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Scuola Normale Superiore di Pisa Comune di Gibellina CESDAE Centro Studi e Documentazione sull'Area Elima - Gibellina - GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL'AREA ELIMA (Gibellina, 19-22 Settembre 1991) ATTI I Pisa - Gibellina 1992

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Scuola Normale Superiore di Pisa Comune di Gibellina

CESDAE

Centro Studi e Documentazione sull 'Area Elima

- Gibellina -

GIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL'AREA ELIMA

(Gibellina, 19-22 Settembre 1991)

ATTI I

Pisa - Gibellina 1992

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Questo volume è stato curato da Laura Biondi, Alessandro Corretti, Stefania De Vido, Michela Gargini, Maria Adelaide Vaggioli. La parte grafica è stata curata da Cesare Cassane l/i.

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NUOVI DATI SU SCAVI CONDOTTI NEL VERSANTE

ORIENTALE DEL BASSO BELICE E NEL BACINO

FINALE DEL PLATANI

GIUSEPPE CASTELLANA

Questa comunicazione prende in esame due insediamenti protostorici che per la loro posizione geografica e s trategica possono risultare indicativi per avere un certo quadro di cono­scenze sulle popolazioni indigene che vivevano nel bacino finale dei due più importanti f iumi della Sicilia occidentale, il Belice ed il Platani.

Si tratta dell'insediamento in località Scirinda 1, situato sull'altipiano subcostiero di contrada Castello nel territorio di Ribera, nel bacino occidentale del Platan i, a 12 km ci rca acl O dalla foce di questo fiume.

L'altro insediamento è quello eli Montagnoli2, posto a 4 km circa a N dalla foce del Belice e a 6 km circa ad E rispetto a Selinunte.

I due si ti presentano alcune caratteristiche geo-morfologiche similari: occupano una posizione subcostiera a dominio di un corso d 'acqua, rispettivamente il Belice e il Verdura, su cui esercitano un controllo assoluto; si situano sulla sommità alquanto pianeggiante di roccaforti naturali, Montagnoli sull a piattafor­ma di un cocuzzolo; Scirinda sull'ultima propaggine dell ' altipiano Castello da lle pareti scoscese e quasi inaccessibili .

Scirinda è stata indagata con due campagne di scavo, la prima nel 1989, la seconda nel 1991; Montagnoli con tre cam­pagne di scavo condotte rispettivamente nel 1987, ne1 1989 e nel 1991.

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Le indagini a Scirinda (tav. XVII) hanno messo in luce resti assai significativi pluristratificati che vanno dall'età del Bronzo fino ad arrivare all'età del Ferro, con una sequenza ininterrotta di fasi abitative l ' ultima delle quali riferibile ad un insediamento indigeno puro, non toccato da influenze di cultura greca. Si possono sintetizzare in tal modo i risultati conseguiti:

Fase I, più antica, rappresentata da un brandello di muro curvi lineo3 di capanna rinvenuto in H 16-I/II che si può attribuire a un momento antico della Cultura di Thapsos.

Fase II, pertinente alla Cultura thapsiana del Medio Bronzo, caratterizzata da grandi capanne circolari, come la capanna 74 e la capanna 95 • Questa fase si può ritenere contemporanea alla prima fase dell' abitato di Thapsos6, costituito come a Scirinda da capanne circolari. A questa stessa fase appartiene, a Scirinda, una stradella lastricata fatta di lastrine di pietra tufacea per una lunghezza di m 28 circa7. Essa non appare perfettamente retti­linea ma descrive una leggera curva a vasto raggio.

Fase III, caratterizzata dai resti di un autentico complesso di strutture rettangolari tra di loro coniugate ad angoli sfalsati. Il complesso doveva occupare una vasta area come testimoniano diversi brandelli di muro, che rappresentano i testimoni super­stiti di tale vasto aggregato. Gli ambienti 11, 12, 13, 14 e 158

compongono un insieme abbastanza omogeneo che doveva essere organizzato attorno ad una corte (ambiente 13). Data anche la limitatezza d eli' area indagata, fino ad ora non sono state rintracciate stradine che dovevano fiancheggiare questi ambien­ti9. Per la datazione di questa fase abitativa ci soccorre la ceramica thapsiana con decorazione a nervature rinvenuta in buona quantità. Tra i materiali più significativi si menziona una ' teiera' globulare a falso collo decorata ad incisioni, di tipo miceneo di fabbrica locale10 (tav. XVIII, l , 3). Appare evidente il confronto tra la fase III di Scirinda e la fase ll dell ' abitato di Thapsos databile tra il XIII e il XII sec. a.C.

Fase IV, rappresentata da un esteso battuto di terra cotta, che passa sopra le strutture dell'ambiente 13 di III fase, che risulta obliterato da uno straterello di terreno scuro sabbioso dello

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spessore di m O, 18. Tra la Fase III e la Fase IV non sembra intercorrere un lungo lasso di tempo.

I materiali rinvenuti sul battuto possono essere assegnati alla Cultura di Pantalica I e nel territorio di Ribera trovano confronti con i materiali della necropoli Anguilla 11• Associate troviamo alcune capeduncole di impasto nerastro riferibili ali ' Ausonio Il.

Le altre due fasi, la Fase V e la Fase VI, sono attribuibili all' età del Ferro. In particolare, lo scavo ha evidenziato un gruppo di strutture abitative indigene, costituite da grandi capan­ne rettangolari munite di banchina databili in base alle datazioni aJ C14 all ' VIII-VII sec. a.C.

C'è una datazione che ha fornito un'età compresa tra il764 e il 679 a.C. per una delle capanne (Fase VI), che esprime fino ad ora l' ultima fase di vita dell ' insediamento di Scirinda.

Il dato più significativo è dato dalla sovrapposizione parziale di una capanna dell'VIII-VII sec. a.C. a struttura rettangolare con banchina, la capanna 2 corredata da due piccoli ambienti di servizio, su una capanna ovale allungata, la capanna 3 (Fase V), la quale presenta banchina anulare e struttura litica simile a quelle delle capanne della Fase VI. All ' interno di quest' ultima capanna è stata rinvenuta una considerevole quantità di argilla rossa decomposta con cui era costruito probabilmente l ' alzato di questa struttura abitativa. Situazione simile è stata riscontrata nelle capanne di Montagnoli di cui si parlerà più avanti.

La capanna 3 trova puntuale confronto tipologico con la grande capanna Ila del villaggio dell'Ausonio II di Lipari12• Si era in un primo tempo attribuita questa capanna 3 al Medio Bronzo s ull a base generica d i un a diffu sa presenza nell'insediamento di materiali ceramici attribuibili alla cultura di Thapsos. La revisione di alcuni material i mi ha indotto a rivedere l ' attribuzione cronologico-culturale che oggi si può fissare agli inizi dell'età del Ferro. Si presenta, a questo proposito, un orcio a pancia globulare con base piana ed alto collo di terracotta nera stra lucida e con un ' ansa a torciglione posta a metà corpo 1 ~ . Sulla parte aJta del vaso si trova un motivo plastico a V

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capovolto che mi aveva indotto a pensare ad una atrofizzazione di motivi plastici caratteristici della Cultura di Thapsos-Milazzese. Questo stesso motivo appare su uno scodel Ione ad orlo rientrante, cioè su una forma ampiamente attestata negli orizzonti culturali dell 'Ausonio lll4 • A questa Cultura si possono attribuire alcune capeduncole di terracotta nerastra parzialmente stralucida e soprattutto una situla a festone cordonate che proviene dall' area della capanna l O che si può assegnare all'Ausonio II 15 ( tav. XVIII, 2). Interessante appare uno scodellone ad impasto grige-scuro dipinto internamente a decorazione piumata di colore biancastro. La decorazione piumata non appare infrequente nelle ceramiche di Scirinda; assume, anzi, tonalità cromatiche varie che denota­no abilità tecniche non comuni. Si va dalla 'piumatura' bianca su fondo scuro alla ' piumatura' rossa su fondo crema e a quella di color mattone su fondo bianco. La forma più comune è rappre­sentata dalla capeduncola con ansa ad anello verticale. La ceramica dipinta è poco frequente ed è costituita da vasellame che reca una decorazione geometrica a bande verticali ed oriz­zontali in bruno su fondo bianco o crema. Degni di attenzione appaiono alcuni frammenti a decorazione policroma data da pennellature bianche sovrapposte ad una ingubbiatura di colore rosso intenso o viceversa da linee rosse distese su fondo color bianco-crema.

La ceramica più diffusa e più comune è rappresentata da quella lustrata in rosso intenso. Si tratta, quasi sempre, di scodelloni a fondo piano con orlo estroflesso più o meno carenato internamente ed esternamente lustrati in rosso. Questa classe di ceramica presenta poche forme; tra queste mi pare interessante segnalare un vaso a bottiglia con alto collo e, come forma ricorrente, la ciotola ad orlo rientrante che troviamo diffusa nella cultura villanoviana e che appare molto comune nell'Ausonio II di Lipari.

La sua decorazione in rosso vivo più che essere riportata aJJa facies Pantalica Nord può spiegarsi meglio come influenza culturale ausonia. Altra forma diffusa è la cosiddetta coppa C 2c della classificazione Fatta16• La ceramica impressa su terracotta

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grigio-scura è poco documentata. In totale fino ad ora sono stati rinvenuti a Scirinda una ventina di frammenti di ceramica impressa. Questa esiguità di ceramica impressa mi induce a credere che l' insediamento indigeno di Scirinda (Fase VI) cessi di vivere prima che si verifichi il pieno fiorire della ceramica impressa ed incisa il cui perdurare può essere collocato in Sicilia entro un arco di tempo che va dall ' VIII al V sec. a.C.

A S. Angelo Muxaro la disposizione dei corredi in una tomba scavata dall ' Anagnostou 17 ha permesso di constatare che la ceramica con decorazione impressa ed incisa è presente nella fase più antica, che è databile agli in izi del l 'VIII sec. a.C., assieme alla ceramica monocroma rossa che compare anche nelle due successive fasi. Nella necropoli di Butera la ceramica impressa si ritrova nelle tombe di I strato18 che si datano tra la seconda metà dell'VIII e gli inizi del VI sec. a.C., mentre non è presente nelle tombe di II strato il cui inizio si colloca attorno al 675 a.C. Nella necropoli di Realmese la ceramica impressa scompare nelle tombe di II fase che si datano tra la metà del VII e il secondo quarto del VI sec. a.C. 19• A Monte Iato la ceramica geometrica impressa arriva fino al V sec. a.C.20. A Montagnoli, di cui si parlerà fra poco, la ceramica impressa ed incisa cessa attorno la metà del VII sec. o subito dopo con la distruzione del centro ad opera dei Selinuntini21•

A Scirinda la scarsa presenza di ceramica impressa può far pensare alla fine dell ' insediamento indigeno probabilmente entro l ' VIII o gli inizi del VII sec. a.C. , mentre il fiorire di questo insediamento si può collocare nel IX sec. con presenze più antiche risalenti all ' XI-X sec. a.C. (Fase V, Fase IV).

A Montagnoli, l' insediamento alla foce del Belice, la ce­ramica impressa ed incisa si presenta in quantità non abbondan­te; il che fa pensare cbe questa ceramica debba essere conside­rata una produzione di qualità e perciò utilizzata particolarmente in contesti funerari e religiosi, mentre veniva usata poco nella vita quotidiana. A questo riguardo si presenta un piccolo fram­mento in terracotta scura decorato a cerchi impressi da cui si può intravedere il laborioso processo di lavorazione del figulo indi-

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geno. Sul vaso parzialmente cotto lasciato appositamente rugato per una migliore adesione veniva passata l'ultima mano di argilla molle sulla quale l 'artigiano imprimeva ed incideva i motivi decorativi. Doveva essere questa una tecnica che ri­ch iedeva abilità professionale e tempi di lavorazione non brevi. La produzione, dunque, di questa ceramica si dovrebbe attribu­ire ad officine specializzate che dovevano operare soprattutto in prossimità di santuari e di centri egemoni. Per l'area elima si potrebbe pensare a Segesta, ad Erice e ad Entella22; per l'area sicana a Polizzello23, a S. Angelo Muxaro24 e a Sabucina25•

La ceramica impressa ed incisa di Montagnoli proviene dali 'area sacra. Nel1989 si era messa in luce una grande capanna circolare fornita di banchina pavimentata con battuto in terracotta; quasi tangente a questa capanna è venuta alla luce, nello scavo del1991, un ' altra capanna monumentale il cui muro è fatto di pietre e blocchi di tufo, di forma tendenzialmente circolare (tav. XJX). Nessun dato, a parte la struttura, si è potuto ricavare stante l'asportazione dello strato archeologico.

L ' indagine di quest'anno ha interessato il costone meri­dionale a SE rispetto alla grande capanna l , dove si è rinvenuto un complesso di capanne che si dispongono tra un muro di recinto o temenos e il costone collinare (tav. XX). La presenza di alcune teglie di terracotta di forma circolare presenti dentro e fuori la capanna 4 su cui erano deposti numerosi roccbi da telaio e la presenza di un altarino di pietra di forma rettangolare in M40 fanno avanzare l ' ipotesi che il complesso possa essere ritenuto un santuario. Altri elementi danno forza a questa ipotesi, come il rinvenimento di una fossa votiva piena di vasi ed ossa di piccoli animali tra cui un astragalo di terracotta in N/0 38-39 e la collocazione di tutta una serie di teglie di terracotta sulla banchi­na intonacata delle capanne 4 e 5. Questo lascia pensare a un culto femminile forse di natura ctonia. La distruzione di que­st'area sacra dovette avvenire attorno la metà del VII sec. a.C. o subito dopo ad opera dei Selinuntini, che bruciarono le capanne come ci documenta il fitto strato di bruciato e di argilla decom­posta dello spessore anche di mezzo metro che in origine

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costituiva l' alzato delle capanne. Anche le capanne di Scirinda (Fasi V e VI) dovevano avere le pareti fatte di argilla in base alla grande quantità di questo materiale rinvenuto ali' interno di ogni capanna.

Andiamo ora ai materiali. Il complesso di Montagnoli, che servì come luogo di culto e probabilmente come sede di riunione politica delle popolazioni indigene che abitavano sullo stesso cocuzzolo e sulle circostanti colline come si è potuto constatare facendo esplorazioni di superficie, va datato nell 'VIII-VII sec. a.C. Ci sono, tuttavia, materiali che sembrano risalire tipologicamente ad un 'età precedente, come una porzione di capeduncola in terracotta nera ed un frammento di scodella a bassa vasca anch'essa in terracotta nera fornita di presa a tavoletta che rientra nella tradizione della Cultura del Medio­Tardo Bronzo siciliano. Stratigraficamente un livello più antico è stato individuato sotto il battuto di terracotta della capanna 4.

Presente appare la ceramica dipinta con decorazione piumata, resa con pennellature brune su fondo bianco-crema. La ceramica monocroma rossa, priva di decorazione impressa ed incisa, è rappresentata da qualche coccio. Abbondantissima è la ceramica indigena ingubbiata in bianco o in grigio chiaro, rappresentata specialmente da coppe del tipo C.2c26• Abbondante è la ceramica geometrica dipinta. Per quanto riguarda la ceramica impressa ed incisa, passo a presentare i pezzi più significativi: un kernos rituale rinvenuto sulla banchina della capanna 127, una porzione di bacino, un 'anfora globulare28, una c iotola monoansata simile ad esemplari rinvenuti ad Himera29 e a Monte Saraceno di Ravanusa30, frammenti vari appartenenti a scodelle, bacini, molti dei quali in terracotta grigia, altri in terracotta color mattone ed infine due anse una delle qual i configurata a corpo di animale stilizzato. Quest'ultimo pezzo conferma il gusto n eU' area elirna per le raffigurazioni plastiche sulle anse.

I motivi decorativi sono dati da cerchietti concentrici, da linee tremolate, da angoli multipli, da rombi profondamente marcati. Tra le fo rme, allo stato attuale delle ricerche, mancano le fruttiere, i piattelli su alto piede, i bicchieri e i vasi a gambo;

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forme queste che caratterizzano i corredi delle tombe di S. Angelo Muxaro e di Polizzello.

Passo rapidamente alle conclusioni. Mi aspettavo franca­mente che l'insediamento indigeno di Scirinda, situato come si è detto ai margini occidentali del bacino del Platani, e cioè in piena zona sicana nella chora della })xaviTJ rfp l:LKcÀia::,--, dovesse presentare elementi marcati di cultura materiale sicana. A mio giudizio, gli elementi non sicani sembrano, invece, essere preponderanti, a partire dalle strutture abitative che ci indirizza­no verso l'ambiente peninsulare. La capanna ovale di tipo ausonio e le capanne rettangolari costituiscono elementi signifi­cativi di una penetrazione che viene dal N. Nel territorio di Rjbera questo legame affonda le sue radici già nella Cultura del Bronzo Antico con la presenza della facìes Rodì-Tindari­Vallelunga31 testimoniata dal ricchissimo deposito votivo del Ciavolaro. Si è detto del cammino di penetrazione di questa facies culturale da N verso S attraverso le valli del fiume Torto e del fiume Platani.

Anche la ceramica presente a Scirinda mostra solidi legami con la cultura ausonia. Probabilmente la storia dei Sicani di questa parte della Sicilia si presentava diversa dalla storia dei Sicani che vivevano nelle zone interne del bacino del Platani32,

forse più tenacemente attaccati alle loro tradizioni. Anche l' insediamento di Montagnoli mostra elementi di

sincretismo culturale, segno non solo di una koine tipica dell 'età del Ferro ma di un forte rinnovamento di tipo peninsulare che si innesta neJia tradizione sicana. In questo senso ci orientano i materiali, come la ceramica piumata, che fa pensare a contatti con il mondo siculo. Se le capanne a modulo circolare fornite di banchina di Montagnoli si inseriscono nella tradizione della Cultura sicana del Medio e Tardo Bronzo, non altrettanto si può dire a Montagnoli per la capanna 4 che risulta seminterrata e di forma quasi esagonale di tradizione ausonia. I segni di questa penetrazione peninsulare in questa parte di territorio si allargano se pensiamo alla presenza della necropoli ad incinerazione di S. Margherita Belice con i suoi quattordici cinerari , sistemati in

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pozzetti, che attestavano fino ad ora ' un'isola culturale' non facilmente spiegabiJe nel contesto sicano33. Ebbene, i nuovi dati che provengono dagli scavi di Scirinda e di Montagnoli ci parlano di un processo di trasformazione e di modificazione della cultura sicana che assorbe elementi allogeni. Questo pro­cesso si coglie soprattutto nell 'VIII-VII sec. a. C. ma è comincia­to molto tempo prima se esaminiamo le capeduncole del tipo Ausonio II rinvenute sia a Scirinda (Fase IV) che a Montagnoli e se esaminiamo le strutture abitative di Scirinda che attestano prima dell'VIII-VII sec. indubbi rapporti con l 'ambiente ausonio.

A chi si deve questo processo di trasformazione della cultura sicana? Forse anche agli ElimP4, confinanti dei Sicani? E' un problema a cui le ricerche dovranno dare una risposta.

NOTE

1 G. CASTELLANA, Un decennio di ricerche preistoriche e protostoriclte nel territorio agrigentino, in AA.VV., Mostra del Museo Archeologico Regionale, Agrigento 1990, Palermo 1990, 54-58.

2 G. CASTElLANA, s. v. Montagnoli, in BTCGI X, in corso di stampa; lo., Un decennio cit., 59-63; lo., L 'insedi<Imento di Montagnoli nei pressi di Selimmte. Un contributo per la conoscenza delle popolazioni anelleniclte lungo il corso finale del Belice, in «Gli Elimi e l'area el ima fino all'inizio della prima guerra punica. Atti del Seminario di Studi, Palermo-Contessa Entellina 1989», ASS, S. IV, XfV-XV, 1988-1989, 326-333.

3 Questo brandello di muro, che passa sotto le capanne 7 e 9 (Fase II), ha uno spessore di m 0,50, si conserva per un solo fùare per un'altezza di appena m 0,10; la sua lunghezza è di m 3, 20 in senso lineare. Esso poggia nel terreno sabbioso talvolta di tonalità arancione (M 10 YR 5/8).

4 La capanna 7 presenta una forma piullosto ovale ( diam. max m 8 in senso EO; diam. m in m 6,60 in senso NS). Si conserva nella parte N con tre filari di pietre tufacee di piccole e medie dimensioni per un allezza di m 0,60/0,62 e nella parte S con un solo filare. La struttura muraria è andata perduta completamente per un tratto nel lato Se nel lato NNE. D piano di calpestio interno era costituito da un battuto di terracotta che si è conservato per una certa estensione lungo il muro E della capanna. Il battuto è posto su un riempimento di terriccio sabbioso che funge da sottofondo.

5 Questa capanna ba una forma più circolare che ovale. La sua struttura rnuraria si è conservata nella parte N, protetta dal declivio cui si addossa; qui

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l' altezza della capanna raggiunge m 0,52con la presenza di tre filari di pietre che formano uno spessore medio di m 0,60 come la capanna 7. Resti di battuto di terracotta con un sottofondo di terriccio di colore giallino-arancione sono stati rinvenuti quasi al centro della capanna. n giro murario a S e ad O è stato completamente perduto.

6 G. VoZA, Problematica archeologica, in AA.VV., Storia della Sicilia. Sicilia antica, Napoli 1979, l , 27; Io., l contatti precoloniali col mondo greco, in AA.VV., Sikanie, Milano, 1985, 543-562 con precedente bibliografia cui si rimanda per gli scavi di Thapsos.

7 Questa stradella, la cui carreggiata si avvicina ai due metri, si adagia sul terreno rossiccio sabbioso (M 10 YR 5/6), lo stesso terreno che costituisce lo strato archeologico delle capa1me 7 e 9 di Il Fase. In F 20-I alla stradella si sovrappone l'angolo di un ambiente rettangolare di Ill Fase, l'ambiente 11. All'epoca del nuovo impianto abitativo ad ambienti rettangolari la stradella non doveva essere più utilizzata. Un tratto della stradella venne smantellato quando si edificò la grande capanna 3 attribuibile all'Ausonio Il (Fase V) e soprattutto quando si costruì il complesso delle capalllie 2, 5 e 6 di Vlll-VII sec. a.C. (Fase VI). Un resto minimo di questa stradella si è rinvenuto in M 19/M 20. Anche per questo tratto la rovina parziale della stradella avvenne durante l'età del Ferro come testimonia il rinvenimento di ceramica geometrica dipinta indigena.

8 Di nessuno di questi ambienti si posseggono le dimensioni nella loro interezza: ambiente 12 (largo m 2,30 misura interna; lunghezza rilevabile m 1,40; spessore m O, 55/0, 70 con una media di m O, 60; altezza di un solo fi lare. Il muro è costituito da pezzame di pietre tufacee poste a secco alquanto piatte); ambiente 14 (lunghezza superstite m 2,80; larghezza interna superstite m 2,10); ambiente 15 (la sua lunghezza interna è di m 2, 20; la sua larghezza è di m 2,30). L'ambiente 13 presenta le dimensioni più grandi, misurando m 3,80 x 3,10. Potrebbe essere ritenuto un cortile. TI piano di calpestio è fatto di sabbione giaiJino ben costipato su cui poteva essere steso il battuto di terracotta di cui non si è rinvenuta alcuna traccia.

9 Sull ' organizzazione proto-urbana di Thapsos e di Ustica, cui si fa riferimento per i dovuti confronti, cf. G. VoZA.,Problematichecit., R. R. Hou.owAY -S. WKESH, Report o n the excavations of the bronze age si te of Faraglioni 1990, AA, 1991, 359-365.

IO Alt. m O, 129; espansione massima al corpo m 0,13; altezza falso collo m O, 041. Argilla grigio-scuro.

11 R. PANVlNI, Necropoli della tarda età del Bronzo a Ribera, in «Traffici nùcenei nel Mediterraneo: problemi storici e documentazione archeologica. Atti del Convegno, Palermo 1 984», Taranto 1986, 113-122.

12 L. B eRNABò B REA- M. CAVALIER, Meligunìs Lipàra, Palermo 1980, lV, tavv. 1-11.

13 B ERNABÒ B REA- C AVALIER, o. c., tavv. CCXXX-CCXXXI per i dovuti

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confronti con l'orcio di Scirinda, pubblicato in CAS'TEU.ANA, Un decennio ci t. , 58. 14 Cf. BERNABÒ BREA- CA V AUER, o. c., tav. CCXlX, 4. 15 Alt. m O, 27; dia m. orlo m O, 205. Argilla color camoscio con chiazze di

bruciato. Cf. BERNAl3Ò BREA- CAVALIER, ,o. c., tav. CCXXII, 2. 16 Cf. V. FATIA, La ceramica geometrica di S. Angelo Muxaro, Palermo

1983, 160-161. 17 H. ANAGN~Ou,S.AngeloMuxaro. Scavo nella necropoli meridionale

del Colle di S. Angelo, Cron Arch, XVITI, 1979, 31-49. 18 D. AoAMESTEANU Butera, Piano della Fiera, Consi e Fontana Calda,

MonAL, UV, 1958, 532, 572. 19 R.M. AI..BANESE PROCEW, Calascibetta (Enna). La necropoli di Cozzo

S. Giuseppe in contrada Rea/mese, NSA, 1982, 627. 20 Cf. H.P. lsLER, Monte lato. Scavi 1972-1974, NSA, 1975, 531. 21 CASTELLANA, L 'insediamento di Momagnoli cit., 332. 22 Cf. AA.VV., Materiali illustrativi delle carte tematiche dell'area e/ima,

Centro d i Studi e Documen lazio ne su Il' Area E lima ( GibelJ i n a), Alcamo 1991 , 1-27.

23 Su Polizzello e sulle più recenti indagini cf. E. DE MiRo, Polizze/lo, centro della Sikania, Quad Messina, III, 1988, 25-42.

24 Sulle più recenti ricerche a S. Angelo Muxaro cf. AA.VV., S. Angelo Muxaro, Cron Arch, XVITI, 1979,19-75.

25 Per le ultime indagini cf. R. MoLLO, Sabucina, in AA.VV., Da N issa a Maktorion Nuovi contributi per l'archeologia della provincia di Caltanissetta .. Mostra del Museo Civico, Caltanissetla 1990, Caltanissetta 1990, 31-44, tavv. 2-5.

26 Cf. supra, n. 16. 27 Cf. CAs'TELLANA, L 'insediamento di Montagnoli cit., fig. 12. 28 Cf. CAS'TELLANA, L 'insediamento di Montagnoli cit., fig. 15. 29 Cf. G. CASrEUANA, Indigeni ad Himera ?, SicA, Xlfl, 44, 1980, 72. 30 Cf. A CALDERONE, L 'abitato, in AA.VV., Greci ed indigeni nella valle

dell'Himera. Scavi a Monte Saraceno di Ravanusa, Mostra dell'Università di Messina 1985, Messina 1985, 79.

3 1 CASTEUANA, Un decennio cit., 48-53; [o., Recenti acquisizioni prei­storiche nel versante orientale del Basso Belice con rif-erimento ai nuovi dati delle ricerche nel territorio agrigentino, in «La preistoria del Basso Belice e della Sicilia meridionale nel quadro della preistoria siciliana e mediterranea. Palermo 1991», in corso di stampa.

32 AncheaSabucina «la presenza di grossipithoi ovoidi ed.isitulecordonate con prese a linguetta, attestate a Lipari nell 'Ausonio [e lJ e riferibili ad ambiente continentale, delinea l'emergeredi nuovi apporti culturali>>: cf. MoLLO,Sabucina cit. , 34. Non si può escludere a priori come anche la presen7..a degli ambienti rettangolari dell'abitato indigeno possa essere riportata ad apporti peninsulari

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202 G. CASTELlANA

piuttosto che a mediazioni di tipo coloniale greco. 33 Cf. V. LA RosA, Le popolazioni della Sicilia: Sicani, Siculi, E/imi, in

AA.VV., Italia , Milano 1989,42. 34 Sulle due tradizioni letterarie della provenienza degli El imi (provenienza

dalla Frigia, provenienza dall' Italia) vedi G. N ENCL, Per una definizione del/' a rea e/ima, in «Gli El imi e l ' arca eli ma» ci t., 22-26; S. TusA, Preistorin e protostoria nel territorio degli Elìmi, ibid., 32-54. A me sembra che l'ipotesi della prove­nienza italica degli El imi possa avere un certo fondamento suJla base di queste emergenze archeologiche che sembrano denotare l'introduzione di evidenti apporti continentali nella cultura sicana.

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P!animetria de!!o scavo di Scirinda presso Ribera con !e sei fasi abitative differenziate con i retini.

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di tipo miceneo.

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2. Scirinda. Situla cordonata assegnabile all'Ausonio TI.

3. Scirinda. Teiera, di cui alla fig. l, in profilo ed in sezione.

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Il complesso sacro di Momagnoli emerso nello scavo del 1991, con l'indicazione dei materiali rinvenuti all'interno delle capanne.