hans richter. dada fino all'ultimo respiro

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18 H a n s R i c H t e R DADA f i n o a l l u l t i m o r e s p i r o Hans Richter, Dada fino all’ultimo respiro a cura di Marisa Vescovo

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Catalogo della mostra "Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro". Al MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) dal 30 giugno al 7 ottobre 2012.

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a cura di Marisa Vescovo

Page 2: Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro

18Collana “Quaderni del Museo”

MACA

Museo Arte Contemporanea Acri

Provincia di

Cosenza

Regione

Calabria

Città di

Acri

@macaacri

Page 3: Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro

Dadafino all’ultimo respiro

MACA Museo Arte Contemporanea Acri

Silvio Vigliaturo, direttore artistico

Boris Brollo, curatore esterno

Curatore della mostra

Marisa Vescovo

Organizzazione e coordinamento

Oesum Led Icima

DeArte progetti e servizi per l’arte

Coordinamento generale

Barbara Gamba

Allestimento mostra a cura di

Massimo Garofalo e Valerio Vigliaturo

in collaborazione con:

Giuseppe Tunnera e Gianfranco DeLuca

Crediti fotografici

Luca Bottello

Rapporti con gli organi di informazione

Federico Bria, Ufficio Stampa BCC Mediocrati

Francesco Kostner, portavoce del Rettore Università della

Calabria

Andrea Rodi, responsabile Ufficio Stampa MACA

GraficArtFronzoli

In collaborazione con GAGALS

Collaboratori

Antonella Algieri

Ermanno Benna

Claudio Bottello

Pierangelo Cauda

Franco Gaccione

Andrea Rodi

Antonio Tancredi

Claudio Zucca

Giulia Zucca

Zucca Grafica - Pessione, Torino

Le opere provengono da Collezioni private di Torino e

Padova

Un ringraziamento particolare a lla Galleria Luigi Daniele,

per la preziosa collaborazione

Hans Richtera cura di Marisa Vescovo

Oesum led icima - edizione 2012

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MACA

Museo Arte Contemporanea Acri

Palazzo Sanseverino Falcone, Acri (CS)

dal 30 giugno - 7 ottobre 2012

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Ci fu un momento, a ridosso del termine del primo conflitto mondiale, in cui la devastazione e l’orrore provocati daquella stessa sanguinosissima guerra furono vissuti come l’inevitabile portato di una cultura vecchia, autoritaria eviolenta. La fine dei combattimenti venne accompagnata, prima nella neutrale Svizzera e poi nel resto dell’Europacentrale, dall’improvvisa nascita di un movimento avanguardistico che trovava nel totale rifiuto delle regole lingui-stiche ed estetiche la propria prerogativa e il proprio manifesto. Il Dadaismo nacque dalla voglia di libertà dei suoimembri e in totale libertà si sviluppò a cavallo tra le due guerre. L’artista e cineasta Hans Richter è uno dei migliori esempi dello spirito Dada. Infarcito delle modalità pittorichedell’espressionismo tedesco, trovò presto scomodo l’angusto spazio della tela, troppo risicato per le sue ambiziosesperimentazioni. Si spostò, allora, sui rotoli di origine orientale, ma anche quelli rimasero solo una tappa intermedia diuna progressione artistica che cercava di restituire il movimento in assoluta purezza. L’unica soluzione era il film ed eglifu tra i primi e più eccelsi sperimentatori di quel nuovo mezzo espressivo, giungendo sino ad aggiudicarsi un Leoned’Oro a Venezia per il lungometraggio Dreams That Money Can Buy, presente in mostra assieme ad altri trentaesemplari della produzione cinematografica del grande artista tedesco e di altri suoi contemporanei e compagnidadaisti, quali Marcel Duchamp, Fernand Léger e Man Ray.È la prima volta che il MACA da così ampio spazio a quella che oggi viene definita video-arte e lo fa presen-tandocene uno dei primissimi e più celebrati interpreti. È strano pensare che questa sia la prima mostra cheun museo italiano dedica alla figura di Hans Richter, tale è stata la sua importanza nella storia dell’arte del Novecento,ma uno dei compiti di un museo è proprio quello di colmare queste lacune.I nostri ringraziamenti vanno a Marisa Vescovo, che ha curato l’allestimento della mostra, a Boris Brollo, curatoreesterno del MACA e all’associazione culturale De Arte, che ha rinnovato la collaborazione con il museo di Acri perdare vita a un altro grande evento.

Luigi MaioranoVice Sindaco della città di Acri

Anna VigliaturoAssessore alla cultura della città di Acri

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L’ARTE DELL’ANTIARTE

Hans Richter (1888+1976) ebbe una vita lunga ed una lunga carriera artistica. Dagli studi di architettura in Berlino eWeimar alla mostra sulla Secessione (1912) dove resta impressionato dalle Bagnanti di Cezanne; nel 1914 la sua primapersonale; frequenta i pittori espressionisti del “Brucke” e del “Blaue Reiter” a cui si legherà d’amicizia e sodalizioartistico. Frequenterà il musicista italiano Ferruccio Busoni (amico di Umberto Boccioni, il nostro futurista, di cui esisteun suo ritratto datato 1916) che gli insegnerà le variazioni ritmiche e il contrappunto così che Richter si aprirà a nuovesperimentazioni artistiche soprattutto astratte. Poi, per una ferita nella Prima Guerra Mondiale (1916) si rifugia in Svizzerae a Zurigo parteciperà alla vita del gruppo Dadaista che gira attorno a Hugo Ball e al Cafè Voltaire. Qui grazie a TristanTzara, poeta e inventore del termine Dadaismo, conoscerà il pittore svedese Eggeling con il quale si legheràd’amicizia ed esporrà assieme opere essenzialmente astratte. Si sposterà, poi, a Berlino e lì seguirà la vita del gruppodadaista berlinese e collaborerà alla rivista De Stijl. Tra il 1919 e il 1923 le sue opere si distinguono per i materialiimpiegati: legno e cartone, oppure fa ricorso a rotoli di cellulosa. Contemporaneamente con l’amico artista Eggelingsi dedicherà al cinema ed alla morte dello stesso amico nel 1926 dedicherà alla produzione di questi una rassegnacinematografica. La conoscenza di Hausmann, della Hannah Hoch, di El Lissitskij, dell’architetto Mies van de Rohe, epoi di Van Doesburg e di Kurt Schwitters mantiene l’operare di Richter sempre ancorato all’oggetto, al fare. Esseredadaisti in quegli anni significava essere e vivere un atteggiamento di sfida nei confronti del pensiero borghese inquanto dimostrazione del fallimento dello stesso pensiero e quindi della messa in opera dei meccanismi linguisticiche ne dimostravano la fallacia e l’impossibilità di essere e di esistere all’interno di esso. Pertanto, solo lo scherzo e losberleffo erano possibili. In questo “scandalo” sta tutta la storia di Dada. E lo sta a dimostrare il fatto che è una storiasoprattutto letteraria e quindi, linguisticamente parlando, molto più facile di quella della pittura. Più difficile era inquegli anni di anti-Arte l’usare mezzi artistici per loro natura di uso visivo che dovevano contenere tutto il pathosrivoluzionario richiesto ad un pensiero caustico e nichilista. Di questo, nel gruppo, vi era coscienza della difficoltàespressiva per i pittori che non era quella dei poeti. Marcel Janco, pittore dadaista della prima ora, legato al gruppozurighese, ha molto chiara questa modalità dell’operare del Movimento che così descrive: “ Né Arp (Hans), Taueber(Sophie), Richter (Hans), Eggeling, o io eravamo interessati allo scandalo. Le nostre esperienze, le espressioni nuove

dell’Automatismo, la scoperta del Gioco del Caso,la fede nell’istituto dell’Arte, la potenza del Subcosciente cidavano nuova fiducia. Perfino la parola Dada aveva per noi già un senso nuovo: sinonimo di puro, infantile, diretto,originario.…. “Noi avevamo superato la negazione, non avevamo più bisogno di aggressione e di scandalo. Il nostrocoraggio lo avevamo collocato nell’opera trovando un senso nuovo per l’arte nella Società. L’arte nasce comeun’unghia dalla carne, diceva Arp”. Da qui, da questa coscienza di essere nel nuovo e nel giusto, prosegue e s’in-scrive l’operato di Hans Richter. Il quale capisce l’importanza del cinema quale opera totale che spinge le ideologiedel Novecento, Fascismo e Comunismo, a farne un uso primario nel controllo delle masse, ma lui lo userà con sensodi libertà che gli è proprio e che gli viene dalla frequentazione della pittura astratta, soprattutto dall’uso della tecnicadell’incisione. Tecnica questa che esige manualità e pensiero. Soprattutto per un lavoro astratto che non è copia dialtre opere come sino ad allora si usava fare con l’incisione. Richter la rigenera facendone una tecnica artistica di primopiano ed autosufficiente. La tecnica dell’incisione non concede vizio di sorta, essa è solo mestiere e quindi non si puòbarare. Essa riflette in primis il pensiero dell’autore, soprattutto in un’opera astratta. Il sentimento dell’opera staspesso nelle gradazioni dei neri e dei grigi. E questo l’ approssima per linguaggio alla pellicola in bianco/nero con isuoi fotogrammi. E’ qui che avviene lo spostamento di Richter, egli passa alla pellicola, attuandone sopra, a mano,diversi segni graffiati che poi scorreranno con la pellicola stessa dando vita a forme diverse che si muovono eondeggiano davanti a noi sullo schermo in maniera del tutto libera per associazioni di pensiero. Questo nel 1920 eraquasi un miracolo. Nel 1910 era già apparso il manifesto del Fotodinamismo Futurista di Anton Giulio Bragaglia, poiperfezionato nel 1916. Era quindi impossibile non conoscerlo. Tristan Tzara imitava Marinetti e il Dadaismo faceva ilcontrario del Futurismo. E se i fratelli Bragaglia erano legati al movimento fotodinamico, Richter si lega all’astrattismoassoluto e quindi alla libertà dell’immagine, del segno, che si costruisce nel cervello per immagini grazie alla retina.Quindi opera un salto concettuale proprio grazie al Cinema che in Richter, contrario ad ogni costrizione linguistica, simuove su moti della coscienza e dell’inconscio. Questa mostra, grazie alla collaborazione di Claudio Bottello, dà l’oc-casione di vedere al M.A.C.A un aspetto dell’arte contemporanea fra i più importanti dell’inizio del secolo scorso.

Boris Brollo, curatore esterno del MACA

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HANS RICHTERDada fino all’ultimo respiro

Se esistono delle costanti nella cultura, se è possibile ritrovare delle invarianti sottese al continuo fluire deltempo e della storia, allora è certamente possibile dire che la cultura tedesca appare continuamente solleci-tata da polarità estreme, almeno dal Romanticismo in poi. Contro il miracoloso equilibrio vitale di Goethe sisgretolano le esistenze mancate di Hölderlin, di Lenz, rose dall’interno, ma anche vivificate, da una immagi-nazione spinta fino ai confini della follia. Contro la lunga esistenza vittoriosa di Goethe, brucia rapidamen-te e oscuramente la vita breve di Büchner e pure Schopenhauer. L’universo moderno ha capovolto i valori, oalmeno ha riscoperto ciò che il razionalismo borghese trionfante aveva voluto accantonare, emarginare, emagari dimenticare. Si è detto che l’Espressionismo esprime pienamente la cultura tedesca. Ma è del tuttovero? Forse è vero che l’Espressionismo rappresenta appunto uno dei poli dell’anima germanica, essendol’altra quella della razionalizzazione, dell’ordine sistematico, della mentalità analitica? È certo chel’Espressionismo nasce nei primi anni del Novecento, ma è anche negli stessi anni che nasce il Werkbund,che doveva affrontare il tema dei rapporti tra arte e tecnica e affrontare la questione dell’industrializzazione.Nel lavoro degli artisti espressionisti possiamo cogliere un aspetto importante, il legame profondo che essicercano di fissare con la storia, con una tradizione figurativa che scavalca a ritroso l’epoca moderna e risultaconfigurata, secondo la geografia critica dell’epoca, nell’area dei “primitivi”, dal quale questi autori guarda-no certamente al mondo moderno, ma lo osservano con occhio fortemente critico, e con ideali di vita alter-nativi e per il recupero di culture totalmente altre. Essi sono dalla parte della “Kultur” più che della“Civilisation”, ciò che conta è la volontà di recuperare l’individuo a un livello profondo, sul piano delle moti-vazioni inconsce. Quindi l’arte diventa strumento di liberazione, regalando grande valore a tutta una partedell’ Io tradizionalmente tenuta ai margini. Queste problematiche hanno intensamente permeato la vita crea-tiva dell’artista tedesco Hans Richter—nato a Berlino nel 1888 e morto a Locarno nel 1976—pittore e cinea-sta di grande forza e sottigliezza, inizia, dopo due anni di studio alle Accademie di Berlino e di Weimar, acimentarsi con la pittura attraverso la serie dei ritratti visionari del 1917, lavori improntati a un impressionismocubisteggiante, non avulso da segnali primitivi. La nozione di “primitivo” assume così in Richter, come neglialtri artisti del gruppo, il senso di una condizione, appunto, antropologica-culturale, che l’uomo modernopoteva, e doveva, recuperare in qualche misura e porre in alternativa alla condizione rappresentata dallo stu-dio della “Civilisation”. Di qui nasce anche il ruolo centrale che la nozione di Natura assume nella poeticaespressiva degli espressionisti: natura intesa non come forma fenomenica da trasferire nell’opera d’arte, maanzitutto come modello di formatività, spontanea, autodeterminata, che l’artefice deve trasferire all’internodella propria operatività specifica. Infatti, l’artista pensava anche che i colori si sviluppassero sulla tela con lastessa conseguenza con cui la natura stessa creava le sue figure, come si formavano i minerali e le cristalliz-zazioni, come crescevano il muschio e le alghe, come sotto i raggi del sole devono dischiudersi i semi , lefoglie e i fiori. Gli antenati di tutto questo sono gli artisti che seguivano le declinazioni tedesche dell’Art

Nouveau, già ricche di umori espressionistici, e di elementi esotici. Nelle opere espressioniste di Richter—citiamo:”Sleeping man”, guoache 1914 – sentiamo che la tradizione nordica possiede un tratto decisivo: considerainsufficiente per la sua esigenza espressiva, l’accettazione classica del mondo organico come ambiente sereno peroperare, per offrire all’arte un riflesso armonioso di questo mondo. Di qui nasce la tendenza ad un’astrazione inquietache ha sempre caratterizzato lo sviluppo storico dell’arte nordica, ed è riapparsa intensamente nei primi decenni delsecolo XX°. Nascono così le deformazioni convulse delle forme naturali e organiche di Richter, che cercano di espri-mere l’inquietudine e il terrore dell’uomo dinnanzi a una natura fondamentalmente ostile e inumana. Poiché all’artistasono state negate la pace e la serenità di visione, la sua sola risorsa era quella di esasperare la propria irrequietezza perarrivare, talora, a un gioco malsano della fantasia, trasformata in una realtà spettralmente esaltata e deformata. Come perMunch, Hodler, von Jawlensky, Kandinsky, Nolde, anche per Richter, dietro l’aspetto visibile delle cose si nascondeva laloro caricatura, dietro l’inerzia mortale delle cose c’era una vita misteriosa e spettrale, così che tutte le cose reali diven-tavano grottesche. Ma Richter non è stato un artista che si è crogiolato troppo nell’isolamento e nella solitudine, o neldisprezzo di se stesso. Infatti, nel momento in cui la guerra aveva sciolto materialme nte i gruppi che si erano formati aMonaco, a Berlino, a Parigi, e altrove in Europa, egli ha preso atto di questa disgregazione, e del caos spirituale che neè seguito, capendo subito che doveva necessariamente svilupparsi un nuovo movimento artistico.Nel 1915, un gran numero di artisti si sono rifugiati nella città neutrale di Zurigo: Tristan Tzara e Marcel Janko dallaRomania, Hans Arp dalla Francia, Hugo Ball, Hans Richter, e Richard Hulsenbeck dalla Germania, ai quali in un secondotempo si unirono Max Ernst e Duchamp. Nel corso di incontri casuali in vari caffè, essi concepirono l’idea di allestireuno spettacolo internazionale d’arte varia: ebbe luogo nel 1916 in una sala presa in affitto. Fu uno spettacolo molto effer-vescente: canzoni francesi e olandesi, musica russa eseguita da un’orchestra di balalaike, musica negra, recitazione dipoesie e mostra d’arte. Ball e Hulsenbeck, cercando in un dizionario tedesco-francese un vocabolo adatto per la chan-teuse del loro gruppo, madame Le Roy , scoprirono per caso la parola dada, un chiaro riferimento all’infanzia, che èstata adottata con entusiasmo, come nome adatto a tutte le loro attività. Nel giugno del 1916 è stato pubblicato un opu-scolo intitolato Cabaret Voltaire (Voltaire padre della ragione!), edito da Ball, con una copertina disegnata da Arp e lacollaborazione di Apollinaire, Marinetti, Picasso, Modigliani, Kandinsky, Richter, Tzara e altri. Nel marzo del 1917 è stataaperta la “Galerie Dada”, nel luglio è uscito il primo numero di un periodico intitolato “Dada”. Nel gruppo del “CabaretVoltaire” vi erano tutti artisti profondamente convinti delle possibilità artistiche di questo nuovo burrascoso e irraziona-le movimento. Ed erano tutti pienamente convinti della necessità di dover combattere il concetto di naturalismo sottoqualsiasi forma. Tristan Tzara, romantico internazionalista, grande propagandista dello sviluppo del Dadaismo, ha cer-cato anche di allargare l’arte alla letteratura, o meglio alla poesia, che si sposava benissimo con l’arte astratta, la qualeera un punto d’onore per tutti i dadaisti, con in testa sicuramente Richter.Secondo questo gruppo di artisti l’arte non doveva essere né realista né idealista, ma doveva essere sincera, qualsiasiimitazione della natura, per quanto dissimulata, era una menzogna, quindi il dadaismo doveva essere un punto di

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incontro delle energie astratte e una efficace sferzata per i grandi movimenti artistici internazionali.Mentre stava per finire la guerra, il gruppo dei dadaisti di Zurigo iniziava a sfaldarsi, e i vari artisti tornarono verso la loroterra di origine, fondando nuovi gruppi dada a Berlino, Colonia, Hannover, Basilea, Barcellona, Parigi. Ma se il Dadaismoè stato quasi dimenticato fra le due guerre, aveva però creato uno slancio e fissato un orientamento allo sviluppo arti-stico dell’arte occidentale, che non si è ancora esaurito nel nostro presente: infatti si cercano ancora oggi, in quei ter-reni fertili, immagini per esprimere il vortice della vita moderna: una vita di acciaio, di febbre, di orgoglio, di velocitàvertiginosa, che riconduceva, allora, ma anche ora, al concetto di “Civilization” di cui abbiamo già detto. Hans Richter– che diventò anche storico del dadaismo –, al di là degli estremismi libertari, ha continuato tutta la vita a seguire il solcoDada, portando sulla tela , o nei collage, “cose” prese dalle abitudini della vita comune, carta, pezzi di giornali, fili, trac-ce frammentarie della natura, cellule, e magari delle nuvole, attribuendo loro significati traslati, assolutamente desueti espiazzanti in un tempo di tecnologia montante – si veda: “Dream” (1940), “Composition” (olio su tela,1957),“Composition” (olio su pannello 1957), “Cartolina Dada” (1964) –. Quindi, partendo dall’azzeramento logico e icono-grafico, Richter arrivava quasi alla riduzione del pensiero che riguardava i fenomeni della natura: tutti gli elementi pre-senti sulla superfice dell’opera venivano ridotti all’essenza, per favorire una percezione e una comunicazione diretta esemplice. Se Hans Richter ha iniziato a dipingere sotto l’influenza dell’espressionismo e del cubismo, cionondimeno isuoi dipinti sono consapevoli dei temi dell’inconscio, della vita automatica e irriflessiva, i sogni, le allucinazioni, ma nonin una dimensione negativa, bensì con un atto consapevole di ricerca, di constatazione, nella convinzione che soltan-to l’irruzione improvvisa e scardinante dell’irrazionale dentro le regole fisse delle nostre abitudini, viziate e rese opachedai bisogni tradizionali, avrebbe determinato la vera libertà. A questo proposito basta osservare lavori quali: “Variationsur le thème TETE DADA” (collage e guache su carta, 1970), “Petit collage” (collage su carta, 1966), “Variation sur letheme des Labyrinthes” (olio su tela, 1960), “Variazioni sul tema dei gesti semplici” (olio su tela, 1960), “Piccolo Dymo“ (collage su tela ,1970 ), per capire che queste opere vogliono essere il prototipo di un’ottica rinnovata (a volte non èestraneo un certo gusto per l’arte informale più secca e segnica), per riportare ogni forma a un segno di purezza daprimo giorno del mondo, ma dove tutto poteva essere salvato nonostante i presentimenti di sfacelo. In molta parte delsuo percorso Richter ha mostrato di possedere molti “ego” (non dimentichiamo che Jung e Joyce stavano allora inSvizzera) e molte anime, quindi dopo il contatto con il costruttivismo sovietico e gli olandesi di De Stijl, il suo più gran-de contributo all’avanguardia è la proposta di un peculiare linguaggio filmico, a partire dal 1921, su spinta di VikingEggeling, realizzava i suoi “esperimenti ironici” (con tecniche molto diverse si sono mossi anche Leger e Clair) in cui –come ha scritto Adelio Ferrero – è riuscito a dimostrare che l’espressione di un movimento dipende dal suo ritmo, ritmoe movimento costituiscono le basi della drammaturgia dello schermo, cioè di una drammaturgia veramente visuale. Ilfilm deve cercare la propria estetica nei rapporti puramente visuali; l’azione cinematografica deve essere vita e, infine,essa non può limitarsi alla persona e alla rappresentazione della persona, ma deve dilatarsi al di là di questa, nel domi-nio della natura e del sogno. Nel 1921, Richter presentava il suo “Rhythmus 21”, una sequenza di forme geometriche,

assemblate con procedimenti analogici associativi, composizioni scomposizioni ritmico-visuali, magari amman-tate con un pizzico di “flou” (fluidità), che Richter spiega così: «Assumendo il formato rettangolare della tela inuna data proiezione, come elemento formale, potevo concentrarmi completamente sull’orchestrazione deltempo e solamente sul tempo. La sensazione più grande e originale di ogni espressione cinematografica». Unmodo di fare cinema molto diverso da quello di Man Ray, che impressionava immagini sulla pellicola senza ricor-rere alla cinepresa, per semplice contatto di oggetti comuni esposti per pochi secondi alla luce bianca, comenei rayogrammi. Nell’ambito del cinema d’avanguardia, questo percorso dal film “astratto” al film “urbano” ècompiuto da vati artisti. Anzitutto da Richter: dopo le ricerche sviluppate in comune con Eggeling, con “Rhytmus23” (1923), e sotto l’influenza della rivista “De Stijl”, si orientava verso composizioni di tipo squisitamente “archi-tettonico” della forma bidimensionale in movimento nella profondità illusoria dello schermo, la quale presenta-va una struttura più articolata e complessa che nelle prove precedenti, ma anche meno nitida. Non è quindi uncaso che la successiva evoluzione di Richter cineasta, dopo la tappa intermedia di “Filmstudie” (1926), con cuic’è un parziale recupero della figurazione, sia caratterizzata da una scelta sempre più marcata, in una direzionedada-surrealista, di soggetti legati all’iconografia dello spazio urbano: oltre a “Vormittagsspuk “ (“Apparizioniprima di colazione”, 1927), che inscena uno straniante rapporto tra la figura umana e un mondo di oggetti inrivolta, caratterizzato da trucchi fotografici: famosi sono i cappelli che volano e gli uomini che marciano controse stessi, le tazzine in movimento, tutte le cose sono dunque finalmente in libertà. E qui troviamo un rimandoanche al cinema di Mélies e di Léger. Il film successivo “Dreams That Money Can Buy” (1946 ), promosso daRichter, con la collaborazione di Duchamp, Léger, Man Ray e altri, e recitato dagli stessi artisti, altro non è che unariproposta del repertorio iconografico dell’avanguardia degli anni venti, in cui domina la legge del caso e la teo-rizzazione dell’assurdo. Il film presenta precisi esempi di “adattamento “ dei modelli pittorici al contesto filmi-co, che è altra cosa del superamento del pittorico nel filmico., Qualcuno osserverà che la produzione di Richterdopo gli anni quaranta non è stata che una serie di riprese a distanza di quanto creato in precedenza, invece, aben guardare, si presenta come uno sviluppo, sia pure lento e sotterraneo, e una continuazione delleAvanguardie. Ciò non vuol dire che ci siano profonde differenze tra i due momenti, dada e neo-dada. Si tratta,invece, di arricchimenti, sviluppi, variazioni di esperienze passate, o immediatamente a ridosso. La differenzafondamentale è forse quella che, mentre Duchamp e Richter, attraverso il disprezzo per l’estetismo, non dichia-rato nell’opera ma sottinteso, si isolano in se stessi e si chiudono nella reciproca rarefatta interiorità, quelli chevengono dopo si proiettano invece verso l’esterno e operano una incessante ricognizione intorno a sé. Anche ildato formale che caratterizza, in una serrata continuità di assunti ,il dada e il neo-dada, cioè il ricorso a oggettie materie estranee alla pittura, ma sostitutivi e integrativi di essa, è un dato che interessa a largo raggio buonaparte dell’arte d’avanguardia e costituisce un’altra caratteristica comune a più movimenti contemporanei.

Marisa Vescovo, curatore della mostra

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HANS RICHTER visto da Sir Herbert Readpoeta e critico letterario britannico; figura importante insieme a Thomas Eliot e George Orwell negli anni ’50

Il nome di Hans Richter resterà associato alle origini dei movimenti moderni. Ai giorni nostri il termine “avanguardia”è divenuto uno slogan, ma negli anni di formazione tra il 1908 e il 1918, c’era un gruppo di rottura del movimentomoderno, un piccolo gruppo di artisti che doveva progredire in un paese sconosciuto, in un paese popolato daabitanti ostili (la borghesia).Essi non avevamo alcuna risorsa, erano armati solo della loro immaginazione, ma avevano un immenso coraggio e ciòche realizzarono in quei giorni eroici Dada e ora storici, ma è una storia alla quale noi partecipiamo ancora.Si potrebbe dire che quest’avanguardia ha dovuto improvvisare le sue truppe e che utilizzarono tutto ciò che avevanoa portata di mano, perfino il contenuto dei bidoni dell’immondizia, se non c’era niente altro. Richter da qui compresedall’inizio che la nuova tecnica della cinematografia offriva all’artista una possibilità unica: il suo contributo particolareal movimento moderno è una conseguenza di questa ispirazione rapida. È sempre stato difficile presentare l’opera diHans Richter, in quanto risultato di un’unica collaborazione tra pittore e cineasta. Ma, cronologicamente, il pittore vieneper primo e alcune sperimentazioni su un’arte geometrica puramente astratta hanno portato Richter a sperimentare ilfilm. Verso il 1919, comprese che i ritmi astratti di una pittura potevano essere prolungati all’infinito, al posto di limita-re la pittura a un dipinto convenzionale, lo dipingeva in modo continuo su un rotolo, simile a quelli utilizzati dai Cinesiin passato, per i loro paesaggi e le loro favole. Cosa farne di un rotolo una volta dipinto? La cosa più logica da fare era quella di riversarlo su un rotolo di celluloide eprogettare il disegno su uno schermo, al posto di svilupparlo con difficoltà a mano.Richter proseguì le sue esperienze su questa tecnica a rullo. Rythme 21, Rythme 23, Orchestration de Couleur (1923) eRythme 25, mostrano gli stadi progressivi dello sviluppo alla volta della sua pittura e dei suoi film. Poi viene una serie difilm nei quali non si abbandonano ancora totalmente le forme astratte e i simboli, sono essenzialmente dei film docu-mentario utilizzati per esprimere idee politiche o sociali. La tecnica era allora piuttosto surrealista che astratta, ma nel1940, Richter si reca negli Stati Uniti e nel 1942 diventa direttore dell’Istituto Tecnico Cinematografico. Riprende le sueesperienze di pittura su rullo, scegliendo come tema soggetti storici (Stalingrado 1944, L’invasione e Liberazione diParigi 1945), ma utilizzando la sua ricca conoscenza dell’armonia astratta per donargli una struttura ritmica coerente.Richter è stato universalmente riconosciuto come pioniere di ciò che si chiama il film “creatore” (vale a dire il film comeopera d’arte non influenzata dai bisogni del pubblico). Ma nulla è più esasperante per un artista, che si esprime eglistesso attraverso diversi mezzi (come facevano gli artisti del Medioevo o del Rinascimento), che quest’abitudinemoderna di riconoscere, arbitrariamente, la reputazione dell’artista solamente in un solo frangente. Richter è un artistacompleto, un artista universale, che si esprime attraverso la pittura, la scrittura, attraverso film astratti o documentari, èsempre lo stesso artista, che esprime liberamente la sua visione unica.Alcuni dei film di Richter saranno proiettati durante l’esposizione, dunque vanno apprezzati i diversi mezzi d’espres-sione con i mezzi appropriati, la nostra stima dunque si approfondirà nella misura dove noi sapremo assimilare l’unitàsoggiacente dell’immaginazione dell’artista.

Herbert Read, 31 marzo 1958 Mostra “Hans Richter. 40 anni di dipinti su rullo”, Galérie Denise René, Parigi 1960

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Sempre ho sentito il messaggio misterioso contenuto nell’idea che forma ecolore devono essere liberati dalla rappresentazione di chitarre, madonne,arlecchini, nudi di donna. Ho visto tutte queste cose perdute di valore e hoaperto gli occhi lentamente. Prima ho visto soltanto un mucchio di frammen-ti che i cubisti, su ordine di Cézanne, distribuivano accuratamente sulla tela.Ma guardando con più attenzione ho notato in questo ordine alcuni errorie spazi attraverso i quali si poteva scorgere un intero mondo di colori e diforme completamente liberati dall’oggetto. E poi ho sentito quel messaggiomisterioso che prometteva una nuova libertà.Ho seguito la mia natura. Talvolta ho seguito anche la voce dell’ordine edella coscienza, delle pianificazioni strutturali e della forma geometrica, mapure la voce del caso e del disordine, della più libera improvvisazione, delmomento; infine ho cercato di includere in questo ordine il caos (con ilconcepire la forma e il colore senza limiti).

Considero il cinema come una parte dell’arte moderna, soprattutto comeun’arte visibile. Esistono problemi e sensazioni che appartengono comple-tamente alla pittura ed altri che appartengono esclusivamente al cinema, maesistono anche problemi che si legano e si compenetrano.Ho sperimentato, per così dire a mie spese, che certi impegni della pitturapossono essere realizzati solamente nei film. Questo è valido non solo peruna determinata tendenza, ma anche per il surrealismo, per il futurismo, peril cubismo e per la pittura moderna in genere.Il film è lo sblocco di alcune delle strade indicate dalla pittura che nonhanno trovato un completamento nelle arti figurative.Qui si presentano i grandi compiti per il futuro.Arte moderna e film moderno si completano.

HANS RICHTER

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Chien couché1913 carboncino e gouache su carta cm 24 x 30,5

Sleeping man1914 gouache cm 28 x 20,5

Violinista1916

inchiostro su carta cm 21 x 12,7

Orchestre – Musique1916

disegno sfumato a china e inchiostro su cartacm 27,3 x 21

Horse1911 carboncino su carta cm 20,3 x 22,8

Workers1912 acquaforte su carta cm 24,1 x 26,6

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Orchestra1916 carboncino su carta cm 30,5 x 24,1

Kopf1916 matita su carta cm 28 x 21,5

Ferdinand Hardekopf1916 inchiostro su carta cm 24,1 x 17,7

Orator1916gouache e acquerelli su carta cm 26 x 21

Composition1917

olio su tela cm 23 x 8

Studio per unavariazione sul temaAfrica1916 carboncino su cartaintelatacm 43,8 x 35

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Variation sur le theme Afrique1917

carboncino su carta intelatacm 45,7 x 33,6

Horse1917 disegno sfumato a china su carta cm 25,4 x 21,6

Révolution1917 tecnica mista su carta intelata cm 40 x 31,5

Dream1940

olio su cartone telato cm 51 x 40,5

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MAN KANN 1960 Ci sono tante cose che si potrebbero dire e fare – ciò vi sorprende – senza sapere come,né quando, né perché? – la fortuna fa il suo gioco – non c’è una buona risposta a unacattiva domanda – anche se siete sicuri del vostro obiettivo – tutto è vano se la direzioneè falsa – è per questo che dovete avere una forte convinzione fino a ciò al quale vorre-ste arrivare oppure no – tutto evolve in cerchi, tutto è curvato… anche l’universo – ci sonotroppe tentazioni – e la linea destra è la strada più lunga per la soddisfazione – di conse-guenza non siate esterrefatto di mettere il piede sul collo di questa amata bellezza – il suosorriso vi aprirà gli occhi, come se accadesse ad un cieco – ALLORA SARETE SALVI –

Variation sur le themeGestes Simples1960 olio su tela cm 85 x 31,7

Man Kann1960 c., fotomontaggio con testoscritto a carboncino cm 51 x 49,5

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Variation sur le theme du Swing1960 c. acquerello e gouache su carta intelatacm 42 x 34,2

Etude pour une variationsur le theme du Swing1960 c. carboncino su cartacm 21,5 x 14

Petit collage1960 collage su tela cm 33 x 15,2

Variation sur le theme du Swing1960 c. acquerello e gouache su carta intelatacm 42 x 34,2

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Labyrinthe: una linea che si ferma su se stessa, si ramifi-ca, si aggroviglia, limita un piano, si ritaglia e gira… èuna forma di meditazione

… è anche un labirinto… una danza che vola e ricade, morbida a destra e a sini-

stra, una sequenza di gesti… o una melodia che combina la breve alla lunga, l’acu-

ta alla grave… il colore può aggiungersi in contrappunto può essere

ancora lo scivolamento sulla superficie liscia di unlago?

… o la crescita improvvisa e miracolosa d’un cristallo?… un enigma da risolvere!… un problema risolto!… una formula magica che protegge dal caos?… un atto d’azzardo, al quale lo spirito umano dà un

senso…O d’avventura l’incontro insolito con se stesso?La linea può esprimere tutto questoE pertanto il suo significato ultimo e sconosciuto.

Hans Richter, Neuchâtel, 1965

LABYR INTHES

Variation sur le themeLabyrinthes1960 olio su tela cm 132 x 39,3

Variation sur le themeLabyrinthes

1960 gouache

cm 21 x 14,6

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Variation sur le themedes Labyrinthes1960 carboncino su carta cm 21 x 14

Variation sur le themedes Labyrinthes1960 carboncino e pastellibianchi su cartacm 21 x 14

Yellow birdvariation sur le theme des Labyrinthes1963 olio e collage su telacm 31,7 x 19

Variation sur le themedes Labyrinthes

1964 lamelle di metallo

e pirografia su legnocm 85 x 48

Page 19: Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro

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Composition1961 tecnica mista su carta cm 49 x 39

Tète n. 11961

carboncino e matita su cartacm 30 x 21

Composition1962 gouache cm 48,5 x 36

Mostra personale gall. L’Approdo Torino1963 dedicato ad Arturo Bottello

Variation sur le theme Pro - Contra1962

olio e matita su carta intelata cm 42 x 35,5

Page 20: Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro

Les temps1963 tecnica mista su carta cm 40 x 30

Birth of a shell1963

olio su tela cm 33 x 128

Tre forme in libertà1964 pastelli, collage e carboncinosu carta applicata su tela cm 48 x 35,5

Variation sur le theme des Tètes Dada1964 acquerello e gouache su carta applicata su tela cm 40 x 30

Conjonction I1967 olio e carboncino su tela cm 41,9 x 31,7

Etude pour la variation Pro - Contras1967 carboncino e gouache su cartacm 21,9 x 18,4

Page 21: Hans Richter. Dada fino all'ultimo respiro

Caro Signor Bottello,saremo a Torino martedì pomeriggio il 15 Maggio. L’hotel per noi saràprenotato dal dott. Viale. Desidereremmo stare con Voi martedì percenare alle 7 la sera (ore 19) in hotel.Arrivederci!Hans R ichter

Caro Amico,che noi tutti avremo un Buon Anno 1964 sano e salvo esenza tutte le difficoltà che abbiamo avuto nel 1963.Siamo rientrati in Europa e resteremo alla “Casetta”come sempre.Amichevolmente e a presto.Suo Hans R ichter

Caro Amico,tante grazie per la Sua lettera e la gentilezza nell’includere le foto.

Mi piacciono molto.Arrivederci in autunno a Locarno.Partiamo domenica per gli U.S.A.

Affettuosamente,Hans R ichter

24 Novembre 1965La Casetta

Caro amico, grazie per la Sua lettera del 2 Novembre e grazie per il deside-

rio di inaugurare un’esposizione per l’anno seguente.Ma la situazione non è favorevole, ho una grande esposizione

a Tokyo in primavera e una retrospettiva a New York nell’au-tunno ’66. Tutti i miei quadri, i rilievi e una serie di disegni piùvecchi, sono necessari per questi 2 avvenimenti. Allora prima

del ’67 non è possibile.Partiremo il 15 Febbraio via Monaco per Tokyo, saremo alla

fine di Maggio a New York e contiamo di rientrare ad Asconanel Novembre ’66.

La terrò informato sul nostro ritorno.Con i più cordiali saluti.

Suo Hans R ichter

Lettere e cartoline DADA di Hans Richter

inviate a Arturo Bottello

Ad Arturo Bottello si deve l’approdo - termine più appropriato non esisteva…- di HansRichter in Italia, a Torino, precisamente negli anni ’60, con la sua mostra personale allaGalleria d’Arte Moderna L’Approdo, poi sfociato in un rapporto di amicizia e fertile collaborazione proseguite fino alla scomparsa dell’artista nel 1976.Arturo Bottello è stato un gallerista e intellettuale, torinese doc, che con la sua lungimiranzaha portato nel panorama dell’arte europea un importante contributo attraverso artisti emer-genti allora e storicamente affermati oggi. Hans Richter è uno di questi.

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Variation sur le themedes Tètes Dada1968 inchiostro su carta cm 29 x 21

Variation sur le themeTètes Dada1968 collage e gouache su cartacm 25,4 x 20,3

Variation sur le themePro – Contras

1969 carboncino e matita su carta

applicata su tela cm 47 x 36,2

Variation tete Dada d’apres unmodele de 19191969goauche e ink su carta cm 26,5 x 17,5

Etude pour relief TètesDada1970

pastelli e matita su carta cm 21 x 14,6

Variation sur le themeTètes Dada

1970 collage e gouache su carta

cm 29 x 21

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Composition1970 grafica 66.100 cm 50 x 70Motiv

1974 collage cm 18 x 12

Composition1974 serigrafia a colori cm.26,5x36

Imitazioneper Hans1975 grafica 24/90 cm 50 x 70

Composition1975 olio su isorel cm 97 x 69

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Dymos: Movimenti Dinamici – piani piegati e diritti, molto vicini tra loro o distanziati -, si piegano… o si incro-ciano –, si estendono come le parole in una frase – o come i pensieri in una narrazione, o come i ritmi cre-scenti e decrescenti di una composizione musicale. Sono dei punti di riferimento. Danno informazioni sensi-bili a proposito della nostra maniera d’essere in generale, a proposito di noi stessi, a proposito del nostromodo di vivere con gli altri.Tutte le nostre conoscenze non ci vengono solo dai giornali, dai libri, dalle parole o dagli studi. Al di sopra delle nostre intelligenze nascono delle attitudini che ci formano – noi stessi e le nostre azionifuture. O nulla è detto ma tutto è ugualmente compreso, o le forme e i gesti sono contagiosi – gli intervallie gli spazi diventano importanti, le forme e i colori significativi. È là dove la natura e l’arte si incontrano – per determinare la natura dell’uomo – il vento – gli alberi.

Hans Richter, 1971

DYMOS

Dymo 11968 olio e collage su tela cm 20 x 49,5

Dymo noire1969 collage dipinto su tela dipintacm 75 x 101

Piccolo Dymo1970

collage su tela dipintacm 23 x 29

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Variation sur le theme Dymo1970collage/ink/gouache/carta cm 16,5 x 25

Variation sur le theme des Dymos1970 c. carboncino e matite su carta cm 21 x 30

Variation sur le theme des Dymos1970 c.

matita e pennarelli su carta cm 17,5 x 23,5

Variation sur le theme des Dymos1970 c. matita e pennarelli su carta cm 17,5 x 23,5

Dymo 1041974

olio e collage dipinti su tela cm 101 x 76

Dymo 651973 olio su tela cm 70 x 100

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Con Vibra, ultimo gruppo di opere di Richter, l’artista ha proseguito la visualizzazione del fenomeno dell’oscil-lazione (bilanciamento). Movimenti leggeri tra le forme, percepiti dall’occhio come un effetto di scintillio,furono sviluppate combinando i procedimenti tecnici utilizzati nelle serie “Pro – Contra” e “Dymo”.Da un lato, la moltiplicazione variata di forme dentellate, angolare e complicata fu ripresa.Dall’altro, l’utilizzazione di spray con colori acrilici fu approfondita. Il risultato degli spray ripetuti di questeforme ugualmente utilizzati a mo di stampino su differenti parti della tela, è il prodotto della combinazionedi numerose forme negative che esse stesse diventarono una parte essenziale della creatività di questo lavo-ro. Questa tensione tra la luce e l’oscurità, le forme in spray o sovrapposte, producono un effetto partico-lare di profondità e fanno da congiunzione tra l’oscillazione leggera – la vibrazione musicale – l’interazionetra i toni dominanti e minori della scala musicale.

Hans Richter, Malerei und Film, Francoforte sul Meno, 1989

VIBRA

Variation sur le theme des Vibras1973

rilievo in metallo su legno dipinto cm 66 x 63,5

Variation sur le theme Vibras1974 collage su carta dipinta cm 17,7 x 12,7

Vibra 151974

collage dipintisu tela dipinta cm 100 x 75

Variation sur letheme des Vibras

1974 collage su carta

cm 29 x 21

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Cinema e Pitturalavorando ai miei film

H.R.

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8 Vormittagsspuk

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7Da molto tempo desideravo parlare con te dei nostri ricordi, sebbene così remoti, anche se le mie parole, perquelli che ci ascolteranno, possono sembrare quelle d’un sopravvissuto. Se bene riflettiamo abbiamo ormailasciato alle nostre spalle non solo il dadaismo ma anche la vita. Ed io sono troppo vecchio per essere ancoradadaista, e tu sei più vecchio di me. Ricordo quando ti conobbi cinquant’anni or sono, a Parigi, nella notte di SanSilvestro. Le luci a mezzanotte vennero improvvisamente spente e come tutti quelli che mi erano intorno anch’io vole-vo abbracciare e baciare qualcuno. A caso mi diressi verso la donna che ti accompagnava ma nell’oscurità mi sba-gliai ed invece d’abbracciare la tua giovanissima moglie strinsi te tra le mie braccia, e non era la stessa cosa nellemie intenzioni. Ci incontrammo di nuovo durante la guerra in California, dove stavi preparando un film moltoimportante: Dreams That Money Can Buy. Mi chiedesti la mia collaborazione, poiché anch’io un tempo avevo pre-parato alcuni film che erano nati esclusivamente dalla mia curiosità per le tecniche nuove, e fui lieto di inviarti unoscenario, sebbene avessi già definitivamente concluso le mie esperienze in questo campo. Tu ne facesti un’ope-ra stupenda, ma fu per me una fatica. Tu sai che io non amo il lavoro, non l’ho mai amato, anzi ne ho orrore, madel resto, tu ancora più di me. Lo dimostrano le tue opere che nascono, come le mie, dal puro divertimento dellospirito. Il tuo film, che veniva dopo le eccellenti pellicole dadaiste, dimostrò la tua grande abilità di trasformarele parole in immagini. Ho sempre pensato che un’immagine valga mille parole e tu hai fatto di ogni parola milleimmagini. Lo spettatore, che di solito è più pigro di noi (ma noi non amiamo di più la pigrizia), pensa che l’im-magine debba essere per forza in movimento, ma, come sempre, si sbaglia. È lo spettatore che deve muoversidavanti all’opera d’arte, facendo finalmente agire il suo cervello. Il tuo era un film sui sogni e per questo lo amai,poiché per me non esiste differenza tra il sogno e la realtà. Talvolta non mi accorgo che sto sognando o se sonoimmerso nella realtà. Questo probabilmente è una tipica caratteristica surreale, ma un giorno queste parole, comedadaismo, surrealismo, cubismo e mille altre cadranno e saranno dimenticate e rimarranno solo il tuo nome e il

mio nome, anche se diversissimi l’uno dall’altro. Ma il volto è quello che ci distingue.Mai potranno chiamarmi col nome di Hans, che esclusivamente ti appartiene, e mai

a te potranno dare il mio nome: Man. È questo un vantaggio o uno svantaggio? Nonlo sappiamo. Ma queste parole sono soltanto frammenti di ricordi. Che cosa c’è

in fondo dietro il nome? Nessuno lo sa, nemmeno quelli che ci ascoltano. Forsenemmeno esistiamo.

Man Ray

Durante il montaggio ho provato la poesia affascinante di cui il cinema, lingua dell’immagi-ne, è il veicolo, e ho vissuto in pittura, che percorre i rapporti spazio – tempo e tempo –spazio; che strada facendo prenda una forma o un’altra è secondario. Non è solo per abi-tudine che ci aspettiamo dal cinema delle storie. Dal flusso di immagini nasce sempre una“storia”, che sia voluta o no (è legata al modo in cui la nostra immaginazione lavora). Le sto-rie si generano ugualmente a una successione di forme astratte. Durante una presentazionedel mio film Rhythmus 21, proiettato a Parigi per Georges Méliès, una giovane ragazzacominciò improvvisamente a ridere d’una risata isterica. Interrogata sulla ragione del suoridere, non ha voluto raccontare subito il motivo, ma finì per mormorare all’orecchio dicolui che la accompagnava: “È come fare l’amore…”. Gli uomini, le forme astratte, glioggetti non sono altro, in fin dei conti, che il materiale dell’espressione artistica, in pitturacome nel cinema. Dal 1925, avevo discusso con Léger di un progetto per un film da rea-lizzare insieme. Avremmo voluto girare La Fin du monde filmée par l'Ange Notre-Dame, diBlaise Cendrars, e Léger aveva disegnato numerosi schizzi sulle tovaglie e sui tovaglioli dela “Grande Chaumière”, un ristorante a Parigi in boulevard Montparnasse, dove avevamol’abitudine di pranzare. Nel 1942, dato che eravamo entrambi a New York, si offrì l’occa-sione di intraprendere qualcosa insieme. Léger propose un film: Folklore all’americana. Cirecammo a Grand Street, una via de New York che da ogni lato, per più chilometri, offre lospettacolo di bianchi di abiti da sposa. Léger suggerì una storia d’amore tra manichini dicera. Da qui cominciò il mio film Dreams that money can buy (Rêves à vendre). I miei vecchi amici della rimpianta Europa, Duchamp, Man Ray, Max Ernst e l’americanoCalder, fornirono la materia: Duchamp, i suoi roto–rilievi; Calder, dei mobili; Max Ernst, deicollages; Man Ray, un poema. Da tutto questo feci un film. Da qui nacque in piena guerraun pacifico documento che attesta la collaborazione amichevole di due Americani, di dueTedeschi e di due Francesi, nel centro culturale del mondo occidentale che era allora NewYork. Era nel fine settimana e durante la notte che si facevano le riprese di questi “Sogni”,in una vecchia casa destinata ad essere demolita, situata al centro di questa città gigante;si girava in cantina, nelle scale, sul tetto. Durante la giornata, ero impegnato con la mia atti-vità di professore al City College, dove dirigevo l’Istituto di Tecnica Cinematografica.

Hans Richter, 1965

Dreams thatmoney can buy

Sogni in vendita – Rêves à vendre

1947, Leone d’Oro a Venezia per il lungometraggio

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8x8

8 x 8 la scacchiera… sulla quale si gioca la partita dei contrari. È il giocodegli azzardi e delle coincidenze, dei re e dei plebei, dei ritiri e dei suc-cessi, breve, delle mille ed una combinazioni della vita.Fu presentato da amici e colleghi con i quali ero in contatto da più di unadecina di anni: Arp, Calder, Cocteau, Duchamp, Hülsenbeck, Sandberg,Tanguy e altri.

Hans Richter, 1965

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Give Chancea Chance

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AUTOBIOGRAFIA

1888 Nasco a Berlino. A 14 anni disegnavo con il mio compagno di banco Pagel così come era “nei suoi minimiparticolari”. Fin da allora ricevevo inviti a tutte le feste per compleanni e battesimi sia dagli insegnanti chedalla massa degli allievi.

1906 Maturità, conseguita probabilmente per merito della suddetta produzione di ritratti nonostante un fiascocompleto in matematica. Fino al 1908 fui apprendista falegname ed ebanista a Berlino in vista degli studidi architettura (esame obbligatorio di lavoro). Breve soggiorno all’Università di Berlino.

1908 Malgrado l’ostilità di mio padre faccio un tentativo all’Accademia di belle Arti di Berlino diretta da Antonvon Werner. L’insegnante era George Koch, soprannominato Pferdekoch (Cuoco per cavalli). Di notte “perdivertimento” facevo disegni anatomici alla scuola di arte applicata. Una volta mentre andavo a casa, unoscultore che si chiamava Max Krause, con il quale avevo una certa amicizia, mi domandò quale fosse lamia filosofia di vita! Sorpreso da questa domanda alquanto insolita risposi: “Ho letto in Schopenhauer, cheil cosmo, visto da una stella felice, dovrebbe avere l’aspetto di un problema geometrico risolto”. In quelmomento, mi tornavano alla mente i miei bassi voti in matematica, cambiai spontaneamente quell’immagi-ne dichiarando che “per me il cosmo dovrebbe apparire come una melodia di forme e di colori”.

1909 Accademia di Weimar, con Gary Melchers. Studio dei maestri antichi. 1912 Primo spontaneo avvicinamento all’arte moderna attraverso “Der Sturm”, il Caffè dell’Ovest e la letteratura

moderna. 1913 Salone d’Autunno a Berlino. Conferenza di Marinetti. Herwarth Walden (Der Sturm) mi incarica di distribui-

re il Manifesto futurista ai cocchieri (nella Potsdamer Platz e nella Linkstrasse). Fallimento completo. 1914 Collaboro al giornale “Action”. Divento il suo ritrattista ufficiale.Primo contatto col “mucchio di frammenti”

del Cubismo. Necessità di un ordine unitario. 1915-16 Servizio militare. Vengo congedato perchè invalido di guerra. 1916 “Hans Richter”. Numero speciale di “Action”. Theodor Däubler scrive la prima critica sui miei quadri: “In

questa concezione artistica non esiste nessun ambiente, nessun accordo ma soltanto assolutismi. Lo spa-zio esiste solo dopo che è stato occupato. Cominciamo a ragionare. Ci esprimiamo. Richter sfoglia vera-mente se stesso”. Prima mostra personale alla Galleria Hans Goldtz. “È eccitante essere un pittore se non losi è rimangono per divertirsi occasioni migliori. La differenza fra cenare e dipingere non è tanto grande dadover essere dimostrata” (H.R.). Mi interesso al movimento Dada di Zurigo.

1917 Breve periodo espressionista (Ritratti visionari). Affermo la validità delle leggi del caso e della spontaneità.Poco dopo i primi esperimenti astratti.

1918 Sono incerto fra il caso e la coscienza, tra l’improvvisazione e l’ordine superiore. Astratto? Certamente, main che modo? Come amministrare con buon senso questa ricchezza? Mi avvicino ai principi delContrappunto di Francesco Busoni. Esperimenti sulla tela esclusivamente in bianco e nero. Positivo e nega-tivo, teste Dada. Incontro con il pittore svedese Viking Eggeling, che lavorava nella stessa direzione ma cheera più avanti di me. Amicizia, entusiasmante identità di vedute.

1918-19 Di nuovo in Germania con Eggeling. Migliaia di “esercitazioni” nel tentativo di scoprire tutte le relazionielementari possibili tra linea e piano, di variare ed orchestrare elementi più semplici.

Esercizi

1919-20 Scopro il principio di continuità i una serie di “esercitazioni”. Continuità di un motivo formale di una seriedi dieci tappe: primo “rotulo”, “Preludio”, 1919 “Fiera orizzontale – verticale” di Eggeling, 1919.

1921 I “rotuli” contenevano tracce di movimento, ma esigevano un movimento autentico. In principio dipinge-vo figure fatte di sottili pezzi di gomma, che si allungavano avanti e indietro come una fisarmonica. Eraimpossibile! Decidemmo di accostarci al cinema. Primo film astratto “Ritmo 21” (Eggeling “Sinfonia diago-nale”). Van Doesburg mostrava “Ritmo 21” a Parigi dove io venivo presentato come danese! Fu proiettatosolo nel 1924 a Berlino nel Teatro Ufa Kurfüstendamm insieme a “Enr’acte” di René Clair e al “BalletMécanique” di Léger. Il pubblico, già irritato da questi ultimi due film, dei quali non aveva capito niente,reagì con una furia incredibile a “Ritmo 21”, che presentava solamente rettangoli.

1921-25 “Rotuli”: “Fuga 1”, 1920; “Fuga 2”, 1923; e “Orchestrazione di colore”, 1923. Film: “Ritmo 23” e “Ritmo 25”(colorati a mano).

1923-26 Pubblico “G”, prima rivista d’arte moderna in Germania, insieme a Mies van der Rohe e WernerGraeff: “La rivista deve la sua esistenza al grande ottimismo nei confronti dei mezzi e delle possibilità denostro tempo. La cultura non è un problema specifico della scienza e dell’arte, o di qualsiasi altra attività,e neanche affare di filantropi o di altruisti, ma è un PROBLEMA GENERALE DI ESISTENZA” (H.R.).

1926 “Studi cinematografici”. Includo l’oggetto naturalistico, come elemento di espressione, accanto alla formaastratta.

1927 “Apparizione mattutina”, con musiche originali di Hindemith. Film Dada. Ribellione degli […] contro la con-suetudine. (Anche noi ci ribellavamo già contro l’oggetto della consuetudine).

1927 Al bivio: le due arti, pittura e cinema, erano state fino ad allora da me considerate e applicate come unproblema unico dell’espressione puramente plastica. Ma, inevitabilmente, la pittura veniva a chiedere dipoter continuare sulla strada che l’avrebbe condotta alla sua forma più pura, mentre il cinema, non legatoalla tradizione dell’arte antica e dell’epica naturalistica, richiedeva pressantemente la soluzione dei suoiproblemi specifici. “Da quando è nato il film non è più necessario che la pittura racconti una storia”(Malraux).Ma il cinema “è obbligato a farlo”! Il conflitto era inevitabile: pittura o cinema? Questa alternativami teneva occupato da oltre dieci anni e poteva essere risolta solo da una spinta violenta venuta dall’ester-no. Nel frattempo però…

1928 Ho dovuto imparare il mestiere cinematografico “dal principio”: come operatore, montatore, regista, produtto-re. Dopo il successo di scandalo di “Ritmo” ebbi richieste come produttore di film e nei successivi dodici anniho prodotto parecchi documentari e film pubblicitari ma anche film sperimentali, non interrompendo al tempostesso, con grande perseveranza, il contatto continuo con le mie esperienze pittoriche.

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1929 Scrivo il libro “Nemici del film d’oggi, amici del film di domani”, per il Werkbund tedesco, primo documen-to del film d’avanguardia. Nonostante le numerose ostilità comincio a lavorare nel settore teorico. (1934:“Film di ieri, di oggi e di domani”; 1950: “Battaglia per il film”; 1942: “Film e progresso”).

1930-39 Produco diversi film e tengo conferenze e lezioni nelle Università della Germania e in alcuni circoli cine-matografici.

1940 Profonda riflessione. Dal momento che Hitler sembra voler occupare la Francia, l’Italia e probabilmente tuttal’Europa, tutta l’Europa, tutta un’epoca sembra finire. Tiro le somme. Che cosa resta di essenziale?Continuare la melodia, affidarsi alla libertà espressiva più pura e limitata. Il cinema richiede estensione; lapittura concentrazione. Abbandono l’Europa (per sempre?). Faccio conferenze negli Stati Uniti. Dipingo“rotuli e quadri”. A New York, con gli americani, incontro anche gruppi di artisti tedeschi, italiani e france-si. 1942 Sono nominato Direttore del “Film Institute” al City College di New York. Per quindici anni svolgoattività di insegnante e, nello stesso tempo, un intenso lavoro di studi e “rotuli”. Entro a far parte del grup-po degli “American Abstract Artists”.

1944-47 I miei vecchi amici dell’avanguardia mi chiedono di collaborare a un grande poema cinematografico.Prima Léger, poi Duchamp, Man Ray, Max Ernst e Calder, per dimostrare “che noi eravamo ancora in vita”. Ilrisultato fu: “Dreams that money can buy”, film sonoro a colori, durata 84 minuti, che ha ottenuto un pre-mio internazionale alla Biennale di Venezia del 1947 per “il migliore e originale contributo al progressodella cinematografia”. Divento cittadino americano.

1944-54 Grandi “rotuli”: “Sinfonia”, “Rapsodia”, “Trittico” e quadri singoli. Mostre collettive a New York, Chicago,San Francisco, Parigi, Basilea e Amsterdam.

1948 Son nominato professore al City College. 1954-57 Altri film: “8 x 8”, film sonoro a colori, durata 88 minuti; poema cinematografico astratto-surrealista.

“Trent’anni di esperimenti”: antologia dei miei film dal 1921 al 1951. “Dadascope”, con poesie di Arp,Duchamp, Haussmann, Hülsenbeck, Schwitters. “Chess Cetera” (Storia aneddotica dello scacco).

1957 Dopo un’assenza di quasi trent’anni torno per la prima volta a Berlino. 1958-62 Viaggi in Europa per le mie mostre in Germania, Italia, Francia, Inghilterra e nei Paesi Scandinavi. 1966 Ricevo il Premio Speciale “Prix Flaherty”. 1967 Ricevo il premio “Goldenes Filmband” a Berlino. 1968 Documentario televisivo intitolato “Hans Richter” trasmesso dalla “Bayerischer Rundfunk”. 1973 “Grosses Bundesverdienstkreuz”. 1974 Documentario televisivo su di me nella serie “Camera Three” della CBS/ USA intitolato “Give chance a chance”. 1976 Hans Richter muore a Locarno in Svizzera.

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La cultura non è

un problema specifico della scienza e dell’arte,

o di qualsiasi altra attività, e neanche affare

di filantropi o di altruisti, ma è un

PROBLEMA GENERALE DI ESISTENZA”

(H.R.).