, ha desunto che «in tutta la storia umana vi èstata una cronica e tendenziale propensione al rispar-mio ben più forte dell’incentivo a investire».9 Parrebbeche le concezioni etiche dominanti in tutte le civiltà enelle religioni che si sono succedute, dai tempi antichi aquelli attuali, siano state contrarie allo sviluppo econo-mico, anziché essere state fattori della loro fioritura. E,sempre Keynes, ha concluso che: «I difetti più evidenti

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Prefazione

77.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, pp. 19-20.

88.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, pp. 84-85.

99.. Keynes, General Theory, p. 347.

della società economica nella quale viviamo sono l’in-capacità a provvedere la piena occupazione e la distri-buzione arbitraria delle ricchezze e dei redditi».10 Da ciòdiscende la sua ricetta di redistribuzione dei redditi,attuata con imposte progressive sul reddito e di succes-sione, che riducono i risparmi in eccesso dei ricchi eaccrescono i redditi delle masse popolari, che li dedica-no ai consumi, e la sua ricetta di generare occupazionemediante i bilanci pubblici in deficit.

Ma probabilmente Keynes si ricredette e non fu,negli ultimi anni, keynesiano, nel senso in cui lo sono ineo-kyenesiani attuali. Scrive infatti Lewis che:

Durante la seconda guerra mondiale la maggior partedei keynesiani dava per scontato, sulla base delle ideedel loro maestro, che a guerra finita sarebbe ripresa ladisoccupazione su larga scala. E si concentrarono sulmodo per evitarla. Ma un economista americano,David McCord Wright, scrisse a Keynes per esprimerela sua preoccupazione in merito alla possibilità diun’inflazione postbellica, piuttosto che di una fortedisoccupazione; Keynes gli rispose di essere d’accordocon lui.Un altro economista americano, John H. Williams, scris-se un articolo per l’American Economic Review nel qualeraccontò di una conversazione avuta con Keynes“pochi mesi prima della sua morte” nel 1946: «Silamentò del fatto che la politica del denaro facile fossestata spinta troppo lontano, sia in Inghilterra che negliStati Uniti, ed enfatizzò l’interesse come elemento direddito e la sua importanza fondamentale nella struttu-ra e nel funzionamento del capitalismo privato. Fudivertito dalla mia osservazione, che fosse ora di scri-vere un altro libro, perché la politica del credito facileera stata predicata nel suo nome e mi rispose che pen-sava di doversi mantenere un passo avanti». Questaconversazione sembra ripudiare la dottrina dell’abbas-samento dei tassi d’interesse o, per lo meno, del loroabbassamento a zero e, quindi, dell’eliminazione di unelemento sgradevole della dottrina del capitalismo.

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Tutti gli errori di Keynes

1100.. Keynes, General Theory, p. 372.

Poco dopo, l’economista austriaco Friedrich vonHayek ebbe una conversazione simile con Keynes:«[Disse di] essere seriamente allarmato dall’agitazioneper l’espansione del credito [e del denaro] da parte dialcuni dei suoi più stretti associati. Si spinse fino adassicurarmi che se le sue teorie, che [disse] erano stateterribilmente necessarie nella deflazione degli anniTrenta, avessero mai prodotto degli effetti dannosi,egli avrebbe rapidamente modificato l’opinione pub-blica nella giusta direzione. Poche settimane dopomorì e non poté più farlo».

In effetti, seguaci della metodologia di Keynes comeNicholas Kaldor ne hanno rovesciato l’impostazione ehanno sostenuto che per avere abbastanza risparmi perfinanziare gli investimenti per una crescita economicasostenuta occorre tassare i consumi ed esonerare irisparmi. E pertanto non è convincente l’affermazionedi Hunter Lewis secondo cui la tesi di stimolare l’eco-nomia con tagli alle imposte anziché con la spesa pub-blica è generalmente sbagliata, quando ciò sia fatto indeficit: «Questa proposta, sostenuta dai cosiddettisupply-sider e dalla maggior parte dei repubblicani, fa sìche i soldi vengano spesi velocemente. Ma, rispondonoi keynesiani e la maggioranza dei democratici, cosa suc-cede se i tagli vengono messi tutti in risparmi o utiliz-zati per ripagare i debiti? Sebbene supply-sider e keyne-siani, e repubblicani e democratici, differiscano su que-sto e altri punti importanti, dobbiamo rilevare cheentrambi approvano il ricorso alla spesa in disavanzo.[...] A conti fatti, le somiglianze superano le differenze ei supply-sider repubblicani possono essere consideraticorrettamente degli apostati keynesiani». Non è dettoche tutti gli indebitamenti pubblici siano sbagliati. Unariduzione delle imposte in deficit, come accadde conquella attuata dal presidente Reagan, può generaredopo un po’ una crescita economica che riduce il rap-porto fra debito e Pil in precedenza creato, sia perché icontribuenti hanno maggiori incentivi a produrre, siasoprattutto perché c’è maggiore risparmio desiderosodi investimento.

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Prefazione

4. Nell’ultimo periodo il messaggio keynesiano percui il deficit crea ricchezza tramite la domanda di consu-mo, che genera investimento e occupazione e quindi cre-scita e, ex post, il risparmio con cui si ripaga quel deficit,è passato dal governo alle banche, con il credito al con-sumo, effettuato senza risparmio, tramite il loro potere dicreare moneta bancaria e derivati. La grande crisi scop-piata in questi anni è stata generata da tale errata ricettadi chiara origine keynesiana. Va infatti tenuto presenteche nel menù keynesiano il piatto forte non è il deficit dibilancio, ma il denaro facile: la creazione di moneta nonsolo come aggiunta, ma anche come sostituto del rispar-mio ex ante, in base al principio che anche in banca ladomanda crea l’offerta, perché ciò che non è vero per ilsingolo sportello bancario è vero per le banche nel lorocomplesso. E quando c’è una elevata concentrazionebancaria, alle banche conviene sostituirsi al governo,sostituendo il deficit spending con il deficit lending. Nelricettario keynesiano originario, come vedremo, il tassodi interesse deve essere tenuto basso, sostituendo lamoneta al risparmio, per suscitare l’investimento, checrea occupazione e crescita e, ex post, dà luogo al rispar-mio. Nel ricettario neo-keynesiano, poiché i prestiti sonofatti ai consumatori, il tasso di interesse potrà essere alto,in quanto essi presentano, ex ante, un rischio individualeelevato. Ma ciò non ostacola il prestito, in quanto le fami-glie, quando prendono denaro a prestito non fanno uncalcolo basato su costi e ricavi, come le imprese. E le ban-che, oltreché essere convinte che non c’è un vero rischio,possono contare su un ribasso del tasso da parte dellabanca centrale, per soccorrerle, qualora abbiano dellesofferenze. Che la crisi possa scoppiare, perché le insol-venze possono alimentarsi reciprocamente, non sembraprevisto dai modelli econometrici keynesiani basati sulladomanda, che genera crescita.

Ma andiamo con ordine. Anche con riguardo allapolitica monetaria si presenta l’ambivalenza dellamacroeconomia keynesiana, che da un lato apportainnovazioni di natura generale, dall’altro effettua inap-propriate generalizzazioni da situazioni particolari a

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Tutti gli errori di Keynes

tendenze generali, e introduce nella politica economicaelementi di discrezionalità basati sulla illusoria tesi tec-nocratica del decisore pubblico, che in quanto espertoilluminato fa le scelte giuste per correggere il mercato eguidarlo.

Il lato positivo delle innovazioni keynesiane sta nel-l’avere posto al centro del governo della moneta il tassodi interesse, in luogo della quantità di moneta emessa edel tasso di inflazione, ossia il livello dei prezzi, insie-me al tasso di occupazione. Il lato negativo consisteinnanzitutto nell’avere supposto che l’autorità autono-ma della banca centrale li possa maneggiare discrezio-nalmente, in modo flessibile, senza regole che limitinosia la sua condotta che quella del governo e del parla-mento. C’è un altro aspetto negativo, che consiste nellatesi per cui è bene che il tasso di interesse sia basso, allimite quasi nullo o nullo, per favorire gli investimenti,e si connette alla sua tesi generale che il risparmio, incondizioni di sottoccupazione, non è rilevante pergenerare l’investimento, che, ex post, lo crea automati-camente. Ma c’è un terzo aspetto negativo per cui lateoria monetaria keynesiana è largamente inaccettabile,e questo è rappresentato dal suo dilettantismo istituzio-nale. Keynes non si rende conto che le banche sonoorganizzazioni complesse, e che le operazioni finanzia-rie sono contratti diversi fra di loro, soggetti a continueinnovazioni e che, anche per questo, non c’è un solotasso di interesse, ma molti tassi di interesse. E soprav-valuta la capacità della banca centrale di governare lamoneta. La macroeconomia monetaria keynesiana cosìè un pericoloso giocattolo in mano a un apprendistastregone.

Senza l’intervento espansionista della banca centra-le, per Keynes i tassi d’interesse sarebbero quasi sempretroppo alti perché «il saggio d’interesse non si adeguaautomaticamente al livello più vantaggioso per la socie-tà, ma tende costantemente a salire troppo in alto».11 «Isaggi [d’interesse] sono stati [troppo alti] per la mag-

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Prefazione

1111.. Keynes, General Theory, p. 351.

gior parte della storia documentata».12 E ancora: «Che ilmondo sia così povero di capitali accumulati dopoparecchi millenni di costante risparmio individuale èuna circostanza la cui spiegazione [è] il saggio d’inte-resse […] tenuto elevato».13

Per Keynes i tassi d’interesse tendono a essere piùalti di quello che dovrebbero in parte perché le perso-ne «accumulano» denaro per paura, il che genera unapenuria di fondi prestabili, e quindi fa alzare i tassid’interesse,14 e in parte perché è costoso «portare incontatto il debitore e il creditore».15 Inoltre può esserci«un ampio divario tra le idee di chi presta e quelle dichi prende a prestito»,16 con il risultato che i «possesso-ri di ricchezza» semplicemente «non accettano» tassiinferiori.17

Keynes non fornisce però alcuna prova statistica del-l’eccessivo livello dei tassi di interesse per il finanzia-mento alle imprese nei vari secoli e nei vari paesi delmondo. Trascura il fatto che, nel passato, una parte rile-vante del credito è stata fornita agli Stati, sicché unaparte importante dell’offerta di risparmio non è andataalle imprese per lo sviluppo produttivo. Inoltre trascu-ra il fatto che i tassi di interesse, nel passato, potevanoessere resi alti dal pericolo di inflazione, connesso allatosatura delle monete e alle guerre, alle carestie, allepestilenze, ai disastri naturali. Inoltre, egli sembra tra-scurare l’entità del cuneo fra tassi passivi e tassi attivi,che si determina quando i contratti privati non sonocerti, perché gli Stati non assicurano “legge ed ordine”e l’economia di mercato funziona imperfettamente, sic-ché il rischio di insolvenza è elevato. In aggiunta, ilrisparmio bancario si forma e si amplia quando i tassi

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Tutti gli errori di Keynes

1122.. John Maynard Keynes, memorandum, Macmillan Committee Report, inJohn Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethin-king Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1981, p. 273.

1133.. Keynes, General Theory, p. 242.1144.. Keynes, General Theory, pp. 174, 351.1155.. Keynes, General Theory, pp. 208, 309.1166.. Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 339. 1177.. Keynes, General Theory, p. 309.

passivi sono sufficienti a indurre i risparmiatori a por-tare i loro denari alle banche e a impiegarli in mutui equando si sviluppa un sistema bancario efficiente. Lasua proposizione per cui «i saggi d’interesse elevati[sono] il principale impedimento all’aumento della ric-chezza [perché scoraggiano il ricorso al prestito e, in talmodo, scoraggiano l’investimento]»18 è fondata, conriguardo alle difficoltà allo sviluppo delle economie inritardo o arretrate . Ma ciò dipende da fattori microeco-nomici a cui non si rimedia stampando moneta, perchése tali fattori persistono l’effetto è puramente di gene-rare inflazione e quindi alti tassi di interesse.

Una qualche maggiore ragione Keynes può averlaper le situazioni di recessione da cui sono colpite le eco-nomie sviluppate, dato che in esse ci sono imprese condifficoltà e disoccupati. Ma anche qui il rischio di infla-zione esiste e inoltre se si scoraggiano i risparmi contassi troppo bassi e rischio di inflazione o si accresce ilrischio di insolvenza di chi chiede i prestiti, perché hainsufficienti garanzie patrimoniali, si può avere carenzadi credito. Invece per Keynes, in ogni caso, se i “pos-sessori di ricchezza” privati ritirano i loro fondi dalmercato del prestito o rifiutano di accettare tassi d’inte-resse ragionevoli, il governo può far sì che i tassi d’in-teresse scendano, aumentando la quantità di fondi dis-ponibili al prestito.19 Ciò è possibile stampando nuovodenaro e rendendolo disponibile al prestito bancario.20

«Una variazione della quantità di moneta può già esse-re praticata dalla maggioranza dei governi. […] Laquantità di moneta […] unitamente alla [disponibilitàdel prestatore a prestare] determina il saggio d’interes-se effettivo».21

Per Keynes non vi è distinzione fra politica moneta-ria nelle depressioni e nel resto delle situazioni. La sua

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Prefazione

1188.. Keynes, General Theory, p. 351.1199.. Keynes, General Theory, pp. 167-168, 197-199, 268, 298.2200.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 5, A Treatise on Money:

The Pure Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1971, cap. 2.

2211.. Keynes, General Theory, pp. 167-168, 267-268.

è una tesi di lungo periodo. Il livello a cui Keynes vor-rebbe che arrivassero i tassi di interesse dell’autoritàmonetaria centrale, tendenzialmente, è quello dellozero, anche se questo non deve avvenire in manierarepentina. Ciò si desume da questa sua affermazione,citata da Lewis: «Contesterei l’idea che una collettivitàgovernata con un certo giudizio, […] debba essere ingrado di abbassare fin quasi a zero, nel corso di unasola generazione, l’efficienza marginale del capitale [e ilsaggio d’interesse]».22 Così i risparmiatori non dovreb-bero più essere “premiati” con il tasso di interesse e,pertanto, Keynes scrive: «Potremmo dunque mirare inpratica (poiché non vi è nulla di tutto questo che siairraggiungibile) a un aumento del volume di capitalefinché questo non sia più scarso, cosicché [il possessoredi risparmi] non riceva più un premio gratuito».23 Perlui «il possessore del capitale [è] senza funzioni. […]Può ottenere l’interesse perché il capitale è scarso […].Ma […] non vi sono ragioni intrinseche della scarsitàdel capitale [dal momento che il governo può stamparee distribuire denaro]».24 «[Rendere il capitale libera-mente disponibile] può essere il modo più sensato diliberarsi progressivamente di molte tra le caratteristichepiù discutibili del capitalismo. […] Il redditiero [presta-tore o investitore ricco] scomparirebbe [così come] ilpotere oppressivo e cumulativo del capitalista di sfrut-tare il valore di scarsità del capitale».25

Nel mondo di Keynes la domanda di credito creal’offerta di risparmio perché c’è tanta capacità produtti-va inutilizzata, sicché il risparmio fatto rinunciando aconsumare è in gran parte inutile. D’altra parte, moltirisparmiatori rinunciano al consumo presente in cam-bio di quello futuro puramente perché spinti dall’avari-zia, dalla paura di rimanere poveri e dalla impossibili-tà di consumare e, quindi, non hanno bisogno di uncompenso per questa loro condotta.

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Tutti gli errori di Keynes

2222.. Keynes, General Theory, p. 220.2233.. Keynes, General Theory, p. 376.2244.. Keynes, General Theory, p. 376.2255.. Keynes, General Theory, pp. 221, 376.

Come si può sostenere che se il compenso del rispar-mio è zero, le famiglie comunque risparmiano lo stessoammontare? Ciò è, se non altro, smentito dalle assicu-razioni sulla vita basate sulla capitalizzazione deipremi. E come si può sostenere che nella società c’ècapacità produttiva inutilizzata, solo perché ci sonopersone e altre risorse non utilizzate? Non conta forsel’insieme di conoscenze delle persone, che comportal’investimento nella formazione del capitale umano,non conta il fatto che senza adeguati strumenti tecnici eknow-how non si possono utilizzare le risorse umane emateriali disoccupate? Keynes guarda solo i grandiaggregati, non si rende conto di questi elementari pro-blemi strutturali. Ed essi nei modelli econometrici neo-keynesiani non esistono.

Queste sono affermazioni illogiche. Per combattere itassi di interesse troppo alti, Keynes invece che favorirel’offerta di risparmio che dovrebbe generare una ten-denza a ridurli vuole la politica opposta, come se lerisorse inutilizzate fossero capaci di combinarsi da sé,sospinte da un flauto magico. In realtà ciò che scarseg-gia, a parte periodi e paesi particolari, non è la doman-da di risparmio, ma la sua offerta.

Si arriva così all’altro paradosso, messo in risalto daHunter Lewis: il rimedio all’espansione eccessiva non èun aumento, ma una diminuzione del saggio d’interes-se! Giacché questa diminuzione può permettere allacosiddetta espansione di durare. Il rimedio giusto per ilciclo economico non deve trovarsi nell’abolire le espan-sioni, mantenendoci così permanentemente in unasemi-depressione; ma nell’abolire le depressioni e man-tenerci così permanentemente in una quasi-espansio-ne.26 Questa tesi dipende dalla concezione per cui alledepressioni economiche non si giunga per una distor-sione fra investimenti per cui una parte sono eccessivi,ma da una indebita diminuzione della domanda globa-le di consumi e di investimenti dovuta, spesso, a erroridi politica monetaria, consistenti nell’avere effettuato

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Prefazione

2266.. Keynes, General Theory, p. 322.

rialzi di tassi di interesse per moderare rialzi nei prezzi.Così Keynes scrive: «Attribuisco la depressione del1930 primariamente agli […] effetti del caro denaro, cheprecedette il crollo del mercato azionario [del 1929], esolo secondariamente al crollo stesso».27 La crisi del2008, con questo ragionamento, è dovuta al rialzo deltasso di interesse attuato dalla Federal Reserve di fron-te all’enorme rialzo del prezzo del petrolio e al raddop-pio del prezzo delle derrate alimentari sui mercati inter-nazionali, che stava generando un ciclo di aumento dellivello dei prezzi interni, ossia una spirale di inflazione,creata dall’eccesso di domanda, che, a sua volta, erastato causato dalla eccessiva espansione del credito alconsumo e di quello immobiliare a soggetti privi diadeguati criteri patrimoniali. E questi erano stati effet-tuati da banche dotate di scarsi risparmi propri, garan-tite da compagnie di assicurazione prive di adeguateriserve, ossia con una eccessiva creazione di monetabancaria. Per Keynes l’espansione monetaria non sem-bra creare inflazione e questa non sembra essere lacausa del rialzo dei tassi di interesse che egli vuole com-battere con l’espansione senza sosta della moneta.

Keynes ammette però che ci può essere una doman-da in eccesso, con pericolo di inflazione come quandoall’inizio della seconda guerra mondiale l’economiadovette essere spinta ad altissima velocità. Ma, in talecaso, invece di aumentare i tassi d’interesse il governodovrebbe incrementare le imposte, sino a ottenere unsurplus di bilancio, e mantenere inoperoso il denaroextra.28 E Keynes suggerisce di aumentare le tasse inmodo rilevante in anticipo sull’inflazione, in modo dacontrollarla.29 Ma non sembra rendersi conto dell’im-possibilità di aumentare le imposte progressive sul red-dito oltre un certo limite e di tassare i patrimoni senzaridurre il risparmio, che in tali casi scarseggia, e della

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Tutti gli errori di Keynes

2277.. Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 176. 2288.. Keynes, Times, in Collected Writings, vol. 21, p. 390. 2299.. Byrd Jones, “The Role of Keynesians in Wartime Policy and Postwar

Planning”, American Economic Review, pp. 127-128, citato in Skidelsky, Figh-ting for Britain 1937-1946, p. 121.

impossibilità di aumentare le imposte sui consumisenza che ciò generi rialzi di prezzi, che creano infla-zione. Per lui, il governo è un demiurgo che può mano-vrare a piacere le politiche fiscali e monetarie senza tro-vare limiti a ciò nel comportamento del mercato, che,comunque, può essere manipolato per ottenere i risul-tati desiderati.

Tuttavia, sostiene Keynes, l’espansione monetaria inperiodo di depressione, da sola, non basta a generareoccupazione, neanche con tasso di interesse pari a zero,perché se non c’è abbastanza domanda le imprese con-traggono la produzione e non hanno convenienza a farsiprestare denaro per aumentarla, in quanto gli investi-menti non rendono e non conviene farli neanche a tassozero. L’espansione monetaria, allora, risulta sterile, inquanto durante una depressione economica desideriamorisparmiare di più, perché temiamo di perdere il nostro lavoro.Ciò non fa altro che peggiorare le cose, perché i risparmiaggiuntivi hanno poca probabilità di trovare uno sbocconel settore degli investimenti. Questo denaro rimaneinutilizzato, il flusso monetario dell’economia rallentaulteriormente e la depressione economica si aggrava.Dobbiamo allora capire che, in tali circostanze, «quantopiù virtuosi siamo, quanto più risolutamente economi,quanto più ostinatamente ortodossi […] tanto maggior-mente dovranno calare i nostri redditi […]; con l’ostina-zione non può ottenersi che una sanzione, ma nessunaricompensa, giacché il risultato è inevitabile».30

5. Ecco così che entra in gioco la politica fiscale con ilbilancio in deficit per fare spese pubbliche, che costitui-scono un modo per consumare i risparmi in eccesso. Igoverni possono ottenere prestiti dai ricchi. Questoassorbirebbe il loro eccesso di risparmio. E, avendo presoa prestito il denaro, il governo potrebbe spenderlo,rimettendolo in circolazione e stimolando l’economia.Così, il governo diventerebbe quello che può essere defi-nito uno “spenditore di ultima istanza”. «Voglio costrui-

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Prefazione

3300.. Keynes, General Theory, p. 111.

re una società dalla quale vengano estirpate il più possi-bile le attuali disparità e le cause che le determinano».31

Ed ancora: «I difetti più evidenti della società economicanella quale viviamo sono l’incapacità a provvedere lapiena occupazione e la distribuzione arbitraria delle ric-chezze e dei redditi».32 In questa visuale da strumentoanticiclico la politica fiscale diventa strumento di inter-vento strutturale, con ambizioni di ricetta alternativa aquelle collettiviste, in particolare riguardo alla lotta con-tro la disoccupazione come lotta contro la povertà, chedovrebbe conservare, comunque, i divari sociali. In effet-ti del comunismo sovietico Keynes disse: «Come possoadottare un credo che, preferendo il gambo alla foglia,esalta il rozzo proletariato al di sopra della borghesia edell’intellighenzia, le quali, per quanti siano i loro difet-ti, sono l’essenza della vita e portano sicuramente in sé ilseme del progresso umano?».33

La tesi di Keynes per cui c’è un ruolo della politicafiscale non solo nel breve termine, ma anche nel lungotermine, appare in conflitto con la sua, tante volte citata,affermazione per cui nel lungo termine saremo tuttimorti.34 Ma è riduttivo considerare la fiscal policy keyne-siana come una mera strumentazione congiunturale.Abbiamo visto che Keynes ritiene che vi sia un eccessostrutturale di risparmi, un eccesso strutturale di risorseproduttive inutilizzate e un eccesso strutturale di altitassi di interesse. Questi tre eccessi, come si è osservato,sono in contrasto fra di loro perché, se il risparmio èabbondante, il tasso di interesse tende a scendere e nona salire, e se c’è un eccesso di risorse inutilizzate ciòdipende anche dal fatto che non ci sono adeguato inve-stimenti per utilizzare e specializzare il lavoro, per valo-rizzare le risorse naturali, per accrescere il progresso tec-nologico. Ma a questo ultimo proposito Keynes introdu-ce fattori di irrazionalità riguardanti gli operatori eco-

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Tutti gli errori di Keynes

3311.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 233.

3322.. Keynes, General Theory, p. 372.3333.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 300.3344.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 62.

nomici nell’economia di mercato, che comportano, ine-vitabilmente, di dare un giudizio negativo sulla suacapacità di generare crescita economica. Egli, infatti,sostiene che è probabile che un operatore resti deluso,35

in media, dai ritorni economici, soprattutto in rapportoalle speranze che li precedevano.36 Perché, allora, conti-nuano a voler giocare a questo gioco? Si suppone nonper freddo calcolo, ma piuttosto per spiriti animali.37

Purtroppo, gli spiriti animali dipendono dai «nervi e[…] dagli isterismi, e perfino [d]alle digestioni [dei gio-catori]».38 Ciò anche perché ci sono troppi speculatori egli speculatori possono non causare alcun male, comebolle d’aria in un flusso continuo d’intraprendenza; mala situazione è seria quando l’intraprendenza diviene labolla d’aria in un vortice di speculazione.39 «L’interosistema degli investimenti privati non è intelligente […]non è virtuoso […] e non mantiene gli impegni».40

Come nota Lewis, da ciò viene da concluderne che «ilcompito di determinare il volume corrente degli inve-stimenti non può, senza pericolo, lasciarsi in mano pri-vate».41 Ciò, per Keynes, non implica le imprese pubbli-che ma l’intervento dello Stato come un fattore equili-brante.42 Con questo, egli intendeva soprattutto che loStato avrebbe dovuto “incentivare” l’investimento qua-lora fosse stato troppo basso. In questo senso nel 1936,nella Teoria generale, disse di essere favorevole a «unasocializzazione di una certa ampiezza degli investi-menti».43 Ma, «anche così, rimarrà ancora largo campoall’esercizio dell’iniziativa e della responsabilità indivi-duale».44 Il che è importante per capire le simpatie –

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Prefazione

3355.. Keynes, General Theory, p. 150.3366.. Keynes, General Theory, p. 150.3377.. Keynes, General Theory, pp. 161-162.3388.. Keynes, General Theory, p. 162.3399.. Keynes, General Theory, p. 159.4400.. Keynes, New Statesman and Nation (1933), in Collected Writings, vol.

21, p. 239.4411.. Keynes, General Theory, p. 320.4422.. Keynes, General Theory, p. 220.4433.. Keynes, General Theory, p. 378.4444.. Keynes, General Theory, p. 379.

spesso ricambiate – di Keynes e dei keynesiani per ilmondo dei capitalisti. Come ebbe a riferire MichaelStraight, studente di economia di Cambridge, una voltaKeynes dichiarò che «il marxismo […] come concettoeconomico era inferiore persino alla sua reputazionesociale. Era un complicato pasticcio».45

Il deus ex machina per conciliare i due fenomeni del-l’azione pubblica e del mercato e, quindi, per fare sì cheuna condotta che può rendere povero un uomo possarendere «ricca una nazione»46 è il moltiplicatore dellaspesa pubblica in deficit, che genera domanda per leimprese del mercato. Esso può variare, ma, secondoKeynes, dovrebbe essere per lo meno tre o quattrovolte.47 Ciò serve per giustificare le spese pubbliche didubbia utilità, dato che non conta la qualità della spesa,ma il suo effetto tonificante sul mercato. In questa dot-trina c’è semplicismo macroeconomico e dilettantismocontabile. Una parte del moltiplicatore della spesa pub-blica, man mano che esso investe tutta l’economia, va acomparti in cui l’offerta è, soprattutto nel breve termi-ne, inadeguata. E da ciò nasce inflazione. Un’altra parteva a rimborso di debiti e a risparmi. Un’altra ad acqui-sti all’estero e i numeri del moltiplicatore così calano diparecchio e ridiventa importante capire se, in sè, quellaspesa pubblica è davvero utile.

Lewis critica l’economista neo-keynesiano PaulKrugman, premio Nobel per l’economia, che in un arti-colo del 2008 scrisse che la spesa per opere pubbliche inGiappone, negli anni Novanta, probabilmente evitò cheun’economia debole sprofondasse in una depressionevera e propria e aggiunse: «Vi sono, inoltre, motivi diritenere che lo stimolo attraverso la spesa pubblica fun-zionerebbe meglio negli Stati Uniti».48 Lewis ha ragionedi osservare che al contrario di quanto dice Krugman, visono anche importanti ragioni per aspettarsi che una

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Tutti gli errori di Keynes

4455.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 523.4466.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 334.4477.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 326.4488.. Paul Krugman, “What to Do”, New York Review of Books, 18 dicembre

2008, p. 8.

spesa volta a stimolare l’economia funzioni peggio negliStati Uniti, in quanto i giapponesi s’indebitarono con sestessi, e non in maniera pesante con i cinesi.

Lewis, inoltre, ha ragione quando critica il costosoprogramma del 2008 del presidente Obama di spesapubblica in deficit per la ricerca e la produzione di ener-gie alternative volte a ridurre la dipendenza americanadal petrolio straniero, in gran parte controllato dagoverni ostili, argomentando che è un’idea molto popo-lare, che però si riferisce a tipi di progetti che hannobisogno di molti anni per essere attuati correttamente.Egli osserva che «come regola generale, più l’investi-mento pubblico è affrettato, più è probabile che si dimo-stri uno spreco di denaro stanziato per soddisfare le esi-genze di determinati politici o riversato per favorire gliinteressi di gruppi di pressione o collegi elettorali».Anche questa osservazione è condivisibile.

Non mi sembra però condivisibile la tesi estrema diLewis per cui le spese per opere pubbliche e le infra-strutture oggettivamente utili, di cui c’è una richiestadiffusa, per risolvere problemi di inefficienza, non pos-sano essere accelerate, in una depressione, come misu-re per attenuarne le conseguenze negative. Uno degliargomenti che egli utilizza è che nel caso dei progettigovernativi degli Stati Uniti, in generale, solo un quar-to del denaro viene speso, in media, nello stesso anno incui il Congresso lo stanzia. Ma, come egli stresso rileva,una depressione economica, che deriva da errori disopra espansione e da una grave crisi bancaria, comequella del Giappone, può durare parecchi anni. Inoltre,le imprese possono resistere per un periodo di temponotevole, in una situazione di sottoccupazione dellapropria capacità produttiva, se hanno una prospettivafutura positiva, come, appunto, commesse pubblicheimportanti da loro acquisite. La finanza di progetto, incui i privati assumono lavori in opere e infrastrutturepubbliche, contando su quote di sovvenzione e su rica-vi che esse potranno dare, può superare le lungagginidegli appalti, mentre riduce la quota di spesa pubblicain tali opere pubbliche e infrastrutture. Ciò che, per

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Prefazione

altro, si deve tenere presente è che, in una recessione, èpiù facile effettuare spese in deficit per opere pubblichee infrastrutture per una nazione con un basso rapportofra debito e Pil che per una con un rapporto elevato,perché la prima ha molti meno vincoli a un aumento diindebitamento. Questo comporta che il deficit spendingpubblico è sostenibile nei periodi di bassa congiuntura,ma non come politica strutturale. Esso, dunque, ha unafunzione positiva, ma limitata nel tempo e nel quantum.Si può, dunque, convenire con Wilhelm Röpke che –come scrive con approvazione lo stesso Lewis – vuole«più stabilizzazione, meno stabilità».49 Le sue politicherivolte a ridurre le asperità della depressione, a conte-nere la disoccupazione e a sorreggere la ripresa nonvanno confuse con il ricettario keynesiano che, con lapromessa della stabilità, genera comportamenti diazzardo morale (cioè la tendenza a correre rischi scon-siderati) e che con gli interventi ad hoc per evitare di dis-sesti mantiene in funzione imprese che dovrebberoessere eliminate o completamente riorganizzate. Frie-drich von Hayek ha sintetizzato questi due concetti conla frase: «Tanto più cerchiamo di fornire piena sicurez-za interferendo con il sistema di mercato, quanto mag-giore diviene l’insicurezza».50 Röpke riassume tale con-cetto osservando che «il nostro sistema economico (inultima analisi) è disciplinato dalla bancarotta»:51 chicommette errori gravi e corre rischi eccessivi deve falli-re e questa prospettiva induce a essere prudenti.

L’economista keynesiano Paul Krugman, al contra-rio, critica l’idea che la recessione sia «una punizionenecessaria per sanare gli errori del boom economico».52

Un altro premio Nobel keynesiano Robert Solow sispinge anche oltre Krugman e afferma: «[Dire] che unarecessione estirpa imprese e pratiche inefficienti […] è

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Tutti gli errori di Keynes

4499.. Wilhelm Röpke, Economics of the Free Society, Chicago, Henry Regnery,1963, p. 219.

5500.. Friedrich Hayek, citato in Sanford Ikeda, Dynamics of the Mixed Eco-nomy: Toward a Theory of Interventionism, London, Routledge, 1997, p. 183.

5511.. Röpke, Economics of the Free Society, p. 248.5522.. Economist, 6 dicembre 2008, p. 94.

un po’ come dire che una peste […] ripulisce il patri-monio genetico».53 Il paragone è errato in quanto travi-sa ciò che accade in una recessione, quando il governoevita di effettuare il salvataggio degli operatori chedovrebbero fallire, avendo tenuto comportamentisconsiderati.

6. La terza tesi di Keynes, che Lewis analizza critica-mente, oltre a quella sul livello del tasso di interesse e aquella sul deficit spending, riguarda i salari. La tesi diKeynes si può compendiare in questa frase: «Conside-rata la natura umana e le nostre istituzioni, soltanto unosciocco preferirebbe una politica salariale flessibile aduna politica monetaria flessibile […]».54 Anche qui Key-nes commette l’errore di ragionare solo in terminimacroeconomici globali per grandi aggregati, in modomeccanicistico, e non in termini microeconomici, consi-derando le imprese operanti sul mercato nel loro realefunzionamento. A ciò si aggiunge il fatto che egli sem-bra considerare un’economia chiusa o un sistema eco-nomico internazionale in cui tutte le economie si trova-no, simultaneamente, in recessione.

I salari flessibili verso il basso, argomenta Keynes,minacciano anche i profitti delle attività economiche euna riduzione dei salari non può risolvere la questionedella disoccupazione. Ciò perché dobbiamo tenere benein mente che «la spesa di un uomo è il reddito di unaltro uomo».55 Il singolo imprenditore vedrà gli ovvigrandi vantaggi di una riduzione dei salari che devepagare.56 Ma non vedrà «altrettanto chiaramente glisvantaggi di cui soffrirà se le entrate monetarie dei suoiclienti vengono ridotte».57 Insomma, se la spesa dei con-sumatori cala con i salari, ci si troverà in una situazione

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Prefazione

5533.. Robert Solow, New York Review of Books, 14 maggio 2009, p. 6.5544.. Keynes, General Theory, p. 269.5555.. Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, in Collected Writings, vol. 21,

p. 145. 5566.. Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, in Collected Writings, vol. 21,

p. 145.5577.. Keynes, aggiunta al Macmillan Committee Report, in Collected Writings,

vol. 20, p. 289.

in cui crollano sia la spesa che i salari, in una spiraleviziosa verso il basso. E, secondo Keynes, se inizia que-sta spirale non c’è nessuna ragione teorica per la qualei salari non possano continuare a precipitare «illimita-tamente».58 La tesi che Lewis contrappone a Keynes èquella di Henry Hazlitt,59 secondo cui Keynes confondei saggi salariali nominali con i salari guadagnati in ter-mini reali. Se i prezzi scendono senza che i salariali ven-gano ridotti, argomenta Hazlitt, le imprese dovrannolicenziare dal momento che i loro costi del lavoro sonoaumentati, rispetto ai prezzi, in quanto i salari realisono maggiori. Dati questi licenziamenti i redditiaggregati dei lavoratori precipiteranno. Invece – conti-nuano Hazlitt e Lewis sulle orme di Arthur C. Pigou edi Don Patinkin – se si lascia che i salari scendano con iprezzi, i profitti saranno invariati perché lo saranno icosti unitari del lavoro e i lavoratori non saranno licen-ziati. Lo schema, analiticamente e in astratto, regge. Matrascura il fatto che le imprese, in genere, sono indebi-tate con le banche o con gli obbligazionisti e che, per-tanto, i loro oneri finanziari, con la discesa dei prezzi,aumentano. Lo stesso vale per le banche, che sono inde-bitate con i depositanti e con altri operatori. È vero chele imprese hanno un proprio capitale reale e che essoprima della discesa dei prezzi è necessariamente supe-riore ai debiti, in quanto diversamente non ci sarebbeun attivo patrimoniale. Ma questo capitale reale non èliquidabile in frazioni e, come conseguenza, le impresecon una rilevante discesa dei prezzi si troveranno incrisi di liquidità. Le banche dovrebbero, allora, soccor-rerle fidando nell’attivo patrimoniale dei clienti. Maesse, a differenza delle imprese, hanno, generalmente,un patrimonio molto inferiore ai loro debiti con i rispar-miatori e non saranno, perciò, in grado di effettuarequesti maggiori finanziamenti. La banca centrale dovràdare liquidità alle banche per finanziare le imprese, rile-

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Tutti gli errori di Keynes

5588.. Keynes, General Theory, p. 253.5599.. Henry Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, New York, D. Van

Nostrand, 1960, p. 5; Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”,New Rochelle (NY), Arlington House, 1978, p. 267.

vandone i prestiti fatti a queste e così, accrescendo laquantità di moneta, impedirà che i prezzi scendano. Sela banca centrale non lo facesse, le imprese e le banchefallirebbero per crisi di liquidità, sebbene in astratto sol-vibili. Un tale comportamento, da parte della bancacentrale, è illogico. Lo stesso Lewis lo ammette quandosi dilunga ad osservare che non bisogna considerare ilvalore di mercato del momento dei titoli, dovuto a unadomanda inaridita dalla crisi di liquidità, ma il lorovalore reale.

La via per la riduzione dei salari, allo scopo di com-battere la disoccupazione, non è questa. Lo stesso Lewisse ne rende conto e adotta una diversa linea, assai piùconvincente, per dimostrare che Keynes ha torto, quel-la dei rapporti sbagliati fra i vari prezzi e quella deimonopoli. Egli scrive:

Se un’economia arranca e la disoccupazione è elevata,questo significa che alcuni prezzi sono molto sbilan-ciati rispetto ad altri. Ad esempio, i salari potrebberoessere troppo alti in relazione ai prezzi, perché i prez-zi sono caduti sotto i primi colpi di una depressioneeconomica. Ma in tal caso il problema non sta in tutti isalari, né in tutti i prezzi.Alcune società e alcuni settori potrebbero andar bene,mentre altri potrebbero trovarsi in condizioni dispera-te. Ciò di cui c’è bisogno è un aggiustamento di speci-fici salari e specifici prezzi all’interno delle singolesocietà e, fra di esse, all’interno dei singoli settori, oltreche fra i diversi settori. Questi aggiustamenti non sonoun evento unico. Devono essere un qualcosa di conti-nuo, poiché ogni cambiamento ne porta un altro in unampio susseguirsi di feedback.In alcuni casi i salari e i prezzi dovrebbero aumentare.In altri sarebbe meglio che calassero. Un unico aggiu-stamento uguale per tutti non funzionerà mai e anzipeggiorerà solamente le cose. È come se Keynes consi-derasse l’economia alla stregua di un serbatoio d’ac-qua da riempire o svuotare fino al raggiungimento dellivello ottimale. Ma un’idraulica rozza di questo tiponon sistemerà, né coordinerà, proprio un bel nulla.Farà solo un gran pasticcio.

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Prefazione

Proseguendo su questa linea si può osservare che sec’è un’alta disoccupazione ciò dipende anche dalla rigi-dità dei salari, dovuta a fattori di monopolio nel merca-to del lavoro. In un regime di contrattazione salarialeflessibile, i salari nominali delle attività marginali scen-dono, favorendo così l’entrata nell’armata del lavoro dipersone che, diversamente, sarebbero rimaste disoccu-pate, in quanto le imprese e le famiglie e gli stessigoverni non avrebbero avuto convenienza a impiegar-le. D’altra parte i salari sono un costo non in astratto,ma in rapporto al lavoro con essi svolto e da ciò conse-gue che spesso i conti delle imprese, che hanno costi dellavoro eccessivi, si raddrizzano impiegando meglio ilavoratori, in modo da accrescere la loro produttività.

A queste due osservazioni si può obbiettare, conKeynes, che se la domanda è data, perché il reddito èdato, non si può accrescere la produzione con un incre-mento di occupazione a parità di produttività o con unincremento di produttività a parità di occupazione ocon tutte e due le modalità.

Ma ciò non è vero, con riguardo a molti servizi. Se ilsalario del personale di sevizio viene abbassato, moltefamiglie si avvarranno di servizi domestici. E il salarioche esse daranno alle baby sitter, alle badanti, alle col-laboratrici domestiche consentirà loro di comprare queiprodotti a cui quelle famiglie rinunciano. L’occupazio-ne e il reddito saranno aumentati. D’altra parte se iristoranti e gli alberghi possono impiegare un persona-le meno costoso, aumenteranno le persone che se neservono e la spesa dei salari che verranno pagati ainuovi occupati rimpiazzerà i consumi a cui hannorinunciato coloro che hanno accresciuto le loro spese inalberghi e ristoranti. Inoltre le riduzioni di costi unitaridelle imprese, dovute a incrementi di produttività nel-l’impiego del fattore lavoro, accrescendo i loro profittile indurranno a fare maggiori investimenti, a parità didomanda e, quindi, a chiedere maggiore credito allebanche e ciò genererà maggiore occupazione.

In regime di economia internazionale aperta, se unaparte delle economie del mondo non è in depressione,

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Tutti gli errori di Keynes

la riduzione dei prezzi dovuta a riduzione dei costi dellavoro accresce la convenienza ad esportare. E, neipaesi importatori, la riduzione dei prezzi delle impor-tazioni può rendere convenienti investimenti che diver-samente non lo erano. E così via. Questo ragionamentofunziona in una depressione, ma, ancora di più, per leeconomie in condizioni normali ai fini della crescitaeconomica e del pieno impiego. Ciò soprattutto se loStato, con le sue spese per la legge, l’ordine, l’istruzio-ne, le infrastrutture e gli altri compiti che gli sono pro-pri, consente che si sviluppi l’efficienza del mercato.Insomma, non la fiscal policy keynesiana, ma la finanzapubblica con le imposte, che ne sono il prezzo per ser-vizi pubblici che rendono più di quel che costano.

7. Forse la parte di maggiore interesse di questo librosta nella descrizione degli effetti perversi della dottrinakeynesiana di politica monetaria facile e di politicafiscale in deficit, nell’intreccio fra poteri economici epolitici, che, dopo avere prodotto la crisi, produconoanche gli interventi di salvataggio, avvallati in nomedella causa dell’occupazione.

Lewis fa notare che «durante l’autunno del 2008,grandi banche d’investimento come Goldman Sachs eMorgan Stanley divennero giuridicamente delle banchevere e proprie. Questo significò che tali società, essen-zialmente giganteschi hedge funds, poterono godere del-l’accesso permanente al denaro appena stampato dalgoverno e offerto loro ai tassi più bassi possibili, tassiche poco dopo scesero appena al di sopra dello zero.Tutto questo è assolutamente ironico. Nel momento incui molte società solide sulla “Main Street” stavano lot-tando per ottenere dei prestiti a tassi elevati, i maggiorispeculatori di Wall Street potevano attingere denarodirettamente dal governo e a prezzo stracciato».

Inoltre, prosegue Lewis, Hank Paulson, che era statoil capo di Goldman Sachs, divenne segretario al Tesoroe mise insieme un grosso fondo federale, denominatoTARP, che erogò alla società di Paulson 10 miliardi didollari.

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Prefazione

La somma più cospicua di denaro proveniente dalTARP, 173 miliardi di dollari, è andato all’AmericanInternational Group (AIG), un gigante del settore assi-curativo. Quando la società ebbe i primi problemi, pergestire la situazione Paulson scelse Edward Liddy, inprecedenza direttore di Goldman Sachs. Poiché l’AIGdoveva denaro ad altri soggetti, gran parte del salva-taggio andò ad altre società i cui nomi il governo sirifiutò di rivelare […]. Tuttavia qualche nome trapelòe si scoprì che quasi 13 miliardi di dollari del salva-taggio di AIG erano andati proprio alla GoldmanSachs.L’AIG, tra l’altro, era stata una delle principali finan-ziatrici delle campagne elettorali. Il secondo maggiorbeneficiario di questi fondi per gli anni 2003-2008 erastato il senatore Dodd; il primo, l’allora senatoreObama.Nell’autunno 2008, il segretario Paulson disposeanche che la Bank of America, beneficiaria di fondiTARP, salvasse la Merrill Lynch, gigante dell’investi-mento. […]L’allora capo della Merrill Lynch era stato in prece-denza capo della Goldman Sachs e quindi era un excollega di Paulson.

Sin qui l’intreccio fra discrezionalità dei politici edegli esperti repubblicani con il mondo degli affari. PoiLewis passa a quelli del governo democratico. «Quan-do si insediò l’amministrazione Obama, Timothy Geith-ner, presidente della New York Federal Reserve, bracciooperativo della Federal Reserve, assunse l’incarico pre-cedentemente ricoperto da Paulson. William Dudley, execonomista capo della Goldman Sachs, a sua voltasostituì Geithner alla New York Fed». E all’intreccio fragrandi banche, Tesoro e banca centrale si aggiungequello delle agenzie di rating:

L’accogliente club “Wall Street-Washington” di cuisopra ha molte diramazioni. Una di esse è il settoreriguardante le società di rating: Standard and Poor’s,Moody’s e Fitch. Queste società hanno svolto un ruoloimportante nel far scoppiare la bolla immobiliare, giu-

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Tutti gli errori di Keynes

dicando affidabili securities ipotecarie che poi si sonorivelate tutt’altro che sicure.Come hanno fatto queste società a ottenere così tantopotere nel mercato delle securities? Ecco la risposta:norme e regolamenti governativi proibivano l’acqui-sto (da parte di compagnie di assicurazione, banche,fondi operanti nel mercato monetario, eccetera) disecurities non valutate da queste aziende selezionate.In altre parole, il governo ha creato un cartello disocietà di rating. Dal momento che il cartello eraimmune dalla concorrenza, era più facile per WallStreet ottenere l’approvazione per prodotti finanziaridi dubbio valore, soprattutto considerando il fatto chela marea di titoli di questo tipo generava proventi perle stesse società.

Il commento di Lewis in chiusura di questo vividoritratto è che «il paradosso centrale del keynesismo èquello di voler “aggiustare” il sistema dei prezzi e deiprofitti sovvertendolo». Un commento appropriato acui vorrei aggiungere che il principale errore della dot-trina keynesiana forse non sta nelle sue ricette, ma neimedici che suggerisce, cioè gli “esperti” che operano inmodo discrezionale, per correggere gli errori che fa ilmercato con la sua mano invisibile, utilizzando taliricette. La mano visibile di questi esperti, che operanoal di sopra delle regole in nome della causa dell’occu-pazione sulla base del credo neo-keynesiano spacciatocome scienza, si intreccia inevitabilmente con quella deipolitici e con quella degli uomini d’affari. E ciò generamonopoli, crisi, interventi sbagliati per combatterle cheingigantiscono l’area di governo e generano deficit,debiti e instabilità.

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Prefazione

Tutti gli errori di Keynes

Perché gli Stati continuano a creare inflazione,bolle speculative e crisi finanziarie

Questo libro è dedicato a Henry Hazlitt,una persona degna di emulazione pervita, carattere e idee economiche.Si raccomanda caldamente la lettura ditutti i suoi libri, ma in particolare di TheFailure of the “New Economics” e di Econo-mics in One Lesson.

Parte primaIntroduzione

Come dovrebbe essere un’economia basata sul buonsenso? Cosa avrebbe da dire sul crollo del 2008, sullacrisi economica che ne è derivata, o su quale potrebbeessere la migliore risposta dinanzi a una crisi di questogenere? Potremmo cominciare rivolgendo questedomande a Timothy J. Kehoe, professore emerito dieconomia presso la University of Minnesota. Kehoe si èdefinito un «democratico da sempre e un elettore diObama». Egli ci dice che, «se nel breve termine non si èdisposti a compiere sacrifici, sul lungo termine ci siritroverà davanti a grandi sofferenze».

Ciò a cui si riferisce Kehoe, in particolare, è il pianodi salvataggio di alcune banche, di una gigantesca com-pagnia di assicurazione e di due società automobilisti-che, promosso dall’amministrazione Bush: «Il denaro èscomparso, è stato scandaloso. […] Le imprese impro-duttive devono morire».1

È un consiglio drastico, ma di buon senso. Non èforse meglio che le imprese solide acquistino asset aprezzi modici da società fallite, così da poterli renderenuovamente produttivi?

Poi, potremmo rivolgerci a Kenneth Rogoff, profes-

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Capitolo 1

Un’economia basata sul buon senso*

* Tutte le citazioni sono state tradotte dalle edizioni in lingua inglese utiliz-zate da Hunter Lewis. Per un elenco dei testi disponibili in edizione italianasi rimanda alla bibliografia posta al termine del presente libro. [NdT]

11.. Caroline Baum, intervista, Bloomberg News, 2 marzo 2009.

sore di politiche pubbliche ad Harvard ed ex capo eco-nomista del Fondo Monetario Internazionale. In meritoalla crisi economica del 2008 e alle sue conseguenze,egli sostiene che «siamo ricorsi troppo allo strumentodel prestito, è saltato tutto, e abbiamo risolto il proble-ma con un altri prestiti».2 Ovviamente Rogoff è ironico.Eppure, il suo potrebbe essere considerato un tentativod’immettere una nota di buon senso nel dibattito sullepolitiche economiche da adottare.

Esaminiamo la situazione. Durante gli anni Ottanta,Novanta e nei primi anni del ventunesimo secolo l’eco-nomia statunitense è cresciuta, ma l’ammontare dinuovo debito è cresciuto in modo molto più rapido,specialmente durante la bolla immobiliare. L’economi-sta Marc Faber trae questa conclusione di buon senso:«Quando la crescita del debito supera di gran lunga lacrescita del Pil [Prodotto interno lordo] nominale,prima o poi qualcosa deve cedere».3

In una simile situazione, non è forse contrario albuon senso ciò che ha fatto il governo degli Stati Uniti– vale a dire l’aver dato il via a un altro circolo viziosofatto di emissione di denaro, finanziamenti e indebita-mento? Si è preteso di curare i postumi di una sborniacon altro alcool.

E allora, fermiamoci un attimo. Abbiamo bisogno diaffrontare una questione importante. Il buon senso hadavvero qualche rilevanza per la politica economicanazionale e globale?4 Se un individuo, una famiglia oun’azienda vivono giorno per giorno, senza preoccupar-si del domani, spendendo più di quello che guadagnano,comprando cose di cui non hanno bisogno, non rispar-miando nulla, facendo investimenti folli e sconsiderati eindebitandosi più di quanto possano restituire, di certonon gli si può prescrivere come rimedio lo stesso male.Gli si consiglia l’astinenza. E le società e i governi sonoforse diversi? È stata l’economia a insegnarci che le rego-

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Tutti gli errori di Keynes

22.. Harvard Magazine, novembre-dicembre 2008, p. 60.33.. Marc Faber, Gloom, Boom, and Doom Report, marzo 2009, p. 4.44.. Si veda la nota di chiusura A.

le che si applicano a un individuo devono essere appli-cate anche alla società nel suo complesso.

Questo principio generale viene etichettato dai logi-ci come la “fallacia di composizione”. In questa parti-colare applicazione economica è comunemente deno-minato “paradosso del risparmio” di Keynes. Il ragio-namento è più o meno il seguente. Se uno spendaccio-ne si ravvede e inizia a risparmiare, va bene. Ma se tuttinoi blocchiamo le spese nello stesso momento, va male,perché l’economia ha bisogno del nostro denaro. Se iconsumi si bloccano, l’economia non si limita a crollare.Essa infatti continua a precipitare, perché l’economia dimercato non si auto-corregge. Tutto peggiora fino aquando il governo non comincia a spendere al postonostro. Una volta che questo accade, la caduta libera siferma, noi ci scuotiamo di dosso tutte le nostre paure einiziamo a spendere di nuovo.

Ci vuole però un po’ di tempo per abituarsi a questomodo di ragionare. Davvero l’atto del risparmio, virtuo-so per l’individuo, può essere così distruttivo per la socie-tà in generale? L’esperto economista keynesiano Peter L.Bernstein dice di sì. Nel luglio del 2008, pochi mesi primadel crollo dell’economia, ammoniva che, «se i consuma-tori americani si sforzassero in massa di risparmiare il 3,9per cento [almeno] del loro reddito esentasse, sarebbe undisastro per l’economia mondiale».5

Il presidente Bush sembrava d’accordo. Nel dicem-bre 2006, quando ormai dalla bolla immobiliare comin-ciava a fuoriuscire aria, consigliò alla gente di varcare laporta di casa e andare a «spendere di più».6 Sapevaanche che l’aumento della spesa doveva provenire daiconsumatori, in quanto la nuova maggioranza demo-cratica al Congresso era molto critica nei riguardi deldeficit nel bilancio del suo governo. In quel momento,non gli avrebbero consentito d’incrementare ulterior-mente il disavanzo di bilancio per stimolare l’economia.

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Un’economia basata sul buon senso

55.. Peter L. Bernstein, Economics and Portfolio Strategy, 15 luglio 2008.66.. Faber, Gloom, Boom, and Doom Report, p. 20. Le citazioni sulla bolla

immobiliare sono state raccolte da Fred Sheehan.

Scoppiata la crisi, a fine 2008, una maggioranza com-posta tanto da democratici che da repubblicani concor-dò sulla necessità di aumentare l’indebitamento e laspesa pubblica, per procedere ai vari salvataggi e sti-molare l’economia. Dinanzi ai critici conservatori, ilpresidente Bush spiegò le sue azioni nel seguentemodo:

Ho abbandonato i principi del libero mercato per sal-vare il sistema di libero mercato. […] Potete rimanereseduti lì a dire a voi stessi, «rimarrò attaccato ai mieiprincipi e spererò per il meglio», oppure intraprende-re le azioni necessarie a evitare il peggio.7

C’è da meravigliarsi. Come faceva Bush a sapere chele sue azioni erano necessarie, o che avrebbero evitato ilpeggio? Come poteva essere certo che non avrebberopeggiorato le cose, subito o nel corso del tempo?

Bush disse che si affidava ai consigli di Henry Paul-son, segretario al Tesoro, e Ben Bernanke, presidentedella Fed (Federal Reserve). A loro volta, Paulson e Ber-nanke si basavano sulle idee di John Maynard Keynes.Gregory Mankiw, economista di Harvard ed ex presi-dente del Council of Economic Advisors di Bush, oltreche autore di un manuale di economia di successo, erad’accordo su questa scelta:

Se ci si deve rivolgere a un economista per capire iproblemi di natura economica, non c’è dubbio chequello studioso debba essere John Maynard Keynes.Benché sia morto più di mezzo secolo fa, la sua anali-si delle recessioni e delle depressioni resta il fonda-mento della macroeconomia moderna.

Mankiw, poi, riassumeva la visione keynesiana dellerecessioni e delle depressioni: «Secondo Keynes, lacausa prima delle crisi economiche è una domandaaggregata insufficiente». E accennava al “paradosso del

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Tutti gli errori di Keynes

77.. Intervista alla CNN, citata in Weekly Standard, 2 febbraio 2009, p. 15;intervista con Cal Thomas, Washington Times, 12 gennaio 2009.

risparmio” keynesiano: «Per l’economia nel suo com-plesso […] le fasi di recessione non sono il momentomigliore per cercare di risparmiare qualcosa in più».Concludeva osservando che «i responsabili politici allaFed e al Tesoro [sia quelli nominati da Bush che quelliscelti da Obama] esamineranno [le risposte politiche]attraverso lenti keynesiane».8

Storicamente l’influenza di Keynes ha avuto alti ebassi. Durante la seconda guerra mondiale e il periodoimmediatamente successivo, Keynes fu enormementeinfluente. Nel 1947, un anno dopo la sua morte, l’emi-nente economista francese Jacques Rueff disse che «lafilosofia di Keynes è senza alcun dubbio la base dellepolitiche mondiali di oggi»,9 e la cosa rimarrà vera perun altro quarto di secolo.

Negli anni Settanta ci fu una forte inflazione chegenerò una sorta di reazione contraria. Alcuni ritenne-ro che le idee keynesiane fossero responsabili dellasituazione. Tuttavia, anche i maggiori critici di Keynes,come gli economisti Milton Friedman o Robert Mun-dell, mantenevano alcuni dei presupposti keynesiani.Keynes era rimasto comunque nell’aria che tutti respi-ravano e con la crisi del 2008 le sue politiche hannoritrovato vigore e successo, e riconquistato il centrodella scena.

In sostanza, il keynesismo è l’opposto di un’econo-mia basata sul buon senso. Non solo ci offre il “para-dosso del risparmio” ma, come vedremo, moltissimialtri paradossi. È complicato e tecnico. Per alcuni argo-menti si presenta in termini matematici. Dunque, lagran parte delle persone non cerca di comprendere dav-vero Keynes. Si affida agli altri. Come ha fatto il presi-dente Bush, e forse lo stesso presidente Obama, essi sisono basati sulla fiducia.

A seguito della crisi economica del 2008, però, que-

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Un’economia basata sul buon senso

88.. Gregory Mankiw, “Sunday Money”, New York Times, 30 novembre2008, p. 4.

99.. Jacques Rueff, in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Keynesian Eco-nomics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 239.

sto non è più accettabile, se mai lo è stato. Se l’interaeconomia globale deve seguire le prescrizioni di Key-nes, il che richiede l’emissione di più denaro, l’aumen-to della spesa, un maggior indebitamento, i salvataggi,tutte cose che vanno ad aggiungersi all’emissione didenaro, alle spese e all’indebitamento che precedevanola crisi, beh, allora abbiamo il dovere di provare a capi-re qualcosa di più sul ragionamento che sta alla base diqueste prescrizioni. Dobbiamo guardarle con un occhionuovo e critico.

Il punto da cui iniziare sono le parole stesse di Key-nes. Dal momento che poche persone lo leggono, è faci-le confondersi in merito a ciò che effettivamente disse.E poiché il suo nome ha acquisito un’autorità immen-sa, si ha la tentazione di attribuire a lui le nostre idee ele nostre interpretazioni. Un esempio di ciò è il tentati-vo da parte di alcuni repubblicani di descrivere i taglialle tasse come tagli keynesiani.10 In realtà, come saràchiaro dall’analisi, Keynes voleva creare dei deficit dibilancio tramite un aumento della spesa, e non con iltaglio delle tasse.11

Nella lettura di Keynes ci si imbatte in molti aspettiche lasciano perplessi. Nella sua Teoria generale, egliafferma che, di norma, le persone risparmiano troppo.E propone di affrontare questo presunto problemafacendo sì che il governo stampi nuova moneta, chesecondo lui dovremmo considerare come «risparmiogenuino».12 L’emissione di moneta, però, non ha moltoa che spartire con il risparmio. Comunque, anche seaccettassimo questa premessa, perché una maggiorequantità di questo nuovo “risparmio” dovrebbe contri-buire ad alleviare il presunto problema costituito pro-prio dal troppo risparmio delle famiglie?

Non cercheremo di risolvere questo paradosso,almeno non ora, ma accenneremo solo a quella parte di

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Tutti gli errori di Keynes

1100.. Matthew Continetti, “The Stimulus Trap”, Weekly Standard, 19 gennaio2009, p. 21.

1111.. Si veda la nota di chiusura B.1122.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and

Money, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 83.

soluzione che ha a che vedere con tassi d’interesse sem-pre più bassi, fino allo zero. Pensateci per un momento.I tassi d’interesse pari a zero. Di certo, non è un’idea dibuon senso.13

Quello che forse colpisce di più nel leggere per dav-vero Keynes è la totale mancanza di sostegno che dàalle sue idee. Certo, Keynes dà prova di essere unamente brillante e fertile, piena zeppa d’intuizioni, madobbiamo riconoscere che è solo questo ciò che ci offre,una serie di intuizioni e non una logica ragionata e con-catenata, né prove empiriche.

Quando il mondo ha risposto al crollo economico del2008 ponendo in essere un grande esperimento basatosulle linee guida della teoria keynesiana, la maggioranzadelle persone si è limitata a dare per scontato che la logi-ca stesse negli scritti dello stesso Keynes. Ebbene, non ècosì. Le politiche keynesiane sono ancora in gran partebasate su intuizioni e niente più, nonostante che alcunedi queste intuizioni siano state “vestite” con l’abito dellamatematica. È sconvolgente scoprire quanto questeintuizioni, contrarie al buon senso, siano in realtà ancheprive di un qualsiasi fondamento.

Negli anni Settanta a Harvard venne istituito uncorso intitolato “Il fallimento della fattualità”. Trattavadi Marx e Freud, ma avrebbe potuto includere ancheKeynes. Infatti, questi importanti pensatori ci presenta-no una “scienza” che è l’esatto opposto della scienza. Ineffetti, l’accettare le loro filosofie come fossero teoriescientifiche implicherebbe la completa sospensione ditutte le nostre facoltà di razionale scetticismo.

Con questo, non voglio in nessun modo denigrarel’intuizione. Keynes disse del grande scienziato IsaacNewton: «Immagino che la sua preminenza sia dovutaal fatto che i suoi muscoli dell’intuizione erano i piùforti e resistenti che un uomo abbia mai avuto».14 E suquesto ha ragione. L’intuizione sarà sempre la caratteri-

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Un’economia basata sul buon senso

1133.. Si veda la nota di chiusura C.1144.. John Maynard Keynes, Newton, the Man, in Collected Writings, vol. 10,

Essays in Biography, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1972,p. 365.

stica principale di un pensatore veramente creativo. Manon è sufficiente. Alla fine, le conclusioni vanno pre-sentate nel linguaggio della logica e della prova scienti-fica, proprio come le presentò lo stesso Newton, altri-menti rimangono nel campo delle mere speculazioni.

A volte si dice che le prescrizioni di Keynes in meritoa crisi economiche e depressioni possono anche non esse-re pienamente spiegate dai suoi libri, ma che sono statecomunque testate durante la Grande Depressione deglianni Trenta, e lì hanno trovato una dimostrazione empi-rica. Dopo tutto, il presidente Roosevelt non si è forseaffidato a Keynes? E non ci ha tirati fuori dalla GrandeDepressione? Discuteremo della Grande Depressioneanche altrove, in questo libro, ma la prima secca rispostaa entrambe le domande è “no”. No, il presidente Roose-velt non ha fatto molto affidamento su Keynes, benché lesue politiche siano state in larga parte keynesiane.15 E poiancora no, le politiche di Roosevelt non ci hanno liberatodalla Grande Depressione, che è continuata ancora undecennio, fino alla seconda guerra mondiale.

Si trovano molti libri che presentano le idee di Key-nes sotto una luce positiva. Alcuni sono davvero buonilibri e hanno il vantaggio iniziale di essere moltomeglio organizzati di quelli dello stesso Keynes. Invece,dalla parte opposta, fra i critici, mancano buoni libri.

Friedrich von Hayek, il principale critico di Keynesin Inghilterra e a lui contemporaneo, avrebbe dovutoscrivere una confutazione su vasta scala della Teoriagenerale. Disse che rimpiangeva di non averlo fatto, mache pensava che Keynes avrebbe presto cambiato opi-nione, e che quindi sarebbe stato uno spreco di tempo.Dal momento che Keynes cambiava spesso opinione,l’errore è comprensibile. Hayek scrisse comunque unabreve critica e come lui fecero molti altri economisti.

Il miglior volume con un orientamento critico versola Teoria generale di Keynes è di gran lunga quello diHenry Hazlitt, The Failure of the “New Economics”, pub-blicato nel 1959. Hazlitt fu un genio e un vero erudito:

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Tutti gli errori di Keynes

1155.. Si veda la nota di chiusura D.

giornalista, critico letterario, filosofo ed economistaautodidatta, scriveva di economia per il New York Timese Newsweek. Uno dei suoi libri, Economics in One Lesson,pubblicato nel 1946, vendette più di un milione di copiee rimane popolare ancora oggi.

Il libro di Hazlitt su Keynes è stato l’ispiratore diquesto mio volume. E allora perché, potreste chiedervi,c’è bisogno di un altro libro? Perché non rifarsi diretta-mente a Hazlitt?

La risposta è che Hazlitt, come un cane da cacciaall’inseguimento della preda, segue Keynes in ognicespuglio della sua Teoria generale. Keynes era davveromolto bravo a creare questi cespugli e rovi, e Hazlitt loseguiva ovunque, sbrogliando e confutando nel frat-tempo centinaia di errori e imprecisioni logiche, grandie piccole.

Si tratta davvero di un tour de force ed è difficileimmaginare che qualcun altro oltre a Hazlitt potesseavere la conoscenza, l’abilità e, soprattutto, la pazienzaper portare a termine un simile compito. Tuttavia, ènecessario portare i lettori anche su terreni tecnici, ripe-titivi e spesso aridi. Anche il lettore deve avere moltapazienza.

Nella sua introduzione, Hazlitt scrisse:

La mia prima idea era quella di fare un lavoro breve,analizzare le principali dottrine di Keynes così che illettore che avesse desiderato un’analisi critica avrebbepotuto trovarne una in forma breve e leggibile. Maquando mi sono accinto a un’analisi riga per riga, […]della Teoria generale […] ho […] scoperto […] un nume-ro talmente incredibile di errori, incoerenze, impreci-sioni, definizioni e termini mutevoli, ed evidenti erro-ri di fatto [che il libro è cresciuto].16

Questo mio libro, dunque, potrebbe essere intesocome l’opera che Hazlitt voleva inizialmente scrivere, oper lo meno un qualcosa che si muove su una linea

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Un’economia basata sul buon senso

1166.. Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, New Rochelle(NY), Arlington House, 1978, pp. 6-7.

simile. Non segue Keynes pagina per pagina, ma piut-tosto si concentra su alcuni argomenti chiave. Vuoleessere comprensibile per tutti i lettori, studenti di eco-nomia e non.

La Teoria generale non inizia con prescrizioni econo-miche. Comincia con la teoria economica e poi lenta-mente si insinua e si contorce, divagando e serpeggian-do, verso le prescrizioni economiche, la maggioranzadelle quali sono in fondo al libro. Qui seguiremo un’al-tra via, concentrandoci sulle prescrizioni di condotta.Viene discussa anche la Teoria, ma all’interno di un con-testo incentrato sulla pratica.

È un modo di procedere che risulta più chiaro per illettore di oggi. Ed è anche il modo in cui ragionava lostesso Keynes. L’economista John H. Williams, che loconosceva, disse che «fu la pratica, nel [suo] caso, cheportò alla Teoria»,17 e la gran parte dei loro contempora-nei era d’accordo. Anche il più autorevole biografo diKeynes, Robert Skidelsky, concorda: «Sapeva inventareuna teoria per giustificare ciò che voleva fare».18

Keynes è solo il primo di una razza che abbiamofinito col conoscere molto bene: l’imprenditore di poli-tiche pubbliche. Viveva di queste cose, erano il suo ossi-geno; amava essere consultato, cercato e addiritturatrattato come una celebrità dall’élite politica ed econo-mica. In tutta la sua vita di adulto, lavorò fino all’esau-rimento per soddisfare le richieste della stampa e deipolitici, assieme a quelle dei colleghi universitari edegli studenti.

Anche prima di Keynes gli economisti svolgevanoun certo ruolo nella vita pubblica, ma rimanevano lon-tani dall’azione. Erano come i profeti biblici degli anti-chi, apparivano di quando in quando a trasmettere laverità ai leader politici, ma a differenza degli antichiprofeti parlavano in modo tranquillo, attraverso artico-li e libri. Il lavoro dell’economista consisteva nel con-

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Tutti gli errori di Keynes

1177.. John H. Williams, in Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 285.1188.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior

1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 344.

centrarsi su quello che era il bene generale, non un inte-resse particolare, il bene dell’intera nazione o anche del-l’umanità nel suo complesso; e non solamente sul brevetermine, ma fino a dove riuscivano a vedere, anchenelle generazioni future. Questi economisti erano, piùdi ogni altra cosa, custodi del futuro.

Lo sguardo del politico, invece, è sempre fisso sullasuccessiva elezione, non sul lungo periodo. I politicinon accettavano di essere rimproverati da questo tipodi economisti a guardia del benessere pubblico, e quin-di erano cauti. Con Keynes tutto cambiò. Le linee didemarcazione iniziarono a divenire indistinte, gli eco-nomisti iniziarono a lavorare direttamente per i politicie i profetici custodi del futuro scomparvero del tutto.

Questo volume è stato scritto in cinque parti, dellequali la prima è costituita dalla presente introduzione.La seconda parte tenta di sintetizzare ciò che Keynesdisse effettivamente, affidandosi spesso a citazioni esat-te. Non vuole essere “un gesto di riconciliazione”, maha il solo scopo di presentare Keynes in modo onesto,facendo parlare lui stesso laddove possibile.

Il nostro obiettivo è quello di essere giusti, ma anchechiari. Lo stesso Keynes è spesso oscuro e contradditto-rio, anche solo a una prima lettura. In alcuni casi, un’a-nalisi molto dettagliata rivela che in realtà non si trattadi contraddizioni. Spesso, infatti, era semplicementesciatto, benché a volte sembri intenzionalmente pocochiaro, un po’ come l’ex presidente della Federal Reser-ve, Alan Greenspan, quando testimoniò davanti al Con-gresso. La poca chiarezza viene spesso utilizzata inpolitica, soprattutto laddove c’è una difficoltà logica danascondere o eludere.

Le argomentazioni di Keynes vengono presentatesenza interruzione in questa seconda sezione del volu-me, perché è il modo più giusto per presentarle, oltreche il modo migliore per capirle. Le stesse argomenta-zioni vengono poi riprese nella terza parte, a volte allalettera, ma solitamente in forma condensata, così dapoter essere suddivise, valutate, discusse e confutate:un lettore che non desideri leggere le idee di Keynes in

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Un’economia basata sul buon senso

modo completo e senza interruzioni può saltare laseconda parte e passare direttamente dalla prima allaterza parte. Viceversa, un lettore interessato solamentealle parole di Keynes può ignorare la terza sezione.

La quarta parte offre una visione un po’ più appro-fondita di Keynes, soprattutto dei suoi metodi di per-suasione. La quinta esplora la natura paradossale del-l’economia di Keynes e spiega anche il motivo per cuipossiede un grande potenziale per generare danni.

Si potrebbe obiettare che questo libro tratta solo diKeynes, e non degli studiosi keynesiani che sono venutiin seguito. Ci sono molte giustificazioni per questo. Inprimo luogo, Keynes è di per sé sufficiente per un libro.In secondo luogo, è lui che viene citato come la massimaautorità per quanto riguarda le politiche pubblicheincentrate sull’emissione di nuovo denaro, sull’indebita-mento, sulla spesa e sui salvataggi avvenuti dopo il crol-lo dell’economia del 2008. Dunque, per lo meno in que-sto libro, i riflettori saranno puntati solamente su di lui.

Passando ora alla seconda parte del libro, inizieremopresentando ciò che Keynes aveva da dire sul concede-re prestiti e sull’indebitarsi. Nelle mani di qualcun altropotrebbe risultare un argomento arido, ma quello che cidice Keynes, al contrario, è piuttosto sorprendente.

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Tutti gli errori di Keynes

Parte secondaCosa disse davvero Keynes

KEYNES SUL CONCEDERE PRESTITI E SULL’INDEBITARSI

1. Senza interventi pubblici, i tassi d’interesse sonoquasi sempre troppo alti

Come dice Keynes,

il saggio d’interesse non si adegua automaticamente allivello più vantaggioso per la società, ma tendecostantemente a salire troppo in alto.1 I saggi [d’inte-resse] sono stati [troppo alti] per la maggior partedella storia documentata.2

2. Questa è la ragione principale per cui l’umanità nonsi è ancora liberata dalla povertà

Che il mondo sia così povero di capitali accumulatidopo parecchi millenni di costante risparmio indivi-duale è una circostanza la cui spiegazione [sta nel]saggio d’interesse […] tenuto elevato.3

Saggi d’interesse elevati [sono] il principale impedi-

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Capitolo 2

Abbassare i tassi d’interesse

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 351.

22.. John Maynard Keynes, memorandum, Macmillan Committee Report, inJohn Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethin-king Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1981, p. 273. Si veda la nota di chiusura E.

33.. Keynes, General Theory, p. 242.

mento all’aumento della ricchezza [perché scoraggia-no il ricorso al prestito e, in tal modo, scoraggiano l’in-vestimento].4

3. Non c’è nessun buon motivo per cui i tassi d’inte-resse siano stati finora così elevati, con l’eccezione diqualche periodo, nella storia dell’umanità, né perchécontinuino a essere tali

Perché i tassi d’interesse tendono a essere più alti diquello che dovrebbero? In parte perché le persone«accumulano» denaro per paura, il che genera unapenuria di denaro disponibile per i prestiti, e quindi uninnalzamento dei tassi d’interesse.5 In parte perché ècostoso «portare in contatto il debitore e il creditore», eanche questo fa incrementare i tassi.6 Infine perchépotrebbe esserci «un ampio divario tra le idee di chipresta e quelle di chi prende a prestito»,7 con il risulta-to che i «possessori di ricchezza» semplicemente non«accettano» tassi inferiori.8

4. Il governo può e deve abbassare i tassi d’interesse aun livello più ragionevole

Se i «possessori di ricchezza» privati ritirano i lorofondi dal mercato dei prestiti o rifiutano di accettaretassi d’interesse ragionevoli, il governo può far sì che itassi d’interesse scendano, aumentando la «quantità» difondi disponibili al prestito.9 Ciò è possibile stampandonuovo denaro e rendendolo disponibile al prestito ban-cario.10 Più denaro è messo a disposizione, menodovrebbe costare:

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Tutti gli errori di Keynes

44.. Keynes, General Theory, p. 351.55.. Keynes, General Theory, pp. 174, 351.66.. Keynes, General Theory, pp. 208, 309.77.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money: The

Applied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1971, p. 339.

88.. Keynes, General Theory, p. 309.99.. Keynes, General Theory, pp. 167-168, 197-199, 268, 298.1100.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 5, A Treatise on Money:

The Pure Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1971, cap. 2. Il governo non stampa denaro in senso letterale. Si veda la notadi chiusura F.

Una variazione della quantità di moneta può già esse-re praticata dalla maggioranza dei governi. […] Laquantità di moneta […] unitamente alla [disponibilitàdel prestatore a prestare] determina il saggio d’inte-resse effettivo.11

5. I timori verso l’intervento pubblico nell’economia eper un aumento nell’ammontare di denaro circolantesono mal fondati

Il nuovo denaro stampato e immesso nel sistemabancario è

genuino precisamente quanto qualunque altro rispar-mio.12 [Dal momento che] il saggio d’interesse preesi-stente non possiede alcuna speciale virtù, [non vi èalcun] malanno [nell’abbassarlo tramite l’interventogovernativo].13

6. Se il governo riduce i tassi d’interesse, l’obiettivoultimo dovrebbe essere il livello “zero”

Ciò è sia fattibile che auspicabile. Tuttavia, è un’a-zione che non dovrebbe essere intrapresa in modorepentino:

Contesterei l’idea che una collettività governata conun certo giudizio […] debba essere in grado di abbas-sare fin quasi a zero, nel corso di una sola generazio-ne, l’efficienza marginale del capitale [e il saggio d’in-teresse].14

Alla fine, sempre che il governo fornisca una quan-tità inesauribile di capitale, coloro che prendono a pre-stito tale denaro non dovrebbero pagare un interesse néle imprese dovrebbero versare un dividendo:

Potremmo dunque mirare in pratica (poiché non vi ènulla di tutto questo che sia irraggiungibile) a un

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Abbassare i tassi d’interesse

1111.. Keynes, General Theory, pp. 167-168, 267-268.1122.. Keynes, General Theory, pp. 82-83.1133.. Keynes, General Theory, p. 328. Si veda la nota di chiusura G.1144.. Keynes, General Theory, p. 220.

aumento del volume di capitale finché questo non siapiù scarso, cosicché [il possessore di risparmi] nonriceva più un premio gratuito.15

Il possessore del capitale [è] senza finzioni. […] Puòottenere l’interesse perché il capitale è scarso […]. Ma[…] non vi sono ragioni intrinseche della scarsità delcapitale [dal momento che il governo può stampare edistribuire denaro].16 [Rendere il capitale liberamentedisponibile] può essere il modo più sensato di liberar-si progressivamente di molte tra le caratteristiche piùdiscutibili del capitalismo. […] Il redditiero [prestato-re o investitore ricco] scomparirebbe [così come] ilpotere oppressivo e cumulativo del capitalista di sfrut-tare il valore di scarsità del capitale.17

In quest’ottica, è un abominio il fatto che dei lavora-tori restino disoccupati, quando c’è moltissimo lavoroutile da fare, solo perché il capitale è reso artificialmen-te scarso, i tassi d’interesse troppo alti e di conseguenzagli investimenti troppo rischiosi. È solo

una disperata confusione.18

7. Il governo potrebbe far marcia indietro, e rialzaredeliberatamente i tassi d’interesse? No

Su questo argomento, come sulla gran parte degliargomenti, Keynes disse cose diverse a persone diversee in momenti diversi.19 Comunque, per lo meno nellaTeoria generale, Keynes si dichiarava nettamente contra-rio all’innalzamento dei tassi d’interesse. Era consape-vole del fatto che un boom economico fuori controllopuò portare all’inflazione, e che tassi d’interesse piùelevati possono essere utilizzati per smorzare il boom e

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Tutti gli errori di Keynes

1155.. Keynes, General Theory, p. 376.1166.. Keynes, General Theory, p. 376.1177.. Keynes, General Theory, pp. 221, 376.1188.. Keynes, programma della BBC, in Collected Writings, vol. 20, p. 325.1199.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 28, Social, Political, and

Literary Writings, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1982,pp. 391-393, 398. In questo caso, Keynes per lo meno tiene conto della pos-sibilità di un deliberato rialzo dei tassi d’interesse per contribuire a mantene-re calma l’inflazione.

quindi prevenire l’inflazione. Ma ritiene

straordinario

che una simile linea di pensiero

esista,

o, per lo meno, che qualcuno possa considerare l’in-nalzamento dei tassi d’interesse lo strumento migliorecon il quale combattere l’inflazione:20

Il rimedio all’espansione eccessiva non è un aumento,ma una diminuzione del saggio d’interesse! Giacchéquesta diminuzione può permettere alla cosiddettaespansione di durare. Il rimedio giusto per il ciclo eco-nomico non deve trovarsi nell’abolire le espansioni,mantenendoci così permanentemente in una semi-depressione; ma nell’abolire le depressioni e mantener-ci così permanentemente in una quasi-espansione.21

8. Fu il timore di un boom economico a spingere laFederal Reserve ad alzare i tassi d’interesse a livellitroppo alti già alla fine degli anni Venti. E ciò portòdirettamente alla Grande Depressione

Considero la depressione del 1930 primariamentecome […] un effetto del caro denaro, che precedette ilcrollo del mercato azionario [del 1929], e solo secon-dariamente fu generata dal crollo stesso.22

9. Le fasi di espansione economica dovrebbero essereaccolte con favore, non temute. Pensarla diversamen-te è un «serio errore»23

Di fronte alla maggior parte delle fasi espansive ilproblema è che gli uomini d’affari si fanno trasportareda un «eccessivo ottimismo» e fanno investimenti che

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Abbassare i tassi d’interesse

2200.. Keynes, General Theory, pp. 322n, 326.2211.. Keynes, General Theory, p. 322. Si veda la nota di chiusura H.2222.. Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 176. 2233.. Keynes, General Theory, p. 320.

non si ripagheranno, visto «il saggio d’interesse trop-po alto».24 Se abbassiamo i tassi d’interesse, queglistessi investimenti produrranno un ritorno soddisfa-cente. Dal momento che la razza umana è ancorapovera, dovremmo incoraggiare, e non scoraggiare,gli investimenti. Ci sarà sempre qualche «investimen-to mal diretto», perché le persone fanno errori, maquesto «si verifica […] anche quando non vi è alcunaespansione».25

La giusta conclusione è semplicissima:

Dovremmo evitarli [i tassi d’interesse elevati] come ilfuoco dell’inferno.26

10. L’inflazione è un «male»,27 ma è improbabile cheun boom porti a una «vera inflazione»28

I boom economici possono creare

strozzature

nelle quali il prezzo di alcuni prodotti aumenta.29 Manon possiamo

dichiarare che si sono stabilite condizioni d’inflazione

fino a quando la disoccupazione non è scomparsadel tutto.30

Joan Robinson, collega di Keynes all’Università diCambridge, sua collaboratrice, allieva e interprete, nel

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Tutti gli errori di Keynes

2244.. Keynes, General Theory, p. 322.2255.. Keynes, General Theory , p. 321.2266.. John Maynard Keynes, Times, 12-14 gennaio 1937, in John Maynard

Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Poli-cies in Britain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1982, p. 38; citato anche in Robert Skidelsky, John Maynard Keynes,vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 22.

2277.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 22, Activities 1939-1945:Internal War Finance, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1978, p. 281.

2288.. Keynes, General Theory, p. 303.2299.. Keynes, General Theory, p. 300.3300.. Keynes, General Theory, p. 303.

1937 scrisse, con l’approvazione dello stesso Keynes, unlibro nel quale esponeva la Teoria generale del propriomentore in termini semplici. E spiegò che

guerre e rivoluzioni hanno spesso determinato violen-te inflazioni, ma in tempo di pace e con [... una politi-ca] competente c’è poco da temere.31

Il vero problema è la disoccupazione, non l’inflazio-ne, poiché, come dice Keynes,

l’occupazione piena, o anche approssimativamentepiena, [è] un’eventualità rara e di breve durata.32

11. Nel raro caso in cui ci sia piena occupazione, esi-stono rimedi migliori dell’«imporre un saggio d’inte-resse alto»33

Invece di aumentare i tassi d’interesse, il governodovrebbe alzare le tasse, produrre un surplus di bilancioe non investire tale denaro “extra”.34 In casi estremi,come quando all’inizio della seconda guerra mondialel’economia dovette essere spinta ad altissima velocità, èinevitabile un po’ d’inflazione, ma Keynes suggerisce diaumentare le tasse in modo rilevante prima che l’infla-zione cresca, in modo da controllarla.35

12. Anche imposte progressive sul reddito, mediantele quali i ricchi pagano una quota più elevata, aiutanoa ridurre l’ineguaglianza economica:

I difetti più evidenti della società economica nellaquale viviamo sono l’incapacità a provvedere la piena

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Abbassare i tassi d’interesse

3311.. Joan Robinson, An Introduction to The Theory of Employment, London,Macmillan, 1937, p. 96; citato anche in Robert Skidelsky, John Maynard Keynes,vol. 2, The Economist as Savior 1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 603.

3322.. Keynes, General Theory, pp. 249-250.3333.. Keynes, General Theory, p. 321.3344.. Keynes, Times, in Collected Writings, vol. 21, p. 390. Si veda la nota di

chiusura I.3355.. Byrd Jones, “The Role of Keynesians in Wartime Policy and Postwar

Planning”, American Economic Review, pp. 127-128, citato in Skidelsky, Figh-ting for Britain 1937-1946, p. 121; si vedano anche pp. 43, 88-90, 503.

occupazione e la distribuzione arbitraria delle ricchez-ze e dei redditi.36

Keynes riteneva che elevate imposte sul reddito esulla successione avrebbero fatto molto per creare unasocietà economicamente più giusta. Ma i governi ave-vano esitato a procedere in questo senso perché i ricchisono i più bravi a risparmiare, e il loro risparmio servea finanziare i necessari investimenti.37 Il programma diKeynes di finanziamento degli investimenti con nuoveemissioni di denaro da introdurre nel sistema bancariocontribuisce a risolvere questo problema. Grazie a que-sta innovazione, la società non ha più bisogno di dipen-dere in modo così forte dai risparmi dei ricchi. Se cidovesse essere inflazione, l’economia può essere con-trollata tramite la tassazione, senza mettere a repenta-glio gli investimenti. In realtà, se il governo aumentas-se le tasse e ottenesse un surplus di bilancio, divente-rebbe esso stesso il principale risparmiatore.38

13. Se il governo stampasse una grande quantità didenaro e la immettesse nel sistema bancario, i tassid’interesse dovrebbero crollare. Ma se non dovesseroscendere abbastanza, sarebbero necessarie altre misu-re per stimolare gli investimenti

È possibile che il nuovo denaro a basso costo stam-pato dalle autorità di governo non riesca a far scenderei tassi d’interesse fino al

[livello] ottimale.39

Questo può accadere perché i «possessori di ricchez-za» che non sono stati ancora del tutto allontanati dallafunzione di prestatori potrebbero trovare «inaccettabi-le» la diminuzione dei tassi d’interesse e quindi potreb-bero riuscire a impedirne la riduzione. In tal caso,

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Tutti gli errori di Keynes

3366.. Keynes, General Theory, p. 372.3377.. Keynes, General Theory, p. 372.3388.. Si veda la nota di chiusura J.3399.. Keynes, General Theory, pp. 164, 243, 308-309.

lo Stato, che è in condizioni di calcolare […] in base aconsiderazioni a lunga portata e in vista del vantaggiosociale generale, [dovrà] organizzare direttamentel’investimento.40

14. Al momento, i governi nazionali devono intra-prendere tutte le azioni necessarie per abbassare itassi d’interesse e mantenerli bassi. Anche le istitu-zioni di portata globale possono assisterli in questocompito

Keynes sperava che quello che divenne noto comeFondo Monetario Internazionale in realtà potesse esse-re definito “banca”. E sperava anche che potesse agirecome una banca centrale globale, con il potere di emet-tere nuovo denaro e introdurlo nel sistema economicomondiale, allo scopo di ridurre i tassi d’interesse.41

15. Dovremmo portare rispetto all’«esercito di ereticie pazzi»42 che in epoche precedenti ha sostenuto l’ideadi tassi d’interesse più bassi

Nella Teoria generale Keynes riconosce di avere rin-novato e aggiornato

i primi pionieri del pensiero economico nel sedicesimoe diciassettesimo secolo [generalmente noti come]mercantilisti.43

Il che è ironico, perché i maestri di Keynes in GranBretagna, e lui stesso a inizio carriera, consideravano ilmercantilismo come un «errore» noto ormai da moltotempo.44 Ora Keynes ravvisa un

elemento di verità scientifica nella dottrina mercantili-sta [soprattutto per quanto riguarda l’idea che] unsaggio d’interesse indebitamente alto fosse il massimoostacolo all’aumento della ricchezza [e per la] profon-

75

Abbassare i tassi d’interesse

4400.. Keynes, General Theory, p. 164.4411.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, pp. 227, 247, 255, 302-303.4422.. Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 193.4433.. Keynes, General Theory, p. 340.4444.. Keynes, General Theory, p. 334.

da preoccupazione di tener basso il saggio d’interesse[…] conservando la scorta interna di moneta.45

Oltre che nei confronti dei mercantilisti, Keynes rico-nosce il proprio debito anche verso l’economista Tho-mas Malthus (1766-1834), alcuni altri economisti, eaddirittura figure del ventesimo secolo, come SylvioGesell e il maggiore C.H. Douglas, che in precedenzaaveva liquidato come

fanatici.46

Nella Teoria generale descrisse Gesell, noto per aversuggerito di stampare denaro il cui valore si sarebbeannullato se non speso entro una specifica data, come un

immeritatamente trascurato profeta, [la cui] operacontiene sprazzi di profonda penetrazione.47

E un po’ ambiguamente lodò Douglas, un altrosostenitore del cosiddetto denaro facile, dicendo chenon era stato

cieco del tutto di fronte al problema preminente delnostro sistema economico.48

Keynes chiama tutte queste persone il suo

coraggioso esercito degli eretici,49

definizione nella quale include, felicemente, anchese stesso.

76

Tutti gli errori di Keynes

4455.. Keynes, General Theory, pp. 335, 341.4466.. Keynes, General Theory, p. 353.4477.. Keynes, General Theory, p. 353.4488.. Keynes, General Theory, p. 371.4499.. Keynes, General Theory, p. 371.

KEYNES SULLA SPESA E IL RISPARMIO

1. Per ripetere cose ovvie, il consumo è l’unico scopo efine di tutta l’attività economica1

Con questo Keynes non intende il consumo in ungenerico futuro. Intende il consumo immediato. È piut-tosto facile perdere di vista questa verità fondamentale:

L’uomo “impegnato” tenta sempre di assicurare allesue azioni un’immortalità spuria e illusoria […]. Nonama il suo gatto, ma ne ama i gattini e tutta la lorogenerazione fino a che esisterà la stirpe dei gatti. Percostui la marmellata non è marmellata a meno che nonsi tratti della marmellata di domani, mai di oggi.2

2. I capitalisti del diciannovesimo secolo trasformaro-no l’abnegazione personale e la frugalità in una sortadi religione. Ma era una religione basata su un«inganno o illusione»3

Da una parte, le classi lavoratrici […] potevano defini-

77

Capitolo 3

Spendere di più, risparmiare menoe diventare più ricchi

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 104.

22.. John Maynard Keynes, “Economic Possibilities for Our Grandchildren”,in Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton, 1963, p. 370.

33.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, p. 19.

re come propria una parte molto piccola della tortache loro stessi e la Natura avevano cooperato per pro-durre. Dall’altra parte, alle classi capitaliste era con-sentito definire come propria la parte migliore dellatorta ed erano teoricamente libere di consumarla, conla tacita condizione sottostante che ne consumasseropoca. Il dovere del “risparmio” divenne i nove decimidella virtù e la crescita della torta l’oggetto della verareligione. […] E così la torta crebbe; ma a quale finenon era chiaro. […] I risparmi erano per la vecchiaia oi figli; ma questo solo in linea teorica – la vera virtùdella torta era che non doveva mai essere consumata,né da voi, né dai vostri figli dopo di voi.4

3. Il cristianesimo ha preso per mano la religione seco-lare del risparmio

Leader religiosi come John Wesley, fondatore delmetodismo, predicavano: «Risparmiate più che pote-te».5 Così, ci spiega Keynes,

morale, politica, letteratura e religione dell’epoca con-vergevano in una “grande congiura” per sollecitare ilrisparmio. Dio e Mammona si riconciliavano. Pace interra agli uomini di buone proprietà. Il ricco potevafinalmente entrare nel regno dei cieli, purché rispar-miasse.6

Gli economisti “classici” (del diciottesimo, deldiciannovesimo e in qualche caso anche del ventesimosecolo) svolsero un ruolo cruciale nella veste di sacer-doti secolari con le loro spiegazioni e la loro difesa deldogma del risparmio.

Sì, dicevano, spendere è necessario per far funziona-re l’economia. Quando il fornaio compra la verdura dalfruttivendolo, il fruttivendolo riceve il denaro con cuicomprare il pane dal fornaio. Ma il risparmio era una

78

Tutti gli errori di Keynes

44.. Keynes, The Economic Consequences of the Peace, pp. 19-20. 55.. Amy Kass, Giving Well, Doing Good: Readings for Thoughtful Philanthro-

pists, South Bend (IN), Indiana University Press, 2008, citato in Weekly Stan-dard, 26 maggio 2008, p. 47.

66.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 84-85.

forma di spesa diversa, e molto speciale. Quandorisparmiamo, il denaro non scompare. Viene speso nel-l’ampliare la propria attività, rendendola più efficiente.Se lavoriamo sodo, produciamo e risparmiamo, potre-mo godere di un’abbondanza di prodotti migliori, inmaggiore quantità e a minor prezzo.

Con il passare del tempo, questa combinazione spri-gionerà la sua magia. Se il risparmio e l’investimentopermettono alla produzione di crescere anche solo del 3per cento annuo, la produzione raddoppierà in 25 anni.Nell’arco di una vita potrebbe triplicarsi. Ogni volta cheraddoppia, si elimina un po’ di povertà. Nell’arco dellavita dei nostri figli potremmo sperare di eliminare deltutto la povertà. Inoltre, se seguiamo i semplici principidel lavoro, della produzione e del risparmio, possiamoottenere la piena occupazione e possiamo farlo senzacrolli e recessioni economiche.

È un racconto molto attraente e ci si deve sorpren-dere del fatto che, come disse Keynes, il culto delrisparmio

abbia conquistato completamente l’Inghilterra comel’Inquisizione conquistò la Spagna.7

Sfortunatamente, ci dice Keynes, la storia raccontatadagli economisti “classici” è solamente una favola. Nonrispecchia ciò che accade nella realtà. Nella vita reale, lapovertà non viene eliminata. Siamo assediati dalla dis-occupazione. Siamo assillati dalle recessioni economi-che. Dunque, è chiaro che c’è qualcosa di fortementesbagliato in quello che gli economisti classici ci hannoraccontato.8

4. L’errore principale della visione “classica” è che ilrisparmio potrebbe non essere incanalato in pieno eagevolmente verso un ampliamento del flusso d’inve-stimento

79

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più ricchi

77.. Keynes, General Theory, p. 32.88.. Keynes, General Theory, p. 26.

Se i risparmi vengono investiti agevolmente e nellaloro interezza, la società prospererà. Ma è proprio que-sto il punto: non esiste la certezza che i risparmi venga-no investiti.

Forse i risparmiatori vorranno tassi d’interesse trop-po alti, superiori a quelli che i proprietari delle aziendepossono pagare.9 Forse i titolari o i manager non hannoquella fiducia o quella convinzione necessarie per ricor-rere al prestito e investire. Forse il risparmiatore deci-derà semplicemente di non rendere disponibile al pre-stito il proprio denaro e si limiterà ad accumularlo.Come osservò Keynes,

un atto di risparmio individuale significa, per cosìdire, una decisione di saltare il pranzo di oggi; ma nonrichiede necessariamente una decisione di pranzare odi comperare un paio di scarpe fra una settimana o fraun mese [o d’investire ciò che non è stato speso].10

È

assurdo

pensare che l’investimento venga incrementato diuna sterlina, o di un dollaro, per ogni sterlina, o perogni dollaro, non spesi in consumi.11

5. Non dobbiamo ingannare noi stessi pensando cheun divario fra risparmio e investimento (tropporisparmio, troppo poco investimento) sia un eventoraro, o improbabile

Al contrario:

In tutta la storia umana vi è stata una cronica e ten-denziale propensione al risparmio ben più forte del-l’incentivo a investire.12

80

Tutti gli errori di Keynes

99.. Keynes, General Theory, p. 309.1100.. Keynes, General Theory, p. 210.1111.. Si veda la nota di chiusura K.1122.. Keynes, General Theory, p. 347.

E la cosa è divenuta sempre più un problema, manmano che le società sono progredite.

Sappiamo tutti che il diventare ricchi rende più faci-le il risparmio. Allo stesso modo, una società ricca tendea risparmiare di più di una società povera. Quando cre-scono i risparmi, cresce anche il divario fra essi e l’in-vestimento.

6. Durante una depressione economica desideriamorisparmiare di più, perché temiamo di perdere ilnostro lavoro

Ciò non fa altro che peggiorare le cose, perché irisparmi aggiuntivi hanno poca probabilità di trovareuno sbocco nel settore degli investimenti. Questo dena-ro rimane inutilizzato, il flusso monetario rallenta ulte-riormente e la depressione economica si aggrava.13 Dob-biamo allora capire che, in tali circostanze,

quanto più virtuosi siamo, quanto più risolutamenteeconomi, quanto più ostinatamente ortodossi […]tanto maggiormente dovranno calare i nostri redditi[…]; con l’ostinazione non può ottenersi che una san-zione, ma nessuna ricompensa, giacché il risultato èinevitabile.14

7. Ci sono modi migliori e modi peggiori per affron-tare il problema dell’eccesso di risparmio (Inizieremocon alcuni dei peggiori)

Possiamo sperare che vi sia

una disoccupazione sufficiente a mantenerci tantopoveri […] e che il tenore di vita sia abbastanza mise-revole per ridurre a zero il risparmio.15

Diversamente, potremmo sperare che i

milionari [smettano di risparmiare e] trovino soddi-

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più ricchi

1133.. Si veda la nota di chiusura L.1144.. Keynes, General Theory, p. 111.1155.. Keynes, General Theory, pp. 105, 217-218.

sfazione [nell’usufruire dei propri risparmi] costruen-do magnifici palazzi per ospitare i loro corpi finchésono in vita e piramidi per accoglierli in seguito,oppure che, pentendosi dei loro peccati, erigano catte-drali o elargiscano somme a monasteri […].16

E possiamo fare affidamento sull’imprevisto:

[Nella storia, i disastri naturali come] i terremoti, per-fino le guerre possono servire ad accrescere la ricchez-za [grazie al ricorso ai risparmi].17

Possiamo presentare istanza ai governi, anche aquelli completamente votati ai principi del libero mer-cato (laissez-faire), affinché riempiano

di biglietti di banca vecchie bottiglie, le sotter[rino] auna profondità adatta in miniere di carbone abbando-nate, e queste [vengano] riempite poi fino alla superfi-cie con i rifiuti delle città, e si [lasci] all’iniziativa pri-vata, […], di scavar fuori di nuovo i biglietti […].18

Come dice Keynes, sarebbe

più sensato costruire case e simili [… Ma] l’analogiafra questo espediente [quello dello scavare alla ricercadelle banconote] e l’estrazione dell’oro è completa [edentrambi costituiscono un modo per consumare irisparmi in eccesso].19

8. Ovviamente ci sono metodi migliori per ridurrel’ammontare dei risparmi inutilizzati

Uno di questi è che i tassi d’interesse si riducanospontaneamente fino al punto che le attività economi-che possano permettersi di prendere a prestito tutto ildenaro disponibile. Come abbiamo visto in precedenza,i risparmiatori possono cercare di bloccare questa stra-

82

Tutti gli errori di Keynes

1166.. Keynes, General Theory, p. 220.1177.. Keynes, General Theory, p. 129.1188.. Keynes, General Theory, p. 129.1199.. Keynes, General Theory, p. 129.

tegia rifiutando di ridurre il tasso d’interesse al di sottodel livello che essi considerano accettabile. In tal caso, ilgoverno può scavalcare il problema stampando nuovodenaro e immettendolo nel mercato del credito. Questodenaro andrebbe ad aggiungersi al totale dei “rispar-mi” disponibili, ma se i tassi d’interesse vengono abbas-sati in modo sufficiente, il denaro in più non dannegge-rà il sistema. A un tasso d’interesse sufficientementebasso, il denaro disponibile verrà usato completamentedagli investitori.

Un’alternativa alla riduzione dei tassi d’interesse(ma che permette comunque d’incrementare gli investi-menti) per ridurre i risparmi inutilizzati è quella di

consumare […] di più [vale a dire, spendere di piùcome consumatori, così da risparmiare meno] oppurelavorare […] meno [vale a dire, ridurre il nostro reddi-to e dunque la nostra capacità di risparmio].

Keynes sostiene che questa strategia funziona

altrettanto bene dell’aumento dell’investimento.20

Un modo pratico per far sì che la società consumi dipiù è quello di tassare i ricchi con aliquote maggiori eridistribuire la ricchezza a coloro che ne hanno bisogno,così da poter garantire che il denaro venga speso.21 Seteniamo ben presente che

lo sviluppo della ricchezza, lungi dal dipendere dal-l’astinenza dei ricchi, come in generale si suppone, néè probabilmente ostacolato,22

capiremo che le «imposte di successione», così comedelle aliquote progressive, aiuteranno la società a pro-sperare.

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più ricchi

2200.. Keynes, lettera al poeta T. S. Eliot, in Robert Skidelsky, John Maynard Key-nes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 279.

2211.. Keynes, General Theory, pp. 372-373.2222.. Keynes, General Theory, p. 373.

E se i ricchi riuscissero a bloccare politicamente leimposte di successione e una elevata tassazione del red-dito? In tal caso, i governi possono ottenere prestiti dairicchi. Questo assorbirebbe il loro eccesso di risparmio.E, avendo preso a prestito il denaro, il governo potrebbespenderlo, rimettendolo in circolazione e stimolandol’economia. Così, il governo diventerebbe quello chepuò essere definito un “consumatore di ultima istanza”.

Ma questo riferimento alla spesa pubblica ci portaun po’ troppo in là. Prima di prendere in considerazio-ne il suo ruolo, ci concederemo una momentaneadigressione per discutere dei valori personali di Key-nes, e di come essi influenzino e rispecchino la sua eco-nomia.

84

Tutti gli errori di Keynes

Una persona che fece visita a Keynes nella sua dimo-ra di Londra raccontò di aver trovato lui e la moglie, laballerina Lydia Lopokhova, in un momento di grandeilarità. Keynes cercava d’istruirla sulla logica della tri-nità cristiana, e lei fingeva di essere una sua studentes-sa incapace di capire.1

La satira e la parodia intellettuale piacevano molto aKeynes. La religione organizzata, con le sue «supersti-zioni» e le sue «formule magiche», era uno dei suoiobiettivi preferiti.2 Keynes era stato

allevato all’aria libera, sottratto dagli oscurantismireligiosi.3

Sul comunismo sovietico disse:

Dire che il leninismo è la fede di una minoranza di fana-tici che perseguitano e fanno proseliti, guidati da ipocri-ti, significa dire, né più né meno, che è una religione.4

85

Capitolo 4

L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

11.. L’autore si scusa per la mancanza di riferimenti bibliografici per questacitazione. L’episodio è stato riportato in un libro letto molto tempo fa e laricerca di una citazione diretta si è dimostrata infruttuosa.

22.. John Maynard Keynes, My Early Beliefs, in John Maynard Keynes, Col-lected Writings, vol. 10, Essays in Biography, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1972, p. 446.

33.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, p. 298.

44.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 298.

Ci si chiede allora cosa avrebbe pensato Keynes(nominato Lord) del servizio commemorativo tenuto insuo onore nel 1946, una cerimonia molto tradizionalecon antiche preghiere e inni anglicani, svoltasi nell’Ab-bazia di Westminster, alla quale parteciparono i grandidella terra, fra cui molti primi ministri.

La satira di Keynes a volte degenerava in qualcosache assomigliava alla derisione e allo scherno, ma nonaveva lo scopo di ferire. Voleva essere divertente. Key-nes deprecava la seriosità e apprezzava la leggerezza;per esempio, disse di alcuni autori inglesi minori delsedicesimo o diciassettesimo secolo che erano

sciocchi e nevrotici proprio come immagino.5

Un economista di Cambridge, Dennis Robertson, siriferì al collega come a un «diavoletto».6 Un altro econo-mista lo definì «enfant terrible».7 Ma erano solo delle pro-spettive parziali. Il «diavoletto» o «enfant terrible» potevaanche diventare solidale, autoritario, dominante o com-battivo. Il Keynes combattivo una volta osservò che

di fronte a noi, a ostruire il cammino, vi sono soltantoalcuni vecchi signori, rigidamente stringati nelle lorofinanziere, che hanno bisogno di nient’altro che diessere trattati con un po’ di amichevole irriverenza emandati all’aria come birilli. Molto probabilmente lacosa piacerà pure a loro, quando avranno superato iltrauma.8

I ricchi inglesi del ventesimo secolo erano moltoappassionati di circoli, e anche Keynes apparteneva amolte di queste associazioni, di carattere sia formaleche informale. Nel 1903, divenne membro degli Apost-

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Tutti gli errori di Keynes

55.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 169.

66.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 475.

77.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 423.88.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 125.

les, un’organizzazione segreta di studenti di Cambrid-ge. Assieme al suo compagno di club Lytton Stracheycontribuì a creare quello che divenne noto come ilBloomsbury Group, un assortimento d’intellettualibohémien e non conformisti che condividevano unamentalità simile, fra i quali vi erano anche i pittoriVanessa Bell e Duncan Grant, così come la scrittriceVirginia Woolf e, anche se un po’ più distaccato, Mor-gan Forster.

Per molti anni Keynes fece parte anche del MemoirClub, che vedeva fra i suoi membri numerose persona-lità controverse del Bloomsbury. Un saggio intitolatoMy Early Beliefs, preparato per il gruppo e letto ad altavoce in una sera del 1938, racconta di come i giovani“Apostoli” avessero rifiutato completamente i valoritradizionali, soprattutto quelli dei genitori e dei nonnivittoriani:

Ripudiammo completamente la morale, le convenzio-ni ordinarie e il sapere tradizionale. Eravamo, nelsenso stretto della parola, degli immoralisti, per cosìdire. Le conseguenze dell’essere scoperti, ovviamente,dovettero essere tenute in considerazione. […] Ma nonriconoscemmo alcun obbligo morale su di noi, nessu-na sanzione interiore alla quale conformarsi e obbedi-re. [Altri possono nutrire nei confronti di ciò] un giu-stificabile sospetto. Tuttavia, per quanto mi concerne,è troppo tardi per cambiare. Io rimango, e rimarròsempre, un immoralista.9

All’epoca in cui aveva scritto queste parole, Keynessoffriva già di problemi al cuore. La presentazione delsaggio richiese uno sforzo da parte sua, soprattuttoperché il testo era molto sentito, e alla fine dovetteessere riaccompagnato nella sua stanza a riposarsi,mentre la moglie serviva sandwich al prosciutto e dolcicaldi agli ospiti.10

Keynes era un uomo immorale? Il fratello Geoffrey,

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L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

99.. Keynes, My Early Beliefs, pp. 446-447, seconda nota.1100.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 18.

dopo la sua morte, cercò di bruciare talune lettere«incriminate»,11 ma la corrispondenza con Lytton Stra-chey e altri si è conservata. In essa vi si ritrova un’os-sessione giovanile per il sesso e un linguaggio sessual-mente esplicito, entrambi segni di un allontanamentonetto dai mores vittoriani, oltre che moltissime discus-sioni sulla «sodomia più elevata e più bassa», che cul-minano nella rivalità fra Keynes e Strachey per le atten-zioni di Duncan Grant.12

Anche prima che queste lettere venissero alla luce, ilBloomsbury in generale divenne famoso per gli scambidi partner, omosessuali, eterosessuali o bisessuali. Ini-zialmente, la finalità non era il mero piacere.13 Poi que-sto prese piede, ma non eliminò mai il nobile zelo ori-ginario volto a ridisegnare il mondo, prima nella dire-zione della libertà sessuale e poi al di là di essa. Per lamaggior parte della gente del Bloomsbury, questo “al dilà” significava il mondo dell’arte, della letteratura edella cultura; per Keynes significava anche il mondodegli affari e della vita pubblica.

Questa sua diversità portò a un conflitto non solo fraKeynes e i suoi amici, ma anche nel mondo interioredello stesso Keynes. Durante la prima guerra mondiale,egli ebbe un incarico al Tesoro che lo mantenne al ripa-ro dalla strage che consumò gran parte della sua gene-razione, ma scrisse a Duncan Grant,

lavoro per un governo che disprezzo e per scopi cheritengo criminali.14

In un’occasione, si rivolse al gruppo di studentidegli “Apostoli”, a Cambridge, chiedendo:

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Tutti gli errori di Keynes

1111.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 493.1122.. Michael Holroyd, Lytton Strachey: The New Biography, New York, W.W.

Norton, 2005, p. 105.1133.. Keynes, My Early Beliefs, p. 441.1144.. Paul Levy, “Bloomsbury Group”, in Milo Keynes (a cura di), Essays on

John Maynard Keynes, New York, Cambridge, 1975, p. 69; anche in PaulJohnson, Modern Times: The World from the Twenties to the Eighties, NewYork, Harper & Row, 1983, p. 30.

Vi è un confratello [Apostolo] che non preferirebbeessere uno scienziato piuttosto che un uomo d’affari,un artista piuttosto che uno scienziato?15

Nel tempo, Keynes divenne ricco grazie ai suoi inve-stimenti. La cosa non fu affatto accidentale. Desideravadavvero diventare ricco, si diede moltissimo da fare perriuscirvi, perse tutto una prima volta e quasi tutto unaseconda, all’inizio della Grande Depressione, ma siriprese in entrambe le occasioni e morì multimilionario,stando ai valori monetari di oggi. Questo stesso succes-so finanziario, però, poneva un problema. Gli “Aposto-li”, prima, e i membri del Bloomsbury, poi, provavanodisprezzo nei confronti del denaro. Come disse Keynes:

Il movente e il criterio economico erano in una posi-zione […] meno centrale nella nostra filosofia che inquella di san Francesco d’Assisi, che almeno facevacollette per gli uccelli.16

La ricerca del denaro, in generale, era considerata

Il verme che consuma dall’interno la civiltà moderna.17

Nel 1926, Keynes scrisse che

il carattere essenziale del capitalismo [è] il suo fareappello al profondo istinto degli individui di farequattrini e amare i quattrini.18

Keynes pensava che avesse un’innegabile utilità.Motivava le persone,

era «efficiente».19

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L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

1155.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 1, Hopes Betrayed 1883-1920, London Macmillan, 2000, pp. 158-159.

1166.. Keynes, My Early Beliefs, p. 445.1177.. Keynes, My Early Beliefs, p. 445.1188.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 319.1199.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 321.

Nessun altro sistema aveva funzionato altrettantobene.20

Ma era anche

estremamente criticabile.21

In Possibilità economiche per i nostri nipoti, un saggioscritto nel 1930, all’inizio della Grande Depressione,Keynes esprimeva la speranza che un giorno, forseentro un centinaio di anni,

il problema economico [potesse] essere risolto.22

Giunti a quel punto, ci sarà sufficiente

abbondanza economica

per rispondere ai bisogni legittimi di tutti. Così,potremo

tornare ad alcuni dei principi tradizionali più solidi eautentici […]: che l’avarizia è un vizio, che la riscos-sione dell’usura è una colpa, che l’amore per il denaroè spregevole e chi meno s’affanna per il domani cam-mina veramente sul sentiero della virtù e della pro-fonda saggezza.23

In questo contesto, citava con approvazione l’am-monizione di Gesù:

Osservate come crescono i gigli del campo: non lavo-rano e non filano.24

E probabilmente sarebbe stato d’accordo anche con

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Tutti gli errori di Keynes

2200.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 321.2211.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 321.2222.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 366.2233.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 372.2244.. Matteo 6,28; e Keynes, Essays in Persuasion, p. 372.

l’avvertimento di Gesù per il quale «è più facile che uncammello passi per la cruna di un ago che un ricco entrinel regno dei cieli»,25 non perché i ricchi avessero troppodenaro, ma perché vi si aggrappavano con avarizia e,anche quando aprivano i loro portafogli, in genere sce-glievano di spendere denaro per gli oggetti sbagliati.

Keynes si lamentava del fatto che il comportamento

delle classi ricche di oggi […] è davvero deprimente.[…] Sono certo che, con un po’ più di esperienza, noici serviremo del nuovo generoso dono della natura inmodo completamente diverso da quello dei ricchi dioggi.26

Esprimeva anche la speranza che l’umanità impie-gasse la propria ricchezza

per vivere bene, piacevolmente e con saggezza.27

Intendendo con questo che sempre più fondi potes-sero essere destinati sia per le arti che per l’arte dellavita, come definita da lui stesso e dai suoi amici delBloomsbury.

È piuttosto evidente che Keynes non voleva che lemasse, una volta salvate dalla povertà, emulassero i ric-chi nella loro frenesia consumistica. Il consiglio di carat-tere economico fornito alla società – spendere di più,smettere di risparmiare e ridurre i tassi d’interesse perrendere il debito più accessibile – non era inteso comeuna forma di diffusione del consumismo di massa.

E Keynes non diceva nemmeno che i governi doves-sero darsi a spese frenetiche. Già nel 1909 l’allora presi-dente della Harvard University, Charles W. Eliot, avevadetto in un discorso inaugurale che

la Religione del Futuro dovrebbe preoccuparsi dei…bisogni [pubblici]… con bagni pubblici, giardini e

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L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

2255.. Matteo 19,24.2266.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 368.2277.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 367.

campi da gioco, strade più ampie e più pulite, e abita-zioni migliori.28

L’economista di Harvard (e keynesiano), John Ken-neth Galbraith, appoggiò questa linea di pensiero inlibri come Economia e benessere e Il nuovo stato industria-le. Nella sua versione del keynesismo la società dovevasmettere di risparmiare e aveva necessità di spendere dipiù, ma acquistando beni pubblici e non merci di catti-vo gusto, prodotte in serie, pensate per le masse e voltea creare una società consumista. Keynes avrebbeappoggiato questa posizione? Forse in parte. Avrebbepotuto essere d’accordo sul fatto che la società avessepiù bisogno di beni pubblici che di merci di largo con-sumo. Ma porre tutta l’enfasi sui beni, pubblici o priva-ti, gli sarebbe sembrato indebitamente materialistico,una parte di quello che chiamava il

calcolo benthamita,

dal filosofo materialista del diciottesimo e dicianno-vesimo secolo Jeremy Bentham.29

Un osservatore prevenuto potrebbe trovare più diun elemento d’elitarismo in tutto ciò. E Keynes non l’a-vrebbe negato. Proprio come al contempo cercava la ric-chezza e deprecava l’amore per il denaro, così allo stes-so tempo sosteneva

la giustizia sociale

assieme a un imperturbabile privilegio.Abbiamo già visto come raccomandasse l’imposizio-

ne di tasse elevate e imposte di successione per i ricchi.Si descriveva come un «livellatore»:

Voglio costruire una società dalla quale venganoestirpate il più possibile le attuali disparità e le cause

92

Tutti gli errori di Keynes

2288.. Wilhelm Röpke, A Humane Economy: The Social Framework of the FreeMarket, South Bend (IN), Gateway, 1960, p. 109.

2299.. Si veda la nota di chiusura M.

che le determinano.30

Ma disse anche del comunismo sovietico:

Come posso adottare un credo che, preferendo ilgambo alla foglia, esalta il rozzo proletariato al disopra della borghesia e dell’intellighenzia, le quali,per quanti siano i loro difetti, sono l’essenza della vitae portano sicuramente in sé il seme del progressoumano?31

E, con un spirito simile, affermò di non potersi unireal Partito laburista britannico perché

È un partito di classe, e di una classe che non è la mia.[…] La lotta di classe mi trova dalla parte della bor-ghesia colta.32

Questo senso dell’elitarismo portò Keynes in acqueancora più infide:

Potrà venire per tutta la comunità il momento di rivol-gere l’attenzione alla qualità intrinseca non meno chealla pura entità numerica dei suoi membri.33

I valori di Keynes avevano sempre molte sfaccetta-ture. Il tema centrale, il rifiuto del «discorso morale»34

vittoriano in quanto

medievale [e] barbaro35

era chiaro. Ma anch’esso era condizionato da riserve.Per esempio, i vittoriani esaltavano il lavoro duro e

Keynes lavorava duramente tanto quanto un qualsiasivittoriano. A volte, però, dissimulava. Come gli altri

93

L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

3300.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 233.3311.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 300.3322.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 324.3333.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 319.3344.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 338.3355.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. XX.

inglesi della upper class della sua epoca, cercava consa-pevolmente di far tutto con il minor sforzo possibile,poiché la fatica deliberata aveva una sfumatura prole-taria. Molte mattine le passò a letto fino a mezzogiorno(anche prima che iniziassero i problemi al cuore). Madopo la colazione, portatagli a letto da un servitore,c’era la lettura, la scrittura, la dettatura e poi, verso lafine della mattinata, poteva essere svolto il lavoro ditutta una giornata.

Nonostante queste abitudini lavorative zelanti, ben-ché eccentriche, Keynes valutò secondo nuovi principi ivalori vittoriani e trovò un immediato successo. Nelromanzo del diciannovesimo secolo di Charles Dic-kens, David Copperfield, il signor Micawber dà questoaspro avvertimento:

Rendita annua venti sterline, spesa annua diciannovesterline, diciannove scellini e sei pence: risultato, feli-cità. Rendita annua, venti sterline, spesa annua ventisterline, zero e sei: risultato, miseria.36

Prima della rivoluzione keynesiana, il britannico ol’americano medio si trovavano in sintonia con il signorMicawber. Dopo cambiò tutto e, soprattutto in Ameri-ca, la spesa al di sopra delle proprie possibilità, unrisparmio esiguo, il debito e la noncuranza nei confron-ti del futuro divennero uno stile di vita. Come disse l’e-conomista tedesco Wilhelm Röpke, Keynes «sedusse»generazioni su generazioni, con il messaggio persuasi-vo di «pecca fortiter, vale a dire, fa’ a cuor leggero ciò chefinora avevi considerato un peccato».37

Keynes aveva giustificato la sua attenzione al solopresente dicendo,

nel lungo termine saremo tutti morti.38

94

Tutti gli errori di Keynes

3366.. Cherles Dickens, David Copperfield, London.3377.. Wilhelm Röpke, Economics of the Free Society, Chicago, Henry Regnery,

1963, p. 223.3388.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 62.

Certo, questa battuta è fin troppo vera, ma non rap-presenta un abbandono del concetto di prudenza e delragionamento adulto (in opposizione a quello infantile)?

L’antico filosofo greco Epicuro avvertiva che:

[…] Il massimo bene è la prudenza. Per questo la pru-denza è più preziosa della filosofia stessa, […] da essavengono tutte le altre virtù, in quanto insegna comenon possa esserci una vita felice che non sia saggia[…]. Le virtù sono infatti connaturate alla vita felice ela vita felice è inseparabile da queste.39

Quando gli ambientalisti contemporanei predicanola sostenibilità, non portano avanti un punto di vistasimile, vale a dire che il lungo termine ha la sua impor-tanza? O che ne ha anche il lunghissimo termine? E senoi riusciamo a sfuggire alle peggiori conseguenzedelle nostre azioni, possiamo fare sonni tranquilli inmerito a ciò che tramandiamo ai posteri?

Economisti austriaci come Ludwig von Mises e Frie-drich von Hayek erano molto critici nei confronti del-l’enfasi posta da Keynes sul presente, a scapito del futu-ro. Hayek considerava la posizione di Keynes come «untradimento del dovere principale dell’economista e unagrave minaccia alla nostra civiltà».40

Prima di lasciare l’argomento dei valori personali diKeynes dobbiamo chiederci se sono importanti ai fini delnostro compito più generale, cioè per la comprensione ela valutazione delle prescrizioni economiche di Keynes.L’economia è una scienza, no? E, se è così, perché dovreb-bero interessarci i valori personali dell’economista?

La questione se l’economia sia davvero una scienzaviene brevemente discussa nel mio testo, Are the RichNecessary?. La conclusione alla quale sono giunto è chel’economia non è, e non sarà mai, una scienza. In primoluogo, perché quando osserviamo una mela cadere da

95

L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

3399.. Epicuro, Lettera a Meneceo, in John Gaskin (a cura di), The EpicureanPhilosophers, London, Everyman, 1945, p. 45. Si veda la nota di chiusura N.

4400.. Friedrich Hayek, in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of KeynesianEconomics, New York, D. Van Nostrand, 1960.

un albero o quando deduciamo la forza di gravità, ilnostro ragionamento non condiziona ciò che fa la mela.Ma l’azione umana, l’argomento dell’economia, è unaquestione totalmente differente. È assai mutevole; vienemodificata addirittura da ciò che gli economisti diconodi se stessi.

Se gli economisti ci dicessero che le azioni sono l’in-vestimento a lungo termine più affidabile, noi tutti necompreremmo e il loro prezzo salirebbe velocemente.Alla fine, non ci sarebbero più venditori, il prezzo crol-lerebbe, e noi scopriremmo di aver fatto un pessimoinvestimento. L’abbiamo visto chiaramente negli anniVenti e negli anni Novanta. Così, nel complesso, èmeglio accettare l’idea che l’economia cerchi di vagliaredelle probabilità, non delle verità, e che sia strettamenteallineata alla filosofia morale, vale a dire ai valori.

Keynes, bisogna dirlo, fu un importante filosofomorale. Il suo saggio My Early Beliefs, che abbiamo giàcitato, è una perla filosofica. Scrisse anche un Trattatosulla probabilità (il suo primo libro) che si è guadagnatoun posto nella storia della filosofia morale.

In merito al fatto se l’economia sia da considerareuna scienza oppure no, Keynes era ambiguo o forsesolo reticente. Dopo tutto, era utile sostenere che fosseuna scienza, poiché ciò faceva sì che le prescrizioni del-l’economista avessero maggiori probabilità di essereseguite. Per questo motivo, o per convinzione, Keynesscrisse frasi come le seguenti:

● L’economia è materia tecnica e difficile. Sta perfinodiventando una scienza.41

● Modelli di gestione [economica] redatti scientifica-mente.42

96

Tutti gli errori di Keynes

4411.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 136.4422.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 5, A Treatise on Money:

The Pure Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1971, p. XXII.

● Gli ultimi progressi scientifici scoperti nei labora-tori economici di Harvard.43

Nello stesso spirito, scrisse:

Credo che la soluzione giusta [della questione econo-mica] richiederà elementi intellettuali e scientificifuori della portata della grande massa di elettori più omeno analfabeti.44

D’altra parte, ammetteva che

L’economia non è una scienza naturale [ma] impiega[…] giudizi di valore.45

Keynes disse all’arcivescovo di York che

l’economia, più propriamente chiamata economiapolitica, è un aspetto dell’etica.46

Così è giusto concludere che Keynes non ritenevache i propri valori e la propria economia appartenesse-ro a due sfere distinte. Al contrario, pensava che fosse

increscioso e paralizzante […] che le nostre simpatie ei nostri giudizi siano reciprocamente agli antipodi.47

E lottava perennemente per integrare valori perso-nali ed economia in un tutt’uno coeso.

97

L’immoralista (una digressione per discutere dei valori personali di Keynes)

4433.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 4, Tract on MonetaryReform, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 155.

4444.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 224.4455.. John Maynard Keynes, The Collected Writings, vol. 14, The General

Theory and After: Defence and Development, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1973, p. 296.

4466.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 264.4477.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 321.

UNA RICAPITOLAZIONE

Riesaminiamo ciò di cui abbiamo parlato primadella digressione sui valori personali di Keynes:

● L’umanità si è concentrata troppo sul futuro e diconseguenza ha speso troppo poco, mentre harisparmiato quote eccessive di denaro.

● Si può dire che una società risparmia troppoquando l’ammontare delle risorse risparmiatesupera il totale di quelle che possono essere inve-stite. Per la gran parte della storia dell’uomo èstato così.

● I risparmi non utilizzati interrompono il flusso didenaro che attraversa l’economia e portano alladisoccupazione. La disoccupazione, poi, riduce ilreddito di una società. Alla fine, un reddito infe-riore riduce l’ammontare dei risparmi, ma conenormi costi in termini di sofferenze umane eperdite di opportunità.

● Il problema può essere risolto tramite un aumen-to dei consumi o degli investimenti. Una spesamaggiore ridurrebbe i livelli di risparmio. Inve-stimenti maggiori assorbirebbero tutti i risparmi.Keynes raccomanda una combinazione di questidue approcci: sembra preferire l’aumento degli

99

Capitolo 5

Cosa fare con Wall Street?

investimenti, ma dice anche, come abbiamo visto,che la sola spesa va bene.1

● La ragione fondamentale per la quale gli investi-menti si dimostrano troppo bassi è che i tassid’interesse tendono a essere eccessivamente alti.Questa è la causa principale della povertàumana.2

● Il governo può contribuire a far abbassare i tassid’interesse stampando nuovo denaro e immet-tendolo nell’economia attraverso le banche, nellaforma di risorse disponibili per il prestito.

KEYNES SUL MERCATO AZIONARIO

1. Sfortunatamente, tassi d’interesse più bassi nonpossono garantire da soli un maggior investimento inun sistema di mercato

Quando i titolari d’azienda o i manager prendono inconsiderazione un nuovo investimento, magari in unnuovo stabilimento, sono molto influenzati dai tassid’interesse. Se possono prendere a prestito del denaroal 2 per cento e si aspettano che l’investimento frutti il6 per cento, allora l’operazione va bene. Se i tassi d’in-teresse salgono al 5 per cento non è così conveniente, eal 6 per cento non ha senso. Ma non conta solamente iltasso d’interesse. Sono importanti anche le aspettativedegli investitori. A loro volta queste dipendono moltoda un fattore puramente psicologico: e cioè l’indice con-giunturale e la fiducia degli investitori sul futuro.

2. Sfortunatamente, in genere la fiducia degli investi-tori è debole

Le persone comuni credono che un titolare d’azien-da o un manager sappiano ciò che fanno e, in particola-

100

Tutti gli errori di Keynes

11.. Keynes, lettera al poeta T. S. Eliot, in Robert Skidelsky, John MaynardKeynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p.279.

22.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 242.

re, conoscano molte cose sui ritorni futuri di un’azien-da, una miniera, un prodotto o un servizio. Ma non ècosì. Tutti gli esseri umani, anche i cosiddetti esperti,brancolano nel buio per quanto riguarda il futuro. Laloro conoscenza del futuro

è scarsa e talvolta evanescente3

e la loro capacità di fare previsioni accurate, o parti-colarmente precise, di solito è nulla.

La gente, in generale, e gli investitori economici, inparticolare, fanno fronte alla propria ignoranza delfuturo (e all’ansia a riguardo) ricorrendo a una sempli-ce convenzione. Presuppongono che ciò che è successonel recente passato continuerà ad accadere.4 Sfortunata-mente, questa convenzione è

tanto arbitraria [… con] i suoi punti deboli […] e conla sua precarietà.5

Spesso si dimostra sbagliata e l’errore porta con séuno shock psicologico.

3. Anche se alcuni titolari o manager hanno giusteintuizioni sul futuro, molti altri non le hanno

È «probabile» che un operatore resti «deluso»,6 inmedia, dai ritorni economici, soprattutto in rapportoalle «speranze» iniziali.7 Perché, allora, continuano avoler giocare a questo gioco? Si suppone non per «fred-do calcolo», ma piuttosto per

spiriti animali.8

Purtroppo, gli spiriti animali dipendono dai

101

Cosa fare con Wall Street?

33.. Keynes, General Theory, p. 150.44.. Keynes, General Theory, p. 152.55.. Keynes, General Theory, p. 153.66.. Keynes, General Theory, p. 150.77.. Keynes, General Theory, p. 150.88.. Keynes, General Theory, pp. 50, 161-162.

nervi e […] dagli isterismi, e perfino [d]alle digestioni[dei giocatori].9

4. Già di per sé, queste sono fondamenta deboli sullequali erigere un’economia moderna. Tuttavia, sonorese ancora più deboli dalla perniciosa influenza delmercato azionario

Il mercato azionario non è del tutto un male. È unmodo per finanziare le imprese. Offrendo «liquidità», lacapacità di comprare e vendere titoli a fini di investi-mento, questi mercati possono riuscire anche a convin-cere l’investitore più timido a tirar fuori il denaro dasotto il materasso e a fare davvero un investimento.Ovviamente, la liquidità è in gran parte illusoria. Lepersone non possono entrare tutte, o uscire tutte, dalmercato, nello stesso momento, cosa che invece di soli-to vogliono fare.

Inoltre, se il denaro è investito in azioni esistenti,non sarà investito in nuovi impianti, attrezzature,dipendenti, prodotti e servizi, tutte cose che rappresen-tano investimenti reali. Gran parte dell’investimentonel mercato azionario è sterile e per quanto riguardal’impresa non è affatto meglio che tenere il denaro sottoil materasso.10

I prezzi dei titoli nel mercato spesso sono stabiliti inmodo «assurdo».11 Per esempio, Keynes ritiene di aversentito che le azioni delle società produttrici di ghiaccioin estate venivano liquidate a un prezzo più elevato(quando i profitti erano più alti) che in inverno. Un mer-cato razionale dovrebbe sapere che le stagioni si alter-nano e che contano i profitti nell’arco dell’intero anno.

Se il mercato azionario sale, si ha un effetto beneficosull’accrescimento della fiducia. Ma una discesa delmercato corrisponderebbe a un calo di fiducia. E in unpaese votato al mercato azionario come gli Stati Uniti,un crollo del mercato non si limiterebbe a deprimere gli

102

Tutti gli errori di Keynes

99.. Keynes, General Theory, p. 162.1100.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior

1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 316.1111.. Keynes, General Theory, p. 154.

investimenti economici. Colpirebbe anche la domandadi consumi, perché i consumatori che hanno investito sisentirebbero meno ricchi, e anche quelli che non hannoinvestito temerebbero per il proprio lavoro.12

5. L’aspetto peggiore del mercato azionario è la suaatmosfera da «casinò»13

Il presunto scopo di un mercato azionario è quellod’incanalare i risparmi privati verso gli investimentisocialmente più utili (e quindi remunerativi).14 Ciòrichiede una visione «a lungo termine».15 I «miglioricervelli di Wall Street», però, sono del tutto disinteres-sati al lungo termine. A loro non interessa nemmenosapere troppe cose sulle società che comprano.16 Il loro«gioco», al quale si dedicano con il più grande «gusto ediletto», è quello d’individuare le azioni che divente-ranno popolari e comprarle per primi.17 Dal momentoche tutti fanno lo stesso, il gioco diventa quello di

indovinare come l’opinione media immagina che siafatta l’opinione media medesima

e poi trarre profitto da una giusta intuizione.18

In queste condizioni, l’investimento genuino a lungotermine diventa «così difficile da essere scarsamentepraticabile», e chiunque lo tenti, paradossalmente,apparirà come «eccentrico, anticonvenzionale e avven-tato».19 Anche i comitati d’investimento più conservato-ri non si troveranno a proprio agio con un approccio alungo termine, perché

La saggezza del mondo insegna che è cosa miglioreper la reputazione fallire in modo convenzionale,

103

Cosa fare con Wall Street?

1122.. Keynes, General Theory, p. 319.1133.. Keynes, General Theory, p. 159.1144.. Keynes, General Theory, p. 159.1155.. Keynes, General Theory, p. 157.1166.. Keynes, General Theory, p. 316.1177.. Keynes, General Theory, pp. 155, 157.1188.. Keynes, General Theory, p. 156.1199.. Keynes, General Theory, p. 157.

anziché riuscire in modo anticonvenzionale.20

Wall Street può sembrare solamente uno «spettaco-lo», ma le sue disfunzionalità hanno conseguenze serie.

Gli speculatori possono non causare alcun male, comebolle d’aria in un flusso continuo d’intraprendenza;ma la situazione è seria quando l’intraprendenzadiviene la bolla d’aria in un vortice di speculazione.21

In tali condizioni, il capitale non sarà semplicemen-te allocato malamente. I cittadini comuni perderannoanche la loro fiducia nel sistema.

Una cosa è guardare alcune persone diventare incre-dibilmente ricche, se si ritiene che gli estremi della ric-chezza riflettano un duro lavoro, una capacità di giudi-zio astuta e la produzione di beni essenziali per la socie-tà nel suo complesso. E anche in questo caso, i vincitoriottengono troppo, sia dal punto di vista della giustizia,sia da quello dell’offerta d’incentivi utili.22 È tutta un’al-tra cosa, però, se queste enormi ricompense non vannoa chi le merita ed è disciplinato, ma solo a giocatorid’azzardo fortunati. Nel tempo, il sistema sociale sisfalderà, nessuno vorrà più lavorare e tutti vorrannogiocare e speculare.23

6. L’unico vero rimedio per il fallimento del mercatoazionario è l’intervento diretto del governo nellagestione dell’investimento

Come abbiamo visto, il problema del convertire irisparmi in investimenti ha due componenti. Il primoostacolo è il fatto che i tassi d’interesse tendono a esse-re cronicamente troppo alti, il che scoraggia l’investi-mento e lascia inutilizzate grandi quantità di risparmi.Il governo può alleviare questa difficoltà stampando

104

Tutti gli errori di Keynes

2200.. Keynes, General Theory, p. 158. 2211.. Keynes, General Theory, p. 159.2222.. Keynes, General Theory, p. 374.2233.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, pp. 94-95.

nuovo denaro e immettendolo nel sistema bancario perfar abbassare i tassi d’interesse.

Ma questo intervento risolve solo metà del proble-ma. L’altra questione è che

la psicologia [degli investitori privati, sia nell’econo-mia che a Wall Street o in altri mercati azionari è] dis-obbediente […] e […] incontrollabile.24

Operando all’interno di una nube d’ignoranza, gliinvestitori privati tendono ad alti esaltanti e a bassicupi. Quando si trovano in quest’ultima condizione,non possono essere esortati a trarre vantaggio nemme-no dai tassi d’interesse più appetibili.

L’intero sistema degli investimenti privati non è

intelligente […] non è virtuoso […] e non mantiene gliimpegni.25

Possiamo concluderne solamente che

Il compito di determinare il volume corrente degliinvestimenti non può, senza pericolo, lasciarsi inmano private.26

105

Cosa fare con Wall Street?

2244.. Keynes, General Theory, p. 317.2255.. John Maynard Keynes, New Statesman and Nation (1933), in John

Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crisesand Policies in Britain and America, London, MacMillan; New York, St. Mar-tin’s Press, 1982, p. 239.

2266.. Keynes, General Theory, p. 320.

KEYNES SUL RUOLO ECONOMICO DELLO STATO

1. Lo Stato dovrebbe decidere in merito al «volumedegli investimenti»

Ciò significa che se gli investimenti sono troppobassi per assorbire tutti i risparmi, e se tassi d’interesseminori non li incrementano a sufficienza, lo Statodovrebbe intervenire e investire.

Come farà lo Stato a sapere che i tassi d’interessenon sono sufficientemente bassi e che c’è bisogno diun suo investimento diretto? L’indicatore chiave èl’occupazione. Se il denaro a basso costo produce«piena» occupazione, non c’è bisogno d’investimentidiretti. Se la disoccupazione persiste, allora lo Statodeve investire.

In genere, lo Stato non stamperà il denaro da inve-stire. Otterrà i fondi necessari tramite la tassazionedegli individui più abbienti oppure farà ricorso al pre-stito. In questo secondo caso, non ci sarà necessaria-mente un deficit di bilancio; l’investimento pubblicopotrebbe essere mantenuto extra-bilancio o in un bilan-cio separato degli investimenti in conto capitale.1

107

Capitolo 6

Guardare allo Stato per una leadership economica

11.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 273.

2. Il livello d’investimento del governo dovrebbeessere attentamente calibrato per favorire una «quasi-espansione» perpetua

È convinzione diffusa che Keynes ritenesse che loStato dovesse «bilanciare» le azioni degli investitori pri-vati. Walter Lippmann descrisse nel modo seguentequest’idea di uno Stato che fornisce una forma di«bilanciamento»:

Un individualismo non coordinato, non pianificato edisordinato […] produce inevitabilmente un’alternan-za di espansioni e recessioni economiche. […] Lo Stato[dovrebbe] agire […] in modo da contrastare tutti glierrori della massa di individui, facendo l’opposto diquello che fa questa folla: risparmiare quando la follaspende troppo; indebitarsi quando la folla risparmiatroppo; economizzare quando la folla è prodiga dispese, e spendere quando questa è riluttante a farlo.[…] Questo metodo compensatorio è, credo, un’inven-zione epocale.2

Lasciando da parte, per un momento, la questione setale «metodo compensatorio» sia davvero fattibile, ladomanda più immediata è: Keynes approvava questo«metodo compensatorio»? La maggioranza delle perso-ne ritiene di sì.3 Tuttavia, la risposta sembrerebbe piut-tosto negativa, Keynes non lo approvava, o per lo menonon all’epoca della Teoria generale. In effetti, qui dice chelo Stato entra come un

fattore equilibrante,4

ma con questo intendeva soprattutto che lo Statoavrebbe dovuto “incentivare” l’investimento qualorafosse stato troppo basso.

108

Tutti gli errori di Keynes

22.. Walter Lippmann, Interpretations: 1931-1932, New York, Macmillan,1932, p. 38; Walter Lippmann, The Method of Freedom, New York, Macmil-lan, 1934, pp. 58-59.

33.. Si veda la nota di chiusura O.44.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and

Money, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 220.

Come abbiamo visto nel capitolo 2, Keynes non con-cordava con l’idea che sia i boom che le crisi economi-che fossero negativi, che il boom portasse alle crisi e cheavremmo dovuto cercare di evitare entrambi e lottareper mantenere un felice giusto mezzo. Al contrario,Keynes credeva che

Il rimedio giusto per il ciclo economico non deve tro-varsi nell’abolire le espansioni, mantenendoci cosìpermanentemente in una semi-depressione; ma nell’a-bolire le depressioni e mantenerci così permanente-mente in una quasi-espansione.5

Tutto questo deriva dall’idea di Keynes per cui, nellamaggioranza dei casi, l’investimento viene rallentatodal risparmio, così che il denaro resta inutilizzato e l’e-conomia vacilla. Quindi, le fasi di espansione economi-ca vanno alimentate e mantenute per il maggior tempopossibile.

Ci si deve chiedere, allora, se non sia possibile ipo-tizzare che, per lo meno in qualche occasione, possaessere vero anche il contrario. La combinazione didomanda di consumo e investimento potrebbe proce-dere in modo così forte da far perdere il controllo delboom economico? Se tutte le risorse disponibili vengo-no usate al massimo, se ogni persona in età lavorativaha un’occupazione, se la domanda e gli investimenticontinuano a crescere, la situazione non surriscalda lamacchina economica causando inflazione?

Come abbiamo visto, Keynes ammette che ciò possarisultare plausibile. Ma anche in questo caso non vuoleaumentare i tassi d’interesse. Con le sue parole:

Dovremo trovare un modo [per raffreddare l’economia]che non sia l’aumento del tasso d’interesse.6

109

Guardare allo Stato per una leadership economica

55.. Keynes, General Theory, p. 322.66.. John Maynard Keynes, “Boom Control”, Times, in John Maynard Key-

nes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies inBritain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1982, pp. 384-394; Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Eco-nomist as Savior 1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 629.

In particolare, Keynes temeva che gli investitori,pensando che il tasso d’interesse si alzasse di volta involta, potessero incanalare i propri fondi nella speranzadi catturare questo incremento.

3. Il normale compito dello Stato è riempire il serbatoiodegli investimenti, non di prosciugarlo. Mantenerlopieno è ciò che importa maggiormente. Ma ci sonoanche altre ragioni per accogliere con favore un ruolopiù ampio dello Stato nel settore degli investimenti

Nel complesso sembra che Keynes simpatizzi conl’idea che il governo sia meglio del mercato privato aproposito di investimenti. Come abbiamo già visto, eglifa un ritratto desolante dell’investimento privato, che èmenomato (egli sostiene) da profonda ignoranza, emo-zioni incontrollabili e tendenze speculative. Al contra-rio, e abbiamo visto anche questo, riteneva che lo Statofosse in grado di decidere in base a

considerazioni a lunga portata e in vista del vantaggiosociale generale.7

Nel 1932, criticò Harold Macmillan, in seguito primoministro britannico, per il fatto di non essere

sufficientemente coraggioso in merito alla proposta disviluppare le funzioni d’investimento [diretto] delloStato.8

Nel 1936, nella Teoria generale, disse di essere favore-vole a

una socializzazione di una certa ampiezza degli inve-stimenti.9

110

Tutti gli errori di Keynes

77.. Keynes, General Theory, p. 164; si veda anche, John Maynard Keynes,Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money: The Applied Theory of Money,London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 145.

88.. John Maynard Keynes, lettera, 6 giugno 1932, in Collected Writings, vol.21, p. 109.

99.. Keynes, General Theory, p. 378.

Nel 1937, sostenne sul Times che il governo inglesedovesse istituire un Public Office of Investment.10 E nel1939 incoraggiava entusiasticamente

Un’amalgama di capitalismo privato e socialismo diStato.11

Queste e altre dichiarazioni sembrerebbero dunquesostenere l’idea che Keynes volesse l’investimento delloStato di per se stesso, e non solo come rinforzo di quel-lo privato. Disse anche:

Non trovo motivo di ritenere che il sistema esistenteimpieghi seriamente male i fattori di produzione chesono utilizzati.12

Ciò sembrerebbe significare che l’iniziativa privata èben attrezzata per gestire le cose una volta fatto l’inve-stimento, ma non è migliore dello Stato nello scegliereil tipo d’investimento.

4. Il controllo dell’economia da parte dello Stato nondovrebbe fermarsi ai tassi d’interesse, agli investi-menti, alla tassazione e ai tassi di cambio

Nel 1940, Keynes disse che i prezzi liberi erano unfattore indispensabile, ma anche (al contrario) di esserea favore dell’istituzione di comitati pubblici che gestis-sero il prezzo delle materie prime.13 Nel 1943, guardan-do al futuro periodo postbellico, disse che

Sono […] irrimediabilmente scettico a proposito di unritorno al laissez-faire del diciannovesimo secolo. Credoche il futuro stia: i) nel commercio di Stato delle materieprime; ii) in cartelli internazionali [vale a dire, monopo-

111

Guardare allo Stato per una leadership economica

1100.. Times, 14 gennaio 1937, citato da Étienne Mantoux, in Hazlitt, TheCritics of Keynesian Economics, p. 121.

1111.. John Maynard Keynes, intervista, New Statesman and Nation, 28 gen-naio 1939, in Collected Writings, vol. 21, p. 492.

1122.. Keynes, General Theory, p. 379.1133.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, pp. 235-236, 285.

li ratificati dai governi] per le manifatture necessarie; eiii) in restrizioni quantitative sulle importazioni permanifatture non necessarie. [… Questi sono gli] organi-smi della normale vita economica del futuro.14

[In generale] pianificazione di Stato, […] intelligenza edeliberazioni centralistiche devono sostituire l’ammi-rato disordine del diciannovesimo secolo.15

Nel descrivere tutto ciò, Keynes riconobbe che loStato, così facendo, sarebbe rimasto coinvolto in

molti degli aspetti più complessi e interni dell’impre-sa privata.16

Ma anche così,

rimarrà ancora largo campo all’esercizio dell’iniziati-va e della responsabilità individuale.17

Inoltre, nel tempo, la distinzione stessa fra attivitàeconomica privata e pubblica sarebbe gradualmentesvanita. Le società private sarebbero diventate

semi-socializzate,

e alla fine la differenza fra «enti pubblici» e «impre-sa privata» si ridurrebbe in pratica alle modalità con cuivengono nominati i loro consigli d‘amministrazione.18

5. La pianificazione di Stato non deve essere confusacon il fascismo o con il comunismo

Keynes si preoccupò sempre di differenziare le pro-prie idee da quelle dei sistemi totalitari:

112

Tutti gli errori di Keynes

1144.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 321.1155.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, in Keynes, Col-

lected Writings, vol. 21, p. 86.1166.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, p. 318.1177.. Keynes, General Theory, p. 378.1188.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 266.

Possiamo riconoscere l’opportunità e anche la necessi-tà di una pianificazione [economica] senza esserecomunisti, socialisti o fascisti.19

Ma non disprezzava del tutto la gestione economicafascista o comunista:

Il fascismo italiano […] sembra aver salvato l’Italia dalcaos e pare avere stabilito un modesto livello di pro-sperità materiale.20

E nella sua prefazione all’edizione tedesca della Teo-ria generale (pubblicata nella Germania nazista e noninclusa nella raccolta The Collected Works) osservò che lesue idee potevano essere applicate a un’economia com-pletamente controllata, anche se non erano state elabo-rate su quella base.21

Come abbiamo visto nella nostra analisi precedentesui valori di Keynes, egli trovava nell’Unione Sovietica

troppe cose detestabili.

Al meglio, considerava i comunisti una sorta di«metodisti» esaltati.22 Ma quello che i pianificatorisovietici avevano ottenuto nel 1936 era

impressionante.

Erano

amministratori disinteressati [… che avevano messo]in funzione […] l’empirismo e lo sperimentalismo piùvasti mai tentati.23

113

Guardare allo Stato per una leadership economica

1199.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, p. 84.2200.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, p. 85.2211.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 203; Henry Hazlitt, The

Failure of The “New Economics”, New Rochelle (NY), Arlington House, 1978,p. 277.

2222.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 299, 310.2233.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, Collected Writings, vol. 28,

Social, Political, and Literary Writings, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1982, pp. 333-334.

E nella sua lode proseguiva dicendo:

Cerchiamo di non sminuire questi magnifici esperi-menti e di non rifiutarci d’imparare da essi. […] Il pianoquinquennale in Russia, lo Stato corporativo in Italia[…] e la pianificazione di Stato democratica in GranBretagna. […] Speriamo che abbiano tutti successo.24

È importante ricordare, nel valutare queste parole,che molte persone intelligenti e oltremodo degne neglianni Trenta ammiravano il fascismo e il comunismo.Keynes no.25 Piuttosto, lui era alla ricerca di quella chechiamava

una nuova saggezza per una nuova era,

e non si preoccupava minimamente di apparire fra gli

eterodossi, pericolosi, disobbedienti26

agli occhi dei capitalisti dalla mentalità più conven-zionale, che non riuscivano a vedere il loro stesso peri-colo, né a capire che la loro unica speranza fosse una“terza via” keynesiana.

6. Il capitalismo di Stato deve essere gestito dalle per-sone giuste

A questo punto, è necessario chiedersi come un pen-satore che si definisce eterodosso e disobbedientepotesse riporre così tanta fiducia nel governo. Forse ilgoverno non è, come tutte le altre istituzioni sociali,l’incarnazione del sapere convenzionale?

Abbiamo evidenziato in precedenza l’affermazionedi Keynes:

credo che la soluzione giusta [della questione econo-mica] richiederà elementi intellettuali e scientifici

114

Tutti gli errori di Keynes

2244.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, pp. 86, 92.2255.. Si veda la nota di chiusura P.2266.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 337.

fuori della portata della grande massa degli elettoripiù o meno analfabeti.27

Ma, i leader politici, o anche i capi di governo, sonomeno analfabeti (da un punto di vista economico) dicoloro che li votano? Non fu lo stesso Keynes, nel suosecondo libro (sul trattato di pace di Versailles) a ridi-colizzare i leader di Gran Bretagna, Francia e StatiUniti, assieme agli altri uomini vecchi e ottusi che ave-vano tradizionalmente guidato le nazioni?

La risposta a questo enigma è che, nel sistema diKeynes, lo Stato affiderebbe le redini dell’economia adegli esperti:

[L’economia] è una cosa che va lasciata agli esperti.Devono capire la macchina. Devono essere in grado diripararla quando si rompe.28

Già nel 1914, un giovane Keynes era giunto alla con-clusione che gli esperti avevano

risolto […] la parte intellettuale e scientifica del pro-blema [di come governare un’economia].29

Si trattava di affermazioni premature, ma negli anniTrenta Keynes era convinto di avere le risposte giuste eche il problema della gestione dell’economia potessesemplicemente essere affidato a lui e ai suoi discepoli.Allo stesso tempo, prediligeva le novità intellettuali equindi amava pensare che ci fosse sempre qualcosa dinuovo da scoprire. In una trasmissione radio durante laseconda guerra mondiale disse:

Possiamo imparare uno o due trucchi dalla gestione

115

Guardare allo Stato per una leadership economica

2277.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 224.2288.. John Maynard Keynes, CBS Radio Broadcast, 12 aprile 1931, in Key-

nes, Collected Writings, vol. 21, p. 515.2299.. John Maynard Keynes, Economic Journal, dicembre 1914, in John May-

nard Keynes, Collected Writings, vol. 11, Economic Articles and Correspondence –Academic, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1983, p. 320.

dell’economia bellica che potrebbero essere applicatianche in tempo di pace.30

Il biografo di Keynes, Robert Skidelsky, osservò chela fede nell’opinione degli esperti «si ritrova come moti-vo ricorrente in tutta la sua opera ed è l’ipotesi centraledella sua filosofia politica».31

Dal momento che Keynes era l’esperto di economiapiù importante della sua epoca, sia in Gran Bretagnache negli Stati Uniti, questa fede nell’opinione degliesperti era, per lo meno in parte, semplicemente fedenella sua persona e una manifestazione della sua ine-sauribile fiducia in se stesso.

7. Questi esperti, comunque, saranno qualcosa in piùche semplici esperti

Keynes non si accontentava di affidare un incaricoagli esperti in quanto tali. Voleva anche che queste per-sone garantissero i giusti valori, alla stregua di “guar-diani platonici”. In una lettera a Friedrich von Hayek,critico nei confronti del capitalismo di Stato, disse che iguardiani dell’economia nominati dallo Stato doveva-no avere la giusta

moralità,

il che avrebbe implicato una dedizione alla libertàindividuale. Ciò era essenziale perché:

azioni pericolose possono essere compiute in sicurez-za in una comunità che pensa e sente in modo giusto,mentre sarebbero la strada per l’inferno se fosserocompiute da chi pensa e sente in modo sbagliato.32

Sebbene i guardiani dovessero avere una moralitàineccepibile, con questo non si doveva intendere neces-

116

Tutti gli errori di Keynes

3300.. Yergin et al., The Commanding Heights, documentario televisivo, PBS. 3311.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 228. 3322.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 285

sariamente la moralità giudeo-cristiana. La gran partedelle questioni economiche per sua natura è al di sopradelle possibilità dell’elettore medio. Dunque, non èaffatto inappropriato ricorrere a escamotage o anche apiccoli inganni per ottenere il consenso dei propri elet-tori nei confronti dellae azioni più importanti.

In un passaggio della Teoria generale, Keynes osservache la gente vuole

la luna,

espressione con cui si riferisce a salari sempre piùalti, e dice che per mantenere elevati i salari ci deveessere molto denaro in circolazione. Il «rimedio», dun-que, consiste nel

persuadere il pubblico che il formaggio verde [il dena-ro stampato dal governo] sia la stessa cosa [del dena-ro vero] e avere una fabbrica di formaggio (ossia unabanca centrale) sotto il controllo pubblico.33

117

Guardare allo Stato per una leadership economica

3333.. Keynes, General Theory, p. 235. Si veda la nota di chiusura Q.

KEYNES SUL MODO IN CUI AFFRONTARE UNA CRISI ECONOMICA

1. A volte si sostiene che le crisi economiche, le reces-sioni e le depressioni siano utili. È falso

Keynes sa bene che una crescita porta con sé

investimenti mal diretti,1

e che le depressioni possono contribuire a

liberarsi di molti rami secchi.2

Comunque, l’investimento indirizzato malamente èsempre meglio della mancanza d’investimenti.3 È

un grave errore

pensare che le depressioni economiche siano in uncerto senso necessarie al progresso dell’economia, invirtù del loro ruolo “purgativo”, oppure perché mode-

119

Capitolo 7

Durante una crisi economica bisogna stampare denaro, prestarlo,

indebitarsi e spendere

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 321.

22.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 26 febbraio 1930, in John May-nard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: RethinkingEmployment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1981, p. 319.

33.. Keynes, General Theory, p. 327.

rano la speculazione e l’avventata assunzione di rischiintroducendo un elemento di paura. Al contrario, comeabbiamo visto, dovremmo

abolire le depressioni4

e cercare piuttosto di mantenere una perpetua

quasi-espansione.5

2. Un crollo finanziario incipiente, una depressioneeconomica, o prima l’uno e poi l’altra, richiedono unintervento statale immediato e deciso

I crolli e le forti depressioni ci dicono che abbiamocreato un

enorme pantano,

che abbiamo

commesso un errore nel controllo di una macchinadelicata,6

e che c’è urgente bisogno di ripararla. Andrebbeintrapresa un’azione correttiva audace al primo segna-le di difficoltà. E dovrebbe essere

radicale

quanto serve.7

All’inizio del 1932, dopo due anni dallo scoppio diquella che divenne nota come la Grande Depressione,Keynes avvertiva che

120

Tutti gli errori di Keynes

44.. Keynes, General Theory, p. 322.55.. Keynes, General Theory, pp. 320-322.66.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, p. 136.77.. Keynes, BBC Broadcast, 26 febbraio 1930, p. 325.

un tracollo di questo genere nutre se stesso8

e si lamentava del fatto che fosse

molto più difficile risolvere il problema oggi di quantolo sarebbe stato un anno fa. […] Le […] autorità mon-diali non hanno avuto il coraggio o la convinzione diapplicare i rimedi che avevano a disposizione in dosisufficientemente drastiche a ogni stadio del declino.9

Keynes continuava affermando che si poteva giun-gere a un punto di non ritorno, un punto in cui il siste-ma avrebbe perso la sua

capacità di risalire.10

3. Il copione per evitare le crisi finanziarie è statoscritto tempo fa. Dobbiamo solo seguirlo

Nel 1873, Walter Bagehot, direttore della rivista Eco-nomist, pubblicò un libro intitolato Lombard Street. Inquesto libro si sosteneva che la Bank of England, alloraun ente privato, anche se con uno status semiufficiale,avrebbe dovuto tenersi pronta ad agire come “prestato-re di ultima istanza”. Se la gente si fosse allarmata eavesse iniziato a ritirare i fondi da una data banca, que-st’ultima sarebbe stata in grado di fornire tali risorseottenendo dei prestiti dalla Bank of England.

Naturalmente c’erano delle regole. La banca chechiedeva il prestito doveva essere solvente, dovevadare alla Bank of England titoli “sicuri” a garanzia delprestito e doveva pagare un tasso d’interesse elevato.La richiesta di solide garanzie significava che, qualsiasicosa fosse accaduta, la Bank of England non avrebbeperso il suo denaro.

121

Durante una crisi economica bisogna stampare denaro

88.. Si veda la nota di chiusura R.99.. John Maynard Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio

1932, in John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Britain and America, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1982, pp. 40, 41, 45.

1100.. Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio 1932.

Ed ecco dove Bagehot divenne controverso: disseche la Bank of England doveva essere pronta a elargiretutti i prestiti necessari a rassicurare la gente e a fer-mare la corsa agli sportelli. E doveva essere pronta aconcederli anche qualora avesse già dato in prestitotutte le riserve che il diritto bancario le consentiva. Inaltre parole, la Bank of England doveva fare qualsiasicosa fosse stata necessaria a fermare una corsa aglisportelli, anche a costo di dover abbandonare le sicureprocedure bancarie o addirittura di violare, tecnica-mente, la legge.

Le idee di Bagehot non furono esenti da critiche.Thomas Hankey riteneva che un sistema con un “pre-statore di ultima istanza” avrebbe portato le banche aconcedere prestiti a più alto rischio o a comportarsi inmodo avventato, perché tanto poi potevano essere certeche sarebbero state salvate, anche se attraverso un tassod’interesse punitivo.11

Eppure, le idee di Bagehot trionfarono su quelle del-l’amico Hankey. Anche Keynes si schierò con Bagehot,ma si preoccupava del fatto che le sue idee potesserovenir applicate troppo tardi o in maniera timida. Perfermare una crisi finanziaria era necessario un inter-vento deciso da parte del governo. Se fondi illimitatifossero stati messi a disposizione delle istituzioni finan-ziarie minacciate, si sarebbe potuta fermare la spiraleche avrebbe condotto verso un panico di massa. Gliindividui, fiduciosi nel sostegno pubblico, non si sareb-bero più affrettati a tutelarsi in modi che presto avreb-bero fatto crollare il sistema e garantito un risultatonegativo per tutti.

4. L’approccio di Bagehot, se applicato con rigore, ègeneralmente corretto, ma ha bisogno di un ulterioreperfezionamento. In particolare, i tassi d’interessedevono essere più bassi, gli standard di prestito infe-

122

Tutti gli errori di Keynes

1111.. Per una discussione sui punti di contrasto fra Bagehot e Hankey, si vedaGrant’s Interest Rate Observer, 30 maggio 2008, e James Grant, Mr. MarketMiscalculates, Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2008, p. 28.

riori e la portata dell’assistenza governativa nel com-plesso più elevata

Come abbiamo già osservato, Bagehot voleva che il“prestatore di ultima istanza” concedesse denaro a tassisufficientemente elevati da costituire un mora. Al con-trario, Keynes voleva che i tassi d’interesse rimanesserobassi in tutto il sistema finanziario e in ogni momento,sia nei prestiti normali sia, presumibilmente, nei prestitid’emergenza. Né il “prestatore di ultima istanza” dove-va essere così pignolo da voler decidere chi aiutare.

Keynes riconobbe anche che se i tassi d’interessesono già bassi quando scoppia la crisi, ci sono talunilimiti a ciò che il credito a basso costo può fare. Inoltre,indipendentemente da quanto sia a basso costo il credi-to, la gente potrebbe essere troppo spaventata per ricor-rere al prestito. In tal caso,

c’è bisogno di un intervento diretto dello Stato.12

Questo intervento può assumere la forma di prestitisovvenzionati a lungo termine e con tassi d’interessemolto bassi o di altri sussidi.13 In aggiunta, lo Statodovrebbe preparare alcuni piani per espandere e acce-lerare il proprio programma d’investimento diretto erenderli effettivi al primo segnale di bisogno.14

5. È possibile per una nazione avviare la ripresa eco-nomica per mezzo della spesa pubblica? Sì

Nel 1934, Keynes scrisse un articolo per la popolarerivista americana Redbook, intitolato

“L’America può innescare la ripresa economica a suondi spesa pubblica?”

123

Durante una crisi economica bisogna stampare denaro

1122.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, pp. 59-60.1133.. Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 348; Keynes, Collected Writings,

vol. 21, p. 395.1144.. John Maynard Keynes, Times, 14 gennaio 1937, in John Maynard Key-

nes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies inBritain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1982; anche in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Keynesian Economics,New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 121.

E apriva l’articolo con un

Certo, è ovvio!15

L’articolo continuava: lo stesso comportamento cherenderebbe

povero un uomo

può rendere

ricca una nazione.16

E sì, la spesa extra del governo, necessaria duranteuna depressione, avrebbe superato le entrate prove-nienti dalla tassazione, indipendentemente da quantofossero elevate le tasse, perché in un periodo di contra-zione economica anche le tasse crollano. Ci sarebbestato per forza di cose un deficit di bilancio e il governoavrebbe avuto la necessità di indebitarsi. Ma il debitodella nazione sarebbe stato in genere dei cittadini.17

Inoltre non si dovevano alzare le aliquote per paga-re il nuovo debito. Il denaro preso a prestito, e speso,ravviva l’economia. Un’economia rigenerata richiedemeno spesa pubblica in termini di sussidi di disoccupa-zione e genera un flusso di nuove entrate fiscali. Insie-me, i risparmi e le nuove tasse superano il debito. Così,in sintesi, la spesa pubblica effettuata con denaro presoa prestito in condizioni di occupazione non piena (comel’hanno chiamata gli economisti successivi a Keynes)equivale al classico pasto gratis.18

6. Non mancano i progetti utili sui quali il governopuò spendere

Keynes affermava che qualsiasi spesa effettuata in

124

Tutti gli errori di Keynes

1155.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 334.1166.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 334.1177.. Si veda la nota di chiusura S.1188.. John Maynard Keynes, Nation and Athenaeum, 10 maggio 1930, in

Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 349.

circostanze economiche disastrose fosse migliore dellatotale mancanza di spesa. La cosa principale è

fare in modo che il denaro venga speso.19

Sarà sempre difficile far sì che

le teste dure20

convengano sul fatto che un determinato progettosia valido e legittimo, ma in verità abbiamo abbondan-za di progetti con queste caratteristiche.

Le strade, ad esempio, sono una buona scelta, e aKeynes nello specifico piaceva la proposta di costruireun largo viale lungo la zona meridionale del Tamigi. Glipiacevano anche i progetti abitativi e si chiedeva perchénon si abbattesse tutta la zona sud di Londra per sosti-tuirla con

case migliori.21

In generale, come abbiamo osservato nel capitolo suisuoi valori personali, a Keynes piacevano sempre i pro-getti che combinavano arte e commercio per produrrequalcosa che fosse al contempo bello e utile.22

7. L’impatto della spesa pubblica durante una depres-sione viene amplificato dal “moltiplicatore d’investi-mento od occupazione”

Il moltiplicatore keynesiano nasce dall’osservazioneiniziale per cui una persona che da poco tempo ha unimpiego inizia a spendere di più. Questa spesa, a suavolta, contribuirà all’assunzione di altro personale.L’occupazione porta a ulteriore occupazione, propriocome la disoccupazione porta a ulteriore disoccupazio-

125

Durante una crisi economica bisogna stampare denaro

1199.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 337.2200.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 60.2211.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 153-154.2222.. Si veda la nota di chiusura T.

ne. Se un’economia è prossima alla piena occupazione,la spesa di una singola persona da poco impiegata nonha molta importanza. Se la disoccupazione è diffusa,però, ogni singolo incremento di nuova occupazione enuova spesa avrà un’importanza molto maggiore.

Keynes fornisce un esempio in cui 5.200.000 perso-ne risultano occupate. Tramite un programma gover-nativo di opere pubbliche vengono creati 100.000nuovi posti di lavoro, i quali, poi, portano ad ancoraaltri nuovi posti, fino a quando l’occupazione totaletocca i 6.400.000, per un totale di 1.200.000 posti dilavoro in più. In questo caso, il moltiplicatore d’occu-pazione è 12.23

Anche se il moltiplicatore può variare, esso dovreb-be rappresentare

per lo meno tre o quattro volte24

la spesa per le opere pubbliche.Il concetto di moltiplicatore è controverso perché

confuta l’obiezione per cui i programmi che prevedonola costruzione di opere pubbliche non saranno maiampi abbastanza per fare la differenza in un’economiasviluppata. Come dice Keynes:

Anche le opere pubbliche di dubbia utilità possonorendere parecchie volte il loro costo in tempi di gravedisoccupazione, non foss’altro che per il minor costodella spesa in sussidi.25

126

Tutti gli errori di Keynes

2233.. Keynes, General Theory, p. 127.2244.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 326.2255.. Keynes, General Theory, p. 127.

KEYNES SUI DIFETTI DEL LIBERO MERCATO

1. È un errore gravissimo pensare che una macchinaeconomica mal funzionante possa essere lasciata a sestessa

L’economia non possiede, come invece pensano glieconomisti “classici”, la

facoltà autoriequilibratrice;1

non si ripara da sola.2 Al contrario, senza l’interven-to dello Stato, i mercati presentano una maggiore pro-babilità di sviluppare cicli orientati verso il basso e distabilire una nuova

posizione di equilibrio […] capace di rimanere per unlungo periodo in una condizione cronica di attività [eoccupazione] inferiore al normale.3

2. Gli economisti “classici” ritenevano che le econo-mie fossero in grado di autoregolarsi; di conseguenzaconsigliavano ai governi che affrontavano una

127

Capitolo 8

I mercati non si auto-correggono

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 267.

22.. Keynes, General Theory, p. 267. 33.. Keynes, General Theory, p. 249.

depressione di non fare nulla. Ma (secondo la visionedi Keynes) questo non far nulla significava in realtàabbassare i salari

Queste due posizioni, non far nulla e abbassare isalari, non necessariamente erano incoerenti. Gli econo-misti “classici” pensavano che i mercati che soffrivanoper una depressione avrebbero portato a un abbassa-mento dei salari senza interventi esterni. L’azione delgoverno non era né necessaria né auspicabile.

Quale era il fondamento logico dietro a questo tipo dipolitica? Forse i lavoratori non soffrivano già abbastan-za durante una depressione a causa della perdita dellavoro? Perché bisognerebbe ritenere auspicabile uncalo dei salari? La risposta “classica” (quella risposta chevenne insegnata a Keynes in gioventù) è la seguente.

Durante una recessione, la gente compra meno. Ciòriduce le entrate economiche. Dal momento che sono leentrate a crollare inizialmente, prima delle spese, crol-lano i profitti. I titolari allora lasciano a casa i dipen-denti, per ridurre i costi e ristabilire la redditività. Se,invece, calano i salari, la redditività può essere ristabili-ta senza licenziamenti.

Ciò è particolarmente necessario qualora i prezzi ini-zino a crollare in maniera generalizzata in tutta l’eco-nomia. Se le persone riducono così tanto le spese da farsì che quasi tutti i prezzi crollino, molto difficilmente sipotranno avere entrate sufficienti. Non solo verrannovendute meno cose, ma ognuna di esse sarà venduta aun prezzo inferiore. In simili circostanze, se i salari nonscendono assieme ai prezzi, le attività economicheandranno di sicuro incontro alla bancarotta. D’altraparte, se calano sia i prezzi che i salari, i lavoratori nondovrebbero risentirne troppo. Infatti, anche se i lorosalari sono più bassi, possono acquistare prodotti diconsumo a prezzi inferiori.

Keynes conveniva sul fatto che l’abbassamento deisalari assieme al calo dei prezzi potesse salvare taluniposti di lavoro durante una depressione. Eppure, non-ostante questo, era fortemente contrario a una riduzio-ne dei salari, per una serie di ragioni differenti.

128

Tutti gli errori di Keynes

3. Anche se in ultima analisi si tratta di una misura disuccesso, nel corso di una recessione la politica dellariduzione dei salari impiega troppo tempo per guari-re la disoccupazione

Nel 1930, Keynes scrisse:

La risposta corretta [alla grave disoccupazione] secon-do linee guida austere è la seguente: una riduzione deisalari del 10 per cento allevierà la disoccupazione inun arco di tempo di cinque anni. Nel frattempo, biso-gna stringere i denti e resistere. Se non si riesce a farciò, però, e se si è pronti a qualche rinuncia in materiadi laissez-faire [vale a dire, se si è pronti a lasciare chelo Stato si occupi dell’economia in diversi modi], allo-ra si può sperare di farcela prima. Si potrebbe ancheessere più ricchi […] nell’arco di quei cinque anni.Inoltre, si potrebbe scoprire di aver evitato in questomodo una catastrofe sociale.4

4. Anche se avessimo la pazienza di aspettare le solu-zioni del mercato, ci sono buoni motivi per dubitareche una riduzione dei salari possa risolvere davverola questione della disoccupazione

Dobbiamo tenere bene in mente che

la spesa di un uomo è il reddito di un altro uomo.5

Un titolare d’azienda vedrà subito

gli ovvi grandi vantaggi di […] una riduzione dei sala-ri che deve pagare.6

Ma non vedrà

129

I mercati non si auto-correggono

44.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theoryand After: Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1973, p. 199.

55.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, in John May-nard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises andPolicies in Britain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1982, p. 145.

66.. Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, p. 145.

altrettanto chiaramente gli svantaggi di cui soffrirà sele entrate monetarie dei suoi clienti vengono ridotte.7

Se la spesa dei consumatori cala con i salari, cipotremmo ritrovare in una situazione in cui crollano siala spesa che i salari, in una spirale viziosa verso il basso.Secondo Keynes, non c’è nessuna ragione teorica per laquale i salari non possano continuare a precipitare

illimitatamente.8

5. Anche se la riduzione dei salari non è una buonamedicina per una crisi, non significa che un loroaumento sarebbe di aiuto

Prima della Grande Depressione degli anni Trenta,una teoria molto popolare sosteneva che il capitalismoattraversa cronicamente alcune crisi perché i lavoratorinon sono pagati a sufficienza. Dal momento che nonsono pagati in maniera adeguata, non possono permet-tersi di comprare quantità sufficienti delle merci cheproducono. Il risultato è che la produzione tende asuperare il consumo. In gergo economico, vi è un gap disottoconsumo.

I ricchi proprietari di imprese colmano parzialmenteil divario di sottoconsumo spendendo in modo prodi-go. Ma sono troppo pochi per colmarlo del tutto. Ilrisultato è che il sistema economico arranca. Di tanto intanto si ferma del tutto. Pare che il famoso giornalistaWalter Lippmann ritenesse che qualcosa del generefosse stata la causa della Grande Depressione: «Il noc-ciolo del problema [… è stata] un’insufficienza nel pote-re d’acquisto dei consumatori».9

Il presidente Herbert Hoover probabilmente non

130

Tutti gli errori di Keynes

77.. John Maynard Keynes, aggiunta al Macmillan Committee Report, in JohnMaynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: RethinkingEmployment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1981, p. 289.

88.. Keynes, General Theory, p. 253.99.. Walter Lippmann, Interpretations: 1931-1932, New York, Macmillan,

1932, pp. 103-105.

accettava la teoria del sottoconsumo, per lo meno nondel tutto, ma credeva che un calo dei salari sarebbestato disastroso per l’economia. Dopo il crollo del 1929,lavorò assiduamente per ottenere la promessa da partedei più importanti imprenditori di non tagliare i salari.

Anche Franklin Roosevelt si oppose ai tagli salarialie utilizzò il National Recovery Act (NRA) per proibirli.Facendo approvare il Wagner Act e altre norme sul lavo-ro, egli contribuì effettivamente a far salire molti salari.Keynes conveniva sul fatto che i tagli salariali fosseroda sconsigliare, ma non approvava gli aumenti. A suoavviso, l’aumento dei salari era un elemento positivonella misura in cui andava a incrementare il potered’acquisto dei consumatori e negativo perché andavaad aumentare il costo del lavoro. Con le sue parole, l’in-cremento del costo del lavoro porta a una

reazione [meno] ottimistica10

tra gli uomini d’affari. Keynes concludeva che

il risultato netto delle due influenze opposte [a partiredall’aumento dei salari] è una neutralizzazione.11

La migliore strategia durante una crisi, quindi, nonconsisteva nel tagliare gli stipendi, né nell’aumentarli,ma piuttosto nel lasciarli così come erano.

6. Le riduzioni salariali potrebbero essere sostenutecon più efficacia se potessero essere uguali per tutti ilavoratori

Keynes osservava che:

Salvo che in una collettività socialista, nella quale lapolitica dei salari è stabilita per decreto, non vi è alcunmezzo di assicurare riduzioni salariali uniformi per

131

I mercati non si auto-correggono

1100.. Keynes, General Theory, p. 264.1111.. John Maynard Keynes, lettera aperta al presidente Roosevelt, New York

Times e Times, in Collected Writings, vol. 21, p. 323.

ogni categoria di lavoratori. […] Soltanto in una societàmolto autoritaria, dove potessero venir decretate varia-zioni improvvise, notevoli e generali, una politica sala-riale flessibile potrebbe funzionare con successo. La sipuò immaginare in funzione in Italia [all’epoca fasci-sta], in Germania o in Russia, ma non in Francia, negliStati Uniti o in Gran Bretagna. […] Al risultato [ridu-zioni salariali che non siano uguali per tutti] si può arri-vare soltanto mediante una serie di variazioni gradualie irregolari, non giustificabili secondo alcun criterio digiustizia sociale o di convenienza economica.12

7. Quali che siano le argomentazioni teoriche in favo-re della riduzione dei salari, o contro di essa, neimomenti di depressione economica si tratta comun-que di una strada impraticabile

Nel diciannovesimo secolo, i lavoratori accettavanola riduzione dei salari per conservare il proprio posto dilavoro durante una crisi. Ora non è più così. Oggi ilicenziamenti sono l’unico modo pratico per ridurre ilcosto del lavoro, in parte a causa del potere dei sinda-cati, in parte per i sussidi di disoccupazione, in parteper il cambiamento delle aspettative.

8. Le riduzioni di salario, anche se praticabili, nonsarebbero giuste

Non ci si può affidare alle forze di mercato per allo-care la ricchezza della società in modo giusto. Il

Moloch economico afferma che i salari dovrebberoessere determinati dalla pressione economica.

Il modo equo per affrontare la cosa è quello di fissa-re i salari basandosi su

quanto è “giusto” e “ragionevole” in un rapporto diclassi.13

132

Tutti gli errori di Keynes

1122.. Keynes, General Theory, pp. 267, 269. 1133.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, pp. 261, 333.

Si può presumere che Keynes volesse che i suoiesperti pianificatori economici decidessero quali salarifossero “ragionevoli”, ma non lo dice in modo specifico.

9. Fortunatamente, durante una depressione non ènecessario ridurre i salari (al fine di controbilanciarela caduta dei prezzi) per evitare le bancarotte delleaziende. Esiste, infatti, un metodo migliore

Ricordiamoci che all’origine il problema non sono isalari alti, ma, piuttosto, il fatto che i prezzi crollano.14

La lezione basilare da trarre è, in primo luogo, che nonbisognerebbe mai permettere ai prezzi di crollare. Ladeflazione è il veleno di un’economia. Non minacciasolo i debitori, ma tutti quanti.

Qualora le misure preventive falliscano e i prezzicrollino bisogna arrestare subito la caduta. Bisognaristabilire il precedente livello dei prezzi. Una voltafatto questo, non si dovranno più tagliare i salari, etanto i profitti quanto l’occupazione non sarannominacciati dall’instabilità dei prezzi.

Fin qui tutto bene. Ma come si può evitare il crollodei prezzi, o come si possono riportare al livello prece-dente una volta crollati? La risposta è semplice: ilgoverno dovrebbe ingenerare un’inflazione sufficientea contrastare le forze deflazionarie e quindi mantenereo ristabilire il livello dei prezzi. Ci sono diversi modiper ottenere ciò, ma quello più semplice è che il gover-no stampi nuovo denaro e lo immetta nell’economia.

Per capire come potrebbe funzionare questa strate-gia, si prenda il semplice caso di due persone che viva-no in una remota isola tropicale dopo un naufragio. Laloro “economia” consiste in due coltelli e due dollari,tratti in salvo dalla nave affondata. In queste circostan-ze, possiamo prevedere che ognuno dei coltelli valgaun dollaro.

Supponiamo, poi, che dentro una bottiglia, sullaspiaggia, ci siano altri due dollari. Come conseguenza

133

I mercati non si auto-correggono

1144.. Si veda la nota di chiusura U.

di questa immissione di denaro, ogni coltello varrà duedollari. Allo stesso modo, il governo può alzare i prez-zi stampando grandi quantità di nuovo denaro eimmettendolo nell’economia attraverso un certo nume-ro di canali (prestandolo attraverso le banche, metten-dolo a disposizione sotto forma di sovvenzioni o dispesa pubblica). Keynes riassume questa strategia affer-mando che:

Considerata la natura umana e le nostre istituzioni,soltanto uno sciocco preferirebbe una politica salaria-le flessibile ad una politica monetaria flessibile […].15

Keynes riteneva che lo scopo primario di una «poli-tica monetaria flessibile» fosse quello di combattere ladeflazione, ma pensava che potesse avere anche altriutilizzi. In particolare, poteva essere usata per gestire lerichieste dei lavoratori. Se, in momenti normali, la pro-duttività lavorativa cresceva a un tasso del 2 per cento,ma i sindacati insistevano per un aumento del salariodel 4 per cento, un 2 per cento d’inflazione potevagarantire che l’aumento reale dei salari (corretto perl’inflazione) non fosse di un 4 per cento, ma di un 2 percento. Secondo Keynes, i lavoratori erano interessatisoprattutto al livello nominale dei salari, non a quelloreale (e corretto per l’inflazione).16

Per tutte queste ragioni, dunque, ma soprattutto percontrollare un’iper-deflazione, Keynes chiedeva unapolitica di

innalzamento dei prezzi – che per sintesi possiamochiamare inflazione – in tutto il mondo.17

134

Tutti gli errori di Keynes

1155.. Keynes, General Theory, p. 269.1166.. Keynes, General Theory, p. 9.1177.. John Maynard Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio

1932, in Collected Writings, vol. 21, p. 45.

KEYNES SULL’ECONOMIA GLOBALE E IL LIBERO SCAMBIO

1. L’oro è una «barbara reliquia»1

Nel suo primo libro Keynes descrisse le meraviglie ei lati positivi della prima economia realmente globale,quella che fiorì negli anni della sua gioventù, quando laGrande Guerra non aveva ancora sconvolto il mondo.Era un’età dell’oro, sia metaforicamente che material-mente, dal momento che il suo sistema monetario sibasava saldamente su fondamenta auree:

Quale straordinario episodio del cammino economicodell’uomo è l’età che termina nell’agosto 1914! L’abi-tante di Londra poteva ordinare per telefono, sorseg-giando a letto il tè mattutino, i vari prodotti di tutto ilglobo terracqueo, nella quantità che riteneva opportu-na, e contare ragionevolmente sul loro sollecito reca-pito a casa sua: poteva nello stesso momento e con lostesso mezzo avventurare la sua ricchezza sulle risor-se naturali e nelle nuove imprese in qualsiasi parte delmondo, e partecipare senza sforzo né fastidio ai lorosperati frutti e vantaggi; o poteva decidere di aggan-ciare la sicurezza delle sue fortune alla buona fede deicittadini di qualsiasi ragguardevole comunità munici-pale di qualsiasi continente suggerita dal capriccio o

135

Capitolo 9

Sì, No, e ancora Sì, alla globalizzazione economica

(se vi sembra un messaggio ambiguo, beh, lo è. Cercheremo comunque di chiarirlo)

11.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 4, Tract on MonetaryReform, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 138.

dall’informazione. Poteva procurarsi immediatamen-te, se lo desiderava, mezzi di trasporto comodi e pococostosi per qualsiasi Paese o clima, senza passaporto oaltre formalità; poteva mandare il suo domestico alpiù vicino ufficio bancario a fare la provvista deimetalli preziosi che gli parevano più convenienti erecarsi quindi in Paesi stranieri senza conoscerne reli-gione, lingua e costumi, portando su di sé denaroliquido, e avrebbe considerato il minimo impedimen-to una grave e stupefacente lesione dei suoi diritti. Masoprattutto egli riteneva questo stato di cose normale,certo e immutabile, se non nel senso di un ulterioremiglioramento, e aberrante, scandalosa ed evitabilequalsiasi deviazione dal medesimo. I progetti e la poli-tica del militarismo e dell’imperialismo, delle rivalitàrazziali e culturali, dei monopoli, delle restrizioni edelle esclusioni, destinati a giocare la parte del ser-pente all’interno di questo paradiso, erano poco piùche i passatempi del suo giornale quotidiano, e sem-bravano essere quasi del tutto ininfluenti sul corsoordinario della vita sociale ed economica, la cui inter-nazionalizzazione era in pratica pressoché completa.2

Il sistema aureo classico di questa prima economiaglobale implicava che tutto il mondo condividesse un’u-nica moneta. Il dollaro poteva rappresentare una frazio-ne di un’oncia d’oro, la sterlina inglese un’altra frazione,il franco francese un’altra ancora, e così via, ma si trat-tava sempre e soltanto della stessa moneta, l’oro. Alcunipaesi si basavano sull’argento, ma gli Stati Uniti rifiuta-vano il bi-metallismo (l’uso di entrambi i metalli prezio-si), così l’oro divenne la moneta del mondo.

Nonostante i vantaggi derivanti dall’avere un’unicamoneta mondiale, Keynes riteneva che il sistema aureofosse indebitamente restrittivo. Lasciava ai governinazionali poco o nessun controllo sull’offerta moneta-ria. Quando i tassi d’interesse erano troppo alti, secon-do Keynes una tendenza cronica, non si poteva stam-pare denaro aggiuntivo per farli abbassare.

136

Tutti gli errori di Keynes

22.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, pp. 10-12.

Keynes riteneva, poi, che la fede nell’oro fosse irra-zionale. Disse che il suo

prestigio [dipende dal…] colore [… e addirittura dall’]odore. […] Freud scrive che esistono particolari moti-vi, nel nostro inconscio, per cui l’oro in particolaresoddisferebbe istinti forti e precisi, e servirebbe dasimbolo.3

Il nostro primitivo rapporto con l’oro era stato rive-stito negli anni da teorie razionali e si era evoluto in uncomplesso e ormai

logoro dogma.

La sfida che si presentava alla società contempora-nea era quella di squarciare il velo dell’antica supersti-zione per forgiare

uno standard di carattere più scientifico.4

2. Un “sistema di scambio aureo” è meglio di un“sistema aureo classico”, ma non di molto

Il sistema aureo classico fu abbandonato allo scop-pio della prima guerra mondiale, nel 1914. A metà deglianni Venti venne seguito da una versione molto atte-nuata, chiamata “sistema di cambio aureo”. Questosistema conferiva ai governi un maggior controllo sullamoneta, ma Keynes continuava a ritenere che fosse una

catena,5

e salutò la sua abolizione nell’epoca della GrandeDepressione come

137

Sì, No, e ancora Sì, alla globalizzazione economica

33.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, p. 200; John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise onMoney: The Applied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1971, p. 258.

44.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 200. Si veda la nota di chiusura V. 55.. Paul Johnson, Modern Times: The World from the Twenties to the Eighties,

New York, Harper & Row, 1983, p. 164.

la rottura del nostro legame con il gold standard […] eun evento felice.6

I tentativi di stabilire un nuovo sistema monetario edi scambio globale che furono condotti durante laDepressione fallirono, principalmente perché il presi-dente Roosevelt inviò alla Conferenza di Londra del1933 una lettera in cui bocciava l’idea. Molte personepensarono che a causa di ciò la Depressione si stesseaggravando e prolungando, ma Keynes rispose che

il presidente Roosevelt ha magnificamente ragione.7

In quel frangente, Keynes agiva più o meno come unnazionalista economico e voleva la maggior libertà d’a-zione possibile per la Gran Bretagna.

Alla fine della seconda guerra mondiale, Keynesconcordava sul fatto che fosse necessario un nuovosistema monetario e di scambio globale. Il sistema cheemerse, chiamato di “Bretton Woods” dalla località delNew Hampshire in cui fu adottato formalmente, eraperò un altro sistema di cambio aureo. Keynes accettòriluttante, perché gli americani volevano un legame conl’oro. Un quarto di secolo dopo, anche gli Stati Unitiritennero che l’oro fosse una «catena» e lo abbandona-rono a favore di un sistema monetario cartaceo senzalimitazioni.

3. Ciò di cui c’è davvero bisogno è un’unica autoritàmonetaria mondiale gestita secondo linee guidascientifiche

Quando nel 1971 gli accordi di Bretton Woods crollaro-no, vennero sostituiti da un sistema ”spurio” di tassi flut-tuanti, vale a dire un sistema di tassi di cambio monetarionazionali mobili che i governi manipolarono sempre più.

138

Tutti gli errori di Keynes

66.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 215; John Maynard Keynes, CollectedWritings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Britain andAmerica, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1982, p. 41.

77.. John Maynard Keynes, articolo, Daily Mail, in Collected Writings, vol. 21,p. 273.

Anche se Keynes morì nel 1946 (a causa di problemicardiaci cronici), in diverse occasioni aveva avutomodo di dire cose sia positive che negative sul concettodei tassi fluttuanti.8 In realtà, ciò che favoriva maggior-mente, e che aveva cercato senza successo d’istituireall’interno del sistema di Bretton Woods, era un’agen-zia sovranazionale autorizzata a creare una propriamoneta cartacea:

Abbiamo raggiunto uno stadio nell’evoluzione dellamoneta in cui una valuta “guidata” è inevitabile, ma[… è meglio affidare il compito] a un’unica autorità[…] con il discernimento plenario e la gestione scienti-fica [… di] un’autorità sovranazionale.9

Robert Mundell, l’economista della Columbia Uni-versity che fondò quella che venne chiamata supply-sideeconomics, in seguito convenne con Keynes sul fatto chefosse auspicabile un unico sistema monetario mondiale(diverso dall’oro): «L’ideale sarebbe che l’economia[globale] avesse un’unica moneta, forse con una bancacentrale. [Nel frattempo], un sistema di tassi di cambiofissi farebbe le veci della moneta mondiale».10

4. La prima economia globale, che ebbe fine con laprima guerra mondiale, dipendeva dal sistema aureoclassico, ma era anche fortemente votata agli scambiinternazionali. Nel caso della Gran Bretagna ciò signi-ficava essere votati al libero scambio

Keynes si occupò molto del libero scambio, cheapprezzava. Conveniva sul fatto che il libero scambioincoraggiasse le nazioni a specializzarsi e che un elevatolivello di specializzazione ci avrebbe resi tutti più ricchi.

139

Sì, No, e ancora Sì, alla globalizzazione economica

88.. Per un commento in generale positivo, si veda Collected Writings, vol. 6,p. 298; per un commento negativo, si veda Robert Skidelsky, John MaynardKeynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p.208.

99.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 159; Keynes, Collected Writings, vol.6, pp. 268, 303.

1100.. Citato in Robert Bartley, The Seven Fat Years, New York, Free Press,1992, p. 206. Si veda la nota di chiusura W.

Da giovane economista, considerava ogni forma di allon-tanamento dalla dottrina del libero scambio come un’

idiozia e […] un oltraggio.11

Nel 1923 scrisse:

Dobbiamo considerare il libero scambio, nella sua inter-pretazione più estesa, come un dogma inflessibile.12

E anche:

Se vi è una cosa che il protezionismo non può fare, èguarire la disoccupazione. […] La pretesa di guarire ladisoccupazione implica la fallacia protezionista nellasua forma più grossolana e patente.13

Lo stesso Keynes citò questo suo ultimo passaggionella Teoria generale, per dimostrare quanto ormai fosse-ro cambiate, nel 1936, le sue idee.

Ciò che aveva fatto cambiare opinione a Keynes erastata la Grande Depressione e l’ondata protezionista chene era seguita. Nel 1930, gli Stati Uniti approvarono loscellerato Smoot-Hawley Tariff Act (che innalzava le bar-riere allo scambio). Un migliaio di economisti americanibiasimarono immediatamente questo provvedimento.Oggi la gran parte degli economisti lo incolpa di avereper lo meno aggravato, e forse fatto anche precipitare, laDepressione. (Potrebbe aver contribuito a farla precipi-tare dal momento che prima del crollo del 1929 eranoancora in corso le audizioni sul progetto di legge.)

L’America aveva la più grande economia del mondoe le sue azioni avevano un’importanza enorme. Ma

140

Tutti gli errori di Keynes

1111.. John Maynard Keynes, New Statesman and Nation, 8 e 15 luglio 1933,in Collected Writings, vol. 21, p. 233.

1122.. Citato in William Beveridge, Tariffs: The Case Examined, London, Long-mans, Green and Co., 1931, p. 242; anche in Henry Hazlitt (a cura di), TheCritics of Keynesian Economics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 338.

1133.. John Maynard Keynes, Nation and Athenaeum, 24 novembre 1923, inJohn Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 334.

aveva anche una forte tradizione di protezionismo, perlo meno a partire dalla Guerra Civile. La Gran Breta-gna, al contrario, era già da molto tempo una nazioneleader nella pratica e nella difesa del libero scambio.Come avrebbe risposto ai dazi dello Smoot-Hawley Act?

La risposta giunse a breve. Alcuni commentatoriritengono che furono il dietrofront di Keynes sul liberoscambio, e la sua adesione al protezionismo dei primianni Trenta,14 a far cambiare il corso degli eventi.15 Chesia vero o meno, nel 1932 la Gran Bretagna abbandonòil libero scambio a favore della “preferenza imperiale”(un libero scambio all’interno dell’impero). Questoimplicò un altro durissimo colpo per il commerciomondiale, e la Depressione si aggravò.

Nel 1936, nella sua Teoria generale, Keynes lodava dinuovo la dottrina mercantilistica del sedicesimo e deldiciassettesimo secolo, che era stata protezionista, e viritrovava un

elemento di verità scientifica,16

ma insisteva anche sul fatto che

i vantaggi della divisione internazionale del lavorosono reali e notevoli, per quanto la scuola classica neabbia molto esagerato l’importanza.17

Sulla questione della globalizzazione, pare che Key-nes in genere approvasse l’idea di un’economia globa-le, anche se, di tanto in tanto, abbracciò il nazionalismoeconomico, il protezionismo, i controlli sul capitale18 e

141

Sì, No, e ancora Sì, alla globalizzazione economica

1144.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31:Rethinking Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1981, p. 488.

1155.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 124.1166.. Keynes, General Theory, p. 335.1177.. Keynes, General Theory, p. 338. Si veda la nota di chiusura X.1188.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theory

and After: Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1973, p. 199; Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Bri-tain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 191.

via dicendo. Di sicuro voleva un’autorità monetariamondiale unica, presumibilmente in un regime di libe-ro scambio, fintanto, però, che qualcuno come lui vifosse posto alla guida.

142

Tutti gli errori di Keynes

Parte terzaPerché Keynes si sbagliava

Nella terza parte del libro inizieremo il processo diconfutazione delle argomentazioni di Keynes. Procede-remo riprendendo ogni capitolo e ogni argomentodella seconda parte, ripetendo le idee di Keynes, avolte letteralmente, ma di norma riassumendole. Casoper caso, cercheremo di spiegare cosa c’è di sbagliato eil motivo per il quale siamo giunti a tali conclusioni.

1a. Keynes: i tassi d’interesse sono troppo alti

Il saggio d’interesse non si adegua automaticamente allivello meglio consono al vantaggio sociale ma tendecostantemente a salire troppo in alto.1

1b. Commento: si tratta di un assalto frontale all’inte-ro sistema dei prezzi

Keynes non fornisce definizioni di questi termini.Non ci dice cos’è il «vantaggio sociale». Non ci dicecome possiamo sapere quando i tassi d’interesse sonoscesi abbastanza. Ciò nonostante, egli qualcosa d’im-portante lo dice: che non ci si può fidare del sistema deiprezzi.

È essenziale tenere a mente che i tassi d’interesse sonoun prezzo, il prezzo del denaro preso a prestito. Ma nonsono solamente un prezzo: sono uno dei prezzi piùimportanti in un’economia. Tutti i prezzi sono intercon-nessi, ma questo, in particolare, condiziona tutti gli altri.

Le attività economiche si affidano ai prezzi per otte-nere le informazioni con le quali far muovere l’econo-mia. Se viene violato il sistema dei prezzi per i tassid’interesse, non ci sarà alcuna parte dello stesso sistemache non ne sarà condizionata. Se il sistema dei prezzi è

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Capitolo 10

«Abbassare i tassi d’interesse»(e ottenere un vortice d’inflazione,

bolle speculative e fallimenti)

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 351.

zoppicante, la questione diventa molto seria, dalmomento che i tentativi di sostituire i prezzi di mercatocon prezzi imposti dal governo in genere non hannosuccesso. Come disse in merito all’Unione SovieticaOysten Dale, un manager dell’industria del petrolionorvegese, «è crollata perché non ha permesso ai prez-zi [di mercato] di raccontare la verità economica».2

Come regola, dovremmo diffidare enormemente diqualsiasi argomentazione che inizi con il buttare fuoridalla finestra il sistema dei prezzi di mercato; tuttavia,per il momento, eviteremo ogni ulteriore valutazione ecercheremo di capire dove voleva arrivare Keynes.

2a. Keynes: tassi d’interesse elevati fanno sì che ilmondo resti povero

Che il mondo sia così povero di capitali accumulatidopo parecchi millenni di costante risparmio indivi-duale è una circostanza la cui spiegazione [è] il saggiod’interesse […] tenuto elevato.3

2b. Commento: la paura dei furti, compresi i furti aopera del governo, è una spiegazione più probabile

Perché l’umanità è ancora così povera? Questa è unagran bella domanda. Come rilevato nel mio libro, Arethe Rich Necessary?, anche le somme più basse, capita-lizzate in lunghi periodi, diventano inconcepibilmentegrandi. Dieci dollari capitalizzati a un 3 per centoannuo per 1000 anni darebbero una somma più di duevolte superiore alla totale ricchezza mondiale di oggi. Eallora perché l’umanità non ha fatto di meglio? Cos’èche ci ha fatto rimanere indietro?

Qualsiasi risposta a queste domande deve essere perforza di cose un’ipotesi. Non è colpa di Keynes se nonci offre nessuna prova a sostegno della sua particolareipotesi. Ma sono davvero i tassi d’interesse elevati ilnocciolo del problema?

146

Tutti gli errori di Keynes

22.. Lester Brown, comunicato stampa, 6 novembre 2001.33.. Keynes, General Theory, p. 242.

Perfino Keynes ammette che è sempre esistita unaquestione di sicurezza e che i tassi erano elevati in parteanche perché prestare del denaro non era una cosa sicu-ra.4 Non sarebbe ragionevole considerare la mancanzadi certezza come la variabile principale e ritenere i tassid’interesse elevati solamente un sintomo secondario?Storicamente, nella gran parte delle società non eraaffatto sicuro avere proprietà e tanto meno fare prestiti.Il modo migliore per salvaguardare i propri averi eranasconderli, il che rendeva difficile l’investimento. Per-ché investire se qualcun altro dopo poco avrebbe ruba-to i profitti?

Inoltre, storicamente, questo qualcun altro spessonon era né un ladro, né un ”prepotente”. Spesso eraproprio lo Stato. Uno Stato ben funzionante monopo-lizza l’uso della forza. Può usare la forza, e lo fa, per tas-sare o addirittura espropriare. Forse non è proprio que-sta una delle principali ragioni per cui l’umanità è rima-sta così povera? – la paralisi dell’investimento privatocausata dalla paura di confische da parte dello Stato? Seè così, non dovremmo fermarci un attimo prima di chie-dere allo Stato, come fa Keynes, di assumere un ruolosempre più ampio nell’economia?

3a. Keynes: i tassi d’interesse sono elevati perché lepersone si rifiutano di concedere prestiti o di farlo intermini ragionevoli

I tassi d’interesse sono più elevati di quanto dovreb-bero essere in parte perché le persone, per paura, «accu-mulano» il loro denaro, il che genera una scarsità difondi prestabili e questo fa salire i tassi; e in parte per-ché i «possessori di ricchezza» semplicemente non«accettano» dei tassi ragionevoli.5

3b. Commento: queste sono solo delle sparate (intui-zioni, impressioni) di Keynes, prive di qualsiasi evi-denza reale

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«Abbassare i tassi d’interesse»

44.. Keynes, General Theory, p. 351.55.. Keynes, General Theory, pp. 174, 309, 351.

L’idea che i prestatori di denaro aspettino ostinata-mente tassi esorbitanti è assolutamente bizzarra. Dà l’i-dea di un mercato unilaterale nel quale i prestatoridetengono il massimo potere e coloro che chiedono unprestito ne hanno poco o nessuno. Forse Keynes ragio-na in termini marxisti, vale a dire crede che i prestatorisiano potenti poiché sono ricchi, mentre chi ricorre alprestito è privo di potere perché povero. Ma non è vero.I prestatori non sono necessariamente ricchi e chi chie-de prestiti non è necessariamente povero.

La gran parte delle domande di prestito richiedegaranzie, un qualcosa che il prestatore può trattenerenell’eventualità di un’insolvenza. Per prendere a presti-to denaro, dunque, solitamente bisogna avere già dena-ro. La stragrande maggioranza dei prestiti viene richie-sta da persone e aziende ricche, che possono offrire legaranzie necessarie. Dal momento che i richiedentisono generalmente ricchi e potenti, perché i prestatoridovrebbero essere in grado di “manovrare” il mercato aproprio favore?

In molti casi, ovviamente, le persone sono sia credi-tori, sia debitori di un prestito, a volte in modo conse-quenziale, altre volte simultaneo. Ad esempio, possonochiedere denaro per comprare una casa, ma anche pre-starne dai propri conti pensionistici. Il mercato vagliadomanda e offerta e stabilisce il tasso. Il rifiuto a pre-stare al tasso di mercato da parte di un singolo presta-tore non farà la minima differenza nel sistema. Né ilprestatore né il richiedente il prestito possono dettare itermini per il denaro all’interno di un mercato, esatta-mente come non lo si può fare nel mercato di altri pro-dotti o proprietà.6

4a. Keynes: per abbassare i tassi d’interesse bisognacreare nuovo denaro

Il governo può e dovrebbe far abbassare i tassi d’in-teresse fino a un livello più ragionevole, aumentando la«quantità» di fondi disponibili al prestito. Lo si può fare

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Tutti gli errori di Keynes

66.. Si veda la nota di chiusura Y.

creando nuovo denaro e offrendolo alle banche per sti-molare il credito.7

4b. Commento: la strategia di Keynes, basata sul crea-re nuovo denaro per ridurre i tassi d’interesse, allafine produce l’effetto contrario. Perché? Esploreremole ragioni passo dopo passoi. Il nuovo denaro genera inflazione

Keynes ha ragione sul fatto che l’immissione dinuovo denaro nel sistema bancario dovrebbe, almenoinizialmente, diminuire i tassi d’interesse. Tuttavia c’èun intoppo. Non appena il nuovo denaro viene preso inprestito, uscirà dal sistema ed entrerà nell’economia.Una volta lì, tenderà a far alzare gli altri prezzi. In altreparole, tenderà a creare inflazione.

Se il mondo è costituito da un coltello e due dollari,si può dire che il coltello “vale” due dollari. Ma se ilgoverno aggiunge altri due dollari, il coltello ne valequattro. Se il governo potesse immettere nell’economiasia “cose” che denaro, allora i prezzi non avrebbero lanecessità di aumentare. Ma l’immissione di solo denaroallo scopo di abbattere un prezzo (i tassi d’interesse) diregola riuscirà solamente ad aumentare gli altri prezzi.

Questo è il motivo principale per cui gli illustri eco-nomisti americani Frank Knight e Jacob Viner, nei lorocommenti alla Teoria generale di Keynes del 1930, disse-ro che l’autore proponeva «rimedi inflazionistici». L’e-conomista Melchior Palyi fu più diretto: «Spogliatadella semantica cripto-scientifica, la medicina keynesia-na è l’inflazione».8

Il che è abbastanza ironico, dal momento che Keynesaveva iniziato la sua carriera come acerrimo nemicodelle politiche inflazionistiche.9

149

«Abbassare i tassi d’interesse»

77.. Keynes, General Theory, pp. 167-168, 197-199, 268, 298. Si veda la notadi chiusura E.

88.. Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Keynesian Economics, New York,D. Van Nostrand, 1960, pp. 49, 94, 412.

99.. Si veda la nota di chiusura Z.

ii. L’inflazione porta a dei tassi d’interesse più elevati, nonpiù bassi

Vi è poi un ulteriore intoppo. Che cosa accadrà aitassi d’interesse quando gli altri prezzi inizieranno asalire? I finanziatori dei prestiti, ovviamente, si accor-geranno che il denaro con cui vengono saldati i debitinon avrà lo stesso potere d’acquisto di qualche tempoprima. Ciò farà sì che smetteranno del tutto di metterea disposizione il proprio denaro o ne presterannomeno, il che tenderà a far salire i tassi d’interesse. I tassipossono aumentare addirittura prima che appaia l’in-flazione, se i prestatori hanno un’ottica orientata alfuturo e intraprendono misure per proteggersi.

E questo, oltre ad avere un che di ironico, è un esem-pio di ciò che gli economisti chiamano “conseguenzanon intenzionale”. La ricerca di tassi d’interesse piùbassi tramite l’immissione di nuovo denaro nell’econo-mia tende a portare, prima o poi, a tassi più alti. L’eco-nomista svedese Knut Wicksell (1851-1926) fu il primoa sviluppare questo aspetto e nessuno, nemmeno Key-nes, lo smentì mai.

iii. Gli anni Settanta illustrano come l’inflazione porti a tassid’interesse più elevati

Negli Stati Uniti, come altrove, la stampa di nuovodenaro degli anni Sessanta e Settanta portò a un’infla-zione molto alta, che a sua volta portò ad avere tassid’interesse elevatissimi sul lungo periodo. Solo l’inter-vento decisivo del presidente della Federal Reserve,Paul Volcker, alla fine spezzò la spirale inflazionistica.Volcker smise di emettere denaro, cessò di mantenerebassi i tassi d’interesse sul breve periodo, lasciò delibe-ratamente che l’economia sprofondasse in una graverecessione, subì moltissime critiche dai politici dellanazione, ma ottenne la sua rivalsa quando l’inflazionecalò e l’economia si riprese. Agli inizi degli anni Ottan-ta, Keynes appariva come un falso profeta, uno le cuiraccomandazioni avevano portato il mondo sull’orlodella rovina economica.

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Tutti gli errori di Keynes

iv. Gli illusori anni NovantaForse il decennio successivo, quello degli anni

Novanta, contraddice la nostra argomentazione e ven-dica le idee di Keynes? No. In questo caso, il keynesi-smo portò a bolle speculative e a crisi. Ma gli eventifurono davvero fuorvianti.

Dopo la profonda depressione dei primi anni Ottan-ta, i governi ricominciarono a stampare denaro. I prez-zi al consumo salirono (raddoppiarono nel quarto disecolo successivo alla recessione di Volcker), ma l’incre-mento sembrò moderato rispetto agli standard deglianni Settanta. I tassi d’interesse non salirono quando ilritmo dell’emissione di nuovo denaro ebbe il suo picco,negli anni Novanta e oltre; al contrario, scesero. Inassenza della remora posta da tassi d’interesse elevati oda una recessione, l’economia entrò in una fase espan-siva.

Molte persone pensarono che ciò dimostrasse cheKeynes aveva ragione. Contrariamente alle evidenzetratte dagli anni Settanta, era possibile immetterenuovo denaro nell’economia e ridurre i tassi d’interessesenza innescare l’inflazione e il successivo aumento deitassi. Per capire perché questa visione è scorretta, dob-biamo andare un po’ più a fondo negli anni Novanta.

a. Un’inflazione nascostaL’economista Ludwig von Mises (1881-1973) osservò

che esistono alcune occasioni nelle quali l’inflazione deiprezzi al consumo è difficile da individuare. Mises pen-sava agli anni Venti (prima del crollo finanziario), ma lesue osservazioni si possono applicare anche agli anniNovanta e a gran parte del primo decennio del terzomillennio. In queste occasioni, l’economia è altamenteproduttiva, il che significa che i costi per le aziendescendono. In aggiunta, la globalizzazione del mercatodel lavoro consente l’ingresso di merci da paesi con unminore costo del lavoro. Per queste ragioni, i prezzi alconsumo dovrebbero scendere costantemente. Il cheaiuta in modo particolare la gente più povera, in gradocosì di comprare di più con redditi limitati. Comunque,

151

«Abbassare i tassi d’interesse»

tutti traggono benefici dall’essere in grado di compraredi più spendendo meno.

Ma cosa accade quando i prezzi, invece di scendere,diciamo di un 3 per cento annuo, in realtà salgono di un3 per cento? La spiegazione è che il governo sta crean-do (e immettendo nell’economia) nuovo denaro inmisura sufficiente ad alzare i prezzi di un 6 per cento.Ovviamente, tutto questo non è evidente, ma nascosto.Sembra che i prezzi stiano aumentando solamente diun 3 per cento, quando in realtà l’incremento effettivo èdel 6 per cento.

b. Un’inflazione non rendicontataAnche le statistiche sull’inflazione del governo pos-

sono essere errate. Sotto l’amministrazione Reagan,negli anni Ottanta, i sussidi della sicurezza sociale ealtri programmi governativi vennero legati al calcolodell’inflazione dei consumi. Che sia stata una coinci-denza o meno, le nuove procedure per il calcolo del-l’inflazione sviluppate sotto l’amministrazione Clinton,negli anni Novanta, davano in genere un livello d’infla-zione inferiore a quello reale. E il vecchio metodo esclu-deva dai conteggi i cambiamenti dei prezzi delle abita-zioni, per cui nessuna delle bolle immobiliari fu messain luce dai prezzi al consumo calcolati.10

c. Un’inflazione degli assetGli indici d’inflazione governativi si limitano a

misurare solo i prezzi dei beni di consumo. Ma il nuovodenaro immesso dal governo non fluisce solamente inquesto settore. Può essere indirizzato anche verso leazioni, come accadde negli anni Novanta, oppure puòspostarsi sul mercato immobiliare, come avvenne sianegli anni Novanta che nel primo decennio del ventu-nesimo secolo. Può fluire verso altri asset d’investimen-to, come accadde in entrambe le occasioni. Ancora, puòessere diretto all’arte e alle collezioni. Dal momento cheil nuovo denaro del governo entra nell’economia attra-

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Tutti gli errori di Keynes

1100.. Si veda la nota di chiusura AA.

verso le banche e sotto forma di fondi disponibili per ilprestito, tutto dipende da chi ottiene il denaro e dall’u-so che ne fa.

d. Bolle speculativeL’inflazione nascosta, l’inflazione non rendicontata

e l’inflazione degli asset contribuiscono tutte alla crea-zione di una bolla speculativa. Quella che sembra unamoderata inflazione dei prezzi al consumo aiuta amantenere bassi i tassi d’interesse. A sua volta, ciòrende assai facile ottenere in prestito somme semprepiù elevate, da investire in asset come azioni o immo-bili. Quando i prezzi di questi asset salgono perchétutto il denaro preso a prestito è stato incanalato inquesti mercati, i prestatori sono ancora disposti a con-cedere prestiti a fronte degli stessi asset e la gente è bendisposta a chiederne per comprarli. Prima di quanto sicreda, tutto il nuovo denaro incanalato in asset d’inve-stimento ha dato vita a una bolla speculativa vera epropria.

e. La bolla del dot-com e la bolla immobiliareNegli anni Novanta, le società per azioni presero a

prestito molto del nuovo denaro che fluiva nell’econo-mia e lo usarono per accaparrare le proprie azioni. Iprezzi delle azioni salirono; la gente se ne accorse e ini-ziò a comprarle. L’ex presidente della Fed Alan Green-span disse che ci si trovava in una «nuova era», la bollacrebbe fino a che, alla fine, iniziò a far salire l’inflazionedei prezzi al consumo, si alzarono i tassi d’interesse (dipoco) e la bolla scoppiò.

La Fed rispose seguendo le linee guida di Keynes eabbassò i tassi d’interesse fino a un 1 per cento. Li man-tenne su questi livelli per un anno e al di sotto del tassod’inflazione al consumo rendicontato per tre anni. Eracome buttar via denaro e la cosa portò inesorabilmentealla bolla immobiliare e poi al suo scoppio, iniziato nel2007. Verso la fine della bolla immobiliare, finalmente, itassi d’interesse iniziarono a salire.

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«Abbassare i tassi d’interesse»

v. Morale della favola: gli sforzi del governo per ridurre i tassid’interesse creano le condizioni che poi portano ai crolli

Il denaro “stampato” e immesso dal governo nell’e-conomia attraverso il sistema bancario porta sempreall’inflazione, se intendiamo e definiamo in modoappropriato l’inflazione. A sua volta questa inflazioneporterà a crolli.

Come concluse Ludwig von Mises, il critico piùsistematico di Keynes,

le fluttuazioni cicliche delle attività economiche nonsono un avvenimento che ha la propria origine nellasfera del libero mercato, ma sono un prodotto dell’in-terferenza del governo nelle condizioni economiche,con lo scopo di abbassare il tasso d’interesse al di sottodel valore al quale il libero mercato l’avrebbe fissato.11

Questo significa che tassi d’interesse artificialmentebassi, alla lunga, non portano a un boom economico,ma a una crescita con successivo crollo, benché il per-corso che porta alla crisi economica possa essere quellodell’inflazione dei prezzi al consumo o della bolla eco-nomica.

Si può obiettare all’affermazione di Mises ciò chesegue. Dal momento che i cicli espansivi e recessivisono una caratteristica della vita economica da secoli(se non da prima ancora), come si può darne la colpaalle politiche keynesiane? La risposta più breve è cheKeynes non ha inventato il ricorso all’inflazione. Ben-ché i cicli di crescita e crisi economiche siano preceden-ti a lui e alle sue specifiche politiche inflazionistiche, itentativi del governo di opporsi al sistema dei prezzi eridurre i tassi d’interesse sono antichi come la storiadell’uomo. Infatti, il controllo dei prezzi e dei tassi d’in-teresse è inscritto (letteralmente sulla pietra) nell’anticocodice delle leggi di Babilonia, il codice di Hammurabi.

Ci sono state epoche di minore e maggiore interfe-

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Tutti gli errori di Keynes

1111.. Ludwig von Mises, Human Action: A Treatise on Economics, San Franci-sco, Fox & Wilkes, 1966, pp. 562, 565, 570, 572, 574, 576. Si veda la notadi chiusura BB.

renza governativa nel sistema dei prezzi e dei tassi d’in-teresse. Ma anche nella cosiddetta epoca del laissez-faire,che ebbe fine con la prima guerra mondiale, leggi eregolamenti bancari aumentarono la fornitura di dena-ro, ridussero artificialmente i tassi d’interesse e cosìdestabilizzarono l’ambiente economico. Discuteremoulteriormente questo punto in un capitolo successivo.12

5a. Keynes: il denaro immesso nell’economia non èdiverso dai risparmi tradizionali

I timori legati all’intervento dello Stato nell’econo-mia e all’aumento dell’ammontare di denaro circolantesono infondati. Il nuovo denaro stampato dal governoe immesso nel sistema bancario è

genuino precisamente quanto qualunque altro rispar-mio.13

5b. Commento: il denaro creato dal governo non è unrisparmio; anzi, distrugge il risparmio

È orwelliano riferirsi al nuovo denaro stampato conil termine risparmio. Qualsiasi siano i meriti o i deme-riti del denaro “fresco di stampa”, non si tratta dirisparmi. Il termine risparmio descrive denaro che èstato guadagnato e che dopo essere stato guadagnatonon viene speso, ma piuttosto messo da parte per leemergenze o per essere investito.

E non dobbiamo nemmeno pensare che il nuovodenaro stampato dallo Stato andrà semplicemente adaccrescere i risparmi tradizionali, cioè a “dare il toccofinale”. Questo concetto è assolutamente errato. Ilnuovo denaro del governo alla fine andrà a distruggerei risparmi tradizionali. E questo è vero perché l’infla-zione che ne deriva, manifesta o nascosta, alla fine ero-derà il potere di acquisto dei risparmi tradizionali erovinerà così il risparmiatore, soprattutto se con pochisoldi mesi da parte.

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«Abbassare i tassi d’interesse»

1122.. Si veda la nota di chiusura CC.1133.. Keynes, General Theory, pp. 82-83.

Questo è il motivo per cui Malcolm Bryant, presi-dente della Federal Reserve Bank of Atlanta, nel 1957disse:

Se dovesse essere attuata una politica [governativa]d’inflazione attiva, […] dovremmo avere la decenza didire al risparmiatore: “Resta fermo, pesciolino! Voglia-mo solo sventrarti”.14

6a. Keynes: non c’è nulla di speciale nei tassi d’inte-resse esistenti

[Dal momento che] il saggio d’interesse preesistente nonpossiede alcuna speciale virtù, [non vi è alcun] malanno[nell’abbassarlo tramite l’intervento pubblico].15

6b. Commento: c’è qualcosa di molto speciale nei tassid’interesse esistenti se si tratta di tassi di mercato

Il sistema dei prezzi è fondamentale. Fornisce inmodo affidabile le informazioni sulla domanda e sul-l’offerta a tutti i partecipanti al mercato e coordina cosìl’intera economia. Assieme alla carota del profitto e albastone del fallimento aziendale e della bancarotta,aiuta a ottenere i maggiori livelli qualitativi e quantita-tivi di produzione al minor costo possibile.16 Se si accet-ta questo assunto fondamentale, allora tutti i prezziliberi sono “speciali”, ma il prezzo del denaro preso aprestito è, se non altro, ancora più “speciale”, a causadel ruolo centrale che svolge nell’economia.

Se si rifiuta il sistema dei prezzi, logicamente ènecessario proporre un’alternativa. L’economista Lud-wig von Mises, nel suo libro Socialismo, sostiene che non

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Tutti gli errori di Keynes

1144.. The Commercial and Financial Chronicle, 21 novembre 1957, citato inJames Grant, The Trouble with Prosperity: The Loss of Fear, the Rise of Specula-tion, and the Risk to American Savings, New York, Random House, 1996, pp.37-38; anche in Hunter Lewis, How Much Money Does An Economy Need?,Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2007, p. 19.

1155.. Keynes, General Theory, p. 328.1166.. Hunter Lewis, Are the Rich Necessary? Great Economic Arguments and

How They Reflect Our Personal Values, Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2007,capp. 8-10.

esista alcuna alternativa concepibile (e praticabile). Se ècosì, allora dobbiamo stare molto attenti ad alterare ilsistema dei prezzi.

7a. Keynes: i saggi d’interesse (e i dividendi azionari)dovrebbero essere portati a zero

Opinerei che una collettività, governata con un certogiudizio, […] dovrebbe essere in grado di abbassarefin quasi a zero, nel corso di una sola generazione, [ilgenerale tasso di profitto e il prevalente tasso d’inte-resse]. [… Così che il detentore di capitale a quelpunto] non riceva più un premio gratuito.17

Il possessore del capitale [è essenzialmente] senza fun-zioni. […] Può ottenere l’interesse perché il capitale èscarso […]. Ma […] non vi sono ragioni intrinsechedella scarsità del capitale [dal momento che il governopuò sempre stamparne di nuovo e distribuirlo].18

[Rendere il capitale disponibile in abbondanza] puòessere il modo più sensato di liberarsi progressiva-mente di molte fra le caratteristiche più discutibili delcapitalismo […] Il redditiero [il ricco prestatore o inve-stitore] scomparirebbe […] e di conseguenza […] ilpotere oppressivo e cumulativo del capitalista di sfrut-tare il valore di scarsità del capitale.19

7b. Commentoi. I tassi d’interesse pari a zero non hanno senso

Si potrebbe sostenere che la Federal Reserve, fissandoi tassi d’interesse al di sotto del tasso d’inflazione duran-te gli anni della bolla immobiliare, abbia già sperimenta-to il concetto del prestito gratuito. Ma Keynes sostenevaqualcosa di ancora più estremo: tassi d’interesse pari azero. È realistico? Si possono portare a zero i tassi d’inte-resse, per di più nell’arco di una generazione?

Se possiamo prendere in prestito del denaro a titolo

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«Abbassare i tassi d’interesse»

1177.. Keynes, General Theory, pp. 220, 376.1188.. Keynes, General Theory, p. 376.1199.. Keynes, General Theory, pp. 221, 376.

gratuito, questo significa che il denaro non ha alcunvalore. Se possiamo avere un prestito senza costiaggiuntivi, perché dovremmo preoccuparci di restituir-lo? C’è qualcosa di diverso fra il regalare denaro e ilprestarlo senza alcun interesse? L’economista Ludwigvon Mises spiega quanto tutto ciò sia privo di senso:

Non ci può essere nessuna questione in merito all’a-bolire l’interesse a opera d’istituzioni, leggi o stru-menti di manipolazione bancaria [come un’immissio-ne da parte del governo di nuovo denaro nel sistemadi prestito attraverso le banche]. Chi voglia “abolire”l’interesse, dovrà indurre le persone a valutare unamela disponibile in un centinaio d’anni non meno diuna mela disponibile oggi.20

ii. È marxismo, ma con il creditore al posto del titolare d’a-zienda a ricoprire il ruolo del cattivo

Il fugace riferimento di Keynes al «potere oppressi-vo e cumulativo del capitalista di sfruttare» è moltointeressante. Cosa significava esattamente? Vuole direche la richiesta di un interesse è illegittima o immorale?

Henry Hazlitt commenta così tale passaggio diKeynes:

Questa, ovviamente, è solamente una teoria di classedel ciclo economico, […] singolarmente simile a quel-la di Marx. Come nel marxismo, il tacito presuppostoè che tali politiche pubbliche siano necessarie per pro-teggere i poveri e mettere a disagio i ricchi. Ma, pro-prio come nel marxismo, si finge che la morale nonabbia nulla a che fare con la teoria, che il “sistema” esi-stente non funzioni e debba essere abbattuto.

La differenza fra marxismo e keynesismo è che per ilprimo il “cattivo” è il datore di lavoro, per il secondoè il creditore.21

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Tutti gli errori di Keynes

2200.. Von Mises, Human Action, p. 529; anche in Mark Thornton (a cura di),The Quotable Mises, Auburn (AL), Ludwig von Mises Institute, 2005, p. 124.

2211.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 318.

iii. Keynes e ProudhonOvviamente, non fu Marx a inventare il socialismo

e Keynes presenta alcune caratteristiche in comunecon altri socialisti. Uno di questi, Pierre-Joseph Proud-hon (1809-1865), è famoso per aver detto che la «pro-prietà è un furto», ma fu anche il creatore dell’idea delcrédit gratuit, credito gratuito, la stessa promossa daKeynes.

iv. Cosa significa davvero “crédit gratuit”Bisogna fare un’altra precisazione in merito alla ver-

sione keynesiana del credito gratuito, una precisazionefatta anche da Hazlitt. Se i profitti economici e i tassid’interesse raggiungono un livello nullo, come speravaKeynes, ogni cosa costerà poco. L’umanità avrà rag-giunto un’utopia economica nella quale la scarsità èabolita.

v. Si può abolire la scarsità attraverso il programma keyne-siano di abbassamento dei tassi d’interesse?

Per cercare di rispondere a questa domanda, pren-diamo in considerazione due diverse visioni dellapovertà umana:

A. Miliardi di esseri umani vivono in povertà perchécibo, vestiario, abitazioni e altri beni utili sono scarsi,caratteristica che li rende costosi. Affinché tutta la razzaumana esca dalla povertà, dobbiamo lavorare sodo,risparmiare e investire, in modo da produrre più beni edi migliore qualità a prezzi più bassi.

B. Il problema non è la scarsità dei beni. È la scarsitàdel denaro. Le autorità pubbliche dovrebbero distribui-re più denaro in modo che tutti ne abbiano abbastanza.

La maggior parte delle persone capirà subito che laseconda visione non è corretta. Non funzionerà mai.Anche se dessimo a ogni povero un milione di dollariall’anno, questo denaro non lo aiuterà, perché nelmondo ci sarebbe solo molto più denaro, ma non cibo,vestiario, abitazioni e altri beni utili. L’unico risultatoche si ottiene dall’afflusso di nuovo denaro è un innal-zamento dei prezzi. Le persone che erano povere con

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«Abbassare i tassi d’interesse»

300 dollari all’anno, sarebbero povere con un milione didollari all’anno.22

Ora, prendiamo in considerazione una terza alterna-tiva:

C. Il problema non è la scarsità dei beni, ma il fattoche il denaro disponibile al prestito è scarso. Se lo Statofornirà fondi illimitati per il prestito, possiamo investi-re tali fondi in nuove industrie e attività economiche e,in una generazione, nulla sarà più scarso.

Quest’ultima è la soluzione di Keynes e, sfortunata-mente, è errata tanto quanto la seconda. Stamparedenaro e renderlo disponibile al prestito avrà lo stessorisultato dello stampare denaro e regalarlo. Addirittura,può far salire i prezzi di beni e servizi, e in quel casoparleremo d’inflazione. O farà sì che gli asset costino dipiù, e allora saremo al cospetto di una bolla. Sia comesia, si tratta di vera e propria inflazione.

vi. Sono i ricchi, e non i poveri, a trarre beneficio dall’infla-zione

Sappiamo che l’inflazione non pone fine alla pover-tà. Semplicemente rende le persone povere ancora piùpovere, come attestano numerosi studi economici.23 Sec’è qualcuno che trae guadagni dalla inflazione questisono i ricchi, soprattutto quelli di Wall Street e gli altriesperti analisti finanziari.

I ricchi (e i loro consiglieri) capiscono cosa accade.Capiscono il sistema. E di solito sono anche quelle per-sone che ricevono per primi il nuovo denaro emesso dalgoverno, i primi destinatari dei prestiti. Successiva-mente, concedono prestiti ad altri e traggono profittiesorbitanti da tale processo. Il presidente Andrew Jack-son anticipò tutto ciò già nel diciannovesimo secolo.Egli abolì la prima banca centrale degli Stati Uniti, per-ché rilevò che i ricchi ne avevano preso il controllo e lautilizzavano a fini propri.

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Tutti gli errori di Keynes

2222.. Si veda la nota di chiusura DD.2233.. D. Dollar - A. Karry, “World Bank Study”, citato in Forbes, 6 agosto

2001, p. 77

vii. La creazione delle banche centrali moderne ha facilitato lapolitica inflazionistica di Keynes

Il principale errore keynesiano che abbiamo rilevato– vale a dire l’idea che lo Stato possa generare prosperi-tà stampando denaro e concedendolo in prestito –venne messo in pratica nella stessa legislazione che nel1913 creò la seconda banca centrale degli Stati Uniti, laFederal Reserve. L’ex presidente della Fed, Alan Green-span, spiegò il perché di tale normativa in un saggiogiovanile:

Se le banche continuano a prestare denaro – si soste-neva – non ci sarà mai nessun crollo nell’attività eco-nomica. [La normativa era volta a garantire che] lebanche non rimanessero mai a corto di denaro [per iprestiti].24

Prima della creazione della Federal Reserve statuni-tense, c’erano sì stati episodi d’inflazione in America(come nella Guerra Civile), ma nel tempo il dollaroaveva mantenuto il suo potere d’acquisto. Diversamen-te, a partire dalla creazione della Fed, il dollaro ha persoil 95 per cento del proprio potere d’acquisto.

8a. Keynes: abbassando continuamente i tassi d’inte-resse, possiamo abolire le depressioni e godere di unostato di quasi-espansione perpetua

Può sembrare straordinario che esista una scuola dipensiero secondo la quale la soluzione del ciclo eco-nomico stia nell’ostacolare l’espansione nei primistadi mediante l’aumento del saggio d’interesse.25

Dunque il rimedio all’espansione eccessiva non è unaumento, ma una diminuzione del saggio d’interesse!Giacché questa diminuzione può permettere allacosiddetta espansione di durare. Il rimedio giusto peril ciclo economico non deve trovarsi nell’abolire le

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«Abbassare i tassi d’interesse»

2244.. Fred Sheehan, citando Greenspan, in Gloom, Boom, and Doom Report,ottobre 2005, p. 16.

2255.. Keynes, General Theory, p. 326.

espansioni, mantenendoci così permanentemente inuna semi-depressione; ma nell’abolire le depressioni emantenerci così permanentemente in una quasi-espansione.26

8b. Commentii. Come abbiamo visto, questa è la formula con cui si creanoinflazione, bolle speculative e crisi economiche

È possibile abolire le depressioni e vivere felici persempre in uno stato di quasi-espansione? L’ex presi-dente della Federal Reserve, Alan Greenspan, ha messoalla prova dei fatti questa idea negli anni Novanta e nelprimo decennio del ventunesimo secolo, generandosolamente bolle speculative.

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia e key-nesiano convinto, concorda sul fatto che sia possibileallontanare le depressioni e, se necessario, curarle,gestendo le zecche di Stato in modo da ridurre i tassid’interesse, e quindi aumentare la domanda di prestiti.Egli scrive che «a molte persone sembra evidente che legrandi depressioni economiche abbiano radici profon-de. A queste persone, [l’idea] che si possano curaresemplicemente stampando un po’ più di denaro sem-bra incredibile».27

Nel leggere queste parole dovremmo prestare moltaattenzione ai termini «un po’ più di denaro». Se stam-pare «un po’ più di denaro» può «curare» «le grandidepressioni economiche», allora basterà la più piccolaquantità di nuovo denaro a far sì che la crescita prose-gua. Beh, ma le cose non stanno così. In realtà, le quan-tità sempre più grandi di nuovo denaro servono a evi-tare che una bolla speculativa scoppi. Alla fine, il debi-to associato al nuovo denaro diventa un peso troppogrande per l’economia, e tutto crolla.

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Tutti gli errori di Keynes

2266.. Keynes, General Theory, p. 322.2277.. Paul Krugman, Pedding Prosperity, New York, W. W. Norton, 1994, p.

32; citato anche in Lewis, Are the Rich Necessary?, p. 77.

ii. C’è un ritorno economico sempre minore nell’assunzionedel debito

Negli Stati Uniti, abbiamo sempre operato seguendoi principi keynesiani, fin dalla seconda guerra mondia-le. Il governo ha stampato denaro. I livelli di indebita-mento sono cresciuti. Non solo abbiamo avuto inflazio-ni e bolle speculative, ma siamo andati incontro anchea una sempre minore crescita economica per ogni incre-mento di debito.

Durante il decennio 1950-1959 abbiamo aggiunto338 miliardi di dollari di debito e abbiamo ottenuto 73centesimi in crescita economica (incremento di prodot-to interno lordo) per ogni dollaro di nuovo debito. Nelperiodo 1990-1999 abbiamo aggiunto 12.500 miliardi didebito, ma solo 31 centesimi di crescita per dollaro didebito. Nel decennio 2000-2008 (primo trimestre) abbia-mo aggiunto 24.300 miliardi di dollari di debito, masolo 19 centesimi per ogni dollaro di debito sono anda-ti alla crescita.28 Quindi, per generare ulteriore crescitaserve un debito sempre maggiore.

iii. Alla fine, il ritorno sul debito diviene negativoAlla fine del 2007 la macchina del debito ebbe uno

scossone e rischiò di rompersi del tutto. Il presidentedella Fed, Bernanke, ridusse immediatamente i tassid’interesse fino a livelli d’emergenza. Wall Street ebbeun’ultima boccata di credito a basso costo. Ma non fun-zionò. Il crollo ci fu comunque.

Cos’è successo? Ce lo spiega, di nuovo, Henry Hazlitt:

Se è stata stabilita una verità in merito alle crisi econo-miche […] è che di solito vengono innescate da dena-ro a basso costo – vale a dire, politiche di contenimen-to dei tassi d’interesse che incoraggiano un eccessivoricorso al prestito, un’eccessiva espansione del credito,una speculazione imprudente e tutte le distorsioni e leinstabilità nell’economia che queste generano. […]Una politica di denaro perennemente a basso costo

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«Abbassare i tassi d’interesse»

2288.. Ned Davis Research, Institutional Hotline, 10 giugno 2008, p. 1.

[produce] espansioni e recessioni, [e non la quasi-espansione perpetua promessa da Keynes].29

9a. Keynes: i tassi d’interesse elevati hanno causato laGrande Depressione

Attribuisco la depressione del 1930 primariamenteagli […] effetti del caro denaro, che precedette il crollodel mercato azionario [del 1929], e solo secondaria-mente al crollo stesso.30

9b. Commento: al contrario, i prestiti a basso costoprodussero prima una bolla e poi il crollo del 1929

Nella versione degli eventi data da Keynes, fu iltimore del boom economico a portare la Federal Reser-ve ad alzare i già elevati tassi d’interesse alla fine deglianni Venti. Presumibilmente, ciò scoraggiò la crescita eportò alla Grande Depressione.

La miglior sintesi delle cause che portarono alla Gran-de Depressione si può trovare nel libro di Paul Johnson,Modern Times. A sua volta, l’autore si rifà all’economistaMurray Rothbard e al suo La Grande Depressione, la fontepiù autorevole sul tema. E Rothbard si basa in qualchemodo sul libro di Lionel Robbins dallo stesso titolo.

A loro volta Rothbard e Robbins furono influenzatidagli economisti austriaci Ludwig von Mises e Frie-drich von Hayek, suo protetto, benché Robbins succes-sivamente si sia convertito al keynesismo. Un eccellen-te resoconto più recente della Grande Depressione è l’o-pera di Amity Shlae, The Forgotten Man.

Ciò che questi libri rivelano è che la Federal Reservecausò davvero la Grande Depressione, ma non nelmodo in cui disse Keynes. Il crollo del 1929 fu prodottodalla sua politica di prestiti a basso costo, condottadurante gli anni Venti. I tassi d’interesse bassi fecerogonfiare una bolla speculativa molto simile a quelle delmercato azionario e immobiliare iniziate negli StatiUniti negli anni Novanta. Il crollo del 1929 presagiva

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Tutti gli errori di Keynes

2299.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, pp. 329, 331.3300.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 176.

quello del 2008, settantanove anni prima.In effetti, ci sono molti parallelismi fra i due crolli. In

entrambi i casi, la causa primaria sono state le politicheincaute della banca centrale, le quali hanno fatto gon-fiare bolle speculative insostenibili. Tutte e due le volte,le banche centrali hanno seguito quelle che divenneronote come politiche keynesiane. Discuteremo dellaGrande Depressione in modo più approfondito neicapitoli successivi.31

10a. Keynes: i boom economici non sono dispendiosiL’idea che durante una fase di espansione economi-

ca i fondi disponibili vengano sprecati in investimentipoco solidi o in speculazione pura e semplice rappre-senta un

serio errore.32

È certo possibile che le imprese si facciano prenderela mano e investano in rischi che non renderanno abba-stanza da coprire

[un costo d’interesse] troppo alto.33

Ma la soluzione del problema è abbassare i tassid’interesse. In generale, finché l’umanità rimane pove-ra, qualsiasi investimento è migliore della mancanzad’investimento, che è ciò che accade nelle depressioni.34

La conclusione è semplice:

Dovremmo evitarli [i tassi d’interesse elevati] come ilfuoco dell’inferno.35

165

«Abbassare i tassi d’interesse»

3311.. Si veda la nota di chiusura EE.3322.. Keynes, General Theory, p. 320.3333.. Keynes, General Theory, p. 322.3344.. Keynes, General Theory, p. 321.3355.. John Maynard Keynes, Times, 12-14 gennaio 1937, in John Maynard

Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Poli-cies in Britain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1982, p. 38; citato anche in Robert Skidelsky, John Maynard Keynes,vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 22.

10b. Commento: contrariamente a quanto sostieneKeynes, le bolle sono estremamente dispendiose

Avere una grande quantità d’investimenti, ceterisparibus, è positivo. Gli investimenti alzano il nostrotenore di vita e contribuiscono a eliminare la povertà.Ma è la qualità degli investimenti la cosa che conta dipiù.

Gli investimenti economici improduttivi, o che nonriescono a ripagarsi, sono uno spreco. Purtroppo questoè proprio il tipo d’investimenti che si ottiene duranteuna bolla. Otteniamo imprese dot-com prive di profittie senza prospettive di averne in futuro. Oppure otte-niamo una massa di abitazioni, che non migliorerannola produttività e che, ancor peggio, si riveleranno nonnecessarie o inaccessibili.

Un investimento razionale e utile soddisfa la richie-sta di ripagarsi in un normale regime di tassi d’interes-se di mercato. Questo è l’obiettivo del sottoporre gliinvestimenti al test del mercato, vale a dire, l’escludereidee irrazionali e dispendiose.

11a. Keynes: non dobbiamo temere che il creare emantenere dei boom con tassi d’interesse bassi portiall’inflazione

È improbabile che una espansione porti a una verainflazione.36 I boom economici possono creare

strozzature

nelle quali aumenta il prezzo di alcuni prodotti.37 Manon possiamo

dichiarare che si sono stabilite condizioni d’inflazionefino a quando la disoccupazione non è scomparsa deltutto.38

166

Tutti gli errori di Keynes

3366.. Keynes, General Theory, p. 303.3377.. Keynes, General Theory, p. 300. 3388.. Keynes, General Theory, p. 303.

11b. Commento: l’idea che l’inflazione compaiaall’improvviso quando l’ultimo disoccupato ottieneun lavoro è assurda. I fatti documentati degli anniSettanta la confutano

Com’è tipico del suo modo di fare, Keynes non defi-nisce cosa intende per piena occupazione. Sir WilliamBeveridge, un keynesiano che con il suo “BeveridgeReport” gettò le basi per il welfare state britannico dopola seconda guerra mondiale, definì la piena occupazio-ne come una quantità di occasioni lavorative superiorealla disponibilità di persone. Keynes diede definizionidiverse in occasioni diverse e lasciò l’impressione che ladefinizione dipendesse dalle circostanze.

I keynesiani degli anni Cinquanta spesso spostaronol’attenzione dall’occupazione, che può essere definita inmolti modi, alla produzione industriale. Fino a quandola produzione industriale rimaneva al di sotto di unacifra specifica (come l’80 per cento), essi ritenevano chenon vi fosse possibilità d’inflazione, nemmeno qualorail governo immettesse molto nuovo denaro nell’econo-mia. Tutto questo nuovo denaro sarebbe andato sola-mente ad aumentare la produzione industriale o l’occu-pazione, non i prezzi.

In seguito, quando il settore industriale andò indeclino, l’accento keynesiano si spostò dalla capacitàindustriale a un “margine di potenziale produttivo”(output gap), definito come il divario fra il prodottointerno lordo effettivo e quello potenziale. Usando que-sto concetto, qualora si fosse mai verificata inflazione,l’avrebbe fatto dopo il completo utilizzo di tale outputgap (e dei potenziali dipendenti).

Il problema con tutti questi concetti è che, di per sé,né la capacità produttiva inutilizzata, né i dipendentiinoperosi assorbono il denaro di nuovo conio, e questodenaro crea inflazione, evidente o meno. L’inflazionepuò contribuire a creare un boom artificiale, con unamomentanea riduzione della disoccupazione, ma lasituazione non può essere sostenibile.

Negli anni Sessanta e Settanta i keynesiani eranosgomenti per il fatto che l’inflazione continuasse a dila-

167

«Abbassare i tassi d’interesse»

gare in un’epoca in cui la capacità produttiva non erapienamente utilizzata. E rimasero assai sbalorditi dal-l’apparizione della stagflazione, la combinazione didisoccupazione e inflazione.

12a. Keynes: se necessario, l’inflazione può esserecontrollata con la tassazione

Nel raro caso in cui ci sia piena occupazione, esisto-no rimedi migliori dell’

imporre un saggio d’interesse alto.39

Invece di aumentare i tassi d’interesse, il governodovrebbe incrementare le tasse, ottenere un surplus dibilancio e mantenere non investito il denaro extra.40 Ciòridurrebbe il potere d’acquisto dei soggetti economici eabbasserebbe nuovamente i prezzi.

12b. Commento: l’idea che il governo crei con succes-so un surplus di bilancio per combattere l’inflazioneè assolutamente fantasiosa

In realtà tasse molto alte rendono più difficile otte-nere un surplus di bilancio, perché riducono la produt-tività economica e quindi le entrate stesse derivantidalla tassazione. Di nuovo, la grande inflazione deglianni Settanta fornisce alcune dimostrazioni.

Durante la gran parte degli anni Settanta il cosiddet-to mix di politiche governative degli Stati Uniti fu asso-lutamente keynesiano: tassi d’interesse bassi (in rap-porto all’inflazione) combinati con aliquote fiscalimolto alte (più del 70 per cento nello scaglione più alto).Se Keynes avesse avuto ragione, questa elevatissimatassazione avrebbe dovuto frenare l’inflazione; invecela spirale inflazionistica andò fuori controllo.

Come abbiamo notato in precedenza, l’allora presi-dente della Federal Reserve, Paul Vocker, abbandonòl’ortodossia keynesiana nei tardi anni Settanta, taglian-

168

Tutti gli errori di Keynes

3399.. Keynes, General Theory, p. 321.4400.. Keynes, Times, in Collected Writings, vol. 21, p. 390.

do l’emissione di nuovo denaro. Nel frattempo, il presi-dente Ronald Reagan convinse il Congresso a ridurre inmodo radicale le tasse, cosa che indebolì ulteriormenteil modello keynesiano. La maggior parte degli econo-misti di scuola keynesiana ammonì che tali misure nonavrebbero funzionato. In realtà la spirale inflazionisticasi calmò, l’economia si riprese e Reagan venne rielettocon una valanga di voti.

Gli anni Ottanta si caratterizzano come il decennioin cui sia gli Stati Uniti che la Gran Bretagna sembrava-no voler intraprendere una via post-keynesiana. Lepolitiche cambiarono sotto molti aspetti importanti.Nello stesso tempo, rimanevano i presupposti chiavedel pensiero di Keynes. La Federal Reserve, vale a dire,lo Stato, continuava a controllare e gestire i tassi d’inte-resse. I governi continuavano ancora a creare grandideficit di bilancio, anche se ora erano conseguenza diuna combinazione di tagli alle tasse e spesa pubblica, enon solamente dovuti a quest’ultima.

Alla fine degli anni Ottanta i keynesiani più tradi-zionali ripresero il controllo dell’economia americana.Uno dei più importanti, Alan Greenspan, venne nomi-nato presidente della Fed dallo stesso Ronald Reagan.

13a. Keynes: le aliquote elevate contribuiscono anchea creare una società più giusta

Anche le imposte progressive sul reddito, attraversole quali i ricchi pagano una quota più elevata, aiutano aridurre l’ineguaglianza economica:

I difetti più evidenti della società economica nellaquale viviamo sono l’incapacità a provvedere la pienaoccupazione e la distribuzione arbitraria delle ricchez-ze e dei redditi.41

Keynes riteneva che elevate imposte sul reddito esulla successione avrebbero fatto molto per creare unasocietà economicamente più giusta. Ma i governi aveva-

169

«Abbassare i tassi d’interesse»

4411.. Keynes, General Theory, p. 372.

no esitato a procedere in questo senso, dato che i ricchisono i più bravi a risparmiare e il loro risparmio serve afinanziare i necessari investimenti.42 Il programma diKeynes di finanziamento degli investimenti con nuoveemissioni di denaro da introdurre nel sistema bancariocontribuisce a risolvere questo problema. Grazie a que-sta innovazione, la società non ha più bisogno di dipen-dere in modo così forte dai risparmi dei ricchi.

13b. Commento: aliquote elevate sono economica-mente controproducenti

Non tenteremo qui di venire a capo della questione“equità contro iniquità” nella distribuzione della ric-chezza (si veda il mio Are the Rich Necessary?).

Per quanto riguarda le tasse elevate, come al solitoKeynes non specifica cosa significhi questo “elevate”. E,ancora una volta, sembra aver detto cose diverse inmomenti diversi.

Il nocciolo dell’argomentazione di Keynes è che ilnuovo denaro può prendere il posto dei risparmi tradi-zionali. Abbiamo già visto come questo concetto sia erra-to. Stampare quantità sempre maggiori di denaro produ-ce inflazione o bolle speculative seguite da crolli e depres-sioni, e non da una perenne “quasi-espansione”. Abbia-mo bisogno dei risparmi tradizionali. Senza di essi, non cisarebbero veri fondi da investire. I risparmi dei ricchi,poi, sono particolarmente importanti perché è la lorocategoria quella che risparmia di più. Dunque, aliquoteelevate non sono consigliabili già solo per questa ragione.

Certo una nazione può anche ricorrere al prestitointernazionale. Gli Stati Uniti l’hanno fatto per decenni.Se i fondi così ottenuti vengono collocati in investimen-ti che migliorano la produttività e hanno ritorni elevati(e non è il caso degli Stati Uniti), la cosa può funziona-re bene, per lo meno per un certo periodo. Tuttavia, sullungo periodo, nessun paese può sfuggire alla necessi-tà di avere risparmi tradizionali, se desidera crescere eprosperare.

170

Tutti gli errori di Keynes

4422.. Keynes, General Theory, p. 372.

Ci sono molte altre argomentazioni contrarie all’im-posizione di tasse elevate: si dice che annulleranno gliincentivi economici, che saranno evase, che sarannosprecate, che porteranno alla corruzione del governo,dal momento che gli sgravi fiscali possono essere usaticome oggetto di scambio per i contributi dati alle cam-pagne elettorali dei politici.43 Ma, soprattutto, c’è biso-gno di risparmiare. Dal momento che nessun governolo fa, se vogliamo avere dei risparmi faremmo meglio atenere sotto controllo le tasse.

14a. Keynes: per quanto siano importanti i tassi d’in-teresse bassi, potrebbero non essere sufficienti

Se il governo stampasse una grande quantità didenaro e la immettesse nel sistema bancario, i tassi d’in-teresse dovrebbero crollare.44 Ma se non dovessero scen-dere abbastanza, sarebbero necessarie altre misure perstimolare gli investimenti.

Keynes riteneva possibile che il nuovo denaro abasso costo emesso dal governo non riuscisse a farabbassare i tassi d’interesse fino al livello «ottimale».45

Questo poteva accadere perché i «possessori di ricchez-za» che non sono stati ancora del tutto spodestati dallafunzione di prestatori potrebbero trovare «inaccettabi-le» la diminuzione dei tassi d’interesse e quindi potreb-bero riuscire a impedire tale riduzione. In tal caso,

lo Stato – che è in condizione di calcolare […] in basea considerazioni a lunga portata e in vista del vantag-gio sociale generale – [dovrà] organizzare direttamen-te l’investimento.46

L’applicazione di tassi di prestito bassi, assieme a uninvestimento diretto dello Stato, è anche la prescrizioneessenziale per gestire un crollo economico, un’idea cheverrà ulteriormente sviluppata nei capitoli successivi.

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«Abbassare i tassi d’interesse»

4433.. Si vedano la nota di chiusura FF e il capitolo 14.4444.. Si veda la nota di chiusura GG.4455.. Keynes, General Theory, pp. 164, 243, 308-309.4466.. Keynes, General Theory, p. 164.

14b. CommentoSi rimanda la discussione ai capitoli 12, 13 e 15.

15a. Keynes: se si potessero orchestrare a livello glo-bale tassi d’interesse bassi, sarebbe ancora meglio

Al momento, i governi nazionali devono intrapren-dere le azioni necessarie a far abbassare i tassi d’inte-resse e a mantenerli bassi. In futuro, le istituzioni mon-diali potrebbero assisterli in questo compito.

Keynes sperava che quello che è divenuto noto comeFondo Monetario Internazionale potesse svolgere lefunzioni di una banca. Si augurava che potesse agirecome una banca centrale mondiale, con il potere distampare nuovo denaro e immetterlo nel sistema eco-nomico mondiale per ridurre i tassi d’interesse.47

15b. CommentoSi rimanda la discussione al capitolo 17.

16a. Keynes: la necessità di tassi d’interesse più bassinon è un’idea del tutto nuova

Dovremmo portare rispetto all’«esercito di eretici epazzi»48

che in epoche precedenti ha sostenuto l’idea di tassid’interesse più bassi.

Fra questi, in particolare, ci sono i mercantilisti delsedicesimo e del diciassettesimo secolo, le cui dottrinecontengono un

elemento di verità scientifica.49

16b. Commento: tutto ciò è molto divertenteSi suppone che Keynes abbia inventato una “nuova

economia”. È proprio lui che ci induce a pensare ciò nei

172

Tutti gli errori di Keynes

4477.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, pp. 227, 247, 255, 302-303.4488.. Keynes, Collected Writings, vol. 6, p. 193.4499.. Keynes, General Theory, pp. 39, 41.

primi capitoli della Teoria generale. Poi, afferma in modoconfuso, sempre nella Teoria generale, che in realtà staripresentando e rinnovando le idee del mercantilismoelaborato nel sedicesimo e nel diciassettesimo secolo,idee che nell’arco del tempo gli economisti avevanoscartato come giganteschi errori. La verità, allora, è chele idee di Keynes non sono né nuove, né corrette.

È anche divertente che Keynes, il quale amava collo-carsi fra gli eretici e gli eccentrici, faccia ormai parte delbagaglio intellettuale condiviso dai governi di tutto ilmondo. C’è qualcuno che pensa che se tornasse in vitaoggi, Keynes non sarebbe diventato un eretico di stam-po “keynesiano”, non foss’altro che per un bisogno dinovità. Ad ogni modo, avremo molte più cose da dire aquesto proposito nel capitolo 18. Per il momento, sonoi critici di Keynes quelli che devono affrontare la scarsaconsiderazione e il disprezzo; sono loro gli «eretici epazzi».

È sempre pericoloso dire che “il re è nudo”. Se si hail coraggio di guardare, Keynes è una figura particolar-mente nuda, nel senso che la sua opera manca in modorilevante del sostegno delle prove empiriche e dellalogica. Ciò che egli offre, in realtà, (quando le argomen-tazioni nel suo gergo opaco vengono analizzate), è unasorta di enunciazione sciamanica alla quale ci vienesostanzialmente chiesto di credere per fede.

173

«Abbassare i tassi d’interesse»

1a. Keynes: abbiamo bisogno di consumare di più

Per ripetere cose ovvie, il consumo è l’unico scopo efine di tutta l’attività economica.1

L’uomo “impegnato” tenta sempre di assicurare allesue azioni un’immortalità spuria e illusoria […]. Nonama il suo gatto, ma ne ama i gattini e tutta la lorogenerazione fino a che esisterà la stirpe dei gatti. Percostui la marmellata non è marmellata a meno che nonsi tratti della marmellata di domani, mai di oggi.2

1b. Commentii. Keynes non metteva in pratica quello che predicava

Forse Keynes predicava a se stesso. Di certo lui eraun «uomo impegnato». Ed era anche (lo possiamodire?) un risparmiatore. Il suo capitale d’investimentonon aveva di certo avuto un’immacolata concezione – eil blocco iniziale era stato risparmiato in gran parteprima del 1919.3 Suo padre, a un certo punto, dovette

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Capitolo 11

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 104.

22.. John Maynard Keynes, “Economic Possibilities for Our Grandchildren”,in Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton, 1963, p. 370.

33.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 12, Economic Articles andCorrespondence – Investment and Editorial, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1983, p. 1.

salvarlo dai debiti seguiti alle perdite in un investimen-to catastrofico, ma normalmente non lo sosteneva eco-nomicamente.

Dopo che ebbe accumulato il proprio capitale d’in-vestimento, Keynes non lo spese, ma lo alimentò e con-servò attentamente, fino a quando, dopo diversi con-trattempi legati agli investimenti, divenne finalmentericco. A quel punto, visse di rendita e fece tutto il neces-sario per diventare ancora più ricco. Per di più, Keynesnon aveva figli. Una volta provveduto alla moglie, nonaveva nessun motivo particolare per lasciare dietro disé grandi proprietà.

ii. Keynes non era un volgare keynesianoKeynes era una persona dai gusti raffinati. Se vives-

se oggi, cosa penserebbe del volgare keynesismo gene-ratosi dalle sue idee, della cultura dello spendere e del-l’indebitarsi che non solo aborre il risparmio, ma inrealtà approva il sempre maggior ricorso al credito,anno dopo anno? Sarebbe contento delle società finan-ziarie che di routine mandano carte di credito agli stu-denti del college, quegli stessi studenti che in molti casisono già vincolati a grandi prestiti di studio erogatidirettamente o indirettamente dal governo?4

Nel 2005, metà degli americani al di sotto dei 35anni aveva un saldo negativo di carte di credito nonpagate mediamente di 3741 dollari, in aggiunta aidebiti per l’istruzione, l’auto, la casa o altro ancora.5

Un commentatore ha definito questa situazione come«una nuova forma di feudalesimo»,6 con giovani inca-tenati ai loro debiti come i servi della gleba di untempo alle proprietà del loro signore. Purtroppo, i gio-vani non hanno alcun motivo per considerare anoma-la la propria condizione. In molti casi sono cresciuti infamiglie che possedevano più automobili che patenti(in media, 1,9 veicoli per 1,75 automobilisti americani

176

Tutti gli errori di Keynes

44.. Si veda la nota di chiusura HH.55.. Money Magazine, aprile 2005, p. 172.66.. Weekly Standard, 27 marzo 2006, p. 20.

abilitati nel 2008).7 Altrettanto spesso, i loro genitorinon hanno alcun risparmio (alla stessa data, è statoriscontrato un tasso di risparmio medio pari a zero).

Ci ricorderemo che Keynes progettava di sostituire irisparmi privati con nuovo denaro immesso nell’econo-mia attraverso il sistema bancario. Certo, ma egli sem-brava presupporre che tale denaro sarebbe stato usato oper investimenti economici o per progetti di opere pub-bliche, come le strade. Persino lui sarebbe impalliditodavanti alla prospettiva di consumatori che ricorrono aquesto surrogato di denaro per finanziare il propriostile di vita durante le bolle del dot-com e del mercatoimmobiliare.

iii. Il consumo non è l’aspetto principale dell’economiaIl consumo è davvero l’unico scopo dell’attività eco-

nomica? No. È una delle numerose attività, ognunadelle quali deve essere equilibrata, sia per gli individuiche per la società nel suo complesso. Persino le statisti-che economiche degli Stati Uniti, che sono state costrui-te su principi keynesiani, tendono a essere fuorvianti atale proposito. Ci viene detto che la spesa per i consumicorrisponde al 70 per cento dell’economia. Ma questo èvero solamente perché tutte le transazioni economiche– le vendite fra un’attività e un’altra nell’assemblaggiodel prodotto finito – sono state bilanciate le une con lealtre. Se il calcolo fosse diverso, la produzione sarebbeun aspetto economico più importante del consumo.

2a. La parabola paradossale della torta che viene pre-parata per non essere mai mangiata

I capitalisti del diciannovesimo secolo trasformaronol’abnegazione personale e la frugalità in una sorta direligione. Ma era una religione basata su un «ingannoo illusione».8

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

77.. Weekly Standard, 1° dicembre 2008, p. 24.88.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, New

York, Harcourt, Brace & Howe, 1920, p. 19.

Da una parte, le classi lavoratrici […] potevano defini-re come propria una parte molto piccola della tortache loro stessi e la Natura avevano cooperato per pro-durre. Dall’altra parte, alle classi capitaliste era con-sentito definire come propria la parte migliore dellatorta ed erano teoricamente libere di consumarla, conla tacita condizione sottostante che ne consumasseropoca. Il dovere del “risparmio” divenne i nove decimidella virtù e la crescita della torta l’oggetto della verareligione. […] E così la torta crebbe; ma a quale finenon era chiaro. […] I risparmi erano per la vecchiaia oi figli; ma questo solo in linea teorica – la vera virtùdella torta era che non doveva mai essere consumata,né da voi, né dai vostri figli dopo di voi.9

2b. Commentii. Un applauso (per la satira)

ii. Ora, passiamo ai fattiLe condizioni di vita dei lavoratori migliorarono

sensibilmente nel diciottesimo e nel diciannovesimosecolo. Inoltre, la popolazione raddoppiò e poi raddop-piò di nuovo. Solo una torta sempre più grande, resapossibile dal risparmio e dall’investimento, poté dareda mangiare a tutte quelle bocche in più. Come ha sot-tolineato Henry Hazlitt, molti di noi devono la lorostessa vita a questa torta in continua lievitazione, per-ché la popolazione non sarebbe potuta crescere cosìrapidamente senza di essa.

Una torta che cresce consente sia ai titolari che aidipendenti di aumentare i propri consumi personali,oltre che i risparmi. Supponiamo che i nostri redditiaumentino di un 3 per cento all’anno, grazie agli inve-stimenti che abbiamo fatto a partire dai nostri risparmi.Se continuiamo a spendere l’80 per cento e a risparmia-re il 20 per cento anno dopo anno, dopo 25 anni saran-no raddoppiati sia l’ammontare speso che quellorisparmiato.

Anche qualora la nostra unica ambizione fosse spen-

178

Tutti gli errori di Keynes

99.. Keynes, The Economic Consequences of the Peace, pp. 19-20.

dere di più, il risparmio e l’investimento avrebberosenso, perché ci darebbero sempre più denaro da spen-dere e non dovremmo aspettare 25 anni per vedernel’effetto. Supponiamo che io e un mio amico abbiamoun reddito di partenza identico. Lui spende il 100 percento, io risparmio il 20 per cento, e come risultato ilmio reddito aumenta di un 3 per cento. In soli 8 anni,avrò più denaro da spendere rispetto a lui, e in seguitoil divario crescerà continuamente.

3a. Keynes: il culto del risparmio

Morale, politica, letteratura e religione dell’epoca con-vergevano in una “grande congiura” per sollecitare ilrisparmio. Dio e Mammona si riconciliavano. Pace interra agli uomini di buone proprietà. Il ricco potevafinalmente entrare nel regno dei cieli, purché rispar-miasse.10

Gli economisti “classici” (del diciassettesimo, deldiciannovesimo e alcuni anche del ventesimo secolo)svolsero un ruolo cruciale nella veste di sacerdoti seco-lari con le loro spiegazioni e la loro difesa del dogmadel risparmio.

Sì, dicevano, la spesa è necessaria per far funzionarel’economia. Quando il fornaio compra la verdura dalfruttivendolo, il fruttivendolo riceve il denaro con cuicomprare il pane dal fornaio. Ma il risparmio era unaforma di spesa diversa e molto speciale. Quando rispar-miamo, il denaro non scompare. Viene speso nell’am-pliare la propria attività, rendendola più efficiente. Selavoriamo sodo, produciamo e risparmiamo, potremogodere di un’abbondanza di prodotti migliori, in mag-giore quantità e a minor prezzo. E così vinceremo la dis-occupazione, le depressioni e, sul lungo periodo, lapovertà.

Il Culto del Risparmio, dunque,

179

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

1100.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 318.

conquistò completamente l’Inghilterra come l’Inquisi-zione conquistò la Spagna.11

3b. Commentii. Un applauso

Queste piccole parodie satiriche sono una specialitàdi Keynes. Per prima cosa, abbiamo gli avidi capitalisti(si pensi a uno Scrooge di Dickens che viene parados-salmente redento non dallo spirito del Natale, ma dallasua stessa avarizia). Poi, gli economisti “classici” cheopprimono l’Inghilterra come i sacerdoti incappucciatidell’Inquisizione. Gran bel pezzo di teatro. Tuttavia, c’èbisogno di fare un po’ di chiarezza.

ii. Gli economisti “classici” non sono mai esistitiL’economista “classico” è solo un fantoccio, una cari-

catura creata apposta per essere distrutta. Gli economistidel diciottesimo, del diciannovesimo e addirittura delventesimo secolo non possono essere ammassati tuttiinsieme come se parlassero con una voce unica.

iii. Keynes travisa gli economisti che citaLe parti in causa – David Ricardo, J.S. Mill, J.B. Say e

gli altri – credevano nel lavoro, nella produzione e nelrisparmio come strada affidabile verso la prosperità.Ma non sostenevano che questi tre principi da soli ciavrebbero condotto a un’utopia economica libera dalladisoccupazione e dalle depressioni. Per portare ai mini-mi termini queste due cose, dicevano, bisogna avere,oltre al lavoro, alla produzione e al risparmio, per lomeno un sistema di prezzi e profitti che sia libero.

Spesso si dice che Keynes confutò economisti comeRicardo, Mill e Say. Sarebbe più accurato dire che li tra-visò in modo deliberato e che, nonostante questo, nonriuscì a confutarli.

iv. Era Say ad aver ragione, non KeynesSi consideri, per esempio, la presunta confutazione a

180

Tutti gli errori di Keynes

1111.. Keynes, General Theory, p. 32.

opera di Keynes della legge di Say. La legge di Say diceche se la società lavora e produce, avrà i mezzi per com-prare ciò che produce. Significa prendere l’idea fonda-mentale per cui il fruttivendolo, vendendo frutta e ver-dura, avrà il denaro per comprare il pane dal fornaio, eviceversa, ed estenderla alla società nel suo complesso.Producendo, la società guadagnerà del denaro e questodenaro servirà ad acquistare quanto prodotto.12

Quella che potrebbe essere chiamata la legge di Key-nes, sulla falsariga della legge di Say, può essere for-mulata come segue: se la società spende, verranno pro-dotti i beni. Anche questo è vero, perché la produzionee la spesa sono due elementi inseparabili, come le duefacce di una stessa medaglia. Ciò nonostante, la teoriadi Keynes è estremamente fuorviante.

Nel flusso circolare di produzione e spesa, è la pro-duzione ad avere il posto d’onore. Se siamo naufragatisu un’isola deserta, non serve a nulla avere con noi deldenaro da spendere. Se non produciamo, moriamo difame.

Tornando al mondo civilizzato, sono i produttoricoloro che hanno la possibilità di divenire ricchi. Chispende, invece, finisce più spesso con l’essere povero. Èla produzione che determina quanto possiamo permet-terci di spendere, e non il contrario.

È vero che possiamo spendere di più di quanto pro-duciamo ricorrendo al prestito, ma questo è possibilesolo per un certo periodo, non all’infinito. Possiamoanche essere in grado di aumentare la nostra spesastampando denaro nei nostri interrati. Se siamo unaautorità pubblica, non ci arresteranno nemmeno percontraffazione. Eppure, alla lunga, ciò non ci renderàpiù ricchi, perché alla società nel suo complesso questodenaro extra porterà solamente l’inflazione, di un tipoo dell’altro.

Mill e Say avevano ragione, Keynes no. Non esistealcun possibile sostituto per la combinazione di lavoro,produzione e risparmio operanti in un sistema di prez-

181

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

1122.. Si veda la nota di chiusura II.

zi e profitti liberi. Sostenere qualcosa di diverso signifi-ca ricorrere a sofismi. Per di più, si tratta di sofismi peri-colosi, che impoveriscono non solo gli individui, maanche intere società.

4a. Keynes: il problema con il risparmio è che spessonon viene investito. Rimanendo inutilizzato, riduce ladomanda. Diminuendo la domanda, l’economia peg-giora

Se le società producono e risparmiano, e questirisparmi vengono investiti appieno e agevolmente,allora le cose vanno bene. Ma è proprio questo il punto:non esiste la certezza che i risparmi vengano investiti.

Forse i risparmiatori vorranno tassi d’interesse trop-po alti, più alti di quelli che i titolari d’azienda possonopagare.13 Forse i titolari o i manager non hanno quellafiducia o quella convinzione necessarie a ricorrere alprestito e a investire. Forse il risparmiatore decideràsemplicemente di non rendere disponibile al prestito ilproprio denaro e di limitarsi ad accumularlo.

Dovremmo tenere a mente che

un atto di risparmio individuale significa, per cosìdire, la decisione di saltare il pranzo di oggi; ma nonrichiede necessariamente una decisione di pranzare odi comperare un paio di scarpe fra una settimana o fraun mese [o d’investire ciò che non è stato speso].14

È

assurdo

pensare che l’investimento venga incrementato diuna sterlina, o di un dollaro, per ogni sterlina, o dolla-ro, non spesi in consumi.15

182

Tutti gli errori di Keynes

1133.. Keynes, General Theory, p. 309.1144.. Keynes, General Theory, p. 217. 1155.. Si veda la nota di chiusura JJ.

4b. Commentii. Normalmente i risparmi non restano inutilizzati

L’immagine di risparmiatori che saltano zelanti lacena, per non sprecare nemmeno un etto di carne e nonspendere i relativi soldi, è un altro quadro parodistico.Di solito, i risparmiatori non saltano affatto la cena.

E che dire delle altre affermazioni? Davvero i rispar-mi giacciono inutilizzati, bloccando il sistema economi-co e riducendo la domanda che si presume generi lacrescita economica? Non c’è alcun motivo per pensareche accada una cosa simile. In genere, le persone rispar-miano per guadagnare denaro dai propri risparmi. E lofanno investendo. Se i risparmi si trasformano in inve-stimenti, il denaro verrà speso nell’espansione delleattività economiche – in nuovi dipendenti, nuoveattrezzature o nuove strutture – e quindi tornerà a flui-re nell’economia. Rimanendo all’economia, i risparmipossono essere usati per comprare i prodotti che l’inve-stimento ci offre. Il che, a sua volta, porterà occupazio-ne, profitti e altri risparmi. Non c’è alcuna ragione perritenere che questo fluire circolare di denaro non possacontinuare all’infinito.

ii. I risparmiatori non controllano i tassi d’interesseKeynes sostiene che i risparmiatori spesso vogliono

un tasso d’interesse troppo alto, più elevato di quelloche i titolari d’azienda possono pagare. Come abbiamogià discusso nel capitolo precedente, dire questo signifi-ca supporre l’esistenza di un mercato di fantasia, a sensounico. Un mercato monetario libero, invece, è bilaterale,ed è “risolutivo” in merito al tasso d’interesse che assi-curerà l’investimento di tutti i fondi disponibili.

iii. Se i risparmiatori non hanno la sicurezza necessaria ainvestire, dobbiamo chiederci il perché

Keynes dice anche che i titolari d’impresa o gli inve-stitori possono non avere la fiducia necessaria per ricor-rere al prestito e investire. Questo accade sicuramentedurante una crisi economica, e con buone ragioni.Significa che un certo elemento del sistema dei prezzi e

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

dei profitti è temporaneamente guasto, e i risparmiato-ri devono prestare molta attenzione nel cercare di nonperdere i propri risparmi. Per esempio, i prezzi al con-sumo possono essere in aumento (inflazione) o scende-re troppo velocemente (grave deflazione), oppurepotrebbero essere i prezzi degli asset a crollare.16

Ironicamente, la fonte più probabile di una inflazio-ne destabilizzante è quello stesso denaro che Keyneschiede al governo di stampare. Mentre la causa più pro-babile di una grave deflazione è l’inflazione, visibile onascosta, che di solito la precede. In ciascun caso, il pro-blema non sono i risparmi non investiti; essi sono soloil sintomo di una malattia più vasta. In tali circostanze,le politiche inflazionistiche di Keynes non faranno altroche peggiorare il problema.

Infine, Keynes dice che i risparmiatori possono sem-plicemente decidere di non investire, e di accumularedenaro. Va bene, tutti hanno bisogno di un po’ di dena-ro non impiegato. Ci teniamo sempre del denaro nelportafogli per le emergenze. Se non c’è un’emergenza,è possibile che questo denaro non venga affatto speso.

Tuttavia, solitamente non teniamo il denaro sotto ilproverbiale materasso, né in cassaforte. Lo investiamo.E se non lo investiamo, non è a causa di qualche atavi-co bisogno di accumulare ricchezza. Quasi sempre èperché nutriamo timori e non vogliamo sprecare ilnostro capitale prezioso.17

iv. John Stuart Mill confuta KeynesSi può dire che nel diciannovesimo secolo l’econo-

mia inglese fu dominata da John Stuart Mill (1806-1873), uno degli economisti “classici” criticati da Key-nes. Il suo testo Principi di economia politica fu pubblica-to nel 1848 e dominò la scena economica in Inghilterrae America per mezzo secolo.

Hazlitt trovò un saggio di Mill nel quale l’economistaaffronta specificamente la teoria keynesiana dell’accumu-

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Tutti gli errori di Keynes

1166.. Si veda la nota di chiusura KK.1177.. Si veda la nota di chiusura LL.

lazione dei risparmi inutilizzati che blocca il sistema eco-nomico. In questo scritto, Mill conclude che si tratta di una

evidente assurdità.18

Perché? Perché, come abbiamo già osservato, la pos-sibilità di un profitto, di un ritorno economico, assicurache i risparmi vengano investiti e pertanto spesi. A diffe-renza della spesa destinata ai consumi, la spesa per inve-stimenti contribuisce a far crescere l’economia e quindiarreca maggior reddito, più spesa al consumo e ancorapiù risparmio. C’è solo un ammonimento: per far sì checiò accada, i prezzi (inclusi i salari) devono essere liberi.Il meccanismo del profitto deve essere rispettato.

Ciò non significa, secondo Mill, che nessun rispar-mio, o nessun capitale, possa restare “inutilizzato”.Possiamo anche avere «un’ampia frazione di capitalenon utilizzato».19 E questo accade perché l’economia èin continuo cambiamento. La domanda cresce da unaparte e diminuisce da un’altra. Alcune attività sarannoin contrazione, altre in espansione. Inevitabilmente cisarà del capitale non impiegato e una disoccupazionecome risultato di questi cambiamenti. Ma non è unasituazione di cui rammaricarsi. È il prezzo che dobbia-mo pagare per il progresso economico. Senza questicambiamenti, dislocazioni e riallocazioni di capitali,staremo ancora vivendo nelle caverne.

Quando vediamo che tutto il capitale è impiegato,che quasi tutte le attività prosperano e si espandono,dovremmo prendere tutto questo come un avvertimen-to. Non stiamo assistendo a un avanzamento economi-co, ma a una bolla. Significa, come disse Mill, che

c’è in circolazione una grande illusione.20

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

1188.. John Stuart Mill, Of the Influence of Consumption on Production, inEssays on Some Unsettled Questions of Political Economy, London, 1844 (scrit-to fra il 1829 e il 1830), citato in Henry Hazlitt, The Failure of The “NewEconomics”, New Rochelle (NY), Arlington House, 1978, p. 366.

1199.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 367. 2200.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 367.

E non è che Mill sia all’antica, né che sia felice diun’elevata disoccupazione. Se si lascia che gli stipendifluttuino assieme agli altri prezzi, praticamente tutticoloro che vogliono un lavoro dovrebbero essere ingrado di trovarlo senza aspettare tanto. Ma ci devesempre essere una disoccupazione “fisiologica”, vale adire delle persone che stanno cercando lavoro, perché èsolo così che l’economia cambia. Auspicare un’occupa-zione piena e l’assenza di risorse inutilizzate, come faKeynes, significa auspicare una bolla, e le bolle alla finescoppiano sempre, portandosi dietro una scia didepressione e grave disoccupazione. Come concludeMill,

quando l’illusione svanisce, coloro i cui beni sono inrelativo eccesso devono diminuire la propria produ-zione o andare incontro alla rovina: e se durante ilperiodo dei prezzi alti hanno costruito stabilimenti edacquistato macchinari, probabilmente si pentiranno dinon aver oziato.21

5a. Keynes: più diventiamo ricchi, più siamo minac-ciati dai risparmi inutilizzati

Non dobbiamo ingannare noi stessi pensando cheun divario fra risparmio e investimento (troppo rispar-mio, troppo poco investimento) sia un evento raro oimprobabile. Al contrario:

In tutta la storia umana vi è stata una tendenza croni-ca della propensione a risparmiare a essere più fortedell’incentivo a investire.22

E la cosa è divenuta sempre più un problema, e nonmeno, man mano che le società sono progredite.

Sappiamo tutti che il diventare ricchi rende più faci-le il risparmio. Allo stesso modo, una società ricca tendea risparmiare di più di una società povera. Quando cre-

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Tutti gli errori di Keynes

2211.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 367.2222.. Keynes, General Theory, p. 347.

scono i risparmi, cresce anche il divario fra essi e l’in-vestimento.

5b. Commento: se abbiamo troppi risparmi inutilizza-ti, perché continuare a stampare denaro?

Keynes non presenta l’ombra di una prova a propo-sito della sua convinzione che il risparmio abbia supe-rato l’investimento nell’arco della storia dell’umanità.Si tratta solamente di un’altra delle sue impressionipersonali.

Ha ragione quando dice che le società ricche, comegli individui ricchi, risparmiano di più. Ma da questonon consegue che producano un maggior volume dirisparmi “in eccesso”, o “inutilizzati”.

È interessante che, dopo così tanti anni dalla suamorte, l’affermazione per cui stiamo ancora soffrendoper un eccesso di risparmio continui a essere ripetutacon poche giustificazioni, o nessuna. Per esempio, BenBernanke, presidente della Federal Reserve, AlanGreenspan, presidente della Federal Reserve prima diBernanke, e Paul Krugman, premio Nobel per l’econo-mia, hanno tutti sostenuto che dal 2002 l’economiamondiale è stata afflitta dall’”eccessivo” risparmio, lamaggior parte del quale di provenienza asiatica.23

Come fanno questi tre a saperlo è difficile dirlo,soprattutto dal momento che il mondo è inondatoanche dal denaro aggiuntivo stampato dalla banca cen-trale, parte del quale fornito proprio da Greenspan eBernanke. È quella stessa cosa che Keynes definiva«genuina» come i veri risparmi.24 Se l’alto tasso dirisparmio in Asia ha davvero generato un eccesso, allo-ra perché le banche centrali del mondo, comprese quel-le asiatiche, stampano denaro a ritmo così serrato? Per-ché non si fermano, così che sia possibile attingere aiveri risparmi?

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

2233.. Forbes, 16 febbraio 2009, p. 15; si veda anche Alan Greenspan, WallStreet Journal, 11 marzo 2009, e Paul Krugman, New York Times, 2 marzo2009, p. A-23.

2244.. Keynes, General Theory, p. 83.

6a. Keynes: il paradosso della frugalitàDurante una depressione economica desideriamo

risparmiare di più, perché temiamo di perdere il nostrolavoro. Ciò non fa altro che peggiorare le cose, perché irisparmi aggiuntivi hanno poca probabilità di trovareuno sbocco nel settore degli investimenti. Questo dena-ro rimane inutilizzato, il flusso monetario dell’econo-mia rallenta ulteriormente e la depressione economicasi aggrava. Dobbiamo allora capire che, in tali circo-stanze,

quanto più virtuosi siamo, quanto più risolutamenteeconomi, quanto più ostinatamente ortodossi […]tanto maggiormente dovranno discendere i nostri red-diti […]; con l’ostinazione non può ottenersi che unasanzione, ma nessuna ricompensa, giacché il risultatoè inevitabile.25

6b. Commentii. Non esiste nessun paradosso della frugalità

Abbiamo toccato questo punto nel primo capitolo. Il“paradosso della frugalità” keynesiano (assieme allacorrelata “fallacia di composizione”, vale a dire l’ideaper cui il comportamento opportuno per una personapuò non essere tale per una comunità) è stato un ritor-nello intonato da praticamente tutti i commentatoridurante la crisi del 2008. Sì, hanno detto, il popolo ame-ricano ha speso troppo, si è indebitato troppo, e harisparmiato troppo poco per molti anni. Che Dio ciriporti sulla strada della virtù, ma non ancora, per para-frasare sant’Agostino. Dobbiamo capire che un ritornotroppo veloce alla virtù, un allontanamento troppo dra-stico dal debito e dalla spesa, non farebbe altro che farcisprofondare ulteriormente nella miseria.

Non c’è nessun paradosso qui: Keynes si sbaglia.Cercare di mettere da parte qualcosa è solo una misuraprudente per quelle famiglie che si trovano a perdere illavoro. Iniziare a risparmiare è prudente anche per una

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Tutti gli errori di Keynes

2255.. Keynes, General Theory, p. 111.

società che ha speso troppo e si è indebitata troppo. Equesto è vero con o senza depressione economica.

Come abbiamo già visto, la depressione è giuntaperché il governo (o i governi) hanno stimolato artifi-cialmente l’economia stampando nuovo denaro eimmettendolo nell’economia attraverso il sistemafinanziario. Ciò ha fatto abbassare i tassi d’interesse eincoraggiato un’ondata di dispendioso indebitamento edi spesa, sia da parte delle attività economiche che daparte dei consumatori. In particolare, molto del denaropreso a prestito non poteva essere ripagato, o perchésemplicemente consumato, o perché investito in pro-getti mal scelti.

In queste circostanze, assumere altro alcol non fapassare il mal di testa causato da una sbornia. I cattiviinvestimenti del recente passato devono essere liquida-ti o, per lo meno, svalutati nel prezzo. Fino a quandoquesto non accadrà, i risparmiatori dovrebberocostruirsi le proprie posizioni di cassa e rifiutarsi d’in-taccarle. Investire al precedente prezzo irrealistico degliasset significherebbe semplicemente continuare il vec-chio schema e buttare via denaro.

Una volta liquidati i precedenti investimenti e unavolta che gli asset abbiano raggiunto un prezzo inferio-re, più saranno i risparmi, meglio sarà. Essi farannoabbassare in modo naturale i tassi d’interesse e forni-ranno i fondi necessari per ricostruire l’economia sullerovine del passato.

ii. I profitti sono la chiave della ripresaL’analisi keynesiana ci dice che ciò che viene a man-

care durante una depressione è la domanda. Dalmomento che i risparmi privati (in quest’ottica) riman-gono inutilizzati e non saranno investiti, l’unicadomanda effettiva deriverà dalla spesa dei consumato-ri o da quella pubblica. Però quello che davvero spingel’economia non è la domanda, ma la produzione. E ciòche stimola la produzione sono i profitti. Se vogliamocreare una ripresa economica dobbiamo tornare a rea-lizzare profitti: quelli genuini, non quelli artificiali tipi-

189

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

ci delle bolle speculative.Un crollo dei profitti indica che il sistema dei prezzi

e dei profitti di mercato è stato danneggiato, di solitodagli interventi statali volti a ridurre i tassi d’interesse,alzare i salari, aumentare i consumi, finanziare alcunisettori e rinforzare i cartelli in altri. Non sono i rispar-miatori che fanno naufragare l’economia, ma gli inter-venti dello Stato che penalizzano proprio questi rispar-miatori e, in definitiva, distruggono i profitti.

Persino Keynes deve aver compreso quanto sonoimportanti i profitti. Nel suo Trattato della moneta, rico-nobbe che:

il motore che muove l’impresa è […] il profitto.26

All’epoca in cui scrisse la Teoria generale, Keynesusava spesso alcune perifrasi in gergo per schivare laparola “profitto”: espressioni come «efficienza margi-nale del capitale». Ma la verità ineluttabile è che ilprofitto è la chiave della prosperità. E il modo percreare i profitti è consentire che i prezzi, compresi itassi d’interesse e le valute, dicano la verità in meritoall’economia. In un contesto di prezzi liberi, il lavoro,la produzione e il risparmio faranno tutto ciò che ènecessario, proprio come disse John Stuart Mill quasidue secoli fa.

7a. Keynes: ci sono modi migliori e modi peggiori peraffrontare il problema dell’eccesso di risparmio

Iniziando da alcuni dei modi peggiori, possiamosperare che vi sia

una disoccupazione sufficiente a mantenerci tantopoveri […] e che il tenore di vita sia abbastanza mise-revole per ridurre a zero il risparmio.27

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Tutti gli errori di Keynes

2266.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money:The Applied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1971, p. 132.

2277.. Keynes, General Theory, pp. 105, 217-218.

Diversamente, potremmo sperare che i

milionari [smettano di risparmiare e] trovino soddi-sfazione [nell’usufruire dei propri risparmi] nelcostruire magnifici palazzi per contenere i loro corpifinché sono in vita e piramidi per accoglierli dopomorti, oppure che, pentendosi dei loro peccati, eriga-no cattedrali o elargiscano somme a monasteri […].28

E possiamo fare affidamento sull’imprevisto:

[Nella storia, i disastri naturali come] i terremoti, per-fino le guerre possono servire ad accrescere la ricchez-za [grazie al ricorso ai risparmi].29

Possiamo presentare istanza ai governi, anche aquelli completamente votati ai principi del libero mer-cato (laissez-faire) affinché riempiano

di biglietti di banca vecchie bottiglie, le sotter[rino] auna profondità adatta in miniere di carbone abbando-nate, e queste [vengano] riempite poi fino alla superfi-cie con i rifiuti delle città, e si [lasci] all’iniziativa pri-vata, […], di scavar fuori di nuovo i biglietti […].30

Come dice Keynes, sarebbe

più sensato costruire case e altre cose simili [… Ma]l’analogia fra questo espediente [quello dello scavarealla ricerca delle banconote] e l’estrazione dell’oro ècompleta [ed entrambi costituiscono un modo perconsumare i risparmi in eccesso].31

7b. Commentii. Un applauso

Queste proposte sono tutte perle di satira.

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

2288.. Keynes, General Theory, p. 220.2299.. Keynes, General Theory, p. 129.3300.. Keynes, General Theory, p. 129.3311.. Keynes, General Theory, p. 129.

ii. Le guerre, i disastri naturali e “trovare qualcosa da fare”non creano ricchezza

Le guerre e i disastri naturali possono solo esaurirele ricchezze, non aumentarle. Gli investimenti successi-vi alla seconda guerra mondiale possono aver generatouna crescita economica per rispondere alla domanda diconsumo “repressa”, ma non ci hanno reso più ricchi diquanto saremmo stati senza la guerra.

Il paragone fra il denaro sepolto e l’oro è niente dimeno che una barzelletta. Il consiglio di Keynes di stam-pare sempre più denaro ha avuto come risultato, neglianni, un rapido deprezzamento delle valute. Bisognaricordare che il dollaro, dall’istituzione della FederalReserve (1913) in poi, ha perso più del 95 per cento delsuo potere d’acquisto. Al contrario, l’oro ha mantenuto ilproprio potere d’acquisto ed è divenuto un investimentodi “rifugio” per coloro che si chiedono cosa faranno infuturo i governi ispirati dalle teorie di Keynes.

Si potrebbe anche sostenere che i governi hannoripetutamente seguito il consiglio ironico di Keynes diseppellire il denaro in una buca nel terreno, e che l’am-montare di denaro sprecato in questo modo, se fossestato investito in modo adeguato, avrebbe potuto faruscire il mondo dalla povertà.

8a. Keynes: ovviamente, ci sono metodi migliori perridurre l’ammontare di risparmi inutilizzati

Ridurre i tassi d’interesse per creare un maggioreindebitamento, e quindi ridurre l’eccesso di risparmio,è il modo migliore. Ma ci sono delle alternative. Si può

consumare di più,

vale a dire, spendere di più come consumatori, cosìda risparmiare meno, oppure

lavorare meno,

vale a dire, ridurre il nostro reddito e dunque lanostra capacità di risparmio.

192

Tutti gli errori di Keynes

Keynes disse che questi ultimi due metodi funzionano

altrettanto bene dell’aumento dell’investimento.32

Un modo pratico con cui far sì che la società consu-mi di più è quello di tassare i ricchi con aliquote mag-giori e ridistribuire la ricchezza a coloro che ne hannobisogno, così da poter garantire che il denaro vengaspeso.33 Se teniamo ben presente che

lo sviluppo della ricchezza, lungi dal dipendere dal-l’astinenza dei ricchi, come in generale si suppone, néè probabilmente ostacolato,34

capiremo che le «imposte di successione», così comele aliquote progressive sul reddito, aiuteranno la socie-tà a prosperare.

E se i ricchi riuscissero a bloccare politicamente leimposte di successione e le imposte elevate sul reddito?In tal caso, i governi possono pur sempre ottenere pre-stiti dai ricchi. Questo assorbirebbe il loro eccesso dirisparmio. E, avendo preso a prestito il denaro, il gover-no potrebbe spenderlo, rimettendolo in circolazione estimolando l’economia. Così, il governo diventerebbequello che può essere definito un “consumatore di ulti-ma istanza”.

8b. Commentii. Più si spende, più si ha

Nel passaggio sopracitato, Keynes rende esplicito ciòche in precedenza era solamente implicito. Egli desideraun aumento della spesa e non gli importa se questoavviene sotto forma di consumi o d’investimenti. Il con-sumo funziona «altrettanto bene». Se spendere è la stra-da verso la ricchezza, il risparmio conduce alla povertà.

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Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

3322.. Keynes, lettera al poeta T.S. Eliot, in Robert Skidelsky, John MaynardKeynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p.279.

3333.. Keynes, General Theory, pp. 372-373.3344.. Keynes, General Theory, p. 373.

In merito a quest’idea, Henry Hazlitt disse: «Com’èmeraviglioso il mondo di Keynes! Più si spende, più siha. Più torta mangi, più torta avrai da mangiare».35

ii. Le imposte di successione non possono renderci più ricchiSecondo Keynes, la visione convenzionale sulle

imposte di successione (vale a dire, che riducono la ric-chezza investita di un paese) è solamente

confusione.36

Egli è d’accordo sul fatto che utilizzare le imposte disuccessione per ridurre le altre tasse porterebbe piùconsumo. Tuttavia, dal momento che il consumo accre-sce il reddito nazionale, e che un aumento di redditonazionale porta sia a maggiori investimenti che a mag-gior consumo, le imposte di successione non riduconol’investimento, ma l’accrescono.

Questo ragionamento è talmente ridicolo da nonmeritare quasi di essere discusso. Si consideri: le pro-prietà sono quasi sempre completamente investite.Keynes ci dice che vendendo e spendendo tutto il rica-vato, magicamente otterremo ancora più investimento.Se fosse così, perché allora non liquidiamo tutti i nostriinvestimenti, spendiamo tutto il denaro sul qualeriusciamo a mettere le mani e poi aspettiamo fiduciosila cornucopia di ricchezza che ne conseguirebbe?

iii. Abbiamo bisogno di lavoratori e di risparmiatori, compre-si quelli ricchi

Quello di Keynes è davvero un mondo immagina-rio, un mondo in cui purtroppo dobbiamo vivere tutti,a causa del predominio delle sue idee tra quanti nelmondo fanno parte dei governi nazionali. La verità èche l’economia può prosperare solamente grazie airisparmi privati. Al momento, i ricchi, proprio perchépossiedono molto, sono la fonte più affidabile per tali

194

Tutti gli errori di Keynes

3355.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 375.3366.. Keynes, General Theory, p. 373.

risparmi. Quindi, abbiamo bisogno dei ricchi sia perfornire i fondi necessari agli investimenti, sia per gui-dare tali investimenti.

Esistono strategie che ci possano rendere menodipendenti dai ricchi? Sì. Alcune le ho esplorate nell’ul-timo capitolo del mio libro Are the Rich Necessary?. Tut-tavia, nel frattempo, il trasferimento di denaro dai ric-chi, i risparmiatori più affidabili, allo Stato, l’inveteratospendaccione, impoverirà tutti.

Come autore, avvocato, economista e attore, BenStein ha scritto, sotto il titolo How to Ruin AmericanEnterprise:

Schernire il duro lavoro e la frugalità. […] Abbando-nare i lavoratori e i risparmiatori meticolosi nella pol-vere. […] Instaurare un sistema fiscale che incoraggil’antagonismo di classe e punisca il risparmio, pre-miando l’indebitamento, l’avventatezza e il consumo.Tassare i frutti del lavoro molte volte: […] come reddi-to, come […] proprietà immobiliari, come […] guada-gni di capitale, […] e ancora, a livelli incredibilmenteelevati, fino alla morte. […] Ciò ci priverà di capitaleassai necessario per i nuovi investimenti, per l’innova-zione e per le nostre aspirazioni personali.37

iv. Una sintesiKeynes ci ha detto che soffriamo di eccessivo rispar-

mio. Egli avrebbe risolto il problema introducendoparadossalmente un nuovo tipo di risparmio (il denarocreato dal governo) che sarebbe stato assolutamente«genuino» quanto i risparmi privati. Questo nuovodenaro non avrebbe causato inflazione.

Tutto ciò, però, si è dimostrato sbagliato dal momen-to che:

● c’è troppo poco risparmio, per lo meno negli StatiUniti;

● il denaro stampato dal governo, nonostante qual-

195

Spendere di più, risparmiare meno e diventare più poveri

3377.. Forbes, 23 febbraio 2002, p. 226.

siasi sforzo immaginativo, non è un risparmio«genuino»;

● il nuovo denaro, introdotto attraverso il sistemabancario come credito a bassissimo costo, creainflazione;

● se il nuovo denaro fluisce principalmente verso ibeni di consumo, produce un’inflazione di tipotradizionale; se fluisce soprattutto verso assetd’investimento, produce una bolla speculativacome quella degli anni Venti, o quelle recenti deimercati dot-com e immobiliari;

● in ogni caso, le politiche di Keynes basate sullacreazione di nuovo denaro, sul prestito, sullaspesa e sulla tassazione consumano e distruggo-no i risparmi privati dai quali dipendiamo peravere un’economia prospera.

196

Tutti gli errori di Keynes

1a. Keynes: i partecipanti al mercato mancano di fidu-cia perché non sanno cosa accadrà nel futuro

Fino a questo punto, la medicina prescritta dal dot-tor Keynes è l’abbassamento dei tassi d’interesse. Maquesta prescrizione di per sé non garantirà un aumentodegli investimenti nel mercato. Quando i titolari d’a-zienda e i manager prendono in considerazione unnuovo investimento, magari una nuova struttura, ilcosto del denaro da prendere in prestito è importante,ma non tanto quanto le aspettative.

Le aspettative degli investitori dipendono fortemen-te da un fattore meramente psicologico, lo stato dellafiducia nell’economia. Sfortunatamente, la fiducia ingenere è bassa.

Le persone comuni credono che un titolare d’azien-da o un manager sappiano ciò che fanno e, in particola-re, sappiano molte cose sui ritorni futuri di un’azienda,una miniera, un prodotto o un servizio. Ma non è così.Tutti gli esseri umani, anche i cosiddetti esperti, bran-colano nel buio per quanto riguarda il futuro. La loroconoscenza del futuro

è scarsa e talvolta evanescente1

197

Capitolo 12

Cosa (non) fare con Wall Street

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 150.

e la loro capacità di fare previsioni accurate e parti-colarmente precise è di solito nulla.

Le persone in generale, e gli investitori in particolare,fanno fronte alla propria ignoranza sul futuro ricorrendoa una semplice convenzione.2 Presumono che ciò che èaccaduto nel recente passato continuerà ad accadere.

Sfortunatamente, questa convenzione è

tanto arbitraria [… con] i suoi punti deboli […] e le sueprecarietà.3

Spesso si dimostra sbagliata e l’errore porta con séuno shock psicologico.

1b. Commento: i titolari di aziende e i manager nonragionano nel modo in cui pensa Keynes

Le attività economiche hanno a che vedere con lepersone, non con le previsioni. Il primo requisito è quel-lo di conoscere estremamente bene i propri clienti e iloro bisogni. Il passo successivo è cercare di risponderea tali bisogni in maniera efficace (anche per quantoriguarda i costi). Raramente si tratta di fare previsioniprecise sul futuro tasso di ritorno di un impianto, oanche di un prodotto, e poi di confrontare questo tassodi ritorno con i tassi d’interesse.

Keynes è nel giusto quando dice che la gente moltospesso cerca di guidare guardando nello specchiettoretrovisore. Alcuni studi psicologici sostengono che sitratta di una caratteristica radicata nell’uomo. Ma ibravi operatori economici prendono in considerazioneuna varietà di possibili situazioni o risultati futuri. Cer-cano di posizionare se stessi in modo che, anche qualo-ra arrivasse il peggior risultato possibile, vi sia la possi-bilità di evitare la bancarotta.

2a. Keynes: il ruolo degli «spiriti animali»Anche se alcuni titolari o manager hanno giuste

198

Tutti gli errori di Keynes

22.. Keynes, General Theory, p. 152.33.. Keynes, General Theory, p. 153.

intuizioni sul futuro, molti altri non le hanno. È «pro-babile» che un operatore resti «deluso»,4 in media, dairitorni economici, soprattutto in rapporto alle «speran-ze» iniziali.5 Perché, allora, continuare a voler giocare aquesto gioco? Si suppone non per «freddo calcolo», mapiuttosto a causa degli

spiriti animali.6

Purtroppo, gli spiriti animali dipendono da

nervi e […] isterismi, e perfino [d]alle digestioni [deigiocatori].7

2b. Commento: questa è un’altra parodia keynesianaNon è affatto «probabile» che i ritorni siano in media

deludenti. Come si farebbe a sapere una cosa del gene-re? Non è mai stato nemmeno ipotizzato uno standarddi misurazione del successo rappresentato dalle «spe-ranze», e non esiste nessuna evidenza a sostegno del-l’affermazione di Keynes.

E poi, l’attività economica è un gioco? Beh, in partesì. Ma il desiderio di guadagnarsi da vivere, mantenerese stessi e la propria famiglia, costruire un’impresa pro-duttiva, e così via, sembrerebbero motivazioni piùgrandi della semplice manifestazione di «spiriti anima-li». Se l’attività economica, in definitiva, è solamenteuna questione di «digestione», forse non si può dire lostesso delle politiche economiche emesse da un docen-te di Cambridge?

3a. Keynes: cosa c’è di sbagliato nel mercato aziona-rio, parte prima

Il mercato azionario non è del tutto un male. È unmodo per finanziare le società. Offrendo «liquidità», lacapacità di comprare e vendere titoli a fini di investi-

199

Cosa (non) fare con Wall Street

44.. Keynes, General Theory, p. 150.55.. Keynes, General Theory, p. 150.66.. Keynes, General Theory, pp. 50, 161-162.77.. Keynes, General Theory, p. 162.

mento, questi mercati possono riuscire anche a convin-cere l’investitore più timido a tirar fuori il denaro dasotto il materasso e a fare davvero un investimento.Ovviamente, la liquidità è in gran parte illusoria. Lepersone non possono entrare tutte, o uscire tutte dalmercato, nello stesso momento, cosa che invece di soli-to vogliono fare.

Inoltre, se il denaro è investito in azioni esistenti,non sarà investito in nuovi impianti, attrezzature,dipendenti, prodotti e servizi, tutte cose che rappresen-tano veri investimenti. Gran parte dell’investimento nelmercato azionario è sterile, e per quanto riguarda lasocietà non è affatto meglio che tenere il denaro sotto ilmaterasso.8

I prezzi dei titoli nel mercato spesso sono stabiliti inmodo «assurdo».9 Per esempio, Keynes afferma di aversentito che le azioni delle società produttrici di ghiacciovenivano liquidate a un prezzo più elevato in estate(quando i profitti erano più elevati stagionalmente) chein inverno. Un mercato razionale saprebbe come com-portarsi.

Se il mercato azionario sale, si ha un effetto beneficosull’accrescimento della fiducia. Ma un suo crollo depri-me questa fiducia. Inoltre, colpisce anche la domanda diconsumi, perché i consumatori che hanno investito sisentirebbero meno ricchi, e anche quelli che non hannoinvestito temerebbero per il proprio lavoro.10

3b. Commento: un errore concettuale e due afferma-zioni inesatte

Come si può notare dalla nota di chiusura EE, non ècorretto considerare sterile l’acquisto di un’azione (per-ché non fluisce direttamente alla società e quindi nonsarà utilizzato per l’espansione delle attività). Dalmomento che esistono sempre un compratore e un ven-

200

Tutti gli errori di Keynes

88.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 316.

99.. Keynes, General Theory, p. 154.1100.. Keynes, General Theory, p. 319.

ditore per ogni transazione di mercato, il mio acquistodi un’azione trasferisce del denaro al venditore. A suavolta, il venditore può spenderlo o investirlo, ma, in unmodo o nell’altro, il denaro troverà una collocazione nelflusso circolare dell’economia. Inoltre, se più personecomprano le azioni già esistenti di una società, il loroprezzo aumenterà. Questo significa che quando la socie-tà emetterà nuove azioni, il suo costo del capitale saràinferiore e quindi troverà più conveniente espandersi.

L’approccio troppo disinvolto di Keynes è ben illu-strato dal suo riferimento alle azioni delle società pro-duttrici di ghiaccio. Infatti, egli riferisce che «si dice»che le azioni di queste società in estate vengano vendu-te a prezzi maggiori rispetto all’inverno. Ovviamentequesto tipo di attività non esiste più, ma Henry Hazlittsi è preso la briga di controllare i dati storici a riguardoe ha scoperto che l’affermazione di Keynes è falsa.11

Incidentalmente, avete notato la strana definizionedi liquidità che Keynes fornisce in tale frangente?Secondo lui, un mercato deve essere in grado di assor-bire l’acquisto simultaneo, o (viceversa) la venditasimultanea, di tutte le azioni per essere consideratodavvero liquido.

4a. Keynes: cosa c’è di sbagliato nel mercato aziona-rio, parte seconda

L’aspetto peggiore del mercato azionario è la sua

atmosfera da casinò da gioco.12

Il presunto scopo di un mercato azionario è quellod’incanalare i risparmi privati verso gli investimentisocialmente più utili (e quindi remunerativi).13 Ciòrichiede una visione «a lungo termine».14 I «miglioricervelli di Wall Street», però, sono del tutto disinteres-

201

Cosa (non) fare con Wall Street

1111.. Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, New Rochelle(NY), Arlington House, 1978, p. 175.

1122.. Keynes, General Theory, p. 159.1133.. Keynes, General Theory, p. 159.1144.. Keynes, General Theory, p. 157.

sati al lungo termine. A loro non interessa nemmenosapere troppe cose sulle società che comprano.15 Il loro«gioco», al quale si dedicano con il più grande «gusto ediletto», è quello d’individuare le azioni che divente-ranno popolari e comprarle per primi.16 Dal momentoche tutti si comportano allo stesso modo, il gioco diven-ta quello di

indovinare come l’opinione media immagina che siafatta l’opinione media medesima

e poi trarre profitto da una giusta intuizione.17

In tali condizioni, l’investimento genuino a lungotermine diventa «così difficile da essere scarsamentepraticabile» e chiunque lo tenti, paradossalmente,apparirà come «eccentrico, anticonvenzionale e avven-tato».18 Anche i comitati d’investimento più tradiziona-listi non si troveranno a proprio agio con un approccioa lungo termine, perché

La saggezza del mondo insegna che è cosa miglioreper la reputazione fallire in modo convenzionale,anziché riuscire in modo anticonvenzionale.19

Wall Street può sembrare solamente uno «spettaco-lo», ma le sue disfunzionalità hanno conseguenze serie.

Gli speculatori possono non causare alcun male, comebolle d’aria in un flusso continuo d’intraprendenza;ma la situazione è seria quando l’intraprendenzadiviene la bolla d’aria in un vortice di speculazione.20

In tali condizioni, il capitale non sarà semplicemen-te male allocato. I cittadini medi perderanno anche la

202

Tutti gli errori di Keynes

1155.. Keynes, General Theory, p. 316.1166.. Keynes, General Theory, pp. 155, 157.1177.. Keynes, General Theory, p. 156.1188.. Keynes, General Theory, p. 157.1199.. Keynes, General Theory, p. 158.2200.. Keynes, General Theory, p. 159.

propria fiducia nel sistema.Una cosa è guardare alcune persone diventare incre-

dibilmente ricche, se si ritiene che le differenze nelladistribuzione delle ricchezze riflettano meriti legati alduro lavoro, a una astuta capacità di giudizio e alla pro-duzione di beni essenziali per la società nel suo com-plesso. Ma, anche in questo caso, i vincitori ottengonotroppo, sia dal punto di vista della giustizia, sia daquello degli incentivi che essi offrono.21 È tutta un’altracosa, però, se queste enormi ricompense non vanno achi le merita ed è disciplinato, ma solo a giocatori d’az-zardo fortunati. Nel tempo, il sistema sociale si sfalde-rà, nessuno vorrà più lavorare e tutti vorranno giocaree speculare.22

4b. Commentii. Keynes descrive un mercato di “bolle”

Keynes dipinge a tinte forti il mercato azionario, raf-figurandolo come una bisca, un covo di giocatori d’az-zardo. Esprime quello che forse in molti hanno semprevagamente pensato. Ma è davvero una descrizioneaccurata?

Beh, è un ritratto ragionevolmente accurato dei mer-cati azionari durante una bolla speculativa, in periodicome gli anni Venti o Novanta, o in questo primodecennio del ventunesimo secolo. È durante le bolle chei compratori hanno la maggior probabilità di concen-trarsi sull’«indovinare […] l’opinione media» piuttostoche sui fondamentali delle società. Quello che fa Key-nes, ovvero descrivere taluni mercati minati da bollespeculative fuori controllo come un qualcosa di norma-le, e condannarli, è di certo molto più che ironico, per-ché sono proprio le politiche da lui auspicate di emis-sione di denaro, di credito e di spesa facile che gonfia-no queste bolle.

Per l’occhio non allenato, le bolle speculative hanno

203

Cosa (non) fare con Wall Street

2211.. Keynes, General Theory, p. 374.2222.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, pp. 94-95.

a che vedere con l’avidità individuale, non con le catti-ve politiche messe in atto dai governo. La rivista Econo-mist ci dice che:

Quando le persone guardano a una bolla speculativa,tendono a biasimare il caos di disonestà, cupidigia efollia collettiva altrui. Cos’altro oltre la pazzia puòspiegare tutti questi tulipani olandesi giunti a un prez-zo eccessivo?23

Ma le bolle non sono semplici manifestazioni di avi-dità o follia. Come spiega Peter R. Fisher, ex sottosegre-tario del Tesoro americano e funzionario della FederalReserve Bank di New York:

Il capitalismo ha come premessa l’idea che il capitale siauna merce scarsa, così che la si razionalizza con un mec-canismo di prezzi. Quando si danno fondi a breve ter-mine, essenzialmente liberi da tassi reali negativi [tassiinferiori all’inflazione, come è successo, per esempio,fra il 2001 e il 2004] iniziano ad accadere cose folli.24

ii. Altri problemi di logicaCi sono molte cose bizzarre nella descrizione fatta

nella Teoria generale di Wall Street e dei suoi eccessi. Peresempio, Keynes denigra gli investitori in quanto spe-culatori, ma chiama speculatori anche le persone chetrattengono il proprio denaro (preferendo non investir-lo in azioni). Queste persone, dice, operano in base a un

movente speculativo

perché ritengono di

conoscere meglio del mercato ciò che il futuro arre-cherà.25

204

Tutti gli errori di Keynes

2233.. “Special Report on Finance”, Economist, 24 gennaio 2009, p. 6.2244.. Barrons, 22 settembre 2008 Si veda la nota di chiusura MM.2255.. Keynes, General Theory, p. 170.

Ma, allora, sia l’assumersi dei rischi, sia l’evitarlicorrisponde a speculazione?26 Un’altra stranezza: Key-nes, che notoriamente disse che

nel lungo termine saremo tutti morti,

e che raccomandava di spendere di più, risparmiaremeno, preoccuparsi maggiormente del presente e menodel futuro, ora ci dice che l’investimento a breve termi-ne è una cosa sbagliatissima. È davvero poco chiaro. Manoi a quale Keynes dovremmo dare ascolto?

Incidentalmente, non dovremmo credergli quandodice che il dilagante investimento rampante sul brevetermine rende quello sul lungo termine

così difficile da essere scarsamente praticabile.27

È una cosa assolutamente illogica. Nel mondo del-l’investimento, se la maggior parte delle persone cercasolo opportunità sul breve termine, diventa più facile, enon più difficile, investire sul lungo termine. Perché?Perché c’è meno concorrenza per le buone idee d’inve-stimento a lungo termine.

iii. Ancora incoerenzeLa cosa forse più strana di tutto questo disprezzo di

Keynes per la speculazione è che lui stesso era uno spe-culatore particolarmente attivo. Si orientò su investi-menti in azioni, materie prime e valute estere, fu estre-mamente attivo (modificando i propri investimenti al100 per cento ogni anno) e speculò su di essi con dena-ro a prestito (spesso più di una sterlina per ogni sterli-na di sua proprietà).28

Nel 1920 questo atteggiamento aggressivo lo mandò

205

Cosa (non) fare con Wall Street

2266.. Si veda la nota di chiusura NN.2277.. Keynes, General Theory, p. 127.2288.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 11, Economic Articles and

Correspondence – Academic, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1983, pp. 9-15.

temporaneamente in bancarotta, ma si riprese grazie adalcuni prestiti da parte della famiglia e degli amici. Frail 1922 e il 1929 pare ebbe solo un successo moderato,seguendo l’indice azionario del “Banker’s Magazine”cinque anni su sette. Non riuscì a prevedere i problemialla fine degli anni Venti e, soprattutto, a causa delleazioni di leverage perse l’86 per cento del suo capitale. Sitrovò di nuovo in difficoltà nel 1937, perse metà delcapitale, ma alla fine della sua vita era riuscito a recu-perare la maggior parte delle perdite.29

Nel 1938, parlando al comitato d’investimento delKing’s College, a Cambridge, disse di non credere chenon fosse più il caso di acquistare e vendere continua-mente asset e di aver adottato una strategia consistentenell’acquistare e conservare un numero relativamentepiccolo di posizioni concentrate. Lodò la diversificazio-ne degli investimenti fra varie classi di asset. E, cosa piùironica di tutte, dopo aver fatto i suoi sermoni control’uso dell’oro come denaro, raccomandò specificamentel’inclusione di azioni di miniere d’oro in qualsiasi por-tafoglio, a scopi diversificativi, in virtù della loro man-canza di correlazione con i titoli comuni.30

5a. Keynes: il miglior rimedio per il fallimento delmercato azionario è l’intervento diretto dello Statonella gestione degli investimenti

Come abbiamo visto, il problema del convertire irisparmi in investimenti ha due componenti. Il primoostacolo è il fatto che i tassi d’interesse tendono a esse-re cronicamente troppo alti, il che scoraggia l’investi-mento e lascia inutilizzate grandi quantità di risparmio.Lo Stato può alleviare questa difficoltà stampandonuovo denaro e immettendolo nel sistema bancario perfar abbassare i tassi d’interesse.

Ma questo intervento risolve solo metà del proble-ma. L’altra questione è che

206

Tutti gli errori di Keynes

2299.. Keynes, Collected Writings, vol. 11, pp. 9-15.3300.. Keynes, Collected Writings, vol. 11, p. 107.

la psicologia [degli investitori privati, sia nell’econo-mia che in Wall Street o altri mercati azionari è] disob-bediente […] e […] incontrollabile.31

Operando all’interno di una nube d’ignoranza, gliinvestitori privati tendono ad alti esaltanti e bassi cupi.Quando si trovano in quest’ultima condizione, nonpossono essere esortati a trarre vantaggio nemmeno daitassi d’interesse più appetibili.

L’intero sistema dell’investimento privato non è

intelligente […] non è virtuoso […] e non mantiene gliimpegni.32

Possiamo concluderne solamente che

Il compito di determinare il volume corrente d’inve-stimento non può, senza pericolo, lasciarsi in manoprivate.33

5b. Commento: discuteremo quest’ultima idea soprat-tutto nel prossimo capitolo

Per ora, è importante sottolineare che Keynes volevache lo Stato si assumesse la responsabilità della quanti-tà, e non della qualità, degli investimenti. Nel sistemakeynesiano è sempre la quantità ciò che conta.

In modo interessante, egli non suggerisce una rego-lamentazione come panacea per ciò che affligge il siste-ma finanziario, come invece hanno fatto successiva-mente molti keynesiani. In generale, egli approva le«riforme» regolatorie di Roosevelt per quanto riguardaWall Street, ma non dice molto a tale proposito, né pro-pone un proprio programma. Non era chiaramente afavore della nazionalizzazione delle banche o di qual-

207

Cosa (non) fare con Wall Street

3311.. Keynes, General Theory, p. 317.3322.. John Maynard Keynes, New Statesman and Nation (1933), in John

Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crisesand Policies in Britain and America, London, MacMillan; New York, St. Mar-tin’s Press, 1982, p. 239.

3333.. Keynes, General Theory, p. 320.

siasi altra società privata.34

Benché non volesse che il governo gestisse quotidia-namente Wall Street, Keynes auspicava che prendessele decisioni più importanti. Di sicuro non poteva essered’accordo con la battuta dell’umorista P.J. O’Rourke:

Permettere che il governo gestisca Wall Street è comedire, “Papà ha bruciato la cena! Facciamo cucinare ilcane”.35

208

Tutti gli errori di Keynes

3344.. Keynes, General Theory, p. 378. 3355.. Weekly Standard, 19 gennaio 2009, p. 20.

1a. Keynes: lo Stato dovrebbe concentrarsi principal-mente sul volume degli investimenti

Ciò significa che se l’investimento è troppo bassoper assorbire tutti i risparmi, e se dei tassi d’interesseminori non lo incrementano a sufficienza, lo Statodovrebbe intervenire e investire.

Come farà lo Stato a sapere che i tassi d’interessenon sono bassi abbastanza e che c’è bisogno di un suoinvestimento diretto? L’indicatore chiave è l’occupazio-ne. Se il denaro a basso costo produce «piena» occupa-zione, non c’è bisogno d’investimento diretto. Se la dis-occupazione persiste, allora lo Stato deve investire.

In genere, lo Stato non stamperà il denaro da inve-stire. Otterrà i fondi necessari tramite la tassazionedegli individui più abbienti, oppure ricorrerà al presti-to. In questo secondo caso, non ci sarà necessariamenteun deficit di bilancio; l’investimento governativopotrebbe essere mantenuto extra-bilancio o in un bilan-cio di capitale separato.1

1b. Commentii. Non ci viene detto esattamente come affrontare la cosa

Nel Capitale e in altre opere, Karl Marx è così impe-

209

Capitolo 13

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

11.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 273.

gnato ad analizzare quello che definiva “capitalismo”da non spiegare come avrebbe effettivamente operato ilsocialismo. Le istruzioni sul da farsi dovettero esserescritte da Lenin, Stalin, Mao e altri. In modo simile,Keynes è notevolmente elusivo in merito a quelli chepotrebbero essere definiti i dettagli operativi del keyne-sismo.

Non ci viene detto il motivo per cui il governodovrebbe prendere a prestito il denaro per gli investi-menti e non stamparlo. Come discusso altrove (nellanota di chiusura T), William Beveridge, che divenne unkeynesiano molto importante, disse che la cosa nonaveva un grande rilievo.2 Con ogni probabilità, Keynespensava che stampare quantità così grandi di denarosarebbe stato controverso.

Non ci viene detto nemmeno come fare a stabilire la«piena» occupazione o tassi d’interesse «bassi» (anchese sappiamo che l’obiettivo ultimo per i tassi d’interes-se è lo zero). In aggiunta, siamo costretti a ipotizzare ilmodo in cui l’«investimento» governativo differisce daqualsiasi altra voce di spesa. Keynes fa esplicito riferi-mento alla costruzione di strade e abitazioni, ma nonsembra importargli davvero: l’importante è che il dena-ro venga speso.

ii. L’investimento keynesiano ha lasciato debiti e passivitàincredibili

Negli anni successivi alla morte di Keynes, i governihanno speso sempre di più, spesso citando lo stessoKeynes a giustificazione. Nel 2007, l’anno prima delcrollo finanziario del 2008, il governo statunitense haaccumulato un debito ufficiale di poco meno di 9 milamiliardi di dollari, con delle passività totali di 67 milamiliardi. Questa cifra era quasi 5 volte il prodotto inter-no lordo, 14 mila miliardi di dollari, ed era superiorealla stima del Pil mondiale, 50 mila miliardi di dollari,ed era quasi pari al valore stimato dei beni immobili

210

Tutti gli errori di Keynes

22.. William Beveridge, citato in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Key-nesian Economics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 226.

mondiali (75 mila miliardi) o dei mercati azionari eobbligazionari mondiali (100 mila miliardi) in quelladata.3 La maggior parte dei 67 mila miliardi di dollariera fuori bilancio, proprio come raccomanda Keynes.4 Ilcrollo del 2008, poi, aggiunse altre migliaia di miliardidi dollari (ancora non sappiamo quanti) alle passivitàtotali e ridusse i valori degli asset.

2a. Keynes: il compito del governo non è “bilanciare”,ma “incentivare” gli investimenti e la spesa dei priva-ti (che di solito non riescono a ottenere ciò che serveper raggiungere la piena occupazione)

È convinzione diffusa che Keynes ritenesse che loStato dovesse “bilanciare” le azioni degli investitori pri-vati. Walter Lippmann descrisse nel modo seguentequest’idea di uno Stato che fornisce una forma di“bilanciamento”:

Un individualismo non coordinato, non pianificato edisordinato […] produce inevitabilmente un’alternan-za di espansioni e recessioni economiche. […] Lo Stato[dovrebbe] agire […] in modo da contrastare tutti glierrori della massa di individui, facendo l’opposto diquello che fa questa folla: risparmiare quando la follaspende troppo; indebitarsi quando la folla risparmiatroppo; economizzare quando la folla è prodiga dispese, e spendere quando questa è riluttante a farlo.[…] Questo metodo compensatorio è, credo, un’inven-zione epocale.5

Keynes approvava questo «metodo compensato-rio»? La maggioranza delle persone ritiene di sì. Tutta-via, la risposta sembrerebbe piuttosto negativa, Keynesnon lo approvava, o per lo meno non del tutto. Infatti ècerto che disse che lo Stato doveva intervenire come

211

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

33.. T. Blankey, Washington Times, 16 marzo 2009, p. 32.44.. Si veda la nota di chiusura OO.55.. Walter Lippmann, Interpretations: 1931-1932, New York, Macmillan,

1932, p. 38; Walter Lippmann, The Method of Freedom, New York, Macmil-lan, 1934, pp. 58-59.

fattore equilibrante,6

ma con questo intendeva soprattutto che lo Statoavrebbe dovuto “incentivare” l’investimento qualorafosse stato troppo basso.

Come sappiamo, Keynes crede che

il rimedio giusto per il ciclo economico non debba tro-varsi nell’abolire le espansioni.7

Una crescita economica deve essere alimentata emantenuta. La maggior parte delle volte, ci sarà biso-gno di un investimento pubblico cospicuo; altre voltepotrà essere più ridotto. Ma qualsiasi sia il livello d’in-vestimento pubblico richiesto, i tassi d’interesse nondovrebbero mai essere alzati. Nel rarissimo caso in cuisi raggiunga definitivamente la piena occupazione,

dovremo trovare un modo [per raffreddare l’economia]che non sia l’aumento del tasso d’interesse.8

2b. Commento: nulla di tutto ciò è realisticoQualsiasi cosa pensasse Keynes del metodo com-

pensatorio di Lippmann, esso si è dimostrato un’asso-luta illusione. I politici e i funzionari pubblici nonhanno maggiori probabilità rispetto a tutti gli altri diriconoscere un’economia “surriscaldata” o, se ci riesco-no, di volerla portare sui giusti binari. Il metodo di Key-nes di mantenere sempre una «quasi-espansione»tenendo bassi i tassi d’interesse (e aggiungendo all’oc-correnza generosi contributi pubblici) è altrettanto illu-sorio. In entrambi i casi, l’unico dubbio che sorge è setali criteri porteranno inflazione o una bolla speculati-

212

Tutti gli errori di Keynes

66.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 220.

77.. Keynes, General Theory, p. 322.88.. John Maynard Keynes, “Boom Control”, Times, in John Maynard Key-

nes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies inBritain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1982, pp. 384-394; si veda anche Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol.2, The Economist as Savior 1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 629.

va. In tutti e due i casi, il conto finale si presenta sottoforma di una crisi dell’economia.

3a. Keynes: il governo prenderà delle decisionimigliori in termini d’investimento rispetto al settoreprivato

È importante che lo Stato riempia il serbatoio degliinvestimenti. Mantenerlo pieno è ciò che importa mag-giormente. Ma ci sono anche altre ragioni per accoglie-re con favore un ruolo più ampio dello Stato nel settoredegli investimenti.

Nel complesso sembra che Keynes simpatizzi conl’idea che il governo sia migliore del mercato privatoper ciò che riguarda gli investimenti. Come abbiamogià visto, egli fa un ritratto desolante dell’investimentoprivato, menomato (disse) da profonda ignoranza,emozioni incontrollabili e tendenze speculative. Al con-trario, e abbiamo visto anche questo, riteneva che loStato fosse in grado di decidere sulla base di

considerazioni a lunga portata e in vista del vantaggiosociale generale.9

Nel 1932, criticò Harold Macmillan, in seguito primoministro britannico, per il fatto di non essere

sufficientemente coraggioso in merito alla proposta disviluppare le funzioni d’investimento [diretto] delloStato.10

Nel 1936, nella Teoria generale, disse di essere favore-vole a

una socializzazione di una certa ampiezza dell’inve-stimento.11

213

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

99.. Keynes, General Theory, p. 164; si veda anche, John Maynard Keynes,Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money: The Applied Theory of Money,London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 145.

1100.. John Maynard Keynes, lettera, 6 giugno 1932, in Collected Writings, vol.21, p. 109.

1111.. Keynes, General Theory, p. 378.

Nel 1937 sostenne nel Times di Londra che il gover-no inglese dovesse istituire un Public Office of Invest-ment.12 E nel 1939 incoraggiava entusiasticamente

un amalgama di capitalismo privato e socialismo diStato.13

Queste e altre dichiarazioni sembrerebbero dunquesostenere l’idea che Keynes volesse l’investimento delloStato a prescindere da tutte le altre considerazioni, e nonsolo quindi come aiuto a quello privato. Disse anche:

Non trovo motivo di ritenere che il sistema esistenteimpieghi seriamente male i fattori di produzione chesono utilizzati.14

Ciò sembrerebbe significare che l’iniziativa privata èben attrezzata per gestire le fasi successive all’investi-mento, e non che sia migliore dello Stato nello scegliereil tipo d’investimento.

3b. Commento: il governo non fa «considerazioni alunga portata» né esprime un «buon senso collettivo»

Come sappiamo, Keynes si divertiva moltissimo aderidere quelle che riteneva fossero delle “vacchesacre”. Dopo la sua morte, lui stesso divenne una diqueste vacche sacre, circondato da fedelissimi devoti, eHenry Hazlitt non riusciva a trattenersi dal deridere ilmaestro nel suo stesso stile:

[Keynes ci ha detto che] le persone che hanno guada-gnato del denaro sono troppo miopi, isteriche, avide eidiote per lasciare che investano da sole. Il denaro deveessere requisito loro dai politici, che lo investirannocon una capacità di previsione pressoché perfetta e inmodo assolutamente disinteressato (come illustrato,

214

Tutti gli errori di Keynes

1122.. Times, 14 gennaio 1937, citato da Étienne Mantoux, in Hazlitt, TheCritics of Keynesian Economics, p. 121.

1133.. John Maynard Keynes, intervista, New Statesman and Nation, 28 gen-naio 1939, in Collected Writings, vol. 21, p. 492.

1144.. Keynes, General Theory, p. 379.

per esempio, dai pianificatori economici dell’UnioneSovietica). Infatti, le persone che rischiano il loro stes-so denaro, lo fanno ovviamente in maniera sciocca eincauta, mentre i politici e i burocrati che rischiano ildenaro altrui lo faranno con la massima attenzione edopo uno studio lungo e approfondito. Naturalmente,gli uomini d’affari che hanno guadagnato denarohanno dimostrato di non avere lungimiranza; ma ipolitici che non si sono guadagnati il denaro darannoprova di una lungimiranza perfetta. Gli uomini d’affa-ri che cercano di far meglio e a miglior prezzo dei loroconcorrenti quei beni che i consumatori desiderano, eil cui successo dipende dal grado di soddisfazione deiconsumatori, ovviamente non si cureranno del «van-taggio sociale generale»; ma i politici che si mantengo-no al potere conciliando i vari gruppi di pressione disicuro avranno come unica preoccupazione il «vantag-gio sociale generale». Non sprecheranno il denaro. […]Non ci sarà mai nemmeno l’ombra della corruzione.

Hazlitt ha assolutamente ragione. I politici nonfanno «considerazioni a lunga portata». I loro occhisono fermamente puntati sulla successiva tornata elet-torale. Devono rendere conto a specifici gruppi d’inte-resse che finanziano e sostengono le loro campagneelettorali. Il «buon senso collettivo», se esiste, è più faci-le da trovare nel mercato, piuttosto che fra politici eburocrati. Adam Smith ci avverte che:

L’uomo di Stato, che dovesse cercare d’indirizzare iprivati relativamente al modo in cui dovrebberoimpiegare i loro capitali, non soltanto si addosserebbeuna cura non necessaria, ma assumerebbe un’autoritàche non si potrebbe affidare tranquillamente non soloa una singola persona, ma a nessun consiglio o senato,e che in nessun luogo potrebbe essere più pericolosache nelle mani di un uomo tanto folle e presuntuosoda ritenersi capace di esercitarla.15

215

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

1155.. Adam Smith, The Wealth of Nations, vol. 2, London, 1776, 1784, bk.IV, chap. 2; anche in R.E. Baxter - Ray Rees - Graham Bannock, The PenguinDictionary of Economics, London, Penguin Books, 1972, p. 247.

4a. Keynes: il controllo dell’economia da parte delloStato non dovrebbe fermarsi ai tassi d’interesse,all’investimento, alla tassazione e ai tassi di cambio

Nel 1940, Keynes disse che i prezzi liberi erano unfattore indispensabile, ma anche (al contrario) di esserea favore dell’istituzione di comitati pubblici che avesse-ro il compito di controllare il prezzo delle materieprime.16 Nel 1943, guardando al futuro periodo postbel-lico, disse che

Sono […] irrimediabilmente scettico su un ritorno allaissez-faire del diciannovesimo secolo. Credo che ilfuturo stia: i. nel commercio di Stato delle materieprime; ii. in cartelli internazionali [vale a dire, mono-poli ratificati dai governi] per le manifatture necessa-rie; e iii. restrizioni quantitative sulle importazioni permanifatture non necessarie. [… Questi sono gli] orga-nismi della normale vita economica del futuro.17

[In generale] la pianificazione di Stato, […] intelligen-za e deliberazione centralistiche devono sostituirel’ammirato disordine del diciannovesimo secolo.18

Nel descrivere tutto ciò, Keynes riconobbe che loStato, così facendo, sarebbe rimasto coinvolto in

molti degli aspetti più complessi e interni dell’impre-sa privata.19

Ma anche così,

rimarrà ancora largo campo all’esercizio dell’iniziati-va e della responsabilità individuale.20

216

Tutti gli errori di Keynes

1166.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000,pp. 235-236, 285.

1177.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 321.1188.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, in Keynes, Col-

lected Writings, vol. 21, p. 86.1199.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, p. 3182200.. Keynes, General Theory, p. 378.

4b. Commento: non è affatto vero che Keynes lasciava«largo campo all’esercizio dell’iniziativa […] indivi-duale»

Tassi d’interesse controllati (che, fra i prezzi, sono ipiù importanti) non sono compatibili con un sistema dimercato; e non lo sono nemmeno il controllo pubblicodegli investimenti, dei tassi di cambio e dei prezzi dellematerie prime; una tassazione elevata, i monopoli gesti-ti dallo Stato o il protezionismo negli scambi commer-ciali. Con tutte queste forme di controllo, ogni settoredell’attività economica privata verrebbe limitato.

5a. Keynes: la pianificazione di Stato non deve essereconfusa con il fascismo o con il comunismo

Keynes si preoccupò sempre di differenziare le pro-prie idee da quelle dei sistemi totalitari:

Possiamo riconoscere l’opportunità e anche la necessi-tà di una pianificazione [economica] senza esserecomunisti, socialisti o fascisti.21

Ma non disprezzava del tutto la gestione economicafascista o comunista:

Il fascismo italiano […] sembra aver salvato l’Italia dalcaos e pare avere stabilito un modesto livello di pro-sperità materiale.22

E nella sua prefazione all’edizione tedesca della Teo-ria generale (pubblicata nella Germania nazista e noninclusa nella raccolta The Collected Works), osservò chele sue idee

potevano essere applicate molto più facilmente sottole condizioni di uno Stato totalitario piuttosto che inquelle della libera concorrenza e di un grado conside-revole di laissez-faire,

217

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

2211.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, p. 84.2222.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, p. 85.

anche se non erano state elaborate su quella base.23

Come abbiamo visto nella nostra precedente analisisui valori di Keynes, egli trovava nell’Unione Sovietica

troppe cose detestabili.

Al meglio, considerava i comunisti una sorta di«metodisti» esaltati.24 Ma quello che i pianificatorisovietici avevano ottenuto nel 1936 era

impressionante.

Erano

amministratori disinteressati [… che avevano messo]in funzione […] l’empirismo e lo sperimentalismo piùvasti mai tentati.25

E nella sua lode proseguiva dicendo:

Cerchiamo di non sminuire questi magnifici esperi-menti e di non rifiutarci d’imparare da essi. […] Ilpiano quinquennale in Russia, lo Stato corporativo inItalia; […] e la pianificazione di Stato democratica inGran Bretagna. […] Speriamo che abbiano tutti suc-cesso.26

È importante ricordare, nel valutare queste parole,che molte persone intelligenti e oltremodo degne neglianni Trenta ammiravano il fascismo e il comunismo.Keynes no. Piuttosto, egli era alla ricerca di quella chechiamava

una nuova saggezza per una nuova era

218

Tutti gli errori di Keynes

2233.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 203; Henry Hazlitt, The Fai-lure of The “New Economics”, New Rochelle (NY), Arlington House, 1978, p. 277.

2244.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 299, 310.2255.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, Collected Writings, vol. 28,

Social, Political, and Literary Writings, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1982, pp. 333-334.

2266.. Keynes, BBC Broadcast, 14 marzo 1932, pp. 86, 92.

e non si preoccupava minimamente di apparire fra gli

eterodossi, i pericolosi, i disobbedienti27

agli occhi dei capitalisti dalla mentalità più conser-vatrice, che non riuscivano a vedere il loro stesso peri-colo, né a capire che la loro unica speranza risiedevanella “terza via” keynesiana.

5b. Commento: Keynes non ha trovato una “terza via”fra il capitalismo del laissez-faire e il fascismo/comu-nismo

Tentò davvero di farlo, ma non vi riuscì. Per di più, lasua linea di condotta era illogica. Non si può pretenderedi “salvare” il sistema dei prezzi e dei profitti proponen-do misure distorive dei meccanismi che generano prezzie profitti. Questo tipo d’intervento statale rudimentaleporta solamente al fallimento. Davanti all’insuccesso, loStato tende a dare la colpa al mercato piuttosto che a sestesso e interviene ancora di più. Un interventismo sem-pre maggiore porta a un insuccesso sempre più grande.Se il processo non viene interrotto, il sistema di prezzi eprofitti può crollare completamente e lasciar posto alcontrollo pubblico. Non si tratta di una terza via, madella ricetta per l’estinzione del libero mercato.

6a. Keynes: il capitalismo di Stato deve essere gestitodalle persone giuste

A questo punto, è necessario chiedersi come un pen-satore che si definisce eterodosso e disobbedientepotesse riporre così tanta fiducia nello Stato. Forse ilgoverno non è, come tutte le altre istituzioni sociali,l’incarnazione del buon senso comune?

Abbiamo evidenziato in precedenza l’affermazionedi Keynes per cui

credo che la soluzione giusta [della questione econo-mica] richiederà elementi intellettuali e scientifici

219

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

2277.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 337.

fuori della portata della grande massa di elettori più omeno analfabeti.28

Ma, i leader politici, o anche i capi di governo, sonomeno analfabeti (da un punto di vista economico) dicoloro che li votano? Non fu lo stesso Keynes, nel suosecondo libro (sul trattato di pace di Versailles) a ridi-colizzare i leader di Gran Bretagna, Francia e StatiUniti, assieme agli altri uomini vecchi e ottusi che ave-vano tradizionalmente guidato le nazioni?

La risposta a questo enigma è che, nel sistema diKeynes, il governo affiderebbe le redini dell’economia adegli esperti. Il biografo di Keynes, Robert Skidelsky,osservò che la fede nell’opinione degli esperti «si ritro-va come motivo ricorrente in tutta la sua opera ed è l’i-potesi centrale della sua filosofia politica».29

Dal momento che Keynes era l’esperto di economiapiù importante della sua epoca, sia in Gran Bretagnache negli Stati Uniti, questa fede nell’opinione degliesperti era, per lo meno in parte, semplicemente fedenella sua persona e una manifestazione della sua ine-sauribile fiducia in se stesso.

6b. Commentii. Keynes contraddice se stesso

Anche se ci sono molti passaggi nei quali Keynesmagnifica il governo degli «esperti», ce n’è uno nelquale riconosce candidamente che

alcuni di coloro che si presentano come tali mi sem-brano dire molte più sciocchezze di quante ne sarebbemai capace di dire un uomo comune.30

E con questo riferimento la questione potrebbe ancheessere chiusa, ma ci sono altre cose da dire a proposito.

220

Tutti gli errori di Keynes

2288.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 224.2299.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 228.3300.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31:

Rethinking Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1981, p. 515.

ii. I dati economici del periodo postbellico ci dovrebbero fardubitare del ruolo degli esperti keynesiani

Dovremmo guardare anche agli studiosi di econo-mia che hanno portato le insegne di Keynes dopo la suamorte. Una buona fonte è il libro di Robert J. Samuel-son, The Great Inflation and Its Aftermath, testo sull’infla-zione degli anni Settanta. Qui si racconta come gli eco-nomisti keynesiani sotto John F. Kennedy, LyndonJohnson e Richard Nixon avessero cercato di “mettere apunto” l’economia per giungere alla piena occupazio-ne. (Nixon era un repubblicano, ma com’è noto procla-mò: «Siamo tutti keynesiani ora».)

Il risultato fu una spirale crescente di prezzi e sala-ri che Samuelson definì «il più grande errore di politi-ca interna dalla seconda guerra mondiale». E aggiun-ge che

queste politiche fallimentari ([l’emissione di denaro],nuove tasse, programmi di spesa e regolamentazioni)non vennero prese per ignorante capriccio. Incarnava-no piuttosto il pensiero dei più importanti economistidella nazione e rispecchiavano l’ampio consenso fra iloro pari. Fu la rispettabilità accademica di queste idee[…] a raccomandarle ai leader politici e a renderle piùfacili da vendere alla gente.31

Come abbiamo visto, lo status di alcune idee key-nesiane ebbe un declino alla fine degli anni Settanta.Ma il keynesismo rimase intatto. La nomina di unkeynesiano, Alan Greenspan, a presidente della Fede-ral Reserve, da parte di Ronald Reagan, e poi di unaltro, Ben Bernanke, da parte di George W. Bush,portò direttamente alle bolle speculative del dot-come dei mercati immobiliari, altri due disastri delle stes-se dimensioni della Grande Inflazione degli anni Set-tanta.

221

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

3311.. Reviews of Samuelson, 7 novembre 2008, http://www. bloomberg.com;Weekly Standard, 5-12 gennaio 2009, p. 35.

iii. Dopo ogni fallimento gli esperti della Federal Reservediventano più potenti

Il Federal Reserve Board è un case study del poterefuori da qualisiasi controllo affidato a un gruppo diesperti. L’agenzia ha un enorme potere sull’economia,ma non rende conto a nessuno. Stampa il denaro che leserve per le proprie operazioni, così il Congresso nonha nessuna autorità su di essa. Non ci sono limiti aldebito che può generare. Non è soggetta a verifiche erevisioni da parte del governo. Il TARP Act del presi-dente Bush, nel 2008, le conferì nuovi grandi poteri edè probabile che in futuro le verrà affidato un potere dicontrollo sulla regolamentazione finanziaria ancoramaggiore. Dopo ogni grande errore di politica econo-mica ottiene più autorità, e né il Congresso, né il presi-dente, né certamente gli elettori hanno la minima ideadi cosa faccia davvero.

iv. Un ulteriore commento sugli esperti presenti all’internodello Stato

Gli esperti di finanza occupano anche altre posizio-ni negli organismi governativi di Washington. Alcuni diloro lavorano all’Office of Federal Housing EnterpriseOversight (OFHEO) e hanno elaborato la formula chesegue per determinare i requisiti di capitale dei duemostri immobiliari sovvenzionati dal governo, FannieMae e Freddie Mac:

Come la Fannie e la Freddie calcolavano il risk-basedcapital (capitale correlato al rischio)

Dove: LSm SF = gravità della perdita netta per prestiti con-venzionali e FHA unifamiliari nel mese mMIm = proventi di assicurazione ipotecaria nel mese m

222

Tutti gli errori di Keynes

LS1

1+DR

2

SFm

MQ

6m

= + +

( )

x PTR +F – MIMQ

12m m( ) R–RP –ALCE

m m

1+DR

2

MF + MR

6m( )1+DR

2

MF

6m( )

ALCEm = rialzo del limite aggregato di credito nelmese mMR = mesi per il recuperoF = costi di preclusioneMQ = mesi d’inadempienzaPTRm = tasso per un portafoglio di titoli per i paga-menti nel mese mR = spese REORPm = (0,61/LTVq) = proventi di recupero nel mesem. 0,61 è il tasso di recupero dei prestiti non rimbor-sati secondo i parametri di riferimento dell’esperienzadi perdita come percentuale del prezzo immobiliareprevisto utilizzando l’HPI.LTVq = rapporto prestito-valore nel mese q (LTV cor-rente)DRm = tasso di sconto nel mese m

(Fonte: Federal Register e Grant’s Interest Rate Observer, 27 giugno 2008,p. 11)

Il Grant’s Interest Rate Observer rilevò che l’OFHEO

apportò un cambiamento nella formula che fece salireil minimo di risk-based capital richiesto alla Fannie a33,1 miliardi di dollari, da 24,6 miliardi. Ma vennedeciso anche che fosse concesso a Fannie e a Freddiedi non registrare un profitto della vendita di una pro-prietà preclusa. Con questo, il regolatore ha fatto unpasticcio della formula che vedete. O possiamo dire ilcontrario?32

v. Un’ultima osservazione sugli esperti di Wall StreetNel frattempo, durante gli anni della bolla speculati-

va, Wall Street è stata gestita sempre più da esperti difinanza, che hanno fatto i milioni e addirittura i miliardiinventando prodotti nuovi e complessi, molti dei quali“saltarono” prima dell’inizio del crollo del 2008. Ironica-mente, i prodotti erano così complessi che addirittura ivertici delle società di Wall Street, anche quelli moltoesperti, come Robert Rubin, ex capo di Goldman Sachs ed

223

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

3322.. Federal Register e Grant’s Interest Rate Observer, 27 giugno 2008, p. 11.

ex segretario del Tesoro, sembravano incapaci di seguirequello che stava succedendo, figurarsi di gestirlo.

7a. Keynes: gli esperti ai quali viene affidata laresponsabilità di governare l’economia saranno qual-cosa in più che semplici esperti

Keynes non si accontentava di affidare un incaricoagli esperti in quanto tali. Voleva anche che queste per-sone garantissero i giusti valori, alla stregua di “guar-diani platonici”. In una lettera a Friedrich von Hayek,critico nei confronti del capitalismo di Stato, disse che iguardiani dell’economia nominati dallo Stato doveva-no avere la giusta

moralità,

il che avrebbe implicato una dedizione alla libertàindividuale. Ciò era essenziale perché:

azioni pericolose possono essere compiute in sicurez-za in una comunità che pensa e sente in modo giusto,mentre sarebbero la strada per l’inferno se fosserocompiute da chi pensa e sente in modo sbagliato.33

Pur ritenendo che i guardiani dovessero avere unamoralità ineccepibile, con questo non si doveva intende-re necessariamente la moralità giudeo-cristiana. Per suanatura la gran parte delle questioni economiche è al disopra delle possibilità dell’elettore medio. Dunque nonè affatto inappropriato ricorrere a escamotage o anche apiccoli inganni per ottenere il consenso dei propri elet-tori nei confronti di azioni di grande importanza.

In un passaggio della Teoria generale, Keynes osservache la gente vuole

la luna,

espressione con cui si riferisce a salari sempre più

224

Tutti gli errori di Keynes

3333.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 285.

alti. Inoltre afferma che per mantenere elevati i salari cideve essere molto denaro in circolazione. Il “rimedio”,dunque, consiste nel

persuadere il pubblico che il formaggio verde [il dena-ro stampato dal governo] sia la stessa cosa [del dena-ro vero] e avere una fabbrica di formaggio (ossia unabanca centrale) sotto il controllo pubblico.34

7b. Commento: chi saranno questi guardiani morali(ma morali in senso anticonformista)?

Nella sua filosofia morale, come in economia, Key-nes era un “intuizionista”. Riteneva che la gran partedelle persone potesse intuire in modo diretto principimorali solidi; alcune potevano farlo meglio di altre edovevano per questo detenere la leadership. Questoapproccio poteva andar bene in Gran Bretagna, dove glistandard di una condotta decente erano ben stabiliti,ma era un’idea da considerare irrimediabilmente inge-nua e addirittura pericolosa nel mondo in generale.Certamente anche Hitler riteneva che le sue intuizionifossero le migliori e che per questo avesse il diritto didominare sul mondo.

Dire, come fa Keynes, che taluni “guardiani” sonosoggetti alla propria moralità, e quindi possono fare ameno di gran parte della moralità convenzionale, appa-re ancora più pericoloso. Una cosa è avere una vita dabohémien o farsi beffe della moralità accettata, comefaceva Keynes. Ma tutt’altra cosa è ritenere che questosi possa mescolare all’ideale platonico dei guardiani.

Nel riflettere su questo dobbiamo anche tener pre-sente che Keynes non voleva solamente che gli espertigovernassero una nazione. Egli voleva che governasse-ro il mondo, per lo meno sul versante delle politichemonetarie, attraverso lo strumento di una banca centra-le globale: un’idea che discuteremo ulteriormente nelcapitolo 19.

225

(Non) guardare allo Stato per una leadership economica

3344.. Keynes, General Theory, p. 235. Si veda la nota di chiusura Q.

Nel capitolo precedente abbiamo preso in considera-zione l’affermazione di Keynes per cui lo Stato sarebbeun investitore migliore dei privati. L’abbiamo soppesa-ta nei termini della potenziale minaccia che essa costi-tuisce per l’economia. Non abbiamo ancora esaminatola cosa forse più importante: la minaccia alle nostre isti-tuzioni democratiche insita nel consentire allo Stato diintromettersi completamente nel mondo dell’economiae degli affari.

La storica Doris Kearns Goodwin ha osservato chenello Stato americano un certo grado di corruzionefinanziaria è sempre esistito, ma è cresciuto in modoesponenziale dopo la Guerra Civile.1 Perché? Perchésoggetti pubblici e privati divennero strettamente lega-ti gli uni con gli altri. A volte si trattava di corruzionevera e propria. Più spesso, era la corruzione “lieve” delconcedere leggi, esenzioni fiscali, regolamenti e decisio-ni in cambio di contributi elettorali, sostegno propa-gandistico, oppure altri lavori o favori.

Il compito dello Stato è tutelarci e proteggerci. Machi ci proteggerà dai nostri stessi protettori, una voltache saranno divenuti corrotti? Non esiste un’azioneprestabilita contro un governo corrotto.

Nella Russia di oggi, una holding, la Basic Element,

227

Capitolo 14

Uno Stato in vendita. Una digressione per discutere della “lieve”

corruzione della politica statunitense durante la bolla immobiliare

e delle industrie farmaceutica e automobilistica

11.. Goodwin, intervista NPR, n.d.

gestita dall’oligarca Oleg Deripaska, deve 650 milionidi dollari alla Alfa Bank, guidata da un altro oligarca,Mikhail Fridman. Fridman ha fatto pressioni su Deri-paska per essere rimborsato. Deripaska ha parlato conil presidente russo, Dimitry Medvedev. Il presidente haconvocato Fridman e la restituzione del prestito è statamagicamente posticipata.2

Dopo aver abbandonato il comunismo, la Russia haabbracciato i secolari principi del mercantilismo. LoStato non ha più la proprietà del settore privato comeinvece aveva un tempo. Ma oggi non esistono veri con-fini fra pubblico e privato. Quando gli uomini d’affarihanno bisogno di favori politici, sanno con chi parlare.Quando i politici hanno bisogno di denaro, sannoanche loro con chi parlare. I capitalisti e i politici sonointelligenti: tengono questo loro legame in gran partenascosto.

I paesi più sviluppati del mondo non hanno rag-giunto questi livelli, per lo meno non ancora. Ma gior-no dopo giorno si avvicinano sempre di più al modellorusso. Gli Stati Uniti sono un esempio evidente.

Nel 2008, prima della rapida ed estesa espansione delgoverno federale a opera delle amministrazioni Bush eObama, il settore pubblico (sia federale che statale) rap-presentava circa un terzo dell’economia. Il settore nonprofit rappresentava circa un altro 10 per cento. Questosignificava che la maggioranza (assoluta) dell’economiaera composta da soggetti privati che ricercavano un pro-fitto (settore privato). Tuttavia, se teniamo conto dellesocietà che sono direttamente o indirettamente control-late dallo Stato, possiamo dire che in realtà i due terzidell’economia rientrino nella sfera pubblica.

Il termine Government Sponsored Enterprise (GSE) ègeneralmente utilizzato per descrivere le imprese priva-te che sono state avviate dal governo e che continuano abeneficiare del suo sostegno. Gli esempi preminenti nelcorso degli anni sono stati i due giganti dei mutui, Fan-nie Mae e Freddie Mac. Sembra opportuno, tuttavia,

228

Tutti gli errori di Keynes

22.. Economist, 21 marzo 2009, pp. 57-58.

applicare il termine GSE in senso più ampio, per descri-vere un gran numero d’imprese private, tutte aziendeche vendono beni o servizi allo Stato (per la difesa) o chesubiscono fortemente l’intervento delle autorità sottoforma di regolamentazione, sussidi, sostegno dei prezzio istituzione di cartelli (sono le imprese attive nei setto-ri dell’assistenza sanitaria, della farmaceutica, delle abi-tazioni, delle banche e della finanza), oppure sonodominate dallo Stato attraverso una vasta gamma dimodalità (studi legali, istruzione, agricoltura, automobi-li, comunicazioni radiotelevisive, utilities, ecc.).

Il tema comune che caratterizza tutte queste GSE insenso lato, al di là della loro dipendenza dallo Stato, èl’enorme ammontare di denaro che danno ai politici dientrambe le parti e l’enorme quantità di denaro chespendono in attività di lobbying. Nel 2008, per esempio,singoli individui e comitati di azione politica (PAC) col-legati ai settori della finanza, delle assicurazioni e degliimmobili hanno dato ai politici 463 milioni di dollari, il51 per cento ai democratici e il 49 per cento ai repubbli-cani.3 Quello stesso anno, l’allora candidato Obamaricevette da questa fonte più denaro che da qualsiasialtra, con l’eccezione degli avvocati. Ciò che Obamaottenne da donatori del settore finanziario (37,6 milionidi dollari) superò di gran lunga quello che ebbe il can-didato repubblicano, John McCain.4 Questo flusso didenaro è estremamente importante per i politici.

Il flusso di denaro di solito non è legato a un parti-colare favore, ma a volte il collegamento è indubbio. Adesempio, nel 2007, il Congresso minacciò di porre finealla scappatoia fiscale che permette ai manager di socie-tà di investimento non quotate di sfuggire alla tassazio-ne sui redditi guadagnati. Il senatore Charles Schumer(D-NY) prese immediatamente alcuni provvedimentiper proteggere tale scappatoia. Il suo comitato elettora-le raccolse successivamente quasi 5 milioni di dollari datale settore per l’elezione del 2008, due volte di più

229

Uno Stato in vendita

33.. Center for Responsive Politics, http://www.opensecrets.org.44.. http://www.townhall.com, 25 marzo 2009.

rispetto a quanto ricevette il comitato a sostegno delcandidato repubblicano.5

I contributi elettorali sono la cosa principale che ipolitici vogliono dalle società di Wall Street e dalle altreGSE. Ma ci sono altri legami finanziari, ivi compresi ifondi delle fondazioni collegate e i posti di lavoro pergli amici o per gli stessi politici. Ad esempio, EmanuelRahm, nello spazio temporale lasciato libero dai variincarichi ottenuti alla Casa Bianca con Clinton, al Con-gresso e poi alla Casa Bianca con Obama come capo digabinetto, è andato a Wall Street. Avvalendosi dei suoicontatti di governo, ha guadagnato 18 milioni di dolla-ri in soli due anni e mezzo, stando ai suoi moduli didivulgazione finanziaria.6

È veramente ironico che Wall Street venga conside-rato dalla maggior parte delle persone l’epicentro delcapitalismo di mercato. Si tratta, in realtà, dell’epicentrodelle imprese sponsorizzate dal governo. È impossibiledire dove finisce Wall Street e dove inizia Washington.E la simbiosi attuale non è stata causata, come moltiimmaginano, dal crollo del 2008. Piuttosto il crollo del2008 è stato causato dalla simbiosi di lunga data fraWall Street e Washington.

In ciò che resta di questo capitolo prenderemo inesame tre case study di GSE, ciascuno dei quali illustradiversi aspetti del problema. Il primo case study si con-centrerà sulla bolla immobiliare, che coinvolge la Fede-ral Reserve, il Congresso, l’amministrazione Bush, ilsettore immobiliare e quello finanziario. Il secondo siconcentrerà sull’industria farmaceutica e sui suoi modid’interagire con Washington. Il terzo esaminerà moltobrevemente il settore dell’industria automobilistica.

Sebbene questo capitolo si soffermi principalmentesui legami fra Stato e industria, non dobbiamo dimenti-care le enormi somme di denaro che fluiscono a Was-hington da sindacati, avvocati o altri interessi particola-ri, così come dalle industrie GSE in senso più ampio.

230

Tutti gli errori di Keynes

55.. New York Review of Books, 9 aprile 2009, p. 20.66.. Fortune, 25 settembre 2006, http://www.cnnmoney.com.

Case study numero uno: la bolla immobiliare statuni-tense

L’opinione pubblica attribuisce la responsabilitàdella bolla immobiliare all’avidità di Wall Street. Maquesta è solo una mezza verità. Quando lo Stato offreda bere stampando denaro, abbassando i tassi d’inte-resse e spendendo troppo, Wall Street tende a ubriacar-si. La cosa è molto conveniente per lo Stato, perchéquando la sbornia si manifesta, la persona media daràla colpa all’ubriaco, non al barista. Questo accade ognivolta che scoppia una bolla: alla fine degli anni Venti,alla fine degli anni Novanta e alla fine della recentebolla immobiliare.

Durante tutto quest’ultimo periodo, il governo hacercato di concedere mutui ipotecari a buon mercatoabbassando i tassi d’interesse, in genere con l’aiuto dialtre banche centrali. Mantenere il Fed Funds Rate al disotto del tasso d’inflazione per tre anni significò prati-camente fornire denaro a coloro che avevano il “peso”politico e le garanzie per ottenerlo. Tali mutuatari ini-ziali, poi, hanno reso disponibili questi fondi per altrimutuatari, soprattutto cittadini che hanno chiesto pre-stiti per l’acquisto di abitazioni.

Il governo americano aveva già reso deducibili itassi d’interesse ipotecari e aveva eliminato la granparte delle imposte sui redditi da capitale delle case.Aveva anche fornito garanzie sui prestiti attraverso laFederal Housing Administration (FHA) e mutui a buonmercato attraverso la Federal Home Loan Banks e i sog-getti ibridi (pubblico-privati) come Fannie Mae e Fred-die Mac. Il Department of Housing and Urban Deve-lopment aveva fatto la sua parte dando a Fannie e Fred-die l’incarico d’investire il 50 per cento degli asset inmutui di fascia bassa, compresi, se necessario, i mutuiche non offrivano le necessarie garanzie, ossia quelliche poi sono saltati.7

Alla fine del 2007, i mutui sovvenzionati dal gover-no rappresentavano l’81 per cento di tutti i mutui ipo-

231

Uno Stato in vendita

77.. Dick Morris - Eileen McGann, 11 marzo 2009, http://www.townhall.com.

tecari effettuati negli Stati Uniti.8 Nel corso del 2008,poi, la Fannie Mae sviluppò il programma Home Saver.Ciò permise ai proprietari inadempienti di prendere inprestito denaro supplementare a copertura degli arre-trati nel pagamento del mutuo. Anche se progettati conl’intento di aiutare i proprietari di case in difficoltà, inuovi prestiti fecero sì che nessuno dei mutuatari ini-ziali venisse considerato inadempiente. Cosa ancorapiù importante, nessun prestito doveva essere ammor-tizzato. Molti dei nuovi prestiti Home Saver furonoammortizzati quasi subito, per un valore di quasimezzo miliardo di dollari, ma questa somma era ridot-ta rispetto ai prestiti originali, che poterono essere man-tenuti nei libri contabili per un po’ più di tempo. In que-sto e in altri modi creativi, i dirigenti di Fannie spinse-ro a calci la lattina (delle inadempienze ipotecarie)lungo la loro strada molto più a lungo.9

La propaganda governativa ufficiale continuava areclamizzare la casa di proprietà come il sogno ameri-cano. Nessuno prestò attenzione agli studi che dimo-stravano come gli stati e le regioni con il più alto tassodi case di proprietà fossero anche quelli con il più ele-vato tasso di disoccupazione. Perché? Perché la casa diproprietà rende difficile per i lavoratori il trasferimen-to in luoghi in cui c’è più lavoro e specialmente dove cisono lavori migliori per le loro specifiche competen-ze.10 Di ciò ci si accorse tardi, dopo il crollo del merca-to degli alloggi.

Fannie e Freddie piacevano in modo particolare aipolitici democratici. Vennero esentate sia dalle tasse sta-tali che da quelle locali, oltre che da alcuni requisitidella Securities and Exchange Commission (SEC). Fuofferto loro un implicito appoggio del governo per leproprie obbligazioni. Combatterono contro gli sforzidell’amministrazione Bush di regolamentarle un po’ dipiù, anche dopo che emerse che entrambe le imprese

232

Tutti gli errori di Keynes

88.. Grant’s Interest Rate Observer, 30 maggio 2008, p. 3.99.. David Reilly, Bloomberg News, 25 aprile 2009. 1100.. “Re: The Work of Economist Andrew Oswald”, Atlantic, marzo 2009, p. 55.

avevano emesso false dichiarazioni contabili. Inoltre, ipolitici democratici non ci vedevano nulla di male nelfatto che le due società avessero un indebitamento di 60dollari per ogni dollaro di capitale, un leverage moltomaggiore persino di quello utilizzato dalle società diWall Street.

Barney Frank, presidente alla Camera del US HouseFinancial Services Committee, disse che i timori di unacrisi incombente erano «esagerati». La sua controparteal Senato, Christopher Dodd, presidente del BankingCommittee, era d’accordo con lui.11 Ancora nel luglio2008, Dodd disse che: «[Fannie e Freddie] sono fonda-mentalmente solide e forti. Non vi sono ragioni per lereazioni che si stanno avendo».12 Prima della fine dellostesso anno entrambe le società erano in dissesto ederano state rifinanziate dal governo. In precedenza,Frank si preoccupava del fatto che qualsiasi tentativo difar mancare il sostegno governativo alle due societàavrebbe reso le abitazioni meno «accessibili», presumi-bilmente per le persone con mezzi modesti. Non spie-gava, però, cosa avevano a che spartire con l’accessibi-lità delle abitazioni i prestiti che Fannie e Freddie, soste-nute dal governo, concedevano fino a un ammontare di625.000 dollari, né come l’alzare il valore delle casepotesse renderle più accessibili.

Giunti al 2006, in meno di dieci anni il credito a buonmercato aveva raddoppiato il prezzo di una casamedia.13 A quel punto, la bolla immobiliare si era diffu-sa in tutto il mondo ed era divenuta la bolla più grandeed estesa della storia economica. Negli Stati Uniti, labolla speculativa degli anni Venti portò a un rapportofra debito totale e prodotto interno lordo del 185 percento, nel 1928; la bolla immobiliare a un rapporto fradebito complessivo degli Stati Uniti e Pil del 357 percento, nel 2008.14

233

Uno Stato in vendita

1111.. Washington Times, 6 ottobre 2008, p. 34.12. 1122.. Senate Banking Committee, 11 luglio 2008.1133.. Grant’s Interest Rate Observer, 6 aprile 2007, p. 10.1144.. Grant’s Interest Rate Observer, 28 novembre 2008, p. 2.

Ciò di cui nessuno ha parlato in tutto il dibattito suFannie Mae e Freddie Mac è quanto fosse convenienteper i politici questo loro status, apparentemente priva-to, ma in realtà pubblico. Come imprese private, le duesocietà hanno dato grandi contributi alle campagneelettorali attraverso i propri dipendenti e i PAC (Politi-cal Action Committee). Le “fondazioni” che controlla-vano poterono fornire anche finanziamenti “leggeri”per un mucchio di scopi politici.

Come l’editore Steve Forbes osservò nell’agosto del2008:

I due mammut del potere politico in America oggisono Fannie Mae e Freddie Mac. I muscoli mostrati aproposito della loro attività di lobby fanno sembrareArnold Schwarzenegger un gracilino di 40 chili. Diret-tamente e indirettamente, impiegano legioni di expolitici per aiutare loro e i loro amici. Hanno offerto laloro generosità a qualsiasi politico fosse interessato evolesse riceverne. Le operazioni “benefiche” di FannieMae prevedono l’impiego di persone sul campo prati-camente in ogni distretto elettorale.Questi mostri sono estremamente resistenti a qualsia-si cambiamento volto a modificare la loro capacità disfruttare a volontà il “bancomat” dello zio Sam, priva-tizzando profitti e socializzando le perdite.15

Il denaro di Fannie Mae giunse anche ad Acorn, ilgruppo accusato nel 2008 di frode elettorale.16 Nel com-plesso, escludendo i contributi dati per “beneficienza”,Fannie ha speso 170 milioni di dollari in attività dilobby dal 1998 al 2007 e 19,3 milioni di dollari in contri-buti elettorali dal 1990. La più grande somma della tor-nata elettorale 2006-2008 è andata al presidente delSenate Bank Committee, Dodd, e la seconda per gran-dezza all’allora senatore Obama.17

Il senatore Dodd fu anche il secondo maggiore bene-

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Tutti gli errori di Keynes

1155.. Forbes, 11 agosto 2008, p. 19.1166.. http://www.archierichards.com, 1° ottobre 2008.1177.. Washington Times, 29 settembre 2008, p. 34.

ficiario dei fondi di un comitato di azione politica(PAC) organizzato dalla Countrywide Financial, socie-tà leader nei mutui subprime, nonché il beneficiario didue ipoteche del programma VIP della Countrywideche gli garantiva un tasso d’interesse più basso e mino-ri altre spese. In seguito, Dodd dichiarò di non essersireso conto di avere ricevuto un trattamento speciale erifinanziò i mutui con un’altra società. Il maggiorebeneficiario dei fondi provenienti dal CountrywidePAC è stato invece l’allora senatore Obama.18

Quando cominciò la crisi nel 2008, il governo non silimitò a un salvataggio delle due società Fannie Mae eFreddie Mac. Salvò anche banche commerciali e d’inve-stimento. Ai primi di ottobre 2008 il governo disse anove grandi banche che dovevano vendergli una quotadella loro proprietà, anche se non avevano bisogno didenaro, in modo da dimostrare che il governo era inter-venuto a loro sostegno.19

In un colpo solo, banche come Citigroup, JP MorganChase, Bank of America, Wells Fargo, Bank of NewYork e State Street divennero GSE a pieno titolo, pocodiverse da GSE tradizionali come Fannie e Freddie. Lostesso fecero banche d’investimento come GoldmanSachs e Morgan Stanley. Poco dopo, Barney Frank rice-vette 9500 dollari dai PAC di Wells Fargo e GoldmanSachs,20 presumibilmente solo un acconto. Con control-li più forti sulle vecchie GSE e su molte delle nuove, ilflusso di denaro verso Washington inevitabilmente bat-terà tutti i record.

Non sorprende che i leader del Partito democraticoabbiano poi selezionato undici appartenenti al Partitoda poco eletti alla Camera, e che avevano vinto le lorocorse elettorali con margini ristretti, e li abbiano asse-gnati al Financial Service Committee. In questo modo,potevano essere sicuri di raccogliere un sacco di soldi.

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Uno Stato in vendita

1188.. David R. Sands, Washington Times, 29 settembre 2008, p. 34, e 9 feb-braio 2009.

1199.. Washington Post, riportato in Grant’s Interest Rate Observer.2200.. Washington Times, 6 febbraio 2009, p. 10.

Già il solo denaro, dunque, potrebbe essere sufficiente ascoraggiare gli sfidanti repubblicani. È così che il con-trollo del Congresso aiuta a cementare anche il control-lo futuro del Congresso stesso.

Durante l’autunno del 2008, grandi banche d’inve-stimento come Goldman Sachs e Morgan Stanleydivennero giuridicamente delle banche vere e proprie.Questo significò che tali società, essenzialmente gigan-teschi hedge funds, poterono godere dell’accesso perma-nente al denaro appena stampato dal governo e offertoloro ai tassi più bassi possibili, tassi che poco dopo sce-sero appena al di sopra dello zero. Tutto questo è asso-lutamente ironico. Nel momento in cui molte societàsolide sulla “Main Street” stavano lottando per ottene-re dei prestiti a tassi elevati, i maggiori speculatori diWall Street potevano attingere denaro direttamente dalgoverno e a prezzo stracciato.

In quello stesso momento, Hank Paulson, da pocoa capo di Goldman Sachs e poi passato al Tesoro,stava conducendo l’operazione di salvataggio di WallStreet da parte del governo assieme a Ben Bernanke,presidente della Federal Reserve. La società di Paul-son ricevette direttamente 10 miliardi di dollari attra-verso il TARP,21 oltre al denaro a buon mercato prove-niente dalla finestra di prestito della Fed. Ma non fututto qui.

La somma più cospicua di denaro proveniente dalTARP, 173 miliardi di dollari, è andato all’AmericanInternational Group (AIG), un gigante del settore assi-curativo. Quando la società ebbe i primi problemi, pergestire la situazione Paulson scelse Edward Liddy, inprecedenza direttore di Goldman Sachs.22 Poiché l’AIGdoveva denaro ad altri soggetti, gran parte del salva-taggio andò ad altre società i cui nomi il governo sirifiutò di rivelare, forse perché alcune erano straniere.Tuttavia qualche nome trapelò e si scoprì che quasi 13miliardi di dollari del salvataggio di AIG erano andati

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Tutti gli errori di Keynes

2211.. Treasury Department, riportato in Washington Times, 26 gennaio 2009, p. 7.2222.. New Yorker, 18 maggio 2009, p. 50.

proprio alla Goldman Sachs.23

L’AIG, tra l’altro, era stata una delle principali finan-ziatrici delle campagne elettorali. Il secondo maggiorbeneficiario di questi fondi per gli anni 2003-2008 erastato il senatore Dodd; il primo, l’allora senatoreObama.24

Nell’autunno 2008, il segretario Paulson disposeanche che la Bank of America, beneficiaria di fondiTARP, salvasse la Merrill Lynch, gigante dell’investi-mento. Il capo della Bank of America successivamentetestimoniò che Paulson gli aveva ordinato di completa-re la transazione e gli aveva chiesto di non svelarequanto fossero pesanti le perdite della Merrill, cosa chepoteva anche essere illegale. L’allora capo della MerrillLynch era stato in precedenza capo della GoldmanSachs e quindi era un ex collega di Paulson.

Quando si insediò l’amministrazione Obama,Timothy Geithner, presidente della New York FederalReserve, braccio operativo della Federal Reserve,assunse l’incarico precedentemente ricoperto da Paul-son. William Dudley, ex economista capo della Gold-man Sachs, a sua volta sostituì Geithner alla New YorkFed. Poco dopo, il presidente della New York Fed, Ste-phen Friedman, un altro ex Goldman Sachs oltre checonsigliere economico del presidente George W. Bush,decise di dimettersi per poter essere più attivo all’inter-no della Goldman.25

L’accogliente club “Wall Street-Washington” di cuisopra ha molte diramazioni. Una di esse è il settoreriguardante le società di rating: Standard and Poor’s,Moody’s e Fitch. Queste società hanno svolto un ruoloimportante nel far scoppiare la bolla immobiliare, giu-dicando affidabili securities ipotecarie che poi si sonorivelate tutt’altro che sicure.

Come hanno fatto queste società a ottenere cosìtanto potere nel mercato delle securities? Ecco la rispo-

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Uno Stato in vendita

2233.. Michael Lewis, 20 marzo 2009, http://www.bloomberg.com.2244.. C. Baum, 26 marzo 2009, http://www.bloomberg.com.2255.. Bloomberg News, 13 maggio 2009.

sta: norme e regolamenti governativi proibivano l’ac-quisto (da parte di compagnie di assicurazione, banche,fondi operanti nel mercato monetario, eccetera) di secu-rities non valutate da queste aziende selezionate. Inaltre parole, il governo ha creato un cartello di societàdi rating. Dal momento che il cartello era immune dallaconcorrenza, era più facile per Wall Street ottenere l’ap-provazione per prodotti finanziari di dubbio valore,soprattutto considerando il fatto che la marea di titoli diquesto tipo generava proventi per le stesse società.

Tuttavia tutte le bolle alla fine scoppiano. La bollaimmobiliare non fece eccezione. Ma perché è scoppiataproprio in quel momento? Un importante fattore èidentificabile in un’oscura norma contabile applicataalle banche (ma non alle compagnie di assicurazione)nel 2007 e chiamata mark-to-market. Questo cambiamen-to normativo (FASB 157) costrinse molte banche a sva-lutare il valore dei loro asset, creando in tal modo insol-venza o paura d’insolvenza, il che a sua volta innescò isalvataggi federali.

Tutto ciò assomiglia un po’ alle comiche. La normamark-to-market (iscrivere a bilancio secondo il valorecorrente di mercato) è stata correttamente definita daalcuni critici come un mark-to-make believe (iscrivere abilancio per finta). Quando i prezzi reali di mercato nonsono disponibili, come avviene spesso nel caso degliasset bancari, questa norma in pratica li crea dal nulla. Irevisori contabili che dovevano dar seguito alla normaoperavano in un clima di paura creato dal SarbanesOxley Act e si guardavano nervosamente alle spalle perla minaccia di azioni legali promosse da avvocati diprima istanza. Erano naturalmente più inclini a giocaresul sicuro svalutando gli asset, a volte fino allo zero,anche quando l’afflusso di denaro degli investimenti simanteneva del tutto positivo.

Persino la Fannie Mae, la società finanziaria più inover-leverage, in realtà non fu mai priva di denaro, che poiè la più comune situazione di bancarotta. Il governo,agendo attraverso le Securities and Exchange Commis-sions, avrebbe potuto chiamare un “timeout” per la

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Tutti gli errori di Keynes

norma mark-to-market, sospendendola temporaneamenteo permanentemente e richiedendo che la stessa informa-zione venisse fornita in nota alle dichiarazioni contabili.

Perché sia l’amministrazione Bush sia quella Obamascelsero di non modificare quella che Steve Forbes hadefinito «asinità contabile»? Forse perché il presidentedella Fed, Ben Bernanke, si oppose fortemente a unasospensione anche solamente temporanea.26 Forse per-ché i governi europei, che avevano contribuito ad archi-tettare questa norma attraverso gli Accordi di Basilea,non volevano ammettere l’errore. Alla fine, la regola èstata rivista, ma non prima dell’aprile 2009.

Questo non è stato l’unico caso di errore di valuta-zione da parte di Bernanke. È solo uno di una valangadi errori. Prima come consigliere e successivamentecome presidente della Federal Reserve, Bernanke èstato complessivamente responsabile della crescitadella bolla attraverso il credito a basso costo. Si eraaggrappato all’idea che fintanto che si tenevano sottocontrollo gli aumenti dei prezzi al consumo, non c’eramotivo di preoccuparsi per una bolla degli asset. Men-tre i segnali di difficoltà si andavano inesorabilmenteaccumulando, egli disse che

● «le famiglie americane hanno gestito bene le pro-prie finanze personali» (13 giugno 2006);

● «non ci aspettiamo ricadute importanti dal mer-cato [ipotecario] subprime sul resto dell’economiao sul sistema finanziario» (28 marzo 2007).27

Nel settembre 2007, Bernanke fece anche l’ultimofatale errore di tagliare un’altra volta drasticamente itassi dei Fed Funds.

Giunti al 2007 nessuno poteva più sostenere che gliaumenti dei prezzi al consumo fossero sotto controllo.Persino l’indice adottato dal governo dimostrava che

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Uno Stato in vendita

2266.. Bloomberg News, 1° ottobre 2008. 2277.. F. Sheehan, 28 marzo 2007, in M. Faber, Gloom, Boom, and Doom

Report, settembre 2008, pp. 19, 22.

erano progrediti di un 5 per cento l’anno. Bernanketagliò comunque i tassi e la sua azione ebbe la conse-guenza del tutto involontaria di dare il via a una corsaa liberarsi del dollaro per acquistare materie prime,come il petrolio. Il prezzo di un barile di petrolio prestoraddoppiò, il che contribuì a generare il panico nei con-sumatori e a rallentare l’attività economica.

In stile sempre più da comiche, il senatore Joe Lie-berman biasimò per l’aumento del prezzo del petrolionon le decisioni di Bernanke, ma gli speculatori. Minac-ciò di adottare una normativa che vietasse ai grandiinvestitori istituzionali d’investire su tutte le materieprime.28 All’epoca in cui dichiarò queste cose, i prezzidelle materie prime avevano già raggiunto il loro piccoed erano sul punto di andare a picco in seguito allaGrande Crisi.

Bernanke aveva sperato che il suo taglio dei tassipotesse contribuire ad abbattere i tassi dei mutui. Inve-ce questi ultimi continuavano a salire. Nel frattempo lesocietà di Wall Street risposero prendendosi altro dena-ro a basso costo – solo per scoprire poco dopo che altroleverage su scadenze molto brevi era l’ultima cosa di cuiavevano bisogno in un’economia prossima all’implo-sione. E non ne approfittò solamente Wall Street. Gliarmatori ordinarono più navi e le imprese aggiunserobeni a magazzino, ma tutto questo nel momento sba-gliato e tutto incentivato dal taglio dei tassi della Fed.

Nell’ottobre del 2008, il presidente Bush diffuse ilpanico dicendo in televisione che se il suo disegno dilegge (il TARP, Troubled Assets Relief Program) non fossestato approvato, l’economia americana sarebbe andatain rovina. Le vendite al dettaglio iniziarono a crollaredrammaticamente subito dopo le parole del presiden-te.29 Altrettanto fecero le prospettive di un successo elet-torale del Partito repubblicano.

Settecento miliardi di dollari vennero stanziati dalTARP per l’acquisto dei mutui “problematici” delle

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Tutti gli errori di Keynes

2288.. New York Times, 13 giugno 2008, p. 1.2299.. Lawrence Lindsey, Weekly Standard, 1° dicembre 2008, p. 22.

banche. Dopo la sua approvazione, il segretario al Teso-ro convenne (in privato, non pubblicamente) con il fattoche il piano messo in campo aveva poco senso. In man-canza di mercato per i mutui, non vi era alcun modo didar loro un prezzo. E anche se ci fosse stato un merca-to, un loro acquisto al valore di mercato reale nonavrebbe aiutato le banche. Più tardi Tim Geithner,nuovo segretario al Tesoro di Obama, rilanciò comun-que l’idea, sotto forma di concessioni a Wall Street.

Esaminiamo cosa accadde. Dopo interferenze senzafine da parte del governo, il sistema dei prezzi nel set-tore ipotecario era andato in frantumi. Il compito piùimportante era stabilire prezzi reali di mercato (e nondei prezzi fasulli mark-to-market) per i mutui.

Il motivo principale per il quale il sistema dei prezzilegato alle ipoteche era andato in frantumi era rappre-sentato dai mutui a buon mercato del governo e dallegaranzie di un intervento pubblico diretto. Dunque,cosa decise di fare il segretario al Tesoro Geithner?Decise di offrire in prestito ancora più somme garantitedal governo, nella fattispecie fondi destinati a convin-cere le società di Wall Street ad acquistare i mutui inesi-gibili. Il risultato fu:

● più denaro dei contribuenti nelle tasche deglioperatori di Wall Street;

● un totale annullamento del processo di scopertadei prezzi attraverso il mercato.

E se il piano di Geithner fosse fallito? E se Wall Streetsi fosse rifiutata di acquistare i mutui inesigibili dallebanche, o queste si fossero rifiutate di venderli, non-ostante il prezzo artificialmente sorretto dai sussidi delgoverno? In questo caso, disse il presidente della Fede-ral Deposit Insurance Corporation (FDIC), Sheila Bair, ilgoverno avrebbe dovuto dire alle banche di vendere imutui, che lo volessero o meno, al prezzo stabilito dalgoverno.30 Ciò avrebbe reso del tutto impossibile sco-

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Uno Stato in vendita

3300.. Bloomberg News, 15 maggio 2009.

prire i veri prezzi di mercato per le ipoteche, l’unicacosa che avrebbe potuto davvero porre fine alla crisi.

Le banche inizialmente destinatarie dei fondi prove-nienti dal TARP del presidente Bush erano quelle con-siderate “troppo grandi per fallire”. Nella maggiorparte dei casi, queste banche erano cresciute a dismisu-ra grazie all’incoraggiamento del governo. Ogni qual-volta una banca più piccola era in pericolo di fallimen-to, la normale risposta del governo era quella di cerca-re di fonderla a uno dei colossi bancari. In pratica, ifondi del TARP divennero il barattolo della marmellataal quale le società di una grande varietà di distretti elet-torali cercavano di arrivare attraverso i loro membri alCongresso.

Non tutti i fondi del TARP, però, furono utilizzatiper risolvere la crisi finanziaria. Per guadagnarsi l’ap-provazione, il provvedimento incluse disposizioni spe-ciali per i produttori di rum portoricani, per le gareautomobilistiche, per le aziende che operano nelleSamoa americane (una delle quali, la Starkist, avevasede legale nella circoscrizione elettorale di NancyPelosi, presidente della Camera), benefici fiscali pervari soggetti e addirittura la richiesta che le compagniedi assicurazione medica coprissero anche le spese per lasalute mentale.31

Sepolta fra le clausole del programma, c’era ancheuna grande espansione del potere della Federal Reser-ve, tramite il permesso di pagare gli interessi sui depo-siti delle banche appartenenti. Si trattava di un cambia-mento d’importanza cruciale per il sistema monetario,un cambiamento che avrebbe permesso alla Fed distampare molto più denaro. I membri del Congressoerano almeno a conoscenza di questa disposizione con-tenuta nel disegno di legge? Ne dubito. Al contrario,dobbiamo ritenere che non avessero la minima idea delsuo scopo, né della sua importanza.

La bolla immobiliare dimostra come gli errori delloStato possano paradossalmente aumentare il controllo

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Tutti gli errori di Keynes

3311.. David Boaz, 29 gennaio 2009, http://www.realclearpolitics.com.

dello Stato su vaste aree dell’economia. Tuttavia, nellungo periodo, non è affatto chiaro chi controllerà chi.Sarà il governo a mantenere il coltello dalla parte delmanico nel “partenariato” Stato-Wall Street? OppureWall Street alla fine prenderà il controllo dello Stato,utilizzando i suoi vasti poteri per restringere la concor-renza e creare prezzi di monopolio?

Questa non è affatto una domanda inutile da porsi.Per capire come un settore regolamentato “catturi” ilregolatore e usi il potere del governo per i propri fini,dobbiamo solo passare al prossimo case study.

Case study numero due: l’industria farmaceuticaL’industria farmaceutica un tempo era chiamata l’in-

dustria delle medicine brevettate e questa è tuttora l’e-spressione più rappresentativa del settore.

Le società farmaceutiche si dedicano all’invenzionedi molecole non naturali da utilizzare in medicina. Per-ché non naturali? Perché le molecole già presenti innatura non possono, per legge, essere brevettate. È fon-damentale sviluppare una medicina brevettabile, per-ché solo un medicinale protetto da un brevetto può farsperare di ammortizzare gli enormi costi (fino a unmiliardo di dollari) legati all’approvazione del farmacoda parte del governo.

Ottenere l’approvazione di un nuovo farmaco attra-verso la US Food and Drug Administration (FDA) nonè solamente costoso, esige anche di avere la gente giu-sta dalla propria parte. Le società farmaceutiche sannoche devono rivolgersi a ex dipendenti della FDA perl’assistenza durante il procedimento. Assumono ancheesperti come consulenti, esperti che probabilmente ver-ranno invitati dalla FDA a prestare servizio nei comita-ti di screening. Inoltre, devono essere effettuati paga-menti diretti a sostegno del bilancio della FDA.

Benché i costi siano astronomici, il profitto finanzia-rio che deriva dall’approvazione della FDA è ancoramaggiore. Solo i farmaci approvati dalla FDA possonoessere prescritti nell’ambito dei programmi governativicome Medicare. I medici possono prescrivere medicina-

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Uno Stato in vendita

li non approvati al di fuori di Medicare, Medicaid o delVeterans Administration, ma così facendo rischiano diperdere la licenza per praticare la professione.

La FDA, inoltre, scoraggia e spesso proibisce lesostanze che potrebbero entrare in concorrenza con ifarmaci approvati. Quando furono approvati taluni far-maci antidepressivi (basati sull’estensione della vita diun ormone, la serotonina, all’interno del corpo), l’agen-zia bandì subito una sostanza naturale, L-triptofano,che aumentava la serotonina, benché fosse molto piùeconomica e disponibile da tanto tempo. Molti anni piùtardi, dopo che i farmaci antidepressivi si erano benaffermati, fu finalmente permessa la reintroduzione deltriptofano, ma sotto determinate restrizioni che l’hannoreso più costoso.

In realtà, dunque, le società farmaceutiche non sonoveramente imprese private che competono in un mer-cato aperto. Sono delle GSE sponsorizzate dal governo,non diversamente da Fannie Mae o Freddie Mac, e (ora)dalle grandi banche e società di Wall Street. Nondovrebbe sorprendere, quindi, il fatto che le aziendefarmaceutiche, come Fannie e Freddie, spendano milio-ni di dollari in attività di lobby e in contributi elettora-li. Molti politici fanno affidamento su questi contributielettorali e quindi hanno un chiaro interesse a mante-nere intatto il cartello farmaceutico, nonostante il fattoche i costi inutilmente elevati dei farmaci contribuisca-no al rialzo dei costi dell’intero settore sanitario.

La quota pubblica di questi costi elevati è, in parte,finanziata mediante i prestiti della Cina e di altripaesi. Troppo del denaro preso in prestito viene spesoper prolungare le sofferenze della degenza deglianziani vicini al trapasso. In troppi casi, le cure medi-che sono la vera causa di morte. Di fatto, gli errorimedici e le conseguenze non intenzionali delle curepossono essere considerate le principali cause dimorte negli Stati Uniti.32

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Tutti gli errori di Keynes

3322.. Gary Null et al., Death by Medicine, Mt. Jackson (VA), Praktikos Books,2010.

Negli Stati Uniti sono le imprese a pagare per unagrande quantità di cure mediche. Di conseguenza, iprezzi dei farmaci brevettati riducono anche gli utili diqueste attività, il che a sua volta porta a una minorepossibilità di aumenti nella retribuzione dei dipenden-ti, a meno assunzioni e infine a una maggiore disoccu-pazione. Costi economici superiori portano anche ameno esportazioni, il che aumenta il deficit nella bilan-cia commerciale degli Stati Uniti e così via, con conse-guenze non desiderate e impreviste che si susseguonouna dopo l’altra.

Il punto essenziale, qui, è che le società farmaceuti-che, apparentemente regolamentate dal governo, inrealtà sono giunte a dominare, e persino a controllare,le autorità di regolamentazione. Il risultato è un cartel-lo farmaceutico semisocializzato, imposto dal governo,il cui potere di prezzo sta scatenando il caos economico.Si tratta di una situazione intrinsecamente instabile.Una possibile soluzione sarebbe che il governo riaffer-mi la propria autorità attraverso il controllo dei prezzi.

La storia dell’industria farmaceutica chiarisce un po’di più quello che è successo a Wall Street dopo la bollaimmobiliare? Forse sì. Nel periodo immediatamentesuccessivo al crollo del 2008, sembrava che il governostesse assumendo il controllo di Wall Street. Ma il dena-ro, il potere e il controllo sono andati avanti e indietrotra Wall Street e Washington per anni. C’è sempre moltotraffico in entrambe le direzioni. Nel breve termine,Washington si sta riaffermando. Nel lungo termine,come abbiamo precedentemente osservato, Wall Streetpuò trasformare a proprio vantaggio qualsiasi tipo dirapporto più stretto.

Case study numero tre: l’industria automobilisticaI sondaggi dimostrano in modo consistente che i sal-

vataggi della General Motors e della Chrysler da partedelle amministrazioni Bush e Obama sono decisamenteimpopolari fra gli elettori americani.

Per di più, un’industria in fallimento non può daregrandi quantità di fondi alle campagne elettorali. Evi-

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Uno Stato in vendita

dentemente, qui le cose stanno in modo diverso rispet-to alla finanza o al settore farmaceutico, due macchineda soldi per i politici americani.

E allora, perché ci sono stati questi salvataggi? Perprima cosa perché i dipendenti di queste due societàvivono in gran parte nei sei stati del Midwest che sonotradizionalmente in bilico nelle elezioni presidenziali.Sono quegli stati che solitamente si rivelano decisiviper l’elezione di un presidente degli Stati Uniti. Insecondo luogo perché la United Auto Workers, comegli altri maggiori sindacati, è una fonte importante difondi e assistenza per le campagne elettorali del Parti-to democratico.

Ironicamente, sono state proprio le concessioniofferte al sindacato che nell’arco degli anni hanno resola General Motors e la Chrysler incapaci di competerenel mercato. In particolare, il pagamento delle pensioniai lavoratori non più in età lavorativa ha aggiuntomigliaia di dollari al costo di ogni singola macchina,spese che la Toyota e le altre ditte concorrenti non devo-no sostenere. Ciò ha posto le società americane davantia quello che sembrava essere un enigma irrisolvibile.L’unico modo per sfuggire al peso del passato eradichiarare bancarotta. Ma un processo di fallimento tra-scinato per le lunghe avrebbe distrutto la fiducia delconsumatore nel valore della garanzia sulla propriaautomobile, nella disponibilità dei servizi e, aspetto col-legato, nel valore della vettura sul mercato dell’usato.

Ciò che l’amministrazione Obama ha fatto in rispo-sta a tali possibilità è stato fenomenale. Ha fornitomiliardi in fondi di salvataggio. Ha licenziato l’ammi-nistratore delegato di General Motors e scelto il suosuccessore. Ha fornito piena fiducia e il credito delgoverno a garanzia delle imprese automobilistiche, unpasso senza precedenti. Ma è stato solo l’inizio.

Lo Stato sapeva che gli azionisti delle due societàavevano già perso tutto. I soggetti finanziari interessa-ti rimasti erano i creditori garantiti e “chirografari”(ossia quelli non assistiti da alcun tipo di garanzia reale– pegno e ipoteca – o personale). Fra questi ultimi

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Tutti gli errori di Keynes

(senza possibilità di rivalsa diretta sugli asset dellasocietà) c’era la United Auto Workers. Per legge, i cre-ditori garantiti dovrebbero essere pagati per primi e,dopo di loro, i chirografari in modo equo. Si tratta didiritti di proprietà ben consolidati, sanciti dalla leggefallimentare e, infine, tutelati dalla Costituzione degliStati Uniti. L’amministrazione Obama ha però elabora-to un piano che, ignorando questi diritti, era senzadubbio alcuno illegale.

Le specifiche del piano di Obama stabilivano che icreditori garantiti di Chrysler ricevessero il rimborso dicirca il 28 per cento del loro denaro. Il maggiore credi-tore chirografario, la United Auto Workers, avrebbericevuto titoli pari a 4,6 miliardi di dollari, equivalential 43 per cento della sua richiesta totale e al 55 per centodell’azienda. Alcuni dei creditori garantiti erano dellegrandi banche mantenute in vita dal governo federale eaccettarono le condizioni. D’altronde come avrebberopotuto non fare ciò che il governo chiedeva loro? Quan-do gli altri creditori garantiti si dimostrarono recalci-tranti vennero rimproverati pubblicamente dal presi-dente Obama ed etichettati come «speculatori».33 Inseguito a ulteriori pressioni, tutti i creditori garantitiaccettarono a malincuore il piano del governo.

Il piano per la General Motors era simile. In questocaso, ai creditori chirografari diversi dalla United AutoWorkers venne offerto il 10 per cento delle quote dellasocietà, per un valore non superiore al 5 per cento delloro investimento, anche se la società si fosse ripresa. Ilsindacato, invece, ricevette 10,2 miliardi di dollari, paria metà della sua richiesta e al 39 per cento della società.Se il sindacato avesse avuto le stesse condizioni deglialtri creditori chirografari non avrebbe ricevuto denaro,ma solo l’8 per cento delle azioni dell’azienda.

A un certo punto delle trattative, un gruppo che rap-presentava alcuni dei creditori rilevò che tutto questo«equivaleva a utilizzare il denaro del contribuente perdar prova di favoritismi politici nei confronti di un cre-

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3333.. Economist, 9 maggio 2009, p. 14.

ditore e non di un altro».34 Studiosi delle facoltà di dirit-to obiettarono che il piano equivaleva a una riorganizza-zione sub rosa (e cioè decisa arbitrariamente), la quale eraproibita dalla legge, violava i diritti di proprietà e rap-presentava un precedente molto pericoloso.35

L’editorialista Lawrence Kudlow disse: «Le decisionipolitiche si stanno sostituendo allo Stato di diritto».36

Mentre un numero sempre maggiore di aziendeviene trasferito, o precipita, nel settore dell’economiasovvenzionato dallo Stato, dobbiamo fermarci e chiede-re a noi stessi: tutto ciò cosa sta producendo sullademocrazia americana? La nostra economia è in gradodi sopravvivere; le economie sono forti. Ma sopravvi-vrà la nostra vita politica, la nostra democrazia? Cipiace davvero il nuovo mondo che stiamo creando eche lasceremo ai nostri figli?37

Non si tratta solamente di un nuovo mondo fatto dapolitici, dalle loro esigenze finanziarie e dalle attivitàeconomiche sempre più controllate politicamente. Sitratta anche di nuovi uomini e donne, specialisti e ope-ratori che vivono e prosperano nel mondo di WallStreet, Washington e in quello più allargato delle GSE.

Prendiamo in considerazione, come esempio, la car-riera di John Podesta. Ha lavorato al Congresso primadi formare nel 1998 una società di lobbying, la PodestaAssociates Inc., con il fratello Tony. Successivamente èandato alla Casa Bianca ed è diventato il capo dello staffdell’amministrazione Clinton.

Al termine del mandato, Podesta è tornato a farelobbying, ma pochi anni dopo, nel 2003, ha fondato ilCenter for American Progress a Washington, divenutorapidamente il più importante think-tank del Partitodemocratico. Il centro di ricerca non ha mai reso pub-blici i suoi finanziatori, ma si crede sia sostenuto, tra glialtri, dal grande investitore George Soros. Quando

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Tutti gli errori di Keynes

3344.. Economist, 2 maggio 2009, pp. 64-65.3355.. Ann Woolner, Bloomberg News, 6 maggio 2009.3366.. Lawrence Kudlow, Washington Times, 4 maggio 2009, p. 31.3377.. Si veda la nota di chiusura PP.

Barack Obama è stato eletto presidente, a Podesta èstato chiesto di co-presiedere il team d’insediamentopresidenziale.

Nel frattempo, la sua società di lobbying prospera.Tony Podesta e sua moglie Heather sono considerati trai più potenti lobbisti del Campidoglio e hanno guada-gnato moltissimi nuovi clienti dall’inizio dell’ammini-strazione Obama. Fra di loro, un contractor del settoredella difesa, una società farmaceutica, un gigante finan-ziario e così via.

I Podesta hanno raggruppato tutto: potere, denaro epotenza di fuoco intellettuale. Questo è veramente unmondo keynesiano, sebbene si possa ipotizzare che nonrispecchi ciò che lo stesso Keynes si aspettava da unmaggiore controllo pubblico sull’economia.

249

Uno Stato in vendita

1a. Keynes: a volte si sostiene che le crisi, le recessio-ni e le depressioni economiche siano utili. È falso

Keynes sa bene che una forte crescita dell’economiaporta con sé

investimenti mal diretti,1

e che le fasi depressive possono contribuire a

liberarsi di molti rami secchi.2

Comunque, l’investimento mal indirizzato è sempremeglio della mancanza d’investimenti.3

È

un grave errore

pensare che le recessioni economiche siano in uncerto senso necessarie al progresso dell’economia, invirtù del loro ruolo purgativo, oppure perché attenua-

251

Capitolo 15

Durante una crisi economica, stampare denaro, prestarlo, indebitarsi

e spendere significa spargere i semi della prossima crisi

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 321.

22.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 26 febbraio 1930, in John May-nard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: RethinkingEmployment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1981, p. 319.

33.. Keynes, General Theory, p. 327.

no la speculazione e l’assunzione irresponsabile dirischi introducendo un elemento di paura. Al contrario,come abbiamo visto, dovremmo

abolire le depressioni4

e cercare piuttosto di mantenere una perpetua

quasi-espansione.5

1b. Commentii. Il tentativo di abolire le contrazioni dell’economia è unerrore. Ci sono momenti in cui ne abbiamo bisogno

Abbiamo accennato brevemente a questo tema nellanostra precedente discussione sui tassi d’interesse(capitolo 10, punto 4b, iv). Ma ora dobbiamo scavarepiù a fondo. Le recessioni sono inutili? Possiamo abo-lirle completamente? No. Abbiamo già pagato un prez-zo pesante per aver cercato di farlo.

Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reser-ve, conveniva con Keynes sul fatto che le recessionidovessero essere eliminate e si propose di raggiungeretale obiettivo. Quando, dopo il crollo della bolla dot-com, nel 2000, ci fu comunque una lieve recessione, iverbali della Federal Reserve rivelano che egli cercòdeliberatamente di convincere i consumatori a indebi-tarsi di più. L’argomentazione pare fosse che una qual-siasi recessione più accentuata, o più lunga, in un paesegià gravato dal debito avrebbe portato a una bancarot-ta su larga scala dei debitori. Per affrontare questo pro-blema dell’eccessivo indebitamento, in gran parte inesi-gibile, si doveva creare ancora più debito.

Se la Fed avesse permesso che una recessione realepotesse essere la giusta conseguenza della follia dot-com, gli errori negli investimenti verificatisi negli anniNovanta avrebbero potuto essere interamente liquidati.Gli asset sarebbero passati da mani deboli a mani più

252

Tutti gli errori di Keynes

44.. Keynes, General Theory, p. 322.55.. Keynes, General Theory, pp. 320-322.

forti, attraverso prezzi da svendita, e si sarebbero ridi-stribuiti su basi più razionali. Il debito inesigibile sareb-be stato cancellato, il terreno sarebbe stato sgombratoper la crescita futura, così come era accaduto dopo laGrande Inflazione nei primi anni Ottanta. Invece ildebito totale negli Stati Uniti salì a dismisura (da 2,8volte il prodotto interno lordo nel 2000 a 3,7 volte allafine 2008).6 I debiti inesigibili e gli investimenti sbaglia-ti si sommarono gli uni agli altri.

Una vera e propria recessione nel 2000 e nel 2001sarebbe stata certamente dolorosa. Tuttavia avrebberisparmiato agli Stati Uniti le conseguenze molto piùtragiche della crisi del 2008, dopo la quale sia l’ammi-nistrazione Bush che quella Obama cercarono di nuovodi bloccare il corso negativo dell’economia salvando, eriportando in vita, il paradigma fallito dell’indebitarsiper sperperare denaro.

Ognuna delle due amministrazioni ha cercato di evi-tare la liquidazione del debito, di mantenere alti i prez-zi degli asset aziendali, di evitare che gli asset passasse-ro da mani deboli a mani forti. Come in Giappone dopola bolla degli anni Ottanta il risultato è stato quello dimantenere l’economia in uno stato infernale, né mortané viva, di creare banche e imprese “zombie”, di evita-re i necessari fallimenti e i successivi aggiustamenti.L’unica conseguenza che queste politiche keynesianeavrebbero potuto produrre sarebbe stato l’ennesimorinvio di situazioni dolorose, con un conto da pagarealla fine ancora maggiore e più pesante.

ii. Le bolle sono sinonimo d’investimenti mal direttiKeynes era nel torto anche nel ritenere che i boom

economici si limitassero a causare «qualche investimen-to orientato nelle direzioni sbagliate». Quando una cre-scita viene creata artificialmente tramite l’emissione dinuovo denaro (di solito attraverso l’indebitamentopubblico), quando il denaro è praticamente gratuito,quasi tutti gli investimenti possono sembrare buoni.

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

66.. US Government Sources, in Grant’s Interest Rate Observer, 3 aprile 2009, p. 4

Ma arriva il momento in cui la festa finisce e gran partedegli investimenti si dimostrano per quello che sonostati: uno spreco di denaro.

E non è vero nemmeno, come dice invece Keynes,che un investimento mal diretto è da preferire alla man-canza d’investimento. Nel sistema keynesiano moltidegli investimenti sbagliati sono finanziati dal debito.Una volta che gli investimenti si dimostrano senzavalore, rimangono i buchi del debito e qualcuno – ildebitore, il creditore o, in caso di salvataggio pubblico,i contribuenti – sarà più povero.

iii. Dobbiamo quindi rassegnarci a depressioni frequenti egravi? No

La tesi per cui fintanto che le persone faranno dellevalutazioni errate ci saranno crisi economiche è piutto-sto credibile. Tuttavia è possibile evitare le fasi depres-sive veramente gravi soprattutto non indulgendo nellepolitiche inflazionistiche raccomandate da Keynes,politiche che, in modo perverso, creano recessioni inve-ce che curarle.

Un vero sforzo per evitare depressioni gravi richie-derebbe una revisione totale delle politiche pubbliche.Sarebbe necessario che il governo invertisse la sua stra-tegia di lunga data basata sul cercare di stimolare con-tinuamente il ricorso al credito, diminuendo semprepiù le riserve obbligatorie delle banche e degli altri isti-tuti creditizi. Allo stesso tempo sarebbe necessario chelo Stato smettesse di stampare denaro, prenderlo a pre-stito e spenderlo in modo sconsiderato.

L’economista tedesco Wilhelm Röpke disse: «Piùstabilizzazione, meno stabilità».7 Con questo intendevadire che le politiche keynesiane destabilizzano l’econo-mia, ma anche che la falsa promessa della stabilizzazio-ne porta le persone ad avere comportamenti sconside-

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Tutti gli errori di Keynes

77.. Wilhelm Röpke, Economics of the Free Society, Chicago, Henry Regnery,1963, p. 219; anche in Hunter Lewis, Are the Rich Necessary? Great EconomicArguments and How They Reflect Our Personal Values, Mt. Jackson (VA), AxiosPress, 2007, p. 76.

rati. L’economista austriaco Friedrich von Hayekaggiunse: «Tanto più cerchiamo di fornire piena sicu-rezza interferendo con il sistema di mercato, quantomaggiore diviene l’insicurezza».8

iv. In ultima analisi, la bancarotta (anche di grandi dimen-sioni) è, e sarà sempre, un elemento essenziale del sistema dimercato

Oltre ai prezzi liberi, l’aspetto essenziale del sistemadi mercato decantato da Röpke e Hayek è quello dellacarota del profitto e del bastone della perdita o del fal-limento. La bancarotta serve a due scopi fondamentali.Fa in modo che le persone prendano in considerazionei rischi con attenzione. E, cosa altrettanto importante,cancella le valutazioni erronee del passato e ridirige gliasset verso mani più competenti. Come disse Röpke: «Ilnostro sistema economico (in ultima analisi) è discipli-nato dalla bancarotta».9

L’economista keynesiano Paul Krugman ha ridico-lizzato l’idea che la recessione sia «una punizionenecessaria» per sanare gli errori del boom economico.10

Ma non si tratta affatto di una «punizione»: è un modoper rimuovere gli errori di valutazione economica ericominciare da capo.

L’illustre economista keynesiano Robert Solow sispinge anche oltre Krugman nel descrivere, travisando-lo, ciò che si suppone facciano recessioni e bancarotte.Infatti, afferma: «[Dire] che una recessione estirpaimprese e pratiche inefficienti […] è un po’ come direche una peste […] ripulisce il patrimonio genetico».11

Davvero Solow pensa questo? Siamo tenuti veramentea considerare le banche di Wall Street che ricorrono alleverage del debito (debito fino a 30 volte il capitalenetto) come le vittime di una peste?

255

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

88.. Friedrich Hayek, citato in Sanford Ikeda, Dynamics of the Mixed Eco-nomy: Toward a Theory of Interventionism, London, Routledge, 1997, p. 183.

99.. Röpke, Economics of the Free Society, p. 248; citato anche in Lewis, Arethe Rich Necessary?, p. 51.

1100.. Economist, 6 dicembre 2008, p. 94.1111.. Robert Solow, New York Review of Books, 14 maggio 2009, p. 6.

Eliminare l’eventualità della bancarotta, soprattuttoquella di grandi dimensioni correlata a una crisi econo-mica, significa impedire al sistema di mercato di fare ilsuo lavoro. Keynes disse ripetutamente di voler salvareil sistema di mercato, ma sembra che non avesse laminima cognizione di come funzionasse ciò che dicevadi voler salvare.

2a. Keynes: un crollo finanziario incipiente, unadepressione economica, o prima l’uno e poi l’altra,richiedono un intervento del governo sollecito e deci-sivo

I crolli dell’economia e le depressioni profonde cidicono che abbiamo creato un

enorme pantano,

che abbiamo

commesso un errore nel controllo di una macchinadelicata12

e che c’è urgente bisogno di ripararla. Andrebbeintrapresa un’azione correttiva audace e forte al primosegnale di difficoltà. E dovrebbe essere

radicale

tanto quanto serve.13

All’inizio del 1932, dopo due anni dallo scoppio diquella che divenne nota come la Grande Depressione,Keynes avvertiva che

un tracollo di questo genere nutre se stesso,

256

Tutti gli errori di Keynes

1122.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, p. 136.

1133.. Keynes, BBC Broadcast, 26 febbraio 1930, in John Maynard Keynes,Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethinking Employment andUnemployment Policies, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1981, p. 325.

e si lamentava del fatto che fosse

molto più difficile risolvere il problema oggi di quan-to lo sarebbe stato un anno fa. […] Le […] autoritàmondiali non hanno avuto il coraggio o la convinzio-ne di applicare i rimedi che avevano a disposizionein dosi sufficientemente drastiche a ogni stadio deldeclino.14

Keynes continuava affermando che si poteva giun-gere a un punto di non ritorno, un punto in cui il siste-ma avrebbe perso la sua

capacità di risalire.15

2b. Commentii. In realtà all’inizio della Grande Depressione Keynes nonprescrisse quello che poi divenne il programma keynesiano

La sua prima reazione alla Grande Depressione ini-ziata nel 1929 fu di ritenerla una benedizione sottomentite spoglie. Keynes pensava che fosse stata causa-ta da tassi d’interesse troppo alti. Subito dopo la crisi, leautorità monetarie di Stati Uniti e Gran Bretagna avreb-bero dovuto abbassare i tassi d’interesse e mantenerlibassi, così che tutto sarebbe andato per il meglio.

Keynes disse che:

Il denaro in America è già diventato davvero moltoeconomico.

Di conseguenza, c’è

una luce […] lì davanti. […] La prospettiva di lungoperiodo [… è] decisamente incoraggiante. […] Nondubito […] che il denaro a buon mercato [… sia] unrimedio efficace. Il mondo sottovaluta sempre l’in-

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

1144.. John Maynard Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio1932, in John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Britain and America, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1982, pp. 40, 41, 45.

1155.. Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio 1932.

fluenza negativa dell’elevato costo del denaro, mentreil denaro a basso costo ha un’influenza rinvigorente.16

Giunti al 1932, tuttavia, Keynes aveva alcuni dubbicirca l’efficacia del solo denaro a buon mercato. In unarticolo pubblicato sull’Atlantic Monthly egli scrisse,come poi fece nella Teoria generale, che gli imprenditorie i manager avrebbero potuto non approfittare, a causadel panico, di tassi d’interesse più bassi, rendendo cosìnon efficace una politica volta a offrire denaro a bassocosto. Dunque, Keynes, ora raccomandava che lo Statointervenisse e spendesse di suo.17

Date le precedenti dichiarazioni, Keynes era in malafede quando disse, nel 1932, che i governi

non hanno avuto il coraggio o la convinzione di appli-care i rimedi che avevano a disposizione in dosi suffi-cientemente drastiche a ogni stadio del declino.18

Le sue stesse idee in merito ai rimedi necessari e alledosi da utilizzare erano andate cambiando man manoche gli eventi si succedevano.

ii. I rimedi keynesiani non sono stati ancora collaudatiÈ importante inoltre sottolineare che il programma

keynesiano di denaro a basso costo e spesa pubblica sularga scala (assieme ad aggiunte occasionali di politichecommerciali protezioniste) rimane a tutt’oggi solo un’i-potesi. Ogni volta che è stato applicato, sia da parte del-l’amministrazione Roosevelt durante la Depressione,sia da parte del governo giapponese dopo la bolla difine anni Ottanta, o ancora dalla seconda amministra-zione Bush (in collaborazione con la Fed di Greenspan)dopo la bolla dot-com, non ha prodotto i risultati spe-rati. Ci sono anzi buone ragioni per pensare che abbia

258

Tutti gli errori di Keynes

1166.. John Maynard Keynes, New York Evening Post, 25 ottobre 1929, in Col-lected Writings, vol. 20, p. 1.

1177.. John Maynard Keynes, conferenza, Londra, ristampata in AtlanticMonthly, maggio 1932, in Collected Writings, vol. 21, p. 60.

1188.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, pp. 40, 41, 45.

causato quegli stessi problemi che avrebbe dovuto pre-venire o curare.

iii. La Grande DepressioneConsideriamo i seguenti fatti. La Grande Depressio-

ne durò più a lungo di qualsiasi altra crisi americanaprecedente. Ma se non ci fosse stata la seconda guerramondiale avrebbe potuto continuare anche di più. Lagrande inflazione monetaria riuscì a porre fine alladeflazione, ma la disoccupazione rimase elevata non-ostante tutto. Anche l’aggiunta di spesa in disavanzonon la portò al di sotto del 14 per cento.

I keynesiani, naturalmente, hanno una loro giustifica-zione. Essi ci dicono che nell’America degli anni Trenta itentativi di Roosevelt di porre fine alla deflazione e dicontrollare i tassi d’interesse erano stati efficaci, ma eravenuta a mancare la determinazione per quanto riguar-dava la spesa in disavanzo. Se attraverso il New Deal sifosse speso di più e prima, la depressione non si sarebbeprotratta fino alla guerra. Quando scoppiò, la guerrafornì quello stimolo per una spesa pubblica davvero con-sistente, cosa che era necessaria da tempo.

Si noti, tuttavia, che nel 1937 lo stesso Keynes nonsosteneva più la necessità di uno stimolo attraverso laspesa in disavanzo, almeno non in Gran Bretagna.19 Nonè nemmeno corretto interpretare la seconda guerra mon-diale come un enorme programma per stimolare l’econo-mia. Le spese ingenti della guerra avrebbero portato aun’inflazione spaventosa, se non fosse stato per il con-trollo dei salari e dei prezzi. A sua volta il controllo disalari e prezzi funziona solamente in condizioni di guer-ra su scala mondiale, quando le attività economiche pos-sono essere incanalate nelle attività relativamente sempli-ci della produzione bellica e quando l’intera forza lavoroè disposta ad accettare limiti di consumo e a cooperarecon lo Stato in altri modi. Come scoprì il presidenteNixon nei primi anni Settanta, il controllo di salari e prez-

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

1199.. John Maynard Keynes, Times, 12-14 gennaio 1937, in Collected Wri-tings, vol. 21, p. 385.

zi non funziona né in tempo di pace, né in condizioni diguerra su piccola scala, come nel caso del Vietnam.

I keynesiani parlano spesso della depressione secon-daria del 1937 per insistere sulla loro affermazionesecondo cui stimoli più forti e in quantità maggioriavrebbero fatto terminare prima la Grande Depressio-ne. L’argomentazione si basa grosso modo sulleseguenti linee. All’inizio Roosevelt aveva avuto pauradi portare allo squilibrio il proprio bilancio, ma nel suoprimo mandato non ebbe problemi a farlo. Il deficit dispesa toccò i 2,8 miliardi di dollari nel 1935 e i 4,4miliardi di dollari nel 1936. Ciò generò una ripresa. Suc-cessivamente, durante il secondo mandato, un eccessodi cautela portò a una riduzione nel deficit fino a 2,8miliardi di dollari nel 1937 e a 1,2 miliardi nel 1938.Questa riduzione del disavanzo di spesa fece precipita-re la crisi iniziata verso la fine del 1937.

Tale ricostruzione ha senso? Forse temo di no. Inprimo luogo, sembra azzardato affermare che l’econo-mia avesse recuperato prima della depressione del1937, dal momento che l’occupazione era rimasta alivelli elevati. In secondo luogo, nonostante il disavan-zo di spesa, la politica fiscale di Roosevelt includevaimposte sul reddito molto alte per i più ricchi e impostesul consumo per tutti. Il presidente Hoover aveva alza-to le imposte sul reddito nel 1932 (fino a un massimodel 60 per cento) oltre ad aver alzato ed esteso le acciseo le imposte sulle vendite. Roosevelt aggravò questierrori. Non è irragionevole dare la colpa della crisi cheseguì alla fine del 1937 alle tasse elevate o all’elevatodeficit di bilancio del 1936.

Inoltre ci sono stati altri importanti fattori chepotrebbero spiegare la depressione di fine 1937. Lanuova imposta sugli utili societari fu un duro colpo perla fiducia delle imprese. Lo stesso si può dire delWagner Act, che rafforzava la posizione degli impiegatie dei lavoratori iscritti al sindacato a discapito deglioperai.20 E lo stesso si può dire anche dell’inflessibile

260

Tutti gli errori di Keynes

2200.. Si veda la nota di chiusura QQ.

attività antitrust (la minaccia di dividere le società) delsecondo mandato. Le imposte sugli utili societari già dasole sono sufficienti a spiegare la caduta libera dell’oc-cupazione, dal momento che i profitti sono di granlunga il miglior indicatore dell’occupazione.

iv. I “decenni perduti” del GiapponeCome la Grande Depressione, il periodo successivo

alla bolla giapponese degli anni Ottanta è spesso citatocome terreno di prova delle politiche keynesiane. Inquell’occasione, infatti, venne applicato il programmakeynesiano completo, fatto di abbassamento dei tassid’interesse, salvataggi di banche e indebitamento a finidi spesa. Il debito pubblico crebbe da un 55 per centodel prodotto interno lordo nel 1990 a oltre il 160 percento del 2007.21 La cosa più rilevante di questo periodoè che il pump priming keynesiano (l’azione del governoper stimolare l’economia) non ebbe successo. L’econo-mia non si è mai ripresa veramente.

Alla volta del crollo del 2008, l’economia giappone-se era di nuovo in caduta libera e non era chiaro quan-to altro debito potesse accumulare il governo, dalmomento che i consumatori giapponesi più anziani nonerano più in grado di risparmiare e prestare denarocome avevano fatto in passato. Per chi osservava datempo la situazione giapponese fu sorprendente rileva-re che il tasso di risparmio del Giappone alla fine del2008 era effettivamente sceso al di sotto di quello ame-ricano, in parte perché quest’ultimo era aumentato inrisposta alla crisi economica.

Tale situazione, comunque, non impedì ai politicigiapponesi di ricorrere all’indebitamento per aumenta-re la spesa pubblica. Tornate di stimoli si sono susse-guite le une dopo le altre. Tra i possibili provvedimentiper innescare la ripresa, il governo propose addiritturaun ulteriore indebitamento per l’acquisto di azioni diborsa ordinarie.

Proprio come hanno la loro spiegazione per il falli-

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

2211.. Ned Davis Research, Institutional Hotline, 22 settembre 2008, p. 2.

mento economico del New Deal, gli apologeti delleteorie di Keynes hanno giustificazioni simili anche perquanto accaduto in Giappone dopo la bolla finanzia-ria. Sì, dicono, il Giappone ha applicato misure keyne-siane, ma non l’ha fatto abbastanza presto e con suffi-ciente coraggio. In particolare, continua la loro argo-mentazione, le banche avrebbero dovuto essere salva-te e rifinanziate prima, e non solo nel 1998, quando eraormai troppo tardi. La spesa per le opere pubblichepuò anche non aver dato risultati, ma fu sempremeglio di niente.

Il keynesiano Paul Krugman convenne con BarackObama sul fatto che era necessaria, nel 2008, un’azionedi governo «coraggiosa» per salvare l’America. E anco-ra una volta propose la sfilza completa dei rimedi key-nesiani. Giunto alla spesa per le opere pubbliche, sifermò un attimo per dare qualche spiegazione:

Alcuni lettori potrebbero obiettare che fornire uno sti-molo fiscale attraverso la spesa per opere pubbliche èquello che ha fatto il Giappone negli anni Novanta –e lo è. Anche in Giappone, comunque, la spesa pub-blica probabilmente evitò che un’economia debolesprofondasse in una depressione vera e propria. Visono, inoltre, motivi di ritenere che lo stimolo attra-verso la spesa pubblica funzionerebbe meglio negliStati Uniti.22

Al contrario di quanto dice Krugman, vi sono ancheimportanti ragioni per aspettarsi che una spesa volta astimolare l’economia funzioni ancora peggio negli StatiUniti. Per lo meno, i giapponesi s’indebitarono con sestessi, e non in maniera pesante con i cinesi. Dobbiamoanche osservare l’uso fatto da Krugman dell’avverbio«probabilmente» nell’affermare che le opere pubblichehanno risparmiato al Giappone una depressione vera epropria. Il termine «probabilmente» è anche uno dei

262

Tutti gli errori di Keynes

2222.. Paul Krugman, “What to Do”, New York Review of Books, 18 dicembre2008, p. 8.

preferiti di Keynes; a noi rivela semplicemente che citroviamo davanti a un’intuizione non supportata dafatti, una semplice supposizione.

v. ControfattualitàRiserveremo al capitolo 16 la gran parte della discus-

sione logica del motivo per cui le supposizioni di Keynessono sbagliate. Tuttavia ci sono alcuni esempi “contro-fattuali” che vale la pena di menzionare anche qui. Pren-diamo la depressione del 1921. Fu una depressioneimprovvisa e profonda, ma anche molto breve, delladurata di poco più di un anno. In questo caso, i rimedikeynesiani non furono applicati. La Federal Reserve erastata istituita nel 1913, ma non aveva ancora imparato amanipolare l’economia – questo accadde dopo, neglianni Venti. Il presidente e il Congresso non fecero nulla el’economia si riprese da sé in tempi record.

In precedenza c’erano state altre depressioni inAmerica, anche se nessuna fu lunga quanto la GrandeDepressione. La più lunga era stata la depressione del1873-1879. La crisi aveva fatto seguito a una bolla crea-tasi con l’emissione di nuova cartamoneta durante edopo la Guerra Civile. Quando si tornò al denaro vali-do (sotto forma di sistema aureo), nel 1879, la depres-sione finì.23

Un altro esempio controfattuale potrebbe riguardarela crisi finanziaria dell’Asia del Sud di fine anni Novan-ta. In questo caso, i rimedi keynesiani non venneromessi in pratica, perché i governi coinvolti non aveva-no le risorse finanziarie necessarie per farlo. Le bancheinsolventi vennero chiuse, le società in bancarotta falli-rono. Con sorpresa di tutti, funzionò. L’economia siriprese e proseguì con forza maggiore. L’autore di unalettera alla rivista Economist mise in contrasto il consi-glio dato dagli Stati Uniti all’Asia meridionale alla finedegli anni Novanta e quello che diedero a se stessi undecennio più tardi:

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

2233.. Si veda la nota di chiusura RR.

Essendomi trovato in Asia durante la crisi finanziaria diun decennio fa, sono colpito dalle somiglianze [conquella americana e britannica del 2008]. […] L’unicoingrediente […] che manca […] è la richiesta delle rap-presentanze di scambio americane che le banche debo-li siano lasciate fallire. Cos’è accaduto al “lasciamo deci-dere al mercato” che nel 1998 venne venduto come veri-tà economica ai Paesi asiatici? Forse che la medicina[…] distribuita con tanta generosità a Corea del Sud,Tailandia, ecc., è troppo amara per il dottore?24

È utile tenere a mente tutto questo. Dovremmomostrarci scettici verso il programma keynesiano per lagestione di crolli e crisi economiche, rifiutandoci diaccettarlo semplicemente per fede, come fanno tanti.Dunque, tenendo questo concetto ben presente, nelleprossime sezioni inizieremo a esaminare più dettaglia-tamente il programma keynesiano, al fine di analizzareulteriormente ciascuna delle sue singole componenti.

3a. Keynes: lo Stato deve essere particolarmente vigi-le nell’individuare una crisi finanziaria incipiente emuoversi prontamente per evitarla

Il copione per evitare una crisi finanziaria è statoscritto tempo fa. Dobbiamo solo seguirlo.

Nel 1873, Walter Bagehot, direttore della rivista Eco-nomist, pubblicò un libro intitolato Lombard Street. Inesso si sosteneva che la Bank of England, allora un enteprivato, anche se con uno status semiufficiale, avrebbedovuto tenersi pronta ad agire come “prestatore di ulti-ma istanza”. Se la gente si fosse preoccupata e avesseiniziato a ritirare i fondi da una data banca, quellabanca sarebbe stata in grado di sostituire tali risorseottenendo dei prestiti dalla Bank of England.

Naturalmente andavano rispettate talune regole. Labanca che chiedeva il prestito doveva essere solvente,doveva dare alla Bank of England titoli “sicuri” agaranzia del prestito e doveva pagare un tasso d’inte-resse elevato. La richiesta di solide garanzie significava

264

Tutti gli errori di Keynes

2244.. Economist, 1° novembre 2008.

che, qualsiasi cosa fosse accaduta, la Bank of Englandnon avrebbe perso il suo denaro.

Ed ecco dove Bagehot risultò controverso: disse chela Bank of England doveva essere pronta a elargire tuttii prestiti necessari a rassicurare la gente e a fermare lacorsa agli sportelli. E doveva essere pronta a conceder-li anche qualora avesse già offerto tutte le riserve che ildiritto bancario le consentiva. In altre parole la Bank ofEngland doveva fare qualsiasi cosa fosse necessaria perfermare una corsa agli sportelli, anche a costo di doverabbandonare le sicure procedure bancarie o addiritturaanche a costo di violare, tecnicamente, la legge.

Le idee di Bagehot non furono esenti da critiche.Thomas Hankey riteneva che un sistema incentrato suun “prestatore di ultima istanza” avrebbe portato lebanche a concedere prestiti più rischiosi o a comportar-si in modo avventato, perché tanto poi potevano esserecerte che sarebbero state salvate, anche se con un tassod’interesse punitivo.25

Eppure, le idee di Bagehot trionfarono su quelle del-l’amico Hankey. Anche Keynes si schierò con Bagehot,ma si preoccupava del fatto che le sue idee potesserovenir applicate troppo tardi o in maniera timida. Il modoper fermare una crisi finanziaria doveva prevedere unintervento deciso dello Stato. Se fondi illimitati fosserostati messi a disposizione delle istituzioni finanziarieminacciate, si sarebbe potuta fermare la spirale che avreb-be condotto verso un panico di massa. Gli individui, fidu-ciosi nel sostegno pubblico, non si sarebbero più affretta-ti a tutelarsi in modi che presto avrebbero fatto crollare ilsistema e garantito un risultato negativo per tutti.

3b. Commentii. Era Hankey, e non Bagehot, quello che aveva ragione suisalvataggi pubblici

La promessa di salvare le banche e gli altri istituti di

265

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

2255.. Per una discussione del contrasto fra Bagehot e Hankey, si veda Grant’sInterest Rate Observer, 30 maggio 2008, e James Grant, Mr. Market Miscalcu-lates, Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2008, p. 28.

credito alla fine porta a prestiti avventati. La necessitàper le banche centrali di fornire, in breve tempo, unaquantità illimitata di denaro porta inevitabilmenteanche all’emissione di nuovo denaro. Una volta che unabanca centrale ha preso l’abitudine di stampare mone-ta, è certo che si innescherà un processo inflazionistico,sia dei prezzi al consumo che degli asset. Tutto questo,a sua volta, condurrà a una crisi finanziaria, che saràseguita da altra inflazione, in un circolo vizioso checontinuerà nel tempo.

ii. Perché le banche sono sempre l’anello deboleIl sistema finanziario è senza dubbio l’anello debole

del sistema di mercato. Ma non deve necessariamenteessere così. Il problema è che le banche, per come sonoattualmente strutturate, sono sempre tecnicamenteinsolventi. E lo sono dal giorno stesso della loro aper-tura. Perché? Perché accettano depositi, molti dei qualidevono essere rimborsati su richiesta, ma poi prestanodenaro senza avere un analogo diritto a essere rimbor-sate su richiesta. Il risultato: in un dato giorno, i rispar-miatori possono far fallire la banca pretendendo in unasola volta tutti i loro soldi.

Questo è uno dei motivi per cui la contabilità mark-to-market ha poco senso per le banche. Una sua applica-zione letterale e rigorosa farebbe fallire ogni banca,anche in tempi normali. Quando i tempi sono duri,garantirebbe il fallimento dell’intero sistema bancario.Durante la Grande Depressione sopravvissero circa dueterzi delle banche statunitensi. Se fosse esistito il mark-to-market sarebbero state poche a non chiudere.

Oggi diamo per scontata l’esposizione al rischio e laconseguente instabilità del settore bancario. Ma non èsempre stato così. Nei secoli passati le banche operava-no da depositi di oro e argento, come fanno oggi alcunesocietà con il grano. A nessuna società di stoccaggio delgrano è permesso di prestare il grano dei clienti nellasperanza che ce ne sia a sufficienza per rispondere alledomande di ritiro. No, il grano resta nella vasca dideposito fino a quando viene richiesto e, se utilizzato,

266

Tutti gli errori di Keynes

ciò avviene sempre dietro consenso del cliente.Quando i banchieri iniziarono a trattare in modo

diverso lo stoccaggio di oro e argento, prestandoli perfini di lucro senza il consenso del proprietario, vi furo-no contenziosi legali. Il risultato dei processi era incer-to, ma nel tempo si affermò il diritto a prestare denarosu principi completamente diversi rispetto alle altrematerie prime.

Col senno di poi, possiamo dire che queste decisioniprese per via giudiziaria hanno scoperchiato il vaso diPandora. Non solo hanno posto le banche di fronte alcostante pericolo di corse agli sportelli, vale a dire diuna richiesta, dettata dal panico, di restituzione con-temporanea di fondi da parte di tutti i clienti, ma hannoanche consentito alle banche di mettere in circolazionedenaro nuovo attraverso il semplice atto di concessionedei prestiti.26 Come risultato, la quantità di denaro pre-sente nell’economia è diventata del tutto imprevedibile.Il che è assolutamente folle.

iii. Cosa fare con le bancheLa riforma più ovvia sarebbe quella di aumentare la

riserva obbligatoria. La riserva ideale dovrebbe esserepari al 100 per cento. Le banche, poi, verrebbero remu-nerate per i servizi di deposito, per occuparsi dellagestione di assegni e di altre transazioni e per fungere daagenti dei loro clienti. In caso di prestito, il termine nondovrebbe essere più lungo di quello del deposito.27

La maggior parte dei banchieri si opporrebbe al con-cetto di riserva del 100 per cento. Sanno che possono faremolti più soldi con riserve più basse. Quello che noncomprendono fino in fondo è che il sistema bancario, percome è attualmente strutturato, non è veramente redditi-zio. I guadagni di molti anni alla fine vanno persi duran-te una crisi, che spazza via gli azionisti esistenti. Even-tuali nuovi azionisti potrebbero guadagnare bene perun’altra generazione, solo per essere spazzati via a loro

267

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

2266.. Si veda la nota di chiusura SS.2277.. Si veda la nota di chiusura TT.

volta. Un qualsiasi passo verso riserve più alte contribui-rebbe a creare un sistema bancario con basi più solide.

Il più grande ostacolo a un sistema bancario solido èlo Stato. La Federal Reserve è stata fondata nel 1913, inparte, per ridurre le riserve bancarie. Nel corso deglianni ha abbassato gli obblighi di riserva più volte, sem-pre nel tentativo, in questo e in altri modi, di creare piùdenaro e riversarlo nell’economia attraverso il sistemabancario.28 Agli occhi dei politici, più denaro c’è emeglio è, perché aiuterà l’economia a sembrare miglio-re nel breve periodo e permetterà ai titolari di una cari-ca pubblica di essere rieletti. L’idea che lo Stato (nellevesti della Federal Reserve) ci tuteli dall’inflazione nonha alcun senso. I fatti ci dicono il contrario. La Fed è l’o-rigine, e non la cura, dell’inflazione.

4a. Keynes: Bagehot ha bisogno di un aggiornamentoL’approccio di Bagehot, se applicato con rigore, è

generalmente corretto, ma ha bisogno di un ulterioreperfezionamento. In particolare, i tassi d’interessedevono essere più bassi, gli standard di prestito inferio-ri e la portata dell’assistenza governativa nel comples-so più elevata.

Come abbiamo già osservato, Bagehot voleva che il“prestatore di ultima istanza” concedesse i propri pre-stiti a tassi abbastanza elevati da costituire una mora.Keynes, al contrario, voleva che prevalessero tassi d’in-teresse bassi in tutto il sistema finanziario e in ognimomento, sia per i prestiti normali e sia, presumibil-mente, per i prestiti d’emergenza. Né il “prestatore diultima istanza” doveva essere troppo pignolo nel deci-dere chi aiutare.

Keynes riconobbe anche che se i tassi d’interessesono già bassi quando scoppia la crisi, ci sono dei limi-ti rispetto a ciò che il credito a basso costo può fare.Inoltre, indipendentemente da quanto sia a basso costoil credito, la gente potrebbe essere troppo spaventataper ricorrere al prestito. In tal caso,

268

Tutti gli errori di Keynes

2288.. Si veda la nota di chiusura UU.

c’è bisogno di un intervento diretto dello Stato.29

Questo intervento può assumere la forma di prestitisovvenzionati a lungo termine e con tassi d’interessemolto bassi, o di altri sussidi al settore.30 In aggiunta, loStato dovrebbe preparare taluni piani per espandere eaccelerare il proprio programma d’investimento direttoe renderlo effettivo al primo segnale di bisogno.31

4b. Commentii. Il sistema immaginato da Bagehot era già instabile. Keyneslo rende ancora più instabile

Per lo meno, con Bagehot le banche che si eranomesse nei guai con prestiti inesigibili dovevano fornirebuone garanzie per qualsiasi prestito di salvataggiodella Bank of England. Dovevano anche pagare untasso d’interesse come penale, sufficientemente alto dascoraggiare un eccessivo affidamento su tali salvataggi.Se una banca in difficoltà non avesse avuto buonegaranzie o non avesse potuto pagare un tasso così pena-lizzante, sarebbe fallita e sarebbe stata prontamenteliquidata dai creditori.

Hankey aveva ragione: il sistema di Bagehot inco-raggiava un certo grado di temerarietà. Peggio ancora,incoraggiò addirittura una banca centrale a diventareincauta. Ma si era comunque in un quadro di sobrietà esanità mentale rispetto al sistema di Keynes.

ii. La versione di Bagehot di Ben BernankeAbbiamo già discusso l’operato di Bernanke come

membro del board e poi presidente della Federal Reser-ve nel capitolo 14. Ma è necessaria qualche parola in più.Durante il crollo del 2008, la Federal Reserve ha adotta-to una vera e propria posizione keynesiana. I rimedikeynesiani erano stati adottati anche in precedenza, ma

269

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

2299.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, pp. 59-60.3300.. Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 348; Keynes, Collected Writings,

vol. 21, p. 395.3311.. Keynes, Times, 14 gennaio 1937; anche in Henry Hazlitt (a cura di), The

Critics of Keynesian Economics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 121.

mai su una scala così vasta. In quattordici mesi (dal gen-naio 2007 al febbraio 2009) 1200 miliardi di nuovi dolla-ri sono comparsi dal “nulla” e immessi nell’economia,con la promessa di aggiungerne altri 2000.

Questi nuovi dollari, a loro volta, potevano moltipli-carsi in molti, molti più dollari all’interno del sistemabancario.32 Nessuno poteva sapere in quanti. Tuttavia,qualsiasi cosa fosse accaduta, di certo l’impatto totalesu un’economia da 14.000 miliardi di dollari sarebbestato forte.

E non era tutto. In aggiunta, c’erano diversi altriimpegni della Fed per un totale di 4500 miliardi di dol-lari. Alla volta del 2009, dunque, il programma Fedaveva raggiunto i 7500 miliardi di dollari.

Quasi altrettanto sbalorditiva della vastità del pro-gramma di Bernanke è stata la sua segretezza. Nessuno,nemmeno il Congresso, sapeva dove e a chi sarebberoandati i fondi. Parte di essi potevano servire al salva-taggio di banche, sia straniere che statunitensi. Nessu-no lo sa e, forse, nessuno lo saprà mai.

iii. Cosa implicherà tutto questo nuovo e misterioso denaro?Alan Meltzer, l’illustre storico della Federal Reserve,

ha sostenuto che l’alluvione di nuovo denaro prove-niente dalla Fed alla fine avrebbe prodotto un’inflazio-ne dei prezzi al consumo «superiore a quella […] deglianni Settanta».33 Molti osservatori erano d’accordo,compreso il grandissimo investitore Warren Buffett.34

Dobbiamo inoltre tenere presente che le azioni dellaFed sono andate a incrementare altre spese di salvatag-gio e garanzia effettuate dal governo statunitense, percirca 5500 miliardi di dollari. Il totale generale di 13.000miliardi di dollari dei primi mesi del 2009 significava131.000 dollari per ogni contribuente americano e42.000 dollari a persona.35

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Tutti gli errori di Keynes

3322.. Si veda la nota di chiusura SS.3333.. Bloomberg News, 14 aprile 2008.3344.. Bloomberg News, 20 maggio 2009.3355.. Washington Times, 20 aprile 2009, p. 38.

iv. La Fed ha violato le regole di Bagehot anche in altri modiCome notato in precedenza, la Fed ha salvato non

solamente le banche, ma anche le banche d’investimen-to, ovvero gli speculatori più potenti degli anni dellabolla. Ha concesso prestiti a tassi bassissimi a questistessi speculatori in un momento in cui numeroseaziende molto valide e collocate al di fuori della prote-zione della Fed dovevano pagare tassi altissimi. Haaccettato garanzie davvero esigue. E ha salvato sia lesocietà finanziarie solventi che quelle insolventi, senzaun piano chiaro o coerente.

v. La Fed può tornare sui propri passi? Forse noSe la Fed ha una “strategia di uscita”, cioè un modo

per estinguere tutti i nuovi dollari che sta creando, nonl’ha rivelata. I sostenitori della Fed si limitano a dareper scontato che ciò che è stato fatto si possa annullare.Se ci fosse un tentativo di annullare queste decisioni siassisterebbe, però, a una tempesta di proteste da partedei politici del Congresso. Inoltre, l’economia america-na è diventata così indebitata e vulnerabile che ancheuna sola interruzione del ciclo dollaro/liquidi-tà/aumento del credito, figurarsi una sua riduzione,potrebbe facilmente rivelarsi uno shock troppo grandeper il sistema.

vi. La Fed è essa stessa insolvente? ForseLa Federal Reserve è essa stessa un’istituzione forte-

mente indebitata. Il suo braccio operativo, la FederalReserve Bank of New York, ha un rapporto asset/capi-tale di 100 a 1.36 Se i nuovi beni posti a garanzia che haaccettato durante la crisi sono stati marked-to-market èlecito chiedersi se anche la Fed stessa non potrebbeessere insolvente.

Naturalmente una banca centrale può sempre stam-pare altri soldi per coprire le perdite. Questa cosapotrebbe essere legale o illegale secondo le norme giu-ridiche esistenti, ma chi lo saprebbe? E chi se ne preoc-

271

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

3366.. James Grant, Wall Street Journal, 20-21 dicembre 2008, p. W-2.

cuperebbe? La Fed potrebbe aver già superato il suomandato legale con le iniziative prese nel 2008. L’expresidente della Federal Reserve, Paul Volcker, ha affer-mato che questa era una questione riservata.37

vii. Il credito non deve essere confuso con la speculazioneLe azioni intraprese dalla Fed durante il crollo del

2008, insieme a quelle del Tesoro, non riuscirono ini-zialmente a creare nuovo credito. Un osservatore, ilgiornalista Christopher Caldwell, redattore capo delconservatore Weekly Standard, ha fornito questa spiega-zione molto keynesiana:

Per essere franchi, il credito si ripristina quando l’élitefinanziaria [a Wall Street] dice che ciò è avvenuto. Sipotrebbe quasi dire che il credito è un sinonimo perl’umore della classe dirigente. Dire che un’economia èbasata sul credito significa dire che è basata sui miste-ri dello spirito “animale”. Fascino, prestigio, impeto,comportamento disinvolto, far bella figura […] di que-sto è fatta l’economia.38

Il «mistero vitale» di Caldwell è ovviamente un’ecodiretta degli «spiriti animali» di Keynes. Ma non è diquesto che un economia dovrebbe essere fatta. Di que-sto è costituita piuttosto l’economia keynesiana, un’e-conomia che è precipitata in uno schema regolare fattodi bolle speculative che si alternano a grandi crisi.

5a. Keynes: È possibile per una nazione avviare laripresa economica per mezzo della spesa pubblica? Sì

Nel 1934, Keynes scrisse un articolo per la popolarerivista americana Redbook intitolato

“L’America può innescare la ripresa economica a suondi spesa pubblica?”

272

Tutti gli errori di Keynes

3377.. Osservazione fatta dinanzi all’Economic Club di New York, 8 aprile2008.

3388.. Christopher Caldwell, Weekly Standard, 22 dicembre 2008, p. 17.

E apriva l’articolo con un

Certo, è ovvio!39

L’articolo continuava: lo stesso comportamento cherenderebbe

povero un uomo

può rendere

ricca una nazione.40

Senza dubbio la spesa extra del governo, necessariadurante una depressione, avrebbe superato le entrateprovenienti dalla tassazione, indipendentemente daquanto fossero elevate le tasse, perché in un periodo dicontrazione economica anche le tasse crollano. Ci sarebbestato per forza di cose un deficit di bilancio e il governoavrebbe avuto la necessità di ricorrere al credito. Ma ildebito della nazione sarebbe stato in genere dei cittadini.

Inoltre, non si dovevano alzare le aliquote per paga-re il nuovo debito. Il denaro preso a prestito, e speso,ravviva l’economia. Un’economia rianimata richiedemeno spesa pubblica per sussidi di disoccupazione egenera un flusso di nuove entrate fiscali. Insieme, irisparmi e le nuove tasse superano il debito. Così, insintesi, la spesa pubblica effettuata con denaro preso aprestito in condizioni di non piena occupazione (comel’hanno chiamata gli economisti successivi a Keynes) ècome un “pasto gratis”.41

5b. Commentii. Se è così ovvio che dobbiamo spendere per ottenere unaripresa economica, perché Keynes non l’ha detto in modoesplicito?

273

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

3399.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 334.4400.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 334.4411.. John Maynard Keynes, Nation and Athenaeum, 10 maggio 1930, in

Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 349.

In questo articolo e altrove, Keynes fornisce soloargomentazioni indirette e spesso contraddittorie asostegno della sua teoria, e nessuna prova empirica dialcun tipo. Finora, nessuno ha fornito le argomentazio-ni o le prove mancanti. Come abbiamo visto, i dati sto-rici della Grande Depressione e dei “decenni perduti”del Giappone non sono particolarmente incoraggianti.Christina Romer, alla testa del Council of EconomicAdvisors del presidente Obama, ha esaminato anche lerecessioni americane postbelliche, ma non ha trovatomolte evidenze del fatto che lo stimolo fiscale avessecontribuito a porvi termine.42

Ecco come ha concluso John Cochrane, professoredella University of Chicago Business School: «Ho cercatofra le linee guida e i manuali dei corsi di specializzazione,e non sono riuscito a trovare da nessuna parte se negliultimi 50 anni qualcuno in economia abbia detto che unaspesa in disavanzo usata quale stimolo fiscale sia unabuona idea. Come facciamo a dare questo consiglio […]quando nulla [di quello] che insegniamo ai nostri studen-ti laureati ci dice che lo stimolo fiscale funziona?».43

ii. Il carro dello stimolo fiscaleNon sorprende che i governi del mondo (e i loro eco-

nomisti) non parlino apertamente di “spesa in disavan-zo”. Preferiscono utilizzare eufemismi come “politicafiscale” o “stimolo fiscale”. All’epoca del crollo del2008, l’economista Lawrence Kudlow osservò che

nel corso della riunione del G-20 a Washington […] lasola cosa di cui si sentiva parlare era lo “stimolo fisca-le globale”. […] Non funzionerà. Non l’ha mai fatto.Centinaia di studi accademici effettuati negli ultimi 25anni mostrano chiaramente che i paesi [i cui governi]spendono di più, crescono meno.44

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Tutti gli errori di Keynes

4422.. Per una disamina del lavoro della Romer sullo stimolo, si veda l’econo-mista di Harvard, Edward L. Glaeser, Todays Economist, 2 dicembre 2008,http://www.nytimes.com.

4433.. 3 febbraio 2009, http://www.chicagomaroon.com.4444.. Lawrence Kudlow, Washington Times, 1° dicembre 2008, p. 37.

La rivista Economist ha osservato che solo la Germa-nia sembrava riluttante ad aumentare il proprio dis-avanzo di bilancio per mettere in piedi uno stimolofiscale. Perché? Perché «i pacchetti di spesa messi inatto per sconfiggere le crisi degli anni Settanta produs-sero nuovo debito. Da allora, il giudizio prevalente èstato che non funzionano».45

Naturalmente, alla fine la Germania decise di segui-re il gregge, adottando alcune misure di stimolo, anchese di minor entità rispetto agli altri paesi.

iii. La Cina sostiene la sua economiaUna voce importante a favore di uno stimolo globale

fu quella della Cina, il che non è una cosa inaspettata. Ilcapitalismo di tipo cinese è diffusamente mercantilista (esenza protezionismi); le idee keynesiane si adattano per-fettamente a una simile cornice. E, al di là degli StatiUniti, nessun altro paese ha fatto più della Cina per fargonfiare la bolla globale degli anni 2002-2008.

Dopo lo scoppio di questa bolla, appunto nel 2008,il governo cinese si è impegnato per produrre un pac-chetto di stimoli di 585 miliardi di dollari, un pacchet-to superiore ai 542 miliardi di dollari dell’Europa, emolto più grande rispetto alle dimensioni delle reci-proche economie. Il presidente della banca centralecinese elogiò la capacità del paese di agire «con corag-gio e rapidità, senza l’obbligo di dover passare attra-verso un lungo, e forse addirittura doloroso, processodi approvazione», e ammonì la «compiacenza» deglialtri paesi.46

iv. Parla Obama, ma le parole sono di KeynesIl più imponente programma di stimolo fiscale fu

quello dell’America. Il presidente Bush ordinò unacconto di 152 miliardi di dollari nel mese di febbraio2008 e il presidente Obama proseguì con 787 miliardiall’inizio del 2009. Il secondo pacchetto rappresentava il

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

4455.. Economist, 15 novembre 2008, p. 62.4466.. Yanping, Hamlin, Bloomberg News, 26 marzo 2009.

6 per cento del prodotto interno lordo, percentualesuperata solo dalla mole dello stimolo fiscale cinese (il15 per cento del Pil).47

Bush era stato un keynesiano riluttante ma anche, inalcuni frangenti, un po’ apologetico; Obama non ha maiespresso dubbi del genere. Anzi Obama sembra proprioKeynes:

L’incapacità di agire, e per agire intendo ora, trasfor-merà una crisi in una catastrofe. [Senza uno stimoloall’economia] a un certo punto potremmo non esserein grado d’invertire [… la] crisi.48

Il che equivale a quanto detto da Keynes, vale a direche un’economia in contrazione, lasciata a se stessa,potrebbe perdere la

capacità di riprendersi.49

(Naturalmente, Keynes non fornisce né un fonda-mento logico, né prove a sostegno di questa sua affer-mazione e, come vedremo nel prossimo capitolo, que-sta posizione è stata in gran parte abbandonata daglieconomisti keynesiani. Tuttavia essa continua a perdu-rare e a guidare i governi, sia quello americano chequelli di altri paesi.)

Ogni qual volta ha parlato di spesa pubblica, Obamaha fatto costante riferimento a «investimenti» pubblici,proprio come faceva Keynes. Ha detto che i suoi oppo-sitori preferivano «non far nulla», proprio come disseKeynes.50 Ha parlato della necessità di aumentare la“domanda”, proprio come fece Keynes. Certo possiamochiederci se Obama abbia utilizzato il termine “doman-da” proprio nello stesso modo di Keynes.

276

Tutti gli errori di Keynes

4477.. Economist, 31 gennaio 2009, p. 79.4488.. Weekly Standard, 16 febbraio 2009, p. 9; Washington Times, 9 marzo

2009, p. 4.4499.. Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio 1932, pp. 40,

41, 45. 5500.. Washington Times, 16 febbraio 2009, p. 35.

v. Keynes sulla “domanda”L’uso fatto da Keynes dell’espressione “domanda

effettiva” è estremamente confuso. Non viene definitacome l’acquisto, o il potere d’acquisto, complessivo diun’economia, una definizione che invece probabilmen-te corrisponde a ciò che ha in mente Obama. Piuttostoessa è definita come la totalità delle entrate che le atti-vità economiche «si aspettano di conseguire» (e si notiil «si aspettano»).51 Poi Keynes prende queste vagheaspettative, le etichetta con una D (che sta per doman-da), e afferma che

N = F (D),

che significa che N, l’occupazione, è una funzione, F,di D, la domanda attesa.52

Traducendo, questo vuol dire che l’occupazione èdeterminata dalla domanda attesa. Si noti che qui nonsi dice che queste variabili siano connesse fra loro, néche s’influenzano l’una con l’altra. Keynes dice che ladomanda attesa causa in modo diretto l’occupazione.

In realtà, naturalmente, le aspettative non sono unaquantità misurabile e quindi non possono trovare postoin un’equazione. E non è nemmeno possibile che un’a-spettativa puramente soggettiva determini o causiqualcosa, o che una qualche relazione funzionale possaessere verificata in qualche modo. Benché Keynes nondimostri tale affermazione, potrebbe per lo meno forni-re qualche ragione per farci pensare che possa esserevera, ma non se ne cura affatto. La dà per scontata, sem-plicemente. Nessuna spiegazione logica, nessuna evi-denza statistica, nient’altro. Solo la parola di Keynes. Elo stesso vale per tutte le altre “funzioni”.

vi. Obama sopravvaluta le coseNon possiamo certo incolpare il presidente Obama

della confusa definizione di “domanda” di Keynes, né

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

5511.. Keynes, General Theory, pp. 25, 55.5522.. Keynes, General Theory, p. 280.

del suo cattivo uso della matematica. Ma forse possia-mo ritenerlo responsabile dell’eccessiva importanzaattribuita allo stimolo fiscale. Ecco alcuni esempi diaffermazioni fatte da Obama:

Non vi è alcun dissenso sul fatto che abbiamo bisogno[…] di far ripartire l’economia.53

Nessuno dubita che sia urgentemente necessaria unaqualche forma di grande stimolo fiscale.54

La maggior parte degli economisti, quasi l’unanimità[sostiene l’idea che] il governo [… ] debba creare nel-l’economia una domanda maggiore.

E sostiene queste cose nonostante il fatto che 100economisti di spicco abbiano scritto una lettera nellaquale dichiarano esplicitamente il loro disaccordo.55 Ingenerale, Obama ha respinto le «vecchie idee logore»dei suoi critici senza spiegare perché le sue teorie key-nesiane di tre quarti di secolo fa dovrebbero essere con-siderate nuove.56

vii. Lo Stimulus Act di ObamaCome si è osservato nel capitolo 14, il presidente

Bush aveva diffuso il panico nel mese di ottobre del 2008andando a dire in televisione che le conseguenze dellamancata approvazione del suo disegno di legge sul sal-vataggio delle banche sarebbero state disastrose. Il pre-sidente Obama fece esattamente la stessa cosa, con loscopo di vendere meglio agli elettori il disegno di leggeche doveva stimolare l’economia. Allora Obama avevapromesso che l’atto sarebbe stato scevro da stanziamen-ti clientelari (cioè denaro dato per gli scopi particolaridei membri del Congresso) e poi, una volta approvata lalegge, si è vantato di averlo mantenuto pulito, per così

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Tutti gli errori di Keynes

5533.. John Hopkins Newsletter, 30 gennaio 2009. 5544.. Economist, 31 gennaio 2009.5555.. Cato Institute, Cato Blog, 24 marzo 2009.5566.. Nichols - Runninger, Bloomberg News, 25 febbraio 2009.

dire, da favoritismi. Ma le cose non stanno così.La presidente della Camera Nancy Pelosi ha ottenu-

to uno stanziamento speciale per le paludi del suodistretto. Il leader della maggioranza al Senato HarryReid (D-Nevada) ha ottenuto denaro per un collega-mento ferroviario ad alta velocità da Los Angeles a LasVegas. Il disegno di legge alla Camera non prevedevanulla in tema di alta velocità ferroviaria, mentre quellodel Senato assegnava 2 miliardi di dollari. La commis-sione del Congresso incaricata di mediare fra lo zero e idue miliardi di dollari, giunse a un “compromesso” di8 miliardi.57 Deve essere stato un record per il Congres-so; di sicuro riflette il potere del senatore Reid.

Oltre a questi stanziamenti taciti, il disegno di leggeaveva molte spese non pertinenti, come ad esempio i246 milioni di dollari in sgravi fiscali per Hollywood ei 198 milioni per gli anziani veterani filippini dellaseconda guerra mondiale, molti dei quali non vivononemmeno negli Stati Uniti.58 Una di queste disposizioninon pertinenti richiedeva che tutte le cartelle clinichefossero informatizzate e rese disponibili al governo e adaltri soggetti privati senza l’opt-out per la privacy. I datisarebbero stati utilizzati dal governo per valutare l’effi-cacia di quanto fatto rispetto al costo delle proceduremediche, il che avrebbe facilitato il controllo del gover-no sul settore medico.

Questa disposizione, come altre, non aveva niente ache fare con lo stimolo per l’economia. Era sepoltaall’interno dell’enorme disegno di legge proprio perevitare un dibattito trasparente al riguardo.

Il disegno di legge iniziale che uscì dalla Camera deirappresentanti vedeva un 40 per cento di spesa fissatoper il 2011 e gli anni a seguire, quando presumibilmen-te la crisi sarebbe stata già superata. I critici lo ritennerostrano. Certo, dimenticavano che il 2012 sarebbe statoun anno elettorale per il Congresso, una cosa che invecei redattori del disegno di legge alla Camera avevano ben

279

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

5577.. Weekly Standard, 23 febbraio 2009, p. 5.5588.. Washington Times, 2 febbraio 2009, p. 35.

chiara in mente. Tre repubblicani che votarono al Sena-to per il disegno di legge ridussero la spesa “extra” acirca il 25 per cento.59 I leader democratici del Congres-so promisero che lo Stimulus Act avrebbe creato quasiquattro milioni di posti di lavoro. Ovviamente, questecifre erano più o meno campate in aria. Ma anche se fos-sero state vere, il costo sarebbe stato di più di 200.000dollari per posto di lavoro,60 quattro volte quello checosta creare un’occupazione di livello medio nell’econo-mia privata. Naturalmente, una volta terminanti i soldipubblici, solo il tempo ci potrà dire qualcosa a proposi-to della qualità e della durata di tali posti di lavoro.

viii. Perché dovremmo aspettarci una maggiore occupazione?Mettendo da parte la peculiare definizione di Key-

nes di domanda e la sua matematica ancor più peculia-re, possiamo dire che uno stimolo fiscale accresce dav-vero la domanda (nel senso convenzionale di potered’acquisto economico)? E riduce in tal modo la disoc-cupazione? La risposta dipende, in parte, dalla prove-nienza del denaro. Se deriva dalla tassazione dei piùabbienti, dobbiamo prestare attenzione a ciò che lo stes-so Keynes (prima della Teoria generale) disse:

[Se…] la tassazione [… fosse] fatta ricadere [… non]sull’intera comunità […] ma [solamente] sui [ricchi]datori di lavoro allora non dovremmo stupirci se illivello di occupazione e produzione fosse inferiore aquello che dovrebbe essere.61

Se la spesa pubblica è finanziata ricorrendo alla tas-sazione dei ricchi, allora ci si deve chiedere cosa questepersone avrebbero fatto di diverso con il proprio dena-ro. Se, invece, il denaro viene preso in prestito da Statistranieri, dobbiamo chiederci se sarà investito in modotale da generare un flusso di reddito sicuro con cui ripa-gare il debito. Se così non fosse, al momento di resti-

280

Tutti gli errori di Keynes

5599.. Si veda la nota di chiusura VV.6600.. Weekly Standard, 15-20 aprile 2009, p. 14.6611.. Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 13.

tuirlo, si ridurrà la domanda futura. (Con il loro debito,gli Stati Uniti potrebbero anche finanziare senza saper-lo «sottomarini nucleari cinesi […] che spunterannonella Baia di San Francisco per avere un takeaway Sze-chuan decente», come ha detto l’umorista P.J. O’Rour-ke.)62 Se la spesa è finanziata semplicemente con l’emis-sione di nuovo denaro, un probabile esito sarà l’au-mento dell’occupazione sul breve termine, seguito piùtardi da inflazione e da una crisi economica.

Dunque, si tratta davvero di un modo per riavviarela crescita economica? No, secondo Jason Furman, uneconomista che è stato il responsabile di politica econo-mica per Obama durante la campagna elettorale presi-denziale e successivamente è divenuto vice direttoredel White House National Economic Council, il consi-glio nazionale per l’economia. Nel gennaio 2008 Fur-man scrisse che lo stimolo era «un’opzione meno effi-cace». Come disse allora, «la chiave per la crescita eco-nomica è un maggior livello del risparmio e degli inve-stimenti al fine di aumentare lo stock di capitale nell’e-conomia e quindi la sua capacità produttiva».63

ix. La spesa in disavanzo è un “pasto gratis”?Keynes portò la spesa in disavanzo come esempio di

ciò che gli economisti oggi definirebbero un “pasto gra-tis”. È “gratuito” perché la crescita economica risultan-te dovrebbe produrre un maggior gettito fiscale e ulte-riore denaro necessario a ripianare i debiti contratti conlo stimolo. Ma è pura fantasia. Basta chiedere al gover-no giapponese, il cui rapporto fra debito e prodottointerno lordo si è quasi triplicato dallo scoppio dellabolla speculativa a fine anni Ottanta e dall’inizio dellaterapia keynesiana.

x. Lo stimolo può essere interrotto?I romanzieri vittoriani avvertivano che l’indebita-

mento crea dipendenza. Le cose non cambiano se si

281

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

6622.. Weekly Standard, 17 novembre 2008, p. 32.6633.. Brookings Institution Paper, gennaio 2008.

parla di debito pubblico. È facile iniziare, difficile fer-marsi. L’economista Wilhelm Röpke, poco dopo lamorte di Keynes, ammonì contro questo pericolo, avver-tendo che la spesa in disavanzo poteva iniziare per pre-sunte ragioni di politica economica, ma poi si sarebbemantenuta quale opportunità da sfruttare da parte deigruppi di pressione politica. I dati del dopoguerra sta-tunitense, europeo e giapponese lo confermano.

Alcuni economisti di spicco olandesi hanno invoca-to un impegno vincolante, «irreversibile», da parte deigoverni a ripagare i deficit; tuttavia, anche se la cosasarebbe auspicabile, sappiamo tutti che gli impegniassunti da un governo non sono mai vincolanti.64

Il problema fu previsto più di duecento anni fa dal-l’economista James Mill, padre di John Stuart Mill:

Se la predisposizione dello Stato a spendere venisseinnescata dall’opinione che sia giusto spendere, e sevenisse ulteriormente infiammata da [il sostegnopopolare], non ci sarebbe più nessun limite. […] Unasimile illusione [… produrrebbe] le più pernicioseconseguenze.65

Il primo ministro ceco Mirek Topolanek (allora pre-sidente dell’Unione Europea) ebbe il coraggio di dire laverità nel marzo 2009, quando affermò che le spesevolte a rappresentare uno stimolo per l’economia sono«la strada per l’inferno».66

6a. Keynes: non mancano i progetti utili sui quali ilgoverno può spendere

Keynes affermava che qualsiasi spesa effettuata incircostanze economiche disastrose fosse migliore dellatotale mancanza di spesa. La cosa principale è

282

Tutti gli errori di Keynes

6644.. Economist, 21 marzo 2009, p. 60.6655.. James Mill, Commerce Defended, Londra, 1808, capitolo 7, ristampato

in D. Winch (a cura di), Selected Economic Writings of James Mill, Chicago,University of Chicago Press, 1966, p. 140; citato in G. Reisman, Capitalism,Ottawa (IL), Jameson Books, 1990, p. 888.

6666.. AP News, 25 marzo 2009, http://www.yahoo.com.

fare in modo che il denaro venga speso.67

Sarà sempre difficile far sì che

le teste dure68

convengano sul fatto che un determinato progettosia valido e legittimo, ma in verità abbiamo abbondan-za di progetti con queste caratteristiche.

Le strade, ad esempio, sono una buona scelta, e piùspecificamente a Keynes piaceva la proposta di costrui-re un «largo viale» lungo la zona meridionale del Tami-gi. Gli piacevano anche i progetti abitativi e si chiedevaperché non si abbattesse tutta la zona sud di Londra persostituirla con

case migliori.69

In generale, come abbiamo osservato nel capitolo suisuoi valori personali, a Keynes piacevano sempre i pro-getti che combinavano arte e commercio per produrrequalcosa che fosse al contempo bello e utile.

6b. Commentii. La spesa per stimolare l’economia, per essere efficace, deveessere immediata. Ma i progetti utili non possono esseregestiti in modo affrettato

L’economista George Reisman ha sottolineato comeKeynes avesse situato l’asticella dei progetti di spesa diutilità pubblica un po’ troppo in basso. Dal momento che«la costruzione di piramidi» e il dissotterrare «biglietti dibanca [infilati] in vecchie bottiglie» sepolte dal Tesoro inminiere di carbone «possono servire ad accrescere la ric-chezza»,70 praticamente ogni altro progetto scelto dalgoverno sarebbe sembrato valido se posto a confronto.71

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

6677.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 3376688.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 60.6699.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 153-154.7700.. Keynes, General Theory, p. 129.7711.. Reisman, Capitalism, p. 888.

Questa era essenzialmente la posizione di Keynes:spendere in qualsiasi direzione. Qualunque spesa, sefatta abbastanza velocemente, era meglio del non spen-dere. Keynes fu obbligato ad assumere questa posizio-ne perché sapeva bene che la fase di progettazionerichiedeva tempo, molto tempo, mentre durante unarecessione il senso dello stimolo stava tutto in un inter-vento tempestivo nell’economia. Sfortunatamente, gliesempi di progetti di opere pubbliche addotti da Key-nes, lasciando perdere quello delle piramidi, non hannolo stesso requisito d’urgenza.

Si prenda l’appoggio da lui dato alla proposta (di cuidice di aver sentito parlare) di creare un nuovo e ampioviale nella zona sud del Tamigi, a Londra. Un progettodi tale scala e complessità richiederebbe anni di proget-tazione, molto meno per l’esecuzione. A una simileobiezione, Keynes avrebbe potuto rispondere che laprogettazione poteva sempre essere fatta anticipata-mente, nei periodi di congiuntura favorevole, in modoche il progetto fosse pronto all’uso quando ce ne fossestato bisogno. Certamente, anche solo l’acquisizione deiterreni privati avrebbe richiesto tempi lunghi e senzadubbio sarebbe andata incontro a contenziosi legali.

Nel 2008 il presidente Obama ha parlato di spesapubblica per la ricerca e la produzione di energie alter-native volte a ridurre la dipendenza americana dalpetrolio straniero, in gran parte controllato da regimiostili. È un’idea che si è dimostrata subito molto popo-lare, ma che rappresenta anche un tipo di progetto cheha bisogno di molti anni per essere attuato corretta-mente. Se perseguito con troppa fretta, infatti, c’è addi-rittura il rischio di bloccarsi su standard e tecnologie diqualità ed evoluzione inferiori, perché non ci sarebberotempi di sviluppo adeguati. Come regola generale, piùl’“investimento” pubblico è affrettato, più è probabileche si dimostri uno spreco di denaro stanziato per sod-disfare le esigenze di determinati politici o riversato perfavorire gli interessi di gruppi di pressione o collegielettorali.

284

Tutti gli errori di Keynes

ii. Solo una parte della spesa per lo stimolo fiscale “stimola”effettivamente l’economia

Nel caso dei progetti pubblici degli Stati Uniti, ingenerale, solo un quarto del denaro viene speso, inmedia, nello stesso anno in cui il Congresso lo stanzia.72

Quando viene speso, in gran parte il denaro va a libropaga. L’ammontare delle retribuzioni è più elevato chenel settore privato a causa delle regole che obbligano ilgoverno a ricorrere a manodopera sindacalizzata o, insua assenza, al pagamento degli standard sindacali piùelevati.

I lavoratori che ricevono il denaro extra del governonon lo spendono tutto. Durante una crisi economica,cercheranno di ripagare i debiti oppure, se possibile, dimetterne un po’ da parte. Anche se spendono questodenaro, potrebbero farlo per l’acquisto di merci piùconvenienti e importate. Così, per ogni dollaro spesodal governo, solo una parte di esso può dirigersi sulrilancio dell’economia nazionale. Inoltre, tali spesepotrebbero palesarsi in anni in cui la crisi economicapotrebbe essere stata già superata e la “domanda”aggiuntiva potrebbe fare più male che bene.

iii. È meglio stimolare l’economia con tagli alle imposte?Se lo stimolo non può essere messo in atto con tempi

brevi senza sacrificare la qualità dei progetti seleziona-ti, perché non stimolare l’economia con tagli alle impo-ste piuttosto che con la spesa pubblica? Questa propo-sta, sostenuta dai cosiddetti supply-sider e dalla maggiorparte dei repubblicani, fa sì che i soldi vengano spesivelocemente. Ma, rispondono i keynesiani e la maggio-ranza dei democratici, cosa succede se i tagli vengonomessi tutti in risparmi o utilizzati per ripagare i debiti?

Sebbene supply-sider e keynesiani, e repubblicani edemocratici, differiscano su questo e altri punti impor-tanti, dobbiamo rilevare che entrambi approvano ilricorso alla spesa in disavanzo. Entrambi, inoltre,

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

7722.. Dick Morris - Eileen McGann, 11 dicembre 2008, http://www.town-hall.com.

approvano l’idea di un governo che stampa ed emettenuovo denaro per manipolare l’offerta di moneta e illivello dei tassi d’interesse. A conti fatti, le somiglianzesuperano le differenze e i supply-sider repubblicani pos-sono essere considerati correttamente degli apostatikeynesiani. Almeno in economia, è ragionevole soste-nere che non ci siano due partiti politici in America, mapiuttosto un unico partito con due diramazioni.

7a. Keynes: l’impatto della spesa pubblica duranteuna depressione economica viene amplificato dal«moltiplicatore d’investimento o occupazione»

Il moltiplicatore keynesiano nasce dall’osservazioneiniziale per cui una persona impiegata da poco inizia aspendere di più. Questa spesa, a sua volta, contribuiràall’assunzione di altro personale. L’occupazione porta aulteriore occupazione, proprio come la disoccupazioneporta a ulteriore disoccupazione. Se un’economia è vici-na alla piena occupazione, la spesa di una singola per-sona da poco impiegata non ha molta importanza. Se ladisoccupazione è diffusa, però, ogni singolo incremen-to di nuova occupazione e nuova spesa avrà un’impor-tanza molto maggiore.

Keynes fornisce un esempio in cui 5.200.000 personerisultano occupate. Tramite un programma governativodi opere pubbliche vengono creati 100.000 nuovi posti dilavoro, i quali, poi, portano ad ancora altri nuovi posti,fino a quando l’occupazione totale tocca i 6.400.000, perun totale di 1.200.000 posti di lavoro in più. In questocaso, il moltiplicatore d’occupazione è 12.73

Anche se l’effettivo moltiplicatore può variare, essodovrebbe essere

per lo meno tre o quattro volte74

la spesa per le opere pubbliche.Il concetto di moltiplicatore è dubbio, perché confu-

286

Tutti gli errori di Keynes

7733.. Keynes, General Theory, p. 127.7744.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 326.

ta l’obiezione per cui la spesa per le opere pubblichenon sarà mai ampia abbastanza da fare la differenza inun’economia sviluppata. Come dice Keynes:

Anche le opere pubbliche di dubbia utilità possonorendere parecchie volte il loro costo in tempi di gravedisoccupazione, non foss’altro che per il minor costodella spesa in sussidi.75

7b. Commentii. Cattivo uso della matematica

Il moltiplicatore di Keynes è forse il suo concetto piùconosciuto, anche se in realtà è stato sviluppato dal suoallievo (e successivamente amministratore fiduciario)Richard Kahn. Si tratta di un esempio da manuale diuso improprio della matematica per fare in modo cheuna cosa incerta sembri il contrario.

L’idea che una determinata quantità d’investimentoavrà un maggiore impatto su un’economia nella faserecesiva del ciclo economico rispetto a quella espansivaha un senso. Wesley C. Mitchell avanzò questa teorianel suo libro del 1913, Business Cycles. Nulla di tutto ciòè però prevedibile, meccanico o adattabile a una equa-zione matematica.

Né dovremmo aspettarci una “moltiplicazione” se lerelazioni economiche di base sono distorte. Se, per esem-pio, molte imprese stanno andando incontro alla banca-rotta perché i salari sono troppo alti rispetto ai prezzi o sel’economia è bloccata da crediti inesigibili, non dovrem-mo aspettarci proprio nessuna “moltiplicazione”. Se (esolo se) le condizioni sono corrette nel punto più bassodel ciclo, la prima ondata di nuovi investimenti dovrebbeportare a ulteriori investimenti e a un’eventuale ripresa.Data la complessità e la totale incertezza che circonda levariabili, l’economista Benjamin Anderson ha affermatoche anche il concetto di moltiplicatore originariamenteproposto da Mitchell sia «sterile».76

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

7755.. Keynes, General Theory, p. 127.7766.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 194.

Keynes ignorò tutto ciò. Prese l’equazione matema-tica di Kahn (precedentemente chiamata “moltiplicato-re dell’occupazione”) e la ribattezzò “moltiplicatored’investimento”. E lo fece nonostante il fatto che il suomoltiplicatore riguardasse la spesa e non l’investimen-to. Presumibilmente, investimento suonava meglio chespesa, quindi perché preoccuparsi della precisione dellaterminologia?

ii. Quantificare il non quantificabileCome è arrivato Keynes a quantificare il non quanti-

ficabile? In primo luogo, ha formulato una supposizio-ne su quanto spenderebbero le persone e quanto rispar-mierebbero del loro reddito, e ha espresso questa sup-posizione in forma di percentuale, chiamandola «pro-pensione marginale al consumo». Le percentuali diKeynes sono in gran parte campate in aria, ma in que-sto caso egli si rifà ad alcune statistiche statunitensi diSimon Kuznets (di quelle statistiche egli ne accetta peròsolo alcune, mentre altre le liquida come

molto incerte,77

senza offrire spiegazioni).Dopo aver determinato arbitrariamente la propen-

sione marginale al consumo, dice che essa è

di importanza considerevole, perché indica in qualmodo il prossimo incremento di produzione dovràdividersi tra consumo e [risparmio].78

Si noti l’uso della parola «dovrà». Come ha osserva-to Henry Hazlitt, questo verbo suggerisce che una sem-plice supposizione di Keynes in qualche modo sia stataelevata al rango di legge di ferro, in grado di determi-nare come si comporteranno effettivamente le persone.Keynes si riferisce a questa legge come a una

288

Tutti gli errori di Keynes

7777.. Keynes, General Theory, p. 128.7788.. Keynes, General Theory, p. 115.

legge psicologica fondamentale.79

Per farla breve, alla fine si arriva alla conclusioneche se la propensione marginale al consumo è del 90per cento, allora il moltiplicatore sarà 10. Ciò significache il denaro fornito dal governo per stimolare l’eco-nomia andrà per prima cosa a un gruppo di lavoratoriche ne spenderà il 90 per cento. La seconda tornata dispesa andrà a un altro gruppo di lavoratori che nespenderà il 90 per cento, e così via; fin quando, allafine, la catena di spesa si esaurirà per motivi che Key-nes non spiega chiaramente. Il risultato netto sarà cheuna somma iniziale Y spesa dal governo porterà a10(Y) di spesa generale.

iii. Meglio controllare le clausoleTutto questo assume implicitamente che il 10 per

cento non speso venga messo sotto qualche tipo dimaterasso. Non è conveniente pensare che questi soldipossano invece essere investiti e che anche i fondi inve-stiti vengano spesi, perché se viene speso il 100 percento dei fondi, il moltiplicatore matematico si autodi-strugge diventando infinito. Persino Keynes avrebbedovuto convenire sul fatto che un moltiplicatore infini-to è «molto incerto», per usare una delle sue espressio-ni preferite.80

iv. C’è qualche prova a sostegno della versione di Keynes delmoltiplicatore?

Se il moltiplicatore keynesiano esista davvero è anco-ra argomento di discussione fra gli economisti. GeorgeReisman lo liquida come «del tutto fallace».81 Anche glieconomisti Paul Samuelson e William Nordhaus, keyne-siani e autori di un manuale d’economia popolarissimo,riconobbero che «non è stata ancora presentata nessunaprova del fatto che il moltiplicatore [keynesiano] sia

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Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

7799.. Keynes, General Theory, p. 96.8800.. Si veda la nota di chiusura WW.8811.. Reisman, Capitalism, p. 888.

maggiore di 1»,82 benché loro pensassero che lo fosse.Gli economisti che cercano di trarre da dati statistici

i risultati effettivi del moltiplicatore, di solito arrivano amoltiplicatori di molto inferiori al minimo di «tre oquattro volte» previsto da Keynes. Alcuni keynesiani,guardando indietro, hanno stimato che il moltiplicatoredegli anni Trenta non fosse di molto al di sopra di 1.83

Esiste anche un ampio dibattito sul fatto che i taglifiscali possano o meno produrre un moltiplicatore piùelevato di quello della spesa pubblica. Questo punto èimportante perché la presunta esistenza del moltiplica-tore è stata utilizzata per sostenere la decisione di sti-molare l’economia tramite la spesa pubblica. Se esisteuna moltiplicazione, ma se i tagli alle imposte moltipli-cano in modo migliore, beh, allora va in pezzi la moti-vazione che sostiene la strategia degli investimentipubblici diretti come stimolo.

Christina Romer, a capo del Council of EconomicAdvisors sotto la presidenza Obama, ha studiato i taglifiscali dal 1947 al 2005 e ha rilevato che un taglio pariall’1 per cento del prodotto interno lordo ha stimolatotre volte tanto la crescita del Pil, ma solo se il tagliofiscale è stato permanente e non temporaneo.84 Il cherisponde alla visione delle “aspettative razionali”,secondo la quale, per essere efficace, la spesa per stimo-lare l’economia deve persuadere produttori e consuma-tori a iniziare a spendere il proprio denaro, cosa chemisure temporanee non possono riuscire a fare.

L’economista Mark Zandi ha stimato il moltiplicato-re sui buoni alimentari e i sussidi di disoccupazione,entrambi aiuti che possono essere spesi immediata-mente e difficilmente vengono risparmiati, a 1,73x e1,63x rispettivamente.85 Anche Christina Romer ha pub-blicato studi nei quali si ipotizza un moltiplicatore di

290

Tutti gli errori di Keynes

8822.. Paul Samuelson - William Nordhaus, Economics, New York, McGrawHill, 1989, p. 167.

8833.. Roger Middleton, 1985, in Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol.2, The Economist as Savior 1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 475.

8844.. Forbes, 16 febbraio 2009, p. 34.8855.. Bloomberg News, 18 dicembre 2009, p. 34.

1,57x per la spesa di stimolo.86 Ma il noto economistaGary Becker ha risposto che le prove dietro alla conclu-sione della Romer erano così esili da essere inesistenti.Lui e il collega economista Kevin Murphy, invece, ave-vano ipotizzato che il moltiplicatore della spesa di sti-molo fosse inferiore a 1.87

v. Il disavanzo di spesa come stimolo non corrisponde a unapolitica razionale

In conclusione, l’affermazione di Keynes per laquale il disavanzo di spesa per stimolare l’economia siripaga da sé grazie al

minor costo della spesa in sussidi88

appare, a posteriori, come un vero e proprio deside-rio, e nulla più. Pure la prima parte dell’affermazione,per cui anche

opere pubbliche di dubbia utilità89

ripagano se stesse grazie al moltiplicatore non sem-bra del resto più credibile.

Questa enfasi tipicamente keynesiana sulla quantità,e non sulla qualità, degli investimenti, sulla semplicespesa, completamente finanziata dal debito, è una for-mula per ottenere solo spreco. È quel tipo di ragiona-mento che ha portato gli Stati Uniti a indebitarsi percostruire case troppo grandi o non necessarie durante labolla immobiliare. Ancor peggio, li ha portati a indebi-tarsi con la Cina, al fine di acquistare a buon mercatobeni di consumo cinesi che finiranno in una discaricamolto prima che il debito venga ripagato. Alla fine, lospreco nello spendere può portare solamente allapovertà, non alla ricchezza.

A tale riguardo, lascerò l’ultima parola a John Coch-

291

Durante una crisi economica, spargere i semi della prossima crisi

8866.. Arnold Kling, Muddled Multipliers, gennaio 2009, Cato Institute.8877.. Mary O’Grady, 21 marzo 2009, http://www.wallstreetjournal.com8888.. Keynes, General Theory, p. 127.8899.. Keynes, General Theory, p. 127.

rane, professore alla University of Chicago BusinessSchool, che abbiamo già menzionato:

L’idea che la spesa [pubblica] possa stimolare l’econo-mia ha perso credito decenni fa. […] In periodi distress è molto confortante tornare alle fiabe che abbia-mo ascoltato da bambini, ma questo non le rende piùcredibili.90

292

Tutti gli errori di Keynes

9900.. Bloomberg News, 27 febbraio 2009.

1a. Keynes: le contrazioni economiche non si curanoda sole

È un errore gravissimo pensare che una macchinaeconomica mal funzionante possa essere lasciata a sestessa. L’economia non possiede, come invece pensanogli economisti “classici”, la

facoltà di riequilibrarsi da sé;1

non si ripara da sola.2 Al contrario, senza l’interven-to dello Stato, i mercati presentano una maggiore pro-babilità di assestarsi verso il basso e di stabilire unanuova

posizione di equilibrio […] capace di rimanere per unperiodo notevole in una condizione cronica di attività[e occupazione] inferiore al normale.3

1b. Commento: persino i keynesiani riconoscono cheKeynes si sbagliava

Questa è una delle idee più famose di Keynes, vale adire che i mercati non si correggono da sé, che con il

293

11.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 267.

22.. Keynes, General Theory, p. 267.33.. Keynes, General Theory, p. 249.

Capitolo 16

I mercati si auto-correggono

tasso del 25 per cento di disoccupazione raggiuntonegli Stati Uniti durante la Grande Depressione essiavrebbero potuto semplicemente bloccarsi lì, all’infini-to, se non ci fosse stato l’intervento del governo. Comeabbiamo visto nell’ultimo capitolo, il presidente Obamariecheggiò Keynes nel 2009, quando disse che se un’e-conomia cade troppo in basso può non riprendersi.

Ci sono moltissime cose da dire su questo punto e leanalizzeremo nel resto del capitolo. Per ora è sufficien-te dire che il concetto di un equilibrio di depressione èuna contraddizione in termini. E lo stesso Keynes sicontraddice in vari passaggi, per cui anche i suoi piùferventi sostenitori presto l’hanno abbandonato.

La nozione di equilibrio economico in condizioni didepressione è una contraddizione in termini per ilmodo stesso in cui viene definito l’equilibrio in econo-mia. Abbiamo equilibrio quando tutte le parti di un’e-conomia si intrecciano perfettamente. E questo non puòcerto essere il caso di una disoccupazione al 25 percento. Presumibilmente, Keynes intendeva che i merca-ti, lasciati a se stessi e ai propri meccanismi, non eranoin grado d’intraprendere le azioni necessarie a correg-gere il problema o semplicemente non rientrava nelleloro caratteristiche il farlo. Ma lo stesso Keynes altrovericonosceva che in realtà poteva anche succedere.4

Franco Modigliani, Paul Samuelson, James Tobin eDon Patinkin furono alcuni fra i più importanti keyne-siani del periodo postbellico. In un testo del 1944, scrittoprima della morte di Keynes, Modigliani dimostrò che laprincipale supposizione di Keynes in merito alla disoc-cupazione (che fosse causata dalla mancanza d’investi-mento, la quale a sua volta rispecchiava tassi d’interessetroppo alti) era normalmente sbagliata. Come scrisse:

È vero che un ridotto livello di occupazione e un ridot-to livello d’investimento vanno di pari passo, ma que-sto non è, in generale, il risultato di una relazione cau-sale. È vero, invece, che il basso livello d’investimento

294

Tutti gli errori di Keynes

44.. Keynes, General Theory, p. 65.

e la disoccupazione sono entrambi effetti della stessacausa, vale a dire [uno squilibrio all’interno dell’eco-nomia fra salari e prezzi].5

Dal momento che i salari sono solamente uno deimolti prezzi, questo significa che la disoccupazione ècausata da uno squilibrio dei prezzi. Se la funzione pri-maria dei mercati è quella di portare i prezzi in unasituazione di equilibrio, non ha alcun senso affermareche i mercati non sono in grado di correggere la disoc-cupazione. Come disse nel 1948 un altro keynesiano,Don Patinkin, riferendosi ai lavori di Modigliani e dialtri, «si dovrebbe ormai riconoscere definitivamenteche [il concetto di un equilibrio di disoccupazione] èuna nozione indifendibile».6

2a. Keynes: l’argomentazione “classica” per i salariflessibili

Gli economisti “classici” ritenevano che le economiesi potessero auto-regolare; di conseguenza consigliava-no ai governi che affrontavano una depressione di nonfare nulla. Ma (secondo la visione di Keynes) questonon far nulla significava, in realtà, abbassare i salari.

Queste due posizioni, non far nulla e abbassare isalari, non necessariamente erano incoerenti. Gli econo-misti “classici” pensavano che i mercati che soffrivanoper una depressione avrebbero fatto abbassare i salarisenza interventi esterni. L’azione del governo volta aottenere questo non era né necessaria né auspicabile.

Quale era il fondamento logico dietro a questo tipo dipolitica? Forse i lavoratori non soffrivano già abbastan-za durante una depressione a causa della perdita dellavoro? Perché bisognerebbe ritenere auspicabile uncalo dei salari? La risposta “classica” (quella risposta che

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I mercati si auto-correggono

55.. Franco Modigliani, “Liquidity, Preference, and the Theory of Interests,and Money”, Econometrica, gennaio 1944, pp. 45-88.

66.. Don Patinkin, “Price Flexibility and Full Employment”, American Eco-nomic Review, 1948, riveduto in Reading in Monetary Theory, p. 279 e citatoanche in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Keynesian Economics, NewYork, D. Van Nostrand, 1960, p. 398.

venne insegnata a Keynes in gioventù) è la seguente.Durante una recessione, la gente compra meno. Ciò

riduce le entrate economiche. Dal momento che leentrate crollano per prime, prima delle spese, crollano iprofitti. I titolari allora lasciano a casa i dipendenti, perridurre i costi e ristabilire la redditività. Se, invece, cala-no i salari, la redditività può essere ristabilita senzalicenziamenti.

Ciò è particolarmente necessario quando i prezzi ini-ziano a crollare in maniera generalizzata in tutta l’eco-nomia. Se le persone riducono in maniera così signifi-cativa le spese da far sì che quasi tutti i prezzi crollino,molto difficilmente si potranno avere entrate sufficien-ti. Non solo verranno vendute meno cose, ma ognunadi esse sarà venduta a un prezzo inferiore. In simili cir-costanze, se i salari non scendono assieme ai prezzi, leattività economiche di sicuro andranno incontro allabancarotta. D’altra parte, se calano sia i prezzi che isalari, i lavoratori non dovrebbero risentirne troppo.Infatti anche se i loro salari sono più bassi possonoacquistare i prodotti di consumo a prezzi inferiori.

Keynes conveniva sul fatto che l’abbassamento deisalari assieme al calo dei prezzi potesse salvare i postidi lavoro durante una depressione. Eppure, nonostantequesto, era fortemente contrario a una riduzione deisalari, per una varietà di ragioni differenti.

2b. Commentii. La descrizione fatta da Keynes dei salari flessibili non ècompleta

Come abbiamo osservato in precedenza, non esisteun gruppo omogeneo di economisti “classici”. Se guar-dassimo a John Stuart Mill come all’economista piùimportante del diciannovesimo secolo nel mondo anglo-sassone, dovremmo dire che la riduzione dei salari nonera la cura per la disoccupazione. Per ottenere la massi-ma occupazione, avrebbe detto Mill, bisogna che tutti iprezzi siano nel giusto equilibrio, determinato dalladomanda e dall’offerta di mercato. L’essere in equilibrioè un aspetto particolarmente importante per i salari.

296

Tutti gli errori di Keynes

ii. Keynes non critica direttamente il concetto di salari flessibiliCome rileva Henry Hazlitt, Keynes non contesta la

logica dei salari flessibili

in modo diretto con una qualche argomentazionecoerente e netta. [È difficile... ] negare quello che èdivenuto negli ultimi due secoli il principio più fer-mamente consolidato dell’economia – vale a dire, chese il prezzo di una merce o servizio viene mantenutotroppo alto (al di sopra del punto di equilibrio) qual-cuna di quelle merci o qualcuno di quei servizi rimar-rà invenduto. E questo è vero sia che si tratti di uova,formaggio, cotone, Cadillac o manodopera. Quando isaggi salariali sono troppo elevati c’è disoccupazione.Ridurre la miriade di saggi salariali ai loro rispettivipunti di equilibrio di per sé potrebbe non essere unpasso sufficiente verso il ripristino della piena occupa-zione (perché ci sono altri possibili disequilibri chedevono essere tenuti in considerazione), ma è unpasso assolutamente necessario.

E questa è una verità elementare e ineluttabile cheKeynes, con una incredibile dimostrazione di cavillosi-tà, irrilevanze e complicati offuscamenti, cerca di con-futare.7

3a. Keynes: una politica di salari flessibili necessita ditroppo tempo e causa troppi danni sociali

Anche se in ultima analisi si tratta di una misura disuccesso, la politica della riduzione dei salari impiegatroppo tempo per guarire la disoccupazione nel corsodi una recessione.

Nel 1930 Keynes scrisse:

La risposta corretta [alla grave disoccupazione] secon-do linee guida austere è la seguente: una riduzione deisalari del 10 per cento allevierà la disoccupazione inun arco di tempo di cinque anni. Nel frattempo biso-gna stringere i denti e resistere. Se non si riesce a far

297

I mercati si auto-correggono

77.. Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, New Rochelle (NY),Arlington House, 1978, p. 263.

ciò, però, e se si è pronti a qualche correzione del lais-sez-faire [vale a dire, se si è pronti a lasciare che ilgoverno si occupi dell’economia in diversi modi], allo-ra si può sperare di farcela prima. Si potrebbe ancheessere più ricchi […] nell’arco di quei cinque anni.Inoltre, si potrebbe scoprire di aver evitato in questomodo una catastrofe sociale.8

3b. Commentii. La caricatura di Keynes ribalta le cose

I dati storici contraddicono nettamente Keynes. Infat-ti, suggeriscono che, se si desidera uscire in fretta da unadepressione, il modo migliore è lasciare che il sistema deiprezzi ne esca da sé. Gli economisti come John StuartMill avevano ragione. Se i prezzi scendono, i salari devo-no calare. In tal caso, i posti di lavoro saranno protetti e ilavoratori non perderanno potere d’acquisto.

ii. I salari flessibili hanno contribuito a curare la depressionedel 1921

La depressione del 1921 degli Stati Uniti ha registratoil più radicale abbattimento di prezzi mai avvenuto,superiore persino a quello della Grande Depressione. Trail 1920 e il 1922 i prezzi del commercio all’ingrosso sce-sero del 38 per cento in media. Crollarono anche gliimporti orari degli stipendi, in media di un 11 per cento.9

I lavoratori che persero il lavoro soffrirono terribil-mente. Quelli che lo conservarono poterono in mediaguadagnarci, perché i prezzi erano scesi più dei salari,il che significava che i salari dei lavoratori potevanopermettere di acquistare di più rispetto a prima.10 In ter-mini reali (corretti in rapporto ai prezzi) i salari mediorari aumentarono. Tuttavia dal momento che era statoconcesso ai salari nominali di scendere liberamente siristabilì un rapporto proficuo tra prezzi e salari in un

298

Tutti gli errori di Keynes

88.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theoryand After: Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1973, p. 199.

99.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, pp. 258-259.1100.. Si veda la nota di chiusura XX.

tempo molto breve, poco più di un anno. Come si èdetto nel capitolo 15, non vi fu nessun danno perma-nente e sia i prezzi sia i salari cominciarono presto aritornare ai livelli precedenti.

iii. Perché la ripresa fu meno vigorosa in Gran BretagnaLa ripresa si produsse maggiormente negli Stati

Uniti rispetto alla Gran Bretagna, dove la disoccupazio-ne rimase un problema per gran parte degli anni Venti.La spiegazione usuale è che l’industria britannica nelsuo insieme era antiquata. Le sue strutture erano vec-chie e la tecnologia non era al passo coi tempi. Ma ilvero problema stava nel livello dei salari.

Saggi salariali inferiori in Gran Bretagna avrebberocreato maggiori profitti, in modo sufficiente a consenti-re di investire per nuovi impianti e tecnologie. Questo,a sua volta, avrebbe portato ad avere prodotti con prez-zi inferiori, più esportazioni e a riprendere le assunzio-ni. Invece, generose indennità di disoccupazione e sin-dacati forti permisero di mantenere alti i salari, ma pro-dussero anche milioni di disoccupati.

iv. Salari non flessibili e in aumento allungarono e aggrava-rono la Grande Depressione

Il crollo economico del 1929 portò negli Stati Unitiuna nuova ondata di calo dei prezzi. Alla volta del 1933,i prezzi erano scesi del 23 per cento.11 Prima Hoover epoi Roosevelt fecero di tutto per impedire ai salari dicrollare insieme ai prezzi. Pensavano, erroneamente,che la riduzione dei salari sarebbe stata un danno perl’economia.

Il National Recovery Act rese illegali le riduzioni sala-riali e introdusse anche altri controlli sui prezzi. In uncaso del 1934, divenuto famoso, un lavoratore immi-grato del New Jersey, Jacob Maged, venne incarceratoper tre mesi con l’accusa di aver stirato un vestito per 35centesimi invece che per i 40 prescritti dalla legge. IlWagner Act rafforzò notevolmente i sindacati dei lavo-

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I mercati si auto-correggono

1111.. Forbes, 16 marzo 2009, p. 106.

ratori (l’iscrizione ai sindacati triplicò in poco tempo) eintrodusse anche i salari minimi e gli straordinari.

Non sorprende che durante la Depressione (1931-1939) i salari siano aumentati del 24 per cento in termininominali e del 32 per cento in termini reali. Gli econo-misti Harold L. Cole e Lee E. Ohanian, rispettivamentedella University of Pennsylvania e della UCLA, stimanoche alla fine degli anni Trenta i salari del settore mani-fatturiero fossero di un 20 per cento al di sopra delleattese per il secolo nel suo complesso.12 Il risultato fu unsistema d’occupazione a tre livelli. C’erano milioni didisoccupati che erano stati gettati effettivamente inpasto ai lupi, lavoratori dipendenti che potevano averedi più, e non meno, in tempi così duri e lavoratori sin-dacalizzati che avevano sia la sicurezza del lavoro siagrandi aumenti salariali.

v. Il sistema dei prezzi venne ostacolato in altri modiDurante tutta l’amministrazione Roosevelt i tassi

d’interesse furono estremamente bassi. C’era abbon-danza di liquidità. A questo si aggiungeva la spesa perle opere pubbliche. Ma il sistema dei prezzi veniva con-tinuamente ostacolato in modi grandi e piccoli. HerbertHoover addirittura stabilì un’imposta sugli assegni, inmodo da scoraggiare le persone dal firmare assegni inun’epoca in cui le banche erano a rischio. Rooseveltestese tali imposte sui consumi a tutta l’economia, maesse ricadevano pesantemente soprattutto sui poveri.Come abbiamo già osservato, la più grande follia diRoosevelt fu l’imposta sugli utili societari emanata nel1936 e rimossa, nonostante le forti proteste del presi-dente, solamente nel 1938, a seguito dell’impennatadella disoccupazione iniziata nel 1937.

vi. La chiave è il profittoPer capire perché la Grande Depressione durò così a

lungo basta leggere Business Cycles, di Wesley Mitchell

300

Tutti gli errori di Keynes

1122.. Harold Cole - Lee E. Ohanian, Journal of Political Economy, n. 4, vol.112, 2004; si veda anche Wall Street Journal, 16 marzo 2009.

(1913), di cui abbiamo parlato in precedenza nel capito-lo 15. Mitchell spiega che sono i profitti aziendali (e laprospettiva di tali profitti) a guidare l’economia. Se iprofitti sono elevati e le prospettive buone, l’economiae l’occupazione crescono. In caso contrario, l’occupa-zione crolla.

I salari sono solo una parte dell’equazione di profit-to, ma una parte molto importante. In particolare, se iprezzi scendono i salari devono essere flessibili abba-stanza da diminuire con essi, in modo che profitti eposti di lavoro possano essere conservati. Se il sistemadi prezzi e profitti è ostacolato, con salari e spesa pub-blica mobili solamente verso l’alto e tassi d’interessemobili solamente verso il basso, il risultato prevedibilesarà la disoccupazione di massa, causata dagli erroridella politica del governo, ma in modo tale che pochilavoratori o nessuno di loro sarebbero mai in grado dicomprendere.

4a. Keynes: durante una depressione, i salari flessibiliminacciano anche i profitti delle attività economiche

Anche se avessimo la pazienza di aspettare soluzio-ni dal mercato, ci sono buoni motivi per dubitare cheuna riduzione dei salari possa risolvere davvero la que-stione della disoccupazione.

Dobbiamo tenere bene in mente che

la spesa di un uomo è il reddito di un altro uomo.13

Un titolare d’azienda vedrà subito

gli ovvi grandi vantaggi di […] una riduzione dei sala-ri che deve pagare.14

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I mercati si auto-correggono

1133.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, in John May-nard Keynes, Collected Writings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises andPolicies in Britain and America, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1982, p. 145.

1144.. Keynes, BBC Broadcast, 11 gennaio 1933, p. 145.

Ma non vedrà

altrettanto chiaramente gli svantaggi di cui soffrirà sele entrate monetarie dei suoi clienti vengono ridotte.15

Se la spesa dei consumatori cala con i salari, cipotremmo ritrovare in una situazione in cui crollano siala spesa che i salari, in una spirale viziosa verso il basso.Secondo Keynes non c’è nessuna ragione teorica per laquale i salari non possano continuare a precipitare

illimitatamente.16

E questo perché il sistema del libero mercato (laissez-faire) non possiede la

Facoltà di riequilibrarsi da sé.17

4b. Commentii. L’idea di salari che crollano è una sciocchezza

Keynes, come al solito, si limita a dire le cose. Non sipreoccupa di spiegarle, né tanto meno di dimostrarle.Non solo dichiara che i salari, una volta che iniziano ascendere, possono farlo «illimitatamente», ma enfatizzaquesto «illimitatamente» dicendo che gli stipendi pos-sono arrivare addirittura allo

zero.18

L’idea che la gente lavori gratis è palesemente ridi-cola, al punto che non serve nemmeno soffermarsi adiscuterla. Un po’ più avanti, in questo capitolo, affron-teremo l’affermazione contraddittoria di Keynes per

302

Tutti gli errori di Keynes

1155.. John Maynard Keynes, aggiunta al Macmillan Committee Report, inJohn Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethin-king Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1981, p. 289.

1166.. Keynes, General Theory, p. 253.1177.. Keynes, General Theory, p. 267.1188.. Keynes, General Theory, p. 304.

cui, nel mondo reale, i salari non possono diminuireperché i lavoratori non accetteranno mai di vedertagliati i loro stipendi. Se è così allora possiamo anchesmettere di preoccuparci che i salari precipitino ineso-rabilmente verso lo zero.

ii. L’idea che le entrate economiche calino (per la caduta deisalari) è un’altra sciocchezza

Cosa dire dell’affermazione che accompagna la pre-cedente, per la quale i tagli salariali hanno come effettocontrario la riduzione del potere d’acquisto dei lavora-tori, che a sua volta provoca la riduzione delle entrateeconomiche delle attività commerciali? Come ha osser-vato Henry Hazlitt,19 Keynes confonde i saggi salarialicon i salari guadagnati. Se i prezzi scendono senza taglisalariali, le imprese inizieranno a licenziare i lavoratoriin modo frenetico, nel tentativo di evitare il fallimento.In tali circostanze, i redditi aggregati dei lavoratori pre-cipiteranno.

Se invece si lascia che i salari scendano con i prezzi,i profitti saranno protetti, i lavoratori non sarannolicenziati e il reddito complessivo dei lavoratori potràessere molto superiore a quanto sarebbe stato con ilicenziamenti. Come abbiamo appena visto, fino aquando i prezzi scendono più velocemente dei salari, iredditi reali dei lavoratori (corretti per i prezzi) in real-tà possono aumentare.

5a. Keynes: Anche se la riduzione dei salari non è unabuona medicina per una crisi, non significa che unloro aumento sarebbe di aiuto

Prima della Grande Depressione degli anni Trenta,una teoria molto popolare sosteneva che il capitalismoattraversa cronicamente talune crisi perché i lavoratorinon sono retribuiti a sufficienza. Dal momento che nonsono pagati abbastanza, non possono permettersi di com-prare una quantità adeguata delle merci che producono.

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I mercati si auto-correggono

1199.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 5; Hazlitt, The Failure ofThe “New Economics”, p. 267.

Il risultato è che la produzione tende a superare il consu-mo. In gergo economico, vi è un gap di sottoconsumo.

I ricchi proprietari d’imprese colmano parzialmentetale sottoconsumo spendendo in modo prodigo. Masono troppo pochi per colmare questo gap. Il risultato èche il sistema economico arranca. Di tanto in tanto siferma del tutto. Pare che il famoso giornalista WalterLippmann ritenesse che qualcosa del genere fosse statoresponsabile della Grande Depressione:

Il nocciolo del problema [… è stata] un’insufficienzanel potere d’acquisto dei consumatori.20

I presidenti Hoover e Roosevelt probabilmente nonaccettavano la teoria del sottoconsumo, per lo menonon del tutto, ma credevano che un calo dei salarisarebbe stato disastroso per l’economia. Keynes conve-niva sul fatto che i tagli salariali fossero da sconsigliare,ma non approvava gli aumenti. A suo avviso, l’aumen-to dei salari era un elemento positivo nella misura incui andava a incrementare il potere d’acquisto dei con-sumatori e negativo perché andava ad aumentare i costidel lavoro. Con le sue parole, l’incremento dei costi dellavoro porta a una

reazione [meno] ottimistica21

tra gli uomini d’affari. Keynes concludeva che

il risultato netto delle due influenze opposte [a partiredall’aumento dei salari] è una neutralizzazione.22

La migliore strategia durante una crisi, quindi, nonconsisteva nel tagliare gli stipendi, né nell’aumentarli,ma piuttosto nel lasciarli così come erano.

304

Tutti gli errori di Keynes

2200.. Walter Lippmann, Interpretations: 1931-1932, New York, Macmillan,1932, pp. 103-105.

2211.. Keynes, General Theory, p. 264.2222.. John Maynard Keynes, lettera aperta al presidente Roosevelt, New York

Times e Times, in Collected Writings, vol. 21, p. 323.

5b. Commentii. Cosa sfugge alla teoria del potere d’acquisto dei consumatori

Ci sono diverse ragioni per dire che quella sul pote-re d’acquisto dei consumatori è una teoria sbagliata. Èvero che lo stipendio del dipendente del fruttivendolodiviene il reddito del panettiere quando il primo va acomprare il pane dal secondo. È una cosa vera, maanche incompleta.

Tutti i costi di un’attività economica rappresentano ilreddito di un’altra, non solo i salari. Se un costruttored’auto compra delle gomme, quelle gomme costituisco-no il reddito di chi lavora in quel settore, ma anche perchi lavora nella piantagione dove si produce la gomma.Dal momento che i costi di un’attività rappresentano isalari di qualcuno, la logica della teoria del potere d’ac-quisto dei consumatori richiederebbe di aumentare tuttii costi, non solo i salari. Ma ciò, ovviamente, è una follia.Manderebbe in bancarotta tutte le attività economiche.

La teoria del potere d’acquisto dei consumatori pre-suppone, inoltre, che i profitti eccessivi che vanno aicapitalisti non vengano spesi completamente. L’ipotesiè che, per quanto ci possano provare, gli avidi capitali-sti non possono spendere tutti i loro elevatissimi reddi-ti. Anche questo è fuorviante. Gli utili delle attività eco-nomiche che non sono spesi in beni di consumo vengo-no investiti, il che significa che andranno a fluire all’in-terno di spese economiche aggiuntive, comprese quelleper l’assunzione di nuovi dipendenti.

La teoria del potere d’acquisto del consumatore vieneancora insegnata in alcune scuole come la causa princi-pale della Grande Depressione. Come abbiamo visto,Keynes ha solo giocato con essa, insistendo sul pericoloche le riduzioni dei salari producano un calo nei consu-mi e quindi minori entrate per le attività economiche.

ii. L’idea di Keynes per cui la riduzione dei salari riduca siail consumo che i costi aziendali, peggiorando le cose, è un’as-surdità totale

Come abbiamo visto, la riduzione dei salari accom-pagnata alla riduzione dei prezzi non necessariamente

305

I mercati si auto-correggono

riduce i consumi. In questo caso i salari calano proprioal fine di tutelare e proteggere i posti di lavoro e i con-sumi dei lavoratori. Di conseguenza, l’idea che questopeggiori le cose non ha alcun senso. E non sorprendeche Keynes non presenti alcuna prova a sostegno diquesto. Il punto è che i tagli salariali (in particolari con-testi di diminuzione dei prezzi) sono utili, anche se pos-sono non essere l’unico rimedio necessario.

Per esemplificare questo ragionamento in terminipersonali, immaginate di lavorare per una piccolaazienda. Il titolare riunisce il personale e annuncia che iricavi sono in calo a causa di una crisi economica. “Pos-siamo licenziare un terzo di voi o ridurre i salari atutti”, spiega.

Alcuni di voi risponderanno senza mezzi termini,“Prima abbassiamo i profitti”, al che il vostro titolarerisponderà: “Siamo già vicini allo zero. Se ci avvicinia-mo ulteriormente e sbagliamo a fare i nostri calcoli,saremo a corto di liquidi e costretti a chiudere, perchénessuna banca ci concederà prestiti”.

Cosa preferireste in queste circostanze? Sceglierestel’alternativa dei licenziamenti sperando che tocchi aqualcun altro? O accettereste una riduzione generaliz-zata dei salari? Queste sono proprio le domande allequali molte aziende hanno dovuto dar risposta dopo ilcrollo del 2008, così come in occasione di precedenticontrazioni economiche.

iii. Dovrebbe essere evidente che non si può risolvere un pro-blema di prezzi fuori equilibrio congelandoli

Keynes disse che l’aumento dei salari avrebbe potu-to condurre a una reazione meno ottimistica da partedegli uomini d’affari, il che non sarebbe stata una cosautile. Ma in altre occasioni23 egli afferma che anche unariduzione dei salari può essere una minaccia per l’otti-mismo generale. La conclusione logica è che Keynesvuole che i salari siano congelati, né in aumento, né incalo. Dal momento che la depressione economica

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Tutti gli errori di Keynes

2233.. Keynes, General Theory, p. 232.

implica che il sistema dei prezzi non funziona corretta-mente, congelare questo sistema è davvero la cosa peg-giore da fare.

6a. Keynes: tagli salariali uniformi avrebbero piùsenso

Le riduzioni salariali potrebbero essere sostenutecon più efficacia, se potessero essere uguali per tutti ilavoratori.

Keynes osservava che:

Salvo che in una collettività socialista, nella quale lapolitica dei salari è stabilita per decreto, non vi èalcun mezzo di assicurare riduzioni salariali uniformiper ogni categoria di lavoratori. […] Soltanto in unasocietà molto autoritaria, dove potessero venir decre-tate variazioni improvvise, notevoli e generali, unapolitica salariale flessibile potrebbe funzionare consuccesso. La si può immaginare in funzione in Italia[all’epoca fascista], in Germania o in Russia, ma nonin Francia, negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. […] Alrisultato [riduzioni salariali che non siano uguali pertutti] si può arrivare soltanto mediante una serie divariazioni graduali e irregolari, non giustificabilisecondo alcun criterio di giustizia sociale o di conve-nienza economica.24

6b. Commento: riduzioni salariali uniformi nonhanno proprio alcun senso in un sistema di prezziliberi

In questo caso, l’amore di Keynes per le dichiarazio-ni paradossali tocca i suoi livelli più alti. Qui, infatti, cidice che un regime autoritario è flessibile, mentre unregime di mercato non lo è, cosa che, anche per lui, è unossimoro.

Il passaggio citato dimostra anche che Keynes, lostudioso dei mercati, non ha la minima idea di comefunzioni un mercato. L’economista Friedrich vonHayek sottolineò il fatto che i mercati sono sistemi di

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I mercati si auto-correggono

2244.. Keynes, General Theory, pp. 264-267.

scoperta. Scoprono cos’è scarso e cos’è disponibile, e locomunicano attraverso i prezzi. Fattori specifici, poi,vengono organizzati attraverso il sistema dei profittiche interagisce continuamente con i prezzi.

Se un’economia arranca e la disoccupazione è eleva-ta, questo significa che alcuni prezzi sono molto sbilan-ciati rispetto ad altri. Ad esempio, i salari potrebberoessere troppo alti in relazione ai prezzi, perché i prezzisono caduti sotto i primi colpi di una depressione eco-nomica. Ma in tal caso il problema non sta in tutti i sala-ri, né in tutti i prezzi.

Alcune società e alcuni settori potrebbero andarbene, mentre altri potrebbero trovarsi in condizionidisperate. Ciò di cui c’è bisogno è un aggiustamento dispecifici salari e specifici prezzi all’interno delle singolesocietà e, fra di esse, all’interno dei singoli settori, oltreche fra i diversi settori. Questi aggiustamenti non sonoun evento unico. Devono essere un qualcosa di conti-nuo, poiché ogni cambiamento ne porta un altro in unampio susseguirsi di feedback.

In alcuni casi i salari e i prezzi dovrebbero aumenta-re. In altri sarebbe meglio che calassero. Un unicoaggiustamento uguale per tutti non funzionerà mai eanzi peggiorerà solamente le cose. È come se Keynesconsiderasse l’economia alla stregua di un serbatoiod’acqua da riempire o svuotare fino al raggiungimentodel livello ottimale. Ma un’idraulica rozza di questotipo non sistemerà, né coordinerà, proprio un bel nulla.Farà solo un gran pasticcio.

7a. Keynes: da una prospettiva pratica, i salari nonpossono comunque essere tagliati

Qualsiasi siano le argomentazioni teoriche a favore ocontrarie alla riduzione dei salari in momenti di depres-sione economica, si tratta comunque di una stradaimpraticabile.

Nel diciannovesimo secolo i lavoratori accettavanola riduzione dei salari per conservare il proprio posto dilavoro durante una crisi. Oggi non è più così. Oggi ilicenziamenti sono l’unico modo pratico per ridurre i

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Tutti gli errori di Keynes

costi del lavoro, in parte a causa del potere dei sindaca-ti, in parte per i sussidi di disoccupazione, in parte peril cambiamento delle aspettative.

7b. Commento: l’idea che i salari non possano esseretagliati in generale non è vera, benché lo possa esserein alcuni settori o in alcune imprese sindacalizzate

Nella misura in cui partecipano alla divisione degliutili o a sistemi di bonus integrativi, i lavoratori accet-tano una paga variabile senza alcuna obiezione. Biso-gna ammettere che la partecipazione agli utili non èuna strategia comune, ma i bonus sì. (Ironia della sorte,a seguito degli attacchi del 2009 contro i ricchi premicorrisposti dalle banche aiutate dal governo, quellestesse banche hanno ridotto i bonus e aumentato lo sti-pendio base. Risultato: il sistema di compensazione neisettori sostenuti dal governo è diventato meno flessibi-le, rendendo le società più vulnerabili alle recessioni eaumentando la loro probabilità di fallire.)

Ma cosa preferiscono davvero i lavoratori? Davantialla scelta tra un licenziamento o un possibile taglio deisalari, sceglieranno davvero quest’ultimo? È difficile dadire. Le indennità di disoccupazione sono un fattoreimportante. In alcuni paesi europei, esse si estendonofino a un massimo di cinque anni, anche se la tendenzaè stata quella di ridurle.

La sindacalizzazione è un altro fattore piuttostocomplicato. I lavoratori sindacalizzati negli Stati Uniti,presi come gruppo unico, secondo le stime statistichedel Bureau of Labor, guadagnano il 30 per cento in piùrispetto ai loro colleghi non sindacalizzati. Di norma leloro retribuzioni sono anche più difficili da ridurre. Adesempio quando la General Motors si avviava al falli-mento, non fu mai seriamente discussa l’ipotesi di taglisalariali, né tanto meno fu attuata. A quanto pare laUnited Auto Workers preferiva ancora un’estesa perdi-ta di posti alle riduzioni salariali.

Parte della ragione per cui i lavoratori sindacalizza-ti negli Stati Uniti guadagnano mediamente il 30 percento in più degli altri è che la sindacalizzazione pre-

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I mercati si auto-correggono

senta numeri elevati tra i dipendenti pubblici. Gli entipubblici, essendo liberi da pressioni legate alla ricercadel profitto, spesso pagano più dei privati. Inoltre igoverni spesso assegnano retribuzioni maggiori peravere il sostegno elettorale del sindacato.

È ampiamente riconosciuto dagli economisti che,anche se in una specifica impresa o in un dato settore isalari frutto di una forte sindacalizzazione possonoandare a scapito dei profitti, non si può dire lo stessoper quanto riguarda l’economia nel suo complesso.Infatti nell’economia complessiva i redditi dovuti all’at-tività sindacale non vanno a danno dei profitti, ma aspese degli altri lavoratori.25

Non è chiaro se Keynes intendesse dire che, a causadei sindacati, i salari non potevano essere tagliati nem-meno durante una crisi. Né è chiaro il suo atteggiamen-to generale verso i sindacati e, del resto, neppure versoquella che chiama la classe operaia. Nella Teoria genera-le disse che la disoccupazione degli anni Trenta nonpoteva essere imputata

al rifiuto ostinato [di ridurre i salari] da parte dei lavo-ratori […] esigenti,26

ma questo significa sorvolare sui fatti, dal momentoche il problema non riguarda certo caratteristiche mora-li come l’ostinazione o l’essere esigenti. Qualche annoprima, Keynes aveva detto dei sindacati:

Una volta oppressi, oggi tiranni.27

8a. Keynes: le riduzioni dei salari, anche se praticabi-li, non sarebbero giuste

Non ci si può affidare alle forze di mercato per allo-care le ricchezze della società in modo giusto. Il

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Tutti gli errori di Keynes

2255.. Si veda la nota di chiusura QQ.2266.. Keynes, General Theory, p. 9.2277.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,

1963, p. 341.

Moloch economico afferma che i salari dovrebberoessere determinati dalla pressione economica.

Il modo giusto per affrontare la cosa è quello di fis-sare i salari basandosi su

quanto è “giusto” e “ragionevole” in un rapporto diclassi.28

Si può presumere che Keynes volesse che i suoiesperti pianificatori economici decidessero quali salarifossero “ragionevoli”, ma non lo dice in modo specifico.

8b. Commento: e chi stabilisce cos’è giusto?Chi deve decidere i livelli salariali se non il mercato?

Gli esperti economici di Keynes? Gli esperti di pianifi-cazione sovietici non hanno forse dimostrato l’impossi-bilità di stabilire prezzi e salari al di fuori di un sistemadi mercato? Sembra che il keynesismo sia più marxistadi quanto Keynes stesso ammetta e, alla lunga, altret-tanto irrealistico e distopico.

9a. Keynes: una politica monetaria flessibile puòsostituire in ogni caso dei salari flessibili

Fortunatamente, durante una depressione non ènecessario ridurre i salari (al fine di controbilanciare lacaduta dei prezzi) per evitare la bancarotta delle impre-se. Esiste, infatti, un metodo migliore.

Ricordiamoci che il problema all’origine non sono isalari alti, ma piuttosto il fatto che i prezzi calano. Lalezione basilare da trarre è, in primo luogo, che nonbisognerebbe mai permettere ai prezzi di crollare. Ladeflazione è il veleno di un’economia. Non minacciasolo i debitori, ma tutti i cittadini.

Qualora le misure preventive falliscano e i prezzicrollino bisogna arrestare subito la caduta. Bisognaristabilire il precedente livello dei prezzi. Una voltafatto questo, non si dovranno più tagliare i salari, e i

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I mercati si auto-correggono

2288.. Keynes, Essays in Persuasion, pp. 261, 333.

profitti e l’occupazione non saranno minacciati dall’in-stabilità dei prezzi.

Fin qui tutto bene. Ma come si può evitare che i prez-zi calino o come si possono riportare al livello prece-dente, una volta che essi sono crollati? La risposta èsemplice: il governo dovrebbe progettare un’inflazionesufficiente a contrastare le forze che producono defla-zione e quindi mantenere o ristabilire il livello dei prez-zi. Ci sono diversi modi per ottenere ciò, ma quello piùsemplice è che il governo stampi nuovo denaro e loimmetta nell’economia.

Per capire come potrebbe funzionare questa strate-gia, si prenda il caso semplice di due persone che vivo-no in una remota isola tropicale dopo un naufragio. Laloro “economia” consiste in due coltelli e due dollari,tratti in salvo dalla nave affondata. In queste circostan-ze possiamo prevedere che ognuno dei coltelli valga undollaro.

Supponiamo, poi, che sulla spiaggia dentro una bot-tiglia ci siano altri due dollari. Come conseguenza diquesta immissione di denaro ogni coltello varrà duedollari. Allo stesso modo, il governo può alzare i prez-zi stampando grandi quantità di nuovo denaro eimmettendolo nell’economia attraverso un certo nume-ro di canali (prestandolo attraverso le banche, metten-dolo a disposizione sotto forma di sovvenzioni o spen-dendolo mediante investimenti pubblici). Keynes rias-sume questa strategia affermando che:

Considerata la natura umana e le nostre istituzioni,soltanto uno sciocco preferirebbe una politica salaria-le flessibile a una politica monetaria flessibile.29

Keynes riteneva che lo scopo primario di una «poli-tica monetaria flessibile» fosse quello di combattere ladeflazione, ma pensava che potesse avere anche altriutilizzi. In particolare poteva essere usata per gestire lerichieste dei lavoratori. Se, in momenti normali, la pro-

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Tutti gli errori di Keynes

2299.. Keynes, General Theory, p. 268.

duttività lavorativa cresceva a un tasso del 2 per cento,ma i sindacati insistevano per un aumento del salariodel 4 per cento, un 2 per cento d’inflazione potevagarantire che l’aumento reale dei salari (corretto secon-do l’inflazione) non fosse di un 4 per cento, ma di un 2per cento. Secondo Keynes i lavoratori erano interessa-ti soprattutto al livello nominale dei salari, non a quel-lo reale (e corretto secondo l’inflazione).30

Per tutte queste ragioni, dunque, ma soprattutto percontrollare un’iper-deflazione, Keynes chiedeva unapolitica di

innalzamento dei prezzi – che per sintesi possiamochiamare inflazione – in tutto il mondo.31

9b. Commentii. Una politica monetaria flessibile porta a una inflazione per-petua

L’impatto che la politica monetaria flessibile di Key-nes ha avuto sul mondo è stato davvero profondo. Lasua teoria ispira il modo con cui praticamente tutti igoverni moderni (o le banche centrali) gestiscono i pro-pri affari: sono determinati a tutti i costi a evitare ladiscesa dei prezzi (deflazione) e quindi stamperannoqualsiasi quantità di nuovo denaro sia necessaria a evi-tarla. Dal momento che un’economia efficiente crea persua natura merci a costi e prezzi sempre inferiori, ciòsignifica che le banche centrali dovranno creare di conti-nuo inflazione e non solamente durante le depressioni.32

E le banche centrali non si fermano qui. Comincianoa pensare: se creiamo un’inflazione appena sufficienteper arrestare quella che altrimenti per i prezzi sarebbeuna tendenza a scendere in maniera moderata ognianno, continueremo a mantenere inalterati i prezzi alconsumo in generale. Ma questo significherebbe unariduzione dei prezzi per molte imprese e, in generale, ci

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I mercati si auto-correggono

3300.. Keynes, General Theory, p. 9.3311.. John Maynard Keynes, discorso tenuto a Monaco, Germania, 8 gennaio

1932, in Collected Writings, vol. 21, p. 45. 3322.. Si veda la nota di chiusura U.

manterrebbe troppo vicini alla deflazione: troppo perstare tranquilli. Dunque, per lo meno alla fine del ven-tesimo secolo e agli inizi del ventunesimo, la politicadella banca centrale è stata quella di stampare abba-stanza moneta da assicurarsi che l’inflazione non potes-se mai scendere al di sotto di un 1-2 per cento annuo. Sela naturale tendenza dei prezzi è di scendere al 3 percento, allora questa politica produce un’inflazione cro-nica, anno dopo anno, del 4-5 per cento.

ii. L’inflazione è la medicina sbagliata. Farà ammalare sem-pre di più il paziente

Abbiamo già visto che quando l’economia è malata,non ha bisogno di un unico provvedimento per aggiu-stare tutti i salari o tutti i prezzi. Questo farà solo peg-giorare le cose. Ha bisogno di un costante adattamentodi salari e prezzi specifici, con successivi aggiustamen-ti e appropriata coordinazione tramite il circuito di feed-back assicurato dal mercato.

È vero che l’inflazione non influisce allo stesso modosu tutti i salari o tutti i prezzi. Nel caso più comune, ilgoverno stampa denaro, le banche lo danno in prestitoe il denaro entra nell’economia ovunque vi sianomutuatari. Da lì, il denaro comincia a passare di manoe a spostarsi qua e là, in modo completamente casualee imprevedibile. I settori in cui i costi superano già iprezzi possono anche non vedere mai un centesimo diquesto denaro. I settori che già beneficiano di abbon-danti profitti possono trattenere quasi tutta la nuovadomanda e godere di profitti ancora più elevati.

L’inflazione non aiuta ad adeguare tutti i salari e glialtri innumerevoli prezzi che devono essere adeguati,in risposta alla domanda del mercato, per giungere auna redditività. Piuttosto essa travolge e confonde ilsistema. Sono i prezzi che devono dire a imprenditori einvestitori qual è la situazione dell’economia, in modoche possano prendere delle decisioni ragionevoli. Dalmomento che l’inflazione distorce i prezzi, diventaimpossibile prendere decisioni sensate.

314

Tutti gli errori di Keynes

iii. Più l’inflazione è nascosta, più è infidaQuando l’inflazione è nascosta, come accade nel

corso di una bolla, la situazione è particolarmente con-fusa. Quando scoppiò la bolla del dot-com, fu naturaleschernire la gente che aveva sprecato miliardi nella fol-lia di internet. Quando è scoppiata la bolla immobilia-re, è stato altrettanto naturale dare la colpa alla genteche aveva costruito e si era indebitata troppo. Guardan-do indietro, ci chiediamo perché gli amministratoridelegati delle società, che si presume siano gli operato-ri del mercato più sofisticati, si siano fatti carico di cosìtanti debiti. E ci dimentichiamo completamente delfatto che chi si opponeva alla mania del debito venivamesso alla gogna, chiamato incompetente e minacciatodi perdere il proprio posto a favore di nuovi ammini-stratori che avrebbero “fatto fruttare gli asset”.

In queste circostanze particolarmente inquietantid’inflazione nascosta, i principali cattivi non sono i pro-prietari delle attività o gli investitori. I veri cattivi sonoquelli che gonfiano la bolla, le banche centrali e i gover-ni che hanno messo in moto l’intero e fatale processo.

iv. L’inflazione porta non solo più disoccupazione, ma ancheun’occupazione sub-ottimale

L’inflazione non è una cura per la disoccupazione. Èuna delle sue cause principali. E non produce solo dis-occupazione, ma anche ciò che l’economista W.H. Huttha denominato occupazione “sub-ottimale”.

Quando milioni di persone vengono incanalate inposti di lavoro nel settore immobiliare che scompari-ranno a breve, la situazione è chiaramente “sub-ottima-le”. Quando arriva il crollo, i licenziamenti correlati alsettore immobiliare diventano inevitabili, perché fon-damentalmente quei lavori non sono mai esistiti dav-vero. Quello che accade in seguito, negli altri settori,dipende dalla flessibilità salariale.

Se i salari sono flessibili, nei settori diversi da quelloimmobiliare si verificherà un minor numero di licenzia-menti. Più sono i licenziamenti, maggiore è la probabi-lità che le persone trovino solamente lavori sub-ottima-

315

I mercati si auto-correggono

li, vale a dire posti di lavoro che non sfruttano le lororeali competenze, sempre che riescano a trovare unlavoro. Sia un grave tasso di disoccupazione sia l’occu-pazione sub-ottimale sono tragedie per le persone.Entrambe possono essere evitate se si lascia che il siste-ma dei prezzi faccia il suo lavoro di aggiustamentosenza interferenze: un lavoro che riporterà l’economia auna situazione di conformità rispetto alla realtà.

Da giovane, Keynes era un deciso critico delle poli-tiche inflazionistiche. Infatti ebbe occasione di dire chel’inflazione trasforma l’economia in una

scommessa e in una lotteria. […] Arruola tutte le forzenascoste delle leggi economiche dalla parte delladistruzione e lo fa in modo tale che nemmeno unuomo su un milione può prevederne l’esito.33

316

Tutti gli errori di Keynes

3333.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, p. 236.

1a. Keynes: l’oro è una «barbara reliquia»1

Nel suo primo libro Keynes descrisse le meraviglie ei lati positivi della prima economia davvero globale,quella che fiorì negli anni della sua gioventù, primadell’inizio della prima guerra mondiale. Era un’età del-l’oro, sia metaforicamente che materialmente, dalmomento che il suo sistema monetario si basava salda-mente su fondamenta auree:

Quale straordinario episodio del cammino economicodell’uomo è l’età che termina nell’agosto 1914! L’abi-tante di Londra poteva ordinare per telefono, sorseg-giando a letto il tè mattutino, i vari prodotti di tutto ilglobo terracqueo, nella quantità che riteneva opportu-na, e contare ragionevolmente sul loro sollecito reca-pito a casa sua: poteva nello stesso momento e con lostesso mezzo avventurare la sua ricchezza sulle risor-se naturali e nelle nuove imprese in qualsiasi parte delmondo, e partecipare senza sforzo né fastidio ai lorosperati frutti e vantaggi; o poteva decidere di aggan-ciare la sicurezza delle sue fortune alla buona fede deicittadini di qualsiasi ragguardevole comunità munici-pale di qualsiasi continente suggerita dal capriccio odall’informazione. Poteva procurarsi immediatamen-te, se lo desiderava, mezzi di trasporto comodi e poco

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11.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 4, Tract on MonetaryReform, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 138.

Capitolo 17

Sì alla globalizzazione economica

costosi per qualsiasi Paese o clima, senza passaporto oaltre formalità; poteva mandare il suo domestico al piùvicino ufficio bancario a fare la provvista dei metallipreziosi che gli parevano più convenienti e recarsiquindi in Paesi stranieri senza conoscerne religione,lingua e costumi, portando su di sé denaro liquido, eavrebbe considerato il minimo impedimento unagrave e stupefacente lesione dei suoi diritti. Ma soprat-tutto egli riteneva questo stato di cose normale, certo eimmutabile, se non nel senso di un ulteriore migliora-mento, e aberrante, scandalosa ed evitabile qualsiasideviazione dal medesimo. I progetti e la politica delmilitarismo e dell’imperialismo, delle rivalità razziali eculturali, dei monopoli, delle restrizioni e delle esclu-sioni, destinati a giocare la parte del serpente all’inter-no di questo paradiso, erano poco più che i passatem-pi del suo giornale quotidiano, e sembravano esserequasi del tutto ininfluenti sul corso ordinario della vitasociale ed economica, la cui internazionalizzazione erain pratica pressoché completa.2

Il sistema aureo classico di questa prima economiaglobale implicava che tutto il mondo condividesseun’unica moneta. Il dollaro poteva rappresentare unafrazione di un’oncia d’oro, la sterlina inglese un’altrafrazione, il franco francese un’altra ancora e così via, masi trattava sempre e soltanto della stessa moneta, l’oro.Alcuni paesi si basavano sull’argento, ma gli Stati Unitirifiutavano il bi-metallismo (l’uso di entrambi i metallipreziosi), così l’oro divenne la moneta del mondo.

Nonostante i vantaggi dati dall’avere un’unicamoneta mondiale, Keynes riteneva che il sistemaaureo fosse indebitamente restrittivo. Lasciava aigoverni nazionali poco o nessun controllo sulle pro-prie offerte monetarie. Quando i tassi d’interesseerano troppo alti, secondo Keynes questa era una ten-denza cronica, non si poteva stampare denaro aggiun-tivo per farli abbassare.

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Tutti gli errori di Keynes

22.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, pp. 10-12.

Keynes riteneva, poi, che la fede nell’oro fosse irra-zionale. Disse che il suo

prestigio [dipende dal…] colore [… e addirittura dall’]odore. […] Freud scrive che esistono particolari moti-vi, nel nostro inconscio, per cui l’oro in particolaresoddisferebbe istinti forti e precisi, e servirebbe dasimbolo.3

Il nostro primitivo rapporto con l’oro era stato neglianni rivestito di argomentazioni razionali e si era evo-luto in un elaborato seppur

logoro dogma.

La sfida che si presentava alla società contempora-nea era quella di squarciare il velo dell’antica supersti-zione per forgiare

uno standard di carattere più scientifico.4

1b. Commentii. Lungi dall’essere «una barbara reliquia», l’oro è una garan-zia contro le politiche economiche keynesiane

Ufficialmente l’oro non è più considerato denaro dal1972. Ma la gente in tutto il mondo continua ad acqui-starlo come sostituto del denaro, come una riserva fisi-ca di valore. Perché? Perché i governi stampano semprepiù cartamoneta e quindi ne svalutano il valore.

Come abbiamo già osservato, il dollaro ha persoquasi tutto il suo potere d’acquisto dalla creazione dellaFederal Reserve nel 1913. Con soli pochi centesimi diallora si potrebbe acquistare quello che oggi costa undollaro. Ed è lo stesso per le altre valute mondiali, alcu-ne delle quali sono diventate in certi momenti total-

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Sì alla globalizzazione economica

33.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, p. 200; John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise onMoney: The Applied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1971, p. 258.

44.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 200.

mente inutili. L’oro, invece, ha mantenuto il suo valore.Per certi versi, è molto svantaggioso possedere oro.

Se abbiamo dollari, sterline, euro o yen possiamo inve-stire il nostro denaro e guadagnare interessi. Se posse-diamo oro non ne ricaviamo un reddito corrente e dob-biamo pagare perché sia tenuto da qualche parte e pro-tetto dal furto. Eppure le persone vogliono ancora pos-sedere oro proprio perché temono, e hanno buoneragioni per farlo, ciò che accadrà al potere d’acquisto didollari, sterline, euro e yen nel corso del tempo.

Nel periodo in cui Ben Bernanke era nel FederalReserve Board, prima come consigliere e poi comepresidente, il prezzo dell’oro crebbe.5 E non per caso.Come abbiamo visto, Bernanke è un keynesiano con-vinto e la Fed sotto di lui non solo incoraggiò le altrebanche centrali a stampare il proprio denaro, ma, inparticolare dopo il 2007, ne stampò essa stessa moltodi più.

Nello stesso passaggio in cui Keynes ci deride per-ché abbocchiamo al «colore» e persino all’«odore» del-l’oro, riconosce la tesi per cui l’oro

fornisce uno standard di valore ragionevolmente stabile.

E dice anche che, dal momento che alle

autorità governative manca saggezza, […] prima opoi, una moneta regolata andrà in crisi.6

Qualunque fosse il merito di queste posizioni subitodopo la prima guerra mondiale, oggi è ancora più gran-de, proprio perché i governi del mondo stanno seguen-do il consiglio di Keynes e svalutano le proprie monete.

ii. Il sistema aureo classico del diciannovesimo secolo avevamolti vantaggi

Finora abbiamo discusso del motivo per cui la «bar-

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Tutti gli errori di Keynes

55.. Si veda la nota di chiusura YY.66.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 132.

bara reliquia» mantiene ancora la sua attrattiva comebene d’investimento. Tuttavia dovremmo prenderci unmomento per ricordare alcune delle virtù del sistemaaureo internazionale classico, il sistema che prevalevaall’epoca in cui oro e denaro erano sinonimi. La mag-gioranza dei libri di storia dice che il sistema aureovenne abbandonato una prima volta negli anni Trenta epoi di nuovo negli anni Settanta, ma in realtà si trattavadi due pseudo-sistemi aurei. Il vero sistema aureo nonsopravvisse allo scoppio della prima guerra mondiale.

A posteriori, la più grande virtù del sistema aureoclassico era la sua disciplina, la stessa caratteristica cheKeynes denigrava come «non scientifica». I governi ditutti i paesi, grandi o piccoli, dovevano rispettare leregole del gioco o subire le conseguenze di un compor-tamento diverso. Se un paese avesse importato moltopiù di quanto esportava, l’oro sarebbe servito comepagamento delle importazioni. Dal momento che l’oroera denaro, sarebbe calata l’offerta di moneta e questodi norma avrebbe reso più costoso il denaro da prende-re a prestito (cioè avrebbe alzato i tassi d’interesse), ilche avrebbe rallentato l’economia. Un’economia piùlenta, a sua volta, avrebbe ridotto la domanda d’impor-tazioni, cosa che avrebbe riportato in equilibrio la bilan-cia fra importazioni ed esportazioni.

Avere una moneta unica mondiale, l’oro, rendevapiù conveniente anche il commercio internazionale.Chi vendeva merci non doveva preoccuparsi, comeaccade oggi, dei rialzi e ribassi imprevedibili legati aivalori delle differenti valute. Né i titolari d’impresesituate in paesi piccoli, o poveri, erano svantaggiatidall’oscurità, imprevedibilità e mancanza di interesseper le loro valute.

L’oro era particolarmente utile nella gestione delcommercio globale. Ma contribuiva anche a mantenerel’ordine all’interno delle economie nazionali. Se le ban-che di una nazione facevano troppi prestiti, l’offerta dimoneta era ampliata e ciò riduceva i tassi d’interesse.Allora l’oro sarebbe uscito dal paese alla ricerca di tassid’interesse più elevati. Ciò riduceva l’offerta di moneta,

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Sì alla globalizzazione economica

rialzava i tassi d’interesse e ristabiliva un equilibrio. Ilsistema aureo non risolveva l’instabilità di fondo di unsistema bancario di riserve frazionarie in grado di crea-re denaro dal nulla, ma lo frenava e lo rendeva menopericoloso.

iii. Alcuni degli svantaggi più citati di un sistema aureo inrealtà sono vantaggi

Nella Teoria generale e altrove Keynes travisa siste-maticamente il sistema aureo classico. Per esempio, lopresenta come una spietata corsa internazionale all’oro,dove la vittoria va al paese con più lingotti nei suoi sot-terranei.7 Si tratta di una pessima caricatura, cheriecheggia i teorici del mercantilismo del sedicesimosecolo, le cui idee da molto tempo avevano ormai persocredito.

In un’economia basata sull’oro, la gente vuole pos-sederne, perché è denaro. Ma vorrà anche possederecase, aziende, beni personali e altre materie prime.Quando l’oro viene scambiato con le merci, non c’è vin-citore o perdente. Nella misura in cui le parti ricevonoquello che vogliono, vincono entrambe.

Keynes si lamentava anche del fatto che la scarsitàdell’oro rendesse insufficiente pure il denaro.8 Ma comeha rilevato Henry Hazlitt:

Se i metalli preziosi fossero stati abbondanti, nonsarebbero stati preziosi. Se quello di cui abbiamo biso-gno fosse l’abbondanza del metallo monetario, allorail rimedio logico sarebbe uno standard basato sulrame o, meglio ancora, sul ferro.9

Se il denaro non è per natura limitato, gli individui(o più probabilmente i governi) ne creeranno sempre dipiù e nel farlo destabilizzeranno l’economia con l’infla-

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Tutti gli errori di Keynes

77.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, pp. 348-349.

88.. Keynes, General Theory, p. 349.99.. Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, New Rochelle (NY),

Arlington House, 1978, p. 346.

zione e le bolle speculative.Non è nemmeno vero, come molti pensano, che l’of-

ferta di moneta debba aumentare man mano che crescel’economia. Come abbiamo visto nei capitoli 15 e 16, seil denaro è stabile e si producono più beni, l’unico risul-tato sarà un modesto abbassamento annuo dei prezzi. Eprezzi leggermente inferiori aiutano tutti, ma soprattut-to i più poveri, i cui redditi limitati consentiranno loroun maggiore potere d’acquisto.

2a. Keynes: un “sistema di scambio aureo” è meglio diun “sistema aureo classico”, ma non di molto

Il sistema aureo classico fu abbandonato allo scop-pio della prima guerra mondiale, nel 1914. A metà deglianni Venti venne seguito da una versione molto atte-nuata, chiamata “sistema di cambio aureo”. Questosistema conferiva ai governi un maggior controllo sullamoneta, ma Keynes continuava a ritenere che fosse una

catena10

e salutò la sua abolizione nell’epoca della GrandeDepressione come

la rottura del nostro legame con il gold standard […] eun evento felice.11

I tentativi di stabilire un nuovo sistema monetario edi scambio globale avvenuti durante la Depressione fal-lirono principalmente perché il presidente Rooseveltinviò alla Conferenza di Londra del 1933 una lettera incui bocciava l’idea. Molte persone pensarono che acausa di ciò la Depressione si stesse aggravando e pro-lungando, ma Keynes rispose che

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Sì alla globalizzazione economica

1100.. Paul Johnson, Modern Times: The World from the Twenties to the Eighties,New York, Harper & Row, 1983, p. 164.

1111.. Keynes, Essays in Persuasion, p. 215; John Maynard Keynes, CollectedWritings, vol. 21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Britain andAmerica, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1982, p. 41.

il presidente Roosevelt ha magnificamente ragione.12

In quel frangente Keynes agiva più o meno come unnazionalista economico e voleva la maggior libertà d’a-zione possibile per la Gran Bretagna.

Alla fine della seconda guerra mondiale, Keynes con-cordava sul fatto che fosse necessario un nuovo sistemamonetario e di scambio globale. Il sistema che emerse,chiamato di “Bretton Woods” dalla località del NewHampshire in cui fu adottato formalmente, era però unaltro sistema di cambio aureo. Keynes accettò riluttante,perché gli americani volevano un legame con l’oro. Unquarto di secolo dopo, anche gli Stati Uniti ritennero chel’oro fosse una «catena» e lo abbandonarono a favore diun sistema monetario cartaceo senza limitazioni.

2b. Commento: un sistema di cambio aureo è peggio-re, non migliore di un vero sistema aureo. Cambi flut-tuanti che non oscillano non sono affatto un bene

Dal momento che spesso il sistema aureo vieneincolpato della Grande Depressione, è importante sot-tolineare che il sistema di cambio aureo degli anni Ventinon era un vero sistema aureo. Se ci fosse stato, un verosistema aureo avrebbe contribuito a frenare l’eccessivaemissione di denaro e l’eccessivo indebitamento deglianni Venti (tutte cose che ricevettero il plauso di Key-nes), che portarono direttamente alla bolla speculativa,al crollo e alla depressione.

Keynes conveniva abbastanza sulla visione per laquale il sistema di cambio aureo degli anni Venti e deiprimi anni Trenta non era un vero sistema aureo. Nel1923 disse:

[Il sistema aureo classico] è morto stecchito. […] Gli StatiUniti hanno finto di mantenere un sistema aureo. In real-tà, hanno istituito un sistema del dollaro [mondiale].13

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Tutti gli errori di Keynes

1122.. John Maynard Keynes, articolo, Daily Mail, in Collected Writings, vol.21, p. 273.

1133.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 155.

Gli accordi di Bretton Woods che Keynes contribuì astilare furono un altro sistema collegato all’oro e domi-nato dal dollaro. Ma rappresentò un passo significativorispetto all’anarchia e all’autarchia degli anni dellaDepressione e portò a un grande incremento del com-mercio e degli investimenti globali.

Il difetto maggiore del sistema di Bretton Woods eralo status di valuta di “riserva” del dollaro statunitense.Un paese che offre la funzione di “riserva” fornisce lapropria moneta per le transazioni internazionali. Incambio esso ha il privilegio di poter ricorrere a prestitiall’estero nella sua stessa moneta. Sfortunatamente ciòimplica un intrinseco conflitto d’interessi. Da un paeseal quale viene consentito di ricorrere al prestito esterosenza limite e nella sua stessa valuta, difficilmente ci sipuò aspettare che fissi un’offerta di moneta o tassi d’in-teresse responsabili. Ci vollero solo pochi decenni per-ché gli Stati Uniti iniziassero a stampare abbastanzadollari da far sprofondare tutto il mondo nell’inflazio-ne. E fu proprio questo a portare, nel 1971, alla fine delsistema di Bretton Woods.

Da quel momento in poi il commercio mondialedipese da cambi fluttuanti che non oscillavano affatto,ma che erano controllati ancor più rigidamente daigoverni. Il dollaro mantenne il suo ruolo di valuta diriserva, ma senza alcuna limitazione. Allora, negli StatiUniti, le macchine che stampavano denaro iniziarono alavorare più velocemente, il che rispecchiava la conce-zione di Keynes di un governo libero da catene e portòdirettamente all’inflazione e, poi, alla crisi, quindi dallabolla speculativa alla crisi economica.

3a. Keynes: ciò di cui c’è davvero bisogno è un’unicaautorità monetaria mondiale gestita secondo lineeguida scientifiche

Quando il sistema di Bretton Woods crollò, nel 1971,venne sostituito da un sistema “supurio” di tassi flut-tuanti, vale a dire un sistema di tassi di cambio mone-tario nazionali mobili che i governi manipolarono sem-pre più.

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Sì alla globalizzazione economica

Anche se Keynes morì nel 1946, in diverse occasioniaveva avuto modo di dire cose sia positive che negati-ve sui tassi fluttuanti.14 In realtà, ciò che si auguravamaggiormente, e che aveva cercato senza successo d’i-stituire all’interno del sistema di Bretton Woods, eraun’agenzia sovranazionale autorizzata a creare una suamoneta cartacea:

Abbiamo raggiunto uno stadio nell’evoluzione dellamoneta in cui una valuta “guidata” è inevitabile, ma[… è meglio affidare il compito] a un’unica autorità[…] con il discernimento plenario e la gestione scienti-fica [… di] un’autorità sovranazionale.15

Robert Mundell, l’economista della Columbia Uni-versity che fondò quella che venne chiamata supply-sideeconomics, in seguito convenne con Keynes sul fatto chefosse auspicabile un unico sistema monetario mondiale(diverso da quello aureo): «L’ideale sarebbe che l’eco-nomia [globale] avesse un’unica moneta, forse con unabanca centrale. [Nel frattempo], un sistema di tassi dicambio fissi simulerebbe l’effetto di una unica monetamondiale».16

3b. Commentii. Le banche centrali sono istituzioni politiche

La maggiore sfida per un sistema monetario è iso-larsi il più possibile dalla politica. La buona economiaha a che vedere con il lungo termine e con finalità sce-vre da interessi particolari. La politica, che ci piaccia ono, ha a che fare con la ricerca del consenso e con i col-legi elettorali, oppure con particolari gruppi d’interesseche servono da sostegno per la vittoria elettorale.

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Tutti gli errori di Keynes

1144.. Per un commento in generale positivo, si veda Collected Writings, vol. 6, p.298; per un commento negativo, si veda Robert Skidelsky, John Maynard Key-nes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 208

1155.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 159; Keynes, Collected Writings,vol. 6, pp. 268, 303.

1166.. Citato in Robert Bartley, The Seven Fat Years, New York, Free Press,1992, p. 206. Si veda la nota di chiusura W.

Di nuovo, che ci piaccia o no, i banchieri centralisono politici. Non sono, e non saranno mai, gli scien-ziati economici virtuosi e onniscienti dei sogni utopisti-ci di Keynes. E anche quando non sono veri e propripolitici si affidano a strumenti e modelli i cui input sonotalmente soggettivi da sembrare quasi impietosamentenon scientifici.

In generale, il concetto moderno di banca centrale èstato un fallimento, come evidenziano inflazioni, bollee crisi economiche. Concentrare tutta l’autorità in un’u-nica banca centrale mondiale non farebbe altro che peg-giorare le cose. I funzionari non eletti che la gestirebbe-ro avrebbero un potere enorme. Ma sarebbero soggettialla politica, ovvero ai capricci e alle pressioni di tutti igoverni del mondo. Il risultato inevitabile sarebbeun’inflazione di portata mondiale e senza precedenti.

ii. Una governance di esperti non eletti minaccerebbe lademocrazia in tutto il mondo

Nel riflettere sull’idea di Keynes di una banca cen-trale globale guidata da esperti ci sono altre questionida tenere in considerazione. Come abbiamo discusso inprecedenza, è già difficile per una singola democraziamantenere il controllo sui presunti esperti. Negli StatiUniti la Federal Reserve opera senza la necessità dirivolgersi al Congresso per i fondi e senza dover riferi-re a esso in merito alle proprie azioni. In pratica, nonrisponde a nessuno. Una banca centrale mondialesarebbe gestita caoticamente da tutti i governi delmondo, con tutti i tipi di accordi poco chiari possibili,oppure non risponderebbe a nessuno e assumerebbe unpotere eccezionale, discrezionale e dispotico.

Negli anni Cinquanta e Sessanta l’economista tede-sco Wilhelm Röpke ammoniva che «[l’idea di una]organizzazione internazionale passa sotto diversi nomiattraenti, come “Europa”, “sovranità sovranazionale”,oppure “armonizzazione internazionale”».17 Ma in real-

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Sì alla globalizzazione economica

1177.. Wilhelm Röpke, A Humane Economy: The Social Framework of the FreeMarket, South Bend (IN), Gateway, 1960, pp. 242-243.

tà è un modo per togliere il potere a funzionari elettidemocraticamente e piazzarlo nelle mani di anonimiesperti e burocrati.

Questo processo è ormai ben avanzato in Europa.L’economia, e in parte la vita privata, è controllata daiburocrati di Bruxelles, i quali grazie a un organismocome la Commissione Europea si perpetuano da sé enon rispondono a nessuno. L’unico vero controllo sullaloro autorità è un altro corpo di esperti, quelli che gesti-scono il sistema giudiziario.

Le decisioni della Commissione Europea, però, nonsi limitano alla sola Europa. Attraverso la ricerca diun’“armonizzazione internazionale”, le loro idee esoprattutto le restrizioni si diffondono a tutte le buro-crazie del mondo.

Keynes era una persona democratica, nel senso piùampio del termine. Non era fascista. Ma questa derivache ha portato da una governance democratica a unagestione di esperti non eletti e spesso auto-perpetuan-tesi è una parte importante della sua eredità.

4a. Keynes sul libero scambioLa prima economia globale, che ebbe fine con la

prima guerra mondiale, dipendeva dal sistema aureoclassico, ma era anche fortemente votata agli scambiinternazionali. Nel caso della Gran Bretagna, ciò signi-ficava essere votati al libero scambio.

Keynes si occupò molto del libero scambio, cheapprezzava. Conveniva sul fatto che il libero scambioincoraggiasse le nazioni a specializzarsi, e che un ele-vato livello di specializzazione ci avrebbe resi tutti piùricchi. Da giovane economista, considerava ogniforma di allontanamento dalla dottrina del liberoscambio come un’

idiozia e […] un oltraggio.18

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Tutti gli errori di Keynes

1188.. John Maynard Keynes, New Statesman and Nation, 8 e 15 luglio 1933,in Collected Writings, vol. 21, p. 233.

Nel 1923 scrisse:

Dobbiamo considerare il libero scambio, nella suainterpretazione più estesa, come un dogma inflessi-bile.19

E anche:

Se vi è una cosa che il protezionismo non può fare, èguarire la disoccupazione. […] La pretesa di guarire ladisoccupazione implica la fallacia protezionista nellasua forma più grossolana e patente.20

Lo stesso Keynes citò questo suo ultimo passaggionella Teoria generale, per dimostrare quanto fossero cam-biate le sue idee nel 1936.

Ciò che aveva fatto cambiare opinione a Keynes erastata la Grande Depressione e l’ondata protezionistache ne era seguita. Nel 1930 gli Stati Uniti approvaronolo scellerato Smoot-Hawley Tariff Act (che innalzava lebarriere allo scambio). Un migliaio di economisti ame-ricani biasimarono subito questo provvedimento. Oggila gran parte degli economisti lo incolpa di aver per lomeno aggravato, e forse fatto anche precipitare, laDepressione. (Potrebbe aver contribuito a farla precipi-tare dal momento che prima del crollo del 1929 eranoancora in corso le audizioni sul progetto di legge.)

L’America aveva la più grande economia del mondoe le sue azioni avevano un’importanza enorme. Maaveva anche una forte tradizione di protezionismo, perlo meno a partire dalla Guerra Civile. La Gran Breta-gna, al contrario, era già da molto tempo una nazioneleader nella pratica e nella difesa del libero scambio.Come avrebbe risposto ai dazi dello Smoot-Hawley Act?

La risposta giunse nel giro di poco tempo. Alcuni

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Sì alla globalizzazione economica

1199.. Citato in William Beveridge, Tariffs: The Case Examined, London, Long-mans, Green and Co., 1931, p. 242; anche in Henry Hazlitt (a cura di), TheCritics of Keynesian Economics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 338.

2200.. John Maynard Keynes, Nation and Athenaeum, 24 novembre 1923, inKeynes, General Theory, p. 334.

commentatori ritengono che furono il dietrofront diKeynes sul libero scambio e la sua adesione al prote-zionismo dei primi anni Trenta21 a far cambiare ilcorso degli eventi.22 Che sia vero o meno, la Gran Bre-tagna abbandonò il libero scambio nel 1932, a favoredella Preferenza Imperiale (un libero scambio all’in-terno dell’impero). Questo implicò un altro durissimocolpo per il commercio mondiale e la Depressione siaggravò.

Nel 1936, nella sua Teoria generale, Keynes lodava dinuovo la dottrina mercantilistica del sedicesimo ediciassettesimo secolo, che era stata protezionista, e viritrovava un

elemento di verità scientifica,23

ma insisteva anche sul fatto che

i vantaggi della divisione internazionale del lavorosono reali e notevoli, per quanto la scuola classica neabbia grandemente esagerato l’importanza.24

Sulla questione della globalizzazione, pare che Key-nes in genere approvasse l’idea di un’economia globa-le, anche se, di tanto in tanto, abbracciò il nazionalismoeconomico, il protezionismo, i controlli sul capitale25 evia dicendo. Di sicuro voleva un’autorità monetariamondiale unica, presumibilmente in un regime di libe-ro scambio, fintanto, però, che qualcuno come lui vifosse posto alla guida.

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Tutti gli errori di Keynes

2211.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31:Rethinking Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1981, p. 488.

2222.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 124.2233.. Keynes, General Theory, p. 335.2244.. Keynes, General Theory, p. 338.2255.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theory

and After: Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1973, p. 199; Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Bri-tain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 191.

4b. Commentii. L’uccellaccio si scusa a metà

Keynes si definì

Un uccellaccio cattivo [che dice] una cosa un giorno[sul libero scambio] e un’altra il giorno dopo.26

E si scusò a metà, dicendo che il protezionismo era

rudimentale

e che poteva essere eliminato qualora

uno schema esauriente di pianificazione nazionale27

potesse essere istituito al suo posto.

Benché disposto a criticare se stesso, Keynes non tol-lerava affatto le critiche altrui. Infatti, liquidò i criticicome

fondamentalisti del libero scambio,28

e, in una lettera al Times, disse che le loro preoccu-pazioni rappresentavano

puri errori intellettuali.29

Dal momento che riadottò il libero scambio verso lafine della sua vita, sembra in realtà che l’errore intellet-tuale fosse il suo.30

331

Sì alla globalizzazione economica

2266.. Keynes, New Statesman and Nation, 28 marzo 1931, in Collected Wri-tings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethinking Employment and UnemploymentPolicies, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1981, p. 502.

2277.. Keynes, New Statesman and Nation, 16 marzo 1931, in Collected Wri-tings, vol. 20, p. 495.

2288.. Keynes, New Statesman and Nation, aprile 1931, in Collected Writings,vol. 20, p. 505.

2299.. Keynes, New Statesman and Nation, 26 marzo 1931, in Collected Wri-tings, vol. 20, p. 508.

3300.. R.F. Harrod, The Life of John Maynard Keynes, New York, Harcourt,Brace, 1951, p. 469.

ii. Travisamenti e non sequiturDurante la metà degli anni Trenta, quando fu più

strenuamente protezionista, Keynes non rinunciò sola-mente al libero scambio, ma lo travisò sempre di più.L’idea di base del libero scambio è che un paese dovreb-be concentrarsi su quello che riesce a fare al meglio epoi commerciare con gli altri paesi per ottenere le coseche non produce. Proprio come la specializzazione cirende più produttivi all’interno di un singolo paese,così una divisione del lavoro a livello globale ci rende-rà più efficienti e prosperi. Si tratta di un sistema di con-correnza fra le aziende e di cooperazione fra i paesi.

Keynes distorse completamente tutto questo e addi-rittura disse che il commercio internazionale era lafonte principale dei conflitti e delle guerre.31 E per mini-mizzare il conflitto mondiale dichiarò:

Lasciamo che la merce sia di fabbricazione domestica[…] e, soprattutto, lasciamo che la finanza sia princi-palmente nazionale.32

Allo stesso tempo, Keynes ci dice che il nazionali-smo economico in qualche modo porterà in effetti a unmaggior

commercio internazionale.33

Ma non ci viene detto come una politica che ci limi-ti a merci di fabbricazione domestica possa al contem-po ampliare il commercio internazionale.

iii. Qualcosa di nuovo, qualcosa di utile o semplicementequalcosa di vecchio e da molto tempo privo di credibilità?

L’elogio di Keynes per i protezionisti del sedicesimoe del diciassettesimo secolo, noti come mercantilisti,giunge verso la fine della Teoria generale. Ma secondo

332

Tutti gli errori di Keynes

3311.. Keynes, General Theory, pp. 348-349.3322.. John Maynard Keynes, Yale Review (estate 1933); citato anche in Haz-

litt, The Failure of The “New Economics”, p. 338.3333.. Keynes, General Theory, p. 349.

Keynes i mercantilisti non avevano ragione solamenteriguardo al protezionismo. Questi pensatori, infatti,volevano che il governo intervenisse per abbassare itassi d’interesse e investire denaro in opere pubbliche.

Qui c’è un’ironia non voluta. Nella prefazione allaTeoria generale Keynes dice che i critici lo accuseranno,sostenendo che

io non dica nulla di nuovo.34

Ma nel ridare lustro ai mercantilisti a lungo denigra-ti, sembra proprio puntare dritto alla stessa conclusio-ne, vale a dire che, almeno nelle raccomandazioni dipolitica economica,

non dica nulla di nuovo.35

333

Sì alla globalizzazione economica

3344.. Keynes, General Theory, p. IX.3355.. Si veda la nota di chiusura ZZ.

Parte quartaAncora su Keynes

Ci sono buoni motivi per porsi questa stranadomanda. Non si tratta solamente del fatto che Keynesha detto tante cose differenti a persone diverse o hacambiato idea così di frequente. Né è solamente la con-vinzione diffusa tra i suoi colleghi economisti per cui lesue argomentazioni economiche sono state piegate alladiverse esigenze e manipolate di volta in volta, per ren-dere plausibili le sue raccomandazioni di politica eco-nomica.1 In aggiunta ci sono ragioni specifiche per chie-dersi se Keynes abbia cambiato idea rispetto alle racco-mandazioni contenute nella Teoria generale.

Già nel 1937, infatti, in una lettera alla sua allievaJoan Robinson, Keynes disse:

A poco a poco mi sto ponendo in una posizione un po’esterna al libro e procedo verso nuove linee d’inter-pretazione.2

Come era tipico di Keynes, la Teoria generale nondoveva dunque essere la sua ultima fatica. Ma poi arrivòla guerra e la sua attenzione si spostò dalla disoccupa-zione e dalle questioni a essa correlate e trattate nella Teo-

337

Capitolo 18

Quanto era keynesiano Keynes?

11.. Per un esempio di questo modo di vedere Keynes, si veda WilhelmRöpke, Economics of the Free Society, Chicago, Henry Regnery, 1963, p. 225.

22.. John Maynard Keynes, The Collected Writings, vol. 14, The GeneralTheory and After: Defence and Development, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1973, p. 150.

ria a questioni di finanza bellica e di costruzione di unsistema monetario e commerciale postbellico. Se ancheavesse avuto ripensamenti in merito alla Teoria generaleebbe poco tempo, o poche opportunità, per scriverne.

Durante la seconda guerra mondiale la maggiorparte dei keynesiani dava per scontato, sulla base delleidee del loro maestro, che a guerra finita sarebbe ripresala disoccupazione su larga scala. E si concentrarono sulmodo per evitarla. Ma un economista americano, DavidMcCord Wright, scrisse a Keynes per esprimere la suapreoccupazione in merito alla possibilità di un’inflazio-ne postbellica, piuttosto che di una forte disoccupazio-ne; Keynes gli rispose di essere d’accordo con lui.3

Un altro economista americano, John H. Williams,scrisse un articolo per l’American Economic Review nelquale raccontò di una conversazione avuta con Keynes«pochi mesi prima della sua morte» nel 1946:

Si lamentò del fatto che la politica del denaro facilefosse stata spinta troppo lontano, sia in Inghilterra chenegli Stati Uniti, ed enfatizzò l’interesse come elemen-to di reddito e la sua importanza fondamentale nellastruttura e nel funzionamento del capitalismo privato.Fu divertito dalla mia osservazione, che fosse ora discrivere un altro libro, perché la politica del creditofacile era stata predicata nel suo nome e mi rispose chepensava di doversi mantenere un passo avanti.4

Questa conversazione sembra ripudiare la dottrinadell’abbassamento dei tassi d’interesse o, per lo meno,del loro abbassamento a zero e, quindi, dell’elimina-zione di un elemento sgradevole della sua impostazio-ne economica.

Poco dopo, l’economista austriaco Friedrich vonHayek ebbe una conversazione simile con Keynes:

338

Tutti gli errori di Keynes

33.. David McCord Wright, in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of Key-nesian Economics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 415.

44.. John H. Williams, American Economic Review, maggio 1948, pp. 287-288n; citato anche in Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”,New Rochelle (NY), Arlington House, 1978, p. 397.

[Disse di] essere seriamente allarmato dall’agitazioneper l’espansione del credito [e del denaro] da parte dialcuni dei suoi più stretti associati. Si spinse fino adassicurarmi che se le sue teorie, che [disse] erano stateterribilmente necessarie nella deflazione degli anniTrenta, avessero mai prodotto degli effetti dannosi,egli avrebbe rapidamente modificato l’opinione pub-blica nella giusta direzione. Poche settimane dopomorì e non poté più farlo.5

Questi sono solo aneddoti, ovviamente, e non pro-vengono nemmeno da amici o colleghi di Keynes.Aveva davvero dei ripensamenti sulla Teoria generale?L’unica prova in nostro possesso la fornisce lo stessoKeynes nel suo ultimo articolo, pubblicato postumonell’Economic Journal, che aveva a lungo diretto. Intito-lato “The Balance of Payments of the United States” (n.185, 1946), tratta per lo più proprio dell’argomento cita-to nel titolo. Ma poi, a un certo punto, troviamo unadigressione di poche pagine che costituisce una compe-tente difesa dell’economia “classica”:

Mi sento spinto, e non per la prima volta, a ricordareagli economisti contemporanei che l’insegnamentoclassico includeva alcune verità permanenti di grandeimportanza. […] Certo, se vogliamo che la medicinaclassica funzioni, è essenziale che le tariffe d’importa-zione e i sussidi all’esportazione non si contrapponga-no progressivamente alla sua influenza.

Keynes sembra poi invertire la direzione:

Non devo essere frainteso. Non credo che la medicinaclassica funzionerà da sola, né che possiamo dipendereda essa. Abbiamo bisogno di aiuti più rapidi e menodolorosi, fra i quali i più importanti sono la variazione dicambio [controlli governativi sugli scambi e sulla gestio-ne della valuta] e il totale controllo delle importazioni.

339

Quanto era keynesiano Keynes?

55.. Friedrich A. Hayek, “Economist Centenary Edition” su Keynes, 11 giu-gno 1983, p. 45 (edizione americana, p. 39); citato anche in Robert Bartley,The Seven Fat Years, New York, Free Press, 1992, p. 47.

I controlli sui tassi di cambio e sulle importazionisono poi descritti come «espedienti», il che suggerisceche non siano destinati a essere permanenti. Anche cosìquesto passaggio rappresenta un tentativo quasi incoe-rente, come dice Henry Hazlitt, di conciliare l’inconci-liabile. Abbiamo bisogno della medicina classica, manon ancora o non del tutto. Per non sbagliare ci si dove-va rivolgere a Keynes, passo dopo passo, ma lui era giàmorto.

Questo è anche l’articolo in cui Keynes condannal’opposizione all’emergente sistema monetario e com-merciale postbellico come

roba modernista, andata a male e diventata acida esciocca […] che circola nel nostro sistema, ancheincongruamente mescolata, sembra, ad antichi veleni.

È difficile dire a cosa si riferisse con «roba moderni-sta» se non ai suoi stessi insegnamenti. Forse ritenevadi essere stato frainteso oppure di essersi spinto troppooltre nella Teoria generale e di dover correggere i suoidiscepoli, come farebbero pensare le conversazioni conWilliams e Hayek. O forse no. Possiamo solo fare delleipotesi. La Teoria generale rimane l’ultimo libro di Key-nes e il suo personale testamento.

340

Tutti gli errori di Keynes

Keynes era un virtuoso della parola. Poteva supera-re chiunque nella conversazione e nella discussione, elo sapeva.

Bertrand Russell, suo collega e professore di Cam-bridge, filosofo e matematico di fama mondiale, e perconsenso generale una delle menti più acute del vente-simo secolo, conosceva molto bene Keynes. Disse delloro rapporto: «Quando non ero d’accordo con lui, misentivo come se fossi in pericolo di vita e raramente neuscivo senza sentirmi un idiota».1

I suoi contemporanei hanno descritto Keynes comeun uomo brillante, arguto, geniale, intelligente, abba-gliante, espansivo, drammatico, vivace, vigoroso, ironi-co e spiritoso. Era un maestro sia dell’esposizione chedi battute. Poteva cambiare umore e modalità di espres-sione con velocità fulminea. Inoltre sembrava esseresempre “acceso”, in grado di attingere a profonde riser-ve di energia nervosa. Come osservò lo storico dell’arteKenneth Clark, «non abbassava mai i fari».2

Keynes poteva sedurre, incantare, aiutare, istruire,guidare, dissimulare, indurre in errore, attaccare, insul-tare, a seconda del tema, della circostanza, del gioco

341

Capitolo 19

Keynes oratore

11.. Bertrand Russell, citato in Milo Keynes (a cura di), Essays on John May-nard Keynes, New York, Cambridge, 1975.

22.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 427.

delle personalità o, semplicemente, del capriccio.Quando era seducente poteva essere irresistibile. Sipotrebbero applicare anche a lui le parole che usò perdescrivere il primo ministro britannico Lloyd Georgenella prima guerra mondiale:

[Aveva una] sensibilità infallibile, quasi da medium,nei confronti di tutti coloro che aveva vicino. [… Pote-va essere visto] osservare i soldati utilizzando sei,sette sensi che gli uomini comuni non hanno, giudica-re carattere, motivazioni e impulsi subconsci, percepi-re ciò che ognuno pensava e anche ciò che avrebbedetto di lì a poco.3

Keynes descrisse la mente e la lingua di Lloyd Geor-ge come una

lama veloce e scintillante,4

e, proprio come Lloyd George, anch’egli potevaessere tagliente, ferire e trafiggere. Kingsley Martin,direttore di The New Statesman and Nation, del qualeKeynes era comproprietario con altri, in un necrologiodescrisse il suo editore come

il più formidabile degli antagonisti, spietato e talvoltasenza scrupoli nelle discussioni. […] La sua arguziaera sconvolgente e la sua capacità di essere maleduca-to senza pari.5

Michael Holroyd (biografo dell’amico di Keynes,Lytton Stratchey) ha raccontato che Keynes liquidavagli avversari chiamandoli idioti.6 Altri fra gli epiteti che

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Tutti gli errori di Keynes

33.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, p. 41.

44.. Keynes, The Economic Consequences of the Peace, p. 41.55.. “Ten Things You Didn’t Know about Keynes”, Evening Standard, 21

ottobre 2008.66.. Michael Holroyd, Lytton Strachey: The New Biography, New York, W.W.

Norton, 2005, p. 104.

più usava erano “balordo”, “folle” e “pazzo”.7 Nelcorso di una conversazione pubblica con il collega eco-nomista Friedrich von Hayek, Keynes tuonò che Hayekgli stava

mettendo […] in bocca […] le frasi8

e aggiunse che il libro di Hayek, Prezzi e produzione,

mi sembra uno dei peggiori pasticci che abbia mailetto, praticamente senza nessun suggerimento valido.[…] È un esempio straordinario di come, partendo daun errore, uno studioso senza rimorsi possa far finiretutto in baraonda.9

Keynes poteva anche essere freddo e sprezzante,poteva sminuire gli altri o essere semplicemente petu-lante nei confronti del lavoro altrui. A proposito dellibro di Philip Wicksteed, The Common Sense of PoliticalEconomy, di cui alla nota di chiusura A, disse che

se ne potrebbe fare un libro splendido usando forbicie colla, e riducendolo da 700 a 200 pagine.10

In una occasione, al Ministero del Tesoro britannicodurante la seconda guerra mondiale, ridusse alle lacri-me James Meade, giovane economista pro-Keynes chepiù tardi avrebbe vinto il premio Nobel.11

Durante gli anni Trenta e Quaranta erano sempremeno gli economisti disposti a litigare con Keynes.Sapevano che rappresentava la Cambridge University,

343

Keynes oratore

77.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 473.

88.. John Maynard Keynes, Economica, vol. 11, 31 novembre 1931, in JohnMaynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theory and After:Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1973, p. 245.

99.. Keynes, “Economica”, p. 252.1100.. John Maynard Keynes, Hibbert Journal, ottobre 1910, in John Maynard

Keynes, Collected Writings, vol. 11, Economic Articles and Correspondence –Academic, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1983, p. 509.

1111.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 469.

un centro d’importanza mondiale per l’economia, chelui stesso aveva fama mondiale, che aveva diretto econtrollato l’Economic Journal, l’organo scientifico piùimportante in tema di economia in Gran Bretagna, esapevano che aveva fama d’invincibilità nel confrontoverbale. In tali circostanze qualsiasi economista attentoalla carriera in Gran Bretagna o anche negli Stati Unitici pensava due volte prima di scontrarsi con una figuracosì formidabile e intimidatoria.

Fuori dalle fila degli economisti Keynes avevaardenti ammiratori e aspri detrattori. Raramente le per-sone erano neutrali nei suoi confronti. Fra gli ammira-tori c’erano molte persone potenti, perché Keynes eraun inveterato tessitore di reti sociali. Lord Macmillan,presidente del Committee on Finance and Industry delgoverno britannico nel 1930, disse a Keynes dopo aver-lo ascoltato per sei ore e mezza di fila: «Non ci siamonemmeno accorti del tempo mentre lei parlava».12

Dean Acheson, segretario di Stato americano, nelsuo libro di memorie ha detto che la «mente poliedricaed estremamente lucida [di Keynes] brillava e ballavacon la luce».13 Sir Richard “Otto” Clarke, un collega diKeynes al dipartimento del Tesoro britannico, conven-ne che «la cosa straordinaria di lui era il fascino e lavivacità d’intelletto – sempre brillante e interessante, eoriginale e provocatorio».14

L’economista Lionel Robbins amava Keynes, puravendo subito alcuni attacchi personali nel corso deglianni. Così lo descrive all’apertura dei negoziati mone-tari a Washington, verso la fine della seconda guerramondiale:

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Tutti gli errori di Keynes

1122.. John Maynard Keynes, verbali del Committee on Finance and Industry,John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: Rethin-king Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1981, p. 148.

1133.. Citato in Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 60.1144.. Susan Howson - Donald Moggridge (a cura di), The Wartime Diaries of

Lionel Robbins and James Meade, 1943-1945, London, Palgrave Macmillan,1990, citato in A. Cairncross (a cura di), Anglo-American Economic Collabo-ration in War and Peace, 1942-49, London, Clarendon, 1982, p. 71.

Keynes era nel suo stato più lucido e convincente; el’effetto era irresistibile. In simili momenti, mi ritrovospesso a pensare che Keynes debba essere uno degliuomini più importanti che sia mai vissuto – la veloci-tà di mente, i guizzi dell’intuizione, la fantasia vivida,la visione ampia e soprattutto quell’incomparabilesenso per le parole più adatte, si combinano per crea-re un qualcosa che va di molto oltre il limite delle ordi-narie possibilità umane.15

Come accennato non tutti erano, però, suoi ammira-tori. Henry Morgenthau, segretario del Tesoro america-no, scrisse nel suo diario che «[Keynes] è uno di quelliche sanno tutto loro».16

Nemmeno Fred Vinson, successore di Morgenthau ein seguito presidente della Corte Suprema, apprezzavalo stile di Keynes. Mentre i due si trovavano insieme aBretton Woods, nel New Hampshire, per completare illavoro sul nuovo sistema monetario globale, Keynesfece un riferimento giocoso al balletto della bella addor-mentata nel bosco dicendo, dopo il brindisi prima dicena, che sperava che nessuna strega cattiva, nessunaCarabosse, rovinasse il loro lavoro. Vinson scherzandoin privato disse: «Non m’interessa se mi chiama “esse-re maligno”, ma “strega” sì».17

Keynes aveva un rapporto particolarmente teso conHarry Dexter White, il delegato del Tesoro americanoche, più di ogni altro individuo, plasmò il sistemamonetario del dopoguerra (e che in seguito si rivelòessere un simpatizzante dell’Unione Sovietica oltre cheun occasionale informatore). James Meade descrissecosì l’interazione fra queste due «prime donne»:18

345

Keynes oratore

1155.. Howson - Moggridge, The Wartime Diaries, 24 giugno 1944; citato inSkidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, p. 123.

1166.. Howson - Moggridge, The Wartime Diaries, 19 giugno 1941; citato inSkidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, p. 123.

1177.. Richard A. Gardner, Sterling-Dollar Diplomacy, Oxford, Oxford Uni-versity Press, 1986, p. 266, nota 4.

1188.. Howson - Moggridge, The Wartime Diaries, p. 135; anche in Skidelsky,Fighting for Britain 1937-1946, p. 319.

Keynes e White siedono uno accanto all’altro […]senza alcun ordine del giorno […] si attaccano l’unl’altro, in uno stridente duetto della discordia che,dopo un crescendo d’insulti da entrambi i lati, finiscein un caotico rinvio.19

In quell’occasione a vincere fu White, perché rap-presentava la potenza dominante. Dunque, in ultimaanalisi, il trattato di Bretton Woods rifletteva più il suopensiero che quello di Keynes. Ma Keynes dominava lediscussioni, come faceva sempre. White inizialmenteprovava frustrazione per le discussioni con Keynes, mapoi questo stato d’animo si era trasformato in ansia esofferenza fisica, il che alla fine l’aveva spinto a man-dare il proprio vice alle riunioni.20

Il magistrale biografo di Keynes, Robert Skidelsky,ipotizza che «la vera grandezza» dell’economista stessenella retorica, «nell’“arte della persuasione” in sensoclassico».21 Sembra un’osservazione corretta, soprattut-to in riferimento al Keynes oratore e soprattutto al Key-nes oratore estemporaneo.

Keynes non era solo un oratore, ovviamente, maanche uno scrittore; però, a questo proposito non ritro-viamo la stessa unanimità di vedute, come vedremo nelprossimo capitolo.

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Tutti gli errori di Keynes

1199.. Howson - Moggridge, The Wartime Diaries, p. 135; anche in Skidelsky,Fighting for Britain 1937-1946, p. 127.

2200.. Armand Van Dormael, Bretton Woods: Birth of a Monetary System, Lon-don, Macmillan, 1978, p. 101; citato anche in Skidelsky, Fighting for Britain1937-1946, p. 310, dove si accenna a questo vice.

2211.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 448.

Fu il suo secondo libro, Le conseguenze economiche dellapace (1920), a rendere Keynes famoso in tutto il mondo ea dare una spinta alla sua carriera come intellettuale notoal pubblico. La sua tesi, vale a dire che i vincitori dellaprima guerra mondiale avessero piantato i semi del futu-ro conflitto trattando troppo duramente la Germania,rimane discutibile. Lo storico Paul Johnson definiscequello di Keynes «uno dei libri più distruttivi del [vente-simo] secolo»,1 perché incoraggiava un tacito consensoalla rinascita militare tedesca.

Qualsiasi sia la nostra opinione in merito a questatesi, dobbiamo riconoscere che lo stile della scrittura èchiaro, spumeggiante, intelligente e arguto, anche se unpo’ di maniera per i gusti moderni. Keynes non scrissemai più così bene, forse perché ebbe moltissimi impegnie semplicemente gli mancò il tempo per concentrarsi. Unaltro libro di quasi altrettanto valore è Esortazioni e profe-zie, costituito da materiale tratto da Conseguenze economi-che della pace e confezionato assieme a testi più brevi scrit-ti originariamente per riviste e giornali.

Abbiamo già accennato, nel capitolo 4, all’eccellente,ma assai tecnico, Trattato sulla probabilità (1921). Il Trat-tato della moneta (1930) in due volumi doveva essere unopus magnum, ma non riuscì nell’impresa, nemmenostando al giudizio dello stesso Keynes. Infatti, egli scris-se alla madre che

347

11.. Paul Johnson, Modern Times: The World from the Twenties to the Eighties,New York, Harper & Row, 1983, p. 30.

Capitolo 20

Keynes scrittore

dal punto di vista artistico è un fiasco: troppe volte hocambiato opinione nel corso della stesura.2

Il suo biografo Robert Skidelsky rileva «frasi terri-bilmente involute» e «algebra oscura» in parte delprimo volume, benché ritenga che nel secondo «lasituazione migliori notevolmente».3

Nella sua prefazione alla Teoria generale Keynes cidice che questo libro è destinato a economisti di profes-sione. Ciò nonostante egli deve aver nutrito la speranzadi un pubblico più ampio, perché mantenne basso ilprezzo, alla cifra, strana per l’epoca, di 5 scellini (1,50dollari negli Stati Uniti).4 Con l’eccezione di alcuni pas-saggi spumeggianti (e ampiamente citati), la scrittura èpeggiore di quella del Trattato e l’algebra altrettantooscura e irrilevante.

Paul Samuelson, professore di economia al MITdopo la seconda guerra mondiale e autore di unmanuale di economia molto popolare, fu uno dei piùardenti discepoli di Keynes in America. Ecco cosa ha dadire sulla sua amata Teoria generale:

È un libro scritto male e strutturato male. […] È arro-gante, irascibile, polemico e non molto generoso neisuoi riconoscimenti. Abbonda di passaggi involuti econfusi. [… È] un libro oscuro al punto che i sedicentianti-keynesiani devono presumere la propria posizio-ne in gran parte a credito, a meno che non siano dis-posti a faticare parecchio e a correre il rischio dellaseduzione di quest’opera di genio.5

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Tutti gli errori di Keynes

22.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 13, The General Theoryand After: Preparation, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1973, p. 176.

33.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 317.

44.. Étienne Mantoux, in Henry Hazlitt (a cura di), The Critics of KeynesianEconomics, New York, D. Van Nostrand, 1960, p. 97.

55.. H.W. Spiegel (a cura di), The Development of Economic Thought, Wiley,1952, p. 767; citato anche in Henry Hazlitt, The Failure of The “New Econo-mics”, New Rochelle (NY), Arlington House, 1978, pp. 2, 89.

A leggere una cosa di questo genere ci torna inmente l’amore di Keynes per i paradossi. Samuelson,l’ardente discepolo, ci sta dicendo che quello del suomaestro è un buon libro proprio perché non lo è.

Noi, comunque, non dobbiamo affidarci solo aSamuelson per un commento sulla cattiva scrittura estruttura del volume, e sulla complessiva confusione,della Teoria generale. A seguito della sua pubblicazione,nel 1936, molti importanti economisti sottolinearono glistessi problemi, benché alcuni di loro esitassero a criti-care o litigare con Keynes, e dunque scegliessero conattenzione le proprie parole. Frank H. Knight, impor-tante economista americano, si lamentò del fatto chefosse «straordinariamente difficile dire cosa intendel’autore. […] Un’opinione franca sull’opera mi sembrapiuttosto infondata».6

Joseph Schumpeter, il più famoso economista dellametà del ventesimo secolo dopo Keynes, rilevò la «tec-nica di eludere i problemi attraverso definizioni artifi-ciali, le quali, messe in relazione con assunzioni alta-mente specializzate, producono tautologie che appaio-no paradossali».7 L’economista britannico HubertHenderson in privato disse: «Per anni mi sono impo-sto di tenere per me certi fatti non desiderando litiga-re in pubblico con Maynard […] ma […] considero iltesto di Maynard una concatenazione di sofismi con-fusi».8 E l’economista francese Étienne Mantouxaggiunse che il tutto appariva semplicemente come la«razionalizzazione di una politica […] da tempo notaper essergli cara».9

Nella Teoria generale Keynes spende buone parole

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Keynes scrittore

66.. Frank Knight, “Unemployment: And Mr. Keynes’s Revolution in Eco-nomic Theory”, Canadian Journal of Economics and Political Science-Toronto,febbraio 1937, pp. 100-123; anche in Hazlitt, The Critics of Keynesian Eco-nomics, pp. 67, 92.

77.. Joseph Schumpeter, Essays: On Entrepreneurs, Innovations, Business Cycles,and the Evolution of Capitalism, New Brunswick, Transaction, 2002, p. 161.

88.. Skidelsky, The Economist as Savior 1920-1937, p. 589.99.. Étienne Mantoux, in Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, pp. 101-

102.

sulla chiarezza, sulla coerenza e sulla logica.10 È prontoa scagliarsi contro quelli che considera gli errori deglialtri, ma poi ci trascina dentro un cunicolo di sinuosità,gergo inutile e fuorviante, travisamenti, confusione,contraddizioni, irrealtà e una generale illogicità.

Non è che Keynes sia del tutto oscuro. Si riesce aseguirlo nei cunicoli per scoprire quello che dice. Unavolta fatto questo, non è difficile estrarre e ordinare lesue idee in forma intelligibile.

E questo è stato il nostro compito fino a ora. Abbia-mo cercato di presentare Keynes non nel modo oscuroin cui lui presenta se stesso, ma il più chiaramente pos-sibile. È importante fare questo, per prima cosa per sve-lare ciò che Keynes ha detto davvero e poi per racco-gliere le argomentazioni contrarie. Nel resto di questocapitolo, comunque, esploreremo molto brevementeproprio questi cunicoli, e in particolare alcune dellestrategie retoriche che Keynes utilizza per difenderel’indifendibile e in generale sostenere le sue paradossa-li raccomandazioni di policy.

Strategia numero uno: la poca chiarezzaEcco una tipica frase della Teoria generale:

Abbiamo piena occupazione quando la produzione èsalita a un livello al quale il rendimento marginale daun’unità rappresentativa dei fattori di produzione èdisceso alla minima cifra alla quale è disponibile unaqualità di fattori sufficiente a dare quel volume di pro-duzione.11

Ciò significa, in sostanza, che non abbiamo ancoraraggiunto la piena occupazione se non tutti i fattori pro-duttivi sono pienamente occupati. Ricorderemo che,secondo Keynes, solo a questo punto dobbiamo preoc-cuparci dell’inflazione.

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Tutti gli errori di Keynes

1100.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 371.

1111.. Keynes, General Theory, p. 303.

Keynes trovava da ridire quando gli altri economistiscrivevano in modi così tortuosi. Ad esempio, in una let-tera del 1931 al direttore di The New Statesman andNation, accusò Lionel Robbins proprio di questo, benchéRobbins fosse, nel complesso, un autore molto chiaro:

Il professor Robbins vuole «una maggiore elasticitàdei costi salariali locali» […] che in parole poveresignifica, suppongo, una riduzione dei salari medi.12

Dopo questa frecciata a Robbins, bisognerebbe pen-sare che per lo meno Keynes avesse evitato da parte suadi usare il termine “elasticità” nella Teoria generale. Einvece no. Lo usa (e ne abusa) ripetutamente.

Strategia numero due: abuso e cattivo uso di terminitecnici

Nell’esempio precedente, Lionel Robbins stava per lomeno utilizzando un gergo standard per gli economisti.Keynes amava creare un proprio gergo o, peggio ancora,amava usare il gergo standard in modo non standard.Ciò comportò un rimprovero da parte dell’economistaFrank H. Knight nella revisione della Teoria generale cheabbiamo già citato: «Sembra che parole e modalità d’e-spressione familiari siano state evitate per principio».13

L’unico motivo legittimo per utilizzare un linguag-gio tecnico è quello di rendere una frase più chiara, senon per il lettore medio, almeno per il professionista.Keynes, invece, di solito usa un linguaggio tecnico perconfondere e, come vedremo tra breve, questa potevaanche essere una strategia deliberata.

Strategia numero tre: definizioni mutevoliKeynes ci dice nella Teoria generale che gli economisti

non hanno definito in modo chiaro l’espressione gerga-

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Keynes scrittore

1122.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31:Rethinking Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1981, p. 496.

1133.. Keynes, Collected Writings, vol. 20, p. 496; Canadian Journal of Econo-mics and Political Sciences-Toronto, febbraio 1937, p. 108; anche in Hazlitt,The Failure of The “New Economics”, p. 16.

le “efficienza marginale del capitale” (che significaapprossimativamente il ritorno di capitale).14 E poi con-tinua per tutto il libro a usare questa espressione inmolti modi diversi, almeno sette secondo il conto diHenry Hazlitt.15 Un’altra parola scivolosa della Teoriagenerale è salario, che può significare una tariffa oraria ola paga totale di un dipendente o altro ancora. Keynesnon sembra notare la differenza, il che lo induce a gravierrori logici.

Ancora una volta, Keynes critica negli altri le suestesse lacune. In una recensione all’inizio della sua car-riera, rimproverò l’autore di un libro per aver

usato la [stessa] espressione una trentina di voltein otto sensi palesemente differenti.16

Strategia numero quattro: uso improprio di terminicomuni

In alcuni casi, Keynes estende il significato di paroledi uso comune al di là di ogni possibile riconoscimento,ma senza ridefinirle esplicitamente. Per esempio, ci diceche per ogni prodotto vi è un tasso d’interesse implicito,un tasso d’interesse del grano, un tasso d’interesse delrame, un tasso d’interesse per un’acciaieria e così via.Facendo questo confonde opzioni su merci e prezzi futu-res con tassi d’interesse, il che è come mescolare e con-fondere le mele con le pere. E abbiamo già visto nel capi-tolo 16 che Keynes usa la parola “equilibrio” per descri-vere quello che in realtà è un disequilibrio.

Strategia numero cinque: rovesciamento di causa edeffetto

Tratteremo questo tema soprattutto nella quintaparte, quando torneremo alla sostanza dell’economia

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Tutti gli errori di Keynes

1144.. Keynes, General Theory, pp. 137-138.1155.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, pp. 169-170.1166.. John Maynard Keynes, Cambridge Review, 5 novembre 1903, in John

Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 11, Economic Articles and Corre-spondence – Academic, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press,1983, p. 507.

keynesiana, ma esso rientra anche nell’analisi stilistica.Keynes afferma che gli imprenditori calcolano quanteentrate guadagneranno a partire da un numero x didipendenti, però non è così: in realtà, calcolano quantidipendenti si possono permettere a partire da un’entra-ta x.17 Keynes dice che i prezzi sono bassi se la produ-zione è bassa. In realtà, è l’inverso: la produzione èbassa se i prezzi sono bassi.18 Sembra che gli piacesseroqueste inversioni, forse perché rivestono l’ordinario dilucente novità, forse addirittura di profondità. Ma inrealtà non è altro che un trucco da salotto e Keynes nonfa altro che accumulare errori su errori.

Strategia numero sei: falso determinismoAlvin H. Hansen, economista keynesiano il cui libro

(Guida allo studio di Keynes) tentò di demistificare il mae-stro, ci dice che «il contributo più rilevante di Keynes fula sua funzione dei consumi».19 Come si ricorderà dalcapitolo 15, la cosiddetta propensione marginale al con-sumo (funzione di consumo) ci dice che le persone ten-dono a risparmiare di più quando il loro redditoaumenta. Detto così, è un luogo comune, certamentenulla di nuovo. Ma Keynes la definisce «legge psicolo-gica fondamentale»,20 cosa che certamente non è. Infattinon possiamo né prevedere con certezza che la genterisparmierà sempre di più con l’aumentare del reddito,né possiamo elaborare una tabella di previsione del-l’aumento di risparmio, come invece suppone Keynes.

Nel modello keynesiano, la propensione marginaleal consumo viene anche trattata come una variabileindipendente. (Viene presunta per determinare altrevariabili e non è determinata da esse.) Ma questo è pale-semente falso. Come ha sottolineato Benjamin Ander-son, economista fra i primi critici di Keynes, «le cosid-dette variabili indipendenti keynesiane (1. propensione

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Keynes scrittore

1177.. Keynes, General Theory, pp. 24-25.1188.. Keynes, General Theory, p. 328.1199.. Alvin H. Hansen, A Guide to Keynes, New York, McGraw-Hill, 1953, p. 27.2200.. Keynes, General Theory, p. 96.

marginale al consumo; 2. efficienza marginale del capi-tale; e, 3. tasso d’interesse) sono tutte influenzate l’unadall’altra. Sono interdipendenti, non indipendenti.Keynes stesso se ne dimentica e ammette a un certopunto che la seconda è influenzata dalla prima».21

Strategia numero sette: scivolare avanti e indietro fracategorie tra loro discontinue

Abbiamo già esaminato questo punto nell’uso dialcune parole, come per esempio il termine “salario” persignificare sia un saggio salariale che uno stipendio nelsuo complesso. Keynes tende anche a scivolare avanti eindietro tra beni fisici e servizi e prezzi di materie primee servizi, il che non è altro che un ulteriore esempio dicome mescoli e confonda le mele con le pere.22

Strategia numero otto: asserzioni non sorrette da fattiIn tutta la Teoria generale ci sono solo due riferimenti

a studi statistici,23 uno dei quali viene parzialmente con-testato da Keynes che lo ritiene improbabile:

Il metodo del Kuznets deve condurre certamente auna stima troppo bassa.24

Anche quando si discute di un tema che per sua natu-ra si presta particolarmente ad analisi statistiche, comead esempio una possibile relazione tra i raccolti agricolie il ciclo economico,25 Keynes si limita a prendere posi-zione, senza preoccuparsi di cercare dati rilevanti.

Strategia numero nove: dichiarazioni inesatteNe abbiamo visto un esempio nel capitolo 11, dove

si discuteva della cattiva interpretazione dei fondi diammortamento delle imprese. Come può aver fatto un

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Tutti gli errori di Keynes

2211.. Keynes, General Theory, p. 106; Benjamin Anderson in Hazlitt, TheCritics of Keynesian Economics, p. 203.

2222.. Si veda la nota di chiusura AAA.2233.. Keynes, General Theory, pp. 102-104.2244.. Keynes, General Theory, p. 104.2255.. Keynes, General Theory, pp. 329-330.

errore tanto elementare? Probabilmente perché avevadetto molte volte la stessa cosa nei suoi vari interventie, essendo molto impegnato, non aveva avuto temposufficiente per controllare il testo scritto.

A volte Keynes sembra troppo impegnato persinoper pensare. Egli dice che se un finanziatore prestadenaro a un imprenditore, si raddoppia il rischio rispet-to all’eventualità che un imprenditore utilizzi i proprisoldi e questo doppio rischio si riflette nel tasso d’inte-resse.26 Ma questa affermazione non ha senso, come rile-va Henry Hazlitt.27 Il rischio non raddoppia quandoentra in scena un finanziatore. Prestatore e proprietariod’impresa condividono quello che è ancora lo stessorischio di fallimento.

Strategia numero dieci: macroeconomia o economiaaggregata

Di solito si dà a Keynes il merito di aver “inventa-to” la macroeconomia, che guarda ai flussi di una inte-ra economia piuttosto che alla microeconomia di spe-cifiche aziende o settori. Tuttavia non è del tutto vero.Altri economisti adottarono un punto di vista econo-mico ampio, anche se spesso facevano le loro dedu-zioni a partire da un’impresa o da un settore per por-tarle nell’economia nel suo insieme, procedimento cheKeynes, a torto, criticava. Ironia della sorte, Keynesattaccò la legge di Say (vedi il capitolo 11), la qualeperò è proprio un esempio di macroeconomia. Di sicu-ro è corretto dire che Keynes sviluppò la sua macroe-conomia e che i suoi successori l’hanno poi sviluppatanella macroeconomia di oggi. È anche vero che unpunto di vista macroeconomico rende più facile – perun esperto sofista – agire in maniera fuorviante e con-fondere le acque, e che Keynes sfruttò pienamentequesta opportunità.

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2266.. Keynes, General Theory, pp. 144-145.2277.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 166.

Strategia numero undici: cattivo uso della matematicaNel capitolo 15 abbiamo visto come Keynes scrisse

N=F(D), che significa che l’occupazione, indicata conN, è una funzione della domanda. La domanda, però, èdefinita come vendite previste, non vendite effettive. Eabbiamo rilevato come le aspettative non siano unaquantità misurabile e che quindi non possano rientrarein un’equazione.

Gran parte della matematica di Keynes è così. ComeHenry Hazlitt ha sottolineato,

una dichiarazione matematica, come una dichiarazio-ne verbale, per essere scientificamente utile deve, perlo meno, essere verificabile, anche qualora non sia veri-ficata. Se dico, per esempio (e non sto semplicementescherzando), che l’amore di John per Alice varia in unrapporto preciso e determinabile all’amore di Maryper John, dovrei essere in grado di dimostrare che ècosì. Ma non dimostro la mia affermazione, anzi, nonla rendo minimamente più plausibile o “scientifica”,se scrivo, solennemente,sia X l’amore di Mary per John,e Y l’amore di John per Alice,allora Y = F (X)e poi proseguo trionfalmente. Eppure questo è il tipodi affermazione che viene fatta costantemente daglieconomisti matematici e soprattutto da Keynes.28

Data l’atmosfera da “Alice nel paese delle meravi-glie” di tutta la Teoria generale,29 non dovrebbe sorpren-derci il fatto che Keynes interrompa il suo stesso cattivouso della matematica per dirci proprio che (in apparen-za) concorda con Hazlitt:

Dire che la regina Vittoria fu, come regina, miglioredella regina Elisabetta, ma non più felice come donna[è una] proposizione non priva di significato né d’in-teresse, ma inadatta a fornire materia per il calcolo dif-

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Tutti gli errori di Keynes

2288.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 166.2299.. Si veda la nota di chiusura BBB.

ferenziale. La nostra precisione sarebbe cosa ridicolase cercassimo di adoperare tali concetti in parte inde-terminati e non quantitativi come base di un’analisiquantitativa.30

E ci mette anche in guardia dai

metodi simbolici pseudo-matematici […] di analisieconomica.31

Dopo un po’ della sua algebra egli aggiunge che:

Non annetto gran valore a manipolazioni del genere.32

È abbastanza tipico di Keynes attaccare, poi disar-marsi, gridare e poi sussurrare, legittimare le sue affer-mazioni matematiche e poi ignorare, anche palesemen-te, le stesse legittimazioni. A volte, Keynes fu anchecapace di bluffare. Scrivendo una lettera personale aMontagu Norman, governatore della Bank of England,disse che le sue teorie (le stesse che in seguito sarebbe-ro apparse nella Teoria generale) erano di una

certezza matematica […] inoppugnabile.33

Keynes certamente ci sapeva fare. Alcuni dei suoidiscepoli no. L’economista Wilhelm Röpke nel 1952disse che:

I rivoluzionari [keynesiani assumono un atteggiamen-to di] veemente affermazione di sé e disprezzo appe-na velato, così come si confà solitamente agli “illumi-nati” quando trattano con quelli che rimangono nel-

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3300.. Keynes, General Theory, p. 40.3311.. Keynes, General Theory, p. 297.3322.. Keynes, General Theory, p. 305. 3333.. John Maynard Keynes, lettera a Norman, 22 maggio 1930, in John

Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31: RethinkingEmployment and Unemployment Policies, London, Macmillan; New York, St.Martin’s Press, 1981, pp. 350-356; citato anche in Robert Skidelsky, JohnMaynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior 1920-1937, London, Mac-millan, 2000, p. 351.

l’oscurità. Sembrano ritenersi superiori a tutti poichépossono evidenziare con chiaro orgoglio la difficoltàdella loro letteratura e l’uso della matematica, cheeleva la “nuova economia” quasi alle nobili e alte vettedella fisica.34

❈❈❈

Potremmo proseguire quasi all’infinito a citare leoscurità, le tortuosità, le incoerenze, gli errori logici ofattuali e così via, ma è giunto il momento di porsi l’ov-vio interrogativo: perché Keynes scrisse la sua Teoriagenerale in questo modo? Sapeva essere ordinato, orga-nizzato, coerente, pertinente, chiaro, completo ed empi-rico, oltre che divertente e spiritoso, quando voleva. Equesto risulta evidente dai libri precedenti e da moltitesti più brevi. Certo, ci sono alcuni passaggi dalla Teo-ria generale che rispecchiano queste caratteristiche. Maallora perché la maggior parte del libro è così diversa?

Ci sono molte possibili risposte. Lo storico PaulJohnson ha detto, non riferendosi a Keynes, che «nellequestioni finanziarie, lo scopo della complessità è trop-po spesso il nascondere la verità, ingannare».35 L’econo-mista francese Étienne Mantoux, recensendo la Teoriagenerale poco dopo la pubblicazione, citò la frase del1825 di un economista inglese, Samuel Bailey: «Lareputazione di complessità delle idee di un autore spes-so trae profitto da una piccola commistione d’incom-prensibilità».36

Questa potrebbe essere una parte della spiegazione,vale a dire che Keynes intendesse ingannare o impres-sionare. Ma dobbiamo tenere a mente che Keynes eraun venditore. Cercava di vendere un particolare tipo dipolitica economica ed era pronto a utilizzare qualsiasi

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Tutti gli errori di Keynes

3344.. Wilhelm Röpke, Against the Tide, Chicago, William Regnery, 1969, p.169.

3355.. Paul Johnson, Forbes, 16 marzo 2009, p. 17.3366.. Samuel Bailey, citato da citato da Étienne Mantoux in Henry Hazlitt (a

cura di), The Critics of Keynesian Economics, New York, D. Van Nostrand,1960, p. 97.

stratagemma retorico, da una chiarezza cristallina earguta all’assoluta incomprensibilità, per riuscire a con-cludere la vendita.

Perché l’inintelligibilità poteva aiutare a vendere lesue idee? Non solo perché poteva impressionare. Cosaaltrettanto importante, poteva essere usata per intimi-dire. Come abbiamo visto nel precedente capitolo, Key-nes (l’oratore) spesso faceva sentire le persone, comedisse il suo intelligentissimo amico Bob Brand, come «leultime della classe».37

A parere di questo autore, Keynes sviluppò l’oscuri-tà come uno dei suoi stili oratori. Oscurò, confuse e reseincomprensibile la “scacchiera” mentale perché si senti-va sicuro di poter tenere sempre a mente la posizionedegli “scacchi” e di poter combinarli a suo piacimentoper un attacco in qualsiasi direzione, mentre i suoiavversari non potevano. Si tratta di un’abilità davveroimpressionante, soprattutto se si parla “a braccio”. Nonc’è da stupirsi che sir Josiah Stamp, rispettato economi-sta che molto spesso faceva coppia con Keynes nelletrasmissioni della BBC, abbia detto in onda che «nonsono mai in grado di risponderti quando teorizzi [ver-balmente]».38

Se questo fosse uno stile intenzionale di Keynes osolo un’abitudine non possiamo saperlo. Ma per lui funaturale ricadere in quello stile intimidatorio e in gradodi confondere l’interlocutore quando scrisse la Teoriagenerale. Il problema è che per iscritto non funzionavabene come nelle conversazioni o nelle discussioni. Unavolta confinato nella parola stampata, ciò che si sostie-ne può essere esaminato, ed esaminato minuziosamen-te, e tutta la miriade di difetti, gli errori di fatto o diragionamento, i trucchi retorici e le false originalitàvengono svelati.

Alcuni economisti di primo piano – in particolare

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Keynes scrittore

3377.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 147. Le parole citate sono di Ski-delsky, che descrive lo stato d’animo di Brand.

3388.. John Maynard Keynes, BBC Broadcast, pubblicato in Listener, 26 feb-braio 1930, in Keynes, Collected Writings, vol. 20, p, 323.

Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, WilhelmRöpke, Jacques Rueff e Henry Hazlitt, tra gli altri – locapirono chiaramente. Altri percepirono che c’era qual-cosa che non andava, ma esitarono a dirlo per timoredella posizione di Keynes e del suo potere di ritorsione.Purtroppo nessun grande economista pubblicò un testoimportante d’immediata confutazione, così l’influenzadella Teoria generale si diffuse sempre più, nonostantetutti i suoi evidenti difetti.

Oggi molte persone – economisti, finanzieri, investi-tori, titolari d’impresa e dirigenti – dicono che Keynes èil loro eroe intellettuale. Ma hanno letto la Teoria genera-le? Hanno letto qualcosa di più di quei pochi passaggichiari e brillanti che vengono citati così spesso? L’han-no letta dal principio alla fine? E l’hanno letta in etàmatura, e non solo a scuola?

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Tutti gli errori di Keynes

Parte quintaConclusione

Nel capitolo 1 abbiamo ipotizzato che l’economiakeynesiana non risponda al buon senso.

Come al suo solito, Keynes ha un atteggiamentoambiguo. Nella Teoria generale ha esaltato il buon sensoe messo alla gogna gli economisti “ortodossi” perché neerano privi. Forse aveva dimenticato che in precedenzaaveva sostenuto che l’economia dovesse trascendere lasemplice osservazione, la logica e il buon senso, e avevarimproverato gli economisti “ortodossi” di essere trop-po semplici.

Qualsiasi cosa possa aver pensato sull’argomento,Keynes non era un economista di buon senso. Comeabbiamo visto, la sua strategia era prendere un’affer-mazione di buon senso, per esempio, “chi risparmiaha maggiori probabilità di diventare ricco rispetto achi spende”, rivoltarla sottosopra e presentarla comeuna nuova e profonda intuizione, godersi lo stuporealtrui e attendere il fiume di ammirati applausi. Peròquesto non è un esempio di geometria non-euclidea,né delle superiorità della fisica. È un esempio di eccel-lenti sofismi.

Migliaia di anni fa, l’antico filosofo romano Senecametteva in guardia gli uomini dai persuasori eloquentiche volevano portarli a credere praticamente qualsiasicosa. E osservava che «Una volta che si lascia che [que-sto] tipo di persona [entri…] in casa, […] avrete qualcu-

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Capitolo 21

L’economia alla rinfusa: cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

no che regolamenta […] il modo di usare le mascellequando mangiate e di fatto si spingerà fino a dove lavostra pazienza e credulità [glielo permettono]».1

Abbiamo fatto entrare Keynes nella casa della politicaeconomica globale e da allora è continuata la nostra cre-dulità. Si considerino, ad esempio, alcuni casi tratti dal-l’inventario completo di paradossi keynesiani o d’ispi-razione keynesiana, parziali paradossi e provocazionimossi al buon senso economico.

I. Paradossi keynesiani sul debitoA. Se il problema sono troppi crediti inesigibili, e un

esempio è rappresentato dal crollo del 2008, la soluzio-ne è quella di aggiungere ulteriore debito.

B. L’economia dipende dalla fiducia dei giocatori. Sela fiducia è stata scossa da troppi crediti inesigibili, la siripristini aumentandoli.

C. Se la gente ha sprecato soldi ottendendo prestiti espendendo in maniera imprudente, la si aiuti a indebi-tarsi e a spendere di più.

D. Se il controllo pubblico dei tassi d’interesse abreve termine ha fatto scendere i tassi e ha incoraggia-to troppi crediti inesigibili, si nazionalizzino tutti i tassid’interesse e li si abbassi. (Questo, in sostanza, è quelloche la Federal Reserve ha promesso di fare il 18 marzo2009.)

E. Dopo aver stampato nuovo denaro per abbassaretutti i tassi d’interesse al fine d’incoraggiare il ricorso anuovi prestiti, si aggiungano alcuni nuovi controllilegali, in modo che nessuno s’indebiti troppo.

F. Se le persone sembrano opporsi all’idea d’indebi-tarsi e spendere di più, i loro rappresentanti eletti nelleistituzioni pubbliche lo facciano al posto loro.

G. Meglio ancora, che il governo elabori e annunciun obiettivo di spesa per l’importo complessivo deiprestiti che vogliamo ogni anno. (Questa è la propostadi due economisti keynesiani, George Akerlof e Robert

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Tutti gli errori di Keynes

11.. Seneca, Lettera XV, citato in Hunter Lewis, The Beguiling Serpent: A Re-evaluation of Emotions and Values, Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2000, p. 74.

Shiller).2 In generale, dovremmo sempre partire dal-l’importo che vogliamo prendere in prestito e non dalloscopo per il quale sarà utilizzato tale denaro.

H. Più un’economia è indebitata, più diventa impor-tante accrescere il volume dei prestiti. Alan Greenspan,ex presidente della Federal Reserve, ha sostenuto que-sta tesi in un’intervista del 2006.3 Il presidente Obamaconvenne su tale punto nel 2008: «[Se il governo noninterviene stampando nuovo denaro, indebitandosi econcedendo prestiti], rischiamo di precipitare in unaspirale deflazionistica che potrebbe aumentare ancor dipiù il nostro enorme debito».4

I. Se i tassi d’interesse sono prossimi allo zero, si pos-sono abbassare ancora di più. Come? La Federal Reser-ve (o qualsiasi altra banca centrale) dovrebbe tenere iltasso nominale vicino allo zero, ma anche creare un’in-flazione dei prezzi al consumo «significativa». In que-sto modo i tassi d’interesse reali (corretti per l’inflazio-ne) saranno al di sotto dello zero. Ci si immagini: tassial -4 per cento? O al -6 per cento? Nessuno potrà resi-stere dal ricorrere al prestito con questi tassi! (Questa èuna proposta di un illustre economista d’ispirazionekeynesiana, Gregory Mankiw. Egli non specifica qualedovrebbe essere un obiettivo d’inflazione «significati-vo». Altri hanno suggerito fino a un -6 per cento.)5

J. Non ci si confonda pensando al governo in termi-ni tradizionali, come a un compratore e a un mutuata-rio. In realtà, il governo è il principale prestatore.

II. Paradossi keynesiani su spesa e risparmioA. La spesa è la strada per la ricchezza. Più si spen-

de, più si ha. Questa è la legge di Keynes: se la società

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L’economia alla rinfusa: cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

22.. George Akerlof - Robert Shiller, Animal Spirits, Princeton UniversityPress, Princeton, 2009; si veda anche Benjamin Friedman per una recensionea questo libro, New York Review, 28 maggio 2009, p. 44. Qui Friedman osser-va di aver fatto una proposta simile in “Monetary Policy with a Credit Aggre-gate Target”, Journal of Monetary Economics, primavera 1983.

33.. Marc Faber, Gloom, Boom, and Doom Report, ottobre 2007, p. 20.44.. Economist, 14 febbraio 2009, p. 78.55.. Rich Miller, Bloomberg News, 19 maggio 2009.

spende, i beni saranno prodotti. Il che smentisce lalegge di Say: se la società lavora e produce avrà i mezziper acquistare ciò che viene prodotto.

B. Ogni dollaro di spesa pubblica moltiplica magica-mente se stesso man mano che si muove attraverso l’e-conomia. Come parziale risultato, il deficit di spesa delgoverno si ripaga attraverso indennità di disoccupazio-ne più basse e maggiori entrate. Gli oneri del debitopubblico non aumentano nel tempo. (NB: Andate a rac-contarlo a Stati Uniti o Giappone, ma soprattutto a que-st’ultimo.)

C. Non abbiamo bisogno di risparmiare per investi-re. (NB: Questo presuppone che il governo stamperà ildenaro da investire.)

D. Il nuovo denaro stampato dal governo è unaforma di risparmio «genuino» tanto quanto i risparmitradizionali. Tuttavia, a differenza dei risparmi tradi-zionali, non causa recessioni. Anzi, le previene e le cura.Quando troppo denaro sguazza nell’economia sottoforma di risparmio tradizionale, il governo corregge ilproblema stampando nuovo denaro (risparmio) eimmettendolo nell’economia.6

E. A livello personale risparmiare può essere unascelta prudente e addirittura virtuosa. Ma a livellonazionale è un atto antisociale. Nella misura in cui ilgoverno stampa nuovo denaro, non vogliamo piùrisparmiare a titolo personale. Oppure, se anche lovogliamo, non lo faremo in quel momento.

F. Un’altra soluzione al problema del troppo risparmioè semplicemente quella di lavorare di meno. In questocaso, lavorare meno è la cosa più responsabile da fare.(NB: Si prega di fare come Keynes dice, e non come fa,visto che lui personalmente lavorò e risparmiò molto.)

G. Se la nostra educazione puritana non ci consentedi lavorare di meno, andrà bene anche «trovare qualco-

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Tutti gli errori di Keynes

66.. Per alcuni esempi di questa paradossale argomentazione, si vedano: PaulKrugman, “Revenge of The Glut”, New York Times, 1 marzo 2009; e AlanGreenspan, “The Fed Didn’t Cause the Housing Bubble”, Wall Street Journal,11 marzo 2009.

sa da far fare». Oppure possiamo sperare in un disastronaturale o addirittura in una guerra per assorbire irisparmi.

III. Alcuni paradossi in stile keynesiano del presiden-te Obama

A. Indebitarsi e spendere in realtà significa rispar-miare e investire! Il presidente ha affermato che il suoprimo bilancio, che faceva tornare a salire l’indebita-mento e la spesa, «porta a una crescita economica dif-fusa, passando da un’era di indebitamento e spesa aun’era in cui risparmiamo e investiamo». (Questo bilan-cio si chiama «Una nuova era di responsabilità». Rap-presenta un allontanamento dalla cultura della «gratifi-cazione istantanea», del «debito eccessivo» e «del tra-mandare […] un debito in crescita […]». Intensificare laspesa e il prestito significherà «aumentare la domandaaggregata». Ciò «ricostruirà [l’]economia, [non] sullostesso mucchio di sabbia, [ma] su una roccia».)7

B. «Il deficit […] ha contribuito a causare […] questacrisi, [ma un deficit più grande contribuirà a risolverla]».8

C. I programmi di spesa pubblica che prima di unacrisi non vengono ritenuti sostenibili da un punto di vistaeconomico, lo diventano nel corso di una recessione.

D. Al fine di ridurre la spesa pubblica per l’assisten-za sanitaria, è necessario aumentare tale spesa.

E. Aumentare la spesa pubblica è un modo affidabi-le per incrementare la domanda (e quindi alzare i prez-zi) nel settore dell’assistenza sanitaria.

IV. Ancora altri paradossi sull’emissione di nuovodenaro (oltre a quelli già riportati in tema di debito)

A. I governi non devono far scendere i tassi d’inte-resse solo durante le crisi. Come Keynes ha sottolinea-to, devono mantenerli bassi sempre.

(NB: Inondare l’economia con nuovi capitali alla fineporta a un’inflazione dei prezzi al consumo. L’inflazio-

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L’economia alla rinfusa: cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

77.. Weekly Standard, 13-20 aprile 2009, p. 8.88.. Wall Street Journal, 9 aprile 2009, p. A-2.

ne dei prezzi si traduce generalmente in tassi d’interes-se più alti, non il contrario. In alternativa, il nuovodenaro può fluire in asset d’investimento, nel qual casoproduce inflazione di asset. Sia l’inflazione dei prezzi alconsumo, sia quella degli asset, normalmente portano aun crollo. E le crisi economiche riducono i tassi d’inte-resse, ma non nel modo voluto.)

B. L’obiettivo finale per i tassi d’interesse dovrebbeessere zero. Anche i dividendi azionari dovrebberoessere pari a zero.

(NB: Questo non significa che non esiste scarsità eche nessuno deve aspettare per avere qualcosa.)

C. Non bisogna preoccuparsi di scoraggiare i rispar-miatori con bassi tassi d’interesse (o alte tasse sulrisparmio). Come si è osservato in precedenza, nonvogliamo affatto il risparmio. Oppure, se lo vogliamo,bassi tassi d’interesse ne creeranno di più (e non il con-trario). (Questo è un esempio di paradosso keynesianoall’interno di un altro paradosso.)

D. I crolli sono causati da problemi di credito legatiall’inflazione o alle bolle di debito. Il credito è controllatodalla Federal Reserve e dalle altre banche centrali. Non-ostante ciò, i crolli non sono causati dalle banche centrali.

E. Dal momento che per le banche centrali nazionaliè difficile tenersi separate dalla politica, sarebbe meglioavere un’unica banca centrale mondiale, che sarà liberadalle influenze politiche.

V. Paradossi keynesiani sui salvataggiA. Keynes aveva ragione: il settore privato è guida-

to principalmente dagli «spiriti animali». Le crisi hannoun’origine psicologica. Arrivano quando arrivano,senza nessuna particolare tempistica o ragione.

B. Gli economisti keynesiani George Akerlof eRobert Shiller ci aiutano a definire meglio questi «spiri-ti animali» non razionali. Fra le altre cose, includono lafiducia, le opinioni contrastanti sulla correttezza e lacorruzione.9

368

Tutti gli errori di Keynes

99.. Akerlof - Shiller, Animal Spirits.

Visti in questa ottica, i salvataggi sono uno strumen-to multiuso. Non solo ripristinano la fiducia dei consu-matori, ma li rassicurano sul fatto che l’economia vienegestita in modo equo e che il denaro non corrompe ledecisioni pubbliche.

C. È rassicurante sapere anche che i funzionari digoverno responsabili di salvataggi e stimoli fiscali sianoesenti dalle fluttuazioni riguardanti la fiducia, da opi-nioni contrastanti sulla equità, dalla corruzione o daspiriti animali in generale.

D. Se si lascia che le più grandi banche commerciali ed’investimento falliscano non ci sarà più nessun creditore.

E. I profitti, anche quelli provenienti da investimen-ti altamente speculativi di leverage, devono spettare agliinvestitori privati, ma le perdite devono essere copertedal governo e, in ultima analisi, dai contribuenti. Cisono momenti in cui è dovere patriottico dei piccolicontribuenti pagare i debiti degli investitori ricchi.

F. Dal momento che i salvataggi trasferiscono sem-plicemente denaro da un gruppo sociale a un altro (adesempio, dai contribuenti ai ricchi investitori), non sonoeconomicamente dannosi. (Questo argomento ci vienepresentato da Robert Solow, illustre keynesiano, ex pro-fessore di economia presso il MIT e vincitore del premioNobel. Con le sue parole, «non sono trasferimenti etica-mente soddisfacenti, ma non si capisce come possanodanneggiare a lungo termine l’economia».)10

G. Premiare gli eccessi speculativi del passato ridur-rà tali eccessi in futuro.

H. Premiare il fallimento aumenterà la probabilità disuccesso futuro.

I. Per far funzionare i salvataggi è meglio fare affi-damento su mani allenate, in primo luogo sulle perso-ne che hanno avuto aziende in difficoltà.

J. Se il problema è che alcune società sono conside-rate “troppo grandi per fallire”, si fondano le aziende insocietà più grandi e si rendano sempre più grandi isuperstiti.

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L’economia alla rinfusa: cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

1100.. New York Review of Books, 14 maggio 2009, p. 6.

VI. Altri paradossi keynesiani sulla leadership econo-mica dello Stato

A. Wall Street è sempre uno speculatore a breve ter-mine. Per fortuna, come abbiamo visto, il governo nonsi preoccupa delle prossime elezioni, ma ha una visionea lungo termine. Ciò lo rende un investitore più effica-ce del settore privato. (Non ci si deve preoccupare seKeynes definisce i politici «sciocchi assoluti».11 La suaera solo una battuta.)

B. Parlando del vantaggio della visione a lungo ter-mine dobbiamo comunque tenere presente che qualsia-si sforzo di risparmiare implica una visione troppo alungo termine. In questo caso, dobbiamo ricordare a noistessi che «nel lungo termine saremo tutti morti».

C. Quando una società fallisce, si suppone chemuoia. Quando un’agenzia governativa (come la Fede-ral Reserve) fallisce, dovremo darle ancora più potere eindipendenza dalla supervisione del Congresso.

D. Sebbene Wall Street sia un luogo corrotto, farlagestire dal governo non comporterà una corruzione diquest’ultimo.

E. Sebbene Wall Street sia un caos, è il posto miglio-re da cui attingere conoscenze e persone d’esperienzache gestiscano la politica economica e finanziaria delgoverno.

F. Non dobbiamo preoccuparci delle persone chefanno la spola avanti e indietro tra posti di lavoro aWashington e settori gestiti da Washington come lafinanza, la medicina e l’industria farmaceutica. Le oli-garchie politico-finanziarie rappresentano una minac-cia solo nelle repubbliche delle banane, non nelle eco-nomie sviluppate.

G. La cosa migliore della regolamentazione è chenon dobbiamo mai preoccuparci di chi regolamenterà iregolatori.

H. Quello bancario è già uno dei settori più pesan-temente regolamentati e dunque ulteriori norme

370

Tutti gli errori di Keynes

1111.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 21.

andranno bene.I. Se il sistema bancario tornasse a essere «noioso»,

come raccomanda l’economista keynesiano Paul Krug-man,12 tutto andrebbe bene. Certo, i tempi cambiano. Ilsistema bancario vecchio stile e «noioso» a livello dimegabanche potrebbe essere ridondante, non piùnecessario. Ma non preoccupatevi. Il governo troverà ilmodo per aiutarlo a sopravvivere comunque.

Come abbiamo già detto in precedenza, questo è unelenco molto parziale dei paradossi e dei mezzi para-dossi keynesiani.13 Beh, cosa significano? Hanno untema comune? Cosa c’è di profondamente sbagliato intutto ciò? Queste ultime domande ci portano al para-dosso centrale di tutto il keynesismo.

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L’economia alla rinfusa: cosa avrebbe voluto farvi credere Keynes

1122.. Paul Krugman, New York Times, 10 aprile 2009, p. A-19.1133.. Nella nota di chiusura CCC ne vengono elencati altri, fra cui alcuni più

tecnici.

Il paradosso centrale del keynesismo è quello divoler “aggiustare” il sistema dei prezzi e dei profittisovvertendolo. Da questa volontà nessun settore eco-nomico ne è esente.

Vi sembra esagerato? Consideriamo i seguenti con-trolli diretti o indiretti da parte del governo inclusi nelleprescrizioni di politica keynesiane.

A. Controlli sui prezzi1. Controlli sul tasso d’interesse

Come abbiamo osservato in precedenza, i tassi d’in-teresse sono fra i prezzi più critici. Tutti i prezzi sonocorrelati fra loro in una certa misura, ma i tassi d’inte-resse influenzano in modo particolare gli altri prezzi.Nel sistema keynesiano, fatto proprio da tutti i governidel mondo, si prevede che i tassi d’interesse vadano inun’unica direzione, verso il basso. Se salgono, si preve-de che sia solo per brevi periodi.

2. SovvenzioniAlcuni tassi d’interesse specifici, come quelli dei

mutui abitativi negli Stati Uniti, vengono manipolatiattraverso sovvenzioni, oltre che con il controllo deiprezzi. Il problema delle sovvenzioni è che aumentanola domanda senza aumentare anche l’offerta, il cheporta a una crescita dei prezzi. Questo è il motivo per

373

Capitolo 22

Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo: il paradosso centrale

di tutto il keynesismo

cui le sovvenzioni per l’acquisto di case pensate peraiutare i compratori a reddito basso ebbero un effettocontrario nei primi anni del ventunesimo secolo: reserole abitazioni sempre meno accessibili per chi compravaper la prima volta. Le sovvenzioni al settore dell’assi-stenza sanitaria hanno avuto lo stesso effetto, aumen-tando la domanda (senza aumentare l’offerta) e quindifacendo salire i prezzi.

3. Controlli indiretti (o diretti) sulla valutaNon esiste nessun libero mercato globale in materia

di valute. Alcuni governi controllano completamente ilprezzo mondiale delle loro valute, altri lo controllano inmisura inferiore. Come nel caso dei tassi d’interesse, sisuppone che anche questi importantissimi prezzi nondebbano salire.

4. Livello minimo del prezzo degli assetA differenza dei tassi d’interesse e delle valute, non

si prevede che i prezzi degli asset debbano scendere. Sedovessero farlo o dovessero correre il pericolo di farlo,si può stampare nuovo denaro e abbassare i tassi d’in-teresse per sostenerli. Se questo non bastasse, si posso-no utilizzare anche sovvenzioni dirette.

I cosiddetti mutui tossici che le banche statunitensi equelle globali detenevano durante la crisi economicadel 2008 illustrano il modo in cui specifiche classi diasset possono essere selezionate per ricevere sovvenzio-ni. Come abbiamo visto nel capitolo 14, l’amministra-zione Bush propose di «fare in modo che le banche tor-nassero al prestito» comprando nell’autunno del 2008 iloro mutui inesigibili. Il programma venne rifilato a unriluttante Congresso. Ma come fare per comprare que-sti mutui? Non esistevano prezzi! Il problema era tuttoqui. Non si trattava principalmente di solvenza dellebanche o di una crisi di liquidità. Era una crisi dei prez-zi. I mutui appartenevano a una sorta di terra di nessu-no creata dal governo, che li aveva slegati da qualsiasialtro prezzo reale. Ancora peggio, il governo insistevasul fatto che dovessero essere marked-to-market, anche se

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Tutti gli errori di Keynes

non c’era nessun prezzo di mercato.L’amministrazione Bush si arrese. In seguito l’ammi-

nistrazione Obama sviluppò la sua soluzione “creati-va”. Decise di concedere in prestito grandi quantità didenaro pubblico a prezzi stracciati alle società di WallStreet, nella speranza che comprassero i mutui. Conquesta operazione si supponeva di riuscire a stabilireun prezzo. Ma sarebbe stato un prezzo reale? Ovvia-mente no. Sarebbe stato un altro prezzo sovvenzionato.

La triste verità è che i decisori politici statunitensi,tutti keynesiani, potrebbero non essere in grado di rico-noscere un prezzo reale nemmeno trovandoselo davan-ti. Sono abituati a trattare con prezzi manipolati e laloro immaginazione non conosce limiti nell’inventarenuovi metodi per alterarli ulteriormente. Il bisogno dicrearne di nuovi è sempre urgente, perché ogni prece-dente manipolazione continua a presentare i suoi ina-spettati (e indesiderati) risultati.

5. Livello minimo salarialeI salari sono un altro prezzo chiave che i decisori

politici keynesiani non riescono a lasciare in pace. Key-nes disse che erano pericolosi sia gli aumenti che lediminuzioni salariali. Queste ultime avrebbero dimi-nuito la capacità d’acquisto dei lavoratori. L’aumentodei salari avrebbe colpito, invece, la fiducia delle azien-de. In pratica, però, erano le riduzioni quelle che dove-vano essere assolutamente evitate. Se i salari dovevanoessere corretti, l’operazione doveva riguardare tutta l’e-conomia, e non questa o quella impresa.

Tutto ciò è un’assoluta sciocchezza. Perché un’eco-nomia funzioni, i salari (come tutti gli altri prezzi)devono correggersi da soli, impresa per impresa e set-tore per settore, e non nell’economia nel suo complesso.E l’aggiustamento deve essere continuo. I salari dovreb-bero essere liberi di aumentare e diminuire. In questomodo sarebbero protetti i profitti, i posti di lavoro e iredditi dei lavoratori.

I keynesiani di oggi si sono resi conto di ciò? No.Basta guardare a come tanto il presidente Bush quanto

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Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo

il presidente Obama hanno gestito il tracollo di GeneralMotors e Chrysler. Taluni immediati tagli di stipendioerano solo uno dei numerosi rimedi sensati da prende-re in considerazione. Ma non furono nemmeno discus-si. Erano assolutamente fuori questione. Sia il governoche il sindacato preferivano una perdita di massa diposti di lavoro piuttosto che minime riduzioni salariali.

Si prenda in considerazione la legislazione cardcheckdel presidente Obama: non solo eliminerebbe lo scruti-nio segreto quando i lavoratori devono votare se aderi-re o meno al sindacato. Sepolto nel documento, e pocodiscusso, c’è un altro provvedimento che richiederebbel’arbitrato obbligatorio nelle dispute sui salari fra socie-tà e sindacati. Questo significa che se un’azienda nonraggiunge un accordo con un sindacato, la decisione suisalari verrà presa da qualcuno di esterno all’azienda. Ilche a sua volta significa che le aziende non avrebberopiù il controllo sui loro costi.

6. I controlli sui compensi dei dirigentiNon solo dovrebbero scendere i salari, ma anche i

compensi dei dirigenti. Questo riflette la visione diKeynes per cui le soluzioni di mercato per salari e com-pensi dei dirigenti sono «ingiuste». L’illustre economi-sta keynesiano Robert Shiller sostiene a tal propositoche «le pratiche di retribuzione dirigenziale negli StatiUniti devono essere rese più giuste».1 Purtroppo néKeynes né Shiller ci dicono in che modo dovrebberoessere stabiliti i compensi, o a chi spetti farlo. Non puòessere deciso per tutta la nazione in un colpo solo. L’in-tero senso del sistema dei prezzi è quello di stabilirerapporti specifici fra prezzo e costo, i quali poi determi-nano il livello dei profitti. È un’assurdità pensare dipoter avere qualcuno dei vantaggi del sistema profitto-prezzo se i compensi sono uniformi o vengono decisi aWashington.

In teoria, tutto questo è abbastanza chiaro. Nonostan-te ciò Washington non riesce a smettere di entrare a piè

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Tutti gli errori di Keynes

11.. Bloomberg News, 16 aprile 2009.

pari nella questione dei compensi dei dirigenti. In segui-to al crollo del 2008, ci fu grande clamore al Congresso ealla Casa Bianca sui bonus pagati ai dirigenti delle socie-tà salvate, su una frenetica legislazione che potesse stabi-lirne un tetto massimo e su altre norme destinate a con-trollare i compensi dei dirigenti in generale.

Nei primi anni Novanta il Congresso decise (senzaalcun motivo evidente) di fissare un tetto massimo perla deducibilità delle imposte di tutti i compensi deidirettori generali delle società pubbliche. Questanorma, poco discussa, portò a un abbandono su vastascala dei compensi in denaro in favore dell’assegnazio-ne di stock option. L’enfasi su queste ultime portò a suavolta a un vasto indebitamento societario per incre-mentarne quantità e prezzo e, in definitiva, attraversouna serie di passaggi circolari, contribuì alla bolla spe-culativa del mercato azionario che ne seguì.2

Se i governi vogliono ridurre davvero le ricompenseeccessive, perché creano lotterie in cui il vincitore siprende tutto? Perché dare un premio immenso a ununico vincitore e non una serie di vincite più piccole aun numero molto maggiore di persone? Perché nondare un esempio di “giustizia” ed “equità” per lo menonelle lotterie? La risposta, ovviamente, è che premi piùequi non fanno vendere biglietti della lotteria (e quindinon generano le entrate richieste).

7. Controlli diretti sui prezziI governi continuano a ricorrere anche a questi. Nel

2008 la Banca Mondiale stilò un elenco di 21 paesi cheesercitavano un controllo sul prezzo del cibo. Negli StatiUniti i prezzi dei servizi sanitari sono controllati attra-verso i sistemi Medicare, Medicaid e Veterans Admini-stration. A volte questi controlli sui prezzi hanno loscopo d’impedirne un aumento. Altre volte devonoimpedire un calo. In quest’ultimo caso, il controllo deiprezzi è solitamente definito come un “controllo di qua-

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Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo

22.. Hunter Lewis, Are the Rich Necessary? Great Economic Arguments and HowThey Reflect Our Personal Values, Mt. Jackson (VA), Axios Press, 2007.

lità”, come quando si decide che solamente i medici pos-sano svolgere servizi che potrebbero essere forniti daun’infermiera o da altri professionisti del settore.

8. Barriere al commercioAl giorno d’oggi i governi preferiscono, laddove sia

possibile, controllare le proprie bilance commercialimanipolando le valute. È quello che l’Economist chiama«protezionismo sottile», anche se non è poi così sottile.3

Tuttavia c’è ancora moltissimo protezionismo vecchiostile, sotto forma di dazi e barriere tariffarie, aumentatidopo il crollo del 2008, soprattutto in Russia.

In generale i prezzi sono indicatori del funziona-mento del mercato. Ci dicono la verità su ciò che è scar-so, ciò che è in eccesso e ciò che accade. Quando igoverni, incoraggiati da Keynes, smantellano senzasosta e aggirano il sistema dei prezzi di mercato è per-ché non gradiscono la verità che esso racconta. Ma nes-suna economia può prosperare molto a lungo sullemenzogne, le mezze verità, i sotterfugi o anche le falsi-tà bene intenzionate.

Per di più i keynesiani non sovvertono solamente ilsistema dei prezzi. Fanno lo stesso anche con il sistemadel profitto. Esaminiamo ancora qualche elemento inmerito alle prescrizioni politiche di Keynes e al modo incui condizionano le disciplina tradizionale del profitto.

B. Interferenza nel sistema dei profitti1. Il bastone della recessione e della bancarotta viene abban-donato

Abbiamo parlato a sufficienza di questo argomentonel capitolo 10 e nel capitolo 15. Ecco una breve sintesi.Il sistema del profitto è in realtà un sistema di profitto eperdita. Il bastone della perdita e della bancarotta èragionevolmente più importante della carota del profit-to nel motivare gli operatori e nel regolare il sistema.Tuttavia i keynesiani rifiutano la perdita e la bancarot-ta, ritenendoli anacronismi non necessari. Le recessioni,

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Tutti gli errori di Keynes

33.. Economist, 21 marzo 2009, p. 78.

se possibile, vanno evitate e se non è possibile vannoinsabbiate con salvataggi e stimoli artificiali. Di conse-guenza gli errori del passato non vengono mai pagati ei nuovi si sommano ai vecchi.

Alcuni keynesiani continuano a dirci che le econo-mie non si correggono da sé e che, una volta crollate,crolleranno per sempre se non vengono salvate. La granparte dei keynesiani oggi ammette che questo punto divista è sbagliato. Un’argomentazione più comune è cheuna contrazione economica è eccessivamente dolorosa,implica troppe perdite di produzione, impiega troppotempo. Ma una recessione è proprio un periodo diripresa e se tutto questo viene bloccato non sarà maipossibile per il paziente ristabilirsi completamente.

2. Una politica d’inflazione persistente crea profitti illusori,confonde gli operatori e premia gli speculatori

I titolari di aziende e i manager sanno che il governocontinua imperterrito a creare inflazione, riempiendol’economia di denaro di nuovo conio. Tuttavia dalmomento che il nuovo denaro entra soprattutto comedebito, nessuno sa dove si trovi in un dato momento,dove stia andando o quanto ce ne sia. I profitti di oggisono reali oppure rappresentano un’illusione inflazio-nistica? È difficile capirlo perfino per i più esperti. Nelfrattempo gli speculatori possono usare questo nuovodenaro a buon mercato per fare le loro scommesse e sehanno fortuna possono vincere enormi cifre, mentre icomuni mortali che lavorano duramente sembrano sci-volare sempre più indietro.

3. Il termine “profitto” è stato estirpato dai manuali dimacroeconomia

Keynes riteneva che la disoccupazione fosse il pro-blema macroeconomico più importante. Ci ha detto chel’occupazione cresce con la domanda. Ma questa è unamezza verità. L’occupazione, in realtà, cresce con i pro-fitti (quelli reali, non i “profitti” da bolla inflazionisti-ca), come lo studioso dei cicli economici, Wesley Mit-chell, dimostrò quasi un secolo fa.

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Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo

4. Profitti “di contabilità” sostituiscono profitti realiAll’inizio del 2009 al mondo venne detto che i pro-

fitti bancari americani erano in ripresa e che si trattavadi un segnale positivo di superamento del crollo finan-ziario. Ma le banche moderne sono costrutti artificialidel governo, come i loro profitti. Fino a quando rimar-ranno costrutti artificiali, collegate solo debolmente aiprezzi reali di mercato, ai flussi di denaro e ai profitti, lebanche saranno una minaccia mortale per la stabilitàeconomica.4

5. I monopoli (che il governo dovrebbe sradicare) vengonoincoraggiati e protetti

Abbiamo già discusso di questo argomento nel capi-tolo 14. Esistono numerosi monopoli sostenuti dalgoverno negli Stati Uniti, che spaziano dal piccolo(rating finanziario) al grande (macellazione), fino al piùvasto e pervasivo (i mutui e l’industria farmaceutica).Dal momento che i settori regolamentati diventanosempre più dei settori “a sostegno governativo”,aumenta il potenziale del governo per creare e rafforza-re i monopoli.

6. Le imposte incoraggiano l’indebitamento e la speculazione,penalizzando la normale ricerca di profitto

È ampiamente riconosciuto che le imposte sugli utilisocietari non vengono in realtà pagate dalle società.Infatti vengono pagate indirettamente dai lavoratori,dai consumatori e dagli azionisti. E allora perché tassa-re direttamente gli utili societari, quando questi utilisono il miglior indicatore dell’occupazione?

Gli utili pagati agli azionisti vengono tassati duevolte: una prima volta all’interno della società e poi dinuovo quando vengono pagati come dividendi. Dalmomento che il pagamento degli interessi è deducibile ei dividenti no, questo fatto incoraggia le società a ricor-rere al prestito piuttosto che a finanziare se stesse ven-dendo azioni. Negli anni Novanta, le società risposero

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Tutti gli errori di Keynes

44.. Questo punto è stato discusso ulteriormente nel capitolo 16, sezione 1b.

indebitandosi pesantemente per ritirare le loro azioni.Ciò contribuì alla bolla speculativa del mercato aziona-rio e alla bolla del debito più generale della fine deglianni Novanta e dell’inizio del ventunesimo secolo.

Dobbiamo anche tenere presente che molte delle pic-cole imprese statunitensi non sono strutturate comesocietà per azioni e quindi non pagano imposte sugliutili attraverso una dichiarazione dei redditi aziendale.Se dobbiamo aumentare le tasse sui redditi più elevati,non sarà difficile rendere deducibili gli utili delle picco-le imprese fintanto che si mantengono all’interno del-l’attività. Facendo questo creeremmo molti nuovi postidi lavoro, poiché sono le piccole imprese quelle cheassumono di più.

❈❈❈

Questo è, dunque, il paradosso keynesiano principa-le. Il sistema prezzi/profitti deve essere salvato colpen-dolo, strattonandolo, smontando uno dopo l’altro ognirapporto prezzo-profitto di qualsiasi mercato, così chealla fine si lascerà il tutto nel caos più totale. Ovvia-mente alcuni di questi interventi sono più dannosi dialtri. L’assalto ai tassi d’interesse di mercato e ai livellivalutari è particolarmente distruttivo, poiché questiprezzi sono fondamentali per l’economia nel suo com-plesso. Ma tutto è comunque distruttivo in qualchemodo e grado.

E c’è molta ironia in ciò. Per dire solo una delle tantecose, sono passati solo pochi decenni dal crollo delcomunismo. A quell’epoca, si pensava che Marx avessechiuso; il capitalismo (si pensava) aveva trionfato. Lastragrande maggioranza delle persone in tutto ilmondo ne concluse che i mercati avevano per lo menoqualche virtù.

Questo a sua volta divenne parte del problema.Come disse Lawrence Summers, ex segretario del Teso-ro, presidente di Harvard e principale consigliere eco-nomico del presidente Obama, «[la vecchia idea eraquella di] contrastare e sopprimere i mercati. [La nuova

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Cosa c’è di profondamente sbagliato in tutto questo

idea è di] usare i mercati [per ottenere obiettivi pro-gressisti]».5 Sembrava una dichiarazione costruttiva. Imercati erano una buona cosa, ma potevano diventarequalcosa di ancora migliore. Era proprio ciò che dicevaKeynes – non c’è nulla di sbagliato nei mercati che qual-che aggiustamento qua e là non possa sistemare.

Così “gli aggiustatori” tornarono al lavoro, pieni dirinnovato entusiasmo. I presidenti della Federal Reser-ve Alan Greenspan e Ben Bernanke e gli altri banchiericentrali presero l’iniziativa. Vennero stampate monta-gne di nuovo denaro. Si formarono bolle che poi scop-piarono. Giunti al 2007-2008 “gli aggiustatori” ritenneroche i mercati non avevano bisogno solamente di un po’di lavoro. Avevano bisogno di una revisione completa.

Il presidente Obama ha dichiarato: «Credo ferma-mente in un sistema di libero mercato».6 Non c’è alcunmotivo per dubitare della sua parola. Probabilmenteconcorda anche con il primo ministro australiano,Kevin Rudd, sul fatto che i mercati devono essere depu-rati dal «fondamentalismo del libero mercato» e dalla«avidità eccessiva».7 Presumibilmente né Obama néRudd hanno il minimo sentore del fatto che stannoincastrando lunghi e grossi bastoni nei raggi della ruotadel mercato, per poi esclamare ad alta voce che la ruotanon gira e che ha bisogno di una urgente riparazionegovernativa.

È quello che Keynes avrebbe chiamato un «pastic-cio». Ma non abbiamo bisogno di Keynes o della suapotente mente intuitiva per uscirne. Dobbiamo solosmettere di cercare di “salvare” il sistema dei profitti edei prezzi manipolandolo in ogni modo immaginabile.

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Tutti gli errori di Keynes

55.. The Commanding Heights, documentario televisivo, PBS.66.. Weekly Standard, 13-20 aprile 2009, p. 8.77.. Economist, 14 febbraio 2009.

Parte sestaSaluti finali

Il giornalista conservatore David Brooks colse lostato d’animo degli Stati Uniti all’inizio della presiden-za Obama con queste parole:

Per dire […] qualcosa di trito e ritrito, il governo è il pro-blema, non potete aver fede nel governo federale […]non è quella la nazione, non è lì il futuro della nazione.1

Il senso di questa affermazione è che il problema è ilgoverno, anche se non proprio il governo in sé, ma piut-tosto la dottrina keynesiana che guida ogni governo delmondo. In effetti il governo potrebbe diventare davve-ro la soluzione. Per quanto possa sembrare improbabi-le, potrebbe tornare al suo ruolo essenziale e protegge-re la gente dalla frode e dalle usurpazioni, diramarebuone leggi che governino le operazioni di mercato eabbracciare una visione di vera sostenibilità piuttostoche giocarsi tutto in funzione della prossima elezione.Potrebbe anche, attraverso assennati cambiamenti nellalegislazione fiscale, costruire un settore filantropico nonprofit più grande e forte, in grado di aiutare chi nonriesce a farcela da solo e ha davvero bisogno di assi-stenza da parte degli altri.2

E invece i governi scommettono il futuro dei loro

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Capitolo 23

Salutando Keynes

11.. Yahoo News, 25 febbraio 2009.22.. Si veda la nota di chiusura DDD.

paesi su esperimenti keynesiani non testati e mal defi-niti. Di che tipo di stimolo abbiamo bisogno? La rispo-sta sembra essere: di qualsiasi stimolo il Congressometta insieme alla bell’e meglio. Di quanto stimoloabbiamo bisogno? L’economista keynesiano RobertShiller risponde: «Deve essere fatto su scala sufficiente-mente grande». Per quanto tempo ne avremo bisogno?«Per molto tempo in futuro». Al che la keynesiana Chri-stina Romer, alla testa dei consiglieri economici del pre-sidente Obama, aggiunge: «Attenzione a non tagliare lostimolo troppo presto». Come faremo a sapere se fun-ziona? Chiedetelo più avanti.3 Date le dimensioni dellesomme scommesse su questi esperimenti, le rispostedovrebbero essere migliori di queste.

E allora teniamo a mente che la richiesta di una rispo-sta migliore non è un mero esercizio di parte. Comeabbiamo visto, la gran parte dei repubblicani è keynesia-na, come la gran parte dei democratici e come la granparte degli altri partiti nel resto del mondo. Il keynesi-smo è quello che è stato insegnato “a tutti”. E siamo tuttiintrappolati in un’argomentazione circolare (vale a direche il keynesismo è valido perché la gran parte delle per-sone lo presume tale). Se vogliamo salvare i nostri figlida esperimenti falliti, dobbiamo abbracciare il cambia-mento, il vero cambiamento e non quello promesso dalpresidente Obama e dagli altri leader politici, che nonfanno altro che riportarci indietro agli anni Trenta.

Nel suo secondo libro Keynes raccontò come ilprimo ministro britannico Lloyd George avesse “turlu-pinato” il presidente statunitense Woodrow Wilsondurante la conferenza di pace seguita alla fine dellaprima guerra mondiale. Volendo invertire alcune deci-sioni egli aveva scoperto che «era più difficile fare apri-re gli occhi a questo vecchio presbiteriano [Wilson] diquanto non fosse stato ingannarlo».4 E ciò descrive la

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Tutti gli errori di Keynes

33.. Robert Shiller, Bloomberg News, 16 aprile 2009; Heidi Przybyla, Bloom-berg News, 2 aprile 2009, citazione di Christina Romer.

44.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, p. 55.

nostra situazione di oggi: Keynes ci ha turlupinati e oraè difficile farci comprendere la realtà.

Nello stesso libro in cui descrive Lloyd George eWilson, Keynes dichiara che le idee sono un fattoresecondario nella storia dell’uomo,5 ma alla fine dellaTeoria generale si contraddice e afferma che le ideegovernano il mondo. Purtroppo per tutti noi, sono leidee di Keynes a governare il mondo di oggi. Ma lebolle intellettuali, come le bolle finanziarie, non duranoper sempre.

In una piccola libreria di Pechino, nascosta al nonopiano di un edificio adibito sia a uffici che ad abitazio-ni, si può trovare l’opera completa di Mao, tutta dispie-gata in nuove eccellenti edizioni con copertine colorate.Un piccolo gruppetto di veri credenti trova rifugio inquesto luogo. Le vendite sono addirittura leggermenteaumentate dallo scoppio della crisi nel 2008.6 Forse que-sto negozio, dall’appropriato nome “Utopia”, custodi-sce gelosamente e diffonde anche le opere di Karl Marx.

Un giorno, in futuro, ci potrebbe essere un negoziosimile dedicato a Keynes. Le sue parole non avranno piùcosì tanto peso nel mondo, ma in questo luogo la suaopera completa verrà presentata magnificamente e delsuo nome si parlerà sottovoce e con tono reverenziale.

Speriamo di non dover aspettare troppo perché Key-nes raggiunga Mao, Marx e gli altri sostenitori di utopiesbiadite e false. Allontanarsi dalle false utopie non signi-fica abbandonare scopi e ideali raggiungibili. Possiamodavvero avere un’economia stabile, un’economiacostruita su prezzi e profitti veritieri. Questa economiapuò davvero essere sostenibile sia dal punto di vistafinanziario che da quello ambientale e può, con lavoro etenacia, farci lasciare la povertà alle spalle, finalmente.

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Salutando Keynes

55.. Keynes, The Economic Consequences of the Peace, p. 296.66.. Economist, 7 febbraio 2009, p. 37.

A. Philip WicksteedLa fattibilità di un’economia basata sul buon senso

non è, ovviamente, un argomento nuovo. Nella suaopera in due volumi del 1910, The Common Sense of thePolitical Economy, Philip Wicksteed lamentava che l’eco-nomia fosse degenerata in una «mera araldica di para-dossi consacrati che non possono essere compresi per-ché non sono veri, ma che tutti usano come armi».1 Equesto accadeva ben prima che Keynes aggiungesse ilproprio arsenale personale di paradossi. Wicksteed fuun importante economista della sua epoca. Era stimatoda Henry Hazlitt e anche da Lionel Robbins, prima cri-tico e poi alleato di Keynes, il quale promosse unaristampa del libro di Wicksteed negli anni Quaranta.Keynes fece una recensione di The Common Sense of Poli-tical Economy e lo trovò troppo lungo.

B. Il problema generalizzato di capire ciò che hannodetto davvero gli studiosi di economia

È facile distorcere le idee dei pensatori più impor-tanti. Per esempio, un documentario alla televisionepubblica, The Commanding Heights, ha cercato di fare unconfronto fra le posizioni di Keynes e del suo grandecritico, Friedrich von Hayek, sulle depressioni econo-

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Note di chiusura

11.. Philip Wicksteed, The Common Sense of Political Economy, 2 voll., Lon-don, 1910.

miche. Keynes, si diceva, pensava che le depressioni, senon curate in qualche modo, avrebbero portato alla per-dita della libertà. A Hayek si attribuiva il pensiero chele depressioni fossero il prezzo necessario della libertà,dal momento che ogni intervento del governo per siste-mare la situazione avrebbe compromesso tale libertà.Ma le cose non stanno così. Si ometteva l’argomenta-zione di Hayek per cui è proprio l’intervento del gover-no a creare in primo luogo le depressioni.

C. Buon senso, realtà e modello di KeynesIn altri passaggi della Teoria generale, Keynes ci dice

di aver elaborato le proprie teorie all’interno di un con-testo che oggi chiameremmo modello economico, unaversione semplificata e astratta dell’economia. Nel suomodello si presume che dimensione e capacità di forzalavoro, scienza e tecnologia, livello di concorrenza, pre-ferenze dei consumatori e molti altri fattori essenzialisiano congelati e non possano cambiare. In altre parolenon solo non si tratta di un mondo governato dal buonsenso, ma non è nemmeno un mondo reale.

D. Roosevelt seguì le teorie di Keynes?Non possiamo determinare il grado d’influenza

avuto da Keynes sul presidente Roosevelt. I due ebberoun incontro di un’ora alla Casa Bianca, nel 1934, ma inquel momento le politiche del New Deal che vengonodefinite keynesiane erano già in atto. Roosevelt avevaforse letto Keynes? Raymond Moley, membro del“Brain Trust” del presidente, disse: «Non so se abbiamai letto un libro serio».2

I racconti sull’incontro fra Roosevelt e Keynes diffe-riscono fra loro. Felix Frankfurter riferì a Keynes che ilpresidente aveva detto che quest’ultimo «parlavamagnificamente e gli era piaciuto immensamente». MaFrankfurter era un amico di Keynes e Roosevelt lo sape-va. Secondo altri racconti Roosevelt non ebbe molta

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Tutti gli errori di Keynes

22.. Paul Johnson, Modern Times: The World from the Twenties to the Eighties,New York, Harper & Row, 1983, p. 255.

simpatia per l’economista.3 La lettera aperta scritta daKeynes al presidente, pubblicata il dicembre preceden-te nel Times di Londra e nel New York Times, era statascritta con un tono in un certo senso accondiscendente,il che poteva aver avuto un suo peso, benché WalterLippmann, il più importante giornalista americano eamico di Keynes, abbia detto che era stata proprio quel-la lettera aperta a convincere il governo statunitense amettere un tetto ai tassi d’interesse a lungo termine tra-mite l’acquisto dei bond.

E. Keynes sulla storia del tasso d’interesseKeynes ritiene che i tassi d’interesse abbiano mostra-

to quasi sempre una tendenza a essere troppo alti, conla rilevante eccezione dell’epoca in cui i conquistatorispagnoli inondarono il “vecchio mondo” con l’oro el’argento razziati da aztechi e incas. Questa inondazio-ne di quello che all’epoca era denaro aveva ridotto itassi d’interesse. I tassi bassi, secondo Keynes, avevanopoi reso possibile l’inizio di quella che era diventata larivoluzione industriale.

F. Governi che “stampano” denaroNella nostra epoca elettronica, i governi non stam-

pano il nuovo denaro in senso letterale, ma è comuneabitudine riferirsi in questo modo a tale attività. In que-sto libro, si troveranno spesso virgolettati i termini chesi riferiscono alla “stampa” di denaro, in modo che siaevidente che non debbano essere intesi alla lettera. Tut-tavia in questo contesto l’uso delle virgolette a voltepotrebbe creare confusione. Dei meccanismi di “stam-pa” del denaro discuteremo nella nota di chiusura SS.

G. Cosa intendeva Keynes quando si riferiva ai tassid’interesse

Keynes voleva un abbassamento dei tassi d’interes-se sia sul breve che sul lungo termine. Riteneva chequelli sul lungo termine sarebbero scesi da soli se fosse

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Note di chiusura

33.. Johnson, Modern Times, p. 255.

stato reso sufficientemente chiaro a tutti che i tassi sulbreve termine non sarebbero aumentati.4 Tuttavia nondubitava che, in un modo o in un altro, e se necessarioanche tramite un «attacco diretto»,5 i governi potessero«stabilire il saggio d’interesse sul lungo termine comepreferivano».6

H. Cosa intendeva Keynes per tassi d’interesse“bassi”

L’obiettivo di arrivare allo zero toccava alla genera-zione successiva. Di volta in volta, però, Keynes dicevacosa intendeva al momento per tasso d’interesse“basso”. Nel 1945 raccomandava un massimo del 3 percento per i tassi sul lungo termine e dell’1 per cento perquelli pagati dalle banche sui depositi; gli altri tassi sta-vano fra questi due estremi.7 Nel 1934 aveva detto che untasso sul lungo termine del 3,5 per cento era «ben al disopra» di quello che sarebbe stato compatibile con la«piena occupazione».8 In generale il suo obiettivo erasempre quello di spingerli verso il basso, mai il contrario.

I. Un’altra opzione politica per controllare un’econo-mia surriscaldata e oppressa dall’inflazione

Keynes menzionò anche la possibilità di alzare itassi di cambio della valuta nazionale, perché ciò avreb-be reso più costosi i prodotti esportabili e quindi avreb-be diminuito le esportazioni, il che sarebbe stato unaltro modo per soffocare l’economia. Se allo stesso

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Tutti gli errori di Keynes

44.. John Maynard Keynes, discorso tenuto all’incontro annuale della Natio-nal Mutual Insurance Co., in John Maynard Keynes, Collected Writings, vol.21, Activities 1931-39: World Crises and Policies in Britain and America, Lon-don, MacMillan; New York, St. Martin’s Press, 1982, p. 375.

55.. John Maynard Keynes, Economic Journal, settembre 1932, in John May-nard Keynes, Collected Writings, vol. 23, Activities 1940-43: External WarFinance, London, MacMillan; New York, St. Martin’s Press, 1979, p. 114.

66.. John Maynard Keynes, Times, 12-14 gennaio 1937, in Collected Writings,vol. 21, p. 375.

77.. Robert Skidelsky, conferenza al National Debt Enquiry Committeee, inRobert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 3, Fighting for Britain 1937-1946, London, Macmillan, 2000, p. 376.

88.. Keynes, Collected Writings, vol. 21, p. 315.

tempo si fossero abbassati i dazi, le importazioni sareb-bero state più economiche, il che avrebbe ulteriormentescoraggiato la produzione interna.9 D’altra parte i tassidi cambio monetario non potevano essere alzati incre-mentando i tassi d’interesse, perché questi ultimi dove-vano essere mantenuti costantemente bassi.

J. Sulle imposte sul reddito e le ritenute fiscaliCome bisognava stabilire le imposte sui ricchi? Su

questo punto pare che Keynes abbia avuto idee diversein momenti diversi. In una conversazione pare avesseparlato di un 25 per cento, ma non sembra fosse questala sua opinione abituale.10 A volte pare anche che aves-se parlato d’imposte da confisca.

Per quanto riguarda le imposte sui salari, che colpi-scono molto duramente i poveri, Keynes fu ambiguo.Gli piaceva l’idea che i pagamenti delle indennità cheerano finanziati da queste imposte potessero essereportati fuori bilancio, cosa che avrebbe mantenutobasso il deficit dello Stato, con conseguenti vantaggipolitici. D’altra parte conveniva sul fatto che «unaimposta fissa sul dipendente e un’imposta occupazio-nale sul datore di lavoro [erano] entrambe bruttissimitipi d’imposta [perché rendevano più costosa l’occupa-zione e quindi contribuivano alla disoccupazione]».11

K. La visione “paradossale” di Keynes del rapportofra risparmio e investimento

Benché Keynes avesse dichiarato che è «assurdo»pensare che l’investimento corrisponda sempre alrisparmio, ha anche detto, il che ci confonde, cherisparmi e investimenti sono «aspetti diversi della stes-sa cosa»12 e che di conseguenza sono «eguali».13 Con

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Note di chiusura

99.. John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, andMoney, Amherst (NY), Prometheus Books, 1997, p. 220.

1100.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 504.1111.. Keynes a sir R. Hopkins, 20 luglio 1942, in Skidelsky, Fighting for Bri-

tain 1937-1946, p. 268. 1122.. Keynes, General Theory, pp. 64, 74. 1133.. Keynes, General Theory, p. 328.

questo presumibilmente non intendeva «eguali» nellostesso momento; egli pensava che l’insieme di consu-mo e investimento (la domanda complessiva) determi-nasse l’occupazione, la quale generava a sua volta ilreddito nazionale, che poi determinava la capacità e ildesiderio di risparmiare (l’opposto della cosiddettapropensione al consumo descritta alla pagina 64 dellaTeoria generale).

Di conseguenza se l’investimento resta indietrorispetto al risparmio, il risultato è un reddito minore e,nel tempo, un minore risparmio. In questo modo inve-stimenti e risparmio, lasciati a se stessi e senza inter-vento pubblico, tenderanno a convergere, ma con lasfortunata tendenza, nella maggioranza dei casi, adabbassare il reddito piuttosto che ad alzarlo. Ovvia-mente sostenere che il risparmio sia una funzione del-l’investimento (e non viceversa) è un affronto diretto albuon senso, perché tutti noi possiamo notare comenella vita reale i risparmi debbano precedere sempre gliinvestimenti.

L. Virtù individuale o vizio pubblico?Come abbiamo osservato nel capitolo 11, l’espressio-

ne formale con la quale ci si riferisce a ciò che Keynesdescrive nel capitolo 3 è “fallacia della composizione”.Essendo logico che ognuno di noi cerchi di risparmiaremaggiormente durante i periodi di avversità economi-che, tutti noi presumiamo sia razionale fare lo stessoanche come gruppo di persone o come società nel suocomplesso. Ma per Keynes se tutti cercassimo di rispar-miare nello stesso momento, soprattutto in occasione diun rallentamento dell’economia, il risultato sarebbe undivario sempre più crescente fra risparmio e investi-mento, un’economia ancora più debole, un’occupazio-ne minore e un livello di reddito nazionale sempre piùbasso. Tutto ciò a sua volta porterebbe, alla fine, adavere meno risparmi, il che paradossalmente aiutereb-be le cose.

394

Tutti gli errori di Keynes

M. Jeremy BenthamCom’è noto Bentham enfatizzò i beni e i vantaggi

materiali su quelli culturali.14 Keynes rifiutò completa-mente questa visione fin da ragazzo e continuò a farloper il resto della sua vita. Ciò che Keynes voleva al disopra di qualsiasi altra cosa era che il denaro venissespeso per l’arte e la cultura, che riteneva l’essenza dellabella vita, e mise in pratica ciò che predicava fondandoun teatro a Cambridge e finanziando molti altri proget-ti artistici, così come sostenendo singoli artisti. In que-sto modo forse cercava anche di redimere il suo arric-chimento agli occhi dei suoi giovani amici, la gran partedei quali scriveva o dipingeva.

N. Il vero epicureismoGli oppositori di Epicuro fra gli antichi filosofi lo accu-

savano ingiustamente e in modo improprio di edonismoincurante, il che era esattamente l’opposto di quello in cuiEpicuro credeva, come attesta il passaggio citato.

O. Keynes sullo Stato come forza equilibratricePersino l’attento biografo di Keynes, Robert Ski-

delsky, a un certo punto dice che l’economista voleva«evitare [sia] le espansioni [sia] le depressioni».15 Manella Teoria generale disse precisamente che le espan-sioni non vanno evitate.16 Pensarla diversamente è un«serio errore».17 Nei primi anni Venti Keynes accolseparzialmente l’idea dello Stato quale forza equilibra-trice in entrambe le fasi più estreme del ciclo econo-mico. Scrisse che lo Stato avrebbe dovuto «contrasta-re» ogni azione privata volta ad alzare o abbassare iprezzi al consumo.18 Eppure con il passare del tempo

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Note di chiusura

1144.. John Maynard Keynes, My Early Beliefs, in John Maynard Keynes, Col-lected Writings, vol. 10, Essays in Biography, London, Macmillan; New York,St. Martin’s Press, 1972, p. 446.

1155.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 68.1166.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 322.1177.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 320.1188.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 4, Tract on Monetary

Reform, London, Macmillan; New York, St. Martin’s Press, 1971, p. 350.

giunse a considerare minacciosi i prezzi al consumopiù elevati e pose tutta l’enfasi sul mantenimento deltrend espansivo.

P. Keynes su MarxMichael Straight, studente di economia di Cambrid-

ge, riferì che in un’occasione Keynes dichiarò che «ilmarxismo […] come concetto economico era inferiorepersino alla sua reputazione sociale. Era un complicatopasticcio».19

Quasi certamente Marx avrebbe detto le stesse cosesu Keynes. E in un certo senso, lo fece. Nel Capitale siscagliò contro quello che successivamente sarebbediventato l’approccio keynesiano. Ecco cosa scrisse (eleggendo si tenga bene in mente che se Marx poté criti-care anticipatamente Keynes significa che la “nuovaeconomia” di quest’ultimo non fu poi tanto nuova):

L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale chepassi effettivamente in possesso collettivo dei popolimoderni è il loro debito pubblico. Di qui, con pienacoerenza, viene la dottrina moderna che un popolodiventa tanto più ricco quanto più a fondo s’indebita.Il credito pubblico diventa il credo del capitale. E colsorgere dell’indebitamento dello Stato, al peccato con-tro lo Spirito Santo, che è quello che non trova perdo-no, subentra il mancar di fede al debito pubblico.Il debito pubblico diventa una delle leve più energichedell’accumulazione originaria: come con un colpo dibacchetta magica, esso conferisce al denaro, che èimproduttivo, la facoltà di procreare e così lo trasfor-ma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno diassoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabili dal-l’investimento industriale e anche da quello usurario.In realtà i creditori dello Stato non danno niente, poi-ché la somma prestata viene trasformata in obbliga-zioni facilmente trasferibili, che in loro mano conti-nuano a funzionare proprio come se fossero tantodenaro in contanti.

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Tutti gli errori di Keynes

1199.. Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, vol. 2, The Economist as Savior1920-1937, London, Macmillan, 2000, p. 523.

[…] Poiché il debito pubblico ha il suo sostegno nelleentrate dello Stato che debbono coprire i pagamentiannui d’interessi, ecc., il sistema tributario moderno èdiventato l’integrazione necessaria al sistema dei pre-stiti nazionali. I prestiti mettono i governi in grado diaffrontare spese straordinarie senza che il contribuen-te ne risenta immediatamente, ma in seguito richiedo-no tuttavia un aumento delle imposte. D’altra partel’aumento delle imposte causato dall’accumularsi didebiti contratti l’uno dopo l’altro costringe il governoa contrarre sempre nuovi prestiti quando si presenta-no nuove spese straordinarie. Il fiscalismo moderno[…] porta perciò in se stesso il germe della progressio-ne automatica. Dunque il sovraccarico d’imposte nonè un incidente, ma anzi è il principio.20

Q. La fabbrica del formaggio verdeQuesto è un riferimento a un antichissimo modo di

dire (dai proverbi di John Heywood, 1546), che eraancora molto usato negli anni Trenta. La frase era più omeno la medesima: la luna è fatta di formaggio verde;se ci credi, crederai a qualsiasi cosa.

R. Le caratteristiche di un crollo finanziario e dellaconseguente depressione

Un crollo finanziario inizia solitamente con una o piùbanche o altri istituti finanziari sull’orlo della bancarotta.Se non si intraprende nessuna azione, tutti cercherannodi ritirare i propri fondi dall’istituto in pericolo. Se si trat-ta di una banca, si parla di una “corsa agli sportelli”. Perrispondere alla domanda di denaro liquido, la banca asua volta inizierà a reclamare il pagamento dei prestitiche ha concesso. Dal momento che gli utili tratti da que-sti prestiti potrebbero essere stati depositati in altre ban-che, anche quest’ultime potrebbero iniziare ad esigere larestituzione dei prestiti che hanno concesso. Nel frattem-po si diffonde la voce di quello che sta accadendo e lepersone iniziano a chiedersi quali siano le banche ancora

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Note di chiusura

2200.. Karl Marx, Capital, London, 1887-1894; edizione originale tedesca1867-1894, pp. 827-829.

solide, ma come precauzione iniziano a ritirare il propriodenaro da tutte le banche.

Se da parte di molte banche (o altri tipi di finanzia-tori) vi è una stretta nella concessione di prestiti nerisentono in modo diverso numerose attività economi-che. Forse queste attività hanno prestiti che si aspettanodi rinnovare per prassi, cosa che ora non possono piùfare. Se non si riescono a trovare altri finanziamenti,anche talune aziende altrimenti solide possono diven-tare insolventi. Altri tipi di attività possono aver biso-gno di prestiti per gestirsi nei mesi o addirittura neglianni le operazioni legate alla creazione di un prodotto,alla sua vendita e infine alla riscossione del pagamento.Se i prestiti non sono più disponibili, la produzione puòarrivare a bloccarsi.

A questo punto i clienti sia delle banche sia delleaziende sono assolutamente spaventati e smettono dicomprare. Quando gli acquisti sprofondano, il prezzodelle merci inizia a crollare. La mancanza di clienti e ilcrollo dei prezzi stanno a indicare che anche le entratedelle attività sprofondano. Le aziende che non riesconoad abbattere velocemente i loro costi vanno incontro alfallimento.

Anche le aziende che non rischiano la bancarotta siritrovano con un aumento dei debiti. Si ipotizzi cheprima del crollo avessero preso a prestito 40 mila dolla-ri e che li abbiano usati per comprare quattro macchi-nari. Ora, il prezzo di questi macchinari è sceso di un 50per cento, quindi con 40 mila dollari se ne compranootto. Questo significa che il valore del prestito, espressoin macchinari, è raddoppiato.

Supponendo che l’azienda in questione crei un par-ticolare tipo di bene e che anche questo si venda a metàprezzo, per generare il denaro con cui ripagare il vec-chio prestito l’azienda deve venderne il doppio in ter-mini numerici. Dal momento che il vecchio prestitocontinua a crescere, sarà sempre più difficile per l’a-zienda riuscire a ripagarlo, proprio nel momento in cuianche il resto del sistema economico va peggiorando.

Un crollo finanziario, soprattutto se sprofonda in

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Tutti gli errori di Keynes

una grave depressione economica, può essere al megliodescritto come un circolo vizioso, che poi diventa unaspirale tendente al basso, la quale, come disse Keynes,nutre se stessa.

S. Chi detiene il debito nazionale?Come disse un keynesiano americano, Stuart Chase:

Se il debito nazionale è completamente interno, comeil nostro, difficilmente la nazione andrà incontro allabancarotta. Gli americani stanno da entrambe le partidel bilancio d’esercizio.21

Oggi questo non è più vero.

T. Perché il governo prende a prestito il denaro quan-do potrebbe semplicemente “stamparlo”?

Lo stesso Keynes non affronta la questione impor-tante del perché voleva che il governo ricorresse al pre-stito per finanziare la sua spesa in disavanzo. Perchénon stampare denaro e basta? Lo Stato spesso emetteobbligazioni come metodo d’indebitamento, solo perfarle acquistare dalla banca centrale con un assegno fit-tizio. E allora perché non gestire in questo modo tutto ildebito dello Stato o stampare il nuovo denaro, chesarebbe il modo più diretto e semplice per farlo?

Ci si ricorderà che Keynes non era contrario al fattoche i suoi pianificatori economici ricorressero a un po’di sotterfugi. La gente potrebbe essere irritata dal vede-re stampare effettivamente del denaro, mentre le obbli-gazioni vengono ritirate in maniera più furtiva, comeparte di un procedimento impenetrabile e segreto che sisvolge fra governo e banche centrali. D’altra parte, nonc’è nessuna prova del fatto che Keynes volesse che lebanche centrali rilevassero tutto il debito pubblico e loritirassero di nascosto, eliminando quindi ogni necessi-tà di ripagarlo.

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Note di chiusura

2211.. Citato in Henry Hazlitt, a cura di, The Critics of Keynesian Economics,p. 342.

William Beveridge, contemporaneo di Keynes e allafine suo discepolo, scrisse il tanto celebrato “BeveridgeReport” del 1942. Questo asciutto documento di gover-no gettò le basi per il welfare state britannico del perio-do postbellico e vendette 500 mila copie. Riguardo aimeriti di un finanziamento del deficit dello Stato attra-verso l’emissione di obbligazioni o la stampa di nuovodenaro, Beveridge afferma che non esiste nessuna «dif-ferenza sostanziale» fra le due cose. Era solo una «dif-ferenza di grado» e di sicuro non una «questione diprincipio».22

U. Una deflazione “normale”Un rapido crollo dei prezzi è il sintomo di una

depressione dell’economia. La deflazione in generale,tuttavia, è un fenomeno perfettamente naturale e nor-male, non solo un sintomo di una contrazione econo-mica. Come osservò lo stesso Keynes, le aziende gene-ratrici di profitti lottano sempre per diventare più pro-duttive, il che significa essere in grado di produrre beniin modo migliore e a un minor costoso. Possono spera-re di creare prodotti in modo più economico senzaridurre i prezzi e quindi accrescere i profitti.

Con il passare del tempo, tuttavia, il bisogno dimantenere al meglio la forza lavoro implica che alcunidei risparmi dovuti al creare i prodotti in modo più eco-nomico vadano ai lavoratori. E se esiste una situazionedi normale concorrenza, costi inferiori portano anche aprezzi al consumo più bassi. In effetti, col passare deltempo tutti i risparmi solitamente vanno ai lavoratori eai clienti. Di conseguenza un’economia di mercato disuccesso è un’economia nella quale i prezzi scendonodi un 2-3 per cento annuo, anno dopo anno, anchequando non c’è alcun segnale di problemi economici.

Dal punto di vista keynesiano, anche questa discesanaturale e tranquilla dei prezzi è pericolosa. È dura coni debitori. E poi un tranquillo calo può sempre trasfor-

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Tutti gli errori di Keynes

2222.. William Beveridge, citato in Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics,p. 226.

marsi facilmente in un crollo drastico. Quindi il gover-no deve creare abbastanza inflazione da spazzare viaanche un minimo calo dei prezzi.

V. Ulteriori motivazioni a sostegno della contrarietàdi Keynes all’oro negli anni Venti

Dopo la prima guerra mondiale la Gran Bretagnanon possedeva molto oro. Nel suo Trattato della monetaKeynes riportava che, per quanto riguardava il 1919, ifrancesi ne avevano molto più degli inglesi e gli ameri-cani più di quattro volte tanto. Persino nazioni comel’Argentina e il Giappone non si distanziavano dimolto. Nel 1929, la posizione aurea della Gran Bretagnaera ancora più debole.23

Inoltre alla fine della prima guerra mondiale la GranBretagna doveva somme molto ingenti agli Stati Uniti,un debito pagabile in oro, ma a sua volta era in creditodi grandi cifre con la Germania e altri Stati europei. Sitrattava di crediti che sarebbero stati pagati, se maifosse accaduto, in cartamoneta.24 La politica favorita daKeynes era quella di convertire tutti i debiti in cartamo-neta e poi di contribuire a pagare i vecchi debiti infla-zionandoli, vale a dire stampando più denaro o incre-mentando altrimenti la disponibilità monetaria. Quan-do fosse apparso il nuovo denaro, l’ammontare dovutoin pagamento dei vecchi debiti si sarebbe contratto dra-sticamente in rapporto all’ammontare di denaro in cir-colazione nell’economia. Si tratta di una vecchia tecnicadello Stato, praticata nelle varie epoche: ripagare ildebito, certo, ma farlo con denaro che vale meno. Eraproprio una pratica che il sistema aureo classico volevafar cessare.

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Note di chiusura

2233.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 6, A Treatise on Money:The Applied Theory of Money, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1971, p. 266.

2244.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 20, Activities 1929-31:Rethinking Employment and Unemployment Policies, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1981, pp. 418-419; anche in Johnson, ModernTimes, p. 28.

W. I DSPKeynes rimase deluso dal fatto che, alla sua istituzio-

ne, il Fondo Monetario Internazionale non potesse crea-re nuovo denaro. Nel 1969 venne comunque stabilita lapossibilità di fidi, il che consentiva alle nazioni di utiliz-zare dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) a complementodelle riserve di valuta straniera. Questi DSP non sonocorrelati ai prestiti FMI e sono disponibili in proporzioneal conto capitale di ogni nazione, anche se le nazioni piùricche possono riallocarli a quelle più povere.

Il Fondo Monetario Internazionale dice che i DSPnon sono valuta, soprattutto non sono una valuta dinuova creazione, ma è difficile considerarli diversa-mente. Cosa importante, nella riunione del G-20 (leventi nazioni con le maggiori economie) dell’aprile2009 si decise di aumentarli di 250 miliardi di dollari. Alcontempo durante la riunione si riaffermò il concettostesso dei DSP e si decise di aumentare le probabilitàfuture di creazione di maggiore “liquidità” globale aopera del FMI, vale a dire di nuovo denaro.

X. Qualsiasi cosa pensasse sull’economia globale, aKeynes piaceva l’idea di salvaguardare le culturelocali

Durante la seconda guerra mondiale, Keynes scris-se che:

Nel mondo postbellico […] dovremmo incoraggiare lepiccole unità politiche e culturali. Sarebbe bello averetrenta o quaranta capitali in Europa, ognuna centro diuna nazione autonoma, assolutamente libera da mino-ranze nazionali (che verrebbero gestite tramite lamigrazione laddove fosse necessario). […] Ma sarebbeuna rovina avere trenta o quaranta unioni economichee valutarie del tutto indipendenti.25

Keynes era davvero favorevole a una migrazioneforzata della popolazione? Era questa la sorta di piani-

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Tutti gli errori di Keynes

2255.. Skidelsky, Fighting for Britain 1937-1946, p. 218.

ficazione nazionale e internazionale che aveva inmente? Forse era solamente l’equivalente scritto diqualche lapsus linguae, come gli sbalorditivi occasionalicommenti antisemiti.26 Il problema, qui come altrove, èche sia la mente sia l’immaginazione di Keynes eranocosì fertili da concepire sempre nuove idee, molte incontraddizione fra loro, ed era difficile dire effettiva-mente da che parte stesse.

Y. La teoria dell’interesse di KeynesPiù ci si addentra nella “teoria” sui tassi d’interesse

di Keynes più essa ci appare strana. Egli dice che i tassid’interesse vengono determinati in gran parte dalla«preferenza di liquidità» dei prestatori. (La preferenzadi liquidità potrebbe essere definita nel contesto keyne-siano come una «preferenza per l’accumulazione didenaro».)27 Ciò significa che i tassi dipenderanno dallavolontà dei finanziatori di prestare, una visione nien-t’affatto straordinaria, ma neanche completa, dalmomento che chi ricorre al prestito ha molta voce incapitolo. E Keynes aggiunge che ha importanza anchel’ammontare di denaro presente in un’economia.28

La verità è che il prezzo di qualsiasi cosa dipende daofferta, domanda e quantità di denaro presente nell’e-conomia. Nell’economia più semplice che si possaimmaginare, ad esempio quella di due naufraghi finitisu un’isola disabitata dei Mari del Sud, con tre coltellidi recupero e 3 dollari, possiamo essere certi che ognicoltello ha il prezzo di un dollaro. Se viene perso un col-tello, il prezzo dei due rimanenti sale a un dollaro e 50centesimi. Se in una bottiglia arrivata sulla riva si tro-vano altri tre dollari, la somma di denaro raddoppia,per cui i due coltelli varranno 3 dollari l’uno.

La definizione del costo dei prestiti (tassi d’interes-

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Note di chiusura

2266.. John Maynard Keynes, Essays in Persuasion, New York, W.W. Norton,1963, p. 302; John Maynard Keynes, saggio su Einstein, in John MaynardKeynes, Collected Writings, vol. 10, Essays in Biography, London, Macmillan;New York, St. Martin’s Press, 1972, pp. 382-384.

2277.. Keynes, General Theory, pp. 166-167.2288.. Keynes, General Theory, pp. 167-168.

se) non è molto diversa da quella del costo dei coltelli.L’offerta di denaro a disposizione per il prestito è unfattore, la domanda di denaro in prestito un altro e l’im-porto totale del denaro nell’economia un altro ancora.Dato che i prestiti sono tutti in denaro, il primo e il terzofattore s’influenzeranno l’un l’altro, ma possiamo anco-ra pensarli come fattori distinti. Come vedremo inseguito, un aumento dell’ammontare totale del denaronell’economia può inizialmente aumentare la quantitàdi denaro a disposizione, ma se il denaro extra portaall’inflazione può accadere il contrario.

Quando si parla di domanda e offerta di qualcosa inrealtà si abbrevia un’ampia serie di fattori sottostanti efondamentali. Quali sono i principali elementi checostruiscono in modo più diretto l’offerta e la domandadi prestiti, e quindi il prezzo di questi prestiti espressonella forma del tasso d’interesse? Uno è il profitto poten-ziale. Se un investimento aziendale ha la probabilità difruttare il 7 per cento annuo, il titolare dell’azienda sicu-ramente non pagherà un 7 per cento o più in interessiper finanziarlo. Maggiore è il profitto potenziale per leimprese, più alto può essere il tasso d’interesse.

Ma cosa dire sul prestatore? Quali fattori interven-gono? Uno degli elementi critici è la preferenza tempo-rale. Keynes affronta questo tema in modo confuso eincidentale.29 La miglior trattazione sull’argomento èquella dell’economista Ludwig von Mises.

L’essenza del concetto di preferenza temporale nonè difficile da cogliere. Un prestatore sa di avere la pos-sibilità di scegliere se spendere del denaro oggi oppurese cederlo in prestito e, con un po’ di fortuna, domaniaverne di più da spendere. Un bambino, in genere, nondesidera ritardare la gratificazione, anche in vista diuna grossa ricompensa finale. Un adulto può essere dis-posto a farlo e questa volontà può diventare più o menoforte per diverse ragioni. Anche colui che ricorre al pre-stito avrà personali preferenze temporali.

In questo senso, i tassi d’interesse possono essere

404

Tutti gli errori di Keynes

2299.. Keynes, General Theory, p. 166.

considerati come il prezzo del tempo ed è facile capirequanto ciò li renda importanti, perché il tempo è un ele-mento fondamentale in tante transazioni economiche.

L’economista svedese Knut Wicksell (1851-1926) haesplorato l’idea per cui potrebbe esistere un tasso d’in-teresse “naturale” che tenderebbe a mantenere un’eco-nomia libera sia da inflazione sia da deflazione estrema,vale a dire che potrebbe mantenere agili le altre modifi-che di prezzo all’interno di un’economia. L’economistaaustriaco Ludwig von Mises ha poi corretto e sviluppa-to l’idea di Wicksell. Keynes aveva familiarità con que-sto lavoro, ma nella sua Teoria generale respinse e travisòl’idea di un tasso d’interesse naturale. Questo suo rifiu-to è comprensibile dal momento che personalmente eraa favore di una politica inflazionistica, che è proprio ciòche un tasso d’interesse naturale vorrebbe evitare.

Keynes si dilettava particolarmente a ribaltare ilsapere convenzionale. Ne è un esempio la sua afferma-zione per cui tassi d’interesse elevati ridurrebbero ilrisparmio, l’opposto di quello che ci si aspetta. Perché?I potenziali risparmiatori non vengono forse incorag-giati dalla possibilità di guadagnare di più? Sì, diceKeynes, ma tassi d’interesse elevati scoraggiano l’inde-bitamento delle aziende. Ciò riduce gli investimentiaziendali, il che a sua volta riduce il reddito nazionalee, alla fine, il risparmio. Così, è l’investimento a con-durre al risparmio e non il contrario.30

Questo è un paradosso, bello, ma sbagliato. Se l’au-mento dei tassi d’interesse è accompagnato da unaumento delle opportunità d’investimento, e forseanche cagionato da esse, le imprese non effettuerannotagli sugli investimenti. Di solito, infatti, i tassi d’inte-resse aumentano quando la crescita economica accele-ra. Conclusione: è il risparmio che porta agli investi-menti, così come tutti danno per scontato.

Henry Hazlitt ha rilevato come la tendenza a cresceredei tassi d’interesse nel corso di un boom economico e ascendere nel corso di una crisi è di per sé una confuta-

405

Note di chiusura

3300.. Keynes, General Theory, pp. 110-111.

zione della teoria dell’interesse basata sulla preferenza diliquidità di Keynes.31 Se avesse ragione Keynes sul fattoche i tassi d’interesse sono in gran parte determinatidalla preferenza di liquidità dei prestatori, accadrebbe ilcontrario: i tassi scenderebbero durante un boom econo-mico e aumenterebbero nel corso di una recessione. Equesto perché gli individui vogliono partecipare al boome non trattenere i contanti, mentre nel caso di una crisipreferiscono tenersi stretti i propri soldi, rendendo cosìpiù difficile per le imprese l’ottenimento dei prestiti.

Si deve riconoscere che all’inizio di una crisi i tassid’interesse possono aumentare. A quel punto, le impresee gli individui con un risparmio insufficiente possonocercare disperatamente di accedere al prestito per paga-re i propri conti. Se i tassi salgono è però solo per poco.Quando si aggrava la crisi, i tassi crollano poiché l’attivi-tà economica rallenta e si ferma l’espansione delle attivi-tà, entrambi eventi che riducono la domanda di prestito.

Keynes sapeva benissimo che durante una crisi itassi d’interesse scendono e avrebbe dovuto sapere chequesto contraddiceva la sua teoria. Avrebbe anchedovuto capire che la sua proposta di un tasso d’interes-se prossimo allo zero era fattibile solo sul brevissimotermine, non per periodi più lunghi, perché implicavache il consumo differito di un bene fosse altrettantodesiderabile di un consumo immediato, che quindi l’at-tesa non avesse alcun valore e che non dovesse esserepremiata. La teoria dell’interesse di Keynes appare con-fusa e immatura, e non un solido fondamento su cuibasare la sua aggressiva prescrizione di un abbassa-mento forzato dei tassi d’interesse a opera del governo.

Z. Il giovane Keynes sull’inflazioneNel suo secondo libro, Le conseguenze economiche della

pace, scritto subito dopo la fine della prima guerra mon-diale, un giovane Keynes metteva in guardia i proprilettori dai mali dell’inflazione:

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Tutti gli errori di Keynes

3311.. Henry Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, New Rochelle(NY), Arlington House, 1978, p. 448.

Si dice che Lenin abbia dichiarato che il modomigliore per distruggere il sistema capitalistico èviziandone la moneta. Tramite un processo continuod’inflazione, i governi possono confiscare, in modosegreto e inosservati, una parte importante della ric-chezza dei cittadini. Con questo metodo non soloconfiscano, ma lo fanno arbitrariamente; e mentre ilprocesso impoverisce i molti, ne arricchisce alcuni.[…] Man mano che l’inflazione avanza […] il proces-so di ottenimento della ricchezza degenera in unascommessa e in una lotteria. Lenin aveva certamenteragione. Non esiste metodo più subdolo e certo dirovesciare le basi esistenti di una società del viziarnela moneta. E il processo arruola tutte le forze nasco-ste delle leggi economiche dalla parte della distru-zione e lo fa in modo tale che nemmeno un uomo suun milione può prevederne l’esito.32

Il riferimento a Lenin è ironico per diverse ragioni.È ironico rivolgersi a un comunista per una diagnosiaccurata di ciò che danneggia il capitalismo. Ma èancora più ironico perché Lenin non comprese mini-mamente che l’inflazione era una minaccia per qual-siasi sistema economico, non solo per quello capitali-stico, e quindi venne assolutamente colto di sorpresaquando il suo regime comunista venne afflitto da un’i-per-inflazione nel 1920. Questa inflazione si infiammòin modo talmente incontrollato che come disse lo stes-so Keynes all’epoca:

A Mosca […] se si compra del formaggio in una dro-gheria, il droghiere scappa con i rubli più veloce chepuò fino al mercato centrale, per rifornire le propriescorte cambiando il denaro in formaggio, sempre che irubli non abbiano perso il loro valore nel tragitto.33

Alla fine degli anni Ottanta il morente governosovietico guidato da Gorbachev stava di nuovo facendo

407

Note di chiusura

3322.. John Maynard Keynes, The Economic Consequences of the Peace, NewYork, Harcourt, Brace & Howe, 1920, pp. 235-236.

3333.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 161.

lavorare le zecche a ritmo serrato, inondando di denaroil paese. All’inizio la gente non capì cosa stesse acca-dendo. I prezzi al consumo erano controllati rigida-mente e comunque c’erano poche cose da comprareprevia una lunghissima coda.

Nel 1992, però, vennero eliminati i controlli sui prez-zi. Fu subito chiaro che il nuovo denaro sovietico avevareso quasi privo di valore il vecchio denaro. Molti russiavevano economizzato e risparmiato per tutta la vita.All’improvviso non avevano più nulla. La gran partedelle persone pensò che fosse colpa della “liberalizza-zione”. Non capiva che il valore del denaro era scom-parso durante il regime comunista e che l’inflazionenascosta degli anni Ottanta aveva contribuito al crollodell’Unione Sovietica.

Nel 1922 il governo tedesco chiese consiglio a Key-nes sul modo in cui controllare la sua iper-inflazione. Inmeno di due anni i prezzi erano cresciuti di più di ventivolte. L’Europa non aveva mai visto nulla di simile dapiù di un secolo e molti inglesi comprarono marchipensando che l’inflazione non potesse continuare. Sfor-tunatamente per loro si sbagliarono di grosso.34

Keynes raccomandò che il governo smettesse di spen-dere tanto, mettesse in equilibrio il proprio bilancio esoprattutto cessasse di stampare denaro. Il consigliovenne ignorato e i prezzi s’impennarono fino a tremilavolte tanto l’anno successivo. A un certo punto raddop-piavano ogni 3,7 giorni. Alla fine, il nuovo capo dellaReichbank, Hjalmar Schacht, adottò la politica severa diKeynes e l’inflazione si fermò di colpo. Ma ormai milionidi tedeschi della classe media erano rovinati e amareggia-ti, il che gettò le basi per l’era nazista che seguì a breve.35

L’episodio tedesco dei primi anni Venti di solitoviene citato come esempio classico d’iper-inflazione,

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Tutti gli errori di Keynes

3344.. John Maynard Keynes, Collected Writings, vol. 11, Economic Articles andCorrespondence – Academic, London, Macmillan; New York, St. Martin’sPress, 1983, p. 363.

3355.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, p. 45. Hajo Holborn, A History ofModern Germany, New York, Knopf, 1969, pp. 596-598. Johnson, ModernTimes, pp. 134, 136.

anche se ce ne sono stati di peggiori: la Jugoslaviacomunista, nel gennaio 1994, con i prezzi che raddop-piavano ogni giorno e mezzo, e soprattutto lo Zimbab-we, nell’ottobre del 2008, dove i prezzi raddoppiavanoquotidianamente.36

Ci sono state iper-inflazioni anche in America. Trala-sciando la Grande Inflazione degli anni Settanta, l’in-flazione raggiunse un elevatissimo tasso mensile del 40per cento durante la Guerra Civile e del 47 per centodurante la Guerra d’Indipendenza. La cosa in comunealle tre inflazioni americane è l’emissione di moltissimacartamoneta.37

Scrivendo negli anni della sua gioventù, Keynesosservava che l’inflazione operava in modo molto simi-le a una tassa, ma una tassa nascosta che poteva essereraccolta senza sforzo. E illustrò questo punto con deicalcoli matematici. Presentiamo qui una versione sem-plificata: si presuma che un’economia consista in undollaro e alcuni beni e servizi. Se il governo decide ditassarla al 25 per cento, avrà 25 centesimi, il che mette-rà a sua disposizione un quarto dei frutti dell’econo-mia. Ma così è troppo difficile. Perché non stampare 33centesimi e un terzo e spenderli? Dal momento che oranell’economia abbiamo 1,333 dollari, questi 33 e unterzo continueranno a corrispondere allo stesso quartodi beni e servizi. Se anche il governo possiede denaro,l’inflazione sarà doppiamente ben accolta, perché ildebito del governo può essere ripagato con denaro che,in termini reali (corretti per l’inflazione), vale meno.

Il giovane (e contrario a politiche inflazionistiche)Keynes concludeva che

Nel corso della storia il progressivo deterioramentonel valore del denaro non è un caso e ha avuto dietrodi sé due grandi forze di spinta – la mancanza di dena-ro dei governi e la superiore influenza politica dellaclasse debitrice.

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Note di chiusura

3366.. Steve Hanke, Forbes, 22 dicembre 2008, p. 106.3377.. Hanke, Forbes, 22 dicembre 2008, p. 106.

Un governo può vivere a lungo […] stampando dena-ro di carta. […] È la forma di tassazione che la gentetrova difficile da evadere e che anche il governo piùdebole riesce a far applicare.38

Come fanno capire questi passaggi, non c’è peggiornemico delle politiche keynesiane dello stesso giovaneKeynes.

AA. Non tutti ritengono che l’Indice dei prezzi al con-sumo sottostimi l’inflazione

Per una trattazione sull’idea che l’Indice dei prezzial consumo sovrastimi l’inflazione si veda C. Broda e D.Weinstein, Prices, Poverty, and Inequality.39 Gli autori nonspiegano perché i metodi con cui si calcolava l’inflazio-ne in precedenza, se applicati oggi, darebbero un Indi-ce più elevato. Il loro libro si occupa principalmentedella questione dell’eventuale miglioramento dellacondizione degli americani con redditi inferiori. Inmerito a questo, è importante osservare che le personenel decile dei redditi minori cambiano di continuo, inparte a causa dell’immigrazione.

BB. Le bolle del passato confutano Mises?Gli economisti contrari alla teoria del ciclo economi-

co di Mises a volte obiettano che le bolle economichesono antecedenti al sistema bancario moderno. Standocosì le cose, gli sforzi del governo di ridurre i tassi d’in-teresse artificialmente stampando nuovo denaro eimmettendolo nell’economia tramite le banche nonpossono essere la causa prima del ciclo economico.

L’esempio principale di bolla antecedente al sistemabancario moderno è il Mississippi Scheme dei primianni del diciottesimo secolo, a opera di John Law esostenuto dal governo francese. Benché avesse presoavvio come una legittima attività economica, presto sitrasformò in un tentativo di riversare nuovo denaro

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Tutti gli errori di Keynes

3388.. Keynes, Collected Writings, vol. 4, pp. 8, 37.3399.. Washington (DC), AEI Press, 2009.

nell’economia e svalutare la moneta.In realtà anche questa, come le altre prime bolle,

conferma invece che contraddire la visione di Mises percui il ciclo economico deriva dai tentativi artificiosi digonfiare l’offerta monetaria. E ci ricorda, però, che sto-ricamente questi metodi per gonfiare l’ammontare didenaro disponibile hanno preso forme diverse. Comeabbiamo visto nel capitolo 1, i primi tentativi dei gover-ni di controllare i tassi d’interesse e gli altri prezzi pos-sono essere fatti risalire ai babilonesi.

CC. Il nuovo denaro e il livello dei tassi d’interesseL’impatto sui tassi d’interesse del nuovo denaro

immesso in un’economia è sempre un fenomeno com-plesso. Abbiamo visto che può portare inflazione oaspettative d’inflazione, e quindi tassi d’interesse piùelevati o, in alternativa, inflazione mascherata e unabolla, ma anche questa è una semplificazione eccessiva.Si consideri ad esempio la decisione presa nel 2009 dallaFederal Reserve di acquistare obbligazioni a lungo ter-mine del Tesoro degli Stati Uniti con denaro creato “dalnulla”. Si trattò di una virata drastica, dal momento chela Fed non aveva acquistato obbligazioni a lungo termi-ne in questo modo dall’epoca immediatamente succes-siva alla fine della seconda guerra mondiale.

L’impatto iniziale dell’annuncio della Fed fu dram-matico. Crollarono tutti i prodotti di lungo termine delTesoro. Il mercato obbligazionario, evidentemente, eragiunto alla conclusione che la Fed non avrebbe consenti-to una crescita dei tassi sul lungo periodo, tale da rende-re vantaggioso acquistare tali obbligazioni. Ma poi i ren-dimenti a lungo termine cominciarono a salire. Perché?Forse perché i governi stranieri, detenendo più prodottidel tesoro americano di quanti ne volessero, ritenneroche quello era il momento giusto per iniziare a venderli.I governi stranieri presumibilmente non avevano inten-zione di vendere così tanti titoli statunitensi da farneaumentare i rendimenti. Ciò avrebbe avuto un impattonegativo sui prezzi e minacciato pertanto il valore dellepartecipazioni che rimanevano in loro possesso. Ma

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Note di chiusura

visto che la Fed avrebbe acquistato tali titoli, perché nonapprofittare di questa finestra di opportunità per vende-re? Dal punto di vista di un governo straniero, la Fedpoteva sembrare una sorta di “credulone” disposto aprendere merce in sovrapprezzo e non voluta.

Considerata in questo modo, l’azione della Fedpoteva non ottenere il risultato desiderato. Invece dimantenere bassi i prodotti del Tesoro a lungo termine,l’acquisto di tali obbligazioni poteva innescare una ven-dita estera tale da aumentare i tassi. In tal caso chiavrebbe “battuto ciglio” per primo? La Fed, che volevamanipolare il mercato con meno acquisti possibili? O igoverni stranieri, che vendevano i loro vasti possedi-menti di obbligazioni statunitensi indesiderate? Eraimpossibile da stabilire, ma sembrava che il vantaggiostesse dalla parte di questi ultimi. Perché avrebberodovuto smettere di “scaricare” le proprie obbligazionisulla Fed, fintanto che questa fosse stata disposta acomprarle a prezzo pieno con denaro “fasullo”?

DD. La semplice aggiunta di denaro non ci rende piùricchi

È facile capire questo concetto quando si pensa all’e-conomia nel suo complesso, ma più difficile capirlo incasi specifici, come quello della politica sanitaria degliStati Uniti. Il governo sovvenziona piuttosto delibera-tamente l’assistenza sanitaria, o pagando per essa o for-nendo ulteriore denaro per pagarla. Ciò aumenta ladomanda, ma non viene fatto nulla per aumentare l’of-ferta, anzi essa si restringe con una miriade di regola-mentazioni in merito a chi può fare cosa. Con unadomanda maggiore e un’offerta minore, il denaroaggiuntivo porta solamente a prezzi più elevati, i qualipoi di solito portano al razionamento. Questo problemaviene discusso anche nel capitolo 22.

EE. Le origini del crollo del 1929 e della GrandeDepressione

La bolla degli anni Venti fu in gran parte opera di ununico uomo, Benjamin Strong, presidente della Fed di

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Tutti gli errori di Keynes

New York. Strong dominava la politica economica degliStati Uniti e guidava il sistema finanziario mondialeassieme al suo stretto alleato, Montagu Norman, capodella Bank of England. I due temevano che il rifiuto sta-tunitense al Trattato della Lega delle Nazioni a seguitodella prima guerra mondiale avesse lasciato la politicamondiale priva di una guida. Entrambi convenivanosul fatto che gli Stati Uniti, agendo assieme alla GranBretagna, dovessero per lo meno assumersi la respon-sabilità della stabilizzazione dell’economia globale.

A quell’epoca il mondo intero (ma soprattutto laGran Bretagna) doveva ingenti somme agli Stati Uniti.Come sarebbero stati pagati questi debiti? In teoria glialtri paesi avrebbero potuto esportare negli Stati Uniti equindi guadagnare così il denaro con cui ripagare ildebito. Ma i forti dazi statunitensi rendevano difficilequesta opzione. Strong e Norman elaborarono insiemetalune politiche volte ad affrontare il problema.

In particolare, Strong stava sperimentando nuovimetodi che la da poco creata Fed avrebbe potuto usareper abbassare i tassi d’interesse. Keynes osservava (inun ammirato necrologio) che

La politica del mercato aperto [nome tecnico per lapolitica basata sulla “stampa” e immissione di denaronell’economia attraverso le banche e in forma di fondiper il prestito] fu in gran parte una sua creazione.40

Strong sviluppò ulteriormente l’idea per cui se gliStati Uniti avessero abbassato i tassi d’interesse tramiteuna «politica di mercato aperto» avrebbero avuto unboom. Se avessero avuto un boom economico, sarebbe-ro stati in grado di comprare più merci dall’estero. Allostesso tempo, parte del nuovo denaro creato dal gover-no sarebbe potuta andare all’estero sotto forma dinuovi prestiti. I nuovi prestiti non solo avrebbero con-tribuito a rifinanziare i vecchi, ma avrebbero ancheincoraggiato i governi stranieri a comprare le merci

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Note di chiusura

4400.. Keynes, Collected Writings, vol. 10, p. 323.

americane. (In alcuni casi, nel prestito era stato inclusol’obbligo di spendere parte dei fondi negli Stati Uniti.)

Questo sistema era in un certo senso analogo all’ac-cordo sviluppato tra Cina e Stati Uniti negli anniNovanta. Gli Stati Uniti avrebbero comprato vastissimequantità di merci dalla Cina, ma la Cina avrebbe con-cesso un prestito pari all’acquisto agli Stati Uniti; inpratica la Cina avrebbe finanziato la vendita. In modosimile, negli anni Venti gli Stati Uniti finanziavano lavendita di beni in Europa e al contempo rifinanziavanoi prestiti della prima guerra mondiale per sostenere lafinzione che alla fine sarebbero stati ripagati.

Herbert Hoover, prima come segretario al commer-cio con il presidente Coolidge, e poi come presidente,sostenne la politica dei prestiti esteri a basso costo per-ché riteneva che anche i prestiti inesigibili avrebberostimolato le esportazioni e quindi l’occupazione.41 Inseguito quando scoppiò la bolla del denaro e dei presti-ti a basso costo (sia domestici che esteri) Hoover aggra-vò moltissimo la conseguente depressione cercando dimantenere alti i salari, mentre i prezzi sprofondavano.(Discuteremo ulteriormente di questo quando parlere-mo delle prescrizioni di Keynes per le depressioni.) Ilperspicace Calvin Coolidge, che si dice si aspettasse uncrollo e per questo si rifiutò di candidarsi alla presiden-za nel 1928, disse di Hoover: «Quell’uomo mi ha datoconsigli non richiesti per sei anni, e tutti pessimi».42

Keynes non previde il crollo e perse moltissimo dena-ro. Nonostante questo, dopo il fatto, descrisse l’operatodella Federal Reserve negli anni dal 1923 al 1928 come un

trionfo.

Quello che né Strong né Keynes ammettevano erache una politica di denaro a basso costo creava inesora-bilmente inflazione, sebbene mascherata (come negli

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Tutti gli errori di Keynes

4411.. H.G. Warren, Herbert Hoover and the Great Depression, Oxford, OxfordUniversity Press, 1959, p. 27; citato in Johnson, Modern Times, p. 234.

4422.. Johnson, Modern Times, p. 229.

anni Novanta e nei primi anni del ventunesimo secolo).Il nuovo denaro evitava che i prezzi calassero, comeinvece avrebbero fatto altrimenti, e in qualunque casola gran parte di esso finiva in speculazioni azionarie.

Nel 1927 Strong e Norman decisero di abbassareulteriormente i tassi. Il primo scrisse al vice governato-re della Banca di Francia:

Darò un bicchierino di whiskey al mercato azionario.43

Quest’ultimo stimolo alla speculazione si dimostròun tragico errore. Ma Strong non visse abbastanza pervederne i risultati. Morì a 51 anni nel 1928.

FF. L’economista Ludwig von Mises sulle aliquote ele-vate

Mises aveva una brutta opinione dell’imposizione diuna tassazione pesante sugli scaglioni di reddito piùelevati. Sosteneva che «l’essenza delle tanto celebratepolitiche economiche “progressive” degli ultimi decen-ni era l’espropriazione in continua crescita di parti deiredditi più elevati e l’impiego dei fondi raccolti in que-sto modo per il finanziamento dello spreco pubblico eper il sovvenzionamento dei membri dei gruppi dipressione più potenti».44

GG. Perché un tasso d’interesse più alto potrebbeessere uno stimolo

Finora, nella nostra discussione, abbiamo suppostoche tassi d’interesse bassi possano stimolare l’investi-mento e la crescita economica, mentre quelli alti otter-rebbero l’effetto contrario. Tuttavia, dobbiamo tenerepresente che il rapporto fra i diversi tassi d’interesse hauna grande importanza. Un 1 per cento sui fondi Fedsarà in genere più incentivante di un 4 per cento, mapotrebbe non dipendere dal livello degli altri tassi.

Una banca guadagna nello spread, la differenza fra il

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Note di chiusura

4433.. Johnson, Modern Times, p. 236.4444.. Hazlitt, The Critics of Keynesian Economics, p. 313.

tasso al quale prende a prestito e quello al quale presta.Benché preferisca un 1 per cento di tasso di prestito aun 4 per cento, se può ottenere prestiti all’1 per cento edarne al 3 per cento non va bene tanto quanto prende-re a prestito al 4 per cento e dare in prestito al 7 percento. In questo caso, il 4 per cento sui fondi Fed puòessere più “stimolante” dell’1 per cento, perché inco-raggerà una maggiore disponibilità al credito bancario.

Le banche non sono le uniche a investire nello spread.Gli hedge funds e altri soggetti finanziari fanno lo stesso.Quando gli hedge funds prendono in prestito denaro contassi bassi e contemporaneamente lo prestano con ren-dimento maggiore si parla di carry trade.

HH. Conseguenze indesiderate delle sovvenzionipubbliche agli studenti

Come nel settore medico, anche nell’istruzione dilivello superiore i sussidi hanno aumentato la doman-da. Se la domanda cresce ma l’offerta no, l’effetto è sem-plicemente quello di alzare i prezzi. Il modo più effica-ce per aiutare le persone a studiare, così come a faraltro, è aumentare l’offerta, non la domanda. Aumenta-re la domanda senza preoccuparsi dell’offerta è assolu-tamente controproducente. Certamente l’offerta dellefamose università statunitensi non può essere aumenta-ta, perché esse godono di una posizione e di una repu-tazione uniche. Ma si possono incrementare altreopportunità educative, aumentando l’offerta e ponen-do un limite generale ai prezzi.

II. La legge di SayL’idea che una società che produce non possa man-

care di entrate da spendere, con le quali comprare i beniprodotti, all’inizio può sembrare sconcertante. È natu-rale chiedersi: e se i compratori non hanno il denaro percomprare i beni prodotti? Cosa succede? Fortunata-mente l’atto stesso del produrre rilascia il denaro neces-sario a comprare i beni. Per capirne il motivo, si guardialla seguente dichiarazione di profitti e perdite di un’a-zienda:

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Tutti gli errori di Keynes

Acme Products CompanyVendite (reddito) 10.000.000 di dollariSpese:

acquisti 2.000.000 di dollaridipendenti 6.000.000 di dollarialtri costi 1.000.000 di dollariTotale 9.000.000 di dollari

Profitti 1.000.000 di dollari

Ogni voce di spesa rappresenta del denaro che escenell’economia prima della comparsa del prodottoAcme. Ogni dollaro di questo denaro può essere speso.Probabilmente non verrà speso su prodotti Acme. Restail fatto che i soldi verranno spesi per qualcosa.

Forse questo significa che l’Acme troverà sempre uncompratore per i suoi prodotti? Certamente no. L’Acmetroverà acquirenti se i suoi prodotti hanno una buonaqualità, se non sono più costosi di altri prodotti simili ese costituiscono qualcosa che la gente desidera. Ma al dilà del fatto che la gente acquisti proprio prodotti Acme,ci sarà sempre denaro per farlo, perché la produzioneeconomica totale in un’economia genera sempre ildenaro necessario a comprare tutti i beni prodotti. Ilproblema non è come generare acquirenti e potere d’ac-quisto, ma come far funzionare la produzione.

Un attimo, dirà il lettore attento. Le spese pagatedall’Acme e immesse nell’economia rappresentanosolamente il 90 per cento delle vendite. E il 10 per centoche è divenuto profitto?

La risposta è che anche il profitto del 10 per centoviene immesso nell’economia, benché ciò accada in unmomento successivo rispetto alle spese e solamente se iprodotti Acme vengono comprati. Si presuma che ci siaprofitto: i titolari dell’Acme possono spenderlo per benidi consumo personali. Diversamente, lo possono mette-re da parte. Se ciò avviene all’interno dell’azienda, que-sta lo spenderà nell’espandere la propria attività e ildenaro tornerà a fluire nell’economia, dove può essereutilizzato per comprare qualcos’altro. Se i titolari inve-stono il loro profitto al di fuori dell’azienda, verrà speso

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Note di chiusura

per avviare o espandere un’altra attività.L’idea che (nell’economia in generale) la produzione

fornisca il reddito con il quale comprare i suoi prodottioppure, come viene detto spesso, che l’offerta crei lasua stessa domanda, è assolutamente sensata. Né Key-nes né nessun altro possono confutarla, per la sempliceragione che è corretta. (Per una spiegazione più com-pleta del motivo per cui Say aveva ragione e Keynes sisbagliava, i testi dell’economista W.E. Hutt sono unutile strumento.)

JJ. Risparmio e investimento (cosa viene per primo?)Keynes avanza anche la tesi paradossale per cui il

livello d’investimento determina quello di risparmio,l’opposto di quello che l’osservazione e il buon senso cidicono. Questa tesi rientra nell’affermazione paradossa-le più generale per cui la spesa determina il livello dirisparmio e tale spesa, e non il risparmio, ci rende ricchi.

È vero che la spesa dei consumatori e delle aziendedetermina i redditi, ma da questo non segue che sidiventa ricchi spendendo. I cosiddetti economisti clas-sici disprezzati da Keynes avevano ragione nel dire cheil flusso circolare dell’economia inizia dal duro lavoro,dalla produzione e dal risparmio. Ciò, a sua volta, portaalla spesa che ritorna ai produttori come reddito. Ini-ziare la propria analisi in modo arbitrario e fuorviantea metà di tale flusso e poi presentare tutto questo comeuna nuova e importante prospettiva, o scoperta, signifi-ca semplicemente fare giochi semantici.

Nel riflettere su questo dobbiamo anche tenere amente che Keynes considerava il risparmio privatosolamente come “una” delle forme di risparmio dellasocietà nel suo complesso. Egli riteneva infatti cheanche il nuovo denaro immesso nell’economia attraver-so il sistema bancario fosse un risparmio.

KK. Ampi risparmi inutilizzati e deflazioni profondeÈ fuorviante pensare, come fa Keynes, che un gran-

de ammontare di risparmio inutilizzato causi gravideflazioni. È un esempio di ragionamento tautologico.

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Tutti gli errori di Keynes

Le due variabili, lungi dal rappresentare una causa e uneffetto, sono in realtà solamente due modi diversi didescrivere la stessa cosa. Se il denaro viene accumulatoinvece che investito, la disponibilità monetaria all’inter-no dell’economia crolla. Dal momento che c’è menodenaro in circolazione, crollano anche i prezzi. Quandoquesto accade devono scendere anche i salari, altrimen-ti scompariranno i profitti aziendali. Se scompaiono iprofitti, avremo bancarotte e disoccupazione. Discute-remo di questo punto nei capitoli successivi.

LL. La confusione di Keynes sull’accumulo di rispar-mio

Keynes è così ansioso di trovare esempi di risparmionon investito che rimane inutilizzato (e che quindi inter-rompe i flussi finanziari dell’economia) da cadere in unnumero sorprendente di errori di fatto o di logica. Peresempio egli dice che gli individui o le società accumula-no denaro in modo da poter riparare gli edifici o sostitui-re gli impianti.45 Ma come Henry Hazlitt ha sottolineatonon si tratta quasi mai di vere e proprie scorte di denaro:o sono convenzioni di contabilità (ammortamenti) senzaalcun effetto sulla liquidità delle aziende, oppure sonoriserve e in questo caso solitamente vengono investite.

Ancora più sconcertante è l’affermazione di Keynesper cui le quote di acquisto di una società esistente sulmercato azionario non coinvolgono i risparmi.46 Sembrasostenere che così facendo si acquista solamente uninvestimento vecchio, non uno nuovo. Ma non hasenso. Come dice lo stesso Keynes, acquistare azioni èuna transazione bilaterale. Ci deve essere un venditore.Se compro le azioni del venditore, il denaro passa a lui.Il venditore, a sua volta, può spendere il denaro o com-prare altre azioni. Alla fine il nuovo denaro contantetroverà la sua strada nella spesa dei consumatori o delleattività economiche.

Allo stesso modo si sostiene talvolta che gli acqui-

419

Note di chiusura

4455.. Keynes, General Theory, pp. 99-100.4466.. Keynes, General Theory, p. 212.

renti di lingotti d’oro stiano semplicemente facendoincetta, perché non ottengono un ritorno d’investimen-to sui lingotti. Ma se c’è un compratore di oro ci deveessere un venditore, per cui il denaro del compratorerimane attivo nell’economia, anche se nelle mani delvenditore. In ogni caso, perché il compratore vuole pro-prio oro? Di solito è motivato o dal timore di un’infla-zione creata dal governo o dalla paura di una svaluta-zione della cartamoneta emessa dal governo, oppureteme una svalutazione mascherata della cartamonetaattraverso l’inflazione.

MM. Come lo Stato incoraggia il rischio sul mercatoazionario

Immettere denaro e credito a basso costo nell’econo-mia è la modalità principale con la quale lo Stato creabolle e infiamma la speculazione del mercato azionario.Ma ci sono molti altri modi con cui le autorità pubblicheincoraggiano la speculazione. Ad esempio, se possiamodedurre dalle imposte il costo di un mutuo ipotecarioperché non stipularne più di quanti siano necessari emettere il prestito extra in azioni, soprattutto in piani dipensionamento fiscalmente privilegiati? Certo nessunopensa che lo si faccia direttamente, ma chi può impedi-re di farlo indirettamente con un piccolo acconto sullacasa? Se investite in credito tassato ovviamente preferi-rete evitare alcune società da cui ci si possa attenderedividendi, poiché il governo tassa i dividendi con un’a-liquota più elevata di quella sui rendimenti di capitale (esoprattutto dopo averli già tassati a livello societario).

La doppia tassazione dei dividendi è anche una delleragioni per cui negli anni Novanta le società prendeva-no a prestito denaro per comprare le proprie azioni, ilche alimentò la bolla del mercato azionario di quell’epo-ca. Un’altra ragione per cui le società statunitensi sicomportarono in quel modo è il fatto che il Congressoaveva da poco reso non deducibili i compensi dei mana-ger al di sopra del milione di dollari da parte delle socie-tà a capitale diffuso. Ciò portò a un rilascio di massa distock option a tali dirigenti, il che a sua volta rese estre-

420

Tutti gli errori di Keynes

mamente attraente il prestito per l’acquisto di azioni,fece impennare i prezzi e quindi gonfiò la bolla dellestock option. Di questo si parla anche nel capitolo 22.

NN. Definizione di speculazioneBenché avesse detto che scriveva la sua Teoria genera-

le per gli specialisti, Keynes utilizzò comunque una defi-nizione approssimativa della speculazione. Nel linguag-gio tecnico dell’economia, uno speculatore è un cittadinoche svolge una funzione assai utile poiché aiuta i pro-duttori ad assicurarsi contro l’inevitabile incertezza. Adesempio, chi specula sul grano può comprare il raccoltodi un coltivatore prima che sia piantato e quindi proteg-gere quello stesso coltivatore dai risultati peggiori e forseanche consentirgli di piantare di più. Diversamente, igiocatori d’azzardo si assumono rischi assolutamenteevitabili, come in una bisca, e quindi non servono nessu-no scopo economico. Keynes lo sa, ma la sua teoria nonopera nessuna distinzione fra le due categorie.

OO. Obbligazioni del governo statunitense nel 2007(espresse in miliardi di dollari)

NB: Molte di queste voci ebbero un grande incre-mento dopo il 2007.

421

Note di chiusura

Pil nominale

Fonte: Grant’s Interest Rate Observer, 25 luglio 2008, p. 2.

9.817

2000

13.841

2007

5,0%

Arretrati debito pubblico 5.662 9.229 7,2%

Benefit dipendenti federali e veterani 2.758 4.769 8,1%

Spese previste Sicurezza Sociale 3.845 6.763 8,4%

Spese previste Medicare 9.193 34.085 20,6%

Ginnie Mae 603 428 -4,8%

Passività FHLB 622 1.218 10,1%

MBS e passività Fannie e Freddie 3.345 6.537 10,0%

Depositi FDIC 3.055 4.293 5,0%

Totali $ 29.083 $ 67.321 12,7%

Tasso di crescita

annuale

PP. Una nuova alleanza “populista”?La fusione tra Wall Street e Washington, espressione

di una più ampia fusione fra grandi imprese e poterepolitico, ha oppositori appartenenti a settori completa-mente diversi dello spettro politico.

I populisti di sinistra sono critici perché credono cheWashington favorisca in tal modo i ricchi e venga cor-rotta dal denaro del mondo degli affari. L’importanteeconomista Joseph Stiglitz è uno dei leader che milita inquesto campo. Egli disse che «[i progettisti dei salvatag-gi] hanno le mani nelle tasche delle banche oppure sonoincompetenti. Si tratta di una vera ridistribuzione e diuna tassa che ricade su tutti i risparmiatori americani. Èuna strategia volta a cercare di ricreare la bolla».47

Ci sono critiche provenienti anche da quella che disolito viene considerata la destra politica, soprattutto ilibertari, che dicono più o meno la stessa cosa. Di solitonon sono d’accordo con Stiglitz, ma in questo caso con-dividono la convinzione che il governo si stia corrom-pendo, oltre che stia danneggiando enormemente l’eco-nomia.

Forse a un certo punto ci sarà un’alleanza di “popu-listi” sia di sinistra che di destra, uniti nel tentativo difermare questo flusso di denaro “corrotto” che unisceWashington e interessi particolaristici.

QQ. I vantaggi sindacali colpiscono gli altri lavoratori?Esaminando la questione dalla prospettiva dell’eco-

nomia nel suo complesso, la gran parte dei guadagnidei lavoratori sindacalizzati non è a scapito dei datoridi lavoro, ma piuttosto dei lavoratori non iscritti al sin-dacato. In primo luogo l’esistenza di salari maggiori inun settore sindacalizzato significa che lì ci sono pochiposti di lavoro, così che molti lavoratori competono perposti non sindacalizzati in altri settori e quindi riduco-no i salari pagati per essi. In secondo luogo i prodotti diun settore sindacalizzato in generale costano di più;nella misura in cui gli altri settori devono comprarli,

422

Tutti gli errori di Keynes

4477.. Citato da John P. Hussman, in “Hussman Letter”, 18 maggio 2009.

avranno meno denaro per pagare i propri lavoratori.Inoltre se i lavoratori comprano un prodotto di un set-tore in cui è forte il potere sindacale (ad esempio, il set-tore automobilistico), pagheranno anche loro di più equindi avranno meno denaro da spendere per altrecose. Se il settore sindacalizzato è il governo, tutti devo-no pagare questo prezzo più alto attraverso tasse addi-zionali o attraverso quella tassa mascherata costituitadall’inflazione associata alla spesa in disavanzo e all’e-missione di denaro.

RR. Economia: l’arte dell’inventare ipotesi funzionan-ti a partire da ciò che è sempre una prova indiziaria

Il ritorno a una valuta solida avvenuto nel 1879 cor-rispose alla fine della depressione solamente per coin-cidenza oppure spiega il recupero dell’economia? Ineconomia, siamo costretti ad avere a che fare conprove indiziarie, anche se, in questo caso, che la soli-dità della valuta sia stata la cura sembra un’ipotesiassai convincente.

SS. La creazione di nuovo denaro a opera delle bancheUn esempio ci aiuterà a capire come funziona la cosa.

Supponiamo che io depositi nella mia banca 1000 dolla-ri. La banca ne dà in prestito 900 a qualcun altro e netiene 100 nel caso in cui qualche titolare di depositi chie-da liquidità. Dopo che il mio denaro è stato prestato, i1000 dollari sono diventati 1900. Perché? Perché io hoancora i miei 1000 dollari e il mutuatario ne ha altri 900,per un totale di 1900. Se il mutuatario depositasse i 900dollari in un’altra banca, forse 810 dollari verrebbero datiin prestito e 90 trattenuti come riserva. Supponendo unariserva del 10 per cento, i miei 1000 dollari originaripotrebbero, nel corso del tempo, aumentare fino a 10.000dollari di denaro totale che si muove nell’economia.

Bisogna sottolineare che nessuno di questi prestitiaumenta la ricchezza. I 9000 dollari di denaro creato dalnulla sono stati presi a prestito e vanno ripagati. Così,anche se ora ci sono 10.000 dollari, la ricchezza è sola-mente di 1000.

423

Note di chiusura

Ma la storia non finisce qui. Il governo può incorag-giare le banche a creare più denaro, o meno, variando irequisiti di riserva. Può anche aumentare le riserve ban-carie direttamente attraverso quelle che sono note come“operazioni di mercato aperto”.

In questo tipo di procedura la Fed può comprareun’obbligazione governativa da una banca, non pagan-dola davvero, ma garantendo il credito della banca allaFed. Ciò crea ancora nuovo denaro “dal nulla”. Inoltre,dal momento che la banca ha nuove riserve, può darlein prestito fino a dieci volte tanto. Ogni nuovo dollarodi riserve bancarie ha la potenzialità di diventare 10dollari, attraverso il prestito, per l’economia nel suocomplesso. In questo modo il denaro di nuovo conio simoltiplica all’interno del sistema bancario. (Per appro-fondimenti sulla Fed, si veda Hunter Lewis, Are the RichNecessary?, edizione rivista, Mt. Jackson VA, AxiosPress, 2009.)

TT. Il concetto delle riserve bancarie del 100 per centoCon il 100 per cento di riserve, l’ammontare di dena-

ro presente nell’economia non fluttuerebbe più in modoimprevedibile. Non ci sarebbero più corse agli sportellie quindi non ci sarebbe bisogno dei prestatori di ultimaistanza di Bagehot. La finanza non sarebbe più l’anellodebole dell’economia.

Essendo fissa la disponibilità monetaria, i prezzi ten-derebbero a scendere gradualmente man mano chemigliora la produttività, vale a dire man mano cheimpariamo a creare beni in modo più economico. Ciòaiuterebbe in particolar modo i poveri, perché potreb-bero comprare di più con lo stesso reddito. I tassi d’in-teresse tenderebbero a essere inferiori, dal momentoche i prestiti sarebbero rimborsati in denaro con unpotere d’acquisto generalmente maggiore. Se il calo deiprezzi fosse la norma, anche i contratti potrebberorichiedere un rimborso inferiore al 100 per cento delvalore nominale.

Coloro che si oppongono all’idea di un’offertamonetaria fissa sostengono che limiterebbe l’espansio-

424

Tutti gli errori di Keynes

ne della produzione. Ma se la produzione aumentassesenza l’espansione della disponibilità monetaria, que-sto si tradurrebbe solamente in una riduzione dei prez-zi. La riduzione dei prezzi non è una minaccia per l’e-conomia, a condizione che sia attesa e che non si verifi-chi troppo rapidamente. I sostenitori di un’offertamonetaria “elastica” o in crescita non spiegano perchédovrebbe aver senso il sistema attuale di espansionecasuale e irregolare attraverso i prestiti bancari.

Per una trattazione più completa del concetto diriserva bancaria del 100 per cento si vedano i vari librie articoli dell’economista Murray N. Rothbard. Ancheun altro economista, George Reisman, ne parla nel suolibro Capitalism.

UU. Requisiti di riserva della Federal Reserve BankL’ultima riduzione nei requisiti di riserva bancaria ci

fu nel dicembre 1992: da una scala mobile con un mas-simo del 12 per cento a una scala mobile con un massi-mo del 10 per cento sui depositi relativi a transazioni. Irequisiti per i conti non destinati a transazioni furonoazzerati nel 1990.

VV. Proiezioni del deficit di ObamaIl presidente Obama strutturò il suo primo bilancio

in modo che le proiezioni del deficit cadessero netta-mente prima del 2012, anno di elezioni, e poi salisseronuovamente.48 Il bilancio dell’amministrazione Obamamostrava anche una proiezione di 600 miliardi di dolla-ri di deficit per il 2018, anno in cui gli Stati Unitidovrebbero terminare le sovvenzioni per la previdenzasociale. Il Nonpartisan Congressional Budget Office hadetto che Obama ha sottovalutato il deficit del 2018 di400 miliardi di dollari. Se fosse così, si tratterebbe di1000 miliardi di dollari già prima dell’impatto dell’ulte-riore spesa per la previdenza sociale.49

425

Note di chiusura

4488.. Washington Post, 21 marzo 2009; Weekly Standard, 13-20 aprile 209, p. 8.4499.. Washington Post, 21 marzo 2009; anche in Weekly Standard, 13-20 apri-

le 2009, p. 8.

WW. Ulteriori osservazioni sul moltiplicatore keyne-siano

Anche se il moltiplicatore non si autodistruggessediventando infinito, produrrebbe comunque risultatiparticolari. Henry Hazlitt dimostra come, secondo lamatematica di Keynes, la sua spesa personale dovrebbemoltiplicarsi di 100.000 volte.50 E dimostra anche comeKeynes continui a confondere i valori nominali (chenon tengono conto dell’inflazione) e quelli reali (corret-ti per l’inflazione).51

È anche sbagliato, come ha rilevato George Reisman,pensare che il denaro si sposti da un lavoratore a unaltro mano a mano che viene moltiplicato. Ci si aspetta,infatti, che la spesa della prima serie di lavoratori inrealtà vada ad aumentare gli utili delle attività econo-miche.52 Nel suo libro Capitalism Reisman osserva ancheche la dottrina del “moltiplicatore” di Keynes contrad-dice l’altra sua dottrina dell’“efficienza marginale delcapitale” (si legga “utili”).53 Ciò è imbarazzante per dueragioni diverse. In primo luogo Keynes non vuole rico-noscere il ruolo degli utili nella creazione di occupazio-ne. In secondo luogo i profitti sono risparmio e la for-mula del moltiplicatore presume che il risparmio nonvenga speso. Se infatti i risparmi vengono spesi, il mol-tiplicatore diventa infinito, come abbiamo visto. Se ilrisparmio in forma di utili non viene speso, non ci sarànessuna moltiplicazione. Il modo migliore per affronta-re tutto questo è porre un moltiplicare quantificato eprevedibile là dove deve stare: nella pattumiera.

XX. Cosa ci guadagnano i lavoratori occupati da unagrave deflazione?

Per fare un calcolo esatto di ogni periodo di gravedeflazione avremmo bisogno di avere i prezzi al consu-mo e alla produzione, i salari medi orari e soprattutto il

426

Tutti gli errori di Keynes

5500.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, pp. 150-151.5511.. Hazlitt, The Failure of The “New Economics”, p. 145.5522.. George Reisman, Capitalism, Ottawa (IL), Jameson Books, 1990, pp.

690-691.5533.. Reisman, Capitalism, p. 883.

numero di ore lavorate. Ma anche così, il risultatosarebbe solo una media, e le dispersioni intorno allamedia sarebbero grandi.

YY. Bernanke e l’oroIl prezzo dell’oro era 480 dollari l’oncia quando Ber-

nanke fu nominato a capo della Fed.54 Successivamenteil prezzo raddoppiò, poi scese nuovamente durante ilcrollo del 2008 poiché gli acquirenti che utilizzavano ilcredito dovevano vendere, quindi risalì bruscamentenel 2009. La stessa cosa era accaduta durante e dopo ilcrollo del 1929. L’oro crollò, ma poi recuperò dopo lafase iniziale di liquidazione degli asset.

ZZ. Keynes ha detto qualcosa di nuovo?Carl Horowitz del National Legal and Policy Center,

critico nei confronti di Keynes, lo definisce un «pensa-tore assai imperfetto benché molto originale».55 Eppureabbiamo dei buoni motivi per dubitare di questa pre-sunta originalità.

È molto difficile dire qualcosa di completamentenuovo in economia o in qualsiasi altra disciplina affe-rente alle “scienze sociali”. Quella che sembra unanovità, di solito è solo un nuovo modo di trattare unvecchio tema o anche una sua riscoperta. Sembra cor-retto dire che la Teoria generale di Keynes nel suo com-plesso è una riproposizione delle precedenti dottrinemercantilistiche. Il keynesismo è, in generale, il mer-cantilismo.

Inoltre alcuni keynesiani ritengono che MichalKalecki avesse anticipato almeno in parte ciò che poidisse Keynes. Joan Robinson, allieva di Keynes, conve-niva su questo punto. Henry Hazlitt sottolinea anche leaffermazioni di Albert L. Hahn, un tedesco che nel 1924scrisse un volume intitolato Geld und Kredit (Moneta ecredito). Hahn sembra anticipare Keynes in molti modi,anche se alla fine ripudiò le proprie prime opere, così

427

Note di chiusura

5544.. Forbes, 17 novembre 2008, p. 20.5555.. http://www.townhall.com, 21 marzo 2009.

come quelle di Keynes, nel suo libro del 1949 intitolatoThe Economics of Illusion.

AAA. Mescolando serie reali e nominaliEsempi di questo mescolamento si trovano in diver-

se pagine della Teoria generale. Per una trattazione com-pleta si veda Henry Hazlitt, The Failure of The “New Eco-nomics” (New Rochelle, NY, Arlington House, 1978),alle pagine 64, 85, 107 e 145.

BBB. Nella tana del coniglioLewis Carroll (Charles Dodgson, 1832-1898) era un

matematico e un logico. Il suo libro, Alice nel paese dellemeraviglie, ha introdotto l’immagine della “tana delconiglio” e tratta tanto di logica quanto di fantasia.

CCC. Altri paradossi e parziali paradossi keynesiani(supplemento al capitolo 21)Paradossi keynesiani su spesa e risparmio

1. La disoccupazione non ha nulla a che vedere coni profitti dei datori di lavoro, con i livelli salariali e congli altri prezzi. Per risolverla, abbiamo solo bisogno dispendere di più.

2. Proprio come la nuova moneta stampata dalgoverno rappresenta una forma di risparmio «genuino»tanto quanto il risparmio tradizionale, così anche i pro-fitti ottenuti in una bolla sono genuini come i profittitradizionali.

3. Prosciugare tramite la tassazione il risparmio e gliinvestimenti di una intera vita creerà ancora più inve-stimento.

Altri paradossi sull’emissione di nuovo denaro4. Se l’abbassamento dei tassi d’interesse crea una

bolla, il governo non deve intervenire. Se la bolla si tra-sforma in un fallimento, allora il governo deve interve-nire. (NB: in questo modo possiamo incoraggiare tutti acontinuare a creare altre bolle.)

5. Le bolle non sono intrinsecamente cattive. Il pro-blema è come perpetuarle. Il giornalista del New York

428

Tutti gli errori di Keynes

Times, Thomas Friedman, rispecchia questo punto divista quando scrive che «l’America ha bisogno di unabolla delle tecnologie dell’energia proprio come staaccadendo per la tecnologia dell’informazione».56 (NB:le bolle sprecano risorse, producono crediti inesigibili efiniscono per causare una crisi economica.)

6. Se l’emissione di nuovo denaro e l’abbassamentodei tassi d’interesse causano inflazione, ci sono cosepeggiori dell’inflazione. La deflazione (calo dei prezzial consumo) è sempre un veleno per l’economia.

(NB: più produttivi siamo, più costi e prezzi dovreb-bero scendere. Più i prezzi scendono, più possiamocomprare. Questo si chiama progresso economico.

Alcuni dei periodi più prosperi della storia degliStati Uniti sono stati caratterizzati da una lieve defla-zione. I migliori esempi li abbiamo avuti nella secondametà del diciannovesimo secolo, ma anche durante ladeflazione del periodo di Eisenhower, dall’agosto 1954all’agosto 1955.

Dobbiamo anche tenere presente che l’inflazionecrea dissesti, che possono portare facilmente a unadeflazione estrema, esattamente ciò che i fautori del-l’inflazione vogliono evitare maggiormente.)

7. L’inflazione aiuta i poveri. (NB: i poveri traggonobenefici soprattutto dal lieve abbassamento dei prezzi.La maggior parte degli studi dimostra che l’inflazionerende i ricchi ancora più ricchi degli altri – e i poveri piùpoveri. Il che non sorprende: i ricchi capiscono le con-seguenze dell’inflazione e sanno come sfruttarla.)

8. Il timore dell’inflazione è esagerato. La vera infla-zione può avvenire solo quando tutti hanno un’occupa-zione. (NB: dopo gli anni Settanta, i keynesiani abban-donarono questa visione nella sua forma più estrema,ma essa prospera ancora tra gli economisti della Fed.)

9. Se l’inflazione diventa seria, il governo, che hacreato l’inflazione, non solo smetterà di gonfiarla masmetterà anche di spendere!

10. L’emissione di nuovo denaro ci aiuta a risolvere

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Note di chiusura

5566.. New York Review of Books, 6 novembre 2008, p. 53.

i problemi economici. Il presidente della Fed Ben Ber-nanke ha espresso questo punto di vista quando hadetto che le sue decisioni nel corso del crollo del 2008 eimmediatamente dopo erano volte a «risolvere questoproblema».57

(NB: riversare nuovo denaro nell’economia non cirende più produttivi o più ricchi. Annacquare il lattenon dà più latte. L’emissione di denaro non risolve pro-prio nessun problema.)

11. Il nuovo denaro riversato nell’economia puòessere ritirato nuovamente se fosse necessario a evitarel’inflazione. Ciò è vero anche se l’emissione è stata suvasta scala, come è accaduto in seguito al crollo del2008. (NB: non è mai stato fatto. La politica rendemolto più facile immettere fondi disponibili al prestitoche ritirarli. E anche se la politica lo permettesse, il riti-ro del denaro così introdotto può provocare un collas-so del sistema.)

12. L’oro è una «barbara reliquia». (NB: il vantaggiodei metalli preziosi è che, a differenza della cartamone-ta, non possono essere moltiplicati all’infinito daigoverni.)

13. Abbiamo bisogno di produrre sempre più dena-ro man mano che l’economia cresce. L’oro è una cami-cia di forza che non permette di farlo. (NB: se produ-ciamo sempre più beni senza produrre più denaro, ilrisultato è che tali beni costeranno meno.)

14. Le banche centrali sono in gran parte riuscite amoderare l’inflazione, a moderare il ciclo economico e astabilizzare l’economia. Questo successo può avereinavvertitamente (e paradossalmente) incoraggiato glioperatori di Wall Street ad assumere rischi sempre mag-giori, che a loro volta hanno portato ai crolli del 1929 edel 2008. Questo paradosso ci viene offerto da DonaldKohn, vice presidente della Federal Reserve.58 Benchél’idea di Kohn rifletta ampiamente il pensiero keynesia-no, si rifà in modo più diretto alle idee di Hyman

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Tutti gli errori di Keynes

5577.. Economist, 21 marzo 2009, p. 83.5588.. Economist, 6 dicembre 2008, p. 38.

Minsky, un altro economista keynesiano che ha descrit-to questo tipo di scenario in Potrebbe ripetersi? Instabilitàe finanza dopo la crisi del ’29,59 e nel suo libro del 1986,Governare la crisi: l’equilibrio in un’economia instabile.60

(NB: anche se gli anni Venti, Novanta e i primi annidel ventunesimo secolo non furono contraddistinti dainflazione dei prezzi al consumo, furono caratterizzatidall’inflazione degli asset [bolle]. L’assenza di livelli ele-vati d’inflazione dei prezzi al consumo non significavache tutto andasse bene. Semmai il contrario.

Né bisognerebbe gloriarsi del record d’inflazionedella Fed sui prezzi al consumo. Come osservato in pre-cedenza, dalla nascita della Federal Reserve il dollaroha perso oltre il 95 per cento del suo potere d’acquisto.L’economia statunitense è stata meno stabile e ha vistoflessioni più profonde sotto la guida della FederalReserve. È la Fed la responsabile del crollo del 2008, manon a causa di un qualche “successo” antecedente. Ne èresponsabile perché, assieme ad altre banche centrali,ha stampato troppo denaro. Questo eccesso di nuovodenaro a sua volta ha portato prima alle bolle e poi alcrollo. In effetti, come abbiamo visto nel capitolo 14, laFed ha offerto da bere e Wall Street si è ubriacata.)

Paradossi keynesiani sui salvataggi15. I governi dovrebbero prendere in prestito denaro

dall’estero per salvare i detentori di obbligazioni emes-se dalle banche. (In alcuni casi gli obbligazionisti dellabanca possono anche essere questi prestatori stranieri.)

16. Una volta che i crediti inesigibili vengono tra-sferiti da mani private a mani pubbliche, non minac-ciano più l’economia con la deflazione. (NB: ci sonosolo due modi per sbarazzarsi dei crediti inesigibili: laliquidazione [deflazione] e l’inflazione. Non c’è altrapossibilità.)

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Note di chiusura

5599.. Hyman Minsky, Can “It” Happen Again?: Essays on Instability andFinance, Armonk (NY), M.E. Sharpe, 1982.

6600.. Hyman Minsky, Stabilizing an Unstable Economy: A Twentieth CenturyFund Report, New Haven (CT), Yale University Press, 1986.

17. Se alcune aziende stanno fallendo bisognaimmettere fondi in tutto il settore, perché altrimenti leaziende in difficoltà verranno individuate e i consuma-tori sapranno la verità su di loro.

18. Dobbiamo affidarci alla “lungimiranza” delgoverno nello scegliere i giusti candidati al salvataggio.Il governo non si farà influenzare dai loro potenzialicontributi alle campagne elettorali né dalle ingerenze diquanti detengono posizioni cruciali.

19. Se i candidati al salvataggio hanno troppa capa-cità produttiva, questa non va ridotta. Bisogna piutto-sto stimolare l’economia inducendo il bisogno di quellacapacità. (NB: non è solamente una questione di troppao troppo poca capacità. Vi è anche la questione dell’a-vere il giusto tipo di capacità, quello di cui l’economiaha bisogno realmente. Ma questo lo saprà il governo.)

20. Le garanzie governative possono far sparire qual-siasi problema, dalle potenziali corse allo sportello allepreoccupazioni sul fatto che una compagnia automobi-listica rilasci la messa a punto del motore promessa.

21. Accumulare nuovo debito in aggiunta ai vecchicrediti inesigibili in operazioni di salvataggio dà all’e-conomia il tempo necessario ad adattarsi. (NB: rendeanche più difficile questo adattamento.)

Altri paradossi keynesiani22. Il governo dovrebbe affidarsi a esperti economi-

ci. È opportuno che tali esperti ricorrano di volta involta a un po’ d’inganno, poiché non si può pretendereche la gente colga le questioni più sottili. (Il segretariodel Tesoro Henry Paulson fornì una dimostrazione unpo’ grossolana di questo principio quando ordinò alcapo della Bank of America di procedere con l’assorbi-mento del grande broker Merrill Lynch nel dicembre2008 e di non rivelare la perdita del quarto trimestre,nonostante l’obbligo giuridico di farlo.61 Altri casi diquesto principio d’inganno keynesiano: A. le proiezionidi un’incredibile crescita economica inserite nel primo

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Tutti gli errori di Keynes

6611.. Bloomberg News, 28 aprile 2009.

bilancio del presidente Obama, e B. la decisione dellaFederal Reserve d’inserire nell’ottobre 2008 un’oscuraclausola nel disegno di legge sul salvataggio delle ban-che del presidente Bush [TARP] che aumenta di granlunga i poteri dell’agenzia.)

23. Parlando d’inganno, gli esperti al timone dell’e-conomia (e i politici) non dovrebbero avere nessunobbligo di parlare chiaro. È assolutamente sensato chia-mare un’enorme emissione di denaro “facilitazionequantitativa”; usare questo tipo di soldi per acquistarela “monetizzazione” del debito pubblico; chiamare“investimento” la spesa pubblica, i pagamenti di trasfe-rimento ai contribuenti privi di reddito “tagli fiscali”, ole nuove tasse “risparmi di bilancio”, gli aumenti dispesa (a un tasso più lento) “tagli” oppure i prezzi nondi mercato mark-to-market, e così via.

24. La cosa migliore degli esperti è che non hanno unlogo politico sulle loro giacche. Sono sempre impassi-bilmente apolitici e si preoccupano solamente di fare lacosa giusta. Non dobbiamo preoccuparci nemmeno delfatto che il ruolo di tali esperti possa gradualmente sop-piantare le funzioni di un governo democratico. (NB: èquello che sta accadendo in Europa.)

25. Gruppi di interessi privati forti e privi della mini-ma preoccupazione per il benessere pubblico hannocontrollato l’economia troppo a lungo. Non dobbiamopermettere che il laissez-faire ci impedisca di far interve-nire il governo, non solo come fonte di diritto, ma anchecome quotidiano regolatore o addirittura gestore. Nondobbiamo temere che i forti interessi privati possanousare questa opportunità per soppiantare il potere diun governo democraticamente eletto.

26. In alternativa, possiamo dire che i forti interessiprivati hanno già preso il controllo del governo. Questaè la probabile spiegazione del sorgere delle crisi. In que-sto caso, gli interessi privati possono essere rimossi dalgoverno e si può impedire loro di tornare alla carica.

27. Se il governo prende il controllo di un settorecome quello dei prestiti agli studenti o dell’assicurazio-ne medica, il settore risulterà più conveniente. Le azien-

433

Note di chiusura

de gestite dal governo in genere sono più efficienti edeconomiche di quelle a fini di lucro.

28. Se entra in un settore in cui operano ancoraaziende private, il governo opererà bene sia in veste digiocatore sia di arbitro.

DDD. L’espansione del settore non profitSi veda l’ultimo capitolo di Hunter Lewis, Are the

Rich Necessary?, per una discussione sul modo in cuiripensare il settore della beneficenza.

434

Tutti gli errori di Keynes

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Benjamin Constant,Conquista e usurpazione

Paul H. Rubin,La politica secondo Darwin.L’origine evolutiva della libertà

Peter T. Bauer,Dalla sussistenza allo scambio.Uno sguardo criticosugli aiuti allo sviluppo

Fred Foldvary,Beni pubblicie comunità private.Come il mercato può gestirei servizi pubblici

Sergio Ricossa,Straborghese

Jonathan R. Macey,Corporate governance.Quando le regole falliscono

Vernon L. Smith,La razionalità nell’economia.Tra teoria e analisi sperimentale

Milton Friedman,Capitalismo e libertà

Hunter Lewis,Tutti gli errori di Keynes.Perché gli Stati continuano a creare inflazione, bolle speculative e crisi finanziarie

Policy

Václav Klaus,Pianeta blu, non verde.Cosa è in pericolo: il climao la libertà?

Arnold Kling,La sanità in bancarotta.Perché ripensare i sistemisanitari

Andrea Giuricin,Alitalia.La privatizzazione infinita

Alberto Mingardi(a cura di),La crisi ha uccisoil libero mercato?

Nicholas Eberstadte Hans Groth,L’Europa che invecchia.La qualità della vitapuò sconfiggere il declino

John B. Taylor,Fuori strada.Come lo Stato ha causato,prolungato e aggravatola crisi finanziaria

Kevin Dowd,Abolire le banche centrali

Stephen Goldsmithe William D. Eggers,Governare con la rete.Per un nuovo modellodi pubblica amministrazione

Gabriele Pelisseroe Alberto Mingardi(a cura di),Eppur si muove.Come cambia la sanitàin Europa, tra pubblico e privato

Report

Andrea Giuricine Massimiliano Trovato(a cura di),La telefonia mobilee il laboratorio Italia.Primo rapporto sulla telefoniamobile in Italia

Carlo Stagnaro(a cura di),Indice delle liberalizzazioni 2009

Piercamillo Falasca(a cura di),Dopo!Come ripartire dopo la crisi

Carlo Stagnaro(a cura di),Indice delle liberalizzazioni 2010

Istituto Bruno Leoni,Rapporto sulle infrastrutture in ItaliaLe infrastrutture autostradali

L’Istituto Bruno Leoni (IBL), intitolato al grande filosofodel diritto Bruno Leoni (1913-1967), nasce con l’ambizione distimolare il dibattito pubblico, in Italia, esprimendo in modopuntuale e rigoroso un punto di vista autenticamente liberale.

L’IBL intende studiare, promuovere e divulgare gli idealidel libero mercato, della proprietà privata e della libertà discambio.

Attraverso la pubblicazione di libri, l’organizzazione diconvegni, la diffusione di articoli sulla stampa nazionale einternazionale, l’elaborazione di brevi studi e briefingpapers, l’IBL mira a orientare il processo decisionale, a infor-mare al meglio la pubblica opinione, a crescere una nuovagenerazione di intellettuali e studiosi sensibili alle ragionidella libertà.

L’IBL vuole essere per l’Italia ciò che altri think tank sonostati per le nazioni anglosassoni: un pungolo per la classepolitica e un punto di riferimento per il pubblico in generale.Il corso della storia segue dalle idee: il liberalismo è un’ideaforte, ma la sua voce è ancora debole nel nostro Paese.

IBL Libri è la casa editrice dell’Istituto Bruno Leoni. Volti ad approfondire la dimensione teorica dei dibattiti

sulla libertà individuale e sulla giustizia, i volumi della col-lana Mercato, Diritto e Libertà si caratterizzano per il rigorecon cui difendono la tradizione liberale più coerente. L’obiet-tivo è di offrire i migliori strumenti intellettuali alle giovanigenerazioni, favorendo quel mutamento del dibattito cultu-rale che è premessa indispensabile a un’efficace difesa dellelibertà minacciate e a una riconquista di quelle perdute.

Istituto Bruno LeoniVia Bossi 1–10144 Torino, ItalyTel. 011-070.2087Fax: 011-437.1384E-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 daFVA – Fotoincisione Varesina