hiram 1 2011:hiram 8-03-2011 11:19 pagina 1 hiram · editoriale...

112
EDITORIALE Pensiero e libertà, il Grande Oriente per i 150 anni dell’Unità d’Italia 3 Gustavo Raffi “Libertà e Responsabilità” nel saluto di Ravenna al Presidente della Repubblica Italiana 7 Sauro Mattarelli Guanti bianchi per Ipazia 11 Moreno Neri I massoni: da rei di Stato a legislatori. Le leggi post-unitarie degli uomini della Massoneria. 25 Carlo Petrone Le invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana 55 Pietro F. Bayeli Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo 63 Corrado Savasta Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica 86 Luciano Gajà • SEGNALAZIONI EDITORIALI 103 • RECENSIONI 109 Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2011 HIRAM

Upload: dangdieu

Post on 15-Feb-2019

228 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

EDITORIALEPensiero e libertà, il Grande Oriente per i 150 anni dell’Unità d’Italia 3

Gustavo Raffi

“Libertà e Responsabilità” nel saluto di Ravenna al Presidente della RepubblicaItaliana 7

Sauro MattarelliGuanti bianchi per Ipazia 11

Moreno NeriI massoni: da rei di Stato a legislatori. Le leggi post-unitarie degli uominidella Massoneria. 25

Carlo PetroneLe invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana 55

Pietro F. BayeliLaicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo 63

Corrado SavastaLe diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica 86

Luciano Gajà

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 103• RECENSIONI 109

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 1/2011

HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 1

HIRAM viene diffusa su Internet nel sito del G.O.I.:www.grandeoriente.it | [email protected]

HIRAM 1/2011Direttore: Gustavo RaffiDirettore Scientifico: Antonio PanainoCondirettori: Antonio Panaino, Vinicio SerinoVicedirettore: Francesco LicchielloDirettore Responsabile: Giovanni LaniComitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bonvecchio,Gianfranco De Santis

CCoommiittaattoo SScciieennttiiffiiccooPresidente: Enzio Volli (Univ. Trieste)Giuseppe Abramo (Saggista); Francesco Angioni (Saggista); Corrado Balacco Gabrieli (Univ. Roma “La Sapienza”); Pietro Battaglini (Univ.Napoli); Pietro F. Bayeli (Univ. Siena); Eugenio Boccardo (Univ. Pop. Torino); † Eugenio Bonvicini (Saggista); Enrico Bruschini (AccademiaRomana); Giuseppe Cacopardi (Saggista); Giovanni Carli Ballola (Univ. Lecce); Pierluigi Cascioli (Giornalista); Orazio Catarsini (Univ.Messina); Paolo Chiozzi (Univ. Firenze); † Augusto Comba (Saggista); † Franco Cuomo (Giornalista); Massimo Curini (Univ. Perugia); Domenico Devoti (Univ. Torino); Ernesto D’Ippolito (Giurista); Santi Fedele (Univ. Messina); Bernardino Fioravanti (Bibliotecario G.O.I.);Paolo Gastaldi (Univ. Pavia); Santo Giammanco (Univ. Palermo); Vittorio Gnocchini (Archivio G.O.I.);Giovanni Greco (Univ. Bologna); Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale Alessandria); Felice Israel (Univ. Genova); Panaiotis Kantzas(Psicoanalista); Giuseppe Lombardo (Univ. Messina); Paolo Lucarelli (Saggista); Pietro Mander (Univ. Napoli “L’Orientale”); AlessandroMeluzzi (Univ. Siena); Claudio Modiano (Univ. Firenze); Giovanni Morandi (Giornalista); Massimo Morigi (Univ. Bologna); GianfrancoMorrone (Univ. Bologna); Moreno Neri (Saggista); Marco Novarino (Univ. Torino); Mario Olivieri (Univ. per Stranieri Perugia); MassimoPapi (Univ. Firenze); Carlo Paredi (Saggista); † Bent Parodi (Giornalista); Claudio Pietroletti (Medico dello Sport); Italo Piva (Univ. Siena);Gianni Puglisi (IULM); Mauro Reginato (Univ. Torino); Giancarlo Rinaldi (Univ. Napoli “L’Orientale”); Carmelo Romeo (Univ. Messina);Claudio Saporetti (Univ. Pisa); Alfredo Scanzani (Giornalista); Angelo Scavone; Michele Schiavone (Univ. Genova); Giancarlo Seri (Saggista);Nicola Sgrò (Musicologo); Giuseppe Spinetti (Psichiatra); Gianni Tibaldi (Univ. Padova f.r.); Vittorio Vanni (Saggista)

CCoollllaabboorraattoorrii eesstteerrnniiLuisella Battaglia (Univ. Genova); Dino Cofrancesco (Univ. Genova); Giuseppe Cogneti (Univ. Siena); Domenico A. Conci (Univ. Siena);Fulvio Conti (Univ. Firenze); Carlo Cresti (Univ. Firenze); Michele C. Del Re (Univ. Camerino); Rosario Esposito (Saggista); Giorgio Galli (Univ.Milano); Umberto Gori (Univ. Firenze); Giorgio Israel (Giornalista); Ida L. Vigni (Saggista); Michele Marsonet (Univ. Genova); Aldo A. Mola(Univ. Milano); Sergio Moravia (Univ. Firenze); Paolo A. Rossi (Univ. Genova); Marina Maymone Siniscalchi (Univ. Roma “La Sapienza”);Enrica Tedeschi (Univ. Roma “La Sapienza”)

CCoorrrriissppoonnddeennttii EEsstteerriiJohn Hamil (Inghilterra); August C.’T. Hart (Olanda); Claudio Ionescu (Romania); Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca); Rudolph Pohl(Austria); Orazio Shaub (Svizzera); Wilem Van Der Heen (Olanda); Tamas’s Vida (Ungheria); Friedrich von Botticher (Germania)Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Cecconi, † Guido D’Andrea, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Bernardino Fioravanti (Bibliotecario GOI), Antonio Calderisi (Avvocato), Giuseppe Capruzzi, Angelo Scrimieri, † Pier Luigi Tenti

AArrtt DDiirreeccttoorr ee IImmppaaggiinnaazziioonnee: Sara CircassiaSSttaammppaa: E-Print s.r.l., via Empolitana, km. 6.400, Castel Madama (Roma)DDiirreezziioonnee: HIRAM, Grande Oriente d’Italia, via San Pancrazio 8, 00152 RomaDDiirreezziioonnee EEddiittoorriiaallee ee RReeddaazziioonnee: HIRAM, via San Gaetanino 18, 48100 RavennaRegistrazione Tribunale di Roma n. 283 del 27/6/1994EEddiittoorree: Soc. Erasmo s.r.l. Amministratore Unico Mauro Lastraioli, via San Pancrazio 8, 00152 Roma. C.P. 5096, 00153 Roma OstienseP.I. 01022371007, C.C.I.A.A. 264667/17.09.62SSeerrvviizziioo AAbbbboonnaammeennttii: Spedizione in Abbonamento Postale 50%, Tasse riscosse

AABBBBOONNAAMMEENNTTIIANNUALE ITALIA: 4 numeri € 20,64; un fascicolo € 5,16; numero arretrato € 10,32ANNUALE ESTERO: 4 numeri € 41,30; numero arretrato € 13,00La sottoscrizione in un’unica soluzione di più di 500 abbonamenti Italia è di € 5,94 per ciascun abbonamento annualePer abbonarsi: Bollettino di versamento intestato a Soc. Erasmo s.r.l., C.P. 5096, 00153 Roma Ostiense; c/c postale n. 32121006Spazi pubblicitari: costo di una pagina intera b/n: € 500

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 2

PPeennssiieerroo ee lliibbeerrttàà,, iill GGrraannddee OOrriieenntteeppeerr ii 115500 aannnnii ddeellll’’UUnniittàà dd’’IIttaalliiaa

di GGuussttaavvoo RRaaffffiiGran Maestro del Grande Oriente d’Italia

(Palazzo Giustiniani)

EDITORIALE

Although the history of the Italian unification has ben astonishingly tortuos, complexand sometimes contradictory, the Grand Orient of Italy (Palazzo Giustiniani) wouldlike to support and enforce the common sense of citizenship and national identity inthe new European framework. In the present contribution, the Grand Master of ourCraft, Adv. Gustavo Raffi, presents in its main lines the Masonic program ofcelebrations for the 150th anniversary of the Italian Unification.

DDDDare una direzione alla speranza.È l’obiettivo che il GrandeOriente d’Italia-Palazzo Giusti-

niani intende portare alle celebrazioni delcentocinquantenario dell’Unità d’Italia. Lapriorità è ridare voce a valori e a condotteetiche, per costruire progetti per la comu-nità. Serve pensiero e coraggio: la realtànon diverrebbe tale se non si trovasse laforza per attuarla, facendo strada a unnuovo vissuto civile. In occasione del XXSettembre abbiamo sottolineato che il 150°dell’Unità d’Italia è un fabbricato allo statogrezzo, con pilastri e strutture portanti. Ma

l’opera non è terminata. Serve parrhesìa,ovvero un parlare franco per denunciare i li-miti che spesso divengono lacci, perché ac-canto a una critica costruttiva si riesca asuperare un Risorgimento incompiuto.Oggi a prevalere nei rapporti come nei vis-suti sociali è spesso l’impersonalità dellaserie. La nostra è la società dell’addestra-mento, della coltivazione della propria sin-golarità in tanti campi. Dobbiamo inveceeducarci al “noi”, alla pluralità, a unanuova estetica dell’esistenza che impaginipercorsi di identità e cultura, speranze elotte per un Paese migliore, capace di su-

1/2011

HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 3

perare i terreni di indifferenza e le paludidell’inautentico su cui l’Italia si è avvitata.Vorremmo che le celebrazioni dell’Unitàd’Italia siano un andare versopossibilità aperte, non un fer-marsi su logiche museali. Il bi-sogno di un nuovo corso cispinge fuori dal bordo: oc-corre scorgere mete, non pen-dolare sul margine. E se è veroche viviamo di transiti, il cre-scere insieme è la sola prospet-tiva per chi vuole dare unsenso alla storia da costruire.Perché un Paese che sa daquale passato arriva è in gradodi cogliere le sfide del futuro.

Lo stile della Libera Mura-toria insegna che lungo lastrada che ha costruito il sentimento na-zionale ci sono volti e storie, conquiste dilibertà e ferite ancora da sanare. Il GrandeOriente d’Italia vuole contribuire a risco-prire il senso del nostro stare insieme comeItaliani. Vogliamo prendere nuova forzadalla lezione ideale del Risorgimento maanche essere capaci di ascoltare e studiarequelle pagine che non ci sono sui libri distoria, mettendo in discussione pregiudizi,spostando confini interiori e visioni penul-time. Senza revisionismi né polemiche, nécoi Savoia né coi Borbone: i Fratelli delGrande Oriente sono con gli Italiani che ierisi unirono per appartenere a un’unica Pa-tria e oggi vogliono rinnovare e vivere ilpatto di fratellanza che costruisce un biso-gno profondo di verità. Il fuoco di brace chealimenta la speranza è più importante delleferite che bruciano la carne.

Porta Pia è stata ed è simbolo dellabattaglia di libertà per l’Unità d’Italia. Unaconquista laica che è passata anche per la

lotta e il sangue degli Uo-mini liberi del Grande Ori-ente d’Italia. Nel Pantheondi una salutare laicità varicordato Ernesto Nathaninsieme ad altre figure diuna storia risorgimentaleche non può essere chiusain soffitta perché risultascomoda per alcuni.Queste storie, al contrario,sono un patrimonio di li-bertà per l’intero Paese.

Quale scuola di pen-siero e luogo di confrontoper ogni umanità, la Libera

Muratoria coltiva un sogno possibile: uniregli scialli neri delle donne del Sud, spessosimbolo di dolore e incomprensione, allecamice rosse del Risorgimento, che parlanodi volontariato, di grandi e giovani ideali dilotta per la libertà. Nord e Sud stanno in-sieme, come insieme vanno ricordate la le-zione di amore per l’Italia di GiuseppeGaribaldi, Gran Maestro del Grande Oriented’Italia, con il grido di riscatto che si alzadalle pagine di Carlo Alianello. Assumeretutta la propria storia per guardare avanti:è questa la sfida più grande che ci attende.La Libera Muratoria rimarca senza sostal’importanza dei valori della nostra Costi-tuzione e dell’Unità della Nazione in unafase di crisi, non solo economica, ma etico-morale del Paese. Vogliamo perciò lanciarela rivoluzione dell’impegno, personale ecomunitario, in un contesto storico in cui

1/2011

HIRAM

• 4 •EDITORIALE

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 4

prevalgono scollamento e distacco, delegae rinuncia. Siamo convinti che proprio orala testimonianza di ognipersona che si mette ingioco per costruire per-corsi virtuosi, sia segnoconcreto che un’altraumanità è possibile. Ne-cessaria luce sul muroincompiuto.

Da Torino a Palermo,lungo tutto il 2011 ilGrande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani conconvegni e iniziative,con pensiero e azioninella società italiana dicui è forza morale, vuol ricordare i contri-buti dei Fratelli Liberi Muratori all’Unitàd’Italia, facendo memoriale del loro inse-gnamento di uomini liberi. Non inten-diamo, con questo, portare in piazzareliquie né mostrare il medagliere: quantola Massoneria abbia dato in termini di san-gue e sacrificio all’Unità d’Italia è fattonoto agli storici e alla memoria condivisadel Paese. Anche oggi vogliamo indicarecon forza che serve nuova responsabilitàper costruire il domani. L’Italia ha bisognodi uno scatto di reni, e di volare alto, oltrele polemiche e le logiche da cortile.

Anche oggi, come nei giorni che prepa-rarono il 17 marzo 1861, la Libera Murato-ria vuole dunque essere un sostenitoreattivo del processo unitario anche attra-verso un continuo impegno volto alla for-

mazione civile degli Italiani e di parte si-gnificativa dei suoi quadri dirigenti. Lavo-

rare sulle coscienze è unimpegno che rinno-viamo, con passione e ra-gione. Perché la LiberaMuratoria abita ovunquec’è un uomo che cercaverità. Soprattutto neitempi di transizione, laMassoneria è un sentieroche porta alla democra-zia compiuta, quelladelle coscienze libere.“Unità nello scopo, li-bertà nei mezzi”, se-condo l’antico adagio

della Loggia “Italia”, è anche una lezioneche spiega la necessità di cercare senza fineil progresso dell’umanità. Le celebrazionidel centocinquantenario ci aiutino a deli-neare una nuova e più forte coscienza uni-taria, perché la confusione non avveleni ipozzi e scoraggi a riprendere il percorsodelle necessarie riforme, culturali e sociali,di cui l’Italia ha bisogno. Risorgimentodella ragione come salutare eversione delpensiero unico. Controvento, liberi e senzaaltri interessi che il bene dell’Italia, gli uo-mini del Grande Oriente d’Italia hanno an-cora tanto da dire e da lavorare percontribuire a realizzare una nuova idea diPaese, più consapevole delle grandi sfideche ci attendono. Lo abbiamo fatto ieri, nonci fermeremo domani. Sempre insieme. Ri-belli nell’anima.

1/2011

HIRAM

• 5 •Pensiero e libertà, il Grande Oriente per i 150 anni dell’Unità d’Italia, G. Raffi

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 5

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 6

““LLiibbeerrttàà ee RReessppoonnssaabbiilliittàà””nneell ssaalluuttoo ddii RRaavveennnnaa aall PPrreessiiddeennttee

ddeellllaa RReeppuubbbblliiccaa IIttaalliiaannaa*

di SSaauurroo MMaattttaarreelllliiPresidente della Fondazione “Casa di A. Oriani”, Ravenna

The present inaugural lecture was delivered by Prof. Dr. Sauro Mattarelli on January8th, 2011 at the “Dante Alighieri” Theater of Ravenna in presence of the President ofthe Italian Republic, Giorgio Napolitano. This talk offers a journey through 150 yearsof history of Ravenna and in particular of the region Romagna, showing both theintellectual thought and the popular involvement, which, together, have actuallycharacterized the identity of a small enclave, capable of perceiving a sense of theFatherland joined with that of Europe.

SSSSignor Presidente della Repubblica,autorità, cittadine e cittadini, è unonore questa visita, proprio al-

l’inizio dell’anno in cui si celebra il cento-cinquantesimo anniversario dell’Unitàd’Italia. Siamo fieri e orgogliosi che il Pre-sidente della Repubblica Italiana sia connoi nel ricordo del contributo che Ravenna,la Romagna e l’intera Regione, all’insegnadel tricolore, hanno offerto per questagrande causa fin dal primo Risorgimento,quando repubblicani, liberali, mazzinianied anche esponenti del mondo cattolico,pur con le dovute differenziazioni, hannopartecipato in modo decisivo ai moti da cuisi sarebbe costruito il processo unitario na-zionale.

Basti pensare alla cosiddetta “Trafila”,che consentì a Garibaldi di porsi in salvonel 1849 e, in seguito, di consolidare unrapporto speciale con i luoghi dove Anitaaveva sì cessato di vivere, ma era entratanei cuori di tutti, segnando per semprel’immaginario collettivo. Poi le gesta deicospiratori, le persecuzioni, le repressioni eun pensiero che tuttavia continuava a svi-lupparsi e a trasformarsi in convinzione. Levicende dei vari Domenico e Luigi Carlo Fa-rini, Primo Uccellini, Francesco Lovatelli,Antonio Monghini … non sono che i capi-saldi più noti di una storia che coinvolsevasti strati popolari e che, perciò, vive an-cora oggi non solo attraverso la storiogra-fia, ma nel ricordo di momenti divenuti

1/2011

HIRAM

* Prolusione tenuta in occasione della visita del Presidente della Repubblica Italiana GiorgioNapolitano a Ravenna, Teatro “Alighieri”, 8 gennaio 2011.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 7

simbolici e che ci hanno trasmesso il sensodella partecipazione politica, della co-stanza, della speranza, delle modalità concui ci si confronta, anche dura-mente.

Nella città che ospitò Danteil Risorgimento è dunque sìmemoria, coltivata perfino at-traverso riti che potremmodefinire liturgici; mai, però, ri-cordo polveroso o mummifi-cato; ma storia sempre viva alpunto da farsi tradizione,come quella dei lumini cheogni notte del 9 febbraio, in al-cune plaghe ravennati, ricor-dano, ancora oggi, l’evento dellaRepubblica Romana del 1849, che, tra l’al-tro, regalò all’Europa una Costituzioneavanzatissima, che ha ispirato profonda-mente anche la nostra Carta costituzionale.Molti illustri uomini politici del secondodopoguerra, da Palmiro Togliatti a PietroNenni fino a Randolfo Pacciardi, Ugo LaMalfa, Giovanni Spadolini e, signor Presi-dente, anche al suo predecessore, CarloAzeglio Ciampi, furono molto impressio-nati e commossi da un rito entrato profon-damente nel nostro costume.

Questi eventi non sono però riconduci-bili alle categorie del mito o del folklore:dagli “alberi della libertà” sorsero le primeleghe; gruppi anarchici, radicali e socialistiavrebbero dato vita ad esperienze parteci-pative che costituiscono un unicum; da quinacquero i partiti politici che facevano ri-ferimento al socialismo costiano, al repub-blicanesimo di Aurelio Saffi, al liberalismodi Luigi Carlo Farini, Alfredo Baccarini,Luigi Rava. E poi le cooperative socialiste di

Nullo Baldini; le mazziniane di Pietro Bondie, più tardi, quelle cattoliche, quelle comu-niste e, ancora: le banche popolari, le casse

mutue, i giornali, i sindacati,le associazioni … avrebberocostellato il territorio, con-notandolo e imprimendogliuna fisionomia geopoliticaben definita.

Fu così che una terra dicontadini, braccianti, pic-coli e grandi proprietari, aiprimi del Novecento, rag-giunse un primato agricoloche il mondo invidiò e chederivava essenzialmente,

non solo da parole o da ideo-logie, ma da una organizzazione concreta,da comportamenti consolidati; dal fattoche uomini e donne, spesso provenienti daterre lontane, appresero a rispettarsi, par-larsi e, lavorando fianco a fianco, a liberarsidelle acque paludose, della malaria, ma, so-prattutto, della cappa del servilismo.

L’antifascismo e la Resistenza ravennatiscaturirono da queste radici: non nacquerotanto o solo per opporsi a un nemico, maper conseguenza naturale del fatto che quisi era intesa la libertà come un insieme dirapporti fondati sulla responsabilità; prati-cati attraverso la consapevolezza di un do-vere compiuto, prima ancora che di undiritto, seppur sacrosanto, da rivendicare.

La libertà era, cioè, un prerequisito; unmezzo, non un fine e, lo aveva insegnatoMazzini, non poteva perciò sfociare nellalicenza o nella sopraffazione del forte suldebole. Era considerata uno strumento percrescere, non a scapito degli altri, ma comecollettività e civiltà: riformando e miglio-

1/2011

HIRAM

• 8 •

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 8

rando attraverso la conoscenza, lo studio,l’operosità e anche col sanguigno rifiutodelle angherie che un po’ haconnotato le nostre plaghe.

Per questo motivo Ra-venna, insignita da Luigi Ei-naudi città medaglia d’orodella Resistenza, ha ricono-sciuto la dignità di tutti co-loro che si fronteggiarono e sicombatterono negli anni delcosiddetto Secondo Risorgi-mento: non senza traversie,contrasti e, purtroppo, anchegravi fatti di sangue. Masenza, d’altro canto, rinunciare al doveredella distinzione storica e morale tra chicombatteva e moriva per i valori che oggidovrebbero costituire il fondamento dellanostra Repubblica democratica espressinella Costituzione (che, come si diceva,proprio dalla lezione dell’Ottocento hatratto la sua ispirazione più autentica) e co-loro che invece si batterono facendo riferi-mento a ideologie opposte, illiberali, basatesulla discriminazione razziale, sessista, re-ligiosa.

In altri termini: l’Unità della Patria, chequi si è sempre celebrata e declinata insenso repubblicano, per questa gente nonha voluto dire indistinta commistione oamalgama; né ha riguardato solo una puraquestione di annessioni territoriali. Nasce,piuttosto, dalla fiera consapevolezza che,almeno in un certo periodo storico, nellaantica Capitale che, per usare la definizionedi Antonio Beltramelli, sorgeva nella “terradegli uomini rossi” e che Gabriele D’An-nunzio chiamò invece “la città del silenzio”… furono in tanti a individuare nel lavoro

l’elemento fondante di ogni unione, attra-verso l’espressione della dignità umana;

prima ancora che mezzo perpercepire un reddito.

Proprio per questo inmolti seppero praticare la“filosofia dell’Unità”, che sibasa sul disinteresse; sullapossibilità di darsi regolecondivise perché riguardanoil bene comune; sul saper ri-nunciare ai piccoli o grandiprivilegi di casta, di censo o“di posizione” in nome diqualcosa di più alto: la coe-

sione, ad esempio, che nasce dal comuni-care, dal modo di comportarsi, dalriconoscersi, fino a poter percepire, ancheattraverso una piccola enclave come la Ro-magna, il senso di una intera Nazione, del-l’Europa, del naturale e ineludibileincontro fra tutti gli uomini e tutti i popoli,pur se profondamente diversi; anzi nellacoscienza della ricchezza implicita nel con-cetto di diversità.

In questa terra di grandi tradizioni de-mocratiche, lo dimostrano anche i dati delReferendum del 2 giugno del 1946 o quellidella partecipazione alle consultazionielettorali sia locali, sia nazionali, sia so-prattutto europee, si è cercato, da oltrecentocinquant’anni, di praticare la giusti-zia sociale. Non solo come antidoto controla miseria, ma, ancor prima, come mezzoper riscattarsi dall’analfabetismo (politicooltre che culturale); nella consapevolezzache tale piaga rappresenta l’anticameradella schiavitù peggiore: quella che “siignora”, come diceva Ignazio Silone, e ri-schia di veicolare un pericoloso “virus del

1/2011

HIRAM

• 9 •“Libertà e Responsabilità” nel saluto di Ravenna al Presidente della Repubblica Italiana, S. Mattarelli

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 9

dominio” che (amava ricordarlo DaniloDolci), se utilizzato spregiudicatamente,può condurre verso la istituzionalizzazionedella solitudine, della paura,della rassegnazione, dell’apa-tia, dell’egoismo, della disgre-gazione sociale … che sono ilveleno peggiore per ogni co-munità e Repubblica degna diquesto nome.

La storia di Ravenna pos-siede dunque la forza, quasireligiosa (non a caso AndréFrossard parlò di uno speciale“Vangelo”) , di coniugare ilpassato con l’avvenire e con lacostruzione del futuro.Amiamo credere che possa svol-gere, ancora oggi, una sua funzione peda-gogica, a condizione che non divenga unalitania e che non sia proposta come una no-zione arida, nostalgica, volta a farci spec-chiare sui fasti del passato. È questod’altronde il monito che proviene dalle le-zioni di grandi amministratori locali: daFortunato Buzzi a Bruno Benelli; da Lu-ciano Cavalcoli a Pier Paolo D’Attorre. Èuna storia che ci parla di ideali, traducibiliin fatti concreti, che stanno alla base dellacrescita e della convivenza civile.

Forse possiamo ancora far vivere questiprincipi nel cuore dei giovani del nuovoMillennio con lo stesso spirito con cui sboc-ciarono nell’animo delle giovani genera-zioni di centocinquanta anni fa: all’insegnadell’amore verso il progresso, del dirittoalla speranza; e col senso di rivolta controi venditori di illusioni, le letargie, i dispo-tismi, i soprusi. Un fremito, insomma, unimpegno, che però non può essere imposto,

né studiato a memoria come fosse un man-tra. Questi valori non possiamo infatti spe-rare di trovarli tutti racchiusi nei libri, o

depositati nelle “coscienze indi-viduali” e neppure nella purspesso invocata “volontà popo-lare”.

L’esperienza storica insegnache solo un esercizio metodico,umile, condiviso di sintesi con-sapevole di tutte queste compo-nenti può donarci la linfaessenziale per crescere, affron-tare le sfide globali e, soprat-tutto, evitare una fratturainsanabile tra ciò che si insegnae ciò che si pratica; tra le nostre

parole e le nostre azioni. Questa di-cotomia, è il male oscuro che spesso si in-sinua fra i banchi delle scuole, delleuniversità e della politica; nei posti di la-voro; tra disoccupati e precari; ed è lostesso male che, a pensarci bene, in nomedi un falso utilitarismo, oggi, talvolta, portacinicamente a irridere con sufficienza lastoria del Risorgimento del nostro Paese,fino a banalizzarla, denigrarla, dimenti-carla nel silenzio indulgente e complice dichi preferisce “verità” che durano il tempodi uno spot e possono essere scritte, ri-scritte e rigirate a piacimento.

Ricomporre la frattura tra il passato e lacostruzione dell’avvenire; tra le parole e leazioni: credo sia il messaggio più impor-tante che viene da centocinquanta anni distoria della nostra terra e che ora conse-gniamo alle giovani generazioni e simboli-camente a Lei, signor Presidente, comeparte integrante, inscindibile e ineludibiledella storia d’Italia.

1/2011

HIRAM

• 10 •

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 10

GGuuaannttii bbiiaanncchhii ppeerr IIppaazziiaa

di MMoorreennoo NNeerriiSaggista

Hypatia was a great scientist and a Neoplatonist philosopher who lived in Alexandriabetween the 4th and the 5th centuries AD; she was probably the most prominent figurein the culture of the time, as well as being – it is said – an extremely beautiful woman.A shameless and charismatic master of thinking and conduct, she was massacredand her body was horrendously mangled by a crowd of fanatical Christians. A martyrof Christian fundamentalism, she has been considered one of the early victims of theconflict between science and religious intolerance. As she became an icon of laity,works, novels and even a movie about her generated a remarkable debate. Thehistorian and Byzantinist scholar Silvia Ronchey has just published a book where theauthentic profile of Hypatia is reconstructed, in the real context of the time and theevents, with a constant reference to the ancient sources, in an erudite yet veryenjoyable narration. Through the different posthumous transfigurations that thisphilosopher suffered, we discover her importance in the chain of succession ofTradition and esotericism. She is a woman well deserving the gift of white gloves fromFreemasonry.

RRRRipercorrendo la china del passato,il massimo che posso dire è cheserbo la memoria di essermi im-

battuto in lei, la prima volta, nel 1977. Suuna porticina dell’androne tra l’Arengo ePalazzo Garampi campeggiava la scritta As-sociazione Ipazia. Il Comune di Rimini avevaconcesso la stanzetta a un centro di docu-mentazione femminista. Era l’air du tempsche la riplasmava in un nuovo approccio

creativo. Col senno di poi mi è ora facile —ma con altrettanta prudenza nel giudicareo condannare — stabilire che era probabil-mente uno di quegli esempi di travisa-mento o mistificazione, o comunque di“confusione delirante, perfino esilarante”di cui ci parla Silvia Ronchey1, un’Ipaziatravestita alla moda del tempo per scopiideologici2.

Risalendo di memoria in memoria, avrei

1/2011

HIRAM

1 Ronchey 2010: 125.2 L’invenzione riminese affabulatoria, di pasta felliniana, ha ben attecchito se si pensa cheil nome della filosofa alessandrina è stato in seguito mutuato da due riviste accademiche femmi-niste: Hypatia: Feminist Studies, fondata ad Atene nel 1984, e Hypatia: a Journal of Feminist Philosophy,

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 11

dato un peso diverso ai segnali che il de-stino aveva deciso di inviarmi fin da queiprimissimi tempi della mia gioventù. Po-chissimo tempo dopo la ritrovai in Favola diVenezia, del rimi-nese (per caso) maveneziano d’ori-gine Hugo Pratt.Nel racconto piùespl ic i tamentemassonico del Fra-tello Pratt (che erastato da poco ini-ziato alla loggiaveneziana “Her-mes” di Piazza delGesù), il “liberomarinaio” CortoMaltese, romantico e anarchico eroe, dopoessere precipitato dal lucernaio in una log-gia massonica, incontra la “divina Hipazia,la figlia di Theone”, un’Ipazia esoterica-mente rievocata e cronologicamente mu-tata dal genio di Pratt (un omaggio alla

veneziana Patty Pravo, ma il naso Hugo loprese in prestito a una giovanissima redat-trice di Linus, Stefania Rumor, che oggi ne èla direttrice). Nel racconto ambientato

nella città lagu-nare alla vigiliadella marcia suRoma e cosparsodi personaggi,simboli, luoghi econcetti esotericied iniziatici3, la“divina Hipazia”viene descritta dalpoeta d’Annunziocome “la sublime,la superba […] bel-lissima poetessa,

matematica, filosofa neoplatonica di Vene-zia […] meravigliosa creatura”4, animatricedi un salotto — con tutta evidenza un cen-tro della Società Teosofica —, dove “si riu-niscono tutte le persone di cultura, nonimporta di quale tendenza politica, allo

1/2011

HIRAM

• 12 •

Hildebrand, Mort de la philosophe Hypatie, a Alexandrie, seconda metà XIX sec.

pubblicata dal 1986 al 2000 dall’Indiana University Press. L’idea che l’assassinio di Ipazia fosse unatto antifemminista, come risuonava in quegli anni, fu precocemente espressa da Carlo Pascal(“Certo la persecuzione contro Ipazia mosse anche in gran parte da questa proterva e superstiziosatendenza antifemminile”, Pascal 1908: 179); cfr. anche Dzielska 1995: 11-12.3 Si pensi, solo per fare un piccolo esempio alla enthimesis, di cui Hipazia si duole che CortoMaltese non abbia potuto parteciparvi, a causa del suo ritardo. Nozione assimilabile alla parolaaraba himma che Pratt può solo avere tratto da Henri Corbin, L’imagination créatrice dans le soufismed’Ibn Arabi, Flammarion, Paris, 1958: 224. Sulla “enthymesis, che designa l’atto del meditare, conce-pire, immaginare, progettare, desiderare ardentemente: cioè avere (una cosa) presente nel thymos,che è forza vitale, anima, cuore, intenzione, pensiero, desiderio”, citando il Fratello Corbin, vedianche James Hillman, The Thought of the Heart & the Soul of the World, Spring Publications, Dallas,Texas, 1981: 4 ss. (trad. it. “Il pensiero del cuore”, in L’anima del mondo e il pensiero del cuore, a curadi Francesco Donfrancesco, Garzanti, Milano, 1993: 41-93, cit. 44-45; rist. Adelphi, Milano, 2002).4 Pratt 2000: 18.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 12

scopo di ascoltarla o semplicemente guar-darla”; suo padre, il dottor Teone, è uno chese ne va a sognare tra le stelle: “è un astro-nomo, astrologo e matema-tico”5. Niente comunque ache fare con la metamorfosiraggiunta nel 1994 dall’Ipa-zia semiferina, intrisa dignosticismo (anch’esso ales-sandrino), del Baudolino diEco o con una delle Città in-visibili (1972) di Calvino, lacui conclusione è “non c’èlinguaggio senza inganno”.E tantomeno col recente ne-gazionismo che la fa un’at-tempata professoressa dimatematica, incappata inuno dei primi pogrom antie-braici6.

È piuttosto la pitagoricae platonica Ipazia che si èperpetuata nel trascorreredei miei anni, sempreuguale a se stessa eppuresempre diversa, nel mio gironzolarle at-torno.

Per quanto in quegli anni stessi matu-rando una cultura politica laica, radicale,socialista e libertaria, da almeno un lustroero immerso, assieme ai miei studi classici,tra i libri di una biblioteca semi-privata chepresentava il meglio di quella che allora eraconsiderata una “cultura di destra” emar-

ginata: dunque Evola, Guénon, Reghini,Spengler, Nietzsche, ma anche Meyrink,Pound e Tolkien e, tra i classici, vi ritrovavo

Platone con gli scritti anticri-stiani di Celso, Giuliano e Por-firio. Ancora ringrazio perquesta mia formazione eclet-tica e priva di pregiudizi ilproprietario, dovunque oraegli sia, ex ragazzo di Salò, diquella biblioteca di un setti-manale di provincia, che miconsentì, con grande anticiporispetto alle operazioni adel-phiane di ripresa, di tracciarepunti di cerniera tra culturavecchia e cultura nuova attra-verso questa apparentementeinspiegabile magnanimità,che recuperava il furto dellepassioni per il mito e il sim-bolo, perpetrato da una certasé-dicente cultura di destra,complice l’altrettanto sé-di-cente cultura di sinistra,

quando ancora queste definizioni potevanoavere un qualche significato, mentre oggi,come è stato detto, di cultura, e soprattuttodi cultura forte, nel mondo politico non sioccupa più nessuno. Naturalmente, comeSinesio, avevo già incontrato la mia Ipazia,e come un tempo Socrate, la sua Diotima,che mi aveva insegnato a vivere e un po’troppo a morire.

1/2011

HIRAM

• 13 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

Charles William Mitchell,Hypatia, 1885, olio su tela(244,5 x 152,5 cm), Laing

Art Gallery, Newcastleupon Tyne (Tyne and Wear

Museums).

5 Ibid.: 19.6 Ruggeri 2010, ma vedi già prima E. M. Forster (1922) nel suo Alexandria. A History and aGuide; cfr. Ronchey 2010: 85.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 13

Racconto questi episodi privati che de-scrivono quello che allora penso fosse ilmodo copioso e polivalente dei miei ap-procci su più polarità,mai rigido, immobilee assolutizzante omassimalista. Avevocompreso Ipazia e laTradizione ed ero di-ventato fautore diquel sistema di unifi-cazione dei Romaniche non distruggevagli dèi delle altre na-zioni, sostituendovia forza i propri, maaggiungeva i propriagli altrui, tutti acco-gliendo in un unicotempio.

Nel frattempo ero divenuto un cultoree raffinato esperto della filosofa alessan-drina, al punto che, se mi capita di leggereche il personaggio creato da Pratt, guidadel circolo teosofico veneziano, è un omag-gio allo scrittore Charles Kingsley, autoredel romanzo Ipazia7, riconosco di più — adispetto della stessa testimonianza di Pratt— l’immediata ascendenza letteraria nel

teosofo Augusto Agabiti, autore di Ipazia: laprima martire della libertà di pensiero8. Di que-sta mia persistenza d’interesse e un po’ ec-

centrico zelo verso lasfortunata filosofaalessandrina, noti in al-cuni ristretti ambiti, hodato prova, anche qual-che anno fa, al Festivaldell’Antico di Rimini,venendo chiamato al-l’improvviso, il 18 giu-gno 2009, a presentareil video Blu Ipazia: operaper teatro musicale in unatto di Candida Ferrarie Simona Simonini (Ita-lia 2004, 30’).

Insomma, Ipazia èdavvero un’icona: nel

senso originario della parola, che deriva dalgreco eikon, che è ciò che appare nella re-altà materiale ma che riproduce ciò che c’èdi eterno e immutabile. Se eikon è platoni-camente ciò che rende visibile l’essere in-visibile, ciò che porta nella material’immateriale e diventa la possibilità diun’immagine divina, la figura di Ipazia èqui a dimostrarci che il suo potere perfor-

1/2011

HIRAM

• 14 •

Hugo Pratt, Hipazia e Corto Maltese inuna striscia di Favola di Venezia, 1977.

7 Cfr. Marchese 2006: 41-42.8 Agabiti 1914. Per un breve ritratto di Augusto Agabiti (1879-1918) vedi Sandro Consolato2010: 46-48. Il numero doppio de La Cittadella, menzionato nei riferimenti bibliografici, contieneun inserto speciale dedicato a Ipazia, in larga parte formato dalla riproposizione dell’opuscolo diAugusto Agabiti. Qui aggiungiamo solo che fu amico di Giovanni Amendola, Arturo Reghini e Ro-berto Assagioli, tutti teosofi e anche massoni. Vicebibliotecario della Camera dei deputati, l’affi-liazione massonica di Agabiti è indirettamente confermata anche dalla strettissima amicizia con ilministro e Presidente del Consiglio Luigi Luzzati (1842-1927), membro della Loggia “Cisalpina” diMilano.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 14

mativo e di seduzione non è mai venutomeno.

Cosicché per un momento mi è venutodi pensare che bisogne-rebbe che il nostroOrdine (“regolare”,in quanto non am-mette l’iniziazionefemminile) istituisseun’onorificenza “Ipa-zia” da assegnare alledonne che si sono di-stinte per aver testi-moniato i principiuniversali di libertà,di fratellanza e diuguaglianza. Senon-ché il Premio “GalileoGalilei”, il massimoriconoscimento mas-sonico italiano per i non massoni, è giàstato conferito a donne, come il Nobel perla Pace 1992 Rigoberta Menchù e la can-tante israeliana Noah. Peccato, un’occa-sione perduta: un’ideale onorificenza“Ipazia”, accanto al “Galileo Galilei”,

avrebbe in un certo qual modo realizzatoun obiettivo di parità di genere, nell’attesadi quella soluzione, ancora lontana, della

questione femminileche andrà trovata alivello mondiale dal-l’intera Istituzione,ancora per certiversi accomunata inquesta preclusionealle religioni mono-teiste9.

Quel dono stra-ordinario che, comeevidenziava il Fra-tello Goethe, può es-sere regalato solo auna donna e unavolta sola, andrebbeofferto a Ipazia.

Molto presto a Ipazia furono rimessi iguanti bianchi, addirittura da massoni antelitteram come John Toland, che le dedicò unsuo pamphlet nel 172010.

Fatto sta che la figura storica di Ipaziad’Alessandria è tornata di recente alla ri-

1/2011

HIRAM

• 15 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

Hugo Pratt, Hipazia e Corto Maltese in unastriscia di Favola di Venezia, 1977.

9 Sull’annosa e controversa questione delle donne in Massoneria resta ancora valido Vigni1997. Vedi inoltre AA. VV. 2000 e Caracciolo 2004. Sull’iniziazione femminile e sull’opportunità diridarle vita, chi scrive condivide l’opinione, in linea con la Tradizione, espressa, tanto fermamentequanto sommessamente, dal Fratello Claudio Bonvecchio (vedi Bonvecchio 2007: 55 n. 123). 10 Su John Toland (1669-1722), bel personaggio di deista, panteista e razionalista vedi Ron-chey 2010: 78-81 e passim. Per fini di semplice integrazione aggiungiamo soltanto che fu Massoneancor prima della creazione della Gran Loggia d’Inghilterra nel 1717 e legatissimo alle quattro loggeche istituirono la Massoneria moderna, nonché fondatore, lo stesso anno, del neo-pitagorico AncientDruid Order (del quale faceva parte anche William Blake). Già nel 1710 è attestata la sua partecipa-zione a una loggia massonica dell’Aja, i “Chevaliers de la Jubilation”: fu quindi uno dei primi mas-soni “speculativi”

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 15

balta grazie al controverso film Agora delregista cileno-spagnolo Alejandro Amená-bar e, in minor parte, anche invirtù del romanzo Azazeldell’arabista e islamista egi-ziano Youssef Ziedan11. Di leiscrive il professore di filoso-fia islamica e sufismo del-l’Università di Alessandriain relazione ai conflitti reli-giosi del V secolo.

Il monaco, protagonistadel racconto, ha assunto ilnome di Ipa, dalle prime sil-labe del nome della filosofa,perché ne è fervente ammi-ratore: la Maestra, viene de-finita, ed è il suo modellointellettuale.

Con perfetto tempismo,il romanzo, che ha vinto nel2009 l’International Prize for Arabic Fiction(IPAF), è arrivato con la pellicola. E, findalla sua uscita, ha suscitato vivaci protesteda parte della Chiesa Copta (peraltro, pernemesi storica, recente obiettivo del terro-rismo islamico), che è giunta persino achiedere la messa al bando del libro. L’ecodelle polemiche egiziane si è così saldato aquelle italiane, dato che la tardiva distri-buzione in Italia del film di Amenábar, pre-sentato con successo a Cannes nel 2009, hasuscitato sospetti di censura. Si è avuta per

molto tempo la netta impressione che il di-sinteresse ad acquistare i diritti del film,

carico di messaggi forti e distri-buito in tutto il mondo tranneche in Italia, fosse conse-guenza di un qualche di-sturbo che la pellicolaavrebbe portato alla Chiesa, icui primi virgulti nel film nonfanno una bella figura. Ver-rebbe da dire che non sonopoche le occasioni storiche incui la Chiesa ha fatto una fi-guraccia. Il film, comunque, èriuscito a trovare posto nellenostre sale, dopo una mobili-tazione attraverso una peti-zione online che ha superatola soglia di diecimila firme.

A dimostrazione che, ora,è nell’aria del tempo l’inte-

resse per quel periodo decisivo delle originidel cristianesimo, il suo calcificarsi nell’or-todossia e sostanziarsi come potere seco-lare, che trovano radici in una violenzastrettamente congiunta con la pretesadella verità della fede. Risalire alle originidel cristianesimo che imponeva la sua fedecol ferro e perseguitava gli ebrei e gli ultimipagani è certamente fonte d’imbarazzo,ma, come a replicare le ragioni della fine diIpazia, ironicamente ogni censura (tentatao realizzata) mostra la ragionevolezza di

1/2011

HIRAM

• 16 •

La copertina del libro di Silvia Ronchey.

11 Nel romanzo traspare la solida formazione culturale dell’autore. Altre recenti ricostru-zioni romanzate della vita e, soprattutto, dell’assassinio di Ipazia sono Remembering Hypatia: a Novelof Ancient Egypt (2005) di Brian Trent e Flow Down Like Silver, Hypatia of Alexandria (2009) di Ki Lon-gfellow.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 16

ciò che si vorrebbe mettere a tacere. Ac-cade sempre più spesso che film e romanzivengano consideratidalla Chiesa come“forme sofisticate diostilità contro la reli-gione” e qualcuno haspiritosamente dettoche sì, si chiamanointelligenza.

Non c’è perciò darestare stupiti — mane è l’aspetto specu-lare, l’altra facciadella medaglia — che,per questa cancella-zione e intransigenza plurisecolare, Ipazia,a causa della sua filosofia pagana e per lecircostanze della sua morte, sia stata ca-ratterizzata da qualche autore come laprima strega ad essere giustiziata dall’au-torità cristiana12.

Vi è dunque un’Ipazia che rimbalza ditesto in testo, che è anche un continuo rim-balzare d’epoca in epoca e di memoria inmemoria, di cronaca in cronaca, d’imma-gine in immagine e che si moltiplica all’in-finito: un’Ipazia segreta e un’Ipazia nota,un’Ipazia che si dilata in altre Ipazie, Ipa-zie oscure e Ipazie ermetiche, Ipazie mo-mentaneamente rischiarate che ritornanooscure. E quello che qui si è cercato di darenon è che un semplice assaggio delle sueinnumerevoli trasfigurazioni.

Per fortuna a ristabilire un netto con-fine tra la realtà storicamente accertabile

e le manipolazioni, stru-mentalizzazioni e finan-che rimozioni che vi sisono così spesso deposi-tate è giunto il saggio diSilvia Ronchey, Ipazia. Lavera storia. Uno tra i moltigrandi meriti del librodella Ronchey, che già di-versi anni fa si era occu-pata di Ipazia13, è quellodi scavare a fondo nellastoria delle fonti insiemea una ricca ricognizione

delle sue interpretazioni, l’altro pregio è lasua vampa ermeneutica, di grande inte-resse, per la comprensione delle radici cul-turali dell’esoterismo occidentale.

Come dimostrano le lettere del suo al-lievo Sinesio, ad Ipazia e ad altri, l’eroinaalessandrina guidò per tutta la sua vita uncircolo di iniziati ai quali dispensò “i mi-steri della filosofia”. Ipazia insegnò a Sine-sio che la filosofia è “uno stile di vita, unacostante, religiosa e disciplinata ricercadella verità”.

L’acredine di Miska Ruggeri, brillantepenna della redazione culturale di Libero,verso Ipazia e l’esoterismo è incomprensi-bile, se non per il coraggio di Silvia Ron-chey di dire a voce forte l’indicibile e dirivelare a chiare lettere l’inviolabile.

1/2011

HIRAM

• 17 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

Rachel Weisz interpreta Ipazia di Alessandria in Agora (2009).

12 Nel 1843 i tedeschi Wilhelm G. Soldan e Heinrich Heppe nella loro autorevole storia deiprocessi per stregoneria (Geschichte der Hexenprozesse) sostennero questa tesi.13 Ronchey 1994 e 1995.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 17

Secondo Ruggeri l’esoterismo di Ipazia è“roba connessa con il sacro, la conoscenzadel divino, l’occulto [sic], laTradizione, senza dubbioimportante, come tiene asottolineare la Ronchey, perla linea sotterranea del pla-tonismo che, attraverso ilmillennio bizantino, arri-verà al nostro Umanesimoe Rinascimento, ma comun-que roba che ci porta millemiglia lontano dall’idealiz-zata figura del «Galileo ingonnella»”14. È del tuttoinutile insistere su questaimmagine popolare e sullamentalità essenzialmenteprofana da cui procede unsiffatto giudizio sull’esote-rismo e il sacro. L’ignoranzadella vera natura dell’esote-rismo — che non è roba, unqualche strambo, generalissimo oggettofantasioso d’inciampo alla vita ordinaria —produce rappresentazioni che sono sempredi per sé erronee quando si pretende di ap-plicarle a un dominio che è di per sé supe-riore. Per anni e anni non sono mai riuscitoa capire lo spregio con cui Guénon tenevain conto l’istruzione scolastica e la cultura.Grazie a Miska Ruggeri ora sono riuscito acapire cosa voleva dire il pensatore di Bloisquando scriveva in Considerazioni sulla viainiziatica: “colui che legge tali libri al modostesso della gente «colta» o anche colui che

li studia al modo stesso degli «eruditi», esecondo i metodi profani, non sarà per tal

motivo più vicino alla vera cono-scenza, poiché vi porta disposi-zioni che non gli permettono dipenetrarne il senso reale, né diassimilarlo a un qualsiasi grado”.Diverso sarà il caso di chi, pren-dendo questo libro come “appog-gio”, ne saprà fare l’uso a cui èessenzialmente destinato. Giac-ché “conta soltanto la penetra-zione dello «spirito» [...] poichéogni conoscenza è essenzial-mente identificazione”.

Meglio sarebbe stato lasciarea cimentarsi nel vano tentativo dismitizzare Ipazia, casomai, i suc-cessori dei suoi assassini e delloro mandante, Cirillo, che èstato anche insignito del titolo di“santo” e “dottore della Chiesa”,

e, come tale, celebrato da Bene-detto XVI qualche anno fa. Il Papa, nel suodiscorso commemorativo, dichiarò che Ci-rillo governò la Chiesa di Alessandria “congrande energia per trentadue anni”. Sulfatto che fosse un vescovo “energico” nonci sono dubbi; peccato, però, che il Ponte-fice abbia omesso di menzionare le conse-guenze della sua esuberanza e del suofervore, fra le quali si annoverano l’espul-sione da Alessandria della comunitàebraica e, per l’appunto, il brutale assassi-nio di Ipazia. Non giunge perciò inaspet-tata, da parte dell’ala più intransigente e

1/2011

HIRAM

• 18 •

Raffaello Sanzio, parti-colare de La scuola di

Atene (1508-1511), affre-sco, Stanza della Segna-

tura, Musei Vaticani. Il personaggio è impro-babilmente identificato

con Ipazia.

14 Ruggeri 2010.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 18

settaria del cattolicesimo, l’irrisione a “unfatto oscuro e marginale della storia”, rie-sumato di tanto in tanto come“macchina da guerra” da il-luministi, atei, agnostici,teosofi, massoni e perchéno? giudei (per non parlaredegli antichi ariani e nesto-riani che denigrano il buonCirillo)15. I reali nipotini delSimonini inventato da Ecodanno il meglio di sé con laripresa e la deferente rispol-veratura di talune delle re-pellenti valutazioni dimonsignor Umberto Beni-gni, l’antisemita perfetto,curatore nel 1921 di un’edi-zione dei Protocolli dei Savianziani di Sion:

È certo che la sua casaera il centro non solo e nontanto di un’accademia neo-platonica, quanto di unvero partito di ellenismo po-litico-sociale attivamente anticristiano. Ilpopolo cristiano di Alessandria non si in-gannò quando nella sinagoga e nella casad’Ipazia sentì due centri di lotta anticri-stiana, probabilmente alleati nella praticadell’odio comune. Se è dunque a deplorarsiogni eccesso in genere e la tragica fined’Ipazia in ispecie, lo storico non può nonconstatare che simili eccessi furono la crisinaturale di uno stato intollerabile di cose.

La sinagoga, l’ellenismo pagano, la prefet-tura venale e partigiana, erano tre piaghe dicui Alessandria soffriva sempre più senza

vedere il come liberarsene pa-cificamente e legalmente. Inuguali circostanze ogni tempoed ogni luogo ha visto unoscoppio di furore del popoloche tenta curarsi da sé colferro e col fuoco.16

Non si è mai dato, senon nella storia degli ultimidue millenni del mondo, lanecessità di distruggere gliuomini e le loro opere, per-ché professano un’opinionediversa. Tutt’al più tra gliantichi una diversa reli-gione poteva suscitare ila-rità o disprezzo. Ma, comedice Gore Vidal in Giuliano(1962): “gli adoratori deltoro non hanno mai cercatodi uccidere gli adoratori delserpente, né di convertirli

dal serpente al toro con laforza. Nessun flagello ha mai colpito ilmondo con la stessa violenza e con le stesseproporzioni come il cristianesimo”17. Resiindecifrabili, mutilati, distrutti, se la me-moria ne fu conservata, perché un giornouna qualche consapevolezza di vita nefosse richiamata, è stata la scommessa dichi fu ed è soltanto intollerante verso l’in-tolleranza.

1/2011

HIRAM

• 19 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

Ritratto immaginario di Ipa-zia, in Elbert Hubbard, “Hypa-

tia”, in Little Journeys to theHomes of Great Teachers, The

Roycrofters, East Aurora; NewYork, 1908, p. 78.

15 Vedi Ricossa 2010.16 Benigni 1912: 408, cit. in Ricossa 2010: 40.17 Vidal 2003: 171.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 19

Quella di Silvia Ronchey non è certo unariscoperta in chiave neoilluminista di unaferita della civiltà cri-stiana, di cui peraltrodà conto. La nozionepiù significativa cuirende giustizia è l’ap-partenenza di Ipaziaalla Tradizione, da in-terpretarsi in sensoproprio come Sa-pienza trasmessa inun percorso carsicoda una “sorta di pro-massoneria”, ma insenso più lato anchecome concetto identificativo di quelle cor-renti che pongono il Sacro come loro cen-tro vitale e sentono la conservazione, ladifesa e la valorizzazione dell’antico, eancor più della “prisca theologia”, come undovere imprescindibile. Come dice l’Ipaziadi Agora: “Non avere un centro mi spezza ilcuore”.

È una filosofia che è assolutamente di-sturbante per chi desidera imporre una ve-rità universale, perché, come insegnava lamatematica di Alessandria, c’è un ideale diricerca che è preferibile allo stesso pos-sesso della Verità e che è sempre un in-quieto punto di partenza. La torma diassassini di Ipazia, i parabalani (che avevanopreso il loro nome dai gladiatori che af-frontavano le fiere e disprezzavano lamorte), sin dal loro nome, fanno venire inmente i talebani che hanno distrutto le sta-tue di Buddha nel Bamiyan o le infuocate eoceaniche radunate di fondamentalisti isla-mici che inneggiano alla loro guida spiri-tuale dopo un invito alla guerra santa, ma

anche la tipica folla presente ai raduni gui-dati da qualche telepredicatore evangelico

statunitense. C’è un progettare,

che è una possibilità dicostruzione con solle-citudine, umiltà, atten-zione, cura affettuosa edesiderio ardente, untrepido accompagna-mento nello sviluppodella propria opera percondurla verso la ma-nifestazione vivente.In questo cuore, tro-

viamo tutti gli ingre-dienti del creare, e del creare artistico eletterario della nostra cultura. Negli stessigiorni in cui l’Autrice si accingeva a scri-vere questo prezioso libro, perdeva suopadre, Alberto Ronchey, indimenticatogiornalista e uno dei migliori ministri per iBeni e le Attività Culturali che ha avuto lanostra Repubblica. L’importante patrimo-nio librario paterno sarebbe stato smem-brato, se consegnato alla bibliotecaParlamento italiano. La Ronchey ha quindideciso di donarlo all’università della Re-pubblica di San Marino. Alla fine di ottobre2010, nella sede della biblioteca universita-ria sammarinese, l’antico monastero diSanta Chiara, il fondo Ronchey è stato pre-sentato: un’ampia stanza ospita ora la bi-blioteca ricostruita di Alberto Ronchey.

Da esimia bizantinista quale è, SilviaRonchey deve aver ricordato le parole delcardinale Bessarione quando nel 1468 fa-ceva dono della sua ricca biblioteca alla Re-pubblica di Venezia:

1/2011

HIRAM

• 20 •

Rachel Weisz interpreta Ipazia di Alessandria in Agora (2009).

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 20

Fin dalla più tenera età mi adoperaisenza risparmiare fatiche, cura, impegno,per procurarmi libri in ogni genere di disci-pline; perciònon solo netrascrissi iostesso moltida ragazzo eda giovi-netto, manell’acqui-sto di librispesi quelpo’ di de-naro che laparca fruga-lità mi per-metteva di mettere da parte. Mi sembravainfatti di non potermi procurare cose piùdegne ed egrege, né tesori più utili e belli; ilibri sono pieni delle parole dei saggi, degliesempi degli antichi, dei costumi, delleleggi, della religione. Vivono, discorrono,parlano con noi, ci insegnano, ci ammae-strano, ci consolano, ci fanno presenti po-nendocele sotto gli occhi cose remotissimedalla nostra memoria. Tanto grande è il loropotere, la loro dignità, la loro maestà, e, in-fine, la loro santità che, se non ci fossero ilibri, noi saremmo tutti rozzi e ignoranti,senza alcun ricordo del passato, senza alcunesempio; non avremmo conoscenza alcunadelle cose umane e divine; la stessa urna cheaccoglie i corpi degli uomini, ne cancelle-rebbe anche la memoria. Ora, benché a tuttoquesto avessi sempre atteso con ogni impe-gno, dopo la rovina della Grecia e la lacri-mevole cattività di Bisanzio, rivolsi qui tuttele mie forze, le cure, le attività, le capacità,i beni. Avevo concepito infatti un timoregravissimo che, col resto, anche tanti libridi somma eccellenza, le fatiche e le veglie ditanti uomini sommi, e tanta luce di questomondo in breve tempo si trovassero in peri-

colo e perissero [...]. D’altra parte, ripen-sando spesso a queste cose, mi sembrava diaver soddisfatto ben poco alla mia esigenza,

se non avessi fatto inmodo, in paritempo, che queilibri, riuniti contanto amore e tantafatica, venissero col-locati, me vivo, inmodo che non po-tessero andar di-spersi o alienatidopo la mia morte,ma venissero con-servati in un luogo

insieme sicuro ed age-vole per la comune utilità così dei Grecicome dei Latini. Pensando io a tutto questo,e considerando nell’animo molte città ita-liane, alla fine solo la vostra inclita e gran-dissima città fu quella in cui le miepreoccupazioni trovarono soddisfazione daogni punto di vista.

Nello stesso tempo, come metafisica-mente chiamata ad altre forme di realizza-zione, la Ronchey scandagliava per ogniparte il terreno che si accingeva a disso-dare, risalendo di memoria in memoria, colpasso e la leggerezza che ne dà la sua rie-vocazione, la fortuna storico-letteraria diIpazia e gli incrementi progressivi delle suemutevoli fisionomie, additivi che ne hannoincrostato la reale sostanza, licenze poeti-che incluse. Offrendoci così la storia di unacalamità da compiangere, di un errore daevitare, di virtù da rispettare e di unagrande anima degna di essere liberata dal-l’insabbiamento e dall’incomprensione. Èdavvero, in modo bessarioneo, un libro chevive e discorre, ci parla e ci insegna, sotto-

1/2011

HIRAM

• 21 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 21

ponendoci un remoto episodio miscono-sciuto e misdocumentato18. Con la spe-ranza, sostenuta anche dalle numeroseristampe del libro, che anche nei lettorimeno sottili e avveduti si insinui e parte-cipi quella Sapienza che dettano le Muse ela Storia. È un’opera esauriente, un libroche resterà per molti anni una pietra mi-

liare e una fonte preziosa negli studi su Ipa-zia, una vicenda di religione e potere, daleggere, da studiare e da meditare. Una sto-ria, ad onta di tutte le opinioni contrarie,non ancora conclusa e che, benché anco-rata al passato, resta una vicenda della con-temporaneità che ancora profondamentescuote.

1/2011

HIRAM

• 22 •

18 Valga per tutti un piccolo esempio. Il poco fotogenico cruento scorticamento di Ipaziaviene sostituito da Amenábar con una lapidazione, che è chiaramente un omaggio alla cronacacontemporanea. Nel dubbio tra le diverse fonti, in Azazel Ipazia è scorticata da lastre dell’accioto-lato e da conchiglie (Ziedan 2010: 164-165). Ronchey 2010: 283, nella sua documentazione ragionata,chiarisce che il termine ostraka significa cocci affilati e non gusci di conchiglie.

RRiiffeerriimmeennttii bbiibblliiooggrraaffiiccii

AA. VV. (2000) Iniziazione femminile e massoneria: saggi sull’esoterismo massonico / presenta-zione di Anna Maria Isastia, M.I.R. Edizioni, Montespertoli.

Agabiti, A. (1914) Ipazia, la prima Martire della liberta di pensiero, Enrico Voghera, Roma; ristt.[Tipografia Edigraf - Catania], Ragusa, 1979 e La Fiaccola, Ragusa, 1998 (entrambe con in-troduzione critica di Emilia Rensi).

Benigni, U. (1912) Storia sociale della Chiesa: Vol. II (da Costantino alla caduta dell’impero ro-mano), tomo I, F. Vallardi (Stab. Riuniti D’arti Grafiche), Milano, pp. 406-408.

Bonvecchio, C. (2007) Esoterismo e massoneria, Mimesis, Milano.Caracciolo, S. (2004) L’iniziazione femminile in Massoneria: il problema dei problemi / prefazione

di Angela Curti, Libreria Chiari - FirenzeLibri, Firenze.Consolato, S. (2010) “Il ritorno della Vergine Sapiente”, in La Cittadella. Quaderni di studi

storici e tradizionali romano-italici, Anno X, n. s. n° 38-39, MMDCCLXIII a.U.c. (aprile-giu-gno/luglio settembre 2010 e.v.), pp. 45-48.

Dzielska, M. (1995) Hypatia of Alexandria; translated by F. Lyra, Harvard University Press,Cambridge, Mass. - London.

Marchese, G. (2006) Leggere Hugo Pratt: l’autore di Corto Maltese tra fumetto e letteratura; pre-fazione di Giulio C. Cuccolini, Tunue, Latina.

Pascal, C. (1908), “Ipazia”, in Figure e caratteri: Lucrezio – L’Ecclesiaste – Seneca – Ipazia – Gio-suè Carducci – Giuseppe Garibaldi, Remo Sandron Editore, Milano-Palermo-Napoli, pp. 141-196.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 22

1/2011

HIRAM

• 23 •Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

Pratt, H. (2000) Favola di Venezia, Lizard, Roma; prima pubblicazione italiana: a puntate inL’Europeo, dal n. 21/22 del 3 giugno 1977 al n. 51 del 23 dicembre 1977; in volume, Favoladi Venezia, Rizzoli-Milano Libri, Milano, 1979.

Ricossa, don F. (2010) “Il mito di Ipazia”, in Sodalitium 64, a. XXVI n. 3 - Maggio 2010, pp.36-40.

Ronchey, S. (1994) “Ipazia, l’intellettuale”, in AA. VV., Roma al femminile; a cura di AugustoFraschetti, Laterza, Roma-Bari, pp. 213-258.

Ronchey, S. (1995) “Filosofa e martire: Ipazia tra storia della chiesa e femminismo”, in AA.VV., Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma / Atti del Convegno di Pesaro, 28-30 aprile 1994;a cura di Renato Raffaelli, Commissione per le Pari Opportunità tra uomo e donna della Re-gione Marche, Ancona, pp. 449-465.

Ronchey, S. (2010) Ipazia. La vera storia, Rizzoli, Milano.Ruggeri, M. (2010) “Tanto rumore e lotte ideologiche per una prof di matematica. La bella

alessandrina, fatta a pezzi e bruciata dai seguaci del vescovo Cirillo, scrisse solo com-menti a opere tecniche. La sua fama postuma è tutto merito della fine tragica”, in Li-bero, mercoledì 17 novembre 2010, p. 40.

Vidal, G. (2003) Giuliano; postfazione di Domenico De Masi; traduzione di Chiara Vatteroni, FaziEditore, Roma.

Vigni, F. e P. D. (1997) Donna e massoneria in Italia: dalle origini ad oggi, Bastogi, Foggia.Toland J. (1720) “Hypatia or the History of a most beautiful, most virtuous, most learned

and every way accomplish’d Lady, who was torn to pieces by the Clergy of Alexandria togratify the pride, emulation and cruelty of the Archbishop commonly but undeservedlystil’d Saint Cyril”, in Tetradymus, containing … III., J. Brotherton and W. Meadows, Lon-don, pp. 101-136; trad. it. Ipazia, donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero; a cura di Fe-derica Turriziani Colonna, Editrice Clinamen, Firenze, 2010.

Ziedan Y. (2010) Azazel, traduzione dall’arabo di Lorenzo Declich e Daniele Mascitelli, NeriPozza Editore, Vicenza.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 23

Fornitore delGrande Oriente d’italia

Via dei Tessitori 2159100 Prato [PO]

tel. 0574 815468 fax 0574 661631P.I. 01598450979

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 24

II mmaassssoonnii:: ddaa rreeii ddii SSttaattoo aa lleeggiissllaattoorrii..LLee lleeggggii ppoosstt--uunniittaarriiee ddeeggllii uuoommiinnii ddeellllaa MMaassssoonneerriiaa..

di CCaarrlloo PPeettrroonneeAvvocato

Italian Freemasons have been the main protagonists during the Risorgimento andmany of them payed with their own lives and martyrdom their patriotic faith for a freeand united Italy. Many patriots, who excelled in conspiracy and fighting, were fromOtranto. Gramsci said that Freemasonry was “the only real and efficient party that themiddle class had since a long time”. The Author traces a history of the Risorgimentothroughout the lives of some important Brothers.

1. I rei di Stato dagli anni della Restaura-zione all’Unità d’Italia

QQQQuando i Borbone tornarono sultrono del Regno di Napoli, ilnuovo Re Ferdinando IV - dive-

nuto Ferdinando I del Regno delle due Sici-

lie (1816) - pose mano ad una severa atti-vità di repressione antimassonica e anti-carbonara1, affidata ad Antonio CapeceMinutolo, principe di Canosa2, neo ministrodi polizia.

Dappertutto si cercò di reprimere col1/2011

HIRAM

1 Palumbo, P.F. (1968) Terra d’Otranto nel Risorgimento, Lecce.2 Antonio Capece Minutolo nacque a Napoli nel 1768 nella nobile famiglia dei Capece Mi-nutolo, trascorse gran parte della giovinezza a Roma, dove studiò filosofia presso i Gesuiti, poi giu-risprudenza, anche se abbandonò presto la pratica legale. Gli studi romani lo mantennerorelativamente distaccato dalle teorie illuministiche e dal fermento che cominciava a manifestarsinel ceto nobiliare del Regno di Napoli. Fu tuttavia avvicinato da esponenti della Massoneria e in-vitato a unirsi alla “setta”, invito che rifiutò, mentre prese sempre più posizioni legittimiste e ri-spettose dei principi religiosi (secondo l’espressione dell’epoca, del trono e dell’altare). All’arrivodei Francesi nel Regno di Napoli il Canosa si unì, finanziando la leva e l’armamento di truppe, allaresistenza dei Lazzari all’invasore; propugnò anche l’antico diritto della città di rappresentare il re,mentre il rappresentante nominato da Ferdinando, Francesco Pignatelli, conte di Laino, impose lalinea assolutista, che priva i sedili di rappresentatività. Napoli cadde per mano dei francesi e dei loro

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 25

terrore l’espandersi dei movimenti rivolu-zionari3. La ferocia della repressione anti-massonica e antiliberale specialmente nelRegno delle due Sicilie è fatto noto e non si

conta il numero dei Fratelli e dei Buoni Cu-gini “suppliziati, incarcerati, impiccati”.

In proposito Pietro Colletta4 nella suacelebre Storia del Reame di Napoli dal 1734 al

1/2011

HIRAM

• 26 •

partigiani giacobini, che aggredirono alle spalle i Lazzari mentre questi resistevano ferocementeai Francesi. Canosa venne arrestato, e scampò fortunosamente alla condanna a morte solo per labrevissima durata della Repubblica, schiacciata dalle insorgenze generalizzate in tutto il regno edall’armata sanfedista comandata dal cardinale Fabrizio Ruffo. Appena liberato fu però arrestatodalla Giunta di stato, inviata a Napoli per punire i repubblicani, che lo condannò a cinque anni diprigione per il rifiuto di ubbidire a Pignatelli. Ironicamente, venne scarcerato solo grazie all’am-nistia imposta da Napoleone nei patti della Pace di Firenze (1801). Il re al ritorno sul trono prov-vide subito a sciogliere i sedili, cioè ad eliminare l’ultimo resto di rappresentatività dell’aristocrazia.Al momento della seconda discesa francese, rimase al fianco del re fuggitivo e questi, colpito dallasua integrità, lo incaricò della difesa degli ultimi lembi del territorio ancora in suo possesso, le isoledi Ponza, Ventotene e Capri, piccolissime isole, vicinissime al nemico e mal munite di uomini e dimezzi; nonostante la perdita di Capri, conquistata da Gioacchino Murat con enormi sforzi, per mo-tivi di prestigio, riuscì a mantenersi nelle altre isole e ad arrecare continui fastidi ai Francesi rive-landosi buon guerrigliero. Alla fine del decennio francese, nel 1815, quando Ferdinando ritornò sultrono, venne invitato a far parte del governo. Canosa, nominato ministro della polizia, si scontròduramente con Luigi de’ Medici, principe di Ottaviano, capo di gabinetto. Nulla avevano in comune,Canosa difensore senza sconti dell’ancien régime, Medici maestro nel rimanere a galla con tutti i re-gimi avvicendatisi in Napoli, apprezzato nelle corti estere, colluso con i Carbonari. Canosa cercò diopporsi alle correnti sovversive clandestine più facendo opera di propaganda che con una dura re-pressione, che, intuì, non serviva altro che la causa dei congiurati. Ciononostante lo stesso annodella nomina a capo della polizia, costituì la società segreta legittimista e reazionaria dei Calde-rari, con l’intento di porla in opposizione ai movimenti carbonari filo-francesi. Ma la sua campa-gna di reazione e discredito ebbe scarso successo. Infine gli scontri con Medici e la volontà di trovaredei compromessi portarono al sollevamento di Canosa dall’incarico. Nonostante le avvisaglie dellarivoluzione del 1820, il re venne colto impreparato e dovette piegarsi alle richieste dei Carbonari,salvo poi ritornare con un esercito austriaco che impose un vero stato di polizia e un protettoratoaustriaco de facto. Richiamato al ministero (1821), Canosa, che non riuscì ad adattarsi, venne dinuovo allontanato e lasciò il regno in volontario esilio.3 Scrive il Palumbo, cit.: “il decennio francese non era trascorso invano e ai Borbonici si op-ponevano nelle provincie Carbonari e massoni, ovunque si organizzavano patrioti Europei e Fila-delfi […] i patrioti Europei avevano nuclei in Lecce, Salice, Copertino, Noboli, Soleto, Campi, MartinaFranca, Taranto, Gallipoli. Squadriglie di Filadelfi si raccoglievano in Lecce, Veglie, San Cesario, Le-quile,Cavallino, Soleto, Sternatia, Martiniano, Cursi, Nociglia, Vitigliano, Brindisi, San Vito, Tre-puzzi, Taranto”. Cfr. Palumbo, P. (1911) Risorgimento Salentino (1799-1860), Lecce.4 Pietro Colletta (1775-1831) storico e generale, schieratosi con la Repubblica partenopea del‘99, fu condirettore del Monitore Napoletano, pagò con 5 mesi di duro carcere borbonico i suoi idealilibertari.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 26

1825, scriveva che “non vi era giorno chenon si udisse la campana della giustizia” eancora “in sei lustri centomilanapoletani perirono di variamorte, tutti per causa di pub-blica libertà o di amore d’Italia[…]”.

Negli ambienti polizieschidel Regno di Napoli venne co-stituita, in opposizione allaCarboneria, la “Società deiCalderai”5, di carattere reazio-nario e sanfedista6, con sim-

bolo la caldaia, sotto cui brucia e si con-suma il carbone: ogni Calderaio doveva

contare al suo attivo l’assassi-nio, per lo meno, di tre Car-bonari7. Nel 1816 il principedi Canosa, considerato un“mistico della reazione” se neservì per rendere più com-pleto “lo spurgo” dei settari.Ma i reclami provenienti daogni parte obbligarono ReFerdinando il 27 Giugno del1816 a licenziare il Canosa e

1/2011

HIRAM

• 27 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

5 Nel corso della Restaurazione i governi adottarono come strategia di lotta alla Carbone-ria e ad analoghe associazioni segrete sovversive, la costituzione di medesimi gruppi settari che siripromettevano intenti antitetici a quelli dei gruppi contro i quali combattevano. La società deiCalderari, definita anche “del contrappeso”, perché la loro attività era contrapposta a quella dei Car-bonari, è conosciuta come società reazionaria, che perseguì una politica finalizzata al controllo delterritorio. Fu istituita nel 1816 per volere di Antonio Capece Minutolo. 6 I Sanfedisti erano i componenti di un movimento popolare antirepubblicano, il Sanfedi-smo appunto, che nel 1799 coinvolse le masse contadine e gli esponenti principali del brigantag-gio contro la Repubblica Partenopea; il movimento si organizzò attorno al cardinale Fabrizio DionigiRuffo col nome di Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo. Cfr. Cuoco, V. (1999) Sag-gio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, rist. Milano; Croce, B. (1912) La rivoluzione napoletanadel 1799. Biografie, racconti e ricerche, Bari; Id., Aneddoti di varia letteratura, II ed., Bari 1953; Dumas, A.(2004) Il Corricolo, Napoli; Forgione, M. (1991) I Dieci anni che sconvolsero Napoli, Napoli; Id., EleonoraPimentel Fonseca, Roma 1999; Id., Luisa Sanfelice, Roma 1999; Saliani, G. (1998) Relazione intorno alla Cittàdi Modugno ed alla vita dell’Arciprete Giambattista Stella, in R. Macina, Viaggio nel Settecento, Modugno;Saliani, G. (1899) Cronaca dei fatti avvenuti in Modugno nel 1799, in V. Faenza, La vita di un comune dallafondazione del Vicereame Spagnuolo alla Rivoluzione francese del 1789, Trani; Striano, E. (1986) Il resto diniente. Storia di Eleonora de Fonseca Pimentel e della rivoluzione napoletana del 1799, Napoli. 7 Il nome “Carboneria” derivava dal fatto che i settari dell’organizzazione avevano tratto illoro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, ovvero coloro che preparavano il car-bone e lo vendevano al minuto. Come in ogni società segreta, chi si iscriveva alla Carboneria nonne doveva conoscere tutte le finalità fin dal momento della sua adesione: gli adepti erano infatti ini-zialmente chiamati “apprendisti” e solo in seguito diventavano “maestri” e dovevano impegnarsia mantenere il più assoluto riserbo, pena la morte. L’organizzazione, di tipo gerarchico, era moltorigida: i nuclei locali, detti “baracche”, erano inseriti in agglomerati più grandi, detti “vendite”,che a loro volta dipendevano dalle “vendite madri” e dalle “alte vendite”. Anche le sedi avevano na-turalmente dei nomi in codice: ad esempio, una di quelle oggi più note è Villa Saffi, alle porte di

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 27

tre mesi dopo a proscrivere i Calderari. Lacrisi del potere politico e le reciproche ven-dette di fazione tra Carbonari“Decisi” e Calderari, ebberouna notevole ripercussionesull’ordine pubblico inquanto si formarono bande disvariata provenienza8: si trat-tava di un brigantaggio orga-nizzato localmente in cui odiie vendette si rimescolavano.Per porre rimedio nelle cittàe nelle campagne agli eccessideterminati dai briganti il Go-verno fece ricorso a misureestreme attraverso una ser-rata azione militare tesa allaepurazione violenta delle sette.

Represso il brigantaggio, la Carboneria,ramificatasi anche nel Mezzogiorno, as-

sunse la direzione del moto co-stituzionale e rivoluzionario.

Il 1° luglio 1820, guidatadai due ufficiali dell’esercitoborbonico Michele Morelli eGiuseppe Silvati, partì daNola la rivolta che, con la sol-levazione di Napoli capeg-giata dal generale e “anticomassone” Guglielmo Pepe9,avrebbe costretto FerdinandoI, il 13 luglio, a concedere unacostituzione liberale al Regnodelle due Sicilie sulla falsariga

di quella concessa in Spagnada Ferdinando VII dopo la ribellione di Ca-

1/2011

HIRAM

• 28 •

Forlì, indicata coll’esoterico nome di Vendita dell’Amaranto. Poco altro si conosce con certezza, eil fatto che gli storici non abbiano una più circostanziata cognizione delle varie organizzazioni set-tarie dipende, ovviamente, dalla necessità per gli adepti di mantenere il più stretto riserbo, di nonaffidare a scritti o documenti le tracce di un’attività che, se scoperta dalla polizia, poteva portarein carcere o al patibolo.8 Scrive Palumbo, op. cit., p. 146: “per tre anni non vi fu angolo di Terra d’Otranto che nonfossi diventato angolo di assassini e ruberie”.9 Guglielmo Pepe fu un Patriota generale italiano nell’esercito del Regno delle Due Sicilie,sposato con Marianna Coventry (Scozia-Taranto, 9 marzo 1865) e fratello di Florestano Pepe. En-trato nell’esercito, in giovane età nella Scuola Militare Nunziatella, nel 1799 accorse a Napoli a di-fesa della Repubblica Partenopea. Subendo la sconfitta contro le truppe borboniche del cardinalRuffo, venne catturato ed esiliato in Francia dove entrò nell’esercito di Napoleone distinguendosiin molte battaglie, sia al servizio di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, che di Gioacchino Murat.Prese parte alla rivoluzione napoletana del 1820, e fu sconfitto ad Antrodoco (allora appartenentealla provincia di L’Aquila oggi provincia di Rieti) dagli Austriaci del generale Johann Maria PhilippFrimont in quella che è ricordata come la prima battaglia del Risorgimento (7 marzo 1821). Poi co-mandò il corpo spedito da Ferdinando II contro gli Austriaci nel 1848, impegnandosi nella difesa diVenezia affidatagli da Daniele Manin nel 1848 e 1849. Nuovamente sconfitto ed esiliato emigrò a Pa-rigi quindi rientrò in Italia passando i suoi ultimi giorni a Torino. Fu una delle più nobili figuredel Risorgimento italiano, celebre anche perché non solo si impegnò nei movimenti repubblicani,ma anche scrisse numerosi libri per raccontare gli eventi ed esortare ad una “lotta partigiana” perl’Italia.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 28

dice. Come è noto, assai breve fu il periodocostituzionale10.

Lo “spergiuro” Borbone,chiamò gli Austriaci a “ripri-stinare l’ordine” con l’ar-mata guidata dal generaleFrimont cui invano il gene-rale Guglielmo Pepe si op-pose nella battaglia diAntrodoco del 7 marzo del1821 (la “prima battaglia delRisorgimento”). A prepararealla guerra l’esercito e le pro-vince concorsero molti uo-

mini di Terra d’Otranto tra cui primeggiala figura di Liborio Romano11, che partecipò

ai moti antiborbonici del 1820.Ciò gli causò la sospensionedall’insegnamento universita-rio fino al confino, l’esilio, lapersecuzione politica e l’arre-sto nelle infernali galere bor-boniche.

Con decreto del 21 marzodel 1821 le sette segrete fu-rono poste fuorilegge e ai loridirigenti furono comminate

pene severissime. Come nel

1/2011

HIRAM

• 29 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

10 In quel breve lasso di tempo la Carboneria venne ad assumere un ruolo quasi “ufficiale”;vennero aperte le vendite in tutti i comuni e diventò quasi l’organizzazione “garante” della costi-tuzione. Ad esempio, nel luglio 1820, la Carboneria aquilana inviava all’Alta Vendita di Napoli un“pezzo di fornello” con la richiesta di allontanamento dell’intendente F. Guarini in quanto “nocivoalla Società, al buon ordine, al Costituzionale Governo”.11 Liborio Romano, politico italiano (Patù, 27 ottobre 1793 – Patù, 17 luglio 1867). Figlio pri-mogenito di una nobile e antica famiglia, ancor oggi è uno dei personaggi più discussi della storiadel Risorgimento italiano. Il dibattito concerne soprattutto le vicende che portarono le regioni me-ridionali dell’Italia a passare dal Regno delle Due Sicilie al costituendo Regno d’Italia sotto i realidi casa Savoia. Romano studiò dapprima a Lecce e poi, giovanissimo, prese la laurea in giurispru-denza a Napoli e ottenne subito la cattedra di Diritto Civile e Commerciale all’Università parteno-pea. S’impegnò presto nella politica, frequentando ambienti carbonari e abbracciò quindi gli idealidel Risorgimento italiano. Nel 1820 prese parte ai moti, per cui venne destituito dall’insegnamento,imprigionato per un breve tempo e poi inviato prima al confino e poi in esilio all’estero.Nel 1848 tornò a Napoli e partecipò agli avvenimenti che condussero alla concessione della costi-tuzione da parte del re Ferdinando II di Borbone. Ma il 15 maggio 1848, dopo il sangue versato a Na-poli nei moti liberali che avevano risentito di una certa improvvisazione, Romano fu nuovamenteimprigionato. Egli chiese quindi al ministro di polizia la commutazione della pena della detenzionein quella dell’esilio. La sua richiesta venne accolta. Romano dovette perciò risiedere in Francia, aMontpellier e poi a Parigi, dal 4 febbraio 1852 al 25 giugno 1854. Nel 1860, mentre con l’impresadei Mille si avviava la fine del regno delle Due Sicilie, Liborio Romano venne nominato dal re Fran-cesco II prefetto di polizia. Il 14 luglio 1860 Romano venne nominato ministro di polizia e, avendocapito in anticipo l’ineluttabilità della fine del regno, iniziò a prendere contatti segreti con CamilloBenso conte di Cavour e con Giuseppe Garibaldi e a preparare il traghettamento del Mezzogiornodai Borbone ai Savoia. Erano giorni molto difficili, e fu proprio Romano a suggerire al re FrancescoII di Borbone di lasciare Napoli alla volta di Gaeta senza opporre resistenza, così da evitare som-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 29

1799, furono create giunte speciali perl’esame della condotta degli impiegati, deipensionati e degli ecclesiastici.Per dieci anni la lotta controla Carboneria fu condottacon ogni mezzo: dinanzi aiprocessi, alle condanne, allepene corporali e ai dileggidella polizia iniziava l’esododei liberali. Gugliemo e Ga-briele Pepe, Pietro Colletta,Domenico Nicolai, Gui-gliemo Paladino, LorenzoDei Concilii, Pasquale Bor-relli, furono costretti ad ab-bandonare la patria. In terrad’Otranto 33 ufficiali e 131impiegati furono destituiti.Tra questi Benedetto Manca-rella, giudice criminale, Francesco SaverioLala, contabile dei dazi, Raffaele e CesarePaladini, Paolino Vigneri, giudice di Campi.Nella epurazione furono coinvolti il fran-cavillese Antonio Forleo, letterato e gior-

nalista e Oronzo Gabriele Costa, illustre na-turalista di Alessano.

La morte improvvisa di Fer-dinando I il 4 gennaio del1825 e una maggiore fiac-chezza del Re Francescocoincise con il rifiorire dellesette.

Il cessare dell’occupa-zione austriaca nel febbraiodel 1828 fu accolto dalle po-polazioni, e in particolaredai liberali superstiti, congioia, mentre voci di nuovimoti si diffondevano.

Aldo Mola12 ha osservatoche in quegli anni vi fu unsusseguirsi di numerosi ten-

tativi insurrezionali nel Regnodelle due Sicilie e relative feroci repres-sioni, come ad esempio l’insurrezione delCilento, nel giugno del 1828.

L’ascesa al trono di Ferdinando II nel1830 determinò la concessione di amnistia

1/2011

HIRAM

• 30 •

mosse e inutili perdite di vite umane. Secondo una versione dei fatti, grazie al suo impegno non cifurono problemi di ordine pubblico e Giuseppe Garibaldi poté giungere in treno a Napoli. Ma nonfu accolto dal popolo festante. In realtà recenti studi o comunque studi finora tenuti nascosti hannodimostrato come Don Liborio non fosse altro che un camorrista al quale Garibaldi si affidò e gliconferì il Ministero degl’interni nel provvisorio regno di Napoli perché aveva bisogno della “in-fluenza” che lui riusciva ad avere sul popolo. Non è vero neanche che Don Liborio evitò morti inu-tili anzi grazie al suo lavoro di fiancheggiatore permise ai garibaldini l’ingresso nel Regno di Napolie di conseguenza diede il suo contributo allo sterminio di migliaia di napoletani che persero la vita,l’orgoglio e la dignità in quei tragici giorni dell’occupazione e annessione dello Stato napoletano aquello sabaudo. Nel gennaio 1861 si tennero le prime elezioni politiche dell’appena costituito Regnod’Italia, e Liborio Romano venne eletto deputato, vincendo in ben 8 circoscrizioni. La sua espe-rienza parlamentare ebbe fine il 25 luglio 1865 e Romano si ritirò nella sua terra d’origine ove ri-mase fino alla morte, avvenuta il 17 luglio 1867 nella natia Patù.12 Vd. la prefazione in Statuti generali dei Liberi Muratori, Bastogi, 1986.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 30

e indulto per i condannati politici. Ne con-seguì vasta popolarità che gli fu decretataanche in terra d’Otranto da figure qualiFrancesco Trinchera13 di Ostuni e Bona-ventura Forleo. A Napoli si radunò, così, lamigliore gioventù salentina a seguire gli

studi di legge, di filosofia, di medicina: Gio-acchino e Salvatore Stampacchia, France-sco Trinchera, Salvatore Morelli14,Giuseppe Libertini15, Beniamino Rossi cherifulgeranno negli anni della cospirazione edella lotta; i leccesi Vincenzo Cepolla, For-

1/2011

HIRAM

• 31 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

13 Francesco Trinchera nacque a Ostuni il 19 gennaio 1810; trascorse la maggior parte dellavita a Napoli o in esilio dopo il ‘48. Destinato al sacerdozio, dopo aver conseguito il diploma nel se-minario di Brindisi si dedicò allo studio della letteratura e della retorica. Collaboratore di giornaliNapoletani approfondì particolarmente gli studi di Legge ed Economia. Lasciato il sacerdozio, Trin-chera partecipò alle manifestazioni liberali. Arrestato e poi esiliato Trinchera si recò a Torino dovevisse fino al 1859 ottenendo nel marzo del 1860 l’incarico dell’insegnamento di Economia Politicaall’Università di Modena per tornare a Napoli alla soprintendenza e poi alla direzione dell’Archi-vio di Stato. Nel 1874 dopo alcuni mesi di malattia si spense a Napoli l’undici maggio.14 Salvatore Morelli (Carovigno, 1 maggio 1824 – Pozzuoli, 22 ottobre 1880) fu scrittore, gior-nalista e politico italiano. Scontò dieci anni di carcere per aver bruciato l’immagine di FerdinandoII nella piazza della città natale, nel 1848. Nel 1851, accusato di cospirazione, venne tradotto nel ca-stello di Ischia, prigione per i detenuti politici, dove subì una falsa fucilazione, venne torturato evide i suoi libri bruciati. Terminò il primo lungo periodo di prigionia sull’isola di Ventotene. In-viato a Lecce nel 1858 a soggiorno obbligato, nel gennaio 1860 fu di nuovo imprigionato per alcunimesi, avendo rifiutato un incontro con Francesco II. Uscito dal carcere al crollo del regime borbo-nico, fondò a Lecce, alla fine del 1860, la rivista mazziniana, ispirata alla figura di Garibaldi, Il Dit-tatore. Nel 1861 pubblicò a Napoli la sua opera più importante, seconda edizione nel 1862, terzaedizione nel 1869 dal titolo definitivo, La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, antici-patrice dell’emancipazione femminile, otto anni prima del libro di John Stuart Mill La servitù delledonne. Fu deputato per quattro legislature, dal 1867 al 1880. Nel 1867 presentò, primo in Europa, unprogetto di legge per la parità della donna con l’uomo, forte risposta al Codice Civile italiano del1865, che sottometteva la donna all’autorizzazione maritale, facendone una minorenne a vita. Neglianni 1874-1875 propose un nuovo Diritto di Famiglia, che prevedeva l’eguaglianza dei coniugi nelmatrimonio, il doppio cognome, i diritti anche dei figli illegittimi e il divorzio. Nel 1875 presentòcon un apposito disegno di Legge la richiesta del Diritto di Voto per le donne. Nel 1877 il Parla-mento italiano approvò il progetto di legge Morelli per riconoscere alle donne il diritto di esseretestimoni negli atti del Codice Civile, come i testamenti, importante progresso per i risvolti eco-nomici e per un principio di capacità giuridica delle donne. Propose un’istruzione moderna, gra-tuita e obbligatoria per tutti, tutelò i deboli, costruì opere pubbliche.15 Giuseppe Libertini (Lecce, 2 aprile 1823 – 28 agosto 1874), iscritto alla Giovine Italia e se-guace di Mazzini, partecipò ai moti del 1848, organizzando il comitato di Terra d’Otranto assiemea Benvenuto Mazzarella. Quest’organo doveva accentrare la responsabilità di gestire gli eventi ri-voluzionari nella penisola salentina e in primo luogo nella città di Lecce, radunando al suo internotutte le principali personalità liberali del tempo. Con il colpo di Stato di Ferdinando II, che revocava

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 31

tunato Gallucci, Vincenzo Abati, MichelePiccinni, Gaetano Madaro e per pochigiorni il giovanissimo Duca di Cavallino, Si-gismondo Castromediano16.

La parentesi benevola di questo nuovo

regno cessò con la morte di Maria Cristinae con le nuove nozze di Ferdinando II conMaria Teresa d’Austria. La polizia si mosse,fu scoperta in Taranto la “Federazionedella Giovine Italia” perseguitata e con-

1/2011

HIRAM

• 32 •

la costituzione concessa mesi prima, gli eventi precipitarono e Libertini si trovò dinanzi alla sceltaobbligata di sciogliere il comitato e darsi all’esilio. Nei primi anni Cinquanta dell’Ottocento si chiu-devano infatti i processi relativi ai fatti e agli sconvolgimenti di quegli anni, dai quali Libertini edi suoi principali collaboratori uscirono con gravi condanne detentive. Libertini riparò dunque aCorfù e di lì a Londra. Nel frangente unitario, assieme agli altri repubblicani mazziniani egli dovetteaccodarsi alla soluzione monarchica, già tracciata dalla Società Nazionale e accettata dallo stessoGaribaldi. Dopo l’impresa dei Mille si recò a Napoli e durante la Dittatura contribuì ad alcune man-sioni di governo pur rifiutando per scrupolo morale le cariche più importanti. Fu eletto al Parla-mento unitario nel 1861, salvo poi dimettersi dopo la Convenzione di Settembre (1866) quando fuben chiara la renitenza della monarchia e del governo della Destra storica a perseguire con ognimezzo l’annessione di Roma alla nazione. In tale occasione ebbe a dire: “Monarchico colla Monar-chia che muovesse al Campidoglio, sì. Monarchico colla Monarchia che penitente si prostra al Va-ticano, no”. A partire dal 1864 si dedicò alla costituzione e alla diffusione delle logge massonichein Terra d’Otranto, col grado di Maestro Venerabile della loggia leccese “Mario Pagano”. Libertini,in questo modo, tese sempre più a provincializzare la sua azione politica, tralasciando i grandi pro-getti di cospirazione e scatenando, per questo, i richiami di Mazzini che a lui si riferì in questi ter-mini: “Ho io da scrivere «Bruto, tu dormi» per voi?” Ad ogni modo, alla fine degli anni Sessanta,Libertini era riuscito nell’obiettivo di provocare la costituzione di una rete articolata di logge mas-soniche in tutto il territorio salentino, tanto che nella pubblicistica locale si cominciò sempre piùconvintamente a parlare di “Terzo partito” repubblicano, dopo quello liberale moderato e quellodei neri, filoborbonico e clericale. A partire dal 1868 Libertini e i suoi incontrarono però la duris-sima opposizione del prefetto Antonio Winspeare, inviato in provincia proprio per abbattere la suainfluenza e il suo potere. All’inizio degli anni Settanta Libertini aveva ormai esaurito gran parte delsuo vigore politico e, con esso, anche le sue forze fisiche. Dopo la morte di Mazzini, si incupì e sichiuse in un tenebroso silenzio che lo accompagnò fino alla morte, giunta a soli 51 anni. Ebbel’onore di funerali nei quali la città di Lecce si strinse a lui in un poderoso corteo, che annoveravaanche coloro che erano stati tra i suoi più tenaci e ostinati avversari politici.16 Sigismondo Castromediano nacque a Cavallino, in provincia di Lecce, il 20 gennaio 1811,dal duca di Morciano e marchese di Cavallino don Domenico e dalla marchesa donna Maria Bal-samo. Nel 1848 ricoprì l’incarico di segretario del Circolo Patriottico Salentino e aderì alla GiovaneItalia di Giuseppe Mazzini per dieci giorni. Accusato di cospirazione contro la monarchia borbonicaper aver partecipato ad una sommossa a Lecce il 29 giugno, il 29 ottobre del medesimo anno fu in-carcerato con altri trentacinque imputati politici. Il 2 dicembre di due anni dopo fu condannato atrenta anni da scontare nelle galere di Procida, Montefusco, Montesarchio, Nisida e Ischia. Nel 1859Ferdinando II gli concesse l’esilio negli Stati Uniti d’America, ma Castromediano emigrò in Gran Bre-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 32

dannata davanti alla Gran Corte di Napoli.Furono vittime di persecuzioni poliziescheLiborio Romano, Nicola Migno-gna17 e altri liberali. Giocchino eSalvatore Stampacchia fonda-vano con i loro compagni della“Giovine Italia” l’Accademia Sci-pione Ammirato. Il più audaceemissario mazziniano era Epa-minonda Valentini, che si erastabilito a Gallipoli e di là coor-dinava le fila del movimento intutta la provincia. Mentre daNapoli gli corrispondeva Nicola

Mignogna. La polizia vigilava allargando igià fitti elenchi degli “attendibili”.

Promulgata la legge elet-torale il 29 febbraio del 1848,le elezioni furono indette peril 20 aprile dello stesso anno:doveva eleggersi un deputatoogni 45 abitanti, gli elettoridovevano possedere 24 ducatidi rendita e gli eligendi 250 (ildistacco di rendita accen-tuava il carattere aristocra-tico dell’elettorato passivo).Furono eletti - in seconda

1/2011

HIRAM

• 33 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

tagna e, pochi mesi dopo, si trasferì a Torino, dove divenne sostenitore dell’annessione nel regnodi Vittorio Emanuele II. Nel 1861, dopo l’unità d’Italia, si candidò nel collegio di Campi Salentina efu eletto alla Camera dei deputati, avendo accesso al primo Parlamento Italiano. Terminata la le-gislatura, fece ritorno nel suo paese natale. Eletto consigliere provinciale, si occupò principalmentedell’arricchimento della Biblioteca provinciale e istituì il Museo archeologico intitolato al suo nome.Raccolse in un libro, Carceri e galere politiche – Memorie, le memorie della prigionia e curò una mo-nografia storica su Cavallino. Negli ultimi anni di vita, continuò a svolgere l’attività di giudice con-ciliatore nella sua città fino alla morte, il 26 agosto 1895.17 Nicola Cataldo Mignogna, dal 1836 fece parte della Giovane Italia di cui presiedeva il co-mitato napoletano. Molto amico di Luigi Settembrini, partecipò a Napoli ai moti del 1848, fu pro-cessato e nel 1855 fu condannato all’esilio perpetuo dal Regno delle Due Sicilie. Riparato a Genova,nel 1860 si arruolò tra i Mille. Giuseppe Garibaldi lo definì “uomo puro”, tanto da nominarlo teso-riere della spedizione. A Palermo ricevette da Garibaldi l’ordine di partire per le regioni meridio-nali col compito di preparare il terreno. Mignogna partecipò alla sollevazione della Basilicata. Poiaccompagnò i Mille fino al Volturno e prese parte ai combattimenti con la 7° compagnia coman-data da Benedetto Cairoli. Nel 1860 fu nominato proto-dittatore della Basilicata insieme a GiacintoAlbini. Fu tra i pugliesi che contribuirono all’Unità d’Italia nel periodo risorgimentale. Nel 1862seguì ancora Giuseppe Garibaldi in Aspromonte. Fece parte del Consiglio Comunale di Napoli, poirifiutò la candidatura a deputato per le sue ristrettezze finanziarie. Fu sottoprefetto a Gallipoli (LE)e Sindaco di Taranto dal 1867 al 1869. Sotto la sua amministrazione furono abbattute l’antica PortaLecce insieme alle antiche mura esistenti lungo quella che divenne corso Vittorio Emanuele, e fucompletata la costruzione del Palazzo di Città, solennemente inaugurato nella prima domenica digiugno del 1869, nel giorno della ricorrenza della Festa dello Statuto. In quel periodo inoltre la cittàconobbe un forte impulso verso le nuove costruzioni del Borgo Nuovo. Si mantenne fino all’ultimofedele ai suoi principi e, in punto di morte, l’ultima parola da lui pronunciata fu: “A Roma”.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 33

istanza il 3 maggio del 1848 - Pietro Accla-vio di Taranto, Paolo Chiara e GiuseppeGrassi di Martina, VincenzoCepolla di San Cesareo,Marco Gatti di Manduria,Francesco Saverio Gian-notta di Maglie, GiuseppeLeante di Galatone, Giu-seppe Pisanelli18 di Tricase,Luigi Scarambone di Lecce.

L’intera provincia diLecce attendeva la riunionedel Parlamento per il 15maggio, ma questa data siconvertì in una giornata disangue quando i dissensi trai liberali e il re circa i poteridella camera, e in partico-lare sulla revisione della costi-tuzione, portò alle barricate e all’urto conle forze regie19.

Con l’entrata in Lecce dell’esercito, sidette stura alla reazione. La notte tra il 13

e 14 settembre del ‘48 furono arrestati Pa-squale Persico, Salvatore Stampacchia, Ber-

nardino Mancarella, LeoneTuzzo e altri patrioti. Gli ar-resti si estesero nella pro-vincia, Nicola e GiovanniSchiavoni furono presi aManduria, il dell’Antogliettaverso Napoli, il Castrome-diano dopo aver tentato diunirsi ai liberali della Cala-bria e di raggiungere lecoste dell’Albania, fu coltodi sorpresa a Lecce. Salva-tore Filotico dopo aver er-rato nelle campagnemanduriane per mesi,venne preso. Più fortunato

fu Giuseppe Schiavoni, che ri-mase nascosto presso amici di FrancavillaFontana per l’intero dodicennio; Oronzo DeDonno dopo tre anni riuscì ad imbarcarsida Brindisi verso Corfù, seguito da Gennaro

1/2011

HIRAM

• 34 •

18 Giuseppe Pisanelli nacque a Tricase da Michelangelo e Anna Mellone. Studiò giurispru-denza e diritto penale a Napoli. Fu rappresentante della provincia di Terra d’Otranto, collegio di Tri-case al Parlamento napoletano nel 1848, poi riparò in esilio a Torino, Parigi e Londra. Fu ministrodi Grazia e Giustizia e Culti nel Regno delle Due Sicilie (nel governo di Giuseppe Garibaldi, 1860), dal1861 al 1873 fu deputato del Regno d’Italia, e nella Camera dei Deputati. Insieme al senatore CataldoNitti si battè per l’Arsenale di Taranto in funzione del potenziamento militare marittimo della Na-zione. Inoltre per il Regno d’Italia nei governi Farini e Minghetti I svolse il ruolo di ministro dellaGiustizia. Fu autore del primo codice di procedura civile del Regno d’Italia (oltre che della Rela-zione al Re), entrato in vigore nel 1865. Detta opera è stata, negli ultimi decenni, fortemente riva-lutata, perché considerata più liberale del codice del 1940 (giudicato talvolta eccessivamenteautoritario se non proprio ideologicamente vicino al fascismo).19 Sulla barricata di Santa Brigida difesa dagli studenti combatterono molti salentini: Be-niamino Rossi e Epaminonda Valentini, Achille De Donno e Cesare Ebraico, Giuseppe Libertini eFrancesco Trinchera, Vincenzo Carbonelli e Salvatore Brunetti, Giovanni Calcagni e BernardinoTafuri.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 34

Simoni e Bonaventura Mazzarella, mentreGiuseppe Fanelli20, dopo aver combattutovalorosamente alla difesa di Roma, trovòscampo a Malta.

Contro gli arrestati, i latitanti e gli esuli,furono istruiti i processi da Corti Speciali:quella di Lecce, preseduta dall’avellineseGiuseppe Cocchia (feroce borbonico), agiva

dietro l’impulso dell’intendente Carlo SoziCarafa, succeduto al più mite Alfonso DeCaro.

Il brindisino Cesare Braico21, l’ostuneseTrinchera e il tarantino Mignogna, furonocoinvolti nel processo della settadell’“Unità Italiana”, da cui Luigi Settem-brini uscì con la condanna a morte e il

1/2011

HIRAM

• 35 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

20 Giuseppe Fanelli nacque a Napoli il 13 ottobre 1827 da una famiglia della buona borghesiapartenopea. Dopo gli studi, divenne architetto ed ingegnere ma abbandonò questa professione permettersi al servizio della rivoluzione. Da prima si schierò con Giuseppe Mazzini: fu partecipe aicombattimenti per la Repubblica Romana (1848-49) e nel 1857 partecipò al fianco di Carlo Pisacanenel tentativo di imporre la rivoluzione nel sud Italia. Nonostante i fallimenti non si perse d’animoe nel 1860 fu con Garibaldi nell’impresa dei Mille. La svolta della sua vita si ebbe quando incontròBakunin ad Ischia nel 1866. Ciò lo portò a schierarsi con l’internazionalismo, il federalismo e l’anar-chismo. Ruppe ogni rapporto con Mazzini per via della sua idea centralista e autoritaria. Nel 1868assistette a Berna (Svizzera) al “Congresso della Lega della Pace”, quindi partecipò alla creazionedell’“Alleanza internazionale della Democrazia Socialista”. Emissario di Bakunin, l’8 ottobre 1868partì da Ginevra per la Spagna. Dopo un passaggio a Barcellona, arrivò a Madrid dove cominciò adiffondere le idee anarchiche. Costituì in Spagna una sezione dell’Internazionale (sul programmadell’Alleanza) ed alcuni mesi più tardi (l’8 maggio 1869) ne fondò un’altra a Barcellona. Tornato inItalia, Bakunin criticò l’opera di Fanelli, poiché questi, del tutto involontariamente, aveva fondatole sezioni dell’AIT col programma dell’Alleanza, ponendo le basi dell’anarco-sindacalismo, a cuitanto Bakunin quanto Malatesta si opponevano tenacemente poiché ritenevano che le due orga-nizzazioni (operaia e anarchica) andassero separate senza equivoci (dualismo organizzativo). Inseguito Fanelli, nonostante il suo antiparlamentarismo non fosse affatto tentennante, si fece eleg-gere al Parlamento italiano su consiglio di Bakunin, in modo da poter contare su agevolazioni perviaggi e altri privilegi utili alla diffusione dell’anarchismo. Il 4 agosto 1872 prese parte a Rimini allacreazione di una Federazione italiana dell’Internazionale e, nel settembre 1872, al congresso an-tiautoritario di Saint-Imier. Colpito da tubercolosi, contratta in carcere, e da problemi psichici,morì il 5 gennaio 1877 a Nocera Inferiore presso il locale ospedale psichiatrico. Fu poi sepolto vi-cino a Vincenzo Pezza, a Napoli.21 Cesare Braico (Brindisi, 24 ottobre 1816 – Roma, 25 luglio 1887) fu patriota, medico e po-litico italiano. Laureatosi in medicina all’Università di Napoli, partecipò attivamente alla rivolu-zione del 1848. Quindi si arruolò volontario e partecipò alla battaglia di Solferino, come soldato ecome medico. Nel 1860 fece parte della spedizione dei Mille, ottenendo da Nino Bixio il riconosci-mento di eroe. Dopo l’Unità venne eletto deputato nel primo Parlamento italiano. Partecipò alla IIIGuerra d’Indipendenza. Nel quadro della sua attività di parlamentare fu Presidente del Consigliodi Sanità. Infine si ritirò a vita privata, ma ammalatosi, morì nell’ospedale di Roma. Cfr. Braico, C.(1881) Ricordi della galera, con prefazione e note di A. Del Sordo, Napoli.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 35

Braico a 25 anni di carcere duro. Non pochifurono i patrioti salentini condannati inaltri processi: Bonaventura Mazza-rella condannato alla pena dimorte e Oronzo De Donno con-dannato a 30 anni di ferri; 8 annifurono inflitti a Salvatore Mo-relli, il mazziniano ardente diCarovigno. Né i processi, né lecondanne, né le persecuzionipoliziesche erano però più suffi-cienti a fermare il progrediredello spirito patriottico: ciò cheera vietato in pubblico si facevanel segreto dei ritrovi sotterra-nei, nei caffè e nelle farmacie.Animatori della vasta cospirazione mazzi-niana, e segretari del Comitato centrale diNapoli erano i due salentini Fanelli e Mi-gnogna. Collaboratrice instancabile e pre-ziosa era Antonietta De Pace, cognata delValentini: ad essa facevano capo i Comitatidi Lecce, di Brindisi, di Ostuni, di Taranto. Efu lei, con la madre del Poerio, la moglie delSettembrini, la figlia di Luigi Lenza, poi mo-glie di Camillo Monaco a intrattenere i rap-porti con i galeotti politici di Procida, Santo

Stefano, Ventotene, Montesarchio e Mon-tefusco. La guerra di Crimea fece leva sui

militari con una società mazzi-niana di cui fu animatore il Mi-gnogna che subì l’arresto e poi lacondanna all’esilio.

Fanelli rimase solo a reggerele sorti del Comitato di Napoli:a lui, al Fabrizi e al Mignogna sifece risalire la responsabilitàdella spedizione di Sapri del ‘57,dopo la quale riuscì a fuggire aSmirne. La morte di FerdinandoII e la successione di FrancescoII furono gli ultimi eventi in cui

si dimostrò lo zelo e il servilismodell’ambiente borbonico, nella Capitale ein provincia. Maturavano intanto, con l’al-leanza francese e i prodromi della secondaguerra di indipendenza, i destini dell’Ita-lia ed i giovani salentini, attratti dall’aspi-razione di servire la causa cui avevanosacrificato la giovinezza con le armi inpugno, tornavano in patria: Pisanelli dallaFrancia, De Donno e Simini dall’Epiro. Li-bertini dall’Inghilterra fece ritorno a To-rino. Mignogna, Carbonelli22 e Mazzarella

1/2011

HIRAM

• 36 •

22 Vincenzo Carbonelli (Secondigliano, 20 aprile 1822 – Roma, 16 ottobre 1901), ancora gio-vane si distinse nel 1848 sulle barricate di Napoli, insorta contro i Borbone. Nel 1849 prese parte alladifesa della Repubblica Romana. Nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille. Con lo scoppiodella Terza Guerra di Indipendenza del 1866 fu nominato dalla Commissione militare colon-nello comandante l’8° reggimento del Corpo Volontari Italiani dopo l’insistenza di Filippo Mellanae di Agostino Depretis. In quella campagna si distinse il 21 luglio nel contrasto degli Austriaci a Con-dino ed a guerra finita fu insignito della croce di ufficiale dell’Ordine militare di Savoia “per averbene amministrato il proprio reggimento e ben condotto in faccia al nemico”. Nel 1867 seguì nuo-vamente Garibaldi nella spedizione nell’Agro Romano volta a liberare Roma, comandò la piazzadi Monterotondo e partecipò alla battaglia di Mentana coi Francesi. Fu deputato al parlamentoregio dal 1865 al 1880 e sostenne la Sinistra. A Taranto gli è stata dedicata una piazza. cfr.Aa.Vv., (1998) Salentini illustri, guida biografica, Galatina, pp. 20-22.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 36

erano invece a Genova, dove avevano vis-suto nella miseria.

L’armistizio di Villafranca23 li spinse atornare a cospirare. Portavoce il Mignogna,Mazzini incontrava Cavour ed il Re. Mo-narchia o Repubblica che fosse, non con-tava più24: quel che contava era l’azionerisolutiva che portasse a compimentol’opera iniziata dal Piemonte.

La cospirazione riprendeva: man manoche il moto di liberazione andava avanti fu-rono ripristinate e rinnovate le liste dei“sospetti”, ripresero le perquisizioni e gliarresti. Quattro dei più arditi patrioti sa-lentini (Mignogna, Carbonelli, Braico e Fa-nelli) fecero parte dei Mille partiti daQuarto25. Altri si aggiunsero successiva-mente alle schiere garibaldine tra cui il ga-

1/2011

HIRAM

• 37 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

23 L’armistizio di Villafranca (8-11 luglio 1859) pose fine alla Seconda Guerra per l’Indipen-denza italiana. Dopo alcune vittorie Napoleone III, timoroso di complicazioni internazionali e com-battuto dall’opinione pubblica francese ostile alla formazione di un grande stato italiano ai propriconfini, decise il 6 luglio di proporre all’Austria un armistizio: venne firmato l’8 dal marescialloVaillant e dal generale Martimprey per la Francia, dal generale La Rocca per la Sardegna, dal baroneHess e dal conte Mensdorff per l’Austria. I preliminari di pace vennero conclusi l’11 luglio attraversoi colloqui dei due imperatori e fissarono il principio della rinuncia austriaca alla Lombardia e dellacreazione di una confederazione italiana con a capo il Papa; furono ratificati da Vittorio EmanueleII e portarono alle dimissioni di Cavour.24 Scriveva Mignogna: “Qualunque sia lo scopo a cui vi rivolgiate è necessario sollecitare; imomenti sono preziosi e ne abbiamo sprecati anche troppi”. Pupino Carbonelli, G. (1889) Nicola Mi-gnogna nella Storia dell’Unità d’Italia, Napoli.25 A dare l’avvio a una ripresa rivoluzionaria furono gli eventi siciliani quando, contro il gio-vane e inesperto sovrano Francesco II, nell’aprile del ‘60 esplose l’ennesima rivolta a Palermo. Il Par-tito d’Azione convinse Garibaldi ad agire direttamente in Sicilia, anche perché VittorioEmanuele era disposto ad aiutare i volontari, contro il parere di Cavour il quale, come primo mi-nistro, non poteva compromettersi, specialmente agli occhi di Napoleone. Dal canto suo il Maz-zini esortava tutti ad agire concordemente al fine di realizzare l’unità della penisola. Garibaldi aiprimi di maggio del ‘60 passava all’azione con i suoi Mille volontari. Partiti da Genova, dopo unabreve tappa nel porticciolo di Talamone, dove una piccola colonna lasciò Garibaldi per marciare di-rettamente su Roma. La spedizione raggiunse per mare la Sicilia occidentale e l’11 maggio sbarcòa Marsala. Garibaldi, assunta la dittatura in nome di Vittorio Emanuele, marciò verso l’interno coni suoi Mille, che rivestivano l’ormai leggendaria camicia rossa, rinforzati da “picciotti” cioè dai gio-vani contadini e braccianti che speravano in una riforma agraria che una volta per tutte eliminassetanti soprusi ed ingiustizie. In seguito l’entusiasmo dei contadini che miravano a impossessarsidelle terre demaniali, promesse dallo stesso Garibaldi, fu deluso perché Garibaldi e i politici dellasinistra garibaldina e mazziniana volevano il successo militare della spedizione. Tra la fine di giu-gno e di luglio il Generale, per il successo della spedizione, cominciò a stringere rapporti con igrandi proprietari terrieri, i quali, perché non cambiasse niente per loro, erano disposti ad assu-mere atteggiamenti liberali e favorevoli a Casa Savoia. I contadini cominciarono a guardare condiffidenza alla politica di Garibaldi, soprattutto dopo che i Garibaldini repressero i moti rurali,

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 37

latinese Gioacchino Toma26. A favore del-l’impresa si adoperò da Londra il mandu-riano Giacomo Lacaita.Mentre Garibaldi conquistavala Sicilia, Francesco II il 25giugno 1860 formava un gabi-netto costituzionale in cui in-cludeva Liborio Romano,divenuto prima prefetto e poiministro di polizia. Forse nel-l’illusione che la sua opera sa-rebbe stata preziosa perassicurare un pacifico tra-passo, Liborio Romano si

trovò addosso la denigrazione da tutte leparti e fu accusato di aver tradito le idee li-

berali per le quali in gioventùaveva combattuto.

A guidare il partito diazione, con il compito di farinsorgere le province allosbarco di Garibaldi sul conti-nente, Mazzini aveva destinatoGiuseppe Libertini (uomo dipronti ed arditi disegni, cheseppe far miracoli, tanto da su-perare di gran lunga ogniaspettativa). Intanto dalla Sici-

1/2011

HIRAM

• 38 •

anche quando i contadini, in perfetta legalità, richiedevano la divisione dei terreni demaniali a suotempo promessi dal “Generale”. Battuti i Borbonici nella difficile battaglia di Calatafimi, il 15 mag-gio Garibaldi occupava Palermo e nel luglio batteva ancora le truppe regie a Milazzo, mentre il so-vrano di Napoli tentava disperatamente di fermarlo, concedendo una tardiva Costituzione eaffidando il governo a Liborio Romano. Una speranza vana e una fiducia mal riposta: il Romano,d’accordo con Cavour cercò di provocare in Napoli un moto di moderati monarchici, allo scopo diprecedere Garibaldi nella liberazione del napoletano. Intanto Garibaldi, superato lo stretto di Mes-sina, risaliva liberamente la Calabria mentre l’esercito borbonico si disfaceva e il 7 settembre en-trava in Napoli; Francesco II si rifugiava allora a Gaeta, protetta ancora da una parte del suo esercito,nonostante il “tradimento” di buona parte dell’ufficialità. Praticamente l’Italia meridionale era li-bera, nonostante attorno a Gaeta si raccogliessero ancora forti contingenti di truppe borboniche ele piazzeforti di Civitella del Tronto e di Messina non si fossero arrese. Era il momento di prenderedecisioni definitive, che avrebbero pesato sul destino di tutta la penisola.26 Gioacchino Toma (Galatina, 24 gennaio 1836 – Napoli, 12 gennaio 1891) pittore italiano, trai maggiori dell’Ottocento napoletano. Si trasferì a Napoli, dove iniziò una vita di sacrifici e di proveestenuanti. Fu arrestato come cospiratore e mandato al confino a San Gregorio Matese in provin-cia di Caserta, dove rafforzò un carattere fermo e deciso contro ogni forma di violenza. Qui entròin contatto con il patriota Beniamino Caso, ed entrò a far parte della Legione del Matese che com-batté al fianco dei Garibaldini nel periodo dell’Unità d’Italia. Nel 1853 partecipò ad una mostra conun dipinto dal titolo Erminia del Tasso. Tornato a Napoli si arruolò come volontario, ma fu preso edincarcerato nelle prigioni d’Isernia. Liberato dall’esercito garibaldino, tornò a Napoli dove divenneprofessore di disegno nell’Istituto di Belle Arti e direttore della scuola di disegno applicato all’arte.Negli anni ‘80 la sua produzione artistica si delineò secondo una sua propria corrente espressivache, se pur impregnata di verismo, rimase capace di interpretare l’ultima realtà dell’animo umano.Morì nel 1891. cfr. Aa.Vv., Salentini illustri, guida biografica, cit., pp. 80-81.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 38

lia Nicola Mignogna raggiungeva in Basili-cata Giacinto Albini che collaborò con luinel tentativo, già deli-neatosi nel ‘48, di farecentro dell’azione laregione, aspra e mon-tagnosa. Ma il pianoandò per aria.

Nello stesso mo-mento, la terrad’Otranto insorgeva:l’intendente Sozi Ca-rafa di Lecce, l’arcive-scovo Rotondo e ilsottointendente DelMonaco di Taranto, ivescovi di Oria, Galli-poli e Castellaneta fug-girono davanti all’ira popolare. Tra ildesiderio di nuove riforme e le dimissioni,Liborio Romano suggerì al Re la non resi-stenza e la nomina dei reggenti, ma non fuascoltato. Il 6 settembre 1860 Francesco IIpartiva per Gaeta. Garibaldi sbarcato a Mi-leto risaliva rapidamente la Calabria. I co-mitati rivoluzionari della Basilicata davanoil segnale dell’azione e costituivano unprimo governo provvisorio. Altri governiprovvisori erano proclamati a Ostuni e adAriano per l’Irpinia; un comitato pugliesesi instaurò prima a Trani e poi si trasferì adAltamura, mentre partiva da Lecce unaschiera di patrioti di Terra d’Otranto agliordini di Nicola Perrone, in appoggio al go-verno provvisorio della Basilicata.

L’ultimo ministero regio, presieduto daSpinelli, di cui l’anima era Liborio Romano,dava le dimissioni indirizzandole diretta-mente a Garibaldi.

Il 6 settembre 1860 si costituì un Comi-tato Unitario per l’ex Regno, con i nomi, tra

gli altri, di due salen-tini: il Pisanelli e ilLibertini. Erano lebasi di un governoprovvisorio, nelquale il Romano ri-mase ministro del-l’interno, il Pisanellidivenne ministrodella Giustizia, e il Li-bertini rifiutò la no-mina come Direttoredel Banco di Napoli.

Con l’entrata aNapoli di Garibaldi si

costituì anche a Lecceun Governo provvisorio, formato daltriumvirato: De Donno, Mazzarella, Ce-polla; mentre dinanzi a Capua, sulla lineadel Volturno, si affrontavano in un’ ultimabattaglia le forze borboniche e garibaldine.Nelle province si raccoglievano volontari,e fu tra i combattenti del Volturno chedette prova di coraggio il salentino Giac-chino Toma, che già da giovanissimo erastato deportato politico.

Quando fu delineata la vittoria, mentrel’esercito piemontese faceva cadere loStato della Chiesa, Vittorio Emanuele II, at-traversata la penisola, scese ai confini del-l’ex Regno delle due Sicilie e fu ricevuto aGrottamare da una commissione di 24 rap-presentanti delle province, tra cui perLecce, Orazio De Donno.

Il 21 ottobre 1860 nel Regno delle DueSicilie si svolse il plebiscito per deciderel’annessione al Piemonte. Per la Terra

1/2011

HIRAM

• 39 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 39

d’Otranto i risultati delle operazioni di votodettero su 111951 iscritti, 94570 si, 16452astenuti e 929 no27. Sicchè,come suole accadere, sipassò ai festeggiamenti, ai tedeum, alle luminarie.

L’incontro del 26 ottobre,a Teano, tra Garibaldi e Vit-torio Emanuele pose finealla spedizione di Garibaldie di fatto assicurò alla dina-stia sabauda il Regno delledue Sicilie e tutti i territoriliberati. In epoca immedia-tamente successiva anche leMarche e l’Umbria furonoannesse al Regno Sabaudoper mezzo di plebisciti.L’unificazione nazionale pren-deva così corpo, anche se essa non era an-cora completa perché il Lazio rimanevaterritorio papale e il Veneto era in manoaustriaca.

Le truppe garibaldine non furono in-corporate nell’esercito regolare, come erastato richiesto, e il re si rifiutò perfino dipassarle in rivista. In conseguenza di que-sto atteggiamento, Garibaldi, deluso e sde-gnato, si ritirò a Caprera.

Nicola Mignogna, che aveva rifiutatol’ufficio di segretario generale di polizia of-fertogli da Garibaldi, dopo aver accompa-gnato il Generale alla nave che dovevacondurlo a Caprera fu costretto ad allonta-

narsi; mentre nel frattempo Silvio Spa-venta, ex violento antiborbonico, divenuto

tenace persecutore dei suoiantichi compagni, direttoredella polizia, accusò il Liber-tini di dimostrazioni e tu-multi a favore del liberatoredel Mezzogiorno, e lo arre-stò.

Dalla “Consorteria28” chestendeva le sue branche sulRegno, non si salvò neppureSalvatore Morelli, il mite,l’utopista, costretto daLecce a riparare prima inCampi e poi a Napoli, dovedivenne tribuno e sulle co-lonne del suo “il Pensiero”,

fu acerrimo avversario dellaLuogotenenza e del sistema piemontese.Dopo 184 sequestri, molte visite domiciliarie gli arresti dei redattori, il giornale fu de-finitivamente soppresso, nonostante lavasta diffusione, e il suo direttore fu co-stretto a tornare nel regime di clandesti-nità.

Indette le elezioni, il 27 gennaio del1861, si votò per la formazione del primoParlamento Italiano. Furono eletti: Bona-ventura Mazzarella a Gallipoli, VincenzoCepolla a Lecce, Cesare Braico a Brindisi, Si-gismondo Castromediano a Campi, OronzoDe Donno a Maglie, Nicola Schiavoni aManduria, Vincenzo Carbonelli a Taranto e

1/2011

HIRAM

• 40 •

27 Palumbo, P. (1968) Risorgimento Salentino (1799 – 1860), Lecce, pp. 658-659.28 Il termine “Consorteria” venne ripreso per designare, specialmente da parte degli avver-sari politici, gli esponenti della destra storica.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 40

Giuseppe Libertini a Massafra; tutti già de-stinati a quei collegi da una commissioneelettorale leccese. Liborio Ro-mano e Giuseppe Pisanelli en-trarono in ballottaggio perTricase e vinse alla fine il Ro-mano. Mentre Salvatore Mo-relli e Giuseppe Fanellidovettero l’ingresso in Parla-mento agli elettori di SessaAurunca e del Cilento.

Con queste elezioni il Ri-sorgimento meridionale ter-minava, all’indomani dellafine del Regno Borbonico.

Il 17 marzo 1861 VittorioEmanuele II era proclamatore d’Italia mantenendo, però, ilnumerale “II”. Ciò sta ad indicare la palesecontinuità tra il vecchio stato piemonteseed il nuovo stato unitario: il Regno di Sar-degna cambiava nome in Regno d’Italiaconservando la propria identità statuale(ma moltiplicando il territorio in seguitoall’annessione delle Due Sicilie e degli altriStati della penisola).

La continuità fu evidenziata anche dal-l’imposizione, alle popolazioni conquistate,dell’intero corpo normativo piemontese(che soppiantò quelli preesistenti) e dallasuccessione della legislatura che non venneinterrotta con la formazione del primo Par-

lamento del neonato Regno d’Italia.Il processo risorgimentale e unitario era

praticamente compiuto, anche seil Lazio e le Venezie rimane-vano ancora escluse.

2. I massoni legislatori dopol’Unità d’Italia

Gli uomini della Massoneriasono stati tra i principali prota-gonisti del Risorgimento ita-liano e molti hanno pagato conla vita e il martirio la fede ri-sorgimentale per un’Italia li-bera e unita. La Massoneria èstata non solo l’ispiratrice diquesta nuova entità nazionale,

ma anche l’animatrice del Risorgimento. Sideve, peraltro, a Gramsci la designazionedella Libera Muratoria come “l’unico par-tito reale ed efficiente che la classe bor-ghese ha avuto per lungo tempo”29.

Lo storico Fulvio Conti30 ha sostenutoche:

Se la massoneria era rimasta così estra-nea al processo risorgimentale, come erastato possibile che all’indomani dell’unitàessa fosse divenuta una delle poche strut-ture organizzative diffuse, sia pure in mododisomogeneo, sull’intero territorio nazio-nale, nelle quali si raccolsero tutte le animepolitiche e ideologiche del Risorgimento?31

1/2011

HIRAM

• 41 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

29 A. Gramsci, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XXVII legislatura, vol. IV, Discussioni,p. 365.30 Docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Firenze. 31 Polo Friz, L. (1998) La massoneria italiana nel decennio post-unitario, Milano; Mola, A. (2001)Storia della massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, Milano; Conti, F. (2003) Storia della massone-ria italiana, Bologna.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 41

In realtà, anche se il Conti, che, pur sfor-zandosi di mostrarsi imparziale, non è riu-scito a nascondere una qual certa simpatiaper la Massoneria, si è astenuto dal farlo, sidovrebbe andare oltre e chiedersi comemai tutti (o quasi) i maggiori protagonistidel Risorgimento fossero massoni, e inmassima parte fossero massoni molti degli

uomini insediati in posizioni di potere giànel 1860, all’alba del Regno d’Italia.

Massoni furono (limitandosi ai nomi piùnoti) Giuseppe Garibaldi, Giuseppe La Fa-rina32, Carlo Pellioni di Persano33, Costan-tino Nigra34, Agostino De Pretis, FrancescoCrispi, Giovanni Nicotera, Giuseppe Zanar-delli, Michele Coppino, Ernesto Nathan.

1/2011

HIRAM

• 42 •

32 Giuseppe La Farina (Messina, 20 luglio 1815 – Torino, 5 settembre 1863) fu letterato e sto-rico, collaborò con le Effemeridi Letterarie Messinesi. Fondatore e redattore di numerosi giornali,fu autore di opere storiche e politiche (Studi sul secolo XIII; L’Italia dai tempi antichi fino ai nostrigiorni), geografiche (L’Italia nei suoi monumenti; Messina e i suoi monumenti) e letterarie (Studi sopra al-cuni canti della Divina Commedia). Nel 1848 condusse la Legione Universitaria della Sicilia controi Borbone e fu deputato di Messina al parlamento siciliano dal 1848 al 1849 ed incaricato come di-plomatico assieme ad Emerico Amari di offrire la corona siciliana al Duca di Genova.Nel Veneto fronteggiò gli Austriaci nel 1849 quale consigliere del re sabaudo. Emigrato dapprimain Francia, verso la fine del 1856 assieme a Daniele Manin e a Giorgio Pallavicino Trivulzio fondòla Società nazionale italiana, una associazione avente l’obiettivo di orientare l’opinione nazionaleverso il Piemonte di Cavour. La Farina ebbe parte attiva alle annessioni del Regno Sabaudo e favorìla spedizione dei Mille in Sicilia. Eletto deputato al primo parlamento italiano, nello stesso 1860 funominato Consigliere di Stato, successivamente ministro dell’istruzione, dei lavori pubblici del-l’interno e della guerra. Tumulato a Torino, le sue ceneri furono trasferite a Messina nel 1872 perl’inaugurazione del Gran Camposanto.33 Il conte Carlo Pellioni di Persano (Vercelli, 11 marzo 1806 – Torino, 28 luglio 1883) fuun ammiraglio e politico italiano, comandante della flotta italiana nella battaglia di Lissa. Entrògiovanissimo nella marina sarda dove fece una rapida carriera. Comandò la flotta (1860-1861), e fuagli assedi di Ancona, di Messina, di Gaeta, partecipando attivamente anche alla battaglia del Ga-rigliano. Deputato nelle legislature VII e VIII per il collegio della Spezia, divenne Ministro dellaMarina nel primo Governo Rattazzi e fu nominato senatore l’8 ottobre 1865. Scoppiata la guerradel 1866, ebbe il comando in capo della flotta nell’Adriatico. La flotta comandata dal Persano subìuna grave disfatta nella battaglia di Lissa. Nonostante ciò, al rientro in Italia, Persano annunciò diaver sconfitto gli Austriaci; per l’evento furono iniziati grandi festeggiamenti che durarono fino allanotizia del reale esito dello scontro. Il Persano fu sottoposto a giudizio davanti al Senato, costituitoin Alta Corte di Giustizia (pubblico ministero fu Diomede Marvasi), e venne proclamata la sua col-pevole inettitudine, tanto che fu privato del grado e delle decorazioni e radiato dalla Regia Marina.Cfr. Lumbroso, A. (1905) Il processo dell’ammiraglio Persano, con una prefazione ed un’appendice di do-cumenti inediti sulla campagna navale di Lissa, Torino; Luzzi, U. (1932) L’armata di Persano ad Anconanel ‘66, Milano.34 Costantino Nigra nacque l’11 giugno del 1828 presso Villa Castelnuovo - oggi CastelnuovoNigra in provincia di Torino. Compì i primi studi a Bairo e in seguito ad Ivrea dove concluse il se-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 42

a. Agostino De Pretis35

Fin da adolescente fu affi-liato alla Giovine Italia eprese parte attiva ai motimazziniani, tanto da rischiarela cattura da parte degli Au-striaci in occasione di un ten-tativo di far pervenire armiagli insorti di Milano.Eletto deputato nel 1848,aderì al gruppo della Sinistrastorica e fondò il giornale IlDiritto, ma non rivestì caricheufficiali fino a quando fu no-minato governatore di Brescia nel 1859.

Nel 1860 si recò in missionein Sicilia per cercare di mediarefra le posizioni di Cavour, chespingeva per l’immediata an-nessione dell’isola al Regnod’Italia, e quella di Garibaldi,che invece voleva rimandareil plebiscito di ratifica fino adopo la progettata liberazionedi Napoli e Roma. Pur riuscendoa farsi nominare da Garibaldidittatore pro-tempore della Si-cilia, non riuscì tuttavia a con-cludere l’accordo.

Dopo aver accettato il dicastero dei La-

1/2011

HIRAM

• 43 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

condo ciclo scolastico. Nel 1845, grazie ad una borsa di studio, poté iscriversi alla Facoltà di Giuri-sprudenza dell’Università di Torino, nonostante il grande interesse per la poesia e la letteratura.Nel corso degli studi universitari non nascose (1848) il sostegno al conflitto bellico del Piemonte conla potenza imperiale austriaca, tanto che decise di arruolarsi nel corpo dei bersaglieri studenti,come volontario. Partecipò alle battaglie di Peschiera del Garda, Santa Lucia e Rivoli, dove fu feritoad un braccio. Già l’anno seguente rientrò a combattere assistendo alla sconfitta di Novara. Ripresigli studi dopo la parentesi bellica riuscì a laurearsi in legge nell’università torinese. Nigra portò al-l’attenzione degli italiani una nuova forma di poesia, l’epico-narrativa. Prestò servizio dal 1851 alMinistero degli Esteri venendo nominato segretario del primo ministro Massimo D’Azeglio e in se-guito di Camillo Cavour, che accompagnò al Congresso di Parigi del 1856 come Capo di Gabinetto.Due anni dopo, nel 1858, fu inviato in missione segreta a Parigi per concretizzare l’ipotesi di alle-anza decisa a Plombières tra Napoleone III e Cavour e progettare la guerra tra il Regno di Sardegna el’Impero austriaco. Svolse un ruolo determinante nella politica estera italiana per il completamentodel processo di unificazione dell’Italia dopo la morte di Cavour avvenuta nel 1861. Divenne in se-guito ambasciatore italiano a Parigi (1860), San Pietroburgo (1876), Londra (1882) ed infinea Vienna (1885). Nel 1887 rifiutò la carica di Ministro degli Esteri, offertagli dal re Umberto I di Sa-voia. Fu nominato conte nel 1882 e nel 1890 senatore del Regno d’Italia. Nigra collaborò con acca-demie italiane e francesi, oltre che con riviste filologiche italiane, francesi e tedesche.Esponente massone, fu nominato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia il 3 ottobre 1861. Cfr.Gangemi, E. F. (1999) La massoneria nella storia politica d’Italia: dalle origini al primo governo a guida mas-sonica ed alla politica della Loggia Universo, Milano.35 Conti, F. (2003) Storia della massoneria Italiana – dal Risorgimento al Fascismo, Bologna; Espo-sito, R. (1979) La massoneria e L’Italia – dal 1800 ai giorni nostri, Roma; Seganti, G. (2004) Massoni famosi.Note biografiche di massoni celebri, Roma.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 43

vori Pubblici nel primo Governo Rattazzidel 1862, fece ancora da intermediario conGaribaldi nell’organizzazione della disa-strosa spedizione dell’Aspromonte. Quat-tro anni più tardi, alloscoppio delle ostilità conl’Austria, entrò nel primoGoverno Ricasoli come mi-nistro della Marina36.

Spodestato da Cai-roli nel marzo 1878 acausa dell’introduzionedella controversa tassa sulmacinato, il successivomese di dicembre scon-fisse Cairoli tornando adessere Primo ministro, mail 14 luglio 1879 fu ancorauna volta estromesso dallostesso Cairoli.

Nel novembre del 1879, tuttavia, entròa far parte del governo Cairoli come mini-stro dell’Interno e nel maggio del 1881, glisubentrò come Primo ministro, mante-nendo la carica fino alla morte, avvenutail 29 luglio 1887.

Durante questo lungo intervallo ditempo compì ben cinque rimpasti di go-verno, estromettendo dapprima gli espo-nenti di sinistra Zanardelli e Baccarini, allo

scopo di compiacere alle richieste della De-stra, e successivamente nominando Ri-cotti, Robilant e altri esponenticonservatori, attuando così quel rivolgi-

mento politico che fu poi chiamatoil trasformismo. Il trasformismogli servì anche a far approvare lesue riforme.

Pochi mesi prima della morte sipentì di aver compiuto questescelte, e reintegrò Crispi (che poigli subentrò alla morte) e Zanar-delli nel proprio governo. Altresue iniziative degne di nota furonol’abolizione della menzionatatassa sulle granaglie, l’amplia-mento del suffragio elettorale, ilcompletamento della rete ferro-

viaria, l’entrata nella Triplice Alle-anza e l’occupazione di Massaua in Eritrea,con cui si inaugurò la politica coloniale del-l’Italia.

Per contro, gli si addebita un grande in-cremento dell’imposizione fiscale indi-retta, lo snaturamento della strutturaoriginaria dei partiti politici emersi allafine del periodo risorgimentale e di avermesso in grave crisi le finanze dello Stato acausa di assai discutibili scelte in materiadi lavori pubblici37.

1/2011

HIRAM

• 44 •

36 Nel 1873, alla morte di Rattazzi, Depretis, ormai capo della Sinistra, preparò l’avvento alpotere del suo partito, che avvenne nel 1876 quando fu chiamato a formare il primo governo di si-nistra del nuovo Regno d’Italia. Durante questo governo fu varata la Legge Coppino (1877), che ren-deva gratuita e obbligatoria la scuola elementare.37 A fine agosto nel 1887 la Rivista della massoneria Italiana pubblicò lo “Stato di servizio mas-sonico” dell’Illustre Fratello Agostino Depretis 33° morto a Stradella il 29 luglio dello stesso anno.Iniziato nella R.L. “Dante Alighieri” di Torino il 22 dicembre 1864, promosso Compagno e Maestroil 21 gennaio 1865, secondo l’informata rivista ufficiosa del Grande Oriente d’Italia, su proposta del

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 44

b. Francesco Crispi38

Nel 1848 a Palermo fece parte del go-verno provvisorio nato daimoti insurrezionali guidatida Rosolino Pilo che avevanocostretto il re Ferdinando IIIa concedere una costituzioneal Regno delle Due Sicilie. Aseguito della restaurazioneborbonica dovette rifugiarsiin Piemonte dove continuò isuoi contatti con i capi dellacospirazione mazziniana me-ridionale. Espulso anche dalPiemonte si rifugiò a Malta e

successivamente a Londra. Mazzinianoconvinto, non vedeva di buon occhio il Pie-

monte come stato guida del movi-mento unitario. Tuttavia, dopola favorevole conclusione dellaguerra del 1859, iniziò insiemea Rosalino Pilo39 la prepara-zione della rivolta siciliana edella spedizione dei “Mille”, cuipartecipò personalmente. Dallosbarco di Marsala in poi fu lamente politica di Garibaldi nelMezzogiorno. Eletto poi depu-tato alla Camera di Torino, co-minciò a volgersi verso la

1/2011

HIRAM

• 45 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

massone generale Federico Pescetto, il 21 gennaio 1868 Depretis venne affiliato alla “Universo”,all’Oriente di Firenze, che raccoglieva un cospicuo numero di parlamentari e notabili in quegli annidurante i quali la capitale del regno era “parcheggiata” sulle rive dell’Arno in attesa del riscatto diRoma. Incorporato in un’Officina di Rito Scozzese Antico e Accettato, Depretis percorse la scala ri-tuale sino al conferimento del grado di 33°, il 14 gennaio 1877. Nel 1882 venne incluso nel SupremoConsiglio del Rito, presieduto da Tamaio, nel quale figuravano Giuseppe Petroni, Giuseppe Gari-baldi, Federico Campanella, Ariodante Fabretti, Adriano Lemmi, Giovanni Nicotera, Camillo Finoc-chiaro Aprile, Antonio Mordini, Luigi Orlando, Luigi Castellazzo e altri insigni protagonisti dellebattaglie risorgimentali. Di certo Depretis fu tra i più autorevoli massoni presenti all’AssembleaCostituente dell’Ordine tenuta a Firenze nel 1869; ma per lungo tempo il suo nome comparve ri-petutamente tra quelli degli alti dignitari della Comunione italiana, nel Consiglio dell’Ordine o conaltri incarichi eminenti. Cfr. Hiram n. 11 - novembre 1987 - Editrice Società Erasmo da un articoloa firma di A. A. M.38 Nacque a Ribera nel 1818, morto a Napoli nel 1901. Giuseppe Zanardelli fu tra gli insortinelle dieci giornate di Brescia del 1849, costretto in Toscana, prima, poi in Svizzera, fino a quando,dieci anni dopo, liberò il bresciano con Garibaldi. Notizie biografiche in Malesta, A. (1946) Ministri,deputati e senatori d’Italia dal 1848 al 1922, Roma; Barbagallo, F. (1995) Da Crispi a Giolitti, lo Stato, la po-litica, i conflitti sociali in Storia d’Italia: liberalismo e democrazia. 1887-1914, Bari; Banti, A.M. (1996) Sto-ria della borghesia italiana. L’età liberale, Roma.39 Rosolino Pilo, o Rosalino Pilo, (Palermo, 15 luglio 1820 – San Martino delle Scale, 21 mag-gio 1860), è stato un patriota italiano. All’anagrafe era stato registrato come Rosolino, ma egli sifirmò sempre Rosalino. Partecipò alla rivoluzione del 1848 contro il regime borbonico. Quando i li-berali si impadronirono della città, tenne il comando delle batterie e delle artiglierie palermitane,sino al momento in cui la città fu costretta a capitolare. Con la repressione e il fallimento dei moti,

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 45

monarchia. Nel 1877 fu Presidente dellaCamera e ministro degli Interni. Nellostesso anno successe a Depretis alla Pre-sidenza del Consiglio. Fu fautore, comeCarducci e Bovio, della penetrazione ita-liana in Dancalia40, che portò al trattatodi Uccialli ed all’instaurazione della co-

lonia Eritrea. Visse i suoi ultimi anni inmodeste condizioni economiche, afflittoda una grave malattia agli occhi. In Mas-soneria era affiliato alla Loggia “Propa-ganda Massonica”. Fu anche MaestroVenerabile Onorario della Loggia “Cen-trale” di Palermo.

1/2011

HIRAM

• 46 •

Rosolino Pilo partì esule verso Marsiglia, e poi per Genova. Qui frequentò Mazzini, riallacciò i con-tatti con gli altri esuli siciliani, conobbe e si innamorò di Rosetta Borlasca. Durante i moti fallitidel 1853 a Milano, Rosolino Pilo era a Torino per coprire la fuga dei cospiratori che cercavano diespatriare. Qui conobbe Giuseppe Piolti, agente mazziniano del quale non condivideva i propositidi agitazione di piazza. Pilo era più propenso alla guerriglia e, nell’estate 1856, iniziò i contatticon Carlo Pisacane per aprire un fronte rivoltoso in Sicilia. Ai primi di dicembre dello stesso annoRosolino Pilo salpò da Genova su un piroscafo inglese diretto a Malta con l’intento di unirsi alla ri-volta capeggiata dal barone Francesco Bentivegna. Ma, arrivato a Malta, seppe del fallimento deltentativo e non poté far altro che ritornare a Genova. A Genova incontrò Carlo Pisacane aderendocon entusiasmo al suo progetto di guerriglia che sarebbe partito da Sapri per sollevare la Campa-nia e giungere a Napoli. Un primo tentativo si ebbe il 6 giugno 1857, si imbarcò su un battello di-retto verso l’isola di Montecristo con diversi guerriglieri e col carico delle armi utili alla spedizione,precedendo la partenza di Carlo Pisacane. L’intesa con Pisacane prevedeva il loro ricongiungimentosull’isola. Durante la traversata, però fu travolto da una tempesta che lo costrinse, per alleggerirelo scafo, a gettare fuoribordo l’armamento. Pilo dovette far ritorno a Genova per avvisare gli altricospiratori e non compromettere l’intera missione. Il tentativo definitivo iniziò con la partenza diPisacane e i suoi, il 25 giugno. Pilo si occupò nuovamente del trasporto delle armi e partì il giornodopo a bordo di alcuni pescherecci, con l’accordo di unirsi a Pisacane successivamente. Ma, anchequesta volta, per sfortuna o per inesperienza come navigatore, Pilo finì per sbagliare rotta e, nonpotendo più raggiungere Pisacane, tornò a Genova lasciandolo senza i rinforzi e le armi che eranoa lui necessarie. A Genova, Pilo e Mazzini, non poterono altro che attendere fiduciosi notizie dal SudItalia. Il governo piemontese, nel frattempo, attuò misure repressive nei confronti dei cospiratorie Mazzini dovette far ritorno a Londra, mentre Pilo riuscì a rifugiarsi a Malta. Alle prime voci dellosbarco di Giuseppe Garibaldi alla guida dei Mille, il 28 marzo 1860, Rosolino, insieme a GiovanniCorrao, si affrettò a tornare nella sua Sicilia. Alla testa di un gruppo di volontari, si unì alla colonnagaribaldina che marciava su Palermo, ma, in uno scontro a fuoco, cadde sei giorni prima della presadella città. Alla memoria fu conferita, il 30 settembre 1862, la medaglia d’oro al valor militare. Uf-ficio Storico Stato Maggiore Esercito. A. Aristite, Come morì Rosolino Pilo, in Memorie Storico-Militari,vol. X, Roma 1914, pp. 101-118; Molteleone, R. (1995) Cospiratori, Guerriglieri, Briganti. Storie dell’altroRisorgimento, Trieste.40 Grande triangolo compreso fra l’altopiano etiopico, somalo e il mar Rosso, imboccaturadella grande spaccatura africana conosciuta come la Great Rift Valley, che si estende fino alla Tan-zania e al Mozambico.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 46

c. Giuseppe Zanardelli41

Nel 1860 Giuseppe Zanardelli divenneparlamentare nella Sinistrastorica, dal 1866 più volteministro, due volte Presi-dente della Camera, ed in-fine, dal 1901 al 1903,Presidente del Consiglio. Ri-sale a quel periodo un aned-doto gustoso: eranoaumentate le voci sulla qua-lifica di massone di Giu-seppe Zanardelli, questi,volendo dare risposta defi-nitiva a tali “voci”, indossò iparamenti di massone e, sudi essi, il cappotto, recandosiad una riunione del Consiglio dei Ministri,che presiedeva. Raggiunta la sala, si liberòlentamente del paltot, fingendo di accor-gersi, soltanto in quel momento, del grem-biule e del collare che portava. Sorrise aisuoi Ministri, e si scusò con loro dicendo:“vengo da altra riunione altrettanto im-portante”.

Il suo nome è legato soprattutto al Co-dice Penale del 1890. Il Codice Zanardelli,la cui sigla fondamentale è la abolizione

della pena di morte, concluse un trenten-nio di preparazione, e mostrò segni dell’in-

fluenza dell’Illuminismo e delPositivismo42. Zanardelli perseguìil fine della “maggiore chiarezza,semplicità, precisazione, conci-sione, proprietà, efficacia edanche la massima unità possi-bile” del testo, convinto che “leleggi devono essere scritte inmodo che anche gli uomini discarsa cultura possano inten-derne il significato; e ciò devedirsi specialmente di un codicepenale, il quale concerne ungrandissimo numero di cittadini

anche nelle classi popolari, aiquali deve essere dato modo di sapere,senza bisogno d’interpreti, ciò che dal co-dice è vietato”.

Zanardelli affidò alla legge penale l’altamissione di non guardare al delinquente,come essere sempre volgare e pervertito,di non dimenticare l’uomo ed il cittadino,non avendo soltanto l’ufficio di intimidire edi reprimere, ma di correggere e di edu-care43.

Il Codice Zanardelli, che sostituì il Co-1/2011

HIRAM

• 47 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

41 Cfr. Comba, A.(1998) La massoneria tra filantropia e pedagogia, Torino; Vinciguerra, S. (1993)I codici preunitari e il codice Zanardelli. Diritto penale dell’800, Padova; Da Passano, M. (1993) La pena dimorte nel Regno d’Italia. 1859-1889, a cura di S. Vinciguerra, Padova.42 Nella “Relazione al Re”, il Fratello Zanardelli dichiara di avere scelto il metodo di “mai di-sgiungere i dettami della ragione da quelli dell’esperienza; i principi e gli svolgimenti progressividella dottrina dello studio diligente del costume, dell’opinione, della moralità pubblica, dello Statoe del movimento della delinquenza; gli ammaestramenti utilissimi delle legislazioni straniere dallaricerca di ciò che nel nostro Paese si pensa, si sente, si vuole”.43 Tutto il sistema del Codice Zanardelli, le coordinate che lo unificano, mostrano quanto ilmassone Zanardelli sentisse altissimo il dovere della umanità delle pene.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 47

dice Penale del 186544, aveva in sè improntenettamente liberali: oltre a riaffermarecome già detto i fondamentaliprincipi di garanzia di deri-vazione illuministica, nonammetteva l’estradizione(neppure dello straniero)per i reati politici, avevaabolito la pena di morte e ilavori forzati, aveva statuitominimi e massimi di penameno elevati rispetto ai co-dici anteriori, prevedeva leattenuanti generiche e di-sciplinava in modo artico-lato sia il tentativo che ilconcorso di persone45. Ilproblema della imputabilitàveniva risolto alla luce dellavolontarietà del fatto, attra-verso formulazioni chiare per la sua esclu-sione e diminuzione. Numerose erano ledisposizioni in tema di dolo, errore, causedi giustificazione, ma il merito di questocodice sarebbe stato soprattutto quello diaver disciplinato per la prima volta nellaparte generale l’elemento soggettivo del

reato e le cause di giustificazione, stabi-lendo le premesse per l’elaborazione della

teoria dell’antigiuridicità.Nella parte speciale, ladistinzione dei reati av-veniva in relazione al-l’interesse da questileso (oggetto giuridicodel reato)46.

Quale segnale di unadiversa impostazionedei rapporti tra Stato ecittadino, pur nonmancando un certo ri-gore in tema di delittipolitici, era previstauna vasta gamma di de-litti contro la libertà,cui si aggiungeva l’in-

troduzione della scrimi-nante della reazione agli atti arbitrari delpubblico ufficiale e l’istituto della exceptioveritatis nei delitti contro l’onore. Bisognainoltre ricordare che il primo progetto, perl’introduzione del divorzio nella legisla-zione italiana, porta la firma di GiuseppeZanardelli, massone.

1/2011

HIRAM

• 48 •

44 Il Codice di fatto era il Codice del Regno di Sardegna esteso (con qualche modificazione)all’intero territorio del Regno d’Italia, ad esclusione della Toscana ove rimase in vigore il Codice pe-nale locale perché non conteneva la pena di morte a differenza del Codice sardo. Per tale ragioneè solo con il presente Codice Zanardelli che si raggiungerà la effettiva unificazione legislativa delRegno.45 Il tentativo fu regolato secondo la formula napoleonica del commencement d’éxecution, e ilconcorso di persone sulla base del cumulo giuridico e dell’assorbimento. Inoltre, distingueva e gra-duava la responsabilità dei concorrenti nel reato prevedendo figure di compartecipi primari e se-condari.46 La classificazione dei delitti e delle contravvenzioni seguiva criteri destinati in gran partea restare inalterati anche nel codice successivo.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 48

d. Michele Coppino47

Michele Coppino fu il ministro che legòil nome alla citata legge del1877 e che al governo del-l’istruzione pubblica del-l’Italia unita impresse unimpulso di durevole effica-cia. Questo insigne letteratoe uomo politico, che in Par-lamento fece segnare la suapresenza dal 186048 al giu-gno 1900, si avvicinò allaMassoneria alla quale venneiniziato il 17 febbraio 1860nella prestigiosa Loggiamadre della risorgente Mas-soneria italiana: l’Ausonia.

Nella veste di ministro decise di portarea termine il progetto sulla riforma dellascuola elementare, i cui principi essenziali

erano: l’obbligatorietà dell’istruzione ele-mentare inferiore, la sua gratuità, l’acon-

fessionalità. Il disegno di leggesull’obbligo dell’istruzione ele-mentare fu approvato dalla Ca-mera il 10 marzo e dal Senato il4 giugno e fu un momento fon-damentale nella trasformazionedelle istituzioni scolastiche inItalia e rappresentò un chiarosegno della volontà di rinnova-mento.

Il suo programma discolarizzazione di massa49 servìsoprattutto per formare i nuovicittadini: oltre ad imparare a

leggere, a scrivere ed a far di conto, aglialunni veniva insegnata educazione civicain modo da introdurre i giovani nellasocietà. Venne dato anche molto spazio alle

1/2011

HIRAM

• 49 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

47 Dito, O. (1905) Massoneria, carboneria e altre società segrete nella storia del risorgimento italiano,Torino-Roma; Cazzaniga, G.M. (1925) Carboneria e massoneria nel Risorgimento italiano. Saggio di criticastorica, Genova; Id., La religione dei moderni, Pisa 1999; Cardoza, A.L. (1996) Tra casta e classe. Clubsd’elite torinese 1840-1914, in Quaderni storici, Napoli. 48 Il 22 marzo del 1867 Coppino divenne vicepresidente della Camera dei Deputati (dopo es-sere stato rieletto per la decima legislatura). Il 10 aprile fu nominato da Rattazzi ministro dellaPubblica Istruzione e dovette dimettersi da vicepresidente dell’Assemblea, ma nel 1868 venne dinuovo annullata la sua elezione a deputato. Rieletto nel 1874, due anni dopo vicepresidente dellaCamera, il 25 marzo dello stesso anno fu chiamato da Depretis al Ministero della Pubblica Istru-zione. Fu ministro per due anni (25 marzo 1876-26 dicembre 1877 e 26 dicembre 1877-24 marzo1878). Nel terzo governo Depretis (19 dicembre 1878-14 luglio 1879) fu ancora ministro dell’Istru-zione e si occupò di migliorare le condizioni dei maestri, assicurando loro un miglior trattamentoeconomico e una maggiore stabilità nel posto di lavoro; inoltre negli stessi anni provvide al rior-dinamento degli Statuti di numerose Università e, mentre gettò le basi dell’istruzione professionalemoderna, costruì le stabili fortune dei licei classici.49 Il programma fu stabilito dalla legge del 15 luglio 1877, che coronò il prolungato sforzo le-gislativo di De Sanctis, Bargoni, Scialoia, Correnti e dello stesso prudente Bonghi - si prospettò - intal guisa, quale grande operazione di pedagogia politica in direzione della liberazione dai conver-genti ceppi dell’analfabetismo e della devozione superstiziosa.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 49

materie scientifiche e venne cambiata lametodologia di insegnamento, da un rigidodogmatismo alla concretezza,poiché questa legge fuinfluenzata dalla filosofiapositivistica del momento.

Tuttavia, i Cattolici critica-rono ampiamente questa legge,dato che essa aveva un tagliolaico, dovuto all’influenza posi-tivista e alla decisione di abo-lire i direttori spirituali. Imaestri, legittimati con la leggeCasati, non poterono più inse-gnare il catechismo e la storiasacra. Perciò i Cattolici intran-sigenti mandarono i propri figli nellescuole private, le quali erano in parte ge-stite dalla Chiesa Cattolica.

L’opera dal Coppino svolta al Ministerodell’istruzione pubblica può venire

sintetizzata nella lapidariasentenza da lui stesso pro-nunziata sui propri obiettividi civiltà, il 4 aprile 1872:Clericali non siamo. Siamouomini i quali pensiamo che lalibertà non va desiderata sola-mente per noi, ma per tutti.

e. Ernesto Nathan50

L’amministrazione popolare haindicato il punto di partenza, ilmetodo; ad altri continuare per

quella via, affaticarsi a risolverlo, per il bene diRoma e dell’Italia.

1/2011

HIRAM

• 50 •

50 Nathan nacque a Londra il 5 ottobre 1845 da genitori ebrei (Sara Levi e Meyer Moses). Dal-l’ebraismo apprese, fin da bambino, il dovere dell’impegno individuale a “costruire il paradiso sullaterra”. A Londra, la famiglia Nathan divenne ben presto il punto di riferimento per tanti esuli po-litici italiani, primo fra tutti, Giuseppe Mazzini. Nathan, come noto, fino agli ultimi anni della suavita, si dedicò a raccogliere e diffondere gli scritti di Mazzini. Il pensiero del Maestro egli lo aveva“respirato” già in famiglia; ma lo studio e l’approfondimento sistematico avvenne particolarmentequando, nel 1871, lo stesso Mazzini lo inviò a Roma perché curasse la “Roma del popolo”. È in que-sta occasione che Nathan si trovò anche a “correggere”, per esigenze editoriali, gli articoli che Maz-zini gli inviava da Londra. “La riforma intuita e voluta da Mazzini - scriveva Nathan in questi anni- investe tutta la sostanza della vita individuale, nazionale, umana; […] Egli volle bandire una nuovafede, una religione civile che fosse norma di vita ai popoli; e nella nuova credenza, illuminata dacoscienza e scienza, fondere il presente con l’avvenire”. Il valore ebraico dell’impegno personale amigliorare se stessi e la società, si coniuga con gli ideali mazziniani in una formidabile mediazionedialettica tra conoscenza ed etica. Promuovere l’educazione per l’emancipazione dell’individuo èun dovere, perché vi possa accedere soprattutto per chi ne era maggiormente escluso, come ap-punto le donne, per le quali Nathan voleva la parità di diritti. Fatto straordinario in tempi in cuil’unico diritto pubblicamente riconosciuto alle donne era quello di stare zitte e di fare figli. Cfr.Cordova, F. (1985) Massoneria e politica in Italia 1892-1908, Roma-Bari, p. 66 ss.; Isastia, A.M. (1994) Er-nesto Nathan. Un mazziniano tra i democratici pesaresi, Milano; Porciani, I. (1997) La festa della nazione.Rappresentazione dello Stato e spazi sociali nell’Italia Unita, Bologna.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 50

Ernesto Nathan costituisce un esempiostraordinario nel panorama politico ita-liano per il grande rigore mo-rale, improntato ad unaprofonda concezione laicadello Stato. Per Ernesto Na-than lo sviluppo dell’indivi-duo nella libertà e nellagiustizia è il fine. La pub-blica amministrazione è ilmezzo per perseguirlo e rea-lizzarlo. In coerenza conqueste prospettive, egli hacostruito e sviluppato la suarigorosa azione politica, ri-volgendo l’attenzione so-prattutto a quei gruppi sociali da sempresoggiogati dall’ignoranza e dalla miseria.Bisognava liberare le menti da dogmi e su-perstizioni educandole a pensare con lapropria testa. Bisognava abituare all’eser-cizio dell’autonomia morale e alla gestionedella libertà di scelta. Bisognava educare,insomma, all’etica laica della responsabi-lità, dove l’azione ha valore in se stessa eper le conseguenze individuali e sociali cheimplica. Le basi della sua etica laica furono:

Ebraismo, le idee mazziniane e la Masso-neria, sono le tre nobili componenti intel-

lettuali che interagiscono nella suaformazione e nel suo impegnopolitico. La consapevolezza di mi-gliorare se stessi e la società trovalinfa nell’incontro con la Masso-neria, che aveva prodotto igrandi ideali di “libertà”, “ugua-glianza”, “fratellanza”, base dellarivoluzione americana e di quellafrancese.

Ernesto Nathan entrò a farparte della Massoneria nel 1887.L’incontro con la Massoneria fuper lui la sintesi di quell’educa-

zione alla fratellanza universale, appresadalla cultura ebraica ed alimentatasi nel-l’insegnamento mazziniano51. Nel 1888 ot-tenne la cittadinanza italiana, pertanto sicandidò alle elezioni comunali. Scelse Pe-saro, città natale della madre52. Dal 1895 fuconsigliere al Comune di Roma: denunciòle cause economico-sociali che portanotante povere donne a prostituirsi; volle labonifica dell’agro romano per eliminare lamalaria; lanciò i suoi strali contro la specu-

1/2011

HIRAM

• 51 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

51 “La massoneria - dice Nathan il 21 aprile 1901 all’inaugurazione di Palazzo Giustiniani –[…] vive e fiorisce per essersi di volta in volta tuffata nell’acqua lustrale del progresso, assimilandoogni nuova fase di civiltà, il più delle volte divenendone banditrice […] Siamo noi, che in nome diquel principio di fratellanza, abbiamo iniziato, spinto innanzi il movimento per la pace e l’arbi-trato […] Siamo il germe dei vagheggiati Stati Uniti d’Europa”.52 Dal 1889 al 1894 Nathan ricoprì la carica di consigliere comunale, non stancandosi mai didenunciare la scarsa attenzione delle istituzioni al sociale. Amministratore attento e scrupoloso,Nathan studiò la situazione della città; denunciò il nesso esistente tra malattia, emarginazione so-ciale, miseria. A Pesaro, come poi a Roma, si battè per promuovere l’istruzione, la sanità, l’ediliziapopolare; per ridurre la giornata lavorativa ad otto ore, per calmierare il prezzo del pane mediantel’istituzione di spacci comunali.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 51

lazione edilizia e contro lo strapotere delVaticano nel tenere imbrigliate le co-scienze.Dal 1907 e il 1913 fu Sindaco della Capitale:l’Unione liberale popolare (il famosoBlocco) formata da radicali, repubblicanie socialisti vinse le elezioni. Nathan fecetremare il mondo affaristico clerico-nobi-liare, che lucrava grazie all’intreccio tracapitale finanziario e patrimonio fondia-rio, nell’immobilismo di una Roma dellaRendita, dove le masse popolari erano te-nute nell’alfabetismo e nella miseria. Ci-viltà Cattolica lanciava i suoi anatemicontro il Sindaco che, scandalizzata, defi-niva straniero, ebreo, repubblicano e mas-

sone53. Famoso fu il discorso programma-tico del 2 dicembre 1907, all’atto dell’in-sediamento nella sua carica di Sindaco inCampidoglio54.

Il crollo del muro del totalitarismo teo-cratico cattolico, rappresentato dalla brec-cia di Porta Pia, fu indicato con chiarezzada Nathan come la strada maestra per losviluppo scientifico, economico e socialedell’umanità intera. Il 20 settembre era fe-stività nazionale, e tale rimase fino aquando Mussolini non la soppresse. I prin-cipali interventi della Giunta Nathan fu-rono: la scuola55, i servizi pubblici56, lasalute e la casa57.

1/2011

HIRAM

• 52 •

53 “È stato il primo sindaco non romano dopo 37 anni, quanti ne sono corsi dal 1870, anzinemmeno italiano, perchè di origine inglese, nativo di Londra. In ogni caso repubblicano, israe-lita, massone. La sua presenza a capo del comune romano è misura del livello a cui siamo discesi”.54 “Guardiamo all’avvenire … a una grande metropoli ove scienza e coscienza indirizzino rin-novate attività artistiche, industriali, commerciali […] perché guardiamo attraverso la breccia diPorta Pia.”55 “Le considerazioni di bilancio finanziario devono cedere il passo alle imperative esigenzedel bilancio morale ed intellettuale. Le scuole devono moltiplicarsi, allargarsi, migliorarsi; rapida-mente, energicamente, insieme col personale scolastico”, aveva detto Nathan nel suo discorso pro-grammatico. E lo mantenne. Nell’Agro Romano le scuole rurali, che nel 1907 erano 27, nel 1911divengono 46 e il numero degli alunni da 1183 passa a 1743. Le scuole urbane hanno un incrementodi ben sedici edifici, e gli alunni, che nel 1907 erano 35.963, nel 1912 sono divenuti 42.925. Le scuolestatali, come sosteneva il coraggioso sindaco, hanno il compito “d’insegnare per sviluppare l’in-telletto, d’educare per sviluppare il cuore, addestrando all’esercizio della virtù quale dovere civile.Quindi insegnamento laico fondato su educazione morale”. 56 “Sottrarre i pubblici servizi dal monopolio privato; renderli soggetti alla sorveglianza, allarevisione, all’approvazione del Consiglio […] preparare la via al più assoluto controllo che la citta-dinanza deve acquisire su quei gelosi elementi primordiali di ogni civiltà urbana”. Così si eraespresso Ernesto Nathan nel discorso programmatico del 2 dicembre 1907. Pensava alla municipa-lizzazione di luce, gas, acqua; pensava alla realizzazione di linee tranviarie pubbliche.57 “Molto è da fare per perfezionare l’assistenza sanitaria, coordinarla ad una rigorosa os-servanza dei precetti igienici contemplati dalla scienza […] adoperarsi affinché tanto nella città,come fuori dalle mura, sia provveduto alla pronta assistenza, sia prevenuta dall’igiene la terapeu-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 52

ConclusioniL’itinerario percorso attraverso oltre un

secolo di storia d’Italia dai conter-ranei che ebbero parte attiva nelRisorgimento Italiano, offre unquadro immediato di quantiFratelli, animati da spirito pa-triottico abbiano lottato e sof-ferto per l’Unità nazionale. Sedurante il Risorgimento coloroche offrirono le loro vite perquesti ideali furono consideratirei di Stato, perché combatte-rono il governo borbonico chedominava sulle loro terre, dopol’Unità i protagonisti dei primigoverni d’Italia che scrissero le pagine più

intense della nostra storia politica e giuri-dica furono eccelsi uomini di Stato e va-

lenti giuristi che contribuironoanche al miglioramento so-ciale degli italiani.

Tale considerazione, suf-fragata da eminenti storio-grafi del secondo dopoguerra,contrasta decisamente conquella corrente di pensieroantimassonica, formatasi du-rante il fascismo, che miravaa escludere ogni partecipa-zione attiva dei liberi pensa-tori ai moti del Risorgi-

mento58. Vi è stato chi - comeRenato Soriga – ha affermato che:

1/2011

HIRAM

• 53 •I massoni: da rei di Stato a legislatori, C. Petrone

tica. Né in questo doveroso ufficio di umana civiltà […] anteporre interessi e lucri”. Ecco cosa avevaaffermato il 2 dicembre 1907 nel suo discorso programmatico. Obiettivo prioritario erano i quar-tieri poveri e le borgate. L’Agro Romano, con i suoi rifugi malsani, destava le maggiori preoccupa-zioni. Nella città vennero istituite pubbliche guardie ostetriche, presidi per l’assistenza sanitaria ela profilassi delle malattie infettive. La salute con Nathan non fu più cosa per i ricchi o assistenzacaritatevole, ma un pubblico dovere. Quella per gli interventi edilizi fu la più dura battaglia. Il Sin-daco fu anche minacciato fisicamente. “Hanno tentato di tutto” - affermò Nathan alla fine del suomandato - “ma una cosa non hanno mai osato: offrirmi denaro”. A Roma prima di Nathan il som-mario piano regolatore del 1883, era continuamente eluso dalle “convenzioni fuori piano”. Così, lagià ricca proprietà fondiaria continuava a fare affari d’oro. “Bisogna promuovere, organizzare, in-tegrare le diverse iniziative”- aveva detto Nathan nel suo discordo programmatico - “[…] né po-tremo plaudire ad un piano regolatore che raddoppia l’estensione della città senza esattezza ditracciato e senza la scorta indispensabile dei provvedimenti atti a salvare il vastissimo demaniofabbricabile dalle sapienti astuzie dell’aggiotaggio edilizio”. Ma è la Rendita Fondiaria che Nathancolpì: impose tasse sulle aree fabbricabili e procedette agli espropri, applicando quanto il governoGiolitti aveva già stabilito a livello statale. Dopo Nathan, tutto tornò come prima. A Roma, il 14 giu-gno 1914, vinse la cattolica “Unione romana” e il principe Prospero Colonna, esponente di spiccodella rendita immobiliare romana, subentrò a Nathan. 58 Nel 1925 apparvero i due volumi di Alessandro Luzio, La massoneria e il Risorgimento italiano,nei quali lo studioso, portando alla luce una vasta documentazione d’archivio, demoliva le fragilitesi sin lì sostenute dalla pubblicistica massonica ed evidenziava in primo luogo gli scarsi legamiesistenti fra l’organizzazione liberomuratoria e le strutture settarie, quindi la sua scomparsa dopo

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 53

La massoneria se non poté esercitare franoi una propria azione specifica […], purnon di meno, mercé il giuoco suggestivo deisuoi simboli mistico-sociali fu l’ardente cro-giuolo in cui le contraddittorie aspirazionidegli uomini del nostro primo Risorgimentotrovarono quelle possibilità d’intesa, che lesecolari barriere politiche ci avevano vie-tato sino allora di costituire59.

Certo è che - dopo anni di clandestinitàdovuta alle reiterate scomuniche dellaChiesa, alla dura repressione poliziesca eall’opera sistematica di epurazione - nel de-cennio fra il 1860 e il 1870 - la Massoneriaricomparve in Italia e conobbe un rapido ediffuso irradiamento nell’intera penisola.In questi anni, addirittura, furono attivevarie obbedienze massoniche, la principalee più duratura delle quali, il Grande OrienteItaliano (poi Grande Oriente d’Italia) si ri-costituì a Torino sul finire del 1859 per ini-ziativa di esponenti liberali gravitantiintorno alla Società nazionale e politica-mente vicini a Cavour.

Ben scrive Luigi Polo Friz nel suo re-cente ed approfondito studio dal titolo Lamassoneria italiana nel decennio post unitario.Lodovico Frapolli (Milano, 1998) che la storia

della Massoneria inizia con l’Unità d’Italia:infatti solo da quel momento si può parlaredi una istituzione organizzata sul territo-rio italiano. Il Grande Oriente Italianonacque cavouriano, ma era destinato aveder prevalere al suo interno l’elementodemocratico, chiaramente maggioritario.Presto si manifestò anche un contrasto trai riti, formalmente in nome dell’autonomiadella nuova Comunione dal vicino GrandOrient de France, in realtà col malcelatoscopo di imporre la supremazia d’ungruppo sugli altri. A Palermo, Napoli, Mi-lano, Torino operavano alcuni dei centripiù importanti, in continuo conflitto di-alettico, al di là del conclamato - da tutti -desiderio di unità.

Ciò conferma che non sempre la storiariesce ad assegnare ai posteri il responsa-bile compito di meditare e ben operare per-ché il futuro delle comunità non vengaintossicato dai rigurgiti illiberali del pas-sato. Infatti, ancora oggi l’antimassoneria,esterna ed interna, impone agli adepti diporre un freno alle umane passioni ed aidesideri antisociali.

Ma questo, in verità, è un altro discorso[…].

1/2011

HIRAM

• 54 •

la messa al bando da parte dei governi restaurati e conseguentemente il ruolo affatto ininfluenteavuto nelle lotte risorgimentali. È noto altresì il giudizio ben più drastico formulato in passato dallostorico pugliese Gaetano Salvemini proprio in una lettera ad Alessandro Luzio: “La leggenda che ilRisorgimento italiano sia stato opera della massoneria è stata creata dai clericali [...]”. “Tutte leforze massoniche - dichiarava invece Salvemini - riconoscono l’inerzia completa fra il 1830 e il1870”. Chi recensì il lavoro di Luzio in modo assai critico fu Nello Rosselli, che in un articolo apparsosulla rivista «Quarto Stato» del 1° maggio 1926 lo giudicò un “servizio coi fiocchi” reso al “fascismoantimassonico” e “antigiustinianeo”.59 Soriga, R. (1942) Le società segrete, l’emigrazione politica e i primi moti per l’indipendenza, Mo-dena.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 54

1/2011

HIRAM

l’affermazione di una propria identità, diuna precisa connotazione e distinzione inquesto tragico momento di degrado dellaciviltà occidentale, europea, italiana.

Si tratta di evidenziare la funzione etica,moralizzatrice e razionale della IstituzioneMassonica che si erge quale isolato grani-tico scoglio su questo mare di sargassi: po-litici (cricca o casta), economici (poteriforti) e finanche religiosi (umane parafilieecclesiali).

Civiltà in degradoL’Europa Occidentale è oggi un ventre

molle dal pensiero decadente, in fase cata-bolica su cui si accaniscono popolazioni eciviltà in crescita anabolica, dal forte pen-

Valori etici, valori morali, diritti e doveri

LLLLo scopo di questo scritto è quellodi aprire un ventaglio di conside-razioni, di spunti filosofici atti a

riaffermare, a sottolineare, ad esaltare lacomponente etico-morale della naturaumana, a evidenziare i Valori Illuministicidella Istituzione Massonica, a consolidareuna presa di coscienza su quei Diritti e suquei Doveri di cui tutti gli uomini, ma noi inprimis uomini liberi e di buoni costumi, do-vremmo, dobbiamo, dovremo sempre ed inogni luogo essere sostenitori, portatori,propugnatori.

Questo riaffermare le funzioni dellaMassoneria non è un vuoto, vanesio giocodi incensamento e di autostima, bensì è

In the present historical period of Western decadence, when the European, and inparticular the Italian, civilizations appear too much weak in front of a number ofovewhelming external migrations, Freemasonry results to be an ethic and moralstronghold. In its framework, in fact, notwithstanding the increasing phenomena ofthe mundialization, old principles, universal values, and the close adherence toRationality can still offer a remarkable means of stability towards a reasonable andbalanced process of cultural dialogue and social fusion, without violent abuses andmutual intolerance.

LLee iinnvvaassiioonnii,, llee iimmmmiiggrraazziioonnii ee llaa cciivviillttàà oocccciiddeennttaallee,, eeuurrooppeeaa,, iittaalliiaannaa

di PPiieettrroo FF.. BBaayyeelliiUniversità di Siena

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 55

• 56 •1/2011

HIRAM

riferimento, del rigore, della disciplina,della certezza delle leggi e della pena, della

morale e dell’etica. Tutto que-sto viene perso in nome diuna esasperata esaltazionedei propri egoismi, econo-mici e di potere, espressi inacuto dalla casta politica edai poteri forti attraverso ildisinteresse delle istitu-zioni, il protervo consegui-mento del proprio interesse,la generale spasmodica ri-cerca edonistica del piacerequale sesso (parafilie omo-etero-bisessuali, escort, gay,trans) e droga (pesanti o leg-gere, biologicamente identi-

che), la indifferente denigrazione delleproprie origini (i dettami sul crocifisso del-l’alta corte di Strasburgo), l’assurdo garan-tismo dove bene e male si confondono, ilbuonismo ipocrita, il lassismo vigliacco,l’indifferenza addirittura autolesionista,dove Caino e Abele, l’assassino e la vittima,finiscono per essere la stessa cosa, conuguali diritti e nessun dovere.

Massoneria, isola filosoficaLa nostra Casa Massonica ha invece la

forte funzione di conservazione delle no-stre radici cristiano-giudaico-islamiche:non dimentichiamo infatti l’impasto di ci-viltà nel catino del Mediterraneo e soprat-tutto non scordiamoci l’ecumenismomassonico in nome della libertà di reli-gione.

Il pensiero Massonico è una forte spintafilosofica protesa alla fusione delle per-

siero fondamentalista. È un alternarsi di ci-viltà avanzate, ricche - relativamente al pe-riodo storico - e pertantosofisticate e decadenti, conaltre civiltà retrograde, po-vere di beni materiali, maricche di desideri e di aspet-tative, dal pensiero grin-toso, rampante, aggressivo,integralista se non addirit-tura fanatico.

La Storia ci porta moltiesempi di civiltà il cui arcovitale si è esaurito ed è statosovrastato dall’avvento dinuovi popoli, di nuove ci-viltà: Sumeri, Assiri, Babilo-nesi, Egiziani, Greci, Romaninel bacino del Mediterraneo, Aztechi, Maianell’America Centrale, periodo Mogul inIndia, Sacro Romano Impero e invasionibarbariche tanto per tornare in Europa. Lafilosofia hegeliana della storia consideraquesti popoli delle diverse epoche come larappresentazione di un momento del com-plessivo progresso dello spirito. Dopo cheognuno dei grandi popoli del passato haesaurito il suo compito storico, esso rimaneai margini dello sviluppo ulteriore fino asciogliersi e confluire in quelle popolazionisuccessive e diverse, deputate agli ulterioristadi di avanzamento e di maturazionedello spirito, in un percorso storico che vadal dispotismo ai vari gradi di libertà.

In questa progressiva razionalità sto-rica, la decadenza, il degrado di un popolo,della civiltà di più popoli del crogiolo eu-ropeo si concretizza nella perdita di iden-tità, nella dimenticanza dei valori di

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 56

• 57 •Le invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana, P.F. Bayeli

1/2011

HIRAM

Esempio: gli USANegli Stati Uniti, costituiti sicuramente

da una popolazione multiet-nica, e con una lenta, suffi-ciente maturazione multi-culturale, vige un forte sen-timento di appartenenza alPaese, alla Bandiera, alla Na-zione, alla Patria. È statopossibile, non senza dolore,errori e sopraffazioni (KuKlux Klan), inoculare infineun pensiero comune, un co-mune sentire, un filosoficosenso di utilità societaria, dicivile rapporto, una valoriz-zazione delle singole qua-lità, una meritocrazia,

indipendenti dal colore dellapelle e dal paese di origine. Tutto ciò quindiè possibile ammettendo flussi migratori or-dinati e disciplinati con una reciproca os-servanza delle leggi e non con subdoleintenzioni di sfruttamento sul lavoro, diimpiego nella malavita organizzata, di uti-lizzo nella ipocrita politica di un voto discambio, ma peraltro neppure facendosicolonizzare con dolorose rinunce ai propriantichi usi e costumi. La realtà è che non èpossibile che 60 milioni di Italiani si con-formino a 4-5 milioni di emigranti, mentreè possibile che li possano utilmente assor-bire se questi ultimi veramente lo deside-rano e non vengano qui come devastantipredatori.

I vasi comunicantiCausa fondamentale dei processi migra-

tori è lo spostamento di popolazioni da

sone, al lento, progressivo e ordinato as-sorbimento delle genti, alla digestione edamalgama di forze nuove, fortie barbare, ma anche innestovitale e vivificante per unaciviltà conscia della propriafase di decadenza, coscientedi rappresentare un polo diforte attrazione economico-culturale, e pur sempre di-gnitosa nella conferma dellapropria identità, matura-zione, progresso, camminostorico e, perché no, supe-riorità intellettuale. Ab-biamo subìto ed assorbitopiù di una invasione barba-rica (Galli, Goti, Visigoti,Celti, Unni, Alemanni, Ostro-goti), possiamo, dobbiamo quindi, nella ra-zionalità di un evento mondiale edineluttabile, assorbire i nuovi migranti.

GlobalizzazioneIn questo mondo oggi globalizzato, in

questo pianeta Terra divenuto piccolo perla facilità e la rapidità delle comunicazionie dei trasporti, i bisogni, i diritti e le libertàdi una vita dignitosa dovrebbero essererealizzabili in una qualsiasi parte del globo.Questo bellissimo principio generale, uto-pico, urta con realtà locali, con l’attacca-mento alla propria terra, alle proprieorigini, a tutto quel vissuto che fa parte in-tima della storia e della vita di ogni uomo eche non sono affatto deprecabili, a menoche deprecabile non sia quella parte diumanità.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 57

• 58 •1/2011

HIRAM

mette una buona integrazione ed allontanai rigurgiti razziali.

E fino a quando e fino aquanto ciò è possibile? Al-l’infinito? Orde migratoriepossono sostituire gli abori-geni fino a spingerli in maregiù dagli ottomila kilometridi costa dell’italico stivale?Non credo che questo sia unbene, che una civiltà si so-stituisca ad un’altra con atticruenti come avvenuto peril passato con la morte del-l’una e la crescita dell’altra;credo invece che la mesco-lanza di genti in giuste pro-porzioni dettate da bisogni

sociali (anzianità, lavoro, be-nessere) e da necessità biologiche (cadutadelle nascite) consenta la lievitazione dinuovi ideali, crei una spinta a nuovi tra-guardi, promuova e diffonda il recupero diun sentimento di affetto e di attaccamentoper la terra che ti ha donato i natali, che tiha offerto una speranza di vita.

Personalizzando il problema delle im-migrazioni: quante persone saremmo di-sposti ad ospitare in casa nostra e di qualetipo? Casa nostra, moltiplicata per le casedei propri concittadini non è forse la no-stra Casa Italia? Quanti immigrati saremmodisposti e capaci di assorbire e di quale tiponella Casa Italia?

È certo che loro, i migranti, hanno biso-gno di noi e noi abbiamo bisogno di loro. Laconciliazione di questa reciproca necessità,la nascita di questo interesse comune con-sente accoglienza e integrazione.

paesi “poveri” a paesi “ricchi”, nella ricercadi una qualità di vita, per un anelito uni-versale di libertà e di felicità.

Il Paese d’origine è persolito o povero o ipo-svilup-pato o dispotico, addiritturadittatoriale. Tuttavia la mi-grazione, la fuga non pos-sono essere illimitate. Èimpossibile che un paese sisvuoti completamente: visarà sempre una parte dipopolazione che dallo statusquo del proprio paese, perquanto perverso, tragga unqualche vantaggio.

D’altronde il paese d’ar-rivo, sufficientemente ricco,sviluppato, democratico, libe-rale non può presentare accoglienza ed ac-cettazione illimitate. È impossibile saturareoltre ogni limite un paese!

Ipotesi risolutiveMigliorare, sviluppare l’economia e de-

mocratizzare il paese di origine può costi-tuire un rimedio, facile a dirsi, difficile afarsi a causa delle opposizioni locali (sov-vertimento di uno status quo), degli egoi-smi economici e del tornaconto dei paesiricchi.

Altra possibile soluzione è quella di co-ordinare, regolarizzare secondo le reali ne-cessità del paese ospite il numero e, sepossibile, la qualità degli immigrati e delleimmigrate (artigiani, operai, badanti, do-mestici, rifugiati politici, intellettuali, lau-reati). La fusione delle necessità deimigranti con le utilità dei residenti per-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 58

• 59 •Le invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana, P.F. Bayeli

1/2011

HIRAM

il mancato rispetto delle normative fiscali-contributive-sanitarie e della sicurezza;

- nostro reclutamento nella criminalitàcomune e organizzata:quali mafia, ndran-gheta, camorra, sacracorona unita, mafiadel Po;

- loro delinquerecomune: per soggettiche fuggono da situa-zioni di insoddisfa-zione, di sofferenza,che si pongono, per ilraggiungimento diuna vita migliore, nel-

l’incertezza di un pae-se ignoto e di un futuro imprevedibile, ècomprensibile che siano grintosamente,rabbiosamente disponibili a qualunquesoluzione (tale era lo stato d’animo dimolti dei nostri immigrati negli Stati Unitid’America).

Se le soluzioni offerte risultano chiare,oneste e programmate, gli immigrati onestie sinceri (e ce ne sono) vi si adeguerannocon piacere e soddisfazione reciproche,cioè proprie e degli aborigeni. Altri, usi adelinquere anche nei propri paesi d’ori-gine, continueranno a farlo nel territoriod’immigrazione con le loro organizzazionicriminali clandestine: mafia cinese, russa,balcanica, gruppi a delinquere rumeni edafricani.

Stabilito in divenire la quantità di im-migrati necessari alla vita ed allo sviluppodi questo nostro anziano paese, precisati itermini qualitativi, sia stabili che strategicidi onestà, osservanza, socialità, l’integra-

La fusione del flusso migratorio degli at-tuali 4 milioni e mezzo di individui (forsegià 5 milioni) con le popolazioni stanzialipuò avvenire solo perun adattamento allapubblica e sociale le-gislazione, proprioquella legislazioneche è già vigente datempo per i 60 milionidi Italiani. Costumi,riti, abitudini privatesono tollerabili quan-do non contravven-gono alle leggi, quan-do non contrastanocon gli usi, i costumidel paese di accoglienza. Quattro milioni emezzo di estranei devono assimilarsi e per-dere l’estraneità rispetto a 60 milioni di ita-liani, oppure 60 milioni di italiani devonoessere colonizzati da 4 milioni e mezzo diindividui?

L’ospite di casa mia deve sovvertire am-bienti, abitudini e ritmi circadiani della fa-miglia, ovvero, pur apportando per la suastessa presenza una qualche accettabilemodifica, deve gentilmente, cortesementee felicemente adeguarsi e adattarsi allacasa ospite? Alla casa mia, alla Casa Italia?

Etica delle immigrazioniImmigrazione regolamentata, accettata

sulla base del reciproco bisogno e sulla “re-ciproca” osservanza delle leggi. No clande-stini, no immigrazione irregolare perchésicuramente hanno dato, danno e darannosempre adito a:

- nostro sfruttamento e lavoro nero: per

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 59

• 60 •1/2011

HIRAM

Purtroppo dobbiamo onestamente rico-noscere di vivere, al momento attuale, un

arco storico di decadenzaoccidentale, dove civiltàeuropea ed italiana im-pudicamente si prosti-tuiscono alle rampantipopolazioni migratorie,alla dirompente culturaislamica.

Abitudini e costumipossono entrare in con-flitto se non opportuna-mente adeguate emiscelate, il diritto deldiverso può scontrarsi

col diritto alla sicurezza,alla tranquillità. Nella maturazione di unpensiero storico non vogliamo certo rical-care le orme dei coloni americani nei con-fronti degli aborigeni indiani, uccidendoli,riducendoli a riserve-ghetto, trasforman-doli in esemplari turistici, ma in questocaso non si trattava di immigrazioni ma divera e propria conquista di territori, di sot-tomissione di razze e tribù; noi, oggi, vo-gliamo invece assumerci l’esempio dellasuccessiva integrazione. Convivono negliUSA numerose, stabili colonie etniche e re-ligiose come russi, orientali, mormoni,quacqueri che mantengono salde le lorotradizioni in attesa di una loro lenta, mainarrestabile “colliquazione” nel più vastoe variegato mondo dell’attivo popolo ame-ricano. Il persistere di queste piccole etnieè ancora possibile nella vastità dei territoriamericani, mentre nel nostro stretto e sti-pato stivale, salvo qualche antico esempiodi comunità come Piana degli Albanesi, at-

zione difficilmente potrà fallire. Singolicasi devianti e deviati non potranno desta-bilizzare il generale princi-pio integrativo. Ilrisultato sarà conforte-vole per aborigeni estranieri.

Tutto questo se at-tuato alla luce del sole esenza secondi fini come,ad esempio, il voto discambio: io do la cittadi-nanza a te, tu dai il votoa me. Fattibile certo,quasi una usanza in que-sta nostra Italia, in que-sta Europa decadenti, maeticamente deprecabile e condannabile.Ecco perché certe accoglienze buoniste,come il conferimento veloce della cittadi-nanza, risultano viscide, pelose, anti-ita-liane, di comodo, falsamente progressisteperché capaci soltanto di produrre unaenorme sofferenza sociale: avanti signoric’è posto, gli altri, gli italiani, si stringano.

Multi-etnie, multi cultureGià da secoli siamo una società multiet-

nica, avendo assorbito in passato Fenici,Greci, Galli, Unni, Goti, Visigoti, Celti, Ale-manni, Ostrogoti, Albanesi e Arabi, edanche allora l’Italia si trovava in fasi di ci-viltà decadente e di sudditanza: infatti ilvettore di spinta migratorio è diretto dapaesi rustici e selvaggi, poveri ma ram-panti, desiderosi del meglio verso paesi daivalori sfumati, sofisticati, molli, decadentiper la loro ricchezza fino alla depravazionedelle persone e delle istituzioni.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 60

• 61 •Le invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana, P.F. Bayeli

1/2011

HIRAM

simi, contrastanti, astratti, utopici principiinquinati purtroppo dall’ipocrita buonismo

di un tornaconto politico-eco-nomico. Non si possonotrattare le grandi migra-zioni con i principi ideolo-gici, né con le furbatepolitico-economiche, bensìcon la pragmatica consape-volezza che una buona mi-scela di etnie può avveniresolo per reciproco onesto echiaro tornaconto, nel con-testo di una lenta, razionale,progressiva e ordinata as-suefazione di genti e di co-stumi. L’uomo è per sua

natura abitudinario e portatoal quieto vivere per cui l’arrivo di stranieri,desiderosi e rampanti come è naturale chesiano le persone in cerca di migliore for-tuna, crea uno scompiglio che per esseredigerito ha bisogno di misura, tempo, di-luizione e gradualità. Nell’impasto di olio etuorli d’uovo l’aggiunta graduata dell’oliopermette una perfetta amalgama e un au-mento di volume della maionese. Piccolequantità d’olio e gradualità di assorbi-mento consentono una buona miscela, alcontrario eccessi quantitativi incontrollatifanno impazzire la maionese così comefanno scoppiare nelle popolazioni stanzialisentimenti xenofobi, episodi di razzismo.Ordine e razionalità consentono fino ad uncerto limite il conseguimento di una inte-grazione plurietnica. Disordine e secondifini, mascherati di ipocrito buonismo, rea-lizzati per gretti egoismi, eccitano da en-trambe le parti gli istinti peggiori.

tuabile nella scarsità della popolazione del-l’epoca, l’unica possibile soluzione è l’inte-grazione dove il menoentra nel più, dovegli immigrati si fon-dono con gli italiani,assumendone linguae legislazione. Il mul-ticulturalismo puòessere solo quelloche aggrega i nuovicittadini attorno aduna idea di identitàfondata unicamentesu valori culturali,etici e giuridici bendefiniti da una lunga,sofferta, maturata e ra-dicata tradizione storica.

Qualcosa di nuovo, di diverso apporte-ranno? Certo, ma questo, se ben miscelato,digerito e assorbito, potrà, solo allora, rap-presentare maturazione, ampliamento, in-novazione, progresso.

Nel secolo XX eravamo nell’era mo-derna, oggi, nel secolo XXI dovremmo es-sere nell’era progressista per cuidiversamente dagli evi trascorsi dovremmoriuscire ad evitare le orde barbariche, limi-tare i sanguinosi scontri razziali, favorireuna organica, ordinata assuefazione plu-rietnica e multiculturale delle persone. Al-trimenti, a cosa è servito passare dall’etàdella pietra all’era dell’elettronica e del-l’informatica se ancora barbaricamente ciscanniamo gli uni gli altri?

Il problema di fondo è rappresentatodalla utopia della uguaglianza, della multi-etnicità e del multi-culturalismo: bellis-

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 61

• 62 •1/2011

HIRAM

Tutto ciò senza mai dimenticare demo-craticamente, fraternamente che non esi-

stono diritti assoluti, masolo relativi: in caso con-trario ogni diritto rischiadi trasformarsi in unaimposizione, una preva-ricazione, un abuso.

La centralità del-l’uomo massonico siconcentra quindi nelperseguire i valori con-tenuti nei doveri verso lasocietà: la forza di cia-scuno dei diritti sopraelencati si stempera nel

contesto della società degli uomini liberi.Esiste quindi un relativismo di rapportiumani compendiabile nella tolleranza e“nel fare agli altri tutto il bene che vorrestiche gli altri facessero a te”.

La centralità dell’uomo massonico siconcentra infine nel reprimere tutto ciòche risulta contrario ai diritti e ai doveri(negazione dei disvalori), compendiabilenel: “non fare agli altri ciò che non vorrestifosse fatto a te”.

Spero che questo scritto abbia sortitol’effetto, proclamato all’inizio, cioè di ri-chiamare alla ragione ed al sentimento dinoi tutti, muratori e non, quegli antichi,eterni valori che la Massoneria quale eticaroccia, quale ancora di salvezza, testarda-mente riafferma negli spumeggianti ma-rosi di questa tormentata stagione dellanostra vita.

Pensieri e azioni massoniciApprofondire il problema, contemplare

cause e rimedi delle immigra-zioni, delle invasioni di questegrandi masse di persone pro-venienti da più paesi e popo-lazioni, risulta essere unobbligo per il pensiero masso-nico, concentrato com’è sullacentralità dell’essere umano.

Le funzioni dell’Istituzionemassonica sono in concreto lefunzioni dei singoli Fratelli lacui centralità è rappresentatadalla esaltazione dei valori equindi dal perseguimento deidiritti alla persona, dei doveri verso la so-cietà, ed infine dal disconoscimento e dallarepressione dei disvalori.

La Centralità dell’uomo massonico sicompendia nell’esaltazione dei valori con-tenuti nei diritti alla persona, di cui espo-niamo un breve, incompleto e contrastatoelenco come il diritto alla nascita, il dirittoall’aborto, il diritto alla vita e alla sua qua-lità e dignità, il diritto alla morte, il dirittoalla salute, il diritto alla malattia, il dirittoalla pace, il diritto all’autodeterminazione(fino alla guerra?), il diritto all’identità, ildiritto alla diversità, e infine i tre veri fon-danti diritti massonici quali il diritto allafratellanza, il diritto alla uguaglianza, il di-ritto alla libertà, che con la tolleranza ri-sultano compendiabili nel solo vero unicogrande costruttivo valore: il diritto al-l’amore.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 62

LLaaiicciittàà ddeelllloo SSttaattoo iinn eeccoonnoommiiaattrraa lliibbeerriissmmoo ee ddiirriiggiissmmoo..

Dinamiche di intervento ed impatto sociale dei pubblici poterinelle congiunture di crisi globale.

(Prima parte)

di CCoorrrraaddoo SSaavvaassttaaAvvocato, dirigente industriale e docente universitario

In the framework of the decisions concerning the main lines to be respected withregard to the necessary economic governance, the fundamental option can be seen inthe sharp alternative between regulation and privatization. Europe has fullycomprised the compelling need of organical operative and institutional instruments,but only one century after USA. Thus, the Old Continent has seen in the New One asolid model of inspiration; a model possessing not only rules and means, but also ableof generating through time a deep and common culture based on the actual respectof free concurrence and, at the same moment, of the consumers’ rights. This way, ithas built a strong, dynamic and exportable conceptual pattern regarding the ethicsof the relations among enterprices, markets and institutions.

CCCCos’è un’agenzia governativa di re-golazione? E un’autorità ammini-strativa indipendente? Quale

nesso tra lo Sherman Act e la Legge 287/90di cento anni dopo? E quale tra la FederalTrade Commission e l’Autorità Garante perla Concorrenza ed il Mercato?

Il dogma del libero mercato viene cicli-camente messo in discussione a causa dellecrisi epocali e globali che altrettanto cicli-camente esso stesso provoca, facendo sìche – in un perenne dibattito tra neolibe-rismo e neodirigismo – le soluzioni obbli-

gate vengano sistematicamente ricercatein un ritorno allo Stato. Mutano le logiche,ma non necessariamente le regole: al diqua e al di là dell’Atlantico impianti nor-mativi – meglio, regolativi - solidi, ancor-ché di età invero assai differente, vengonoorientati secondo le epoche e congiuntureverso un minore o maggiore controllo sta-tuale sul mercato, anche a tutela dei con-sumatori dei prodotti e degli utenti deiservizi. Questo studio1 rappresenta un con-tributo alla ricerca su tali meccanismi, nonsenza sorprendenti scoperte sui rapporti

1/2011

HIRAM

1 Tali argomenti sono più diffusamente trattati in: Savasta, C. (2009) Lo Stato regolatore, Ed.Armando Siciliano, Messina.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 63

storici tra diversi sistemi amministrativi,tali da sfatare numerosi luoghi comuni,sino a dover constatare, peresempio, che i Padri Costi-tuenti USA erano sincerianticapitalisti, e che RonaldReagan sperimentò il neo-liberismo economico dellaChicago School nel Cile diPinochet prima di metterloin pratica negli USA, comesi fa con un’arma atomicadi nuova concezione.

La funzione dello Statonell’economia aveva regi-strato una forte e significa-tiva espansione durante ledue guerre mondiali: co-stretti ad ottenere il massimo risultato darisorse limitate, gli Stati le pianificaronocon successo nel corso della secondaguerra mondiale; subito dopo, sorse unnuovo consenso sociale verso l’economiamista, che rimase intatto sin tanto che lacrescita continuò a finanziare la domandadi servizi assistenziali ed il settore pub-blico.

I principi sui quali tale consenso si fon-dava rimasero incontroversi sino all’affer-marsi della teoria monetarista e delneoliberismo degli anni settanta: da allora,il problema del ruolo2 dello Stato è dive-nuto il più controverso.

In Gran Bretagna, il cambio di governodel 1979 determinò la prima e più forte di-

scontinuità rispetto alle basi dell’economiamista.

I difensori del mercato compe-titivo, fondato sulla libertà discelta dei consumatori, solita-mente contestano il paternali-smo dello stato ed evidenzianol’importanza della libertà delsingolo.

È noto, tuttavia, che il mo-dello classico della concorrenzaperfetta risulta difficilmenterinvenibile nella realtà del mer-cato.3

Le criticità legate alla quasimai compiuta realizzazionepratica di siffatto modello le-

gittimerebbero l’intervento delloStato nel mercato stesso.

Il successivo modello austriaco si fondasulla concorrenza imperfetta, la quale si af-fermerebbe attraverso una sorta di sele-zione naturale degli operatori.

Interviene, successivamente, il pensierodi Keynes, a far notare che il settore privatonon genera sempre un livello stabile di pro-duzione di impiego, atteso che l’economiapresenta ricorrenti boom e recessioni, an-dandosi a posizionare in punti di equilibrioinferiori a quelli che solo lo Stato sarebbein grado di salvaguardare, impartendo unproprio indirizzo di politica economica: se-condo Keynes il capitalismo è un sistemaimperfetto, che richiede una leadership ingrado di salvarlo da se stesso.

1/2011

HIRAM

• 64 •

2 Helm, D. (1989) The economic borders of the state, Oxford University Press, cap. 1, pagg. 9-45.3 Cfr. Mayer e Vickers, in Oxford Review of Economic Policy, autumn 1985.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 64

Il principale argomento addotto da li-beristi e neoliberisti risiede nella pretesarelazione, su base indivi-dualistica, tra efficienzaeconomica e libertà.

Il ruolo dello Stato, intale restrittiva visione,consiste nell’imporre lalegge al fine di impedireillegittime interferenzedi individui su altri – talida minacciarne la li-bertà – ma al contempominimizzando il propriopotere di interferenza: èla teoria del c.d. Stato li-mitato, in antitesi a quella dello Stato in-terventista.

Così scrive Adam Smith nel lontano1776:

Secondo il sistema della libertà naturale,il sovrano ha soltanto tre compiti da ese-guire: […] primo […] di proteggere la societàdalla violenza e l’invasione da parte di altresocietà indipendenti; secondariamente, ilcompito di proteggere […] ogni membrodella società dall’ingiustizia od oppressionedi ogni altro membro della società; […]terzo, il compito di erigere e mantenerecerte opere pubbliche ed istituzioni pubbli-che […].

Tale antica dottrina costituisce ancoraoggi il pilastro della concezione liberale o,meglio, liberista dello Stato.

Ma una delle maggiori difficoltà oggi in-contrate dal pensiero neoliberista è che il

mercato stesso non rappre-senta qualcosa di ontologica-mente dato, bensì è, di per sé,un’istituzione sociale.4

Come tale – alla streguadi ogni istituzione sociale, ecome tale lungi dal volerlosminuire, bensì esaltare –esso deve avere un ruolo: iruoli delle istituzioni socialidefiniscono il ruolo delloStato ed i limiti della con-correnza.

Il ruolo dello Stato, primadella prima guerra mondiale, fu quello diuna sorta di “guardiano notturno”: esso ga-rantiva i diritti di proprietà, assicurava ladifesa, la giustizia, l’ordine ed il valore dellamoneta.5

La funzione di redistribuzione delle en-trate fu, al più, relegata al campo della be-neficenza, onde lo Stato veniva ristretto aitre ruoli assegnatigli da Adam Smith.

Come si è detto, il primo conflitto mon-diale richiese una mobilitazione economicasenza precedenti, onde portò all’espan-sione del ruolo dello Stato nella produzionee nella tassazione.

Lo sviluppo massiccio dell’industria bel-lica determinò rilevanti incrementi dellaproduzione, al contempo orientandolaverso i settori dell’industria pesante piùfunzionali alle contingenti esigenze.

1/2011

HIRAM

• 65 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

4 Helm, op. cit., passim.5 Secondo la triade classica di spada, bilancia e moneta quali prerogative storiche dello Stato.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 65

Già il primo dopoguerra vide lo sviluppoin tutti i Paesi occidentali di un poderososistema assistenziale e corporativo, che siincrementò ulteriormente nel secondo do-poguerra grazie al con-senso di massa creatodalle vecchie e nuove de-mocrazie occidentali.

Tuttavia, dopo il boomdegli anni Sessanta delNovecento, l’espansionedell’inflazione, il deficitdei pagamenti esteri e lacrisi petrolifera misero incrisi l’economia mista.

A seguito di un lungoperiodo storico caratteriz-zato da aspre conflittualità sociali e politi-che, si affermò, a partire dall’Inghilterra(1979), il thatcherismo, tendente a ridurreil ruolo dello Stato nell’economia e a svi-luppare la cultura della libera impresa.

In una seconda fase, tale visione si con-centrò, addirittura, sul trasferimento dibeni pubblici al settore privato.

Tale filosofia sgretolò il monopolio pub-blico del mercato del lavoro, creando,anche in questo campo, modelli importatipressoché in tutto l’Occidente, fondati sullapresunta carenza di competitività delmondo del lavoro, con conseguente falli-mento del relativo mercato.

Resta il fatto che proprio l’opera deglieconomisti ha fatto emergere che il dibat-tito cruciale sui confini economici dello

Stato non è questione sulla quale ci si possapronunciare in termini eminentementetecnici ed a prescindere da scelte politichecompiute a monte.

È stato dimo-strato come “unavisione alternativadi liberalismo6 for-nisce un’integra-zione tra libertà edeguaglianza e puòrappresentare uncammino alterna-tivo per definire iconfini economicidello Stato”.7

Gli anni del con-senso post-bellico si fondavano in massimaparte su un accordo di base circa i giudizi divalore fondamentali: una volta concorde-mente instauratosi lo Stato assistenziale enazionalizzate le industrie strategiche, iprincipali partiti politici si concentraronosu una reciproca competizione a livello discelta dei migliori strumenti per l’attua-zione di siffatte policies.

Tale accordo di massima, come si èdetto, venne meno con la crisi dello Statosociale, che ha riaperto, dal 1979 in poi, ildibattito sui fini dell’organizzazione eco-nomica, cosa, di per sé, non negativa. Inconclusione, secondo Helm8, la teoria eco-nomica non dà una risposta alla domandasull’esatta posizione dei confini economicidello Stato. Né potrebbe, poiché alla base

1/2011

HIRAM

• 66 •

6 Cosa diversa dal liberismo.7 Helm, op. cit., passim.8 Ibidem.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 66

della risposta possibile si trovano dei giu-dizi di valore.9

La teoria economica non èin grado di mostrare fonda-menti scientifici a sostegnodi una generale preferenzaper i mercati, ovvero per lapianificazione economica.Né le economie sembranonaturalmente tendere al-l’equilibrio: il persisteredella disoccupazione intutto il mondo occidentale lodimostra.

Pertanto, un maggiore ruolo economicodello Stato, contrariamente a quanto so-stenuto dai neoliberisti, è ritenuto da moltiidoneo a coordinare le azioni individuali alfine di raggiungere una maggiore effi-cienza del sistema.

Se è vero che efficienza e libertà costi-tuiscono elementi suscettibili di entrare re-ciprocamente in conflitto, è pur vero chenon sempre il mercato massimizza la li-bertà.

I dogmi imperanti dell’attuale neolibe-rismo meriterebbero – nelle competentisedi scientifiche - adeguato approfondi-mento critico.

Diceva Keynes che i moderni policy ma-kers sono frequentemente “gli schiavi diqualche economista defunto”.

Le complesse e delicate questioni atti-

nenti le politiche antitrust ruotano, in de-finitiva, attorno allo stesso problema, ossia

l’alternativa fra una ten-denza ad un assettodei mercati che prefe-risca l’eguaglianzadelle opportunità, edun orientamento cheprivilegi la remunera-zione delle attivitàimprenditoriali.

Infatti, negli StatiUniti l’originaria fina-

lità dell’antitrust risiedeva in una misurabi-level atta a garantire l’equilibrio e l’effi-cienza della democrazia e dell’economia;essa tendeva a disperdere il potere nel mer-cato come nelle istituzioni, impedendo chepotesse accumularsi nelle mani di pochisoggetti.

Così originariamente concepita, la di-sciplina antitrust si è successivamente di-mostrata uno strumento multifunzionale, unasorta di camaleonte in grado di adattarsi aduna pluralità indefinita di esigenze, di epo-che e di luoghi.10

La vicenda della parabola storica delloStato regolatore attiene ai più delicati equi-libri costituzionali relativi alla configura-zione ed all’esercizio dei poteri pubblici neimercati economici in Occidente dalla finedel XIX secolo in poi.

È possibile affrontare tali tematiche con

1/2011

HIRAM

• 67 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

9 Questa incongruenza non è priva di riflessi in ordine al complesso e tormentato sistemadi interrelazioni scientifiche ed operative tra le diverse tipologie di soggetti che a vario titolo sitrovano gioco forza a cooperare attorno al tavolo della pianificazione e della regolazione: econo-misti, giuristi, politici, argomento che costituisce parte del presente lavoro.10 Rossi, G. (1995) Antitrust e teoria della giustizia, in Rivista delle Società, pag. 13.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 67

un approccio che prende le mosse dal si-stema antitrust statunitense dalle sue ori-gini ad oggi – segnatamentecon peculiare attenzioneverso la figura istituzio-nale della Federal TradeCommission – per coglierela genesi e la natura dei si-stemi che sotto taleaspetto ben possono con-siderarsi derivati, qualequello italiano.

Questa, per i motivi chesi diranno, ben può consi-derarsi – non senza le con-traddizioni tipiche di unarealtà istituzionale vitale,che condivide le mutevoli tensioni politi-che e culturali del contesto storico ed am-bientale in cui si inserisce – un modello diautorità regolativa indipendente esem-plare a livello mondiale.

Tanto più emblematica si rivela questafigura, ove si consideri che essa nasce e sisviluppa entro un sistema estraneo alla tra-dizione amministrativa di civil law.

Detta esemplarità risiede nella conte-stuale governance di funzioni di politica eco-nomica proprie dei poteri legislativo,dell’esecutivo e giudiziario, concentrate incapo ad un’unica agenzia indipendente.

Secondo Giannini:

L’allargamento del suffragio elettorale acategorie sempre più ampie […] ha dato vita

ad un diverso tipo di Stato, in cui la parteci-pazione al potere, dalla classe borghese cen-sitaria, si apre a tutte le classi; […] avviene

comunque che le classi già subal-terne […] agiscono quale gruppo dipressione omogeneo nella richiestadi nuove e diverse strutturazioni delpubblico potere. Orbene, il passag-gio allo Stato pluriclasse, nei Paesidell’Europa occidentale, negli StatiUniti d’America, e in altri Paesi dieguale sviluppo, avviene mediantel’istituzionalizzazione di quelli chesi consideravano interventi. […] LoStato contemporaneo […] li rendecioè elementi strutturali dell’ordi-namento giuridico. Non è quindiesatto che negli ordinamenti con-

temporanei si assista ad un aumentodell’intervento pubblico nell’economia: […]vi è qualche cosa di più, […] adozione delprincipio per cui è compito basilare dei pub-blici poteri la disciplina, normativa e ammi-nistrativa, della materia dell’economia.11

È significativo come, ancora in una fasegeopolitica di contrapposizione tra i bloc-chi, l’insigne amministrativista italianofondasse la nascita dello Stato sociale e “in-terventista” su un fenomeno politico diconsenso interclassista, la cui forza siesplica nell’apportare profondi mutamentistrutturali all’assetto istituzionale. Gian-nini collega al prepotente emergere dinuove e forti istanze sociali il sorgere di unmodello strutturale e inedito di regola-zione economica. Lo stesso Autore12 os-

1/2011

HIRAM

• 68 •

11 Massimo S. Giannini, (1989) Diritto Pubblico dell’Economia, Il Mulino, Bologna, pag. 34-5.12 Op. cit., pagg. 277 e ss.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 68

serva che il modello ideale elaborato daicostituzionalisti occidentali prevede tradi-zionalmente che, in unoStato parlamentare, la di-rezione dell’economia siacosì ordinata: il Governopropone al Parlamento idisegni di politica econo-mica, curando tutta laparte conoscitiva; il Parla-mento discute la propostadel Governo e deliberal’indirizzo politico-econo-mico; di tale modello, cheè definito “seducente”, siammette che esso non si èmai realizzato, essendosi di regola concen-trata nell’esecutivo dei regimi parlamen-tari la direzione effettiva della politicaeconomica. Esecutivo che, a sua volta, tra-dizionalmente ha assolto a tale funzioneattraverso la creazione di una lunga e va-riegata serie di strumenti istituzionali. Pro-seguendo questa analisi preliminaresull’esperienza occidentale, ben può dirsi,con un altro illustre amministrativista na-zionale, che anche nelle state-less societies ilmoltiplicarsi degli organismi pubblici nonriconducibili al governo centrale ha postonotevoli problemi. Per indicare istituti nonriconducibili ad una tipologia uniforme, siè fatto ricorso a terminologie come ilquango: quasi autonomous non governmentalorganisations. Peculiare problematica pre-sentata da tali organismi è la loro non di-retta riconducibilità alle forme tradizionalidi responsabilità politica: la c.d. accountabi-lity. La scarsa comparabilità cross-nations ac-cresce inoltre le difficoltà per gli studiosi.

Osservava Mario Nigro come all’internodell’ordinamento giuridico, ma al di fuori

dell’apparato personificatodello Stato, si muovanonumerosi uffici e com-plessi di uffici, che nonrisiedono in una noman’s land, ma costitui-scono la Repubblicacome organizzazioneglobale della comunitànazionale. Nigro è, dun-que, il primo a cogliere,vari decenni or sono,l’esistenza di una “zonadi interposizione”, come

ci piace definirla, che, nella teoria generaledel diritto costituzionale, si pone in un’areadi mezzo tra i più ristretti confini delloStato-apparato e quelli più grandi della Re-pubblica: potremmo considerarla come lazona ideale in cui si collocano rilevantiistanze socioeconomiche meritevoli di tu-tela da parte dell’ordinamento.

Non è un caso che tali istanze si presen-tino sovente con connotati volta per voltacontestualmente riconducibili a quelli dellegislativo, dell’esecutivo, e dell’ammini-strazione della giustizia.

Tale complesso assetto non è scevro,per Cassese, di rischi di “balcanizzazione”dell’esecutivo.

Negli Stati Uniti, dove l’esperienza delleautorità indipendenti è lunga ed, anzi, nelpotere pubblico centrale la frammenta-zione prevale sull’unità, oggi si torna da ta-luni a sostenere la concezione unitaria delpotere presidenziale, rievocando la non de-legation doctrine, che sembrava tramontata

1/2011

HIRAM

• 69 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 69

dopo il New Deal; ma i critici affermano chequello dell’unità dell’esecutivo è un mito,poiché il sistema dei checksand balances presupponenon l’unità od unifor-mità, bensì la diffusione eframmentazione dei po-teri. Landis, nel difenderel’istituzione delle agenzieindipendenti, osservavache le relative funzioninon avrebbero potuto es-sere attribuite alla giuri-sdizione, jacks of all tradesand masters of none, poi-ché essa non era dotatadelle necessarie cogni-zioni tecniche.

John Stuart Mill cosìpresentava ad un suo inter-locutore francese l’immagine dei pubblicipoteri nell’Inghilterra vittoriana: nousavons divisè a l’infini les fonctions administra-tives et les avons rendues indipendantes les unesdes autres: al di là dei facili luoghi comuni,può sorprendere trovare ciò in Paesi cuitradizionalmente si attribuisce un assettodei pubblici poteri semplice e privo dellesuperfetazioni tipiche dei sistemi a dirittoamministrativo.

Sin dal 1835, Alexis de Tocqueville com-mentava così l’organizzazione pubblica in-glese: ce sont des lignes qui se croisent en toutsens, un labyrinthe. Tutt’altro, quindi, in

confronto a quel sistema che vanta unafama di agilità e semplicità.

I profili sopra indicati richia-mano, tra l’altro, l’affasci-nante ed attuale tematicadella prospettabilità dell’esi-stenza di un corpus di dirittoamministrativo nel sistemaangloamericano.

La dottrina tradizionaleinglese esclude a priori lacompatibilità del diritto am-ministrativo continentale ri-spetto al principio di legalitàbritannico, basato sulla rule oflaw.

La pressante e perduranteesigenza sottesa a tale impo-stazione è quella di non con-

sentire l’erosione dellagiurisdizione di common law e, quindi, dinon sottrarre ad essa ulteriori materie,come già avvenuto con l’istituzione di variecorti speciali.13

L’anno cruciale in tale processo evolu-tivo è il 1977, quando viene introdotta unaprocedura giurisdizionale amministrativaunificata, che, in realtà, “lungi dall’aumen-tare la tutela giurisdizionale del singolo neiconfronti della P.A., sembra aver fatto pe-netrare in terra inglese talune delle dot-trine che, tenendo in alto onore unanozione di interesse pubblico ontologica-mente diverso dall’interesse privato, fini-

1/2011

HIRAM

• 70 •

13 Moccia (1988) Diritto giurisprudenziale, legislazione e principio di legalità nel mondo dicommon law, in RTDPC; O’ Sullivan, R. (1951) The Inheritance of the Common Law; Mattei, U. (1992)Common Law: il diritto anglo-americano, in Trattato di diritto comparato diretto da Rodolfo Sacco,Utet, Torino, pagg. 113 e ss.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 70

scono per ridurre anziché aumentare l’ar-senale di rimedi a disposizione del singolo.Invece di seguire il modello americano14

[…] gli inglesi hanno fi-nito per importare no-zioni e soprattuttomentalità del droit ad-ministratif francese”.15

Se è vero, alla lucedi quanto sopra, che lanascita di un diritto(processuale) ammini-strativo britannico fapenetrare nelle catego-rie concettuali del com-mon law la contrapposizione, estranea aquella tradizione, fra diritto privato e pub-blico16, non (ancora) potrebbe per questo abuon diritto parlarsi del Regno Unito comedi un Paese a diritto amministrativo.

Quale la situazione nell’Europa conti-nentale?

In Francia nel 1986 è stato abbandonatoil controllo dei prezzi ed è stata adottatauna nuova normativa a tutela della con-correnza. La nuova legge – n° 86-1243 del1.12.86 – pur lasciando immutata buonaparte della precedente normativa in mate-ria di antitrust, vi ha introdotto significa-tive novità applicative.

In particolare, il Ministro ha ceduto ipoteri decisionali in merito alle pratiche le-

sive della concorrenza al Conseil de la Con-currence, nuova autorità amministrativa in-dipendente che ha sostituito la

preesistente Commis-sione per la Concor-renza.

È stata inoltre in-crementata l’indipen-denza e l’autore-volezza della Com-missione.17

Più complessa, aldi là dell’Oceano, è –anche rispetto al-

l’esperienza inglese dicomune matrice di common law – la que-stione in ordine al sistema statunitense.

A dispetto dell’assetto costituzionaleconcepito da Madison a tutela dell’ordina-mento statunitense delle libertà civili – bi-cameralismo perfetto con sistemaelettorale diversificato tra le due camere,per impedire che maggioranze legislativeomogenee potessero porre mano al com-mon law – sin dagli anni Trenta del vente-simo secolo il Congresso Federale ha moltolegiferato in materia economica e, daglianni Ottanta, in materia di tutela dell’am-biente e dei consumatori, istituendo agen-zie federali specializzate e munite di delegadel potere di emanare regulations attuativedegli scopi definiti con legge.

1/2011

HIRAM

• 71 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

14 Nel quale la giurisdizione ha saputo porsi in rapporto dialettico maggiormente pariteticorispetto alle agenzie federali: Steward (1975) The reformation of American administrative law, HLR 667. 15 Mattei, op. cit., pag. 116.16 Mattei, op. cit., pag. 117.17 Frédéric Jenny, Autorità amministrative indipendenti e tutela della concorrenza: l’esperienza delConseil de la Concurrence, Atti del Convegno Internazionale, Roma, 20/21 novembre 1995,http://www.agcm.it.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 71

Ciò grazie all’interpretazione estensivadata dalla Corte Suprema Federale alla com-merce clause, con cui la Costituzione Fede-rale affida alla competenza legislativa delCongresso Federale “tuttoquanto attiene alla produ-zione e scambio di beni e ser-vizi a raggio potenzialmenteinterstatale”: nasce in USA uncorpus sterminato di dirittopubblico dell’economia.18

Ma ciò è sufficiente a faredell’ordinamento giuridicofederale degli Stati Unitid’America un sistema a dirittoamministrativo?

A tale ipotesi ostano dueelementi non trascurabili: laperdurante unità della giuri-sdizione (a differenza del sistema ingleseattuale) e la preminenza dei valori e prin-cipi fondamentali di common law che tro-vano tutela nella Costituzione Federale.19

Ma quali sarebbero i requisiti per unasiffatta configurazione?

Ovvero, quali elementi fondamentalidovrebbero rinvenirsi in un ordinamentogiuridico al fine di poterlo considerare a di-ritto amministrativo?

A nostro avviso, si tratta dei seguenti:una giurisdizione speciale, un’ampia diffu-sione del principio di specialità in favoredella P.A. in un vasto range di materie e re-

lazioni, il principio di preva-lenza del diritto pubblicosu quello privato, una so-stanziale erosione delprincipio di pariteticitànel rapporto Stato-citta-dino, possibilmente la pre-sunzione di legittimitàdell’atto amministrativo ei suoi quasi naturali corol-lari dell’esecutorietà e del-l’autotutela e, magari, ilconcetto di interesse legit-timo.20

Se appare evidente daquanto appena esposto l’asso-

luta non riconducibilità del sistema statu-nitense a tale scenario né in atto, né,presumibilmente, per il futuro (come puregià lo si era escluso a proposito di quellobritannico), è pur vero che il modello USA,in chiave al contempo più evolutiva e piùgarantista di quello inglese, insegna comepossa coesistere un corpus di diritto ammi-nistrativo in un sistema saldamente anco-

1/2011

HIRAM

• 72 •

18 Gambaro – Sacco (2002) Sistemi giuridici comparati, in Trattato di diritto comparato direttoda Rodolfo Sacco, Utet, Torino, pagg. 203-4.19 Gambero – Sacco, op. cit., pagg. 213-14.20 Cfr., quali opere recenti che affrontano alcune tra queste problematiche di ordine gene-rale: Saitta, N. (2005) Sistema di giustizia amministrativa, Giuffré, Milano; Saitta, F. (2003) Il potere cau-telare della Pubblica Amministrazione, Giappichelli, Torino. Per una disamina storica della dottrinaamministrativistica italiana fondativa dei cennati principi basilari del sistema pubblico nazionale,vedasi: Savasta, C. (2000) Fondamento e disciplina dell’autotutela, in In Jure Praesentia, Giuffrè, Mi-lano, n. 1-2, pagg. 277 e ss.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 72

rato alla tradizione di common law, arric-chendo detto retaggio in modo rilevantecon una normazione di alto profilo socioe-conomico senza ero-derne i principi esenza sminuire legaranzie costitu-zionali di tutela delcittadino.21

Ciò fa di tale si-stema nordameri-cano un unicum nelpanorama giuri-dico occidentale, icui tratti qualifi-canti sotto l’aspetto considerato – le agen-zie governative – meritano un’attentaanalisi.

In considerazione delle politiche reaga-niane della cosiddetta deregulation o libera-lizzazione perseguite negli USA dagli anniOttanta del Novecento nei settori dellelinee aeree e delle telecomunicazioni, la le-gislazione americana antitrust è da alcuni defi-nita come una forma di regolamentazionenecessaria a far funzionare in maniera compe-

titiva i mercati deregolamentati, ossia i mer-cati liberalizzati e lasciati al libero accessodegli operatori.22

La regolamentazione,in particolare negliUSA, si riferisce allepolitiche dello Statointese al controllodelle decisioni privatein materia di prezzi,quantità e qualità deiprodotti, affinché nonabbia a verificarsi chetale processo deciso-rio possa non adegua-

tamente considerare l’interesse pubblico. Il Congresso Federale istituì la prima

moderna agenzia di regolazione nel 1887per controllare le tariffe ferroviarie: la Com-missione per il Commercio Interstatale.

Dagli anni Sessanta in poi, le politicheregolative assunsero carattere ordinarionei settori dei trasporti, delle comunica-zioni e dei servizi pubblici. Tale attività siespanse gradualmente dal credito alle fontidi energia, dalla tutela dell’ambiente alla

1/2011

HIRAM

• 73 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

21 Non mancano autorevoli, e quanto mai accese, opinioni in senso contrario. Così leggesinel Rapporto del Committee on Administrative Management, presentato nel 1936 al PresidenteRoosevelt: “le commissioni indipendenti sono, in realtà, governi indipendenti in miniatura, creatiper gestire i problemi mondiali, quelli del settore bancario, o del settore radiofonico. Esse costi-tuiscono un falso ramo, privo di una guida, di quella serie di libere agenzie governative senza al-cuna responsabilità e di poteri privi di coordinamento. Esse alterano violentemente i fondamentidella Costituzione americana, in quanto dovrebbero esistere tre, e soltanto tre, rami di governo”:si passa dal già esaminato problema della c.d. accountabilty a quello dell’assetto costituzionale deipubblici poteri.22 Breyer, S. (1982) Regulation and its reform, Harvard Press, Cambridge, Mass.; dello stesso Au-tore: Regulation and deregulation in the United States: airlines, telecommunications and Antitrust, in Dereg-ulation of re-regulation? Regulatory reform in Europe and in United States, Pinter Publisher, London, 1990,cap. 1, pagg. 7-58.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 73

salvaguardia dei livelli occupazionali, dallasicurezza stradale alla salute dei consuma-tori.

L’ordinamento giudiziariofederale ha svolto un ruolofondamentale nel definire ilcontenuto dei particolari si-stemi di regolamentazione,cui ha rivolto grande atten-zione.23

Tuttavia, il sistema giudi-ziario statunitense, a diffe-renza di quelli europei(compreso, come si è visto nelcapitolo precedente, quelloinglese), si ispira al principioassoluto dell’unità della giuri-sdizione, onde non esiste un giudice fede-rale specificamente competente in materiaamministrativa.

Al contempo, diversamente che dalRegno Unito, le corti federali USA sotto-pongono a revisione tutte le azioni legaliamministrative rilevanti, avvalendosi diun sindacato che si estende dalla mera le-gittimità al merito.

Quanto sopra pone, in qualche modo, ri-medio ad una vasta frammentarietà che,com’è già noto, è dato cogliere nella strut-tura del sistema amministrativo americanopiù che in quella di ogni altro sistema, siapure a diritto amministrativo.

Gli enti di regolazione esercitano i po-teri che il Congresso delega loro in singolistatutes che presentano un diverso grado di

dettaglio.Risulta di fatto scarsa-

mente agevole al Presidente –ancorché il suo partito de-tenga la maggioranza al Con-gresso – fare apportaremodifiche agli statutes, edancor meno sostituire mem-bri di una commission:

in ogni caso, l’intervento di-retto da parte del Presidente neiparticolari del procedimento de-cisorio della regolamentazione

può facilmente determinare unareazione politica.24

Gli studiosi hanno cercato di classificarei deficit del mercato che hanno più soventesuscitato una domanda di regolamenta-zione negli Stati Uniti.25

Tra questi, emerge al primo posto la ne-cessità di monitorare i monopoli, seguitada quella di controllare i profitti sospetti,poi dalla necessità di contenere i costi so-ciali cosiddetti di esternalità (inquina-mento), quella di compensare l’informa-zione inadeguata ai consumatori, l’esi-genza di frenare l’eccesso di competitività(prezzi predatori), il bisogno di ovviare alla

1/2011

HIRAM

• 74 •

23 Antitrust laws […] are the magna carta of free enterprise. They are as important to the preservationof economic freedom and our free-enterprise system as the Bill of rights is to the protection of our fondamen-tal personal freedoms: U.S. Supreme Court Justice, Thurgood Marshall United States v. Topco Associ-ates, Inc., 405 U.S. 596, 610 (1972).24 S. Breyer, op. cit.25 Ibidem.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 74

naturale limitatezza delle risorse.Tra gli strumenti utilizzati ai fini rego-

lativi, vengono annoverati: la rateazionedel costo del servizio (unavolta che il fabbisogno di en-trata è determinato, il Rego-latore fissa le tariffe), ilmetodo della fissazione deiprezzi ai livelli storici, l’allo-cazione sotto uno standard dipubblico interesse (licenzetelevisive).

A partire dalla metà deglianni Settanta, l’insofferenzapubblica verso i molti oneriche la regolazione imponevasi unì alla critica mossa daglieconomisti nei confronti divari specifici programmi diregolazione, sì da provocare un forte mo-vimento politico che esercitò pressioni af-finché cessassero numerosi programmiparticolari di regolazione e ne venissero ri-formati degli altri. Tra le principali indu-strie deregolamentate – in quanto ritenutestrutturalmente competitive – consideriamo,come si è detto, il trasporto aereo, le ferro-vie, il gas naturale e le telecomunicazioni.

Il dilemma tra regulation e deregulationattiene, come si è visto, al fondamentostesso della democrazia.

In un sistema costituzionalmente pari-tetico nelle relazioni privato-pubblico,quale quello americano di common law, l’in-

valicabilità di limiti strutturali posti a sal-vaguardia delle libertà fondamentali èegualmente vigente per i singoli quanto

per lo Stato.26

In una società demo-cratica, quindi, si regi-strano due confini che nondovrebbero mai essere at-traversati: uno, al di là delquale sorge il potere nonlegittimato del privato;l’altro, al di là del quale ilpotere pubblico diviene il-legittimo. Il nodo sta nel-l’individuazione di taliconfini, ed è su tale proble-matica che precipuamentedibattono, con argomenticontrapposti, Democratici

e Repubblicani americani. La nascita della legislazione antitrust

statunitense è tradizionalmente ricondottaall’anno 1890, in cui il Congresso Federaleapprovò lo Sherman Act. La legge colpivale restrizioni al commercio risultanti da ac-cordi e pratiche concepite tra una pluralitàdi imprese (art. 1) o, a fini monopolistici,da una singola impresa (art. 2); sin dall’ori-gine, si parlò di antitrust poiché il suoobiettivo specifico, maggiormente sentitoall’epoca, era quello di scoraggiare il cre-scente impiego dei cartelli intesi alla fissa-zione dei prezzi o alla spartizione delmercato.

1/2011

HIRAM

• 75 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

26 “Abuses forbidden for individuals are not allowed for rulers either”: Giuliano Amato, An-titrust and the bounds of power – the dilemma of liberal democracy in the history of the market, Hart Pub-lishing, Oxford, 1997, pag. 3.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 75

Si badi che il bene protetto dalla normanon era la libertà di concorrenza, ma la li-bertà di contrarre.27

La Corte Suprema prese molto seria-mente la questione nei primi anni di appli-cazione dello ShermanAct, elaborando unagiurisprudenza quantomai severa, che proce-deva dall’interpreta-zione testuale dellanorma.

Tra le prime pro-nunce della Corte sulnuovo statute, è rite-nuto esemplare il casoUS v. Trans Missouri FreightAssociation, del 1897, inerente un’intesa perla fissazione delle tariffe tra le compagnieesercenti il trasporto ferroviario di merci.

A nulla valsero gli argomenti di ragio-nevolezza, efficienza, trasparenza e tuteladegli interessi dell’utenza, addotti a difesadell’accordo, che cadde inesorabilmentesotto la scure implacabile della Corte, cosìcome, pochi anni dopo, nel caso ChicagoBoard of Trade v. US.

Nel 1914, fu adottato il Federal TradeCommission Act e, nello stesso anno, ilClayton Act, che era finalizzato a proteg-gere le piccole aziende contro determinatepratiche coercitive ed esclusive.

La crescente legislazione antitrust for-nisce alla Corte Suprema Federale ulterioristrumenti, che la Corte non esita ad impie-gare in altrettanti casi famosi, quali US v.Alcoa, concernente una posizione monopo-

listica nel settore dell’alluminio.In FTC v. Brown Shoe Co. fu

colpito l’accordo verticale ten-dente ad assicurare al secondoproduttore nazionale di calza-ture – settore peraltro tradizio-nalmente debole e protettodell’industria nazionale – unnetwork di 650 rivenditori aldettaglio in franchising: in que-sto caso, la Suprema Corte ri-

tenne meno meritevoli di tutela lamaggiore efficienza e la marcata riduzionedei costi finali gravanti sui consumatori, ri-spetto al diritto alla concorrenza vantatodai piccoli operatori commerciali.

La stessa Brown Shoe Co. subì ancora, nel1955, i rigori della Corte, che bocciò unasua fusione con la concorrente G. R. Kinney,nonostante la garanzia di una riduzione deiprezzi in esito alla fusione.28

E non fu neanche questo un giudizioisolato: US v. Philadelphia National Bank, 1963;FTC v. Procter and Gamble, 1967.

Ma l’evoluzione del pensiero americanoin materia di antitrust fu successivamentesegnata, soprattutto su un piano scienti-

1/2011

HIRAM

• 76 •

27 In un certo senso, quella che il giurista di civil law definisce autonomia negoziale privata.28 Così recita questa Sentenza: “It is competition, not competitors, which the Act protect. Butwe cannot fail to recognize Congress’ desire to protect competition through the protection of vi-able, small, locally owned business. Congress appreciated that occasional higher costs and pricesmight result from the maintenance of fragmented industries and markets. It resolved this in favorof the centralisation. We must give effect to that decision.”

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 76

fico, da quella che viene ricordata come laChicago School, nata nei primi anni Cin-quanta ad opera di Aaron Director.29

Il principio fondante dellaspeculazione della Scuola diChicago risiede nell’opinioneche l’efficienza – commisurataal grado di benessere rag-giunto dal consumatore – sia ilsolo obiettivo della legisla-zione antitrust.

Le implicazioni di tale ap-proccio furono enormi: le in-tese di tipo verticale, inquanto potenzialmente ido-nee ad un incremento di effi-cienza, dovevano essereesonerate dal rischio di unadeclaratoria di illegittimità perse, mentre doveva permanere sugli accordiorizzontali una presunzione di illegitti-mità.30

Inoltre, la Chicago School tendeva, in ge-nerale, a manifestare perplessità in meritoalla reale efficacia degli strumenti utilizzatiin sede antitrust, ritenendo inopportunosostenere ingenti costi legali per contra-stare i cartelli.

L’orientamento in materia della CorteSuprema mutò nel tempo, anche in conse-guenza del decrescente consenso socialeverso la legislazione antitrust, una voltapassata la felice fase storica del New Dealed affermatasi la necessità di rafforzarel’industria nazionale in una congiuntura

resa oltremodo sfavorevole, a partire daglianni Settanta del XX secolo, dall’inflazionee dalla crisi petrolifera.

L’evoluzione del pen-siero della Corte si coglienel suo sviluppo attraversocasi famosi, quali: Schwinn,Sylvania, Sharp, Kodak, sinoal prevalere di una linea dipragmatismo e di diffidenzaverso l’automaticità dellecondotte illecite.

Le armi del sistema anti-trust americano sono oggisempre più deboli, ed il lororaggio di azione sempre piùcircoscritto: ne è prova ilmutamento lessicale, atteso

che alla terminologia “free-dom of trade”, associata alla prioritariaprotezione della libertà del piccolo com-merciante indipendente, si è sostituitaquella di “free rider”, associata al concettoopposto di protezione dell’efficientegrande industriale e grande distributorecontro le libere incursioni dei piccoli indi-pendenti.

Mentre nel 1972, un patto di non con-correnza fu annullato dalla Corte ancorchéstrumentale ad una joint venture, nel 1986un accordo di questo tipo è stato dichiaratolegittimo.31

Ed è già tanto, secondo Amato, che la le-gislazione antitrust sopravviva ancora oggialla “massiccia campagna di sterilizza-

1/2011

HIRAM

• 77 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

29 Posner (1979) The Chicago School in Antitrust; Bork (1978) The Antitrust Paradox, N.Y.30 Amato, op. cit., pagg. 20 e ss.31 Amato, op. cit., pag. 33.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 77

zione” attuata ai suoi danni dall’Ammini-strazione Reagan, ed efficacemente con-trastata – sotto il profilo delle riformelegislative tentate dal Presidente – ad operadel Congresso, come siesporrà nelle pagine suc-cessive.

In definitiva, il progres-sivo emergere delle nuovedottrine economiche, inuovi canoni interpretativi,la crescente complessitàdelle analisi e le persistentidivergenze tra le duesponde dell’Atlantico nonvalgono ad eliminare unpunto in comune: nei de-cenni, il confine segnatonel diritto della concorrenzaper prevenire violazioni della libertà eco-nomica si è mostrato senz’altro mobile:non difende più la libertà dei piccoli pro-duttori di stare sul mercato, ma sempre dipiù accoglie standards di efficienza per lefusioni, quasi presuntivamente accettan-dole in caso di intese verticali, e conse-guentemente riduce il campo diapplicazione della illegittimità per se.32

Un filo conduttore comune segna il per-corso dallo Sherman Act al Clayton Act: ildiritto antitrust ben può ricondursi, nella

sua fase genetica, alla trasposizione nei pri-mordi del Ventesimo secolo degli ideali de-mocratici di Jefferson: una societàcomposta da tanti piccoli produttori in re-

gime di parità ed indipen-denza reciproche, così daevitare la disuguaglianzacreata dalla ricchezza e la di-sparità generata dal potere,non solo nei rapporti fra i pri-vati, ma anche nelle relazioniintercorrenti con lo stessopotere politico, che può es-sere corrotto tanto dagliabusi del potere, quanto dallepretese redistributive prove-nienti da un’ipotetica massadi lavoratori dipendenti.33

In una virtuale linea dicontinuità tra gli ideali che animarono ipadri storici della Nazione, i “piccoli fat-tori” del mitico Thomas Jefferson divente-ranno poi i “piccoli uomini” delleggendario Woodrow Wilson.34

Nei suoi approcci iniziali, in breve, l’an-titrust nordamericana sostiene al con-tempo il peso dell’efficienza economica edell’efficienza democratica, ciascuna equa-nimemente identificata nella diffusione delpotere, tanto nel mercato quanto nelle isti-tuzioni.

1/2011

HIRAM

• 78 •

32 Amato, op. cit., pag. 95 e ss.33 Amato, op. cit., pag. 97.34 Scrive la Corte Suprema Federale in Alcoa Aluminum: “It is possibile, because of its in di-rect social and moral effect, to prefer a system of small producers, each dependent for his successupon his own skill and character, to one in which the great mass of those engaged must accept thedirection of the few”. Ed era proprio questo lo scopo della legislazione a tutela della concorrenza:una società di uomini liberi e indipendenti.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 78

È, a questo punto, intuitivo il profondoe basilare valore politico della legislazioneantitrust, che si presenta tendenzialmentefondativa ed al con-tempo applicativa deipilastri del patto so-ciale.

Traducendo il pen-siero del SenatoreSherman:

Se i poteri concen-trati di tale combina-zione si incardinanoin capo ad un singoloindividuo, si tratta diuna prerogativa mo-narchica, incompati-bile con la nostra forma digoverno.35

Oggi le dinamiche del mercato globaletendono a marginalizzare il raggio diazione del diritto dell’antitrust, che si di-batte tra due possibili identità teleologi-che: la non restrizione della produzione,ovvero la massima possibile apertura deimercati; la prima concezione tende a ri-tardare al massimo l’intervento statale; laseconda, invece, vi attribuisce una fun-zione preventiva.36

Il timore dell’accentrato potere econo-mico dell’azienda moderna era difficil-mente giustificabile alla luce dellalegittimazione ideologica dell’attività dimercato.

Andrew Shonfield, osservando la quasiirrazionale devozione verso l’antitrust, ladefinì niente di meno che “una religione

americana”.Mantenendo i

mercati aperti e de-centrando il potereeconomico, l’antitrustpuò promuovere leopportunità economi-che individuali, pro-teggere i piccoli affarie la proprietà locale.

Il sistema giuridicoed istituzionale del-l’antitrust è stato tra-dizionalmente inteso

come la costituzione economica americana, re-cante una serie di vincoli di legge all’eser-cizio del potere.

Tali riflessioni, sicuramente riferibilialla matrice originaria di tale sistema, perchi oggi scrive tra il centenario dello Sher-man Act e quello del FTC Act, potrebberosembrare nostalgiche.

Ma il discorso si presenta molto piùcomplesso, alla luce dell’evoluzione, so-vente contraddittoria, del sistema stesso,sotto le spinte contrastanti di fattori diogni genere – politici, economici, ammini-strativi, ecc. – tra i quali emerge con pre-potenza il ruolo di una expertiseamministrativa integrata in seno ad unavera e propria antitrust community.

1/2011

HIRAM

• 79 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

35 Millon, D. (1991) The Sherman Act and the balance of power, Oxford.36 Amato, op. cit., pag. 112: “The two concepts […] very clear reflect the dilemma of liberaldemocracy, which is and continues to be the dilemma of antitrust law itself”.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 79

L’analisi che segue è esemplare dellafunzione di ideazione e di implementa-zione di vaste politiche disettore in ambiti strategici,che può essere efficace-mente svolta, in presenzadei requisiti socioculturali,dai funzionari di un corpoamministrativo in gene-rale, o più ancora dallostaff di un’autorità ammi-nistrativa indipendente e,segnatamente, da un’agen-zia regolativa in partico-lare, ben al di là della meraesecuzione di determina-zioni esogene.

Detta analisi mostreràl’ingresso in scena, accanto ed oltre ai tretradizionali poteri, di un potere accade-mico-burocratico non esplicitamente pre-visto dal sistema, ma essenziale nelledinamiche del potere e financo nel giocodelle relazioni fra gli attori istituzionali.

Anche in questo caso, lo studio della fi-gura dell’agenzia regolativa, con partico-lare riferimento alla tutela dellaconcorrenza, implica problematiche con-cernenti il cuore del sistema politico-costi-tuzionale.

Negli Stati Uniti, le politiche pubblichesono formulate entro un assetto caratte-rizzato dalla frammentazione istituzionale

del potere politico lungo linee orizzontalie verticali.

In tale contesto, l’istitutodella delega assume il ruolodi un inevitabile elementodel moderno public policymaking, soprattutto in mate-rie caratterizzate da un ele-vato grado di complessità.

Gli esperti […] sono in variomodo isolati dalle forze politi-che. La loro padronanza delsoggetto, della materia e dellenorme esoteriche di autoregola-zione sono usate per giustifi-carne l’autonomia.37

La professionalizzazionelimita la vulnerabilità dell’indi-

rizzo politico nei confronti delle futureconflittualità partitiche, preservandone lostatus quo.

Nella scelta cruciale di chi meglio possadisciplinare una materia di pubblico inte-resse non priva di importanti e complessiriflessi tecnico-economici, il legislatoreprimario – con la sua caratterizzazione nontecnica ed aspecifica – è considerata la c.d.scelta di second-best, o seconda scelta: la mi-gliore soluzione risiede nel conferimentodell’autorità regolativa ad un’agenzia pro-fessionalizzata, o nel promuovere la pro-fessionalizzazione dell’agenzia responsa-

1/2011

HIRAM

• 80 •

37 Siamo lontani anni luce dalla tradizione italiana, nonostante quest’ultima vanti una sto-ria amministrativa più lunga. Non è questa la sede per analizzare le cause dell’assenza nel sistemapubblico italiano di un’expertise qualificata, referenziale, autonoma rispetto al potere politico e col-legata con le élites culturali. Certo è che se ne avverte fortemente la mancanza da sempre, e che lostudio comparato di modelli come quello americano può risultare illuminante.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 80

bile dell’implementazione della regola-mentazione.

Gli esperti sono in grado disemplificare problemi deci-sionali complessi.

Scrive Robert Bell chequando dei professionistivengono introdotti in unastruttura burocratica, ci siaspetta che essi rispettinovalori professionalmentedefiniti nel perseguimentodegli obiettivi politici dati,al fine di utilizzare la loroperizia all’interno del pro-cesso decisionale. Quando idue ruoli entrano in con-flitto – come comunementeavviene – i professionisti ri-vendicano maggiore autonomia rispettoalle interferenze degli amministratori dicarriera e dei membri dello staff politico.

Continua Bell:

Una grande sfida per le moderne orga-nizzazioni è mantenere l’integrità dei finiistituzionali utilizzando al contempoun’équipe professionale ed integrando i va-lori professionali.38

Il potenziale impatto delle professiona-lità nelle politiche pubbliche sarebbe am-piamente sottostimato ove si ritenesseerroneamente che esse operino entro iconfini di norme specialistiche.

Le professioni non possono essere vistecome raggruppamenti monolitici. Si consi-

deri il ruolo dei legali: gli avvo-cati sono tecnici, non menodi quanto lo siano gli inge-gneri; il fatto che, per loroformazione ed attitudine,essi siano chiamati ad im-plementare le politiche pub-bliche, li rende altresìamministratori delle scelte,data la natura legalisticadelle regolamentazioni go-vernative ed il ruolo cen-trale giocato dalle corti neldefinire l’autorità delle isti-tuzioni di governo.

Ne consegue che il riferi-mento all’expertise porti con sé

una certa percentuale di ambiguità.Posta la congenita indeterminatezza

della natura della conoscenza scientifica esocioscientifica, la sociologia della cono-scenza suggerisce che tali attività intellet-tuali siano concepite per loro natura comecollettive.

Richard Whitley le definisce “scienzepubbliche”, attribuendovi la prerogativa dicostituire una tipologia a parte di organiz-zazione del mondo.

In un dato momento, una comunità ac-cademica determina quali idee individuali emodelli di analisi saranno presentati comeautorevoli alla platea interna ed esterna.

1/2011

HIRAM

• 81 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

38 Giunge immediata una spontanea malinconia se si volge il pensiero alla realtà italiana, ca-ratterizzata da una tradizionale quanto ostinata emarginazione dei ruoli professionali in seno al si-stema amministrativo pubblico.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 81

L’autonomia è il prezzo della professio-nalità. Mentre l’autonomia professionalepuò costituire una condizione necessaria diuna distinta competenza, essa risulta poli-ticamente costosa – particolarmente seamministratori-esperti sonoincaricati di definire il conte-nuto sostanziale dell’indirizzopolitico – nella misura in cuicomporta una sottile ma signi-ficativa perdita di controllo po-litico.

I complessi aspetti di moltiproblemi di determinazionedelle politiche, che inducono illegislatore a delegare la pro-grammazione alla burocrazia,simultaneamente limitano lavalutazione di conformità delledecisioni burocratiche rispetto alla origi-naria ratio legis.

La catena della delegazione ne esce al-lungata. Dal legislativo all’amministrativo,dall’amministrativo allo staff professionale,ed infine alla comunità esterna di speciali-sti, i quali stabiliscono le regole dell’impe-gno professionale e determinanol’autentico contenuto della struttura teo-rica della competizione.

Le agenzie non agiscono indipendente-mente, bensì sono parte di un più ampionetwork politico-istituzionale, pienamenteintegrato nel sistema delle distinte istitu-zioni, e soggette alle tensioni associate allaelaborazione ed all’implementazione dellepolitiche pubbliche in tale sistema.

L’esercizio del potere di delega da partedel Congresso nel settore della concor-renza si rivelò problematico nei confrontidel DOJ, poiché questo era privo della ca-pacità necessaria a definire ed ammini-

strare l’indirizzo politico.Dipartimento e Commis-

sione assunsero le vesti diagenzie di rappresentanza ingiudizio, dominate da avvo-cati. Gli economisti ne furonodapprima marginalizzati, re-legati come erano in una se-zione staccata molto distantedall’edificio principale; la col-locazione logistica ne riflet-teva il ruolo.

Allorché, come vedremo,la teoria economica fu piena-

mente integrata – dalla richiamata Scuoladi Chicago in poi – nei processi decisionalidelle agenzie, l’emergenza di una nuova or-todossia costrinse alla riconcettualizza-zione delle attività d’affari e del ruolodell’autorità pubblica nel governo dell’eco-nomia di mercato.

L’analisi che si sta conducendo porta aevidenziare che le idee possono guidare ilcambiamento di indirizzo politico ove so-stenute da una presenza istituzionale edintegrate nei processi di policy.

L’insieme degli attori non politici sopraindicati può ben essere definita come unacommunity of expertise (Eisner); diversa-mente, è stata chiamata “community ofspecialists”39; per Hugh Heclo, siamo al co-

1/2011

HIRAM

• 82 •

39 John Kingdon, Agendas, Alternatives, and Public Policies, Harper Collins College Publisher,Longman, New York, 1995.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 82

spetto di un issue network, ossia di una verae propria rete di distribuzione della cono-scenza settoriale.40

Poiché molti membridella community sono fun-zionari o ex funzionaridell’agenzia, la cono-scenza specialistica siunisce all’esperienza am-ministrativa.

Quello che rappre-senta certamente il piùcaratterizzante, probabil-mente il più palese e,forse, anche il più signifi-cativo prodotto della ex-pertise è il linguaggioaltamente specialistico,essenziale alla comunica-zione.

I codici di comunicazione adottati iden-tificano comunità di esperti che si distin-guono creando sottosistemi idonei allasoluzione di problemi complessi attraversobagagli di conoscenze specialistiche tali dacreare coesione interna e, al contempo, su-scettibili di differenziarli da un’ampia co-munità di altri attori.

Il sistema di comunicazione ed il coor-dinamento spesso assumono la forma di ri-

viste specializzate e convegni, che riuni-scono una platea di soggetti anche geogra-

ficamente dispersi.I canali di comunicazione

interna svolgono un ruoloben diverso da quelli di co-municazione esterna: mentrei primi, informali, servono atrasmettere idee e coordinareattività, i secondi, formali,rappresentano con grandeaccuratezza ciò che viene ri-conosciuto come autorevole emeritevole dell’attenzionedella comunità.

Non vi è dubbio che le co-munità accademiche possonosvolgere un ruolo centrale aifini della strutturazione dei

processi di conoscenza all’in-terno delle communities of expertise.

Ecco come soggetti di molteplici istitu-zioni sono coinvolti in una condivisa com-munitie of expertise e soggetti ad un comuneassetto di regole community-generated.

Coalizioni di vasti interessi di base sonofrequentemente necessarie al coordina-mento di attività di attori politici in sistemicaratterizzati da alti livelli di frammenta-zione istituzionale.

1/2011

HIRAM

• 83 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

40 Risulta naturale il riferimento al termine “tecnostruttura”, non a caso - sempre in ambitodi poiesi del common law - usato da A. Gambaro, op. cit. pag. 72, in relazione alla casta dei chierici cheesercitavano la giustizia in Inghilterra dall’epoca di Guglielmo il Conquistatore. La presenza di unatecnostruttura, ancorché auspicabile in qualsiasi contesto ordinamentale evoluto, si rivela evi-dentemente indispensabile in assenza di un diritto codificato. Il termine risulta coniato da Gal-braith (1968) Il nuovo stato industriale, Einaudi, Torino, per descrivere quella forma di organizzazioneistituzionalizzata formata da persone che abbiano conoscenze approfondite in un settore limitato,la cui competenza sia coordinata con quella di altre persone.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 83

In settori altamente complessi, le co-munità di esperti assolvono a siffatta fun-zione.

Ma chi sono i sog-getti della antitrustcommunity che siagita dentro ed at-torno alla FederalTrade Commission?

Si tratta di: arte-fici dell’indirizzo po-litico attuale etrascorso dell’Agen-zia e dell’AntitrustDivision del DOJ (datii continui scambi dirisorse umane e diconoscenze tra ledue istituzioni), fun-zionari delle agenzie esecutive, membri delcongresso, giudici, membri della DivisioneAntitrust del ABA (Consiglio Nazionale Fo-rense), studiosi delle law schools, economi-sti dipendenti delle organizzazioni degliindustriali.

Benché la maggior parte della comunitàsia composta di legali, le questioni sono af-frontate prioritariamente in termini eco-nomici. L’economia è il corpus diconoscenze che unisce i membri della com-munitie of expertise e ne struttura le reci-proche interazioni.

Quali allora, per brevi cenni, le lineeevolutive generali del pensiero economicocaratterizzanti nel tempo l’attività di que-sta community?

Le dottrine della concorrenza dell’orga-nizzazione industriale sono costruite in ri-ferimento ad un comune modello neo-

classico di concorrenza perfetta, nel qualel’interazione di molteplici fattori economici

determina il prezzo di undato bene e la quantitàprodottane. Da quandole risorse sono mobili edivisibili, gli attori pos-sono entrare ed usciredai mercati in esito aimutevoli livelli di do-manda. Poiché gli ope-ratori economici sipresumono razionali,essi cercano di realiz-zare efficacemente pro-fitti in concorrenza traloro. In condizioni diconcorrenza perfetta, iprezzi sono pari ai costi

marginali di lungo termine.Una situazione di concorrenza perfetta

cesserà di esistere allorché una o più delledescritte condizioni sia stata violata.

Lo strutturalismo economico e la scuoladi Chicago non sono, secondo Eisner, chevarianti dell’impostazione neoclassica: lostrutturalismo economico (Structure – Con-duct – Performance paradigm: SCP) si fondasull’assunto che le strutture industriali ac-centrate promuovono forme anticoncor-renziali di condotta che affliggono laperformance dell’economia.

SCP ipotizza inoltre che le grandi im-prese nelle industrie accentrate possonoessere relativamente inefficienti; alti livellidi concentrazione industriale sono altresìsuscettibili di porre freni all’innovazionetecnologica e di introdurre meccanismi an-tiredistributivi della ricchezza.

1/2011

HIRAM

• 84 •

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 84

La scuola di Chicago, come abbiamovisto, respinge tali dogmi. Essa non negal’esistenza di comportamenti anticoncor-renziali, ma tuttavia fa appello alla ragio-nevolezza degli attori ed alla superioritàdel mercato: essa asserisce, com’è noto, chei soli cartelli orizzontali sono suscettibili di

apportare meccanismi irragionevolmentedistorsivi del mercato.

Negli anni Settanta, la scuola di Chi-cago sfida il pensiero neoclassico e strut-turalista.

Ciò apre a nuovi scenari di cui tratte-remo nella seconda parte di questo articolo.

1/2011

HIRAM

• 85 •Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo, C. Savasta

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 85

LLee ddiivveerrssee ccoonncceezziioonnii ddeellllaa vveerriittàà::ffiilloossooffiiccaa,, mmeettaaffiissiiccaa ee iinniizziiaattiiccaa

di LLuucciiaannoo GGaajjààSaggista

In this essay neither the meaning of the words “true” and “false” nor the conditionsunder which we are able to define something as “true” or “false” will be examined.The main goal that we would like to reach, is to converse with the “Truth” and the“Being” (the state of “there is”) concepts in Heideggerian thinking, by starting andinsisting on the etymological root of the word “Truth”. Martin Heidegger consideredthe concept of “Truth” quite similar to “aletheia”, the Greek word used to mean an“un-covering” (or not covering) condition of the Being, that is a self-revealing of Being;in a constant, complete and final tension where the Truth is never entire andachieveable by the human being.This subject is very important when we try to answerthe following question: “Where the inner route of improvement and growth can lead?:To the phylosophical Knowledge or to the absolute Truth”? The answer has to belooked for in the esoteric (see “absconditus”) point of view of the “initiated way”,which is located just between Knowledge and Truth.

Premessa

NNNNon è qui il caso di prendere inesame che cosa voglia dire chequalcosa è “vero” o è “falso”,

tanto meno a quali condizioni si possa giu-stificare qualcosa come vero o come falso.Non verranno neanche prese in considera-zione le questioni della Verità come corri-spondenza, come coerenza, comeconformità e come utilità. Si vuole invecearrivare a discorrere della Verità e dell’Es-sere in M. Heidegger, insistendo sul signifi-cato etimologico della parola: la Verità,secondo il filosofo, è alètheia (“svela-mento”) e consiste in una sorta di auto-ri-velazione dell’Essere, nella tensione

continua, totale e definitiva per la quale laVerità non è mai completa e raggiungibile(dall’uomo).

Tale aspetto è a mio avviso di fonda-mentale importanza quando ci si pone ladomanda: “Dove conduce il cammino inte-riore di perfezionamento? Alla Conoscenzao alla Verità?”; una domanda la cui rispo-sta iniziatica è da ricercarsi soprattutto nelsignificato esoterico (nel senso di abscondi-tus) del termine “cammino iniziatico”. Lacui dimensione sprofonda in quella del “se-greto” massonico: tra Conoscenza e Verità,appunto.

1/2011

HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 86

Nel corso dei secoliLa Verità descritta nel pensiero occi-

dentale è un concetto mute-vole che verso la finedell’Ottocento è stato ad-dirittura messo in crisidall’epistemologia.

La filosofia antica rias-sumeva il concetto di Ve-rità con le seguentiproposizioni:

1) la Verità coincidecon l’Essere1, che a suavolta è in identità con ilPensiero. La Verità è ciòche permane nel diveniredel mondo ed è questacondizione quella che per-mette all’uomo di indagaresu di esso, poiché se non sfuggisse al fluiredelle cose sarebbe impossibile fissarlo inuna teoria.

L’Essere è tutto, immobile e imperituro.Parmenide

Secondo Parmenide di fronte all’uomosi aprono due vie: la via della Verità (alé-theia) quale rivelazione divina che porta

alla conoscenza dell’Essere vero; e la viadell’opinione (dòxa), basata sui sensi, che

porta alla conoscenza dell’Es-sere apparente. Logicamenteil filosofo deve imboccare laprima strada, basata sulla ra-gione e sulla razionalità; men-tre la maggior parte degliuomini imbocca la seconda.

2) la Verità coincide conl’Idea2 (iperuranica) in quanto“modello” e quindi, essendo“perfetta” ha un fondamentodivino; cioè si identifica conl’ente percepibile all’uomomediante l’intelletto (l’occhiodella mente). Ma se il veroconsiste nell’idea, la Verità

consisterà allora nel “vedere”(nell’apparire) correttamente, ovvero di-penderà dalla correttezza dello sguardo.

Di tutte le cose è misura l’uomo, di quelle chesono, in quanto sono, e di quelle che non sono, inquanto non sono.

Protagora nel Teeteto di Platone

Inoltre con Platone la Verità (la dimen-sione dell’Essere), come la Bellezza (il tra-

1/2011

HIRAM

• 87 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

1 L’uomo non può “provare” o “dimostrare” l’Essere come un teorema di matematica, puòsoltanto descrivere il passaggio dal non-Essere all’Essere. L’Essere sarebbe un’evidenza che s’im-pone da sé, se l’uomo non ne rallentasse la realizzazione con le sue false interpretazioni e con isuoi comportamenti inadeguati. La Verità dell’Essere non dipende da una riflessione filosoficadell’uomo. L’Essere è una cosa che si scopre, in quanto l’uomo nasce in un contesto storico-so-ciale che lo precede, ma l’Essere è anche una cosa che si costruisce, poiché lo stesso contesto è sog-getto a mutamento. 2 Il filosofo per Platone è colui che trova la Verità nella contemplazione delle Idee, quegli og-getti di cui lui solo riesce con fatica e studio ad avere una visione idonea a distinguere con corret-tezza il vero dal falso, il modello dalla copia.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 87

lucere dell’intelligibile nel sensibile) e ilBene (che abita l’Essere), diventa un attri-buto dell’Essere, anzi, il Vero,il Bello e il Bene rappre-sentano la triplice realiz-zazione del Divino nelmondo dell’Intelligibile,ovvero sono tre attributicoincidenti e trascendentidell’Essere. Proprio perchési tratta di attributi tra-scendenti, la Verità nonpuò essere in pieno pos-sesso dell’uomo. Da notareinfine che la Verità, nellesue possibili forme, è autonoma in sensoontologico, ovvero esiste “di per sé”, senzaessere funzione di “qualcosa” o di “qual-cuno”, pertanto essa è indipendente dal-l’esistenza umana e dalla conoscenzaumana.

3) per Aristotele la metafisica è la“scienza della Verità”. Conoscere il vero si-gnifica “conoscere la causa” e, in partico-lare, conoscere la Verità metafisicasignifica conoscere le cause che fanno es-sere vere le altre cose che da esse dipen-dono. Le cause piú vere sono le causesupreme e, dunque, anche Dio e il Divino.Sicché per Aristotele l’oggetto della meta-fisica non è una particolare Verità, comepuò essere quella delle scienze particolari,ma è la Verità “ultima”. Per Aristotele lascienza delle cause prime è il tentativo checompie l’uomo di rispondere alla domandasul perché ultimo di tutte le cose. Studiarele cause prime significa in sostanza cercareDio e il Divino, giacchè tutti ammettono cheDio sia una causa e un principio.

La metafisica per Aristotele è anche lascienza dell’essere in quanto essere. Il metafi-

sico studia la realtà inquanto tale, vale a direnella sua totalità, ossial’intero dell’Essere. Mastudiare l’intero dell’Es-sere vuol dire non sololimitarsi a descriverel’Essere e costruire unafenomenologia dei di-versi significati dell’Es-sere, ma significagiungere a comprendere

“le cause dell’Essere inquanto Essere”, ossia i princìpi dell’Esserecome tale, vale a dire l’intero e i suoi fon-damenti. Dunque la Verità è identificatacon l’Essere stesso, dato che, come egliespressamente rileva, ogni cosa possiedetanto di verità quanto possiede di essere.

Nella filosofia medioevale la dottrinaaristotelica (Verità = Essere = Divino) vieneenfatizzata, identificando l’Essere in Dio,che oltre al carattere duplice di “esistenzaeffettiva” o di “essere in atto” assumeanche quelli della causalità e della fonda-zione. Infatti con T. d’Aquino si diceva ensest verum (l’Essere è la Verità); dopo con G.Vico si disse che verum est factum (la Veritàè ciò che abbiamo fatto noi stessi) e poi sul-l’onda del pragmatismo di K. Popper sidisse che verum quia faciendum (la verità è lafattibilità e il suo compiersi nella realtà).

Questa concezione è andata modifican-dosi nel corso della storia moderna arri-vando a sentenziare, in modo definitivocon il pensiero kantiano, l’inconoscibilitàdell’identità, dell’essenza delle cose, limi-

1/2011

HIRAM

• 88 •

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 88

tando la conoscenza “certa” al solo feno-meno, a ciò che appare e che si può affer-rare. La metafisica non è più ritenuta fontedi conoscenza e la Veritàviene sempre più a coin-cidere con i risultati chela scienza può ottenere: ilmetodo con cui questa anoi si svela è quello spe-rimentale, metodo che fuper primo applicato daGalileo Galilei.

Con Cartesio l’uomo siafferma come soggetto.La Verità diventa sinonimodi certezza e l’Essere assume la forma di og-getto, di ciò che sta di fronte. Dal primatodella soggettività deriva la concezionedella realtà come mera oggettività. Tuttociò significa “ridurre” la realtà al soggetto.Infatti ciò che sta in questa prospettiva co-stituisce la realtà della cosa, il suo Essere; èla certezza di essa di fronte al soggetto, ilquale diventa ego cogito e quindi il fonda-mento della realtà. Con Cartesio l’Io del-l’uomo (ego cogito) diventa il fondamentodella realtà: l’Essere aristotelico intesocome “semplice presenza effettiva” vienericondotto all’Io del soggetto e dunque allasua volontà. Riassumendo la scienza mo-derna nasce proprio quando, con Galileo econ Cartesio, la nuova “ragione”, la ragionematematica, compie un gesto di radicalerottura nei confronti della ragione aristo-telica e recupera lo slancio della ragioneplatonica. Separandosi dai dati dell’imma-ginazione spaziale e dando libero sfogo allapropria spiritualità, questa ragione, che sirivela fecondissima, individua nell’algebra

“la chiave di tutte le scienze”, si sottrae de-finitivamente alle suggestioni del realismoe sottomette l’intera realtà al sistema delle

ascisse e delle ordinate. Sitratta di un mutamento nonsolo di ordine epistemolo-gico, ma anche di ordine me-tafisico. Si passa qui dall’im-postazione verum est ens al-l’impostazione verum et ipsumfactum convertuntur: il criterioe la regola del vero consistenell’averlo fatto. La formulaè di G. Vico e si riferisce alla

capacità dell’uomo di cono-scere la storia come prodotto del suo agiree non è, a suo giudizio, applicabile alla Na-tura, creata da Dio, e alla quale continua aconvenire il principio dello scire per causas(il sapere vero è il sapere con cognizione dicausa).

Infine le grandi filosofie dell’Ottocentohanno modificato ulteriormente l’idea diVerità ponendola, attraverso diversi si-stemi, in identità con i fatti storici. Il mar-xismo considera che la conoscenza umanasia un processo che non possa esaurire ilmondo reale in un solo colpo, che gli uo-mini possano avvicinarsi progressivamentealla Verità assoluta attraverso verità rela-tive, ma che non potranno mai giungere auna Verità assoluta e definitiva che ab-bracci la totalità del mondo reale. Se la me-tafisica ammette solo la Verità assoluta erifiuta la verità relativa, il marxismo con-sidera che la verità assoluta sia costituitadi verità relative. Riconoscere la verità re-lativa significa ammettere l’esistenza delleverità approssimate e incomplete: il mar-

1/2011

HIRAM

• 89 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 89

xismo può così promuovere considerevol-mente lo sviluppo della conoscenza scien-tifica, valutare dialetticamente l’unità dellaVerità assoluta e della verità relativa, equesto permette la pro-fonda comprensionedella sostanza del pro-cesso della conoscenzaumana. L’empirismo filo-sofico (idealismo e relati-vismo) invece proclamache la conoscenza scien-tifica non contiene nes-suna Verità assolutaoggettiva: la Verità è solorelativa. L’essenza di una tale teoria è il ri-fiuto di ogni Verità assoluta e di ogni veritàoggettiva, in quanto la verità ha un carat-tere solamente soggettivo (agnostico).

Anche nell’ambito scientifico ed episte-mologico le teorie e le scoperte di fine ‘800misero in crisi la predominante visione po-sitivistica del mondo caratterizzata in unafiducia assoluta nella certezza del metodoscientifico-sperimentale e dall’identitàscienza-progresso. Agli inizi del ‘900 il fi-sico W. Heisenberg compì importanti studiin merito all’individuazione sperimentaledella quantità di moto e della posizione diun elettrone che si muove intorno ad unnucleo atomico. Questi studi portarono alla

formulazione del “principio di indetermi-nazione” che sancisce l’impossibilità di cal-colare contemporaneamente, e in modocerto, velocità e posizione dell’elettrone

durante il suo movi-mento orbitale. Il prin-cipio ebbe una fortevalenza tanto in am-bito scientifico quantoin quello filosofico: ve-niva in sintesi negataalla scienza una possi-bilità deterministica diconoscenza nell’am-bito dell’infinitesima-

mente piccolo, e pertanto la “certezza” chela matematica garantiva alla scienza do-veva lasciar spazio ad un calcolo di tipo es-senzialmente probabilistico3. Tutto ciò,anche se applicabile solo nell’ambito mi-croscopico (della fisica quantistica), è statosufficiente a mettere in crisi un’idea discienza totalizzante che si fondava suiprincipi di causalità e di reversibilità intesiin termini di rigoroso determinismo (cer-tezza). Dal punto di vista dell’epistemolo-gia sono di grande importanza gli studicompiuti dallo scienziato H. Poincarè4 sulconcetto di ipotesi scientifica. La conce-zione che sta alla base della sua teoria epi-stemologica è che l’ipotesi sia una

1/2011

HIRAM

• 90 •

3 Inoltre l’impossibilità di conoscere con certezza questi dati minò un altro principio fon-damentale, quello di causalità. Non si possono infatti conoscere in modo determinato le conse-guenze del moto di un elettrone se non si può conoscere la sua velocità e la sua posizione iniziale.Viene di conseguenza messo in crisi il principio di reversibilità dei processi fisici poichè è impos-sibile conoscere l’entità del processo in corso. 4 Uno dei punti di partenza per la teoria epistemologica del Poincarè è la nascita delle geo-metrie non-euclidee, frutto degli studi dei matematici Riemann e Lobačevski, che dimostra come

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 90

categoria essenziale per le scienze e che al-cune ipotesi siano non verificabili5. In sin-tesi Poincarè vuole sottolineare quanto lacertezza che i positi-visti hanno ripostonella scienza sia unaconvinzione da elimi-nare, perchè tutte lescienze (in partico-lare la fisica e la ma-tematica) si basanosu convenzioni det-tate dall’esperienza ein quanto tali noneterne e immutabili,ma soggette all’arbi-trio dello scienziato e della società in cuivive (come spiegherà H. Khun ne La strutturadelle rivoluzioni scientifiche, Torino, 1969).

Se la “categoria della Verità”, che nellafilosofia di fine ‘800 era stata smantellata,rimaneva legata all’idea di conoscenzascientifica anche in virtù di un clima forte-mente positivista, con gli studi epistemo-logici di Poincarè e con quelli di Hei-semberg propriamente empirici, viene an-ch’essa messa in crisi perdendo quelle ca-

ratteristiche di universalità e di immutabi-lità che ne hanno caratterizzato la peculia-rità nella storia della filosofia occidentale.

Ma è con A. Scho-penhauer e successi-vamente con F.Nietzsche che le con-cezioni della Veritàquale attributo delDivino oppure qualerisultato della scienzasubiranno il colpomortale, per lasciarespazio al nichilismo,all’abbandono del-

l’Essere. Schopenha-uer mostra di accettare la distinzionekantiana tra fenomeno e noumeno6, ma di-mostra come il primo non possa essere co-nosciuto con certezza dal soggetto. Scrive:Il mondo è una mia rappresentazione: ecco unaverità valida per ogni essere vivente; il feno-meno è dunque una “rappresentazione”(una illusione ottica celante la vera realtàdelle cose) che avviene nella coscienza delconoscente e, stando così le cose, l’oggettodi conoscenza viene negato nella sua fat-

1/2011

HIRAM

• 91 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

nella matematica si parta da supposizioni che vengono ammesse senza alcuna dimostrazione edalle quali si ricavano poi le conseguenze. Ad esempio, i postulati di Euclide vengono privati dellaloro unicità e oggettività dalle smentite delle geometrie non-euclidee che a loro volta sono con-venzionali. 5 Ad esempio, il principio di inerzia, secondo il quale un corpo persevera nel suo stato dimoto fintanto che non intervenga una forza che ne alteri lo stato. Questo principio non può mai ve-nire confermato dall’esperienza poichè il corpo si fermerà a causa dell’attrito dell’aria, della forzadi gravità ecc.; ciò nonostante, viene accettato per convenienza scientifica.6 Termine kantiano che si riferisce ad una reatà inconoscibile ed indescrivibile che, in qual-che modo, si trova “al fondo” dei fenomeni che osserviamo, al di là dell’apparenza (di come cioè lecose ci appaiono).

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 91

tualità poichè è dato solamente nella co-scienza del singolo7.

In sintesi i fenomeni nonpossono essere conosciutidagli uomini nella loro re-altà fisica (quella che se-condo il positivismo nedeterminava l’oggettività)poichè tutto è rappresen-tazione; quello che invecepossiamo arrivare a com-prendere (ovvero che tuttoè Volontà) ci mostra comenella struttura ontologicanon vi sia un ordine ma dolore infinito8 eirrazionalità illimitata quali espressionidella Volontà di autoconservazione. La

conseguenza dell’irrazionalità della Vo-lontà e dell’assenza di finalità conoscitive

(l’uomo è “corpo” che si og-gettiva, è l’oggetto deisuoi sensi) è l’insensa-tezza del mondo stesso edella vita di tutti gli es-seri viventi in esso. Il filo-sofo propone allora unpercorso salvifico, allafine del quale l’uomo sipuò liberare della volun-tas, causa di dolore, egiungere alla noluntas. La

tappe per sfuggire alla volontà di viveresono: l’arte (che non è sottoposta al princi-pio di ragione e ai rapporti causali necessi-

1/2011

HIRAM

• 92 •

7 Schopenhauer continua, rifacendosi in principio a Kant, dicendo che il soggetto conosceattraverso le categorie a-priori dello spazio, del tempo e della causalità (che riassume tutte le altrecategorie kantiane) ma, a differenza del maestro, sostiene che questi a-priori sono propri del sog-getto e per questo non possono portare ad una conoscenza certa del fenomeno perché tendono adeformare la realtà in quanto schema del soggetto: per questo motivo l’uomo non può che cono-scere una sua rappresentazione dell’oggetto che ha di fronte. Egli non sostiene, come gli idealisti,che oggetto e soggetto coincidono, o meglio che l’oggetto non è che proiezione del soggetto, anziriconosce una consistenza fisica all’oggetto, ma non per questo arriva a considerare plausibile unaconoscenza “oggettiva” di esso. L’uomo è destinato a non poter conoscere la Verità poichè tutto ilmondo viene colto come rappresentazione, ogni fenomeno è tale in quanto appare nella coscienzae per questo viene conosciuto in una modalità che è tutta relativa al soggetto e alle categorie chegli sono proprie. Ma Schopenhauer scrive che, andando oltre al fenomeno e volendo penetrare ilsenso della realtà, cioè il noumeno, noi noteremmo che tutto è dominato dalle passioni derivanti dal-l’essere corpo che è proprio dell’uomo e della natura. La passione che più scaturisce da questa con-dizione ontologica è la volontà, intesa come volontà di vivere, di autoconservarsi, e questa volontànon sarà mai soddisfatta poichè è essenza del reale e l’unico modo per sfuggire alla sua morsa è ne-gare il mondo e il corpo (attraverso la pratica dell’ascesi). Schopenhauer mostra così come il realesia irrazionale perchè governato non da una ragione universale ma da un istinto che non è maisoddisfatto e per questo è origine di dolore.8 È il realizzarsi della Volontà di vita nelle cose a creare il mondo così come ci si presenta,come continua lotta di tutte le forze naturali tra loro per conquistarsi la materia necessaria alla loroestrinsecazione; è la Volontà di vita a generare infine, per questa sua lotta, il dolore, la miseria e la

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 92

tanti che sono alla base della conoscenza9),l’etica (l’uomo provando “compassione”,cioè patendo assieme per il do-lore degli altri, non soloprende coscienza del dolorema lo sente e lo fa suo10),l’ascesi (che permette al-l’uomo di giungere alla ces-sazione di qualsiasi tipo diesistenza, voglia o godi-mento11).

La riduzione dell’Essere edella sua Verità alla Volontàdell’io sarà espressa chiara-mente nell’Idealismo tedescoda F. Nietzsche (Essere come“Volontà di potenza”) e daM. Heidegger (Essere come“Volontà di volontà”). Tale riduzione è laradicalizzazione del soggettivismo, ove do-mina la Volontà dell’Io (del soggetto) a ri-

durre il reale a sé stesso. La verità dell’Es-sere (che si oblia in Nietzsche) nel suo ori-

ginario significato di“svelamento”, di ciò che “èstrappato ad una velatezza”e quindi si fa presente, ècompletamente rimossa.Con l’avvento di Nietzscheabbiamo la più completa eallo stesso tempo violentacritica di tutta la filosofiadell’Essere. Il concetto dibase è il seguente: tutta lacultura classica e ciò che hagenerato si fonda sul grandeinganno della superioritàdello spirito (apollineo) sulcorpo (dionisaco)12. Princi-

pale responsabile dell’inganno, secondoNietzsche, fu Socrate, che con la sua cele-bre formula conosci te stesso, ha portato al-

1/2011

HIRAM

• 93 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

morte in tutti gli esseri conoscenti e senzienti. La Volontà di vivere infatti produce dolore ma nonper se stessa, per una sua connotazione maligna: il dolore infatti nasce quando la Volontà di viveresi oggettiva nei corpi che volendo vivere esprimono una continua tensione, sempre insoddisfatta,verso quella vita che appare loro come sempre mancante di quanto essi vorrebbero. Quanto più siha brama di vivere tanto più si soffre. Quindi, noi siamo Volontà: Volontà che ci fa muovere, pen-sare e che si oggettiva nella realtà fenomenica come corpo.

9 E quindi permette all’uomo di riconoscere la libera visione dell’idea onde sollevarsi a sog-getto puro della conoscenza.10 La momentanea sconfitta della Volontà di vivere si realizzerà poiché nella compassione ècome se il singolo corpo del singolo uomo si dilatasse nel corpo degli altri uomini.11 Si tratta di un processo che conduce al nulla, al rendersi trasparenti alla volontà che con-tinuerà ad attraversarci ma non troverà più il corpo.12 Solo i Greci, secondo Nietzsche, ebbero chiara coscienza della lacerazione metafisica, delmale di vivere, e nello stesso tempo prefigurarono la possibilità di trasformare quella lacerazionein felicità cosmica. Il mito di Dioniso e di Apollo è indicativo di tale concezione: Apollo è il Dio delsogno, del canto, della bella apparenza, ma nella sua forma risplendente non fa che ricomporrel’intima scissione di ogni cosa; Dioniso è invece il Dio dell’ebbrezza, che libera dal principio d’in-dividuazione, identificandosi con il principio latente in ogni cosa.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 93

l’inaridimento13 della cultura occidentaleponendo la Ragione in netta superiorità ri-spetto alla Passione, ne-gando così la vita14. Ciòche l’uomo occidentale(da Socrate in poi) nonha capito è che in realtànon esiste un senso ul-timo nel mondo in cuiviviamo, e che cercandodi costruire una Verità aldi fuori del mondo eglinon ha fatto altro cheperdere il suo tempo. Perquesto il nichilismo secondo Nietzsche nonè altro che una necessaria conseguenzadella nostra civiltà: è il senso di vertigineche ci coglie nel momento in cui ci accor-giamo che viene a mancare quel fonda-mento che in realtà noi ci eravamocostruiti ma che in fondo non esiste, poi-chè il mondo è totalmente irrazionale e do-

minato dalla forza dell’uomo sull’uomo.Quello dell’Occidente è stato quindi un er-

rore di metodo che ha con-dotto al grande ingannodella sua storia: credere chepossa esistere una Veritàche è allo stesso tempoUnità e Fine per l’uomo.

Per Nietzsche, al contra-rio, al mondo esiste solo lanecessità della Volontà: ilmondo sin dall’eternità èdominato dalla Volontà diaccettare se stesso e di ripe-

tersi15.Dice Zarathustra16:

Tutto ciò che fu è frammento, enigma,caso spaventevole, finchè la volontà crea-trice aggiunge: così io volevo che fosse, cosìio voglio che sia, cosi io vorrò che sia.

Così parlò Zarathustra

1/2011

HIRAM

• 94 •

13 Dopo questa forte critica Nietzsche passa ad accusare la morale che da queste due cultureè scaturita: questa non è che una macchina che viene costruita per dominare gli altri. Si deve di-stinguere in morale aristocratica dei forti e quella degli schiavi. La seconda è generata dal risenti-mento, dalla volontà di opporre un secco “no” a ciò che non fa parte di se stessa, a ciò che è differenteda sè ed è il suo non-io; solo così possono essere elevati al rango di virtù e bene comportamenti comeil sacrificio di sè e la sottomissione. 14 In seguito il Cristianesimo non ha fatto altro che esasperare questa idea, prendendo tuttii valori e tutti i piaceri della terra per identificarli con il peccato, ponendo la Verità al di fuori dalmondo in cui ci troviamo. 15 Per questo motivo l’uomo deve riconoscere nella propria volontà di accettazione delmondo la stessa volontà che accetta se stessa, egli segue volontariamente ciò che gli altri hanno se-guito ciecamente. 16 Il mondo, dal punto di vista metafisico, appare lacerato e contraddittorio; ma lo stessomondo dal punto di vista fisico o corporeo (cioè nell’atto in cui l’uomo si appropria del reale) si ri-compone in unità, in totalità. Unità e totalità, però, che valgono soltanto per il singolo atto di ap-propriazione, per il “sì” che il singolo uomo dice al mondo: e dunque qualsiasi formulazionefilosofica di una tale esperienza non avrà mai carattere di universalità e di necessità. Ciò che deve

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 94

Verità e nascondimentoIl filosofo che per primo riprende il con-

cetto di “Verità” dalla metafisica17 è statoM. Heidegger. Punti di partenzasono:

1) l’abbandono del “sogget-tivismo” cartesiano. Si trattadella necessità di superare lecategorie di soggetto eoggetto, in base alle qualil’Essere è stato pensato come“presenza effettiva” e quindiobliato nella sua essenza.

2) l’etimologia del termine(duplice significato). Alètheia, sispiega così: si tratta per la pre-cisione di un composto (a-lētheia; α-λήθεια)con alfa negativo iniziale (a-), derivato dal-l’aggettivo alētheíē (αληθείη), che, a suavolta, dava al nominativo/accusativo sin-golare proprio l’esito alētheia, da intendersicome “verità” in opposizione a “menzo-gna”, con la precisa implicazione seman-tica che “non si nasconde niente”. Infatti,la forma aggettivale deve ricondursi con-trastivamente (come avviene in molti testifilosofici greci) ad un’altra forma nominale

come Lēthē (Λήθη) “oblio”, che ritroviamoanche come nome di un celeberrimo fiumedella mitologia classica. Quindi, ciò che è a-

lētheia implica il “non nascon-dimento, il non oblio”. Iltema lēthē è per parte sua underivato dalla stessa radice sucui è formato il verbo lan-thánō (λανθάνω) “sfuggire al-l’osservazione, essereignorato, non visto”, etc. L’in-dividuazione della radice in-doeuropea da cui fardiscendere tale forma ver-bale (pres. la-n-th-anō), e no-

nostante l’arcaicità del tipolath- (λαθ-), presenta diversi problemi, alpunto che si è sospettata la presenza di un-th- (-θ-) di natura suffissale e, conseguen-temente, si è suggerito prudentemente ilconfronto con il latino la-t-eō “nascondersi,celarsi” etc. (vedi più diffusamente P. Chan-traine, Dictionnaire étymologique de la languegrecque. Histoire des mots, nuova ed., Paris2009, Editions Klincksieck, pp. 618-619). Peri Greci la Verità era il “manifestarsi” (la“svelatezza”, opposta del “coprirsi”) del-

1/2011

HIRAM

• 95 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

essere superato non sono tanto le categorie con cui l’uomo impone ordine e armonia a ciò che glista di fronte, ma è l’uomo stesso che, diventando “oltreuomo”, deve avere il coraggio (la Volontàdi potenza) di accettare il caos, cioè la vita, per quello che è, fino a far coincidere il destino con lapropria volontà, la necessità con la propria libertà. È quanto annuncia Zarathustra con la sua dot-trina dell’eterno ritorno. Ma per giungere a tanto è necessario il capovolgimento di tutti i valori (ca-ratteristici della tradizione cristiana) che confluiscono nella rinuncia al mondo; è invece propriol’incondizionata, entusiastica, assoluta accettazione del mondo ad essere l’unico valore.17 Se per Nietzsche la metafisica era un’ontologia, era lo studio dell’Essere in quanto tale,una pura e semplice pretesa di descrivere com’è il mondo, per Heidegger la metafisica non è ridu-cibile all’ontologia, in quanto non è il fare discorsi sull’Essere, bensì è “un certo modo” di fare di-scorsi sull’Essere, modo per il quale si smarrisce l’autentico significato dell’Essere stesso. Se perNietzsche la metafisica doveva essere distrutta, per Heidegger doveva essere rivalutata totalmente.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 95

l’Essere che si sottrae al nascondimento equindi si fa presente; Veritas sarebbe inveceun termine di origine indoeu-ropea, il cui tema originario(*ṷēro-) risulta diffuso, oltreche in latino, in ambito slavo,celtico e germanico e significa“fede” nel senso più ampiodella parola, assunta comevera senza nessuna riflessionecritica.

Heidegger riprende il con-cetto di aletheia, un concettoaffine al pensiero di Eraclito(La natura ama nascondersi,frammento 123) ed afferma che l’Essere èVerità, ma non come adaequatio rei et intel-lectus, cioè “uguaglianza” di Essere e Verità,bensì come “fondamento” dell’Essere sullaVerità (la Verità dell’Essere). Se la Verità èaletheia, essa si disvela, e disvelandosi siapre, cosicché in essa uomo ed enti si pos-sono incontrare.

3) riferimenti: Essere, Ente, Esistenza.Come aveva sottolineato Aristotele, la filo-

sofia deve indagare sull’Essere in quanto“Essere” depurato da ogni qualità ad esso

inerente; da ciò deriva il fatto chel’Essere18 non sia una cosa, che nonsia identificabile con un ente,bensì che sia l’orizzonte (un con-cetto-limite) su cui si possono de-finire e riconoscere le singolecose, che altro non sono se non gli“enti”. Per Heidegger ente è tuttociò di cui parliamo, ciò a cui pensiamo,ciò nei cui riguardi ci comportiamo inun modo o nell’altro; ente è anche ciòche noi siamo e come noi siamo.

La struttura fondamentale del-l’esistenza19 è di essere trascendente. E iltermine verso cui l’Esser-ci (l’Essere uomo)trascende, è il mondo, per cui la trascen-denza è definita più esattamente come “es-sere-nel-mondo”. Trascendere verso ilmondo significa fare del mondo stesso ilprogetto dei possibili atteggiamenti eazioni dell’uomo, è essere affacciati al futuro.L’uomo ha bisogno del mondo e delle coseche lo costituiscono, in quanto essi sono i

1/2011

HIRAM

• 96 •

18 Tutti comprendiamo il significato di enunciazioni come “sono contento”, oppure “il cieloè azzurro” ma, se ci interroghiamo sul significato dell’“è” contenuto in queste enunciazioni, la cosasembra sfuggirci di mano e dissolversi nonostante l’apparente ovvietà del concetto. Il primo pro-blema è quello di determinare quale possa essere l’ente che deve essere interrogato, cioè al qualela domanda sull’Essere sia specificamente rivolta. Questo ente non è altro che l’uomo, che Heideg-ger indica con la parola Esser-ci. Interrogando dunque l’Esser-ci, possiamo cercare che cosa sia l’Es-sere e sperare di trovarne il senso. Ma il modo di essere tipico dell’Esser-ci è l’esistenza. Allora lafilosofia dovrà in primo luogo essere un’analisi dell’esistenza, per poi fondare l’ontologia, cioè lascoperta del senso dell’Essere. Con questo viene già data una caratteristica fondamentale dell’esi-stenza: la comprensione dell’Essere è una possibilità dell’esistenza (dell’uomo). 19 Letteralmente “esistenza” si traduce con Da-sein, cioè “essere qui”: in italiano diventa “Esser-ci” e implica che l’esistenza sia sempre situata in un luogo del mondo e questo è connesso con l’in-tenzionalità fenomenologica (per cui ogni atto è un riferirsi a qualcosa) e con l’idea che l’uomo sial’unico ente che si interroga sull’Essere (in quanto si trascende di continuo).

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 96

mezzi della sua vita e della sua azione. Es-sere nel mondo vorrà allora dire prendersicura delle cose che gli occorrono: mutarle,manipolarle, ecc. L’Essere diqueste cose consiste nelservire come strumentiper l’uomo, nell’essere uti-lizzabili. L’utilizzabilità ècosì per Heidegger la ca-ratteristica fondamentaledelle cose del mondo, at-traverso le quali l’esistenzadell’uomo diventa una pos-sibilità di rapporti che eglipuò determinare e progettare20.

Per Heidegger studiare la Verità signi-fica ripensare l’Essere e quindi l’uomo nellasua temporalità, che in quanto “Esser-ci”21

(ciò che noi stessi sempre siamo) è già da sem-pre in un determinato rapporto storico22

con l’Essere degli enti. La possibilità di so-vrapporre la questione della Verità a quelladell’Essere si evince chiaramente dal fatto

che la comprensione di ciòche si intende per Verità èconseguente alla compren-sione di ciò che si intendeper Essere23. Heideggeramava scavare all’internodelle parole per riportare insuperficie significati nasco-sti. Nell’interpretazione diHeidegger la Verità è

alètheia, è “ciò che non stanascosto”, ovvero è il manifestarsi del-l’Essere che si sottrae al nascondimento;pertanto la “Verità” assume le sembianzedello “svelamento”24 dell’Essere nel con-testo della metafisica. Il non-nascondi-mento (dell’Essere) va inteso non nel senso

1/2011

HIRAM

• 97 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

20 L’esistenza non è solo apertura verso il mondo ma anche verso gli altri (co-esistenza). Il rap-porto tra l’uomo e gli altri Esser-ci è un “aver cura” degli altri, aiutandoli ad essere liberi di assu-mersi le proprie cure.21 Termine che evidenzia come l’uomo si trovi sempre in una data situazione, storicamentedefinita, che costituisce l’orizzonte interpretativo del suo progettare. Esser-ci in quanto essere nelmondo.22 La parola “verità” è per Heidegger “storica”, non nel solo senso che assume significati di-versi a seconda dell’epoca, ma soprattutto perché essa è “fondatrice di storia” a seconda dell’in-terpretazione che nelle varie epoche diviene dominante.23 A tal proposito Heidegger ricorda come il pensiero occidentale, nell’arco di tutta la sua sto-ria, abbia progressivamente obliato quella che egli chiama la “differenza ontologica”. Per diffe-renza ontologica si deve intendere la differenza che passa tra l’ente in quanto tale e l’Esseredell’ente. È ontica ogni considerazione, teorica o pratica, dell’ente che si ferma ai caratteri dell’ente cometale, senza mettere in questione il suo essere; ontologica è invece ogni considerazione dell’ente che mira al-l’essere dell’ente. (Introduzione ad Heidegger, G. Vattimo, Laterza, Roma-Bari, 2008). Ente è tutto ciòcon cui l’uomo, come Esser-ci, si rapporta. Gli enti non si danno nella loro semplice presenza, masi presentano originariamente come strumenti.24 Il filosofo evidenzia come il luogo della Verità sia l’Essere stesso delle cose che si “scopre”relazionandosi storicamente con lo “scoprente” dell’Esser-ci, cioè dell’uomo. Tale svelamento del-l’Essere nell’Esser-ci è sempre parziale, pertanto implica necessariamente sempre un nuovo vela-mento.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 97

che sta all’uomo rimuovere il velo che oc-culta la Verità (cioè l’Essere), ma nel sensoche è l’Essere stesso che si disvela25. ConHeidegger il concetto di “Verità” si legaquindi a quello di “Essere”, vale a dire chela Verità è una questione “essenziale”; nelsenso di “come ciò che no-mina l’Essere stesso”.

Con Heidegger la Veritànon è più concepita in fun-zione del soggetto, al con-trario il nuovo attore delprocesso non è più l’uomoma l’Essere stesso, che simanifesta disvelandosi. Lastoria dell’Essere, sostieneHeidegger nella sua onto-logia, si articola in diverse tappe, ciascunadelle quali è caratterizzata da un modo par-ticolare di manifestarsi dell’Essere: ad ogniepoca ne corrisponde una particolare ma-nifestazione. Ma se l’Essere è semprequello, se l’Essere è ciò che è, ogni sua ma-nifestazione (di ogni epoca) quale alètheiaimplica che nella sua natura l’Essere stessosi disveli (Verità) e al contempo resti inqualche misura nascosto (non-Verità),come se fosse sospeso in un equilibrio incontinua trasformazione.

Se traduciamo aletheia, invece che con“verità”, con “svelatezza”, allora questa tra-duzione non è solo “più letterale”, ma con-tiene anche l’indicazione che induce apensare e a ripensare il concetto abituale diverità, come conformità dell’asserzione, in

quell’orizzonte non ancora capito della sve-latezza e dello svelamento dell’ente.

Dell’essenza della verità

Il senso dell’Essere è “manifesto e na-scosto” allo stesso tempo. Se da un lato la

comprensione dell’Essere è ilpresupposto ultimo del nostrosapere, dall’altro il senso del-l’Essere è qualcosa di “flut-tuante ed evanescente” chesembra sottrarsi ad ogni inda-gine chiarificatrice. Noi com-prendiamo il senso ma nonsappiamo che cosa significa Es-sere; noi non siamo in grado distabilire concettualmente il si-

gnificato di questo “è”. L’originaria connessione tra velamento

e svelatezza, tra Verità e non-Verità, hacome possibilità derivata che lo stato del-l’uomo è quello dell’errare.

L’uomo erra. Non è che l’uomo cada nel-l’erranza, ma si muove già sempre nell’er-ranza, perché esistendo insiste, e quindi stagià nell’erranza. […] Lo svelamento dell’entecome tale è in sé ad un tempo il velamentodell’ente nella sua totalità. Nella contempo-raneità dello svelamento e del velamentodomina l’erranza.

Dell’essenza della verità

Queste parole ci danno il senso della si-tuazione “deietta” dell’uomo, che vive an-zitutto nell’esistenza inautentica(equivoca, conformista) perché rinuncia

1/2011

HIRAM

• 98 •

25 Non a caso Parmenide nel suo ipotetico viaggio (Sull’essere) incontrava diverse divinità(simboleggianti l’Essere) che si toglievano da sole il velo che le copriva, senza che fosse il filosofoa compiere tale operazione.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 98

alle proprie scelte sostituendo alla cono-scenza la curiosità: è lo stato dell’uomo chevive una esistenza caratterizzata dallachiacchiera, dai luoghi co-muni, dal si dice, dal “si ri-flessivo”, anziché orientarsiverso una comprensione au-tentica, profonda e motivatainteriormente, ponendo lesue radici nell’essenzastessa della Verità (che im-plica in sé la non-Verità).

Verità significa quel ve-larsi diradante che è il trattofondamentale dell’essere. La questione del-l’essenza della verità trova la sua rispostanella affermazione che l’essenza della veritàè la verità dell’essenza.

Dell’essenza della verità

La deiezione dell’uomo è la trasforma-zione dell’uomo in “cosa” (ente) come tuttele altre, è il lasciarsi vivere passivamente(nell’immanenza): egli perde la sua libertàdi scelta e tradisce l’esistenza autenticanella quale tende a cogliere il senso del-l’Essere provando ad indagare l’esistenzaumana, dal momento che l’uomo significa

colui che può pensare. Tutto ciò non implicauna condanna moralistica dell’esistenzaanonima: Heidegger non vuole dare giudizi

di valore, egli si limita a ri-conoscere che l’esistenzaanonima è uno dei possibilipoter Essere dell’uomo. Vi èperò anche la possibilitàdell’esistenza autentica, acui l’uomo è richiamatodalla voce della coscienza.Essa lo richiama a ricono-scere l’annullamento ultimodi tutte le sue possibilità, ecioè lo richiama a ricono-

scere la morte. La morte, diceHeidegger, è per l’uomo la possibilità piùpropria, incondizionata, certa e come tale inde-terminata e insuperabile. Solo se l’uomo rico-nosce la possibilità della morte e la assumesu di sé con una decisione anticipatrice,l’uomo può trovare il suo Essere autentico.Mentre l’esistenza “qualunque” è una fugadi fronte alla morte, la voce della coscienzachiama l’uomo all’essere-per-la-morte, cioèalla decisione anticipatrice che consiste nelvivere-per-la-morte. Questo vuol dire com-prendere l’impossibilità dell’esistenza inquanto tale26.

1/2011

HIRAM

• 99 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

26 Ad essa si accompagna una tonalità emotiva che Heidegger chiama angoscia. Con l’ango-scia l’uomo si sente in presenza del nulla, dell’impossibilità possibile della sua esistenza. Essa pone l’uomodi fronte al nulla e il nulla si presenta nella sua potenza di annientamento. L’angoscia fa vedere al-l’uomo l’insignificanza e la nullità dei fini che gli vengono proposti nella sua esistenza quotidiana,e gli offre la possibilità di rimanere fedele a quelli inerenti alla situazione in cui viene a trovarsi.Poiché questa situazione è un coesistere con gli altri, fra le cose del mondo, l’esistenza autenticadà all’uomo la possibilità di rimanere fedele al destino della comunità cui appartiene. In altri ter-mini, la libertà per l’uomo consiste nello scegliere e nell’accettare la sua situazione e nel rimanerlefedele. Per l’uomo vi è anche un tempo autentico ed un tempo inautentico: il primo è dato dallapaura, dall’ora; mentre il secondo è dato dalla decisione anticipatrice di vivere per la morte (ecco

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 99

Verità e mistero (della verità)Senza alcuna pretesa di esaustività, pos-

siamo molto approssimativamente cosìriassumere: 1) la Verità filosofica è daconsiderarsi una “varia-bile”, nonostante la pretesaumana della sua immutabi-lità: a seconda delle epochestoriche è stata interpre-tata nell’antichità come Es-sere, Idea, ego cogito,certezza della scienza, Vo-lontà, inganno, ecc.;2) la Verità metafisica è an-ch’essa assimilabile ad una“variabile” epocale: CausaPrima, Dio (Divino), attributo (interazione)del Divino, Principio di ordine universale,alètheia, ecc.

Grazie al libero ragionamento ed al ri-gore della scienza, storicamente sia la Ve-rità filosofica che quella metafisica hannospesso ambìto ad essere il fine “ultimo”dell’uomo, il riferimento “assoluto” a cuitendere, la “giustificazione” dell’essere e il“senso” delle cose.

Per gli Iniziati, invece, la Verità è tut-t’altra questione e si colloca in tutt’altrocontesto, sia dal punto di vista della thèoriache da quello (soprattutto) della praxis.

Dal punto di vista teorico,a mio modesto avviso, laVerità che può essere pen-sata dall’Iniziato si avvicinaal significato della parolagreca alètheia analizzato daHeidegger, alla Verità qualefondamento dell’Essere chesi manifesta per mezzo diun parziale disvelamento.Una Verità che, nell’Intelli-gibile platonico, si pone al-

tresì come caratteristica delDivino comunque inteso, verso la quale, sianel regno dello spirito come nel regno dellafisica, tende spontaneamente la realtà dellecose. Ovviamente si tratta di un ideale ecome tale non lo si può raggiungere con lamente, non lo si può cogliere in quantoineffabile e non comunicabile, ma si puòsolamente percepirlo. Come dire che a li-vello razionale (ratio sufficit) si possono faresolamente delle congetture27 “intorno” alla

1/2011

HIRAM

• 100 •

perchè per Heidegger il futuro è la dimensione temporale fondamentale), dall’angoscia e dalla ri-petizione (delle possibilità che sono state). Il tempo così non si aggiunge all’Essere dell’uomo bensìl’Essere dell’uomo ha trovato il suo senso nel tempo.27 Il carattere della conoscenza umana è per N. Cusano solo “congetturale”: ipotetica e ap-prossimativa. Essa consiste nell’instaurare dei rapporti di proporzione tra quello che già cono-sciamo e quello che non conosciamo ancora. Il nostro intelletto e le nostre conoscenze sonoindubbiamente finite, ma Dio, l’infinito, è assolutamente incommensurabile rispetto alle cose finite:se non si può costruire la proporzione ne risulta che Dio (l’infinito) non sarà mai pienamente co-noscibile. La congettura è quindi l’espressione della ragione dell’uomo che coglie Dio in modo in-completo, da un particolare punto di vista e, giacché Dio è infinito, la differenza tra i due è destinataa rimanere incolmabile. La congettura è sempre sbagliata a causa della sua indefinita parzialità;tuttavia, nonostante le congetture siano sempre sbagliate, sono nobili, e bisogna “congetturare”

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 100

Verità, ma non “sulla” Verità28. Tale Veritàdispone necessariamente di autonomia on-tologica ed è dotata della caratteristicadella trascendenza. In riferi-mento alla sua espressione ealla sua manifestazione, perdirla con R. Guènon, essa èdettata da un Principio meta-fisico di ordine universale dacui tutto procede.

Dal punto di vista con-creto, sempre a mio mode-sto avviso, la Veritàiniziatica è quella Cono-scenza noetico-intuitiva (collocabile in unmondo “oltre” quello della “debole” ra-gione) che si acquisisce gradualmente, co-stituendosi nel tempo umano in una formadi apprendimento naturale (cioè sponta-neamente) e che si sostanzia esclusiva-mente con la pratica esperienzialeintrinseca alla Via al perfezionamento. Piùsemplicemente: la Verità iniziatica èl’unione del “metodo” e della “Conoscenzaderivante dal metodo” applicati incessan-temente. E quindi essa è “relativa” e privadi “certezze” ad ogni Iniziato.

La Verità iniziatica è dunque un “pro-cesso incompleto” proprio di ciascun Ini-ziato, un processo di perfezionamento “a

tendere” ove nessuna visionedefinitiva delle cose è conce-pibile, è un processo di cono-scenza “per incanto”, “perlampeggiamenti”, ove ogni in-terrogativo diventa fonte dinuovi interrogativi che costi-tuiscono il divenire della Co-noscenza stessa. In questosenso la Conoscenza potrebbe

essere intesa come quella“parte” di Verità (trascendente) che è“concessa” all’uomo per quanto umana-mente possibile, ovvero per quanto l’uomoè secondo il suo destino in grado di espe-rire durante il cammino iniziatico di(auto)trasformazione interiore. Va da séche la Conoscenza (consapevolezza) inizia-tica “diventi theoria” quale conseguenzanaturale (spontanea) della conformità almetodo. Sarà la Conoscenza della Verità?Sarà la Conoscenza dell’Essere? Non lo sap-piamo e forse non lo sapremo mai. Ma nonimporta saperlo.

1/2011

HIRAM

• 101 •Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica, L. Gajà

perché la Verità non sta nelle varie ed infinite congetture che l’uomo può fare, ma sta nella stessa“tendenza” alla Verità infinita e pura che nell’uomo si traduce poi necessariamente in qualche con-gettura. Per indicare ciò egli si serve della matematica: il rapporto tra Verità e Conoscenza è comequello tra una circonferenza e il poligono in essa inscritto: quest’ultimo si approssimerà tanto piùalla circonferenza quanti più angoli avrà, ma, in quanto poligono, non potrà mai coincidere conessa. Questo processo di evoluzione della conoscenza (la “dotta ignoranza”) è quindi infinito.28 Sulla base dell’esoterismo ebraico la Verità è connessa con il Divino e trova corrispon-denza con la parte sottile dell’Iniziato localizzata nel punto suo più intimo del corpo ove vengonoprese le decisioni vitali: il Sancta Sanctorum, detto anche “cuore”. Tale parola sta ad indicare che lavera Conoscenza è quella del cuore (dimensione trascendente), il luogo dei pensieri non conosciuti,e non quella dell’intelletto (dimensione razionale). Sulla base dello gnosticismo, la Verità è connessacon l’anelata ascesa della scintilla (l’anima) divina tra le sfere celesti per ricongiungersi alla Luce

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 101

Sulla base di queste premesse si può al-lora “comprendere” come, in chiave eso-terica, la Verità iniziatica assuma lesembianze di un “parziale divenire al di làdel velo”, di una profonda, consapevole,determinata e costante ricerca della sag-gezza29 e del Divino (del Sacro30) che al-berga nell’intimo “sottile” di ogni uomo.Ove per Divino (Sacro) si intende unaesperienza di “apertura al mistero”, il ma-nifestarsi improvviso dello “stupore” del-l’esistenza, uno svelamento che si“manifesta e basta” e che si sostanzianella coscienza come un risveglio, comeuna presa di coscienza di uno stato nonconsensuale della realtà: il riaffiorare del-l’Essere (intrinsecamente absconditus)delle cose.

La via iniziatica si costituisce proprionel porsi nella dimensione del mistero (delSacro) e nel considerarlo come un conte-nuto fondamentale della propria coscienza.Sebbene il percorso iniziatico sia un cam-mino di elevazione e di conoscenza, le cose(gli oggetti dello stupore misterico) che sipotranno trovare non saranno necessaria-

mente delle risposte sul piano della razio-nalità. La via iniziatica, da un lato, è cer-tamente una via sapienziale che permettedi ampliare la conoscenza e di elevarsi;dall’altro, essa è qualcosa di ancora piùdifficile: è il coraggio, raggiunto dopo in-numerevoli prove, di ammettere di avercompreso31 che c’è qualcosa (di miste-rioso, appunto) che non solo non pos-siamo ma che addirittura non dobbiamoneanche capire. Questo qualcosa che nonè comprensibile non è nemmeno raggiun-gibile, tuttavia si ritiene “giusto” porlonella propria interiorità e in tal modo siottiene una forma di sapienza che non ècumulo di conoscenza ma una constata-zione di grande ignoranza; è la condizionein cui si resta entro lo stupore per quelloche siamo, per quello che ci circonda, peril senso nascosto dei più insignificanti av-venimenti e per la ricchezza della propriainteriorità che può espandersi senza limitisino alla sua più profonda elevazione:quella di avere raggiunto le porte del realee di avere l’audacia di non chiedere chevengano aperte.

1/2011

HIRAM

• 102 •

del Pleroma, una volta caduta per capriccio degli Eoni nel corruttibile corpo dell’uomo e successi-vamente imprigionata per volere dei maligni Arconti.29 Per Eraclito (Frammenti) la “saggezza” (sophia) è qualcosa “di più” della filosofia: è la di-sposizione che pone l’uomo al di sopra degli eventi e consiste nel conoscere la Verità (ossia la “natura dellecose”), nel dire (leghein) la verità e nel praticare (poiein) la verità, ovvero è pratica e teoria della co-noscenza, sapere e fare nello stesso tempo. (In maniera analoga, Al Ghāzali afferma che la Verità deveessere messa alla prova attraverso l’esperienza, ovvero mediante l’esercizio quotidiano).30 M. Eliade: il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia dellacoscienza. La conoscenza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall’uomo per costruire unmondo che abbia un significato.31 “Comprendere” deriva dal latino classico cum-prehendĕre, latino tardo cum-prendere =“prendere insieme”, ed implica l’ascolto e il silenzio.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 102

Segnalazioni editoriali

LLIINNOO SSAACCCCHHIIMiti della MassoneriaEdizioni L’Età dell’Acquario, Tradizioni, Torino, 2010, pp. 128, € 12,50

Dopo il successo planetario dei libri di Dan Brown, l’ultimo inparticolare, i “miti” massonici riscuotono grande interesse.Vi si sono avventati divulgatori (televisivi e cartacei) di ogniqualità, che trovavano magari un po’ appassiti altri soggetti.D’altra parte non vi è dubbio che intorno alla Massoneria leleggende sono sempre fiorite copiose, incoraggiate dall’alonedi mistero che fin dai primordi ha circondato le logge, legatosoprattutto a quella ritualità che i massoni hanno sempre cercato di mantenere se-greta (sia pure con poco successo). Alcune di esse si sono sviluppate e strutturate innarrazioni complesse, ispirate dai massoni stessi o dai potenti nemici che l’Istituzioneannovera soprattutto nell’area latina. Valga per tutte l’esempio della “connessionetemplare”, ancora oggi una delle più vitali. Sull’argomento, questo libro cerca di fare“ordine nel caos” (per usare un motto massonico), tenendo presente che la distin-zione dell’aspetto storico da quello mitico non è sempre ovvia, nemmeno nelle logge.E senza tradire il principio che non esistono storia sacra e storia profana: solo buonastoria e cattiva storia.

1/2011HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 103

• 104 • SEGNALAZIONI EDITORIALI

DDAANNIIEELLEE MMAANNSSUUIINNOO,, GGIIOOVVAANNNNII DDOOMMMMAAMassoneria del MarchioGlossopetra Edizioni, Genova, 2010, pp. 274, € 30,00

Questo interessante, semplice e chiaro lavoro colma una ca-renza nella letteratura riguardante la Libera Muratoria: almenoin quella italiana. Infatti, non sono molti - in Italia - ad essersiinteressati all’antichissima tradizione iniziatica del Marchio(era attivo in Scozia sin dalla fine del 1500) e ad averla prati-cata. Così come non molti sono in Italia coloro che conoscono,approfonditamente, il significato del termine “Marchio”. Ossiacosa sono le Logge del Marchio e quale sia la loro importanza

nel cammino di perfezionamento muratorio. In proposito e per avvicinarsi all’argo-mento, si puo definire il Marchio una sorta di “rito”: di rito sui generis, pero. Ma, forse,e improprio chiamarlo - secondo l’uso ed il lessico delle Massonerie continentali e la-tine - un Rito: in quanto presenta un ridottissimo numero di Gradi di Perfeziona-mento; ma, pur prevedendone soltanto due (quello del Mark Man e del Mark MasterMason), non per questo e meno importante, dal punto di vista esoterico, di altre formedi ritualità. Sarebbe, pero, piu corretto chiamarlo - e considerarlo una Obbedienzaperche di una Obbedienza ha tutte le caratteristiche fondamentali. Come mostra la suastessa titolatura inglese: Grand Lodge of Master Mark Masons with its Districts and LodgesOverseas. Ma soprattutto il suo impatto simbolico che ne da una immediata e com-plessiva immagine.

1/2011HIRAM

AA CCUURRAA DDII AALLEESSSSAANNDDRROO GGRROOSSSSAATTOOLa montagna cosmicaMedusa Edizioni, Milano, 2010, pp. 164, €32,00

La montagna cosmica si trova al centro della cosmologia e dellageografia sacra di molte forme religiose, dalle più arcaiche tra-dizioni sciamaniche fino alle grandi religioni abramiche. Assecosmico che attraversa e collega i tre mondi, divino, umano einfero; montagna di luce o di diamante, d’oro o di cristallo; sa-gomata a piramide, a clessidra, o a forma di cono rovesciato;con le pendici ricoperte da una selva inaccessibile, o albergante

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 104

SEGNALAZIONI EDITORIALI• 105 •

GGIIOORRGGIIOO GGEEMMIISSTTOO PPLLEETTOONNEETrattato delle virtùA cura di Moreno Neri, con testo greco a fronteBompiani Editore, Milano, 2010, pp. 739, € 18,00

Giorgio Gemisto Pletone (1355 ca.-1452) fu una delle figure piùimportanti e prestigiose del crepuscolo di Bisanzio. Consiglieredegli ultimi imperatori di Costantinopoli e dei despoti di Morea,creò un circolo esoterico, sul modello dell’antica Accademia diPlatone, la cui opera fu di fondamentale importanza per il Ri-nascimento occidentale. A Firenze l’ultraottuagenario Pletonetrovò un ambiente intellettuale dominato dall’aristotelismo,ma che aveva un ardente desiderio di saperne di più su Platone, che si conosceva soloindirettamente (attraverso Cicerone, Macrobio, Apuleio e Agostino) o attraverso tra-duzioni parziali. L’arrivo di Pletone (che assunse allora questo nome consonante,“quasi un altro Platone”) rispondeva dunque ad un’attesa di vecchia data. Fra i tantiumanisti e mecenati, incontrò a Firenze Cosimo de Medici, che fu da lui ispirato a isti-tuire la celebre Accademia Fiorentina. Convinto che i Turchi avrebbero presto di-strutto sia la Chiesa d’Oriente sia quella d’Occidente, Pletone vedeva l’unica speranzaper l’Impero bizantino sul punto di disintegrarsi nella sostituzione del cristianesimocon un rivitalizzato paganesimo, solidamente fondato sulla metafisica platonica. Com-

1/2011HIRAM

sulla sommità un giardino di delizie, nel quale vivono gli dèi e altri esseri immortali;custodita da mostri orribili o guardiani angelici; riflesso terreno del sole, della luna,della stella polare, o di altre remote costellazioni.Da essa si dipartono i fiumi che dividono la superficie della terra in corrispondenzadei punti cardinali, e che colmano l’oceano d’acque che circonda l’isola del mondo, ineterna rotazione. Pur essendo un tema sul quale già tanto è stato scritto, gli speciali-sti che hanno collaborato a questo volume sono riusciti a fornire nuovi materiali eoriginali spunti interpretativi, in riferimento a uno dei mitologemi più importantidella storia delle religioni: dall’India indù all’Iran zoroastriano, dalla Grecia antica al-l’Islam arabo-persiano, dalla Cina taoista al Giappone scintoista e buddhista, fino alleculture amerinde dell’America settentrionale.Il filo conduttore che collega tutti gli studi qui raccolti è la continua ricerca da partedell’uomo non solo del centro simbolico del mondo, ma anche del luogo dove attin-gere esperienze d’ascesi e di divina rivelazione.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 105

• 106 •SEGNALAZIONI EDITORIALI

CCLLAAUUDDIIOO BBOONNVVEECCCCHHIIOOL’eclissi della sovranitàMimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010, pp. 107, € 12,00

La sovranità è uno dei temi più noti del pensiero politico. Ogniregime o sistema politico si rapporta, infatti, alla sovranità chedetermina l’esistenza politica delle istituzioni, nonché lo stessoagire politico degli uomini. Ma la sovranità rimanda, necessa-riamente, a qualcosa che la legittimi e la fondi: in quanto il sem-plice uso della forza non è in grado di supportarla. Questoqualcosa, da tempo immemorabile, è stata la trascendenza:ossia la sacralizzazione della sovranità stessa. Grazie ad essa,

l’umanità è riuscita, con difficoltà, a superare quello che Hobbes definiva il bellum om-nium contra omnes: ossia il particolarismo e l’egoismo dell’individuo o delle collettività,integrandosi in aggregazioni più ampie, legittime e fondate. Questa realtà - che haritmato la storia dell’Occidente ed ha costruito la sua coscienza collettiva - si è incri-nata con la Riforma Protestante e si è interrotta definitivamente con la RivoluzioneFrancese. Questo studio si propone di analizzare la crisi della sovranità, mostrandocome la sua lenta eclissi abbia prodotto il riemergere di forme arcaiche dell’incon-scio collettivo, aprendo la strada a momenti incontrollabili, destabilizzanti e sangui-nari nell’agire politico. Come è avvenuto nella Rivoluzione Francese e come potrebbeavvenire ancora.

1/2011HIRAM

pose perciò - ma senza osare pubblicarlo - Le Leggi, modellato sull’omonimo dialogoplatonico, in cui presentava un concreto programma per il ritorno delle credenze edei valori morali del passato pre-cristiano. Per introdurre alla vita e all’opera di que-sto enigmatico personaggio - in attesa di una sempre più auspicata e necessariasumma dei suoi molteplici scritti - si presenta qui il Trattato delle virtù, l’opera di Ple-tone che ha conosciuto la maggior diffusione. Rivolta a un ampio pubblico, con essaPletone diffonde le sue teorie morali e politiche. Notevole per la saldezza delle ana-lisi e delle definizioni proposte, il filosofo, innanzitutto, elabora un sistema completodi virtù principali e subordinate, deducendole dai princìpi supremi della morale edell’antropologia. Al vertice di tutte le virtù è la religione. Si riferisce che Pletoneavrebbe asserito che “in breve tutto il mondo avrebbe accolto una sola medesima re-ligione, con un sol animo, una sola mente, una sola predicazione. Maometto e Cristosarebbero caduti nell’oblio e sarebbe rifulsa in tutto l’universo l’assoluta verità”.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 106

SEGNALAZIONI EDITORIALI• 107 •

CCLLAAUUDDIIOO BBOONNVVEECCCCHHIIOOLa magia e il sacro. Saggi inattuali.Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010, € 16,00

Le riflessioni contenute in questo volume tendono ad andareverso una sola ed unica direzione: quella di ritagliare uno spa-zio critico ed oppositivo nei confronti di una società semprepiù povera di senso e contenuti. Rappresenta una sorta di in-vito ad “essere diversi” per “essere se stessi” e a ribellarsi adun consumismo che tutto travolge e tutto distorce. Ma èanche un invito a combattere quel nichilismo in cui l’assolutamancanza di valori diventa filosofia di vita, ammantandosi difrasi “ben fatte”, di “ovvietà filosofiche” e di quel “politicamente corretto” dietro cuiintellettuali e filosofi nascondono, oggi, il loro non-essere e la loro pochezza.

1/2011HIRAM

SSTTEEFFAANNOO BBUUSSCCHHEERRIINNIINel segno di Urania. Introduzione alla trigonometria greca e al cal-colo delle corde.Con una premessa di Antonio PanainoMimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010, pp. 67, € 12,00

La nascita della trigonometria è dovuta alla necessità degliastronomi antichi di calcolare i movimenti dei corpi celesti.Più arduo è stabilire il nome del fondatore della disciplina: èmolto probabile che la sua origine risalga ad Ipparco di Nicea,al quale è attribuita la prima tavola delle corde, antesignanedella moderna funzione trigonometrica “seno”, anche se ilpiù antico testo esistente che contiene calcoli trigonometrici è solo l’Almagesto diTolemeo. Tuttavia, le conoscenze matematiche necessarie alla costruzione di tali ta-vole si basano su teorie più antiche e ciò ha portato a credere che molto probabil-mente esse fossero il risultato finale di un lungo studio preparatorio. Il presentelavoro, oltre ad analizzare le principali proposizioni che sono alla base della trigono-metria greca (compresa la trigonometria sferica esposta per la prima volta da Mene-lao), prende anche in considerazione il sistema greco di numerazione, le frazionisessagesimali e le operazioni aritmetiche impiegate anticamente nella stesura e nelcalcolo delle tavole.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 107

L’intero processo della creazione forma dunque un immenso cerchioontologico in cui non è dato in realtà un punto iniziale e finale. Il mo-vimento da uno stadio a un altro, considerato in sé, è certamente fe-nomeno temporale ma l’intero cerchio, non avendo appunto né inizioné fine, costituisce un fenomeno trans-temporale (o atemporale): è, inaltre parole, un processo metafisico. Ogni cosa è attuale in un eternopresente.

Toshihiko Izutso

La prima traduzione italiana di Toshihiko Izutsu, un’indiscussa autorità negli studifilosofici metafisici delle scuole di Sufismo Islamico. Tradotto in circa trenta lingue,Toshihiko Izutsu ha illuminato il mondo con la sua innovativa teoria dell’armonia trai popoli. Un approccio meta-filosofico basato sul confronto tra culture a partire dallaconsapevolezza che i valori fondanti propri di una religione possono essere ritrovatianche nelle altre. Sufismo e Taoismo straordinariamente a confronto. La forma di ri-cerca mistica tipica dell’islamismo e la religione originaria della Cina del II secolo a.C.unite in un’unica appassionante opera. Un testo per accostarsi alla conoscenza di duegrandi tradizioni, nella sicurezza di una grande guida spirituale e scientifica. Una ri-cerca seria e ricca di una profonda spiritualità.

• 108 •SEGNALAZIONI EDITORIALI

1/2011HIRAM

AALLEESSSSAANNDDRROO OORRLLAANNDDIIL’oro di Saturno. Saggi sulla tradizione ermetica.Prefazione di Elio OcchipintiMimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010, pp. 262, € 22,00

Scienza e magia, Tradizione ermetica e New Age, i Misteri diDioniso e di Mithra nel mondo antico, il significato esotericodei Tarocchi, le origini del male nella Kabbalah ebraica, gli Eg-gregori, il fuoco e il mercurio segreto degli alchimisti, il “pen-siero del cuore”. Ognuno dei temi trattati in questo libroracchiude in sé un po’ dell’“Oro di Saturno”. Una scintilla di luceche è precipitata nell’abisso, una consapevolezza profonda-

mente addormentata che solo l’immaginazione attiva può risvegliare. Animare i sim-boli può aprirci a una nuova percezione del mondo e restituirci la perduta visione: lacapacità di leggere i Segni dei Tempi.

TTOOSSHHIIHHIIKKOO IIZZUUTTSSUUSufismo e TaoismoA cura di A. De Luca. Introduzione di G. PasqualottoMimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010, pp. 538, €38,00

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 108

Recensioni

GGIIOOVVAANNNNII GGRREECCOOI cantieri del collegio invisibile. Un abbecedario massonico.Prefazione di Marco VegliaBononia University Press, Bologna, 2010

di Marco Veglia

“Non è la libertà che manca, sono gli uomini liberi”. Cosìsi legge in queste pagine, con una consapevolezza che neguida il concepimento e la stesura. L’ordine stesso del libro,con la discrezione e insieme la fermezza della serie alfabe-tica, comunica la necessaria reductio ad unum che, della lati-tudine di una vita e di un ideale massonico, viene suggerita ora, con pacatezza nonminore al piglio animoso, da Giovanni Greco. Il libro, insomma, nella sua unità, si pre-senta, e tale vuole essere, plurale: “La libertà al singolare”, si legge da Benedetto Croce,“esiste solamente nelle libertà al plurale”.

L’Autore di questo volumetto agile e fecondo di pollini (questo storico severo, chedalla scuola di Augusto Placanica è giunto all’Alma Mater Studiorum), ha deciso diraccogliere i marginalia, gli appunti, i pensieri, che ne nutrono la riflessione sulla vitae, in particolare, sulla vita massonica. I pensieri nascono dalle asperità stesse del-l’esistenza, dai fulgori, dalla sua faticosa e coraggiosa quotidianità.

E qui, forse, giova al lettore una prima avvertenza. Non tutti i pensieri, anzi la mag-gior parte di essi, qui accolti e fermati, appartengono in senso stretto, direi quasi tec-nico, alla storia e agli ideali, ai principi e ai rituali della Libera Muratoria. Il libro,quindi, si muove in altra direzione, sfugge, si nega, elude l’impertinenza dello sguardoindiscreto.

1/2011HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 109

• 110 •

La storia dell’Ordine, le Costituzioni che ne regolano la vita e gli ideali sin dagli al-bori del XVIII secolo, rimangono, per scelta di Giovanni Greco, sullo sfondo. Essi, secosì si può dire, devono essere indotti, cercati, in una prospettiva corale nella qualeil libro che abbiamo tra mano si apre, come in una rete di rapporti, ad altri volumi, adaltri uomini e ad altre storie.

In altre parole, si può dire che la scommessa del libro, anche attraverso la sapienzadei propri silenzi, sia quella di lasciarsi attraversare e dischiudere in una dimensionemultipla di relazioni storiche. Il libro presuppone allora una biblioteca, ma non è bi-blioteca; presuppone conoscenza della storia della Massoneria, ma non è, non vuoleessere affatto, quella storia. Ci si accosta al centro del libro, invece, ove se ne colga lascelta programmatica di incastonare la storia massonica fra mille storie, di ascoltarnele voci (Alchimia, Apofasimeni, Bastiglia), i personaggi (Franklin), le allegorie iniziatiche(Asino), i simboli (Labirinto), non in astratto, ipostatizzati in una dimensione sospesasugli uomini, ma nel flusso della vita.

Alle volte – scrive Greco nelle sue pagine introduttive – l’antica pittura su tela, invec-chiando, si fa trasparente. Quando questo accade è possibile vedere le linee originali dicerti quadri. Sotto un’acacia trapelerà una pietra grezza, una squadra e un compasso siconfondono in un pavimento bianco e nero.

Se il rischio della Massoneria, come di ogni Ordine nel quale si entri per coopta-zione, è quello dell’autoreferenzialità, ovvero di pensare, talvolta, che tutte le cosebuone della storia contemporanea siano sorte al proprio interno; che non molti, matutti gli uomini insigni siano stati, perfino dove ne manchino le prove documentarie,liberi muratori, allora questo libro, con garbo, con ironia, con mediterranea saggezza,contribuisce a fugare quel rischio e a evitare l’insorgenza, sempre possibile, di quel-l’equivoco. Se, del pari, l’accusa dei nemici della Massoneria è che essa sia “relativi-sta”, quell’accusa è qui contraddetta in modo originale: il valore universale della stessaesperienza liberomuratoria viene infatti relativizzato, cioè, con esattezza, viene coltoin relazione a i contesti, le forme, le parole, i pensieri, le letture, della vita umana. Ciò,tuttavia, viene ad essere propriamente la garanzia storica della universalità della sua“missione”. E qui, di nuovo, quasi direi con understatement, si coglie lo storicismo del-l’uomo (Giovanni Greco) dedito allo studio strenuo del passato, alla lezione degli uo-mini che continuano a interpellare, attraverso i documenti che ne illustrano ilpensiero e l’operosità, la nostra coscienza.

A queste considerazioni occorre por mente, poiché, per altra e diversa via, sia ilettori-massoni, sia i lettori semplicemente curiosi, potrebbero non intendere ap-pieno il taglio innovativo, perfino, oserei dire, provocatorio, del “mescolato” sapien-ziale nel quale si trova incastonata, come storia fra le storie, la vicenda massonica.

1/2011HIRAM

RECENSIONI

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 110

RECENSIONI• 111 •

Che di arguta provocazione si tratti è dimostrato dal fatto che, sul fondamento di que-ste premesse, il titolo (I cantieri del Collegio Invisibile) e il sottotitolo del libro (Un – sipresti attenzione all’articolo indeterminativo – abbecedario massonico) dischiudonoaltri orizzonti e, insieme, rivendicano una incompiutezza costruttiva, fabrile, esem-plare e orientativa solo nella misura in cui essa prenda coscienza della propria, umanae nobilissima, incompiutezza.

Del resto, il richiamo del titolo all’isola baconiana di Bensalem e ai suoi “mercantidi luce”, che, nella Nuova Atlantide, conoscono senza essere conosciuti, determina me-glio, poi, il significato del Collegio Invisibile, che, appunto, di quell’isola e dell’idealeutopico ch’essa simboleggia, rappresenta l’élite spirituale. Come la Casa di Salomonedi Bacone, anche il libro-cantiere di Greco è “un po’ come una casa: ha corridoi, sot-toscala, cantine, abbaini e finestrine, luoghi che non sempre si vedono con chiarezza,ma sono passaggi e fondamenta e fanno la costruzione”. La luce insomma ha una suaarchitettura, non è semplice ma composta, non è uniforme ma stratificata.

La diffrazione alfabetica delle esperienze e delle testimonianze che Giovanni Grecoallega a beneficio del proprio lettore si ricompone perciò, per quel che riguarda l’au-tore e il suo libro, a parte subiecti, allo scopo di significare come, in una esperienzamassonica aperta, intesa come “viaggio per pensare al futuro con cuore antico”, tuttele occasioni feriali, comuni alla maggior parte degli uomini, siano suscettibili di tra-dursi in momenti di perfezionamento spirituale.

Il libro è dunque, se non m’inganno, strutturalmente inatteso, nel senso che nonsi presenta e non si dispone, al proprio interno, secondo le prevedibili modalità cheun testo “massonico” tradizionalmente assume quando voglia svolgere una funzione,tra le altre, propedeutica, pedagogica, insomma esemplare. Il libro si disgrega, resol-vendo composita in principia simplicia, per poi ricomporsi alchemicamente e coagularsinella mente del lettore. La strategia discorsiva, in ciò compiutamente fedele a unaprospettiva iniziatica, non è esibita, tanto meno imposta, ma si ricompone con una va-rietà si soluzioni che coincide con la moltitudine delle possibilità intepretative. Uni-taria, invece, e nutrita dei vigori stessi della varietà nella quale s’inserisce, è laprospettiva civile, libertaria, che, dalla Massoneria e da questo libro, scaturisce conchiarezza. Essa può rendere appieno, a me pare, con le istruzioni per gli Apofasimeni,cui è dedicata una delle “voci” più rilevanti del libro. Così, nel 1832, si leggeva neglistatuti della “fraternità”:

Dalla rigenerazione che gli Apofasimeni preparano deve nascere per l’Italia un assettouniforme alla giustizia, vale a dire a quell’uguaglianza che la natura ha posto fra gli uominitutti. Quindi è che, mentre da noi si combatte per l’indipendenza, l’unità e la libertà dellapatria, dobbiamo studiare di svellere dal suolo della medesima ogni seme di quei barbariistituti che tengono il popolo nel bisogno e nella dipendenza. Questi istituti sono i privi-

1/2011HIRAM

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 111

• 112 •

legi per mezzo dei quali le ricchezze trovansi ristrette in poche mani a danno della libertàe degli agi di tutti gli altri; finché tali vizi infesteranno l’Italia, impossibil cosa fia il renderlaveramente indipendente e libera. Un grande incarico è questo che Dio c’impone.

Questo non sembra davvero un programma del passato, sia detto a lode di Gio-vanni Greco che lo ripropone nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ma del futuro.

1/2011HIRAM

RECENSIONI

MMAARRCCOO NNOOVVAARRIINNOOProgresso e Tradizione Libero Muratoria. Storia del Rito Simbolico Italiano (1859-1925).Angelo Pontecorboli Editore, Firenze, 2009

di Guglielmo Adilardi

Il Rito Simbolico rappresentò la radice più originale della Massoneria italiana. UnRito che si manifestò, uscendo dalle tenebre, in contemporanea con il formarsi del-l’Unità italiana, e all’Unità tese con uomini e pensiero differenziandosi da altri ritiesterofili. Anche quando accettò di far parte del GOI, riunificato da Giuseppe Mazzonie da Lemmi, si connaturò sempre come Rito nazionale e repubblicano. In esso con-fluirono le formazioni politiche radicali e repubblicane che tardarono, rispetto al RitoScozzese, ad infeudarsi nella monarchia sabauda.

D’altronde – fa notare Novarino – la prima loggia che sorse in Italia, a Torino, diRito Simbolico, nel 1859 portava il nome di “Ausonia”.

L’imprinting, come sempre accade, fu dato dagli iniziatori: Filippo Delpino, forma-tosi sotto l’egida del Grande Napoleone, mazziniano della prima ora e Tito Livio Zam-beccari, anch’egli cospiratore carbonaro e combattente per l’Unità d’Italia.

In seguito, via via che l’unificazione delle sparse braccia massoniche si andavacompiendo, le sorti del Rito Simbolico si fusero con quelle del Grande Oriente Italianodi Palazzo Giustiniani, ma sempre mantenendo una propria colta originalità ed unapratica operatività che vide la costituzione di opere benefiche ed umanitarie da partedei suoi confreres.

Una ricostruzione che tiene conto della penetrazione degli uomini del Rito Sim-bolico nella società civile, politica e culturale nel costruire l’Unità italiana e una ri-costruzione più interna attraverso lo studio dei regolamenti e dei verbali delleriunioni degli organi dirigenti.

Un saggio necessario e utile alla comprensione del fenomeno massonico nel suo in-sieme senza scendere mai nel facile apologismo.

HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 112