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70 sviluppo e ambiente E Q UILIBRI Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati - R egistrazione Tribunale di Roma - n. 374/89 del 21/06/1989 Anno XXII - Numero 70 - aprile/giugno 2011 - P oste Italiane SPA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB R oma COMUNICARE L’AMBIENTE

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COMUNICARE L’AMBIENTE

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INDICE

Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati

Registrazione Tribunale di Roma n. 374/89 del 21/06/1989

Direttore Responsabile:Paolo Tomasi

Anno XXIINumero 70 aprile/giugno 2011

Direzione, redazione, amministrazione: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma

Progetto grafico e realizzazione:eprcomunicazione Via Arenula, 29 - 00186 Roma

Stampa: PoligrafPomezia - Roma

Stampato nel mese di luglio 2011

EDITORIALE 3Il modo migliore di comunicare greenè esserlo

PRIMA PAGINA 4Una nuova par condicio per l’ambiente

ISTITUZIONI 6Ministero e cittadini insieme per l’ambiente

Sportelli verdi nella Pubblica Amministrazione

MEDIA 10Comunicare l’ambiente: che fatica

Il taglio basso dell’ambiente

C’era una volta... l’ecologia in TV

Green TV, ti vedo in format

Natura e media: quando il risultato ripaga

AZIENDE 18Imprese che fanno “green lobbying”

L’ecosistema è il nostro business

DALL’ ESTERO 22“The Tyranny of News”

STORIE 24Retorica ambientalista?I giovani non ci cascano più

Piccoli eco-reporter crescono

L’ambiente si fa strada tra i banchi di scuola

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Nella civiltà dell’informazione comunicare sembradiventato più importante che fare. Vediamo questamoderna contraddizione all’opera a ogni livello: dalleorganizzazioni internazionali, passando per i gover-ni per arrivare ai singoli.Il contenuto dell’azione rischia di tendere a zero se ilmeccanismo comunicativo si inceppa. Paradossal-mente, più si moltiplicano i metodi e le occasioni dicomunicare – dalle potenti TV satellitari che irradianoil pianeta ai 140 caratteri di un tweet che anticipasulla rete la notizia del giorno – più i fatti sembranoessere rapiti dalla loro dimensione mediatica: esisto-no in quanto notizie, immagini, elementi del discorsopubblico, ma perdono la loro consistenza e univocità.Questo fenomeno – che mi limito a descrivere senzainclusioni di giudizio – è particolarmente sensibilequando si tratta di comunicazione ambientale, temache abbiamo messo al centro di questo numero di“Equilibri”. Per anni, come osserva giustamente un“veterano” come Franco Foresta Martin nel suo arti-colo introduttivo, ci siamo lamentati del fatto che itemi della conservazione dell’ambiente, della soste-nibilità dello sviluppo fossero confinati in contestispecialistici o in evenienze catastrofiche. La comunicazione ambientale era vittima di due tiran-nie, quella della noia e quella opposta del sensazio-nalismo. Ovviamente le cose stanno in parte ancoracosì, ma una strada intermedia ha da tempo comin-ciato a farsi spazio, dovuta alla maggiore consape-volezza dei cittadini, ai progressi della scienza e all’incredibile espansione della rete. I temi ambien-tali hanno acquistato diffusione e interesse spesso incontrasto con l’informazione “mainstream”. Sonodiventati di moda. Oggi comunicare le ragioni dellatutela, della conservazione e della sostenibilitàambientale, almeno apparentemente, è diventatopiù facile. La capacità di ascolto delle persone è cre-sciuta, l’accettabilità sociale ormai compiuta – è anziconsiderato un paria chi non si adegua – e sia le risor-se sia i canali disponibili sono infiniti.Ma ogni evoluzione, ogni cambiamento è una meda-glia a due facce. In agguato ci sono altre insidie chehanno preso piede e si sono materializzate nelcampo della comunicazione ambientale, legate pro-prio al successo del suo richiamo. Mercato e ideolo-gia reclamano la loro parte anche in questo campo.Ricerche condotte dalla grande distribuzione ameri-cana hanno dimostrato che i consumatori non solosono disponibili a pagare un sovrapprezzo per pro-

dotti che abbiano caratteristiche “green”, ma addirit-tura considerano quella maggiorazione una garanziadi affidabilità del loro acquisto e, a parità di “conte-nuti ambientali” del prodotto, scelgono quello piùcostoso. Questo richiede una crescita della respon-sabilità delle aziende coinvolte nel settore e un sem-pre miglior controllo della corrispondenza tra mes-saggi e contenuti. Pena trasformare la sensibilità deiconsumatori in una gigantesca trappola commercia-le e la comunicazione in una fiera di luci e lustrinidove chi più grida più vende.

Allo stesso modo, da quando il discorso ambientali-sta è entrato nell’agone della politica in virtù del suopotenziale di consenso ha subito una torsione ideo-logica: effetto serra, nucleare, global warming, ener-gie alternative, persino le catastrofi naturali sonoentrate in una visione partigiana del mondo. Con ilrisultato che la comunicazione o si è schierata per-dendo credibilità o si è consegnata a un’altra tiran-nia, quella dell’equilibrio.Quando si tratta di affrontare un tema ambientalecontroverso, sui giornali è ormai invalsa l’abitudine difar esprimere un “esperto” a favore e uno contro.Questo mette la testata a riparo da accuse di partigia-neria, ma non fa che aumentare la confusione di chilegge. I media dovrebbero assumersi la responsabi-lità di scegliere, assieme alla fatica di analizzare afondo i problemi, perché restare in bilico sui problemiè facile ma rischia di tradire la missione di informare.Abbiamo dedicato un intero numero a queste rifles-sioni e non voglio anticipare i molti spunti interes-santi che vi attendono nelle pagine successive. Ma èun tema che ci sta molto a cuore proprio per la natu-ra stessa del Coou, dove l’azione e la comunicazionesono consustanziali: l’una non potrebbe darsi senzal’altra. E dove il fare e il raccontare ciò che si fa èparte della stessa missione.

Paolo Tomasi

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Il modo migliore di comunicare green

è esserlo

Per anni, la comunicazione ambienta-le è stata vittima di due tirannie,quella della noia e quella opposta delsensazionalismo.

“ “

PRIMA PAGINA ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE

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ino a una dozzina di annifa era consuetudine di al-cuni gruppi ambientalisticommissionare, di tanto in

tanto, delle indagini statistiche pervalutare il peso relativo dell’informa-zione ambientale rispetto alle altretematiche trattate dalle varie testatenazionali, sia a stampa, sia radiotele-visive. Di solito, ne veniva fuori unquadro desolante, con l’ambienteconfinato a una nicchia informativada cui riusciva a emergere solo inoccasione di cataclismi o di grandieventi mediatici. Ci volevano cata-strofi come Seveso o Chernobyl,oppure le grandi conferenze orga-nizzate dalle Nazioni Unite, come ilSummit di Rio e il vertice climatico diKyoto, con ripetute passerelle di capidi Stato e di governo, perché i temiambientali si appropriassero perqualche giorno delle prime pagine.Mancava la continuità dell’informa-zione, soprattutto sul versante dellaricerca ambientale e sull’evoluzionedegli indicatori che testimoniano lostato di salute dei vari ambienti ter-restri.La discontinuità dell’informazioneambientale, anche oggi, è un limitepersistente in diverse testate giorna-listiche, ma con una fondamentale

differenza: ora c’è la rete a supplirealle distrazioni, casuali o intenziona-li, dei media tradizionali. Una rete,così ricca di offerte, a vari livelli diapprofondimento e con tante grada-zioni qualitative, da porre seri pro-blemi di orientamento, anche a per-sone di consumata esperienza. Tra

giornali online, blog, newsletter dienti, di aziende, di associazioni e digruppi, la comunicazione ambienta-le straripa in ogni ramo del WorldWide Web, con tempestivi aggiorna-menti sulle notizie di cronaca, concommenti, statistiche e pubblicazio-ni scientifiche. Semmai, c’è da stareattenti a verificare la serietà dellefonti, per evitare di prendere comeoro colato informazioni e dati ap-prossimativi o addirittura falsi.Quanto ai media tradizionali, oltrealla solita attenzione a “corrente

alternata” verso i temi ambientali,c’è pure qualche altra novità, cheriguarda i modi di trattare la materia.Fino a qualche anno fa l’atteggia-mento verso le grandi istituzioniambientali, nazionali o internaziona-li, pubbliche o private, che si occu-pano di promuovere la tutela degliecosistemi, era d’incondizionatafiducia e approvazione. I periodicirapporti di un ente come l’UNEP(United Nations Environment Pro-gramme) o l’IPCC (Intergovernmen-tal Panel on Climate Change), eranopresentati come affidabili e condivi-sibili. Per esempio, l’affermazioneche la somma delle evidenze scienti-fiche porta a indicare la prevalenteresponsabilità umana dei cambia-menti climatici non era posta indiscussione. Ora l’atteggiamento deimedia si è fatto più critico: c’è laconsapevolezza che anche gruppi diesperti internazionali possano sba-gliare; e che sia bene discutere e sot-toporre a verifica ogni affermazione,prima di trasformarla in conseguentidecisioni operative da parte dei“policymakers”.Questo emergente spirito critico deimedia è un segno di maturazione?In linea di principio, sì perché nonesiste un’autorità scientifica indiscu-

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Nel terzo millennio l’evoluzione e la diffusione delle tecnologie ridefiniscono con ineditarapidità il carattere della comunicazione, in tutte le sue declinazioni.Che posto trova l’ambiente in questo panorama?Abbiamo raccolto le risposte - e le proposte - di rappresentanti istituzionali, giornalisti,autori televisivi, imprenditori e liberi professionisti, sia dell’ambiente sia della comunica-zione, per scoprire se è ancora possibile veicolare i temi ambientali, mantenendo un equili-brio tra denuncia e approvazione, e incoraggiare nell’opinione pubblica una sensibilità alrispetto del proprio territorio.

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Una nuova par condicio per l’ambiente

Ora l’atteggiamento deimedia si è fatto più critico:c’è la consapevolezza cheanche gruppi di espertiinternazionali possano sba-gliare.

ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

Franco Foresta Martin (*)

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tibile. Ma la spiacevole sensazione èche la materia ambientale sia stataassimilata a uno dei tanti temi politi-ci dibattuti dalla nostra società, a cuideve essere applicato il principiodella par condicio fra sostenitori ditesi opposte. Ignorando che, nellaricerca scientifica, non sempre que-sto atteggiamento è valido: tesi epubblicazioni che raccolgono il con-sensus scholarum di una vastacomunità valgono molto di più diquelle che non l’hanno conquistato.E contrapporre a scienziati che han-no prodotto centinaia di articoli pub-blicati in riviste qualificate sedicentiesperti che si sono fatti una famasolo perché hanno saputo strillare di

più nei dibattiti televisivi, è sicura-mente un modo di procedere scor-retto. Serve all’audience, non alla chia-rezza dell’informazione e della spie-gazione scientifica.Infine e non ultimo, come dicono glianglosassoni, si ha la sensazione che la figura del redattore ambientale siauna specie in via di estinzione.Anche le maggiori testate, che pureconservano le figure dei giornalistispecializzati in settori portanti comela politica, l’economia, gli spettacoli,la cultura, ormai pensano di poterfare a meno del redattore ambienta-le e sono sempre più propensi adaffidare i servizi relativi a inviatigenerici, piuttosto che a un esperto.

L’interpretazione ottimistica di que-sto fenomeno porterebbe a dire chel’ambiente è un tema trasversale eche è meglio farlo trattare da unprofessionista non vincolato a ideo-logie ecologiste; quella pessimisticainduce a sospettare che la culturaambientale sia, sempre più, vistacome un vincolo da evitare: menodifensori dell’ambiente ci sono neimedia e più liberi ci si sente.

Approfondimentihttp://forum.corriere.it/ambiente_e_clima/

ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

(*) Franco Foresta Martin è laureato in Geologia con una specializzazione in Geochimica. Per molti anni redattore scientifico e ambientale del “Corriere della Sera”, ForestaMartin è autore di libri e monografie di astronomia, fisica e geologia. Da diversi anni segue da inviato le conferenze internazionali dedicate al cambiamento climatico e alleemergenze ambientali. Su Corrieredellasera.it è responsabile del forum Ambiente e Clima, dove risponde alle domande e ospita i commenti dei lettori su questi temi.

Solo negli ultimi anni il giornalismo ambientale è entrato a far parte delle materie di formazione professionale, nelle università e nelle scuole di specializzazione.

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ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

Ministero e cittadini insieme per l’ambienteSALVATORE BIANCAPortavoce del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

BASTA PAROLE, ORA SERVONO I FATTI. ACCANTO ALLA COMUNICAZIONE DEV’ESSERCI UNA PRESA DI POSIZIONE ATTIVA DA PARTE DELLE ISTITUZIONI. IL PORTAVOCE DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE CI RACCONTA COME. (*)

Qual è il peso che il Ministerodell’Ambiente attribuisce allacomunicazione rivolta ai cittadini?Il peso che attribuiamo alla comuni-cazione generalista, rivolta a tutti, èaltissimo. Le tematiche ambientalinella stragrande maggioranza deicasi riguardano tutti i cittadini erichiedono da parte di tutti unapproccio nuovo e diverso, anche ad abitudini e stili di vita personali.Quando parliamo di raccolta diffe-renziata, di risparmio energetico, dimobilità sostenibile, al di là degliinterventi legislativi come norme oincentivi e delle azioni che possonoessere varate dal governo o dagli entilocali, sicuramente una grande partedi lavoro può essere svolto da ciascuncittadino che ha una responsabilitàambientale. Risparmiare energia spe-gnendo i led dei computer o delletelevisioni, utilizzare l’acqua in ma-niera oculata, spegnere la luce quan-do non ce n’è bisogno, muoversi evi-tando di prendere l’auto quando nonè necessario, cercando di prendere imezzi di trasporto ecologici come itram o la bicicletta, sono tutte indica-zioni di comportamento che riguar-dano la generalità dei cittadini e chedevono essere veicolate da unacomunicazione che raggiunga tuttinei luoghi in cui può essere più facileuna sensibilizzazione diffusa.

Nella comunicazione ambientale,è possibile trovare un equilibriotra toni allarmistici e la propostadi comportamenti corretti?In Italia, ma anche in larga parte del-l’occidente, fino a qualche anno fa,la comunicazione ambientale eraessenzialmente allarmista e sostene-va dei comportamenti facendo levasulla paura. Ricordiamo tutti il bucodell’ozono, o la pubblicistica sul

riscaldamento globale, lo sciogli-mento dei ghiacciai, ecc… Oggi perfortuna esiste una trattazione piùampia e più seria delle tematicheambientali. Si punta a incoraggiareuna sostenibilità capace di coniugareopportunità di sviluppo e difesa del-l’ecosistema, perché soltanto quan-do l’ambiente non verrà più vistocome una minaccia o una realtà datutelare a costo di sacrifici ma comeuna grandissima opportunità per unfuturo migliore per tutti, sia dalpunto di vista della qualità del

mondo in cui viviamo sia dal puntodi vista economico e sociale, avremovinto la battaglia.

Quali sono oggi i mezzi che ilMinistero adotta per raggiunge-re i propri interlocutori?Il problema della comunicazione toutcourt è che stiamo andando versouna realtà in cui i vecchi strumenti di comunicazione – quelli del secoloscorso – stanno tramontando osubendo decisive modifiche.Certamente la carta stampata, di cuirimango un inguaribile innamorato,cresciuto a pane e nottate in tipogra-fia, sta cambiando pelle: da temponon è più la fonte delle notizie, chearrivano in altro modo, e diventa unluogo di approfondimento in strettis-sima relazione con i siti internet, cheoggi sono molto più visitati di quan-

to non siano lette le rispettive testa-te. Nella televisione, fino a pochi annifa, c’erano pochi canali che tuttivedevano, mentre oggi con la rivolu-zione digitale e satellitare ciascuno sicrea il proprio palinsesto scegliendofra centinaia di canali. In futuro lacomunicazione sarà sempre più per-sonalizzata, autogestita, consultabileda piattaforme diverse: TV, computer,telefonini, tablet. Lo sforzo che la comunicazione am-bientale deve fare è quello di riuscirea entrare in sintonia con i luoghi dovesono presenti gli interlocutori chepossono recepire il messaggio,soprattutto le giovani generazioni,quindi anche social network, TVtematiche – come quelle musicali,che sono molto seguite dai ragazzi –senza tralasciare i luoghi di analisi,valutazione critica e dibattito cherimangono i giornali.

Quanto è importante parlare allefasce più giovani della società? Cisono dei progetti che il vostroMinistero realizza con quellodell’Istruzione?Le fasce giovani sono il target in asso-luto privilegiato, e a volte quasi esclu-sivo, per la nostra comunicazioneambientale, perché dipende da loro laqualità dell’ambiente del futuro. Itempi delle modificazioni degli ecosi-stemi sono ineluttabilmente lunghi:quando si parla di riscaldamento glo-bale i governi si pongono degli obiet-tivi al 2050, anche se realisticamentecoloro che oggi si pongono questiobiettivi, non ci saranno più. Si parla dell’ambiente del futuro,quindi è ovvio che è assolutamenteprioritario, nella comunicazione deibuoni stili di vita, della sostenibilità enella costruzione dell’economia delfuturo, rivolgersi ai giovani. Quello che

Le tematiche ambienta-li riguardano tutti i cit-tadini e richiedono daparte di tutti un approc-cio nuovo e diverso.

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conta è che le giovani generazioniassumano una forte consapevolezzaambientale. In questa direzione, insie-me al Ministero dell’Istruzione, abbia-mo fatto un grande lavoro per istituzionalizzare l’educazioneambientale nelle materie scolastiche:a quella che una volta si chiamavaeducazione civica abbiamo aggiuntodegli insegnamenti specifici di educa-zione ambientale. Oggi, e speriamodomani sempre più, nelle scuole siparla di ambiente spiegandone leproblematiche e indicando i compor-tamenti corretti e sostenibili.

Quali sono gli ostacoli nel percor-so di sensibilizzazione ambienta-le del nostro paese e quali risul-tati abbiamo già raggiunto?L’Italia dal 1° gennaio è il primo paesein Europa ad aver messo fuori legge lebuste di plastica non biodegradabili. Èuna piccola-grande rivoluzione, inprimo luogo perché le buste sonomolto dannose per l’ambiente, maanche perché se da un lato diamo uncontributo all’ambiente migliorando-ne la qualità, dall’altro siamo tuttichiamati a collaborare. Adesso isupermercati forniscono buste biode-gradabili ma molte persone già si

stanno abituando a portare da casa lavecchia sporta della spesa, riutilizzan-dola. I cittadini italiani in realtà sonomolto sensibili a queste problemati-che, perché possono e vogliono adot-tare cambiamenti utili all’ambiente,senza proteste o lamentele, anzi conun ampio consenso. E accettando di

ottimo buon grado questo cambia-mento, dimostrano una vera maturitàche fa ben sperare per il futuro.

Salvatore Bianca, nato a Siracusa, ègiornalista professionista. Dal 1980svolge la professione presso il quoti-diano “Il Diario”, e prosegue comecollaboratore nel settimanale “SiciliaImprenditoriale”. Nel 1982 inizia a col-laborare con le emittenti televisive Tvs-Video Elle, Telecolor-Video Tre. Nel

1985 è assunto come capocronistapresso la redazione del quotidiano “LaGazzetta di Siracusa”. Dal 1986 al2001 lavora nella “Gazzetta del Sud”come redattore, esperto della cronacagiudiziaria e politica. Dal 1994 al 1999ricopre il ruolo di responsabile UfficioStampa per eventi della “Fiera delSud” di Siracusa e per campagne dicomunicazione finalizzate alla sensibi-lizzazione sulla raccolta dei rifiuti. Nel2001 diventa Portavoce e Capo UfficioStampa del Ministro per le PariOpportunità, fino al 2006. Dal 2008 eancora oggi è Portavoce e CapoUfficio Stampa del Ministro dell’Am-biente Stefania Prestigiacomo. Tra gliincarichi sindacali, ha ricoperto il ruolodi Segretario della Sezione Provincialedi Siracusa della Associazione Sicilianadella Stampa e Vicesegretario Regio-nale dell’Associazione Siciliana dellaStampa. Dal 1985 a oggi, ha pubblicato saggie raccolte su temi politici e d’attualitàe il romanzo Dove finiva via Pitia.

A quella che una voltasi chiamava educazionecivica abbiamo aggiun-to degli insegnamentispecifici di educazioneambientale.

Approfondimentihttp://www.minambiente.it

L’Unione Europea ha messo al bando, dal 1° gennaio 2011, l’utilizzo comune delle buste di plastica. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare harealizzato una campagna di sensibilizzazione rivolta a tutti i cittadini italiani.

BASTA PLASTICA.

Un grande risultato lo abbiamo ottenuto: siamo il primo Paese europeo

senza sacchetti di plastica inquinanti.

Nei negozi e nei supermercatichiedi sacchetti biodegradabilio in materiale riutilizzabile.

SE USI BORSE BIODEGRADABILIL’AMBIENTE NON NE FA LE SPESE.

(*) Intervista a cura di Maria Savarese.

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Sportelli verdi nella Pubblica AmministrazioneFLAVIO MORINIAmbiente e tutela del territorio ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)

RENDERE SOSTENIBILI PIÙ DI 8.000 COMUNI; FARE DI “LUNGIMIRANZA” LA PAROLA D’ORDINE DEGLI AMMINISTRATORI PUBBLICI CHE SI OCCUPANO DI AMBIENTE. MUOVERE I PRIMI PASSI VERSO LE NUOVE “ECO-CITTÀ” D’ITALIA.

Cosa possono fare le amministra-zioni comunali per la comunica-zione ambientale pubblica?Far capire ai propri cittadini qualisono le possibilità che hanno, cosadevono fare nei piccoli gesti quoti-diani in direzione della sostenibilità.Informare e animare i cittadini sutemi come la raccolta differenziatadei rifiuti, i consumi consapevoli eintelligenti, l’acquisto di prodotti chederivano da materiale riciclato orecuperato, come nel caso del GreenPublic Procurement. Si tratta dicomunicare ai cittadini le opportu-nità dell’installazione di impianti dienergie rinnovabili sulle proprie abi-tazioni, o di poter partecipare conl’amministrazione comunale a formemiste di capitale pubblico/privato perla realizzazione di questo tipo dienergia. Bisogna far capire ai cittadi-ni anche come muoversi all’internodelle città: scoraggiare l’uso delmezzo proprio, utilizzando, dove esistono le possibilità, sempre il tra-

sporto pubblico. Il comune è il pri-mo che dovrebbe dare l’esempio ai cittadini, in realtà molto sensibili aqueste tematiche. Non sempre que-sto accade. Le amministrazioni com-unali devono essere in prima lineanell’animazione territoriale dei citta-dini, ma anche nel dare l’esempio sucome va fatto.

Come si può rendere efficace la comunicazione comune/citta-dini sul tema dell’attenzioneall’ambiente?I comuni dovrebbero redigere unbilancio ambientale, dove si stabili-scono aree di intervento e obiettivi,da inserire poi nel vero e proprio pro-gramma di bilancio finanziario perportarli a termine. Quindi si prendonodegli impegni verso i cittadini, facen-do capire loro che se si investe nei settori ambientali, in particolare nelrisparmio energetico, nel decentra-mento degli nell’edifici, incremento diproduzione di energia da fonti rinno-

vabili e nei consumi di materiali pro-venienti dal riciclo, alla fine si rispar-miano soldi per gli enti locali, chepossono essere destinati a qualcos’al-tro a vantaggio dei cittadini: al bilan-cio familiare, al sociale, alla scuola oad altri ambiti per cui i comuni ormaihanno poche risorse.Le buone pratiche dei comuni, comela raccolta differenziata negli uffici enelle scuole, l’installazione di impiantidi energie rinnovabili sui tetti dellecase, degli edifici comunali, delle pale-stre e delle piscine devono esserecomunicate ai cittadini attraversosportelli comunali dedicati (“sportelloenergia”, “sportello green/soft eco-nomy”), attraverso supporti informati-ci come e-mail e newsletter, o suppor-ti cartacei come i giornalini. Il cittadinova informato del fatto che l’ente loca-le può risparmiare risorse che possonoessere poi reinvestite per il cittadinostesso; automaticamente quest’ultimodiventa virtuoso, perché capisce che lofa per sé, oltre che per gli altri.

ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

Nel 94% dei comuni italiani sono installati impianti da fonti rinnovabili. Una tendenza in crescita: 6.993 nel 2010, 7.661 nel 2011.(fonte: Rapporto Comuni Rinnovabili 2011 Legambiente).

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Sta cambiando l’attenzione deicomuni italiani verso le temati-che ambientali?Credo di sì. Tra i comuni italiani,8.100 in tutto, sono 7.000 quelliche hanno investito con impianti diproduzione di energia da fonti rin-novabili. Come ANCI nazionale eregionale stiamo lavorando per farsì che le buone pratiche venganosempre più diffuse tra tutti gli enti eper rendere disponibili le procedurein maniera snella, anche per i comu-ni piccoli, facilitandoli nelle scelteche vanno in questa direzione. Peresempio, il fatto che oltre 1.500comuni hanno aderito al Patto deiSindaci, che è un impegno perridurre le emissioni in atmosfera digas nocivi del 20% e produrre ener-gie rinnovabili almeno al 20% entroil 2020, testimonia il fatto che i sin-daci sono consapevoli non solo difar bene all’ambiente, ma anchealle casse comunali. L’energia elet-trica che acquistiamo per l’illumina-zione pubblica ha avuto un incre-mento di costo di circa il 30% dal2007 a oggi. Se i comuni utilizzas-sero nei propri impianti l’illumina-zione a led – un’energia più duratu-ra con minor costo di manutenzio-ne – o sostituissero le lampade aincandescenza con lampade alsodio, risparmierebbero dal 20 al40% dell’energia consumata, equindi parecchi soldi, che possonoessere reinvestiti per le spese cor-renti. Ogni sindaco ormai dovrebbeprogrammare oltre il proprio man-dato, fare investimenti oggi per

avere, nei prossimi anni, un bilancioconsolidato in maniera migliore gra-zie ai risparmi ottenuti. Queste azio-ni pubbliche, oltre a dover esserefatte, vanno comunicate: se i citta-dini facessero altrettanto risparmie-rebbero soldi in futuro, quindi biso-gna far capire che le tematiche

ambientali, oltre a essere doveroseper gli impegni che ci siamo presinei confronti dell’Unione Europea,possono pesare sul bilancio fami-liare, e soprattutto muovere unamicro economia che in questomomento coinvolge circa 150.000persone.

Ci sono dei casi esemplari dicomuni italiani che investononella comunicazione ambientale?Soprattutto comuni che hanno giàavviato le procedure di bilancioambientale: Rovigo, Reggio Emilia,Piacenza, Parma e Cremona in parti-colare, che coordina un progettoeuropeo sul Green Public Procur-ement. Esiste un progetto per avereun unico software che metta in retetutti i comuni d’Italia con il bilancioambientale di ciascun comune.Certificazioni, obiettivi, tutto visibilenon solo ai comuni, ma anche agli

altri enti e ai ministeri competenti,anche per indirizzare le scelte delgoverno nelle direzioni che i comunisi aspettano.

Cosa si può fare per migliorare lasituazione?Per migliorare e incrementare gliinvestimenti dei comuni basterebbe-ro atti del governo per facilitare azio-ni di investimento. Oggi gli investi-menti dei comuni, che devono sem-pre appoggiarsi alle procedure pub-bliche, restano legati a lente buro-crazie. Per la comunicazione invecebisognerebbe diffondere strumentiche siano recepibili e utilizzabili daicomuni anche più piccoli, e investiresulla formazione dei dipendenticomunali che si occupano in partico-lare dei settori Urbanistica e Ambi-ente, aggiornandoli come punto diriferimento per tutti. L’AssociazioneNazionale Comuni Italiani dovrebbefare da propulsore di buone praticheda trasmettere a tutti i comuni. Nelnuovo sito di ANCI c’è la sezione“buone pratiche per gli enti locali”,che contiene tutte le buone espe-rienze, e le assicuro che sono moltein Italia; purtroppo sono più diffuse egeneralizzate tra i piccoli comuni chenelle grandi città.

Marzio Flavio Morini nasce aScansano (Grosseto) nel 1964 ediventa Sindaco del comune tosca-no dal 2006 al 2011. Architetto, dasempre attento ai temi della soste-nibilità e dell’ecologia, dal 2008 è stato eletto Presidente dellaCommissione Ambiente dell’ANCI,l’Associazione Nazionale ComuniItaliani e dal 2009 è delegato allepolitiche ambiente e territorio del-l’ente. È Impegnato sul tema dellagestione dei rifiuti, anche alla lucedei nuovi obiettivi di raccolta diffe-renziata: quello di Scansano è aoggi il primo e unico comune inItalia con un Sistema di Gestionedell’Energia certificato UNI 16001.

Si tratta di comunicareai cittadini le opportu-nità delle scelte ecoso-stenibili.

Approfondimentihttp://www.anci.it

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Il 29 gennaio 2008, la Commissione Europea ha lanciato il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors), un’iniziativaper coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica e ambientale.

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are informazione sui temiambientali, in Italia, è davveroun lavoraccio. Non posso pen-

sare a un diverso esordio per questabreve riflessione sul tema. Anche imeno edotti riguardo i nodi delnostro sistema informativo sannoche la “scienza” e gli “esteri” sonole due cenerentole nel ballo deimedia nostrani. Notoriamente fragilie sottorappresentate, le due debo-lezze si compongono in una disa-strosa fragilità quando si affrontanoi temi ambientali, che sono spessosia di carattere scientifico sia riferitiad aree lontane del mondo.A terra il problema ce lo poniamoquotidianamente. Per ora la nostrarisposta (“parziale” e magari errata)è stata orientata alla “qualità” del-l’informazione. Due brevi esempi.Circa un anno fa nel Golfo delMessico esplodeva la piattaformapetrolifera Deepwater Horizon.Inabissandosi, la piattaforma haspezzato i condotti che la collegava-no al “pozzo di Macondo”, circa unmi-glio sotto il livello del mare.Purtroppo le valvole di sicurezza chedovevano chiudere il pozzo nonhanno funzionato e il getto di petro-lio si è riversato nel mare per più ditre mesi. A giugno, a due mesi dal-l’incidente, sui media si parlava della“marea nera”. L’infografica sui prin-cipali quotidiani rappresentava unamacchia nera grande come l’Italiache si aggirava per il Golfo delMessico. Obama parlò dell’11/9ambientale Usa. La televisione erainvasa da immagini tristissime deimaestosi pellicani marroni coperti dipetrolio. I giornali europei parlavanodel rischio che il petrolio arrivasseaddirittura nel Mediterraneo portatodalla corrente del Golfo.Per capire meglio, siamo andati a

constatare di persona. In Louisianaabbiamo scoperto diverse cose inte-ressanti. La prima era che la macchianera non c’era più. Per un motivosemplice: dalla base di Houma gliaerei noleggiati dalla Bp decollavanodi continuo per andare a rovesciaremilioni di litri di solventi sulle “chiaz-ze” segnalate dalle barche noleggia-te dalla compagnia petrolifera. E ilpetrolio non era neanche in spiag-gia. A Grand Isle come a Venicemigliaia di disoccupati locali (il fermodella pesca aveva messo in ginoc-chio l’economia della regione) intuta e guanti rastrellavano le costecon metodica perseveranza racco-gliendo anche i più piccoli grumi di petrolio. E i pellicani e i gabbianiinzaccherati? Tutti ricoverati (spessoinutilmente, visto che non c’è mododi ripulire le delicatissime piume diun uccello dalla morchia unta e per-sistente del petrolio) presso la clinicadi Fort Jackson, accuditi come nes-sun nordamericano, umano, a uso econsumo delle TV.

Il solito allarmismo degli ambientali-sti quindi? In realtà a guardare benei problemi erano presenti, eccome.Lo sapevano bene i biologi mariniamericani che passavano il tempo acercare di intercettare i nidi delle tartarughe per spostarli sulla costaatlantica della Florida. Le tartarugheinfatti, quando nascono, vanno a

“pascolare” tra le alghe sul fondodel mare, dove crescono per anni e sirafforzano. Solo che la prateria dialghe per crescere era invasa dalpetrolio sciolto e “affondato” daisolventi. Una condanna a morte perle tartarughine. La marea nerainsomma era scomparsa dalla super-ficie per andare a sterminare il primostadio della catena alimentare delmare, direttamente sul fondo. Bastòun giretto tra le paludi del delta delMississippi per rendersi conto delladevastazione di quell’habitat causatadai canali per il trasporto delle attrez-zature verso le piattaforme e il deda-lo di tubature. Canali scavati nellapalude di acqua dolce che permetto-no al mare di entrare, distruggere l’e-cosistema lagunare, e accelerare l’e-rosione. E bastò una conversazionecon gli esperti locali per scoprire cheoltre alla devastazione dovuta all’in-frastruttura petrolifera, su questaimportantissima zona umida del pia-neta, incide da anni l’effetto dei fer-tilizzanti dilavati nel fiume dall’agri-coltura. Da Galveston in Texas, aPensacola, Florida, gli scienziatihanno documentato la più vastazona di ipossia del pianeta, uno spec-chio di mare grande come daGenova a Napoli, con una carenza diossigeno che rende la vita difficile.Come dire: l’acqua magari è limpida,ma è vitale come quella del bidet dicasa. Non avevamo letto nulla ditutto ciò sui giornali.Il secondo esempio è recentissimo e siriferisce all’incidente nucleare aFukushima. Nelle ore che hannoseguito l’incidente alla centrale i gior-nali (tutti) scrivevano: ”Le centralisono state spente, i sistemi di sicurez-za hanno funzionato”. Bastò inter-pellare l’ingegner Sorokin del nostrocomitato scientifico perché i termini

In Louisiana abbiamoscoperto diverse coseinteressanti. La primaera che la macchia neranon c’era più.

Comunicare l’ambiente: che faticaLUCA BONACCORSIDirettore Responsabile Terra, quotidiano ecologista

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della questione si chiarissero: le cen-trali nucleari non si spengono. Si puòinterrompere la reazione primaria, mail problema resta: il calore del combu-stibile nucleare continua a necessitaredi fiumi di acqua per essere raffredda-to. Se per qualche motivo l’acquaviene a mancare (nulla di più facile inun cataclisma, visto che si parla ditubi e pompe) il combustibile sifonde, buca il reattore e si propaganell’ambiente. Ci sono volute diverseprime pagine dedicate a questo “det-taglio” prima di vedere a Ballarò ilbuon Sorokin spiegare questo basila-re ma essenziale “tallone d’Achille”della attuale tecnologia nucleare.In entrambi i casi quindi la strada scel-ta da un mezzo di comunicazionecome il nostro è stato di approfondiree spiegare, rifuggendo da allarmismie versioni pre-confezionate. Con lai-cità assoluta. Per scoprire, per esem-pio, che la temibile “marea nera” erapoca cosa rispetto al danno ambien-tale che l’ecosistema del delta del

Mississippi subiva ormai da anni.Ci sono certo temi più “semplici” daaffrontare, come quelli delle ecoma-fie, della gestione dei rifiuti, dell’a-busivismo edilizio, del dissesto delterritorio. Le notizie in questi casi siriferiscono a problemi molto “vicini”(pensiamo alla tragedia della spazza-tura in strada per un napoletano) eriescono a tenere le prime pagine deimedia nazionali. In questi casi il pro-blema non è tanto la sensibilità e ladisponibilità degli utenti a “ricevere”l’informazione, quanto piuttostol’assuefazione. Drammaticamente laspazzatura e i roghi in strada aNapoli, per esempio, non sono piùuna notizia nazionale. Tanti e taliallarmi devono aver indotto nell’a-scoltatore/lettore medio l’idea che“tanto a Napoli è/sarà sempre così”.E se il lettore si è stufato di leggerlo,probabilmente i giornali smetteran-no di scriverlo presto.L’attenzione per l’ambiente cresceogni giorno nella sensibilità comune.

Questo rende, apparentemente, piùsemplice il mestiere a chi opera nelsettore. La nostra esperienza oggi èche il tema non è più la “quantità” diinformazione ambientale ma piutto-sto la sua “qualità”. Il terreno dell’e-cologia, una volta così poco praticatodai media nostrani, oggi è dissemina-to di trappole e aberrazioni chevanno sotto il nome di: luoghi comu-ni, ideologia, settarismo e ignoranza.

Luca Bonaccorsi, 41 anni, economi-sta. Dal 1994 al 2005 ha lavoratocome Proprietary Trader tra Londra eAmsterdam per i principali gruppibancari (Abn Amro, Bnp Paribas). Nel2006 ha fondato il settimanale d’in-chiesta “left”. Nel 2008 ha fondatoterra, il primo quotidiano ecologista inEuropa, che dirige dal dicembre 2009.

Approfondimentiwww.terranews.it

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Il 20 aprile 2010, in seguito ad un incidente al “Pozzo di Macondo” nel Golfo del Messico posto ad oltre 1.500 metri di profondità, milioni di barili di petrolio si sono riversati in mare. È il disastro ambientale più grave della storia americana.

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Soltanto le catastrofi fanno noti-zia in un giornale?Effettivamente per molti anni soltan-to le catastrofi hanno fatto notizianei giornali. È un grosso limite del-l’informazione: si ritiene che forzan-do i titoli o manomettendo la realtàsi ottenga più audience. Così facen-do però si corre il rischio di assuefa-re l’informazione con notizie noncorrette e allo stesso tempo dare uncattivo servizio ai lettori. In realtà laserietà e la validità del problemaambientale sarebbero in grado didare più che sufficienti titoli, senzaforzare la realtà stessa.

Che posto trovano i casi positividi comportamenti ambientaliall’interno di un giornale?Relativamente basso e marginale, almassimo concentrato nelle pagineinterne. Purtroppo la notizia positivanon viene considerata come unanotizia e anche questo è un limitedell’informazione. Mi pare che peròle cose siano un po’ diverse su inter-net, dove possono essere pubblicatimolti siti tematici, tipo il nostro,ecquo.it, dove si riesce a dare piùspazio alla notizia ambientale.

Crede che il quotidiano possaessere un mezzo di comunicazio-ne efficace per sensibilizzare l’o-pinione pubblica su temi comel’ambiente?Secondo me sì. Il quotidiano offre alletematiche ambientali un format posi-tivo, che riesce sia a fornire un servi-zio al lettore, sia a realizzare iniziativecongiunte con associazioni, enti epersone che vogliono fare qualcosa afavore dell’ambiente. Sponsorizzandopoi un certo evento su cui cercare difare informazione positiva, il giornalepuò sentirsi più responsabilizzato.

C’è un cambiamento nel modo incui viene trattato il tema del-l’ambiente in una redazionegiornalistica?Tutt’ora c’è una tendenza al cata-strofismo abbastanza marcata, quin-di non noto molto cambiamento.C’è sempre una propensione all’au-mento che riguarda la quantità dicomunicazione ambientale che vienefornita ai lettori, o ai telespettatori.

Ma spesso questi argomenti vengo-no affidati a redattori non specializ-zati; per forza di cose l’informazio-ne risulta un po’ superficiale o con-traddittoria, a seconda dei giorni.Servirebbero più specializzazioni diredattori che si occupano di ambien-te per le notizie ambientali, cosìcome avviene per gli altri settori.L’ambiente è una tematica comples-sa che richiede una competenza spe-cifica, per comprenderlo e conside-rarlo sempre un valore.

Qual è la vostra esperienza conecquo.it?Abbiamo raggiunto circa 40.000utenti; un risultato senza dubbio posi-tivo, soprattutto per lo scambio con ilettori, con chi frequenta il blog.Abbiamo anche un gruppo su Face-book, con circa 2.000 iscritti, perché èmolto importante cercare di avere unoscambio in entrambi i sensi: proporrenotizie e ricevere commenti. Questoserve per coinvolgere il lettore, chenon è più soltanto passivo ma puòessere parte attiva. Credo che l’infor-

mazione possa essere sempre in dop-pia direzione: strumenti come internetsono una risorsa importante perchéconsentono di allargare la platea dipersone che sono interessate a unatematica e consentono di farli parteci-pi dello sviluppo della notizia. Su inter-net si vede subito e in modo più diret-to quali notizie sono più interessantiper il lettore. Credo che questa sia unastrada importante per i quotidiani,utile per dare informazioni ambientalie proporre in maniera costruttiva noti-zie positive accanto a quelle negative;se è vero che la denuncia non devemai mancare, fornire poi anche lenotizie positive può dimostrare che ladenuncia delle volte ha effetto.

Alessandro Farruggia, nato aPrato nel 1962, è giornalista profes-sionista presso la redazione romanadei quotidiani “Il Resto del Carlino”,“La Nazione” e “Il Giorno”. Ha unpassato da giornalista radiofonico eda organizzatore di concerti rock.Oggi si occupa prevalentemente diambiente ed esteri, con occasionaliincursioni nella cronaca e nella politi-ca. Dalla fine degli anni Ottanta haseguito le principali conferenzeinternazionali sulle tematiche am-bientali, in particolare sui cambia-menti climatici, su cui ha scritto unfortunato testo edito da EdizioniAmbiente. Ha partecipato a due spe-dizioni del Progamma Nazionale diRicerche in Antartide (PNRA); per ireportage scritti in occasione dell’ul-tima, nel 2006, ha vinto il PremioSaint-Vincent di Giornalismo.

Il taglio basso dell’ambienteALESSANDRO FARRUGGIAGiornalista del Quotidiano Nazionale

LOGICHE DI MERCATO, CATASTROFISMI A RUOTA LIBERA, VENDIBILITÀ DELLE NOTIZIE:NELL’INTRECCIO DI INTERESSI CHE MOVIMENTANO LA VITA DI UN GIORNALE, L’AMBIENTE FATICA A TROVARE IL SUO LEGITTIMO SPAZIO.

Servirebbero più redat-tori specializzati su te-matiche scientifiche.

Approfondimentihttp://magazine.quotidiano.net/ecquo

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Nella sua esperienza professio-nale si è confrontato con la tele-visione analogica, quella digita-le, la radio, l’editoria, il web.Qual è, a suo avviso, il mezzoche veicola meglio la comunica-zione ambientale?Io ho cominciato 36 anni fa con l’a-nalogica in bianco e nero, quindi hola fortuna di aver attraversato tuttala storia degli ultimi 35 anni di co-municazione in Italia.Direi che la TV generalista, qualeche sia la sua modalità di trasmis-sione, resta la più utile per la comu-nicazione ambientale.Abbiamo fatto molti passi avanti,ma in Italia siamo ancora troppoindietro dal punto di vista della con-sapevolezza e dell’informazione dif-fusa per quanto riguarda i problemiambientali e la loro possibile solu-zione. Quindi prima ancora di anda-re in profondità dobbiamo lavorarein larghezza; prima ancora di con-centrarci sui canali tematici o sui siti,che se va bene, colpiscono pochedecine di migliaia di persone, dob-biamo continuare a lavorare suigrandi numeri, cioè sui milioni. Misento ancora molto vicino alla TVgeneralista, benché abbia lavoratocon altri mezzi e sia ancora convintoa farlo, perché bisogna ancora lavo-rare molto su una diffusione oriz-zontale prima di andare in verticale.

Ritiene che negli ultimi diecianni ci siano stati dei cambia-menti nel modo in cui vengonotrattate le tematiche ambientalinei diversi canali di comunica-zione?Purtroppo sì, ma in peggio. Quandoho cominciato la mia carriera, 36anni fa, fui chiamato da un tele-giornale per ragazzi in bianco e

nero come portavoce dei giovanidel WWF, per raccontare cosa face-vamo (pulizia delle spiagge, campiantibracconaggio e antincendio,sensibilizzazione nelle scuole). Ora,nelle TV generaliste, quanti pro-grammi a tema ambientale ci sono?O quanti interventi su tematicheambientali all’interno dei program-mi tipo magazine? Ci rendiamoconto di aver fatto enormi passiindietro: ci sono programmi impor-tanti, come La Macchina del Tempo,che aveva una grande attenzione aquesto, che sono stati cancellatidopo 12 anni di successo; program-mi incentrati solo su questo, come“Gaia il paese che vive” che è statocancellato – qui mi riferisco a pro-grammi di RAI e Mediaset allo stes-so modo. Quindi oggi purtroppo ilpanorama è più povero, siamoretrocessi, a favore di un approcciomolto superficiale e ideologico. Iprogrammi citati avevano imposta-zioni diverse; è noto che io e il col-lega di Gaia abbiamo un approccio

diverso al tema dell’ambiente, ep-pure vi dedicavamo intere puntate.Oggi questi programmi non ci sonopiù ma ci sono scontri furibondi sul-l’acqua, sul nucleare, trattati senzaconoscenza scientifica dei numerima con opinioni preconcette: pen-siamo ai termovalorizzatori o allediscariche. Sono temi trattati in ter-mini ideologici e strumentali, e nonsulla base di una conoscenza delproblema. Potrebbero anche esserciidee diverse sulle soluzioni da pren-dere, ma qui si parte a favore o con-tro una proposta saltando comple-tamente la fase conoscitiva.L’esempio di Fukushima: all’inizioha provocato l’abbandono del pro-gramma nucleare italiano, annun-ciata in prima pagina come la cata-strofe nucleare di questo millennio,poi però non se n'è sentito più par-lare; evidentemente non è stataaffatto una catastrofe. Oggi anchela stampa riconosce che le conse-guenze più pericolose, le visioni piùpessimistiche sono state sfatate.

C’era una volta... l’ecologia in TV ALESSANDRO CECCHI PAONE

Conduttore televisivo

SE L’AMBIENTE NON “BUCA LO SCHERMO” DIFFICILMENTE RIMANE NEI PALINSESTI. UN PROCESSO IRREVERSIBILE? UN PROFESSIONISTA DEL VIDEO

CI RACCONTA PREGI E DIFETTI DELLA TV ITALIANA.

Entro il 2012 si concluderà in Italia lo switch-off: lo spegnimento dei segnali televisivi analogici e il passaggioa quelli in digitale terrestre.

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Certo era meglio che non succedes-se, e certamente si tratta di un even-to preoccupante, ma noi abbiamoavuto l’annuncio dell’apocalisse peruna quindicina di giorni in primapagina e poi più niente.È chiaro che un approccio del genereè devastante.

Come reagisce il pubblico all’infor-mazione ambientale? La sensibi-lità nei confronti di questi temi stacrescendo?La sensibilità si è sviluppata grazie allafase precedente, che farei durare finocirca al 2005, in cui i vari programmi,anche con impostazioni diverse, sututte le reti, aumentavano il livello diconoscenza, quindi quello di consape-volezza, e lasciando poi a ciascuno lalibertà di farsi la sua idea.Adesso invece siamo da un lato nell’i-deologia pura: uno scontro tra precon-cetti; dall’altro lato siamo in quell’otti-ca, solo italiana, che io definisco “mira-colistica”: si parla di ambiente, quindidi un fatto che ha valenza prevalente-mente scientifica, come se si parlasse dimiracoli “ci credo”, “non ci credo”, “èvero”, “non è vero”. Non è questo ilpunto. Stiamo parlando di problemiconcreti che hanno delle loro spiega-zioni, dei loro valori, dei loro numeri. Inbase a ciò si possono fare delle propo-ste con dei propri numeri e valori, mal’approccio non è questo; siamo in una

condizione terribilmente arretrata nelcampo della concezione culturale.

Nella comunicazione ambientaleè possibile trovare un equilibriotra la denuncia e la valorizzazio-ne dei casi positivi? L’abbiamo fatto, anche con punti divista diversi, e tanto, poi però dal2005 non ce l’hanno fatto fare più atutti quanti. Siamo costretti a murocontro muro: io, che sono dichiara-tamente e notoriamente un filo-nu-clearista trovo persone giovani emolto motivate che dicono “no alnucleare, sì al solare”. L’impostazione è sbagliata perchéanche io sono favorevole al solaresono stato tra i primissimi in Italia aoccuparsene, ne ho parlato bene, hoscritto libri sull’energia solare, sonostato a capo di un’associazione diinstallatori. Ma l’errore drammatico èche non si capisce che non esisteun’alternativa fra l’uno e l’altro, percapacità di potenza erogata, perposti, per tecnologie, per rendimen-to, per efficienza. Quando si dice“solare sì, nucleare no” non si staparlando di niente. Io dico sì al sola-re e al nucleare insieme, perché nonsono alternativi, sono integrati.

Se lo stato delle cose è questo, inche direzione stiamo andando? Io sono ottimista. Anche il fatto che

l’Italia stia dentro il circuito interna-zionale europeo, permette ai giovanidi viaggiare e di vedere altre realtà;con internet possono imparare daicoetanei europei e sviluppare consa-pevolezza e sensibilità maggiori.Rispetto agli stranieri avremo unanuova generazione di italiani sensibi-li e consapevoli, che però non hannogli strumenti per prendere delle scel-te. Quindi bisogna tornare al più pre-sto a un’informazione ambientale chenon dia strumenti di battaglia, ma dicomprensione.

Alessandro Cecchi Paone è nato aRoma il 16 settembre 1961, dove hainiziato la carriera radiotelevisiva inRAI, è diventato giornalista profes-sionista e si è laureato in ScienzePolitiche. Dal 1977 ha lavorato comedirettore, autore e conduttore perprogrammi di approfondimento cul-turale e sociale su Rai, Mediaset, SKYe Mediolanum Channel. Tra gli altriargomenti, ha trattato scienza eambiente nelle trasmissioni radiofoni-che della Radio Rai, Radio DimensioneSuono, Radio 101 e Radio Kiss Kiss.

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Approfondimentiwww.alessandrocecchipaone.it

L’esplosione della centrale di Fukushima in Giappone, provocata dallo tsunami dell’11 marzo scorso, ha riaperto l’acceso dibattito sulla sicurezza delle centrali nucleari.

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Quali sono oggi le strategie dicomunicazione adatte ai diversitarget di pubblico a cui vi rivol-gete?Il nostro gruppo produce canali tele-visivi tematici. Alice è dedicato allacucina; Leonardo alla casa e all’arre-damento; Marcopolo ai viaggi e alturismo; Arturo è un canale di im-pronta più generalista, con un targetprevalentemente femminile; Nuvolari,infine, viene dal mondo dei motorima, a questo tema, se ne stannoaggiungendo altri destinati a unpubblico giovane e maschile.Ovviamente dobbiamo considerare,nell’ambito della comunicazione,che ci rivolgiamo a un pubblico di“appassionati”, seppur nelle diversetematicità. Diciamo che l’elementoche più accomuna tutta la nostracomunicazione è richiamare l’atten-zione dei nostri diversi target perportarli dentro una community dovecondividere, insieme, la stessa pas-sione e questo avviene attraverso laTV, ma anche attraverso il web e iperiodici che realizziamo parallela-mente ai canali televisivi, ovveroAlice Cucina, Leonardo Case & Stili eDiari di Viaggio by Marcopolo.

Ci sono delle differenze signifi-cative tra l’offerta della TV supiattaforma digitale e quellaanalogica?Possiamo dire che le offerte sonodiverse perché il pubblico è diverso.L’offerta sul satellite rimane un’offer-ta prevalentemente di tipo tematica,mentre i canali proposti sul digitaleterrestre hanno decisamente un’im-pronta di tipo generalista o minige-neralista.

Canali come Nuvolari e Marco-polo raccontano temi di svago e

passioni con una particolare at-tenzione al rispetto della diver-sità culturale e dell’ambiente. Inche modo?È la stessa natura del tema trattatoda Marcopolo, i viaggi, che rendonoquesto canale uno strumento didivulgazione, o amplificazione, delladiversità culturale. E non mi riferiscosoltanto, com’è ovvio, alle popola-zioni e alle culture di popoli e terrelontane che mostriamo quotidiana-mente in alcuni nostri programmi,ma alle stesse mille diversità e tipicitàche caratterizzano il nostro territorioitaliano. Con i format di Marcopolo,ogni giorno, non facciamo altro chedimostrare quanto, all’interno delnostro Bel Paese, siamo diversi pertradizioni e cultura, ma allo stessotempo tutti uniti nella medesima sto-ria che ci ha portato a essere ciò chesiamo oggi. Nuvolari, con altre carat-teristiche editoriali, invita i telespet-tatori a vivere, nel “movimento” enel rispetto dell’ambiente, il nostrovasto territorio nel modo che più loaggrada, dando però anche spazioall’informazione e alla cultura dellasicurezza.

Con lo sviluppo costante delweb, quale futuro prevede per iprogrammi televisivi su digitale?Tutti i produttori di contenuti e glieditori si sono dovuti confrontare,negli ultimi anni, con il grande svilup-po del web. Anche noi abbiamoadottato delle strategie e piuttostoche vivere il web come un antagoni-sta alla TV tradizionale abbiamo pre-ferito sviluppare nuove sinergie,diversificando la distribuzione deinostri contenuti: dallo scorso anno,infatti, i nostri canali televisivi sonoanche sull’IPTV (la piattaforma per laTV digitale via cavo) di Telecom Italia.

E poi abbiamo sviluppato intensa-mente la nostra area web creandoun vero e proprio “sistema” dicomunicazione tra televisione, webed editoria cartacea, dove l’areaweb riveste un ruolo decisamenteimportante.

Qual è il trend dell’investimentoeconomico nella comunicazioneambientale?Per un gruppo come il nostro, ingenerale, gli investimenti nellacomunicazione non sono di certocome quelli dei grandi gruppi edito-riali. Ciò non toglie che riusciamo,attraverso la linea editoriale deinostri programmi, e anche attraversoparticolari campagne che noi stessirealizziamo e distribuiamo sui nostrimezzi, a veicolare messaggi che cistanno a cuore non solo a livelloambientale ma, più in generale, alivello di coscienza civica.

Valter La Tona, nato a Poggibonsi(Siena) nel 1956, inizia la sua carrie-ra professionale nella televisionecome Direttore di Rete (Tele Friuli,Tele Marca) e Responsabile di Pro-duzione (Triple A). Approda nel 1984nel Gruppo Fininvest con incarichi didirigenza e relazioni istituzionali perl’area Nord Est e in seguito ricopre ilruolo di Responsabile RelazioniEsterne per Omnitel, Olivetti e LTCorp. Nel 1997 torna in TV comeSocio Fondatore e AmministratoreDelegato della società editriceSitcom, di cui dal 2001 è anchePresidente.

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Approfondimentiwww.sitcom.TV

Green TV, ti vedo in formatVALTER LA TONA

Amministratore Delegato gruppo Sitcom

LA PIATTAFORMA SATELLITARE MANTIENE LA PROMESSA E MOLTIPLICA L’OFFERTA, CON CANALI SPECIALIZZATI E TEMATICI. COSÌ L’AMBIENTE TORNA A FAR PARLARE DI SÉ.

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Cosa significa oggi pianificareun’efficace strategia di comuni-cazione?È una questione molto complessa emolto diversa da qualche anno fa.Col cambiamento profondo che staattraversando oggi il mondo dei me-dia è necessario avere una strategia dicomunicazione articolata, al fine ditrovare tutti i canali di comunicazioneper parlare con alcuni tipi di pubblicodifficilmente raggiungibili dai grandimezzi; penso ai giovani, o giovaniadulti, mediaticamente meno rag-giungibili dalle TV, che guardanopoco o niente.Il mondo di internet oggi non è piùun new media. Il valore commercia-le di internet ormai ha superatoquello della stampa ed equivale aquello dell’affissione.Al giorno d'oggi quindi la grandesfida non è più solo sul web, maanche sul fronte della TV satellitare,dove chi non è abbonato a Sky, si ètrovato a passare da una TV con uncerto numero di canali nazionali elocali a una TV con centinaia di altricanali, molto complessi, che presen-tano ancora problematiche tecnichein aree non coperte. Chi gode diquesta novità si trova davanti unascelta molto più ampia di prima, cheesplora anche per capire cosa ci siadi nuovo. Per noi che facciamocomunicazione è importante capireche il numero delle persone cheguardano la TV non è cambiato cosìtanto; lì l’audience si è polverizzatasu un più ampio numero di canali equindi è più difficile da raggiungere.Bisogna attuare una strategia chetenga conto della polverizzazionedell’ascolto, della settorialità dicanali monotematici e di altre varia-bili. Quindi è molto più difficile rag-giungere il target.

Quali sono i vantaggi di unasocietà di comunicazione chelavora all’interno di un network?Un network è complesso. Nel nostromondo, “multinazionale” significaavere un ufficio in almeno 90/100città nel mondo. È sicuramente piùfacile avere informazioni: se unnostro cliente dovesse chiedere cosasuccede in Brasile, in Asia o inGermania, con un referente lì è piùfacile avere informazioni sui costi, leattività, l’assistenza su territorio. Il

network è vantaggioso perché hai adisposizione un’“expertise” locale.Ci sono aspetti negativi come le dif-ferenze culturali o i fusi orari, cheinfluiscono sul modo di lavorare.Anche i costi possono essere unosvantaggio. Sono diversi da area adarea: in Asia i costi delle strutture di comunicazione sono più alti, inEuropa alcuni servizi vengono remu-nerati il doppio rispetto all’Italia, per-ché la cultura locale li percepisce così,ma un cliente non sempre accetta ledifferenze. Un punto importante afavore del network è avere tanti refe-renti e tante informazioni in giro peril mondo.

Esiste una “comunicazione so-stenibile”, che consideri l’impat-to ambientale della sua realizza-zione?Esiste una cultura di comunicazionesostenibile, anche se ancora bassa.Chi fa comunicazione è inquinatoreper definizione: ci infiliamo nelle

case delle persone, e volenti onolenti, propiniamo delle cose. Èvero che ci sono il telecomando o ilmouse per cambiare, ma per tanti lapubblicità è vissuta come inquina-mento. La comunicazione sostenibi-le deve imparare ancora tanto,soprattutto dal punto di vista dellacultura della comunicazione. Chi sioccupa di sostenibilità viene da unacultura completamente diversa dallacomunicazione e quindi ha molto daimparare: spesso approccia il mondodella comunicazione senza gli stru-menti giusti e rischiando di faremale, o perseguendo la strada del-l’economia. Non sempre l'economiava d'accordo con il livello di profes-sionalità. Chi fa comunicazione sos-tenibile spesso non ha a disposizio-ne risorse e mezzi necessari e cercaescamotage per pagare di meno: sirivolge a strutture più piccole omeno professionali che anche se piùeconomiche non garantiscono unbuon livello di professionalità. Lasostenibilità è più calpestata in asso-luto nel caso dell’affissione. Durantele campagne elettorali, per esempio,milioni di manifesti inquinano lestrade. In questi casi sono i comuni iprimi a non avere attenzione o rime-di. Il comune di Roma è molto com-plesso in ambito di affissioni, ancheper la vastità del territorio e faticaperché non ha risorse, tempo ostrutture per controllare in modoadeguato.

In cosa è diversa una campagnadi comunicazione su temi di rile-vanza sociale, come l’ambiente,rispetto a una campagna finaliz-zata al commercio?Per certi aspetti non è diversa. Lacomunicazione comunque veicolaun messaggio; che sia finalizzato a

Chi fa comunicazione èinquinatore per defini-zione.

Natura e media: quando il risultato ripagaGIUSEPPE OLIVAManaging Director Mindshare

UN’EFFICACE CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE AMBIENTALE NON PUÒ FARE A MENO DI UNA BUONA PIANIFICAZIONE, ANCHE ECONOMICA. DA AFFIDARE A DEGLI SPECIALISTI COME MINDSHARE.

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un acquisto o a un comportamento,l’influenza non cambia. Le strategiesono appositamente studiate per rag-giungere i destinatari. Più il messaggioè semplice da capire più è necessariauna comunicazione meno frequente.Più il messaggio è sottile e non richie-de risposte immediate, più la comuni-cazione ha bisogno di sedimentare. Ilmessaggio che spesso si usa nellacomunicazione sociale è shock, perdestare attenzione o richiamare la sen-sibilità. Si usano immagini forti chetoccano corde più delicate rispetto aun acquisto, un bene o un prodotto,ma dal punto di vista del media lacomunicazione viene studiata allostesso modo: si intravedono e studia-no i destinatari del pubblico e su diloro si costruisce una strategia diversaa seconda dei molteplici aspetti deitarget da raggiungere. A seconda deltarget - uomini, donne o anziani - sifanno scelte diverse da altre. La fre-quenza può essere diversa, ma è l’uni-ca differenza significativa.

Che ruolo economico ricoprono gliinvestimenti nella comunicazioneambientale?Rispetto alle necessità, molto basso.C’è ancora scarsa sensibilità e scarsacultura. C’è grande confusione, anchenel nostro comune, sullo smaltimentodei rifiuti differenziati. Le Pubbliche

Amministrazioni comunicano, su que-sta problematica, con manifesti lun-ghissimi da leggere, o con pubblicitàilleggibili sugli autobus. Così il cittadinodifficilmente capisce quali sono le coseda cambiare nelle proprie abitudini. Lacomunicazione socialmente sostenibiledeve imparare come costruire i conte-nuti e come veicolarli. A Roma, AMAha fatto un buon lavoro, capillare eper quartieri, in un modo non comunealle Pubbliche Amministrazioni. LaPubblica Amministrazione spesso nonha risorse, o le usa male. Ci vuole una

comunicazione più efficace, capillare e duratura, che rende indispensabilepreventivare una spesa, soprattuttoper territori molto ampi.

C’è stata negli ultimi anni unavariazione, in percentuale, di que-sti investimenti? Qualche anno fa l’AmministrazionePubblica aveva mostrato un aumentodella sensibilità. La crisi ha portato via risorse sia al pub-

blico sia al privato. Questa attività, chesi è fermata negli ultimi due anni,dovrebbe riprendere. La comunicazio-ne sostenibile dovrebbe essere costan-te nel tempo, per poter cambiare laforma mentis e l’approccio culturaledelle persone. Occorrono costanza etempo, che una campagna pubblicita-ria da sola non può avere, per cambia-re le nostre abitudini radicate da anninella nostra cultura. Il tempo, ahimè,richiama denaro, e se non c’è denarodifficilmente si riescono a fare dellebuone cose.

Giuseppe Oliva, laureato in Eco-nomia e Commercio alla La Sapienza diRoma, entra da giovanissimo nelmondo della comunicazione nell’agen-zia pubblicitaria Ogilvy & Mother. Daqui, nel 1994, approda alla StarcomMedia Force, dove per tre anni fa espe-rienza per Procter & Gamble. Dal 1997al 1999 è Direttore Media dell’agenziaJ.Walter Thompson che si occupa dipubblicità a servizio completo. Nel 1999 entra nel Centro MediaMindshare, di cui è attualmente Mana-ging Director.

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Approfondimentiwww.mindshare.it

Le norme che disciplinano la propaganda elettorale obbligano i partiti o i gruppi politici a utilizzare per le affissioni gli appositi spazi comunali. Eppure molto spesso, nellecittà, questa legge non viene rispettata.

La comunicazione soste-nibile deve impararecome costruire i conte-nuti e come veicolarli.

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a comunicazione ambientalenon è piú un optional riservatoad aziende volenterose (o fur-

bette, come talvolta è accaduto).E non è neppure qualcosa che servead abbellire e valorizzare l’identità,ma priva di un autentico retroterra dicose fatte, di buone pratiche appli-cate e condivise.È ormai la normale conseguenza discelte imprenditoriali (sottolineiamo:imprenditoriali) basate seriamentesulla sostenibilità. Conseguenza diuna scelta fatta a monte, autentica-mente vissuta, perché in definitiva sipuò comunicare solo qualcosa cheinnanzitutto c’è. È finito il tempodell’apparenza e dell’immagine; si èimposto il tempo della reputazione.La comunicazione ambientale è cosìdiventata un’attività specialisticadelle relazioni pubbliche che inquanto tale è materia concreta dilavoro per chi interpreta, conosce eapplica professionalmente nozioni estrumenti tecnici che escludono l’im-provvisazione e l’approssimazione.Anche per le aziende Assorel, chepure fanno parte di una sorta di éliteimprenditoriale, in un settore – quel-lo della comunicazione relazionale –ancora troppo popolato da sedicentispecialisti, questa della comunicazio-ne ambientale è una vera e propriasfida, così come in verità tante altreche caratterizzano gli attuali modellidi sviluppo; basti pensare all’utilizzodei nuovi media. Una sfida all’aggiornamento conti-nuo, che coinvolge anche in Italiamolti nuovi addetti, soprattutto gio-vani laureati che congiungono lapreparazione in comunicazione conaltre discipline, dall’economia aldiritto alle scienze.I fronti su cui operare sono davveronumerosi, perché la tematica ambi-

entale è decisamente variegata.Si va dalla conoscenza di una legisla-zione, innanzitutto europea, ognigiorno più complessa e impegnativa,all’approfondimento delle ragionipsicologiche e sociologiche che con-dizionano oggi – in questo ambito –la politica, i movimenti di opinione,la scuola, le relazioni.È ad esempio sempre più diffusa lasindrome Nimby, fenomeno non cer-tamente recente, ma ultimamentediventato sempre più rilevante e

condizionante in un’Europa in cui imovimenti populistici hanno trovatospazio e consenso diffuso, dall’Italiaalla Finlandia. Infatti, nelle fasi storiche in cui locali-smi ed egoismi di varia provenienzatendono non solo a influenzare lapolitica tradizionale, ma a farsi essistessi movimento, e alternativa peri-colosa per i partiti storici, è chiaro chefenomeni come il Nimby sono ancorpiù difficili da contrastare e raziona-lizzare. La comunicazione ambientaledeve saperlo fare e deve trovare gliantidoti giusti, ricorrendo agli stru-menti di costruzione del consenso,proprio facendo leva sulla razionalità.Si tratta comunque di un tema asproe difficile, non ancora pienamen-te risolto dai teorici della materia(siamo ancora alle tecniche del “faci-

liting credo” di origine anglosasso-ne, non agevolmente esportabile neipaesi latini). Una materia, insomma,che va maneggiata con grande cura,per le implicazioni – anche di naturademocratica – che porta con sé.Eppure temi di grande rilevanza – sipensi alla Tav, al Ponte di Messina,allo stesso nucleare – possono essererisolti solo con un buon approccio dicomunicazione. Comunicazione am-bientale, per l’appunto. Sottolineiamo tutto questo, per evi-denziare l’alto livello professionaleche è richiesto per occuparsi dellamateria.Si rifletta anche solo su un dato cen-trale, e cioè sul fatto che il nucleofondamentale della comunicazioneambientale è il concetto di cambia-mento. Con la comunicazione vainsomma indotta una modifica dellostatus quo, che gradualmente passadal cambiamento delle conoscenze aquello dei comportamenti, per per-venire infine al più alto livello, quellodel cambiamento dell’atteggiamen-to mentale e culturale.Non dunque una cosa da poco, congrosse implicazioni, come si diceva,anche di carattere democratico; quile relazioni pubbliche diventano fat-tore di persuasione e di opinione, e sigioca tutta l’ambivalenza di un esitonegativo/positivo.Ma il dover essere dell’impresa nonha oggi alternative, rispetto a questacapacità di cambiamento e a questaattenzione al sociale e all’ambientale.Entriamo direttamente, per questavia, nel contesto della responsabilitàsociale dell’impresa.È ormai datato, anche se resta il piùimportante documento in materia, il“libro verde” dell’Unione Europea,che ha proposto da ormai molti anniun atteggiamento di responsabilità

Una sfida all’aggiorna-mento continuo, checoinvolge anche in Italiamolti nuovi addetti, soprattutto giovani lau-reati.

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Imprese che fanno “green lobbying” BEPPE FACCHETTIPresidente ASSOREL (Associazione Agenzie di Relazioni Pubbliche a Servizio Completo)

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sociale alle nostre organizzazionieconomiche. Il dibattito, anche cul-turale, in materia è stato ampio eprofondo, partendo da due estremi-smi, entrambi ormai in via di abban-dono: quello per cui l’impresa èinnanzitutto sociale e quello oppo-sto, secondo il quale l’impresa èinnanzitutto profitto.Due verità in effetti conciliabili, inun’ottica di modernità riformista,perché se l’impresa non funziona enon produce utile, è vero che nonc’è benessere, non c’è occupazione,non c’è futuro, ma è anche vero chel’impresa non può prescindere da unasua deontologia sociale. L’ambienteesterno, naturale, umano, politiconon è una variabile indipendente.Prima o poi, l’impresa troppo egoistafarà la brutta fine verso la quale andràun’impresa – al contrario – talmenteattenta all’esterno, da perdere il con-tatto dei fattori interni, quelli econo-mici in primo luogo.Si tratta insomma di una nuova sfidaanche in questo caso, ma non c’èormai grande impresa che non sap-

pia dimostrare una sua forma di con-ciliazione tra interno ed esterno.E il comportamento virtuoso si staestendendo ormai a tutte le dimen-sioni d’impresa.La comunicazione ambientale è laconseguenza di tutto questo, perchésta a valle delle scelte imprenditorialifondamentali e ne è parte integrante.L’attenzione al sociale e alla sosteni-

bilità stanno nel patrimonio per cosìdire genetico dell’impresa moderna,ma non saperlo comunicare è gravequanto non saperlo mettere tra i fatto-ri di sviluppo dell’organizzazione.E una buona comunicazione diventaaddirittura determinante per affermarela capacità competitiva dell’impresa.

È così che il cerchio si chiude e il saperfare e il far sapere si congiungono.

Beppe Facchetti opera nelle rela-zioni pubbliche fin dagli anniSettanta, come imprenditore, mana-ger e consulente per aziende, asso-ciazioni, consorzi e ministeri. Dal2010 è Presidente di Assorel Confin-dustria, associazione delle agenzie direlazioni pubbliche a servizio com-pleto. Insegna dal 2006 RelazioniPubbliche al Corso Magistrale dicomunicazione politica e socialedell’Università degli Studi di Milano.Ha insegnato Comunicazione d’im-presa all’Università degli Studi diPerugia e tenuto corsi di comunica-zione ambientale e relazioni istitu-zionali.

Il nucleo fondamentaledella comunicazione am-bientale è il concetto dicambiamento.

Approfondimentiwww.assorel.it

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Dalla seconda metà del secolo scorso, con la graduale presa di coscienza delle conseguenze dell’industrializzazione, la comunicazione ambientale è andata sviluppandosiparallelamente all’interesse per l’ambiente e per le problematiche sociali.

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L’ecosistema è il nostro businessPAOLO IAMMATTEOResponsabile Comunicazione ENEL

ANCHE UN’AZIENDA ENERGETICA PUÒ METTERSI AL SERVIZIO DELLA COMUNICAZIONEAMBIENTALE, SE INSIEME AI SERVIZI OFFRE AI CITTADINI DELLE INFORMAZIONI UTILI. LO RACCONTA L’ESPERIENZA DI ENEL.

Che ruolo assume la comunica-zione ambientale per un’aziendaenergetica come Enel?La comunicazione ambientale faparte integrante della comunicazio-ne di Enel. Il mercato e il mondodelle aziende energetiche fannodell’ambiente uno dei propri ambi-ti di riferimento principali. In tutto ilciclo di vita del nostro prodotto – omeglio servizio – certamente abbia-mo sempre a che fare con l’am-biente: dall’estrazione dei combu-stibili fossili agli impianti del foto-voltaico, che utilizzano il sole, daltrattamento degli oli al nucleare.C’è sempre un utilizzo delle fonti

naturali e una modalità per comu-nicarle portando l’energia elettricanelle case dei clienti, dei cittadini,delle persone. Comunicare ogni vol-ta quali sono gli ambiti di riferi-mento, le ricerche e i miglioramen-ti, per lasciare ai nostri cittadini,figli e nipoti, l’ambiente così comel’abbiamo trovato.

In che modo vi rivolgete ai vostridiversi interlocutori?Lo facciamo in funzione dell’obietti-vo della comunicazione, tagliandomessaggi diversi per target diversi.Se dobbiamo parlare agli studentiutilizziamo dei programmi che entri-no nel mondo della scuola, che lavo-rino con i ragazzi a seconda dell’etàe con i linguaggi che loro utilizzano.Rivolgersi parlando di ambiente aigiovanissimi, ai ragazzi delle scuoleelementari, esige un taglio diversoda quello dei loro amici che vanno alliceo. Così, raccontare tecnicamentea un consesso istituzionale o univer-sitario quali sono i nuovi progetti e le

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Sono oltre 200 i parchi eolici installati in Italia, distribuiti in quasi tutte le regioni.

Il mondo delle aziendeenergetiche fa dell’am-biente uno dei propriambiti di riferimento.

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attività industriali che impattano ehanno a che fare con l’ambiente,richiede uno stile diverso a secondadei pubblici di riferimento. Dunquenon escludiamo la possibilità di utiliz-zare modalità differenti di comunica-zione, di quale strumento ci serviremodipende dal target; possono essereanche delle trasmissioni televisiveoppure delle interviste cartacee.

Come affrontate le tematiche del-l’ambiente più spinose, come i rischiconnessi ai cambiamenti climatici?Innanzitutto con il nostro lavoro ditutti i giorni, e soprattutto quello dellepersone che lavorano in ambito tecni-co, industriale – dai colleghi che lavo-rano nelle centrali a coloro che tra-sportano l’energia, fino a chi ne fa unambito professionale d’innovazione edi ricerca. Il nostro pane quotidianoesprime la volontà di mantenere laterra così come c’è stata data, quindidi non contribuire al cambiamento,rispettando tutte le regolamentazionie le leggi dei paesi in cui siamo pre-senti. Enel è un’azienda oggi presentein oltre 40 paesi ed è cambiata, diver-sa forse da quella che molti degli ita-liani ricordano. Abbiamo metà deidipendenti in Italia e metà all’estero.Siamo presenti in geografie moltodiverse, dalla Russia alla Costa Rica,ovviamente in Italia ma anche inSpagna e in alcuni dell’Europa dell’Est.Questo ci permette di differenziare lanostra modalità di comunicazionequotidianamente con il fine di lasciareil clima inalterato.

Notate un cambiamento dellasensibilità dell’opinione pubblicasu tematiche come il risparmioenergetico?In linea generale possiamo notare cheultimamente è aumentata la consape-volezza dei cittadini nei confronti delrisparmio energetico e dell’ambientein generale. Cerchiamo di raggiunge-re un obiettivo: cogliere l’equilibrio inquello che accade tra tutti gli attorieconomici. Sostanzialmente i cittadinihanno la buona volontà di compor-tarsi in modo che l’ambiente rimangacosì com’è; contestualmente però lepersone non vogliono perdere quelloche hanno. La difficoltà è raggiunge-re un equilibrio tra il mantenere il pro-

prio standard e stile di vita, miglioran-do come società e come famiglia eallo stesso tempo non contribuire alcambiamento climatico, con eccessiviconsumi. C’è la volontà, da parte deicittadini, di essere più informazioni eallo stesso tempo i mezzi di oggi glipermettono non solo di ricevere infor-mazioni ma anche di premere sulleistituzioni per far sì che rispettino laloro volontà. Certamente il cambia-mento climatico, il rispetto dell’am-biente e il risparmio energetico sonotemi davvero importanti per le fami-glie di oggi.

Di quanto è aumentato in percen-tuale, se è aumentato, negli ultimidieci anni il budget destinato allacomunicazione ambientale da Enel?Io lavoro in Enel più o meno proprioda dieci anni e ho alcune responsabi-lità di budget. Non mi sono partico-larmente accorto della dimensione,nel senso che non c’è stato un cam-biamento in termini di disponibilità dibudget e quindi di investimenti inquesto ambito. C’è un cambiamentoprobabilmente nella sostanza: tendia-mo a essere più attenti e concreti, aseguire di più la richiesta di informa-zione che di trasformazione di alcuniprodotti. Ci sono delle cose interes-santi dal punto di vista ambientale tracui la scelta di utilizzare l’energia elet-trica come motore di una nuovamobilità, oltre che iniziative di catturae stoccaggio della CO2, (come vedereil camino di una centrale che reim-mette nella terra un elemento natura-le come quello dell’anidride carboni-ca). Questi ambiti, industriali, vengo-

no comunicati in maniera importante,ma non particolarmente diversa dacom’era dieci anni fa nella dimensio-ne economica. C’era un’attenzioneall’ambiente; continua a esserci e cer-tamente si utilizzano più strumenti epiù modalità per farlo.

Paolo Iammatteo, laureato inLettere all’Università degli Studi diBologna nel 1996, ha frequentato ilmaster in Management dei sistemi edella comunicazione multimedialepresso la Luiss Management, e ilcorso di alta specializzazione in rela-zioni pubbliche europee presso Ate-neo Impresa. Nel 1999 ha iniziato alavorare nelle relazioni esterne e isti-tuzionali del gruppo Montedison e inseguito in Edison spa, in Ipse 2000 ein Enel, all’interno della Direzioneaffari istituzionali e internazionali.Dopo aver ricoperto l’incarico diAssistente del Direttore della Comu-nicazione, dal 2004 è responsabiledelle Sponsorizzazioni, degli Eventi edella Corporate Identity di Enel.Dall’estate del 2007 è Responsabiledella Comunicazione Istituzionale eStakeholders all’interno della funzio-ne Relazioni Esterne del Gruppo Enel.

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Gli impianti e i servizi di Enel sono presenti, oltre che in Italia, in altri 40 paesi del mondo: Russia, Bulgaria,Romania, Ungheria, Slovacchia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Grecia, Canada, USA e America Latina.

Approfondimentiwww.enel.it

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n ostacolo considerevoleper la copertura dei princi-pali problemi ambientali dioggi è la natura delle noti-

zie. Si pensa che le vere notizie sianoquelle che in un giorno cambiano ilmondo: scoppia una guerra, siabbatte uno tsunami.Al contrario, la maggior parte deigrandi temi ambientali di questosecolo riguardano fenomeni compli-cati, diffusi, difficilmente comprensi-bili, con problemi distribuiti nel tempoe nello spazio. Ma provate a fotogra-farlo o a trovare il modo di far capirea un editore le sue implicazioni.Il cambiamento climatico è stato ilmanifesto dei problemi ambientalidel XXI secolo. Molti esperti dicono

che sarà un significativo problemaecologico e socio-economico entrouna o due generazioni e bisognaagire adesso, per evitare un enormeincremento delle emissioni dovute alriscaldamento, vista l’espansionedelle economie nei paesi in via di svi-luppo. Ma non vedrete mai un titolosulla pagina principale di un grandegiornale che recita: “Danni da riscal-damento globale: essiccamento dellecolture, inondazione delle coste, es-tinzione delle specie”.Tutte queste cose potrebbero acca-dere in bella vista nei prossimi decen-ni, ma si verificherebbero così disper-se nel tempo e nella geografia chenon rappresenterebbero una notiziacome la intendiamo noi. La maggior

parte dei cambiamenti nel paesaggioe degli sviluppi nella scienza del climasono incrementali per natura. Anchese la scienza aiuta a far luce, rimanesempre legata alle analisi statistiche,che includono ampi margini di errore.Nelle sale stampa che conosco, l’ag-gettivo “incrementali” in una storia èmorte certa per qualsiasi prospettivadi prima pagina, eppure è la caratteri-stica che definisce la maggior partedelle ricerche sull’ambiente. Gli editori bramano ardentemente lacertezza: vaghezza e ammonimentisono bandiere rosse che riduconoimmediatamente la “notiziabilità” diuna storia.Infatti, i reporter e gli editori a voltesono tentati di enfatizzare gli aspetti

“The Tyranny of News”Articolo tratto dal blog di Andrew C. Revkin, giornalista del New York Times

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più succosi – e spesso meno appurati –di alcuni eventi ambientali, in partico-lare nel tardo pomeriggio, quandotutti in redazione scandagliano il“pensiero della prima pagina”.Fanno così a loro rischio e pericolo, econ la possibilità di suscitare ancor piùcinismo e incertezza nella mente dei let-tori sul valore dei media – specialmentequando dopo un mese la notizia vira inun’altra direzione. Come giornalista,può essere difficile controllare il proprioistinto alla notizia e insistere sul fattoche una storia non è “da copertina”, oche meriterebbe 300 parole invece di800; ma non è impossibile.Gli scienziati hanno gli stessi problemicon le stesse situazioni. Più e più volte,ho incontrato scienziati disperati per-ché tematiche che considerano vitali,come il cambiamento climatico o ladiminuzione della biodiversità, nonricevono un’attenzione adeguata. Sisentono come se loro “lo capissero” eil resto del mondo no. Quando parlanocoi media, alcuni sono tentati di anda-re oltre ciò che la scienza sostiene– focalizzando l’attenzione sui livellipiù alti delle previsioni riguardo le tem-perature globali nel 2100 o eviden-ziando gli spaventosi scenari dovutialle emissioni generate dai gas serra.Recentemente, alcuni scienziati e

gruppi ambientalisti hanno collegatole ragioni del devastante uragano del2004 e 2005 della Florida al riscalda-mento. Eppure la variabilità nella fre-quenza degli uragani e i loro bersagliescludono tali collegamenti senza unagran quantità di avvertimenti e leproiezioni scientifiche parlano solo dilieve intensificazione delle tempestetropicali nel tardo secolo.La copertura che ha collegato questetempeste al riscaldamento degli ocea-ni ha determinato un contraccolpoquando alcuni esperti di uraganihanno contestato le affermazioni fattealla stampa. Alcune dichiarazioni rila-sciate alla stampa, relative al clima eagli uragani, erano state fatte da cli-matologi che non avevano competen-za sulle condizioni che avevano gene-rato queste grandi tempeste. Comerisultato, alla fine del 2004, un esper-to federale di uragani, ChristopherLandsea, si è ritirato in segno di prote-sta al processo di revisione-climaticadel Congresso Intergovernativo sulCambiamento Climatico. Il risultatoprobabilmente è stato un aumento diindifferenza e confusione pubblica sucosa stesse realmente accadendo.Questa tendenza di tutti, dagli scienzia-ti ai giornalisti, di focalizzare l’attenzio-ne sull’elemento più discutibile quando

il clima fa parte di una notizia, ci si èritorto contro in modo significativo nel-l’agosto del 2000. Un reporter scientifi-co del “New York Times” scrisse cheuna coppia di scienziati su una crocieraturistica rompighiaccio, nella regioneartica, aveva visto una larga chiazza diacqua aperta nel Polo Nord. Forse ilprimo avvenimento simile in centinaia dianni. Meglio ancora, c’erano le foto. Inun’intervista, uno degli scienziati attri-buiva l’apertura nell’acqua al riscalda-mento globale, e in un tranquillo week-end d’estate, la notizia balzò in primapagina. Finalmente, la questione delcambiamento climatico sembrava com-portarsi come una notizia di cronaca.Era vivida e drammatica, e implicavaprofondi cambiamenti in corso.I servizi televisivi e i vignettisti umori-stici inseguirono immediatamente iltema della perdita della residenza esti-va di Babbo Natale.Purtroppo, la storia era infondata.Chiamare qualche esperto indipen-dente avrebbe potuto aiutare il gior-nalista a evitare l’impaccio. Sebbenein estate vaste regioni dell’Articopotrebbero trasformarsi rapidamentein mare aperto, l’avvistamento del2000 era irrilevante: il ghiaccio mari-no è come un labirinto, fatto da pezzidi puzzle galleggianti e spazi aperti. Sisarebbe dovuto aspettare, prima dirichiamare all’appello il cambiamentoclimatico. Dal 2000, la scienza hacostantemente sottolineato il semprecrescente ritiro di ghiaccio marinoartico, soprattutto d’estate, comeindicatore primario del riscaldamentoprovocato dall’uomo. Ma rimane unprocesso sottile, carico di incertezze.Dopo aver trattato il clima per più di20 anni, la mia sensazione è che non sipotrà trovare nessuna singola notiziacapace di generare titoli in grado di sti-molare l’attenzione pubblica e la pres-sione politica. Non si potrebbe maidimostrare in modo definitivo che anomalie climatiche, anche estreme – come una siccità decennale inOccidente – siano causate dal riscalda-mento prodotto dall’uomo.

Approfondimentihttp://dotearth.blogs.nytimes.com/author/andrew-c-revkin/

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Come nasce la sua esperienza inattività di sensibilizzazione perl’ambiente?Questa esperienza nasce dalla fru-strazione di non poter dire alcunecose in televisione. Così sono natedelle campagne sociali di contattodiretto con i ragazzi, in cui ho cerca-to fin da subito di evitare le frasi fattee le parole svuotate di ogni significa-to, come “voi siete il futuro”, o “voirappresentate il futuro”. Per i ragazziesiste il presente ed esiste la possibi-lità di ragionare sulle cose, senzaimporre loro un pacchetto completoche include il problema e già la solu-zione. Raccontiamo storie, legateall’ambiente, che diventano una portaaperta per riflettere, agire e compren-dere un pizzico di verità in più.

In che modo si può parlare airagazzi di tematiche importanticome l’ambiente?Penso che sia fondamentale portaredelle storie, dei vissuti. Potrebbeanche essere la storia dell’ultimo vil-laggio Maya che è stato cancellatoper sempre dall’avidità dell’uomo. In

quel caso trovarono il petrolio e laSelva Lacandona – una delle storieche raccontiamo – è stata in partecancellata. Ma non è colpa del petro-lio; è colpa dell’avidità dell’uomo.I ragazzi riflettono, quando ascoltanole parole di chi combatte quotidiana-mente, sulla propria pelle, per difendere il territorio e l’ambiente.Bastano i piccoli gesti a fare la diffe-renza – i grandi eroi sono quelli cheraccolgono una lattina da terra e l’av-viano allo smaltimento – e quello checolpisce i giovani è capire e compren-dere che ci sono persone che alleparole hanno fatto seguire i fatti.

Come nasce e come si sta evol-vendo lo spettacolo “One way –una strada per il futuro”, chesegue gli appuntamenti diCircOLIamo?Lo spettacolo accompagna da feb-braio CircOLIamo, la campagnaambientale itinerante del ConsorzioObbligatorio degli Oli Usati. Credoche “One way” stia funzionandomolto bene perché non abbiamo lapretesa di insegnare nulla, ma portia-

mo ai ragazzi delle storie. C’è unaparola che tento di guadagnarmi suquel palcoscenico, che è credibilità.Se loro ascoltano non è per un mira-colo. Quando sei credibile e non hai lapretesa di essere un grillo parlante, iragazzi riflettono e, se stimolati inquesta maniera, sono i primi a pro-porre cose nuove, idee e azioni.

Alla fine dei tuoi spettacoli, iragazzi possono scrivere un com-mento su ciò che hanno visto. Chetipo di pensieri esprimono?I commenti, sia degli studenti sia degliinsegnanti, sono tutti molto positivi;questo ci fa molto piacere. Ma ci fapiacere anche il silenzio durante lospettacolo, che è una reazione diffici-le da ottenere da un pubblico di tre-dicenni, perché significa che ti staconcedendo tutta la sua attenzione.Tra le riflessioni che ci scrivono se netrovano alcune meravigliose, quandoper esempio i ragazzi si aprono fino ascrivere anche una pagina intera,descrivendo come vorrebbero che ilmondo cambiasse e allo stesso temporaccontando la sfiducia e la frustra-zione che provano, perché i sognisembrano ormai una cosa che non fapiù parte della nostra vita. Oggi, chisogna è un pazzo, eppure loro hannobisogno di sognare, perché qualsiasiprogetto nasce da un sogno. I mes-saggi più preoccupanti sono di quelliche ci scrivono “è la prima volta chein vita mia, o in 4-5 anni di scuola, ho

I grandi eroi sono quelliche raccolgono una lat-tina da terra e l’avvianoallo smaltimento.

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Retorica ambientalista? I giovani non ci cascano piùLUCA PAGLIARIGiornalista, curatore di “One Way – Una strada per il futuro”

PARLARE DI AMBIENTE AI GIOVANI NON È UN’IMPRESA IMPOSSIBILE. SEMPLICITÀ ED ESTRO ALLA BASE DI UN DIALOGO CHE SI TRASFORMA IN SPETTACOLO.

Grande affluenza di ragazzi alla campagna educativa Circoliamo: in 2 mesi oltre 6.000 alunni hanno visitato il tir e seguito gli educational sull’ambiente.

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assistito a un incontro dove mi sonostate dette cose interessanti”. Non èuna gratificazione per quello che fac-ciamo noi, quanto piuttosto la consta-tazione dell’incapacità cronica del mondodegli adulti di rapportarsi ai ragazzi.

Tra scuola, istituzioni e famiglie,cosa dovrebbe cambiare per aiuta-re gli studenti a conoscere questetematiche?Per quanto riguarda le campagne dicomunicazione applico una delle rego-le più basiche della vita: mi metto al

posto di chi mi sta davanti, ovvero deiragazzi, e cerco di dire cose che nonmi avrebbero annoiato. Dovrebbecambiare il comportamento degliadulti, perché quando le parole nonsono supportate dai fatti, ovvero nonc’è la coerenza, tutto quello che vienedetto si perde. Come chi dice al pro-prio figlio “non fumare, figlio mio,perché fa male” e intanto tiene lasigaretta in bocca. Tra i due messaggivince la sigaretta in bocca; lo stessovale per l’ambiente. Se con una manosporco l’ambiente e con l’altra dicoche il mondo va tenuto pulito, inevi-tabilmente influenza il comportamen-to e non la parola.

Luca Pagliari, originario di Senigalliae attratto fin da giovane dal mondodella radio, matura un’esperienzacome giornalista radiofonico in picco-le redazioni locali, fino ad approdarea Radio Deejay, Radio DimensioneSuono e Radio 24, dove ricopre ilruolo di giornalista, inviato, autore econduttore di numerosi programmi.Da metà anni Novanta lavora anche in

televisione, da Telemontecarlo allaRAI, Stream, RAI Educational, SanMarino RTV , Sport Italia e TeleLombardia, con programmi diapprofondimento dedicati a temati-che sociali. Le problematiche socialisono al centro dei documentari, cor-tometraggi, campagne e incontri disensibilizzazione ideati per il giovanepubblico. Da febbraio 2011 segueCircOLIamo la campagna educativaitinerante del Consorzio Obbligatoriodegli Oli Usati con lo spettacolo “OneWay – Una strada per il futuro” perspiegare agli studenti di tutta Italiache il rapporto dell’uomo con l’am-biente si fonda sul rispetto e sulloscambio, e che i rifiuti non provocanosolo inquinamento, ma nascondonoveri e propri tesori.

Approfondimentiwww.lucapagliari.it

Quando sei credibile enon hai la pretesa diessere un grillo parlan-te, i ragazzi riflettono e,se stimolati in questamaniera, sono i primi aproporre cose nuove,idee e azioni.

Lo spettacolo “One Way - Una strada per il futuro” ha fatto il pieno nei teatri lasciando il giovane pubblico col fiato sospeso per l’intensità degli argomenti trattati.

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Com’è nato e come si è sviluppatoil concorso Giornalisti nell’Erba?È nato nel 2006, per caso, quandoabbiamo partecipato a un “Pulia-mo il mondo”, coinvolgendo con lanostra testata giornalistica unpugno di ragazzini: dopo aver pulitoinsieme il nostro paese, abbiamoregalato loro un concorso, un gioco.È nato da una cinquantina di ragaz-zi, e poi si è sviluppato da solo, con-tinuando a crescere nella sensibilità,nella voglia di fare qualcosa e dicomunicare qualcosa per l’ambien-te. Ora siamo a quota 3.000 datutta Italia, e quest’anno anche dal-l’estero, dall’Europa. Il gioco, lacompetizione e la giuria ci fannocrescere: ci siamo arricchiti di sezio-ni di gara diverse, giuria competen-te e specializzata, e anche i ragazzisono molto migliorati.

Il concorso suggerisce ai ragazzidi cimentarsi in lavori a temaambientale. Come sta cambiandola sensibilità dei giovani su que-sto tema?I ragazzi di GnE sono mediamentemolto più competenti di noi. La lorocompetenza è molto specifica, setto-riale e approfondita, e sono capaci dicomunicarla in maniera più immedia-ta di quella a cui siamo abituati. Nonsono ambientalisti noiosi o un po’spocchiosi come quelli a cui siamoabituati, ma sono divertentissimi epreparatissimi. Credo che siano degliottimi cittadini del futuro.

Che rapporto c’è tra i giovani aspi-ranti giornalisti e i mezzi di comu-nicazione che possono utilizzareper partecipare al concorso?Quest’anno la preferenza è andatanettamente al multimediale, ai video.Ce ne sono alcuni realizzati molto

bene, ben montati e di elevata qua-lità. Nei contenuti, inventano moltis-sime cose che non vedremmo mainelle TV tradizionali, tutt’al più nelweb. I ragazzi infatti navigano ininternet molto di più di quanto guar-dino la televisione e inventano storiecon inviati speciali che intervistanoaddirittura personaggi mitologici. C’èun misto di fantasia e infanzia chenon esclude la competenza, perché icontenuti sono comunque moltoevoluti, tanto da risultare più effi-caci dei nostri format su tematicheambientali.

Ci sono casi particolari che vi sonocapitati nell’ultima edizione?Sì, ha partecipato una redazione diragazzi rom di Roma. Hanno dagli 8agli 11 anni. L’anno scorso hannovinto anche una medaglia dal Presi-dente della Repubblica, presentandoun calendario plurilingua in cui rac-contavano il modo di vedere l’am-biente secondo la loro tradizione.Anche quest’anno hanno partecipatoe la giuria sta valutando i lavori; sonoconvinta che avranno ottimi risultati,hanno usato molte più lingue: serbocroato, rumeno, italiano, inglese.

Da chi è composta la giuria equali sono i criteri di valutazionedei lavori che vi arrivano?La giuria è molto varia, composta dagiornalisti, direttori di testate nazio-nali o web. Abbiamo anche un geo-logo, scienziati dell’Esa (AgenziaSpaziale Europea), esperti d’ambien-te, direttori di giornali specifici sultema. Ognuno ha il suo metro divalutazione perché ognuno ha il suomodo di vedere l’elaborato. I voti poivengono incrociati e si ricava lamedia, e dopo un tavolo di discussio-ne si decretano i nomi dei vincitori.

Quali sono i premi in palio per ivincitori del concorso?Sono occasioni di fare ulteriore for-mazione, di approfondire questetematiche, come gli appuntamentinelle redazioni dei giornali, le setti-mane offerte dalla fondazioneColor your life per la formazioneevoluta e professionale, o l’Acqua-rio di Genova che offre ingressi gra-tuiti al parco. Ci sono anche lemedaglie consegnate dall’Ordinedei Giornalisti, targhe e riconosci-menti ufficiali da enti istituzionali epubblici.

Come si svilupperà questo con-corso?È un gioco, ma serve a formare deiredattori veri. Il nostro obiettivo èquello di dare vita a delle redazionilocali, prima regionali, poi magariprovinciali, per costruire la più gran-de giovane redazione ambiente delmondo.

Paola Bolaffio è giornalista profes-sionista dal 1991. Ha lavorato comeredattore, capo cronista e inviatoin vari quotidiani locali a Firenze,Prato, Siena, Arezzo, Brescia, oltreche a Paese Sera. Redattore di giudi-ziaria all’“Indipendente” negli anni diTangentopoli, ha pubblicato un libro-inchiesta sui servizi segreti, scrittocon Gaetano Savatteri. È madre diquattro figlie. Nel 2006 ha ideatoGiornalisti nell’Erba.

Piccoli eco-reporter cresconoPAOLA BOLAFFIOIdeatrice e responsabile di Giornalisti nell’Erba (GnE)

DA UN SEMPLICE GIOCO, A VOLTE, NASCONO GRANDI ESPERIENZE. COME “GIORNALISTI NELL’ERBA”, CHE RISCHIA DI DIVENTARE LA PIÙ GIOVANE REDAZIONE AMBIENTALE D’ITALIA.

Approfondimentiwww.giornalistinellerba.org

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antastici premi per le classi diScuola Web Ambiente chehanno realizzato i migliori tg a

tema ambientale.Sono sei le classi che hanno vinto ilconcorso nazionale TG Ambienteindetto dal Consorzio Obbligatoriodegli Oli Usati; tra le scuole primarie, ilprimo posto è spettato alla classe 2a

dell’I.C. Pio da Pietralcina (Pisticci,Matera), il secondo posto alle classiquarte dell’I.C. Polo 2 (Casarano,Lecce) e il terzo posto alla 3a del 195°C.D. plesso “Emanuela Loi” (Roma).Tra le scuole secondarie di primogrado ha vinto la classe 3a dell’AmbritRome International School di Roma,seguita dalle classi secondarie dellascuola Ottolini di Rescaldina (Milano) edalla 1a dell’I.C. Bianchi di Colosimi(Cosenza).

Il concorso TG Ambiente è nato dalprogetto di educazione ambientaleScuola Web Ambiente e ha impegna-to le classi di tutta Italia nella realizza-zione di un telegiornale su tematicheambientali. Il comitato tecnico-scien-tifico, composto dal COOU, dal Mi-nistero dell’Istruzione, da Legam-biente, dalla redazione del TG Ragazzidella RAI e dal Ministero dell’Ambi-ente, ha valutato i lavori secondo i cri-teri di veridicità, esaustività e chiarez-za della notizia, originalità della formaed espressività. I partecipanti chehanno vinto realizzando i migliori tg sisono aggiudicati premi di alto livello:da un soggiorno presso un Centro diEducazione Ambientale di Legam-biente a una visita in una vera e pro-pria redazione giornalistica. Il Consorzio Obbligatorio degli Oli

Usati ha messo in palio anche stru-menti tecnologici utili alle classi e allescuole: fotocamere digitali, personalcomputer e video proiettori.Il progetto Scuola Web Ambiente(www.scuolawebambiente.it) rima-ne attivo per tutte le classi iscritte,che possono continuare a realizzarelavori e inchieste sul proprio territo-rio, caricare il materiale sui siti inter-net messi gratuitamente a disposi-zione dal Consorzio, condividere conla web-community le proprie espe-rienze e proporre azioni concrete indifesa dell’ambiente.Per aderire al progetto bastainviare una e-mail indicando ilnome dell’istituto, del docente diriferimento e i recapiti telefoniciall’indirizzo:[email protected]

L’ambiente si fa strada tra i banchi di scuola

IL CONSORZIO OBBLIGATORIO DEGLI OLI USATI PREMIA I VINCITORI DEL CONCORSO NAZIONALE “TG AMBIENTE”.

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AGLI ABBONATIInformativa ai sensi dell’art. 13 d.lgs.196/2003

Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs 196/2003in materia di protezione dati personalila informiamo che i dati raccolti vengo-no trattati nel rispetto della legge. Iltrattamento sarà correlato all’adempi-mento di finalità gestionali, ammini-strative, statistiche, di recupero crediti,ricerche di mercato, commerciali epromozionali su iniziative offerte dall’e-

ditore, ed avverrà secondo criteri diriservatezza, correttezza, liceità e tra-sparenza, anche mediante l’ausilio dimezzi elettronici e/o automatizzati. Idati raccolti potranno essere comuni-cati a Partners commerciali dell’edito-re, il cui elenco è disponibile presso ilResponsabile Dati. Il conferimento deidati è facoltativo. Tuttavia il mancatoconferimento degli stessi comporteràla mancata elargizione dei servizi. Inogni momento si potranno esercitare idiritti di cui all’art. 7 del d.lgs 196/2003,

fra cui cancellare i dati od opporsi alloro utilizzo per finalità commerciali,rivolgendosi al Responsabile Dati del-l’editore: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati,Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma, o anche via fax 065413432

La informiamo infine che il Titolare del tratta-mento complessivo è il Consorzio Obbligatoriodegli Oli Usati nella persona del Presidente consede in Roma in Via Virgilio Maroso, 50.

www.coou.it

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A volte bast a poco per inquin are tanto: un cambio d’olio dell’auto gett ato in un tombino o in un prato. Un gesto insensato che rischia di inquin are unasuperficie enorme di 5.000 metri quadri. Invece se raccolto corrett amentel’olio usato è un a preziosa risorsa perché con il riciclo div enta nuovo lubrificante. Così si risparmia sull’impor tazione del petrolio e anche l’ambienteci guadagna. Aiutaci a raccoglierlo, non mandare a fondo il nostro futuro: numero verde 800.863.048.

RACCOGLIAMO L’OLIO USATO. DIFENDIAMO L’AMBIENTE.

SE GETTI VIA L’OLIOUSATO DELLA TUA AUTO

INQUINI UNO SPAZIO GRANDECOME SEI PISCINE OLIMPICHE.

LA NAZIONALE ITALIANA DI PALLANUOTO HA DEVOLUTO IL COMPENSOAL FONDO TERREMOTO ABRUZZO DELLA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE.

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