giornalino ragazzi

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Piccole responsabilità affidate a impacciati ragazzi alle prime armi. Pazienza, disponibilità, iniziativa. Con un pizzico di convinzione e fiducia in sé i ragazzi sono riusciti ad ottenere ottimi risultati. L’incontro aprirà le porte del mondo “alternanza” al pubblico di genitori e di datori di lavoro che avranno il privilegio di assistere alle testimonianze semplici ma sincere degli studenti. Una interessante opportunità di entrare a contatto con un nuova realtà scolastica. Una irripetibile occasione per approcciarsi a una scuola che sa motivare e spingere i suoi ragazzi in avanti, verso il futuro. Fabiola Sessa Luca Passarotti (articolo inviato a Varese News) Il progetto, già intrapreso da anni negli istituti tecnici e nei corsi di formazione professionale, approda al nostro Liceo cinque anni fa come un esperimento, evidentemente riuscito. Gli studenti delle terze e quarte classi del corso H, cavie prescelte dall’istituto, abbandonano i banchi di scuola per tuffarsi due settimane nel “nuovo mondo del lavoro”. Chi avvocato, chi giornalista, chi farmacista, chi assistente sociale: i ragazzi si confrontano con i loro interessi, i loro difetti, intravedendo uno spiraglio di una scelta futura, tutt’ altro che scontata. Commoventi e profonde le considerazioni emerse durante l’incontro con i professori. Un pomeriggio trascorso insieme per discutere, raccontare l'esperienza di alternanza. All’unanimità si é scelto di sottolineare la parola “fiducia”: una sensazione di sicurezza fondata sulla stima ricevuta dai tutor in ogni occasione. Un preventivo sguardo rivolto al futuro

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Docente Rosanna Pozzi

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Page 1: Giornalino ragazzi

Piccole responsabilità affidate a impacciati ragazzi alle prime armi. Pazienza, disponibilità, iniziativa. Con un pizzico di convinzione e fiducia in sé i ragazzi sono riusciti ad ottenere ottimi risultati.L’incontro aprirà le porte del mondo “alternanza” al pubblico di genitori e di datori di lavoro che avranno il privilegio di assistere alle testimonianze semplici ma sincere degli studenti. Una interessante opportunità di entrare a contatto con un nuova realtà scolastica. Una irripetibile occasione per approcciarsi a una scuola che sa motivare e spingere i suoi ragazzi in avanti, verso il futuro.

Fabiola Sessa Luca Passarotti

(articolo inviato a Varese News)

Il progetto, già intrapreso da anni negli istituti tecnici e nei corsi di formazione professionale, approda al nostro Liceo cinque anni fa come un esperimento, evidentemente riuscito. Gli studenti delle terze e quarte classi del corso H, cavie prescelte dall’istituto, abbandonano i banchi di scuola per tuffarsi due settimane nel “nuovo mondo del lavoro”. Chi avvocato, chi giornalista, chi farmacista, chi assistente sociale: i ragazzi si confrontano con i loro interessi, i loro difetti, intravedendo uno spiraglio di una scelta futura, tutt’ altro che scontata. Commoventi e profonde le considerazioni emerse durante l’incontro con i professori. Un pomeriggio trascorso insieme per discutere, raccontare l'esperienza di alternanza. All’unanimità si é scelto di sottolineare la parola “fiducia”: una sensazione di sicurezza fondata sulla stima ricevuta dai tutor in ogni occasione.

Un preventivo sguardo rivolto al futuro

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testualmente che l’alternanza favorisce l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro In una economia completamente bloccata da una crisi mondiale senza precedenti, il mondo del lavoro e la disoccupazione sono i problemi fondamentali cui porre mano per tentare almeno una lieve ripresa. Affrontarla può voler dire agire politicamente con valide manovre, supportare gli ammortizzatori sociali, creare opportunità, ma allo stesso tempo modernizzare, modificandola, la struttura scolastica. I nostri ragazzi, il nostro futuro, a stretto contatto con il mondo del lavoro può essere la giusta “manovra”. Lo studente si troverà ad affrontare un’esperienza che non sempre garantisce la coincidenza con i suoi gusti o le sue passioni. Si potrebbe pensare ad un enorme errore: è vero, i ragazzi potrebbero avvicinarsi in maniera più attiva al mondo delle opportunità lavorative se introdotti in un ambiente che li affascina. Eppure è proprio la varietà di proposte, non sempre gradite, il grande pregio di questo innovativo percorso. Il progetto scolastico arriva ad orientare i ragazzi non solo alle varie professioni, ma anche ad insegnare ad adeguarsi alla realtà che troveranno. I nostri giovani dovranno essere capaci di utilizzare con elasticità il loro bagaglio culturale sviluppando una critica capacità di adattamento che aprirà loro maggiori possibilità. Il nostro futuro prenderà forma partendo dall’istruzione, passando da progetti innovativi come l’alternanza, buttandosi nel mondo del lavoro.

Donato Santoianni

Studenti modello in grado di risolvere immensi problemi matematici in soli cinque minuti, altri meno abili bloccati dal timore di un’imminente bocciatura, sufficienze, insufficienze, corsi di recupero. Questo è l’attuale mondo della scuola. Ma siamo certi che non ci sia proprio nulla di nuovo all’orizzonte? Sono ormai centinaia gli istituti che usufruiscono delle possibilità che il progetto alternanza scuola-lavoro offre agli studenti delle scuole superiori e il numero è destinato a crescere vorticosamente. E’ un passo deciso e netto verso una parziale modifica dei metodi e della didattica. L’attuale concezione dell’insegnamento opera secondo una visione “immobile” della conoscenza : si fa proprio un metodo di studio dato, per acquisire sempre più informazioni. Informazioni che andranno a creare un ampio bagaglio di nozioni. Ma proprio questo apprendimento favorisce nella vita dei nostri ragazzi un’incapacità di muoversi in modo elastico nel groviglio di informazioni. Anche il migliore degli alunni, di una qualsiasi classe, si limiterà ad uno studio astratto e artificioso. Qual è la vera causa di questa situazione? La percezione di una mancanza di adesione alla realtà è la principale motivazione che ha spinto a tentar la strada di questa “didattica moderna”. Sono pochi quei professori che, pur con un insegnamento teorico e nozionistico, si sforzano di rendere agli occhi dei propri studenti più nitida la visione reale del mondo. Tramite progetti come l’alternanza scuola-lavoro il mondo della scuola si tinge del “colore” della realtà, togliendo così quel velo opaco di “bianco e nero” creato dai metodi più tradizionali. Dal decreto legislativo del 15 Aprile 2005 (riforma Moratti) leggiamo.

Voce del verbo insegnare, tempo futuro

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Crisi, deficit, spread. Parole che alle orecchie di un adolescente suonano come una minaccia priva di significato: noi giovani non siamo abituati a stringere tra le mani una bolletta salata o un estratto conto. I Media ci informano che gli italiani non riescono ad arrivare “a fine mese”, ma il flusso implacabile del consumismo schiavizza con facilità questa società che sembra non accorgersi del decadimento e del degrado che ha raggiunto.La crisi che l’Italia attraversa ha un volto ben peggiore di quello che la gioventù crede. Ho potuto appurare di persona, grazie al progetto Alternanza, la cruda verità.Osservando il lavoro di assistenza sociale al Comune di Gallarate ci si rende conto di come possa essere lunga la lista di sconfitti. L’interminabile sfilata mattutina allo sportello dei colloqui prevede un mix di nazionalità e richieste diverse, partendo da tossicodipendenti e senzatetto fino alla donna divorziata e al padre disoccupato.Disperate richieste di aiuto il cui incipit è canonico: “Non so più cosa fare”.Ma l’ufficio del comune sembra riuscire ad attenuare questa ondata di problemi ripartendo il lavoro in base alle diverse problematiche e instaurando un solido e fedele rapporto con i bisognosi. La rapidità del colloquio è l’inevitabile conseguenza dell’ingente numero di vittime della crisi, ma il lavoro viene poi svolto efficientemente e con passione. E’ l’atteggiamento giusto per fronteggiare gli innumerevoli ostacoli di questa situazione.

Educazione al sociale nel progetto Alternanza Scuola-Lavoro

E’ importante evitare la perdita di un rapporto costruttivo tra i cittadini, in modo che siano la forza della collaborazione e della società unita, a trainare questo Paese.Lo stesso clima di cooperazione emerge anche in un piccolo organo del comune di Gallarate: lo Spazio Giovani Mosaico dove Fabio Castano, oltre a organizzare corsi extrascolastici con fine ludico o lavorativo, riunisce sotto lo stesso tetto adulti volontari e ragazzi bisognosi.Emerge un lato della crisi ignorato e forse sconosciuto: i bambini, indirettamente vittime delle disgrazie che gravano sulle loro famiglie, non hanno posti dove andare mentre i genitori sono impegnati. Trovano però qui un rifugio dove regnano l’uguaglianza e la collaborazione affettiva. Volontari si impegnano per far studiare e giocare i ragazzi tutti i pomeriggi. E’ uno spazio che dona speranze e opportunità in cambio di rispetto e partecipazione. Un esempio per la società contemporanea..Aumentando la consapevolezza della necessità di una rinascita morale e sociale, dobbiamo impegnarci tutti per contrastare l’affievolirsi del senso dei doveri sociali e rieducarci al rispetto e alla laboriosità.L’auspicio è quello di smantellare l’occidentale raffigurazione “Those lazy Italians”, di rimboccarsi le maniche e di prendere coscienza della necessità di una rinascita sociale e morale del nostro Paese.

Andrea Collaro

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Surrealismo, dada, art&craft. L’arte da sempre ci circonda. Passo dopo passo ha accompagnato il cammino dell’uomo, dai tratti primitivi sulle pareti rocciose, passando per le dolci pennellate di Giotto, alla caducità della vita rappresentata dalla cruda maestria di Caravaggio. Ma cos’è realmente ciò che chiamiamo arte? Brochure di musei visti di sfuggita e mai letti. Mostre che colpiscono la nostra attenzione mai visitate. Siamo sinceri con noi stessi: quante volte entriamo in un museo di nostra iniziativa per mero piacere? Le possibilità intorno a noi sono numerose. L’interesse un po’ meno. L’esperienza di alternanza scuola-lavoro al Museo Maga si è rivelata esemplare per un gruppo di studenti del Liceo Scientifico di Gallarate. Trasportati dai banchi scolastici al mondo del lavoro, per due settimane quattro ragazzi hanno avuto la possibilità di introdursi in prima persona nell’universo artistico. Immersi nella collezione permanente di arte contemporanea sotto la supervisione del dottor Castiglioni, hanno potuto prendere coscienza delle numerose possibilità lavorative in campo artistico. Esperienza illuminante, a detta degli studenti. Oggi tra impegni scolastici, amici e nanotecnologie, l'arte sembra non trovare spazio nella quotidianità dei giovani, bombardati quotidianamente da immagini di ogni tipo trasmesse da televisioni, media e computer. Un'opera di Fontana genera una reazione di straniamento. "Questa non è arte. L'avrei potuta fare anche io." Un taglio su una tela, un gesto così semplice nella sua contorta oscurità. Ma dietro quell'opera, oltre quel

ALTERNANZA: UN TUFFO NELL'ARTE CONTEMPORANEA L’ARTE E’ GIOVANE ?!

taglio, c'è molto di più. "Dobbiamo imparare a fermarci davanti ad un quadro, ad osservare, riflettere, immaginare“ dichiarano convinti gli studenti. Durante la loro esperienza hanno notato la scarsa affluenza di giovani al museo, se si escludono quelli in visita scolastica. Ma che cosa manca realmente? Il tempo? "E' evidente che nei giovani l'interesse per l'arte scarseggia“ ci dicono. Passare il tempo libero davanti a televisione e computer risulta più comodo che riflettere sul significato di un'opera e sul suo valore comunicativo. E anche quando nasce un interesse la pigrizia prende il sopravvento e si preferisce "analizzare" un quadro ricercando informazione sulla rete. "Durante il nostro stage abbiamo scoperto molti aspetti dell'arte contemporanea che ignoravamo. Le opere diventano spesso strumenti di denuncia, arrivano laddove le parole non bastano. L'arte diviene per l'artista un mezzo per gridare la propria interiorità, pur rimanendo muto.Permettiamo all'arte di coinvolgerci ed all'artista di emozionarci. L’arte è giovane ma non è parte dei giovani. L’alternanza scuola- lavoro può dare il suo piccolo contributo per compiere il miracolo.

Giulia BardelliValentina Franzi

Chiara TonettiMichele Ravasi

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Sono molte oggi le scuole che propongono il progetto di alternanza scuola-lavoro, altrettante sono le differenze emerse dalle interviste a ragazzi dell’istituto “Gadda”, ITIS e ITPA di Gallarate. A partire dagli orari fino all’utilità effettiva del progetto. Esperienze diverse, stesso obiettivo: avere un primo approccio con il mondo del lavoro. Chi nel settore tessile, chi nel commerciale, chi nell’elettrotecnico. Archiviazione di fatture, sistemazione di documenti, traduzione di lettere, analisi di bilancio e assemblamento di componenti elettrici. Professionalità, rispetto, puntualità sono le qualità che vengono sottolineate da tutti i giovani intervistati, pur nella diversità delle mansioni. Apparentemente distaccato il rapporto con il tutor scolastico, il quale aveva contatti solo con il tutor aziendale. Mai lasciati soli., i ragazzi venivano seguiti direttamente in ogni lavoro, affiancati ad impiegati specializzati.

L’alternanza vista da fuori

Valentina e Giulia, alunne di 4°B ITPA.

“I tutor aziendali si relazionavano in modo educato e gentile, pronti ad aiutarci in qualsiasi evenienza” – spiegano Valentina e Giulia, studentesse dell’ITPA di Gallarate. Pronti a rispondere a qualsiasi domanda, perplessità o semplice curiosità. Una relazione positiva, di sincera fiducia reciproca. Comune a tutti gli studenti contattati dalla redazione é l’ interesse

suscitato in loro, che ha consentito di raggiungere risultati più che positivi. Le conoscenze scolastiche non sempre sufficienti costituscono l’unico neo. Fa eccezione la lingua inglese, utile soprattutto in ambito commerciale.

Gabriele SegriniFabiola Sessa

Daniele Puricelli

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Cari studenti, avete mai provato a immedesimarvi nel ruolo di professore e a sedervi davanti a una classe di trenta alunni? Ritenete sia semplice?Non lo è per niente e noi ci abbiamo provato. Vi stupiremo.Pomeriggi densi di studio, poche uscite, interrogazioni e verifiche da tachicardia. Fuori da scuola la frase “Che noia, oggi devo fare i compiti!” è diventata un cliché.Pensate che la vita dei vostri insegnanti sia diversa? L’idea che i loro pomeriggi siano liberi e spensierati va per la maggiore. Ma la nostra opinione è cambiata radicalmente, quando una gelida mattina di gennaio, il treno ci ha portati in quel di Albizzate. “Role−reversal”, dicono in inglese. Scambio di ruoli. Diamo inizio ai giochi.Per la prima volta siamo entrati in una classe come professori e non come studenti. Trovarsi addosso lo sguardo di trenta alunni non è cosa semplice.

DAI BANCHI ALLA CATTEDRA

Preparare lezioni o correggere verifiche per intere ore lo è ancora meno. Il lavoro a casa è fondamentale.Ma non finisce qui. Riuscire a tenere viva l’attenzione di tanti ragazzi, trasmettere la voglia di studiare e la passione per la materia che viene insegnata. Questa è la vera sfida.Appassionare la classe, coinvolgerla, instaurare rapporti di fiducia con gli alunni... l’ABC del perfetto insegnante. Ed è ciò che abbiamo tentato di fare.Così è cambiata la nostra idea sul ruolo del professore. Abbiamo provato sulla nostra pelle il lavoro che si nasconde dietro un’ora di lezione o dietro la correzione di trenta verifiche. Sfatiamo il mito degli insegnanti che hanno come scopo quello di rovinare la vita a noi poveri studenti. Prendete appunti, il confine tra banco e cattedra non è poi così invalicabile.

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Martina

Prof. Frachelle

Salve prof :DNon so se è stata lei ad assegnarmi di proposito al Melo, ma in qualsiasi caso la voglio ringraziare dal profondo del cuore!!L'anno scorso quando avevo scoperto di andare dall'avvocato ero entusiasta perchè avrei "esplorato" ciò che più mi piace, il mondo del diritto, mentre quest'anno quando ho saputo di andare al Melo, si ero contenta, ma la cosa non mi interessava più di tanto. Non vorrei cadere nel banale, facendovi leggere le solite frasette " si è stato bellissimo, mi è piaciuto", queste sono parole dette con il cuore e anche con qualche lacrimuccia: sono sicura che questa esperienza mi ha reso più sensibile e forte nello stesso tempo, ho imparato a relazionarmi e a voler bene anche a persone diverse dai soliti ragazzi della mia età, ho instaurato una solida amicizia con molti di loro e ho cercato anche di lasciare un bel ricordo di me, anche nelle situazioni più difficili. è stata un'esperienza unica.

Memorie dell’Alternanza…Memorie dell’Alternanza…

Alessandra (Varese News)

Fabiola

Avervi è stata una bella esperienza. Siete tutti e due in gamba, anche Luca, che è un po' pigro, è in realtà molto acuto e tu hai una capacità di sintesi impressionante. Precisi e capaci di individuare subito la "notizia". Chiaramente, ci farebbe piacere se vorrete rimanere in contatto e, compatibilmente con i vostri impegni, vorrete scrivere per noi. Grazie a te e in bocca al lupo per tutto!

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Buonasera,Ieri e oggi sono andato nel nucleo protetto, composto da sole 12 persone. Tra queste 12 solo una parla e cammina: la signora Lia. Ogni volta siamo arrivati e l'abbiamo "liberata" da una cintura che la tiene ferma a letto. Nella mezz'ora in cui stiamo lì l'obbiettivo è di calmarla e tranquillizzarla. Nonostante la mia freddezza con le persone ho dovuto adattarmi perché quei tipi di pazienti necessitano, più di tutti gli altri, di affetto (baci, carezze, abbracci e un continuo contatto fisico) e di sorrisi. Il resto del tempo è passato molto velocemente perché ormai mi conoscono quasi tutti gli anziani ed è bello scambiare due parole con tutti. Anche se non mi piacerebbe lavorare in certi luoghi, il rapporto affettuoso instaurato con alcuni degli anziani mi fa rimpiangere l'ormai prossima fine dell'alternanza.

Matteo

Prof. Frachelle

Arianna

Prof. Frachelle

Ultimo giorno purtroppo...E’ stata davvero un'esperienza bellissima e mi sono trovata proprio bene.Ho imparato sia dal punto di vista scolastico che da quello umano! Grazie prof per questo progetto, e non lo dico così per dire...è proprio una bella idea ;-)A lunedì!

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Che cosa ci fanno tre liceali sperduti tra gli anziani del Melo e i bambini del reparto di pediatria dell’Ospedale di Gallarate? La risposta più ovvia sarebbe che hanno smarrito la strada per non essere interrogati dalla solita perfida professoressa; in realtà sono stati travolti, grazie all’alternanza scuola-lavoro, dallo tsunami del volontariato.Diffuso a macchia d’olio in tutta Italia, il volontariato abbraccia svariati campi, offrendo sicurezza e fiducia con un aiuto concreto. Dallo svago dei più piccoli ad attività capaci di coinvolgere i più anziani.Considerato troppo spesso un mezzo per colmare la carenza dello Stato, incapace di offrire adeguati servizi a tutti i cittadini, l’esperienza del volontario, in realtà, affonda le radici nel più profondo senso di solidarietà.I nostri ragazzi possono attestarlo.Durante l’alternanza hanno potuto comprenderne più a fondo la funzione: quella di una viva e personale interazione con il prossimo, capace di costruire un

A DIFFERENT WAY OF GROWING UP

tessuto di rapporti che sappia guardare al bisogno dell’altro. Lo si è visto all’interno del reparto di pediatria del Sant’ Antonio Abate di Gallarate, dove un’associazione si occupa di dare sostegno alle famiglie più bisognose e compagnia ai piccoli degenti. Lo si è potuto costatare anche al Melo, la cooperativa sociale della nostra città che si cura della degenza degli anziani, dove gli studenti, validamente supportati dal personale della struttura, hanno capito il valore della condivisione concreta del bisogno attraverso un semplice saluto, una partita a briscola o una scherzosa chiacchierata in dialetto. Il miglior stipendio per il volontario non è altro che il ritorno d’onda del mare di affetto che si é donato.

Martina ChiaravalleMatteo Pisani

Elena Barenghi

«L'esperienze d'alternanza secondo un docente del Liceo «L'esperienze d'alternanza secondo un docente del Liceo Scientifico di Gallarate»Scientifico di Gallarate»

Page 10: Giornalino ragazzi

E se ci mettessimo nei panni del nostro farmacista? Quali consigli daremmo? Di quali responsabilità dovremmo farci carico?Ordini da spuntare, ricette da controllare, fornitori da contattare e norme da rispettare. E non solo. Arianna, Elisa e Mattia hanno potuto provare tutto questo sulla loro pelle. Malpensa. Fiumi di persone in cerca di un’aspirina, di uno sciroppo o di un semplice consiglio. Arianna e Mattia hanno sperimentato non solo il lavoro di stoccaggio merci ma anche l’assistenza al banco. Inglese, tedesco, francese. Difficile comprendere le necessità di tutti, ma è proprio questo l’arduo compito del farmacista. Organizzazione e professionalità sono le parole chiave, non solo nei confronti dei clienti, ma anche dei fornitori. Il farmacista deve occuparsi sia di dare buoni consigli sia di affrontare problemi riguardanti la gestione della farmacia stessa. Compito simile, ma con sfumature diverse, è spettato ad Elisa. Moriggia. 8.30 di mattina e già una fila di persone aspetta il suo turno al bancone. Il farmacista sta già frugando nei cassettoni in cerca dei primi medicinali. Nel retro Elisa spunta l’ordine appena consegnato. Inizia così la sua giornata di stage. Immersa tra pile di ricette da controllare, farmaci da ritirare, altri da cercare.

DAI BANCHI DI SCUOLA AL BANCO DELLA FARMACIA

Anche quando la calma regna sovrana è impossibile riposare. Scatola dopo scatola, Elisa controlla tutte le scadenze. Quasi tutta la farmacia è stata sgombrata dai farmaci scaduti. Le mansioni vengo svolte in un clima familiare. Cliente dopo cliente, sorriso dopo sorriso, consiglio dopo consiglio, il giorno passa. Non si sta mai soli. Due settimane forse non sono abbastanza per dare una risposta alle nostre e loro domande, ma, affacciandosi sulla porta delle rispettive farmacie, i tre ragazzi hanno potuto comprendere almeno in parte l’impegno che si cela dietro questo lavoro.

Elisa VergazziniArianna Cortesi

Mattia Barigozzi

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VARESE – 25 Gennaio, in una tranquilla mattinata di lavoro nella sede principale della Provincia, la calma viene spezzata da un’improvvisa scossa di terremoto. Schermi dei computer che oscillano, armadi che si aprono, caffè rovesciati sulle scrivanie. Un approccio al mondo lavorativo poco convenzionale per Martina e Tiziano, alunni di 4 H del Liceo Scientifico di Gallarate. Gli studenti vivono freneticamente il loro terzo giorno di alternanza presso la Protezione Civile di Varese, tra chiamate, emergenze ed imprevisti. La scossa delle 9.05, getta nel panico l'intera provincia. Gli alunni si trovano immersi nel caos. I telefoni iniziano a suonare, le scuole del Varesotto chiedono come gestire la situazione "Dobbiamo mandare a casa gli alunni o tornare a fare lezione?” domanda una maestra d’asilo. La risposta è sempre la stessa, ognuno deve pensare al proprio istituto.

UNA SCOSSA DI VITA IN UFFICIOTerremoto a Varese: la Protezione Civile in azione.

Se si teme per la stabilità dell’edificio si deve evacuare, altrimenti si può tornare in classe. Nel frattempo gli studenti tentano di rendersi utili cercando informazioni su quanto avvenuto: la scossa, di grado 4.9 della scala Richter, ha epicentro a Brescello. Dalla Protezione Civile partono telefonate per contattare i membri sparsi sul territorio. In centrale si organizza una riunione. Per prime vengono avvertite le zone più a rischio di frane.

Efficienza e reattività sono le parole chiave. Non c'è spazio per esitazione ed incertezza. Dopo circa due ore la situazione si calma. Della scossa che ha fatto tremare il nord Italia rimangono solo articoli su internet e comunicati stampa. E, grazie al cielo, nessun danno.

Martina CivelloTiziano Di Chello

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Quanti ragazzi ha seguito nel corso dell’attività di alternanza? Ho seguito diversi ragazzi, raggruppati in aziende, scelte considerando i loro interessi e quelli della materia. In generale, cinque alunni in quarta e quattro in terza. Che relazione ha instaurato con i ragazzi durante la loro permanenza in azienda?Ci sono state delle sorprese, ho potuto cogliere una profondità nella persona e nell’anima, leggendo le loro e-mail alla sera, che in classe non viene fuori. La cosa utile dell’alternanza è che per i ragazzi è stata occasione di riflessione che gli ha permesso di conoscersi meglio, e noi con loro. Oppure mi sembra che qualche volta il nostro lavoro, la nostra presenza è servita per farvi vedere che cosa stava emergendo di voi e quale dato trattenere per imparare qualcosa.Pensa che un’esperienza simile possa giovare al futuro del ragazzo? È questa l’età giusta per entrare in contatto col mondo del lavoro?È come aprire una finestra per buttare l’occhio su un mondo con il quale prima o poi avrai a che fare. Incominci a capire l’importanza di come ti presenti, della puntualità, della buona educazione, quindi il lavoro, a volte, è proprio un allenamento per se stessi. Non si può dire che l’età non sia quella adatta, basta tornare indietro di qualche hanno per vedere giovani lavoratori intenti a mantenere la famiglia.Secondo lei, l’alternanza può costituire un’esperienza di vita significativa? Sicuramente sì. Alcuni dei ragazzi sono rimasti colpiti dalla accoglienza ricevuta dai tutor responsabili, accorgendosi dell'importanza di presentarsi in un certo modo, della disponibilità e della fiducia. Conoscere i proprio limiti, affrontare diversi ostacoli, crea in loro una sorta di curriculum nascosto.

Come ha vissuto l’esperienza di tutor di alternanza? Io, in certi casi, sono stata proprio guidata dai ragazzi. L’alternanza l’ho vissuta, sicuramente, come una sfida personale. Come un allenatore che vede da fuori i punti di forza della squadra, sottolineandoli e restituendoli al ragazzo perché ci lavori, oppure, vede le debolezze e quindi cerca di indicare delle soluzioni per affrontarle.È stata arricchita da questa esperienza?Sicuramente sì. Secondo me, l’esperienza ha reso la classe consapevole del cammino che si sta facendo insieme, sia a scuola che in alternanza. E' stata un'occasione di vedersi da un punto di vista nuovo e di ragionarci insieme, soprattutto durante l'incontro pomeridiano tenuto tra studenti e professori per discutere dell'esperienza. Questo mi è servito molto per conoscerli e conoscermi meglio.Ha avuto esperienze di alternanza anche con altre scuole? Nell'Istituto Tecnico in cui insegnavo, nonostante non fossi direttamente coinvolta, ho potuto notare come quest'esperienza permettesse ai ragazzi di scoprirsi ed imparare l’importanza della buona educazione.Conclusa l’esperienza, quale opinione si sente di dare sull’alternanza scuola-lavoro? Sicuramente positiva, però fatta a queste condizioni: che sia ben motivata e che la scelta dei tutor e degli ambiti di lavoro sia ponderata.

Flavio MartiniNiccolò Dall’Omo

INTERVISTA A UN TUTOR SCOLASTICOINTERVISTA A UN TUTOR SCOLASTICO«Alternanza? Una sfida personale.» sostiene la Prof. D’Ubaldo«Alternanza? Una sfida personale.» sostiene la Prof. D’Ubaldo

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TUTOR A CONFRONTOARCH. SCILLIERI VS. ARCH. MORETTI

Che cosa l’ha spinta a fare l’architetto? Da quanto tempo svolge questo lavoro?

S: Non è stata una mia scelta , perché il mio intento era quello di fare altro nella vita. Qualcuno a mia insaputa, mentre facevo il servizio militare, mi ha iscritto alla facoltà di architettura. Svolgo questo lavoro dal 1976.

M: Ebbi una scintilla quando a sette anni, curiosando fra i libri di mio padre, mi capitò fra le mani il libro “Le Corbusier 1936”. Svolgo questa professione da ben 57 anni.

Era già intenzionato a fare questo lavoro o aveva in mente qualcos’altro?

S: Assolutamente no! Architettura non mi era estranea come idea, ma c’erano altri interessi predominanti: primo fra tutti la pittura e poi la meccanica.

M: Durante il ginnasio avrei desiderato diventare un musicista, ma ha prevalso l’architettura, con la presunzione di poter cambiare il mondo.

Difetti e pregi del suo lavoro?

S: Il principale difetto è che tutti pensano di essere architetti, più bravi dello stesso professionista; mentre il pregio è che si fa di tutto, nessun campo del sapere è tralasciato in questo lavoro e l’innata curiosità viene sempre alimentata e soddisfatta.

M: Il pregio migliore è che l’architettura permette sempre di sognare in grande; il difetto più evidente è la mancanza di una committenza, pubblica e privata, adeguata culturalmente ed economicamente.

Qual è la sua concezione di architettura?

S: Per spiegare la mia concezione di architettura utilizzo una frase di Lewis Mumford, architetto e critico d’arte: “L’architettura parte dal cucchiaio e finisce alla città”. L’architettura è così vasta che si occupa sia del design, per esempio di un cucchiaio, per ricercarne la bellezza, la funzionalità, l’ergonomicità, sia della città.

M: L’architettura saprà assecondare l’imperativo etico di dare stile e grandezza di linee al vivere comune e saprà creare città che con la potenza del segno siano l’espressione della nuova ‘magnificenza civile’(funzionalità e bellezza).

Qual è la sua concezione di città ideale?

S: Molti architetti hanno tentato di immaginare una città ideale, ma ogni tentativo è risultato fallimentare e fuorviante, perché la città in cui viviamo oggigiorno è una “città ideale”: è concreta e dobbiamo continuamente lavorare per trasformarla, modificarla e renderla così migliore.

M: La mia città ideale è basata sull’uso dell’archetipo, nel mio caso l’utilizzo di una torre-cilindro che richiami la colonna e capace di configurare scenari nati da un’evocazione: sale, navate, fori, composizioni favolose per città favolose; non un esito architettonico, ma un incantesimo, un nuovo ‘realismo magico’.

Quale città consiglierebbe di visitare ad un futuro architetto e perché?

S: Consiglierei di visitare Venezia perché è l’unica città rimasta che non sia stata travolta dall’automobile e abbia mantenuto la sua integrità. Ma anche Berlino, che, pur avendo avuto la sventura della guerra e del muro, ha saputo giostrare spazi nuovi e rimasti vuoti affidando la progettazione della città ai più grandi architetti del mondo.

M: Sicuramente Atene, Roma, Istanbul e Manhattan. Le prime tre perché sono Atene, Roma e Costantinopoli, Manhattan perché è l’espressione possente ed eccitante di straordinari ardimenti edilizi dell’epoca che si è recentemente conclusa.

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Intervista a un tutor aziendaleGiuditta Affri: “Il mio lavoro? Tutta progettualità”

Considerate le sue precedenti esperienze, come ha vissuto il progetto alternanza scuola-lavoro?A stupirmi sono state le competenze dimostrate dai ragazzi del liceo. Mi meraviglio di come siano stati in grado di entrare negli nelle questioni dell’Ufficio di Piano, di guardare, ascoltare, cercare, capire e chiedere il giusto consiglio al momento opportuno.Che cosa l’ha spinta a fare questo lavoro?La curiosità, la voglia di cambiare, l’illusione di poter programmare diversamente i servizi e di entrare nella macchina della programmazione per poter dare un appoggio concreto.Che differenza c’è tra l’assistente sociale di ieri e di oggi?Una mia collega, prossima al pensionamento ha detto: “ Ho iniziato col dare i buoni del latte e finisco la mia carriera consegnando i buoni del latte”. Naturalmente il ruolo dell’assistenze sociale è cambiato: prima davvero consegnava solo i buoni del latte e dava solo piccoli contributi, ora invece è richiesto di fare progetti sulla persona e di poter costruire con questa una prospettiva di vita. Tra la varie problematiche da affrontare, quali richiedono un rapido intervento?Solitamente quelle relative ai minori, ma l’attuale situazione mette al primo posto il lavoro: il lavoro è la base di una famiglia, consente di pagare un affitto, mandare i figli a scuola. Quando manca il lavoro crollano tutti i progetti: è una tragedia. In un’attività così immane, come riesce a sopperire al numero insufficiente di collaboratori?Mancando le risorse, la buona volontà di collaborare tra enti e Comuni aiuta a sopperire alle difficoltà. Si può dire che in questo momento di carenza finanziaria sono le idee a fare la differenza.Se avesse un budget illimitato, quali progetti vorrebbe realizzare?A me piacerebbe attivare nel territorio un servizio domiciliare a partire dalla nascita. Penso alle mamme che tornano dalla maternità, alle quali si potrebbe offrire una prima assistenza, per esempio accessi domiciliari gratuiti per la cura del bambino. Mi piacerebbe capire le situazioni di disagio fin da subito e prevenirlo, ma finora non è stato sempre possibile perché questi servizi di prevenzione costano. Servirebbe anche incrementare la domiciliarità, che costa molto meno di un ricovero in struttura privata o esterna: la famiglia impara a tenere in carico un disabile o un anziano. Conoscendo queste realtà diverse dal quotidiano in cui lei è coinvolta, vede il mondo da un punta di vista diverso?Certo, vedo il mondo da un punto di vista diverso: lo vedo un po’ malato per tutte le problematiche che presenta. Noi assistenti sociali facciamo fatica a vedere la normalità e a impostare dei servizi rivolti a questa. Però mi riconosco una qualità positiva: davanti a una situazione di difficoltà sono sempre portata a ricercarne le cause e non assumo atteggiamenti di condanna a priori.

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