grammatical features - le categorie grammaticali, a cura di enzo santilli

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A report on Features, by Enzo Santilli. Corso di Linguistica Generale IIB – a.a. 2012/2013 Pag. 1 Cosa sono le grammatical features? Nel tentativo di comprendere una lingua, molti ricercatori usano le features, gli elementi all’interno di quali unità come le parole possono essere analizzati in base alle informazioni che questi portano. Esempi di features sono NUMERO (singolare, plurale, duale, …), PERSONA (1a, 2a, 3a) e TEMPO (presente, passato, …). Le features si sono rivelate indispensabili per l’analisi e la descrizione delle lingue, ed hanno un ruolo importante nella linguistica contemporanea, dagli aspetti più teorici alle ben più sviluppate applicazioni computazionali. Solo una piccola famiglia è stata fin ora stabilita per le features: non abbiamo un inventario in cui andarle a cercare e non c’è accordo su come queste operino spaziando attraverso i diversi componenti della lingua, non c’è certezza di come queste interagiscano fra loro e non c’è una teoria generale che sappia descriverle a pieno. Sono molto usate, poco discusse e scarsamente comprese, il che le rende parte di una grave mancanza di conoscenza nel mondo dell’investigazione linguistica. Il Feature Inventory cerca, in tal senso, di descrivere, stabilire e classificare quali siano le features su base empirica e concettuale, mira a spiegare l’evidenza del diverso contenuto delle features nelle lingue del mondo e a discutere alcune delle loro proprietà con un occhio di riguardo a quelle morfologiche e sintattiche. Va fatta dapprima una distinzione terminologica: quelle che qui chiameremo features (o, quando opportuno, categorie o categorie grammaticali) ci vengono descritte in Thornton (2003: 22) come categorie grammaticali o categorie morfosintattiche. Nel sito viene invece ottemperata una distinzione fra tipi di features, e quelle che vengono definite morphosyntactic feature sono solo uno dei tre tipi che vengono considerate sotto l’iperonimo di grammatical features. Il concetto di “categoria”, quindi, racchiude anche features su base semantica e puramente morfologica oltre che a quelle morfosintattiche e pertanto qui terremo la distinzione fra feature morfosintattiche, morfosemantiche e morfologiche quali iponimi di feature andando, quando previsto, a tradurre feature con un più banale categoria. Per amore di brevità chiameremo quelli che qui vengono definiti values valori, piuttosto che scegliere una forma – per quanto affascinante e accurata – specifica come quella di tratti morfosintattici. Una tipologia per le categorie grammaticali Il lessemi appartenenti alle parti del discorso variabili presentano variazione nella forma. Forme differenti sono correlate da significati o funzioni che qui indicheremo “features”. Tuttavia, non tutte le features che sono identificate dalla morfologia flessiva sono di tipo morfosintattico. La

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Traduzione del sito http://www.features.surrey.ac.uk/inventory.html

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Cosa sono le grammatical features?

Nel tentativo di comprendere una lingua, molti ricercatori usano le features, gli elementi all’interno di quali unità come le parole possono essere analizzati in base alle informazioni che questi portano. Esempi di features sono NUMERO (singolare, plurale, duale, …), PERSONA (1a, 2a, 3a) e TEMPO (presente, passato, …). Le features si sono rivelate indispensabili per l’analisi e la descrizione delle lingue, ed hanno un ruolo importante nella linguistica contemporanea, dagli aspetti più teorici alle ben più sviluppate applicazioni computazionali. Solo una piccola famiglia è stata fin ora stabilita per le features: non abbiamo un inventario in cui andarle a cercare e non c’è accordo su come queste operino spaziando attraverso i diversi componenti della lingua, non c’è certezza di come queste interagiscano fra loro e non c’è una teoria generale che sappia descriverle a pieno. Sono molto usate, poco discusse e scarsamente comprese, il che le rende parte di una grave mancanza di conoscenza nel mondo dell’investigazione linguistica.

Il Feature Inventory cerca, in tal senso, di descrivere, stabilire e classificare quali siano le features su base empirica e concettuale, mira a spiegare l’evidenza del diverso contenuto delle features nelle lingue del mondo e a discutere alcune delle loro proprietà con un occhio di riguardo a quelle morfologiche e sintattiche.

Va fatta dapprima una distinzione terminologica: quelle che qui chiameremo features (o, quando opportuno, categorie o categorie grammaticali) ci vengono descritte in Thornton (2003: 22) come categorie grammaticali o categorie morfosintattiche. Nel sito viene invece ottemperata una distinzione fra tipi di features, e quelle che vengono definite morphosyntactic feature sono solo uno dei tre tipi che vengono considerate sotto l’iperonimo di grammatical features. Il concetto di “categoria”, quindi, racchiude anche features su base semantica e puramente morfologica oltre che a quelle morfosintattiche e pertanto qui terremo la distinzione fra feature morfosintattiche, morfosemantiche e morfologiche quali iponimi di feature andando, quando previsto, a tradurre feature con un più banale categoria. Per amore di brevità chiameremo quelli che qui vengono definiti values valori, piuttosto che scegliere una forma – per quanto affascinante e accurata – specifica come quella di tratti morfosintattici.

Una tipologia per le categorie grammaticali

Il lessemi appartenenti alle parti del discorso variabili presentano variazione nella forma. Forme differenti sono correlate da significati o funzioni che qui indicheremo “features”. Tuttavia, non tutte le features che sono identificate dalla morfologia flessiva sono di tipo morfosintattico. La

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definizione più basilare di feature morfosintattica riguarda la rilevanza che questa ha in sintassi. Per una feature, essere “rilevante in sintassi” significa essere coinvolta nell’accordo o nella reggenza sintattica. Genere, numero e persona e caso sono coinvolti nell’accordo in molte lingue, pertanto rappresentano tipiche features morfosintattiche. La categoria di tempo, invece, non risulta essere rilevante in sintassi in quanto non è coinvolta in accordo o reggenza: in parole povere la sintassi non risente, non è sensibile del valore di tempo del verbo. Di conseguenza i casi in cui appaiono i valori della categoria di tempo sono da considerarsi morfosemantici, ma non morfosintattici.

Features e valori

Quando si parla di features, etichette come “genere”, “persona”, o “tempo” vengono spesso utilizzate per far riferimento sia al valore della feature che alla feature in quanto tale. Per esempio, il termine “genere” è utilizzato per le classi particolari dei nomi (quindi, una lingua può avere due o più generi) e per l’intera categoria grammaticale (quindi una lingua può o non può avere la categoria di genere). Similmente, facciamo riferimento ad un “inventario di features” mentre allo stesso tempo parliamo di “controllare una feature” o “unificazione delle feature” in sintassi. Ad ogni modo è importante mantenere la distinzione fra “features” ed i loro “valori” quando si cerca di costruire qualsiasi tassonomia o tipologia di features, in quanto le caratteristiche o il comportamento delle features in quanto tali non saranno uguali alle caratteristiche di un valore di questa. La relazione che esiste fra il concetto di “genere” e i concetti di “maschile”, “femminile”, “neutro”, o tra il concetto di “caso” ed i concetti di “nominativo”, “accusativo”, “genitivo”, ecc., è stata descritta in vari testi con le seguenti coppie di termini:

Superordinate

(referente d’insieme / iperonimo) Hyponym (iponimo)

Matthews (1972:162; 1991:38-40)

category property, feature

Wurzel (1984:61) Kategoriengefüge [complex of categories]

Kategorien [category]

Bybee (1985) category (inflectional) meaning

Zwicky (1985:372ff) feature value

Mel'čuk (1993) category grammeme

Stump (2005:50) inflectional category morphosyntactic property

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Seguendo Zwicky (1985), noi useremo i termini “feature” e “valore”. Pertanto i concetti di “maschile”, “femminile”, “neutro”; o i concetti di “nominativo”, “accusativo”, “genitivo” ecc. saranno tutti “valori” che si realizzano all’interno di una categoria più ampia, la “feature”.

Voler stabilire un inventario di features e valori per una lingua può essere una faccenda complicata. Un esempio di una lingua in cui giustificare una feature richieda un’analisi attenta è l’arcio (orig. Archi), una lingua caucasica nordorientale parlata nella repubblica russa del Daghestan, e la feature in questione è la persona. Questa lingua non ha forme fonologicamente distinte che realizzano la persona e la descrizione standard in arcio non include la categoria di persona (solo genere e numero). Tale lingua comunque riconosce quattro valori di genere e due di numero che, accordati in base a chi sia l’interlocutore o il referente ci danno il valore di categoria di persona. Pertanto grazie alle strutture di accordo possiamo stabilire che questa lingua riconosca una categoria di genere, sebbene questa non sia una categoria autonoma.

Ci sono poi molti esempi nella letteratura di discussione che riguardano il numero di valori per le varie features in lingue differenti. Seguendo un approccio deduttivo-realizzazionale (orig. inferential-realisational) alla morfologia flessiva, che noi adottiamo grazie a Stump (2001), indentifichiamo le realizzazioni dei valori delle features stabilendo un paradigma che correli le forme flesse a proprietà morfosintattiche (da qui l’attendibilità della definizione di tratti morfosintattici). In morfologia flessiva, seguendo le leggi di un modello a lessemi e paradigmi, le celle del paradigma di un lessema sono viste come coppie di stem (altrove note come temi, radici o morfomi o basi) e una proprietà morfosintattica (o un set di proprietà morfosintattiche), che si combinano in una forma flessa la quale è la realizzazione della coppia. La stem è quella stringa del lessema che rappresenta la base sulla quale si presenta una forma nelle varie classi di partizioni di un paradigma. Per fare un esempio, in riferimento al paradigma del presente indicativo del verbo italiano CONOSCERE, riconosciamo due classi di partizione: /konosk/ e /konoʃʃ/, le nostre stem sulle quali si realizzeranno tutte le forme di quel dato paradigma.

Accordo e reggenza

Sia l’accordo che la reggenza sono concetti necessari a descrivere la morfologia flessiva e l’esistenza di features. Entrambi richiedono il dover specificare, o determinare, il valore di una categoria grammaticale in un elemento della frase. Nel caso dell’accordo chiamiamo questo elemento “target”, e nel caso della reggenza lo chiameremo “governee”. Sia in accordo che reggenza la richiesta di uno specifico valore di categoria deriva da altrove (cioè non nasce spontaneamente né nel target, né nella governee): deriva da un “controller” nel caso dell’accordo o da un “governor” nel caso della reggenza. In questo modo accordo e reggenza “condividono la caratteristica di essere relazioni sintattiche di tipo simmetrico” (Corbett 2006:8). Tuttavia, mentre un controller di accordo porta con sé il valore di categoria grammaticale che dovrà avere anche il

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target, un governor non porta il valore di categoria richiesto per la reggenza del suo governee (chiamiamo questa cosa “feature branding”). Nonostante questo principio generale, può capitare che abbinamenti non previsti in accordo possano accadere per varie ragioni, oppure che un governor possa casualmente presentare il valore di categoria rilevante per la reggenza.

Sia l’accordo che la reggenza possono essere applicati contemporaneamente a più di un elemento all’interno della frase: nell’accordo troviamo che un elemento può controllare un set di target nella frase (come nel caso di le forchette piccole in cui i valori di femminile e plurale vengono marcati per accordo sia sull’articolo che sull’aggettivo); nella reggenza si può verificare che un elemento generalmente governi una singola unità consistente di uno o più elementi. L’esempio più comune di reggenza di una categoria su più di una unità è l’assegnazione del caso all’interno di un sintagma nominale. È questa la caratteristica di molte lingue Australiane come il Kayardild in cui la presenza di molteplici casi, dovuti dai valori dettati dal tempo, è stata proposta per essere considerata accordo (Evans 2003), ma come vedremo in seguito, seguendo un euristico sviluppato per il Features Inventory, si tratterà di multirappresentazione di reggenza.

Multirappresentazione e features morfosemantiche Oltre ad accordo e reggenza, abbiamo trovato un altro meccanismo che può determinare la presenza di multirappresentazione della stessa informazione su più di un elemento nel dominio: la scelta semantica. Abbiamo constatato che un valore di categoria grammaticale può essere selezionato su base semantica e realizzato su diversi elementi che sono membri di un costituente o di una “unità informazionale”, ad esempio un sintagma nominale, sintagma verbale, complesso verbale o la frase. In questa situazione, elementi multipli esprimeranno lo stesso valore di una categoria morfosemantica contemporaneamente. Un chiaro esempio di un valore di categoria grammaticale imposto semanticamente su svariati elementi in simultanea può essere quello della definitezza: nell’ebreo moderno si usa infatti il marcatore –ha per indicare l’identificabilità di un elemento, dove per “identificabilità” si intende quella caratteristica che ha un elemento di essere già noto o appena introdotto nel discorso.

In virtù di ciò è possibile che la simultanea marcatezza della stessa informazione su più di un elemento nella frase possa dipendere da scelta semantica o pragmatica fatta su ogni elemento individualmente per la stessa ragione semantica o pragmatica (“quello che è vero una volta rimane vero sempre”). In altre parole, la multirappresentazione di un valore di feature nella frase potrebbe dipendere da fattori semantici individuali degli elementi che portano determinato valore. Un chiaro esempio di questo tipo di multirappresentazione di un valore di categoria grammaticale sarebbe una categoria rispetto (o cortesia) la cui marcazione potrebbe essere giustificata semanticamente su ogni elemento nel quale appare. Corbett (2006:137) sottolinea: “Ci

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sono … lingue in cui l’esistenza di diversi tipi di onorifici suggeriscono un’analisi per accordo, ma non è chiaro se esiste questa giustificazione. Si potrebbe dire che ogni onorifico è determinato da piani pragmatici (e che questi accordano solo nel senso che vengono utilizzati nelle stesse circostanze pragmatiche).”

In fine, alcune circostanze di marcatezza multipla semanticamente giustificata nel dominio potrebbero, probabilmente, non essere nemmeno espressioni di feature morfosemantica. Ciò si applica al fenomeno del così detto “negative concord”. Prendendo un esempio da Glottopedia, notiamo che in russo abbiamo:

Nikto ničeko ne skazal. ‘Nessuno ha detto nulla’ (lett. Nessuno nulla no detto)

Il fenomeno avviene in quelle lingue in cui il principale marcatore dell’informazione (negazione) può esserci o non esserci, e quando c’è richiede la presenza di un secondo marcatore di negazione. Potrebbe essere considerata una forma di accordo ma è un fenomeno che non si candida ad essere una feature in quanto la polarità “positiva” non è un’informazione che può essere assegnata ad un valore – è, piuttosto, una semplice mancanza di informazione. Corbett (2006:29) suggerisce che dove la selezione di informazione aggiuntiva richieda semplicemente che questa debba essere ripetuta da qualche parte nella frase, tale caso può essere chiamato “concord”.

La distinzione fra multirappresentazione di informazione flessiva dovuta ad accordo o reggenza e multirappresentazione di informazione flessiva dovuta a scelta semantica, rende possibile classificare quei fenomeni problematici in Kayardild (Evans 1995; 2003) come casi di multirappresentazione di categorie morfosemantiche (o caso semantico, e tempo-aspetto-modo-polarità), ma non come fenomeni di accordo. Perciò, il caso modale in Kayardild è una componente di marcatezza tempo-aspetto-modo-polarità (TAMP), con il valore particolare di TAMP selezionato nella frase per ragioni semantiche. La multirappresentazione dei valori di caso nel Kayardild è dovuto alla generalizzazione nel lessico per cui gli elementi nominali devono portare tutti i casi ad essi conferiti (in generale, “i suffissi di caso appaiono su tutte le parole sulle quali essi hanno scopo semantico o sintattico”, Evans 1995:103). Corbett ha investigato per capire se i valori di TAMP potessero essere attribuiti per accordo, quindi fare del tempo una categoria morfosintattica, ma i risultati non sembrano aver portato in tale direzione. In Kayardild infatti sono presenti i cosiddetti “casi verbalizzanti” a causa dei quali gli elementi di una frase coincidono per valori di tempo ma che sembrano portarlo come conseguenza di multirappresentazione di un valore di tempo della frase. In altre parole, quando viene stabilito un

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valore di TAMP per il verbo, questi casi verbalizzanti applicheranno lo stesso valore su tutti gli elementi portanti valore di caso della frase. Si prenda l’esempio in (1):

La sequenza –jarra, che esprime il valore di passato, agirà in multirappresentazione di caso verbalizzante comparendo come –tharra sui due elementi che portano valore di dativo.

Tali conclusioni sono coerenti con il fatto che tempo, aspetto, modo e polarità siano categorie della frase, cioè che vengano selezionate e interpretate dal parlante su base semantica al livello della frase piuttosto che al livello degli strumenti lessicali sulle quali esse trovano realizzazione. Perciò, tempo, aspetto, modo e polarità non sono state incluse nel presente inventario come categorie morfosintattiche, ma come categorie morfosemantiche.

Features contestuali e features inerenti Il valore di categoria grammaticale può presentarsi all’interno dell’elemento stesso, nel cui caso sarà inerente, o può essere determinato da altri elementi, nel qual caso sarà contestuale. In parole povere, la flessione contestuale è “dettata dalla sintassi” (orig. dictated by syntax), mentre la flessione inerente “non è richiesta dal contesto sintattico, sebbene questa possa avere rilevanza sintattica” (Booij 1996:2). Questa classificazione non è assoluta ma relativa a particolari parti del discorso. Corbett suggerisce che la distinzione fra inerente e contestuale può essere applicata in generale alle features in quanto “riguarda la features in relazione a dove questa viene realizzata” (2006:123). Perciò una feature contestuale può essere definita come “dettata da sintassi”, mentre una feature inerente può essere definita come “non richiesta dal contesto sintattico (specificatamente per l’oggetto), sebbene possa avere una rilevanza sintattica”. Un esempio in italiano di flessione inerente, quindi non richiesta dalla sintassi, lo presenta il lessema FORCHETTA che è inerentemente di genere femminile. A parte rare eccezioni, per i nomi in italiano il valore di genere è inerentemente assegnato e può essere maschile o femminile. FORCHETTA è un sostantivo che presenta il genere inerente all’intero lessema e tutte le sue forme saranno femminili.

(1) ngada waa-jarra wangarr-ina

1SG.NOM sing-PST song-MOD_ABL

ngijin-maru-tharra thabuju-maru-tharra

my-V_DAT-PST brother-V_DAT-PST

'I sang a song for my brother.' 'Io cantai una canzone per mio fratello.'

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Volendo considerare la categoria di numero, e volendo osservare come si comporta sempre sui nomi, ci accorgiamo che la situazione è lievemente diversa. Il lessema FORCHETTA infatti può presentarsi nella sua forma singolare o in quella plurale ed avremo pertanto le forme flesse forchetta per il singolare e forchette per il plurale. Com’è evidente anche il valore di numero qui è inerente (perché è fisso e preselezionato), ma non all’intero lessema. In italiano pertanto nei nomi la feature di numero sarà inerente a una certa forma flessa del lessema.

Una feature inerente può essere pensata come un esprimere un’informazione che appartiene logicamente ad un lessema o una forma flessa, o che nasce all’interno dell’elemento nel quale viene individuata, mentre potremmo spiegare una feature contestuale come un esprimere un’informazione che nasce logicamente al di fuori dell’elemento nel quale viene individuata e che viene attribuita a questo a seguito di un processo di accordo o reggenza.

Esempi di categorie contestuali di accordo:

Genere – sugli aggettivi, verbi ecc. Numero (nominale) – sugli aggettivi, verbi, ecc.

Esempio di categorie contestuali di reggenza:

Caso – “caso strutturale” nei nomi o nei sintagmi nominali

Assegnazione, interpretazione e realizzazione del valore della feature Il termine “assegnazione” (orig. assignment) in relazione al valore della feature viene generalmente riferito ai verbi che “assegnano valori di caso”. È anche usato in riferimento ai valori di genere, come in Corbett (1991) che discute dei meccanismi della distribuzione dei nomi nei diversi generi; letteralmente, nelle lingue che non marcano il genere sui nomi i parlanti nativi hanno l’abilità di “estrapolare” il genere da un nome, e i modelli di questa abilità sono stati chiamati “sistemi di assegnazione di genere” (orig. “gender assignment systems”).

Il concetto di “assegnazione di valore di categoria grammaticale” non è stato usato generalmente al di fuori di queste due situazioni sebbene potrebbe essere utile come termine di riferimento generale per indicare i valori di ogni feature. Tuttavia, dopo qualche considerazione, abbiamo deciso di non adottarlo per l’Inventario: sembrerebbe più opportuno utilizzare il termine “realizzazione” del valore di categoria grammaticale, il quale rende meglio l’idea del luogo in cui troviamo tale valore espresso su un particolare oggetto lessicale. Perciò, un valore di caso è “assegnato” (orig. “assigned”) ad un costituente – che significa che viene interpretato a livello

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sintagmatico – ma è “realizzato” su elementi particolari (nomi, aggettivi) che sono i membri del costituente.

Un catalogo di possibili realizzazioni di categorie grammaticali Siamo ora in grado di costruire un catalogo articolato dei diversi tipi di realizzazione di features identificate fin ora. Il diagramma sottostante, rappresentante la struttura del catalogo, include la distinzione fra inerente e contestuale, e all’interno della realizzazione contestuale distingue fra categorie grammaticali i cui valori sono determinati tramite accordo e quelle per cui i valori sono determinati da reggenza:

Lo schema di sopra comunque non illustra graficamente la distinzione fra flessione inerente all’intero lessema o ad una forma flessa. Capire se i valori di una categoria sono forniti lessicalmente sull’elemento o se vengono selezionati da un range di valori disponibili risulta più semplice rifacendosi all’esempio dei nomi in italiano: sia il valore di genere che quello di numero sono realizzati inerentemente nei nomi, essi a rigor di logica appartengono ai nomi quando questi vengono utilizzati per richiedere un accordo calzante per i target. Ma questi valori sono differenti in quanto un valore di genere è tipicamente fisso per un nome particolare, mentre un valore di numero è tipicamente non fisso, ma selezionato da un set di opzioni. Va inoltre fatto notare che, in quanto i valori inerenti sono “non dettati da sintassi”, essi possono anche essere trovati su elementi diversi dai controllori dell’accordo. Sono generalmente inerenti tempo, aspetto, modo, evidenzialità, voce, focalizzazione, ed altre categorie grammaticali nominali e verbali che sono espresse attraverso morfologia flessiva in varie lingue. Per la maggior parte di queste features, il valore che si trova sull’elemento è un valore selezionato da un range di valori disponibili in quella lingua. Quindi il catalogo delle realizzazioni di categorie può essere esteso per includere la

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distinzione fra valori fixed – fissi – e valori selected, cioè selezionati all’interno della realizzazione inerente:

In fine, un’ulteriore distinzione può essere fatta all’interno dei due tipi di valori realizzati inerentemente, distinzione ortogonale al metodo di realizzazione stesso: la distinzione fra criteri formali e semantici per la selezione di un valore di categoria grammaticale. Frequentemente, le circostanze in cui avviene la realizzazione di un valore di feature fisso o selezionato possono essere identificate come determinate formalmente o semanticamente. In molti casi i criteri formali e semantici coincidono. Pertanto, la distinzione può essere considerata una subclassificazione opzionale all’interno del catalogo, per fornire un’ulteriore scelta quando i due criteri per la selezione di un valore di categoria non coincidono:

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La distinzione fra criteri semantici o formali che sta dietro ad un valore di categoria inerente ad un elemento corrisponde alla distinzione proposta indipendentemente altrove, quella di differenza fra accordo semantico e accordo sintattico. In tal senso, Corbett (2006:155) ci dice che “il formal agreement è un accordo coerente con la forma del controller (the committee has decided) mentre il semantic agreement è un accordo coerente con il significato del controllore (the committee have decided).

Definire una feature Si possono ora considerare e comparare le features da un’altra prospettiva: come cioè categorie iperonime piuttosto che come modi diversi di realizzare i valori di categorie grammaticali sugli elementi. Distingueremo fra features che sono rilevanti in sintassi (categorie morfosintattiche, orig. morphosyntactic features) e quelle che non lo sono (categorie morfosemantiche, orig. morphosemantic features). Cercheremo anche di riuscire a relazionare categorie puramente morfologiche agli altri due tipi. Per fare ciò, definiremo una feature come segue:

Una feature è un insieme di valori e di tutte opzioni disponibili che permettono a questi di realizzarsi su elementi linguistici.

Ne segue che i tre tipi di features grammaticali (morfosintattiche, morfosemantiche e morfologiche) possono ora essere definite in termini delle opzioni di realizzazione disponibili per i valori che presentano.

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Features morfosintattiche Una feature morfosintattica è una feature in cui valori trovano impiego sia in accordo che in reggenza. In quanto l’accordo richiede la presenza di un controllore che è specificato per il valore di feature che imporrà sul target, i valori di una feature morfosintattica possono essere contestuali (quando presenti su target e governee) o inerenti (quando presenti su controllori di accordo). Perciò, una feature morfosintattica è un insieme di valori che hanno a disposizione tutte le opzioni di realizzazioni identificate nel catalogo dei tipi di realizzazioni:

Features morfosemantiche Una feature morfosemantica è una feature i cui valori non sono coinvolti in operazioni di accordo o reggenza, ma sono bensì attribuiti solo inerentemente. Significa che gli elementi sui quali i valori si presentano non sono controllori in accordo. In quanto non coinvolta né in accordo né in reggenza, una feature morfosemantica è un set di valori che hanno le seguenti opzioni di realizzazione:

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Un esempio di feature morfosemantica è il tempo che in molte lingue note codifica distinzioni semantiche regolari, ma non è richiesta dalla sintassi tramite i meccanismi di accordo o reggenza.

Una feature morfosemantica può essere marcata più di una volta all’interno del sintagma o della frase, come si è visto precedentemente. Pertanto vanno distinte la marcature multiple di una feature morfosemantica dal concetto di accordo: l’accordo richiede una co-variazione sistematica di controllori e target (Corbett 2006), marcatura multipla di una feature morfosemantica non cade sotto accordo, ma viene meglio analizzata come un pezzo di informazione che è marcata in più di un posto all’interno della frase, in quanto tale informazione si applica semanticamente al livello della frase e trova poi riscontro sui singoli costituenti. Sempre in riferimento alla feature di tempo, per quanto questa possa essere considerata largamente come uno dei maggiori esempi di categoria, Booij la classifica come flessione inerente e mai contestuale in quanto “il tempo di un verbo non è determinato da struttura sintattica”. Rifacendoci alla nostra definizione di feature morfosintattica, che deve “essere rilevante in sintassi ed essere coinvolta nei processi di accordo o reggenza” ci accorgiamo che il tempo non rispetta queste leggi, è pertanto una feature puramente morfosemantica. L’inclusione di tale informazione dipende totalmente dal parlante che sceglie di esprimere il dato significato o la data funzione indipendentemente da requisiti sintattici. Può tuttavia favorire la flessione di altri elementi della frase, come accade per i casi verbalizzanti del Kayardild, ma in questo caso parleremo di “concordo” (orig. concord).

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Features morfologiche Una feature puramente morfologica è una feature i cui valori non vengono impegnati né in accordo né in reggenza, e sono solamente inerenti. Inoltre i valori di una feature morfologica non co-variano in seguito a funzioni semantiche (anche se ci possono essere circostanze di variazioni formali libere fra i valori di una feature morfologica). Perciò una feature morfologica è un insieme di valori i quali seguono le seguenti opzioni di realizzazione:

Le feature morfologiche hanno un ruolo solo in morfologia (da cui la nozione “sintassi al netto della morfologia” orig. morphology-free syntax). Un esempio di una feature morfologica è la classe di flessione (una “classe di declinazione” per nomi, aggettivi e pronomi o una “coniugazione” per i verbi): le classi di flessione raggruppano lessemi appartenenti a parti del discorso variabili i quali formano le diverse forme flesse di uno stesso paradigma. Queste dividono quindi gli elementi di una lingua a seconda di come tali elementi realizzano i valori delle features morfosintattiche o morfosemantiche, ed in particolar modo in base a come questi formano le proprie forme flesse. Per i nomi riconosceremo in italiano almeno sei classi di flessione a seconda di come i lessemi formeranno il plurale. Un elenco di classi di flessione per i nomi in italiano si trova in Thornton (2003:54):

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Classe Terminazioni (sg./pl.) Esempi 1 -o/-i libro/libri 2 -a/-e casa/case 3 -e/-i fiore/fiori, siepe/siepi 4 -a/-i poeta/poeti 5 -o/-a uovo/uova 6 varie, invariabile re, gru, brindisi, crisi, caffè…

Per i verbi avverrà un procedimento analogo in base a come questi declinano (vengono tendenzialmente riconosciute tre classi di coniugazioni, e lo stesso valeva per le riconosciute cinque classi di declinazione dei nomi in latino. Le classi di flessione, pertanto, raggruppano i lessemi appartenenti ad una determinata parte del discorso che formano le proprie forme flesse allo stesso modo. Tali raggruppamenti, assieme alle altre features morfologiche possono essere arbitrari. Le features morfologiche dunque assegneranno dei valori di categoria senza mai essere dettate da sintassi, come avviene per quelle morfosemantiche, ma a differenza di queste ultime non contemplano l’assegnazione di valori selected su base semantica, in quanto in tal caso saremmo di fronte ad un caso di concordo, come avviene per il TAMP in Kayardild.

Feature manifeste vs. condizioni A volte va fatta una distinzione fra features manifeste e velate. Riconosciamo le features manifeste (orig. overt features) come features in quanto tali, mentre identifichiamo le cosiddette “features velate” (orig. covert features) come “condizioni di accordo”.

Per stabilire in una determinata lingua quali siano le features dedicate all’accordo (quindi morfosintattiche), si studiano e si stabiliscono quali siano i paradigmi che permettano tale accordo e quali siano i target che ne risulteranno coinvolti. A questo punto avremo a disposizione una serie di features morfosintattiche che saranno impiegate nel processo di accordo, in maniera manifesta.

Accade, però, che alcune forme di target appaiano a seguito di condizioni ulteriori rispetto a quelle dettate dalla feature manifesta. Per esempio, in russo la forma plurale del verbo può essere usata a discapito della forma singolare con alcuni controller (come nel caso dei sintagmi nominali congiunti), a seconda se il controllore preceda il target o meno. Qui non si tratta di una feature del paradigma, ma si tratta di una condizione generalizzante che sta al di là delle possibilità descritte dalle features manifeste (Corbett 2006:116-122). Allo stesso modo, in francese il plurale è usato sia per entità multiple, sia per esprimere cortesia. Ciò non vuol dire che il francese

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A report on Features, by Enzo Santilli. Corso di Linguistica Generale IIB – a.a. 2012/2013 Pag. 15

riconosca la feature morfosintattica di “rispetto”, innanzitutto perché come per la feature di “precedenza” in russo, questa non ha un esponente dedicato. Piuttosto, “rispetto” è una condizione sull’uso della feature di “numero”.

Altre categorie grammaticali Essendo le features descrizioni parziali di oggetti, inclusi oggetti linguistici, esse possono essere impiegate per modellare fenomeni della descrizione grammaticale al di là di quelle regolarità identificate attraverso la morfologia. Ancor più importante, in quanto le features ci permettono di catturare le regolarità attraverso componenti differenti fra loro, una prima classificazione di features va ottemperata a seconda di quelle che sono le diverse componenti della descrizione linguistica che ne giustificano l’uso: ci saranno quindi features di categorie semantiche, sintattiche, morfologiche e fonologiche.

Ci sono poi features che hanno effetti a cavallo dei confini che dividono ogni componente. Tali features possono essere nominate “features di interfaccia” (orig. “interface features”). Un esempio sono le features morfosintattiche e morfosemantiche, ed ancor di più quelle meno tipicamente morfosintattiche e più tipicamente morfosemantiche come la definitezza, vista sopra. Il Feature Inventory si dedica esattamente a queste features: features di interfaccia che abbracciano morfologia, semantica e sintassi con particolare enfasi sulle features morfosintattiche. Si noti che le nostre “features morfosintattiche” si interfacciano con tutte e tre le componenti, pertanto un termine più accurato per descriverle, sebbene sia impossibile adottarlo, sarebbe “feature morfo-semantico-sintattiche”.

Un altro tipo di fenomeno linguistico che è stato modellato sulle features sono le cosiddette “classi di parole” o “parti del discorso”. Ciò che si sostiene qui è che le categorie e sottocategorie delle parti del discorso siano un tipo di categorizzazione, mentre le features morfosintattiche siano una classificazione che incrocia tutte queste categorie. Se i nomi e gli aggettivi appartengono a parti del discorso differenti, questi riconoscono entrambi flessione per genere e numero. La distinzione fra parti del discorso e features morfosintattiche può essere espressa in definitiva come una corrispondenza regolare fra un insieme aperto di oggetti lessicali e un insieme chiuso di features morfosintattiche e valori.