editoriale • editoriale • editoriale • editoriale • … · certamente il suo è un mondo...

8
Anno XI n.42 dicembre 2012 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata A ll’origine dell’agire buono dell’uomo molto spesso sta la fede. Intesa come atto di fiducia perspicace e generoso. Espressione di sé per l’altro. É quella che io ho percepito, credo da sempre, “in- sieme a tante altre cose” che mi hanno richiesto responsabilità nella cura e nello sviluppo. Sperimentando via via conqui- ste insieme a timori, cadute, paure ma anche riprese. Come un intreccio esisten- ziale. Come un filo rosso che, per grazia, si è mantenuto costante, anche nei mo- menti difficili e bui di alcuni passaggi della crescita, delle mie relazioni, delle mie scelte, della mia attività come prete. La fede, che andavo incontrando, appar- teneva al mio mondo di famiglia, di scuola, di parrocchia, di seminario, di lavoro. Quel lavoro che è cresciuto con me come un dovere non imposto dal- l’esterno ma assunto con soddisfazione e riconoscenza. Questa mia fede così concreta e impre- gnata di “orazione e azione” ha subito un affondo dalla pretesa giovanile della ragione di possederla. Sono rimasto in sospeso per qualche tempo - fortunata- mente breve e fortunatamente mai di- sincarnato dall’esperienza caritativa – fino a quando sono stato ricuperato dal fascino di una Persona, Gesù Cristo. Mi sono detto: se la fede è un’espressione della vita, come nutro e custodisco i vari componenti di essa, così devo coltivare e alimentare la fede. Io forse sono stato fortunato per ambiente di famiglia e per vocazione al sacerdozio. Ma per molti giovani e adulti non c’è stato questo ab- binamento tra vita di fede e vita affet- tiva, professionale, sociale. Si può vivere sì senza fede, là dove non è conosciuta o ha subito una disistima. Ma come una mancanza, una povertà. La responsabilità del rifiuto ricade su chi non ha saputo farla amare, non ha saputo trasmettere l’attraente sapore del Vangelo, l’incontro con il Gesù storico e risorto, contempo- raneo ad ogni uomo. Non è cosa da poco averlo come compa- gno nel quotidiano. Lo può ben dire chi si è sentito liberato dall’ansia del futuro, che ha ritrovato fiducia nelle proprie ca- pacità. Chi non ha avvertito, almeno in qualche momento degli eventi della sua esistenza, il bisogno di aggrapparsi a un fondamento più solido delle sue risorse umane? Per questo, credo, occorre cer- care quella nostalgia di Dio, farla affio- rare “dall’evasione del consumismo, della sessualità fine a sé stessa, del diverti- mento ma anche da quelle proposte reli- giose e spirituali di vario genere che pro- mettono benessere.” La visione unitaria data alla mia vita dalla esperienza spirituale ha favorito l’attitu- dine all’accoglienza e all’ascolto della per- sona, avvicinata nella sua storia, nelle sue esigenze interiori. É l’ascolto simile allo “Shema’ Israel” con quel timbro im- perativo a uscire da sé per rivolgersi al- l’Altro. Quell’Altro che ti arricchisce del suo “Altro”, ti fa partecipe del suo “Io”. Si fa modello del tuo ascolto degli altri da cui nasce la relazione del ricevere e del dare. La fede ti muove dinamicamente in verticale e orizzontale e anticipa, in qualche misura, già su questa terra la co- munione, bellezza e gioia del vivere: “Ecco quanto è buono e quanto è soave/ che i fratelli vivano insieme!” (Salmo 132,1). Don Carlo P.S. - Ho sentito il bisogno di introdurre il discorso sulla fede partendo da qualcosa di personale perché la fede, prima di essere parola, è vita. in questo numero La fede è vita QUANDO LA FEDE GENERA ASCOLTO EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE -Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 1

Upload: habao

Post on 16-Feb-2019

251 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Anno XI • n.42 • dicembre 2012

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

Foglio di formazione e informazionedell’AssociazioneMaria Immacolata

All’origine dell’agire buono dell’uomomolto spesso sta la fede. Intesa come

atto di fiducia perspicace e generoso.Espressione di sé per l’altro. É quella cheio ho percepito, credo da sempre, “in-sieme a tante altre cose” che mi hannorichiesto responsabilità nella cura e nellosviluppo. Sperimentando via via conqui-ste insieme a timori, cadute, paure maanche riprese. Come un intreccio esisten-ziale. Come un filo rosso che, per grazia,si è mantenuto costante, anche nei mo-menti difficili e bui di alcuni passaggidella crescita, delle mie relazioni, dellemie scelte, della mia attività come prete.La fede, che andavo incontrando, appar-teneva al mio mondo di famiglia, discuola, di parrocchia, di seminario, dilavoro. Quel lavoro che è cresciuto conme come un dovere non imposto dal-l’esterno ma assunto con soddisfazionee riconoscenza.

Questa mia fede così concreta e impre-gnata di “orazione e azione” ha subitoun affondo dalla pretesa giovanile dellaragione di possederla. Sono rimasto insospeso per qualche tempo - fortunata-mente breve e fortunatamente mai di-sincarnato dall’esperienza caritativa –fino a quando sono stato ricuperato dalfascino di una Persona, Gesù Cristo.Mi sono detto: se la fede è un’espressionedella vita, come nutro e custodisco i varicomponenti di essa, così devo coltivaree alimentare la fede. Io forse sono statofortunato per ambiente di famiglia e pervocazione al sacerdozio. Ma per moltigiovani e adulti non c’è stato questo ab-binamento tra vita di fede e vita affet-tiva, professionale, sociale. Si può viveresì senza fede, là dove non è conosciutao ha subito una disistima. Ma come unamancanza, una povertà. La responsabilitàdel rifiuto ricade su chi non ha saputo

farla amare, non ha saputo trasmetterel’attraente sapore del Vangelo, l’incontrocon il Gesù storico e risorto, contempo-raneo ad ogni uomo. Non è cosa da poco averlo come compa-gno nel quotidiano. Lo può ben dire chisi è sentito liberato dall’ansia del futuro,che ha ritrovato fiducia nelle proprie ca-pacità. Chi non ha avvertito, almeno inqualche momento degli eventi della suaesistenza, il bisogno di aggrapparsi a unfondamento più solido delle sue risorseumane? Per questo, credo, occorre cer-care quella nostalgia di Dio, farla affio-rare “dall’evasione del consumismo, dellasessualità fine a sé stessa, del diverti-mento ma anche da quelle proposte reli-giose e spirituali di vario genere che pro-mettono benessere.” La visione unitaria data alla mia vita dallaesperienza spirituale ha favorito l’attitu-dine all’accoglienza e all’ascolto della per-sona, avvicinata nella sua storia, nellesue esigenze interiori. É l’ascolto simileallo “Shema’ Israel” con quel timbro im-perativo a uscire da sé per rivolgersi al-l’Altro. Quell’Altro che ti arricchisce delsuo “Altro”, ti fa partecipe del suo “Io”.Si fa modello del tuo ascolto degli altrida cui nasce la relazione del ricevere edel dare. La fede ti muove dinamicamentein verticale e orizzontale e anticipa, inqualche misura, già su questa terra la co-munione, bellezza e gioia del vivere: “Eccoquanto è buono e quanto è soave/ che ifratelli vivano insieme!” (Salmo 132,1).

Don Carlo

P.S. - Ho sentito il bisogno di introdurre il discorsosulla fede partendo da qualcosa di personale perchéla fede, prima di essere parola, è vita.

in questo numero

La fede è vita

QUANDO LA FEDE GENERA ASCOLTO

EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 1

2 • AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

Don Mazzi, ci può raccontare lasua esperienza che l’ha condottaad operare con tanto successo nelmondo dell’emarginazione e delladroga, fino a costruire la sua im-portante comunità?Sono diventato prete per sbaglio.Pensavo ad altre strade più adatteal mio carattere, come la laurea inlettere, l’accademia musicale e losport. L’infanzia e l’adolescenza, vis-sute sul filo della devianza, non of-frivano certo garanzie per una di-gnitosa vocazione ecclesiastica.A 22 anni, però, un disegno moltopiù grande della mia capoccia, miha fatto piombare nel pieno dell’al-luvione del Po. Ero, allora, educatorealla Città dei Ragazzi di Ferrara. As-sieme ai vigili del fuoco, su barconi

traballanti, tra l’urlo sordo e minac-cioso delle acque, sono andato asalvare la gente disperata sui tettidelle case.Quella notte ha cambiato profonda-mente la mia vita. Guardandomi infaccia ho pensato che un giovane arischio com’ero, poteva salvarsi solocercando la salvezza altrui.E così divenni prete. La domandacompressa di paternità che mi te-nevo dentro, ha fatto quello chenessun altra fede avrebbe potutofare. Da allora ho consumato i mieianni vivendo felicemente tra gliemarginati: da Primavalle (Roma) alParco Lambro (Milano).A Milano sono arrivato nel settem-bre del 1979 per dirigere l’Opera donCalabria di via Pusiano proprio a ri-

dosso del Parco Lambro. Dalle miefinestre si vedeva di tutto: genteche si drogava, moriva o comunquefiniva in overdose. Il parco era, aquell’epoca, un efficiente mercatodella droga frequentato da genteche veniva da tutta Europa. É daldesiderio di dare una risposta validaa questa gioventù disperata che ènato Exodus e da Milano non me nesono più andato.

Come si è sviluppato il suo pro-getto di condividere la sua vitaanche educando i più derelitti eattirando un così grande numerodi consensi?Se sono diventato prete per sbagliolo sono ancora con mia grande me-raviglia. Avvicino persone che si me-ravigliano di essere arrivate a par-lare con un prete, perché atee olontane dalla chiesa, o indifferential cosiddetto aldilà. Sono sicuro diaver aiutato, in questo modo, a sal-varsi almeno tante persone fuori daimiei ovili, quante ne ho salvate neimiei cinquanta “ovili” che animo ecoordino. La mia lunga esperienza(sono prossimo a compiere 83 anni!)mi ha portato a capire che non devoessere solo il prete dei disperati,ma che devo incrociare le storie deicosiddetti normali, perché i drammiveri oggi si annidano lì. Ho accettato di correre il rischio diperdere la faccia andando in tra-smissioni “pattumiere”, in discote-che “sospette”, negli stadi, ai con-certi rock. L’apostolo delle gentidiceva al suo discepolo Timoteo diannunciare la parola in ogni occa-sione opportuna e non opportuna,ammonendo, rimproverando, esor-tando. Il frastuono che suscitano le stupi-daggini non deve essere più potentedelle tre frasi che può dire un prete.Le esibizioni, le cafonerie, la sfron-tatezza con la quale si calpestanodignità, amore, verità, non ci de-vono spaventare perché comunqueun posticino per rompere lo si puòtrovare.

UN PRETE PER SBAGLIOIn questo primo numero che apre il nostro anno della Fede, abbiamo pensato di proporre un’intervista ad un sacerdote che si batte “sul campo”. Che con la sua presenza “ovunque” ha saputo costruire una Comunità grande e singolare, in tutto degna della parola Fede.L’abbiamo contattato tramite Tiberio, il nostro fotografo, e ci ha generosamente e prontamente risposto. Lo ringraziamo e volentieri pubblichiamo.

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 2

Certamente il suo è un mondoche contempla il volontariatocome una forza propulsiva. Ai no-stri lettori cosa augurerebbe inquesto anno della fede?In questo anno della fede sognoun Concilio Vaticano straordinario,al quale accedano non i notabilima il popolo di Dio, compresi tutticoloro che fanno del loro volonta-riato una missione di vita. Do-vrebbe trattare pochi temi, o me-glio dovrebbe trattarne uno solo:la logica della nudità, dell’essen-zialità, della spiritualità incar-nata. Nella nudità c’è tutto:verginità, limpidezza, distacco,emozione, estasi, mistero,esodo, deserto, risurrezione.Un Concilio fatto nel deserto.“Il deserto ti spoglia, ti privadel guardaroba, ti toglie didosso gli abiti che fi-nora hai consideratocome assoluti e ti facapire che la tuaidentità va ben oltrele livree dell’appar-tenenza”.La nudità va spie-gata alle comunitàreligiose, alle par-rocchie, alle asso-ciazioni, alle congre-gazioni, al cui interno ci sifrantuma spesso per problemi diprestigio, di ruolo. La nudità ti per-mette l’esodo pastorale, ti vieta leidolatrie, ti annuncia teofanie“quotidiane” nascoste tra le foglie,le capanne, le cascatelle, i capi-telli.Il Dio pietrificato nei tabernacolie prigioniero delle navate romanogotiche uscirà nella Palestina 2012,ripercorrerà gli incroci, i laghi, lecolline, si disseterà ai pozzi, ve-stirà una tunica e di nuovo griderà:“Chi mi ama, rinneghi se stesso,prenda la sua croce e mi segua.Perché solo chi muore, vivrà”.

A cura di Adriana Giussani K

3AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

DON ANTONIO MAZZI E LA FONDAZIONE EXODUSPadre Antonio Mazzi (Verona, 30 novembre 1929) è un presbitero escrittore italiano, impegnato in attività per il recupero di tossicodi-pendenti.Diplomato al liceo classico del Seminario vescovile di Verona nel1950, si laurea in teologia e filosofia a Ferrara nel 1955. Nella stessacittà prende gli ordini il 26 marzo 1956 nei Poveri Servi della DivinaProvvidenza, fondati da San Giovanni Calabria a Verona nel 1907.Tra il 1962 e il 1965 a Roma e Milano frequenta alcuni corsi di spe-cializzazione di psicologia, psicopedagogia, quindi si trasferisce aBologna dove studia psicoanalisi delle istituzioni presso la facoltà dipedagogia speciale con Andrea Canevaro.

A partire dal 1970 continua i suoi studi all'estero (Stati Uniti,Germania, Olanda, Francia, Svizzera) compiendo degli stagesin centri di riabilitazione per tossicodipendenti. Nel1980 fonda la Comunità Exodus*. Pubblica l'Agenda Tre-menda, un diario scolastico, che ora si chiama Tremendavoglia di vivere.Dagli anni novanta partecipa come ospite a programmitelevisivi e radiofonici, a convegni e talk-show per dif-

fondere il più possibile la sua opera. Ha ricevutotre lauree honoris causa in pedagogia, rila-sciate dall'Università di Palermo nel 1994,dall'Università di Lecce nel 1996 e dall'ate-neo di Macerata nel 2004.Collabora inoltre con molte testate gior-nalistiche e televisive cattoliche e non.

*La Fondazione Exodus è nata nel 1984,quando don Antonio Mazzi ha iniziato adoccuparsi di educazione e di disagio. Ilprimo passo è stato compiuto con il risa-

namento del Parco Lambro; un polmoneverde della periferia est di Milano, allora noto come luogo di spaccioe delinquenza. L'area è stata restituita alla città, grazie all'aiutodegli abitanti del quartiere, delle forze dell’ordine e degli stessiragazzi coadiuvati da un gruppo di educatori.Dopo questa prima esperienza, Exodus ha dato avvio al "Progetto Ca-rovana": cinque camper hanno girato nove mesi in lungo e in largoper l'Italia accogliendo 13 ragazzi tossicodipendenti e 6 educatori,dando vita ad una sorta di comunità itinerante.In seguito sono nate le prime comunità residenziali, vere e propriecase destinate all'accoglienza di giovani fragili.Continuando a lavorare in ambiti incerti e complessi, Exodus hamesso a punto un metodo educativo incentrato sulla scelta di essereavamposto, divenendo espressione concreta e quotidiana delle po-tenzialità dell'educazione nei contesti di "normalità" e nei contestidifficili.Oggi Exodus si propone di raccogliere la sfida dell'emergenza educa-tiva, con l'obiettivo di intervenire precocemente per riuscire ad "ar-rivare prima" che si manifestino i primi segnali di disagio.

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 3

4 • AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

ALourdes con un caro amico amma-lato. Un viaggio che avevamo pro-

grammato da tempo ma fino all’ultimoil mio scetticismo, la mia arida proget-tualità, la paura della folla, dei malati,del…suk (come qualcuno aveva defi-nito quel luogo), mi avevano bloccata.Poi siamo andati. Su quel treno sporcoe invivibile (ma, mi dicevano, fa partedel pellegrinaggio), con quella cuccettasoffocante (a lui cadeva un braccio aogni dondolio e io a tenerglielo su aogni scossa).Ero rassegnata. Apatica. Ormai erafatta. Si chiamava Accueil Notre-Dame: erauna struttura-ospedale, una casa al-bergo-ospedale dentro la cerchia deiSantuari. Camere a sei letti e un granderefettorio. Un parcheggio sconfinatoper i risciò. Dopo venti ore ci siamoarrivati.C’era un’aria fresca e verde di collina,il Gave scorreva veloce e pulito e io,ebbene, non so per quale inaspettatafortuna, avevo una camera singola. Ese guardavo bene, oltre il fiume, oltreil grande ponte bombato, potevo in-travedere qualche luce: la Grotta.E poi c’erano i malati: tanti, gravi, lievi,sereni. Ma soprattutto c’erano loro: ivolontari. Già sul treno avevo “assag-giato” la loro gentilezza e disponibilità,ma all’arrivo, l’amore, il sorriso, il gesto

gratuito e sempre pronto, l’affetto, lafede pura priva di qualsiasi bigottismo,erano stati per me una sorpresa incre-dibile, una meravigliosa scoperta.E poi le grandi Messe internazionali, laprocessione, la Via dell’Acqua, il Rosa-rio, …la Grotta. Quell’atmosfera chiara,intensa. Quell’aria trasparente di purapreghiera. Quell’aura.Anche il mio amico ne fu preso. Dap-principio un po’ confuso: lui che venivada anni di chiusura in una biblioteca,su una carrozzina… ma poi ne rimaseincantato, anche lui, che pure era par-tito più convinto e più pronto di me.All’inizio mi ero ripetuta le parole delmio amico prete: “Vacci priva di pre-concetti. Lasciati portare…non pensarea nulla…”. Parole che mi sono serviteda subito, parole balsamiche…Una notte, alle tre, mi sono alzata evestita. Alla Grotta c’erano una decinadi persone. La mia pace l’ho trovata lì. E ancoranon mi ha lasciata. Vorrei che durasse,perché è grande e mi rende facile lavita. Perché non sento più la strettadel busto e l’impiccio del bastone, masono leggera dentro e fuori. E, anchese non riesco, tento di ricordare, diemulare almeno un po’ quei sorrisi te-neri e pronti, quel calore, quella am-mirevole fede.

Adriana Giussani K.

Nella Lettera pastorale “Alla scopertadel Dio vicino” il cardinale Scola ci invitaad accogliere la grazia di questo Annodella fede e prima di tutto a rimettercicon umiltà alla scuola di Gesù, a doman-darci che cos’è la fede, partendo dallanostra storia, dalla nostra personaleesperienza di ascolto e di conversione,fino alla nostra partecipazione alla vitadella comunità cristiana e della societàplurale.

Per aiutarci in questo percorso di veri-fica e di impegno propongo il libro diCristina Uguccioni, “La Parola che amo”(Figlie di San Paolo, 2005). Il libro rac-coglie le conversazioni con alcuni “uo-mini e donne di fede”, tra cui SilvanoFausti, Luigi Ciotti, Gino Rigoldi, AnnaMaria Canopi. Le interviste si sviluppanoa partire dalla domanda: “Quale passodei Vangeli o dell’intera Bibbia ama dipiù, le è più caro?”.“Mi accorsi”, scrive l’autrice, “che questadomanda suscitava in tutti la medesimareazione”. Anzitutto la prontezza nel ri-spondere e la partecipazione emotivacon cui gli interlocutori spiegavano il si-gnificato di quel brano. I passi scelti,poi, rispecchiavano e raccontavanomolto della personalità degli intervistati:“Era come se la Parola gettasse luce sudi loro e ne rivelasse le attitudini, leaspirazioni, la natura più profonda”.Le persone che incontriamo nelle paginedi questo libro hanno in comune il fattodi essersi messe in ascolto della Paroladi Dio e di perseverare nell’ascolto. É iltempo dedicato a fare silenzio dentro disé e a “stare con Dio” che diventa poisorgente del loro fare, dà senso e con-cretezza alle loro azioni, si traduce inopere preziose nella loro unicità e altempo stesso complementari a quelledegli altri.Buon Anno della fede!

Sara Esposito

LA PACE RITROVATAL’ASC0LTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA • VISTE E LETTI PER VOI •

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 4

5AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

Oggi, 11 ottobre è una giornatache resterà nella storia della

Chiesa cattolica e che resterà nellamemoria di noi cristiani. Si cele-brano i cinquant’anni dal ConcilioVaticano II e inizia l’Anno dellaFede.Il primo, un evento che ha rivolu-zionato il percorso della Chiesa cat-tolica, il secondo un altro evento chedovrebbe permettere a noi cristianicattolici di meditare sulla parola Fedee di approfondirne il rapporto.Cosa vuol dire la parola Fede inun’epoca in cui si ha l’impressioneche ce ne sia tanto poca o che cene sia tanta invece in comporta-menti che con la Fede (nell’inter-

pretazione cattolica del termine),non ha nessuna relazione? Si proclama d’aver Fede ma qualisono gli esempi? I comportamentipubblici e privati portano a una pro-fonda frustrazione, a un disinganno,a una delusione. Bisogna essere fortie non farsi trascinare nello scettici-smo. Bisogna credere, appunto, inse stessi e in ciò che la vita ci hadato nelle gioie ma anche nelle sof-ferenze e nel dolore. Si pensa d’averseguito le parole del Cristo? Alloranon bisogna mollare. Avere Fede vuol dire tante cose.Dalla Fede in Dio, che è il riferi-mento più ovvio per noi cristiani,alla fede nelle proprie possibilità,

alla fede nell’amore per il prossimo.E l’epoca che viviamo ci mette con-tinuamente di fronte all’amore perl’altro, per il diverso, per il disere-dato, per il malato, per colui cheviene da altrove e che ha una suaFede. Quanto siamo disposti ad accettare?Non partiamo spesso dalla presun-zione di essere nel giusto discrimi-nando un altro essere umano? Pensare alle altre religioni: alla re-ligione ebraica, alla religione isla-mica, alla religione buddista. Gli uni hanno Fede nell’attesa delloro Messia, combattendo per sal-varsi, subendo da secoli lo sradica-mento, la “cacciata” si potrebbedire. Leggere Il signor Mani di Abra-ham Yehoshua ci fa capire la soffe-renza e la rassegnazione di un po-polo a cui è stato detto di“aspettare”. Gli altri, spesso con eccessiva vio-lenza (difficile da accettare per noiche dovremmo sempre essere paci-fisti e misericordiosi), difendono illoro Maometto, il loro credo, la loroFede.E infine, se ci si dichiara atei, senzacredo in una religione, senza un ri-ferimento a cui aggrapparsi, con lasupponenza di essere sufficienti ase stessi, si finisce spesso per finirein una “setta” o nelle mani di qual-cuno che approfitta della fragilitàdella “non fede” per far credere altrecose che sono disorientanti e chefanno compiere percorsi assoluta-mente al servizio di chi ti sta ma-novrando. Fede è Vita. Fede è Forza. Questa la nostra tesi. Tutto dimostrache l’uomo non può vivere solo conle proprie possibilità. Ha bisogno diuna Forza trascendente, che lo guidie che glielo faccia credere di essereguidato. Ha bisogno di una Forzache gli dia speranza, che gli per-metta l’abbandono, che gli facciasentire il vero Amore.Questa è la salvezza.

Maria Grazia Mezzadri

LA FORZA DELLA FEDELA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 5

6 • AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

LA FEDE È DONOLa fede è certamente un dono, non una con-quista, perché Dio non lo vediamo. Questodono parte da Dio che vuole sciogliere ilcuore dell’uomo e rendere attento il suosguardo alle realtà invisibili.Ciò che Dio cerca è l’uomo, la sua dignità; èla bellezza profonda dell’anima umana, daLui stesso creata, che vuole fare intimamentesua. Dio vuole entrare in amicizia con l’uomoe quindi chiunque può trovarlo, anche negliultimi giorni della sua vita terrena.Dobbiamo chiedere con umiltà il dono dellafede, impegnandoci però a distaccarci dallecose che ci preoccupano o ci affannano, daldesiderio smodato del denaro, del successo,del potere, per trovare qualcosa che va al dilà e che Dio vuole donarci.

LA FEDE È AFFIDARSILa natura profonda della fede è di fidarsi diun altro. Del resto, la stessa radice ebraicadel verbo “affidarsi” allude a chi si appoggiaa una roccia, a qualcosa che sa essere salda,alla promessa di chi gli dà la certezza chenon sarà mai deluso.La fede cristiana può essere certamente de-finita come un’avventura spirituale, il darela mano a una persona che non si conoscebene, ma in cui si ha fiducia, e lasciarsi con-durre.Dal punto di vista della ragione securizzante,che vuol sempre calcolare tutto in anticipo,

c’è un certo rischio in questo. È il rischio dichi si fida e ama.

LA FEDE UNIFICA LA VITALa fede illumina i singoli e tutti gli avveni-menti della vita ed è capace di dare loro unsenso unitario. Naturalmente anche le grandifilosofie tendono allo stesso fine. La fedeperò non è soltanto una visione unitaria dellecose; è una realtà, il fatto che Dio mi sidona e fa unità dentro di me.La fede che amo è il culmine dell’esperienzaumana, e tutto il resto è inferiore, subordinatoa questo atteggiamento fondamentale nelquale l’uomo raggiunge il punto più alto dellasua attuazione. Quando la fede è vissuta perse stessa e per Dio solo, non per qualche altrovantaggio, allora si esperimenta che essa uni-fica la vita, facendo percepire delle priorità.

LA FEDE È ASCOLTOLa fede è come un piccolo seme che va con-tinuamente nutrito. Il nutrimento fondamen-tale della fede è stato ed è, per me, l’ascoltoe la meditazione della parola di Dio, ma inun clima di adorazione, di lode e di preghiera.In mancanza di questo alimento il piccoloseme inaridisce e rischia di morire.Le intuizioni che ho avuto sulla vita a diecianni, cioè sulla vita come risposta all’amoreinfinito e personale di Dio per l’uomo, amoreche si è rivelato in pienezza in Gesù Cristo, sisono approfondite e arricchite nel corso degli

anni. Nell’incessante meditazione della Bibbiae del Vangelo ho trovato stimoli fondamentaliper comprendere il rapporto di ogni esistenzaumana e di ogni suo momento con il misterodi Dio e di Cristo.Vi sono stati momenti in cuil’esperienza di essere prete e religioso mi èapparsa particolarmente faticosa, quasi al li-mite della sopportabilità. Tuttavia il Signoremi ha dato e mi dà la grazia di vedere il sensodei giorni difficili e tale senso mostra semprela positività della mia obbedienza, libera egioiosa, alla chiamata divina.

LA FEDE È OFFERTA A TUTTINon dipende dalla cultura e dallo studio, an-che se lo studio aiuta ad approfondire alcunetematiche derivanti o legate alla vita di fede.Gesù non fa differenza di persone, ma chiedea tutti e a ciascuno di farsi piccoli, docili,disponibili ad accogliere il dono di Dio. Eposso dire di aver conosciuto tantissimi uo-mini e donne che non hanno avuto modo distudiare, di approfondire e che però sono“sapienti” nella fede, dedicati al Vangelo,ricchi di carità per i fratelli vicini e lontani.

LA FEDE È GIOIAUna conversione a Dio porta sempre moltagioia. Non si tratta di una decisione trauma-tica, che guasta la vita, bensì di un modonuovo di vedere la realtà, un modo che per-mette di riconsiderare tutto con occhio lim-pido e sereno.Chi si converte a Dio avrà la grazia di cogliere,con letizia e con pace, ciò che è opportunocambiare nel suo pensare, nel suo parlare,nel suo agire, nella sua mentalità, nelle suegiornate. E questo avverrà con tale convin-zione e forza interiore da rendere facili anchele cose apparentemente più difficili. In altreparole, è il cuore che deve cambiare.

a cura di Sara Esposito

CAMBIARE IL CUORERendo omaggio al cardinale Martini, che è stato ed è per me un punto di riferimento importante, e offro ai nostri lettori alcuni suoi spunti di riflessione sul tema della fede. Sono trattidall’intervista rilasciata ad Alain Elkann e pubblicata con il titolo “Cambiare il cuore” (Tascabili Bompiani, 2005).

IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.13 Pagina 6

7AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

La scienza che è vita e la fede percrescere devono di continuo essere

messe in discussione per poter maturare,verificare, penetrare. Non vi sembra giàquesto un cammino dove l’evoluzionedel pensiero, ricca delle risposte già ot-tenute, ripropone percorsi nuovi versoquel profondo sentire che la conoscenzadona? Il pensiero non è statico, la ri-cerca di un Dio creatore gli farebbe tortose tutto fosse basato su un processocreativo avvenuto in un paradiso terre-stre solo poche migliaia di anni fa men-tre 14 miliardi di anni fa l’universo ini-ziò ad espandersi e dal big bang iniziale,scaturì l’evento più importante del no-stro vivere; in pochi secondi da unpunto originato da una profonda quieteapparente, per un misterioso quantostraordinario evento, iniziò la suaespansione, espansione che continuatutt’ora. In questo la scienza, per chicrede, intravede un disegno, una vo-lontà, una forza buona e benigna, unartefice che si è fatto dono gratuito achi, in libertà di scelta, sia disposto ad

accettarlo, ma il mistero deve essere ri-spettato.“Non è la conoscenza che illumina ilmistero, ma il mistero che illumina laconoscenza” (Pavel Evdokimov). L’uomo, si sa, pretende con caparbiaostinazione di conoscere tutto e subitosenza quella pazienza e quella umiltàdi cuore necessarie in questa affannosama straordinaria ricerca, ma è nel mi-stero delle cose e nel progetto che unDio creatore ha su ognuno di noi esseriliberi, unici ed irripetibili che a poco apoco si stempera, durante il percorso divita di ognuno, questa tensione del sa-pere. Fu Charles Darwin ad intuire ed inseguito a verificare parzialmente l’evo-luzione della specie e dei meccanismibiologici che stanno alla base della vitadel mondo vegetale ed animale. Nellenostre cellule, strutture finalizzate alprogetto uomo, animale, pianta ritro-viamo sempre una volontà di vita, si-stemi in grado di realizzarci, geni cheesprimono il loro linguaggio in terminibiochimici; un vero e proprio codice ge-

netico che si rivela con lettere moleco-lari in grado di essere trasferito dal librodella nostra personale identità(DNA) edecodificato in proteine: le struttureportanti dell’essere (fenotipo).

Ed è proprio su questa macromolecola,protetta e gelosamente custodita inogni nucleo delle nostre cellule che èracchiuso il segreto, ma anche la tracciadi un atto di vita creativo, in evoluzionecontinua. Dio crea ogni giorno e l’evo-luzione della specie, suo dono gratuitoall’uomo e all’umanità intera, diventatestimonianza importante dell’amore ap-passionato che ha per ogni sua creatura.Attraverso la natura il nostro Creatoreci parla in nome della verità e, secondoKarl W Giberson, la natura costituisce ilsecondo libro di Dio. Difendiamo le bel-lezze e l’armonia del creato con forza,impegnandoci in una battaglia che, sevinta, sarà sicuramente portatrice di be-nessere per tutte le forme viventi. L’ef-fetto serra, l’esaurimento delle risorse,la flora e la fauna in estinzione, l’inqui-namento, le malattie, i mutamenti cli-matici (scioglimento dei ghiacci) nondovranno turbare l’equilibrio biologicoe quindi la vita in un mondo dove ogniessere umano saprà ancora emozionarsisemplicemente di ciò che i suoi sensigli fanno percepire e che rielabora nelsuo cuore e nella sua mente facendociintravedere squarci di paradiso. “Esistono molte cose nella vita checatturano lo sguardo, ma solo pochecatturano il tuo cuore: seguiquelle.”(anonimo)

Ersilia Dolfini

SCIENZA E FEDEEsistono molte cose nella vita che catturano lo sguardo, ma solopoche catturano il tuo cuore: segui quelle.

IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI

LA FEDEPerciò chiunque ascolta queste mieparole e le mette in pratica, è similea un uomo saggio che ha costruitola sua casa sulla roccia. Cadde lapioggia, strariparono i fiumi, soffia-rono i venti e si abbatterono su

quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia(Mt 7, 24-25)

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.14 Pagina 7

8 • AscoltAmi n.42 • dicembre 2012

Prendere la parola, meglio la penna,per parlare di fede mi spaventa un

po’ per due ragioni. L’una è il rischio diusarla in maniera superficiale e qua-lunquista, l’altra perché reputo sia unaparola da lasciare più a dei teologici.Persone competenti di una spiegazioneadeguata. A me verrebbe più facile par-lare di religiosità cioè una fede che sifa pratica religiosa. Per sottrarmi ai rischi sopradetti hotrovato più appropriato e bello lasciarmiilluminare e sollecitare da testi che ri-guardano due pontefici. Uno della miagiovinezza e l’altro l’attuale. Che, a di-stanza di tempo, centrano con l’annodella fede perché ambedue hanno sen-tito il bisogno di ridire la fede in modopiù adatto ai cambiamenti del lorotempo. E io ho trovato in loro qualcosache arricchisce la mia fede e nellostesso tempo qualcosa che serve ai vo-lontari che cercano risposte illuminantila condizione di malattia e di vecchiaia

e comunque dare un senso alla vita diogni uomo. Provate a gustare con mequesto passaggio di un discorso diPaolo VI: “La fede è una virtù divina,meravigliosa; e se noi abbiamo la for-tuna di possederla, dobbiamo eserci-tarla, dobbiamo respirarla, dobbiamoprofessarla: prima interiormente per ac-cettarne l’umiltà, per sperimentarne laluce, per sentirne la dolcezza, per go-derne l’energia di cui si riempie, poiper esprimerla esteriormente, nella no-stra parola, nel nostro canto, nella no-stra condotta, nello spirito di fede chedeve stilizzare tutta la nostra vita, insemplicità senza timore.” (10.6.1964)Come si può rimanere insensibili da-vanti al dono della fede quando èespressa come una fortuna, un ossi-geno, una luce, una dolcezza, un’ener-gia che si fanno parola, canto, con-dotta, semplicità? Sono risorse che lafede ci dona, utilizzabili per noi e spen-dibili per gli altri.Papa Benedetto su questa visione dellafede ci offre domande come: “La fede èveramente la forza trasformante nellanostra vita? Oppure è solo uno deglielementi che fanno parte dell’esistenza,senza essere quello determinante chela coinvolge totalmente?” In queste do-mande mi sento interpellata personal-mente e, a pensarci bene, mi sembraproprio che non sia percepita da mecome un elemento che determina lamia esistenza. E penso che la crisi chestiamo vivendo corroda anche la fede.Il Papa, nella sua visione profonda del-l’uomo e dei suoi bisogni prioritari, ri-propone con forza “un cammino perrafforzare o ritrovare la gioia della fede,

comprendendo che essa non è qualcosadi estraneo, di staccato dalla vita con-creta, ma ne è l’anima .” (17.10. 2012) Mi ha colpito quando il Papa dice chestiamo vivendo una “desertificazione spi-rituale”. “Se la fede non riprende vitalità… tutte le altre riforme rimarranno inef-ficaci”. Sappiamo nei nostri moltepliciincontri quotidiani quanto sia diffusal’indifferenza religiosa. La mancanza diDio non è più avvertita come una man-canza: con Dio o senza Dio non cambianulla. Sembra che non ci debba essereneppure una domanda religiosa.Se non ci si sofferma a riflettere avver-tiamo questa mancanza di Dio come unabbandono dei segni religiosi. Comeuna scristianizzazione legata alla mo-dernità. Come se fosse una colpa pura-mente tecnica. Mi pare piuttosto unacarenza di annuncio del Vangelo allenuove condizioni. Il nuovo, con tuttele novità che comprende, interpella leintelligenze dei cristiani perché sap-piano recuperare la “forza trasformantedella fede” per ritrovare senso e signi-ficato alla propria vita e da comunicareanche agli altri.Il metodo del volontario AMI anteponeall’ascolto dell’uomo, l’ascolto di Dio,nella centralità dell’Eucaristia. Guida erisorsa questa nell’ascolto dell’uomo. Ivolontari, aiutati dagli insegnamentidella Chiesa, hanno la pretesa di offrireparole e gesti che rianimino la vita dichi soffre ed è sfiduciato. La fede di-viene sfida là dove naufraga il pensierodell’uomo.

Marina Di Marco

Fiume Giordano:rinnovo del Battesimo

LE NOSTRE SEDISEDE CENTRALE: Milano, Volontariato AMI , via Trivulzio 15, 20146,tel. e fax 02 4035756, e-mail: [email protected], [email protected] http://volontariatoami.altervista.orgVIMODRONE: Istituto Redaelli, via Leopardi, 3, tel. 02 25032361MILANO: Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60,tel. 02 26432460, fax 02 26432576,MILANO Associaz.Aurlindin: Viale Murillo 46 - 20149 - Tel. e Fax 0248100757 MERATE Istituto Frisia: Via Don Carlo Gnocchi 4 - 23807, Tel. 0399900141 - Fax 0395981810MILANO Residenza Bicchierai: Via Mose Bianchi, 90 - 20149, Tel. 0261911 - Fax 02619112204

Direttore responsabile: don Carlo StucchiDirettore di redazione: Marina di MarcoGruppo redazionale: Ersilia Dolfini, Sara Esposito, Adriana Giussani K., Maria Grazia MezzadriFoto: Arch. AMI, pag. 8, I, II Vetrina T. MavriciEditing: Adriana Giussani K.Progetto grafico e impaginazione: Raul MartinelloStampa: NAVA SpA, Via Breda 98, 20136 MilanoChiuso in redazione: 5/11/2012

MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMO

LA FEDE SFIDA AL SENSO DEL VIVERE

nel prossimo numero

La Fede è Incontro

FOTOTECA • FOTOTECA •

Foto: Tiberio

Mavrici

-Ascolt 42_Layout 1 08/11/12 21.14 Pagina 8