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ELOGIO DEGLI E-BOOK

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MAURO SANDRINI

ELOGIO DEGLI E-BOOK

HOMELESS BOOKFAENZA

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LICENZA

Questo lavoro è soggetto a una licenza chiamataCreative Commons Attribution-ShareAlike Generic(http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it).Significa che se vuoi regalarlo, fotocopiarlo, stamparlo o pubblicarlo date puoi farlo. Senza chiedere nulla a nessuno.Se decidi di farlo e ti va di informarci però ne saremo felici.Puoi scriverci qui: [email protected] hai acquistato questo testo in forma cartacea puoi scaricaregratuitamente l’ultima edizione con i successivi aggiornamenti daquesto sito internet: www.elogioebook.com utilizzando ebook comenome utente e libro come password.

Homeless Book · Faenzahttp://www.homelessbook.ite-mail: [email protected]

Questo libro è stato composto con LATEX su Mac, usando per ildisegno della pagina la classe memoir di Peter R. Wilson.Il carattere usato per il testo è il Linux Libertine, disegnato da PhilippHenning Poll nel 2003.

Prima edizione digitale: gennaio 2011ISBN 9788896771020

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BONUS

Se hai acquistato questo libro (e non l’hai piratato…)puoi scaricare gratuitamente la guida:

“Quanto costa pubblicare da sé un e-book (o un libro)?”

dove è spiegato, in pratica, come fare per pubblicareun libro o un e-book seguendo i principi narrati in questo

volume.Puoi scaricare la guida a questo indirizzo Internet:

www.elogioebook.com/quantocosta

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Alla Raffi

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INDICE

RingraziamentiPartenza

I Diario di bordo1 Libreria Incontro2 Il trasloco3 Addio ai libri

II La società delle parole4 Tanta gente leggerà gli e-book5 Dai libri al nuovo codice del denaro6 Le nuove librerie7 Gli editori8 Gli autori e i lettori

III Gli incontri9 Giuseppina Brunori, librante10 Antonio Tombolini, innovatore11 Giuseppe Granieri, i nuovi editori sono già qui12 Guido Catalano, poeta

IV Ultimo

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13 Ultimo14 La fine è il mio inizioNoteGlossarioBibliografiaNota biografica

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RINGRAZIAMENTI

Nel periodo in cui questo volume è stato scritto (e ancheprima) ci sono molte persone che mi sono state vicino econ cui ho ragionato, discusso e anche litigato. Senza lapossibilità di confrontarmi con loro, questo testo nonesisterebbe.

In particolare vorrei ringraziare Daniela Conti per lasupervisione editoriale e scientifica, Tommaso Minardi perl’edizione, Roberto Pasini per la copertina (e la pazienza),Matteo Mingazzini per la revisione e le interviste adAntonio Tombolini e Giuseppina Brunori, GiorgioSpedicato per la consulenza sulla gestione dei diritti legali.Per quel che riguarda la realizzazione tecnica di questoebook un ringraziamento speciale va a Sergio Covelli diPecorenerecords la cui generosità e competenza mi hannodavvero colpito.

E poi tutti gli amici che ciascuno a modo suo mi haaccompagnato in questo viaggio: Maurizia Pasi,Alessandra Bonoli, Erica Lavagno, Monia Alessandrini,Maximiliano Bianchi (Strelnik), Davide Carbonai, CristinaMussinelli, Marco Dominici, Paolo Vassura, Roberto DelMastro, Constanze Mölter, Carlo Casadei, Dario Scalini,Biagio Cerbone, Ilva Fiori, Mario Baldini e Monica

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Sandrini. Non sono in ordine di importanza e qualcuno disicuro mi è sfuggito.

Tra i molti altri non citati ci sono anche i Gang che colloro album del 1991 “Le radici e le ali”mi sono rimasti nelcuore…

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PARTENZA

Questo lavoro è dedicato a chi ama i libri e resta un po’sconcertato da tutto il can can che si sta facendo attorno aquel fatto strano che viene chiamato e-book. Sono gliscrittori, i librai, gli editori, ma sopratutto, i lettori, a essereinvestiti da una campagna mediatica volta a promuoverequesto nuovo oggetto del desiderio tecnologico. Unacampagna di cui colpisce l’efficacia nel riuscire atrasformare il libro da oggetto tradizionale in elemento allamoda per il solo fatto che ne cambia la forma fisica.

La vita di migliaia di persone è stata finora condivisaattraverso i libri di carta grazie alla parola scritta e, primadei libri, diffusa attraverso papiri e pergamene. Storie,racconti, favole, diari, invenzioni e scoperte sono statiportati a noi su questi supporti che ci hanno permesso dibeneficiarne leggendoli. Oggi stiamo assistendoall’apparente svaporare della parola scritta, proprio quellache ci ha accompagnato negli ultimi millenni della vicendaumana: per questo l’arrivo degli e-book è importante. Nonperché gli e-book reader o l’iPad sono fighi.

I nuovi oggetti, però, non segnano la fine delle storie daraccontare. Anzi. Per molti versi si tratta di una vicenda cheinizia proprio ora. Venendo meno la materia fisica con cui

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le parole vanno a spasso, le storie e i libri (ovvero gli e-book) costeranno di meno e si diffonderanno ancora di più.Sarà più facile per scrittori ed editori pubblicare un libro,contemporaneamente sarà più difficile per lettori e libraiselezionare quelli di valore. Siamo nell’occhio del cicloneed è impossibile capire come si svolgerà il futuro. Glistrumenti analitici tradizionali, quelli sociologici da un lato,quelli economici dall’altro, ci aiutano poco. Le previsioniche si fanno durano il tempo di un giorno.

Questo lavoro non si occupa di fare previsioni, ma dicondividere desideri concreti: in particolare quello diimmaginare scenari possibili di un futuro migliore. A partireda quel modello per la condivisione delle idee di cuil’umanità beneficia da quando si è dotata della parolascritta. A partire quindi da quello che il libro è stato finora, eche sta diventando qualche altra cosa proprio in questigiorni. Si tratta di un fenomeno diverso da Internet (spessoconfuso con quello degli e-book) ove si condividonoinformazioni, ma più raramente conoscenze. Con i libri e glie-book accade esattamente il contrario. Un libro, un testo,è l’esito di informazioni impastate con esperienzeassimilate e digerite dal corpo fisico dell’autore per essererimesse in circolo in forma nuova: come fosse unfertilizzante culturale necessario alla società per nonfermarsi, per andare oltre l’orizzonte dell’oggi. Ciò implicaun tempo lento che non è quello di Internet ove tutto vieneschiacciato sull’urgenza del qui ed ora lasciando pocospazio alla riflessione. Il tempo, appunto, che non é quellodi una lettura veloce e distratta di una pagina Internet ma

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quello lento dell’immersione nel pensiero di un altro, diun’altra. Si tratta del primo passo verso la possibilità di unacomunicazione. L’importanza dell’arrivo degli e-book statutta qui: nella possibilità di salvare questo processoriflessivo in un periodo storico in cui la velocità delle nostrevite tecnologiche sembra negarlo. Il percorso del testo sisviluppa lungo tre direzioni:

1. il diario di bordo. La prima dimensione è il diario dibordo del mio avvicinamento agli e-book. Una specie diquaderno intimo che racconta un viaggio avvenuto tra laprimavera e l’estate del 2010. Anno in cui tra l’altro hocambiato casa. Un trasloco che ha assunto una valenzasimbolica anche per comprendere quanto fosse importanteper me la vicenda dei libri e degli e-book. E per capire chenon si tratta solo del mutamento di un mercato, ma cicoinvolge, e sconvolge le nostre piccole abitudiniquotidiane, fino alle nostre radici di esseri umani in quantoanimali sociali.

2. La società delle parole. La seconda dimensione èl’analisi socioeconomica del fenomeno. Un fenomeno checambia alcuni fondamentali del mercato editorialeincidendo su scrittori, librai ed editori, ovvero sui lavoratoridella parola. Il mercato cambia, ma non è solo il mercato acambiare: sono in via di ridefinizione alcuni codici chehanno accompagnato l’esperienza umana da quando laparola scritta esiste. Si tratta di una questione troppoimportante per essere lasciata nelle sole mani dei mercanti

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e dei sacerdoti della cultura. Le parole, e le storie,raccontano il mondo, e lo costruiscono. Prendere parola èdiritto non solo degli editori e dei librai, ma di tutti coloroche amano i libri, le storie e coltivano il desiderio di unasocietà un po’ diversa da quella in cui viviamo oggi.

3. Gli incontri. L’ultima parte di questo lavoro sono leinterviste con quattro persone molto diverse tra loro:Giuseppina Brunori (libraia), Antonio Tombolini(innovatore), Giuseppe Granieri (direttore editoriale) eGuido Catalano (poeta). Ciascuno di loro ha già preso laparola in questa realtà che ci sta lievitando tra le mani e stacostruendo il mondo che ci attende. Senza aspettare che lofaccia qualcun altro.

Questa sezione è destinata a espandersi con altreinterviste nella versione e-book di questo lavoro.1 È unpiccolo esempio di un percorso iniziato e certamente nonconcluso che oggi diventa più semplice realizzare che inpassato. Buon viaggio.

MAURO SANDRINIRavenna · 3 gennaio 2011

1 Il sito internet ove trovare tutti gli aggiornamenti è:www.elogioebook.com

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Le radici e le ali

C’è chi guarda al futuro dei libri con interesse e, forse, unpo’ di nostalgia. Anche perché, finora, i libri ci hannopermesso di condividere nel tempo della nostra vita (eoltre il tempo) le nostre radici e i nostri desideri.

Le nostre radici di esseri umani, però, non sono nei libri.Sono più antiche. E anche i libri sono il frutto di quelle.

Ora che la parola scritta si sta separando dalla materianon abbiamo più la possibilità di aggrapparci alle paginedi carta per tentare di afferrarle.

Siamo costretti a cercarle altrove che non sia nei libri. Piùin profondità. In quei luoghi nascosti che a voltecerchiamo di evitare.

In noi stessi, cioè.

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Parte I

Diario di bordo

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LIBRERIA INCONTRO

Io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra almondo intero quanto colui che ha cento navi in mare.

SAMUEL BELLAMY – FABRIZIO DE ANDRÉ1

Stavo passeggiando per le viuzze strette del centro storicodi una città della provincia italiana. Una stradinaacciottolata, stretta, in discesa. Una strada corta che dà suuna delle porte di accesso al centro. Senza i negozi dellostruscio, con poche vetrine. Tre in particolare hanno attiratola mia attenzione, vetrine con la cornice di legno verniciatodi nero e le scritte dorate, eleganti, ma senza eccessi, congusto. All’inizio della discesa, sulla destra, una di questelascia intravedere tavoli, colori e strumenti da artisti. Unlaboratorio affacciato sulla strada. Andando avanti di pochimetri sulla sinistra compare un’altra vetrina, sempre con lacornice di legno verniciata di nero e le scritte oro. La portaaperta e di fronte una piccola panchina, due posti, con icuscini, e una donna dal sorriso grande che chiacchieracon un’amica. In un piccolo slargo della viuzza, i ciottoliportano verso l’ultima delle vetrine. Un’altra porta, senzanessun controllo elettronico per sorvegliare i ladri e inibire i

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timidi, e all’interno nello spazio disegnato dalle volteincrociate del medioevo, libri e giocattoli per bambini,ammucchiati, disponibili e invitanti. In fondo, un’altrastanza, altri cuscini e panchine ad altezza di bambini e utiliper le maestre. Tre vetrine per un’unica libreria diffusa nellospazio della via e del tempo di chi la attraversa.

Sono sempre stato timido. Tanti anni fa il mondo deilibri è stato per me uno dei pochi agganci con la realtà eper tentare di accendere il rapporto con gli altri. Sono natoin una piccola città della provincia italiana dove negli anniSettanta non esisteva ancora una libreria vera e propria. Almassimo un paio di cartolibrerie dove, a fianco deipennarelli, dei quaderni e degli altri oggetti per studenti,c’erano poche mensole con una selezione risicata di titoli.D’altra parte, anche i soldi erano pochi e i libri un beneinutile per un figlio della classe operaia. Anzi ferroviaria,visto che mio padre faceva il ferroviere. Mia madre invecefaceva la magliaia in casa, ma - come si sa - le donne nonfacevano classe; anche se le sue maglie di classe lo eranodavvero. In quegli anni a casa nostra c’era la fila dellesignore bene che chiedevano la copia esatta dei vestitinidelle boutique. Non sono mica i cinesi che hanno iniziato acopiare, mia madre ha cominciato prima. Lei, però, con lesue clienti diventava amica e creava uno spazio sociale.Oggi per le maglie conta solo il prezzo, e il rapporto umanofinisce dimenticato. E mia madre le maglie le fa solo per inipotini (e per mia sorella che non si fida certo della qualitàscadente delle boutique dopo aver assaggiato quellamaterna).

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La prima vera libreria che aprì in città (era passata lametà degli anni Settanta), aveva un nome profetico: sichiamava Libreria Incontro. Era piccolissima seconfrontata alle dimensioni che ha oggi (esiste ancora) emicroscopica rispetto ai grandi store cui siamo ormaiabituati. Eppure, per me era immensa. Tutti quei libriammucchiati uno sull’altro, senza il computer che assiste illibraio nella ricerca, una goduria per me timido e con pochiamici per passare il tempo. Uscire di casa per fare un giroalla Libreria Incontro era un piacere grande nonostanteandassi senza soldi per acquistare. I libri erano lì, nuovi,profumati e sfogliabili. Per un possesso temporaneo cheperò non volava via, perché le parole stampate in qualchemodo si avvicinavano per restare con me. Senza laLibreria Incontro e la biblioteca cittadina, la mia vitasarebbe stata molto più povera. E non mi riferisco allacultura, bensì alla possibilità di affacciarmi alla scena delmondo, all’incontro con gli altri grazie allo spazio in cuistavano i libri. Ma questa è una storia di quasi quarant’annifa.

Perché oggi questi ricordi si affacciano così forti in unlibro che si propone di parlare del futuro dei libri? E qual èil loro significato? La risposta è semplice: ogni volta che sicerca di narrare l’evoluzione sociale di un fenomenobisogna tenere i piedi per terra, sciacquarsi bene gli occhiper guardare alla realtà con tutta l’umiltà possibile,partendo dalla propria storia. Cominciando dai segni incisiche portiamo con noi ogni volta che ci rivolgiamo a un’altrapersona, ogni volta che produciamo qualcosa sul lavoro,

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ogni volta che litighiamo con nostra moglie o i nostri figli.Sono quei segni che, uno a uno magnificamente intrecciati,costituiscono l’essenza di ciascuno di noi e la matrice delnostro spazio sociale. Partire dai segni originari significaaffacciarsi alla realtà nel modo più onesto: da ciò chesiamo senza infingimenti. E i libri e le librerie sono uno deisegni incisi più importanti della mia vita. A seconda deimomenti, essi sono stati una fuga oppure un sentiero versol’uscita dal tunnel; in ogni caso un gancio cui aggrapparmi,prima verso la sopravvivenza e poi verso la vivenza.

Come un pesce che abbocca all’esca più appetitosa misono affacciato silenzioso alla bottega. Con un certoscetticismo anche. In un qualche modo inconscio hosempre pensato di essere padrone degli spazi dellelibrerie e il fatto che la proprietà di tutte le librerie che cisono in giro non sia formalmente mia di fronte alla legge loconsidero soltanto una specie di incidente di percorso. Mifaceva strano questo spazio (mio) all’interno della libreria. Iconti non mi tornavano.

Pochi libri. Duemila, ma anche meno forse, alcunioggetti ricercati, non proprio di design ma quasi. Moltospazio vuoto. Un divanetto in velluto rosso appoggiato allaparete e un tavolo al centro. Se uno ha come perversioneprimaria quella dei libri, come me non fa molto conto dellospazio e degli accessori. Punta alla preda. E la preda,quando entro in una libreria nuova, è la mappa dei libri, ilterritorio. Devo marcarlo, annusarlo, toccarlo. Per capiredove mi trovo, capire chi ha realizzato quella mappa e,sopratutto capire se può esserci una traccia, un sentiero,

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verso l’inatteso. Verso quel libro che sai già esistere, mache ancora non è tuo, quel libro che sai che ti puòcambiare la vita: per un istante o per sempre. Che poi è lastessa cosa. Se hai la perversione dei libri, quando entridentro una nuova libreria sei a caccia e, come il cane datartufi, ti rendi conto quasi subito se il terreno è buonooppure è meglio lasciar perdere e uscire immediatamente.In ogni caso questa fase di mappatura del territorio è, perme, del tutto solitaria. Sono totalmente concentrato dentro,non c’è spazio per le relazioni con l’esterno. Gli occhi, iltatto e l’olfatto (l’odore dei libri è determinante) hanno ilsopravvento. La libreria può essere deserta o affollata, ilrisultato non cambia: si tratta di una esperienzaprivatissima e intima.

Entrato dalla vetrina con la cornice di legno nero e conle scritte dorate, mi trovavo esattamente in questacondizione semiautistica, con qualche libro tra le mani,indeciso se comprarli tutti o nessuno, allorché una vocenarrante mi prende per mano e mi trascina fuori,costringendomi a rendermi conto che il mondo esternoesiste per davvero. La libraia, la signora Pina, stavaraccontando un romanzo (era Il cantore di storie diAlameddine) ad alcuni avventori. Il romanzo lei l’aveva lettoe già questo mi colpiva.

In libreria i librai non leggono, si sa. Al massimoripetono giudizi rubati ad altri lettori e li spacciano comepropri. Anche volendo, non possono farlo. Ci sono troppivolumi. Ci vorrebbero troppe vite per leggerli tutti e moltinon sono degni del tempo necessario a sbirciare il titolo.

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Questa libraia il libro che stava raccontando lo conoscevaper davvero. E l’amava. Era il suo punto di vista, il suosegno intimo offerto alla condivisione degli ospiti chedistrattamente scuotevano la testa seduti sul divano rosso.Forse perché la storia che stavano ascoltando non gliassomigliava. Chissà.

Mi sono girato ad ammirare lo spettacolo. Il sentiero cheandavo cercando in un nuovo libro che mi sorprendessequesta volta non era tra le pagine di un volume: era ilterritorio stesso a sorprendermi. Non erano i libri aincantarmi. Era di più dei libri. In quel momento ho visto lanuova libreria. E anche a cosa diavolo serve tutta questatecnologia degli e-book che fino a un attimo prima pensavoutile soltanto a rubare l’anima con la scusa dell’efficienza edella comodità.

Sono una di quelle persone che quando capitano in unristorante cominciano a diffidare se ci sono troppi piatti nelmenù. È indice del fatto che sono già precotti e che ilcuoco (se c’è) non li prepara con amore. Brutto segno. Nonmi piace. Ma se questo è un modo (quasi) normale disfogliare il menù in un ristorante non lo è affatto in libreria.In libreria ci devono essere tanti libri. Se no che libreria è?Se no come fanno a campare la libreria, la libraia e i figlidella libraia?

È da mesi che ho un tarlo. Un tarlo che digerisce ognigiorno un briciolo della mia diffidenza verso la tecnologiadei libri elettronici. La tecnologia è per me un buco nero. Mici ritrovo trascinato dentro, ma non riesco ad

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abbandonarmi mai completamente a essa. È comequando non sei sicuro di amare una donna. Cincischi, trovimille scuse con te stesso e anche nell’amplesso alla fine tipenti. Non è amore. Non è abbandono. Beh… a me con latecnologia succede la stessa cosa. Non mi abbandonomai. Sono renitente all’innovazione. Ne sono dipendenteanche. Ma non mi abbandono. Devo criticarla. Mi mancaquel che c’era prima e non ci sarà mai più. Per esempio hoinciso nelle cellule l’odore della prima fotocopia fatta allabiblioteca della mia città in un pomeriggio degli anniSettanta. Era carta termica. Un odore ripugnante che mientusiasmava. Il segno del miracolo compiuto. Conl’innovazione quell’odore se ne è andato per sempre e nontornerà più grazie all’avvento delle nuove fotocopiatrici acarta normale e peggio ancora, più di recente, con gliscanner digitali che la carta la fanno sparire addirittura.Come non tornerà più la bidella che mi accompagnava afare quei gesti esoterici per ottenere la mia fotocopiadall’angolo un po’ buio ove stava la fotocopiatrice. Io sonoincazzato con l’innovazione. Mi ruba la memoria. Magarinon ci riesce. Però ci prova.

E in quella libreria con pochi libri mi sono immaginatocome potrebbe essere la libreria del futuro. E perché ilfuturo delle librerie e dei libri è importante per tantepersone, e non solo per i librai o per chi legge, ma ancheper chi in una libreria non ci è mai entrato. È la storia chevorrei raccontare in questo libro. La storia di un amoresull’orlo di un precipizio che viene salvato all’ultimomomento da un paio di braccia inattese. Mi duole dirlo, ma

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queste braccia si chiamano libri elettronici o, peggio, e-book. È una storia che parla di come la cultura e il pensieropossano essere salvati in un mondo assurdo come quellodi oggi. È una storia che guarda a come sarà il mondodomani e a come diventeranno l’educazione e il lavoro peri nostri figli e i figli dei loro figli. È una storia che iniziaquasi 4000 anni fa con il primo papiro vergato lungo le rivedel Nilo e che è inarrestabile come l’erba che crescerigogliosa su un prato dopo un temporale estivo. Sta perpiovere forte. C’è da aprire l’ombrello, lo spettacolo sta periniziare e ci sarà da divertirsi.

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IL TRASLOCO

Era una cosa incredibile, non possedevaniente, niente, assolutamente niente. Tutto ciò cheaveva apparteneva a tutti. Quando morì, mi misialla ricerca di qualche abito, col quale lopotessimo seppellire. Alla fine trovammo unavecchia giacca di cuoio, che era tutta consumata,un paio di calzoni color cachi, e un paio di scarpebucate. Insomma era un uomo che dava via tutto:di suo non aveva neanche un bottone. Non avevaproprio niente.

RICARDO RIONDA CASTRO

Nel sacco di Durruti si trovarono i seguentieffetti: biancheria per un cambio, due pistole, unbinocolo e un paio di occhiali di sole. L’inventarioera tutto qui.

JOSÉ PEIRATS

Quanti traslochi ho fatto in vita mia? Bho… mentre nellastanza a fianco i falegnami montano la cucina provo a fare

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il conto: da molto piccolo la mia famiglia deve avercambiato casa due o tre volte, ma non ho ricordi di questo.Ho solo un alone di memoria della prima casa in cuiabbiamo vissuto per qualche tempo, subito dopo la mianascita. Era un piccolo appartamento in una casa della viaEmilia, poco prima di Imola. Ma il ricordo si confonde conquel che mi è stato raccontato e non vale.

Quel che vale è che non mi sono mai piaciuti i traslochi.Anzi, ho sempre cercato di evitarli. Quando ero giovane einiziavo le mie esplorazioni nella vita mi è capitato qualchevolta di andar per campeggi. Della scomodità non miimportava nulla, quel che davvero mi bloccava era il fatto didover montare e smontare la tenda. I trekking itineranti, poi,che ogni notte facevano tappa in un luogo diverso erano lafatica più grande per me immaginabile. Per questo sonosempre stato un portoghese dei traslochi. Quando c’era dasmontare e rimontare trovavo sempre scuse per nonesserci. Mia madre e mia sorella lo sanno bene e me lodicono. È la viltà degli uomini che mi conduce a evitarequesti spostamenti. Gli uomini sono fatti per conquistare,fare spazio, movimentare e annichilirsi. Esattamente comegli spermatozoi che nella loro folle rincorsa verso quel chenon sanno danno tutto e poi si spengono. A volte con granpiacere, a volte con ancor più grande tristezza.

Nella nostra civiltà il trasloco è cosa di donne. Con lacasa si muovono le radici: camicia dopo camicia, calzinodopo calzino, libro dopo libro. libri. Mamma mia i libri!Quanto pesano. È nel trasloco che ti rendi conto del pesodelle parole. Che le parole, anche le più leggere, quelle dei

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poeti e degli innamorati, quando vengono stampateacquisiscono peso e materia. Il corpo della parola scivolasulle pagine e ci contatta attraverso i polpastrelli perentrare nell’anima.

Il trasloco ci mette di fronte al passato e ci interroga sulnostro futuro. Arrivi a pensare che la vita sia un traslocodopo l’altro. Un fatto vero peraltro, anche per chi non hamai traslocato. È un momento di passaggio dove le donnetracciano la direzione e gli uomini si riducono a manovali. Ilprimo trasloco, il più importante, il più pauroso e felice,senza le donne non si può neanche immaginare:abbandonare il conosciuto del grembo materno per la vitadi fuori. Che coraggio da leoni ci vuole! Altro che andar perguerre, crociate o mercati. E dopo il primo ineguagliatotrasloco, vengono tutti gli altri. Uno dopo l’altro ti sposti diabitazione, di città, abbandoni amici e (se sei fortunato evolenteroso) ne incontri altri. Finché si trasloca c’è vita.Fino a quando non traslochi più e lasci tutti i pesi a coloroche restano. E che continuano a traslocare procurandolavoro a falegnami e carpentieri. Traslocare è anche unmodo per evitare il confronto con la morte. Che non siimporta di noi che fingiamo di non importarci di lei.

Bisogna cambiare realtà, e anche tempo, per incontrarepersone che del trasloco hanno fatto il loro habitat naturale.Dobbiamo avere il coraggio di incrociare i nomadi, e i lorosguardi, per farlo. Proprio loro: i più svalutati sul mercatodelle merci umane di cui siamo oggetti riposti sugli scaffali.Oggi i nomadi sono gli zingari, quelli che mendicano agliincroci, i ladri che entrano nelle case e, per i più allucinati

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tra di noi, quelli che rubano i bambini nei supermercati.Abbiamo fatto con il popolo Rom quello che gli statunitensihanno fatto con i pellerossa e i nazisti con gli ebrei. Non liabbiamo solo sterminati facendoli passare per i caminidelle camere a gas, ma gli abbiamo rubato l’anima.Illudendoci di recuperare la nostra ormai dimenticata infondo a un pozzo della storia. I nomadi, e gli zingari, è vero,sono incompatibili con il nostro mondo. Un mondo fatto dicartellini, di orari da rispettare e di ruoli. Un mondo che èun perfetto orologio svizzero finché un ingranaggio smettedi funzionare e tutto si blocca. È sufficiente che una pompaqualsiasi faccia le bizze tra le centinaia necessarie perl’estrazione del petrolio, affinché i pescatori perdano illavoro, i pesci perdano la vita e i giornalisti abbianoqualche bistecca in più con cui ingrassare i loro stanchiventri con notizie eclatanti. La bestemmia più grande che iRom pronunciano ogni volta che respirano è che la vita nonè un ingranaggio del sistema economico, del Capitale. Lofanno per quello che sono oggi: sopravvissuti in un mondoove i camini dell’economia continuano a bruciare i tempipreziosi delle nostre vite. I Rom non lavorano, questo èl’urlo che ci arriva potente nelle orecchie quando veniamosfiorati dalla loro presenza. Noi con le nostre piccole viteaffannate a rincorrere questo e quello, affamati di unosprazzo di passione che raramente ci concediamo, nonpossiamo sopportare la presenza fisica di chi è fuori daciò che chiamiamo Capitale. Li annichiliamo perché essisono la possibilità già viva di un altro mondo. Un mondo incui l’esigenza prima è sopravvivere e immediatamente

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cui l’esigenza prima è sopravvivere e immediatamentedopo quella di vivere. Senza ammennicoli come il lavoroda mille euro al mese, la parrucchiera o il calcio di frontealla televisione. Per questo li sterminiamo e li allontaniamoda noi. Il Capitale non ha paura di scioperi, democrazieelettorali o filosofi. Non ha nemmeno paura di rivoluzioni.Ormai le conosce e sa come vincerle. Teme i nomadi,invece, di quelli sì che ha paura. Perché sul fondodell’ultima bottiglia che svanisce tra le mani di un ubriaconeRom resta l’eredità viva di quello che è stato il popololibero. Che anche noi siamo stati prima che la Storiaincominciasse.

Dal nostro punto di vista i nomadi sono in traslocoperenne. Dal loro punto di vista invece no. Non solo nonhanno bisogno di una casa come noi; vivono uno spazio incui le mura esterne non servono, le uniche radici vere sonoquelle che portano con sé. L’immagine della tenda neldeserto o del fuoco sotto la luna è così forte che l’abbiamomemorizzata nei nostri geni. Solo i nomadi si muovonoportando con sé il proprio io interiore. Con la propriadensità totale. Sono costretti a farlo perché nondispongono di stampelle esterne, di mura e di abitudinicivili cui aggrapparsi per non impazzire di dolore per larinuncia alla propria umanità.

Il trasloco è in grado di riaccendere i geni della nostranomadità. È l’opportunità che abbiamo di spostare lenostre radici su un altro terreno. Nuovi vicini, nuovi bar,nuovi percorsi per andare al lavoro e tornare verso casa.Nuove porte da aprire e da chiudere. E nuovi incontri.

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Traslochiamo le cose che ci sono esterne: gli oggetti, avolte le persone della famiglia, ma non traslochiamo maida noi stessi. Traslocare da noi stessi è impensabile comesepararsi dalla nostra ombra: ci resta appiccicata tra ipiedi anche nel sole di mezzogiorno, magari piccolapiccola, ma inestirpabile. Come l’anima. La nostra ombraci ricorda chi siamo, ci accompagna fino a quandoscivoliamo via con lei.

Quel che resterà sarà ciò che avremo scambiato: unpensiero, un’emozione, un dolore o un sorriso. Anche leparole restano, certo. Ma solo alcune di quelle che ci hannoattraversato e abbiamo pronunciato. Solo quelle che sonosgorgate dal cuore e si sono depositate come farfalle sulcuore di un altro, di un’altra. Queste parole sono speciali:sono dense, non pesanti: hanno lo stesso peso di unmoscerino che accompagna i fermenti di vita dall’inizio delmondo. Quelle che sembrano durare e determinare lenostre vite, le parole dei ragionieri e delle banche, tra milleanni non avranno valore alcuno. Le nostre democrazie, pernoi così importanti oggi da giustificare guerre e omicidi inloro nome, non saranno valse neppure la pena delladimenticanza. Le parole dense, invece, sono capaci di farvibrare gli altri esseri, di influenzare la loro riproduzione ealimentare il motore dell’evoluzione. Queste parole sarannola matrice della vita che sarà, tra mille anni o un milione.Sono quelle da cui non possiamo traslocare perché leabbiamo incise nel nostro essere da prima che il tempoumano esistesse.

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ADDIO AI LIBRI

Quando si sta tentando di fare qualcosa al disopra delle proprie capacità note, è inutilecercare l’approvazione degli amici. Gli amicisono sopratutto utili nei momenti di sconfitta […]Allora, o ti mancano completamente, o superanosé stessi.

HENRY MILLER

Ho appena finito di traslocare. Sono state tre settimanedifficili. Un trasloco non è mai neutro. Con gli scatoloni dascavallare è il presente che ti si para di fronte come uncrinale che separa due valli, due tempi della vita. Nei giornidel trasloco ogni minuto bisogna scegliere se portare conte un oggetto oppure abbandonarlo al proprio destino:regalarlo, rivenderlo o buttarlo.

Ieri sera c’è stata una piccola festa di inaugurazione conalcuni amici intimi. Li ho guardati mentre si aggiravano inquesta nostra nuova casa affacciandosi alle librerie espulciando tra i tanti libri che ci sono. Ormai sento chesono troppi. Sono anche molto pesanti. Ognuno di loro haavuto un suo posto nella mia vita trascorsa. Ma ora?

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Ho visto i miei amici fare quello che faccio anch’ioquando entro in casa di qualcuno per la prima volta:annuso i titoli dei libri perché so che sono come i sassolinidella fiaba di Hansel e Gretel: indicano un sentiero versol’anima dell’ospite se ce l’ha. Sono tempi questi in cui nontutti l’hanno conservata e i libri, per quelli come me,rappresentano un filtro, un modo per capire se esiste omeno compatibilità con l’altro. È un limite, lo so, ma io sonofatto anche dei libri che ho letto, che ho avuto tra le mani,che ho amato e odiato. Sono stati sia la frusta del negrieroquando dovevo fare gli esami all’università, sia l’unica viadi uscita che riuscivo a immaginare nei momenti più neri.

Tutto questo non ci sarà più…E ora vedo questi amici cari con i miei libri in mano, che

ne sfogliano alcuni, li guardano incuriositi, facendosi chissàquali domande, e poi li ripongono. E io mi sento un po’come se la mia vita fosse tra le loro mani. Mi sento felice diquesta condivisione sottovoce, del fatto che un po’ i libriparlino per me. Del fatto che, a volte, mi risparmino lafatica della parola. Loro, i libri, che sono così pieni diparole! E mentre mi aggiro tra i crocchi delle persone chechiacchierano un po’ guardando e un po’ ascoltando, michiedo il senso del lavoro che in questa estate fresca eazzurra mi impegna più del trasloco. Sto scrivendo un librosull’importanza degli e-book nella nuova società: sul fattoche questa tecnologia possa rappresentare l’ennesimaopportunità di liberazione per il nostro esistere collettivo;mentre vedo questi fotogrammi di storie mie e di amici cheun po’ mi commuovono. Guardo quel che succede e penso

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“tutto questo con gli e-book non ci sarà più”.La tecnologia è violenta e indolore come la ghigliottina

quando piomba sulla vita delle persone. In un attimo recideil passato dal futuro e riduce il presente alla durata di unlampo. Quel che era non sarà più. Il futuro che portasembra indipendente da quel che l’ha preceduto. La storiacui è stato mozzato il capo termina in un attimo. Guardo imiei amici sfogliare i miei libri, la mia storia, e penso chetra vent’anni non ci saranno più situazioni come queste. Mache sono vent’anni? Nulla. Il domani che è già qui e ciinterroga sul nostro agire di oggi.

Guardo le mie librerie e penso che sono troppo pesanti,che in quegli scaffali c’è il peso troppo grande di una vitapassata più con loro che con esseri umani. Penso ancheche non è giusto correre il rischio che gli scaffali si ribaltinoe il loro peso investa la mia compagna che di tutta questapesantezza antica non sa nulla e non è responsabile. Digran parte di questi libri mi voglio alleggerire. Al massimoposso pescare da qualcuno di loro una citazione. Nientealtro. La loro funzione materiale non è più necessaria. Nonmi servono più. Continuare a tenerli così in vista, inoltre, èanche un modo per imporli a chi entra in casa. Un modoper dire “vedi quanti libri?” e per nascondermi sul retro diuna copertina. Significa illudermi di essere loro per nonprendermi la responsabilità di essere me. Tutti questi librimi stancano, mi appesantiscono. È come andare in girocol cappotto a ferragosto.

Piano piano comincio a intuire il significato che haquesta ossessione nuova verso gli e-book. È un modo per

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alleggerirmi senza dimenticare. Gli scaffali possonoessere liberati. Magari alcuni libri possono rimanere. Matutti gli altri via! Regalati o nel camino. Magari con unafesta pagana di liberazione dalla vecchia vita dei libri.

I libri, infatti, sono anche la voce degli altri. Di chi li hascritti. Quella da cui ci abbeveriamo quando da soli non cela facciamo più a sostenere il peso della vita. E che, per ilprezzo di una copertina, ci occupano il tempo della letturapermettendoci di dimenticare il mondo fuori. Forse il mitodella cultura creato intorno ai libri è anche questo. Nonmolto diverso da quello di chi cerca di dimenticare in fondoa un bicchiere o in una nuvola di fumo. Solo più elegante,più socialmente accettato. Andarsene a spasso in ufficio, oper strada con un libro in mano dà un tono. Come ilcappello o la cravatta o, per certuni, il vestito. Alza unabarriera tra noi e gli altri; risparmia la necessità delconfronto e, a volte, del conflitto. Il libro è anche questo: ilvelo di Maya che tutto avvolge e nasconde delle vite dicoloro che ne sono dipendenti.

E poi arriva l’e-book, questa diavoleria tecnologicaassurdamente moderna, e che succede? Che ora è ilmomento della moda, degli snob come me, cheutilizzeranno questo aggeggio aspirando a differenziarsidalle altre merci umane che, come loro, deambulanoquotidianamente tra casa, lavoro e casini. Poi, tra qualchemese o qualche anno, la moda svanirà e diventerà normaleleggere su queste tavolette elettroniche. E gli scaffali degliamanti dei libri si svuoteranno. Come è successo per itelefonini, i videoregistratori, i walkman, le automobili, le

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televisioni, le lavatrici, le biciclette… La storia delleinnovazioni tecnologiche è questa. Arriva un nuovoprodotto, si accende la moda, si scatenano i desideri, ilprezzo del prodotto si abbassa e diviene di uso comuneper moltissimi. L’oggetto che sembrava colmare i desideriinsoddisfatti di una vita scompare e viene incorporato neinostri gesti quotidiani. Altre novità alimenteranno le nostreinsoddisfazioni. Il nuovo prodotto non è più oggettodell’attenzione dei media, ma è entrato nella nostra vitacambiandola. Senza rendercene conto sono cambiati inostri gesti, i nostri tempi e, a volte, anche il modo direlazionarci col prossimo. La ghigliottina della tecnologianon sparge sangue, ma cancella abitudini mentre ne creaaltre, illudendoci di colmare bisogni infiniti, piccoli oggettiacquistabili a credito all’ipermercato.

Tornare indietro per andare avanti

Mi chiedo: che succederà dei gesti incuriositi degli amiciquando arriveranno nelle case dei nostri figli tra vent’anni?Quali pagine sfoglieranno? Come potranno avvicinare laloro storia a quella degli abitanti della casa? Per un po’ miabbandono allo sconforto: cavolo, questi gesti hannoriempito la mia vita finora. La mia e quella di tutti i timidiche potevano puntellare la propria fragilità con le copertinedi brossura di titoli altisonanti magari acquistati airemainders…

Proprio perché riguarda la parola scritta, questo degli e-book è forse uno dei mutamenti più profondi che la nostra

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società si sia trovata ad affrontare da molto tempo aquesta parte: come ogni altra volta in passato, ci sonostrade da asfaltare e confini da tracciare. In questo casoquel che rischiamo di perdere é l’aspetto relazionale legatoal libro-oggetto. Cioè la possibilità di passarselo di manoin mano, di inventare giochi sociali come il bookcrossing odi cercare di far innamorare una ragazza regalandole unlibro con le poesie d’amore di Pablo Neruda…

Gli e-book ci mettono dinanzi il puro testo: una specie diminimalismo della parola scollegato dal supporto. Sonocome la musica senza più le copertine di cartone,bellissime, dei 33 giri o quelle, un po’ meno belle, dei cd.Immagini scacciate nel dimenticatoio da una sigla orribile:mp3. Eppure questa parolina minuscola di tre lettere, cheha sconvolto il mercato della musica negli ultimi pochi anni,non è riuscita a scalfire il bisogno arcaico della musica cheabbiamo in quanto esseri umani. Non ha cancellato lanecessità di goderne da soli e di poter condividere questaesperienza con gli altri. I concerti si sono moltiplicati e sonodiventati il modo naturale per i musicisti di guadagnarsi davivere. I nostri scaffali sono vuoti di cd e di dischi, ma lenostre giornate non sono vuote di musica. Anzi. Il problemagrande oggi della musica è sceglierla. Per non perdersinel mare magnum degli mp3 il consiglio di un amico, diun’amica, è oggi più importante che mai per scoprire qualemusica ascoltare.

Sui libri si sta abbattendo la ghigliottinadell’innovazione, che moltiplicherà la possibilità di leggere

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più cose interessanti ad un prezzo inferiore, spessogratuitamente. E ci troveremo spaesati. Come un bambinocon il biglietto vincente della lotteria in mano che si trova ingelateria e può avere tutti i gelati che vuole; ne mangeremotroppi e ci toccherà correre al gabinetto. Passatal’indigestione potremo iniziare a scegliere. E scegliere, nelmondo del puro testo, lo si può fare soltanto affidandosi aiconsigli di qualcuno di cui ci fidiamo: di un amico, o di unalibraia gentile.

Non so perché, ma riesco a immaginarmi i librai delfuturo solo al femminile. Forse perché c’è bisogno diparole di donne per avviare l’umanità verso parole giuste.Quelle che hanno usato finora gli uomini sono state troppospesso parole di guerra e prevaricazione. Parole daabbandonare senza dimenticarle. Per abbracciare parolee persone che raccontino di un mondo che non c’è ancorama ci sarà. Un mondo dove, quando i tuoi amici ti arrivanoa casa e non trovano libri sulle pareti, cominci a raccontareuna delle storie che hai letto…

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Parte II

La società delle parole

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TANTA GENTE LEGGERÀ GLI E-BOOK

Ci sarà più gente che leggerà testi in e-book di quanta neriusciamo a immaginare. Nonostante le statistiche sianocontraddittorie e difficili da decifrare, la tendenza è chiara.Al momento in cui scriviamo le uniche cifre attendibili sonole stime dell’Associazione Italiana Editori secondo cuientro fine 2010 saranno installati in Italia circa 200.000lettori per e-book, suddivisi per il 25% circa in lettori acarta elettronica, gli e-reader, e per il restante in iPad.1 Inumeri sono modesti rispetto a quelli delle venditecartacee. Modesti, ma mica tanto. Al momento gliacquirenti di e-book reader sono la fascia più tecnologicadi quella piccola nicchia di forti lettori che leggono almeno1-2 libri al mese. Cioè di coloro di cui il mercato editorialenon può fare a meno, forse non in termini economici, disicuro in termini qualitativi. Sono coloro che costituisconolo zoccolo duro del mercato e anche del tessuto culturalenazionale.

Se oggi la nicchia degli acquirenti di e-book ha unadimensione numericamente modesta che possiamoimmaginare di qualche centinaio di migliaio di persone e,

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in prospettiva, forse di qualche milione, resta una élite. Nonsi tratta però della congregazione degli appassionati dellapesca con la mosca. Sono coloro che hanno gli strumentisia per immaginare una nuova società, sia per cominciarea praticarla.

Al di là degli inevitabili nuovi equilibri nell’economia deilibri, infatti, l’orizzonte che abbiamo di fronte è anche quelloin cui diventa possibile riappropriarsi di una autonomiaculturale che vada oltre il mercato. È del tutto paradossaleche ciò possa accadere proprio in seguito all’ennesimainnovazione tecnologica indotta dal mercato stesso e nonda una enclave di rivoluzionari. Ma forse il paradosso nonc’entra. È il desiderio di liberazione dell’identità diciascuno che, per quanto sopita, non rinuncia a riemergereappena se ne scorge l’occasione. E questa è una grandeoccasione. È il motivo per cui non partecipo alladiscussione “e-book sì, e-book no”. Si tratta di unadiscussione sterile. I dibattiti, infatti, si fermano sulla sogliadel “mi piace” oppure “non mi piace” e non ci aiutano adalzare gli occhi per gettare lo sguardo un po’ oltre.

Ma cos’è l’e-book?

Il motivo principale per cui passeremo a leggere testidigitali è il prezzo. Oggi le scelte sono determinate dalprezzo più che da altri criteri. Almeno per la grandemaggioranza dei consumatori. E il prezzo, con gli e-book,si ridurrà drasticamente. Caratterialmente sono semprestato renitente all’innovazione e, in particolare, a questi

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oggetti tanto reclamizzati dai media come succedaneitecnologici del libro. A convincermi sono state le personecon cui ho parlato. Amici, conoscenti, esperti del settore,commessi dei centri commerciali a cui ho chiestol’opinione personale sull’andamento delle vendite di questioggetti. Una specie di sociologia di prossimità chepermette di annusare l’aria che tira quando un processo éin divenire e difficile da studiare con le metodologietradizionali, capaci di dare risposte certe solo sul passato.Nel mio conversare con le persone lo scetticismo iniziale èscemato velocemente di fronte a due argomenti:

• il prezzo

• il toccare con mano

Per la maggior parte delle persone il libro é solo dicarta. La prima domanda che ti fanno se sanno che tioccupi di queste cose è “ma cos’è l’e-book’?”. Mi sonoaccorto che la risposta che accende l’interesse è la piùsemplice: “Se tu vai in libreria e compri un libro lo paghi 20euro, se compri lo stesso testo in versione e-book lo paghi10 euro o forse anche 5 oppure 3, o forse nulla, se l’autoredecide di regalarlo”.2 La reazione è sempre di stupore. Inquesta risposta c’è il destino del libro nel futuro prossimoventuro.

Il secondo passaggio accade quando le personepossono avere tra le mani un e-book reader o un iPad. Èsolo quando si ha la possibilità di fare esperienza

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personale, di “toccare” questi dispositivi per la lettura checi si rende conto che “si può fare”.3 In quel momentoavviene la comprensione del fenomeno: le persone sirendono conto che questa cosa degli e-book sarà ancheuna moda, ma é destinata a restare. E iniziano ledomande: “Se i libri dei nostri figli costassero 10 euroanziché 40? Li compreremmo in formato digitale o informato cartaceo? Se questo oggetto esiste, perché devocontinuare a spendere 500 euro di libri all’anno permandare mio figlio a scuola?” Sono queste domande afarci capire che sarà il prezzo la ragione principale adecretare il successo degli e-book, insieme al fatto che laqualità della lettura è realmente compatibile con quelladella carta.4 Indipendentemente dal fatto che ci piaccia ono, che siamo d’accordo oppure contrari, ciò accadrà.Nella sua inevitabile semplicità.

Al momento i dispositivi per la lettura, gli e-book reader,costano ancora molto: tra i 120 e i 300 euro. Praticamenteuna follia. Ma è inevitabile che nel giro di poco tempo cisarà un deprezzamento notevolissimo dei dispositivi. Nonsono le previsioni di un veggente: è la storiadell’innovazione a mostrarcelo. Dai walkman, aivideoregistratori, alle macchine fotografiche digitali… ilprezzo finale di un prodotto si riduce anche di 10 o 100volte rispetto al momento della sua comparsa sul mercato.Cosa accadrà, cioè, quando un e-book reader costerà 40euro? Cosa accadrà quando il suo prezzo saràparagonabile a quello di un libro di fascia media? Ciòpotrebbe succedere in un tempo breve. Probabilmente

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alcuni editori troveranno così interessante venderecontenuti on line che lo regaleranno, come accade oggi peralcuni abbonamenti telefonici, dove il telefono(apparentemente) non lo paghi e quel che si paga, nelgergo delle compagnie telefoniche, è il traffico, cioè lenostre parole che si trasmettono via etere. Nel mondo deilibri l’equivalente del traffico sono le parole scritte dagliautori. Il tema degli e-book è divenuto di moda dapprimacon l’introduzione sul mercato dell’iPad5 e poi da quando èavvenuto il sorpasso dei libri digitali venduti su Amazonrispetto a quelli cartacei.6 Molti, però, restano scettici, aragione. Tra le persone che conosciamo quante sonoquelle che hanno acquistato almeno un e-book oggi? Larisposta per la maggior parte di noi è: nessuna.

Alcuni pensano che gli e-book siano solo una modaspinta dai sostenitori di quel nuovo gadget tecnologico cheè l’e-book reader. Affermano che il libro di carta sia troppocomodo e troppo intriso di sentimenti e abitudini, che nonlo abbandoneremo mai. Sono gli stessi che un secolo emezzo fa avrebbero detto che le donne erano troppoaffezionate ad ago e filo per convincersi a passare allamacchina per cucire,7 o che l’aria buona che si respirava allavatoio avrebbe fatto scegliere loro di continuare a lavarea mano anziché usare la lavatrice. È ovvio che ogniinnovazione tecnica è potenzialmente distruttiva di ciò chele preesiste, che cancella una parte delle abitudini dellepersone e, a volte, demolisce anche la memoria recidendole radici stesse della storia. Ma quando l’innovazioneintercetta quella legge di gravità sociale che indirizza le

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scelte verso ciò che riduce le fatiche e aumenta lecomodità, diventa quasi impossibile resisterle. Si trattadello stesso fenomeno che sta accadendo ora con gli e-book rispetto alla lettura, cioè alla possibilità di accedereal pensiero di qualcun altro grazie alla parola scritta. Che cisia scetticismo sugli e-book è sano. Si tratta di unfenomeno che non esiste ancora nella esperienzaquotidiana della maggior parte delle persone. Ma il fattoche non esista ancora non significa che non esisterà infuturo. Le pedine del mercato si stanno dispondendo orasul tavolo da gioco; c’è spazio per provare a inventarequalcosa di nuovo o, almeno, per fare una proposta. Unaproposta semplice e concreta: l’alleanza tra autori e lettoriper cambiare il mondo. Con l’aiuto dei librai. Come, lovedremo tra poco.

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DAI LIBRI AL NUOVO CODICE DEL DENARO

Libertà è partecipazione.GIORGIO GABER

La digitalizzazione della scrittura non è un fenomeno nuovo:già gli ipertesti, Internet e i blog da tempo hanno preparatoil terreno a quanto sta avvenendo oggi.1 La novità portatadagli e-book è che per la prima volta la digitalizzazioneaspira a sostituire l’oggetto libro, ovvero quell’entitàmateriale che ha accompagnato lo sviluppo di tutta lasocietà occidentale negli ultimi cinquecento anni, daGutenberg fino a oggi.

I protagonisti di questo cambiamento siamo noi: i lettori.Noi che con i nostri acquisti generiamo quella economiadei libri che finora ha consentito ad autori, librai ed editoridi restare in vita. O, come si dice oggi, di rimanere sulmercato. Saremo noi, con i nostri comportamentid’acquisto, a indirizzare l’evoluzione di questo mercato. Unmercato che riguarda tutti: lettori, autori, editori e librai.

Oggi, per esempio, molte piccole librerie stannochiudendo. È un fenomeno preesistente, non certo causatodagli e-book, ma dovuto sopratutto alle questioni

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finanziarie interne alla filiera editoriale,2 che verràaccelerato dai nuovi modi di leggere. La somma di questiprocessi fa pensare che il futuro delle librerie non siascontato. Vediamo perché. Grazie agli e-book saràpossibile vendere testi a prezzi molto più bassi rispetto allibro di carta e indipendentemente dal luogo ove avviene lavendita. Sarà possibile acquistarli ovunque: non soloattraverso Internet, ma anche negli ipermercati e ovunqueesista un piccolo spazio espositivo, magari anche al Sali eTabacchi. La loro commercializzazione, infatti, non richiedescaffali, ma soltanto un angolo del negozio ove poterscaricare il testo desiderato sul proprio dispositivo per lalettura digitale, magari con l’aiuto di un commesso se nonsiamo molto abili con le ultime diavolerie dell’elettronica.Le librerie saranno le prime a essere investite dall’ondalunga di questo mutamento: in particolare quelle piccole eindipendenti. Molte, per non chiudere, saranno indotte atrasformarsi in qualcosa che potrà assomigliare all’angolodei libri alle Poste: uno spazio ove vendere mercistrappate alla loro matrice culturale, che si comprano per iltitolo e il colore della copertina, grazie a quel che vienechiamato “acquisto di impulso”, mentre inganniamo l’attesadi una fila sempre troppo lunga. In altri termini, ci aspettanolibrerie con più commessi, ma meno librai, sopratutto conmeno anima. Questo fenomeno, però, apre spazi ineditiper coloro che saranno in grado di mettere nel lavoro nonsolo l’anima, ma anche il cuore: riscoprendo l’essenza dellavoro del libraio, non solo venditore di prodotti, mamediatore tra il mondo dell’autore e quello del lettore. È un

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lavoro che assomiglierà sempre più a quello di un cuoco ingrado di apparecchiare una tavola imbandita con il lettore.Una tavola cui autori e lettori potranno parteciparenutrendosi proprio di quell’intensità di rapporti umani di cuisi sente più la mancanza oggi, nel mondo delle amicizievirtuali di Facebook.3 Non è uno scenario riservato soloalle librerie: prospettive analoghe riguardano anche editori,autori e lettori: lo vedremo nei prossimi capitoli.

Anche se l’avvento degli e-book rappresenta per ora unfenomeno limitato, le ragioni per cui è interessante vannoben al di là dell’attuale consistenza numerica. L’ipotesi chestiamo analizzando è proprio questa:

l’arrivo degli e-book svolge la funzione di undetonatore che scombina sia gli equilibri delmercato editoriale, sia quelli culturali dell’interasocietà.

Il motivo principale sta nell’origine del fenomeno.Un’origine che riguarda uno dei motori primari della nostraorganizzazione sociale: la parola scritta.4 Su questaabbiamo costruito case, città e stati. Senza che ce nerendiamo conto, il filo della nostra vita si svolge tutti i giornida un rocchetto di parole scritte. Dall’inizio alla fine. Daquelle usate dall’impiegato dell’anagrafe per registrarenegli archivi comunali la nostra venuta al mondo, fino alleultime, vergate da un altro impiegato per registrare lanostra morte. Tra queste due fasi si svolge tutta la nostravita, sempre accompagnata da parole scritte (direttamente

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o indirettamente).Il futuro dei libri, allora, non è una vicenda che riguarda

solo i cultori della lettura. Ogni giorno, per esempio, siamobersagli sotto il fuoco di centinaia di schegge di filmati checi colpiscono invadendo il nostro spazio cognitivo, e ciòsembra nascondere l’importanza della scrittura. Ma anche ivideo, e i film, e finanche i reality show trovano il loro puntoiniziale in una sceneggiatura, in una traccia iniziale cheappartiene allo spazio delle parole vergate o stampate suun foglio; senza queste, tutta la realtà sociale viene meno.

L’Italia, come spesso avviene nella storia, si trova in unasituazione privilegiata per esplorare il nuovo che arriva.Non abbiamo soltanto inventato prima degli altri ilberlusconismo e il fascismo, ma siamo anche coloro chehanno generato il Rinascimento e, qualche tempo primacon i Romani, ci siamo dati la pena di regalare gliacquedotti a tutta l’umanità. E se fosse questo uno di queimomenti? La residualità linguistica dell’Italia ci rendeminuscoli rispetto all’enorme mercato dei libri e degli e-book in lingua inglese, permettendoci di rimanere aimargini dei grandi mutamenti che lì avvengono. Sono quellii luoghi, infatti, ove si svolge la grande partitadell’economia del libro. Se la marginalità implica di solitoun ritardo nell’accesso a innovazioni incrementali, si puòtradurre in opportunità nel caso di eventi rivoluzionari. Glisquali dell’economia, infatti, hanno ora lo sguardo rivolto alcentro della mappa, dove il pasto è più ricco. Solo alla finesi dedicheranno a quel che resta. E il pasto ricco è ilmercato editoriale di lingua inglese. Subito dopo verranno

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il cinese, lo spagnolo e via via tutte le altre. La linguaitaliana di sicuro sarà una delle ultime lingue a cui siinteresseranno. Essere ultimi in questa fase, però, significaavere tempo. Un tempo libero in cui possiamo guardare aquel che accade altrove, assimilarlo, e magari migliorarloper andare avanti e tracciare nuove strade. A partire danoi, dalle nostre radici collettive. Se il mercato dei testi initaliano è piccolo, le nostre radici non lo sono. Anzi.Affondano in anfratti così antichi da lasciare sconcertati:non solo nel Rinascimento, ma prima di questo nella civiltàromana, e ancor prima in quella greca, radici che ciaccompagnano fin sulle sponde del Nilo dove i primi papirifurono tracciati. È una eredità che ci consegna un saperefuggiasco rispetto allo sguardo dei mercanti d’oltreoceano.Una eredità che non è morta se solo sappiamo ascoltare ilsussurrare leggero dei poeti e dei combattenti che furono.

Perché il rapporto tra storia ed e-book è cosìimportante? Il legame col passato riemerge potente perchéla riconfigurazione del mercato avviene a partire dalrapporto che abbiamo con la parola scritta, attaccandosialle radici stesse del nostro esistere sociale, nella suadimensione progettuale ed evolutiva. Quel che si modificanon è soltanto il mercato, ma anche il nostro approcciocognitivo e biologico al testo. Si tratta di qualcosa che va aldi là dei soli aspetti superficiali per come oggiconsideriamo la cultura: ovvero una questione riservata alleélites. Viviamo tempi in cui il nostro esistere culturale ebiologico si scoprono influenzarsi reciprocamente a volte inmodi sorprendenti e la parola scritta diventa, per la nostra

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struttura sociale, quello che il codice genetico è per ilnostro organismo: costruisce la matrice che permette lanostra vita e tutte le nostre attività, in una continuainterazione con l’ambiente.5 Da sola non è sufficiente acostruire il mondo, ma senza di essa il mondo nonesisterebbe. Proprio perché il mutamento è così profondoesso è così importante: abbiamo di fronte tempi in cuipossiamo ridiscutere i fondamenti del nostro vivere e, inparticolare, smettere di proiettare la storia umana su quelloschermo grande su cui siamo tutte comparse o, peggio,merci, di quel Truman Show6 chiamato Capitale. Con ilmutare dell’economia dei libri è tutta l’economia del potereche viene messa in discussione. Analizzare i rapporti chesi sviluppano intorno alla parola scritta significa gettare unosguardo a come la società abbia incorporato il potere inogni aspetto della vita.

Se le librerie saranno le prime a doversi confrontare conquesto fenomeno, pena l’estinzione, anche scrittori ededitori non ne usciranno indenni. E neppure noi lettoripotremo crogiolarci a lungo nella diminuzione dei prezzidei testi che ci attende. Nuove avventure ci aspettano.Magari un po’ più impegnative di quelle di Salgari o di TomSawyer. Ma anche più interessanti. Invece di limitarci aleggere le storie degli eroi che hanno cambiato il loromondo, forse, ci toccherà rimboccarci le maniche eprovare a farlo pure noi con il nostro. A partire dalla parolascritta. A partire da noi stessi, cioè.

L’arrivo degli e-book è destinato a traboccare nellacultura e nella società influenzando le modalità di

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formazione e diffusione del pensiero.Negli ultimi secoli e in particolare nel Novecento, la

forma fisica del contenitore ha incastrato il pensieronell’oggetto libro. “Oggetto” che, oltre ad avere tutte lecaratteristiche organolettiche conosciute dagli amanti dellalettura, ne ha anche altre. Meno note forse, ma non menodeterminanti per il suo successo. Sono quelle chetrasformano il testo in merce. Il libro, ovvero la possibilità dicondividere i nostri processi riflessivi con altri, è diventatoun prodotto da vendere sul mercato, come le banane o lepantofole: segue le stesse leggi e, come loro, vienealienato al produttore. Ciò che Karl Marx aveva descrittoper le merci7 riguarda anche il libro e, in un gioco ricorsivoe assurdo, determina, per il pensiero racchiuso in volume,l’impossibilità di superare se stesso impedendo, tra l’altro,di concepire una società diversa, proprio per viadell’incastro mercificato fra oggetto-libro e pensiero.

Ogni prodotto che acquistiamo, ogni prodotto che risultadal nostro lavoro, contribuisce a riprodurre la spirale delCapitale. Anche ogni libro, quindi. Ogni piccolosfruttamento veicola violenza, magari lontano dai nostriocchi. Se ogni iPad porta con sè i suicidi alla Foxconn (lafabbrica dove si producono questi oggetti in Cina),8 ognipensiero che attraversa la “catena del valore editoriale”fino a diventare libro, porta con sé il lavoro precario delrevisore, del traduttore, del correttore di bozze, deltipografo e anche del postino che ce lo consegna, se loabbiamo acquistato attraverso una libreria online. Altermine di questo tragitto il pensiero non è più libero: è

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ammanettato, incastrato e alienato alla possibilitàrivoluzionaria dell’azione desiderante. Dopo averattraversato tutti i passaggi dello sfruttamento èdepotenziato, scollegato dalla possibilità concreta delcambiamento. Il pensiero, anzi, diviene un agente stessodello sfruttamento: perché relega l’istanza del mutamentoalla pagina di carta. Non è certo una novità di oggi. Èsuccesso più di tutti ai più grandi. Gandhi, per esempio, hascritto cose meravigliose sulle possibilità di liberazione,Marx ha svelato la realtà sociale come nessuno prima dilui, e mille altri autori hanno camminato lungo sentieri simili.Eppure. Eppure il loro pensiero è stato espropriato a lorostessi e neutralizzato nel momento in cui veniva trasformatoin prodotto alienato alla sua fonte creativa: l’autore.

In un celebre dibattito svoltosi a Heindhoven, nel 1971,Foucault si è spinto ad affermare l’impossibilità di riuscirea descrivere il futuro della società proprio per il fatto chenoi facciamo parte di questa.9 Se non possiamodescrivere l’esito di un percorso di trasformazionepossiamo, però, custodire spiragli. Allevare possibilità.10

Sappiamo bene che il Capitale è ancora lo schema da cuiattingiamo i pensieri e le parole per produrre il mondo incui viviamo: sul lavoro, con gli amici e negli affetti. Ed è unoschema che piega a sé la nostra natura più intimaattraverso educazione e cultura, entrambe impensabilisenza la parola scritta. È quella matrice invisibile cheproduce ogni giorno le nostre parole quotidiane cosìnarrando e costruendo il mondo; anche quelle chefiniscono stampate sui libri. Una matrice che, finora, ha

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partorito parole con cui è stata raccontata l’impotenzadell’umanità di fronte al potere. Il libro/merce ha anchequesto sulla coscienza.

L’e-book, invece, se da un lato permette di proseguirelo sfruttamento interno alla filiera del libro, dall’altro lasciaaperta la possibilità di muoversi in uno spazio economicoe sociale nuovo. Una dimensione che è già qui anche sealtrove rispetto al mercato. È questo “altrove” a permetterela sperimentazione libera. In altre parole, l’e-book è sì ilprodotto di questo sistema, ma per le sue caratteristichespecifiche può essere utilizzato sia all’interno del sistemacapitalistico, sia al di fuori di esso. Attraverso la riduzionedei costi, l’autopubblicazione, la copia e anche la pirateria,si apre una prima linea dove non si sparge sangue, ma sivorrebbero incatenare cuori e cervelli (adducendo, spessocome scusa la questione dei diritti d’autore). L’esito diquesta guerra, però, non è ancora segnato.

Con l’e-book i vincoli esterni all’espressione del liberopensiero si allentano e si determina uno spartiacque nellastoria della scrittura che non è legato solo alla autonomiadal supporto, ma che porta a compimento la distinzione trapensiero e oggetto. Il pensiero diventa autonomo dalsupporto, poiché una volta scritto può essere letto daqualsiasi aggeggio, e diviene il ponte immateriale einvisibile che collega la capacità riflessiva dell’autore allapartecipazione dei lettori fino ad arrivare, in alcuni casi, allaco-redazione del testo.

Dalla nuova alleanza tra autori e lettori possonoscaturire scenari impensati. Se l’autore riesce ad

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assumersi la responsabilità sul processo di produzione deltesto, allora esiste la possibilità che si sviluppi unadimensione economica libera in quella che possiamochiamare la “Nuova società della parola”. Per gli autori ciònon significa dover fare tutto da sé, ma semplicementesmettere di delegare la responsabilità del processo diproduzione del proprio lavoro ad editori, agenti equant’altri. Nella nuova società esiste una dimensioneeconomica che è libera quanto il lavoro che implica loscrivere. Una dimensione, che è simile a quella originariadell’artigiano in cui rapporti semplici generavanoun’economia semplice.11 In cui contava la parola data tra lepersone e il rispetto reciproco, non le pressioni di chi devefare business con un libro-merce alienato al suo produttore:l’autore.

Certamente questo spazio economico non saràdisponibile per tutti, ma soltanto per coloro che riuscirannoa inserire il proprio fare in una matrice più grande: quelladove si sviluppa la relazione con i lettori. Per esempio seio lettore leggo un testo, e mi piace, mi piacerebbe ancorpiù poter fare una chiacchierata con l’autore. Mipiacerebbe conoscerlo addirittura. E, forse, alcuni scrittoriamerebbero incontrare chi li ha apprezzati. Altri, invece,preferiranno restare nello stanzino solitario della scrittura.Ma qualcuno uscirà dalla tana per correre il rischio dellacondivisione.

Stiamo parlando di nicchie. Sono nicchie gli autori cheaspirano all’autonomia del proprio lavoro, sono nicchie ilibrai che vogliono tornare alle origini per non ridursi a

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librai che vogliono tornare alle origini per non ridursi acommessi al banco di uno dei centri commerciali, sononicchie i lettori. Non sono però nicchie di mercato, target,bensì nicchie di umanità. Spazi piccoli, dove i rapporti trasimili scaldano i cuori nei momenti difficili e li rinfrescanocon l’allegria e i balli quando la calura estiva infuoca lepelli. Ecco, mi immagino che chi legge libri magari qualchevolta vada anche al cinema. E spenda i soldi per il biglietto:7 euro, 10 euro per vedere un film di due ore che spesso èesito della produzione dei grandi gruppi internazionali. Noicome singoli abbiamo la libertà di scegliere se spendere omeno quei soldi e, anche in una situazione di economiadifficile come quella odierna, qualche volta continuiamo afarlo. Perché, allora, continuiamo ad andare al cinema,quando è possibile scaricare gratis quel film a casa (anchese è illegale)? La ragione è di tipo sociale. Andare alcinema ci consente una fruizione collettiva che la visioneprivata non ci permette. Gli esseri umani sono animalisociali, questa è la loro forza.

Tornando a noi: è davvero impensabile che un autoresia in grado di sviluppare una relazione diretta, senzaintermediari, con la sua comunità di lettori? E che possapromuovere eventi, non solo presentazioni di libri, maoccasioni di partecipazione dove chi vi si reca èdisponibile a pagare l’equivalente di un biglietto delcinema? Se ciò diventa possibile anche soltanto per unapiccola parte di scrittori allora si aprono dinamiche inedite.La tradizionale sceneggiatura dell’incontro con l’autore simodifica e viene riscritta. L’evento non è più quello di

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prima. Chiama l’autore, e chi partecipa, a una nuova realtà.L’autore non è lì perché l’editore gliel’ha chiesto e a volteimposto; è lì perché ha scelto di esserci. Così come illettore non è lì per occupare il tempo distratto di unaperitivo, ma perché è interessato a conoscere l’autore e,proprio perché ha pagato il biglietto, si è autorizzato apartecipare. Si determina allora un nuovo spazio sociale incui il denaro non è più il fine (vendere tanti libri), ma ilmezzo di scambio attraverso cui fluisce il reciprocoriconoscimento tra autore e lettore. E non è detto che ilrapporto diretto (quello che spaventa tanto gli editori)debba essere esclusivo. Per molte ragioni può essereopportuno che avvenga in presenza del cuoco-libraio. Omagari di quell’editore in grado di cogliere l’essenza deinuovi processi.

Si tratta di un nuovo codice del denaro. Un denaro chepermette la sostenibilità economica di autori e librai, manon è più leva per lo sfruttamento di chi partecipa alprocesso di produzione. La commercializzazione del testo,infatti, diventa soltanto uno dei tasselli che determinano iltessuto relazionale. Non l’unico, come invece accade per illibro-merce. Si aprono squarci su prospettive tutte dainventare. In termini sociologici, è la società che vieneprima del mercato a prendere parola;12 con un passaggiodalla scrittura all’oralità, forse inatteso, ma certamentemolto interessante.

Ciò implica anche una ridefinizione delle modalitàoperative dell’autore che non ci sono ancora. Cosa

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succede oggi? L’autore si propone a un editore, e secostui pubblica il suo libro si consegna all’interno di unoschema in cui l’interesse del protagonista principale(l’editore) termina nel momento in cui ha venduto il libro. Almassimo arriveranno sollecitazioni successive a produrrealtri lavori, se il testo ha venduto bene. Ma lo spazio dellarelazione tra autore e lettore, e anche editore, è modesto.Per questo gli editori tradizionali sono fuori dai giochiindotti dalla digitalizzazione. Non perché siano incapaci acogliere le nuove opportunità, ma perché nel mondo che ciaspetta l’obiettivo non è il mercato, ma la condivisione.Che può avvenire solo attraverso la relazione. Proprio quelche gli editori non possono gestire: perché la relazione nonè un prodotto, ma una caratteristica degli scambi diumanità che avvengono tra le persone. Lo sanno bene ipromotori dei social network che si cullano nell’illusione dicontrollare tutto lo spazio sociale generato dagli esseriumani. Per fortuna, per ora, non ci sono ancora riusciti. Sel’editore resta focalizzato sulla vendita della merce-libro,altrove esiste la possibilità di inaugurare lo spazio del“bene-libro”. Lo spazio sociale del “bene-libro” è quello incui autore e lettore possono incontrarsi nella libertà, oveentrambi cessano di essere ingranaggi passivi di unsistema economico che li(ci) stritola.

Svincolando il testo dall’oggetto libro, accade che illibro-merce non si trovi più al centro dello spazioeconomico della parola. Il pensiero, che della parola è lafonte, non è più costipato nell’unica dimensione

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disponibile: quella dell’alienazione capitalistica. Di sicuronon svaniranno gli sfruttamenti intensivi dei libri e degliautori, ma nuovi spazi sociali, fuori dai vincoli specificidell’alienazione, potranno emergere. La sfida non ècontinuare a combattere battaglie antiche e già perdute neiluoghi che il potere conosce bene, ma popolare i nuoviteatri dove il conflitto si è spostato. Scoprendo che semprepiù spesso i campi di battaglia che ci attendono sonodentro di noi. Come autori e lettori.

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LE NUOVE LIBRERIE

Chi ci rimette con l’arrivo degli e-book? Sicuramente idistributori e tutti gli appartenenti alla catena logistica. Nelloro caso, però, si tratta di un cambiamento interno almodo di produzione attuale del libro; è una innovazione cheriguarda l’incremento di efficienza del sistemacomplessivo, non certo un cambio di paradigma comeinvece è quello che investe le piccole librerie. Saranno ilibrai, e in particolare quelli piccoli, a rimetterci di più. I loroesercizi, infatti, non sono soltanto spazi per la rivendita dilibri/merce, ma anche un polo di attrazione sociale e diproduzione culturale. Tutti in città le frequentano; anche chinon legge sa che può recarvisi per un regalo a basso costoo per i libri della scuola dei figli. Le librerie di cui parliamosono ancora indipendenti proprio perché piccole. Sonogestite da persone che si percepiscono come imprenditoriautonomi, ma che già oggi sono nelle mani di editori edistributori. Entrando in una qualsiasi libreria, infatti,bisogna districarsi fra le pile dell’ultimo libro di BrunoVespa o di Roberto Saviano. Si tratta dei libri, cioè dellevendite, che vengono imposte ai librai dagli altri attori della

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filiera. È chiaro che restano loro margini di libertà nelloscegliere il resto dell’offerta, ma sono minimi spazi dimanovra; sorvegliati strettamente da un carabiniere con unnome e un cognome ben preciso: Conto Economico. Unconto economico costruito su misura delle necessità deglieditori e dei distributori anziché delle proprie.

Nonostante molte piccole librerie siano condannate ascomparire, alcune sopravviveranno; in questi casi la lorofunzione potrebbe essere così antica da apparircicompletamente nuova. Ad alcune, addirittura, potrebbeessere destinato il testimone della cultura oggi. Un po’come è avvenuto nel Medioevo per i monasteri, in cui illavoro degli amanuensi ha permesso di salvare i codici piùantichi e di farli arrivare fino a noi. Oggi il compito dellenuove librerie potrebbe essere ancora più difficile. Non sitratta, infatti, di salvare i codici dalla distruzione del tempoma, letteralmente, di preservare la possibilità di pensare edi riflettere in modo autonomo degli esseri umani. Inseguito alle mutazioni in atto nell’economia della parolascritta nelle librerie può svilupparsi un nuovo spazioeconomico ove forme indipendenti di vita e di pensieropossano nascere. Cercare di scoprire se gli e-bookpossano aiutare a sviluppare questo processo è unaragione importante a sufficienza per dedicarci un libro (oun e-book).

I libri saranno venduti ovunque. Le libreriecambieranno natura

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Gli e-book non saranno venduti solo in libreria. Sono fattiapposta per essere venduti ovunque. In questo nuovoscenario cosa succede? Il primo conflitto che ci attende ètra gli editori e i librai. Tra chi, cioè, gestisce i cordoni dellaborsa e chi fino a oggi ha rappresentato il canaleprincipale per la commercializzazione dei loro prodotti. Giàoggi nelle catene per la vendita dell’elettronica di consumosono presenti sugli scaffali gli e-book reader. Non ci sonoancora gli e-book in vendita per l’unico, banalissimo,motivo che non ci sono ancora contenuti (o sono ancoratroppo pochi). Ovvero, perchè i cataloghi delle grandi caseeditrici non sono ancora pronti. Ma lo saranno presto. Enon saranno i soli contenuti disponibili. Altri contenuti,autoprodotti, provenienti dalla rete e tendenzialmentegratuiti, sono già in attesa di comparire sugli schermi diqueste piccole tavolette da tenere fra le mani. Gli e-book,allora, saranno venduti a fianco degli aspirapolveri, dacommessi che non faranno differenza tra un testo di poesiee l’ultimo robot per la pulizia del pavimento.

L’editore ha tutto l’interesse a esplorare anche questocanale di vendita: vendere e-book non implica averescaffali come per i libri di carta. Chiunque, in teoria, li puòvendere ovunque. Con queste prospettive, se molte libreriechiuderanno, quelle superstiti come saranno diventate?Con cosa si dovranno confrontare? Si troveranno di frontealla scelta, per campare, di dover vendere altre merci,oppure cercare piste inedite? È già successo: il modellodella vendita dei libri alle Poste sarà il faro luminoso chetraccerà la direzione di questo tipo di librerie, dove l’unica

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cosa che conta è vendere. Se il futuro è questo, allora illibraio dovrà prepararsi a riempire il suo negozio di unsacco di altra roba. Si tratta di un fenomeno che esiste già,ma destinato a intensificarsi: gli e-book, infatti, liberanospazi in libreria. Bisognerà vendere roba che non c’entranulla col libro, con l’autore e con il lettore. Roba che nonrichiede un rapporto personale di qualità con chi entra inlibreria. A meno che non si riesca a intravedere un’altrapossibilità. Allungando il naso, e lo sguardo, dietrol’angolo.

Agire con desiderio

È questo un tempo affascinante perché ci permette nonsolo di studiare quel che sta succedendo, ma anche difare: possiamo mettere le mani in pasta come una volta sifaceva con la farina e l’acqua per produrre il pane. È unlavoro da sociologi scalzi per cui la teoria e la praticadevono lievitare insieme, per immaginare il futuro e iniziareora a costruirlo. Le librerie rappresentano un laboratorioeccezionale per sperimentare. Sopratutto quelle piccole.Esse, infatti, sono il primo spazio sociale ove testare unnuovo rapporto tra autore e lettori. Innanzi tutto perché lepiccole librerie generalmente sono nate dall’idea e daldesiderio di una persona che ama i libri e che, magariutilizzando un po’ di soldi di famiglia, ha deciso di avviarequesta attività. In Italia, nel passato recente, spesso sononate in seguito all’onda lunga del ’68, quando l’interasocietà italiana viene scossa e fatta vibrare alle radici,

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sopratutto quelle culturali. Queste librerie appartengono alcuore della città: promuovono conferenze, incontri con gliautori e partecipano all’organizzazione di altri eventi. Illibraio è un personaggio conosciuto da tutti in città. Unesempio è riportato nel capitolo “Libreria incontro”. Ilprogetto di questo libro, anzi, è nato in seguito a unachiacchierata con la responsabile di quella libreria,Giuseppina Brunori, che a Jesi ha già messo in cantiere lasua nuova libreria. Poiché è radicata nel territorio, le èfacile organizzare eventi in città; poiché ama i libri, le éfacile sviluppare un rapporto con gli autori. Ma lei non èl’unica. Tutti i librai, quelli veri, sono fatti così: provengonoda un mondo antico e stanno già camminando verso ilfuturo.

È davvero un’utopia immaginare un piccolo circuito dilibrerie indipendenti ove si organizzano eventi con scrittorie dove alcuni autori possono incontrare i propri lettori inuno spazio libero? Dove quel che si vende non è più(soltanto) il libro o l’e-book, ma anche la capacitàdell’autore di condividere il proprio sapere e le propriestorie? E dove il lettore partecipa al prezzo di un bigliettodel cinema? Magari portando a casa - incluso nel prezzo -l’e-book originale dell’autore?

Si tratta di uno spazio dove una nuova piccolaeconomia può scaturire dallo scambio tra il lavoro deilibrai, degli autori e dei lettori. Se i librai non vorrannotrasformare la loro libreria in un supermercato dovrannocercare altri modi per esercitare il mestiere; sarannocostretti a esplorare spazi diversi da quelli conosciuti e che

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oggi possiamo soltanto abbozzare. È uno spazioeconomico ove il libraio, come l’autore, si prende laresponsabilità dell’intero processo del proprio lavoro e, apartire da ciò, entra in relazione in modo nuovo con editori,autori e pubblico. Si può obiettare che questo non sia unmodello di massa. È vero. Si tratta di una dimensionepiccola in cui risiedono possibilità inaccessibili alla massa.Che di solito sono proprio quelle per cui vale la penavivere.

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GLI EDITORI

Come mai i grandi editori guardano con interesse agli e-book? Per gli stessi motivi per cui dovrebbero farlo anchegli autori: motivi economici. Ma andiamo per ordine. Igrandi editori stanno predisponendo i loro cataloghi digitalie nel giro di poco tempo la maggior parte della loro offertasarà anche in e-book. Sono costretti a farlo per tenere insesto i conti. La motivazione di oggi per questa scelta,però, sarà la stessa che determinerà la scomparsa di moltidi loro (almeno nella forma in cui li abbiamo conosciutifinora).

I guadagni sulla vendita dei testi digitali, infatti, sono piùalti rispetto alla vendita di quelli di carta perché si possonoestromettere alcuni attori dalla filiera del libro, aumentandoi propri margini: i distributori, i magazzini eccetera.Espellere qualcuno dalla filiera significa aumentare la fettadella torta a disposizione di chi resta. Questa è la ragioneprincipale per cui i grandi editori hanno interesse avendere più libri digitali possibili. Se si vende un libro dicarta è possibile destrutturarne il prezzo e vedere comepoco meno della metà dei ricavi se ne vada in costi di

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distribuzione e logistica, mentre il restante se lo dividanolibraio, editore e autore. Si può anche immaginare qualepotere contrattuale possa avere avuto l’autore in questapartita finora.1 Con il libro digitale l’editore aumenta i proprimargini, ma non cambia granché il rapporto con l’autoreche raramente ha assunto una posizione contrattualeparitaria rispetto all’editore. Se questo può accadere avolte con autori già affermati, non succede quasi mai conchi è agli esordi.

I grandi editori, finora, hanno giocato con gli altri attoridella filiera del libro, e in particolare con gli autori, il ruolodel gatto col topo. Dopo il big bang determinato dall’arrivodegli e-book, però, il gatto (l’editore tradizionale) è invacanza e i topi (tutti gli altri) stanno già ballando in un raveparty di dimensioni gigantesche e di cui non riusciamoneppure a comprendere tutte le implicazioni. Quel che staaccadendo è molto simile a ciò che ci succede quandocerchiamo di immaginarci quanto sia grande l’Universo: vaoltre le possibilità delle nostre piccole menti. L’Universo èsempre un po’ più grande di quel che riusciamo aconcepire. C’è sempre un’altra stella dopo l’ultima cheriusciamo a catturare nei nostri sogni.

Si può ribattere che stiamo trattando soltanto unoschema teorico mentre, in realtà, ci troviamo di fronte a unanormale competizione commerciale tra vecchi e nuoviattori per una nuova spartizione del mercato. Invece no. Sitratta di un conflitto che scuote alle fondamenta le radiciculturali della nostra società. La prova dell’esistenza diquesto conflitto sono le forze globali che si ergono a difesa

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dei diritti (cosiddetti) d’autore. Un conflitto che vede inposizione difensiva i detentori dei diritti, gli editori, rispettoagli autori e ai lettori. I creatori di qualsiasi operadell’intelletto, non soltanto gli scrittori, iniziano a rendersiconto che hanno sempre meno bisogno degli editori,2mentre i fruitori, i lettori cioè, hanno a disposizione quellatremenda forza di gravità che nel mondo moderno siesprime con la facilità della copia (legale o illegale). Stafinendo il tempo dell’editore che si definisce in quantodetentore dei diritti d’autore.

Il nuovo editore

Proprio mentre un ruolo finisce ne può nascere un altro:quello di un editore che si occupa, e si preoccupa, dellarelazione tra autore e lettori. E che per questo lavoro vieneremunerato (vedi intervista a Giuseppe Granieri direttoreeditoriale di 40kbooks.com a pagina 63). Laremunerazione è quindi legata al lavoro svolto e al risultatoottenuto, non alla proprietà in quanto tale dei diritti d’autore.Proprietà che, forse, sarebbe il caso di cominciare achiamare per quel che è: un esproprio di proprietàintellettuale. Legale certamente, ma esproprio a tutti glieffetti. Basti vedere i vincoli cui l’autore soggiace nelmomento in cui firma il contratto.

Il nuovo editore dovrà dimostrare di saper fare il propriolavoro per potersi confrontare con una nuova concorrenza:quella di coloro che offriranno all’autore le loro competenzeper aiutarlo nello sviluppare una conversazione

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soddisfacente col proprio pubblico. Rimarranno di sicuroautori legati alla figura tradizionale dell’editore, ma al lorofianco, pian piano, cresceranno quelli che, desiderosi disviluppare una propria autonomia, si rivolgeranno aprofessionisti del libro senza, però, quella sudditanzapsicologica che ha oggi un autore nel rapporto conl’editore. Questi professionisti potranno essere i libraistessi, oppure esperti di marketing riconvertiti dallapromozione delle merendine alla diffusione dei testi, o altriche ancora non conosciamo. A costoro si affiancherannocertamente anche i nuovi editori. E saranno diversi e piùbelli di come li conosciamo ora. Magari meno presuntuosie più umili. La bilancia della competizione editoriale,comunque, si sposterà sempre più dal lato dell’autore.Irreversibilmente.

Che ne sarà, invece, degli editori tradizionali? Se ilprimo effetto della diffusione degli e-book sarà diabbattere il costo del testo al cliente, il secondo sarà diincentivare la copia illegale. I libri elettronici sarannocopiati più facilmente ancora della musica e dei film.Questo è l’effetto inevitabile della digitalizzazione del testo.E significa che l’industria editoriale attuale avrà di fronte asé tempi difficili. Gli editori tradizionali faranno di tutto perevitarlo, ma succederà. Sopravviveranno solo quelli chesapranno trasformarsi dalle fondamenta. Dovranno farloproprio perché non c’è nessuna differenza di qualità distampa percepita tra un e-book scaricato illegalmentedalla rete Internet e quello acquistato regolarmente inlibreria. L’unica differenza è la norma di legge. Ma le leggi

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sono fatte dagli uomini e valgono fino a quando nonsaranno sostituite dalle successive. Le leggi non sono undogma, ma una convenzione sociale. Se la società evolve,le leggi evolvono. Fino a poco tempo fa, per esempio, lapena di morte era legge nella maggior parte degli stati delmondo, ora lo è sempre meno. Un altro esempio è il falsoin bilancio, che è una legge alla base della maggior partedelle democrazie occidentali e lo era anche in Italia fino apochi anni fa. Le leggi insomma non sono scolpite nellapietra, ma sono soltanto una rappresentazione delleconvezioni sociali esistenti in una comunità. Quelle legateai diritti d’autore sono palesemente inadeguate all’oggi.Così per i testi, così per la musica e per tutte le operedell’ingegno che ormai è sempre meno opportunoprivatizzare.3

Lo spettro del libro gratis

L’analogia con ciò che è accaduto con la musica èfortissima. Guardare al passato è sempre un buonesercizio per leggere il presente. Infatti, nonostante lelugubri minacce avanzate dalle case discografiche perscoraggiare il fenomeno della copia clandestina, non èvero che non si ascolta più musica o che i musicistismettono di suonare solo perché la gente compra poco iloro dischi a causa degli mp3 e delle copie illegali. Anzi. Iconcerti dal vivo pullulano. Per la maggior parte i musicistivivono del loro lavoro suonando e non vendendo dischi; gliunici che ci perdono in questa partita sono i detentori dei

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diritti, i quali vengono spiazzati dal fenomeno della copia.Oggi per un gruppo musicale è normale produrre la propriamusica, lasciarla scaricare in mp3 liberamente dal propriosito Internet e utilizzarla come veicolo promozionale per leproprie serate. E, se il lavoro è di qualità, la loro stessamusica sarà il primo veicolo per vendere i loro concerti. Èlo stesso approccio adottato, per esempio, dal poetaGuido Catalano nel promuovere i suoi reading e i suoi libri(vedi pag. 67).

Un falso degli editori è dire “ma noi siamo coloro chepermettono agli autori di campare grazie ai diritti”. È unasciocchezza. Gli autori che vivono solo di diritti sonopochissimi. È vero, però, che per l’autore è una grandepaura quella di perdere il piccolo trancio della torta che glipassa l’editore. Lo spettro del libro gratis è comprensibile.Tutti abbiamo la paura di perdere quel poco che abbiamo,ma spesso facciamo diventare questo poco il tutto. Il fatto,però, è che il potere si nutre di questa stessa paura permantenere lo status quo. Sopratutto a livello dellarappresentazione del mondo che “ha sempre funzionatocosì e continuerà a funzionare così”. Nonostante ciò siapalesemente falso, è questo il modo di pensare su cui sibasa il potere. Un potere che sta per crollare.

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GLI AUTORI E I LETTORI

Ma qui tacer nol posso; e per le notedi questa comedìa, lettor, ti giuro,

s’elle non sien di lunga grazia vòteDANTE ALIGHIERI

Se gli autori sono il nocciolo della questione degli e-book, ilettori costituiscono la polpa del frutto proibito. Un frutto checontinua a spaventare nonostante sia passata parecchiaacqua sotto i ponti da quel giorno nel giardino dell’Edenquando Dio mise di fronte alle loro responsabilità l’Uomo ela Donna. Il frutto proibito della conoscenza era, ed è,vietato da avvicinare e tantopiù da assaggiare, perché selo si fa non è possibile tornare indietro: è la leggedell’evoluzione a richiederlo. Oggi come allora, infatti,siamo di fronte a un passaggio evolutivo dove la posta ingioco non è chi vincerà tra e-book reader o iPad, bensì sesaremo capaci di fare un piccolo passo avanti nelladirezione tracciata da chi è venuto prima di noi verso lacondivisione dei saperi. Il conflitto che si sviluppa, infatti,non è tra autori ed editori, o tra le librerie tradizionali e

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quelle online, ma tra chi ha a cuore il mantenimento dellostatus quo e chi si muove verso nuove frontiere.

È il conflitto antichissimo, tra potere e potenza,immanente alla natura umana e irriducibile al mercato, chedel potere è semplice espressione temporale. È ilprocesso che agita la nostra società dall’interno che oggitrova la sua rappresentazione nella digitalizzazione dellaparola scritta e ci conduce verso ciò che fa più paura: lanuda relazione tra autore e lettore. Una relazione che oggi,forse, è possibile sciogliere dai lacciuoli dell’alienazionecapitalistica. Il resto è contesto. Un contesto cosìintrecciato con l’oggetto libro (l’editore, gli editor, ipromotori, le librerie, eccetera) da non riuscire adistinguere l’uno dall’altro. Col mutare della natura fisicadel testo, con il suo progressivo farsi immateriale, quasitrasmutando dal corpo allo spirito, la scrittura si distinguesempre più dalla materia, mentre l’autore acquisisce unaautonomia inedita rispetto al contesto. Autonomia che nonvuol dire autarchia, ma chiarificazione di una funzionespecifica: quella creativa, la quale reclama diritti e rispetto.Sta finendo il tempo in cui l’autore veniva per ultimo. Dopol’editore, dopo il distributore, dopo il libraio, dopo il lettoreanche. Sì perché, con alcuni testi progettati a partire dalmercato, la funzione dell’autore risulta prettamentestrumentale al “target”, divenendo mero esecutore lungo lacatena di montaggio della fabbrica del libro.

Dal libro-merce al bene-libro

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È un mutamento che non riguarda solo l’autore, ma anche ilettori. Noi tutti cioè. Se l’autore esce dalla passivitàrispetto all’editore, ciò riguarda anche il pubblico rispettoall’autore. Il pubblico é stato importante, finora,sostanzialmente in quanto mercato per l’acquisto del libro-merce, ma oggi che il libro-merce cambia natura e si avviaa diventare bene-libro accade che il mercato, ove l’atto delconsumo esauriva la relazione, può evolvere in comunità incui il pubblico-partecipante prende parola. Le avvisaglie leabbiamo già avute con il proliferare dei festival letterari eculturali, dove tante persone si recano all’incontro conl’autore, a volte anche pagando un biglietto. Dichiarando,così facendo, che esiste un nuovo “mercato” di eventiculturali. È un fenomeno che non può essere ricondottosoltanto al marketing degli eventi di promozione territoriale,cioè alla necessità per le amministrazioni locali di offrireforme nuove di spettacolo. Chi c’è stato (a Mantova, aModena, a Roma, eccetera) sa che si respira un’ariaparticolare, un’aria che mescola il clima “alto” della culturaa quello della festa di paese, realizzando un’atmosfera incui diventa possibile incontrare al bar l’autore del romanzoche hai appena terminato di leggere e scambiare la tuaopinione con la sua. Tutto ciò viene amplificato ancor piùda i social network su Internet. Da quelli più generalisticome Facebook a quelli dedicati agli amanti dei libri comeAnobii o Goodreads; si moltiplicano gli spazi ove ilpubblico può incontrare l’autore. E non si tratta di spazi traloro separati. Ormai il virtuale e il reale sono collegati e lenostre vite si svolgono lungo un unico spettro ove, per

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esempio, possiamo appartenere sia al gruppo degli amicidi uno scrittore su Facebook sia partecipare a un incontrodal vivo con il medesimo.1 Non c’è soluzione di continuitàtra i due momenti. Semmai esiste una differenza di densitàrelazionale, cioè di intensità emotiva.

Gli autori hanno allora di fronte a sé una grandeopportunità e una altrettanto grande responsabilità.L’opportunità è quella di poter dialogare con persone cheapprezzano il loro lavoro e che glielo riconoscono siaacquistandone il risultato, sia partecipando a una comunitàdi “simili”. Tutto ciò, però, a una condizione per gli scrittori:di abbandonare l’illusione dei soldi facili. Se con i testidigitali si sviluppa per loro uno spazio di autonomiaeconomica, ciò non significa che sia semplice trasformarela propria passione in attività da cui trarre il sostentamento(Vedi intervista al poeta Guido Catalano a pag. 67).Internet, a volte, provoca anche questo: costruisce unamaglia di illusioni che ci avvolge, uno spazio ove la facilitàdi accesso fa sembrare semplici processi che sono invececomplessi e faticosi. Quando su una pagina Internet, peresempio, vediamo un libro o un e-book, quel che cicolpisce è solo l’ultimo passaggio di un lungo percorso: lacopertina e le pagine di anteprima. Su quella pagina siappiattiscono le giornate e i mesi di lavoro solitariodell’autore e delle altre persone con cui ha collaborato perarrivare al risultato: libro-merce o bene-libro che sia.Internet è certamente una grande opportunità per gli autori,ma non é il giardino dell’Eden.

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Oltre le vendite. La qualità come proprietà dellarelazione

Con l’arrivo degli e-book si sviluppano anche nuovimercati. Uno, per esempio, può essere quello dei manualiper diventare ricchi e felici in una settimana,2 un altroinvece quello dei testi di qualità. Dove la qualità, però, nonè né una proprietà che appartiene all’autore rinchiuso nellostanzino ove pensa sé stesso pensante, ma neppure uncriterio standard con cui misurare il proprio valore in basealle sole vendite. La qualità diventa una proprietàemergente della relazione tra autore e lettori. Se la qualitànon discende da un criterio economico, come per glieditori, da quale altro ramo dell’albero della cultura puòspendolare? Se il criterio del denaro viene meno, restal’altro: quello della relazione. Che si sviluppi onlineattraverso i social network, che sia attraverso incontri conl’autore o reading o chissà che altro… è quando un testoriesce a catalizzare l’interesse di persone tra loro diverseche si sviluppa la qualità, non come entità assoluta, macome criterio dello spazio relazionale cui appartengonoautori e lettori; questi ultimi non più pubblico passivo, malettori-partecipanti. Soggetti attivi di una relazione che aiutaanche l’autore a migliorare il proprio lavoro includendonella propria ricerca anche l’incontro con chi lo legge. Per icritici letterari, così come per i nuovi specialisti del bookmarketing, ciò può apparire scandaloso, ma non lo è se siconsidera il testo come tessera della matrice sociale. Laqualità, allora, è determinata dal fatto che un certo autore

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sia in grado di definirsi non più in quanto produttore dellibro-merce bensì come attrattore sociale in grado diaggregare attorno a sé una comunità di lettori partecipanti.Non basta, cioè, vendere tanti e-book a una platea di fanadoranti, ma muti, per considerare una produzione diqualità. La competenza critica richiesta all’autore nelloscenario che ci interessa è la capacità di sviluppare undialogo con i lettori. Se il mercato non richiede lapartecipazione ma il semplice consumo, la condivisione fadella partecipazione alla relazione la sua ragion d’essere;la tessera elementare di una matrice collettiva tutta daintrecciare.

Oggi il grande equivoco associato alla qualità delleopere è che essa sia appannaggio esclusivo dell’editore ilquale la determina in base ai dati di vendita. Certamente ècosì oggi. Ma per quale motivo dovrebbe essere cosìanche in futuro? Se gli autori si avviano verso un percorsoautonomo è davvero l’editore l’unico responsabile delcriterio in grado di definire cosa è o cosa non è di qualità?Se è stato così fino a oggi é perché il criterio di selezionedi un testo pubblicabile da parte dell’editore è statoprimariamente la sua “vendibilità”. Sebbene molti editoriilluminati abbiano affiancato ai bestseller anche autoriminori per il puro piacere del loro lavoro (e non sonopochi), ciò riguarda la sfera della liberalità dell’editore-padrone, che comunque deve guardare al proprio contoeconomico per sopravvivere. È il mercato che gli impone,al di là di quel che pensa o vorrebbe, di agire prima di tutto

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nella direzione della commercializzazione dei testi e solodopo di considerare tutto il resto. D’altra parte bastaguardare la classifica dei libri più venduti per rendersiconto di cosa significa qualità. Viviamo nel paese in cui“Cotto e mangiato” di Benedetta Parodi è stato in cima alleclassifiche per mesi occupando, con altissime pile divolumi, preziosi metri quadri di superficie nelle librerie ditutta Italia. Spazi che sarebbero potuti essere destinati adopere certamente almeno paragonabili rispetto a qualsiasialtro criterio di qualità che non fosse esclusivamente ilmercato.

Portando alla luce la relazione con il lettore, l’e-bookstana l’autore. L’autore del libro di carta, una volta che illibro è stampato, può, se vuole, evitare il contatto con ilpubblico; l’autore del libro digitale non può farne a meno seha tra i suoi obiettivi anche quello di sviluppareun’economia, un lavoro, dal proprio scrivere. Nel primocaso, infatti, è il mercato stesso che protegge l’isolamentodell’autore al quale, nei casi migliori, vengono propostepresentazioni, ma raramente conversazioni. Col libro dicarta, se l’autore vuole, può sfuggire al confronto con larealtà, chiudersi nello stanzino e continuare a sfornare unlibro dopo l’altro finché il mercato, o le sue possibilitàfinanziarie, glielo consentono.

Le ragioni del pubblicare da sé: al di là del denaro

Se il bisogno dell’autore è “essere letto”, quello dell’editoreé “essere comprato”. Sono due strade che possono

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incontrarsi, ma anche no. Se nell’economia di mercato deilibri la qualità diventa sinonimo di vendite, nel mondo deglie-book non è necessariamente così. La gran massa degliautori investe nella scrittura della propria opera enormienergie senza avere come primo obiettivo quelloeconomico. In molti casi, anzi, sembra non pensarciaffatto.3 Questo disinteresse è talmente grande che sispinge fino a snobbare il processo economico di cui vienea far parte il risultato del proprio lavoro, delegandone lacompleta responsabilità all’editore. La maggior parte degliautori, infatti, non vive del risultato economico delle venditedei propri libri e il motore potente che li spinge a scrivere èaltrove rispetto al denaro. Può essere un motivo qualsiasi:spesso è il desiderio di condividere i propri sogni o lapropria esperienza di vita, quella professionale o la visionedella società. Più in generale, parlando con questepersone, si riscontra l’urgenza di far sentire la propria voce.O, almeno, di verificare se c’è qualcuno cui può interessarequello che hanno da dire; in molti casi chi scrive lo fa inmodo disinteressato. Non sono economici i motivi chespingono queste persone a scrivere all’alba o a notte fondaquando tutti gli altri in famiglia riposano. Sono le stesseragioni per cui l’autopubblicazione avrà un futuroimportante grazie agli e-book, spingendo una massa diautori a promuovere i propri lavori sia sulle nuove librerieonline sia in reading auto-organizzati.

Se il mercato non è all’origine del lavoro di scrivere,può rivelarsi, però, una conseguenza. Nulla esclude, infatti,che una nuova economia possa svilupparsi nello spazio

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sociale che si crea tra autore e lettore. Se si abbandonal’idea del libro come merce, e quindi come prodotto dapiazzare su un mercato di anonimi acquirenti, non spariscela dimensione economica. Muta però il codice del denaro,il suo significato nello scambio; quelli che la teoriaeconomica chiama “attori” evolvono da comparse aprotagonisti e quel che acquisisce nuovo valore è il camporelazionale emergente: tra l’autore e i lettori, e per i lettoritra di loro in quanto comunità di simili dialoganti. Finoral’autore e i lettori svolgevano le loro esistenze lungo canaliparalleli raramente comunicanti. Nel momento in cuil’autore terminava la scrittura del libro, il suo manufattoveniva preso in consegna da altri (in termini marxiani neveniva alienato) e trasformato in un prodotto commerciale ilcui unico scopo diventava quello di essere venduto aqualcuno. È l’anonimato del lettore che viene meno con glie-book. Gli stessi sistemi di protezione più avanzati, icosidetti “social DRM”, nel tentativo di evitare le copiepirata aiutano in questo lavoro. Se sulla prima pagina di une-book compare oltre al titolo anche il nome dell’autoreinfatti, nell’ultima compaiono nome, cognome ed e-maildell’acquirente, rendendo in questo modo unica l’operadigitale grazie al rapporto che c’è tra autore e lettore,relazione che è dichiarata e stampata nell’opera stessa.

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Parte III

Gli incontri

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GIUSEPPINA BRUNORI, LIBRANTE

Giuseppina Brunori vive e lavora a Jesi. Di mestiere fa la“librante”, come ama definirsi lei, un mestiere che includequelli della libraia e dell’amante.

La sua libreria si chiama Labotto ed è immersa nelcentro storico della cittadina marchigiana. Chi vi entragiura di innamorarsi; dell’atmosfera, ma soprattutto dei libriche si incontrano in quella piccola bottega dal respiroantico, dal sapore umano. Giuseppina ha scelto di esserelibraia a modo suo, e a modo suo combatte la crisi che si èabbattuta sul mondo dell’editoria.

Giuseppina, l’editoria sta cambiando. Cosa ti senti dipronosticare per il prossimo futuro?

Quello che succederà all’editoria è una cosa che staaccadendo in tutti i mercati. Quando ci sono situazioni dicrisi, è il mercato che comanda. Prendiamo per esempiola ristorazione: chi riesce a sopravvivere? Ci riesce il fastfood, e ci riesce il ristorante di lusso con la selezione deivini, mentre sparisce il pranzetto da venti, trenta euro.Anche nei vestiti succede una cosa simile, scompare la via

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di mezzo: si salvano gli stilisti e, dall’altra parte, lemagliette da cinque euro dei cinesi. Le librerie rientranoperfettamente in questo meccanismo. Ci saranno quelleche cercheranno di specializzarsi per dedicarsi a unanicchia, magari selezionando attentamente i libri attraversoun’accurata ricerca, e ci saranno le bancarelle con libri dapochi euro. Scomparirà la via di mezzo.

Come si è innescata la crisi in questo settore?Probabilmente è colpa della filiera. Tra le librerie e gli

autori c’è in mezzo tutta la parte che più costa e che vivecon i libri, pur non entrandoci nulla con il prodotto finale; miriferisco alla distribuzione: l’editore, grande o piccolo chesia, deve per prima cosa agganciarsi a un sistema didistribuzione. Il sistema di distribuzione trasforma ungioiello, che è un libro, in un prodotto da cinque, dieci, ventieuro. Nei loro capannoni c’è di tutto, dal capolavoro allaciofeca, e solitamente le persone non sono in grado didistinguere cosa salvare senza un’adeguata preparazione.In un catalogo di venticinquemila libri, per esempio, è giàtanto riuscire a salvarne cinquecento; perché non è dettoche se c’è scritto Feltrinelli o Mondadori, allora il prodottosia di qualità.

E cosa succederebbe se venisse eliminata ladistribuzione?

Se eliminassimo questi passaggi, rimarrebbero il libraioe l’autore, il che significherebbe che l’autore dovrebbemetterci del suo per dare una forma al proprio prodotto,

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preoccupandosi di tutto, dalla scelta della carta allarassegna stampa, altrimenti quel libro non arriverebbe sugliscaffali. Dall’altra parte ci sarebbe un libraio che deveconoscere quel prodotto altrettanto bene, perché a quelpunto lì, quando si cerca il cliente selezionato che esigequalità, non gli si può dare qualsiasi cosa. Allora diventaimportante specializzarsi. Un esperto di storia anticadovrebbe dedicarsi alla storia antica, non ad altro, perchécosì diventerebbe un punto di riferimento in quel settore, isuoi clienti saprebbero cosa aspettarsi e si fiderebbero dilui.

Io chiamo questo mestiere “librante”, una figura che è trail libraio e l’amante. Non è un semplice libraio: il libranteprima deve conoscere il suo prodotto e amarlo, poi devevenderlo. Nel mio negozio non c’è la fila fuori, magarivengono solo dieci persone al giorno, ma quelle diecipersone quando escono hanno trovato qualcosa; e io nonsono soddisfatta per avergli venduto un libro, ma peravergli venduto un “buon libro”. Perché sono sicura chequel libro, a quella persona, dirà qualcosa. Magari la faràincazzare, va benissimo lo stesso: davanti a un’operad’arte non è fondamentale la bellezza, bensì èfondamentale che susciti emozioni, che sia in grado dimettere in moto una quantità di ragionamenti. Io sonocontenta di vendere pochi libri, purché questi libri siano ingrado di suscitare qualcosa nel lettore, si trattasse anchedi odio.

Chi è il cliente tipo della tua libreria?

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Stando qui seduta mi capitano cose straordinarie. Dauna scrittrice che organizza letture nei boschi, a un agenteimmobiliare che si impara libri a memoria per poi recitarli.Un altro ragazzo ha voluto organizzare una serata dedicataalla musicalità delle parole e mi ha chiesto di collaborare.Tutte queste cose non mi succederebbero se fossi sedutain una libreria di una grande casa editrice. Le personearrivano qui e si aprono, e per me è una soddisfazioneimmensa.

La mia libreria attrae tipi strani: per questo, essendoanch’io un po’ bizzarra, cerco di stare attenta a come mipongo con le persone, all’abbigliamento, per lasciare labellezza del vuoto: se una persona è troppo presente,troppo appariscente, il posto perde valore, quindi bisognaessere abbastanza neutri per fare venire fuori quello chec’è attorno. Esiste un detto che dice “in un castello dueregine non ci possono stare”. Se io non faccio la regina,poi arrivano le regine da me. Se io mi comportassi perquella che sono - e so di ammaliare, di essere unpersonaggio particolare -, a loro volta le personeammalianti non si avvicinerebbero, perché appunto dueregine nello stesso castello non ci stanno. Allora io cerco diessere trasparente, così il cliente qui si trova a suo agio esi sente libero di curiosare.

Un giorno sono entrate due ragazzine che avranno avutosedici anni, e hanno iniziato a dire “che bel posto, vorreistare sempre qui”. Una signora che era con me mi ha fattonotare che noi alla loro età non saremmo mai entrate in unnegozio per poi esprimere così naturalmente le nostre

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emozioni, e io ero contenta così.La nostra generazione, a differenza di quella attuale, si

è adattata a subire tutto, ed è destinata a perdersi in unalibreria dove il commesso - nella migliore delle ipotesi - saindicare la sezione: “C’è scritto narrativa, cerca lì”, e cisono tremila titoli. Che cosa ci può emozionare in questomarasma che non conosciamo? Siamo in grado di trovareun titolo adatto a noi solo se abbiamo già delleconoscenze. Per questo abbiamo in Italia un milione dipersone che leggono tutte le stesse cose, perché non sonoabituate a fare ricerca e non hanno chi le stimoli a farlo. Ioseguo la pagina della cultura del Corriere della Sera, e cisono sempre gli stessi, da Camilleri a Vespa. E’ possibileche debbano esserci sempre le stesse cose? È comel’oroscopo, la letteratura diventa una cosa uguale per tutti:oggi tutti quelli nati sotto il segno dei Pesci inciamperanno,ed è così perché lo dice l’oroscopo. Questa è la nostragenerazione, leggiamo tutti gli stessi titoli perché siamo ingrado di seguire solo i canali imposti dall’alto.

Le nuove generazioni non sono così, hanno più stimoli,vuoi per Internet o per qualsiasi altro cambiamento sociale.Oggi i ragazzi preferiscono andare ad ascoltare il concertodel gruppetto dietro casa, piuttosto che seguire la rock staramericana che vende milioni di dischi. Loro sono pronti perqueste cose, noi non abbiamo saputo dire di no allecatene. Quindi, per alimentare questi stimoli che nellagrande distribuzione sono repressi, serve una libreria chesia anche bella esteticamente, non due scaffali bianchi coni quaderni per la scuola a fianco dei libri. Oggi i libri sono

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anche nei centri commerciali: come si può acquistare unlibro in un centro commerciale? Ci si va dopo aver visto lapubblicità su una rivista e si arriva lì già preparati. Non èuna libreria, non è un luogo che sta comunicando qualcosa,si limita a fornirla, magari scontata - e ben venga -, ma nonesiste un rapporto con quegli scaffali, e non c’è nessunoche sia in grado di consigliare.

Economicamente parlando, il tuo modello di libreria siregge?

Io seguo dei binari diversi rispetto alle librerietradizionali. Una libreria normale non ha nessun contattocon l’editore, ci sono le agenzie di distribuzione con lequali si apre una prima fornitura che varia a secondadell’investimento, con un guadagno per il libraio sulle copievendute che si aggira attorno al 30%, e con quellapercentuale bisogna coprire tutte le spese. Dopo lafornitura iniziale, la distribuzione ti permette di non averemagazzino perché ritira i titoli invenduti in cambio dimateriale nuovo, e questo è un vantaggio perché sirisparmia posto. Io ho deciso di fare fuori le distribuzioni,sono andata direttamente dagli editori chiedendo diacquistare i loro prodotti al 50%. Pago in contanti perché ilrischio è mio, non voglio un catalogo, ma scelgopersonalmente tutti i titoli che voglio portare in negozio. Cisono alcune case editrici che si sono rifiutate di stare aimiei patti, altre invece hanno accettato, perché sono benfelici di essere pagate in contanti. Oltre a questo metodo diacquisto c’è un altro canale, che è quello dei reminders,

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ovvero tutte le giacenze di magazzino fuori catalogo chevengono vendute al pubblico alla metà, e che quindi iopago un quarto rispetto al prezzo di copertina. È unpanorama molto interessante perché vi si trovano titoli rari,venduti a prezzi stracciati perché i mercenari delladistribuzione hanno bisogno di liberare spazio inmagazzino. Con questi due metodi, acquistando in contantii libri per il mio negozio, da un lato corro il rischio ditenermi un titolo invenduto, dall’altro ho eliminato qualsiasistress legato a debiti, fatture, cambiali, eccetera. Tuttoquello che ho in negozio è mio. Se non possopermettermelo, non acquisto nuovi titoli, ma a fine mesesono in pace col mondo. E’ il mestiere del librante, sono ioa filtrare i titoli, li studio prima di sceglierli e so comevenderli: questo significa anche sentirsi molto meglio alivello psicologico.

C’è una cosa importante della quale una personasolitamente non tiene conto: nel modello economico dicome uno struttura la propria vita non si considera lasoddisfazione personale. Meno una persona è soddisfattadel proprio lavoro, più ha bisogno di spendere denaro persoddisfare le proprie voglie. Io, facendo una cosa che miappassiona, sono appagata dal mio lavoro e ho menospese per “riprendermi” la vita. Se lavorassi altrove avrei lanecessità di acquistare libri, viaggiare, investire denaroper gratificare il mio tempo, invece così sono già appagataall’interno della mia libreria. Questa condizione si realizzasolo se ci si mette la passione.

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Quanti titoli sono disponibili nella tua libreria?Qui dentro ci saranno duemila libri; in una libreria

normale ci sono almeno venticinquemila titoli. Al momentonon sono sufficienti, ho in mente di allargarmi, diciamo chesono a un terzo della dimensione che vorrei raggiungere.

Hai detto che molte librerie chiuderanno: per quantoriguarda quelle che invece resisteranno, è possibile cheper loro si sviluppi un rapporto nuovo con gli autori?

L’autore è un artista che inizia e finisce il rapporto colproprio libro nel momento in cui l’ha pubblicato. Tutti gliscrittori sono restii alla promozione di sé stessi. Vannopresi per mano e coinvolti in iniziative già organizzate,altrimenti non si muovono. Per loro il ciclo è concluso nelmomento in cui il libro è stampato e venduto. Si mettono ingioco solo se qualcuno glielo propone, ma non ne sentonola necessità.

Ci può essere un interesse reciproco a conoscersi traautore e lettore?

Non credo. Il lettore ha in mano una storia, non deveavere bisogno della faccia di chi l’ha scritta, perché rischiasolo di compromettere la poesia della lettura. C’è il rischiodi immaginarsi l’autore dietro al protagonista di unromanzo, e la cosa è pregiudizievole. Se Umberto Eco cista antipatico, poi viviamo male anche Il nome della rosa.

Se parliamo di aspetti economici, allora gli incontri sonoutili, perché si crea dell’interesse, ma non è un’esigenzacon fini letterari; aldilà della bramosia di gossip o di un

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autografo, c’è solo il rischio di fare dei danni. Apro unaparentesi: solitamente, chi scrive bene non sa parlare, eviceversa. La gente che legge Fabio Volo ha in mente ilsuo carattere, la sua ironia, il suo modo di porsi, non il suostile di scrittura. Esiste però un’altra tipologia di incontridecisamente più interessante, ovvero dove non si parla dellibro da presentare, ma si discute con l’autore di temi chespaziano in altri campi; ma anche questa non è una cosada letterati, è un gioco che assomiglia di più a unseminario, riservato a una comunità ristretta. Sonomomenti che funzionano, c’è anche chi sarebbe disposto apagare, ma non c’è nessun legame immediato rispetto alprodotto libro. Se questa crisi porterà a stabilizzarel’editoria su numeri inferiori rispetto a quelli ai quali siamostati abituati (complici magari le nuove tecnologie), alloraquesti incontri “atipici” potrebbero diventare uno spunto persalvare il mercato.

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ANTONIO TOMBOLINI, INNOVATORE

Antonio Tombolini é uno dei massimi esperti a livellonazionale nel campo dell’editoria digitale. Fondatore dellaSimplicissimus Book Farm, azienda specializzata nellavendita di e-book reader e precursore delle innovazionidigitali che investono il mondo del libro. Oggi più che mail’esperienza di Antonio, già attivo in questo settore nel2004, permette di anticipare riflessioni su uno scenario cheancora appartiene al futuro, ma che non esiterà ancora alungo ad appropriarsi del presente, stravolgendo l’editoriae le librerie per come noi (e le generazioni prima di noi) leabbiamo conosciute.

Antonio, quale futuro si prospetta per le librerie?Quello che avverrà in futuro é, in parte, quello che sta già

avvenendo oggi: molte librerie chiuderanno, come tanteora stanno chiudendo o hanno già chiuso. La filiera dellibro di carta é diventata insostenibile e il nemico non écertamente l’e-book. Tutto parte piuttosto dalle pressionidella grande distribuzione: in questi tempi per sopravvivereé indispensabile fare dei grandi volumi, dunque trovarsi in

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una posizione strategica ad alto traffico dove il libraiomette delle alte pile del nuovo libro di Bruno Vespa o diDan Brown, unica soluzione per avere un ritornoeconomico sui titoli in scaffale. Esiste ancora la figura dellibraio che conosce i suoi clienti e che sa consigliare, ma éin via di estinzione. Le maggiori librerie hanno pensatosemplicemente di basare la loro economia sull’avere unpunto centrale molto frequentato dove l’esperienza dellibraio (o meglio, l’inesperienza, dato che la figuraassomiglia sempre più a quella di un commesso) possapassare inosservata.

Dunque non sarà l’e-book a fare morire le librerie?Le persone che addebitano il fenomeno della chiusura

delle librerie all’e-book, alla transizione al digitale, hannotenuto gli occhi chiusi fino a questo momento. Al contrario,l’e-book può costituire un’opportunità, un rimedio per quellelibrerie che non vogliono arrendersi alle logiche di mercatodel cartaceo. E’ sufficiente analizzare alcuni fattori: peroffrire molti titoli in cartaceo é necessario disporre di moltospazio fisico, che tradotto significa disporre di un capitalee avere costi fissi elevati, poiché le vendite di un singololibro su un’ampia gamma di titoli sono poche. Perintenderci, per guadagnare con il libro di carta convienetenere in negozio una pila di tre metri di Vespa al posto didiecimila titoli, poiché lo spazio costa sempre uguale,dunque tanto vale riempirlo con volumi dalla vendita sicura.L’e-book offre il primo vantaggio non occupando spaziofisico: o meglio, tutti gli e-book occupano lo stesso spazio,

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che é quello minimo necessario per essere visti da unutente. Questo spazio può essere uno schermo, unoscaffale virtuale dove sfogliare le pagine elettroniche pervedere quali libri sono disponibili, e qui ogni libreria ha lapossibilità di tenere tutti gli e-book: non esiste il reso, nonserve manutenzione, non si litiga col distributore, non c’é ilpericolo di avere un libro fuori catalogo. Una volta che l’e-book c’è, c’è per sempre.

Come cambia il mestiere del libraio che decide diaprire il suo negozio al digitale?

Per cogliere questa opportunità, le librerie devonocapire che non cambia il mestiere, ma cambiano glistrumenti da conoscere; diventa necessario che i librai siattrezzino per conoscere la direzione nella quale staandando il mercato, devono entrare e capire la materia. Sitratta di un’opportunità strutturale che non prescinde dalladisposizione soggettiva dei librai a conoscere l’argomento,e può portare a recuperare quel famoso ruolo che é invecescomparso, ovvero quello dell’esperto in grado diconsigliare i clienti. Man mano che il libro sarà sempre piùdigitale, conterà sempre meno chi ha tanto spazio, mentresi difenderà meglio chi legge di più, chi sarà piùaggiornato, chi conosce i propri scaffali. L’ebook puòquindi anche essere interpretato come un passo indietro:oggi i librai conoscono la rotazione del prodotto sul metroquadro, sono esperti di controllo di gestione degli scaffalicome in un supermercato, fanno un mestiere da ragioniere;fare un passo indietro significa rispolverare la conoscenza

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principe: gli autori, il prodotto, i clienti. Così la libreria potràtornare a essere un posto vivo, pulsante, invitante.

Non c’è il rischio che il libraio venga bypassato dallarete, come é avvenuto per i negozi di dischi?

Quando si compra un libro sulla rete, tendenzialmente sisa che cosa si vuole acquistare. In libreria ci si va per unacquisto diverso, spesso si entra senza un’idea precisa,per dare un’occhiata, magari alla ricerca di suggestioni, equindi, di fronte a un libraio in gamba, il suo ruolo saràfondamentale nel determinare un eventuale acquisto. Lapirateria esiste già, non solo degli e-book, ma anche disemplici scansioni di libri cartacei. Questo determinasicuramente una contrazione dello spazio economico invalori assoluti, ma non é per forza un male: oggi per farefunzionare il mercato del libro é necessario stamparlo,spedirlo, distribuirlo e ritirarlo nel caso rimanga invenduto;sono tutti costi che vanno a incidere sul prezzo dicopertina. La concorrenza costringerà i librai adallontanarsi dal cartaceo per abbattere questi costi, chegià oggi sono insostenibili, visto il margine minimo diguadagno. Non sarà un problema se il libro costerà menoquando questo meccanismo sarà a regime, anche perchéil libraio dovrà dividere il prezzo finale con meno attori: ilvero problema é dato dal periodo di transizione, poiché ilterrore di chiudere bottega suscita reazioni non intelligenti.I librai vanno quindi accompagnati, serve una formazioneprofessionale che al momento non esiste. Anche sullapirateria andrebbe fatta formazione, e non per reazioni in

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chiave repressiva: si sta scoprendo, per esempio, che ititoli che entrano nelle reti peer to peer risalgono anchenelle vendite legali. Nulla va dato per scontato, dunquebisogna limitare reazioni istintive che spesso si rivelanosemplicemente paranoiche. La pirateria può essereutilizzata in chiave di marketing. C’é, inoltre, un altroaspetto da valutare: l’età media degli utenti di libri é piùelevata rispetto a quella degli utenti di musica. I ragazzini diquindici anni cominciano a scaricare musica, ed éinevitabile che si rivolgano alle reti peer to peer, ovveroall’offerta illegale, poiché gratuita; poi, crescendo, a ventianni hanno meno tempo, e scoprono che scaricando daiTunes le canzoni hanno magari una qualità audio migliore,e tutti i metadati in ordine, così diventa più semplicesistemare le canzoni nel proprio lettore mp3. In sostanza,l’alternativa a pagamento diventa più comoda e funzionale,e allora tanto vale pagare novanta centesimi per un brano,piuttosto che perdere un pomeriggio alla ricerca di un fileillegale con il rischio, magari, di prendere un virus nelcomputer. Queste dinamiche stanno dando ora i primirisultati nella musica, ma per il libro saranno accelerateproprio perché gli utenti hanno un’età media più alta, esono quindi meno inclini a questa fase iniziale che passanecessariamente dalla pirateria. La protezione vera delmercato, oggi, é data dal prezzo basso: logicamente se une-book costasse come un libro di carta, chiunquecercherebbe di scaricarlo illegalmente.

Rispetto all’entrata in gioco dei lettori di e-book, cosa

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succede all’autore?La reazione attuale degli autori é di diffidenza, perché

anche loro si pongono il problema di non riuscire più avendere con il digitale, come é successo per i musicisti(l’altra faccia della medaglia é che ora ci sono molti piùconcerti, gadget e altre iniziative che coinvolgono l’artista).Su questo fronte gli editori medio-piccoli sono piùaggiornati, perché questi problemi se li sono posti tempofa e hanno avuto tempo per maturare piattaforme didistribuzione di e-book, pur avendo ancora unatteggiamento agnostico nei confronti di questo tipo diservizi. L’idea di negozio online é quella di una bancarellaambulante che non chiede alla gente di venire, ma va apiazzarsi dove ci sono i posti giusti, con persone chepotrebbero essere interessate ad acquisti. In questo casoil piazzamento virtuale della bancarella si gioca sullepercentuali che vengono date in cambio di un link in unadeterminata pagina della rete. In questi negozi l’autorecarica il proprio testo, fornisce i metadati essenziali diriferimento, decide il prezzo, e il titolo viene poi validato ecaricato, e va in distribuzione il secondo dopo. Attualmenteé possibile scegliere se utilizzare o meno piattaformeDRM, ed é interessante osservare che, sul nostro negozioelettronico, fino all’autunno del 2010 erano meno del 10% ipiccoli editori che avevano deciso di proteggere i titoli conla cosiddetta filigrana digitale: questa é la riprova del fattoche la pirateria non spaventa. Ora che stanno arrivandoanche i grandi editori le cose stanno cambiando. Hanno ache fare, infatti, con autori che chiedono loro per primi di

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utilizzare la protezione DRM, per timori poco fondati; gliautori sono impreparati, vanno in paranoia, i loro agentinon conoscono la materia nella maggior parte dei casi, efanno la cosa più istintiva, ovvero si difendono dallapirateria con la forza.

Quali sono le opportunità per gli autori in questo nuovoscenario?

Non avendo a che fare con barriere di carattereeconomico per la pubblicazione, le possibilità di arrivare aqualcuno che ti legga sono più elevate. Oggi gli autori nonsanno ancora come muoversi nell’universo del digitale, perora hanno in mente lo strumento dell’editore, visto comel’esperto per eccellenza. Ma esistono già le piattaformeper l’autopubblicazione, sia digitale, sia cartacea, cheinfrangono tutte le barriere alle quali siamo abituati e dellequali (non sempre a ragione) ci fidiamo. Con gli e-book ladistribuzione passa attraverso piattaforme che sonoidentiche per tutti, dunque un processo didemocratizzazione che evita di ghettizzare il nuovo autore,perché - come dicevamo prima - siamo in una nuovaconcezione di spazio, non nell’angolo remoto di unoscaffale. Si é aperta una partita importante, che é giàrealtà negli Stati Uniti: gli editori dovranno dimostrare diessere utili nel percorso del libro in maniera diversarispetto a oggi. Anche qui, come per i librai, é necessarioun passo indietro. Oggi il gioco dei ruoli si basa su un (nontroppo) velato ricatto: “hai bisogno di me, altrimenti non haii soldi per andare in libreria”. Questi soldi non servono più

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all’e-book, per cui il valore aggiunto dato dall’editore devetornare a essere quello delle origini: l’editore con unmarchio, con un’identità, che sa garantire un’accurataselezione. La linea editoriale deve tornare a esseretangibile per gli utenti, e l’autore deve avere unapercezione aggiuntiva data dal marchio editoriale, in gradodi dare un plusvalore rispetto al fai da te.

Non é forse la comunità dei lettori a fare selezione inmaniera autonoma in base alla qualità dei prodotti?

Uso malvolentieri il termine qualità. È fondamentale cheuna selezione abbia dei criteri indipendenti dal valore deltesto. Vedo un ruolo in questa chiave, nel darsi un’identitàtale da ispirare un criterio coerente di selezione. Oggi glieditori cercano in America i best seller da piazzare sulmercato: questa non é identità. L’identità é quando uneditore corrisponde a determinati criteri, che possanopiacere o meno. Certo, ci saranno anche le selezioni dellacomunità dei lettori, ma sono semplicemente due stradediverse: hanno senso entrambe.

Come vedi il futuro delle città di provincia, ovvero queicentri da 50mila abitanti in su che rappresentano iltessuto identitario italiano, dove la libreria indipendente éun nucleo pulsante della vita culturale della città?

Oggi é proprio in questi centri che le libreriescompaiono, perché non sono sufficientemente grandi persoddisfare le logiche di mercato attuali; chiudono di più econtinueranno a chiudere, salvo in quelle situazioni in cui

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c’é un libraio che si preoccupa di capire qualcosa e puòcontare su qualcuno che lo aiuti a stare al passo coi tempi.Non basta volere uno schermo per la consultazione digitaledegli e-book in negozio, serve anche un professionista ingrado di fornire questo schermo, ed é con questeoperazioni che va reinventata in fretta l’economiadell’editoria. Esisteranno molte opportunità per le librerieche nascono esclusivamente per il digitale, le barriere diaccesso saranno molto basse perché servirà un piccolospazio, non più una fornitura iniziale da tot migliaia di euro.A servire saranno, invece, le conoscenze. In questomomento non ci sono ancora gli strumenti per lanciarsi suquesto fronte, per la semplice ragione che il terrore non éancora arrivato al livello di guardia: in altre parole, i tempinon sono ancora maturi, ma non bisognerà attenderemolto. Presto tutte le librerie avranno un paio di metriquadrati dedicati a uno schermo virtuale, un nuovostrumento sul quale si gioca il futuro economico di tutta lafiliera. Come sarà questo schermo é ancora un mistero, emuoversi in anticipo é la scommessa da vincere.

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GIUSEPPE GRANIERI, I NUOVI EDITORI SONO GIÀ QUI

40kbooks.com è una delle nuove case editrici nate dalleturbolenze in atto nel mondo dell’editoria. Il suo modelloeditoriale è tra i più originali che si possano trovare in Italiae non solo. Forse non sarà questo il modello definitivo dicasa editrice del futuro, ma di sicuro loro e gli altri checome loro stanno nascendo ora, sperimentano senzapreconcetti. Osano alzare lo sguardo oltre le piccoledimensioni del mercato editoriale italiano affacciandosianche oltre i confini della penisola. L’intervista è di MarcoDominici, che con il suo blog(http://leggoergosum.wordpress.com) rappresenta unosservatorio intelligente e aggiornato per capire cosa simuove nel mondo dell’editoria oggi.

Non è facile presentare Giuseppe Granieri, perché nonsi sa da dove cominciare. Forse qualcuno lo conoscecome l’autore di “La società digitale” o “Blog generation”,ambedue i libri editi da Laterza. O magari qualcuno lo hacome insegnante a Urbino, mentre altri ancora avrannoletto i suoi pezzi sull’Espresso o il suo blog all’interno de

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lastampa.it (i più scafati invece magari frequentano di piùl’altro suo blog, bookcafè). Infine, qualcuno abbineràimmediatamente il suo nome alla casa editrice digitale40k, di cui Giuseppe è direttore editoriale.

Giuseppe, come e perché nasce 40k? Quali ne sonole caratteristiche principali, per chi ancora non viconoscesse?

40k è un editore “nativo digitale”, che lavora in base alloscenario di oggi. Il nostro catalogo è costruito su narrazionirelativamente brevi (novellette, più lunghe delle short storyma più corte di un romanzo) e saggi brevi, quindifocalizzati. Sono “distanze” che la carta non può utilizzareper farne dei prodotti singoli. Pubblichiamo libri in diverselingue, che con la stampa su carta non si potrebberodistribuire. Inoltre abbiamo con i nostri autori dei contrattisolo per tre anni, solo per il digitale e per tutte le lingue,quindi non diritti territoriali. E’ un modello che sposta ilconcetto da “editore gestore di diritti” a “editore partner-in-profit” con gli autori. Inoltre stiamo provando a costruirerapporti più strutturati con i lettori.

Sbaglio o siete tra i pochi editori italiani presenti suamazon? Dove inoltre è possibile trovare i vostri ebook?

I nostri ebook sono sui pincipali store internazionali,inclusi Amazon e Apple. E con la distribuzione diBookrepublic saranno presto su tutti gli store italiani. Giàoggi, oltre che su Bookrepublic, siamo per esempio anchesu IBS. Gli altri arriveranno piano piano.

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Siete soddisfatti di come stanno andando le cose pervoi?

Siamo molto soddisfatti, evidentemente. Anche se 40kha pochi mesi di vita (e già parecchi titoli all’attivo) ed èpresto per avere qualcosa di più che sensazioni. Sia per ilmercato italiano – che sta appena nascendo – sia perquello internazionale – su cui ci stiamo accreditando pianopiano. In questo periodo si fa un gran parlare di DRM,prezzo dei libri, formati, devices e diritti per gli autori.

Qual è il tuo punto di vista su questi aspetti?La nostra posizione è semplice e non è solo teorica, ma

la vedi anche dalle scelte: non usiamo i DRM nemmeno suAmazon. Ovunque ci sia possibile scegliere, non li usiamo.Se potessimo scegliere, vorremmo su tutti gli store il“social DRM”, ovvero l’ex-libris col nome del lettore sullibro, come quello di Bookrepublic. Sulla questione deiprezzi, invece, condividiamo un principio importante: ilprezzo è il miglior antidoto contro la pirateria. Parlando ingenerale, però, va anche detto che le discussioni sui prezziche spesso si leggono in giro danno più che altroinformazioni sulle aspettative dei lettori, sulla loropercezione di valore dell’ebook. Poi la sostenibilitàindustriale, che porta a una strategia di prezzo o a un’altra,è un calcolo molto più complesso che deve tenere conto ditanti fattori. Dalla remunerazione degli autori, ai costi ditraduzione, confezionamento e a tutte le “piccole pratiche”che portano al lettore un prodotto di qualità. Io sonoconvinto che con il tempo le strategie di prezzo si

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avvicineranno alla percezione di valore dell’ebook chehanno i lettori. Ma non in maniera così radicale. Bisognasempre considerare la sostenibilità, che è un interessecomune a editore, autori e lettori.

Tu sei anche un divulgatore del mondo ebook con unospazio su lastampa.it. Che percezione hai delle cose, dalì? Voglio dire, riesci a cogliere come viene sentito e vistoquesto passaggio al libro digitale non tanto dagli addettiai lavori, quanto piuttosto dai potenziali utenti?

Io ho una sensazione abbastanza forte. Credo che cisia, da un lato molta resistenza. Dall’altro molta velocità di“accettazione” del cambiamento. Il primo fattore – quellocostruito su posizioni difensive – è normalissimo, ma nonfa notizia: ogni innovazione porta con sé la sua nemesi,che è la resistenza all’innovazione. Il secondo, la velocitàcon cui stanno cambiando le nostre abitudini di consumo, èun dato invece su cui bisogna esercitare molta attenzione.Soprattutto se lavori in un settore come quello dell’editoria,che non è tradizionalmente abituato né ai cambiamenti néalla velocità.

Domanda volutamente secca e provocatoria: perchédovremmo leggere un libro digitale piuttosto che unocartaceo?

Perchè no? Se hai voglia di leggerlo, se costa di meno,se lo hai a disposizione in un solo click, se magari come inostri esiste solo in digitale, perchè non dovresti leggerlo?Dopo la terza riga, se il libro è buono, il supporto diventa

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trasparente. Non ci fai più caso.

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GUIDO CATALANO, POETA

Guido Catalano è un poeta. Un poeta con caratteristicheparticolari, però. Per esempio riesce a vivere del suolavoro. Anche se sembra impossibile riuscire a vivere oggifacendo il lavoro del poeta lui ci riesce. In questaconversazione ci spiega come. Per chi vuole approfondirela conoscenza il suo sito è: www.guidocatalano.it

Ciao Guido, come hai iniziato a “fare” il poeta?Vent’anni fa ho iniziato a cantare in un gruppo: scrivevo i

testi e facevo dei concerti. Questa esperienza è duratadiversi anni fino a quando il gruppo si è sciolto e io sonorimasto lì senza sapere né suonare né cantare per davveroe ho iniziato a scrivere delle cose che assomigliavano adelle poesie.

Ho iniziato a scriverle come fanno la maggior parte dellepersone. Le scrivevo per me, me le leggevo da solo e leappiccicavo in camera. Poi ho iniziato, davvero per caso, afare un paio di letture pubbliche e ho scoperto che questacosa piaceva. In quel momento queste letture erano anchel’unico mio modo per farmi conoscere a un pubblico, per

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quanto limitato potesse essere. Tra l’altro undici anni faInternet era molto meno sviluppata e io a mia volta che nonsono una persona “tecnologica”, non ne sapevo niente.Iniziare, quindi, a fare questi reading è stato per me lapossibilità di far conoscere al pubblico le mie coseuscendo dalla cerchia ristretta di amici o di parenti.

Questi reading funzionavano molto bene. Venendo io dauna esperienza musicale amavo, e amo tutt’ora,contornarmi di musicisti o cantautori. Negli anni questaattività che all’inizio era moderata è aumentata sempre più,e a un certo punto sono nati anche dei libri di carta. Horicevuto una proposta da una casa editrice di Torino chemi ha pubblicato alcuni libri finora, mentre oggi esce ilquarto con un’altra casa editrice di Bologna. Si tratta dipiccole case editrici, con una distribuzione limitata, cheperò hanno fatto sì che i libri di carta entrassero a far partedi questa mia nuova attività. E poi in questo arco di tempoè entrato nella mia vita di scrittore e di attore tutto il mondodel web che evidentemente ha cambiato le cose inmaniera notevolissima.

Ma tu i reading all’inizio li facevi gratis o a pagamento?I primi due anni esclusivamente gratis. Ne facevo però

quattro all’anno. Ora ne faccio tre alla settimana. All’inizio lifacevo gratis, prima di tutto perché non immaginavopotesse essere un’attività retribuita. Considera che undicianni fa ce n’erano molti meno. Oggi, anche grazie aFacebook, ogni giorno in Italia ci sono centinaia di reading.A quei tempi c’era molta meno gente che faceva reading

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sopratutto di poesia.Inoltre avevo un’esigenza, quella che mi ha spinto

inizialmente, che era di provare a leggere le mie cosedavanti a un pubblico. Poiché non avevo possibilità diessere pubblicato se non dalle infami case editrici che tichiedono di pagare per esserlo. Non avevo blog o socialnetwork. Non avevo quindi la possibilità di farmiconoscere, perciò i primi tempi i reading li facevo gratis e,anzi, ero grato ai gestori di locali di farmi fare queste cose.

C’è da dire che queste cose hanno iniziato ad essermirichieste perché portavo gente. Puoi immaginare che se faiuno spettacolo di reading in un locale la cosa fondamentaleè portare gente. Se il gestore sa che porti gente, anche senon sei famoso, a quel punto si accende la questioneeconomica. Piano piano ho smesso di fare i lavoretti chefacevo prima e ho iniziato a far diventare queste lettureun’attività remunerata fino a che oggi è un vero e propriolavoro. Come fossi un musicista. Un cantautore, anzi. Ècosì che mi muovo. Come una specie di“cantautorpoetico”.

E la poesia? Tu fai poesie per la poesia o percampare?

No io scrivo perché mi piace e mi serve. Se domanidiventassi ingegnere aereonautico continuerei comunque ascrivere. Oggi però scrivere è anche un mezzo percampare perché se scrivo delle cose belle accade chequeste cose belle vengano portate negli spettacoli e, se glispettacoli funzionano, la gente mi compra i libri e ne faccio

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altri.La questione dei libri è importante nella mia economia.

Io, infatti, guadagno anche dalla vendita di libri. Le caseeditrici con cui pubblico sono piccole, ma ho avuto sempredei contratti molto convenienti. Se vendo un libro nei mieireading guadagno il cinquanta per cento del prezzo dicopertina, mentre se vengono venduti in libreria c’è ladistribuzione che si becca il 60 per cento, poi la libreria el’editore e io prendo 50 centesimi a copia.

Ogni reading mi guadagno 60-100 euro vendendo libri.L’aspetto negativo è che mi devo portare dietro, ogni volta,una valigia di libri… alla lunga diventa pesante. Magari congli e-book mi rispamierò questa fatica.

Eccoci dunque: un autore innovativo come te cheinteresse ha rispetto agli e-book?

Una svolta che ho avuto a livello lavorativo è stata lapossibilità di far conoscere le mie poesie sul mio blog. Iometto tutto sul blog. Tutto ciò che c’è nel mio ultimo libro,La donna che si baciava con i lupi (Ed. Le bolle blu,Bologna, 2010, n.d.r.), c’è anche sul blog; anche se tendo anon dirlo esplicitamente.

L’e-book mi affascina e mi spaventa. Avendo iotrentanove anni sono un appassionato di libri. Vorreicontinuare a fare libri di carta. D’altra parte stiamoandando verso questa roba qui che sono gli e-book.Addirittura ci sono i pdf dei miei vecchi libri sul blog. E tupuoi scaricarli gratuitamente già ora. È già una specie die-book. E poi mi piace l’idea che la mia roba possa girare

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ovunque, che potenzialmente possa essere letta da tremilioni di persone.

Finora la mia esperienza sul campo con questetecnologie degli e-book si limita a un reading che ho fattocirca un anno e mezzo fa. E non è andata bene. Mi sonotrovato malissimo perché sull’e-book reader era troppolento il cambio di pagina. Inoltre non essendoretroilluminato mi creava problemi di luce. Però un domanipotrei fare un reading su un e-book che funzioni davverobene. Un po’ mi spaventa, un po’ so che stiamo andando inquella direzione. E poi, anche se non sono un“tecnologico”, mi piace l’idea…

In pratica autogestisci il tuo lavoro dalle poesie ai libri.Sei il produttore di te stesso?

Beh non proprio. Ora ho una casa editrice, uncontratto… certo mi gestisco molto di più che se fossipubblicato da Einaudi o Feltrinelli. Magari loro miimpedirebbero di mettere tutte le poesie sul blog. Oppurenon potrei fare tutti i libri che voglio io. Oppure, e lo so dafonti dirette, se chiedi i libri te li fanno pagare. Non è che tidanno 3-400 libri e poi glieli paghi quando li hai venduti.Questa autonomia mi piace molto ma è dovuta al fatto chelavoro con una piccola casa editrice. Per onestà devo direche se domani mi chiamasse Feltrinelli o Einaudi e midicesse “Guido, pubblichiamo un libro insieme?”,probabilmente gli direi di sì. E probabilmente questaautonomia verrebbe meno, almeno in parte.

Per ora però l’autonomia è essenziale perché gli eventi

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li gestisco come meglio credo, ho i libri che voglio davendere, utilizzo il web in un modo superlibero. Perchésono sicuro che mi conviene. Sì, sono autonomo.

Se non avessi una casa editrice con cui ti trovi benesaresti interessato all’autopubblicazione? Che poi è ilgrande mito che spinge molti aspiranti autori a inseguirel’ebook…

Nonostante io faccia già un’autopubblicazione gratuitaattraverso il mio blog, non ce la vedo granché questa cosa.Nel mio caso almeno. Anche perché sono convintodell’utilità della selezione. Credo sia necessario ci siaqualcuno che ti selezioni. Ma non solo. Devono esserepersone capaci nel loro lavoro e, soprattuto, devonoessere in grado di superare il mio criterio di selezionerispetto a loro. In altri termini: loro mi hanno scelto, ma io hoscelto loro.

Ci tengo talmente tanto alle mie cose che quando horicevuto le loro proposte ho valutato quello che mipromettevano in cambio. Sto parlando di distribuzione peresempio, anche se piccola. Negli anni ho ricevuto molteproposte, sempre da case editrici piccole, ma “vere”, nonsto parlando di quelle che ti chiedono i soldi e ce ne sonotante.

E poi la casa editrice, se è seria, anche se è piccola tiaiuta in cose importanti: distribuzione, editing, pubblicità,presentazioni. Io per esempio non sono bravo a vendermicon i giornalisti e la casa editrice mi aiuta molto in questo;è, anzi, essenziale. Inoltre ho sempre bisogno di qualcuno

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che mi faccia l’editing. Può sembrare una cosa da niente,ma io non sono capace di farmi l’editing neanche con lepoesie, la grafica… Ho bisogno di qualcuno. E poi mipiace che qualcuno stimi la mia roba. Generalmentequesto rapporto ce l’ho con il pubblico, con i lettori del blogo con la gente che viene ai miei spettacoli. Oltre a questo,però, mi piace che ci sia qualcuno all’interno del mondoeditoriale che mi prenda, mi aiuti, mi dia dei consigli. E stoparlando di piccole case editrici. Non oso immaginarecosa succede nelle grandi case editrici. Mi spaventaparecchio, anzi, ma mi attrae anche. Potrebbe essereun’esperienza piuttosto “gustosa”.

Comunque la casa editrice mi aiuta in cose importanti;per quanto io sia ormai una piccola azienda autonoma,avere qualcuno che ti aiuta è essenziale. Per promuovereun libro, per esempio, si uniscono le forze, e tra il miopubblico e il loro le cose girano.

Sai, l’autoproduzione è difficile. Una volta che hai il tuolibro, e magari lo metti in internet, magari da scaricare in e-book a pagamento... son cazzi. La vedo difficile. C’èbisogno di qualcuno che ti aiuti. Io l’ho sempre avuto inrealtà. Dal 2001 in qua, quando ho fatto il mio primo libro,c’è sempre stato un rapporto di collaborazione. Non sitratta di gente che ti stampa il libro e poi “chi si è visto si èvisto”. Perché se non è così, puoi andare direttamente daquelli che te lo stampano a basso prezzo su Internet.

Mi puoi raccontare qualcosa di più su questofenomeno dei reading? Per esempio quanto costa per il

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pubblico partecipare?Intanto il pubblico non paga quasi mai. Nella maggior

parte dei casi, infatti, li faccio nei locali come ti dicevoprima. Sono a pagamento da parte del pubblico soltantoquando diventano spettacoli più complessi come, peresempio, quando li facciamo nei teatri, conl’accompagnamento di musicisti. Non è più una singolapersona davanti al microfono che legge delle poesie.

Ultimamente c’è molta gente che fa reading. Molta più diquella che c’era dieci anni fa. Purtroppo il 99 per centodelle persone che fa reading non si fa pagare.

Scusa, non capisco: puoi spiegare meglio? Da un latodici che quando tu fai reading la gente non paga, poiquando parli degli altri che li fanno “a gratis” deplori ilfenomeno…

Io non sono contro il fatto che la gente paghi un biglietto.Il fatto è che la maggior parte dei reading che io faccio (oche sono fatti da altri) sono fatti in luoghi in cui non sichiede un biglietto e dove è normale non pagare il biglietto,dove “i soldi” vengono dati dal gestore del locale. Almassimo c’è anche la consumazione obbligatoria.

Io sarei dell’idea che il pubblico debba sempre pagareun biglietto per quanto minimo. Però è difficile entrare inquesti meccanismi.

Attualmente il problema è che il reading non è ancoraconsiderato alla stregua di un concerto. Se tu vai con la tuaband a suonare, a meno che non siate un gruppo diragazzini, è scontato che dei soldi ne dobbiate avere. Per il

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ragazzini, è scontato che dei soldi ne dobbiate avere. Per ilreading non ancora. Il problema della società italiana è cheun poeta che va a leggere le poesie non è sottinteso chedebba essere pagato. Come invece, quasi sempre, uncantautore. È una specie di utopia che sto provando arendere concreta: nel senso che io le cose gratis non lefaccio (tranne eccezioni).

Non vorrei entrare in una polemica interna alla gente chefa spettacolo su quelli che si svendono rispetto a quelli chelo fanno per mestiere. Nel mondo dei reading è ancorapeggio che nel resto del mondo dello spettacolo. Nonstiamo, infatti, parlando di attori, ma di gente che, spesso,è anche incapace. E questo è un altro problema. Di gentebrava a leggere in pubblico, rendendo un readingdivertente o interessante, ce n’è comunque poca. La granparte della gente lo fa, ma non è capace. E questoingigantisce ancor più il problema.

Sto parlando di reading di poesia. Che è una cosa a sè.Il reading di uno che fa un romanzo è una cosa moltodiversa da questa. Se tu scrivi un romanzo, a meno che tunon sia veramente un fuoriclasse, per esempio Paolo Noriè uno di questi, non fai uno spettacolo, ma dellepresentazioni, dove magari c’è un giornalista o un criticoche fa delle domande. E normalmente non si chiedonosoldi per fare quella roba lì.

Non è che tutti gli scrittori possano essere in grado difare questa roba. Perché non è mica facile.Paradossalmente la poesia, pur essendo la cosa menocommerciale del mondo, si presta di più di altre formeletterarie. Però la poesia di per sé fa paura perché scaccia

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il pubblico. La mia fortuna è che io scrivo poesie che fannoridere. Se io non facessi poesie di questo tipo non potreifare questo lavoro. È dura ascoltare un’ora e un quarto diuno che ti legge poesie strappalacrime. La parola poesia,inoltre, impaurisce, è sinonimo di noia, magari perché dabambini ce le facevano imparare a memoria. Io stocercando di far sì che questa attività diventi un lavoro. Cisto riuscendo, ma non è facile. Non conosco altri che cistiano riuscendo a questo livello. Mi piacerebbe chesuccedesse però, perché questo creerebbe un mercatoufficiale.

Il reading, quindi, è una forma di spettacolo, non unaforma di presentazione o seminario come per esempio lescuole di scrittura?

Sì, ci sono scrittori anche di medio livello, e sono tanti,che fanno incontri che diventano “corsi di scrittura” dovel’autore racconta la propria esperienza. Questa cosa esisteanche in Italia. Io non ne ho mai fatti perché mi spaventano.Non so se sarei in grado di fare una roba del genere. Ma ilmio socio, Federico Siriani, cantautore, viene chiamatoogni tanto a fare degli incontri tipo workshop sulla musicad’autore, dove alla fine lui racconta la sua esperienza.

Personalmente sono stato chiamato in una libreria afare corsi di scrittura in cui a ogni puntata c’è un autorediverso. Lì la gente paga. Essendoci ogni volta un autorediverso, non è un vero e proprio corso di scrittura con unsuo capo e una coda. È la libreria Massena 28 di Torino,che sta appunto in via Massena, 28. Oppure alla Scuola

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Holden, dove fanno questi incontri con scrittori già famosiche vengono pagati lautamente e la gente pagaprofumatamente per partecipare. Questo tipo di incontriesiste, ma io non li frequento perché faccio altro, glispettacoli appunto, che sono la cosa migliore che so fare:le poesie cioè.

E il pubblico?Quel che accomuna sia i reading, sia gli

incontri/seminari è che per farli devi avere un pubblico.Altrimenti non si può fare. Te lo puoi essere formato sulweb o in altri modi, ma devi avere un pubblico. Facendotante di queste cose e diventando famoso in questoambito. Se no non viene nessuno e nessuno quindi paga ilbiglietto. Ci vuole un pubblico che ti conosca e ti apprezzi,non come per il “tronista” di Maria de Filippi che prende20.000 euro per stare venti minuti in una discoteca e lagente paga 20 euro per entrare. Ogni persona del tuopubblico te la devi guadagnare. Ti devi guadagnare la suafiducia.

Inoltre oggi non ci sono soldi. Un’opzione perpromuovere i reading potrebbero essere i Comuni, leRegioni ma non ci sono soldi per questo. Bisogna far dasé. Però non tutto lo sforzo è invano. Se fai qualcosa dibello e il pubblico ti dà qualcosa in cambio, questo tiesalta. Perché aumenta il valore del mio lavoro. Però èdura…

Il fatto è che non so esattamente cosa tu, come autore,debba dare per riuscire a creare il tuo zoccolo di pubblico.

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Devi avere qualcosa di potente. Magari te lo sei creato tuoppure c’è qualcuno che ti aiuta a creartelo.

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Parte IV

Ultimo

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ULTIMO

Le storie sono asce di guerra da disseppellire.VITALIANO RAVAGLI – WU MING

Questo testo non è un libro e neppure un e-book. È unaporta di accesso alla comunità di chi è convinto che con leparole si possa narrare una storia e con una storia sipossa cambiare il mondo. È una comunità di personeoriginali: sono coloro che di fronte alle difficoltà nonrinunciano. Sono tra noi anche se a volte fatichiamo ariconoscerli. Le loro tracce sono nascoste nei racconti chearrivano dai tempi di Spartaco, da quelli degli eretici, dellestreghe, della Comune e dei partigiani di ogni luogo. Tuttiinsieme formano la comunità di chi non ha alzato bandierabianca e ha consegnato una parte di sé e del proprio agireai raccontastorie prima e agli scrittori poi.

La forza di cui gli e-book sono portatori viene dalontano, per questo rappresentano un mutamento che vaoltre il semplice riassestamento del mercato dei libri e cispinge a guardare il cambiamento al livello più profondodella struttura umana. Lungo quella frontiera che

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chiamiamo evoluzione e di cui conosciamo ancora moltopoco, nonostante quel tanto che la scienza ci mette adisposizione. La nostra vista si annebbia quandocerchiamo di alzare lo sguardo oltre il singolo individuo,verso i luoghi ove l’evoluzione incontra la società, cioè il quie ora delle nostre vite. L’evoluzione viene semprerimandata in uno spazio che è altrove rispetto alle nostreesistenze. L’e-book, allora, come veicolo della parolascritta, diventa un’occasione per tentare di attraversarequesto passaggio stretto verso la conoscenza di sé e deglialtri. Un viaggio iniziatico, quasi.

È la parola, infatti, quella scritta sui papiri prima e suifogli poi, ad aver rappresentato il modo principale con cuile persone hanno condiviso non solo informazioni maconoscenza. Dall’arrivo di Internet la diffusione delleinformazioni è stata tanto dilagante da sovrapporsi alconcetto di conoscenza. Oggi spesso si dimentica chel’informazione è solo un segno tracciato, che assumesignificato in un certo contesto. Senza un contesto, unarelazione, l’informazione è nulla. La conoscenza, invece, ècome il pane: il prodotto della lievitazione di alcuniingredienti che devono passare attraverso l’esperienza delcorpo del panettiere e del tempo; attraverso l’esperienzadella vita della persona che lo impasta e che attraverso disé lo traduce in quel che sarà il prodotto finale: un quadro,un paio di scarpe, un pane, un libro o un e-book. Il tempo,quello necessario alla lievitazione originaria della pastamadre è “lento”, affinché gli enzimi digeriscano glielementi, le informazioni, e le trasformino. Con Internet è

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avvenuto un salto, cancellando l’esperienza del corpo e deltempo. Ora con l’arrivo di queste diavolerie elettroniche,adatte alla lettura, ci troviamo in una situazione dove tuttociò assume forme ancora più radicali. Non c’è più un foglio,non c’è più la carta, sembra che la materia, e quindi ilcorpo, scompaia. Eppure. Eppure quel che abbiamoprovato a raccontare con questo piccolo libro/e-book non èla fine di un ciclo. È un tentativo di iniziare a raccontare lastoria nuova. La storia della parola che reincontra il corpo.Se la scrittura attraversa fino in fondo il processo didigitalizzazione, accade che il pensiero è costretto areincarnarsi. Non trovando più supporto “stabile” su cuidepositarsi (e confondersi) è costretto a reincontrarel’oralità: l’aspetto più arcaico delle capacità comunicativeumane. Prima che il pensiero evolvesse in segno, il segnoin alfabeto, l’alfabeto in parole scritte e le parole scritte inlibri di carta pesanti e costosi, prima di tutto ciò, c’era lacapacità del pensiero umano di costruire un mondo, ilmondo di ogni giorno raccontando storie tra vicini. Nonpotremo più tra pochi anni (forse) prestare un libro di cartaa un nostro amico o regalarlo nella forma del pacchetto. Sel’oggetto libro non ci sarà più, quella che non scompariràsarà la capacità di raccontare storie e di condividerel’esperienza di un autore attraverso la parola correndo ilrischio della condivisione di sé nella relazione.

E viceversa. Aumentano le possibilità di partecipazioneper quel che ancora chiamiamo pubblico, conun’accezione prevalentemente passiva, ma che domaniavrà un altro nome: un nome aperto alla condivisione e alla

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reciprocità. Alla Coevoluzione, come avrebbe detto uncaro amico recentemente scomparso. La fine dei librialimenta l’inizio di nuove storie. Se raccontare storiesignifica raccontare il mondo che sarà, questo è l’inizio diun mondo completamente differente da quello che ciimmaginiamo e che abbiamo vissuto fino ad oggi. Questolibro è strano, perché in parte è il racconto in presa direttadi un fenomeno mentre si sta svolgendo dentro di me efuori di me. È quindi carente di dati e di metodi. Dati emetodi, peraltro, che possono soltanto inquadrare ilpassato, non contattare il processo mentre si dipana difronte ai nostri occhi, tra le nostre mani. È anche il raccontodi come personalmente abbia vissuto il passaggio dascettico degli e-book a sostenitore convinto. Partigianoanche. Partigiano come lo è stato mio nonno e quelli primadi lui con armi differenti. Le armi delle parole consapevoli.

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LA FINE È IL MIO INIZIO

Questo libro non sarebbe mai nato senza le conversazioniideali e folli con tre amici amatissimi che non ci sono più:Ferdinando Cerbone, Oscar Marchisio e Paolo Zocchi.

Poco tempo prima di questo progetto, in modi diversi eincredibili ci (mi) hanno lasciato. Ci hanno lasciato aragionare e a combattere in questo mondo difficile. Unmondo a cui nessuno di loro si era arreso. Perchéarrendersi a questo mondo così com’è, è come castrareuna parte di sé. Quella più umana. Gli uomini, i maschi, poisanno bene cosa intendo.

A questo piccolo libro (il “mio librino” l’ho chiamato inquesti mesi) voi tre non avete partecipato fisicamente. Mase a volte mi assentavo, al bar o mentre in casa la Raffi miparlava di qualcosa d’importante, non era perché “nonc’ero”. Ma perché stavo parlando con Nando, Oscar ePaolo.

Nei libri “seri” c’è sempre un passaggio dove l’autoredice “grazie a tutti” dei suggerimenti e dei consigli e in unmodo un po’ ipocrita si attribuisce gli oneri degli errori eapparentemente distribuisce gli onori.

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No cari Nando, Oscar e Paolo. Qui si fa a rovescio. Ehsì, perché l’ho imparato da voi. Che l’ipocrisia non paga ela falsa modestia neppure. In questo libro voi ci siete tuttiquanti. La “colpa” di esservene andati è così grande che vimeritate di condividere anche gli errori di questo “librino”.

Mi sono mancate tantissimo le conversazioni con voi suquesti argomenti.

Ho dovuto far da solo e di sicuro di errori ce n’è.

Anche voi, però, ci siete tra queste frasi a volte magariun po’ contorte. Voi traboccate da ogni pagina.

È un messaggio in bottiglia questo. Chissà dovearriverà.

Io non posso fare a meno di ringraziarvi.

Senza di voi questo non sarebbe.

Ma non solo questo.

Anche io.

Vi saluto tra le lacrime con una gran risata.

Quella che vi sareste fatti se vi foste incontrati.

È capitato su queste pagine.

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Ed è davvero un grande onore per me avervi ospitato.

Mauro

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NOTE

CAPITOLO 1

1. Questa citazione è attribuita al corsaro inglese del XVIsecolo Samuel Bellamy. Io però l’ho scoperta sul retro dicopertina del cd di Fabrizio di De André “Le Nuvole” e daallora non riesco più a distinguere il pirata e il musicista.

CAPITOLO 4

1. Stime presentate dall’AIE nel corso di Editech 2010(Milano, 25 giugno 2010).2. Esistono casi, anche in Italia, ove questo è possibile. Ilcollettivo di narratori Wu Ming agisce in questo modo: i lorolibri vengono pubblicati con Einaudi ma, grazie a uncontratto specifico, è possibile scaricare tutti i loro libri -anche quelli appena usciti - dal loro sito internet:http://www.wumingfoundation.com. Loro stessi hanno piùvolte dichiarato che questa politica non ha affatto ridotto levendite dei libri in libreria.3. Jacob Nielsen, forse il più grande esperto al mondo diusabilità delle nuove tecnologie ha di recente rilasciato unrapporto confrontando la velocità di lettura tra i dispositivielettronici per la lettura e la stampa su carta. Il risultato di

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questo test è stato di sostanziale equivalenza. Il libro, perora, è ancora lo strumento dove si legge più velocemente,ma sia i lettori simil iPad, sia gli e-reader a inchiostroelettronico, mostrano una velocità di lettura paragonabile.Lo studio, inoltre, non considera altri parametri oltre lavelocità come la trasportabilità dei testi (il peso) e la facilitàdi lettura non solo per chi ha disabilità visive, ma per tutticoloro che riescono a leggere meglio semplicementeingrandendo un po’ i caratteri.4. Vedi studio citato di Jacob Nielsen. E comunque tienipresente che l’esperienza della lettura non può essereridotta alla funzione della lettura. Questo è un tema legatoalla disumanizzazione introdotto dalla tecnologia in ogniambito. La funzione estrapolata dal contesto veicola ilriduzionismo.5. I primi modelli di questo dispositivo sono stati vendutinegli Stati Uniti a partire dal 3 Aprile 2010.6. Il 19 luglio 2010 la libreria online Amazon ha dichiaratoche per la prima volta il numero di titoli digitali venduti hasuperato la vendita di quelli cartacei. In particolare per ogni100 libri di carta ne sono stati venduti 143 in formatodigitale. Fonte: www.amazon.com7. Le primissime macchine per cucire hanno fatto la lorocomparsa verso la metà del 1800.

CAPITOLO 5

1. Per approfondire questi temi consiglio vivamente illavoro scientifico di Gino Roncaglia e in particolare

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[Roncaglia, 2010].2. [Schiffrin, 2010]3. Oggi si parla molto di social network come se fossero lafrontiera della libera espressione permessa dalla reteInternet. In realtà essi rappresentano solo l’ultimopassaggio di un percorso iniziato quando ci si è resi contoche non si poteva mettere a produzione l’intero pianeta peril semplice motivo che esso è costituito da un numerolimitato di risorse. L’unico spazio davvero infinito adisposizione del mercato è quello cognitivo e relazionaledegli esseri umani. Di qui l’interesse a colonizzarlo; anchecon i social network. La bibliografia, purtroppo, èsterminata e origina ben prima dei tempi di Facebook. Untesto poco teorico e molto pratico dove si illlustra il come ditutto ciò è questo: [Underhill, 2008]4. Vedi [Martin, 2009]5. Ci sono forti analogie tra gli scenari disegnati in questolavoro e quelli proposti dalle ricerche svolte da MarcelloBarbieri e dal gruppo di scienziati che a livellointernazionale ha introdotto la Biologia Semantica. Uncampo che ha riconosciuto come il significato, e quindi lacultura, appartenga al nucleo originario della vita. [Barbieri,2003]6. Il film di Peter Weir del 1998 in cui il protagonista vivetutta la sua vita in una sceneggiatura che qualcun altroaveva scritto. Il problema, qui, è che la sceneggiaturasiamo noi stessi a scriverla.7. [Marx, 1997]8. [Redazionale 2010]

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9. [Chomsky e Foucault, 2005]10. [Irigaray, 2009]11. [Sennet, 2008]12. “Se nel capitalismo il denaro era il principio ordinatoredella società, lo strumento per governare non solol’economia, ma più in generale, il sistema sociale, lesocietà contemporanee sembrano avviate a perderequesto centro ordinatore: il denaro come valore sociale(ricercato per innalzarsi al di sopra degli altri) forse stadiventando solo uno dei diversi obiettivi per i quali la gentecompete nei sistemi postcapitalistici”, p. 56, La Valle,2004

CAPITOLO 7

1. Generalmente quantificabile tra il 5 e il 15% del prezzodel venduto.2. [Lessig, 2005]3. [Shiva, 2002]

CAPITOLO 8

1. Stiamo parlando delle nostre vite di occidentali chehanno un lavoro e un accesso a Internet, per gli altri è unaltro discorso.2. Ce ne sono molti in rete. Forse quello più famoso in Italiaé legato al sito www.autostima.net della casa editriceBruno Editore.3. [Musso, 2007]

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GLOSSARIO

BOOK MARKETING Con l’evolvere del libro verso il digitale simodificano i sistemi di promozione e distribuzione. Inparticolare sta nascendo un nuovo settoreprofessionale per promuovere il libro (o l’e-book)utilizzando i sistemi che la rete Internet mette adisposizione. Questo nuovo ambito professionale vasotto il nome di book marketing

DIGITAL RIGHTS MANAGEMENT (DRM) È il termine adottato perindicare tutte quelle tecnologie (hardware e software)che controllano l’accesso degli utenti alla fruizione dicontenuti digitali. L’obiettivo della sua applicazione èdi preservare i titolari dei diritti da eventuali copiediffuse senza autorizzazione.

E-BOOK L’e-book è il corrispondente digitale del libro. Untesto, con eventualmente immagini, che può essereletto su dispositivi digitali come e-book reader o iPad.In futuro è immaginabile che l’e-book possa includereanche video e audio ma, per il momento, la grandemaggioranza dei testi che compaiono anche informato digitale restano aderenti al modello offerto dai

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libri di carta.

E-BOOK READER Un e-book reader, a volte chiamato anchee-reader, è un dispositivo elettronico progettato perrendere possibile la lettura di e-book e, più ingenerale, di documenti digitali. Gli e-book reader sidividono primariamente in due grandi famiglieassociate alla tecnologia con cui sono costruiti: laprima è quella dei dispositivi realizzati con carta ainchiostro elettronico (e-paper) la seconda conschermo retro illuminato. Mentre i primi sono adatti aleggere in ambienti ad alta luminosità (come peresempio all’aria aperta) e supportano finora solo lastampa in bianco e nero, i secondi riescono ad offrireuna visione a colori del testo (con la possibilità giàoggi di prevedere l’inclusione dell’audio/video nell’e-book), ma soffrono nella visione in ambienti ad altaluminosità.

IPAD È un modello di computer portatile (della famiglia deitablet computer) progettato dalla Apple che ha apertoil mercato ai dispositivi alternativi alla carta comesostituti dei libri (Il primo modello è uscito nellaprimavera 2010). Essendo un vero e proprio computerportatile il suo utilizzo non è limitato alla lettura didocumenti digitali, ma anche a numerose altre funzionitipiche dei computer più che per la lettura. Restacomunque il fatto che molti lo utilizzano per leggere siae-book sia quotidiani e riviste nella loro versione

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digitale.

PEER-TO-PEER Sono le reti per la condivisione di file chevengono, però, anche utilizzate per divulgare opereprotette da diritti d’autore come film, musica e libri. Ilsistema più famoso, ma non certo l’unico, è quello cuisi accede con un software denominato Emule.

SOCIAL DRM È la versione “sociale” delle tecnologie DRM.Invece di impedire la divulgazione non autorizzata diun’opera ne consentono la diffusione ma inserendoinformazioni personali del responsabile della copia. Inquesto modo funziona da deterrente e fa appello allaresponsabilità individuale per evitare le copie illegali.

SOCIAL NETWORK Con il passaggio dei libri al digitalediventa inevitabile la contaminazione con le comunitàvirtuali in rete. In particolare con quelle comunità che siaggregano in sistemi che facilitano lo scambio diopinioni su un certo argomento. Il più famoso tra questiè certamente Facebook anche se, per quel cheriguarda gli appassionati di libri e di e-book, sonoforse più interessanti sistemi analoghi come aNobii oGoodreads.

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BIBLIOGRAFIA

Alameddine, Rabih2008 Hakawati. Il cantore di storie, Bompiani, Milano.

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Gaber, Giorgio

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Musso, Davide

2007Voglio fare lo scrittore. Consigli per aspirantiautori in dieci interviste a editor e agenti letterari,Terre di Mezzo, Milano.

Ognibene, Silvia

2007Esordienti da spennare. Come pubblicare il primolibro e difendersi dagli editori a pagamento, Terredi Mezzo, Milano.

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Roncaglia, Gino

2010 La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro dellibro, Editori Laterza, Roma-Bari.

Schiffrin, André

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Schumpeter, Josef Alois

2010Il capitalismo può sopravvivere? La distruzionecreatrice e il futuro dell’economia globale,EtasLab, Milano.

Sennet, Richard2008 L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano.

Shiva, Vandana2002 Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano.

Redazionale

2010“Suicides at Foxconn. Light and death. A series ofdeaths expose a big computer-maker tounaccustomed scrutiny”, The Economist [mag.].

Underhill, Paco

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2008 Why We Buy. The Science of Shopping, Simon &Schuster, New York.

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NOTA BIOGRAFICA

Mauro Sandrini ha iniziato a leggere da piccolo e non hapiù smesso. Quando ha sentito parlare degli e-book èsaltato sulla sedia e ha detto “allora lo scrivo davveroquesto libro! Pardon, e-book”.

Professionalmente si occupa di e-learning eformazione. Ha diretto il centro e-learning dell’Universitàdegli Studi di Teramo e attualmente gestisce la comunitàp r o f e s s i o n a l e Elearning & Innovazione(www.elearningeinnovazione.org), una delle comunità piùattive sulla formazione a distanza in ambito nazionale.

E-mail: [email protected]