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FORMAZIONE IN SITUAZIONE: UNA PROPOSTA FORMATIVA PER LINTEGRAZIONE SOCIALE E LAVORATIVA DEI GIOVANI DISABILI Analisi, riflessioni e prospettive a partire dall’esperienza di Opera dell’Immacolata RIF. P.A. N. 00/595 Formazione in Situazione - Ob. 3 – Misura A – Asse 2 – Dd 14 del 20/12/2000 –

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FORMAZIONE IN SITUAZIONE:

UNA PROPOSTA FORMATIVA

PER L’INTEGRAZIONE SOCIALE E LAVORATIVA

DEI GIOVANI DISABILI

Analisi, riflessioni e prospettive a partire

dall’esperienza di Opera dell’Immacolata

RIF. P.A. N. 00/595 Formazione in Situazione - Ob. 3 – Misura A – Asse 2

– Dd 14 del 20/12/2000 –

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Gruppo di lavoro Daniela Ciani

Walter Consorti

Francesca Giosuè

Maria Grazia Volta

Redazione del Rapporto di Ricerca

Daniela Ciani

Luglio 2002

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PREMESSA

La “formazione in situazione” è una modalità formativa rivolta a giovani disabili

che attribuisce particolare importanza, da una parte, alle attitudini e risorse d’ogni

allievo, dall’altra, alle caratteristiche dell’ambiente formativo, attraverso percorsi

d’apprendimento graduali e personalizzati, con un lungo periodo di formazione

individuale in ambiente lavorativo.

L’oggetto del presente lavoro è proprio questa particolare ed attuale proposta

formativa a favore delle persone disabili, nata a livello sperimentale negli anni Settanta in

alcune città italiane, tra cui Bologna, inserita per la prima volta in alcune

programmazioni negli anni Ottanta ed attualmente al centro di un processo di

cambiamento che interessa, più in generale, il settore delle politiche formative e sociali.

In effetti, si sta affermando sempre più un’ottica che pone al centro le capacità residue

della persona disabile e l’importanza di attivare processi di promozione ed integrazione

sociale.

Uno dei fili conduttori del lavoro è l’attenzione costante al rapporto esistente tra la

persona e l’ambiente formativo e sociale che la circonda, a partire dall’ipotesi che i

fattori ambientali abbiano un’importanza decisiva nei percorsi di formazione in

situazione, tanto a livello progettuale, quanto a livello metodologico ed operativo.

Vi sono poi alcune categorie concettuali, al crocevia tra teoria, metodologia e prassi

operativa, che forniscono delle interessanti chiavi di lettura, trasversali all’oggetto della

ricerca. Si fa in particolare riferimento ai concetti chiave di personalizzazione,

flessibilità, integrazione ed intervento di rete, che caratterizzano in modo peculiare il

modello corsuale della formazione in situazione.

La prima parte del lavoro si sofferma sulla natura, l’evoluzione e le finalità di

questa particolare tipologia formativa, per passare ad analizzare, nella seconda parte, dei

percorsi concreti di formazione in situazione, attuati nella provincia di Bologna ed

arrivare a delineare, nella terza parte, le caratteristiche metodologiche e gli strumenti

operativi utilizzati nelle varie fasi del corso.

Il quarto capitolo prende, invece, in esame l’importanza del fattore ambientale all’interno

di questo modello formativo, considerando, in particolare, il contesto lavorativo che

ospita il periodo in situazione. Vengono, inoltre, presentati i dati empirici, con alcune

elaborazioni, inerenti i percorsi successivi la formazione in situazione di un vasto

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campione d’allievi dei corsi promossi dal Centro di formazione professionale “Opera

dell’Immacolata”, in quasi quindici anni d’esperienza.

Anche il quinto ed ultimo capitolo pone al centro l’esperienza di questo Centro di

formazione, che ha rappresentato il principale riferimento nell’elaborazione del presente

lavoro, attraverso una serie di domande rivolte a formatori che da anni si occupano di

questa tipologia corsuale. In conclusione, vengono presentati alcuni spunti di riflessione,

ulteriori piste di analisi e possibili prospettive future, inerenti la formazione in situazione.

Nel corso del lavoro, si viene a delineare l’immagine di un percorso formativo in

grado di offrire a giovani con disabilità medio-lievi un ponte verso una dimensione

personale più matura ed un’integrazione più piena, a livello lavorativo e sociale, con

possibilità di collegarsi ad altri ambiti di vita e di crescita degli allievi, quali la famiglia e

la scuola.

In conclusione di questa breve premessa, appare importante sottolineare alcuni

preziosi contributi al presente lavoro di ricerca. Si fa, innanzitutto, riferimento all’Ente

promotore, la Provincia di Bologna, che, utilizzando le risorse del Fondo Sociale

Europeo, ha finanziato l’attività, ha messo a disposizione materiale documentale e,

attraverso l’Ufficio Tecnico dell’Assessorato alla Formazione Professionale, ha offerto

un confronto sui contenuti della ricerca.

Il lavoro documentale, analitico ed empirico si è sviluppato con un collegamento

continuo tra teoria e prassi, all’interno dell’équipe tecnico-scientifica dell’Ente

conduttore la ricerca, Opera dell’Immacolata (costituita da: Maria Grazia Volta, direttore

del CFP, Francesca Giosuè, coordinatrice scientifica, Daniela Ciani, autrice del lavoro e

Valter Consorti, coordinatore delle attività corsuali di Formazione in Situazione) e

grazie anche ad una costante interazione e confronto con gli interlocutori esterni.

Bisogna, quindi, ricordare la collaborazione fornita per la consultazione di materiali e

banche dati, per la raccolta di informazioni, per il confronto tecnico sulla

sperimentazione dei percorsi di Formazione in Situazione: il Centro di Documentazione

per l’Handicap di Bologna, gli operatori delle Aziende Usl del territorio bolognese,

l’Ufficio Coordinamento Handicap e l’Ufficio Disabili della Provincia di Bologna e,.non

ultimi, ma significativi per il prezioso contributo nella seconda parte del lavoro, i

formatori di OPIMM che da anni conducono le attività formative di Formazione in

Situazione.

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1. FORMAZIONE IN SITUAZIONE: UN QUADRO GENERALE

La formazione in situazione è un percorso formativo in alternanza che ha lo scopo

principale di offrire opportunità formative, lavorative e socializzanti a persone con

disabilità di tipo cognitivo, affettivo e/o relazionale non gravi, tramite l’acquisizione

delle competenze operative e sociali inerenti ad un preciso profilo professionale, da

sperimentare all’interno di un ambiente lavorativo reale e concreto.

IL CONCETTO DI “FORMAZIONE IN SITUAZIONE” si compone di due termini: il primo

riguarda la categoria generale degli interventi cui appartiene, vale a dire gli interventi di

tipo formativo, il secondo specifica la tipologia cui si fa riferimento.

La formazione in situazione si caratterizza, nello specifico, per la particolare importanza

attribuita alla situazione lavorativa concreta, in cui l’utente del processo formativo

sperimenta, approfondisce e perfeziona le proprie cognizioni tecniche, abilità manuali e

competenze relazionali, attivando un processo di cambiamento che riguarda le sfere del

fare, del saper essere e dell’essere.

Il presente capitolo si propone di delineare brevemente la storia e l’evoluzione

della formazione in situazione, nella Provincia di Bologna, considerando di seguito le

finalità generali di tale tipologia corsuale, i principali elementi organizzativi e le risorse

che la caratterizzano. Il modello di formazione in situazione che ne emerge è debitore di

alcune significative esperienze che si sono sviluppate, a livello nazionale e locale, sin

dagli anni Settanta, da cui sono stati enucleati alcuni tra gli elementi centrali di questa

particolare proposta formativa.

1.1 ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL MODELLO FORMATIVO

La valorizzazione dell’ambiente lavorativo quale contesto formativo è stata

introdotta nel nostro paese negli anni Settanta, in un clima culturale che promuoveva, per

le persone con handicap, delle soluzioni diverse rispetto alle istituzioni totali e si è

formalizzata in alcune programmazioni, a livello locale, a partire dal decennio

successivo. Sono così nate esperienze formative quali gli stage aziendali, i tirocini

formativi, le borse lavoro e, in alcune città italiane, la formazione in situazione.

La NOVITÀ che caratterizza questa modalità formativa è l’introduzione, all’interno

dell’iter corsuale, di un periodo intensivo di formazione individuale in ambiente

lavorativo, che permette di: sperimentare e perfezionare le conoscenze acquisite durante

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la fase in aula, maturare un’identità personale più adulta, acquisire un profilo

professionale e un ruolo lavorativo e attivare un processo integrativo più complessivo.

Questa fase centrale dell’iter corsuale conduce gli allievi fuori dal contesto formativo

tradizionale, rappresentato prevalentemente dall’aula e dai laboratori e li inserisce in un

ambiente lavorativo concreto, con proprie regole, tempi e modalità relazionali.

Per entrare nello specifico dei cambiamenti che hanno anticipato l’introduzione di

questa tipologia corsuale nelle programmazioni a livello formativo, vediamo come negli

anni Settanta, a livello nazionale e locale, sia progressivamente cambiato il quadro

normativo, con riferimento sia alla formazione professionale (legge 845/1978 e legge

regionale 19/79) sia all’integrazione delle persone disabili (legge 517/1977).

In particolare, la Regione Emilia Romagna, con strumenti di programmazione

territoriale, promuove l’integrazione delle persone disabili nei diversi settori della società

e il coinvolgimento dei vari soggetti che se ne occupano, individuando nel TERRITORIO il

luogo ove ricercare le possibilità, i modi e gli strumenti per dare una risposta positiva alla

specifica domanda dell’utenza con handicap.

Tutto ciò si è tradotto nel progressivo superamento di un’ottica assistenziale, che ha

portato sia alla possibilità per i giovani disabili di frequentare i corsi ordinari di

formazione professionale, sia all’attivazione di percorsi “a hoc”, in grado di dare una

risposta idonea ai bisogni formativi, alle necessità d’inserimento sociale e alle

caratteristiche diversificate di tale utenza.

In particolare, nella metà degli anni Ottanta, la Provincia di Bologna predispone un

documento programmatico, il PROGETTO HANDICAP ‘851, che esprime compiutamente le

linee d’azione della Provincia di Bologna ed introduce il PIANO ORGANICO COMPLESSIVO

(P.O.C.): un progetto integrato orientamento-formazione-lavoro relativo alle persone

disabili, che prevede alcune possibili tipologie corsuali rivolte ai giovani disabili in uscita

dalla scuola dell’obbligo, cui si aggiungono delle forme di transizione al lavoro (tra cui le

borse lavoro) e la creazione del Sil (Servizio per l’Inserimento Lavorativo) provinciale.

Tra i percorsi di formazione professionale indicati dal Piano rientra, per la prima volta la

formazione in situazione2, descritta come una tipologia corsuale in alternanza, rivolta a

giovani che presentano problematiche psicologico-intellettive con handicap di tipo

medio-lieve, tali da rendere difficile l’accesso a modelli formativi di tipo scolastico, pur

in presenza di buone autonomie personali.

1 Cfr. Progetto Handicap ’85: tra la scuola e il lavoro, Provincia di Bologna, 1985. 2 Le altre possibilità formative sono: i corsi di orientamento, gli inserimenti individuali nei corsi di base, i corsi integrati, i percorsi triennali in centri di formazione professionale.

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Le finalità indicate dal Progetto per i primi due corsi sperimentali sono collegate, da una

parte, alla creazione di capacità professionali da spendere sul mercato del lavoro,

cercando di valorizzare le diverse attitudini di ognuno, dall’altra, alla contemporanea

acquisizione di un’identità personale più adulta3. La durata di tali corsi viene indicata

come biennale (1500 ore l’anno), con due terzi del tempo, circa, dedicato ad attività

pratiche in azienda ed il restante periodo ad attività di rielaborazione ed

approfondimento.

Già dal 1986 la formazione in situazione rientra, così, nel Piano della Formazione

Provinciale, formulato ogni anno dall’Amministrazione provinciale sulla base del lavoro

del Gruppo InterUsl, formato dagli operatori delle Aziende Usl della Provincia di

Bologna, che esprime i bisogni formativi dei giovani disabili segnalati dai referenti di

ogni territorio.

Rispetto alle prime esperienze italiane di formazione in situazione4, nella

PROVINCIA DI BOLOGNA tale tipologia formativa si è sviluppata con caratteristiche

proprie, specie con riferimento al settore lavorativo prescelto per il periodo di formazione

in situazione, che ha rispecchiato la composizione del tessuto produttivo bolognese, una

realtà a crescente terziarizzazione.

Inoltre, ci si è ben presto accorti del fatto che tale modello corsuale rappresentava

un’interessante opportunità formativa per giovani con problematiche articolate, di tipo

relazionale e comportamentale, che richiedono modalità formative differenti rispetto a

quelle proposte dal setting scolastico tradizionale. La formazione in situazione offre,

infatti, a questi ragazzi con disabilità lievi o medio lievi5, un percorso formativo

personalizzato e flessibile, con un buon livello d’integrazione rispetto al contesto sociale

circostante.

1.2. LE FINALITÀ DEL MODELLO NEL QUADRO DELLE POLITICHE FORMATIVE

Nell’ambito della Provincia di Bologna, l’esperienza a livello di formazione

professionale a favore di soggetti con handicap è ormai consolidata, grazie all’esperienza

3 Cfr. Progetto Handicap ’85, cit., pag. 88. 4 Ricordiamo soprattutto l’esperienza di Genova, descritta in particolare da Montobbio E., Handicap e lavoro, Edizioni del Cerro, Tirrenia, 1985. 5 La dizione “medio-lieve” viene comunemente utilizzata per indicare i casi di disabilità in cui deficit di tipo psichico, fisico e/o cognitivo determinano delle difficoltà al soggetto tali da non permettergli, senza ausili particolari o l’affiancamento di persone, il regolare apprendimento e/o inserimento nei vari ambienti vitali (famiglia, gruppo amicale, scuola, lavoro e così via). Sono, invece, presenti del tutto o in parte le autonomie di base: linguaggio, categorie spaziotemporali, mobilità ecc. Sul concetto di handicap cfr., inoltre, la scheda in appendice.

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decennale ed al vasto know-out maturato in quest’ambito del sistema formativo, sia a

livello progettuale sia a livello operativo, da parte del settore pubblico, dei Centri di

formazione e di altri soggetti del privato sociale.

POLITICHE FORMATIVE - Tra le principali tappe che hanno contraddistinto l’evoluzione

del sistema formativo, con particolare riguardo alle persone disabili ricordiamo, in

particolare:

- l’attribuzione delle competenze in materia di Orientamento e Formazione professionale

alle Regioni, con il DPR n° 616 del 1977, la legge quadro 845 del 1978 e la successiva

delega alle Provincia dell’attività di programmazione, coordinamento e verifica delle

attività (l.r. 19/79),

- il passaggio dalle scuole speciali a percorsi scolastici integrati, in base alla legge n° 517

del 1977,

- la possibilità per i giovani con handicap di frequentare, oltre a percorsi formativi

speciali, anche gli altri corsi professionali di base, seguendo il curricolo completo.

Per quanto riguarda, invece, l’ambito locale, consideriamo di seguito le principali

tappe che hanno creato le basi dell’attuale SISTEMA FORMATIVO PROVINCIALE.

a) A seguito della delega alla Provincia sopra ricordata, viene creato il Gruppo Tecnico

Provinciale per il coordinamento delle iniziative formative nel settore dell’handicap,

formato dai presidenti o da alcuni tecnici Usl, dai direttori dei Centri di formazione

professionale, da rappresentanti degli Assessorati comunale e regionale alla formazione

professionale, dal Provveditorato e da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, con

il compito di formulare le linee programmatiche per l’inserimento delle persone disabili

nei Centri di formazione professionale e nelle aziende, attraverso stage.

b) A partire dal 1981/82, vengono effettuati i primi inserimenti di giovani disabili in corsi

di formazione normale, nella misura di un allievo con handicap per ogni corso.

c) Nel 1985, sulla base delle esperienze dei primi anni Ottanta e grazie all’attività di

associazioni quali l’ANFFAS, la Provincia elabora, come già ricordato, il “Progetto

Handicap ’85”, in cui troviamo delineate le principali FINALITÀ che indirizzeranno nel

tempo gli interventi formativi rivolti ai giovani disabili:

- la piena realizzazione della personalità del giovane con handicap,

- l’attivazione delle sue capacità e l’apprendimento di nuove competenze al fine di

favorirne l’inserimento lavorativo,

- la creazione delle condizioni per una sua piena integrazione sociale.

Corollari di tali punti sono altre tre finalità strategiche per il sistema formativo, che

consistono in:

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- il collegamento fra servizi educativi, formativi, socio-sanitari e mondo del lavoro,

- la diversificazione ed integrazione dei percorsi formativi,

- la predisposizione d’interventi formativi personalizzati.

Si vengono così ad ampliare quelle che sono le finalità classiche dell’intervento

formativo, maggiormente circoscritte all’ambito dell’apprendimento di conoscenze e

competenze operative, per attivare dei percorsi di promozione complessiva della

personalità del giovane disabile, superando un’ottica meramente assistenziale.

In tal modo, la qualità della programmazione e dell’intervento formativo si basa su criteri

che non sono collegati solamente all’efficacia del corso ai fini dell’inserimento

lavorativo, ma ancor più alla sua validità educativa, in vista di uno sviluppo armonioso

della personalità e dell’incremento delle possibilità integrative6.

d) Infine, ha avuto un ruolo importante la sentenza della Corte Costituzionale del 1988,

che ha eliminato l’obbligo per gli studenti con handicap di seguire completamente il

programma scolastico. Prima di questa data, infatti, la percentuale di giovani disabili che

s’iscrivevano alla scuola superiore era circa il 10% di coloro che terminavano la scuola

media inferiore, mentre già nell’anno scolastico 1993/94 la percentuale risulta

quadruplicata7.

FINALITÀ DELLA FORMAZIONE IN SITUAZIONE – Per le sue caratteristiche peculiari, che la

collegano, tra l’altro, alle politiche lavorative attive, la formazione in situazione si

propone le seguenti FINALITÀ SPECIFICHE, che vanno così ad integrare quelle generali,

precedentemente descritte:

- l’acquisizione di un profilo professionale che favorisca l’inserimento lavorativo,

- lo sviluppo di un’identità più adulta, anche tramite l’assunzione di un ruolo lavorativo,

- lo sviluppo di una cultura dell’handicap all’interno del mondo del lavoro, un ambito

della società fino a qualche decennio fa completamente estraneo a queste tematiche,

- la sensibilizzazione sulle tematiche della disabilità anche all’interno della scuola,

ambito sempre più privilegiato per una lettura e risposta ai bisogni peculiari e

differenziati dei giovani con handicap,

- l’instaurarsi di modalità di lavoro integrate, in grado di coinvolgere le risorse e

competenze dei soggetti tradizionali in quest’ambito e di quelli nuovi, in particolare la

scuola,

6 Cfr., fra gli altri: Programma provinciale della Formazione Professionale per il biennio 1992-94, Provincia di Bologna. 7 In tal senso, si può affermare che nella Provincia di Bologna l’innalzamento dell’obbligo scolastico per i giovani disabili è, per certi versi, già una realtà.

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- l’avvicinamento fra il mondo del lavoro e quello della scuola, sviluppando all’interno

dei percorsi formativi alcune possibilità di scambio ed interazione fra questi due contesti,

- la sperimentazione di modalità formative in grado di rispondere ai nuovi bisogni di

un’utenza sempre più differenziata e far fronte al rapido e costante cambiamento che

interessa il contesto lavorativo e sociale,

- un’attenzione costante alle dinamiche del mondo del lavoro per coglierne i cambiamenti

e le nuove prospettive, individuando i profili professionali da promuovere e valorizzare

all’interno dei percorsi formativi.

Considerando tali finalità generali, tra loro interconnesse, è possibile delineare

all’interno della formazione in situazione dei percorsi di senso che pongono al centro le

risorse dell’individuo e non il suo deficit, la partecipazione attiva e non la delega totale

dell’agire, l’opportunità e non il costo sociale8.

1.3. LA RETE DEI PROTAGONISTI

L’implementazione di un progetto formativo richiede un insieme integrato di

risorse, agite a livello comunitario attraverso un organico LAVORO DI RETE da parte dei

soggetti coinvolti in vario modo nell’intervento stesso9. In particolare, per progettare,

attivare e sviluppare nel tempo un percorso di formazione in situazione è necessario

disporre di risorse a livello legislativo e di programmazione, a livello economico e

tecnico. Mentre le prime due tipologie di risorse attengono prevalentemente al sistema

formativo, le risorse tecniche non si esauriscono in esso, coinvolgendo l’insieme delle

conoscenze, competenze e capacità operative espresse dalle diverse persone, enti,

aziende, di volta in volta coinvolte nei differenti percorsi formativi.

Occorre, in ogni modo, considerare che le prime risorse che devono essere

valorizzate all’interno di ogni specifico percorso formativo sono quelle della PERSONA IN

FORMAZIONE, che diviene in tal modo protagonista del proprio processo d’apprendimento

ed integrazione lavorativa e sociale. I partecipanti all’esperienza formativa sono, infatti,

coinvolti e resi partecipi delle varie fasi del corso, sollecitando l’espressione delle proprie

attitudini, esigenze, aspettative e preferenze.

Passiamo ora a considerare gli altri principali soggetti che partecipano, in vario

modo, al sistema della formazione in situazione, mettendo a disposizione le proprie

8 Su questi temi, cfr. Gherardini M.R., Polloni M., Voglio fare il frate o il colonnello: un’esperienza di formazione professionale per giovani handicappati, Ed. Dehoniane, Bologna, 1993, pp. 29-31.

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risorse, conoscenze e competenze, al fine di una progettazione ed implementazione degli

interventi integrate. Tali soggetti, nel loro insieme, contribuiscono a delineare il quadro

culturale ed operativo di questo iter corsuale, al centro del quale si pone, come

sottolineato, il giovane utente dei corsi.

a ) L’UNIONE EUROPEA - Quanto ai PROGRAMMI COMUNITARI, vi è stato un particolare

sforzo per migliorare le prospettive d’accesso al mercato del lavoro di quella fascia della

popolazione a rischio di emarginazione. Per realizzare tale finalità sono state individuate

alcune azioni innovative, con riferimento al sistema formativo, dell’orientamento e

dell’occupazione, tra cui: - la creazione di reti di partenariato locale e di cooperazione

interistituzionale, con particolare riguardo alla progettazione di percorsi integrati e

personalizzati, - ricerche e indagini finalizzate all’analisi del contesto territoriale e

aziendale, dei target d’utenza e dei fabbisogni formativi e di sostegno10, - misure a

carattere sociopedagogico, volte a favorire l’inserimento dei soggetti all’interno di

percorsi integrati d’accesso al lavoro, - la sperimentazione di percorsi formativi, con la

produzione di materiali didattici, - il sostegno ad interventi per l'innovazione tecnologica

e di supporto logistico, finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche, a

diffondere la familiarità con le nuove tecnologie e a facilitare l’accesso ai servizi e al

lavoro, - la formazione degli operatori delle coooperative e imprese sociali, per

migliorare le opportunità e la qualità dell’inserimento lavorativo, - informazione e

pubblicizzazione delle diverse azioni.

b) LA REGIONE - Gli INDIRIZZI REGIONALI, in genere relativi ad un triennio, riguardano la

programmazione delle attività di formazione professionale e di orientamento, regionali e

delegate alle Amministrazioni provinciali, con una parte dedicata ai cittadini in

condizioni di disagio sociale, tra cui i giovani portatori di handicap. Gli indirizzi relativi

a quest’ultimo settore contengono le priorità di riferimento per la predisposizione di

attività formative a favore di utenti disabili. Ogni anno la Regione emana, poi, le

“Direttive in ordine alle tipologie corsuali e alla loro organizzazione tecnico didattica”,

comprendenti un paragrafo riferito all’attività formativa nell’ambito della disabilità.

c) L’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE – Sulla base degli indirizzi programmatici

regionali e dell’analisi dei fattori esterni ed interni del sistema formativo provinciale, il

Consiglio provinciale, su proposta della Giunta, elabora il PROGRAMMA PROVINCIALE

della Formazione professionale, che contiene le linee guida e fornisce le priorità generali

9 Questa modalità operativa è stata introdotta a livello ufficiale, nell’ambito della formazione a favore di persone disabili, dal Piano Handicap del 1985, in particolare attraverso la creazione del Servizio di Inserimento Lavorativo. 10 Cfr., in particolare, il Programma comunitario Horizon.

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cui deve attenersi la Giunta in vista dell’approvazione ed attuazione del PIANO DELLE

ATTIVITÀ FORMATIVE. Questo documento, adottabile anche per stralci successivi, è

articolato su base annuale e contiene tutte le attività di formazione professionale di

competenza della programmazione provinciale, esplicitate sotto il profilo tecnico e

finanziario. All’interno del Piano generale vi è una parte dedicata alle “utenze speciali”11

che contiene, tra l’altro, il PIANO ORGANICO COMPLESSIVO per i giovani con handicap,

finalizzato a rispondere al bisogno formativo complessivo di questa fascia d’utenza,

attraverso un ventaglio articolato di proposte formative, scelte dalla Provincia tra quelle

progettate dai Centri di formazione professionale.

Alcuni degli elementi maggiormente valorizzati all’interno degli indirizzi regionali

e della programmazione provinciale sono:

- l’utilizzo di una pluralità di strumenti, tra loro opportunamente integrati,

- l’attuazione di percorsi formativi flessibili e personalizzati,

- la valorizzazione delle attitudini e capacità degli allievi dei corsi, al di là degli obiettivi

formativi veri e propri,

- la realizzazione di sinergie tra i molteplici soggetti coinvolti nel processo formativo e

tra questi ultimi e le varie realtà territoriali, creando vere e proprie reti locali di supporto

all’inserimento professionale e lavorativo delle persone disabili, che coinvolgono

pubblico, privato, privato sociale12.

d) I CENTRI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE – I Centri di formazione che lavorano nel

campo della disabilità, sulla base delle indicazioni provenienti dalla Provincia,

presentano una prima programmazione dei corsi, si occupano poi della progettazione ed

attuazione dei percorsi formativi approvati, con riguardo alle molteplici attività che essi

comportano.

Lo svolgimento dei corsi è in gran parte affidato agli OPERATORI dei Centri, che mettono

a disposizione del sistema formativo le proprie conoscenze tecniche, competenze socio-

educative ed abilità organizzative. Il ruolo degli operatori della formazione è, quindi, di

centrale importanza per la conduzione dell’esperienza formativa, la mediazione tra le

esigenze dei diversi soggetti che vi partecipano ed il monitoraggio costante dei suoi

sviluppi ed esiti conclusivi.

11 Questo settore comprende le attività a favore delle persone con handicap, persone ex tossicodipendenti e detenute, persone extracomunitarie e giovani a rischio di devianza. 12 Cfr., fra gli altri: Indirizzi per la programmazione delle attività delegate alle amministrazioni provinciali in materia di formazione professionale, biennio 1992/94, Regione Emilia Romagna; Programma Provinciale della formazione professionale e dell’orientamento per il triennio 1994/97, aggiornamento 1997, Provincia di Bologna.

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e) I REFERENTI TERRITORIALI – A questo livello occorre considerare sia i singoli operatori

sociali che si occupano dei giovani con situazioni di disabilità (assistenti sociali,

psicologi, educatori, ecc.)13 sia il GRUPPO INTER-USL, per il coordinamento provinciale

degli operatori dei servizi materno-infantile e sociale, che esamina e presenta alla

Provincia i bisogni formativi dei giovani disabili segnalati dei referenti di ogni territorio,

in collaborazione con le famiglie, le associazioni di genitori e la scuola.

Le competenze messe a disposizione del sistema formativo da parte dei referenti

territoriali sono, quindi, di tipo organizzativo e specialistico per quanto riguarda diversi

ambiti, in particolare psicologico, sociologico e educativo. Gli operatori territoriali, tra

l’altro, contribuiscono ad evidenziare le capacità residue, potenzialità ed attitudini di ogni

allievo dei corsi di formazione in situazione, collaborano a ridefinire nel tempo il

percorso formativo, possono, inoltre, attivare degli interventi collaterali di sostegno

all’iniziativa e si occupano degli inserimenti lavorativi al termine del corso.

Vi sono poi gli operatori dei servizi per l’occupazione che, in base all’art. 8 della

legge n° 68 del 1999, hanno i compiti principali di: predisporre una scheda personale per

ogni giovane, in cui sono annotate le sue principali caratteristiche, attitudini ed abilità,

aggiornare gli elenchi delle persone disabili disoccupate e segnalare le caratteristiche dei

posti da assegnare, favorendo così l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.

f) LE FAMIGLIE – I familiari dei giovani che frequentano i corsi di formazione in

situazione sono coinvolti nel percorso formativo, in particolare in occasione: della

presentazione del corso da parte degli operatori del Centro e dei referenti territoriali,

degli incontri periodici di verifica, soprattutto con riferimento alla fase in situazione,

della conclusione dell’esperienza. La collaborazione delle famiglie è importante, inoltre,

per conoscere l’impatto dell’esperienza formativa nella vita personale di ogni allievo e

ogni qualvolta si determinano difficoltà, momenti critici o la necessità di approfondire

alcuni aspetti relativi ad un corsista.

g) LE AZIENDE – Le aziende rappresentano uno dei principali soggetti dei corsi di

formazione in situazione poiché al loro interno si svolge la fase principale del percorso

formativo. Alcuni rappresentanti aziendali sono, inoltre, coinvolti nella progettazione e

verifica della fase in situazione e anche nella sua attuazione, in particolare attraverso la

figura del tutor, che mette a disposizione dell’esperienza formativa le proprie competenze

professionali ed abilità relazionali. Infine, il personale dell’azienda può anche essere

coinvolto in attività di sensibilizzazione sulle tematiche della disabilità, esprimendo

pareri, riflessioni e stimolando, così, processi di cambiamento.

13 A partire dalla maggiore età, i giovani disabili fanno riferimento agli operatori dei Poli handicap adulto.

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h) IL VOLONTARIATO E L’ASSOCIAZIONISMO IN GENERE - Si realizza a questo livello

l’incontro tra i soggetti che sono chiamati a livello istituzionale e/o professionale a

rispondere ai bisogni dei giovani disabili con i soggetti che ne rappresentano le istanze e

ne promuovono i diritti nel settore non profit. Il terzo settore svolge sia un ruolo attivo, di

progettazione ed intervento sociale, sia un ruolo di socializzazione dei bisogni dei

soggetti che rappresenta e di mediazione rispetto alle diverse realtà che se ne occupano.

i) LA SCUOLA – In certi casi, le esperienze di formazione in situazione prevedono dei

percorsi integrati con la Scuola superiore, che mette a disposizione i propri spazi,

attrezzature e la professionalità dei propri docenti ed insegnanti di sostegno.

In questo modo, per gli allievi disabili iscritti nelle Scuole Superiori, la formazione in

situazione rappresenta sia un’opportunità di apprendimento e di socializzazione, che si

integra con il normale percorso scolastico, sia una possibilità di anticipare l’inserimento

nel mondo del lavoro e vedremo come quest’ultimo aspetto sia particolarmente

importante, alla luce del recente innalzamento dell’obbligo scolastico.

A livello più generale, dall’incontro fra le risorse del sistema scolastico e quelle del

sistema formativo si può realizzare “un’integrazione di possibilità educative e formative,

non gerarchizzate a livello d’importanza”, in grado di offrire un ventaglio di possibilità,

articolate e flessibili, ai giovani disabili14.

1.4. ELEMENTI ORGANIZZATIVI

L’articolazione dei corsi di formazione in situazione, la successione dei moduli

formativi, il loro contenuto e le altre caratteristiche operative sono definite dai Centri di

formazione, all’interno della propria attività progettuale, sulla base delle indicazioni e

priorità espresse dalla Provincia e tenendo presenti alcune CARATTERISTICHE GENERALI

che caratterizzano questa particolare tipologia corsuale.

DURATA – In genere, la durata dei corsi di formazione in situazione è di due anni,

un periodo sufficientemente lungo per dar modo agli allievi di assimilare contenuti,

apprendere comportamenti nuovi e trasformare alcuni elementi del proprio modo di

pensare, agire, relazionarsi. Un’altra caratteristica generale di tale tipologia corsuale è di

riservare circa due terzi del percorso formativo alla fase in situazione, che si svolge in un

contesto lavorativo differente per ogni allievo.

14 Cfr. Canevaro A., in Errani A., Equlibristi senza rete? Il progetto di inserimento lavorativo delle persone disabili, F. Angeli, 1999, pag. 22.

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Le FASI in cui si articolano i corsi di formazione in situazione consistono, in

genere, in: un breve periodo di osservazione iniziale, una successiva fase propedeutica e

l’ultimo periodo, dedicato alla formazione individuale in ambiente lavorativo. Il

passaggio tra le due fasi principali, quella in aula e quella in situazione, avviene in

maniera graduale, con un progressivo incremento del tempo in ambiente lavorativo, già a

partire dal primo anno e il permanere, sino al termine del corso, di momenti d’incontro e

rielaborazione, all’interno del gruppo degli allievi. Durante tutto il percorso si svolgono

delle verifiche e degli incontri periodici, che in alcuni casi coinvolgono anche i familiari

degli allievi ed i referenti territoriali.

1.5 CARATTERISTICHE PECULIARI

Inizialmente, gli operatori addetti a questa tipologia formativa non hanno avuto a

disposizione un modello comune a cui far riferimento.

Solo negli anni Ottanta, infatti, sono state codificate le prime esperienze di formazione in

situazione ed in alcune Regioni è stato introdotta, anche a livello programmatico, questa

tipologia formativa. Nella realtà bolognese, questa carenza iniziale è stata in parte

superata grazie ad alcune esperienze innovative, da cui sono state enucleati i principali

elementi che caratterizzano la formazione in situazione.

Mentre rimandiamo alla seconda parte del lavoro per l’analisi di questi aspetti,

introduciamo di seguito alcune categorie analitiche, che favoriscono una lettura

complessiva e, insieme, trasversale delle varie fasi dell’iter formativo, rappresentando, al

contempo, dei criteri organizzativi a cui si collegano molte delle opzioni metodologiche

analizzate nel terzo capitolo. I concetti che seguono sono tra loro collegati, spesso in

modo esplicito, con un continuo rimando dall’uno all’altro, così da delineare un modello

concettuale ed operativo al cui centro si ritrova l’allievo dei corsi, con le sue

caratteristiche ed esigenze.

1.5.1 Multidimensionalità

Sempre più la formazione professionale rivolta alle persone disabili deve

confrontarsi con un insieme di variabili di tipo personale, sociale ed ambientale, da

considerare in modo congiunto e coordinato. Dicotomie rigide quali scuola e formazione

professionale, produttività e improduttività, esigenze personali ed organizzative stanno

lasciando spazio a dei continuum di senso che indirizzano nel tempo gli interventi

formativi in modo individualizzato e flessibile.

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Si è, così, affermata una nuova visione della disabilità, non più di tipo statico ed

omogeneo, ma definita da un insieme di elementi, mutevoli nel tempo e diversi a seconda

delle persone. A livello operativo, questo criterio si declina nella centralità

dell’interazione fra fattori individuali, sociali ed ambientali e nella compresenza di

elementi teorici e pratici, con un continuo rimando dall’uno all’altro.

1.5.2 Integrazione

– E’ un concetto che fa riferimento all’esigenza primaria di ogni persona umana

di sentirsi parte di un contesto sociale e dei vari mondi vitali in cui si trova a vivere ed

operare. In passato, per la persona disabile si è parlato prevalentemente di assimilazione

rispetto all’ambiente sociale, sviluppando gli aspetti dell’adattamento e

dell’apprendimento meccanico, a livello scolastico, formativo e lavorativo. Si sta, però,

sempre più affermando un’impostazione differente, che considera non solo i limiti, ma

anche le risorse della persona disabile, incentivando processi di coinvolgimento attivo e

di scambio sociale.

A livello formativo, questo principio si traduce in un’apertura verso l’esterno dei corsi

rivolti ai giovani disabili e, nel caso della formazione in situazione, in una permanenza

prolungata degli allievi all’interno di realtà lavorative concrete. In tal modo, vengono

agevolati quei processi di socializzazione in grado di favorire l’acquisizione di un ruolo

adulto e la promozione della personalità nel suo complesso.

1.5.3 Personalizzazione

– Considerare le potenzialità delle persone disabili significa, inoltre, uscire da

quell’ottica omogeneizzante che le unificava, in base ad un concetto generale di

handicap, per avviare, invece, una conoscenza autentica delle peculiarit0à, attitudini,

capacità di ogni individuo. Solo in tal modo è possibile superare, a livello concettuale,

oltre che fisico, la separazione fra disabilità e normalità, creando spazi autentici

d’incontro e di scambio.

Il concetto d’individualizzazione richiama, tra l’altro, un principio centrale all’interno di

una moderna prospettiva psicologica, propria ad esempio della Psicoterapia

Istituzionale15, che è quello della “singolarità” di ogni persona con disabilità di tipo

psichico. Il lavoro di ogni realtà che si occupa a livello organizzato di persone con

15 Si tratta di una pratica psichiatrica che si è sviluppata, a partire dagli anni Cinquanta, in numerose strutture pubbliche e private. E’ un modo di affrontare la patologia psichiatrica sulla base del contesto e delle esigenze particolari di ogni persona. Per un quadro sintetico della Psicoterapia Istituzionale, cfr. Callea G. (a cura di), Psicosi e pratica istituzionale, F. Angeli, Milano, 2000.

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handicap consiste, allora, nel modificarsi, rimodellarsi, per accoglierle nella loro

singolarità e proporre un progetto che arrivi, almeno in parte, ad adattarsi a loro.

A livello formativo ciò significa la realizzazione di percorsi individualizzati, in grado di

favorire l’inserimento lavorativo degli allievi in realtà idonee alle capacità e personalità

di ognuno, come si verifica nei corsi di formazione in situazione.

1.5.4 Flessibilità

Questo concetto, centrale nella programmazione provinciale, riguarda,

innanzitutto, la possibilità per il giovane disabile di disporre di una pluralità di offerte

formative e di passare da un percorso all’altro, per meglio realizzare le proprie risorse

personali. Per quanto riguarda, inoltre, le singole tipologie corsuali, la formazione in

situazione risponde pienamente a questo criterio di flessibilità, conservando nel tempo

degli spazi residui di progettualità, per far fronte ai cambiamenti che si possono

presentare in itinere, sia in relazione agli allievi, sia nell’ambiente formativo.

Questo concetto è strettamente connesso ai precedenti poiché la possibilità di

prevedere cambiamenti nel percorso formativo favorisce, nel tempo, la realizzazione di

percorsi personalizzati e processi d’integrazione sociale.

1.5.5 La rete

La costruzione di percorsi formativi individualizzati e flessibili, in grado di

sostenere la transizione dei giovani disabili al lavoro, richiede il coinvolgimento dei

diversi soggetti che se ne occupano, a vario livello e in ambiti differenti. Occorre, quindi,

che si realizzi un processo di partecipazione tramite cui i vari soggetti mettono in comune

le proprie conoscenze, risorse, metodologie e strumenti, creando dei percorsi condivisi ed

integrati, al cui centro si trova la persona, con le proprie esigenze, capacità ed attese.

Punti centrali del lavoro di rete sono i concetti di professionalità e comunicazione,

attraverso cui i diversi soggetti effettuano una lettura della situazione, individuano i

bisogni del soggetto, fissano le principali finalità, obiettivi e priorità strategiche e

condividono un percorso integrato, con frequenti verifiche in itinere.

1.5.6 Innovazione

Questo concetto rimanda, innanzitutto, all’esigenza di individuare nuove competenze e

settori idonei ad ospitare i percorsi formativi rivolti ai giovani disabili, in un periodo in

cui alcuni compiti a basso contenuto tecnico sono affidati sempre più alle macchine. In

secondo luogo, fa riferimento alla necessità di agire a livello della stessa azione

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formativa, riflettendo sulle esperienze via via realizzate e identificando nuovi possibili

strumenti, metodologie e percorsi, anche integrati in una sperimentazione in grado di

coinvolgere più soggetti.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

CHE COSA S’INTENDE PER FORMAZIONE?

Il termine formazione è relativamente recente e proviene dalla cultura del mondo

produttivo, differenziandosi dai concetti di: educazione, che si riferisce prevalentemente

ai minori; istruzione, che definisce solo gli aspetti cognitivi ed informativi di un processo

di apprendimento, addestramento, che indica prevalentemente un’azione ripetitiva di

apprendimento tecnico e strumentale.

Il concetto di formazione è entrato nell’uso corrente per indicare, invece, un processo

complesso che racchiude le fasi dell’educazione, istruzione e addestramento, vocaboli a

volte utilizzati per indicare genericamente l’azione formativa. Si è così sviluppata una

concezione estesa di formazione, che fa riferimento ad un processo intenzionale e

programmato di cambiamento, mediante azioni che accrescono le dimensioni del sapere,

del saper fare e del saper essere del giovane utente.

In ognuna delle diverse discipline che si occupano della formazione è riservata maggiore

attenzione ad un aspetto piuttosto che ad un altro di tale cambiamento. Per quanto

riguarda, ad esempio, i formatori che si rifanno all’area psicologica il cambiamento

principale riguarda la sfera soggettiva, personale, collegata alla dimensione del saper

essere degli utenti; per i formatori che si rifanno a discipline tecniche, invece, il

mutamento essenziale è quello collegato alle competenze pratiche, operative.

Di conseguenza, nel primo caso sono valorizzate tecniche centrate prevalentemente sugli

utenti e finalizzate ad un mutamento degli atteggiamenti, delle motivazioni e di altri

aspetti soggettivi; nel secondo, invece, si cerca di intervenire più sulla sfera cognitiva,

tramite tecniche centrate in prevalenza sui “contenuti” da trasmettere16.

Una posizione che racchiude le due precedenti è quella che pone al centro l’esperienza,

utilizzando tecniche attive: in questo caso viene sollecitato un cambiamento che riguarda

tutte le sfere del sapere dell’allievo, inserito in situazioni lavorative concrete, in cui

sperimentare atteggiamenti, comportamenti, acquisizioni tecniche.

Una seconda differenza riguarda la prospettiva da cui viene considerato il cambiamento

indotto dalla processo formativo, per cui si ha una visione del cambiamento centrata

sull’individuo ed un’altra visione, di tipo organizzativo. La prima concezione privilegia

gli aspetti individuali del cambiamento, all’interno del setting formativo; la seconda fa,

invece, riferimento ad una dinamica più complessiva, che comprende anche

16 Differenze così nette sono, in realtà, difficili da riscontrare nella pratica formativa attuale, soprattutto quella rivolta ai giovani, che si basa, piuttosto, sull’utilizzo integrato di varie tecniche, per raggiungere obiettivi differenziati.

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l’organizzazione in cui il singolo opera, arrivando a posizioni estreme che considerano

cambiamenti solo quelli che coinvolgono i sistemi.

Queste diverse posizioni hanno contraddistinto le fasi di sviluppo della cultura,

legislazione e pratica a livello formativo, con particolare riguardo alle fasce deboli della

popolazione. Infatti, da un primo periodo, in cui si sottolineava principalmente

l’importanza di un adattamento dell’utente al contesto, si è via via passati a valorizzare

gli aspetti di un reciproco adattamento, promuovendo interventi personalizzati e pratiche

attive di apprendimento.

A seconda dei diversi periodi storici, la formazione ha assunto, inoltre, delle diverse

finalità a livello sociale: mentre dal dopoguerra sino alla fine degli anni Settanta, seppur

in modo diverso, la formazione veniva considerata soprattutto uno stimolo per il

cambiamento, dagli anni Ottanta in poi i processi formativi sono utilizzati soprattutto

per gestire una trasformazione sempre più accelerata. Il passaggio da una società

moderna industriale ad una post-moderna e post-industriale implica, dunque, un uso

strategico della formazione: le trasformazioni sociali e produttive richiedono il

mutamento del sapere teorico, una distribuzione crescente delle informazioni, l’aumento

delle competenze tecniche e strumentali, la riconversione di professionalità ormai

obsolete e, a livello più profondo, il cambiamento di culture ed atteggiamenti. Ne deriva

l’importanza di costruire modelli formativi differenziati, integrati e flessibili, in grado di

ottimizzare il rapporto risultati-finalità formative (efficacia) ed il rapporto strumenti-

risultati formativi (efficienza).

CHE COSA S’INTENDE PER DISABILITÀ?

La normativa italiana in materia di handicap collega questo concetto con la presenza di

minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, stabilizzate o progressive, che sono causa di

difficoltà d’apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, tale da determinare

un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

All’interno degli Indirizzi regionali relativi alle attività formative delegate alla

Provincia il concetto di disabilità è altrimenti espresso come “deficit di opportunità”,

riferito a tutti i cittadini che, per nascita o motivi acquisiti, in modo temporaneo o in

forma irreversibile, non possono usufruire della piena integrità delle proprie capacità e

abilità, tra cui anche i disabili fisici, psichici e sensoriali17. A loro volta, le persone che

presentano un deficit sono ricomprese nell’insieme più vasto dei cittadini che si trovano

in situazioni di disagio, difficoltà o svantaggio, vale a dire coloro che, per nascita o per

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motivi acquisiti, rischiano di non accedere ad alcuna opportunità lavorativa

formalizzata o che, pur essendo stati occupati, corrono il rischio di non avere più tale

possibilità. In effetti, negli Orientamenti regionali per il triennio 1997-99, le persone con

handicap sono altrimenti caratterizzate come persone svantaggiate o in difficoltà.

Nell’ambito del Programma comunitario per l’occupazione si parla, in generale, di

gruppi a rischio d’esclusione sociale, mentre l’ISTAT, per commentare i suoi dati,

utilizza il termine disabilità. Secondo la definizione contenuta nella classificazione

pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 1980, in occasione

dell’incontro di Salamanca, occorre, inoltre, distinguere fra deficit, disabilità ed

handicap. Infatti, il deficit rappresenta una perdita o diminuzione di funzioni fisiologiche

e psichiche, a carattere temporaneo o permanente, mentre la disabilità ne rappresenta

l’oggettivazione, in altri termini, la riduzione di capacità ad esso collegata e l’handicap,

invece, fa riferimento agli aspetti della socializzazione, vale a dire alle conseguenze sullo

sviluppo del ruolo dell’individuo nell’ambiente d’appartenenza e nella società.

Questa distinzione fra deficit, disabilità e handicap, ad esempio, è

particolarmente utile per dar conto delle situazioni sempre più frequenti di difficoltà

cognitive, psicologiche e relazionali non di tipo organico, ma collegate a carenze socio-

culturali ed affettive, che determinano difficoltà a livello dell’apprendimento e della

socializzazione e, in seguito, incapacità ad assumere un ruolo sociale adulto. In queste

situazioni, la conoscenza della storia individuale del soggetto, quindi dell’influenza

dell’ambiente circostante, e la predisposizione di percorsi individualizzati possono

favorire un processo di crescita e cambiamento personale, in grado di evitare un

aggravamento della situazione di disagio iniziale, o anche favorirne una graduale

riduzione18. Si viene, così, a superare quella proporzionalità diretta che in passato

collegava rigidamente deficit e handicap, per costruire dei progetti promozionali al cui

interno valorizzare le risorse della persona disabile19.La distinzione fra gli aspetti

immodificabili e quelli che, invece, possono essere modificati ha delle importanti

conseguenze anche a livello operativo, in quanto permette di minimizzare i rischi

d’insuccesso, aumentando le opportunità di riuscita per la persona disabile, che

incrementa, così, il proprio livello di autostima e le possibilità d’integrazione sociale.

25 Cfr. Indirizzi per la programmazione delle attività delegate alle amministrazioni provinciali in materia di formazione professionale e Direttive in ordine all’organizzazione, gestione e attuazione delle attività di formazione professionale, biennio 1992/93 e biennio 1993/94, Regione Emilia Romagna. 18 Queste considerazioni sono particolarmente significative in relazione agli allievi dei corsi di formazione in situazione, per i quali si privilegia, infatti, il concetto di disabilità. 19 Uno dei primi ad introdurre tale modalità interpretativa dei deficit di diversa origine è stato il reumatologo inglese Philip Wood, come ricorda Errani A. in Equilibristi senza rete?, op. cit., pag. 264.

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2. ESPERIENZE DI FORMAZIONE IN SITUAZIONE NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

Questo secondo capitolo centra il fuoco dell’analisi sulla realtà formativa

bolognese, considerando in particolare l’esperienza dei due principali Enti che hanno

sviluppato nel tempo la tipologia corsuale della formazione in situazione e a cui si deve,

pertanto, la maggiore elaborazione teorica e metodologica a tale livello: Opera

dell’Immacolata (OPIMM), che dal 1957 al 1995 ha operato in questo ambito come

Comitato Bolognese e CSAPSA (Centro studi analisi di psicologia e sociologia

applicate)20.

Per ognuna delle due realtà, vengono focalizzati i principali elementi che

caratterizzano il modello di formazione in situazione adottato, in modo da far emergere,

nell’insieme, una visione approfondita ed articolata di questa tipologia formativa. Inoltre,

sono considerati alcuni percorsi di formazione in situazione, esemplificativi

dell’esperienza dei due Enti in questo ambito.

In conclusione, sono riportate alcune considerazioni generali sulla fisionomia

della formazione in situazione che emerge dall’esperienza di OPIMM e CSAPSA,

introducendo alcune questioni di metodo che saranno, poi, approfondite nel capitolo

successivo.

2.1. L’ESPERIENZA DI OPERA DELL’IMMACOLATA

Dal 1987 Opera dell’Immacolata ha affiancato alla tipologia corsuale tradizionale

un nuovo modello formativo denominato formazione in situazione, rivolto a giovani con

disabilità non gravi. Questi corsi sono diventati nel tempo un’efficace risposta ai bisogni

di una categoria particolare di giovani disabili: si tratta di ragazzi con sufficienti

potenzialità cognitive, espressive, operative ed un discreto livello di autonomia, ma con

situazioni di disagio personale, familiare e sociale o di deprivazione culturale

dell’ambiente di riferimento, che si traducono in problemi di apprendimento, relazionali

e di integrazione.

Queste difficoltà sono meno evidenti rispetto alle tradizionali situazioni di handicap, ma

rendono ugualmente complesso il proseguimento degli studi, l’accesso a normali percorsi

20 In appendice sono riportate due schede conoscitive relative a queste due realtà.

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formativi o al mondo del lavoro. Nello stesso tempo, il ragazzo che sperimenta questo

tipo di disagio non ha sempre consapevolezza delle proprie difficoltà e ha, quindi,

necessità di sperimentare ruoli che lo rendano uguale ai coetanei, stimolando positivi

processi d’identificazione e la crescita del livello di autostima personale. La

soddisfazione di queste esigenze è favorita dall’inserimento del giovane in un ambiente

che offre concrete opportunità d’integrazione, quale, appunto, la realtà lavorativa che

ospita la fase in situazione.

Sin dall’inizio della sua esperienza formativa in quest’ambito, Opera

dell’Immacolata ha stimolato le varie realtà lavorative ad effettuare, a favore di giovani

in formazione, degli inserimenti lavorativi mirati, per periodi prolungati e con la

prospettiva di un eventuale inserimento lavorativo.

Vediamo di seguito alcune annotazioni sulle principali finalità, fasi ed obiettivi

dei percorsi di formazione in situazione proposti da Opera dell’Immacolata, rimandando

alla successiva descrizione delle singole esperienze per l’approfondimento di alcune

caratteristiche operative e al capitolo successivo per la descrizione della metodologia e

dei principali strumenti utilizzati.

FINALITA’ GENERALI E FASI DEL CORSO – Le finalità generali dei percorsi di formazione

in situazione proposti da Opera dell’Immacolata trovano espressione nelle seguenti

priorità, tra loro interconnesse:

- l’acquisizione ed il potenziamento delle autonomie personali e sociali, indispensabili sia

per una buona riuscita del percorso formativo sia per un’effettiva integrazione sociale,

- il conseguimento di un insieme di conoscenze, abilità pratiche e capacità relazionali,

con particolare riferimento ad un profilo professionale specifico,

- il perseguimento di un nuovo ruolo sociale, quale quello lavorativo, che introduce ad

una dimensione più adulta della persona,

- il conseguente sviluppo del livello di autostima, alla base di un’identità personale

positiva e matura,

- la possibilità di un futuro inserimento lavorativo, eventualmente anche all’interno della

realtà sede della fase in situazione.

Vediamo che si tratta di finalità che vanno oltre l’apprendimento di tipo

cognitivo-operativo, mettendo piuttosto al centro la persona nel suo complesso, per

favorirne uno sviluppo armonioso ed una positiva interazione con il contesto sociale più

ampio. Tali finalità si declinano, poi, in obiettivi generali, che variano secondo le varie

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fasi dell’iter formativo e vengono completati dagli obiettivi specifici21, inerenti ai

percorsi individualizzati di ogni allievo, in quell’alternanza tra generale e personale che

caratterizza questa modalità formativa.

Dopo la segnalazione, da parte dell’InterUsl, all’Ufficio Tecnico Formazione

Professionale della Provincia, di un certo numero di ragazzi idonei a frequentare il corso

di formazione in situazione, i responsabili di OPIMM presentano la programmazione

orientativa ai referenti dei servizi e ai genitori, per affrontare, poi, singolarmente ogni

situazione, grazie alla collaborazione dei vari soggetti che conoscono i futuri allievi

(educatori, insegnanti di sostegno, psichiatra, ecc.).

Dopo queste fasi preliminari, inizia il corso vero e proprio, con un primo breve

periodo di osservazione, dedicato all’approfondimento della conoscenza degli allievi,

delle loro caratteristiche e capacità. Successivamente, si svolge la fase di tipo

propedeutico, con durata variabile, a partire da un minimo di quattro mesi, durante cui

vengono perseguiti obiettivi generali e individuali, inerenti lo sviluppo delle autonomie

personali e sociali e di competenze pratiche e relazionali.

La FASE FONDAMENTALE dell’intero percorso è quella in situazione, che inizia intorno

alla metà del primo anno e occupa circa i due terzi del corso, coinvolgendo diverse realtà

lavorative, con un lento incremento del periodo di permanenza degli allievi in ambiente

di lavoro, per valutarne, tra l’altro, il livello di stabilità, costanza e concentrazione

nell’impegno. Un momento importante durante la fase in situazione è quello in cui gli

allievi si ritrovano nuovamente all’interno del gruppo originario, insieme all’insegnante,

per effettuare uno scambio di opinioni sull’esperienza che ognuno sta vivendo ed

approfondire alcune nozioni e conoscenze.

In genere, in questa fase, la frequenza settimanale passa, orientativamente, da quattro

giorni settimanali, per tre ore al giorno, a cinque giorni settimanali, per quattro ore al

giorno, con la possibilità di un ulteriore incremento nell’ultima fase del corso. Durante la

fase in situazione, possono verificarsi anche altri cambiamenti, in accordo con i referenti

aziendali, relativi, tra l’altro, al tipo di mansioni svolte e al reparto in cui sono impegnati

gli allievi, in modo da incrementare le possibilità formative e favorire un processo di

reciproco adattamento, fra le esigenze del corsista e quelle della realtà lavorativa.

Si esprime, a questo livello, un’altra caratteristica valorizzata nell’esperienza di OPIMM,

che consiste nella definizione in itinere di alcuni elementi del percorso formativo, sulla

21 Questi elementi saranno approfonditi nel capitolo successivo, con riferimento ad ogni fase del percorso formativo, collegandoli alle opzioni metodologiche e alla scelta di strumenti operativi.

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base delle esigenze personali degli allievi e delle caratteristiche inerenti le diverse realtà

lavorative.

ASPETTI ORGANIZZATIVI - Una figura centrale a livello organizzativo è L’OPERATORE

DELLA FORMAZIONE IN SITUAZIONE, che esercita al contempo il ruolo di insegnante, per

l’acquisizione di elementi teorici e pratici, di educatore, per stimolare uno sviluppo più

complessivo della personalità dell’allievo e di mediatore tra le esigenze del corsista e

quelle dei vari soggetti con cui si rapporta. Un’altra figura importante è quella del TUTOR

AZIENDALE, ovvero il lavoratore individuato dall’azienda per favorire l’apprendimento

delle mansioni e l’inserimento del giovane nella realtà lavorativa.

Un elemento che caratterizza l’organizzazione del corso è rappresentato dai

MOMENTI DI INCONTRO E VERIFICA, che connettono e scandiscono le varie fasi del

percorso, favorendo un costante monitoraggio dell’intervento formativo e la conseguente

possibilità di intervenire a livello di gruppo o in relazione ad un singolo allievo, grazie

anche alla collaborazione dello staff tecnico-specialistico di OPIMM. Inoltre, vi sono

incontri, di tipo informativo, cui partecipano i referenti territoriali e le famiglie, necessari

per rendere globale e non frammentaria la proposta formativa e per attivare

collaborazioni in relazione a particolari situazioni problematiche.

Al termine del corso si tiene un incontro comune, con insegnanti, genitori e

referenti AUSL e ad ogni allievo viene rilasciato un attestato di frequenza con

dichiarazione di competenze, redatto dagli insegnanti, che specifica le competenze

acquisite.

Vedremo di seguito approfonditi ora l’uno ora l’altro degli elementi descritti, con

riferimento a due percorsi concreti, scelti per il loro carattere paradigmatico e per il fatto

di esprimere due fasi successive dell’esperienza formativa di OPIMM: la prima è quella

sperimentale della fine degli anni Ottanta, in cui era necessario sviluppare un modello

operativo per questa nuova modalità formativa, la seconda è quella attuale, in cui la

formazione in situazione dispone ormai di una metodologia ed una strumentazione

proprie, per affrontare le esigenze sempre nuove dell’utenza e di un contesto sociale in

parte mutato.

A) L’ESPERIENZA DELLA COOP ADRIATICA22 - Si tratta della prima esperienza di

formazione in situazione condotta, tra il 1987 e il 1989, da Opera dell’Immacolata, che

aveva già da tempo introdotto alcuni elementi tipici di questo modello formativo

22 Allora si chiamava ancora Coop Emilia Veneto.

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all’interno delle proprie proposte formative, dando, inoltre, la disponibilità alla Provincia

per la progettazione di corsi a carattere innovativo. In effetti, a seguito del Progetto

Handicap ’85, OPIMM ha inserito nella propria programmazione ufficiale un ciclo

formativo sperimentale che, in base alle direttive provinciali, presentava una prima fase

“propedeutica” e una seconda fase di “formazione in situazione”.

Ci soffermeremo sugli aspetti organizzativi relativi a questo PRIMO PERCORSO DI

FORMAZIONE IN SITUAZIONE poiché compongono una sorta di modello di riferimento per i

successivi corsi di questo tipo, sorvolando, invece, su questioni a carattere generale o di

tipo metodologico, affrontate altrove.

Questo primo corso di formazione in situazione ha coinvolto dodici ragazzi con

handicap psichico medio-lieve segnalati dalle Usl di appartenenza e si è articolato in tre

fasi distribuite su due anni: una prima fase di osservazione, una seconda propedeutica ed

una terza in situazione lavorativa, che ha rappresentato il periodo più lungo di tutto il

corso e si è svolta presso nove supermercati della rete Coop23.

L’osservazione iniziale dei ragazzi segnalati per la frequenza al corso si è svolta

nell’arco di cinque mattinate, al fine di evidenziare le motivazioni alla frequenza di ogni

allievo, le sue competenze di partenza di tipo scolare24 e i livelli di autonomia, sia nella

gestione di sé sia nell’interazione sociale.

L’organizzazione della successiva fase propedeutica, della durata di circa quattro

mesi, aveva come riferimento gli obiettivi e la metodologia sperimentati nel biennio

propedeutico dei corsi di formazione professionale svolti sino ad allora dal Comitato

Bolognese25, anche se il lavoro è stato condensato in un periodo inferiore rispetto alle

precedenti esperienze, per le minori difficoltà cognitive e di autonomia presentate dagli

allievi di questo primo percorso formativo in situazione.

L’attività didattica svolta durante la fase propedeutica era programmata secondo il

seguente criterio organizzativo: la prima parte doveva sviluppare, in particolare, le

competenze di base e consolidare le autonomie personali e capacità relazionali, la

seconda era finalizzata, invece, ad acquisire competenze specifiche, inerenti il

mansionario. Già a partire da questo primo corso sperimentale, accanto agli obiettivi di

tipo formativo, sono stati introdotti, quindi, OBIETTIVI EDUCATIVI, in grado di favorire un

positivo inserimento lavorativo degli allievi durante la fase in situazione e, più in

generale, una migliore integrazione sociale.

23 In concomitanza di questo corso è iniziato un successivo percorso formativo, in cui il periodo in situazione si è svolto, di nuovo, presso i supermercati Coop. 24 In particolare, è stata valutata la capacità di lettura e comprensione veloce di testi e numeri, necessaria per il periodo in situazione presso la Coop.

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In particolare, durante la prima parte della fase propedeutica sono stati prodotti

manufatti all’interno di un laboratorio di pelletteria e uno di cartotecnica, al fine di

affinare le capacità manuali degli allievi, stimolarne le capacità creative e progettuali e

abituarli ad un’organizzazione del lavoro secondo precise fasi logico-cronologiche.

Inoltre, sono state rinforzate le competenze aritmetiche e geometriche elementari, la

capacità linguistica e la motivazione al lavoro, infine, venivano fornite informazioni

generali sul mondo del lavoro e sul settore specifico della fase in situazione.

La seconda parte della fase propedeutica era, invece, centrata sull’acquisizione

della consapevolezza relativa all’importanza del lavoro e del ruolo sociale che si

acquisisce, sulla conoscenza delle regole per un comportamento corretto (rispetto degli

orari, modalità di rapportarsi con le varie figure professionali e norme igieniche

fondamentali) e sulla sperimentazione delle attività collegate al mansionario. In

particolare, le esercitazioni pratiche, relative a mansioni specifiche e all’utilizzo di

attrezzature messe a disposizione della Coop hanno favorito negli allievi una prima

conoscenza dei compiti esecutivi propri del periodo in situazione, riducendo, così,

l’insicurezza ed i timori collegati all’inserimento nel mondo del lavoro.

In generale, il gruppo degli allievi veniva suddiviso in due sottogruppi che si alternavano

nello svolgimento delle attività pratiche e teoriche, inframmezzate da un breve intervallo,

durante cui i ragazzi potevano sperimentare modalità di conoscenza e relazione non

strutturate. Un aspetto metodologico importante che si viene a precisare durante questo

primo percorso sperimentale è proprio quello di una DIDATTICA INTERDISCIPLINARE, in

grado di integrare aspetti teorici e pratici, in un’ottica educativa attenta, oltre che ai

contenuti, al livello di consapevolezza che caratterizza l’apprendimento e alle

competenze sviluppate dagli allievi.

Al termine della fase propedeutica si è svolto un incontro tra i capi-negozio delle

nove unità commerciali, i quattro insegnanti e l’assistente sociale del Comitato

Bolognese, al fine di: far conoscere al personale della Coop le caratteristiche generali

degli allievi e gli eventuali limiti che potevano precludere lo svolgimento di determinate

mansioni, definire gli obiettivi della fase in situazione e suggerire alcune, generiche,

modalità di relazione, che venivano poi precisate nel corso dell’esperienza.

I capi-negozio, da parte loro, presentavano il quadro delle disponibilità presenti nel

supermercato di cui si occupavano, sia in termini di mansioni lavorative sia con

riferimento all’orario di lavoro, indicando alcune caratteristiche dei reparti (ampiezza dei

locali, numero degli addetti, presenza di altri soggetti con difficoltà, eccetera).

25 Ricordiamo che in quel periodo OPIMM operava ancora come Comitato Bolognese.

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A seguito di quest’incontro e di un ulteriore colloquio, gli insegnanti hanno deciso

la distribuzione dei ragazzi nei diversi supermercati e l’abbinamento di ognuno con un

docente di riferimento. Ogni capo-negozio, invece, ha individuato all’interno del proprio

supermercato la figura di un lavoratore addestratore26 e la posizione lavorativa più adatta

all’allievo, anche sulla base delle informazioni e degli incontri con i referenti della

formazione.

La mappa degli inserimenti è stata, poi, comunicata ai genitori degli allievi,

assieme ai criteri che li avevano ispirati, nel corso di un incontro che si è svolto presso la

sede di OPIMM, con la partecipazione dell’assistente sociale. Sono stati evidenziati

anche alcuni problemi, da risolvere in un’ottica di collaborazione, sottolineando

l’importanza per i genitori di far riferimento agli insegnanti per contattare le diverse

realtà lavorative.

L’ultimo momento della fase preliminare è stata la presentazione del corsista al

capo-negozio, capo-reparto e lavoratore-addestratore, seguendo la prassi consueta per

tutti i neo-assunti nei supermercati Coop, con una breve visita al reparto di lavoro e ad

altri luoghi significativi.

La fase in situazione ha preso avvio al termine del periodo propedeutico ed è

durata parte del primo anno e tutto il secondo anno, con un lento incremento del periodo

in ambito lavorativo. Inizialmente, l’orario di lavoro è stato di tre ore giornaliere, dal

lunedì al giovedì, a cui si aggiungevano cinque ore, il venerdì, in cui gli allievi si

ritrovavano, insieme agli insegnanti, per raccontare le proprie esperienze lavorative e

perfezionare alcune operazioni pratiche. Questo rientro settimanale è servito per

confermare nei ragazzi il carattere formativo dell’inserimento lavorativo, contribuendo,

inoltre, ad attenuare la sensazione di isolamento che caratterizza il primo periodo in

situazione, dopo la fase propedeutica di apprendimento in gruppo.

Durante la fase in situazione, gli insegnanti si sono recati presso le diverse realtà

lavorative, per verificare l’andamento dell’esperienza, stimolare e rassicurare gli allievi e

confrontarsi con i tutor e i capo-negozio, intervenendo prontamente in caso di difficoltà.

Nel corso di questa prima esperienza a carattere sperimentale si viene, così, a

definire l’importante compito dell’operatore della formazione professionale27 durante la

fase in situazione: si tratta di un ruolo che è, insieme, di raccordo rispetto alle altre fasi

26 Si tratta dell’attuale tutor aziendale. 27 Nel corso degli anni cambierà il termine utilizzato per indicarlo (da istruttore ad insegnante e tutor, durante la fase in situazione), ma le principali competenze, individuate durante questo primo corso, rimarranno sostanzialmente immutate, pur precisandosi e modificandosi i contenuti, sulla base dei cambiamenti che hanno interessato, tra l’altro, l’utenza ed il mondo del lavoro.

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del percorso, di garante dell’inserimento lavorativo e di mediatore fra le esigenze dei

differenti soggetti coinvolti.

Durante il secondo anno formativo è aumentata la permanenza degli allievi nei

diversi contesti lavorativi, anche per rispondere alle necessità dei supermercati, inoltre, è

diminuita la presenza del formatore, in modo proporzionale al buon andamento

dell’esperienza. Le mansioni svolte da ogni corsista ed il periodo di esercizio delle stesse

sono variate nel tempo, in base alle caratteristiche personali e ai risultati conseguiti da

ognuno. Si è venuta così a configurare, già durante questo primo corso, un’altra

caratteristica fondamentale della formazione in situazione, ovvero l’attenzione riservata

alle risorse e peculiarità caratteriali e psicologiche di ogni ragazzo, per attivare PERCORSI

PERSONALIZZATI E FLESSIBILI.

Il raggiungimento di questo obiettivo è agevolato dagli incontri e verifiche fra i vari

soggetti coinvolti, che hanno caratterizzato l’intero percorso formativo già a partire da

questo primo corso sperimentale.

Un altro elemento emerso durante questa prima esperienza formativa è l’esigenza

dagli allievi della formazione in situazione di sperimentare SITUAZIONI DI INTEGRAZIONE

SOCIALE in ambienti normali di vita e di lavoro, in cui avviare processi di promozione

personale e di crescita del livello di autostima. In concomitanza di questa prima

esperienza è stato, quindi, deciso di sviluppare non solo la fase in situazione, ma anche

quella propedeutica, in ambienti che offrono possibilità concrete di integrazione sociale.

Infatti, presso la sede del Comitato Bolognese si svolgevano corsi rivolti ad un’utenza

caratterizzata da handicap evidenti, cosicché diventava difficile, per gli allievi della

formazione in situazione, sviluppare un’immagine di sé simile a quella di altri coetanei.

La soluzione organizzativa individuata ha coinvolto altri Centri di formazione

professionale, che hanno messo a disposizione aule e laboratori per la fase propedeutica,

così da favorire l’integrazione degli allievi dei corsi di formazione in situazione con altri

coetanei senza particolari difficoltà28.

Al termine di questo primo corso sperimentale sono emersi vari elementi che

hanno confermato la VALIDITÀ DEL MODELLO FORMATIVO, che vanno a sommarsi a quelli

già ricordati, tra cui:

- la possibilità di fornire una preparazione lavorativa mirata ad un contesto lavorativo

specifico e di sviluppare competenze relazionali più generali, incrementando le

possibilità di una successiva integrazione lavorativa e sociale;

28 Nel tempo, OPIMM ha attivato collaborazioni con altri Centri di formazione anche per attuare progetti che prevedono la formazione di profili professionali polivalenti, come descritto in seguito.

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- l’opportunità di creare un positivo collegamento fra formazione professionale e mondo

del lavoro, rendendo la prima più sensibile alle innovazioni che si verificano nel secondo

e, al contempo, stimolando nelle realtà lavorative una riflessione sulle tematiche della

diversità e sul significato di esperienze integrative di questo tipo.

Queste considerazioni e l’esito positivo del biennio sperimentale presso la rete

Coop hanno incentivato l’attivazione di altri percorsi formativi di questo tipo, con

un’evoluzione, nel tempo, del modello proposto, per rispondere alle nuove esigenze degli

allievi e del mercato del lavoro, come vedremo nel punto successivo.

B) UNA FORMAZIONE POLIVALENTE IN COLLABORAZIONE CON L’OPERA

MADONNA DEL LAVORO – Si tratta di una delle prime esperienze di formazione in

situazione a carattere polivalente realizzata da OPIMM, nel biennio 1997-1998, in

collaborazione con un altro Centro di formazione professionale, l’”Opera Madonna del

Lavoro” (OMAL)29, che si occupa, in particolare, del settore della ristorazione. I due Enti

si sono fatti promotori di un’azione congiunta volta ad ottimizzare le risorse comuni, al

fine di sviluppare una FORMAZIONE RELATIVA A DIVERSI AMBITI LAVORATIVI, favorita

dalla disponibilità di spazi formativi e competenze professionali diversificate.

Gli indirizzi formativi proposti durante questo primo corso riguardavano i

seguenti comparti del settore secondario e terziario: elettrico/elettromeccanico, lavori

d’ufficio, grande distribuzione, ristorazione. Questo innovativo percorso formativo

risponde all’esigenza, emersa nel corso delle precedenti esperienze, di individuare

mansioni idonee alle capacità e attitudini di ogni allievo, in modo da favorire

l’apprendimento dei corsisti, accrescere l’utilità del loro contributo al settore lavorativo

dove sono inseriti, durante la fase in situazione ed aumentare, così, il livello di autostima

ed integrazione sociale.

Una prima fase di osservazione si è sviluppata durante il primo mese del corso,

da settembre a ottobre, attraverso una serie di attività volte a verificare i livelli di

autonomia degli allievi, specie negli spostamenti, le capacità linguistiche, logico-

aritmetiche e pratiche, in particolare collegate all’uso del computer.

La fase propedeutica si è svolta nelle aule e nei laboratori del Centro di

formazione “Villaggio del Fanciullo”30, dove gli allievi, tutti provenienti dalle scuole

medie inferiori, utilizzavano i laboratori di meccanica, elettrotecnica ed informatica, con

29 OPIMM ha collaborato con quest’Ente, in precedenza denominato “Opera Religiosa Assistenza Lavoratori” (ORAL), anche per altre esperienze di formazione in situazione. 30 Per un certo periodo questo Centro di formazione ha ospitato la fase propedeutica dei corsi di formazione in situazione organizzati da OPIMM, mentre ora si svolge presso la Fondazione Aldini.

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otto postazioni di computer. Il Centro di formazione “Opera Madonna del Lavoro”

metteva, invece, a disposizione un’aula, i laboratori di cucina e di sala.

L’attività didattica in aula, da gennaio ad aprile, si è articolata in una prima parte di tipo

teorico ed una seconda di tipo pratico, con un’attenzione costante non solo alla qualità

degli apprendimenti, ma anche a quella delle relazioni sviluppate dagli allievi, all’interno

e all’esterno del gruppo.

Le attività inerenti l’area teorica erano: linguistica, aritmetica e logica, merceologia e

igiene, finalizzate alla conoscenza di nozioni e all’utilizzo delle stesse in contesti pratici.

Le attività inerenti l’area pratica consistevano soprattutto in esercitazioni finalizzate alla

conoscenza dei principali elementi e tecniche inerenti l’ambito informatico, meccanico,

elettrotecnico, il montaggio e la cucina.

Per lo svolgimento delle attività il gruppo degli allievi veniva suddiviso in due

sottogruppi, a seconda che gli argomenti trattati facessero riferimento al settore

secondario piuttosto che al terziario. La fase propedeutica per gli indirizzi elettrico ed

elettromeccanico doveva, infatti, favorire l’acquisizione di conoscenze tecniche e delle

relative applicazioni pratiche, per i restanti indirizzi (lavori d’ufficio, distribuzione,

ristorazione) era, invece, importante il raggiungimento di un livello accettabile di

comprensione dei testi scritti, nonché il consolidamento di conoscenze matematiche.

Un elemento centrale per tutti gli indirizzi era, invece, l’acquisizione di modalità corrette

di relazionarsi nel gruppo, di esprimere opinioni e punti di vista, prendendo

consapevolezza delle proprie risorse e limiti.

Durante la fase in situazione, iniziata nel mese di maggio del primo anno, le

nozioni e abilità pratiche e le competenze relazionali sviluppate durante l’attività in aula

sono state consolidate negli ambienti lavorativi, conservando, comunque, dei momenti di

incontro all’interno del gruppo di allievi, utili per confrontarsi sull’esperienza in

situazione ed affrontare eventuali problemi, oltre a perfezionare alcune nozioni e le loro

applicazioni pratiche. Durante il secondo anno, questi momenti di rientro nel gruppo si

sono svolti nelle aule e nei laboratori della “Fondazione Aldini Valeriani”, con l’aggiunta

di due nuovi allievi che avevano già frequentato un altro corso.

Il secondo anno della fase in situazione si è caratterizzato, come sempre, per il

lento incremento giornaliero del tempo trascorso in ambiente lavorativo, sino ad un

massimo di cinque ore giornaliere, al fine di verificare la capacità degli allievi di

mantenere la concentrazione e la costanza nell’impegno per periodi prolungati.

Tra i cambiamenti più rilevanti che hanno caratterizzato questo percorso formativo vi è

stata la variazione della sede, per un allievo, del settore operativo, per un altro.

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Quest’esperienza ha evidenziato l’impegno del gruppo dei formatori, costituito

dagli insegnanti dei due Centri e, per la fase in situazione, dai tutor aziendali, nello

sviluppare METODOLOGIE DIDATTICHE INTEGRATE, in cui far confluire ruoli, conoscenze e

competenze differenti. Inoltre, è stata confermata l’importanza di una preparazione

polivalente, come ulteriore opportunità di personalizzare il percorso formativo, a partire

dalle abilità e attitudini differenti d’ogni allievo.

2.2. L’ESPERIENZA DI CSAPSA

L’esperienza della CSAPSA (Centro studi analisi di psicologia e sociologia

applicate), per quanto riguarda i corsi di formazione in situazione, si sviluppa a partire

dal 1986, qualificandosi sin dall’inizio come una FORMAZIONE DI BASE A CARATTERE

POLIVALENTE, in cui viene particolarmente valorizzato l’aspetto dell’apprendimento di

competenze relazionali e professionali in ambienti reali di vita e di lavoro31.

Dal 1998 la CSAPSA ha sviluppato, inoltre, dei percorsi di formazione in situazione

integrati nella Scuola secondaria superiore, creando un collegamento più stretto con la

realtà scolastica e dando, così, una risposta alle novità inerenti al nuovo obbligo

scolastico, che comporta, tra l’altro, l’innalzamento dell’età media d’accesso ai percorsi

formativi.

Per quanto riguarda l’UTENZA dei corsi di formazione in situazione organizzati

dalla CSAPSA emerge, ancora una volta, l’idoneità di tale iter formativo a rispondere

alle esigenze di una fascia di disagio giovanile non facilmente classificabile in base al

concetto di handicap in senso stretto: si tratta di ragazzi con problematiche di tipo sociale

o affettivo-emotivo-relazionale, che limitano la capacità d’apprendimento scolastico

tradizionale e d’inserimento nel mondo del lavoro.

La proposta formativa della CSAPSA è rivolta, quindi, ad un disagio non meramente

cognitivo, ma che fa per lo più riferimento all’area delle competenze sociali e richiede,

quindi, un approccio di tipo educativo e non solo formativo in senso stretto.

I corsi di formazione in situazione organizzati da quest’Ente si configurano, quindi, come

PERCORSI INDIVIDUALIZZATI tesi a valorizzare le capacità dei singoli allievi, senza

insistere sulla rimozione dei deficit, ma piuttosto favorendo l’acquisizione di autonomie,

competenze e responsabilità consone all’assunzione di ruoli sociali adulti.

31 I contenuti di questo paragrafo sono stati in gran parte tratti da un’intervista rivolta a Leonardo Callegaris della CSAPSA.

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Un altro elemento centrale dell’esperienza formativa proposta dalla CSAPSA è

l’equilibrio perseguito tra la dimensione sociale e quella operativa, che comporta

un’attenzione costante affinché i cambiamenti positivi in un’area si accompagnino a

miglioramenti nell’altra.

FINALITÀ GENERALI E FASI DEL CORSO – Le finalità generali di tali percorsi

formativi risultano, quindi, più ampie rispetto ai corsi di formazione classici,

discostandosi da obiettivi meramente prestazionali, per evidenziare piuttosto

l’importanza di:

- la valorizzazione delle potenzialità soggettive,

- uno sviluppo della personalità complessivo,

- l’acquisizione di competenze relazionali, per realizzare una migliore integrazione

sociale,

- la conoscenza del mondo del lavoro in senso lato, con la sperimentazione dei suoi ritmi

e delle sue regole, in vista di un inserimento lavorativo.

Il corso di formazione in situazione della CSAPSA si caratterizza per

l’intersecarsi di momenti formativi in aula, esterni e all’interno di realtà lavorative, sulla

base di progetti a hoc, che considerano le attitudini, capacità e tempi di ogni allievo.

Le FASI PRINCIPALI del percorso sono: un momento di osservazione iniziale, una fase

successiva che si svolge prevalentemente in aula e in ambienti esterni, non ancora

collegati al mondo del lavoro e un ultimo periodo, presso realtà lavorative concrete.

Il primo periodo di osservazione è utile per: - valutare la compatibilità di ogni

allievo rispetto al percorso formativo in generale, - conoscerne le potenzialità, che

serviranno poi come basi per il successivo apprendimento di competenze di tipo

operativo e sociale, - favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse personali e

relazionali di ogni giovane.

La fase successiva, che non è definita rigidamente a livello di modi e tempi di

svolgimento, si sviluppa attraverso svariate attività che hanno i seguenti obiettivi

generali:

- completare la conoscenza dei corsisti e la valorizzazione delle loro capacità,

- consolidare e sviluppare le autonomie di base personali e relazionali del vivere

quotidiano,

- favorire una migliore conoscenza di sé e delle proprie capacità espressive,

- incentivare la capacità di comprendere e rielaborare la realtà personale e sociale, con

particolare riferimento al mondo del lavoro,

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- informare riguardo ai comportamenti da assumere e le norme da rispettare in ambiente

di lavoro,

- acquisire delle competenze operative, possibilmente predeterminate in base ai profili

professionali da sviluppare.

Le attività proposte agli allievi in questa fase tendono, quindi, a sviluppare le

autonomie di ognuno, tra cui la capacità di prendersi cura di sé, l’utilizzo dei mezzi di

trasporto, ecc., inoltre, sono proposte esercitazioni per mantenere la competenza

linguistica, di scrittura e di calcolo, utili nella vita quotidiana e in vista di ulteriori

apprendimenti. Tali autonomie e capacità di base sono, inoltre, di supporto rispetto alle

competenze sociali, che vengono sviluppate, tra l’altro, attraverso frequenti esercitazioni

e visite esterne in ambiente urbano, rivolte a sperimentare in situazioni reali le capacità di

comunicazione e relazione dei giovani allievi.

Con riguardo alla parte informativa inerente al mondo del lavoro, assume una

particolare importanza la comprensione, da parte dei corsisti, delle modalità migliori di

comportarsi in ambiente lavorativo e la conoscenza delle regole vigenti, anche

nell’ambito della sicurezza e dell’igiene. Un presupposto essenziale per l’inserimento

stabile in una realtà lavorativa è, infatti, quello di aver compiutamente armonizzato la

propria struttura di personalità con i vincoli, le attese e le opportunità dell’ambiente

circostante.

La parte più operativa, pur essendo in generale rimandata al periodo successivo,

viene sviluppata anche durante questa prima fase, tramite l’apprendimento di conoscenze

a livello nozionistico ed una loro generica applicazione di tipo pratico, con esercitazioni e

momenti di laboratorio, in cui viene valorizzata, ancora una volta, la dimensione

relazionale.

Il successivo periodo in situazione è finalizzato all’apprendimento di competenze

professionali, in condizioni reali di lavoro e a sperimentare una socializzazione al ruolo

lavorativo, che costituisce la struttura portante del corso in tutta la sua estensione.

Una figura particolarmente importante in questa fase è quella del tutor aziendale, in altri

termini quel lavoratore che favorisce l’ingresso del tirocinante nel gruppo di lavoro, gli

fornisce le istruzioni necessarie per la conoscenza delle mansioni e delle regole aziendali

e rappresenta per lui un importante punto di riferimento durante l’intero periodo.

Durante la FASE IN SITUAZIONE, gli insegnanti, di concerto con i referenti dei

servizi pubblici e con i tutor, definiscono i programmi personalizzati focalizzando

l’attenzione su aspetti quali:

- la scomposizione e progressione degli apprendimenti lungo tutto il periodo;

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- i supporti cognitivi, operativi e relazionali da fornire agli allievi da parte

dell’insegnante, del tutor o, ancora, all’interno del gruppo di lavoro;

- la modalità di attivazione di processi identificativi, aggregativi e socializzanti, interni ed

esterni all’ambiente di lavoro e ristrutturanti l’immagine di sé.

Durante la fase in situazione, vi sono dei rientri in aula, più o meno frequenti

secondo le esigenze di ognuno (in alcuni casi anche con cadenza quotidiana), che

permettono di sistematizzare, rielaborare, comprendere l’esperienza, con il contributo di

ogni allievo e l’aiuto informativo ed interpretativo degli insegnanti.

I FORMATORI si occupano lungo tutta l’azione formativa delle condizioni di

apprendimento più opportune da realizzare durante questo periodo, in termini di

combinazione tra soggetto, mansione e ambiente di lavoro, attraverso una

programmazione mirata secondo le specificità personali di ogni singolo allievo, oltre che

in base alle esigenze organizzative e sociali delle differenti realtà lavorative.

La fase in situazione si sviluppa, quindi, in un ambiente il più possibile

congeniale alle caratteristiche personali dell’allievo, sino ad individuare situazioni che

offrono dei livelli di accoglienza sperimentati rispetto a situazioni di disagio socio-

relazionale, quali l’ambiente cooperativo.

Il problema essenziale, cui si cerca così di dare una risposta, è quello dei frequenti

abbandoni dei percorsi formativi tradizionali da parte di ragazzi con problematiche di

tipo affettivo, relazionale e sociale. Si tratta di un disagio per certi versi “di confine”

rispetto alle situazioni di disabilità tradizionale, riconosciuta attraverso la certificazione

di invalidità, che tra l’altro agevola l’inserimento lavorativo.

Un'altra modalità attraverso cui la CSAPSA cerca di stimolare dei processi di

accettazione, sostegno ed integrazione del giovane disabile è rappresentata dalle

PROPOSTE DI SENSIBILIZZAZIONE in ambiente di lavoro, rivolte ai lavoratori ed ai

responsabili aziendali e finalizzate a creare rapporti sociali dotati di senso e reciprocità

rispetto alla persona portatrice di diversità.

ASPETTI ORGANIZZATIVI – Come già sottolineato, l’iter della formazione in situazione

sviluppato dalla CSAPSA è fortemente orientato nel senso di una PERSONALIZZAZIONE

dell’intervento e quindi, già durante il periodo iniziale propedeutico, della durata

orientativa di circa tre mesi, possono essere anticipati dei momenti di stage, a seconda

delle caratteristiche ed esigenze di ogni singolo allievo.

Un altro elemento centrale di tale iter formativo è la PRESENZA DI CONTENUTI PRATICI IN

OGNI FASE DEL CORSO, quindi anche durante il periodo in aula, centrato sul lavoro di

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gruppo e caratterizzato da frequenti esercitazioni, in modo da anticipare elementi concreti

della fase in situazione.

Per quanto riguarda i docenti della CSAPSA, non sono solo dei formatori, ma

anche degli EDUCATORI32, proprio per l’impronta di tipo promozionale rispetto all’intera

personalità dell’allievo di cui si è detto. In genere, il rapporto tra docenti e corsisti è di un

formatore/educatore per ogni tre o quattro allievi, all’interno di corsi con un numero

complessivo di circa 8-12 allievi. Il referente di ogni ragazzo lo segue anche durante la

fase in situazione, con una presenza variabile sul luogo di lavoro, a seconda delle diverse

esigenze di ognuno.

L’operatore della formazione svolge un ruolo, per molti aspetti, di MEDIAZIONE, in

particolare:

- nei confronti dell’allievo, per permettergli di leggere in modo realistico l’ambiente

sociale circostante e dare una risposta soddisfacente alle richieste che gli pervengono,

- verso i tutor aziendali, per facilitare la lettura di determinate caratteristiche o

problematiche del ragazzo,

- rispetto agli altri attori rilevanti e costitutivi del processo formativo nel suo insieme, in

particolare i familiari, i referenti dei servizi di territorio, i responsabili aziendali e

colleghi di lavoro degli allievi, i rappresentanti sindacali, i membri della comunità di

appartenenza.

Il rapporto con i referenti aziendali favorisce l’individuazione di mansioni idonee a

realizzare un equilibrio fra le richieste dell’azienda e le risorse e potenzialità di ogni

ragazzo. La collaborazione con le famiglie stimola, invece, un percorso di autonomia

anche a livello extra-lavorativo, in grado di supportare e consolidare i risultati ottenuti in

ambito lavorativo. La possibilità di individuare, in collaborazione con i servizi

competenti, delle opportunità di socializzazione sul territorio permette, inoltre, di

incentivare lo scambio sociale degli allievi all’interno di un contesto più ampio.

In generale, questo complesso di relazioni permette al formatore di conoscere ed

interpretare in un’ottica di tipo educativo gli eventi che fanno parte dell’esperienza

vissuta ed agita dai ragazzi, stimolando processi di crescita e maggior consapevolezza,

anche da parte dei soggetti che interagiscono quotidianamente con lui.

La VERIFICA dei percorsi individuali viene effettuata, innanzitutto, tramite

l’osservazione partecipata degli allievi che, durante la fase in situazione, può riguardare,

di volta in volta, i seguenti elementi: caratteristiche dell’ambiente lavorativo e aspetti

32 In genere, si tratta di operatori con una formazione eminentemente educativa, su cui s’innestano delle competenze a livello formativo.

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tecnici del lavoro, reazione fisiche e psicologiche del corsista alle mansioni svolte, aspetti

sociali e relazionali dell’inserimento.

Quest’attività di osservazione è documentata in apposite schede relative alle

caratteristiche soggettive degli allievi che, unitamente alle schede di valutazione degli

apprendimenti, rappresentano degli importanti strumenti di verifica lungo tutto il

percorso.

Inoltre, vengono effettuati incontri di verifica periodici fra gli insegnanti e l’équipe,

frequenti riunioni con gli operatori dei servizi pubblici competenti, inoltre, dei colloqui

informali con i referenti aziendali e con le persone ritenute, di volta in volta, più

significative al fine di sostenere la realizzazione del progetto formativo.

Anche con i familiari degli allievi si svolgono degli incontri periodici per informarli

sull’andamento dei corsi e attivare forme di collaborazione, al fine di sostenere la

realizzazione del programma formativo.

Al termine del percorso vengono consegnate agli allievi le schede finali di uscita,

con riportate indicazioni e suggerimenti circa i successivi passaggi verso il mondo del

lavoro. Inoltre, vengono effettuate delle interviste semi-strutturate ai tutor, altri lavoratori

e ai familiari degli allievi, utili per verificare l’andamento del corso.

La VALUTAZIONE SULL’EFFICACIA complessiva dei corsi di formazione in

situazione focalizza l’attenzione tanto sugli aspetti di tipo sociale e relazionale, che sugli

esiti occupazionali, considerato, tra l’altro, che le aziende spesso non sono obbligate ad

assumere gli allievi di questa tipologia corsuale, né a livello normativo33 né sulla base di

accordi pregressi con la CSAPSA, i cui corsi presentano comunque delle buone

prospettive a livello di inserimento lavorativo.

Nelle situazioni in cui il livello di maturità complessivo raggiunto da un ragazzo al

termine del corso sconsigli, in ogni caso, la ricerca di un inserimento immediato,

CSAPSA utilizza ulteriori strumenti di raccordo tra la formazione ed il mondo del lavoro,

per esempio le borse lavoro con tirocinio prelavorativo a carattere occupazionale,

progetti finanziati e programmati dalla Provincia.

Con riferimento alla tipologia della formazione in situazione integrata con la

Scuola secondaria superiore, in genere il percorso formativo inizia dopo il biennio

superiore e coinvolge ragazzi a partire dai quindici anni di età, come previsto in generale

dal nuovo obbligo formativo.

33 Ricordiamo, infatti, che sia in passato con il collocamento obbligatorio, sia attualmente con il collocamento mirato, le aziende sono tenute ad assumere persone disabili, ma solo se iscritte alle liste di invalidità.

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Tale tipologia corsuale risponde sia alle esigenze della famiglia di vedere i propri figli

inseriti all’interno dell’ambiente scolastico il più a lungo possibile in modo produttivo,

sia a quelle dei giovani allievi di poter usufruire di un setting formativo flessibile ed

individualizzato, integrato con l’ambiente sociale.

Inoltre, tale modalità formativa permette di promuovere una cultura dell’handicap

all’interno della scuola stessa, sensibilizzando gli alunni sulle tematiche della disabilità e

sulle particolari necessità dei loro compagni, prima di tutto a livello d’integrazione.

A) IL CORSO DI FORMAZIONE IN SITUAZIONE PRESSO LA LEGA DELLE COOPERATIVE –

Si tratta della prima esperienza di formazione in situazione organizzata dalla CSAPSA

dopo la formalizzazione di tale tipologia formativa da parte della Provincia34.

La scelta del luogo idoneo per la fase in situazione ha identificato la Lega delle

Cooperative, in quanto riunisce molte associazioni all’interno di un unico palazzo, posto

in uno dei punti nevralgici per la vita economica della città, ovvero il Distretto fieristico.

Il Gruppo InterUsl e l’Ufficio Utenze Speciali della Provincia hanno provveduto alla

selezione dei dieci corsisti con handicap medio-lieve, sia psichico che fisico, ed età

media intorno ai 15-16 anni (da un minimo di 14 ad un massimo di 19 anni), alcuni

provenienti dalla scuola dell’obbligo, altri da esperienze formative essenzialmente non

riuscite.

Attraverso incontri preliminari con gli operatori del Gruppo InterUsl stesso, i referenti

istituzionali (neuropsichiatri infantili ed assistenti sociali) ed il responsabile dell’Ufficio

Utenze Speciali, la cooperativa CSAPSA ha sviluppato la programmazione teorica e

pratica, predisposto le schede per le verifiche periodiche, definito i compiti dei docenti-

formatori e organizzato il locale aula, dislocato all’interno della Torre della Lega.

Le FINALITÀ del corso di formazione in situazione individuate dal progetto erano:

- il recupero, consolidamento e miglioramento delle autonomie personali, psicologiche e

sociali e delle conoscenze di base degli allievi,

- l’acquisizione di competenze e abilità tecniche e relazionali, secondo percorsi

personalizzati,

- l’integrazione sociale nel contesto lavorativo, con il coinvolgimento attivo degli allievi

nella costruzione di relazioni significative.

Gli obiettivi specifici che si è cercato di perseguire nel biennio formativo

riguardavano i settori cognitivo, socio-affettivo e psicomotorio, attraverso una

34 Tale esperienza è descritta da: Gherardini M.R., Polloni M., Voglio fare il frate o il colonnello, op.cit.

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metodologia centrata costantemente sulla persona e sull’individuazione, valorizzazione e

sviluppo delle sue potenzialità.

A livello cognitivo, i punti cui è stata prestata una maggiore attenzione sono stati:

la comprensione, elaborazione e analisi critica della realtà personale e sociale, con

particolare riguardo all’ambiente e ai ruoli lavorativi, l’acquisizione di competenze

tecniche spendibili nel mondo del lavoro, secondo modalità di apprendimento

individualizzate e sulla base dell’abbinamento fra allievo e realtà lavorativa.

Sul piano socio-affettivo si è mirato, invece: all’acquisizione, recupero e

consolidamento delle autonomie di base personali e relazionali, al raggiungimento di una

conoscenza di sé e delle proprie capacità espressive, per favorire relazioni intersoggettive

e di gruppo significative, all’acquisizione di un ruolo maschile/femminile e di una

maggior consapevolezza della propria identità.

Sul piano psicomotorio gli obiettivi principali riguardavano: il raggiungimento

del miglior livello possibile di autonomia fisica; l’accettazione di sé e del proprio corpo,

anche come strumento di espressione e comunicazione.

Un momento preliminare l’inizio del corso è stata la fase di osservazione

partecipata della realtà lavorativa, da parte degli insegnanti, per evidenziare le modalità

relazionali ed i valori dominanti, con particolare riferimento alle tematiche dell’handicap.

E’ stato individuato un clima informale, con un buon senso di appartenenza e bassa

conflittualità ed un atteggiamento prudente ed interlocutorio rispetto alle persone disabili.

Una tecnica utilizzata per valutare l’evoluzione nel tempo del concetto di handicap,

presso i vari dipendenti della Lega, è stata quella del “differenziale semantico”, che

consiste in una serie di aggettivi bipolari che si trovano agli estremi di una scala a sette

intervalli di intensità, che vanno da un valore massimo attribuito ad un aggettivo ad un

valore massimo attribuito al suo contrario, attraverso delle posizioni intermedie35.

Una delle caratteristiche fondamentali di questo percorso che emerge sin

dall’inizio è, quindi, L’ATTENZIONE RISERVATA ALL’AMBIENTE DI LAVORO, che viene

considerato non solo per gli aspetti fisici, funzionali ed organizzativi, ma anche per

quegli elementi socio-culturali e relazionali che favoriscono o, viceversa, ostacolano

un’effettiva integrazione del giovane in formazione.

I mesi iniziali del primo anno (settembre-dicembre) si sono svolti

prevalentemente in aula, in base alle seguenti fasi:

- conoscenza preliminare dei corsisti, delle loro caratteristiche e risorse personali;

35 Sulla tecnica del differenziale semantico, cfr. fra gli altri: Capozza D., Il differenziale semantico, Ed. Patron, 1977.

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- familiarizzazione dei corsisti con l’ambiente esterno (quartiere fieristico, uffici pubblici,

parco, mensa) e interno (portineria, bar, centro stampa) attraverso visite, interviste,

incontri, proiezioni;

- periodo propedeutico all’inserimento lavorativo vero e proprio.

Quest’ultima fase si è svolta attraverso esercitazioni ed attività pratiche (utilizzo

della macchina da scrivere, delle fotocopiatrici, macchine da calcolo, telefono, ecc.),

simulazioni e giochi di ruolo36, per favorire l’acquisizione di strumenti di conoscenza e di

interpretazione della realtà, nonché la consapevolezza della propria identità. Le discipline

proposte, afferenti alle aree linguistica, socio-educativa, logico-matematica e tecnica,

servivano a recuperare le nozioni di base utili per il successivo apprendimento, oltre che

a stimolare negli allievi dei processi di analisi critica.

Un elemento centrale in questa fase e durante tutto il corso è il valore attribuito

all’espressione di sé ed alle esigenze personali dei corsisti, per favorire la predisposizione

di percorsi individuali, finalizzati alla VALORIZZAZIONE DELLE POTENZIALITÀ di ognuno e

ad un corretto abbinamento fra soggetto, mansioni e ambiente lavorativo.

La seconda parte del primo anno (gennaio-giugno) e tutto l’anno successivo (da

settembre a giugno) erano centrati sull’inserimento lavorativo di ogni corsista presso

uffici, centri stampa, magazzini. I mansionari prevedevano attività quali: ritagliare

articoli dai quotidiani per la rassegna stampa, fotocopiare scritti vari e documentazione

d’ufficio, graffettare e fascicolare, seguire la sequenza delle operazioni di spedizione

(imbustare, etichettare, timbrare e affrancare), dattiloscrivere, rispondere al telefono,

controllare o eseguire direttamente calcoli, archiviare alfabeticamente e

cronologicamente dei dati, in alcuni casi con l’ausilio del computer.

Fin dall’inizio della fase in situazione s’instaurava un rapporto fra l’insegnante ed

il tutor, al fine di favorire un processo di apprendimento tecnico ed una positiva

socializzazione con l’ambiente lavorativo. E’ interessante notare che laddove si

sviluppava un buon rapporto fra ragazzo e tutor molto facilmente tale positività si

allargava alle relazioni con altri dipendenti, mentre si verificava il contrario in presenza

di difficoltà di rapporto.

Durante il primo periodo, gli insegnanti si recavano quotidianamente nei vari

uffici dove erano impegnati i corsisti per svolgere un compito di controllo, supporto e

mediazione. Nei casi in cui un allievo pareva ben inserito, la visita del formatore

manteneva la funzione di far percepire la propria presenza, che poteva rassicurare,

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sostenere o stimolare, a seconda delle necessità. L’importanza dell’insegnante è via via

sfumata nel corso del secondo anno, per favorire negli allievi un distacco dal momento

didattico a favore dell’apprendimento lavorativo.

In questa fase del corso, gli incontri quotidiani in aula venivano utilizzati dagli

insegnanti per far emergere eventuali problemi e curiosità negli allievi, per rafforzare

nozioni inerenti il mansionario e continuare a valorizzare la personalità di ognuno, anche

tramite lavori estranei all’impegno professionale, ma che prevedevano l’assunzione di

ruoli e responsabilità.

Uno strumento didattico che ha rivestito una notevole importanza in questo periodo

sono state le SCHEDE AUTOVALUTATIVE37, in quanto favorivano la memorizzazione e

rielaborazione di quanto svolto durante la fase in situazione, con la possibilità di

confrontarlo con ciò che i formatori osservavano durante le loro visite quotidiane, inoltre,

permettevano la socializzazione al gruppo delle esperienze individuali, con un

progressivo miglioramento anche a livello dell’espressione verbale.

Festività particolari, escursioni e gite hanno costituito degli ulteriori momenti per

una reciproca conoscenza tra i corsisti e gli insegnanti ed utili opportunità per affrontare,

in modo informale, le problematiche presentate dagli allievi.

Con l’avvicinarsi della fine del corso, gli allievi sono stati affiancati ancora una

volta dai formatori, per individuare insieme le varie modalità per la ricerca del lavoro,

attraverso la compilazione di moduli prestampati forniti da alcuni uffici e la

predisposizione di curricoli.

Al termine dell’esperienza formativa è stato rilasciato agli allievi un attestato di

frequenza rispetto al mansionario realmente appreso, che ha sancito la conclusione del

percorso biennale, rappresentando un riconoscimento del lavoro svolto.

Gli OBIETTIVI SPECIFICI perseguiti nel corso del biennio formativo, con

riferimento ai settori cognitivo, socio-affettivo e psicomotorio, sono stati in generale

verificati con i seguenti strumenti, in parte già considerati:

- l’osservazione partecipata degli educatori lungo tutto il percorso,

- i colloqui informali con i membri della Torre Lega,

- le schede di valutazione di percorso (degli educatori, dei tutor ed autovalutative),

- le interviste semistrutturate finali (rivolte al tutor, ad altro personale e alle famiglie dei

corsisti).

36 Le simulazioni e i giochi di ruolo consistono nella rappresentazione di situazioni e di ruoli, a cui partecipa tutto il gruppo, con lo scopo di facilitare l’apprendimento cognitivo, gestuale-motorio e relazionale. 37 Cfr. scheda autovalutativa delle attività riportata in Gherardini M.R., Polloni M., op. cit., pag. 92.

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Gli aspetti che sono stati presi di volta in volta in considerazione riguardavano i seguenti

settori: l’ambiente aziendale, le reazioni comportamentali e psicologiche degli allievi, il

profilo tecnico-lavorativo e quello sociale dell’inserimento lavorativo.

Gli operatori della formazione hanno mantenuto nel tempo I CONTATTI CON I

SOGGETTI presenti nei vari ambiti di vita di ogni allievo: famiglia, tempo libero, servizi

territoriali, per comprendere meglio le varie situazioni e lavorare verso un obiettivo

comune. Con i genitori, in particolare, sono stati organizzati incontri mensili per chiarire

anticipatamente ruoli e aspettative e creare gradualmente trame relazionali significative,

in grado di attivare dei processi di lento cambiamento dell’immagine dei propri figli,

riconoscendo i miglioramenti raggiunti per quanto riguarda il livello di autonomia e

consapevolezza.

Alle famiglie sono state, inoltre, rivolte le interviste semistrutturate di cui si è detto, per

valutare le ricadute delle attività formative sulla personalità complessiva dei ragazzi, con

attenzione particolare alle autonomie personali e all’eventuale modificazione

dell’organizzazione spazio-temporale e dei riferimenti socioculturali. Generalmente, è

stato riscontrato che un buon andamento sul lavoro ha avuto riscontri positivi anche in

ambito extralavorativo, ad esempio a livello di organizzazione dei propri spazi e del

tempo libero.

Quest’esperienza ha messo in rilievo come l’integrazione nell’ambiente

lavorativo sia uno strumento importante per la riabilitazione e la promozione sociale dei

giovani con situazioni di disagio. In effetti, percepirsi accolti in un ambiente lavorativo

positivo e sentirsi in grado di partecipare a questo micro-cosmo sociale in modo attivo,

ha favorito in molti partecipanti il rafforzamento della propria autostima e l’evoluzione

verso una personalità più adulta e strutturata.

Un ELEMENTO CENTRALE della formazione in situazione è proprio questa possibilità per

gli allievi del corso di far riferimento a modelli positivi che si trovano nell’ambiente

lavorativo, capaci di motivare nei confronti di una socializzazione positiva e

dell’assunzione di un ruolo adulto.

B) LA FORMAZIONE INTEGRATA NELLA SCUOLA MEDIA SUPERIORE – Si tratta di

un’esperienza sviluppatasi a seguito di un accordo istituzionale fra il Provveditorato agli

Studi di Bologna e l’Assessorato alla Formazione Professionale della Provincia di

Bologna a partire dal 1992, presso l’Istituto Magistrale “Laura Bassi”, ma con allievi

provenienti da diverse Scuole superiori38. La CSAPSA ha predisposto un modello

38 In seguito, sono stati coinvolti anche altri istituti di scuola media superiore.

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formativo rivolto ad allievi con handicap medio-lieve, in collaborazione con gli

insegnanti della scuola, tenendo presente un percorso formativo svolto precedentemente

in quest’ambito.

Ne è scaturita un’esperienza formativa che ha posto al centro l’INTERAZIONE FRA LE

VARIE COMPONENTI scolastiche, formative e lavorative: allievi, formatori, insegnanti di

sostegno della scuola media superiore, spazio scuola, ambiente lavorativo e tutor

aziendale, cui si aggiungevano famiglie e referenti territoriali, a delineare un processo

multidimensionale, integrato e dinamico. In tal modo, è stato anche possibile superare

l’equivoco ricorrente che contrappone, o considera in modo alternativo, la formazione ed

il percorso scolastico, mentre si tratta di esperienze tra cui è possibile attivare delle utili

sinergie.

Il percorso, con durata biennale, prevedeva per il primo anno una fase

propedeutica in classe per favorire una conoscenza del gruppo degli allievi tra di loro e

da parte degli insegnanti CSAPSA39. Per evitare di riprodurre la logica delle classi

“speciali”, sono stati attivati momenti di scambio e partecipazione con gli altri alunni

della scuola: un laboratorio d’informatica, la visione di filmati e altre attività integrate,

alcune visite esterne, la partecipazione al comitato studentesco ed alle assemblee

d’Istituto40.

Un esempio di attività integrata è rappresentato dalle interviste e questionari, che sono

stati attuati da gruppi misti di partecipanti al corso ed altri studenti, in relazione ad alcune

tematiche avvertite come importanti dai ragazzi, come il fumo a scuola e la differenza di

genere, con una rielaborazione informatica dei risultati conclusivi. In tal modo è stato

possibile far emergere le potenzialità pratiche e relazionali dei ragazzi disabili,

valorizzando, inoltre, il loro contributo all’ambiente scolastico circostante.

Verso la fine di gennaio, inizi di febbraio del primo anno è iniziata la fase in

situazione, con una frequenza di quattro giorni la settimana, presso aziende appartenenti

a differenti settori, in particolare: l’impiegatizio, la cura dell’ambiente e le pulizie.

Nell’organizzazione di questa fase è stato coinvolto anche il personale scolastico, nella

figura dell’insegnante di sostegno, che si recava periodicamente sul luogo di lavoro, per

verificare l’evoluzione dell’apprendimento professionale e sociale dei corsisti.

39 La descrizione del percorso è in gran parte tratta da: Goussot A., Scuola dell’obbligo e orientamento, in “Sindrome Down notizie”, n° 2, 1997, pp. 64-67. 40 Sul concetto d’integrazione scolastica dei giovani con handicap, cfr. tra gli altri: A. Canevaro, “Università, scuola e formazione. L’integrazione: la sfida per la qualità della formazione”, in Atti della Prima Conferenza Nazionale sulle politiche dell’handicap; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Sociali, Roma, 1999.

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Ogni settimana era previsto un giorno di rientro per permettere agli allievi di

riflettere insieme sulle esperienze individuali, rielaborate nel gruppo e verificare con gli

insegnanti le difficoltà incontrare sul lavoro, utilizzando le schede di autovalutazione, il

diario di bordo, le riprese video.

Questo percorso formativo integrato nella scuola si è rilevato POSITIVO,

continuando così anche negli anni successivi, per le seguenti principali ragioni:

- permette ai giovani con handicap di proseguire un percorso formativo nella scuola

media superiore, acquisendo, al contempo, delle competenze da utilizzare poi nel mondo

del lavoro,

- rappresenta, quindi, un “ponte” fra mondo della scuola e ambiente di lavoro, per quei

giovani che avrebbero difficoltà ad effettuare in autonomia tale passaggio,

- favorisce negli allievi la sperimentazione di molteplici ruoli contemporaneamente,

- attiva dei percorsi d’integrazione operativa fra vari soggetti, risorse e competenze, a

livello lavorativo, sociale e scolastico.

Nel 1994 si è svolto a Bologna un CONVEGNO su “Handicap e formazione in

situazione nella Scuola secondaria superiore – esperienze a confronto”, organizzato da

OPIMM e CSAPSA, con il patrocinio del Provveditorato agli Studi e della Provincia di

Bologna, in cui sono stati presentati dei progetti sperimentali finalizzati all’integrazione

dei giovani disabili nella Scuola superiore, contemplati nel Piano provinciale della

formazione professionale.

Sono state considerate, in particolare, le seguenti esperienze: il percorso formativo in

precedenza descritto, che ha coinvolto l’Istituto Magistrale Laura Bassi ed un corso di

formazione integrata con la scuola superiore, presso l’Istituto Professionale “A.

Rubbiani”, realizzato da OPIMM (allora Comitato Bolognese).

2.3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’identificazione delle caratteristiche principali dei corsi di formazione in

situazione organizzati DA OPIMM e CSAPSA ha permesso di delineare la FISIONOMIA E

gli ELEMENTI DISTINTIVI di questa peculiare tipologia corsuale, che possono essere in gran

parte generalizzati all’intera Provincia di Bologna, visto che questi due Centri di

formazione sono gli unici che si sono dedicati con continuità a tale modalità formativa, a

partire da esperienza e professionalità consolidate41.

41 Altri soggetti hanno condotto alcune esperienze di formazione in situazione che, seppur significative, non hanno rivestito carattere di continuità. Ricordiamo, in particolare: i Comuni di Sasso Marconi e Minerbio, che se ne sono occupati tra il 1987 e il 1991, il CNOS, che ha gestito tre corsi tra il 1991 e il 1993, di cui uno in cotitolarità con la Provincia di Bologna, l’OMAL (in precedenza ORAL), che ha gestito

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Inoltre, la presentazione nel dettaglio di due percorsi formativi per ogni Ente, se

non è certo esaustiva rispetto alla pluralità dei corsi organizzati da OPIMM e CSAPSA,

ha permesso di identificare le TRE PRINCIPALI TIPOLOGIE di formazione in situazione

sviluppate finora a Bologna e provincia:

- la formazione in situazione rivolta ad un solo settore produttivo,

- la formazione in situazione polivalente,

- la formazione integrata con la Scuola superiore.

Rileviamo come, nell’ambito delle tre tipologie di formazione in situazione,

all’apprendimento di abilità pratico-operative si accompagna sempre l’acquisizione di

competenze relazionali, per stimolare una crescita della persona più armoniosa e

promuovere processi di maggiore autonomia ed integrazione sociale.

In tal modo, i partecipanti alla formazione in situazione imparano ad esprimere le proprie

risorse in varie situazioni, lavorative ed extra-lavorative e questo aspetto è

particolarmente importante quando gli allievi, al termine del corso, si trovano ad

affrontare esperienze diversificate, non sempre collegate al mondo del lavoro42, sia per le

ovvie differenze individuali, anche riguardo i tempi di maturazione, sia in relazione a

quanto stabilito dalla nuova normativa sul “diritto al lavoro dei disabili”, legge n° 68 del

1999.

Tale legge prevede, infatti, una serie di servizi di sostegno all’inserimento lavorativo a

favore di persone con “minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di

handicap intellettivo”, ma solo in presenza di “una riduzione della capacità lavorativa

superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento

dell’invalidità civile ..” (articolo 1, punto a). Ne deriva che giovani con un livello di

disagio lieve, ma tale da rendere comunque difficile l’inserimento lavorativo, quali sono

spesso gli allievi della formazione in situazione, non possono disporre delle misure

previste dalla nuova normativa, in particolare dell’obbligo, per i datori di lavoro pubblici

e privati, di avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alle categorie a cui si

applica la normativa stessa (articolo 3, comma 1).

A tale limite si aggiungono, inoltre, le difficoltà evidenziate attualmente dal mercato del

lavoro, nel senso di una sempre maggior specializzazione ed una crescente difficoltà di

assorbimento dell’utenza in uscita dai corsi di formazione in generale, anche da parte di

un corso, in cotitolarità con la Provincia di Bologna, nel biennio 1992-93, per affiancare, poi, OPIMM nelle esperienze più recenti di formazione polivalente (cfr. paragrafo dedicato all’esperienza di Opera dell’Immacolata). 42 A questo proposito, cfr. il quarto capitolo, in gran parte dedicato ai percorsi successivi la formazione in situazione, di un vasto campione di allievi dei corsi organizzati da OPIMM, in quasi quindici anni di esperienza in questo ambito.

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settori che tradizionalmente offrivano possibilità di impiego, spesso al termine dello

stesso iter formativo.

Alla luce di tali considerazioni appare particolarmente importante la centralità,

attribuita da OPIMM e CSAPSA, agli aspetti educativi e non meramente occupazionali

del percorso formativo, al fine di rendere gli allievi in grado di affrontare varie situazioni,

con sufficiente sicurezza nelle proprie capacità, competenze sociali ed elasticità.

Questi risultati a livello formativo, educativo e d’integrazione vengono perseguiti

all’interno di PERCORSI PERSONALIZZATI E FLESSIBILI, in cui viene utilizzato un approccio

non di tipo autoreferenziale, bensì centrato sull’allievo e sulle sue esigenze, innanzitutto

quella di essere accolto con la propria personalità e scoprire le proprie risorse43.

Questa CENTRALITÀ DELL’ALLIEVO si realizza attraverso una metodologia dialogica,

processuale ed individualizzata, in grado di favorire l’espressione delle capacità di

individuali e la creazione di spazi di senso condivisi e partecipati.

Con riferimento al LAVORO DI RETE sviluppato da OPIMM e CSAPSA, rileviamo

che i due Centri lavorano in stretto rapporto con le istituzioni, i servizi territoriali, le

famiglie, le aziende ed i vari soggetti che interagiscono con i giovani in formazione, tra

cui, come in precedenza descritto, la scuola secondaria superiore.

Considerando, infine, il profilo dell’INNOVAZIONE, la tipologia polivalente ha

permesso di conciliare all’interno di uno stesso percorso di formazione in situazione la

trasversalità delle competenze sociali con la specificità di quelle lavorative, creando

inoltre interessanti sinergie fra Centri formativi.

La differenziazione formativa anche all’interno di una medesima categoria corsuale è

particolarmente congeniale ai cambiamenti che interessano ormai da anni il mondo del

lavoro: in tutti i settori di attività, i processi lavorativi si ricompongono secondo logiche

sempre più trasversali, che richiedono dei profili lavorativi in grado di integrare

formazione professionale ed esperienza lavorativa, elementi di professionalità specifica

con competenze a carattere generale.

43 Cfr. Errani A., “Le parole dell’integrazione”, in: Equilibristi senza rete?, op. cit., pag. 265 e ss.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

CHE COSA SONO OPERA DELL’IMMACOLATA E CSAPSA

OPERA DELL’IMMACOLATA (OPIMM), ente morale non profit di ispirazione cristiana,

gestisce a Bologna la formazione professionale dei giovani lavoratori da oltre 150 anni,

agendo dal 1957 fino al 1995 tramite il “Comitato Bolognese per la Formazione

Professionale dei Giovani Lavoratori”, conosciuto anche con la sigla CAP, ovvero

Centro di Addestramento Professionale. Il Comitato Bolognese, in un periodo in cui non

esisteva alcuna prospettiva per i ragazzi con handicap che avevano frequentato le scuole

speciali e si stava avviando la pratica della deistituzionalizzazione, ha attivato varie

tipologie corsuali, compresi i corsi di recupero per il con-seguimento della licenza

elementare, rivolti a persone con deficit mentali lievi, già inserite nel mondo del lavoro,

dove svolgevano mansioni semplici, allora molto diffuse.

A partire da queste prime esperienze e da uno scambio con realtà francesi che si

occupavano dell’addestramento lavorativo, in ambito protetto, di giovani con disabilità

mentali, prese avvio il primo corso sperimentale biennale, nel 1967-68, con un gruppo di

diciotto allievi provenienti dalle scuole speciali, molto eterogeneo quanto ad età,

sviluppo cognitivo e personalità. La finalità di questo corso era quella di portare i

ragazzi, attraverso una serie progressiva di esperienze addestrative e relazioni

interpersonali significative, ad uno sviluppo graduale delle proprie capacità pratiche e

ad una maturità più complessiva, per permettere l’avviamento al lavoro, essenziale sia

per evitare l’emarginazione sociale sia per un consolidamento della personalità.

La metodologia utilizzata era di tipo pratico e progressivo, differenziata, tramite

interventi individualizzati e attenta ad una formazione globale, ovvero inerente la

personalità complessiva della persona. Gli interventi venivano articolati attraverso

diverse attività, anche di tempo libero, con una suddivisione degli allievi in gruppi

eterogenei o omogenei a seconda dei momenti44, condotti comunque sempre da due

persone, con competenze differenziate (psicopedagogiche e tecnico-aziendale).

Nel tempo, l’inserimento lavorativo diventa sempre più “mirato”, grazie al lavoro di un

mediatore della transizione, che opera di concerto con i responsabili dei percorsi

44 I gruppi eterogenei caratterizzavano i momenti di socializzazione ed il lavoro sulle autonomie, i gruppi omogenei erano utilizzati durante gli interventi specifici, i momenti addestrativi e per l’attività pratica produttiva (già avviata, a livello sperimentale, per rispondere alle esigenze delle persone con handicap più grave).

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formativi, sia nel momento dell’abbinamento iniziale tra l’allievo e l’azienda, sia

durante l’avviamento vero e proprio, sia in seguito, nel caso di specifico bisogno45.

Quest’impostazione generale rimarrà valida sino alle soglie degli anni Ottanta,

con una diversa durata ed articolazione dei corsi, che sono sette, nell’anno formativo

1969-70. Un significato particolare può essere, tra l’altro, attribuito all’esperienza degli

stage aziendali, prototipo della successiva “formazione in situazione”, che ha inizio

nella seconda metà degli anni Settanta e si protrae fino al 198546, con lo scopo di

completare il percorso di formazione e maturazione personale, tramite l’inserimento

degli allievi in un contesto lavorativo reale, con l’affiancamento di un insegnante del

Centro.

Dal 1973, il Comitato Bolognese gestisce anche un Centro Medico Sociale di

Laboratorio Protetto, per il recupero funzionale e l’inserimento negli ambienti di vita e

lavoro delle persone affette da minorazioni psichiche e sensoriali, che ha operato in

convenzione con l’Usl 27 prima e l’azienda Usl Città di Bologna, in seguito.

Le attività di OPIMM sono state, infatti, sin dalle origini, realizzate in collaborazione

con gli Enti Pubblici territoriali47, anticipando l’attuale concetto di rete di interventi.

CSAPSA: la cooperativa CSAPSA (Centro studi analisi di psicologia e sociologia

applicate) si è costituita a Bologna nel 1977 per operare nel comparto sociosanitario

attraverso i contributi teorici delle discipline psicologiche, pedagogiche e sociologiche.

Gli ambiti di intervento in cui si è, nel tempo, articolata l’esperienza della CSAPSA

sono, tra l’altro: la progettazione e gestione di servizi alla persona nell’area

socioeducativa, la prevenzione del disagio di giovani a rischio di devianza sociale, la

formazione professionale per giovani con handicap in uscita dalla scuola dell’obbligo e

dalla scuola secondaria superiore, la formazione rivolta agli operatori del settore, la

sensibilizzazione relativa alle tematiche della diversità.

In particolare, per quanto riguarda gli aspetti di sensibilizzazione sulle tematiche

dell’handicap, ricordiamo di seguito alcune delle iniziative attuate dalla CSAPSA, in

collaborazione con i soggetti istituzionali: - corso “Per una cultura dell’handicap”,

rivolto a delegati sindacali nell’ambito del Piano Formativo Provinciale 1991/92, -

corso sulle stesse tematiche rivolto ai capi negozio della Cooperativa Emilia Veneto,

45 Ritroviamo, già in questo periodo, alcuni elementi metodologici che risulteranno, nel tempo, centrali nell’ambito della formazione rivolta alle persone disabili. 46 Confluendo, poi, nelle varie articolazioni corsuali previste dalla Provincia dopo il progetto “Handicap ‘85”

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nell’ambito del Progetto di Autotutela della Salute del Comune di Bologna, - ciclo di

conferenze sulle tematiche dell’handicap, della formazione professionale e

dell’inserimento lavorativo, nell’ambito del Piano Formativo Provinciale 92/93, - corso

rivolto agli addetti della grande distribuzione sulla “Cultura della Diversità”, con

un’indagine propedeutica sulle immagini, le percezioni, i vissuti relativi all’handicap,

tra i lavoratori di aziende che avevano già al loro interno persone disabili, o avevano,

comunque, questa prospettiva, sempre nell’ambito del Progetto di Autotutela della

Salute.

A tali iniziative si sono aggiunte, di volta in volta, ulteriori proposte di sensibilizzazione,

promozione e divulgazione sulle tematiche della diversità, all’interno dei vari percorsi

formativi progettati dalla CSAPSA. A titolo esemplificativo, consideriamo il ciclo di

incontri rivolti ai lavoratori della Cooperativa Emilia Veneto, coinvolti in qualità di

tutor, ai delegati sindacali ed ai responsabili di reparto, finalizzati a promuovere un

confronto fra le esigenze dell’azienda, i limiti, potenzialità e bisogni del giovane disabile

ed affrontare quei pregiudizi e atteggiamenti svalutativi che limitano i processi di

accoglienza e di integrazione.

Questo percorso, coinvolgendo vari livelli di responsabilità all’interno della realtà

aziendale, ha favorito, inoltre, un processo di condivisione dei valori e di partecipazione

alla scelta dell’inserimento lavorativo dei giovani disabili, all’interno delle strutture

Coop, trasformando i lavoratori coinvolti nell’iniziativa da semplici spettatori ad attori.

Un’altra proposta di sensibilizzazione, attivata a latere dell’esperienza formativa,

ha riguardato l’ambiente sociale esterno, a più immediato contatto con quello

lavorativo, ovvero quell’insieme di scambi e relazioni che coinvolgono la clientela dei

supermercati. In particolare, è stata promossa un’azione promozionale, che ha utilizzato

come strumento d’informazione il bollettino “Consumatori”, edito dalla Cooperativa

Emilia Veneto, accompagnata da un’indagine conoscitiva, relativa agli atteggiamenti

espressi dai clienti nei confronti dei giovani disabili impegnati nei supermercati Coop,

anche per valutare gli effetti degli inserimenti lavorativi nei reparti di vendita.

All’interno di queste proposte ritroviamo la centralità dell’ambiente formativo

come insieme di fattori funzionali, sociali e culturali, che è particolarmente importante

all’interno della formazione in situazione che si svolge, in gran parte, all’interno di un

contesto lavorativo in cui intervengono una pluralità di elementi costitutivi.

47 Queste brevi note sull’evoluzione nel tempo dell’intervento di OPIMM sono in gran parte tratte dal testo: Giosué F., L’inserimento lavorativo delle persone disabili. Trent’anni di esperienza dell’Opera

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dell’Immacolata: i risultati di una ricerca, Bologna, 1997.

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3. LA METODOLOGIA DELLA FORMAZIONE IN SITUAZIONE

A partire dal quadro generale della formazione in situazione sin ora delineato,

questa terza parte del lavoro si sofferma sulla metodologia che caratterizza ogni fase del

corso: si tratta di un elemento centrale per il buon andamento dell’esperienza formativa,

in quanto rappresenta una guida per l’azione, lungo tutto il percorso, collegando finalità

generali ed obiettivi specifici, in vista della realizzazione di criteri di efficacia ed

efficienza. Per ogni fase dell’iter formativo sono indicate le principali opzioni

metodologiche e strumenti operativi48, utilizzati per la realizzazione, verifica e

documentazione degli interventi.

A livello introduttivo, viene considerato l’intero percorso formativo, in quanto

insieme d’interventi collegati in modo coerente da un lavoro progettuale che rappresenta,

con il lavoro di rete, un’importante opzione metodologica, trasversale all’intero iter

corsuale.

Le esperienze di formazione in situazione prese in considerazione per definire il

quadro metodologico di cui si è detto, fanno riferimento ad alcuni corsi, fra i quindici

organizzati da OPIMM a partire dal 1987, esemplificativi rispetto agli altri:49:

- corso in formazione in situazione presso la Coop Adriatica (allora Coop Emilia Veneto)

per il biennio 1987/89,

- corso di formazione in situazione nel settore impiegatizio per il biennio 1991/93,

- corso di formazione in situazione nei comparti meccanico e impiegatizio per il biennio

1993/95,

- corso di formazione in situazione in collaborazione con le Scuole superiori Rubbiani

per il biennio 1995/97,

- corso di formazione in situazione polivalente in collaborazione con l’Opera Madonna

del Lavoro per i bienni 1997/98 e 1998/2000.

Queste esperienze compongono un quadro articolato, da cui è possibile enucleare

le principali scelte metodologiche che scandiscono i vari tempi della formazione: il

tempo della ricerca e progettazione, il tempo dell’intervento e del monitoraggio, il tempo

della verifica e della riflessione. Vediamo come quest’ultimo momento si collega con il

tempo iniziale della ricerca, innescando una CIRCOLARITÀ che favorisce il dinamismo ed

48 Alcune opzioni che caratterizzano vari momenti del percorso formativo vengono considerate in corrispondenza della fase in cui compaiono per la prima volta oppure esprimono in pieno la propria utilità. 49 Cfr. la scheda di approfondimento in appendice.

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il cambiamento del sistema formativo, in base al variare dei bisogni dell’utenza e delle

condizioni sociali.

3.1. LA PROGETTAZIONE

Come accennato, si fa qui riferimento all’intero percorso formativo, in quanto

insieme di fasi operative con propri tempi, obiettivi, strategie ed azioni, integrate

dall’attività progettuale. La progettazione è, quindi, la traduzione a livello operativo della

filosofia e delle finalità generali del corso, indicate nella programmazione, declinate

all’interno di uno schema che anticipa l’azione formativa, individuando gli elementi da

attivare per dare una risposta articolata e flessibile al bisogno dell’utenza.

L’attività progettuale si esprime quindi, in un documento, IL PROGETTO, che

contiene indicazioni inerenti, tra l’altro, gli utenti, la struttura e durata del corso, i

soggetti e risorse coinvolte, le diverse fasi con i rispettivi tempi, contenuti, modalità

operative e criticità. La disponibilità di queste informazioni a livello preliminare

permette, tra l’altro, di prevedere le principali difficoltà da affrontare lungo il percorso,

predisponendo gli strumenti idonei a superarle. Tra i vari elementi che rientrano in un

progetto operativo un dato molto importante è rappresentato dall’indicazione delle

differenti realtà lavorative disponibili ad accogliere gli allievi durante la fase in

situazione, in quanto permette di focalizzare meglio gli obiettivi formativi specifici e,

quindi, le varie attività e strumenti che ne favoriscono il perseguimento.

Per quanto riguarda i corsi di formazione in situazione occorre considerare, oltre

al progetto operativo del corso, i PROGETTI PERSONALIZZATI, individuali e di stage, che

permettono di valorizzare le risorse ed i contributi creativi di ogni allievo, favorendo il

passaggio da un’impostazione generale uniforme ad un'impostazione individuale

differenziata50.

Per quanto riguarda i progetti individuali, un elemento importante da conoscere in

anticipo è l’abbinamento tra ogni corsista e il contesto lavorativo, al fine di predisporre il

metodo e gli strumenti più adatti a far maturare negli allievi le conoscenze, capacità

operative e competenze relazionali da utilizzare durante la fase in situazione.

Per il progetto individuale di stage, invece, uno dei principali dati conoscitivi è

rappresentato dalle caratteristiche della realtà lavorativa specifica in cui l’allievo sarà

inserito, a livello strutturale, operativo e sociale, per individuare al suo interno la

posizione più adatta ad ogni corsista.

50 Sulla progettazione personalizzata, cfr. Di Pasquale G., Maselli M., “La proposta di modelli formativi innovativi”, in Errani A., Equilibristi senza rete?, op. cit., pp. 279-300.

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Vediamo quindi che, all’interno dei vari documenti di progettazione, è centrale il

collegamento fra la fase formativa propedeutica e quella in situazione, che si esprime, tra

l’altro, nell'importanza attribuita ai vari aspetti che caratterizzano le realtà lavorative che

ospitano gli allievi del corso.

Il percorso che scaturisce da ogni proposta progettuale appartiene al progetto e ne

rappresenta, insieme, il senso e l’orientamento, mentre la possibilità di realizzarlo

dipende dai soggetti che interagiscono, mettendo in comune esperienze, conoscenze e

risorse, al fine di implementare, monitorare, verificare e ridefinire nel tempo l’ambito e le

modalità degli interventi concreti. La bussola della progettazione è data, in un certo qual

modo, dall’incontro fra obiettivi e risultati del percorso e orienta il lavoro in direzione di

criteri di efficacia. Il timone è rappresentato, invece, dall’insieme dei valori, competenze,

flussi di comunicazione e relazioni tra i diversi soggetti coinvolti.

La realizzazione concreta di un corso di formazione in situazione si basa, infatti,

sulla possibilità di attivare delle pratiche di comunicazione e collaborazione, delle

sinergie e strategie positive, fra i diversi soggetti che interagiscono, in vari ambiti e a

diversi livelli, con gli utenti della proposta formativa. Questo LAVORO DI RETE rende,

infatti, possibile attivare dei percorsi formativi che pongono realmente al centro la

persona nella sua interezza, superando il rischio di fornire risposte frammentarie, che

trascurano i bisogni principali degli allievi del corso, primo fra tutti quello di inserirsi in

modo positivo nel contesto sociale.

Valorizzando, invece, il collegamento esistente fra i vari ambiti di vita, le diverse

esigenze dei corsisti e le finalità formative, si favorisce la progressiva “acquisizione di

responsabilità nei confronti di se stessi e del mondo circostante…”51 da parte degli

allievi, importante per attivare dei processi graduali di maturazione personale ed

integrazione sociale.

Passiamo ora a considerare le varie fasi del percorso formativo previste dai

progetti, specificando per ognuna le principali finalità, cui si collegano le scelte

metodologiche effettuate e gli strumenti adottati.

51 Cfr.Callea G., Psicosi e pratica istituzionale, F. Angeli, Milano, 2000, op. cit., pp.23-24.

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3.2. L’OSSERVAZIONE

Il periodo d’osservazione precede l’inizio del percorso formativo vero e proprio e

si sviluppa con una durata variabile che va da una settimana a un mese, tra settembre ed

ottobre52, al fine di:

- conoscere le caratteristiche degli allievi, anche grazie ai colloqui con i genitori

ed i referenti territoriali, - verificare i livelli di autonomia, le abilità pratiche e

competenze degli allievi, specie quelle collegate al profilo da sviluppare, - motivare

i corsisti all’apprendimento e alla formazione.

Le capacità ed autonomie che vengono indagate in questa fase riguardano, in

genere, le seguenti aree: cognitiva, socioculturale, espressivo relazionale e percettivo

motoria, ognuna delle quali si articola in varie tematiche, così da configurare un semplice

SCHEMA DI PRESENTAZIONE DEGLI ARGOMENTI, accennato di seguito.

Area cognitiva – Si tratta degli argomenti collegati per lo più alla frequenza scolastica,

che rappresentano una sorta di prerequisiti per l’apprendimento durante il corso: ovvero

lettura e comprensione di un testo scritto, scrittura, abilità di quantificazione e di

misurazione, capacità matematiche e geometriche, strategie di soluzione di problemi,

conoscenza dei materiali elementari, uso di semplici attrezzi.

Area socioculturale – Riguarda le autonomie di base e la cura della persona,

l’orientamento nello spazio e l’uso dei mezzi pubblici, la gestione di sé in rapporto al

tempo, la conoscenza del denaro, dell’orologio e nozioni sul mondo del lavoro.

Area espressivo-relazionale – E’ l’ambito della comunicazione verbale e non verbale in

cui rientra l’interazione con l’adulto e con i compagni, la reattività emozionale, eventuali

comportamenti problematici ecc.

Area percettivo-motoria – Riguarda la discriminazione visiva, tattile e uditiva, il

coordinamento motorio, la manualità fine, la regolazione della forza nell’uso delle mani,

l’utilizzo degli attrezzi. Nella seconda fase del corso quest’area diventerà l’area

formativo-lavorativa.

A partire da questo primo periodo si struttura il delicato rapporto fra insegnante

ed allievi, basato su una progressiva conoscenza da parte dell’operatore delle

caratteristiche psicologiche ed attitudini dei ragazzi e sulla costruzione di una relazione

di fiducia, al fine di poter aiutare ognuno ad attivare le proprie risorse.

52 In precedenza, questo periodo preliminare precedeva l’inizio delle attività formative vere e proprie di alcuni mesi, per preparare il ragazzo alla frequenza del corso con un ampio margine di anticipo.

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Durante le varie fasi del corso si sviluppa, poi, il ruolo articolato dell’operatore della

formazione, che opera in qualità d’insegnante, per l’acquisizione di elementi teorici e

pratici, come educatore, per uno sviluppo più complessivo della personalità dell’allievo

ed è, infine, il mediatore privilegiato tra le esigenze del corsista e quelle delle diverse

istanze sociali con cui si rapporta. Questo ruolo si declina, poi, in varie attività che

caratterizzano i diversi momenti dell’iter formativo, o anche l’intero percorso, in

particolare:

- la partecipazione alla progettazione del corso e alla predisposizione degli strumenti per

la didattica e la verifica dell’esperienza,

- l’insegnamento di nozione teoriche ed operative e l’attivazione di capacità relazionali,

durante la fase propedeutica,

- la conoscenza preliminare degli ambienti di lavoro, il sostegno degli allievi e il

confronto con il tutor aziendale, durante il periodo in situazione,

- la lettura delle dinamiche di contesto e la mediazione fra le diverse esigenze che vi

intervengono,

- il monitoraggio del percorso, anche per individuare e risolvere eventuali situazioni

problematiche,

- l’interazione con i vari soggetti che partecipano al percorso formativo e la

partecipazione ai vari momenti d’incontro e verifica.

Un altro elemento che emerge a partire dalla fase iniziale di osservazione è

l’importanza di far emergere la cosiddetta “contrattualità” dell’allievo, al fine di

responsabilizzarlo e coinvolgerlo nel proprio percorso, tramite una chiara presentazione

degli obiettivi formativi e la costante valutazione delle sue motivazioni ed attese.

Questa centralità della persona del corsista si riflette anche sul METODO

DIDATTICO, che inizia già a configurarsi a partire da questa fase: il setting

dell’apprendimento non è di tipo frontale, ma utilizza piuttosto tecniche di partecipazione

attiva degli allievi, strumenti che stimolano processi di riflessione, rielaborazione,

coinvolgimento personale, come vedremo meglio nella fase successiva. In particolare, la

libera espressione di pensieri, stati d’animo, impressioni personali degli allievi è

agevolata dall’adozione, da parte degli insegnanti del corso, di tecniche di conduzione

del gruppo non direttive e di strumenti didattici in grado di favorire la partecipazione di

ognuno all’esperienza formativa. In particolare, un elemento di tipo soggettivo tenuto in

considerazione durante tutto il corso è il livello di soddisfazione personale degli allievi,

pur trattandosi di un dato non sempre di facile lettura, specie in presenza di difficoltà di

elaborazione e comunicazione delle esperienze soggettive.

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La metodologia adottata nei corsi di formazione in situazione è, quindi, particolarmente

adatta a promuovere nel tempo dei processi di empowering53 attraverso cui gli allievi dei

corsi possono perseguire in modo più consapevole e duraturo dei risultati positivi di

autonomia e crescita personale.

Uno strumento valutativo utilizzato in questa fase preliminare è la SCHEDA DI

VERIFICA, relativa alle differenti aree indagate, i cui risultati sono analizzati dal gruppo

degli insegnanti, dall’assistente sociale e dal coordinatore del Centro di formazione

professionale, al fine di comporre una valutazione socio-educativa dell’allievo, della sua

personalità e capacità, utile per l’ammissione al corso e per il successivo confronto con i

referenti territoriali.

Già da questa fase del corso, gli INCONTRI fra gli operatori della formazione, le

famiglie ed i soggetti istituzionali che si occupano dei ragazzi a vario livello (educatori,

assistenti sociali, psicologi) permettono di individuare le prime ricadute dell’esperienza

formativa nei vari ambiti di vita degli allievi e gli strumenti più idonei a sostenere

dall’esterno l’impegno dei giovani durante l’iter corsuale54. Tali incontri rappresentano

l’espressione più immediata della filosofia di rete che sta alla base di questo modello

formativo e ne sostiene e realizza la progettualità.

3.3. LA FASE PROPEDEUTICA

Questo periodo formativo è suddiviso in attività teoriche ed attività pratiche di

laboratorio e si pone i seguenti obiettivi generali, tra loro collegati:

- prolungare il periodo di conoscenza della personalità e potenzialità degli allievi, con

particolare riguardo alle modalità di relazione e ad eventuali difficoltà di tipo psicologico

ad inserirsi in ambienti nuovi e strutturati secondo regole precise,

- sviluppare i livelli di autonomia dei corsisti, specie con riferimento all’utilizzo dei

mezzi di trasporto,

- sviluppare ed affinare la manualità, presupposto per ogni apprendimento pratico,

tramite esercitazioni collegate alla costruzione di oggetti in vari ambiti artigianali,

- fornire le nozioni teoriche, le competenze pratiche e relazionali, che costituiscono nel

loro insieme il profilo professionale che si andrà a consolidare nella fase in situazione,

53 Si tratta di un concetto tratto dalla psicologia che non ha un esatto corrispettivo in italiano, ma che può essere espresso con “dare potere, rendere protagonisti”, indicando il processo atto a promuovere la capacità della persona disabile di essere indipendente e autonomo nelle proprie scelte. 54 Possono essere opportuni, ad esempio, interventi per il tempo libero, ovvero un sostegno psicologico ulteriore per il ragazzo e la sua famiglia.

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- creare il necessario grado di consapevolezza circa il nuovo ruolo di lavoratori e le

funzioni che verranno svolte durante la fase in situazione,

- sollecitare o incrementare la motivazione al lavoro, l’autostima e il senso di sé.

I contenuti di questa fase sono connessi a quelli del periodo di osservazione e

anticipano quelli del periodo in situazione, facendo riferimento al profilo professionale

prescelto e alle abilità da sviluppare in ogni allievo. L’articolazione dei contenuti

riguarda l’ambito degli apprendimenti teorici e pratici e prevede le seguenti aree

tematiche: cognitiva, socioculturale, espressivo-relazionale, formativo-lavorativa, come

di seguito specificato.

Area socio-culturale: educazione civica, cultura generale, organizzazioni sociali, diritto,

storia, materie specifiche.

Area cognitiva: varie materie a seconda dei corsi (matematica, informatica, meccanica,

ecc.), tecniche professionalizzanti, materie specifiche.

Area espressivo-relazionale: linguistica, organizzazione e verifica delle attività corsuali,

interazioni e scambi con l’ambiente sociale circostante e più allargato, materie specifiche.

Area formativo-lavorativa: materie professionali, laboratori, conoscenza del mondo del

lavoro e dei suoi cicli produttivi. Quest’area avrà come naturale sviluppo il periodo di

formazione individuale in ambiente lavorativo.

Questa modalità di presentazione dei contenuti dell’apprendimento per ambiti e

temi, utilizzata durante le varie fasi del corso, risponde a varie esigenze, in particolare:

- facilita l’organizzazione dell’intervento formativo, permettendo integrazioni e

modifiche personalizzate, - favorisce la scansione del tempo e diminuisce nei corsisti

l’ansia determinata dall’incertezza del percorso, - collega momenti teorici a momenti

pratici ed ogni fase a quella successiva, sviluppando gradualmente la motivazione degli

allievi a sperimentare le proprie conoscenze cognitive ed abilità pratiche.

In questa fase emerge, infatti, un’altra caratteristica essenziale del metodo didattico

utilizzato, vale a dire la traduzione di ogni nozione teorica astratta in una serie di attività

pratiche, particolarmente adatta agli allievi dei corsi di formazione in situazione, che

presentano soglie abbastanza basse di attenzione e notevoli difficoltà di concentrazione.

Le attività teoriche prendono in genere avvio con una RIUNIONE in cui gli

insegnanti presentano agli allievi la scansione e la successione delle diverse attività

teoriche e pratiche e discutono con loro l’organizzazione della giornata, il lavoro svolto

in precedenza e gli eventuali problemi, sollevati dai ragazzi o individuati dai formatori

stessi, che possono riguardare la relazione all’interno del gruppo, il rispetto delle regole

ed altri temi ancora.

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Questo momento di incontro iniziale è importante per abituare gli allievi al rispetto dei

tempi e delle modalità corrette di intervento e di espressione verbale, inoltre, per

interessare ogni corsista a problemi che non lo coinvolgono come singolo, ma come

membro di un gruppo. Inoltre, anche in questo caso, l’anticipazione delle attività da

svolgere permette agli allievi di conoscere per tempo le successive proposte formative e

prepararsi a livello emotivo, oltre che cognitivo, alla novità.

Col tempo, la riunione quotidiana diviene, inoltre, il momento in cui i corsisti

comunicano al gruppo le esperienze significative, vissute anche al di fuori del contesto

formativo, permettendo così agli insegnanti di conoscere alcuni aspetti della vita

personale di ognuno.

Dopo questo momento preliminare gli allievi del corso si dedicano ad alcune

attività quotidiane, che hanno la funzione di abituarli ad una scansione organizzata del

tempo, tra cui: la firma del registro, l’aggiornamento del calendario, l’eventuale stesura

di un diario, con la sintesi di alcuni momenti.

In seguito, vengono effettuati alcuni esercizi di scolarità per il mantenimento ed il

rinforzo di nozioni ed abilità scolastiche, alla base di applicazioni pratiche, per esempio:

calcolo aritmetico elementare, con riferimento anche a situazioni concrete, quali la

gestione del denaro, esercizi di lettura e comprensione di testi, tra cui giornali e verbali di

riunioni, espressione verbale e scritta, favorita in particolare dall’elaborazione del diario

quotidiano. Gli insegnanti informano, inoltre, gli allievi su alcune tematiche inerenti le

realtà lavorative, in particolare: le modalità generiche di organizzazione e funzionamento

di un’azienda o di un esercizio commerciale, i differenti ruoli presenti in un ambiente di

lavoro e le loro principali funzioni.

Le attività di tipo pratico si svolgono per lo più nei laboratori ed hanno la

funzione generale di affinare le capacità logiche, manuali e anche la progettualità degli

allievi, in particolare tramite ESERCITAZIONI che possono anche non essere collegate

direttamente alle mansioni da svolgere durante la fase successiva.

Gli insegnanti delle due aree, teorica e pratico-addestrativa, si incontrano

periodicamente per valutare l’andamento del corso, riferendosi agli obiettivi generali e a

quelli specifici ed individuando le modalità didattiche e gli strumenti da utilizzare.

In questa fase, infatti, agli obiettivi generali per il gruppo classe si integrano gli obiettivi

formativi specifici per ogni allievo, in vista degli inserimenti nelle differenti realtà

lavorative. Gli ambiti cui fanno riferimento gli obiettivi specifici riguardano:

- le capacità manuali, tecniche, logico-aritmetiche e di comprensione ed elaborazione

linguistica,

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- il livello di autonomia personale, specie nella cura di sé e negli spostamenti,

- la competenza a livello relazionale,

- la conoscenza del mondo del lavoro, della sua organizzazione e delle sue regole e la

capacità di assumere comportamenti adeguati all’assunzione di un ruolo lavorativo.

In questa fase gli insegnanti sono impegnati anche all’esterno, per conoscere gli

ambienti lavorativi ove si svolgerà la fase successiva, al fine di individuare il contesto

più idoneo ad ogni allievo, sulla base dei seguenti aspetti principali: - le caratteristiche

psicologiche, competenze operative e relazionali, ma anche le difficoltà e i limiti di ogni

corsista, - dati di tipo pratico, quali la distanza dell’azienda dall’abitazione del ragazzo e

la fruibilità di mezzi di trasporto, - considerazioni inerenti la realtà lavorativa in generale

ed il settore specifico in particolare, quali l’elasticità dell’organizzazione del lavoro, le

caratteristiche relazionali del contesto sociale, il numero dei lavoratori all’interno del

reparto, i contatti con il pubblico, la presenza di un lavoratore disponibile a svolgere il

ruolo di tutor ecc. Queste informazioni favoriscono, tra l’altro, l’individuazione della

posizione lavorativa adatta ad ogni allievo e delle competenze cognitive, operative e

relazionali richieste, inoltre, la definizione degli obiettivi formativi per la fase in

situazione, contenute nel relativo progetto.

Gli strumenti utilizzati durante la fase propedeutica sono molto vari e facilitano, in

genere, quel continuo passaggio dalla teoria alla pratica che caratterizza la metodologia

didattica utilizzata, attraverso un uso integrato di lezioni, esercitazioni in aula e in

laboratorio, lavoro di gruppo, riunioni e dibattiti, simulazioni, visite esterne, ecc.

La scelta dello strumento più adatto dipende, infatti, dal tipo d’insegnamento proposto,

così mentre per nozioni prevalentemente teoriche si privilegia l’utilizzo di

rappresentazioni grafiche e di documentazione cartacea, per contenuti più pratici viene

preferito materiale di tipo operativo (dall’elenco degli abbonati Telecom alle buste da

lettera, ai moduli per le raccomandate, agli assegni e così via), oppure strumenti e

macchine da lavoro, che variano in relazione al profilo professionale da sviluppare.

Approfondiamo, in particolare, l’utilizzo di uno strumento molto semplice, IL

CARTELLONE, che offre molteplici opportunità a livello didattico, in quanto rappresenta,

da una parte, un’utile modalità di presentazione degli argomenti da parte degli insegnanti,

dall’altra, una possibilità per gli allievi di partecipare attivamente all’elaborazione dei

concetti e alla costruzione stessa del prodotto finale, utilizzando le proprie capacità

logiche, verbali e manuali.

Un altro strumento particolarmente utile durante la fase in aula è il DIARIO DI

CLASSE, che viene generalmente redatto da ogni corsista in relazione alle esperienze della

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giornata ed elaborato collettivamente all’interno gruppo. Le possibilità offerte da questo

strumento sono molteplici, in particolare: - permette di documentare il lavoro svolto a

partire da diverse prospettive, - offre la possibilità di riflettere sul significato

dell’appartenenza ad un gruppo e sulle mediazioni che ciò comporta per ogni individuo, -

insegna agli allievi ad accettare la valutazione del parere del gruppo e dell’insegnante, -

risponde all’esigenza di introdurre, nel percorso formativo, dei momenti di riflessione

sugli avvenimenti più significativi per ogni allievo e per il gruppo, - permette

all’insegnante di conoscere il livello di motivazione e soddisfazione soggettiva dei

corsisti, - favorisce, infine, il mantenimento ed il rafforzamento delle competenze scolari

di lettura e scrittura55.

A livello operativo, uno strumento particolarmente utile è il MANSIONARIO, che

prende in considerazione i vari compiti inerenti il profilo professionale oggetto

dell’apprendimento e i loro contenuti operativi, in modo da favorire:

l’individualizzazione dei percorsi formativi e la progressualità formativa, la costante

verifica del livello di apprendimento per ogni allievo e il successivo confronto con il dato

esperenziale, durante la fase in situazione, utile anche per apportare le necessarie

modifiche.

Una tecnica particolarmente interessante a livello operativo è quella della

SIMULAZIONE, che permette di riprodurre alcune situazioni lavorative reali, aiutando gli

allievi ad individuare le principali competenze richieste a livello pratico e relazionale, il

tipo di azioni da compiere e gli errori da evitare, così da prefigurare alcuni aspetti del

loro futuro impegno lavorativo, diminuendo in tal modo dubbi, perplessità e timori.

Per quanto riguarda l’aspetto valutativo, uno strumento utilizzato anche in questa

fase è la SCHEDA DI VERIFICA, compilata periodicamente dall’insegnante per monitorare il

percorso formativo, con riferimento all’ambito cognitivo, lavorativo e sociale

dell’apprendimento.

Inoltre, nel momento del passaggio alla fase in situazione, viene compilata dagli

insegnanti una SCHEDA VALUTATIVA SINTETICA, che rappresenta una sintesi

dell’osservazione fino a questo punto condotta sulle conoscenze, abilità manuali,

competenze operative e relazionali dei singoli allievi, evidenziando difficoltà e problemi

cui prestare particolare attenzione ed indicando le modalità di apprendimento e relazione

più adatte ad ognuno, da approfondire nei progetti individuali di stage.

55 Alcuni brani tratti dai diari individuali possono, inoltre, essere incollati su un unico foglio che viene, poi, appeso al muro, per ricordare alcuni momenti significativi del percorso formativo.

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In generale, per quanto riguarda le verifiche effettuate durante l’iter corsuale, una delle

principali finalità è l’individuazione della congruenza del percorso formativo e delle sue

diverse fasi sia agli obiettivi generali del corso, sia alle esigenze personali di ogni allievo.

3.4. LA FASE IN SITUAZIONE

La terza fase ha inizio circa cinque mesi dopo l’avvio del corso e si svolge, in

gran parte, presso le realtà lavorative prescelte, con un graduale spostamento dalla

dimensione dell’aula a quella lavorativa, dalla dimensione del gruppo a quella del

singolo. Si tratta del periodo centrale dell’intero corso di formazione in situazione, in

quanto rappresenta una sorta di conclusione del percorso formativo ed al contempo

l’eventuale inizio di un impegno lavorativo vero e proprio.

In questa fase è, inoltre, possibile verificare l’efficacia della metodologia e degli

strumenti adottati, al fine di predisporre eventuali cambiamenti ed integrazioni all’iter

formativo e alla strategia prescelta.

Gli obiettivi generali di questa fase fanno riferimento ai seguenti punti:

- graduale acquisizione, da parte degli allievi, della capacità di svolgere le mansioni

lavorative relative al profilo professionale acquisito nella fase propedeutica, rispettando i

tempi di produzione e le regole aziendali,

- idoneità a sviluppare delle corrette relazioni nel contesto lavorativo,

- generale maturazione della personalità e della consapevolezza del ruolo agito in

situazione.

Indichiamo di seguito gli ambiti operativi approfonditi, in generale, durante

questa fase del corso, con i rispettivi contenuti, che rappresentano il naturale sviluppo

delle tematiche affrontate in precedenza, sia a livello teorico che pratico.

Area socio-culturale: organizzazione aziendale, conoscenza e sperimentazione delle

regole dell’ambiente di lavoro, collocazione dell’azienda all’interno del comparto

produttivo di riferimento.

Area espressivo-relazionale: socializzazione con i colleghi, adeguatezza al ruolo

lavorativo, costanza dell’impegno nel tempo.

Area cognitiva: tecniche da utilizzare nello svolgimento delle mansioni inerenti il profilo

professionale da sviluppare.

Area formativo-lavorativa: in reparto, ufficio o altro luogo.

Le aziende pubbliche e private che accolgono gli allievi dei corsi, si

convenzionano con OPIMM, concordando i tempi, i contenuti e le modalità

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dell’intervento. L’azienda, tenendo conto degli orari di lavoro dei corsisti, dei reparti in

cui sono inseriti e delle operazioni che svolgono, può mettere a loro disposizione il

servizio mensa, degli armadietti per contenere abiti ed effetti personali nonché tute o abiti

da lavoro. Nella maggior parte dei casi, i giovani allievi raggiungono i luoghi di lavoro

autonomamente56 e hanno l’obbligo di documentare l’entrata e l’uscita, apponendo la

firma su un apposito registro fornito dal Centro di formazione, oppure timbrando il

cartellino, predisposto appositamente dall’azienda.

Le realtà lavorative vengono coinvolte attivamente nello svolgimento della fase in

situazione, in quanto, a seguito dell’accordo iniziale, si impegnano a:

- individuare mansioni adeguate al profilo professionale sviluppato dall’allievo;

- favorire percorsi di apprendimento delle suddette mansioni,

- individuare un lavoratore referente per il ruolo di tutor,

- partecipare a momenti di incontro e verifica, al fine di monitorare il periodo in

situazione ed apportarvi le necessarie modifiche.

Gli inserimenti nei vari contesti lavorativi avvengono in modo dilazionato nel

tempo per permettere agli insegnanti di partecipare, per ogni allievo, alla fase iniziale.

Dopo un primo periodo, utile per conoscere maggiormente le risorse ed opportunità

formative offerte dall’azienda, gli insegnanti redigono il progetto individuale di stage,

che definisce, tra l’altro, gli obiettivi formativi ed i ruoli dei diversi soggetti coinvolti in

questa fase.

Vediamo, a questo proposito, come i vari documenti che prefigurano ed accompagnano

l’implementazione degli interventi sono tra loro interconnessi, individuando,

nell’insieme, l’andamento del corso e focalizzando, per ogni allievo, il percorso

formativo più idoneo, in quell’alternanza fra generale ed individuale che attraversa tutta

l’esperienza della formazione in situazione.

Un giorno la settimana, in genere il venerdì, gli allievi si ritrovano nel gruppo

iniziale, all’interno delle aule e dei laboratori della fase propedeutica, al fine di:

- socializzare e rielaborare le esperienze, tramite l’utilizzo di vari strumenti espressivi,

- apprendere e consolidare le competenze acquisite, con l’ausilio di esercitazioni, anche

in considerazione delle sollecitazioni provenienti dall’impegno lavorativo.

Durante la prima parte della giornata gli allievi vengono invitati dagli insegnanti a

raccontare le proprie esperienze, per condividere con altri che vivono la stessa situazione

56 A tal fine, si cerca di tenere in considerazione anche la distanza del luogo di lavoro dall’abitazione del corsista, ai fini di un miglior abbinamento allievo-azienda. In ogni caso, per chi non è in grado di raggiungere autonomamente il luogo di lavoro, viene attuato un accompagnamento educativo personalizzato, finalizzato ad una graduale autonomia.

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insicurezze e difficoltà, trovando nel gruppo stesso elementi di conforto e rassicurazione.

In questo contesto è, inoltre, possibile per i formatori evidenziare i nodi problematici e le

criticità che caratterizzano l’esperienza degli allievi, anche quando non trovano una piena

e consapevole espressione verbale. La seconda parte della mattina viene, invece,

strutturata in base ad esigenze contingenti e personali di recupero e rinforzo di nozioni

tecniche e modalità operative necessarie per lo svolgimento delle diverse mansioni. Due

strumenti particolarmente utili durante questa fase di rientro sono: il diario, in cui i

ragazzi annotano quotidianamente gli avvenimenti e le impressioni relative alla fase in

situazione, il cartellone, utile per ripassare nozioni e concetti.

Per quanto riguarda i soggetti che svolgono un ruolo primario durante questo

periodo, l’avvicendamento tra la fase in aula e quella in situazione permette agli allievi di

considerare la differenza tra il ruolo dell’insegnante del corso, che attiva processi di

apprendimento diretti, e quello del tutor aziendale, che verifica le conoscenze acquisite e

favorisce il loro consolidamento in ambito operativo.

Il tutor57 è un lavoratore della realtà che ospita il corsista, designato dall’azienda per

svolgere i seguenti compiti, concordati con il Centro di formazione: - stimolare

l’espressione delle abilità lavorative dell’allievo, - istruirlo e controllarlo circa

l’esecuzione delle mansioni, commissionandogli ogni giorno il lavoro da svolgere,

- rispondere a dubbi, richieste di aiuto e di chiarimento, confrontandosi costantemente

con l’insegnante, - infine, porsi come tramite per una prima socializzazione del giovane

all’interno del contesto lavorativo.

I docenti del centro rimangono, comunque, il principale riferimento degli allievi anche

durante questa fase, intervenendo nell’esperienza formativa a vari livelli, in particolare:

- favoriscono l’integrazione dei corsisti nell’ambiente lavorativo, considerando i vari

aspetti sia operativi che relazionali, - aiutano a consolidare e precisare i profili

professionali, anche sulla base dei dati emersi dalle schede di verifica predisposte

periodicamente, - intervengono per sostenere, rassicurare, stimolare il corsista,

stimolando confidenze ed impressioni personali, - mediano fra gli obiettivi formativi, le

esigenze personali dell’allievo e quelle presenti all’interno della realtà lavorativa,

- forniscono al tutor i dati tecnici sul lavoro svolto in aula, informazioni sulle

caratteristiche del corsista e le modalità migliori per relazionarsi a lui, - garantiscono al

tutor sostegno in caso di difficoltà, evidenziando il raccordo fra le due istanze educative,

57 A livello formativo, il concetto di tutor perde l’accezione di tutela, nel senso di custodia di una persona debole, da guidare in modo unilaterale, per mantenere, invece, un senso d’intermediazione tra l’individuo e l’ambiente, seppur finalizzata ad una crescita del livello di autonomia della persona disabile.

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- si confrontano con il tutor e gli altri soggetti per farli sentire parte attiva di un progetto

di promozione sociale e monitorare costantemente l’esperienza formativa.

La fase in situazione è caratterizzata da una serie di INCONTRI E VERIFICHE,

descritte di seguito, che permettono, appunto, di predisporre e monitorare questo

importante periodo, apportando ogni modifica e correttivo utile per favorire tanto un

fattivo inserimento dell’allievo nella realtà lavorativa quanto un’esperienza positiva da

parte azienda.

Dopo il primo incontro ufficiale, durante cui il coordinatore dei corsi illustra il

progetto formativo e gli strumenti amministrativi, in particolare la convenzione, ad un

responsabile aziendale, un secondo incontro coinvolge anche i responsabili dei reparti

che ospiteranno i corsisti, al fine di individuare le competenze necessarie per svolgere le

mansioni previste e la figura del tutor aziendale. Segue, quindi, il momento di

presentazione dell’allievo ai referenti aziendali (direzione, caporeparto, tutor) che

saranno poi informati dagli insegnanti, in un incontro successivo, riguardo alle

caratteristiche psicologiche e competenze cognitive del giovane che hanno conosciuto.

Un elemento metodologico essenziale durante questi incontri preparatori è

rappresentato dall’APPROCCIO DI TIPO NEGOZIALE, utile per favorire l’opportuna

mediazione fra le esigenze dei diversi soggetti coinvolti nell’esperienza formativa e

stimolare l’assunzione, da parte di ognuno, di un ruolo attivo.

Questo delicato lavoro di mediazione viene condotto dall’insegnante stesso, che conosce

in modo approfondito tanto gli obiettivi del percorso formativo, quanto le caratteristiche

degli allievi e possiede, inoltre, una buona conoscenza del mondo del lavoro, dei suoi

diversi settori e delle loro specifiche esigenze.

Altri incontri importanti durante questa fase sono quelli, a cadenza settimanale,

fra il tutor e l’insegnante, che osservano insieme l’allievo, ne verificano i progressi e le

eventuali difficoltà e si accordano sulla tipologia, la quantità e i ritmi del lavoro da

proporgli, basandosi sia su questi momenti di confronto, sia sulle SCHEDE DI AUTONOMIA-

SOCIALIZZAZIONE-LAVORO. Si tratta di strumenti di verifica di tipo tecnico, compilate

circa ogni due mesi, per valutare in particolare: il grado d’acquisizione delle competenze

lavorative da parte dell’allievo e la sua capacità d’adattamento ai ritmi, alle regole e al

contesto relazionale del reparto in cui è inserito.

Il tutor s’impegna, inoltre, a compilare periodicamente una SCHEDA DI RILEVAZIONE DATI,

composta da una serie di domande a risposta chiusa inerenti i livelli d’autonomia e le

capacità lavorative e relazionali degli allievi, che favoriscono una lettura rapida e

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sintetica della situazione, permettendo agli insegnanti di monitorare l’andamento

dell’esperienza nel breve periodo e di intervenire in caso di necessità.

Gli incontri periodici tra gli insegnanti e i referenti aziendali favoriscono, invece,

una valutazione più generale della fase in situazione, a partire dai contenuti del progetto

individuale di stage e con l’ausilio di una SCHEDA-VERBALE per punti, che permette di

verificare l’andamento del corso e le modalità formative adottate, con riguardo agli

obiettivi generali e a quelli specifici, considerando la prospettiva del Centro di

formazione e quella dell’azienda.

In generale, questi incontri rappresentano un’opportunità per coinvolgere nel percorso

formativo risorse, competenze e conoscenze ulteriori rispetto a quelle del Centro.

Periodicamente, il gruppo degli insegnanti divisi per indirizzo ed il coordinatore

di OPIMM58 si riuniscono per valutare l’andamento dell’esperienza, relativamente ad

ogni singolo allievo.

In particolare, a preparazione dell’incontro che si svolge al termine del primo anno, con

le famiglie ed i referenti territoriali, gli insegnanti redigono una SCHEDA VALUTATIVA

SINTETICA, che utilizza lo stesso schema dello scheda-verbale, per verificare la

corrispondenza tra gli obiettivi generali del progetto operativo ed i risultati effettivamente

raggiunti, con riferimento alle abilità tecniche e competenze sociali sviluppate dagli

allievi. La valutazione tiene anche conto dei risultati osservati in prima persona

dall’insegnante e delle opinioni dei soggetti che hanno un ruolo di responsabilità rispetto

all’allievo, in particolare il caporeparto ed il tutor.

Relativamente agli elementi più soggettivi del percorso formativo, notiamo che

anche in questa fase il diario predisposto da ogni allievo esprime la sua duplice valenza

di documentazione dell’esperienza, anche nei suoi aspetti più personali e meno visibili e

di ulteriore verifica sull’andamento della stessa, con particolare riguardo agli aspetti

psicologici.

Gli allievi sono, inoltre, invitati a compilare una SCHEDA AUTOVALUTATIVA, per riflettere

sulla propria esperienza lavorativa e relazionale e trasferirla al gruppo, dando la

possibilità agli insegnanti di verificare se vi sono delle discrepanze fra i vissuti

individuali e l’esperienza concreta, osservata direttamente o riferita dal tutor.

I vari momenti e strumenti di verifica nel loro insieme, unitamente alle

considerazioni che emergono durante il rientro in aula, identificano per ogni corsista il

grado d’inserimento in ciascun reparto e realtà aziendale e il livello lavorativo raggiunto,

58 Si aggiunge anche l’assistente sociale, in quelle situazioni che richiedono uno specifico accompagnamento educativo.

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sia sotto un profilo qualitativo sia come resa produttiva, tenendo presente anche il

mansionario ed il progetto individuale di stage.

Sulla base dei risultati via via emersi durante le verifiche possono essere apportate

alcune modifiche nell’organizzazione della fase in situazione, con particolare riferimento

all’orario di lavoro, alle mansioni, al reparto, alla figura del tutor, al contesto lavorativo

ed anche, nel rispetto dei vincoli burocratico-amministrativi, alla frequenza del corso59.

Si tratta ancora una volta di cogliere il nesso fondamentale fra le finalità generali del

corso, da una parte, e le esigenze peculiari di ogni singolo corsista, all’interno di un

percorso flessibile e personalizzato.

3.5. CONCLUSIONE E VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA

In questa fase di conclusione del corso, gli insegnanti predispongono per ogni

allievo un RAPPORTO DESCRITTIVO FINALE, che valuta il livello di apprendimento

raggiunto, presenta alcune considerazioni finali e possibili prospettive future.

La parte valutativa si sviluppa attraverso una scheda per punti, in cui vengono considerati

i risultati conseguiti durante il percorso formativo, con riferimento, tra l’altro, ai seguenti

elementi: il livello di autonomia acquisito, le conoscenze tecniche ed operative apprese,

lo svolgimento delle mansioni inerenti il profilo professionale sviluppato durante il corso,

le competenze sociali e relazionali maturate, l’assunzione di un ruolo lavorativo, il grado

di integrazione sociale raggiunto. In base alla considerazione di questi aspetti è possibile,

tra l’altro, identificare le possibilità per il giovane di inserirsi in aziende e settori simili a

quelli dove ha svolto il periodo in situazione, così come nel mondo del lavoro più in

generale.

Questo rapporto conclusivo, unitamente alle schede di verifica predisposte

periodicamente dagli insegnanti e agli altri documenti di tipo valutativo, permettono, da

una parte, di documentare l’intera attività corsuale, con particolare attenzione al livello

d’integrazione tra le dimensioni tecnico-professionali e quelle socio-culturali

dell’apprendimento, dall’altra, di focalizzare i contenuti e le modalità formative utilizzate

nelle varie fasi, individuando gli elementi che hanno facilitato o, al contrario, reso

difficoltoso l’apprendimento in aula e il seguente periodo in situazione.

59 Può, infatti, capitare che, a seguito di una serie di problemi emersi durante il percorso formativo, sia preferibile indirizzare un allievo verso un’altra tipologia formativa, più corrispondente alle sue attitudini, ovvero suggerire l’inserimento, anche solo momentaneo, in un ambiente più protetto. Può anche capitare l’inverso, cioè che un giovane particolarmente capace e veloce nell’apprendimento venga proposto per un effettivo inserimento lavorativo, già a partire dal primo anno.

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Vi sono anche strumenti che permettono una valutazione eminentemente

qualitativa dell’esperienza formativa, in particolare: l’ALBUM predisposto dagli allievi,

che contiene il racconto del corso e le impressioni personali di ognuno, il REPORTAGE

FOTOGRAFICO e le RIPRESE VIDEO, che documentano alcuni momenti particolarmente

interessanti e significativi, con immediatezza visiva.

Al termine del corso si tiene un incontro con i familiari e i referenti territoriali per

festeggiare la conclusione del percorso formativo e consegnare ad ogni allievo un

attestato di frequenza e la DICHIARAZIONE DI COMPETENZE, redatta dagli insegnanti, che

fa riferimento al profilo professionale d’indirizzo, alle mansioni svolte durante la fase in

situazione e alle competenze acquisite.

La valutazione complessiva del corso di formazione in situazione, che emerge

dall’insieme degli incontri e verifiche effettuate durante l’intero percorso, è

particolarmente utile al fine di:

- introdurre le necessarie modifiche all’iter corsuale, alla metodologia e agli strumenti

adottati,

- trasferire le informazioni più interessanti relative al corso ai diversi soggetti coinvolti o

comunque interessati a quest’esperienza formativa,

- elaborare modelli operativi e metodologici, inerenti tale tipologia corsuale, da inserire

in circuiti informativi e formativi, attivati anche da OPIMM,

- considerare le ricadute culturali e sociali del processo formativo, attivando percorsi di

sensibilizzazione sulle tematiche della disabilità,

- stimolare confronti e verifiche che coinvolgono soggetti del settore pubblico, del

mondo del lavoro, del privato sociale e della società civile.

A conclusione di questa descrizione è possibile rilevare come la metodologia sin

qui descritta, adottata nei corsi di formazione in situazione organizzati da OPIMM, sia

contraddistinta da caratteri di gradualità, multidimensionalità, flessibilità e

individualizzazione. Questi due ultimi aspetti, in particolare, rappresentano una sorta di

filo conduttore fra le diverse fasi del percorso formativo, un trait d’union tra gli obiettivi

generali e quelli specifici ed un importante riferimento nella scelta dei vari strumenti e

tecniche utilizzate. Siamo, quindi, in presenza di due opzioni di fondo, che si collegano

direttamente alle finalità della formazione in situazione, espresse a livello programmatico

e progettuale, e individuano le peculiarità di questa tipologia corsuale, caratterizzata da

un approccio dinamico al sistema di relazioni soggetto-ambiente, come vedremo meglio

nel capitolo seguente.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO ULTERIORI PERCORSI DI FORMAZIONE IN SITUAZIONE

Di seguito, sono brevemente descritte le esperienze di formazione in situazione utilizzate

per sviluppare le considerazioni metodologiche contenute in questo capitolo.

Per ogni corso elencato sono focalizzate solo alcune peculiarità, in quanto sia

l’articolazione generale sia la metodologia e gli strumenti utilizzati sono già stati

ampiamente descritti in precedenza. Al percorso formativo sviluppato in collaborazione

con la Scuola superiore viene dedicato un po’ più di spazio, considerata la sua

peculiarità nell’ambito della formazione in situazione.

L’ESPERIENZA NEL SETTORE IMPIEGATIZIO PER IL BIENNIO 1992/94 - Questa esperienza di

formazione in situazione prevedeva cinque mesi di frequenza in aula, con l’obiettivo

specifico di accrescere le autonomie e le competenze di ciascuno e favorire il positivo

inserimento in una situazione lavorativa, genericamente definita “impiegatizia”. I

percorsi formativi individuati erano rivolti a sviluppare le competenze degli allievi nelle

seguenti quattro aree:

- area linguistica, per aumentare la capacità di comunicazione in contesti articolati e

complessi;

- area culturale, volta a sviluppare nei ragazzi la coscienza di sé quali cittadini

lavoratori;

- area informatica, con lo scopo di familiarizzare i ragazzi con i più semplici strumenti

informatici;

- area funzionale, per sviluppare le abilità legate alla manualità fine.

L’ESPERIENZA NEI COMPARTI MECCANICO E IMPIEGATIZIO PER IL BIENNIO 1993/95 - Questa

esperienza prevedeva una formazione specifica nel comparto meccanico e impiegatizio,

con una durata complessiva di 1.800 ore, di cui 600 di formazione in aula e 1200 in

situazione, in base all’usuale ripartizione di 2/3 del corso dedicati alla formazione

individuale in ambiente lavorativo e la parte restante alla fase propedeutica. Si tratta

della prima esperienza di formazione in situazione che prevede l’apprendimento di

competenze professionali in ambiti differenti, aumentando così la possibilità di

personalizzare i percorsi, sulla base delle diverse attitudini degli allievi.

I due differenti indirizzi, meccanico e impiegatizio, hanno richiesto una differente

articolazione dell’apprendimento in aula per quanto riguarda le aree cognitiva e

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formativo-lavorativa, mentre l’insegnamento relativo agli ambiti socio-culturale e

espressivo-relazionale è stato invece lo stesso.

LA FORMAZIONE IN SITUAZIONE NELLA SCUOLA SUPERIORE: L’ESPERIENZA DELLE

SCUOLE RUBBIANI PER IL BIENNIO 1995/97 – Questa tipologia di formazione in situazione

evidenzia, meglio di altre, la caratteristica di questo modello formativo, in particolare, di

porsi come “ponte” fra il mondo della scuola ed il mondo del lavoro, soprattutto per

quei giovani che avrebbero difficoltà ad effettuare in autonomia tale passaggio.

Le finalità di questa tipologia corsuale è di favorire lo sviluppo globale della

persona e l’acquisizione di un’identità positiva e di un ruolo attivo, agito in questo caso

in due contesti sociali significativi: la scuola superiore ed il mondo del lavoro.

La collaborazione fra gli insegnanti della scuola e quelli della formazione

permette, infatti, di sviluppare un programma che, oltre a formare l’allievo con

riferimento ad un determinato profilo professionale, ne favorisce al contempo lo sviluppo

culturale generale e la crescita a livello relazionale.

In genere, la scuola mette a disposizione i propri spazi interni, la collaborazione

dei docenti curriculari e quella degli insegnanti di sostegno, in ragione del numero degli

allievi. Il gruppo di lavoro, formato dal personale del Centro di formazione e

dell’Istituto superiore, concorda con il preside della scuola la classe o le classi in cui

sono inseriti gli allievi del corso, per un certo numero di ore e con riferimento ad alcune

materie60.

Il percorso formativo che descriviamo in queste pagine è stato ospitato per la

prima fase in aula dalle Scuole Rubbiani, che ospiteranno anche un altro corso di questo

tipo. Prima dell’inizio del biennio formativo, gli allievi del corso si sono riuniti con i

nuovi insegnanti per cinque mattinate, al fine di effettuare una prima conoscenza

reciproca, esprimere le proprie competenze e confermare l’idoneità di ognuno al

percorso formativo proposto. In seguito, un primo modulo di circa quattro mesi è stato

interamente dedicato al lavoro in aula, con l’obiettivo prioritario di familiarizzare gli

allievi alle tematiche e ai problemi del mondo del lavoro e favorire l’acquisizione di

conoscenze teoriche, pratiche e delle competenze relazionali necessarie per acquisire i

profili professionali sviluppati nell’ambito del corso ed inerenti il settore terziario-

industriale, comparto impiegatizio, ovvero: addetto alla segreteria, aiuto archivista,

usciere, operatore informatico tastierista. Il programma di questa prima fase interna

60 I corsisti risultano, così, iscritti contemporaneamente alla scuola superiore e al corso di formazione in situazione.

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alla scuola ha previsto momenti di apprendimento di tipo generale, con la

partecipazione alle attività di una classe, e momenti di formazione professionale

specifica, da sviluppare all’interno di un gruppo ristretto, formato dai soli allievi della

formazione in situazione. Nel primo caso la titolarità dell’insegnamento era del docente

curricolare, con l’appoggio dell’insegnante di sostegno o del formatore, nel secondo

caso erano, invece, gli insegnanti della formazione a sviluppare ognuno l’area di

propria competenza.

Un secondo modulo di circa otto mesi prevedeva una diminuzione dell’impegno in

aula per dar spazio all’avvio della fase in situazione, mentre durante il terzo ed ultimo

modulo del biennio, di circa otto mesi, la permanenza nelle diverse realtà lavorative è

aumentata gradualmente, sia a livello giornaliero che settimanale, fino ad arrivare ad un

rientro in aula pari a sole cinque ore settimanali o quindicinali.

Questi corsi di formazione in situazione integrati con la Scuola superiore

rappresentano un’opportunità ulteriore di connettere i diversi ambiti di vita, crescita e

socializzazione in cui si costruisce e definisce l’identità del giovane.

UNA FORMAZIONE POLIVALENTE IN COLLABORAZIONE CON L’OPERA MADONNA DEL

LAVORO PER IL BIENNIO 1998/2000 – Durante questo corso si attiva nuovamente la

collaborazione con il Centro di formazione professionale OMAL di Bologna, che mette a

disposizione del percorso formativo spazi e competenze tecniche, collegate in particolare

allo sviluppo di professionalità nel campo della ristorazione, cui fa riferimento uno degli

indirizzi proposti nell’ambito dell’esperienza formativa. Avendo già descritto questa

tipologia di formazione in situazione polivalente nel secondo capitolo, riportiamo di

seguito dei brevi commenti di alcuni allievi del biennio formativo 1998/2000.

“Siamo un gruppo di 11 allievi che, usciti due anni fa dalla scuola Media, hanno

scelto di iscriversi ad un Corso di Formazione in Situazione dell’OPIMM, finanziato

dalla Provincia di Bologna presso la Fondazione Aldini Valeriani di via Bassanelli n. 9.

Ci siamo iscritti a questo corso per imparare un mestiere e quindi il nostro percorso

Formativo-Educativo è stato più pratico che teorico e rivolto al <Mondo del Lavoro>.

Questo corso è durato due anni ed era composto da una parte in Aula della durata di sei

mesi e da un periodo di un anno e mezzo circa trascorso in Stage presso le Aziende che

hanno dato la loro disponibilità a questo <Progetto>. Tutti e 11 arrivavamo … in Stage

autonomamente: alcuni di noi con l’autobus, altri con il motorino. Quelli che venivano

da lontano usavano anche la corriera e il treno. …Il primo anno siamo rimasti in Aula

per sei mesi per imparare ad avere sia un comportamento corretto a seconda delle

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situazioni, che alcune tecniche di lavoro insegnate nei vari Laboratori. Per esempio nel

primo anno ci hanno insegnato parecchie cose e regole di comportamento … Si parla

uno alla volta, ci si ascolta … Si impara come ci si comporta a lavorare, come si fa a

chiedere più volte spiegazioni anziché sbagliare.

Nel laboratori abbiamo imparato a conoscere gli strumenti, attrezzi e materiali

diversi fra di loro che ci hanno dato capacità utili e spendibili in vari settori lavorativi.

… ……Nel maggio 1999 sono cominciati i nostri Stage Formativi e ognuno di noi è

andato a lavorare presso un’Azienda dal lunedì al giovedì per un massimo di quattro ore

al giorno. Il venerdì c’era il rientro in Aula alla Fondazione, dalle ore 9 alle ore 13 con

gli insegnanti …dove parlavamo soprattutto dei nostri Stage e dei problemi che

avevamo, sia nel lavoro che nei rapporti con i colleghi o di qualsiasi nostra paura o

incertezza. …

Il secondo anno del corso si è praticamente quasi tutto svolto in Stage Formativo

tranne per il rientro in Aula alla Fondazione, il venerdì dalle ore 9 alle ore 13 con gli

insegnanti. Nella prima parte della mattinata del rientro discutevamo tutti insieme di

argomenti vari, soprattutto di quelli relativi al lavoro e nella seconda parte ci

dividevamo in gruppi per lavorare in Meccanica-Montaggio e al Computer-Segreteria.

Verso Marzo abbiamo cominciato la rielaborazione di tutta la nostra esperienza di

questi due anni passati insieme … Alcuni di noi hanno cambiato stage o perché gli

accordi presi erano solo per qualche mese o per problemi insorti durante l’esperienza

che riguardano soprattutto la difficoltà nell’eseguire certe mansioni”.

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4. IL CONTESTO LAVORATIVO COME AMBIENTE FORMATIVO

Dopo aver considerato la formazione in situazione sotto varie prospettive, focalizziamo

ora l’attenzione sullo specifico di questa modalità formativa, cioè il lungo periodo di

formazione individuale in ambiente lavorativo.

4.1. L’AMBIENTE DELLA FASE IN SITUAZIONE: L’AZIENDA.

Come già accennato, la formazione in situazione deriva il suo nome e la sua

originalità proprio dall’importanza attribuita al CONTESTO PECULIARE in cui tale percorso

formativo si sviluppa. Gli allievi di tale tipologia formativa sono, infatti, introdotti

gradualmente in un ambiente lavorativo reale, ove continuano l’iter formativo,

sperimentando concretamente ed individualmente tempi, regole e relazioni, inerenti un

ruolo lavorativo che stimola la crescita della persona nel suo complesso.

Il percorso formativo si sviluppa, quindi, all’interno di un setting concreto, che propone

situazioni e problemi presenti anche in altri contesti lavorativi, aiutando l’allievo ad

elaborare risposte e sviluppare comportamenti adeguati alla realtà del mondo del lavoro

in senso lato61. Il corsista sviluppa, tra l’altro, la capacità critica, di riflessione e

correzione degli errori, utili per un apprendimento non solo meccanico, così accanto a un

sapere di tipo nozionistico ed operativo, il giovane acquisisce, nel tempo, un saper essere

esperito direttamente in una situazione reale e confermato dal confronto costante con gli

operatori.

Inoltre, l’ambiente che ospita la fase in situazione permette di valorizzare gli aspetti

integrativi della formazione, aiutando l’allievo a sviluppare modalità relazionali che

favoriscono un suo positivo inserimento non solo nel contesto formativo, ma nella realtà

sociale più ampia.

L’ambiente in cui si sviluppa la formazione in situazione ha quindi, in generale,

una DUPLICE VALENZA: di luogo in cui consolidare conoscenze tecnico-operative e di

realtà ove sperimentare comportamenti e relazioni, inerenti il ruolo adulto di lavoratore.

Vediamo, quindi, che la realtà lavorativa agisce come stimolo per uno sviluppo che

riguarda la persona nella sua interezza, differenziandosi così dalla situazione di

61 E’ interessante la lettura del testo: Savio.Corso di formazione professionale per handicappati.Un’esperienza in fabbrica, Pordenone, 1983, in cui viene riportata un’esperienza di inserimento lavorativo a partire dal punto di vista dell’azienda, la Savio, una società del gruppo ENI di Pordenone, in collaborazione con l’Istituto Regionale per la formazione professionale ed il Consorzio Provinciale per l’Assistenza Specializzata di Pordenone.

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laboratorio, in cui le persone acquisiscono e sperimentano abilità in un contesto limitato,

con scarse possibilità di apertura all’esterno62.

Il contesto lavorativo offre, infatti, l’opportunità di acquisire un’identità che è vissuta dal

giovane disabile come simile a quella dei coetanei impegnati nella scuola o nel lavoro, in

situazioni “non protette”, e questo è particolarmente importante per ragazzi che

presentano delle difficoltà non sempre evidenti a livello esteriore.

Si viene così a creare quel “ponte” a livello formativo che permette al giovane di

superare, a poco a poco, il periodo critico che separa il termine del percorso scolastico da

un futuro molto incerto e spesso temuto, per poterlo affrontare con gli strumenti pratici,

espressivi e relazionali più adeguati.

A tal fine, appare evidente l’importanza di tener presenti i VARI ASPETTI che

caratterizzano l’ambiente ove si sviluppa il periodo in situazione, per evitare il rischio di

insuccessi tali da imprimere un brusco arresto al processo di autonomia e crescita già

avviato durante la fase propedeutica del corso. All’interno dell’ambiente lavorativo si

intrecciano, infatti, elementi spaziali, funzionali, culturali e sociali.

L’ambiente della formazione in situazione ha, innanzitutto, una propria DIMENSIONE

SPAZIALE, che si esprime, tra l’altro, nei confini che lo delimitano, nella posizione che

occupa all’interno del territorio di riferimento, nella disposizione dei vari elementi fisici e

strutturali che lo compongono, da cui deriva la suddivisione e permeabilità dei diversi

ambiti e comparti, in considerazione della funzionalità di ogni elemento e dell’intero

insieme.

Per quanto riguarda la DIMENSIONE SOCIALE E CULTURALE, essa fa riferimento alle

relazioni, comportamenti, atteggiamenti, valori che contraddistinguono l’ambiente

lavorativo, con particolare riguardo alla dimensione della diversità, spesso affrontata

attraverso immagini stereotipate e pregiudizi conoscitivi. Uno degli aspetti maggiormente

considerati a questo proposito è il grado di accettazione del disagio espresso dalle

persone disabili a livello personale e lavorativo, valutato attraverso lo strumento del

differenziale semantico63.

La multidimensionalità della variabile ambientale richiede, quindi, un’attenzione

costante ai vari elementi che caratterizzano le realtà lavorative che ospitano i tirocini, ad

ogni significativo mutamento che può verificarsi e alle conseguenze sui giovani in

formazione. A questo proposito, appare centrale la ricognizione preliminare e il

62 Sulla differenza fra i diversi ambienti formativi, cfr. la scheda conclusiva. 63 Cfr. paragrafo 2.1.

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monitoraggio continuo dei vari aspetti che caratterizzano i diversi contesti lavorativi,

effettuati dagli insegnanti durante la fase in situazione.

4.2. L’INTERAZIONE FRA IL PROCESSO FORMATIVO E L’AMBIENTE

L’interazione fra formazione in situazione e ambiente si esprime come

un’INFLUENZA RECIPROCA, all’interno di un processo circolare che interessa le varie fasi e

i diversi elementi dell’iter corsuale e rappresenta l’aspetto dinamico dell’intero sistema.

Infatti, se per certi aspetti gli elementi fisici e relazionali del contesto lavorativo

influenzano il processo formativo e ne condizionano l’esito, nello stesso tempo, la

presenza di una proposta formativa e dei soggetti che la esprimono apporta dei

cambiamenti nella realtà lavorativa stessa. Soffermiamoci, di seguito, su due particolari

aspetti di questo condizionamento reciproco fra soggetto, proposta formativa e ambiente

lavorativo.

Innanzitutto, con riferimento agli aspetti fisici ed organizzativi, vediamo come

questa influenza si esprime nel reciproco adattamento fra le esigenze dell’allievo e quelle

dell’azienda, in vista di un miglior svolgimento dell’esperienza formativa. La realtà

lavorativa si presta, quindi, a piccole modifiche in base alle esigenze individuali di ogni

corsista, cambiando, ad esempio, il settore oppure la posizione in cui è impegnato

l’allievo, oppure le mansioni che gli sono attribuite e così via.

Nello stesso tempo, i cambiamenti nell’organizzazione dell’azienda richiedono un

adattamento dell’allievo, alla nuova situazione, che può comportare, ad esempio, delle

modifiche a livello dei macchinari o delle procedure di lavorazione, sino ad una

variazione nel personale.

Per quanto riguarda, invece, gli aspetti relazionali, se da una parte il corsista

modifica gradualmente le proprie modalità di interagire e confrontarsi con gli altri

all’interno di un contesto organizzato, dall’altra, è importante che nell’ambiente

lavorativo si sviluppino atteggiamenti e comportamenti idonei a promuovere le risorse

dell’allievo, anche per quanto riguarda la sua capacità di comunicare con gli altri.

Si verifica, infatti, che dove prevalgono visioni ottimistiche, collegate alle potenzialità di

cambiamento del giovane disabile, si attivano più facilmente nel corsista dei

comportamenti collaborativi rispetto ad un progetto formativo di tipo promozionale.

Nello stesso modo, un ambiente in cui sono presenti soprattutto pregiudizi, riferiti alla

dimensione della diversità, esprime più facilmente atteggiamenti e comportamenti rigidi

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e ripetitivi verso l’allievo del corso, privando le relazioni della necessaria autenticità e

limitando lo sviluppo delle capacità individuali.

Le figure che incentivano e facilitano l’incontro e la conoscenza fra il soggetto in

formazione, con le sue esigenze e l’ambiente di lavoro, con le sue caratteristiche

specifiche, sono l’insegnante della formazione ed il tutor aziendale64.

E’ ormai convinzione comune di chi opera nei servizi di mediazione al lavoro per

soggetti svantaggiati che abilità/disabilità lavorative siano funzioni variabili del rapporto

intercorrente tra caratteristiche soggettive e aspetti presenti nel contesto lavorativo, in

quell’implicazione reciproca fra persona e ambiente che rappresenta un criterio

importante da tener presente a livello progettuale ed operativo.

In particolare, la dimensione psicosociale e culturale hanno un’importanza centrale ai fini

di una positiva integrazione del giovane in formazione, in quanto solo relazioni dotate di

reciprocità comunicativa ed una conoscenza non mediata da preconcetti favoriscono

processi di identificazione e appartenenza rispetto alla realtà lavorativa e di empowering

personale e sociale.

E’, quindi, necessario che si sviluppi sempre più all’interno dell’ambiente di lavoro

un’attitudine psicologica a confrontarsi con la diversità espressa dalle persone disabili

senza, al contempo, costruirne delle immagini stereotipate, ma confrontandosi, di volta in

volta, con persone che esprimono potenzialità, risorse ed esigenze diverse.

In mancanza di una tensione in tal senso, persone disabili, anche con notevoli capacità,

possono trovarsi in difficoltà nell’esprimerle, in quanto le competenze65 nascono

dall’incontro fra persona e ambiente e non rappresentano, invece, una mera possibilità

individuale.

E’ l’ambiente che favorisce l’espressione di competenze o, viceversa, inibisce questo

processo, così come una realtà lavorativa si definisce proprio nella dinamica tra

competenze potenziali e loro realizzazione concreta.

A partire dal rapporto biunivoco così descritto, è evidente che ogni cambiamento in

uno o l’altro degli elementi e soggetti che interagiscono nel processo formativo ha delle

conseguenze a livello dell’ambiente lavorativo e viceversa, dando il via ad ALTRI

PROCESSI DI CONDIZIONAMENTO-CAMBIAMENTO. Vediamo, ad esempio, come un buon

livello di accettazione dell’allievo disabile facilita l’instaurarsi di buone relazioni, che a

sua volta favoriscono un buon esito della fase in situazione e, quindi, la disponibilità

della realtà lavorativa ad ospitare nuove esperienze di questo tipo.

64 Cfr. a questo proposito il quarto paragrafo del precedente capitolo. 65 Si tratta di un interessante concetto “cerniera” fra le caratteristiche personali e quelle di contesto.

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Occorre rilevare, infine, l’importanza dell’esperienza per strutturare la conoscenza,

che non è mai qualcosa di statico, ma contiene in sé possibilità di un cambiamento che

può essere attivato, in questo ambito, da percorsi di sensibilizzazione ed azioni di

informazione sulle tematiche della disabilità, momenti di riflessione e confronto, come

convegni e seminari, il lavoro di documentazione, analisi e ricerca.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO ESISTE UN AMBIENTE LAVORATIVO MIGLIORE?

In linea di massima, possiamo distinguere tre tipologie di ambiente lavorativo:

l’ambiente che produce cose, quello che produce servizi ed, infine, quello che opera con

le persone. Tali tipologie caratterizzano, anche se non in modo assoluto, le seguenti

realtà lavorative: la fabbrica, il terziario, la struttura produttiva familiare, il mondo

cooperativo ed il laboratorio protetto.

Vediamo, di seguito, le opportunità offerte a livello di apprendimento e relazionale da

questi diversi ambienti di lavoro, all’interno di una descrizione schematica e non certo

esaustiva rispetto all’estrema variabilità delle diverse realtà concrete66.

L’ambiente della fabbrica – L’elemento “produzione” è l’aspetto peculiare di questo

contesto, che permette di individuare con immediatezza il prodotto, senza rendere

necessari dei meccanismi di astrazione ed ancorando, in tal modo, gli apprendimenti al

principio di realtà. Inoltre, in genere, è un ambiente che offre l’opportunità di un

contatto diretto con i colleghi, all’interno del gruppo di lavoro, dando la possibilità al

giovane disabile di sperimentare elementi relazionali più maturi e, in taluni casi, un

apprendimento mediato non solo da modelli personali67.

L’ambiente del terziario – In questo settore l’elemento produzione non è centrale e

quindi l’apprendimento, a volte, non è ispirato direttamente a principi di concretezza,

anche se sono presenti elementi di verità, collegati alla consapevolezza dell’utilità del

proprio lavoro. Nelle piccole realtà produttrici di servizi si sviluppano, inoltre, modelli

relazionali più di tipo personale. La grande distribuzione, presenta, invece, delle

caratteristiche di tipo diverso, offrendo varie opportunità per differenziare

l’apprendimento e stabilire relazioni all’interno di un gruppo di lavoro esteso. In

generale, il settore terziario presenta maggiori possibilità di scambio sociale,

considerando che, spesso, prevede contatti diretti con la clientela.

Le realtà a conduzione familiare– Questa situazione offre esclusivamente modelli

personali, spesso ispirati alla figura del padre; il tipo di organizzazione lavorativa

permette però, spesso, di cogliere nella sua interezza il ciclo di produzione, introducendo

principi di concretezza e verità.

Il mondo cooperativo – Tale realtà offre delle buone possibilità di sperimentare un ruolo

lavorativo a giovani con difficoltà socio-relazionali, garantendo al contempo la

66 Descrizione in parte tratta da Casini E. (a cura di), op. cit., pag. 15 e ss. 67 Anche se ciò è solo parzialmente possibile per la formazione in situazione, dove il modello principale, durante la fase formativa in ambiente lavorativo, è quello del tutor.

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possibilità di migliorare le proprie competenze sociali, all’interno di un ambiente

preparato ad accogliere persone con disagi di questo tipo.

Il laboratorio protetto – Quest’ambito di apprendimento presenta, in generale, degli

elementi di concretezza e verità, pur mancando la relazione diretta con il contesto

produttivo esterno. Inoltre, il modello relazionale è, in generale, collegato alla presenza

della figura dell’insegnante-educatore, pur esistendo, in alcuni casi, altre persone con

cui il giovane disabile può instaurare rapporti di scambio.

Si può affermare che non esistono, a priori, ambienti ottimali, ma piuttosto realtà

lavorative che, in base alle proprie peculiarità, di tipo spaziale e socio-culturale, sono

più o meno idonee ad ospitare persone con determinate caratteristiche. L’abbinamento

di un ambiente specifico e di una persona definita richiede, poi, tutta una serie di

valutazioni che sono state considerate, in particolare, all’interno del terzo capitolo.

In generale, si possono, però, trarre alcune prime considerazioni generali relative ai

vari ambienti descritti:

- la situazione dell’inserimento in fabbrica può rivelarsi ottimale sul piano degli

apprendimenti, in particolare per quanto riguarda l’adattamento lavorativo e la

socializzazione;

- il terziario presenta delle notevoli valenze sia a livello dell’acquisizione di

competenze operative sia per quanto riguarda gli aspetti relazionali, stimolando

maggiormente processi d’apprendimento non standardizzato;

- la situazione dell’inserimento in strutture familiari si può rivelare utile per soggetti

che presentano gravi carenze affettive e per i quali è, quindi, preferibile il modello

personale rispetto a quello posizionale; viene però, in generale, penalizzata la

crescita dell’autonomia e vi è una minor attivazione di meccanismi d’apprendimento

di tipo intuitivo,

- il mondo cooperativo è particolarmente adatto a giovani con problematiche

relazionali, che necessitano di effettuare esperienze lavorative in ambienti in cui

sperimentare un buon livello d’accoglienza e rafforzare la fiducia in se stessi,

- infine, il laboratorio protetto rappresenta una soluzione per persone che presentano

deficit cognitivi e/o fisici gravi, oppure per giovani con situazioni problematiche,

così complesse e articolate da richiedere una fase transitoria in un ambiente

protetto, dove acquisire o riacquistare delle autonomie e conoscenze di base,

necessarie per successive esperienze formative.

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5. IL FUTURO OCCUPAZIONALE: RISULTATI DI UNA RICERCA

Passiamo ora a considerare i dati che emergono dalla ricerca condotta su un vasto

campione di allievi dei corsi di formazione in situazione organizzati da OPIMM sino al

2000, a partire dal primo percorso del 1987, descritto nel secondo capitolo.

I risultati che emergono confermano l’utilità di questa tipologia formativa per quanto

riguarda le successive esperienze degli allievi, con particolare riguardo alle opportunità

di inserimento nel mondo del lavoro.

5.1. IL CAMPIONE

Dei 137 allievi dei quindici corsi di formazione in situazione organizzati da Opera

dell’Immacolata dal 1987 al 2000 sono stati presi in considerazione i novanta soggetti

per i quali è possibile ricostruire un percorso organico post formazione. Di questo

campione, che rappresenta circa i 2/3 dell’intero universo, sono presentate, di seguito, le

seguenti variabili significative: genere, età, anno d’inizio della formazione e situazione

attuale.

Per il sottogruppo di allievi inseriti nel mondo del lavoro saranno prese in considerazione

ulteriori variabili, tra cui, come accennato:

- il numero di passaggi effettuati per giungere all’assunzione,

- la tipologia di questi passaggi,

- il settore in cui sono occupati,

- il numero di anni impiegati per raggiungere la situazione attuale.68

Età e genere – L’età prevalente del campione, all’inizio del corso, si colloca fra i 14 e i

17 anni, a conferma del fatto che la formazione in situazione rappresenta un utile

strumento di raccordo fra la scuola dell’obbligo69 e il mondo del lavoro, sia per ragazzi

con problemi unicamente cognitivi, che rendono difficile la continuazione di un iter

scolastico tradizionale, sia per giovani con problematiche di ordine psico-relazionale, che

necessitano di supporti formativi, in vista di un graduale inserimento nel mondo del

lavoro. Vi è, comunque, una parte del campione formato da persone maggiorenni, a

testimonianza di come per i giovani disabili sia, spesso, difficile intraprendere un

68 La ricerca, come accennato, considera come situazione conclusiva quella presente al dicembre 2000. 69 La ricerca non dispone, ovviamente, dei dati successivi l’inserimento del nuovo obbligo scolastico.

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percorso lineare di formazione e/o inserimento lavorativo al termine della scuola

dell’obbligo.

A volte sono, infatti, necessari più tentativi per individuare il percorso più idoneo alle

esigenze di ogni soggetto, così come possono servire delle esperienze intermedie per

attivare nel giovane le competenze operative e relazionali, indispensabili per effettuare

un inserimento lavorativo.

ETÀ ALLIEVI %

14-15 anni 33 37

16-17 anni

33

37

18-20 anni 9 10

21-25 anni 10 11

Dai 26 anni 5 5

Totali 90 100

Tabella I – Età del campione.

Infine, i giovani con età più elevata potrebbero essere intercorsi in insuccessi

formativi e/o lavorativi, con possibili ripercussioni a livello personale e sociale,

rimanendo esclusi da ambienti ove sperimentare un impegno costante e relazioni

significative.

Questi dati sono chiaramente destinati a cambiare a seguito dell’innalzamento

dell’obbligo scolastico a quindici anni e dell’attivazione di percorsi in alternanza fra

scuola e formazione, che favoriranno il protrarsi della permanenza dei giovani disabili

all’interno del sistema scolastico.

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In generale, si assisterà ad uno spostamento in avanti dell’inizio dei corsi di formazione

in situazione, con tutta una serie di conseguenze a livello progettuale ed operativo. Basti

pensare, tra l’altro, alle diverse esigenze di socializzazione, o competenze, di un ragazzo

di 16-17 anni rispetto ad un ragazzo solo di due anni inferiore.

Per quanto riguarda il genere, il campione è composto da un numero maggiore di

ragazzi rispetto alle ragazze, in percentuali uguali rispetto all’intero universo.

Genere Allievi %

Maschio

54

60

Femmina

36

40

Totali

90

100

Tabella II - Genere del campione

5.2 SITUAZIONE ATTUALE

Una grande percentuale di giovani (l’80%) risulta regolarmente inserita nel mondo del

lavoro, mentre una quota inferiore mantiene comunque dei contatti con realtà lavorative

esterne, in particolare tramite borse lavoro.

Un’altra piccola percentuale del campione risulta, comunque, impegnata in ulteriori

esperienze di studio o formazione oppure inserita in laboratori protetti. Sono pochissimi,

invece, gli allievi dei corsi di formazione in situazione organizzati da OPIMM

attualmente non occupati.

Questo risultato è particolarmente importante considerando le problematiche, spesso

complesse, che caratterizzano gli allievi di questa tipologia formativa, laddove dei

ripetuti insuccessi a livello scolastico e/o formativo possono indurre questi giovani, che

presentano già situazioni di fragilità psicologica, a confermare la propria sensazione

d’incapacità, innestando fenomeni di disistima, isolamento e graduale emarginazione

sociale.

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La formazione in situazione, al contrario, attiva negli allievi dei processi di graduale

scoperta e conferma delle proprie capacità e risorse, in un’età cruciale per l’evoluzione in

senso positivo o negativo della personalità del giovane.

SITUAZIONE

ATTUALE

NUMERO

ALLIEVI

%

Assunto 72 80

Borsa lavoro 7 8

Laboratorio protetto 4 5

Formazione o studio 3 3

Non occupato 2 2

Non conosciuto 2 2

Totali 90 100

Tabella III - Situazione attuale70

5.3. ALLIEVI ASSUNTI

Vengono di seguito considerate alcune variabili relative ai 72 allievi del campione di

allievi attualmente inseriti in situazioni lavorative.

Età e genere - Per quanto riguarda la prima variabile, viene presa in considerazione l’età

di uscita dai corsi e non quella iniziale, in quanto gli allievi si propongono effettivamente

sul mercato del lavoro solo al termine del percorso formativo.

Confrontando questa tabella con quella relativa all’intero campione, vediamo come dei

66 allievi che hanno iniziato a frequentare un corso di formazione in situazione fra i 14 e

70 Per mantenere dei valori interi a livello percentuale, 4,44% è stato arrotondato arbitrariamente a 5.

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i 17 anni, cinquantasette sono inseriti nel mondo del lavoro (pari all’86% del totale),

mentre dei 24 allievi con un’età iniziale più elevata, il numero di assunti è pari a quindici

(il 62%), con una maggior percentuale di occupati fra chi aveva fra i 18 e i 25 anni

all’inizio del corso (pari al 74%).

ETÀ AL TERMINE

DEL CORSO

NUMERO

ALLIEVI

%

16-17 anni

26

36

18-19 anni 31 43

20-22 anni

7 10

23-27 anni 7 10

Dai 28 anni

1 1

Totali 72 100

Tabella IV - Età degli allievi occupati

Gli allievi con età iniziale più elevata hanno frequentato, in genere, dei corsi di

formazione in situazione della durata di un anno71, adatti a giovani più adulti, ma hanno

comunque trovato difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro.

Si può quindi ipotizzare che una maggior continuità fra percorso scolastico e

successive esperienze formative o, comunque, un inizio della formazione in situazione

più ravvicinato al termine della scuola dell’obbligo, aumentino le possibilità di un

positivo inserimento nel mondo del lavoro.

Ciò porta, tra l’altro, a considerare il peso negativo di eventuali insuccessi iniziali, in

vista di un percorso positivo di crescita ed integrazione sociale dei giovani disabili.

71 Questi corsi della durata di un anno hanno avuto esiti migliori, sotto il profilo occupazionale, con allievi di età iniziale compresa fra i 21 e i 25 anni.

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A quest’ultimo proposito, emerge l’importanza di attivare un ventaglio d’iniziative

capaci di attutire gli effetti negativi di tali insuccessi, ad esempio attività in grado di:

incidere, comunque, sul livello di autostima e fiducia nelle proprie capacità, incrementare

la motivazione personale e l’interesse alla relazione con gli altri, determinare una visione

positiva del proprio futuro.

Fermo restando il valore delle considerazioni sinora sviluppate, occorre rilevare

come, a seguito dell’innalzamento dell’obbligo scolastico, anche l’età finale dei corsi di

formazione in situazione è destinata ad innalzarsi, così da avvicinare, uguagliare e,

spesso, superare il compimento del diciottesimo anno di età, che rende possibile, tra

l’altro, le assunzioni a tempo indeterminato.

La tabella seguente suddivide, invece, gli occupati in base al genere.

GENERE ALLIEVI %

Maschio

45

62

Femmina

27

38

Totali

72

100

Tabella V – Genere degli allievi occupati

La notevole differenza fra ragazzi e ragazze a questo livello riflette, in gran parte,

quella esistente nella partecipazione iniziale all’esperienza formativa stessa. Infatti,

paragonando i due ordini di dati, vediamo che fra i ragazzi che hanno frequentato i corsi

di formazione in situazione l’83% risulta attualmente inserito in una realtà lavorativa,

mentre fra le ragazze la percentuale è del 75%, diminuendo, così, la differnza fra i due

generi, per quanto riguarda i risultati occupazionali.

Passaggi intermedi - Dei 72 allievi del campione attualmente occupati, venti sono

passati direttamente dalla formazione ad un inserimento lavorativo, mentre i restanti

cinquantadue hanno effettuato una o più esperienze intermedie.

La tabella seguente riporta il numero di tali passaggi e le corrispondenti frequenze

assolute e valori percentuali. Questi passaggi sono rappresentati prevalentemente da

borse lavoro (in 43 casi) e, in second’ordine, da ulteriori percorsi formativi (8 casi)

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oppure altre esperienze lavorative (12 casi), tra cui formazione lavoro, assunzione a

termine, apprendistato.

Tra i venti allievi che sono stati immediatamente assunti dopo il corso, il 70% ha

frequentato uno dei primi percorsi di formazione in situazione organizzati da OPIMM e il

65% ha trovato impiego nell’ambito della grande distribuzione, rappresentata, nella

totalità dei casi, dalla rete Coop.

NUMERO

PASSAGGI

NUMERO

ALLIEVI

%

0 passaggi

20

28

1 passaggio

25

35

2 passaggi 14 19

3 passaggi

10

14

4 passaggi 3 4

Totali

72

100

Tabella VI – Passaggi effettuati prima dell’assunzione

Settori produttivi – La tabella riportata nella pagina successiva presenta i diversi settori

produttivi cui appartengono le realtà produttive dove sono inseriti i 72 allievi occupati72.

Dai dati a disposizione risulta che il SETTORE TERZIARIO è l’ambito che ha finora

offerto le maggiori possibilità di lavoro ai giovani disabili in uscita dai corsi di

72 La voce “produzione varia” considera aziende che producono beni di diverso tipo, fra cui materie plastiche, gomma, prodotti chimici, imballaggi, ecc. Il settore primario si esaurisce, invece, nel lavoro di coltivatore diretto.

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formazione in situazione, pur con una differenza non particolarmente importante rispetto

al secondario.

Si tratta senz’altro di un’annotazione di rilievo, visto che l’ambiente privilegiato dalle

prime esperienze italiane di formazione in situazione è stato quello della fabbrica, per

diventare, nei percorsi formativi implementati, tra l’altro, nella provincia di Bologna, un

ambiente sempre più diversificato.

Alle aziende in cui si attuano produzioni in serie si sono, infatti, sempre più affiancate

nuove realtà, produttrici di servizi alla persona e, tra queste ultime, la grande

distribuzione è il settore che ha offerto, sinora, le maggiori opportunità lavorative,

considerando gli allievi dei corsi organizzati da Opera dell’Immacolata.

Nel settore terziario, pur permanendo mansioni tecniche e sequenze operative,

possono verificarsi più frequentemente contatti con la clientela, che si sommano alle

relazioni con i colleghi, incrementando ulteriormente le opportunità di scambi sociali.

L’alta percentuale di occupati nel settore terziario mette, così, in evidenza la capacità

della formazione in situazione di attivare e sviluppare negli allievi delle competenze

relazionali, che possono essere utilizzate nel corso di successive esperienze lavorative,

così come in altri ambiti, tra cui il tempo libero.

Per quanto riguarda il peso preponderante della GRANDE DISTRIBUZIONE

nell’ambito del terziario, si ritrova a questo livello l’influenza della tradizione

solidaristica del mondo cooperativo, che comporta, tra l’altro, una maggior

consapevolezza rispetto alle tematiche del disagio. Inoltre, si tratta di realtà dove si

creano spesso esigenze di forza lavoro, stante il frequente turn-over dei lavoratori e i

periodi di “picco” stagionale.

Rileviamo, infine, come dei 56 allievi occupati di cui si conosce la realtà specifica in cui

lavorano, meno della metà risulta inserita all’interno dell’ambiente che li ha ospitati

durante la fase in situazione, pur svolgendo, in alcuni casi, mansioni analoghe a quelle

perfezionate durante questo periodo.

Questi dati mostrano, quindi, l’efficacia di tale tipologia formativa nello sviluppare

competenze professionali, oltre che relazionali, che gli allievi potranno, poi, utilizzare in

altre realtà lavorative e, addirittura, in settori diversi rispetto al contesto dove si è

sviluppata la fase in situazione.

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SETTORI

PRODUTTIVI

NUMERO

ALLIEVI %

PRIMARIO 1 1

SECONDARIO 30 42

Meccanico-

Metalmeccanico

19

63

Produzione varia

8 27

Non definito

3 10

TERZIARIO 36 50

Distribuzione

20

55

Ristorazione

6 17

Servizi

4 11

Enti vari

5 14

Non definito

1 3

SCONOSCIUTO 5 7

TOTALI 72 100

Tabella VII – Settori di impiego73

73 Per calcolare le percentuali di allievi impiegati nelle varie realtà lavorative sono stati utilizzati i valori assoluti relativi ai soggetti occupati nei settori di riferimento.

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Anni fra la fine del corso e l’assunzione – Dalla tabella riportata di seguito, rileviamo

che il 38% degli allievi occupati ha trovato lavoro in circa un anno dalla fine del corso e

un altro 11% non ha aspettato più di due anni, per un complessivo 49% di allievi che, in

massimo 24 mesi, si è inserito nel mondo del lavoro.

I valori percentuali decrescono, inoltre, via via che ci si avvicina a periodi di attesa più

lunghi, a dimostrazione del fatto che il percorso di formazione in situazione offre delle

buone opportunità d’inserimento nel mondo del lavoro, in tempi non lunghi, favorendo

l’acquisizione delle competenze operative e relazionali necessarie.

ANNI PRIMA

DELL’ASSUNZIONE

ALLIEVI %

Meno di un anno

5 7

Un anno

22

31

Due anni

8 11

Tre anni

7 10

Quattro anni

8 11

Cinque-sei anni

6 8

Sette-otto anni

4 6

Nove anni

1 1

Dato sconosciuto

11

15

Totali

72

100

Tabella VIII – Anni fra la fine del corso e l’assunzione

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5.4 CONSIDERAZIONI

Al termine dell’analisi empirica è possibile constatare come la formazione in

situazione offra, nel breve e medio periodo, delle INTERESSANTI PROSPETTIVE A LIVELLO

OCCUPAZIONALE. Il fatto che tale risultato sia in vari casi, ma non in tutti, agevolato dalla

normativa sul diritto al lavoro delle persone disabili non diminuisce, certo, l’importanza,

della formazione in situazione sotto questo profilo, in quanto favorisce:

- l’acquisizione delle autonomie, conoscenze, competenze operative e relazionali

comunque necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro,

- la crescita dell’autostima personale, consapevolezza del ruolo agito e fiducia nel futuro,

che danno continuità all’impegno lavorativo nel tempo,

Tali risultati sono resi possibili dalle modalità e dall’ambiente particolare in cui si

sviluppa la formazione in situazione, che favoriscono l’apprendimento non tanto di

abitudini lavorative, quanto di comportamenti lavorativi74da utilizzare in differenti realtà,

come mostrano i dati empirici appena analizzati. Ciò è particolarmente importante

considerando che le persone con difficoltà di apprendimento e problemi psicologici

tendono facilmente a strutturare abitudini ripetitive, che vengono rafforzate da tipologie

formative standardizzate75.

Inoltre, la formazione in situazione favorisce, in generale, una crescita personale e

l’acquisizione di strumenti relazionali, che accrescono le possibilità di una positiva

integrazione sociale, in una fase della vita molto importante per il giovane disabile,

sospeso fra realtà diverse: la scuola ed il mondo del lavoro, ma anche una dimensione

adolescenziale ed una giovanile, in molti casi, oppure una dimensione giovanile ed una

più adulta, in altri casi, destinati ad accrescersi a seguito dell’innalzamento dell’obbligo

scolastico.

Sarebbe, infine, interessante sviluppare un ulteriore studio, in grado di cogliere gli

effetti della formazione in situazione, più in generale, sulla qualità della vita degli allievi,

focalizzando l’attenzione su quegli aspetti d’integrazione sociale che inseriscono

l’esperienza formativa all’interno di un progetto promozionale più complessivo.

74 Cfr. Canevaro A., in Equilibristi senza rete?, op. cit., pag. 25 75 Sui problemi di tipo funzionale e strutturale che limitano l’apprendimento delle persone con disagio psichico, in relazione ad un’esperienza in situazione, cfr. tra gli altri: Cannao M., Lepri C., Montobbio E., Moretti G., Handicap psichico e apprendimento lavorativo in situazione, Atti XI Congresso Nazionale S.I.N.P.I., San Marino, 1980.

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6. IL PUNTO DI VISTA DEGLI OPERATORI: SINTESI DI UN’INDAGINE.

In quest’ultimo capitolo diamo la parola ad alcuni protagonisti della formazione

in situazione, coinvolti in vario modo nell’intero percorso formativo, dalla fase

progettuale sino a quella di valutazione conclusiva: sono i FORMATORI, le cui attività e

funzioni sono già state analizzate nell’ambito del secondo e terzo capitolo.

Anche in questo caso, come per le considerazioni basate sui dati empirici, il punto

d’osservazione prescelto è quello di Opera dell’Immacolata.

In questo modo, lo studio si arricchisce di soggettività, integrata da una prassi ed

una metodologia comuni, favorendo l’approfondimento di alcune tematiche e

l’individuazione di nuovi elementi, nell’ambito dell’oggetto analizzato. E’, inoltre,

possibile aggiungere alcuni dati di tipo esperenziale a quelli descrittivi ed empirici già

considerati in precedenza, fornendo al lettore un’ulteriore chiave di lettura.

La prima serie di domande, a risposta chiusa, sono state rivolte alla pluralità dei

partecipanti al corso d’aggiornamento per formatori76 organizzato da Opera

dell’Immacolata nel periodo maggio-luglio 2002.

La seconda serie di domande, a risposta aperta, sono state rivolte solo ad alcuni

partecipanti al corso, che si occupano attualmente di formazione in situazione e hanno

un’esperienza considerevole in quest’ambito.

Presentiamo qui di seguito un quadro complessivo di quanto è emerso dall’insieme delle

risposte, suddiviso per aree tematiche.

6.1 FLESSIBILITÀ E PERSONALIZZAZIONE DEI PERCORSI

Sono riunite sotto questa voce le opinioni espresse dai formatori relativamente a

due delle principali categorie di analisi utilizzate nel corso del lavoro per delineare

l’evoluzione e le principali caratteristiche della formazione in situazione: LA FLESSIBILITÀ

E LA PERSONALIZZAZIONE del percorso formativo.

La maggior parte dei formatori concorda sul fatto che una delle caratteristiche

fondamentali di questa tipologia formativa è di proporre agli allievi un percorso per certi

versi alternativo rispetto a quello dalla scuola, in grado di favorire l’espressione di

capacità e attitudini, spesso inespresse all’interno dell’ambiente scolastico tradizionale.

76 Le persone intervistate hanno tutte collaborato ad almeno un corso di formazione in situazione.

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Questo è particolarmente importante alla luce dei cambiamenti intervenuti nell’utenza

della formazione in situazione, sempre più composta da ragazzi con limiti di tipo

comportamentale e relazionale, collegati a difficoltà nella sfera socio-culturale,

psicologica ed affettiva e non più a carenze di tipo cognitivo, prevalenti, invece, in

passato.

Per questi giovani, infatti, è molto importante trovare un ambiente rispettoso dei loro

tempi ed esigenze diverse, dove sono proposti momenti di ascolto e confronto, inoltre,

attività in grado di far emergere le risorse di ognuno. In tal modo, è anche possibile far

loro accettare delle regole di comportamento spesso rifiutate nell’ambito della scuola,

così come sollecitare una partecipazione attiva all’iter formativo.

Queste acquisizioni sono promosse soprattutto nell’ambito del rapporto personale

che si viene a creare tra docente ed allievo, ma trovano sostegno e conferma anche

all’interno del gruppo dei pari, al di là di ogni stigma di diversità che questi ragazzi si

trovano, molte volte, a dover affrontare in altri ambienti. Nel rapporto fra formatore e

corsista si creano, così, i presupposti per una crescita graduale del ragazzo, che prende

via via consapevolezza delle proprie risorse e acquisisce competenze a livello operativo e

relazionale, particolarmente importanti per un positivo inserimento nel contesto

lavorativo.

Un altro elemento che i docenti considerano centrale ai fini di una

personalizzazione dei percorsi formativi è l’esperienza maturata da ognuno di loro, che

facilita la comprensione dei ragazzi, delle loro esigenze e capacità, ma anche dei limiti e

problemi che ne ostacolano una piena espressione, cercando, quando possibile, di

individuare delle soluzioni, sia confrontandosi nell’équipe dei formatori stessi, sia

contattando gli operatori sociali e le famiglie, che forniscono, soprattutto inizialmente,

tutta una serie di informazioni utili per conoscere meglio gli allievi.

All’interno di un’esperienza condivisa, nell’ambito della prassi operativa di Opera

dell’Immacolata, ogni formatore porta, poi, la propria individualità, che incrementa le

possibilità di creare relazioni significative con i diversi allievi. E’ importante, a questo

proposito, saper instaurare un clima accogliente e amichevole, in cui ognuno si senta

accolto e accettato per quello che è, eliminando anche quell’ansia, timore, difficoltà che

spesso caratterizzano il percorso scolastico di questi ragazzi77.

La conoscenza dell’allievo si sviluppa, inoltre, attraverso la costante attenzione

alle opinioni e preferenze che manifesta e con l’osservazione, da parte dei docenti, delle

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modalità relazionali utilizzate nel gruppo di coetanei e delle competenze sviluppate

durante il lavoro in aula e nei laboratori, al fine di identificare le attività in cui è più

portato e il livello di socializzazione raggiunto, su cui si baserà, poi, la scelta del contesto

lavorativo per la fase in situazione.

Si può quindi dire, in un certo senso, che il percorso diventa sempre più individualizzato

nella misura in cui cresce la conoscenza del corsista. Inoltre, questa caratteristica dell’iter

formativo si riflette tanto nell’identificazione delle attività più idonee ad ogni allievo,

quanto nella scelta degli obiettivi, che non sono standardizzati, ma variano in base alle

potenzialità e limiti di ognuno.

Per quanto riguarda l’altro aspetto della flessibilità, così come emerge nelle

interviste, si tratta di un’altra caratteristica, per così dire, connaturata alla formazione in

situazione, inoltre, rappresenta il presupposto della possibilità di personalizzare l’iter

corsuale.

Infatti, all’interno di un’unitarietà complessiva nella programmazione dei corsi, che

rappresenta la fisionomia generale della formazione in situazione, si inseriscono delle

proposte formative calibrate sulle diverse esigenze dei singoli, che spesso richiedono dei

cambiamenti in itinere, quali, ad esempio: la modifica del rapporto fra le ore di aula e

quelle all’esterno, l’inizio anticipato della fase in situazione, una riduzione delle ore di

permanenza nel contesto lavorativo o un mutamento dello stesso78.

Ciò che limita, per certi versi, la possibilità di rendere flessibili i percorsi in base

alle esigenze dei singoli sono, a parte alcune rigidità di tipo burocratico, gli spazi

contenuti che ospitano la fase in aula, presso la fondazione Aldini, che presenta, per altro,

delle condizioni ambientali particolarmente favorevoli alla socializzazione degli allievi

del corso con altri ragazzi della stessa età.

6.2 PUNTI DI FORZA E CRITICITÀ DEL PERCORSO FORMATIVO

Per quanto riguarda il percorso formativo, i docenti hanno messo, innanzitutto, in

evidenza LE DIVERSE FASI che lo compongono: l’osservazione iniziale79, la fase di aula e

laboratorio e il periodo in situazione, a cui si possono aggiungere, per certi versi, i

momenti di rientro in aula. Tra le varie fasi, è stato dato particolare risalto al momento

77 I docenti che devono valutare qualche particolare competenza degli allievi utilizzano, così, modalità diverse rispetto alle interrogazioni e compiti in classe tradizionali. Le verifiche riguardano, in generale, non tanto i singoli compiti, ma l’insieme delle attività e, ancor più, le diverse fasi del percorso 78 Ogni cambiamento va, chiaramente, concordato tra i formatori, comunicato agli operatori e alle famiglie. Le modifiche di rilievo, inoltre, sono oggetto di comunicazioni trimestrali alla Provincia. 79 Se i ragazzi sono già molto conosciuti, soprattutto perché hanno svolto altri corsi presso OPIMM, questa fase non si svolge.

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iniziale di conoscenza del ragazzo, in cui si costruiscono le basi per un positivo rapporto

con i docenti e, più in generale, per una buona riuscita del percorso formativo.

Questa prima fase si prolunga, per certi versi, nella successiva, allorché i momenti di

gruppo sono utilizzati per far emergere la personalità, le idee e le preferenze di ogni

ragazzo, così da completare le osservazioni effettuate in aula e all’interno dei laboratori,

ai fini di facilitare il futuro inserimento lavorativo. Durante tutto il percorso continua,

poi, l’attività osservativa dei docenti, una delle principali modalità per monitorare il

corso nelle sue diverse fasi.

Senza soffermarci su altri aspetti, più di tipo organizzativo, considerati

diffusamente nei capitoli precedenti, introduciamo di seguito alcuni elementi, emersi

durante le interviste, che riguardano, in particolare: IL LEGAME esistente fra ogni fase del

corso e i CAMBIAMENTI attivati negli allievi dal corso di formazione in situazione.

Un elemento che conferisce continuità all’iter formativo è dato dal fatto che si

tratta di un percorso che si sviluppa verso l’esterno, per cui ogni tappa serve, tra l’altro,

per far acquisire al ragazzo consapevolezza delle proprie capacità e accrescere le

competenze socio-relazionali e operative in vista dell’inserimento in un ambiente

lavorativo. Lungo le diverse fasi, l’allievo acquisisce, così, sempre maggior sicurezza e

aumenta il livello di autostima, in modo da affrontare con rinnovata fiducia e reale

convincimento il rapporto con il mondo esterno.

Non è, invece, sempre possibile individuare un legame tra le capacità pratiche

acquisite dagli allievi durante la fase in aula e le mansioni specifiche svolte in situazione.

La compatibilità fra soggetto e mansione/i dipende, infatti, da un insieme di fattori e

caratteristiche individuali, che sono rilevate, in particolare, attraverso: il bilancio di

competenze, il monitoraggio delle attività, la valutazione delle prestazioni individuali, la

relazione con ogni allievo e, solo in certi casi, il rapporto con i familiari e gli operatori

territoriali. Pur riuscendo ad identificare l’abbinamento ideale fra allievo e mansione, non

è, comunque, sempre possibile disporre, nei laboratori, di tutti i macchinari e le

attrezzature utilizzati a supporto delle diverse mansioni sviluppate nei contesti lavorativi,

ove si svolge la fase in situazione. In ogni caso, gli allievi possono così sperimentare, se

necessario, le proprie abilità anche con riferimento a mansioni differenti rispetto a quelle

apprese all’interno dei laboratori, accrescendo, al contempo, quell’attitudine alla

flessibilità che favorisce, nel tempo, dei processi d’integrazione durevoli.

In generale, comunque, il legame fra i diversi momenti del percorso è garantito

dalla capacità del docente di conoscere ogni singolo allievo, valutarne le capacità, risorse,

limiti e graduali cambiamenti, infine di monitorare continuamente le varie fasi, anche per

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individuare prontamente eventuali problemi, difficoltà, o situazioni che richiedono una

particolare attenzione.

Per quanto riguarda, infine, i CAMBIAMENTI ATTIVATI dal percorso formativo in

relazione ai diversi aspetti che incidono sul processo di inserimento lavorativo e, più in

generale, sul livello d’integrazione sociale degli allievi, sono stati valutati dagli

insegnanti come descritto di seguito.

Le modifiche essenziali attivate da questa tipologia formativa riguardano: il livello della

motivazione, la consapevolezza e stima di sé da parte degli allievi, inoltre, le abilità

manuali, l’esecuzione del lavoro e le competenze relazionali, tutti elementi fondamentali

per un positivo inserimento lavorativo, unitamente alla capacità di problem solving, che

si sviluppa, anch’essa, in modo notevole durante il corso.

Un altro elemento fondamentale ai fini di un positivo inserimento lavorativo è il livello

delle autonomie, su cui la formazione in situazione incide soprattutto nel senso di un loro

mantenimento o, al limite, rafforzamento, in quanto i giovani che hanno accesso a questo

iter formativo non presentano, in genere, particolari problemi sotto questo aspetto.

La formazione in situazione attiva cambiamenti, in maniera inferiore, ma sempre

incisiva, anche nella sfera della maturità affettiva, così come in relazione alla capacità

critica, di correzione degli errori e al livello di flessibilità, tutti requisiti di considerevole

importanza per un futuro inserimento nel mondo del lavoro, ad eccezione dell’ultimo

aspetto, che pare rivestire minore importanza, ma probabilmente solo con riferimento alla

singola situazione lavorativa.

Infatti, tanto la flessibilità, quanto lo spirito d’iniziativa, un’altra caratteristica che si

rafforza notevolmente durante l’iter corsuale, esprimono la loro valenza soprattutto con

riferimento all’insieme delle diverse esperienze che spesso compongono il percorso

successivo la formazione dei partecipanti ai corsi. Si tratta, per certi versi, di due

caratteristiche jolly, che permettono agli allievi dei corsi di affrontare con maggiore

serenità i cambiamenti che spesso si succedono al termine del percorso formativo, non

lasciandosi scoraggiare dagli eventuali insuccessi.

Anche in relazione all’utilizzo degli strumenti, considereremo alcuni elementi

differenti rispetto a quanto approfondito in altri capitoli.

Un aspetto emerso nell’ambito delle interviste rivolte ai docenti OPIMM è

l’importanza di utilizzare i vari strumenti in modo da rispondere a CRITERI DI

GRADUALITÀ. I primi moduli didattici, ad esempio, saranno più semplici di quelli

successivi, in modo da facilitare l’apprendimento di nozioni complesse, così come,

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nell’ambito dei laboratori, si inizierà da operazioni molto semplici per arrivare a

sequenze articolate, che prefigurano le diverse mansioni da svolgere durante la fase in

situazione. Questo comporta anche una crescita di sicurezza nel ragazzo, che riuscendo a

risolvere i primi, semplici, problemi trae gratificazione dalle attività che svolge e

aumenta il livello della propria motivazione rispetto ad esse.

Un ambito in cui è possibile utilizzare i vari strumenti con riguardo all’insieme

degli allievi è rappresentato dal gruppo, in cui ognuno viene posto al centro, a rotazione,

per approfondire la reciproca conoscenza, incentivare la capacità di ascolto e il senso

critico.

Un aspetto molto importante del metodo utilizzato da OPIMM, come ricordano i

formatori, è l’attenzione costante rivolta ad ogni allievo, che permette di calibrare i

diversi insegnamenti in base ai tempi e ai risultati raggiunti da ognuno. Non esistono,

quindi, standard sempre uguali per tutti, poiché ognuno dei diversi livelli, osservativo,

didattico e valutativo, deve essere sempre commisurato al singolo.

Si pone, così, ancora una volta, l’importanza della RELAZIONE EDUCATIVA tra il formatore

e l’allievo, al cui interno gli insegnanti adottano, di preferenza, un codice comunicativo

di tipo operativo, pur mantenendo delle componenti amicali e materne o paterne, a

seconda dei casi, utili soprattutto nella prima fase di conoscenza dei ragazzi, in cui è

indispensabile creare un clima di apertura e fiducia.

Infine, occorre sottolineare la centralità di un monitoraggio costante del percorso

formativo, per attivare le necessarie modifiche alle attività, introdurre, se necessario,

nuovi strumenti e trarre degli spunti per elaborarne di nuovi.

6.3. PUNTI DI FORZA E CRITICITÀ DELLA FASE IN SITUAZIONE

Tra le varie fasi del percorso, le interviste hanno preso in considerazione in modo

particolare quella conclusiva, che è anche quella che occupa il maggior numero di ore

rispetto alle altre. Si tratta, tra l’altro, del periodo in cui è possibile verificare le diverse

acquisizioni delle fasi precedenti, in un contesto lavorativo concreto, al cui interno

l’allievo può anche apprendere ulteriori conoscenze e sperimentare nuove situazioni di

socialità.

A questo livello, i docenti sottolineano l’importanza di un’attenta osservazione degli

ambienti in cui saranno inseriti gli allievi in situazione, sia sotto un profilo organizzativo,

sia in relazione alle persone che vi lavorano, con particolare riguardo al TUTOR

AZIENDALE. Occorre, innanzitutto, che i docenti aumentino, per certi versi, la

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motivazione del tutor aziendale ad occuparsi dell’allievo80, informandolo sulle sue

principali caratteristiche e garantendogli la propria periodica presenza e, comunque, il

supporto in situazioni di necessità, fino a coinvolgere il coordinatore dei corsi, qualora si

verifichino fatti di particolare gravità.

I formatori definiscono, in generale, positiva la relazione con il tutor aziendale, pur

dipendendo molto dalle caratteristiche soggettive di ognuno, poiché non si tratta sempre

di persone, almeno inizialmente, ben disposte rispetto ad un’esperienza che, in effetti, li

carica di compiti supplementari rispetto al loro lavoro ordinario. Anche per questa

ragione, è importante che negli ambienti lavorativi si crei una sensibilità diffusa rispetto a

questo tipo di esperienze, così da favorire un’accettazione il più generale possibile degli

allievi dei corsi.

Con riferimento al corsista, durante questo periodo non cambia molto, se non il

fatto che diminuisce sia la presenza fisica del formatore al suo fianco, sia il sostegno

inerente gli apprendimenti, che viene condiviso con il tutor aziendale. L’intervento del

formatore si riduce, quindi, notevolmente e si focalizza soprattutto sul COMPORTAMENTO,

ritenuto dai formatori intervistati la chiave di volta per un inserimento durevole nel

mondo del lavoro.

In generale, è poi importante che i formatori comprendano fino a che punto è

possibile chiedere all’azienda delle modifiche rispetto all’organizzazione del contesto o

alle mansioni svolte dall’allievo, per andare incontro a suoi bisogni e necessità

particolari. L’osservazione continua dell’ambiente lavorativo permette, inoltre, al docente

di individuare prontamente eventuali situazioni non formative o educative per l’allievo e

correre, quindi, ai ripari.

Della preparazione di questa fase si occupa, in particolare, il coordinatore dei

corsi che, individuata l’azienda idonea, presenta l’esperienza formativa e chiede la

disponibilità ad accogliere la fase in situazione, descrivendo le capacità e caratteristiche

dell’allievo. In una fase successiva, spetta sempre al coordinatore prendere i primi

contatti con la persona che l’azienda individua come tutor, mentre in seguito saranno i

docenti a mantenere, con regolarità, i rapporti con l’azienda.

Per alcuni formatori interpellati sarebbe utile iniziare questa fase più

gradualmente, perché passare direttamente dall’impegno in aula e nei laboratori a quattro

ore lavorative, per quattro giorni la settimana, può essere, per qualche allievo,

particolarmente difficile.

80 Un punto particolarmente delicato da far capire al tutor è che, nei limiti del possibile, deve comportarsi con l’allievo come nei riguardi di qualsiasi altro lavoratore.

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C’è anche chi ritiene opportuno, come vedremo meglio in seguito, anticipare

l’inserimento lavorativo, iniziando, ad esempio, con due giorni settimanali all’esterno e

tre in aula, in modo da permettere, tra l’altro, a chi ha competenze più alte che iniziare

prima la fase in situazione, ritrovandosi poi, ugualmente, in aula per fare un confronto

con i compagni e i docenti81.

6.4. I RAPPORTI CON GLI INTERLOCUTORI PRIVILEGIATI: LA FAMIGLIA E I

REFERENTI TERRITORIALI

Per quanto riguarda i rapporti con le principali figure che intervengono nei

percorsi di formazione in situazione, oltre al tutor aziendale, di cui si è già detto, i

docenti sono stati chiamati ad esprimersi in modo diffuso sugli operatori Ausl e sulle

famiglie.

Con riferimento al rapporto con i REFERENTI AUSL, è stata sottolineata dai docenti

l’importanza di queste figure, che intervengono: a livello preliminare, per fornire ogni

informazione necessaria sugli allievi, durante il percorso, ogni qualvolta se ne presenti la

necessità e, comunque, in corrispondenza dei principali passaggi fra un fase e l’altra e,

infine, al termine del corso, sia per valutare insieme i risultati raggiunti, sia per verificare

le opportunità per un futuro inserimento lavorativo dei ragazzi.

Per quanto riguarda questa collaborazione, sono stati individuati da alcuni docenti i

seguenti punti critici: la difficoltà, in alcuni casi, a creare rapporti continuativi con gli

operatori, stante i continui cambiamenti di personale nell’ambito delle Ausl, la lentezza

che a volte caratterizza l’intervento dei servizi, inoltre, una mancanza di concordanza,

con alcuni operatori, rispetto ai tempi necessari per l’inserimento lavorativo al termine

del corso, infine, sempre solo in certi casi, una mancanza di chiarezza nel rapporto con i

genitori, sia in merito all’importanza del percorso formativo per il ragazzo, sia,

soprattutto, in relazione al problema dell’invalidità.

Quando i ragazzi s’iscrivono ai corsi di formazione in situazione non hanno, infatti, la

certificazione d’invalidità, che si può ottenere solo con la maggiore età, ma presentano

spesso delle problematiche tali da renderla indispensabile, un domani, per agevolare

l’assunzione da parte di quelle aziende che hanno l’obbligo di assorbire una quota di

persone invalide. In molti casi, però, né i ragazzi né le loro famiglie sono consapevoli di

queste difficoltà, minimizzandole o ignorandole completamente, così da rendere difficile,

da parte dei formatori, affrontare la tematica dell’invalidità.

81 Già quest’anno si è pensato di proporre, per la fase in aula, tre giorni in azienda e due di rientro in aula.

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Allora, sarebbe certo utile un lavoro pregresso da parte degli operatori dei servizi, che da

sempre conoscono il ragazzo e la sua famiglia e avrebbero, quindi, modo di introdurre il

discorso per gradi, facendo capire che non si tratta di un marchio, bensì di una

facilitazione per l’inserimento lavorativo del giovane, in un contesto a lui idoneo.

In realtà, questo argomento viene, in genere, affrontato solo al termine del percorso

formativo, spesso su sollecitazione dei formatori, lasciando le famiglie disorientate sul da

farsi.

A proposito della FAMIGLIA, anch’essa ha un ruolo importante perché al suo

interno possono trovare conferma o, al contrario, essere disconosciute le conquiste degli

allievi a livello d’autonomia, autostima e crescita personale; inoltre, per il fatto che i

ragazzi devono essere sostenuti dai familiari per mantenere viva la motivazione e

costante l’impegno nella frequenza al corso.

In effetti, può capitare che, ad un certo punto, il ragazzo si disinteressi del proprio

percorso formativo ed è, allora, particolarmente importante che la famiglia intervenga per

incentivarlo a lavorare seriamente o ad essere puntuale, specie nella delicata fase in

situazione. Ci sono, al contrario, famiglie che minimizzano le assenze o i ritardi dei

ragazzi, mentre è fondamentale che imparino a rispettare le regole, anche in previsione di

un’eventuale, futura assunzione. Un altro modo per motivare i ragazzi nei confronti del

percorso formativo è interessarsi a quello che fanno in aula o all’interno dell’azienda,

così da valorizzare il loro impegno, gratificandoli e aumentando la fiducia nelle proprie

capacità.

In generale, comunque, trascorso il primo periodo in cui alcune famiglie fanno fatica ad

accettare questo tipo di percorso, in seguito il rapporto si semplifica, specie con i primi

successi del ragazzo nelle attività formative, fino a tramutarsi, a volte, in una vera e

propria collaborazione.

Le famiglie vengono incontrate per lo più individualmente, nell’ambito di un

colloquio che, al bisogno, si può svolgere in collaborazione con il referente Ausl. Si tratta

di incontri sostanzialmente informativi, in cui si parla del ragazzo, di come si comporta

in aula o nei laboratori, di come si relaziona ai compagni, di quali sono le attività che

preferisce, del suo livello di manualità, di come lo vedono i docenti, poi, quando è il

momento, del luogo che ospita il periodo in situazione, degli orari e le mansioni relative

a questa fase.

Attraverso una domanda a risposta chiusa è stato, inoltre, chiesto ai docenti di

esprimersi in merito ai soggetti che dovrebbero intervenire maggiormente nella rete

progettuale e/o operativa della formazione in situazione. Solo un soggetto è stato indicato

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da tutti i docenti: l’azienda, immediatamente dopo seguono la famiglia, quindi, i Servizi

territoriali e la Provincia82, ultime, le Associazioni delle famiglie e la Scuola.

6.5. VALUTAZIONI E PROPOSTE DI CAMBIAMENTO

Tutti i docenti intervistati considerano la formazione in situazione una proposta

ancora valida per l’inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro, fatte salve le

considerazioni riportate in precedenza in merito al problema dell’invalidità. C’è, anzi, chi

ritiene che il suo ruolo sia destinato a divenire più importante, pur essendo necessarie

delle modifiche, a cui faremo di seguito riferimento.

In particolare, sono stati messi in risalto i seguenti ASPETTI POSITIVI di tale

tipologia corsuale: innanzitutto, gli effetti concreti del corso sugli allievi, che

acquisiscono, nel tempo, una maggior serenità, socievolezza, motivazione all’impegno e

sicurezza nelle proprie capacità, quindi, la metodologia proposta, che la differenzia

dall’insegnamento scolastico tradizionale e permette una notevole gradualità

dell’apprendimento, infine, la possibilità di individualizzare i percorsi e di effettuare un

ingresso guidato nella situazione lavorativa.

C’è chi attribuisce la buona riuscita di questo iter formativo alla TIPOLOGIA

DELL’UTENZA, formata sempre più da giovani che, per problemi socio-relazionali e

comportamentali, hanno vissuto degli insuccessi a livello scolastico, in un ambiente in

cui si sono sentiti, spesso, esclusi perché in difficoltà nel sostenere i ritmi imposti o nel

far fronte a consegne troppo alte. Questi stessi ragazzi, trovando un ambiente in cui si

sentono accettati e dove hanno, anche, un immediato riscontro delle proprie capacità

lavorative, riescono più facilmente ad esprimere risorse considerevoli, spesso più rivolte

al mondo del lavoro che a quello scolastico, acquisendo sicurezza e stima di sé.

Non bisogna, in ogni caso, trascurare il fatto che, a volte, alcuni di questi ragazzi

presentano delle problematiche più gravi, creando anche delle difficoltà di accettazione

negli altri componenti del gruppo, la cui composizione risulta, così, fondamentale ai fini

di un buon esito dell’iter corsuale.

Per quanto riguarda i CAMBIAMENTI da apportare, al di là delle modifiche rese

sempre possibili dalla flessibilità del percorso, sono stati indicate dai docenti alcune

possibili innovazioni a carattere generale. Innanzitutto, come accennato, alcuni ritengono

opportuno un inizio più graduale della fase in situazione, magari anticipandola attraverso

82 Con la differenza che, a parere dei docenti, i Servizi territoriali dovrebbero sempre intervenire maggiormente, mentre, con riferimento alla Provincia, alcuni considerano che sia necessario un maggior

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alcuni momenti formativi svolti direttamente in azienda83, a cui parteciperebbero, però,

non i singoli allievi, ma gruppetti di tre-quattro ragazzi con l’insegnante. Questa proposta

aiuterebbe, tra l’altro, i corsisti ad imparare prima, all’interno di un ambiente esterno, il

rispetto di alcune regole di comportamento e di relazione con gli altri.

C’è anche, tra i docenti, chi ritiene importante aumentare il tempo del rientro,

soprattutto in corrispondenza del primo periodo in situazione, in modo da poter

approfondire le attività specifiche svolte da ogni allievo, anche se è impossibile poter

disporre, come già accennato, di tutti i macchinari e le attrezzature presenti presso le

diverse realtà lavorative.

Infine, c’è chi ricorda che le realtà produttive sono cambiate molto negli ultimi

anni, per cui è necessario un aggiornamento costante, specie in relazione alle mansioni

che più frequentemente vengono affidate agli allievi dei corsi. Con riferimento al mondo

del lavoro, in alcuni punti delle interviste viene messa in luce l’importanza di mantenere

e, se possibile, aumentare la rete di relazioni con le aziende che collaborano con OPIMM

durante la fase in situazione.

Le proposte suggerite dai formatori riguardano, in particolare, la creazione di maggiori

opportunità di incontro e di scambio con le aziende stesse, per ascoltare le loro esigenze,

dubbi, difficoltà e favorire anche un confronto fra realtà che da anni collaborano con il

Centro di formazione e nuove realtà interessate a questo tipo di esperienza84, mettendo in

evidenza anche gli eventuali vantaggi che le aziende ne ricavano.

Un’altra proposta riguarda la mappatura delle potenzialità delle aziende di una

determinata zona, a partire dal rapporto con le rappresentanze sindacali territoriali e con

una successiva verifica delle risorse addestrative richieste dai diversi contesti lavorativi.

C’è chi introdurrebbe una figura specifica per occuparsi quasi esclusivamente di far

conoscere l’esperienza e le attività di OPIMM nel mondo del lavoro, in modo da

facilitare l’attivazione di percorsi formativi all’interno delle diverse realtà lavorative del

territorio. Infine, ritorna anche a questo livello il discorso connesso all’invalidità, in

quanto è molto importante potersi avvalere dell’elenco delle aziende che devono ancora

assolvere l’obbligo relativo all’assunzione di un certo numero di persone disabili al

proprio interno. Questo permetterebbe, infatti, di identificare per tempo le situazioni in

cui è più facile che l’esperienza lavorativa si traduca in un’assunzione vera e propria.

intervento solo in determinate circostanze. 83 Questa proposta, già attiva dal prossimo anno, c’è chi la estenderebbe anche ai laboratori protetti. 84 Spesso, questi incontri con le aziende non vengono fatti perché si pensa sia importante dar loro il minor disturbo possibile.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO DOMANDE A RISPOSTA CHIUSA

1) La prima colonna della tabella riguarda il livello di cambiamento attivato dal corso

di formazione in situazione in relazione ad una serie di aspetti, il secondo l’importanza

di ognuno di questi elementi ai fini dell’inserimento lavorativo e di un’integrazione

sociale più complessiva, al termine del periodo formativo. In ambedue i casi, inserire

nelle caselle corrispondenti le seguenti voci: essenziale, molto importante, importante,

abbastanza importante, discretamente importante, poco importante, per nulla

importante. Vi è, inoltre, la possibilità di inserire altri elementi non considerati,

usufruendo delle righe vuote.

Aspetti considerati

Importanza del cambiamento

attivato a questo livello

Importanza ai fini integrativi e

dell’inserimento lavorativo

Autonomie Capacità cognitiva Capacità manuale Capacità critica Problem solving Correzione dell’errore

Consapevolezza Motivazione Flessibilità

Spirito d’iniziativa Esecuzione lavoro Maturità affettiva

Competenze relazionali

Stima di sé

2) Quale aggettivo caratterizza meglio la relazione che si viene a creare fra formatore e

allievo (è possibile più di una scelta)?

- educativa

- sostitutiva

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- promozionale

- riabilitativa

- altro (da specificare)

3) Quale codice di comunicazione viene privilegiato dal formatore nella relazione con

l’allievo (è possibile più di una scelta)?

- Paterno/materno

- Amicale

- Operativo

- Asettico

- Altro (da specificare)

4) Come viene individuata la compatibilità soggetto-mansione/i da svolgere in

situazione? Accanto alle risposte prescelte segnare una delle seguenti opzioni: sempre,

spesso, ogni tanto, raramente, mai

- attraverso il bilancio di competenze

- ascoltando le preferenze dell’allievo

- valutandone le prestazioni

- monitorando continuamente la situazione

- consultando i familiari ed operatori dei servizi

- in base alle richieste dell’azienda

- tramite tentativi successivi

- altro (da specificare)

5) Come valuta la relazione che si viene ad instaurare fra formatore e tutor aziendale?

(è possibile più di una scelta)

- in generale positiva

- più positiva che in passato

- meno positiva che in passato

- dipende molto dalle caratteristiche soggettive del tutor

- dipende molto dal comportamento dell’allievo.

- altro (da specificare)

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6) Quali dei seguenti soggetti dovrebbero intervenire maggiormente nella rete

progettuale e/o operativa della formazione in situazione? Segnare accanto ad ogni

soggetto prescelto una delle seguenti due opzioni: sempre, in certe circostanze.

- Provincia

- Servizi territoriali

- Famiglia

- Scuola

- Azienda

- Associazioni delle famiglie

7) Quali sono le possibili prospettive della formazione in situazione, anche a seguito

delle modifiche dell’obbligo scolastico?

- Non ci saranno modifiche sostanziali

- Il suo ruolo, nell’ambito delle risorse formative, diventerà più importante

- Dovrà integrarsi sempre più con la scuola

- Saranno necessarie delle modifiche

- Probabilmente il suo posto sarà preso da altri strumenti formativi.

DOMANDE PER LE INTERVISTE

1) Come si configura la centralità del soggetto in formazione all’interno di questa

tipologia formativa?

2) Quali elementi favoriscono la flessibilità del percorso formativo? quali elementi,

invece, la limitano?

3) Quale legame esiste fra le varie fasi del percorso? Cosa cambierebbe, eventualmente,

rispetto ad ognuna di esse?

4) Tra i vari strumenti osservativi/didattici/valutativi, quali utilizza principalmente?

Quali, eventualmente, introdurrebbe?

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5) Come valuta la sua esperienza nel ruolo di tutor, in rapporto all’allievo? In rapporto

alle altre figure che intervengono nella fase in situazione, in particolare il tutor

aziendale?

6) Come si potrebbe incrementare la collaborazione offerta dalle aziende e altri contesti

lavorativi rispetto a questo tipo di esperienza?

7) Come considera il ruolo svolto durante l’iter formativo dalla famiglia? Il ruolo svolto

dalle altre figure che partecipano alla rete degli interventi?

8) Quali caratteristiche rendono la formazione in situazione una proposta ancora attuale

ed efficace per l’integrazione e la promozione sociale dei giovani disabili? Quali, invece,

a suo avviso, andrebbero modificate a livello progettuale e/o operativo?

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RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Il modello formativo al quale abbiamo dedicato la ricerca pone alcuni interrogativi rispetto al suo

futuro prossimo.

Nato e sviluppatosi come percorso preferenziale per l’acquisizione di competenze tecnico

professionali e socio relazionali da parte di persone in situazione di handicap, ha in buona parte

assolto al proprio compito di preparare e favorire l’ingresso al lavoro di un numero considerevole di

allieve ed allievi.

Queste persone hanno potuto accedere alla Formazione Professionale al termine del percorso della

Scuola Media Inferiore, intorno ai quindici anni, nell’ottica di una scelta decisamente

professionalizzante e alternativa alla Scuola.

In altri termini, la Formazione in Situazione si poneva, agli occhi dell’utenza, su una sponda opposta

rispetto a quella della Scuola, destinate a non incontrarsi, perché le diverse finalità portavano a far

divergere anche i contenuti e la metodologia didattica.

In realtà la separazione non è mai stata così netta e assoluta, nel senso che, pur

privilegiando l’ambito tecnico professionale, molto spesso la Formazione Professionale

ha riproposto agli allievi contenuti didattici afferenti una sfera educativa più ampia ed

articolata che non il lavoro. Gli adolescenti frequentanti hanno così potuto potenziare molte competenze cognitive relative

all’espressione linguistica, alla soluzione di problemi logici, alla conoscenza delle istituzioni sociali e

politiche del territorio, ad una visione ampia del mondo del lavoro che ne implicasse gli aspetti

sociali, economici, politici.

Tutto questo perché ciascuno potesse giungere a strutturare la propria personalità attorno alla

consapevolezza di essere un cittadino lavoratore e non un automa addestrato a lavorare.

Il canale attraverso il quale la Formazione Professionale è riuscita a reintrodurre contenuti specifici

propri della Scuola è stato quello legato al metodo di approccio ai problemi e al loro sviluppo. Una

metodologia di lavoro che ha privilegiato gli aspetti tecnico operativi per incidere sulla motivazione

e, facendo leva su questa, ha allargato l’ambito dell’offerta formativa ai contenuti teorici e astratti.

E’ stato un limite della Formazione Professionale, e indagarne le cause richiederebbe un’apposita

analisi a tutto campo, non aver saputo presentare sé stessa ,all’esterno, secondo questa luce corretta

che ne rivalutasse la funzione svolta ben oltre lo spazio della preparazione all’inserimento lavorativo.

Obiettivo, tra l’altro, ampiamente raggiunto come provano i dati di questa e di altre analoghe

ricerche.

Ci siamo dilungati su questo aspetto, la funzione non antagonista ma in parte autonoma e in parte

supplettiva della Formazione Professionale rispetto alla Scuola, per introdurre alcune ipotesi sugli

sviluppi che, secondo noi, potrà avere, a breve, la Formazione in Situazione.

Attualmente gli allievi che la frequentano provengono da percorsi integrati tra Scuola e Formazione

Professionale: corsi orientativi svolti nell’ambito del Nuovo Obbligo Scolastico e/o corsi svolti in

alternanza presso la Scuola, presso il C.F.P. e sul Territorio.

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Il che comporta un innalzamento dell’età di ingresso, che rimane, comunque all’interno del Nuovo

Obbligo Formativo e, nel contempo, una scelta, da parte dell’utenza, maturata su dati di esperienza

concreta.

Chi si iscrive, cioè, è consapevole del tipo di proposta che gli verrà sottoposta e la preferisce ad altre.

Sa già che non frequenterà soltanto laboratori e che l’offerta formativa verterà su contenuti

operativi e teorici corrispondenti al suo livello di apprendimento.

Le strade che si aprono al modello sono dunque principalmente due: la prima consisterà

nell’accentuazione delle caratteristiche professionalizzanti, sul presupposto che le ulteriori annualità

svolte presso la Scuola abbiano dato frutti maturi per tutto quanto attiene gli altri aspetti relativi alla

formazione della persona (apprendimenti cognitivi, area della autonomia , area della

socializzazione…); la seconda porterà a svilupparne le caratteristiche educative generali sul

presupposto che, essendo ancora dentro un contesto di obbligatorietà alla frequenza, gli allievi

abbiano diritto a vedere sviluppate competenze anche non strettamente attinenti la sfera lavorativa.

Nel primo caso si tratterebbe, ad esempio, di accentuare il numero delle ore svolte dagli allievi in

stage, a scapito di quelle tradizionalmente svolte in situazione di aula o di laboratorio. Si

imporrebbe, inoltre, la necessità di una selezione più severa rispetto ai requisiti di ingresso al Corso,

il cui accesso farebbe presupporre l’esistenza di caratteristiche tali, nell’utenza, da consentire, fin da

subito l’avvio dello stage aziendale.

Nel secondo caso si potrebbe strutturare un percorso che, pur mantenendo l’obiettivo di fondo

dell’inserimento nel mondo del lavoro, si apra a contenuti educativi diversi e più orientati al

potenziamento delle capacità autonome di espressione, alle capacità di socializzazione nei diversi

contesti ed altro.

Sarebbe un percorso aperto ad ingressi più numerosi e rispetto alla tradizionale utenza della

Formazione in Situazione, forse in grado di fornire risposte soddisfacenti anche a quel trenta per

cento di allievi che, secondo la ricerca, non hanno mai trovato un lavoro stabile e sui quali occorre,

invece, proporre una riflessione.

Si tratta, infatti, di persone che, al termine della Formazione in Situazione, vagano attraverso

percorsi di Borse Lavoro, variamente finanziati, nell’illusione che, all’interno di situazioni lavorative

reali, possano maturare competenze che, invece, hanno bisogno di essere sviluppate in un diverso

contesto educativo.

La flessibilità del percorso formativo dovrebbe implicare, infatti, la possibilità di un prolungamento

delle ore corso e di una maggiore articolazione dei contenuti, nei pochi, ma significativi casi, nei quali

i bisogni della persona mal si adattano a tempi programmati sulla base di considerazioni extra

educative.

L’esperienza, in questo caso, dimostra come la riduzione dei costi all’origine, cioè nella fase in cui la

persona struttura la propria personalità rispetto alla consapevolezza di una sua possibile identità

adulta, comporti, nel seguito, una moltiplicazione della spesa pubblica, perché si edifica senza

fondamenta un edificio che è destinato fatalmente a crollare.

Senza con questo escludere la possibilità di poter individuare, per qualche allievo,

percorsi di vita dove il lavoro, almeno nel significato che questo termine assume nella

nostra epoca, non costituisca nessuna risoluzione al suo specifico problema e che

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convenga pertanto, in quel caso, dismettere ogni atteggiamento di accanimento

lavorativo. Non per smettere di occuparsi di lui, ma per continuare a fare formazione secondo i suoi bisogni e

conseguendo diversi e non meno importanti obiettivi.

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Programma provinciale della formazione e dell’orientamento professionale per il

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SOMMARIO

PREMESSA 3

1. FORMAZIONE IN SITUAZIONE: UN QUADRO GENERALE 5 1.1 Origine ed evoluzione del modello formativo 5 1.2. Le finalità del modello nel quadro delle politiche formative 7 1.3. La rete dei protagonisti 10 1.4. Elementi organizzativi 14 1.5 Caratteristiche peculiari 15

1.5.1 Multidimensionalità 15 1.5.2 Integrazione 16 1.5.3 Personalizzazione 16 1.5.4 Flessibilità 17 1.5.5 La rete 17 1.5.6 Innovazione 17

Schede di approfondimento 19 Che cosa s’intende per formazione? 19 Che cosa s’intende per disabilità? 20

2. ESPERIENZE DI FORMAZIONE IN SITUAZIONE NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 22

2.1. L’esperienza di Opera dell’Immacolata 22 2.2. L’esperienza di CSAPSA 32 2.3. Considerazioni conclusive 44 Schede di approfondimento 47 Che cosa sono Opera dell’Immacolata e CSAPSA 47

3. LA METODOLOGIA DELLA FORMAZIONE IN SITUAZIONE 51 3.1. La progettazione 52 3.2. L’osservazione 54 3.3. La fase propedeutica 56 3.4. La fase in situazione 61 3.5. Conclusione e valutazione dell’esperienza 66 Schede di approfondimento 68 Ulteriori percorsi di formazione in situazione 68

4. IL CONTESTO LAVORATIVO COME AMBIENTE FORMATIVO 72 4.1. L’ambiente della fase in situazione: l’azienda. 72 4.2. L’interazione fra il processo formativo e l’ambiente 74 Schede di approfondimento 77 Esiste un ambiente lavorativo migliore? 77

5. IL FUTURO OCCUPAZIONALE: RISULTATI DI UNA RICERCA 79 5.1. Il campione 79 5.2 Situazione attuale 81 5.3. Allievi assunti 82 5.4 Considerazioni 89

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6. IL PUNTO DI VISTA DEGLI OPERATORI: SINTESI DI UN’INDAGINE. 90 6.1 Flessibilità e personalizzazione dei percorsi 90 6.2 Punti di forza e criticità del percorso formativo 92 6.3. Punti di forza e criticità della fase in situazione 95 6.4. I rapporti con gli interlocutori privilegiati: la famiglia e i referenti territoriali 97 6.5. Valutazioni e proposte di cambiamento 99 Schede di approfondimento 101 Domande a risposta chiusa 101 Domande per le interviste 103

RIFLESSIONI CONCLUSIVE 105

BIBLIOGRAFIA 108