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Francesca Odella FORMAZIONE AZIENDALE E CONTESTO TERRITORIALE. ANALISI DI QUATTRO CASI NELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO DSS PAPERS SOC 2-01

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Page 1: FORMAZIONE AZIENDALE E CONTESTO TERRITORIALE …Formazione aziendale e contesto territoriale 5 Introduzione Con il termine formazione si intende solitamente l’acquisizione di conoscenze,

Francesca Odella

FORMAZIONE AZIENDALE E CONTESTO TERRITORIALE.

ANALISI DI QUATTRO CASI NELLAPROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

DSS PAPERS SOC 2-01

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INDICE

Introduzione .............................................................................. Pag. 5

1. La regolazione istituzionale della formazione aziendale inProvincia Autonoma di Trento ................................................... 8

2. L’investimento in capitale umano: i casi di due medieimprese ........................................................................................ 142.1 L’impresa CO .................................................................... 162.2 L’impresa AD .................................................................... 21

3. Cooperare o competere: le scelte formative di duemultinazionali ............................................................................. 263.1 L’impresa CH .................................................................... 283.2 L’impresa WH ................................................................... 35

Osservazioni conclusive ................................................................. 41

Bibliografia ...................................................................................... 48

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Il presente testo costituisce una rielaborazione del capitolo quinto della tesidi dottorato intitolata ‘Imprese ed esternalità. Meccanismi decisionali econtesto istituzionale’. La ricerca empirica cui fa riferimento è stata svoltanell’autunno 1998/1999 in un gruppo di aziende, presso le istituzioni dellaProvincia Autonoma di Trento e le amministrazioni comunali di Rovereto,Arco, Borgo Valsugana e Caldonazzo (TN). I dati e le informazioni sui casestudy sono state tratte da documenti, colloqui con fonti privilegiate eattraverso interviste qualitative ai dirigenti aziendali ed al personale dellepubbliche amministrazioni. Un ringraziamento particolare oltre che aireferenti istituzionali va rivolto alle organizzazioni sindacali trentine chehanno segnalato le esperienze maggiormente rilevanti e facilitato i contatticon le imprese.

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Formazione aziendale e contesto territoriale 5

Introduzione

Con il termine formazione si intende solitamente l’acquisizione di

conoscenze, competenze pratiche e relazionali che presentano una loro

utilità non solo produttiva ma anche sociale e individuale (Zucchermaglio,

1996). Fra i luoghi deputati all’acquisizione di formazione vi è senza dubbio

l’impresa: nella partecipazione al lavoro ed alle relazioni sociali che si

svolgono al suo interno una persona apprende competenze e conoscenze che

sono uniche e al tempo stesso generalizzabili ad altre attività produttive

(Streeck, 1996).

Tuttavia, mentre nei modelli organizzativi del passato la formazione

era parte integrante del percorso di sviluppo di un’identità lavorativa

definita, con l’avvento delle forme produttive ‘moderne’ si è persa questa

valenza acquisitiva del lavoro come ambito formativo (Regalia e Regini,

1996), e si è assistito gradualmente al trasferimento di questa funzione al

sistema educativo. Poiché l’investimento imprenditoriale in capitale umano

rappresenta una possibilità di conciliazione fra l’interesse dell’azienda ad

avere forza lavoro maggiormente qualificata (e quindi più produttiva) e gli

interessi sociali di un aumento generale della professionalità dei lavoratori,

la formazione è stata infatti tendenzialmente interpretata come un bene

pubblico (Regini, 1997; Streeck, 1994) e come tale oggetto di regolazione

istituzionale. Il processo di creazione e di trasferimento delle competenze

lavorative dai sistemi di formazione professionale al sistema produttivo si è

però rivelato spesso problematico per effetto di fattori istituzionali

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6 Formazione aziendale e contesto territoriale

difficilmente riproducibili e quindi soggetto ad una forte variabilità negli

esiti.1

Nonostante la consapevolezza della presenza di forti relazioni fra

formazione e sviluppo economico, la prospettiva tradizionalmente impiegata

per analizzare il comportamento dell’impresa sul mercato del lavoro

(Montanino, 1997) ha a tutt’ora conoscenze limitate relativamente alle

motivazioni che spingono le imprese ad investire in capitale umano2 così

come quelle sulle modalità impiegate dalle stesse per innalzare la

professionalità dei loro dipendenti (OECD, 1991; Ferri e Mattesini, 1997).

La qualità della forza lavoro ha, infatti, storicamente costituito un aspetto

problematico per la disciplina economica, per la difficoltà di distinguere fra

diversi tipi di esternalità della formazione3, e quindi di individuare in ambito

1 Fra i lavori più importanti in questo ambito citiamo le ricerche di Finegold e Soskice

(1988) sul fallimento del sistema di formazione professionale inglese, lacomparazione di Soskice (1993) fra il sistema formativo americano e quello inglese, ele ricerche di Regini (1997) sui modelli di regolazione istituzionale della formazioneprofessionale in Francia, Germania, Spagna ed Italia. Tutti questi studi mettono inluce come il successo di un modello formativo dipenda dall’intreccio di variabilitecnologiche ed organizzative (la necessità di nuove competenze e la capacità da partedelle imprese di costruire ‘spazi’ affinchè i loro dipendenti possano acquisirle), maanche istituzionali (come la struttura del sistema educativo o, ad esempio, la presenzadi una specifica normativa sull’apprendistato in Germania).

2 Il concetto di capitale umano è stato introdotto nella terminologia economica circa unatrentina di anni fa (ormai classico è il riferimento a Becker, 1964): da allora il suo usosi è diffuso ed è stato ampiamente impiegato per descrivere quell’insieme diconoscenze, competenze ed altri attributi dell’individuo che presentano rilevanza perle attività economiche. La sociologia ha ampiamente ripreso questo concettomostrando come il capitale sociale possa influenzare l’acquisizione di capitale umano:un esempio è il caso in cui l’appartenenza comunitaria incoraggi i giovani ad investirenell’istruzione superiore (Coleman, 1988).

3 Parlando di esternalità collegate alla formazione è importante distinguere fra tre diversitipi di esternalità: individuali, collegate al contratto e riguardanti le relazioni fraimprese (Chapman, 1993). Il primo tipo si riferisce agli effetti (ed in particolar modole difficoltà) collegati alla decisione di un singolo lavoratore di intraprendere unpercorso formativo, mentre il secondo tipo di esternalità riguarda la forma ed icontenuti del contratto stipulato fra il lavoratore e l’azienda ed attiene nello specifico

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empirico i fattori incidenti sulla formazione delle preferenze di lungo

periodo delle imprese (Stabile, 1996).

Fra i fattori maggiormente incidenti vi è il progresso tecnico, il quale

spingendo le imprese a rinnovare le professionalità interne le sollecita ad

aggiornare ed ampliare le competenze dei loro dipendenti 4; il contenuto e

l’estensione degli interventi aziendali è stato inoltre collegato al tipo di

controllo che le istituzioni esercitano sul comportamento dell’impresa nei

confronti dei lavoratori (Crompton, Gallie e Purcell, 1998). Oltre ai fattori

‘vincolanti’ troviamo poi una serie di fattori come la cultura d’impresa e la

struttura organizzativa che influiscono sulla rappresentazione che

un’impresa ha del capitale umano ‘investito’ nei suoi dipendenti (Jones,

1998). Il modo in cui un’impresa si configura i suoi fabbisogni di personale

e di professionalità può incidere in modo determinante sulla propensione e

sulle modalità di realizzazione delle iniziative di formazione, così come

sulla strategia assunta dall’azienda sul mercato del lavoro e nei confronti

delle istituzioni formative pubbliche e private.

Partendo dall’assunzione che è dall’interazione fra fattori economici

(rappresentazione del capitale umano posseduto e conseguenti aspettative

sul suo rendimento futuro) e fattori socio-istituzionali (le relazioni con le

le conseguenze in termini di carriera, avanzamento e acquisizione di nuove mansioni.Nel terzo caso, infine, si prende in esame lo scambio – o per meglio dire lo scippo - dilavoratori formati fra imprese (poaching externalities). Esiste poi una quarta forma diesternalità, che è stata presa in esame principalmente dagli studi sociologici che sisono occupati di mercato del lavoro: quella dei fallimenti sistemici (system failure)ovvero delle esternalità collegate all’interazione negativa fra struttura del mercato dellavoro e struttura del sistema educativo (come nel caso del sistema educativo ingleseindagato da Finegold e Soskice nel 1988).

4 Ciò vale in particolare nel settore della meccanica, cui appartengono le quattro impreseanalizzate, dove per effetto delle trasformazioni nella sfera organizzativa edell’impiego di tecnologie automatizzate si è recentemente registrato un aumento della

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istituzioni locali) che si determinano le scelte strategiche nel campo della

formazione, in questo paper descriveremo come ciò sia avvenuto in quattro

imprese situate in un ambito territoriale, la Provincia Autonoma di Trento,

dotato di politiche pubbliche incentivanti la formazione. In particolare,

attraverso la descrizione dei casi aziendali metteremo in luce l’eventuale

presenza di una relazione fra contenuto e orientamento della formazione

fatta in azienda e l’indirizzo perseguito dalle istituzioni provinciali, e i

principali fattori socio-economici che strutturano le forme di regolazione

delle esternalità formative adottate dalle quattro imprese trentine.

1. La regolazione istituzionale della formazione aziendale in Provincia

Autonoma di Trento.

Le misure volte a elevare la professionalità dei lavoratori (formazione

professionale), ed a favorire lo sviluppo delle risorse umane nelle imprese

(formazione continua) hanno sempre ricevuto particolare rilevanza da parte

dell’amministrazione e degli organismi della Provincia Autonoma di Trento.

La regolamentazione provinciale si è sviluppata a partire dal 1983, quale

corollario degli interventi della politica del lavoro varati dal governo

provinciale (L.p. 19/83); nello stesso anno fu istituita l’Agenzia del Lavoro

di Trento, un ente autonomo con compiti di monitoraggio ed intervento nel

campo della politica del lavoro e della riqualificazione professionale.5 La

complessità delle mansioni in termini di varietà ed un incremento nele iniziative diaggiornamento delle competenze professionali dei lavoratori.

5 Una parte rilevante delle policy pubbliche trentine in campo occupazionale è rivoltaverso le cosiddette ‘fasce deboli’ (lavoratori poco qualificati, donne e recentementelavoratori con anzianità) con lo scopo di aumentarne le competenze professionali e

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sua attività si affianca a quella del Servizio Formazione Professionale della

Provincia la quale, oltre a programmare interventi diretti e di indirizzo nel

sistema educativo trentino (scuole e istituti di formazione professionale),

organizza corsi di formazione e gestisce le erogazioni finanziarie a sostegno

dei progetti definiti dalle amministrazioni aziendali (i costi sostenuti

dall’amministrazione pubblica possono variare dal 25/30% fino al 70% delle

spese).

Prendendo in esame l’ultimo quadriennio di intervento (1994-1998), ad

esempio, si rileva come gli interventi di formazione continua abbiano

rappresentato quasi la metà di tutte le azioni di formazione professionale

svolte dagli organismi provinciali trentini (Galetti, 1999). In questo stesso

periodo il Programma Operativo della Provincia Autonoma di Trento ha

realizzato oltre un migliaio di interventi fra corsi aziendali ed interaziendali

(in totale 1200 interventi per 17.695 partecipanti) oltre alle iniziative di

consulenza presso le PMI per la progettazione di interventi di anticipazione

a singoli problemi formativi. 6

In questo contesto, le incentivazioni finanziarie dirette e indirette alla

formazione svolgono un’importante funzione in quanto consentono alle

imprese trentine di ridurre in modo sensibile i costi associati

all’investimento in capitale umano. Se guardiamo in dettaglio a ciò che

avviene su iniziativa aziendale usufruendo di finanziamenti pubblici, è però

quindi le loro chances lavorative. Anche se il 60% degli interventi è ancoraprincipalmente rivolto alle figure impiegatizie, nei corsi provinciali sono solitamenterappresentate tutte le qualifiche dai responsabili d’impresa all’operaio comune e per lefigure meno qualificate sono stati recentemente organizzate attività specifiche diinserimento e qualificazione. Per una descrizione delle iniziative in oggettorimandiamo alle pubblicazioni dell’Agenzia del Lavoro di Trento e ai rapportidell’Assessorato alla Formazione Professionale citati in bibliografia.

6 Fonte: La formazione continua in Provincia di Trento, Rapporto 2000 del ServizioFormazione e Addestramento Professionale).

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importante tenere conto della possibilità che il sostegno economico invece di

modificare la cultura d’impresa rafforzi pratiche di investimento in capitale

umano basate su considerazioni di breve periodo e come tale fornisca

competenze scarsamente impiegabili sul mercato del lavoro o tenda a

riprodurre le disuguaglianze esistenti a priori fra i dipendenti. Osservare

l’intreccio fra indirizzo istituzionale e sua ricezione all’interno delle imprese

può essere quindi utile per individuare specifiche modalità di regolazione

delle esternalità formative ed il rapporto che viene ad instaurarsi fra politica

delle risorse umane dell’impresa e esito complessivo sulla qualità della forza

lavoro trentina. Inoltre, l’analisi del contesto trentino può presentare finalità

esplorative relativamente alle modalità attraverso cui si viene a realizzare

l’interazione fra intervento istituzionale e strategie imprenditoriali in campo

formativo.

Un utile riferimento a questo proposito è la tipologia di regolazione

delle esternalità individuata da Anastasia e Corò (1996) per il Nord Est

italiano. Secondo questi autori in quest’area territoriale sarebbero, infatti,

presenti tre differenti sistemi di regolazione delle esternalità e di creazione

di beni pubblici collegati all’attività industriale. Questi sistemi fino ad ora

hanno ricevuto scarsa attenzione da parte degli economisti a causa del loro

alto tasso di embeddedness con il contesto socio-politico locale: il loro

ruolo, sostengono gli autori, è tuttavia destinato a diventare importante

nell’evoluzione del sistema industriale di queste zone. Il primo sistema di

regolazione delle esternalità formative è rappresentato dalla cooperazione

fra attori economici quali imprese, banche locali ed investitori privati ed in

alcuni casi dalle istituzioni regionali o provinciali. Attraverso dei

meccanismi di apprendimento evoluzionario questi attori riescono a

coordinarsi ed a far coincidere interessi e strategie. Un esempio è la

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creazione di centri servizi per le imprese, sistemi informativi a sostegno

delle industrie locali o enti di formazione. Ciò è reso possibile oltre che dalla

comunanza di interessi anche dalla possibilità di integrazione fra gli attori

per mezzo di valori condivisi, linguaggi e logiche di comportamento comuni

(etica del lavoro, propensione al rischio ed a innovare).

Le associazioni imprenditoriali rappresentano il secondo sistema di

regolazione delle esternalità. Esse tendono ad essere solitamente più

efficienti nel campo della formazione professionale e nel caso di necessità

collegate all’acquisizione di tecnologia, e solitamente ricercano

collaborazioni con le istituzioni pubbliche locali, con il sistema di governo

regionale o provinciale. Infine, Anastasia e Corò individuano nelle medie e

grandi imprese una terza forma di regolazione: queste, svolgendo il ruolo di

leader tenderebbero infatti ad influenzare il mercato del lavoro locale ed il

sistema di relazioni fra imprese e contesto. Le grandi imprese, in particolare,

sarebbero capaci di elaborare delle strategie di lungo termine che

modificano le relazioni produttive, sociali ed economiche al punto che le

piccole imprese e gli imprenditori singoli vengono a dipendere da loro non

solo dal punto di vista produttivo ma anche finanziario. In alcuni casi tale

dipendenza viene sfruttata a vantaggio della piccola impresa che assume un

comportamento di free rider, ma in realtà sono soprattutto le grandi imprese

a svolgere il ruolo di meta-organizzazioni della produzione e di fornitori di

beni e servizi ‘collettivi’ (ricerca, infrastrutture, sostegno culturale e

welfare).

I tre modelli descritti da Anastasia e Corò ci sollecitano ad operare dei

discrimina sulla situazione particolare della Provincia Autonoma di Trento

dove (per effetto dello speciale regime di autonomia e delle opportunità

normative collegate) la ‘questione formazione’ è stata affrontata con

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12 Formazione aziendale e contesto territoriale

strumenti e modalità di intervento più vicine alle esperienze estere che non

alla situazione nazionale. Rispetto alle altre regioni del Nord-Est il sistema

economico trentino si distingue, infatti, per una forte dipendenza dalle

istituzioni e per un mercato del lavoro con un bassissimo tasso di

disoccupazione, una scarsa mobilità territoriale ed un alto tasso di

occupazione pubblica.7 Per quanto riguarda la struttura industriale trentino è

invece importante rilevare oltre all’influenza diretta ed indiretta dell’attore

pubblico (come ad esempio la compartecipazione a consorzi ed a iniziative

imprenditoriali) la relativa scarsità di grandi imprese ed il numero rilevante

di medie imprese che fa capo o risulta di proprietà di gruppi extraregionali.

Ciò porta a supporre che le aziende trentine siano interessate a

sviluppare reti di relazioni (Aldrich e Dubini, 1989) con le istituzioni

pubbliche e con rappresentanti della comunità locale (amministratori locali,

dirigenti di enti di formazione) in funzione del loro fabbisogno di

manodopera: la regolazione delle esternalità in Provincia di Trento

tenderebbe quindi ad avere una forte valenza localistica (Diamanti, 1994;

Trigilia, 1985).

Prendendo in esame le politiche formative di quattro imprese trentine,

oltre ad analizzarne il contenuto e l’indirizzo (a quale fascia di lavoratori è

rivolta la formazione e come questa avvenga concretamente), sarà dunque

essenziale prestare attenzione anche alle modalità di regolazione delle

esternalità formative adottate dalle singole aziende in rapporto alle

7 La Provincia Autonoma di Trento presenta un tasso di attività fra i più alti in Italia

(52,1% nel 1999), un tasso di disoccupazione bassissimo (4,3% nel 1999) ed un livellodi occupazione nel settore della pubblica amministrazione (21,6%) fra i piu’ alti delleregioni del Nord (ma in media con la situazione nazionale). Per maggiori dati suquesti aspetti si rimanda alle fonti in bibliografia ed in particolare al Rapporto sullasituazione economico-sociale della Provincia di Trento ed alle indaginiperiodicamente effettuate dall’Osservatorio sul Mercato del Lavoro di Trento.

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opportunità ed ai vincoli posti dal contesto locale e dalle istituzioni

provinciali. Nel mettere in luce le interdipendenze che vengono a crearsi fra

le scelte da parte delle imprese riguardanti la formazione, il contesto locale

(e nello specifico le condizioni del mercato del lavoro) e le istituzioni attive

nel campo della formazione professionale, è stata quindi valutata come

rilevante in primo luogo la presenza di scuole o altri enti formativi pubblici

così come di rapporti e relazioni privilegiate con le amministrazioni

comunali. Questi attori, modificando le preferenze dell’impresa (che può in

tal modo attingere ad un bacino di potenziali dipendenti, spesso

opportunamente qualificati per i compiti lavorativi necessari all’azienda),

possono contribuire a far sì che questa organizzi i suoi fabbisogni

professionali nel tempo secondo direzioni inattese dalle istituzioni

pubbliche.

In secondo luogo, scegliendo imprese localizzate in aree diverse del

territorio trentino (rispettivamente in un’area turistica, in un’area di distretto

ed in un’area di economia multisettoriale), e optando per l’analisi di casi

aziendali appartenenti tutti al settore metalmeccanico, si è cercato di tenere

sotto controllo alcuni fra i fattori di maggiore influenza sulle scelte

formative delle imprese. Questo perché il modo in cui vengono ad

organizzarsi i rapporti fra imprese appartenenti ad una stessa ‘filiera’

produttiva tende ad influenzare il tipo di posti di lavoro disponibili e

caratterizzarli in termini di opportunità di carriera e occasioni formative.

Analizzando quattro casi di aziende trentine abbiamo infine posto una

particolare attenzione alle modalità attraverso cui la formazione era gestita

all’interno dell’azienda (quale funzione interna e l’eventuale presenza di

referenti esterni), a quale fascia di lavoratori era rivolta ed in quale

occasione (se programmata o meno) veniva svolta.

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14 Formazione aziendale e contesto territoriale

Infine, descrivendo le vicende delle imprese e raffrontando le loro

scelte comparando i casi di due medie imprese e di due multinazionali si è

cercato di sintetizzare due aspetti specifici delle strategie adottata dalle

singole imprese quali i problemi di coordinamento e concorrenza fra

imprese relativamente alla forza lavoro (poaching externalities) e le

politiche di investimento adottate dalle imprese in campo formativo. Questi

due aspetti, a nostro avviso, possono fornire interessanti elementi di

comprensione degli effetti di interazione occorsi fra regolazione pubblica,

contesto territoriale e comportamento dell’impresa sul mercato del lavoro

locale.

2. L’investimento in capitale umano: i casi di due medie imprese.

Il modo più semplice di osservare le esternalità della formazione del

personale è di vederle collegate ad un problema di scelta economica:

secondo la logica dell’impresa esiste, infatti, un trade off fra i costi sostenuti

per la produzione e quelli di crescita del suo capitale umano (Nugnes, 1999).

L’investimento in formazione ha effetti sulla produzione futura, e come tale

rappresenta sostanzialmente un rischio per l’impresa. Inoltre, l’esito della

formazione non può essere completamente protetto dalle previsioni del

contratto fra impresa e lavoratore e la possibilità che quest’ultimo passi ad

un concorrente aumenta in proporzione alla qualità ed alla quantità

dell’investimento formativo ricevuto (Chapman, 1993).

La posizione e le alternative esposte sulla decisione di investimento in

capitale umano rappresenta bene il punto di vista da cui sono partite le

imprese che analizzeremo in questo primo paragrafo. Simili per

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caratteristiche di base comuni (composizione della forza lavoro,

organizzazione del lavoro e tipo di tecnologia impiegata) ed entrambe

sollecitate ad attuare un programma di implementazione di metodi e

tecnologie tipiche della produzione automatizzata di qualità, le due imprese

hanno però dato una risposta differenziata.

La gestione del cambiamento tecnico nelle due imprese, in particolare,

è avvenuta secondo logiche e attraverso modalità molto differenti soprattutto

per quanto attiene il ruolo che il personale ha all’interno della crescita

imprenditoriale. Ciò va ricondotto oltre che ai fattori che descriveremo

dettagliatamente nei casi, ad aspettative differenziate sui fabbisogni e sulla

redditività di differenti forme di professionalità. Ad un’ottica in cui la

formazione è esclusivamente funzionale alla produzione e quindi rivolta a

quelle fasce di personale potenzialmente ‘più redditizie’, si è contrapposta

quella secondo cui la formazione è fondamento della strategia organizzativa

e fondamento dello sviluppo dell’impresa. La contrapposizione coinvolge e

chiama in causa anche fenomeni di interazione con l’esterno, e soprattutto

con le istituzioni pubbliche.

La logica economica dell’impresa e soprattutto come questa si

configura nei suoi fabbisogni di personale e di professionalità non è infatti

impermeabile alle sollecitazioni delle istituzioni attive in campo formativo,

bensì recepisce istanze che vengono da fonti informative diverse (Luciano,

1999).8 In quanto espressione di collegamento fra l’investimento in

8 Un esempio è la programmazione di interventi e programmi di formazione

professionale da parte degli enti pubblici: le conoscenze e competenze fornitecorrisponderanno in parte ed in parte alla situazione percepita e registrata dalleistituzioni a diversi livelli (rilevazioni statistiche, indagini ad hoc, pressione da partedi gruppi imprenditoriali), e in parte a ciò che si assume sia più adeguato a renderecompetitivi sul mercato i lavoratori (sulla base di aspettative sullo sviluppo delsistema economico e delle caratteristiche dei lavoratori stessi). Osservando ilcontenuto e la trasferibilità delle competenze acquisite in azienda attraverso i

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16 Formazione aziendale e contesto territoriale

formazione e le credenze che gli imprenditori hanno sulla redditività la

formazione, la diversa attenzione al capitale umano nelle due imprese può

essere letta quindi come simbolo di due diverse concezioni della relazione

fra impresa e lavoratori, così come di modalità di interazione specifiche dei

rapporti instaurati dall’impresa stessa con le istituzioni formative e con le

rappresentanze sindacali.

2.1 L’impresa CO

Il primo caso riguarda un’impresa contrattualmente inquadrata nel

settore metalmeccanico, che produce piccole componenti plastiche destinate

all’industria farmaceutica e cosmetica. L’impresa CO è localizzata in

un’area turistica non distante dal capoluogo provinciale ed è composta di tre

piccoli stabilimenti, separati dall’area urbana e da aree ad uso agricolo. Si

tratta di un’azienda di medie dimensioni (nel 1998 registrava circa 200

dipendenti), che negli ultimi dieci anni ha acquisito una buona posizione sul

mercato internazionale.

La CO ha, infatti, basato la sua crescita degli ultimi dieci anni quasi

esclusivamente sullo sviluppo tecnologico, limitando progressivamente il

contenuto degli interventi formativi, ed in particolar modo quelli rivolti al

personale di produzione. Prima di passare a descriverne le vicende è quindi

importante sottolineare alcune caratteristiche dell’impresa, del suo modello

organizzativo come del suo ambiente quali fattori che hanno contribuito a

definire il modello di gestione del personale.

In primo luogo, la proprietà dell’azienda. La quota di maggioranza

della società è detenuta da un gruppo industriale trentino, con una larga

programmi di formazione finanziati o concordati con gli enti pubblici possiamodunque ottenere degli elementi determinanti per comprendere l’interazione fra le

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quota di compartecipazione (pari al 20%) da parte della finanziaria della

Provincia Autonoma di Trento. La proprietà ha avuto inaspettatamente un

ruolo di rilievo nel privilegiare una politica degli investimenti che, come

descriveremo più avanti, è stata centrata sull’innovazione tecnologica.9

In secondo luogo, l’organizzazione del lavoro e le caratteristiche dei

dipendenti della CO hanno avuto un certo peso sul tipo di rapporto che

l’impresa ha stabilito con il contesto locale nel corso degli anni. Dal punto di

vista produttivo l’attività è organizzata in tre reparti dedicati rispettivamente

alla produzione, al controllo ed alla spedizione del prodotto finito; vi è

inoltre una sezione dedicata alla ricerca ed allo sviluppo di nuovi prodotti. Il

tipo di competenze richieste ai dipendenti è quindi molto variabile ma è

peculiarità dell’azienda rispetto alle altre imprese della zona, per la

maggioranza appartenenti al settore metalmeccanico, la presenza di un’alta

percentuale (superiore al 60%) di personale femminile in produzione. Ciò si

collega in parte alla necessità di operare controlli particolarmente accurati

sulla qualità e funzionalità dei prodotti (mansioni tradizionalmente affidate

alle lavoratrici), ed in parte alla situazione del mercato del lavoro locale,

caratterizzato da una bassa mobilità territoriale.

Queste caratteristiche rappresentano alcuni degli elementi di influenza

sulla politica dell’impresa, sulle sue scelte di investimento e sul suo

strategie delle imprese e le opportunità istituzionali alle quali le prime rispondono.

9 Citiamo a questo proposito la spiegazione fornite nel corso di un colloquiodall’amministratore delegato dell’impresa: “L'impostazione della CO è quella che hadato il nobel a Modigliani: l'investimento in capitale fisso è vantaggioso rispetto alcapitale circolante.(..) Diciamo che c’è stata una parte di consulenze che ci hannoindirizzato per l’investimento in tecnologia, ma se noi tendiamo ad investire incapitale fisso cioè strutture produttive, creazione di processi ed anche una quotaparte in ricerca non finalizzata, è anche perché c'è una scelta da parte dellaproprietà. E’ considerato un aspetto strategico.”

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18 Formazione aziendale e contesto territoriale

atteggiamento nei confronti della formazione. In un’ottica in cui la

formazione della strategia dell’impresa è data da un flusso di azioni

(Pettigrew, 1990) che si realizza come risposta - spesso non intenzionale-

alle sollecitazioni che vengono dal contesto, per interpretare la politica del

personale dell’impresa dobbiamo però guardare anche alle particolari

condizioni in cui si è sviluppata. Prenderemo così in esame dapprima i

cambiamenti riguardanti la produzione e gli investimenti, ed in seguito

quelli relativi al personale ed alla formazione, per poi soffermarci sulle

problematiche riguardanti i rapporti con il contesto, ed in particolare sugli

aspetti di interazione con il mercato del lavoro locale.

Lo vicende produttive degli ultimi dieci anni della CO sono collegate

ad un’improvvisa variazione delle preferenze di mercato che la

trasformarono da piccola impresa specializzata in una produzione di nicchia,

a leader del mercato per il suo settore. Oltre ad un forte aumento dei profitti,

questo fatto comportò per l’impresa una serie di cambiamenti importanti

nella sua struttura produttiva.

Grazie ai programmi provinciali10 l’impresa ebbe infatti l’opportunità

di attuare un piano di investimenti molto ampio, centrato sull’innovazione

tecnologica e sulla realizzazione di un nuovo stabilimento, completamente

automatizzato. La necessità di adeguare la struttura produttiva alle richieste

del mercato recentemente acquisito, e di mantenerne la clientela estera

spinse l’impresa a creare nuovi prodotti ed a migliorare la qualità di quelli

già esistenti, effettuando una serie di interventi anche nell’area

dell’organizzazione del lavoro. Un’ampia quota dei dipendenti più anziani

fu dimessa o ricollocata ed al loro posto furono assunti giovani diplomati

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Formazione aziendale e contesto territoriale 19

con contratti di formazione lavoro, e tecnici specializzati nel controllo dei

processi automatizzati. Infine alcune fasi produttive considerate poco

redditizie vennero esternalizzate presso piccole aziende artigiane della zona,

o a ex-dipendenti. L’impiego di tecnologie più sofisticate spinse inoltre la

direzione a esercitare pressione per il mantenimento di alti standard di

qualità dei prodotti, pianificando attività formative ad hoc ed introducendo

strumenti di incentivazione salariale collegati all’efficienza. In particolare

nuove assunzioni e attività formative furono rivolte ai reparti divenuti

centrali per l’azienda, come il controllo di qualità e la ricerca e lo sviluppo.

Complessivamente l’impatto di questi cambiamenti incise

profondamente sulla struttura e sulla cultura interna dell’azienda,

‘modernizzandola’ e spingendola a implementare sempre più una filosofia

produttiva flessibile. Molti degli effetti collaterali (licenziamenti,

trasferimenti di reparto, modifiche del contratto), tuttavia, suscitarono

reazioni da parte delle organizzazioni sindacali ed un peggioramento delle

relazioni con l’azienda, con difficoltà di dialogo che permangono ancora

oggi.

Per quanto riguarda la formazione, rispetto al passato in cui essa si

realizzava soprattutto partecipando al lavoro di gruppo e attraverso

l’affiancamento ai colleghi più anziani, i cambiamenti strutturali hanno

comportato diversi problemi. In particolare, il nuovo modello basato sulla

formazione ‘flessibile’ (Giannini, 1997), introdotto per adeguare le

competenze dei dipendenti alle nuove tecnologie, è risultato particolarmente

destrutturante. Esso, infatti, non sempre consente ai lavoratori di acquisire

una visione globale della produzione, bensì li ‘addestra’ ad un insieme di 10 Si tratta delle agevolazioni previste dal programma provinciale di incentivazione

dell’industria (L.p. 4/81 - Agevolazione ai credito per le imprese per opere di

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20 Formazione aziendale e contesto territoriale

procedure che difficilmente risulteranno trasferibili sia all’interno della

stessa azienda sia in altre imprese locali. Inoltre, si tratta spesso di attività

formative che oltre a presentare un forte carattere di specificità (e quindi di

scarsa spendibilità sul mercato del lavoro locale) tendono a rimanere

circoscritte alle posizioni maggiormente qualificate. Ciò vale in particolare

per quei lavoratori cui sono affidati compiti di controllo, ovvero per la

maggioranza della componente femminile in produzione.

La tendenza dell’azienda è stata, quindi, quella di creare una netta

cesura fra quelle posizioni in cui la formazione è necessaria perché connessa

alla qualità del prodotto, e le altre posizioni per le quali formazione equivale

alla ricezione di istruzioni sull’utilizzo dei macchinari. La scelta risulta

coerente con la posizione marginale che le risorse umane tendono ad

assumere nello sviluppo della CO: in passato perché il sistema tradizionale

di reclutamento e di addestramento on the job era sufficiente a rispondere

alle esigenze dell’impresa ed ai suoi fabbisogni professionali, ed in seguito

per intenzionale scelta imprenditoriale. Rispetto al contesto istituzionale

l’impresa attua così una politica di sottoinvestimento e nonostante le norme

in materia consentano l’accesso a opportunità e di agevolazioni finanziarie

la CO tende ad utilizzare solo in misura marginale queste iniziative di

formazione.

Un’osservazione complessiva sulle scelte formative della CO non può

non rilevare come la politica di sottoinvestimento in capitale umano operata

dall’impresa negli ultimi dieci anni sia avvenuta in modo anomalo con

quanto supposto dalle teorie economiche tradizionali sulla formazione. In

condizioni di bassissima concorrenza fra imprese sul mercato del lavoro, ed

in presenza di una situazione favorevole dal punto di vista finanziario,

ristrutturazione e investimenti in strutture e innovazione tecnologica).

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Formazione aziendale e contesto territoriale 21

l’impresa ha infatti optato per il solo potenziamento del suo capitale fisso.

Questa propensione, oltre che facendo riferimento alla cultura d’impresa, si

spiega osservando l’area territoriale in cui l’azienda è situata e le istituzioni

locali che ivi operano.

Per effetto della sua localizzazione in una zona a prevalente economia

turistica, l’impresa si trova, infatti, in una posizione di vantaggio sul mercato

del lavoro comprensoriale. Essa è una delle poche imprese dell’area in grado

di offrire posti qualificati per figure tecniche e di livello operaio, che

attraggono sia giovani diplomati dalle limitrofe scuole tecniche, sia altre

fasce di lavoratori meno qualificati. La presenza di istituzioni formative e la

scarsa propensione alla mobilità territoriale, in condizioni di bassa

concorrenza con altre imprese, hanno così assicurato buona disponibilità di

personale per lungo tempo all’impresa. L’insieme di questi fattori ha reso

meno essenziale la realizzazione di interventi di sostegno alla crescita del

potenziale umano: la collaborazione con i programmi pubblici si è quindi

risolta nel solo lato di agevolazione finanziaria e non ha determinato

cambiamenti interni alla logica di gestione del personale.

2.2 L’impresa AD

La seconda impresa che consideriamo nella nostra indagine è anch’essa

di medie dimensioni (200 dipendenti circa), appartenente al settore

metalmeccanico e produce piccole componenti per l’industria motociclistica

vendute all’estero e in Italia. Pur presentando elementi di somiglianza con il

primo caso, la politica di sviluppo del personale seguita dalla direzione della

AD se ne differenzia però notevolmente. Osservando diversi esiti da

situazioni produttive che presentano forti somiglianze ci è parso quindi di

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22 Formazione aziendale e contesto territoriale

particolare utilità per la nostra riflessione sulle conseguenze delle scelte in

campo formativo delle aziende trentine.

Se nel caso della prima impresa l’obiettivo principale dello sviluppo

aziendale è stato quello di conciliare una forma organizzativa di tipo

tradizionale con intensi investimenti in tecnologie e strutture, in questo caso

la crescita tecnologica dell’azienda si è accompagnata alla necessità di

trattenere le figure tecniche ed operaie formatesi all’interno dell’impresa.

Seguendo i principi della produzione flessibile anche la AD pone una forte

enfasi sulla qualità della produzione, con un reparto dedicato alla

progettazione ed allo sviluppo di nuovi prodotti; l’alta percentuale di forza

lavoro femminile nei reparti di produzione, inoltre, rende la sua struttura

interna simile a quella della CO. Tuttavia, se guardiamo ai problemi che le

due direzioni hanno dovuto affrontare notiamo alcune discrepanze collegate

alla diversa collocazione ed appartenenza territoriale delle due imprese.

L’impresa AD è, infatti, situata all’interno di un’area industriale ed in

una zona del Trentino che presenta una forte concentrazione di piccole e

medie imprese, in parte appartenenti al settore metalmeccanico. La

concorrenza fra imprese per la manodopera è quindi intensa e soprattutto

negli ultimi cinque anni la difficoltà nel reperimento del personale e la

conseguente carenza di figure qualificate sul mercato del lavoro locale si è

fatta preoccupante. In secondo luogo, la proprietà extraregionale della AD

ha inciso soprattutto nel passato come fattore di distanza dalla comunità e

dalle istituzioni locali: all’epoca attuale essa non incide però più né

sull’indirizzo economico dell’impresa né sulle sue relazioni sociali.

Se nel caso della precedente impresa, la resistenza ad attuare

programmi formativi con carattere professionalizzate e diretti anche verso

finalità di equità sociale era riconducibile alla presenza di una scarsa

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Formazione aziendale e contesto territoriale 23

motivazione imprenditoriale ed a un contesto istituzionale troppo favorevole

all’azienda, nel caso della AD si vede come al contrario proprio dai vincoli e

dalle difficoltà collegate alla localizzazione ed all’area del personale e

nonostante tipo di produzione poco innovativa, l’azienda abbia sviluppato

un proprio approccio di successo alla formazione. La AD mostra come il

coordinamento fra strategia dell’impresa e intervento formativo pubblico

renda possibile tradurre all’interno di un’organizzazione competenze sociali

e relazionali che siano di supporto alla crescita produttiva ed alla

motivazione dei lavoratori (Ballarino, 1998).

Per esaminare il processo di nascita e sviluppo della politica formativa

dell’azienda partiamo quindi dalle vicende successive ad una profonda crisi

produttiva, in cui la direzione della AD varò una serie di interventi rivolti

all’area commerciale (marketing ed altre iniziative promozionali), a quella

produttiva (rinnovo dei macchinari, ristrutturazione di alcuni reparti dello

stabilimento), all’organizzazione del lavoro ed infine all’area del personale.

L’obiettivo di questi interventi era di rispondere meglio alle richieste del

mercato, rinnovando completamente l’immagine dell’azienda attraverso lo

sviluppo di nuovi prodotti, ed il miglioramento della qualità di quelli

presenti. La realizzazione di questo processo di rinnovamento venne

agevolata e sostenuta dall’insediamento di un nuovo management, che

individuò il problema centrale dell’azienda della sua mancanza di cultura

imprenditoriale e un insufficiente rapporto con le istituzioni locali.11

11 La descrizione del nuovo direttore dello stabilimento mette in luce appunto come “di

fronte ad un incremento netto del personale e del fatturato (uno sviluppo piuttostocaotico direi) non si è andati di pari passo con uno sviluppo della risorsa interna.Sono rimasti fermi quelli che sono i contenuti professionali delle persone che eranoinserite. Sono due cose diverse gestire un'azienda da 40 persone e un'azienda da 200persone,se non altro per la complessità delle tematiche. Quindi le persone che eranopresenti prima pur essendo preparate dal punto di vista tecnico non lo erano

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24 Formazione aziendale e contesto territoriale

In seguito agli investimenti in tecnologia la produzione raddoppiò così

come il numero di dipendenti e questo fatto mise in evidenza una mancanza

di competenze e di capacità organizzative nell’area di gestione del

personale. Mentre nel passato, come per la maggioranza delle medie imprese

trentine, la funzione del personale era svolta attraverso una specie di

‘monitoraggio a distanza’ da parte di uno studio di consulenze e solo alcune

funzioni come la gestione degli aspetti di carriera era affidata al direttore di

stabilimento, con l’avvento dei nuovi modelli produttivi questo tipo di

organizzazione si rivelò limitante. In particolare, l’intenso turn over cui era

soggetto il personale in produzione e le difficoltà di rentention per le figure

più qualificate, facilmente attratte dalle retribuzioni più alte offerte da altre

imprese locali furono letti dalla direzione come sintomi di una difficoltà da

parte dell’impresa di valorizzare le professionalità presenti in azienda e di

gestire una struttura produttiva che si proponeva di essere flessibile e

competitiva, ma che in realtà era ancora legata a modelli gestionali

tradizionali.

Anche in questo caso il nuovo management affrontò questi problemi

direttamente con interventi riguardanti il personale già presente in azienda e

con un piano di assunzioni ‘mirate’. L’investimento dell’impresa nell’area

del personale fu intenso ed in pochi anni si ebbe non soltanto un rinnovo ed

un aumento delle figure professionali (l’azienda è una delle poche nell’area

ad avere assunto una figura qualificata ad hoc per la gestione degli aspetti

relativi alla formazione), ma anche un’intensificazione dei rapporti con gli

enti di formazione professionale e le amministrazioni locali. Oltre alle

assolutamente dal punto di vista manageriale. Era poi un’impresa completamentesconosciuta anche come immagine con una presenza sul sociale del tutto inesistente.”

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Formazione aziendale e contesto territoriale 25

associazioni di categoria in questo progetto furono attivamente coinvolte le

rappresentanze sindacali ristabilendo un clima positivo di collaborazione.

L’ aumento delle occasioni di contatto con le istituzioni locali e con

l’amministrazione comunale aumentò le opportunità di collaborazione e

contribuì a creare una nuova immagine d’impresa presso il pubblico e

nell’ambiente istituzionale locale. Situata in un’area industriale popolata

prevalentemente da imprese locali e non presentando particolari

problematiche (per dimensioni, tipo di produzione o in negativo impatto

ambientale), fino a pochi anni fa l’impresa aveva, infatti, pochi rapporti con

la realtà territoriale e tutti limitati ad incombenze burocratiche. La politica

introdotta dal nuovo management venne quindi a modificare positivamente

la situazione: la visibilità dell’impresa fu aumentata attraverso la

partecipazione ad iniziative delle associazioni di categoria, e furono vagliate

le opportunità offerte dalle istituzioni provinciali (Agenzia del Lavoro e

Servizio Formazione) per supportare i cambiamenti nell’organizzazione

interna.

Fra i principali esiti del cambiamento nelle relazioni esterne fu l’avvio

di due progetti di intervento sulle competenze professionali del personale:

concordate ad hoc con gli enti responsabili della formazione professionale

provinciale (Assessorato alla Formazione Professionale) queste attività

erano finalizzate ad elevare la professionalità del personale in produzione e

di aumentare la retention di quello tecnico.12 L’intervento fu organizzato in

collaborazione con l’ente pubblico in forma di piano pluriennale di

12 Nel caso del personale tecnico, la localizzazione dell’impresa presso un’area

industriale, rendeva infatti la forza lavoro qualificata soggetta ad un alto rischio didefezione (poaching), mentre nel caso di quello di produzione il problema eracostituito dal turn over elevato dovuto all’alta percentuale di forza lavoro femminile,ed alla ripetitività dei compiti richiesti.

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26 Formazione aziendale e contesto territoriale

riqualificazione del personale tecnico ed operaio. La risposta al problema

della concorrenza per la manodopera non prese dunque la via tradizionale

degli incentivi economici (dove si sarebbe trovata messa a confronto diretto

con le altre imprese), ma fu bensì risolta avvalendosi della competenza (e

dell’incentivazione economica) delle istituzioni provinciali. In questo senso

la direzione compì una scelta innovativa: i contenuti dei corsi affidati alla

responsabile aziendale per la formazione furono infatti centrati non solo

sugli aspetti tecnici (qualità e automazione) ma anche sullo sviluppo di

abilità di tipo relazionale.

Facendo leva sulla motivazione per aumentare la retention dei

dipendenti, e al tempo stesso aumentando il numero delle figure intermedie

e la professionalità del personale di produzione che presenta maggiore

anzianità, la AD riuscì così a rendere maggiormente incisiva e affidabile la

sua capacità produttiva nonché a promuovere lo sviluppo di una nuova

cultura d’impresa dotata di potere di attrazione maggiore nei confronti dei

dipendenti.

3. Cooperare o competere: le scelte formative di due multinazionali.

In questo terzo paragrafo, analizzando i casi di due grandi imprese

situate sul territorio trentino ci concentreremo sugli aspetti di regolazione

territoriale delle risorse umane, analizzando sia gli aspetti relativi alla

collaborazione fra imprese e enti formativi quali scuole ed istituti

professionali, sia quelli riguardanti la competizione fra imprese per

l’assunzione di manodopera qualificata. Soprattutto sul primo aspetto sono

andati crescendo negli ultimi anni numerosi studi e ricerche, orientati ad

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Formazione aziendale e contesto territoriale 27

analizzare il ruolo delle istituzioni nel promuovere iniziative di risposta ai

fabbisogni professionali del sistema economico (Regini, 1997). Alla base di

questi lavori vi è la conoscenza che i rapporti fra capitale e lavoro

dipendono non solo da variabili tecnologiche e organizzative interne

all’impresa, ma anche da fattori esterni di tipo istituzionale e culturale (e

come tale soggetti ad una forte variabilità locale).

Nella misura in cui i sistemi industriali tendono a decentrarsi, le

imprese iniziano, infatti, a ricercare i loro punti di forza e vantaggi

competitivi a livello regionale (Porter, 1991): ciò avviene anche per quelle

imprese che operano prevalentemente su mercati internazionali, impiegando

tecnologie avanzate. Attraverso i casi di due grandi imprese, filiali trentine

di gruppi multinazionali esteri vedremo quindi come siano spesso proprio le

‘imprese globali’ ad attribuire consapevolmente un ruolo di rilievo alla loro

appartenenza territoriale, intesa come opportunità di accesso a infrastrutture,

servizi e sostegni indiretti alla loro attività, e sono spesso fra gli attori di

promozione di iniziative di sviluppo e di caratterizzazione delle economie

regionali (Perulli, 1995).

Analogamente anche dallo studio della competizione fra imprese per le

risorse umane, possiamo ricavare informazioni sulle relazioni con il contesto

locale ed in particolare sulle preferenze in ambito formative come elementi

delle ‘strategie di apertura’ al mercato del lavoro. Se guardiamo a questo

problema come ad un intreccio di strategie utilitaristiche volte ad assicurarsi

per il minore prezzo i lavoratori maggiormente esperti, possiamo infatti

considerare che le imprese abbiano un range di scelte abbastanza ampio, ad

esempio rinforzando o punendo il comportamento dell’altra impresa, come

pure arrivando a forme di cooperazione negoziata (Acemoglu e Pischke,

1998).

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28 Formazione aziendale e contesto territoriale

Fra gli elementi che concorreranno a determinare l’esito vi sarà

soprattutto la struttura del mercato del lavoro locale e l’eventuale presenza

di sovrapposizioni fra i requisiti formativi di settori differenti (Storper e

Scott, 1990). Quest’ultimo aspetto, in particolare rappresenta una variabile

cruciale poiché è ciò che consente, agevola o impedisce il passaggio di un

lavoratore formato da un’impresa all’altra (poaching) e come tale prefigura

il tipo di rapporto (cooperativo piuttosto che competitivo) che può venire ad

instaurarsi a livello locale fra imprese dello stesso settore.

3.1 L’impresa CH

Il primo oggetto di analisi sarà la politica formativa di una grande

impresa operante nel settore metalmeccanico, che fa capo ad una

multinazionale di origine statunitense. L’azienda (che qui denomineremo

CH) complessivamente impiega circa 800 dipendenti, in maggioranza operai

specializzati nell’uso di tecnologie automatizzate, e produce ed assembla

componenti meccaniche (assali e riduttori) per grossi autoveicoli. Si tratta di

un tipo di prodotto estremamente specializzato, che viene progettato ed

eseguito esclusivamente su commessa di grandi produttori stranieri.

Nonostante la crescita di dimensioni degli ultimi dieci anni (e due diversi

passaggi di proprietà) l’azienda ha quindi sempre mantenuto una filosofia

produttiva focalizzata sulla specializzazione delle lavorazioni e su alti

standards di affidabilità del prodotto.

Inoltre, l’azienda possiede tre stabilimenti sul territorio trentino situati

in differenti contesti locali, rispettivamente un’area turistica, un’area di

intensa industrializzazione (che nella nostra analisi assimileremo ad un

distretto) ed un’area rurale. La multilocalizzazione dell’azienda ci da quindi

modo di osservare anche il rapporto con i diversi mercati del lavoro locali ed

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Formazione aziendale e contesto territoriale 29

i modi attraverso cui l’azienda si è adattata a vincoli e risorse

istituzionalmente dati.

Nella letteratura viene, infatti spesso presentata una dicotomia fra

mercato del lavoro interno e mercato del lavoro occupazionale (Marsden,

1990) come divergenti forme di regolazione dei fabbisogni di forza lavoro

specializzata da parte delle imprese. Diverse sono le implicazioni per la

formazione che derivano dalla prevalenza di un tipo di regolazione piuttosto

che l’altra: mentre nel mercato interno l’acquisizione di professionalità e di

nuove competenze è ‘guidata’ dall’azienda che ne deciderà tempi e

modalità, nel mercato occupazionale è il lavoratore – solitamente già dotato

di una sua specializzazione – che si muove fra le imprese acquisendo

competenze specifiche per quel determinato contesto lavorativo. Inoltre, la

differente posizione che il lavoratore possiede nei due mercati è stata spesso

letta nei termini di maggiore o minore libertà e capacità di contrattazione nei

confronti dell’azienda della propria situazione lavorativa.

In realtà, sostiene Marsden (1990), i due tipi di regolazione non sono

veramente alternativi bensì istituzionalmente definiti e quindi soggetti a

contingenze storiche e, qui aggiungiamo, geografiche. Guarderemo dunque

al caso della CH ed ai suoi stabilimenti, come opportunità di valutare questa

lettura delle variazioni nella politica del personale in base al contesto

istituzionale che l’impresa si trova ad affrontare.

Nei tre stabilimenti si svolgono tutte le diverse fasi di lavorazione dalla

trasformazione delle materie prime (essenzialmente ghisa, acciai speciali e

altri tipi di leghe ferrose), alla lavorazione finale di precisione ed ai

trattamenti di finitura, fino al montaggio delle componenti finali. Poiché

queste fasi produttive necessitano di esigenze differenziate l’impresa nel

corso degli ultimi dieci anni ha implementato un‘ampia gamma di modalità

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30 Formazione aziendale e contesto territoriale

di coordinamento delle mansioni (gruppi di lavoro e supervisione) e di

regimi orari (esistono almeno cinque diversi tipi di contratto).

L’organizzazione del lavoro della CH ha così subito notevoli cambiamenti

dalla sua nascita durante gli anni ’60 passando attraverso diverse fasi fra cui

l’implementazione delle tecnologie automatizzate. In contemporanea a

questi passaggi è venuto a cambiare il suo modello di gestione del personale:

con la crisi del modello tradizionale di acquisizione di professionalità

operaia e con l’avvento di quello che viene definito come approccio

integrato alla produzione, l’azienda ha infatti incontrato sempre più

problemi nel reperimento e nella formazione di una forza lavoro

corrispondente alle sue esigenze produttive. In parziale risposta a questi

bisogni la nuova direzione ha così introdotto attività formative nelle aree

della qualità, e della sicurezza e ambiente di lavoro oltre che per

l’acquisizione di singole competenze tecniche.

Un momento particolarmente rilevante per l’emergere di specifiche

relazioni con attori sociali esterni all’azienda e che ha avuto peso

sull’evoluzione della sua politica del personale è quello del passaggio di

proprietà ad una multinazionale statunitense, avvenuto alla fine del 1996.

Mentre la precedente proprietà, un gruppo europeo, privilegiava una

strategia di mercato e nelle relazioni esterne (sindacato, istituzioni

pubbliche) non conflittuale, la nuova proprietà impone uno stile

maggiormente disinvolto nella politica del personale, sollecitando la

controparte sindacale a riprendere contrattazioni ed azioni di controllo che

non erano più state praticate nell’ultima fase della vecchia gestione. La

nuova direzione trasferisce inoltre per esigenze produttive (e come vedremo

in seguito anche di pianificazione territoriale) una parte della produzione in

un nuovo stabilimento, situato in un’area di tradizione industriale del

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Formazione aziendale e contesto territoriale 31

Trentino, portando a tre i siti di produzione. L’analisi della politica del

personale della CH verterà quindi sul come all’interno dei tre stabilimenti la

necessità di far fronte a specifici problemi di personale abbia sollecitato

l’impresa ad elaborare strategie, ricercare alleanze ed in alcuni casi

opportunità di cooperazione con le istituzioni locali in campo formativo.

Iniziamo con lo stabilimento principale, dedicato alle fasi di

lavorazione del prodotto maggiormente specializzate, e situato in prossimità

di un’area turistica. Qui il contesto si presenta problematico per l’impresa

soprattutto per via della sua localizzazione: quest’area presenta infatti

un’economia che si è evoluta centrandosi sempre più sul turismo: ciò ha

creato difficoltà ambientali (il trasferimento fra stabilimenti di elementi del

prodotto finito comporta un intenso traffico) e di reperimento di manodopera

specializzata cui l’azienda ha cercato di rispondere attivando delle reti di

alleanze.13 Dall’esigenza di proteggere gli interessi comuni delle imprese

locali si viene a formare una strategia di lobbying nei confronti dei lavoratori

che, dato l’esiguo numero di imprese, si troverebbero in una posizione di

vantaggio. La CH, in particolare, cerca di ‘conquistare’ il favore delle

amministrazioni locali con iniziative rivolte ai giovani degli istituti

professionali della zona per aumentare le sue opportunità di reperimento di

personale.14

13 Un comportamento di tipo concorrenziale (come il poaching) sortirebbe, infatti, in

questo caso l’effetto di peggiorare le relazioni fra aziende, e di creare un clima pocovantaggioso in termini collettivi, sia per quanto riguarda la regolamentazione delmercato del lavoro locale, sia per quanto attiene altri beni comuni, come ad esempio ledisponibilità urbanistiche.

14 Nulla vieta che la concorrenza sia fatta sulla base di fattori estranei alla logicaeconomica quali la sicurezza del posto e la qualità dell’ambiente di lavoro, ol’appartenenza ad un’impresa considerata ‘di prestigio’ per la qualità della suaproduzione.

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32 Formazione aziendale e contesto territoriale

Rispetto alla distinzione precedentemente introdotta fra mercato del

lavoro interno e mercato del lavoro occupazionale in questo primo

stabilimento la presenza di vincoli istituzionali (patto fra imprese) e di

specifiche condizioni storiche e situazionali (cultura d’impresa, presenza di

istituti formativi) ha così ‘favorito’ lo sviluppo di un mercato interno

all’azienda, e nel contesto locale di un mercato ‘chiuso’ di cui i potenziali

lavoratori specializzati costituiscono un ‘bene di club’ per le imprese della

zona.

Il secondo stabilimento, in ordine di fondazione è quello in cui si

svolgono le operazioni ‘pesanti‘ della produzione (lavorazione della ghisa,

ferro ed acciai speciali), ed è localizzato in una vallata marginale del

Trentino, ai confini con la regione Veneto. Si tratta di un’area in cui,

nonostante gli interventi strutturali delle istituzioni pubbliche, rispetto al

resto del territorio trentino troviamo caratteri di sottosviluppo economico e

bassi tassi di imprenditorialità. La difficoltà di reperimento di personale in

quest’area appare quindi correlata soprattutto alla situazione del contesto

territoriale (alto tasso di emigrazione, mancanza di una cultura industriale),

alla sua marginalità rispetto all’economia regionale, ma in parte anche alle

modalità di organizzazione del lavoro interne all’impresa. Mentre negli altri

stabilimenti il regime orario su turni ed in particolare la presenza di turni

notturni e nei weekend è ormai parte del regime contrattuale dell’impresa

(grazie anche al ruolo di mediazione delle organizzazioni sindacali), in

questo stabilimento le resistenze sono sempre state notevoli, ed a tuttora il

problema del reperimento di personale da destinare ai picchi produttivi non

si è risolto.

Tuttavia, è proprio in quest’area che troviamo una profonda e duratura

esperienza di collaborazione fra l’azienda e gli istituti scolastici locali: fin

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Formazione aziendale e contesto territoriale 33

dall’epoca di fondazione dello stabilimento le relazioni fra azienda e il

personale docente sono state ottime ed hanno portato ad un’insieme di

iniziative congiunte (stages per gli studenti degli ultimi anni, incontri di

aggiornamento sulla tecnologia in uso nello stabilimento). Il fatto di non

incontrare competizione sul mercato del lavoro spinge l’impresa a investire

su relazioni con le istituzioni locali, anche se queste in tempi brevi non

saranno in grado di rispondere alle sue necessità formative. L’importanza

strategica della cooperazione rimane, dunque, ma è protratta nel tempo e si

configura come una specie di credito formativo su cui l’impresa fa

affidamento per ovviare alla situazione di mancanza di un vero mercato del

lavoro.15

Infine il terzo stabilimento, il più recente e moderno, dove l’impresa ha

concentrato le fasi di assemblaggio finale e viene gestita la logistica della

produzione fra i tre siti. In quest’area l’insediamento del nuovo stabilimento

non ha creato particolari problemi né di tipo urbanistico poiché si tratta di

un’area di distretto, né di reperimento di personale, nonostante il poaching

sia stato inizialmente intenso, soprattutto verso le piccole aziende artigiane

dove l’impresa ha ‘reperito’ la maggioranza del personale tecnico

specializzato.

Il fatto che il comportamento ‘predatorio’ della CH non sia stato

sanzionato modo necessita, in questo caso, di una spiegazione che faccia

riferimento alla situazione del mercato del lavoro locale. Quest’ultimo si

configura come governato principalmente da criteri di mercato, per effetto

dell’elevata numerosità delle imprese ivi insediate. L’orientamento

dell’amministrazione comunale, inoltre, è decisamente favorevole allo 15 Potremo anche affermare che è l’impresa stessa in quanto istituzione che, collaborando

con altre istituzioni (scuole e amministrazioni comunali), contribuisce alla creazione

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34 Formazione aziendale e contesto territoriale

sviluppo dell’industria ed in modo particolare ad imprese che garantiscano

continuità alla specializzazione produttiva locale, cioè alla meccanica. La

CH ha così beneficiato di un insieme di fattori positivi che hanno fatto sì che

la sua politica di assunzione sia stata letta quale comportamento di breve

periodo, collegato a contingenze produttive.

Preso atto della diversità di comportamento adottata dalla CH in

relazione ai diversi contesti locali con cui si trova ad interagire, possiamo

trarre un’osservazione di carattere generale sulle sue modalità di gestire le

esternalità formative. Notiamo, infatti, come l’azienda proponga alle

istituzioni ed ai referenti esterni immagini diverse e bisogni differenziati, cui

trovare risposta vuoi attraverso la cooperazione vuoi attraverso la

competizione sul mercato del lavoro locale, in modo da trarre i maggiori

benefici dai diversi contesti ambientali. Il suo adattamento al contesto è così

espressione di un comportamento attivo da parte dell’azienda, e non di una

reale affinità con le regole ed i valori locali (come sarà invece il caso delle

imprese analizzate per le loro esternalità ambientali). Ciò si rileva in

particolare guardando a due indicatori della permeabilità dell’impresa ai

bisogni dei lavoratori: il contenuto della formazione, come potenziale

strumento di sviluppo di una professionalità, ed il rapporto con le

organizzazioni sindacali.16 In entrambi i casi la CH mostra come le

esigenze produttive e lo stile direttivo nella pianificazione dello sviluppo del

di un mercato del lavoro locale.

16 La posizione assunta dalla CH nei confronti dei sindacati e del tipo di coinvolgimentorichiesto è ben riassunta dalle affermazioni del direttore del personale “Abbiamo fattoun grosso lavoro con il sindacato: loro parlano con noi, alla fine non è checoncordiamo sempre, ma almeno se ne parla. Negli ultimi dieci anni gli scioperi sonostati pochissimi. (…) Ma la formazione la decidiamo noi: quando farla, come farla,con chi farla. Non c'è nessun accordo su questo con il sindacato: se c'è qualcosa digrosso che riguarda tanti dipendenti li informiamo e basta”.

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Formazione aziendale e contesto territoriale 35

personale siano le costanti di fondo alla strategia dell’impresa e quindi

comportanti un potere di indirizzo maggiore di quello delle istituzioni e

della conseguente ‘apertura’ a istanze sociali e interessi collettivi.

3.2 L’impresa WH

Il quarto ed ultimo caso è rappresentato da una grande impresa

multinazionale che produce elettrodomestici, situata in un’area industriale a

nord del capoluogo provinciale. Analogamente ad altri casi l’impresa WH

nasce alla fine degli anni ’60 come distaccamento di un’importante azienda

nazionale produttrice di elettrodomestici. Dal punto di vista organizzativo,

lo stabilimento di Trento rappresenta un’unità produttiva completa:

eccettuata la commercializzazione, tutte le altre fasi di produzione, controllo

e logistica sono, infatti, svolte al suo interno e solo una parte marginale delle

componenti utilizzate in produzione è affidata a piccole aziende artigiane

della zona. L’organizzazione interna è strutturata in tre macro reparti

rispettivamente dedicati alla lavorazione di plastica e metallo per la

produzione delle componenti di base, alla predisposizione e funzionamento

degli impianti, ed infine l’assemblaggio ed al controllo finale del prodotto.

Quest’ultima fase produttiva, in particolare, ha sempre avuto estrema

rilevanza per l’azienda, fin dalla sua origine: con l’arrivo della proprietà

statunitense essa è però divenuta il vero perno della strategia produttiva

della WH, su cui la direzione ha puntato molto per mantenere una buona

posizione di mercato. Poiché un elemento determinante per il

raggiungimento di standard di eccellenza è costituito dalle relazioni con i

fornitori, l’azienda attribuisce quindi una grande importanza alla presenza di

legami di ‘fiducia’ e di esclusività con i fornitori, siano essi grandi società

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36 Formazione aziendale e contesto territoriale

mondiali per la produzione di software, oppure piccole aziende artigiane

nelle quali vengono esternalizzate alcune componenti del prodotto.

Attualmente la WH impiega oltre 800 dipendenti, di cui il 75% è

costituito da personale operaio per la maggior parte maschile, ma negli

ultimi anni la componente femminile in produzione è aumentata fino a

raggiungere la maggioranza nei reparti di controllo della funzionalità e

dell’estetica del prodotto. L’elevata standardizzazione dei prodotti è

raggiunta con l’impiego di tecnologie automatizzate e attraverso un

controllo elevato della produzione: ciò si ripercuote però nelle mansioni

lavorative che, a livello operaio, presentano carattere ripetitivo e meccanico.

Grazie alla posizione centrale dello stabilimento nella vallata dell’Adige, in

vicinanza del capoluogo e delle principali vie di trasporto, ed alla buona

immagine dell’impresa (che negli ultimi anni ha investito notevoli risorse

per il miglioramento degli ambienti di lavoro ed ha intrattenuto rapporti con

gli istituti scolastici del capoluogo) il reperimento di personale fino a pochi

anni fa non si è mai rivelato problematico. Tanto i livelli operai quanto

quelli che richiedono competenze professionali specifiche sono stati

facilmente coperti con crescite interne o con l’acquisizione presso altre

imprese delle figure necessarie.

Dal punto di vista contrattuale la maggioranza del personale è assunto

con contratto a tempo indeterminato, ma nei mesi estivi per rispondere ad un

picco produttivo stagionale sono però diversi anni che l’azienda assume un

cospicuo numero di lavoratori a tempo determinato. Questo fatto, come

vedremo in seguito, ha costituito un importante stimolo alla realizzazione di

iniziative in campo formativo: ideate inizialmente per questa fascia di

lavoratori le iniziative si sono poi estese anche ad altri tipi di dipendenti.

Inoltre, la necessità di adeguarsi alle nuove tecniche di monitoraggio della

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Formazione aziendale e contesto territoriale 37

qualità e la ricerca di soluzioni tecniche ha posto in una posizione centrale le

funzioni del personale e della progettazione, dalle quali dipende l’effettiva

implementazione di tecnologie e conoscenze nei diversi reparti e fra il

personale. L’attenzione alla qualità del prodotto ha spinto così ad attuare un

approccio focalizzato sulla responsabilizzazione dei dipendenti: per quelli di

livello operaio con premi di efficienza ed altre forme di incentivazione,

mentre per quelli di livello medio-elevato ed i quadri puntando sullo

sviluppo delle loro capacità di capacità di adattamento e di ricezione delle

diverse problematiche di produzione.

Alla base vi è il proposito che la competizione fra stabilimenti e

l’aumento progressivo degli standards qualitativi contribuisca alla strategia

di mercato dell’impresa e questo presupposto ha un ruolo importante per

comprendere l’atteggiamento favorevole allo sviluppo delle risorse umane

da parte della WH. Sappiamo che una delle variabili più influenti su quello

che sarà il modello di utilizzo delle risorse umane è la strategia che

l’impresa adotta sul mercato ed a livello organizzativo (Regini,1997). Per

inquadrare il senso di questi interventi generali dobbiamo quindi fare

riferimento alla strategia aziendale, fortemente incentrata sull’eccellenza

produttiva, che la WH deriva dal gruppo proprietario (la quale implica a sua

volta un forte credo nei confronti della tecnologia), così come alla sua

propensione a impostare la gestione del personale sulla flessibilità e il

cambiamento continuo.

Questi aspetti orientano gli investimenti della WH sia in termini di

contenuto (gli argomenti della formazione), sia in termini di importanza

attribuita alle attività formative all’interno dei processi di sviluppo e

consolidamento degli obiettivi aziendali. Ciò si riscontra soprattutto

guardando ai programmi che la nuova direzione pianifica nell’area

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38 Formazione aziendale e contesto territoriale

dell’aggiornamento professionale dei dipendenti. Ai fini di promuovere la

ricerca dell’eccellenza attraverso l’innovazione organizzativa e tecnologica,

la direzione nazionale della multinazionale ha infatti fin dall’acquisizione

messo in atto un programma capillare di interventi formativi pianificati su

base annuale. Ma è soprattutto nei confronti dei problemi emersi nell’area

del personale negli ultimi cinque anni che la WH ha elaborato una strategia

improntata alla collaborazione con le istituzioni provinciali.

Fra le difficoltà principali che la WH si è trovata a fronteggiare

recentemente nell’area del personale vi sono quello della reperibilità di

personale operaio e l’aumento del turn over fra il personale tecnico17.

Entrambi collegati al modello organizzativo ed all’attrattività di mercato

dell’azienda, i due aspetti sono stati affrontati dalla WH facendo leva

dapprima su risorse interne ed esterne. Le iniziative informative e formative

promosse direttamente dalla sede centrale per aumentare il problema della

retention del personale, tuttavia, non sortirono alcuna soluzione efficace. La

necessità di far fronte a questi problemi ha così spinto l’azienda a ricercare

la collaborazione delle istituzioni provinciali e delle organizzazioni di

categoria.

Dalla collaborazione avviata negli ultimi tre anni con l’Agenzia del

Lavoro di Trento sono così emersi due progetti rivolti rispettivamente alla

riqualificazione dei lavoratori in produzione, ed a promuovere i contatti con

i giovani allievi delle scuole professionali limitrofe. Mentre la prima attività

formativa si svolge ormai da diversi anni lungo tutto il corso dell’anno, la

17 Nel 1998, in seguito ad un’indagine conoscitiva avviata dalla direzione del personale si

evidenziò che ogni anno circa un 5% del personale assunto ai livelli intermedi uscivadall’azienda per dimissioni volontarie: questa perdita pur non costituende unfenomeno grave preoccupava però la direzione per le sue possibili conseguenze dilungo periodo.

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Formazione aziendale e contesto territoriale 39

seconda ha luogo nel periodo estivo, in concomitanza al picco produttivo, e

ormai da tre anni costituisce un’opportunità cui hanno fatto riferimento

diversi istituti scolastici.18

Di interesse particolare è poi l’esito dei programmi aziendali per la

riduzione del turn over. Mentre nel caso del personale operaio, come si è

evidenziato, l’esperienza di arricchimento delle mansioni ha avuto successo,

nel caso del personale tecnico questi interventi non sono stati efficaci. Si

tratta un deflusso di risorse umane su cui l’azienda ammette di avere scarso

controllo e il cui contenimento richiederebbe modifiche alla struttura

produttiva attualmente non previste dagli obiettivi aziendali.19 Tuttavia esso

non viene attualmente percepito dall’impresa in senso negativo, anzi

rappresenta piuttosto il segnale che la formazione ricevuta dai lavoratori

della WH costituisce un credito importante nel mercato del lavoro trentino, e

come tale assicura un ritorno di immagine e di interesse all’azienda. 20

18 Differente è anche il contenuto delle due attività: nel primo caso alle lezioni teoriche in

aula sono affiancate esperienze di job rotation e di condivisione delle mansioni inproduzione allo scopo di aumentare anche la motivazione al lavoro; nel secondo casosi tratta invece di una vera e propria socializzazione al lavoro in fabbrica. Aglistudenti, dopo una prima fase di addestramento e di insegnamento teorico, è assegnatauna postazione cui fare riferimento per tutto il periodo dello stage (della durata mediadi due mesi) ed un credito formativo che in caso di successiva assunzione in aziendasarà conteggiato direttamente in busta paga.

19 Si tratta soprattutto il personale con esperienza di alcuni anni intressato a intraprendereattività in proprio utilizzando o ad un posto di lavoro maggiormente motivante (pervarietà e tipo di mansioni), sceglie di uscire dalla WH.

20 Durante un colloquio la responsabile del personale ha così descritto il ritorno‘economico’ del modello di relazioni umane della WH: “L’obiettivo della nostraazienda è un po' anche quello di arricchire, alzare il livello culturale del nostropersonale per cui normalmente facciamo ulteriore formazione. Succede a volte chedopo un periodo di formazione che è anche abbastanza lungo, queste persone poi siimmettono sul mercato perché hanno una qualifica ed un’esperienza professionaleche possono spendere bene e quindi poi ci lasciano. (..) Il personale così escedall’azienda ma spesso mette in piedi piccole aziende che poi forniscono sub-fornitura o che comunque utilizza il tipo di formazione “on the job” che ha avutoqua.”

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40 Formazione aziendale e contesto territoriale

Queste iniziative ci consentono di mettere in evidenza l’importanza

attribuita dalla WH alle relazioni con l’esterno, con le istituzioni pubbliche

ed alle associazioni degli interessi. In particolare, con il sindacato, dopo le

fasi di aperta conflittualità degli anni ’70 e dei primi anni ’80, vi è

attualmente una reciproca posizione di apertura e le iniziative attuate

dall’impresa nel campo della formazione del personale che hanno avuto

successo lo devono in parte al clima di collaborazione instauratasi fra la

direzione e le rappresentanze sindacali.21 Riprendendo la tipologia delle

risposte sindacali nei confronti delle iniziative per le risorse umane

introdotta da Eaton e Voos (1989), possiamo leggere la funzione svolta dal

sindacato nei confronti dei programmi formativi della WH come il lento

passaggio da una fase di ‘coinvolgimento protettivo’ in cui le rappresentanze

dei lavoratori esercitano un controllo contrattato sulle iniziative formative

introdotte dalla direzione, ad una fase – ancora agli inizi- di ‘appropriazione’

delle stesse per portare avanti gli interessi dei lavoratori. In questo caso ciò

avviene anche grazie all’incentivazione pubblica, che consente un grosso

aumento delle ore di formazione (triplicatesi nel corso di quattro anni), una

conquista senza dubbio significativa se teniamo conto che l’incremento ha

riguardato in misura preponderante le attività rivolte alle figure operaie. 21Un confronto fra il clima delle relazioni industriali del passato e quelle attuali

all’interno della WH viene dal racconto del responsabile del personale che notacome“una volta se si faceva formazione non sempre il sindacato era informatodell’attività si faceva, si sapeva indirettamente. Adesso però sembra moltointeressato, e quindi molto spesso si informa anche direttamente la rappresentanzasindacale interna se ci sono corsi formativi, quando eventualmente partono. Quandofacciamo dei programmi formativi noi adesso prevediamo delle ore dedicate anche aloro, in cui loro come rappresentanza sindacale interna, ma a volte invitano isegretari provinciali delle tre confederazioni, parlano del sindacato, di cosa significadi cosa è il sindacato, perché spesso i giovani non lo sanno neanche. C’è quindimaggiore sensibilità del sindacato rispetto ad una volta per la formazione, e anchemaggiore interesse da parte loro per essere parte attiva nel processo formativo, nelsenso che si prestano anche come docenti.”

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L’impiego delle risorse finanziarie e conoscitive delle istituzioni pubbliche

nel caso della WH si è quindi allineato all’indirizzo politico promosso dalle

stesse nel favorire azioni formative di riequilibrio e di mantenimento delle

competenze professionali per tutte le fasce di lavoratori ed ha, al contempo,

sortito un vantaggio duplice per l’azienda: finanziario e di visibilità e

prestigio nei confronti dei potenziali dipendenti o collaboratori.

Osservazioni conclusive

Riprendendo alcuni elementi dalla descrizione dei casi trentini in

queste osservazioni conclusive si desidera mettere in rilievo due aspetti

collegati alle modalità con cui le imprese gestiscono il ‘bene’ formazione. Il

primo aspetto riguarda la regolazione delle esternalità formative nel

territorio trentino ed il possibile raffronto fra la tipologia di Anastasia e Corò

(1996) delineata in precedenza, mentre il secondo aspetto ha carattere più

generale ed è collegato ad alcune riflessioni sul contenuto e sugli esiti degli

interventi formativi.

Come hanno evidenziato i casi analizzati la maggioranza degli

interventi formativi aziendali risulta collegato principalmente allo sviluppo

tecnologico ma non solo a questo: i problemi gestionali interni all’azienda e

soprattutto il rapporto che l’impresa aveva instaurato con il contesto

territoriale e con il mercato del lavoro si sono infatti rivelati determinanti nel

predeterminare le modalità di regolazione adottate. Rispetto a quanto

sostenuto da Anastasia e Corò (1996) la presenza di problemi di

coordinamento non ha trovato però risposta nel livello associativo né le

grandi imprese analizzate hanno costruito autonomamente un loro ambito

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42 Formazione aziendale e contesto territoriale

formativo ‘privato’. 22L’impressiona da parte di chi ha seguito i casi è che la

forte valenza locale e contestuale che si incontra nel territorio trentino abbia

dato luogo a inattesi effetti di interazione fra regolamentazione pubblica e

concorrenza di mercato per quanto riguarda la gestione del personale

specializzato. Si prenda ad esempio il caso della terza impresa, che presenta

tre stabilimenti in tre diverse aree del Trentino, la cui strategia risulta

difficilmente riconducibile ad una sola modalità (cooperazione versus

competizione) e quindi ad una specifica forma di regolazione delle

esternalità formative.23

In rapporto al quarto caso, in cui la motivazione a risolvere i problemi

di reperimento di personale si sono espressi principalmente nella spinta alla

cooperazione fra l’impresa, le istituzioni e le parti sociali per la

realizzazione di un progetto di formazione scuola-lavoro finalizzato ad

attrarre i potenziali dipendenti, il terzo enfatizza come l’indirizzo di politica

del personale della multinazionale sia sostanzialmente collegato alle

opportunità di poterla realizzare il più efficacemente (e quindi con minore

sforzo di tempo e risorse), secondo una logica di opportunismo solo in parte

prevedibile dato il contesto territoriale. In entrambi i casi, il rapporto con le

22 Possiamo ipotizzare che nel caso del Trentino la relativa debolezza di queste due forme

di regolazione sia da attribuire alla presenza, anche eccessiva in alcuni casi, di azioniistituzionali in campo formativo ed in generale nel governo dell’economia locale.Mancherebbe quindi lo spazio e la spinta motivazionale per l’intervento diretto delleassociazioni imprenditoriali o per l’emergere di altre forme di cooperazione basatesulla comunanza di interessi.

23 Analogamente, nel caso delle due medie imprese registriamo tale differenza nel tipo dirisposta che le due aziende hanno dato alla trasferibilità delle competenze dei lorodipendenti collegate alle esternalità formative. Se in un caso la soluzione è stata quelladi ridurre al minimo le capacità richieste, e quindi di specializzare ancora di più laformazione offerta ai dipendenti (investendo in tecnologia), nel secondo latrasferibilità è stata un elemento di stimolo a differenziare la formazione ed a renderlaun fattore di arricchimento del lavoro (e quindi di motivazione alla permanenza inimpresa).

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risorse (e i vincoli) territoriali e istituzionali è stato quello che ha

maggiormente spinto le imprese a ricercare relazioni ed a attuare

comportamenti finalizzati allo sviluppo di una politica formativa efficace

nonchè coerente con il contesto locale.

Diverse esperienze estere ci segnalano invece come la presenza di una

regolazione regionale nell’ambito della formazione della forza lavoro sia

motivata e funzionale alla presenza di esternalità che spesso non possono

essere affrontate né a livello nazionale né a livello della singola impresa ma

che tendono ad avere un effetto (negativo) su entrambi per via

dell’interazione sul mercato del lavoro fra imprese e lavoratori. Un esempio

di best practice cui fare riferimento è invece quello della territorializzazione

del sistema formativo francese (EOCD, 1997), in cui al decentramento delle

competenze dallo Stato alle autorità regionali e locali ha seguito una fase di

più intensi contatti fra le imprese e gli enti pubblici: la conseguente crescita

di fenomeni di flessibilità e di mobilità della forza lavoro, opportunamente

monitorati dalle istituzioni e dalle organizzazioni di categoria, ha a sua volta

aumentato l’efficienza e l’efficacia del matching fra formazione del

lavoratore e fabbisogno aziendale.

Mentre in altri paesi come la Germania il sistema di formazione

professionale pubblico è riuscito a collaborare con le associazioni

imprenditoriali e con i sindacati per creare un meccanismo regolativi che

garantisca sia le imprese che i lavoratori sulla qualità e sull’efficacia

dell’attività formativa (Regini, 1997), in Italia la decentralizzazione delle

politiche della formazione professionale fino all’epoca recente non ha avuto

però il sostegno delle istituzioni intermini di regole, dotazioni finanziarie e

opportunità di colloquio con le parti coinvolte (sindacati, organizzazioni

imprenditoriali). Le convenienze a decentralizzare la regolazione della

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44 Formazione aziendale e contesto territoriale

formazione a livello locale e territoriale così come l’introduzione di criteri di

flessibilità nei contratti di lavoro e nell’organizzazione del lavoro sollecitano

quindi anche una ridiscussione degli esiti a lungo termine delle politiche

formative rispetto alla competitività come alla specificità del contesto

istituzionale ed ai diritti sociali dei lavoratori (Negrelli e Varesi, 1999).24 In

questo senso osservare l’intreccio fra intenzionalità dell’intervento

istituzionale e la sua applicazione pratica all’interno delle imprese trentine ci

è stato utile per individuare percorsi differenziati nella regolazione delle

esternalità formative, siano esse prodotte autonomamente dall’azione

dell’impresa oppure sollecitate e incentivate dalle istituzioni pubbliche.

In secondo luogo, le osservazioni dei casi trentini portano l’attenzione

sul contenuto degli interventi che sono solitamente programmati nelle

imprese. La letteratura distingue a questo proposito fra formazione di tipo

generale - che possiede caratteristiche di spendibilità sul mercato del lavoro-

e formazione specialistica -che si riferisce a competenze scarsamente

utilizzabili in contesti diversi da quello di apprendimento- (Finegold, 1996).

Questa visione dicotomica è stata però recentemente messa in discussione

dalla studiosa Margaret Stevens (1996 e 1999), la quale ha mostrato come in

realtà il tipo di formazione fornita dalle imprese sia meglio descrivibile

come un insieme di competenze più o meno trasferibili. Nel corso

dell’addestramento un lavoratore acquisisce un insieme di competenze 24 Un esempio sono gli interventi formativi selettivi nei confronti dei lavoratori meno

qualificati e di quelle figure che (per effetto di aspettative più o meno realistiche) ci siattende avranno meno peso sullo sviluppo futuro dell’impresa. Un esempio è quellodella formazione ‘segregata’ per genere (Gallie, 1996) in cui alle lavoratrici èdestinata meno attività di aggiornamento e meno conoscenze specialistiche sui compitiche ai colleghi uomini, in parte per ragioni contingenti con l’organizzazione del lavoro(diverse posizioni e mansioni sono attribuite ai due generi), ma in parte anche pereffetto di credenze culturali riguardanti le capacità di differenti categorie di lavoratori.

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Formazione aziendale e contesto territoriale 45

alcune delle quali saranno specifiche, altre generali ed altre impiegabili in un

piccolo numero di imprese simili a quella che forma.La questione della

trasferibilità non è irrilevante, soprattutto se teniamo conto del fatto che le

policy pubbliche fino ad ora si sono poste prioritariamente l’obiettivo di

promuovere programmi centrati sulla diffusione di attività formative di tipo

generalistico (Keep e Mayhew, 1999), mentre nelle imprese gli investimenti

maggiori sono sempre stati orientati verso interventi di formazione di tipo

specialistico (che presentano una minore spendibilità sul mercato e quindi

un rischio minore). Considerare che esiste un certo grado di trasferibilità

delle competenze acquisite implica riconoscere che le opportunità che la

formazione apre per i lavoratori sul mercato del lavoro dipendono dai

diversi gradi di trasferibilità delle competenze e quindi dal tipo di matching

che queste incontrano con le preferenze formative delle imprese. 25

Dalle descrizioni sopra fatte abbiamo visto che in realtà la formazione

nelle aziende trentine non è trascurata; nelle aziende analizzate, sembra però

esserci poca consapevolezza del fatto che attraverso la formazione un

lavoratore potrebbe acquisire competenze ulteriori rispetto a quelle

direttamente attinenti la mansione lavorativa. La conseguenza è che spesso

ciò che viene chiamato formazione è consiste in un semplice arricchimento

delle conoscenze pratiche e non contribuisce (se non in casi particolari,

come abbiamo visto dall’esempio della seconda e della quarta impresa) allo

sviluppo ‘professionale’ del lavoratore. Usiamo il termine professionale per

identificare un tipo di conoscenze e competenze che, per quanto acquisite

25 I dati forniti dall’Assessorato alla Formazione ed all’Istruzione Professionale

(Rapporto sul bienno 196-98) rivelano come le incentivazioni pubbliche allaformazione continua siano state utilizzate più spesso per attività rivolte al personaleamministrativo, mentre minore è la propensione all’utilizzo nei confronti delpersonale di produzione, se non in seguito a innovazioni tecnologiche e organizzative.

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46 Formazione aziendale e contesto territoriale

all’interno di un determinato contesto lavorativo e quindi specifiche di un

tipo di organizzazione del lavoro, possono essere intese come arricchimenti

dell’individuo al lavoro, come soggetto attivo della società (Cella, 1994), e

come tali costituenti un patrimonio che in quel determinato momento è a

disposizione dell’impresa X ma che, in un successivo momento, potrebbero

essere impiegate in funzioni diverse (non necessariamente lavorative, si

pensi al lavoro di cura o al volontariato).26

La ‘povertà’ contenutistica della formazione è ancora più rilevante nel

momento in cui sappiamo che il capitale umano che maggiormente risulta

produttivo in termini economici e sociali è quello che possiede

caratteristiche di ridondanza, di disfunzionalità immediata e che ‘non

sembra utile’ secondo l’occhio miope dell’utilitarista (Farinelli, 1993). E’

questo, infatti, quello che consente flessibilità all’individuo nel momento in

cui sia per lui necessario passare ad altre mansioni, ad altre imprese o in cui

si veda costretto a fronteggiare all’interno dell’impresa ristrutturazioni e altri

tipi di interventi destrutturati l’organizzazione del lavoro (Grunberg et al.,

2000); è sempre questo tipo di formazione, infine che lo mette

maggiormente in contatto con gli altri lavoratori, siano essi suoi colleghi,

subalterni o superiori e che quindi contribuisce ad allo sviluppo di un senso

di appartenenza di gruppo.

Tuttavia appare evidente come le imprese siano facilmente soggette a

‘tentazioni deterministiche’ che le inducono, nel caso in cui venga 26 Da una recente indagine nazionale (Lidner, 1999) vediamo confermato, infatti, il dato

secondo cui le componenti qualificate della forza lavoro nelle imprese ricevono oltre ildoppio di supporto formativo di quelle meno qualificate e dotate di credenzialieducative meno elevate (dal 10% circa dei laureati passiamo all’1,4% delle licenzemedie). Inoltre, alcune componenti specifiche della forza lavoro (donne, primeassunzioni, lavoratori con maggiore anzianità) vengono sistematicamente discriminatinell’accesso alle opportunità formative sia per effetto delle mansioni loro affidate, siaperché giudicate meno produttive in termini di investimento di lungo periodo.

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Formazione aziendale e contesto territoriale 47

programmata un’attività formativa a vederla solo in termini immediati e

ristretta alla tecnologia impiegata in quel momento in produzione (l’esempio

più eclatante è l’enfasi sulla qualità e sulle tecniche di controllo). Ma, è

forse questo costituisce l’aspetto più grave, anche l’intervento istituzionale

corre il rischio di incorrere nello stesso errore nel momento in cui incentiva

la formazione aziendale tramite incentivi ma fallisce di introdurre negli

interventi una logica diversa da quella dell’immediata utilità.

Nei nostri casi quella funzione di controllo sui contenuti della

formazione è stata invece svolta in misura maggiore dalle rappresentanza

sindacali, le quali hanno svolto ruolo di mediazione e di ‘socializzazione’

dell’impresa a regole di scambio (e quindi indirettamente a valori)

compatibili con la logica economica, ma non necessariamente ‘miopi’ nei

confronti di altri aspetti altrettanto rilevanti per la crescita futura

dell’impresa e dei lavoratori. La necessità per l’impresa di ‘adattarsi e agire

in modo conforme all’appartenenza a sistemi locali di regole ed istituzioni

(Streeck, 1987), siano esse le regolamentazioni degli enti provinciali

preposti all’incentivazione della formazione continua, piuttosto che a quelle

informali dei sindacati è quindi ciò che più le può sollecitarle a cooperare e

quindi a regolare le esternalità della formazione (utilità economica e utilità

sociale) in modo coerente con i fini delle parti – istituzioni e lavoratori -

coinvolte.

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48 Formazione aziendale e contesto territoriale

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