gestione degli espatriati in azienda

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A Cura di Alfonso Buonaiuto LA GESTIONE DEGLI ESPATRIATI

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Recruiting & HR


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ACuradiAlfonsoBuonaiuto

LAGESTIONEDEGLIESPATRIATI

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Indice

Introduzione

Introduzione Pag.2Capitolo 1 Il fenomeno dell’espatrio Pag.31.1 La gestione degli espatriati in azienda Pag.31.2 Lavoratori Italiani all’estero Pag.51.3 Organizzazione da home country a host country Pag.61.4 Reclutamento e selezione per ruoli internazionali Pag.71.5 Formazione e sviluppo delle risorse umane internazionali Pag.81.6 Lo shock culturale Pag.91.7 Sulla via del rientro Pag.101.8 I sistemi salariali Pag.11Capitolo 2 La gestione degli espatriati analizzata da studiosi mondiali Pag.132.1 La gestione degli international assignement Pag.142.2 Aspettative e cultura dei manager Pag.152.3 Le motivazione a diventare expatriates Pag.162.4 Il processo di adattamento degli expatriates Pag.172.5 La necessità di affrontare problemi di etica Pag.18Capitolo 3 Dalla teoria alla pratica calandoci in realtà che hanno condotto fin qui con successo la gestione degli espatriati

Pag.19

3.1 Gruppo Sofinter Pag.193.2 Applied Materials Pag.213.3 Ernst & Young Pag.23Capitolo 4 Rielaborazione critica Pag.25Considerazioni finali Pag.27Bibliografia Pag.28Il trampolino di lancio Pag.30

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L’espansione del mercato internazionale ha avuto inizio negli anni ’20, con l’espansione economica delle imprese americane del dopoguerra nei Paesi stranieri, che possedevano numerosi vantaggi competitivi tra i quali: la tecnologia, l’accesso al capitale e la differenziazione dei prodotti, seguita dalla rinascita economica dell’Europa e del Giappone (Hymer, 1978). Vi sono stati tre grandi step di internazionalizzazione, dopo la seconda guerra mondiale, il primo è stato dominato dagli Stati Uniti e dall’Europa fino agli anni ’70, la seconda guidata dall’Asia con il Giappone e le “Tigri Asiatiche” fino agli anni ’80, la terza attualmente rappresentata dal BRIC – Brasile, Russia, India e Cina e da altri Paesi emergenti (Fleury&Fleury, 2007). La globalizzazione ha creato una nuova piattaforma per le imprese determinando la possibilità di abbattere i confini e conquistare nuovi mercati, puntando alla crescita economica e a soddisfare le esigenze di sempre nuovi bisogni e, di conseguenza, espandendo la sua attività (Hartung, 2002). Tenuto conto di questa mobilità in un mondo senza confini, emerge la Gestione del Personale Globalizzata, o anche chiamata, Gestione Internazionale del Personale, cioè dipendenti che lavorano in modo efficace in qualsiasi parte del mondo, in grado di creare sinergie e di guidare il cambiamento culturale. Gli “Espatriati”, come vengono denominati i dipendenti inviati a svolgere compiti in ambito internazionale (Snell, 2009), sono uno dei focus della Gestione Internazionale del Personale, la cui sfida è quella di formare "cittadini professionali del mondo", non solo guadagnando spazio a livello internazionale, ma cambiando anche la cultura all'interno della società. Questa nuova “dimensione” della gestione del personale costituisce il problema di interesse di questo studio. In particolare, si opera al fine di conoscere più a fondo le strategie di gestione dei soggetti umani nel processo di internazionalizzazione, le aspettative e l’adattamento degli espatriati. La ricerca dopo la presentazione della letteratura di base per l’argomento trattato, assume come metodo di analisi lo studio di tre casi: Sofinter, Applied Materials e Ernst & Young tutti relativi a imprese con filiali produttive all'estero. Il risultato atteso è che questo studio possa stimolare e ampliare le discussioni sulla internazionalizzazione, diffondendo la conoscenza del problema dell’espatrio, per creare maggiore e migliore attenzione da parte delle imprese che hanno interesse ad entrare nel mercato internazionale.

Capitolo 1

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Il fenomeno dell’espatrio L'internazionalizzazione delle imprese, ha come conseguenza che i suoi dipendenti agiscono globalmente. Nella fase di pre-internazionalizzazione, nella quale le attività di esportazione, costituiscono attività di tutti i giorni, i dirigenti stabiliscono contatti a livello globale, sia con i mezzi di telecomunicazione, sia con viaggi d'affari seppure di breve durata (per accompagnare il cliente). Man mano che le imprese prosperano, e si formalizza l'internazionalizzazione, la figura dell’espatriato costituisce l'anello di congiunzione tra la controllata e la sede centrale. Per Caliguri (2000), i dipendenti che vengono inviati in un altro paese, per vivere e sviluppare le loro attività, sono denominati "espatriati". La globalizzazione, richiede specializzazione nel mondo del lavoro, per questo motivo il movimento dei lavoratori dalla loro impresa di origine verso le imprese controllate, è diventata una pratica in costante sviluppo da parte delle imprese. Secondo Caligiuri (2000), per mantenere la competitività nel contesto internazionale, la maggior parte delle imprese richiedono la leadership e l'esperienza di alcuni dei suoi dipendenti nelle controllate, tra le quali è utilizzata la pratica di espatrio dei dipendenti nella loro controllata all’estero. Questi processi di strategie di espatrio, avvengono quando il dipendente assume una nuova attività da parte della società in un paese straniero. Sono innumerevoli le ragioni che portano le organizzazioni ad utilizzare la pratica dell’espatrio dei dirigenti nelle missioni internazionali. Fattori come: occupare una posizione strategica (in presenza di alcune carenze di manodopera specializzata), lo sviluppo della leadership (trasferimento delle conoscenze verso professionisti locali), diffusione della cultura e dei valori dell'organizzazione, importare ed esportare tecnologia, eseguire alcuni processi di sviluppo organizzativo, apertura di nuovi mercati ed aumentare la loro partecipazione al mercato, denominato market share, sviluppare una visione a lungo termine del business, acquisire competenze per lo sviluppo mondiale. Uno dei fattori necessari per l’espatrio è caratterizzato dal fatto che le società controllate siano dirette da persone che hanno la fiducia dell’organizzazione, con esperienze e competenze nella cultura e nei valori della sede centrale. È interessante notare come la visione dell’espatriato, la sua motivazione, le aspettative nella missione internazionale, lo sviluppo di carriera e le promozioni, possono causare problemi nel rimpatrio, qualora gli obiettivi non coincidano con la visione dell'organizzazione. Per questi motivi, il dipendente e il datore di lavoro dovrebbero essere a conoscenza di tutti gli aspetti riguardanti la procedura di espatrio, per non avere disallineamento con gli obiettivi per entrambi. 1.1 La gestione degli espatriati in azienda Le conseguenze fiscali, previdenziali, giuslavoristiche e gestionali sono molteplici e devono essere affrontate con un approccio integrato per garantire il rispetto delle norme nel Paese di invio e in quello di destinazione e per garantire le giuste tutele ai lavoratori. Il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa non è immutabile, il potere del datore di lavoro di modificare il luogo di svolgimento della prestazione viene ricondotto, sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza, al potere direttivo del datore di lavoro. Tale potere deve, però, essere esercitato entro certi limiti stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. La legge individua alcuni strumenti tipici che consentono al datore di lavoro di mutare il luogo di svolgimento della prestazione di lavoro:

• Trasferimento • Temporaneo: Trasferta e Distacco

Trasferimento

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L’istituto del trasferimento consiste in un mutamento tendenzialmente definitivo e non temporaneo della sede in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria prestazione di lavoro. Il trasferimento, quindi, non permette al datore di lavoro di variare in pejus le mansioni del lavoratore, in tal modo non viene leso il diritto del lavoratore alla conservazione della propria professionalità. La giurisprudenza ritiene che la tutela di tale diritto, infatti, abbia il primato sulle esigenze organizzative del datore di lavoro. Il lavoratore trasferito all’estero, oltre la normale retribuzione, riceve una specifica indennità al fine di compensare il disagio personale e familiare derivante dal trasferimento. Trasferta L’istituto della trasferta non ha una specifica disciplina legislativa e, dunque, sono rimesse ai contratti collettivi le relative disposizioni, soprattutto per quanto concerne l’aspetto del trattamento economico. La trasferta si concretizza dal momento in cui il dipendente svolge fuori dalla sua sede abituale la sua mansione. Dalla definizione si evince un requisito indefettibile dell’istituto, e, cioè, la temporaneità, che non viene meno neppure quando lo spostamento del lavoratore si protrae per un lungo periodo di tempo, anche per alcuni anni. Proprio tale requisito differenzia la trasferta dall’istituto del trasferimento, che, invece, prevede un mutamento tendenzialmente definitivo della sede lavorativa del lavoratore(1). Il provvedimento di trasferta, espressione del potere direttivo del datore di lavoro, è, dunque, caratterizzato dall’unilateralità della sua disposizione, non è vincolato né al consenso del lavoratore, né allo svolgimento da parte del lavoratore delle medesime mansioni espletate nella sede abituale. Altro elemento qualificante della trasferta è la permanenza di un legame funzionale del dipendente con l’originario luogo di lavoro da cui egli proviene. Tale legame conferisce al nuovo luogo di lavoro l’aspetto di provvisorietà e della subordinazione funzionale rispetto alla sede originaria. La tipologia del legame con il luogo d’origine è un ulteriore criterio che distingue la trasferta dal trasferimento, quest’ultimo si differenzia grazie al carattere definitivo che assume la sua nuova collocazione aziendale(2). Altro requisito qualificante della trasferta concerne la certezza del rientro all’unità di partenza: il lavoratore inviato in una diversa sede ha certezza di rientrare alla base. Con riferimento alla durata massima prevista per le trasferte, la Circ. Ministero delle Finanze n.326/E del 23 dicembre 1997, nell’ambito del settore pubblico, ha affermato che la missione eseguita, anche se saltuariamente, in una stessa località, non può in ogni caso superare una durata di 240 giorni. Per quanto concerne il trattamento economico, il contratto collettivo può prevedere che il lavoratore inviato in trasferta abbia diritto ad un’indennità, che può essere prestabilita in misura fissa o in percentuale alla retribuzione giornaliera e corrisposta in aggiunta al rimborso delle spese sostenute. L’indennità di trasferta insieme ai rimborsi delle spese sostenute concorre integralmente alla formazione della retribuzione e può avere natura risarcitoria, retributiva o mista. Distacco La disciplina del distacco ha trovato una completa regolazione e definizione nell’ambito dei rapporti di lavoro privatistico con la Riforma Biagi 48, nel 2003. L’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 secondo cui il distacco si origina quando un datore di lavoro (distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori (distaccati) a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa(3). Nel distacco, dunque, si assiste ad una temporanea dissociazione soggettiva tra il titolare del rapporto di lavoro, il distaccante e l’utilizzatore della prestazione ovvero il distaccatario.

1MaurizioCicciù,ClaudiaGiambanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)2MaurizioCicciù,ClaudiaGianbanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)3MaurizioCicciù,ClaudiaGianbanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)

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Secondo la Circ. Ministero del Lavoro n. 3/2004, il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante, che non coincida con quello della mera somministrazione di lavoro altrui; inoltre l’interesse deve sussistere per tutto il periodo di durata del distacco. Il distacco produce solo una modificazione nell’esecuzione del rapporto per cui il lavoratore distaccato dovrà eseguire la prestazione lavorativa non in favore del lavoratore originario, bensì in favore del lavoratore distaccatario, a cui potranno eventualmente essere attribuiti i poteri direttivi e disciplinari per tutta la durata del distacco. Con riferimento all’attività lavorativa, il distacco che comporti un mutamento di mansioni richiede il consenso del lavoratore interessato. L’art. 2103 c.c. afferma che il lavoratore deve effettuare le mansioni per le quali è stato assunto oppure mansioni superiori ricevendo il corrispettivo adeguamento retributivo. Da ciò si deduce che il distacco a cui non sussegua un mutamento di mansioni non richiede il consenso del lavoratore(4). Con riferimento alle società italiane, l’istituto del distacco risulta essere una fra le modalità più comuni di invio all’estero di personale dipendente ed è utilizzato principalmente per inviare i lavoratori per periodi di media e lunga durata nell’ambito della effettuazione di servizi. 1.2 Lavoratori Italiani all’estero L’assunzione, il trasferimento e il distacco di lavoratori italiani per attività lavorativa da svolgere in Paesi extracomunitari, legati o meno all’Italia da accordi bilaterali di sicurezza sociale, formano oggetto di una specifica procedura di avviamento al lavoro (D.L. n. 317/1987, convertito in Legge n. 398/1987; D.P.R. n. 346/1994). In particolare, la Legge n. 398/1987, in un’ottica di tutela dei lavoratori italiani inviati in Paesi extracomunitari, prevede per i datori di lavoro italiani e stranieri, l’obbligo di richiedere una preventiva autorizzazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’autorizzazione all’invio di lavoratori italiani in normativa dell’altro Stato interessato. L’attività di verifica da parte del Ministero attiene alla garanzia di tutela dei lavoratori da un punto di vista sanitario, assicurativo e delle condizioni economico-normative minime previste dalla legge e dai contratti collettivi. Il Ministero del Lavoro che, con la Nota del 23 agosto 2011, ha chiaramente esteso l’applicabilità della Legge n. 398/1987 in materia di tutela assicurativa previdenziale anche ai cittadini extracomunitari in possesso dello status di soggiornanti di lungo periodo o privi di tale status, ma in possesso di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro in Italia. I soggetti che sono tenuti alla presentazione della richiesta di autorizzazione all’espatrio, in particolare sono:

• I datori di lavoro residenti, domiciliati o aventi la propria sede, anche secondarie, nel territorio

nazionale;

• Le società costituite all’estero con partecipazione italiana di controllo;

• Le società costituite all’estero, in cui persone fisiche e giuridiche di nazionalità italiana partecipano direttamente – a mezzo;

• I datori di lavoro stranieri.

4MaurizioCicciù,ClaudiaGianbanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)

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La richiesta di autorizzazione all’espatrio è da escludersi inoltre per le seguenti tipologie di lavoratori:

• Lavoratori non dipendenti inviati ad espletare attività di consulenza;

• Lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione;

• Personale addetto al volo e alla navigazione marittima.

Sempre con riferimento ai soggetti esclusi, si precisa che, una volta ottenuta l’autorizzazione al trasferimento, in caso di sostituzione di personale già inviato, non vi è la necessità di richiedere un’ulteriore concessione se il numero complessivo di persone autorizzato non viene superato. 1.3 Organizzazione da home country a host country Gli studiosi Howard V. Perlmutter e David H. Heenan (1979), esperti in sviluppo delle imprese internazionali, hanno ideato l’EPGR Model. Il cui acronimo è basato su tre mindsets fondamentali di un IHR manager:

• Approccio etnocentrico: Le posizioni più rilevanti nelle filiali estere sono ricoperte

da personale proveniente dalla casa madre.

- Diretto controllo della filiale estera;

- Impossibilità di sviluppare manager locali;

- Rischio di uno scarso adattamento e performance poco produttiva dell’espatriato.

Tale approccio si riscontra principalmente nei casi in cui il Paese ospitante non offre competenze manageriali al livello locale capaci di garantire il controllo della sussidiaria. Pertanto, la figura dell’espatriato risulta la soluzione più efficace per esportare la metodologia lavorativa dell’azienda e la cultura e i valori che appartengono ad essa.

• Approccio policentrico: Le posizioni chiave della sussidiaria sono selezionate dal

Paese ospitante.Sono fortemente valorizzate le differenze culturali per poter aiutare i manager locali a gestire al meglio le caratteristiche dei mercati e dei Paesi in cui opera l’azienda. Presenta numerosi vantaggi economici derivanti dall’assunzione in loco e fa si che si riducano di gran lunga i problemi di comunicazione interculturale.

• Approccio globale: Si va oltre ogni distinzione culturale perché mira al reclutamento dei profili migliori prescindendo dalla nazionalità.Permette la creazione di un team perfettamente internazionale giacché casa madre e sussidiare collaborano costantemente nella trasmissione di politiche e pratiche di risorse umane, può rivelarsi particolarmente dispendioso.

• Approccio regio- centrico: Prevede che all’interno di una stessa area geografica vi

siano persone di nazionalità della casa madre, del posto e provenienti da Paesi terzi. Le attività sono dunque divise per area geografica.

La scelta tra questi tipi di approccio dipende dal livello di internazionalizzazione dell’azienda ma anche dal suo orientamento culturale e dai tipi di settore e mercati serviti.

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1.4 Reclutamento e selezione per ruoli internazionali Assumere e distribuire le persone nelle posizioni dove possono ottenere buone performance è l’obbiettivo delle organizzazioni sia locali che internazionali. Il reclutamento è definito come ricerca e ottenimento di candidati in numero e qualità sufficienti, affinché l’organizzazione possa selezionare le persone più appropriate per soddisfare le sue necessità di lavoro. La selezione è il processo di raccolta delle informazioni con lo scopo di valutare e decidere chi potrebbe essere impiegato in particolari posizioni(5). È importante notare che reclutamento e selezione sono processi che devono essere realizzati entrambi in maniera efficiente se l’azienda vuole essere efficace nel gestire il suo processo di assunzione. Il punto di partenza per l’assunzione delle figure giuste è che l’organizzazione sia perfettamente consapevole dei requisiti che i candidati devono avere per quel tipo di lavoro all’estero, sia in termini tecnici che culturali. Inoltre è necessario anche effettuare determinate attività di HRM, come l’analisi dell’ambiente lavorativo per prendere le decisioni più corrette nella selezione dei dipendenti, senza tralasciare alcune considerazioni personali sulla famiglia e, in generale, sulla vita privata del soggetto(6). Ovviamente, quando si ha a che fare con operazioni a livello internazionale, bisogna tenere in considerazione più varianti, come per esempio, il fatto che molte aziende hanno già delle precise predisposizioni per quanto riguarda chi dovrebbe occupare posizioni chiave negli headquarters e nelle subsidiaries. Questo dipende da quale approccio, tra quelli espressi nel precedente paragrafo, l’organizzazione in questione ha scelto (Etnocentrico, Policentrico, Geocentrico, Regio - centrico). Secondariamente, il Governo ha un ruolo fondamentale perché, con i vincoli imposti, (es.: regole sull’immigrazione per quanto riguarda i visti lavorativi e il vincolo, comune in molti Paesi, che richiede spiegazioni sul perché vengono assunti cittadini stranieri e non locali) può severamente limitare la capacità dell’azienda ad assumere il candidato giusto. Gli elementi che consentono una performance di successo sono raggruppabili in sei macro categorie(7):

• Competenze tecniche e manageriali: Le competenze tecniche e manageriali sono spesso

il primo, talvolta anche l’unico criterio di selezione delle aziende. La scelta delle persone avviene attraverso la valutazione delle capacità, delle conoscenze e delle abilità relative allo svolgimento della mansione richiesta;

• Tratti della personalità: Il modello del “Big Five” risulta essere la tassonomia più utilizzata per evidenziare quali caratteristiche psicologiche siano predittive di performance di successo. Tale modello evidenzia quattro macro fattori:

- Estroversione: valuta la tendenza ad avere numerosi ed intensi rapporti

interpersonali, agevolando nel formare legami più forti con locali, con altri espatriati e le persone in genere;

- Amabilità: intesa come prendersi cura degli altri, mettendo da parte la competizione e favorendo il successo dell’incarico;

- Coscienziosità: fa riferimento a caratteristiche come la precisione, l’accuratezza e la volontà di aver successo;

- Stabilità emotiva: intesa come capacità di gestione delle proprie.

5BanduraA“Managinggloballycompetentpeople”(1992)6AbdullahA&Gallagher“managingwithculturaldifferences”(1998)7AllenD&Alvarez“Empweringexpatriatesandorganizationstoimproverepatrationeffectiveness,humanresourceplaning”(1998)

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• Situazione familiare: Un sistema di selezione dovrebbe tener conto di una valutazione della

situazione familiare, in termini di adattabilità;

• Reale motivazione: Per ovviare all’ indagine motivazionale dei candidati, la maggior parte delle multinazionali, prevede che siano gli stessi candidati ad auto valutarsi ed auto candidarsi per posizioni internazionali;

• Differenti culture: Si riferisce alla capacità di vivere realtà differenti dal punto di vista culturale, di costumi, usanze e stili di pensiero. Il costrutto presenta una dimensione cognitiva, riguardo le conoscenze di norme, pratiche e convenzioni delle differenti culture;

• Conoscenza della lingua: Ѐ intesa come conoscenza della lingua della casa madre, che è la stessa in tutti i Paese (generalmente la lingua inglese), per reportistica, procedure e comunicazione interne, viene affiancata dalla lingua locale;

1.5 Formazione e sviluppo delle risorse umane internazionali La principale responsabilità per i manager che si occupano di gestione delle risorse umane internazionali riguarda solitamente la preparazione degli espatriati e delle loro famiglie per fronteggiare incarichi di tipo internazionale. Non bisogna dimenticare, infatti, che la preparazione dei dipendenti prescelti e dei loro familiari è importante tanto quanto il processo di selezione degli stessi(8). Il management delle risorse umane, che ha alle spalle esperienze di tipo internazionale, reputa essenziale fornire adeguate ed accurate informazioni riguardanti la posizione lavorativa che il candidato andrà a ricoprire(9). Non solo, è anche necessario informare il dipendente sulle caratteristiche del Paese in cui egli andrà a vivere per un definito periodo di tempo, più o meno lungo. Questi accorgimenti servono al fine di fare in modo che la scelta del soggetto e della sua famiglia sia frutto di un ragionamento approfondito, per evitare ritorni prematuri nel Paese d’origine(10). Inoltre quanto maggiore è la consapevolezza della bontà della scelta compiuta, tanto aumenteranno le probabilità di successo degli incarichi degli espatriati. Tutte le operazioni di orientamento e di formazione dovrebbero essere focalizzate sui valori culturali, le normative presenti nel Paese d’assegnazione e sui contrasti esistenti tra questi ultimi e quelli presenti nel Paese d’origine. Prima di tutto, il management dovrebbe riconoscere i vari tipi di difficoltà all’interno del caso specifico; essi variano da problemi nelle relazioni lavorative, problemi all’interno delle famiglie degli espatriati, a difficoltà tra i governi dei Paesi coinvolti. Ognuno di questi problemi presenta una sua soluzione specifica.

8Aguilera&Dencker“Theraleofhumanresourcemanagementincross–bordermergersandacquisition”9AmbasB&MohnkeV“Academicjournalarticlefrommanagementinternationalreview”(2010)10BlackJ&Mendenhall“Cross–Culturaleffectiveness:Areviewandtheoreticalframeworkforfutureresearch.AcademyofManagementReview”(1990)

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La strategia da seguire per progettare iniziative di formazione interculturale attraversa cinque fasi:

• Identificare il tipo di incarico internazionale per cui è necessario una formazione multiculturale;

• Determinare gli specifici fabbisogni di formazione interculturale (a livello organizzativo, per l’incarico e a livello individuale);

• Stabilire gli obiettivi e le misure per determinare l’efficacia della formazione interculturale;

• Sviluppare e mettere in atto un programma di formazione interculturale;

• Valutare se il programma interculturale è stato efficace.

Molti autori sostengono che il processo di formazione deve essere realizzato in maniera conforme allo specifico bisogno che si deve affrontare. La formazione della multiculturalità (formazione alla consapevolezza culturale) non punta solamente alla comprensione dei comportamenti da adottare, ma punta anche ad aumentare la coscienza delle differenze e delle similarità tra le culture per permettere un più rapido processo di apprendimento in condizioni di forte incertezza ed ambiguità. Quindi, l’obiettivo principale dell’allenamento Prè-partenza è quello di aiutare il futuro espatriato ad affrontare eventi inaspettati all’interno di una nuova cultura(11). 1.6 Lo shock culturale Chi espatria non ha soltanto la necessità di adattarsi ad un luogo nuovo ma deve anche interagire ed entrare in contatto con una cultura che non gli appartiene. Per questo motivo, se la formazione alla nuova realtà non viene effettuata adeguatamente, l’interazione con background culturali diversi può risultare difficile o essere una vera e propria fonte di stress, con conseguente perdita di riferimenti nella vita emotiva cognitiva e pratica: quello che viene chiamato culture shock. Partendo da queste premesse, Taft (1977) ha suddiviso il culture shock in cinque aspetti distintivi:

• Difficoltà di adattamento alla nuova cultura;

• Senso di perdita;

• Confusione nelle aspettative di ruolo e nell’identità del soggetto;

• Sentimento di rigetto da parte degli appartenenti alla nuova cultura;

• . Ansia e senso di impotenza dovuti all’incapacità di far fronte al nuovo ambiente.

Mentre da un lato questo fenomeno approfondisce la sfera emotiva dell’individuo, dall’altro analizza il processo evolutivo di adattamento degli espatriati, a seconda che le fasi comprendano anche il momento di rientro nel Paese d’origine.

Da una prima fase in cui il nuovo arrivato si sente euforico e affascinato da tutte le novità (“luna di miele”) si passa ad una seconda fase nella quale l’espatriato incontra difficoltà nella vita quotidiana e nella comunicazione (“la negoziazione”).

11Barlett&GhosholS“TransnationalmanagementBoston”(1992)

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I sintomi si accentuano laddove la cultura di arrivo è molto diversa e le differenze più̀ ostiche da metabolizzare. Il passaggio, come è facile intuire, può essere lungo e doloroso ed è spesso accompagnato da sentimenti di insoddisfazione personale. La fase che spesso va dai 6 ai 12 mesi è comunemente riconosciuta come la fase di “adattamento”: in questo stadio la persona comincia a sviluppare routine e capacità che lo aiutano ad interagire con la nuova cultura (adattamento socio-culturale o culture learning perspective) e a mobilitare risorse psicologiche ed emotive legate alle sue caratteristiche individuali (adattamento psicologico o stress and copying perspective). La familiarità con il nuovo ambiente genera un nuovo senso di appartenenza, si ristabilisce un equilibrio con sé stessi e l’individuo inizia a scoprire tutti gli aspetti positivi e negativi insiti nella nuova cultura. L’ultimo step (re-entry shock o reverse cultural shock) riguarda la fase di riadattamento nel momento di rientro nel Paese d’origine e può essere avvertito in maniera più o meno intensa dall’individuo, in relazione al grado di adattabilità alla cultura ospite.

1.7 Sulla via del rientro Il processo di espatrio comprende anche il rimpatrio, che naturalmente è l’operazione opposta ed implica il ri-trasferimento dell’espatriato alla casa madre e nel proprio Paese d’origine dopo la fine dell’incarico svoltosi all’estero. Per molti espatriati, il processo di rientro è anche più traumatico rispetto a quello precedentemente effettuato e, spesso, questa preoccupazione dei dipendenti viene trascurata dalle organizzazioni(12). Invece, la gestione del rientro è importante tanto quanto l’espatrio in sé. Le esperienze internazionali sono generalmente ricche di sfide, emozionanti e permettono al soggetto di aumentare la propria visibilità dal momento che egli viene considerato come un rappresentante della multinazionale. Inoltre, la maggior parte di questi incarichi danno la possibilità all’espatriato e alla sua famiglia di detenere standard di vita anche molto elevati nel Paese ospitante, talvolta anche migliori di quelli a cui erano abituati nel Paese d’origine(13). Infine, gli espatriati che ritornano da viaggi all’estero si aspettano giustamente di mettere in pratica la conoscenza e le competenze acquisite; tuttavia, questo non accade sempre con l’immancabile conseguenza che il dipendente non si sente più completamente in sintonia con la cultura dell’organizzazione, che può essere cambiata considerevolmente nel periodo in cui è stato lontano. Tipicamente, i rimpatriati vengono riassegnati a quelle posizioni che occupavano prima di partire due o tre anni prima, o comunque simili. Tuttavia diversi problemi possono sorgere:

• Gli espatriati che ritornano in patria e le loro famiglie potrebbero avere difficoltà nel riadattarsi al modo di vivere del loro Paese d’origine;

• Molte persone vengono profondamente cambiate a causa dell’esperienza estera e non solo devono imparare nuovamente il sistema di valori e la cultura, ma probabilmente li vedono in maniera totalmente diversa;

• Spesso a coloro che tornano da un incarico internazionale, vengono fornite posizioni lavorative migliori da parte delle principali aziende concorrenti rispetto a quella con cui il soggetto intrattiene attualmente il rapporto di lavoro.

Le migliori pratiche di rientro prevedono una pianificazione anticipata al fine di fornire più opportunità̀ al ritorno, un supporto psicologico e logistico ed un continuo dialogo con il dipendente attraverso reti formali ed informali(14).

12MendenhallM”selectingcross–cultural,trainingmethods”(1989)13Bresman&Hakanson“managingthepost–acquisition,integrationprocess”14CaligiuriP&LazarovaM“Strategicrepatriationpoliciestoenhanceglobal”

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il ritorno al Paese d’origine presenta nuove sfide: esso implica il far fronte a quello che è stato definito re-entry shock, o shock culturale inverso. Il re-entry shock consiste nel mancato adattamento del dipendente alla cultura del proprio Paese d’origine, dopo anni vissuti all’estero. Di conseguenza, può essere un'esperienza traumatica per alcuni, anche più di quanto sia stato partire per la località straniera. Il rimpatrio può comprendere due fasi:

• In primo luogo, prima dell'assegnazione globale, le imprese multinazionali possono assegnare degli sponsor o dei mentori all’espatriato, e considerare queste figure come responsabili di tenere informato il dipendente circa i cambiamenti che avvengono nel Paese d'origine. Creando una rete di legami personali e di media, attraverso protocolli di comunicazione, l'espatriato può essere in grado di tenere il passo rispetto ai cambiamenti del Paese, dell’impresa, così come con i cambiamenti nella comunità locale o regionale, mentre svolge l’incarico in un altro luogo. Questo sistematico aggiornamento può contribuire a formare aspettative più realistiche da parte dell’espatriato, riducendogli lo shock culturale al ritorno.

• secondariamente, l’impresa può prevedere la possibilità per l’espatriato di tornare a casa, concedendogli un “congedo”. Consentendo dei ritorni periodici verso il Paese d’origine, si aiuta l'espatriato e la sua famiglia a ristabilire il contatto con la realtà che hanno temporaneamente abbandonato.

1.8 I sistemi salariali Tra i principali sistemi salariali quattro si presentano come i più significativi con le seguenti caratteristiche(15):

• Home Country Based Approach:

- Prende come riferimento la retribuzione nel Paese d’origine dell’espatriato;

- La retribuzione di riferimento viene modificata a seconda del costo della vita e al carico fiscale e contributivo nel Paese di destinazione;

- Tale sistema utilizza la retribuzione al netto degli oneri fiscali e previdenziali del Paese d’origine e attraverso queste operazioni si ottiene come risultato finale il cosiddetto “netto di assegnazione”.

• Host Based Approach:

- La retribuzione dell’espatriato è basata su livelli salariali pagati nel Paese di destinazione, per lavori di equivalente livello;

- Vengono aggiunte indennità e benefit che compensano oneri finanziari tipici degli espatriati;

- È particolarmente adottato per assegnazioni a lungo termine.

15MaurizioCicciù,ClaudiaGianbanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)

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• Selected Country:

- La retribuzione si basa su un'unica struttura salariale valida per tutti, indipendentemente dal fatto che questa sia legata al Paese d’origine o di destinazione;

- In genere questo sistema si usa per garantire lo stesso standard all’intera forza lavoro espatriata.

• Hybrid- Dual Based Approach:

- Prevede la suddivisione del trattamento in due parti distinte, legate sia alla realtà del

Paese d’origine che a quella di destinazione;

- La realtà del Paese di provenienza sarà la base per un importo fissato nella valuta di quel Paese, per coprire le spese sostenute e destinate all’incentivazione.

Dall’applicazione di questo sistema deriva un importo che viene calcolato distinguendo due elementi:

- Riflette lo stile di vita del Paese d’origine tenendo conto di un pacchetto di consumi aziendale

espresso in valuta locale;

- Fissa l’importo in valuta nazionale comprendendo gli incentivi e gli impegni finanziari legati al Paese di provenienza;

L’assegnazione all’estero di un dipendente per un periodo medio-lungo comporta il radicamento dello stesso nella realtà socio-culturale del Paese di destinazione con la conseguenza che lo Stato estero possa chiamare il lavoratore a contribuire alla spesa pubblica mediante la riscossione delle imposte sui redditi prodotti. In tale circostanza, è sempre emersa la necessità da parte delle aziende di individuare dei sistemi in grado di neutralizzare, in termini di impatto fiscale, eventuali differenze che potrebbero determinare oneri fiscali aggiuntivi rispetto al Paese di origine. Al termine dell’anno fiscale potranno quindi essere effettuati conguagli fra le imposte estere e quelle italiane e le eventuali differenze verranno trattenute o rimborsate sulla prima retribuzione utile. Tra i principali sistemi si possono individuare(16):

• Tax Equalization: Il principio fondante del tax equalization è che l’espatriato non debba sopportare conseguenze negative a causa dell’incarico all’estero, per quanto riguarda la tassazione, ma che nemmeno ne tragga un qualsiasi beneficio; infatti l’onore fiscali a cui è soggetto il dipendente all’estero è uguale a quello del paese d’origine. Tale politica prevede che, nel Paese di partenza, l’organizzazione trattenga dal reddito dell’espatriato un determinato ammontare di tasse, una trattenuta fittizia, a cui il lavoratore sarebbe stato soggetto se avesse svolto la stessa attività nel suo Paese. Questa somma poi verrà pagata in toto all’intero Paese ospitante al momento della liquidazione delle imposte. In pratica, le tasse vengono equalizzate tra i due Paesi;

16MaurizioCicciù,ClaudiaGianbanco,PaoloSantarelli“Expatriatesmobilitàinternazionaledeilavoratori”(2015)

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• Lassez faire: Questo approccio non è usato spesso, tuttavia le imprese più piccole o quelle che hanno iniziato da poco a operare sul piano internazionale, utilizzano questo metodo che consiste nel fatto che sia l’espatriato a pensare personalmente alla tassazione, considerando la propria situazione individuale;

• Livellamento delle tasse: Le imprese rifiutano di pagare un ammontare di tasse nel Paese d'origine e pagano tutte le tasse nel Paese ospitante;

• Tax protection: In questo caso, al momento del versamento delle imposte nel Paese estero, il dipendente dovrà versare un importo pari alla somma che avrebbe dovuto corrispondere nel Paese d’origine, mentre il resto è pagato dal datore di lavoro che ha il compito di proteggere l’espatriato dalle eventuali tasse più elevate del Paese ospitante. Se il tax rate è minore nel Paese ospitante, il dipendente riceve la differenza;

• Ad hoc:

In base a questo approccio, ogni espatriato rappresenta un caso a sé stante e viene trattato differentemente in base al pacchetto individuale che il soggetto è in grado di negoziare con l’organizzazione.

Tuttavia, nessuno di questi approcci è raccomandato anche se sono molto diffusi. Il livellamento delle tasse è la politica di tassazione più̀ comune utilizzata dalle multinazionali.

Capitolo 2 La gestione degli espatriati analizzata da studiosi mondiali Diverse indagini empiriche mostrano che è opportuno per l’impresa valutare i manager non solo in base alle individuali capacità professionali, ma anche in relazione alle aspettative, alle motivazioni e al grado di sensibilità delle singole persone nell’interpretare le differenze culturali ed etiche. Il rispetto di questi fattori nella scelta degli expatriates potrà favorire il processo di adattamento di questi e rendere efficace l’esperienza internazionale, contribuendo in questo modo alla performance della strategia globale. L’impresa non può essere considera come un’unità a sé stante, che attua le proprie strategie con un orientamento più o meno globale. Piuttosto, deve essere analizzata e compresa in quante parte di un sistema di network internazionali(17). In questi termini, è dunque possibile che la capacità e il grado di internazionalizzazione dipendono dalla tipologia e dall’intensità delle relazioni, che un’azienda è in grado di attuare e di gestire a livello internazionale(18). Portare le corporate culture in un paese straniero rappresenta una sfida per l’impresa, in quanto gli orientamenti delle core strategico non possono in assoluto determinare le politiche delle unità periferiche, né, dall’altra parte, i sistemi di gestione manageriale possono essere completamente definiti dai contesti nazionali(19). A questo proposito, diversi studiosi hanno sottolineato gli aspetti problematici della gestione internazionale delle risorse umane nei rapporti tra casa-madre e sussidiarie.

17DowlingP&SchulerR“InternationaldimensionsofHumanResourceManagement”(1990)18CostaG&GianecchiniM“Lepolitichediformazioneesvilupponellagestionestrategicadellerisorseumane”(2009)19GooderhamP&Nordhaug“IinternationalAssignment:Cross–BoundaryChallenges”(2003)

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Un primo aspetto da evidenziare riguarda la tendenza ad utilizzare le stesse politiche e pratiche di gestione del personale da parte della direzione corporate nelle sussidiarie. Evidenze empiriche hanno mostrato che il top management tende a scegliere e trasferire le metodologie di gestione del personale che sono già note e che si sono rivelate efficaci nel paese di origine(20). Infine, interessanti risultano la provenienza e la direzione delle innovazioni applicate al management delle risorse umane. Alcuni studi hanno indicato che la diffusione e la condivisione di tali innovazioni tende a svilupparsi in modo unidirezionale, ovvero dal centro alle unità periferiche e raramente si realizza dalle affiliate verso il centro o altre sussidiarie(21). Comunque, la condivisione tra il vertice e le unità periferiche di conoscenze e procedure nel campo della gestione del personale non si attua con le stesse modalità̀ per tutte le aziende. La tipologia di impresa, il mercato di riferimento, l’ambiente culturale (ogni assetto aziendale è unico in quanto determinato dal congiunto operare di cultura nazionale e cultura aziendale) e sociale e le caratteristiche individuali dei dirigenti internazionali rappresentano fattori che influiscono non solo sul processo di condivisione, ma anche sulla capacità degli individui di promuovere e assorbire quegli elementi innovativi utili per il miglioramento della performance aziendale. La gestione degli “human assets” acquisisce una maggiore criticità soprattutto nel caso di sussidiarie localizzate in paesi ritenuti aree chiave per lo sviluppo internazionale o caratterizzati da economie in forte evoluzione e cambiamento(22). 2.1 La gestione degli International assignments e la scelta dei manager internazionali Lo sviluppo di un sistema di relazioni a livello internazionale spinge le imprese a prestare una maggiore attenzione alla selezione e formazione di un management capace di gestire i rapporti con soggetti operanti in contesti diversi. La caratteristica professionale richiesta ai manager internazionali è soprattutto la capacità di analizzare, sviluppare e gestire i rapporti nell’ambito della “rete” di attori coinvolti nel processo di internazionalizzazione, al fine di valorizzare le differenze delle specifiche culture Locali(23). L’obiettivo è dunque quello di sviluppare il global organizational learning, promuovendo l’innovazione e la circolazione di idee indipendentemente dai confini geografici per realizzare un costante miglioramento delle performance aziendali. Tuttavia, nonostante il top management delle imprese transnazionali percepisca l’importanza strategica degli international assignments, non sempre riscontra un miglioramento delle performance manageriali al termine dell’incarico internazionale(24). Il problema è riconducibile alla discrepanza tra la scelta delle imprese transnazionali di “internazionalizzare” il proprio personale presso le varie unità (mediante il ricorso a manager provenienti da paesi diversi e l’utilizzo degli international assignments) e le modalità con cui queste attuano le politiche di gestione internazionale delle risorse umane. È possibile individuare due ragioni rilevanti alla base di tale incongruenza:

• Innanzitutto, la maggior parte dei dirigenti della Direzione del personale sembra ancora

orientata a rispondere prevalentemente ad esigenze tattiche di breve periodo, basate sull’attività di ricerca, selezione, formazione e misurazione delle performance, senza valutare le necessità e le implicazioni strategiche dello Human Resource Management per il conseguimento degli obiettivi aziendali nel lungo periodo.

20Gertsen“Interculturalcomptenceandexpatriates.InternationalJournalofHumanResourceManagement”(1990)21MendenhallM&OddouG“Thedimensionsofexpatriateacculturation”(1985)22AdlerN&BarthlomewS“Managinggloballycompetentpeople.AcademyofManagementExecuitives”(1992)23SilvestrelliP“Problematicherelativeallasceltadeimanagerexpatriatesnelleimpresetransnazionali”(2006)24MarianettiG&DelliFalconiF“Lagestionedelpersonaleall’estero”(2008)

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• La seconda ragione risiede nel fatto che le imprese spesso sottovalutano il ruolo della gestione del personale a livello internazionale. È stato evidenziato infatti che una delle principali cause di insuccesso delle strategie internazionali risiede nella mancata comprensione delle diversità̀, che caratterizzano gli individui nei vari contesti internazionali. Diventa quindi fondamentale per le imprese sviluppare un’attività̀ di “recruiting” per individuare ed attrarre i manager, che siano in grado di soddisfare le esigenze organizzative e di attuare le politiche aziendali.

La scelta dei “talenti” internazionali dipende dal tipo di compito e ruolo che questi devono svolgere all’estero, dalla durata dell’incarico, dalla prospettiva di crescita della carriera, dalle similarità̀ con il paese ospitante e il grado di interazione con i manager locali. 2.2 Aspettative e cultura dei manager Le aspettative, i desideri e le differenti capacità di dimostrare le proprie competenze all’estero sono aspetti importanti nella scelta della risorsa umana internazionale. Indagini empiriche hanno peraltro dimostrato che le aspettative sui ruoli manageriali e subalterni differiscono in modo sostanziale tra una sussidiaria e l’altra, pur appartenendo queste ad una stessa impresa transnazionale(25). I comportamenti organizzativi non sono guidati soltanto da convenzioni formali, ma anche da pressioni derivanti dalle aspettative individuali: i comportamenti tendono quindi a modificarsi sulla base delle aspettative, mediante un processo dinamico di reciproca influenza tra la posizione soggettiva e la struttura formale dei ruoli dell’organizzazione. Le pratiche standardizzate nella gestione del personale, che non tengono in considerazione le variazioni nelle aspettative individuali, possono pertanto provocare una discrepanza tra ciò che formalmente viene stabilito per ogni ruolo e ciò che, invece, i dirigenti si aspettano(26). Anche la matrice culturale rappresenta un fattore nella scelta dei manager internazionali. Diversi studi hanno mostrato come la “distanza culturale” abbia un forte impatto nell’organizzazione. In particolare, una rilevante distanza culturale può ostacolare il grado di integrazione della sussidiaria e creare difficoltà ai manager, quando essi devono adattarsi ad un nuovo ambiente lavorativo, determinando situazioni di conflitto infra-organizzative. Allo stesso tempo, la diversità culturale può incoraggiare l’apprendimento di nuove routine e competenze, contribuendo al miglioramento delle performance singole e complessive. La gestione delle risorse umane a livello internazionale sta diventando quindi sempre più complessa e le imprese transnazionali avvertono la necessità di gestire una forza-lavoro internazionale e differenziata, superando l’approccio etnocentrico che ha contraddistinto il processo di reclutamento tradizionale(27). In particolare, la criticità dell’International Human Resource Management non riguarda più unicamente la scelta di un manager (della casa madre, della sussidiaria o di altra provenienza) sulla base di caratteristiche culturali, sociali e professionali compatibili con le esigenze ed il modus operandi dell’impresa. Dai colloqui avuti personalmente con alcuni manager americani è infatti emerso che le aziende operanti a livello mondiale scelgono piuttosto quegli individui, che dimostrano di possedere non solo competenze, abilità e capacità professionali, ma soprattutto sensibilità nell’interpretare le differenze culturali e capacità di ascolto nelle relazioni con gli altri. Un ulteriore requisito significativo è la flessibilità che i dirigenti devono avere, sia nell’ambito del processo di decision making, sia in termini di disponibilità a spostarsi da una sussidiaria ad un’altra, rappresentando, in tal senso, “anelli indispensabili per veicolare la conoscenza “da” è verso” il sistema”. D’altronde, la varietà delle strategie di internazionalizzazione e l’eterogeneità delle imprese, che operano a livello mondiale, non consentono di delineare un “modello” universalmente valido per scegliere e formare il management globale.

25PrandstallerF&QucquarelliB“Risorseumaneinternazionali.Culturaecompetenze”(2011)26BlackJ&Gregersen“Therightwaytomanageexpatriates”(1999)27FerraroG“Theculturaldimensionofinternationalbusiness”(2002)

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Di conseguenza, l’impresa ha necessità di sviluppare un sistema di gestione delle risorse umane “specifico” che sia coerente con le scelte strategiche internazionali, in quanto le esigenze del personale sono spesso diverse da quelle del personale del proprio paese di origine. Indagini empiriche hanno dimostrato che mentre le imprese multinazionali americane e giapponesi sono maggiormente orientate ad un reclutamento dei manager su base mondiale, le aziende italiane si caratterizzano per un management prevalentemente nazionale e le imprese tedesche sono più propense al reclutamento di personale di altri stati europei. 2.3 Le motivazioni a diventare expatriates Un altro aspetto da approfondire sono le motivazioni che spingono i manager ad intraprendere esperienze di lavoro presso sedi estere. A tale proposito, è possibile individuare gli obiettivi principali dei manager che accettano un international assignment(28):

• Ottenere maggiori contributi remunerativi;

• Raggiungere una posizione;

• Migliorare le proprie competenze manageriali;

• Acquisire maggiore responsabilità;

• Fare esperienze internazionali.

Il grado di importanza di questi fattori dipende dalle differenze sociali e culturali dei manager espatriati. Indagini empiriche hanno mostrato, ad esempio, come i manager americani ritengano l’aspetto remunerativo la variabile critica che induce ad accettare o meno gli international assignments, mentre manager tedeschi, al contrario, attribuiscono una maggiore rilevanza alla crescita personale e all’acquisizione di nuove competenze. Per quanto riguarda la possibilità di raggiungere posizioni gerarchiche più prestigiose, un altro studio ha messo in luce che l’avere realizzato un’esperienza all’estero non sempre comporta per i manager un concreto ed effettivo miglioramento della propria carriera. La ricerca, effettuata su un campione di imprese multinazionali americane, ha verificato che mentre il 65% dei responsabili della Direzione del personale ritiene che gli incarichi internazionali abbiano un impatto positivo sullo sviluppo della carriera, tale evidenza non è poi confermata dalle interviste fatte ai manager che hanno svolto esperienze lavorative presso sedi estere; infatti, il 77% degli intervistati le giudica negative per la propria crescita professionale. Pertanto, dal punto di vista del manager, l’international assigment appare un’alternativa non sempre attraente e un’occasione spesso rischiosa(29). Tale diversità di opinioni è determinata dal fatto che le imprese non realizzano un’attività sistematica di programmazione delle carriere di lungo periodo (o comunque collegata alla durata dell’iniziativa del progetto economico), che salvaguardi quindi anche il percorso professionale dei manager al rientro in sede dopo l’esperienza all’estero. La mancanza di supporto agli expatriates nella gestione delle diverse fasi dell’international assignment e la carenza di un piano progettuale, che consenta ai dirigenti di valutare il proprio percorso professionale all’interno dell’organizzazione, sono aspetti che provocano una discordanza nelle aspettative dei manager e che possono minare la stessa “loyalty” di questi verso l’impresa. A questo proposito, un aspetto interessante emerso nell’ambito di alcune ricerche riguarda il fatto che i manager considerano gli international assignments come un’opportunità di crescita professionale “interna” piuttosto che “esterna”.

28HoganG&GoodsonJ“Thekeytoexpatriatesuccess”(1990)29GeppertM&BrewsterC“Global,nationalandlocalpracticesinmultinationalcompanies”(2006)

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In sostanza, tali esperienze diventano un’occasione per acquisire nuove competenze e sviluppare capacità personali e professionali per migliorare la propria carriera in una prospettiva “boundaryless”(30), cioè non limitata da confini geografici e soprattutto non legata ad un’organizzazione in particolare. Le imprese transnazionali devono pertanto affrontare una sfida decisiva: saper “trattenere” i propri “talenti”, dopo che siano cresciute le competenze di questi tramite incarichi internazionali. Un interessante studio ha evidenziato che diverse imprese multinazionali americane ed europee hanno perso tra il 40% e il 55% dei propri manager espatriati. 2.4 Il processo di adattamento degli expatriates al contesto locale Un fattore che facilita il processo di adattamento al nuovo ambiente è senza dubbio la qualità delle relazioni sociali che il manager espatriato riesce ad instaurare con i propri colleghi e anche con persone esterne all’organizzazione. È possibile individuare due aspetti problematici nelle relazioni interpersonali:

• Innanzitutto, i dirigenti tendono a stabilire e mantenere forti legami di tipo “expressive”

(riguardanti cioè l’insieme delle relazioni instaurate al di fuori dell’ambiente di lavoro) con colleghi che provengono da culture simili, mentre forti vincoli “instrumental” (relativi all’ambiente lavorativo) sembrano caratterizzare le relazioni tra manager di differenti background culturali. Inoltre, anche in circostanza di conflitto, l’appartenenza alla stessa nazionalità consente agli expatriates di interagire con i manager connazionali in modo diretto a prescindere dalle posizioni gerarchiche; in questo modo, si instaurano sistemi di rapporti non formali e, per questo, più flessibili, ma anche meno individuabili e controllabili.

• Altro aspetto problematico nelle relazioni interpersonali si riferisce alle modalità dei manager di comunicare ed interagire con i propri colleghi e subalterni. In particolare approcci one-way e top-down tendono a creare incomunicabilità, aumentando il divario e la distanza tra individui provenienti da contesti già diversi(31); tale condizione tende a verificarsi più frequentemente nel caso di dirigenti provenienti da sussidiarie localizzate nei paesi industrializzate, che vanno ad operare nelle unità situati in paesi in via di sviluppo dove gli individui hanno caratteristiche comportamentali e sociali differenti.

Come accennato, i rapporti tra individui all’interno di una stessa organizzazione possono essere anche di tipo conflittuale e ciò può portare a situazioni di incertezza e disagio che rallentano il processo di adattamento dei manager espatriati al nuovo contesto lavorativo e ambientale. Lo spirito di iniziativa degli individui è diverso in relazione ai differenti contesti culturali. Indagini empiriche realizzate in Russia ad esempio, hanno mostrato che l’iniziativa personale non solo viene scoraggiata, ma talvolta anche punita. Tale aspetto è considerato un problema noto e diffuso dai manager espatriati provenienti dai paesi occidentali. Inoltre le differenze culturali possono incidere anche sulla percezione della “power – distance” ovvero la distanza gerarchica percepita dagli individui tra i ruoli dirigenziali e quelli subordinati. Relativamente “power – distance” un interessante studio realizzato(32), evidenzia l’importanza dell’aspetto culturale nell’influenzare il grado di adattamento degli individui all’interno di workgroup e team temporanei.

30MendenhallM&Oddou“Thedimensionsofexpatriateacculturation,areview,Academyofmanagement”(1985)31HeenanD&PerlumutterH“Multinationalorganizationaldevelopment”(1979)32HaslbergerA&BrewsterC“Theexpatriatefamily:aninternationalperspective”(2008)

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L’indagine empirica ha mostrato che i manager provenienti da Taiwan, caratterizzati da una cultura di tipo “collettivista” e da una elevata “power-distance”, dimostrano di avere maggiori problemi di adattamento all’interno dei team temporanei, soprattutto nel caso di cambiamenti di persone, ruoli o funzioni all’interno del gruppo. Il motivo risiede nel fatto che i manager provenienti da paesi orientali percepiscono la fine del teamwork come l’interruzione di un sistema di autorità e di leadership e, il passare ad un altro gruppo, significa per tali soggetti disobbedire ai principi etici e morali, provocando in loro un senso di insicurezza e di crisi. Al contrario, i manager provenienti dall’Australia, che rispecchiano in modo rilevante la cultura anglosassone (con connotati sociali fortemente individualistici ed una limitata “power-distance”) instaurano relazioni con individui operanti nei diversi livelli gerarchici. Tali manager dimostrano di avere maggiori capacità di adattamento e di flessibilità, percependo il cambiamento come un aspetto fisiologico dei team temporanei. 2.5 La necessità di affrontare problemi di etica Le imprese transnazionali iniziano pertanto a vedere la necessità, ma anche l’opportunità, di trovare una comune interpretazione su ciò che deve essere definito “comportamento etico”. L’esigenza di creare un “codice etico di corporate” deriva dal processo di integrazione che caratterizza i contesti competitivi (Dobson, 1990); tale integrazione, tra l’altro, è il risultato delle numerose interferenze tra le organizzazioni, dei collegamenti tra diversi mercati e dei network di comunicazione, che si sono sviluppati a seguito della scomparsa dei tradizionali confini geografici. Il processo di globalizzazione ha infatti moltiplicato il numero dei problemi etici: per una impresa transnazionale risulta così difficile conciliare i propri “standard etici” con quelli vigenti presso altri paesi, in quanto non è possibile definire una “business ethics globale”. Ad esempio, molte pratiche che sono considerate non etiche (o persino illegali) in certi paesi, sono, invece, consentite in altri(33). La difficoltà di determinare un significato univoco e universalmente accettato di “etica” è comunque indotta anche dal fatto che i principi etici non solo variano da una società ad un’altra, ma anche all’interno di una stessa realtà sociale, sia dal punto di vista temporale sia dal punto di vista storico. È possibile, tuttavia, individuare alcune linee guida, che rappresentano una base per conseguire una regolamentazione in specifici contesti. A questo proposito, Bowie (1987) usa il termine “moral “universalism” per indicare la necessità di uno standard morale che sia riconosciuto ed accettato da tutte le culture. Questo si differenzia dall’approccio di “ethical relativism”, il quale comporta un adattamento al codice morale dello specifico paese dove l’impresa va ad operare. Un’interessante ricerca ha sottolineato in proposito che manager provenienti da paesi con tendenze politiche di tipo socialista sono meno propensi a giustificare comportamenti non etici; al contrario, i manager di paesi capitalistici sembrano tollerare, entro i limiti dell’etica d’impresa, atteggiamenti non etici in senso generale. Naturalmente, la questione “etica” costituisce un importante elemento di influenza anche nella gestione delle risorse umane e diventa particolarmente critica se si riferisce alla gestione del personale a livello internazionale, date le maggiori differenze culturali ed etiche con cui i manager si confrontano. L’etica nell’impresa viene infatti formalizzata mediante la costituzione e l’implementazione di un “corporate code of ethics”34. I dirigenti europei tendono ad usare meccanismi informali di controllo sociale all’interno dell’impresa e non ritengono che un preciso codice di norme comportamentali cambierebbe in pratica il comportamento dei dipendenti. Inoltre, i manager europei prendono decisioni dopo aver consultato l’opinione altrui, in base ai valori condivisi, ai legami sociali e alla personale percezione dei propri obblighi nei confronti degli altri. Al contrario, nella realtà manageriale americana, le decisioni, i comportamenti e la valutazione di ciò che è morale sono frutto di una scelta di responsabilità individuale.

33BlackJ&MendenhallM“Cross–culturaltrainingeffectiveness,acriticreview”(1990)34HillC“Internationalbusiness:Competingintheglobalmarketplace.Globaledition”(2013)

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Il significato di “etica” diventa in questo caso di difficile interpretazione e diversi sono gli aspetti che devono essere affrontati:

• Il comportamento etico che deve essere adottato dai dirigenti nelle sussidiarie;

• Il grado di adattamento agli standard etici del paese ospitante;

• Le modalità mediante le quali l’etica influisce sugli obiettivi aziendali;

• La necessità dei manager di conciliare le proprie responsabilità verso le diverse tipologie di stakeholders con comportamenti etici che siano riconosciuti e accettati in modo univoco.

Il ruolo dei manager expatriates diventa quindi molto più complesso; essi devono interagire con superiori, colleghi e subalterni nel rispetto degli standard etici della casa-madre; allo stesso tempo, devono anche valutare le interferenze di quei comportamenti che non sono coerenti con tali standard, in quanto non esiste un “manuale di etica” universalmente valido. In conclusione l’etica non deriva più da un’imposizione dell’autorità̀, ma diventa il risultato di un accordo tra individui, che condividono valori e regole comportamentali.

Capitolo 3 Dalla teoria alla pratica calandoci in realtà che hanno condotto con successo fin qui la gestione degli espatriati Lo studio dei casi è una tecnica di ricerca che permette di analizzare dei casi specifici e di comparali tra loro al fine di acquisire nuove conoscenze attraverso l'esperienza del soggetto intervistato e del materiale di ricerca ottenuto (Gillham, 2000). Dal momento in cui attraverso tale analisi si vuole acquisire una maggiore conoscenza dei metodi didattici e del supporto che le imprese forniscono ai propri espatriati lo studio dei casi è il metodo più adeguato per individuare gli strumenti più utilizzati per garantire il successo dell'incarico del proprio espatriato. Nei paragrafi seguenti saranno illustrati i casi in oggetto in tale analisi.

3.1 Gruppo Sofinter Con oltre 150 anni di esperienza e oltre 1.000 unità installate nel mondo è una società leader nel settore della progettazione, costruzione ed installazione di caldaie di grande taglia per impianti di produzione di energia elettrica. Attualmente, i principali Paesi in cui è presente il Gruppo Sofinter sono 8 (Italia, Romania, Egitto, UAE, Cina, India, Singapore, Brasile). Ac Boilers produce con propria tecnologia:

• Caldaie di potenza per impianti di produzione di energia elettrica, a carbone, olio e gas;

• Generatori di Vapore a Recupero a valle di turbine a gas per impianti a ciclo combinato;

• Caldaie a biomasse e per termovalorizzazione di rifiuti;

• Sistemi di combustione per la riduzione di emissioni di NOx (carbone, olio e gas);

AC BOILERS realizza inoltre riabilitazioni e trasformazioni di caldaie esistenti e fornisce assistenza post vendita. Dal 2001 la Società fa parte del Gruppo SOFINTER.

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La mission di Ansaldo:

• Sviluppare il business, fornendo soluzioni alle esigenze diversificate dei mercati mondiali;

• Sviluppare nuove tecnologie per la produzione di Caldaie di potenza, Generatori di Vapore a Recupero e Sistemi di combustione;

• Studiare soluzioni innovative per rispondere alle grandi sfide del mercato;

• Confermare la fiducia dataci dai nostri Clienti superando le loro aspettative.

Strategie, politiche del personale, benefici e retribuzione:

Grazie alla disponibilità del General Manager e del Construction & Commissioning Dept andiamo ad analizzare le varie fasi di espatrio all’interno del Gruppo Sofinter: Le selezioni sono svolte secondo le necessità della società, sulla base di un colloquio conoscitivo preliminare ed un successivo colloquio con la parte tecnica, a seconda dell’area di destinazione. Una volta scelto il candidato o i candidati a seconda del paese di destinazione se rientra nell’Unione Europea non c’è bisogno di passare per il ministero affari esteri, mentre per i paesi non facenti parte dell’Unione Europea è vincolante il benestare del ministero affari esteri. Si procede poi, alla proposta di retribuzione: viene fissata prima la retribuzione italiana alla quale si aggiunge un pacchetto personalizzato a seconda del paese di destinazione. Tale pacchetto è comprensivo di un noleggio auto, casa arredata ed uno stipendio all’arrivo per consentire ciò che manca in casa. Sono comprese, altresì, spese del telefono, carburante, corso di lingua, scuola per eventuali prole, viaggio per l’espatriato stesso e per l’eventuale famiglia. Una volta arrivato nel paese di destinazione l’area delle risorse umane locale si occuperà di dare il sostegno necessario. Nel processo di espatrio è prevista anche una figura, deputata a seguire il dipendente in tutte le fasi dell’espatrio; Tale figura è denominata dalla Sofinter “Mentore”. Il mentore è un dipendente del medesimo settore tecnico dell’espatriato, solitamente gerarchicamente sovraordinato, che ha, appunto, la responsabilità di monitorare il trasferimento del futuro espatriato, contattare le aree tecniche all’estero, monitorare le attività dello stesso e infine pianificare il ritorno. In particolare per quando attiene al monitoraggio, il mentore deve mantenere il contatto con l’espatriato, con periodicità trimestrale, al fine di conoscere il suo andamento e lo sviluppo professionale. I preparativi per il trasferimento, iniziano sei mesi prima della partenza, al fine di garantire la sicurezza per gli espatriati e per la sua famiglia, e per creare le condizioni che consentono alla missione internazionale di essere compiuta con successo. In particolare la società ritiene che sia importante, ai fini di un ottimale adattamento interno con i colleghi di lavoro che l’espatriato apprenda, oltre alla lingua universale (inglese) anche la lingua del paese di destinazione. Sempre ai fini di un ottimale adattamento e per consentire una scelta consapevole al dipendente, Sofinter attua interessanti iniziative, come ad esempio, quella di organizzare un viaggio esplorativo nel paese di destinazione prima della partenza definitiva. La finalità di questo viaggio esplorativo è familiarizzare con il futuro luogo di lavoro in modo da avere una percezione chiara di quella che sarà la propria vita, una volta accettato l’incarico. Nel successivo periodo di permanenza il dipendente oltre al mentore, godrà della presenza dell’area dei trasferimenti internazionali del personale, in modo da poter usufruire di tutto il sostegno necessario ai fini di una missione internazionale tranquilla. All’espatriato verranno forniti elementi della cultura con la quale dovrà interagire negli anni di permanenza all’estero: l'economia, la lingua, le abitudini alimentari, il tempo libero, la religione. Quelle citate sono le tematiche che saranno affrontate nella formazione specifica: per l’espatriato avere una migliore conoscenza del paese in quale risiederà, significherà evitare scontri culturali. Concludo con un dato che può essere motivo di vanto per sofinter: Il successo delle missioni corrisponde al 98%.

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3.2 Applied Azienda leader nella fornitura di attrezzature innovative, di servizi e di software per l'industria dei semiconduttori, Applied Materials Inc. è una società americana che si occupa di produzione, commercializzazione e servizio post vendita nei seguenti settori: chip semiconduttori, schermi piatti e display, celle fotovoltaiche, film sottile e vetro ad alta efficienza energetica. Fondata nel 1967 a Santa Clara in California, Applied Materials iniziò a muoversi nel mercato globale con la creazione e la commercializzazione di nano-tecnologie, utilizzate per creare ogni tipo di chip per semiconduttori e display a schermo piatto. Successivamente, la società decise nel 2006 di ampliare il proprio mercato entrando nel settore delle apparecchiature per la produzione di panelli solari e di vetro ad alta efficienza energetica. Attualmente la società e composta da 89 sedi situate in 19 paesi e impiega circa 13.700 persone provenienti da diversi paesi del mondo come Canada, Cina, Europa, Israele, India, Malesia, Singapore, Giappone, Corea, Taiwan e Stati Uniti. La struttura globale di Applied, costituita da un network di unità operative presenti in tutto il mondo, ha fatto si che l'espatriato assumesse un ruolo importante all'interno dell'azienda. Ogni unità di Applied che necessita di determinate competenze all'interno del suo organico può fare richiesta ad altre unità di poter usufruire per un determinato periodo delle abilità e delle conoscenze di un professionista specializzato. Gli espatriati all'interno della società sono suddivisi in tre categorie a seconda della durata dell'incarico:

• Short- Term Assignments: L’incarico internazionale dura dai 60 ai 365 giorni consecutivi;

• Long- Term Assignments: L’incarico dura dai 365 giorni ai 3 anni;

• Frequent Business Traveler (FBT): Sono definiti i lavoratori che viaggiano frequentemente all’estero e passano più di 60 giorni all’anno in un altro paese.

Applied Material Italia

Applied Materials Italia Srl fu costituita nel 2008 a seguito dell'acquisizione, da parte della società americana, dell'azienda trevigiana Baccini spa. La società italiana già leader nel settore della tecnologia fotovoltaica a silicio cristallino è diventata parte della Corporate come divisione “Energy & display solution” con lo scopo di perseguire la missione della società madre di ridurre il costo dell'energia solare per watt e rendere più efficiente il risparmio per i consumatori. Applied Materials Italia Srl è presente su tutto il territorio nazionale con 5 unità operative:

• La sede principale si trova a Treviso dove sono situati il centro di produzione e la R&S per la produzione e la vendita di celle fotovoltaiche;

• Le sedi di Milano, Avezzano e Catania operano nel settore della semiconduzione, focalizzandosi principalmente nelle vendite, nel marketing e sui servizi di supporto;

• La sede di Campofranco si occupa, in collaborazione con Moncada Energy Group, della produzione di un’intera linea di pannelli solari in thin film in silicio, denominata SunFab. La SunFab è stata progettata e sviluppata per ridurre i costi della materia prima e per aumentare la capacità di conversione della fonte luminosa in energia.

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Espatriati che arrivano in sede Applied Materials Italia La sede Applied Materials Italia si occupa, come tutte le altre unità operative della società americana, di fornire agli assignees che arrivano in Italia da altre sedi Applied un set di informazioni che abbiano a che fare con le differenze fondamentali tra l'Italia e il paese di origine dell'espatriato come la cultura, la mentalità, la lingua, il modo di agire, ecc, che fanno parte sia del contesto lavorativo che extra-lavorativo con cui l'espatriato dovrà interagire. Una prima modalità con cui l'azienda fornisce le informazioni necessarie a coloro che arrivano in Italia da altre sedi Applied è attraverso un Welcome Package, un opuscolo informativo scritto in inglese in cui sono scritte le regole generali che gestiscono la vita lavorativa e quotidiana in Italia. All'interno del fascicolo informativo ci sono una serie di informazioni che l'azienda fornisce all'espatriato per aiutarlo nel processo di integrazione, come ad esempio una breve descrizione della città e della sede italiana, l'organigramma dell'azienda, i contatti chiave, i requisiti per l'immigrazione in Italia, informazioni sugli alloggi, il servizio taxi e il noleggio macchine, e alcuni suggerimenti su come vivere in Italia. Un altro modo con cui la società̀ supporta e sostiene gli espatriati è attraverso uno specifico reparto denominato Global Mobility Department che si occupa di organizzare il trasferimento dei dipendenti. Il compito principale è quello di agevolare gli espatriati con un long-term assignment ad adattarsi al nuovo contesto lavorativo e sociale con l'aiuto dei providers. In generale, negli aspetti di gestione della mobility/relocation come ad esempio la stima del costo, la ricerca dell'alloggio, il pagamento di eventuali spese, i corsi di lingua, la documentazione (residenza, sanità, utenze gas e luce ecc..) e la gestione del trasferimento viene utilizzato da tutte le sedi Applied un unico providers, NEI Global Relocation (è una società fondata a metà degli anni ottanta che offre a società di tutto il mondo servizi per il trasferimento e per la gestione degli espatriati) che a sua volta, a seconda del paese di destinazione, utilizza dei Local providers. Il reparto Mobility Italia si affianca principalmente a delle società specializzate sia per quanto riguarda la logistica che per i costi della relocation. Il local provider che è utilizzato nella relocation verso l'Italia è Principal Relocation Company (Principal Relocation Company è una società che offre, in qualsiasi città d’Italia servizi di relocation, di immigrazione e corsi di lingua destinati sia alle aziende che al singolo individuo. I servizi di Relocation contengono ogni attività che riguarda il trasferimento, dal trovare un alloggio idoneo all'espatriato fino a fornire servizi di assistenza per tutta la durata dell'incarico). Espatriati che partono dalle sedi Applied Material Italia

La partenza di un espatriato è connessa ad una richiesta da parte di una sede Applied di una persona che possiede determinate caratteristiche e competenze. Nel momento in cui la persona in oggetto acconsente al suo trasferimento, la sede per cui lavora, in questo caso Applied Materials Italia, si assicurerà che l'espatriato abbia dal punto di vista amministrativo tutto il necessario per partire, si interessa anche che la persona possieda tutte le informazioni che gli consentiranno di adattarsi più facilmente al nuovo ambiente lavorativo e sociale. L'espatriato può acquisire informazioni tramite il proprio capo reparto il quale fornirà delle conoscenze specifiche a seconda delle necessità dell'espatriato su come funzioni il business nel paese in cui è destinato. Un altro modo con cui l'azienda informa il proprio dipendente in partenza è tramite l'AGU (Applied Global University), un centro di apprendimento responsabile per la progettazione e lo sviluppo di programmi di formazione. L'AGU raccoglie al suo interno tutte le necessità e le esigenze dell'azienda e le trasforma in corsi che possono essere sia online che lezioni. Nei corsi online, l'espatriato potrà consultare la pagina web del centro di apprendimento e ricercare il corso, sotto approvazione del proprio responsabile, più adatto alle sue necessità. Un esempio di corso online è “business in China”, attraverso il quale il dipendente che dovrà trasferirsi in Cina potrà consultarlo e apprendere com'è il business e la vita nel nuovo paese. I corsi online possono essere sia gratuiti che a pagamento. La formazione tramite lezione invece viene effettuata nelle diverse sedi Applied Materials, e possono avvenire sia a Santa Clara che in Germania.

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Una volta che il dipendente avrà terminato il corso gli sarà inviato un questionario online per valutare l'efficacia della formazione. Le domande chiuse richiedono all'espatriato di esprimere l'accordo o il disaccordo di un’affermazione tramite un punteggio da 1 a 7; le domande aperte danno la possibilità all'espatriato di esprimere il proprio parere.

Di seguito sono elencate degli esempi di domande attraverso cui l'azienda valuta l'efficacia di un corso, in questo caso si tratta di un corso effettuato tramite lezione:

Esempio di domande chiuse:

• L'ambiente in cui si è svolto il corso era idoneo?

• Il materiale fornito era appropriato alle sue esigenze?

• Gli esempi forniti durante il corso erano consoni alle sue necessità?

• Il corso è stato efficace ed ha acquisito le informazioni necessarie?

• Il trainers ha svolto il corso con energia ed entusiasmo?

Esempio di domande aperte:

• Il corso che ha seguito era meritevole dell'investimento effettuato?

• La lezione è stata utile per il suo processo di formazione oppure no?

• Quali sono stati gli elementi che ha ritenuto fossero inutili?

• Altro?

Ogni risposta è registrata nel server AGU in modo tale che l'azienda possa, attraverso delle statistiche, individuare eventuali lacune e capire quali parti del corso sono da migliorare in modo da offrire dei corsi sempre più̀ efficaci ed efficienti. 3.3 Ernst & Young Ernst & Young (EY) è una delle più grandi società di servizi professionali nel mondo ed è considerata una delle “Big Four”, ovvero una delle quattro più importanti società di revisione, che insieme a Deloitte, KPMG e PricewaterhouseCoopers (PwC), si spartiscono la maggior parte del mercato globale. La sede principale di EY è situata a Londra ed è presente a livello globale con 167.000 dipendenti in 140 paesi diversi. L’importanza della mobilità per EY: La mobility, secondo Ernst & Young, è un elemento fondamentale per il successo aziendale in quanto permette all'organizzazione di creare dei team di professionisti che rispondono sempre più alle esigenze dei clienti provenienti da tutto il mondo e di accrescere inoltre l'eccellenza nei propri servizi offerti. Le persone secondo EY rappresentano un investimento significativo ed una grande opportunità per ottenere un vantaggio competitivo. Per EY è importante che i propri dipendenti lavorino in ambienti culturalmente diversi in modo che essi siano costantemente stimolati nello sviluppare una carriera di successo e di grandi soddisfazioni sia a livello professionale che personale. Uno degli obiettivi principali della società è quello di sviluppare talenti globali attraverso dei programmi mobility, i quali sono suddivisi a seconda del livello professionale e dall'esperienza dei candidati.

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I programmi che la società offre ai propri dipendenti sono elencati di seguito:

• New Horizons – È un programma creato per i dipendenti che hanno almeno 2 anni di esperienza all'interno di EY. Attraverso questo programma, essi possono vivere e lavorare per tre mesi in un altro paese. Lo scopo è quello di far capire ai “giovani” dipendenti le sfide, i vantaggi del lavoro all’estero e allo stesso tempo, creare attraverso tale esperienza un proprio network professionale.

• Global Exchange Program (GEP). È un programma riservato ai manager e ai senior manager che hanno competenze tecniche nel settore dell'Assurance e nei servizi di consulenza fiscali o TAS. Il programma permette ai dipendenti di ampliare le proprie competenze tecniche e le conoscenze del settore lavorando e vivendo all'estero, per un periodo che va da un minimo di 18 mesi ad un massimo di 24. Il GEP da l'opportunità ai dipendenti di accedere ad alcune tra le migliori posizioni internazionali disponibili nel mercato e di sviluppare la propria carriera attraverso l'acquisizione di nuove prospettive di business, l'accrescimento del proprio potenziale, lo scambio e l'acquisizione di conoscenze con i colleghi del paese di destinazione e la conoscenza di nuove culture.

• Programmi residenziali: Questo programma permette per un periodo di tempo che, può variare da pochi mesi fino ad un anno e mezzo, di lavorare in uno dei Centri di Eccellenza di EY sia del proprio paese di origine sia in un altro paese del network. Tale programma è stato progettato per formare i dipendenti attraverso il lavoro su complessi casi globali con lo scopo di fornire ai lavoratori nuove conoscenze ed esperienze utili per lo sviluppo della carriera professionale.

Oltre a fornire ai propri dipendenti programmi di espatrio, EY offre ai propri clienti attraverso il suo network globale, una vasta gamma di servizi realizzati appositamente per gestire i dipendenti che vivono e lavorano all'estero. EY supporta ed assiste i propri clienti durante tutto l'iter dell'espatrio offrendo in tutto il mondo servizi di consulenza e supporto nelle questioni di immigrazione, assistenza nell'ottenimento dei permessi e delle autorizzazioni necessarie per il trasferimento dei dipendenti all'estero, nella preparazione delle dichiarazioni dei redditi per gli espatriati e gestione dei pagamenti che vengono effettuati in ciascuna giurisdizione. La gestione degli espatriati L'invio di un dipende EY all'estero è preceduto dalla richiesta effettuata direttamente da un dipendente che ha il desiderio di essere trasferito per un periodo determinato di tempo all'estero. Ogni dipendente che fa domanda per l'espatrio ha la possibilità di indicare tre paesi di preferenza in cui essere inviato. Questa possibilità data ai dipendenti permette all'azienda di poter selezionare dei candidati che hanno già delle conoscenze preliminari sul paese scelto e soprattutto la consapevolezza di dove andranno a lavorare e vivere. Questa modalità di selezione permette all'azienda di ridurre i problemi di adattamento, il quale è uno dei maggiori fattori che, secondo la letteratura, incide sul successo dell'incarico. Una volta che il candidato è stato selezionato, esso viene assistito dall'inizio alla fine della sua esperienza estera da due Mobility Leader, uno responsabile del paese di origine ed uno a cui l'espatriato farà riferimento nel paese di destinazione. È previsto al momento dell'arrivo nel paese di destinazione un periodo di orientamento che può variare dai 15 ai 30 giorni a seconda del livello professionale del candidato e della policy globale. Durante questo periodo di orientamento vengono fornite al dipendente tutte le informazioni necessarie per l'adattamento alla nuova cultura e riguardante la sua posizione. Oltre alle informazioni gli espatriati vengono messi in contatto con dei providers locali che hanno il compito, a seconda del programma di mobility a cui appartengono, di assisterli nella ricerca della scuola e della casa, l'apertura di un conto bancario, l'ottenimento del codice fiscale, ecc.

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I problemi maggiori per un espatriato secondo EY Secondo il Global Mobility Effectiveness survey 2012 il 31% degli espatriati non conclude l’incarico perché non riesce ad adattarsi al nuovo ambiente e in particolar modo alla nuova cultura. Spesso succede che ciò che ha avuto successo per anni nel proprio paese improvvisamente non funziona nel paese di destinazione e l'espatriato troverà difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione. Uno dei motivi principali legato a tale problema secondo EY è l'invio di dipendenti inadatti a lavorare in un ambiente estero dovuto ad una poco attenta selezione; individuare persone culturalmente flessibili è un primo passo per evitare tali problemi. Un altro fattore che incide sul fallimento dell'incarico internazionale è la famiglia. Il tasso di fallimento legato all'incapacità di adattamento dei famigliari è del 61% (Global Mobility Effectiveness survay, 2012). Questa alta percentuale di insuccesso è dovuta principalmente al fatto che, mentre l'espatriato nonostante cambi il luogo e, a volte, anche la posizione lavorativa, la sua routine rimane sempre la stessa. Il partner molto spesso non lavora e a differenza dell’espatriato non ha dei contatti attraverso cui creare una propria rete di conoscenze che porta il coniuge a voler tornare a casa. Efkemann, direttore esecutivo per i servizi di assegnazione di EY, ha affermato che per evitare il fallimento di un incarico internazionale “è necessario che l'azienda disponga di differenti approcci manageriali in modo da poter scegliere il più adatto a seconda delle circostanze” (T Magazine, 2012). La formazione culturale prima delle partenze può fornire all'espatriato delle informazioni essenziali che possono contribuire a ridurre il rischio di un’esperienza negativa. Secondo EY, nessuno potrà parlare correttamente una lingua dopo un semplice corso di base, ma tale preparazione anche se è minima aiuta l'espatriato ad avere una maggiore comprensione della cultura in cui andrà a vivere e sarà più facile per il dipendente adattarsi al nuovo stile di vita comportando meno rischi per l'impresa.

Capitolo 4 Rielaborazione critica L’internazionalizzazione delle aziende, come già accennato nei capitoli precedenti, comporta la mobilitazione di uno o più manager dall’azienda madre in un paese estero. Questo fenomeno sta prendendo sempre più piede, in quanto, si ritiene che l’invio di propri dipendenti, in particolar modo nei Paese in via di sviluppo, possa migliorare la comunicazione con la sede estera. Nella maggior parte dei casi il ruolo dell’espatriato è quello di istruire il personale locale facendo in modo che quest’ultimo possa così assumere ruoli di maggior responsabilità. Il personale inviato all’Estero ha, dunque, un ruolo chiave per soddisfare i bisogni produttivi ed organizzativi dell’headquarter. Questo può essere considerato sicuramente un vantaggio, in quanto, l’azienda distaccataria può contare su una figura di fiducia in grado sia di curare gli interessi della casa madre che sostenere un continuo processo di integrazione fra le due aziende. Tutto ciò favorisce una crescita professionale dei dipendenti, i quali si mettono in gioco in ambiti internazionali acquisendo così ruoli strategici. L’ideale ciclo di un incarico internazionale comprende cinque fasi:

• Reclutamento e selezione;

• Assunzioni;

• Formazione;

• Espatrio;

• Rimpatrio;

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Analizzando queste cinque fasi hanno tutte la stessa importanza. Secondo un mio punto di vista i problemi maggiori si riscontrano nella formazione, nel fornire supporto durante l’espatrio e nel rimpatrio. Tutte le operazioni di orientamento e di formazione dovrebbero essere focalizzate sui valori culturali, le normative presenti nel Paese d’assegnazione e sui contrasti esistenti tra questi ultimi e quelli presenti nel Paese d’origine. Prima di tutto, il management dovrebbe riconoscere i vari tipi di difficoltà all’interno del caso specifico; essi variano da problemi nelle relazioni lavorative, problemi all’interno delle famiglie degli espatriati, a difficoltà tra i governi dei Paesi coinvolti. Ognuno di questi problemi presenta una sua soluzione specifica. Quindi, l’obiettivo principale dell’allenamento Pre-partenza è quello di aiutare il futuro espatriato ad affrontare eventi inaspettati all’interno di una nuova cultura. Parlando con manager espatriati ho percepito che il processo di rientro è anche più traumatico rispetto a quello precedentemente effettuato e, spesso, questa preoccupazione dei dipendenti viene trascurata dalle organizzazioni. Gli espatriati che ritornano da viaggi all’estero si aspettano giustamente di mettere in pratica la conoscenza e le competenze acquisite; tuttavia, questo non accade sempre con l’immancabile conseguenza che il dipendente non si sente più completamente in sintonia con la cultura dell’organizzazione, che può essere cambiata considerevolmente nel periodo in cui è stato lontano. Non tutte le aziende sono, però, in grado di saper gestire la mansione degli espatriati, bisogna, infatti essere ferrati sulla legislazione locale ed estera per non incappare in qualche inottemperanza, dunque, è importante che le aziende con poca esperienza nel campo si affidino a consulenti con una determinata expertise o a società specializzate in questo settore. Oltre ai fattori legislativi non vanno di certo trascurati quelli finanziari, in primo luogo l’azienda madre deve essere in grado saper scegliere il miglior pacchetto retributivo per il suo dipendente, tenendo ben in considerazione le varie indennità e maggiorazioni che possono avere un impatto sul lavoratore, sull’azienda, ma anche sulla filiale estera. Questi parametri possono variare a seconda dei casi, ossia se l’espatriato viene inviato in un paese dell’Unione Europea o extracomunitario con cui l’Italia ha stretto accordi di sicurezza sociale, o un paese extracomunitario che non ha sancito accordi di questo genere con la nostra nazione. Detto questo si può ben intuire che la gestione degli aspetti giuridici e quelli finanziari è molto complessa, muta costantemente ed inoltre si differenzia da paese a paese, dunque, è importante essere aggiornati costantemente e avere salde conoscenze sulle leggi delle nazioni ospitanti e sugli accordi di sicurezza sociale stipulati tra i vari paesi. Un’ultima considerazione che mi sento di fare è screditare il mito del fallimento dell’espatrio soprattutto per il fatto che si è dimostrato come il tasso dello stesso non sia così elevato come si è sempre creduto. Proprio per queste ragioni, è importante studiare più a fondo il problema. Il fallimento è sempre stato considerato come il prematuro return a casa del dipendente, tuttavia, tale definizione è eccessivamente semplificativa perché il termine comprende molti altri fattori. Tale definizione implica necessariamente che un incarico internazionale sia di successo se l’espatriato rimane all’estero per tutto il periodo previsto e questo non accade sempre nella realtà. A tal proposito, anche Harzing sostiene che il fallimento deve essere definito diversamente, includendo anche una scarsa performance del soggetto, problemi di adattamento, turnover e trasferimento degli espatriati. La mia supposizione è avallata dalla ricerca condotta nel 2006 da GMAC – GRS in cui sono stati evidenziati i motivi che portano al fallimento dell’incarico: Il principale motivo di fallimento dell’incarico è l’insoddisfazione del partner seguito dall’incapacità di adattamento.

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Considerazioni Finali Analizzando le informazioni ottenute attraverso le interviste con i manager delle imprese Sofinter Applied Materials e Ernst & Young la prima conclusione alla quale sono pervenuto che le imprese che intendono posizionarsi in ambito internazionale, devono avere una conoscenza puntuale degli aspetti culturali, economici e sociali dei contesti in quali intendono operare al fine d’evitare difficoltà e rischi di fallimento. Come risulta dalle testimonianze delle società studiate, il processo dell’espatrio è assolutamente necessario per il “calcio d'inizio” dell’internazionalizzazione: è attraverso questo che l'impresa otterrà informazioni, anche rispetto alle possibilità di accettazione del prodotto nel nuovo mercato, o inserimento alla sua adeguatezza e, infine, per assumere decisioni sulla partnership, joint venture o anche sull’installazione di società controllate. Sulla base delle interazioni con la Gestione Internazionale delle Persone, si é potuto verificare che le sfide più rilevanti riguardavano la capacità di formare professionisti in grado di operare in qualsiasi parte del mondo, rispettando le differenze culturali e adattandosi al modo di vita locale. Dalle esperienze degli espatriati emerge che l’adattamento al paese di destinazione non é stato agevole, la maggioranza di loro hanno avuto difficoltà ad interagire con diverse culture. La conoscenza della lingua e l'interazione con i residenti sono aspetti essenziali per un rapido adattamento e per il successo della missione internazionale. Andando ad analizzare le statistiche è notevole il successo del processo d’internazionalizzazione delle società analizzate nei casi di studio: Sofinter, Applied Materials e Ernst & Young testimoniati anche dai paesi nei quali operano con filiali di produzione nei rispettivi segmenti. Il mondo é sempre più globalizzato, e questo spinge a essere determinati, creativi e innovativi per potersi inserire nel mercato del lavoro. Il capitale umano è il grande vantaggio per le organizzazioni, nelle quali un team competente, in grado di lavorare in qualsiasi parte del mondo, determina vantaggi competitivi per la sopravvivenza e l'espansione del business. Non tutte le persone hanno un profilo adeguato per vivere l’esperienza dell'espatrio. Si tratta di un processo difficile, che include cambiamenti comportamentali e psicologici. È sbagliato supporre l’espatrio per coloro che amano viaggiare: l'espatrio é per le persone che davvero vogliono vivere un cambiamento del modo di pensare e di agire. Il contributo che emerge da questa ricerca é concesso con l'obiettivo di ridurre la mancanza di studi sulla tema dell’espatrio. Quanto emerso dall’indagine può anche essere utile per le decisioni dei dirigenti che praticano o intendono praticare il processo d’espatrio, per farlo consapevolmente, ricordando che questi collaboratori sono soggetti umani, dotati di sentimenti e non solamente risorse per raggiungere gli obiettivi della missione.

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Il trampolino di lancio: Nato in un piccolo paese vicino Salerno, dove mi laureo in Economia e Gestione dell’impresa mi sento un altro dei tanti laureati in cerca di sbocchi professionale. Sento che non posso dare niente al mio paese così decido di arricchire il mio percorso formativo. Iniziai a consultare vari Master attinenti alla mia laurea. Dopo una ricerca accurata decido di fare il Master in Risorse Umane e Organizzazione, organizzato dalla Fondazione ISTUD (l’unica Business School Italiana indipendente). Il master mi ha lasciato: Competenze professionali, ingresso nel mondo del lavoro, capacità di “fare squadra” e creazione di un network di professionisti: questa l’eredità lasciata dal Master ISTUD. Gli insegnanti e i testimoni di valore assoluto, la completezza dei programmi e la continua interazione tra la teoria e le attività pratiche mi hanno, inoltre, fornito le basi per entrare nel mondo del lavoro con la corretta mentalità e le giuste competenze. Vivere, dormire, studiare e uscire con le stesse persone ti aiuta a saperti adeguare ai vari caratteri e varie personalità. Ogni persona mi ha dato qualcosa, personalmente andavo d’accordo con tutti. Posso dire che è stata veramente un’esperienza entusiasmante se così posso definirmi nel mio piccolo anche io sono stato espatriato.