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La crisi economica e i fondamenti del Diritto del lavoro in Spagna

Prof. Dr. h.c. Miguel Rodríguez-Piñero B.-F.Presidente honorario de la Asociación Española de Derecho del

Trabajo

1. La reazione europea di fronte alla crisi. 2. L’impatto della crisi nell mercato del lavoro in Spagna. 3. La riforma del mercato del lavoro del governo socialista. 4. La riforma della contrattazione collettiva del governo socialista. 5. La “riforma globale del mercato del lavoro” del governo popolare. 6. L’estensione dei poteri di gestione aziendale. 7. La flessibilizzazione del licenziamento. 8. La nuova disciplina della contrattazione colettava.

1.- Il cinquantenario della nascita dell’Associazione italiana di Diritto del lavoro e della Sicurezza Sociale, che tanto lavoro ha preso e tanta influenza ha avuto nello sviluppo e il progresso del diritto del lavoro in Italia e all'estero, coincide con un momento grave de crisi economiche ha profondamente influenzato, non solo in Italia, l’evoluzione e gli sviluppi futuri de il diritto del lavoro all’interno de un processo di europeizzazione che genera riforme dei diritti del lavoro nazionali progettati seguendo la direzione e le indicazioni delle istituzioni dell'Unione Europea.

La crisi economica degli anni ’70 aveva una grande influenza sulla costruzione del diritto sociale europeo. Le misure comunitarie adottate allora per combattere la crisi hanno sistemato un quadro giuridico per la tutela dei lavoratori colpiti dalla crisi: l´adozione delle direttive sui licenziamenti collettivi, sul trasferimento d’azienda e sull´insolvenza del datore di lavoro, chi sono une dei nuclei fondanti del diritto sociale europeo.

La reazione europea alla crisi in atto, che ha generato come vittime fondamentali i lavoratori, non ha causato avanzamenti nel diritto sociale europeo: invece la risposta non è stata la creazione

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di nuove regole sociali europee, ma, piuttosto misure, di tipo economico per fare fronte alla crisi, ma qui hanno influenzato in modo efficace sulla legislazione e la politica del lavoro degli Stati membri, de modo diverso ma con alcune linee d’azione comune. Queste politiche del lavoro hanno perseguito un nuovo equilibrio tra tutela del lavoro e la ricerca de flessibilità e competitività delle imprese attraverso riforme profonde della legislazione del lavoro e della contrattazione collettiva.

Nella disciplina giuridica del contratto di lavoro ci sono state approvate varie riforme legislative per ridurre tutele tradizionali del lavoro e per ampliare i margini della libertà d’impresa e di gestione del lavoro, mediante una maggiore flessibilità, d’ingresso, interna e in uscita. Queste modifiche legali hanno generato nuovi approcci dottrinali e giurisprudenziali, una nuova cultura aziendale e cambiamenti nelle relazioni industriali, nelle pratiche negoziali e nella contrattazione collettiva, indotti o imposti dal legislatore statale come parte delle riforme del diritto del lavoro.

2.- In Spagna, l'attuale crisi economica e finanziaria, che è stata molto profonda, è stata accompagnata dalla distruzione in massa di posti di lavoro che hanno generato un numero crescente e drammatico de disoccupati (sei milioni, più del ventisette per cento de disoccupazione). La situazione de crisi ha facilitato importanti riformi de la disciplina giuridica del mercato de lavoro, del rapporto de lavoro e della contrattazione collettiva. Anche in Spagna, la crisi ha stato utilizzata come giustificazione per una flessibilizzazione del diritto del lavoro, no per difendere i lavoratori dagli effetti sociali negativi della crisi ma a vantaggio delle imprese per assicurare la sua sopravivenza e competitività.

La crisi aveva provocato, nel dialogo sociale e nel dibattito politico, un certo consenso sulla necessità di riforme del mercato del lavoro ma ha mancato consenso sul suo contenuto. Questo dissenso ha portato, prima, al governo socialista e, dopo, al governo popolare a imporre unilateralmente por la via dei decreti legislativi d’urgenza, successive e profonde riforme della legislazione del lavoro, in particolare della la legge dell’Estatuto de

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los Trabajadores. Se potrebbe parlare, comò reazione alla crisi economica e de l'occupazione e alla pressione internazionale, de un’unica riforma global in fasi successive, con elementi di continuità ma con rilevanti cambiamenti, paralleli al diverso segno politico dei governi. Il risultato è che il Diritto del lavoro spagnolo ha subito negli ultimi tre anni cambiamenti radicali che hanno colpito alcuni dei suoi elementi più caratteristici, e ancora oggi il governo è stato invitato da Bruxelles a compiere nuovi passi nella riforma liberante del mercato del lavoro.

3.- La prima fase della riforma del diritto del lavoro risale del Governo socialista attraverso il decreto legge 10/2010 convertito nella Legge 35/2010, in tema de contratto de lavoro e di mercato di lavoro, e chi se completa con il decreto legge 7/2011 sul regime giuridico della contrattazione collettiva.

La legge 35/2010 aveva introdotto "misure volte a promuovere la flessibilità interna negoziata nelle aziende e per incoraggiare l'uso di orario ridotto come uno strumento di aggiustamenti temporanei di lavoro" e per facilitare i licenziamenti oggettivi, e, indirettamente, abbassare l’indennità del licenziamento senza giusta causa, con l'obiettivo di creare e migliorare l'occupazione, e favorire il miglioramento della produttività e della competitività delle imprese. La legge si è proposto, secondo il suo preambolo, di migliorare la produttività, "il rinnovamento del nostro modello di produzione", di "rendere le nostre economie più resistenti agli shock esterni" e "migliorare la propria competitività a medio e lungo termine". Essa mira a migliorare la situazione delle imprese e dell'economia in attesa che essa possa contribuire a ridurre la disoccupazione.

La legge 35/2010 ha tentato di espandere "le possibilità di flessibilità interna all’impresa offerte dalla normativa vigente" per facilitare i cambiamenti organizzativi e la ristrutturazione delle imprese e aveva cercato di "rafforzare i meccanismi di adattamento delle condizioni di lavoro delle specifiche circostanze che abbraccia l'impresa" come scelta al licenziamento, meccanismo prevalente in pratica per la ristrutturazione aziendale. L’allargamento dell'ambito

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di disponibilità del datore di lavoro è stato accompagnato da un maggiore o minore grado di coinvolgimento della rappresentanza unitaria elettiva dei lavoratori in azienda, come condizione di legittimità della decisione sui licenziamenti collettivi e su modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro, secondo un meccanismo che la legge ha descritto come "flessibilità negoziata", e che aveva previsto dei momenti di intervento della rappresentanza dei lavoratori. La riforma del contratto di lavoro de 2010 aveva cercato, cosi, di rispondere alla segnalata rigidità del nostro sistema normativo, che per gli imprenditori, le organizzazioni economiche internazionali e le autorità dell'Unione europea impediscono una gestione dinamica delle imprese, e di rispondere alle sfide dell’elevata competitività causata dalla globalizzazione dei mercati e dalla grave crisi economica.

4.- A sua volta, il decreto legge 7/2011 aveva cambiato la disciplina giuridica de la contrattazione collettiva affinché de “più e migliori contratti collettivi, più ordinati in modo che possano svolgere un ruolo più utile ed efficace per la regolazione dei rapporti di lavoro e condizioni di lavoro”. La crisi e la disoccupazione hanno spinto una riforma profonda del quadro legale della contrattazione collettiva in un senso più flessibile, per favorire una gestione più dinamica e flessibile del rapporto di lavoro e dei salari, che tengano conto de la situazione dell’azienda.

La riforma socialista della contrattazione collettiva è stata inspirata nel senso indicato dall’Unione Europea. Il Patto Euro Plus del marzo 2011 aveva chiesto agli Stati di assicurare l'evoluzione del costo del lavoro in linea con la produttività, attraverso la "revisione degli accordi di fissazione dei salari e, quando necessario, del livello di centralizzazione del processo di negoziazione e dei meccanismi di indicizzazione, pur mantenendo l'autonomia delle parti sociali nel processo di negoziazione".

Il decreto legge 7/2011 ha affrontato le disfunzioni esitenti nel sistema contrattuale collettivo, e assuma l’obiettivo di avere "più contrattazione collettiva e di migliore qualità, contratti collettivi più ordinati e migliori, così che possano svolgere un ruolo più utile ed

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efficace per la regolazione delle relazioni industriali e delle condizioni di lavoro". È stato proposto l´adattamento delle condizioni di lavoro ai cambiamenti assicurando la vitalità delle imprese per contribuire, comò indicato, "alla crescita economica spagnola, migliorando la competitività e la produttività delle imprese spagnole, e di conseguenza, la crescita dell'occupazione e la riduzione della disoccupazione".

La nuova norma aveva cercato di correggere la frammentazione e la dispersione dei contratti collettivi, la mancanza di dinamismo e l'efficacia prorogata indefinitamente degli accordi non rinovati, inadeguata nelle nuove condizioni economiche e industriali. Favorisce una regolazione collettiva più "sensibile" alle richieste di gestione flessibile dell’impresa e una contrattazione collettiva più flessibile, più vicina all’azienda e più adattata ai cambiamenti, postulando “un (nuovo) equilibrio tra la flessibilità per le imprese e la sicurezza dei lavoratori”. A tal fine aveva stabilito nuove regole per la riduzione della durata delle trattative e ha cercato di facilitare l'estinzione rapida e flessibile del "vecchio" contratto, ma conserva la regola della ultra attività, benché cerchi di evitarne o ridurne la sua applicazione.

La legge socialista mantiene e rafforza il potere di autonomia collettiva di progettare modelli de contrattazione collettiva articolata, ma introduce misure di incoraggiamento e di sviluppo della contrattazione collettiva su livelli o unità decentrate, dando preferenza applicativa dell’accordo aziendale rispetto ad alcune materie ma si è autorizzato dal contratto collettivo esterno.

Il favore legislativo nei confronti della flessibilità ha riguardato, ma anche l'attuazione e l'efficacia vincolante del contratto collettivo e la sua stabilità. Diverse misure appaiono volte a perseguire la capacità di adattamento delle condizioni di lavoro alla situazione aziendale, facilitando le modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro, il’adattamento e la rinegoziazione del contratto collettivo. Può servire come esempio il nuovo regolamento sul “descuelgue” che stabile una possibilità di modifica delle condizioni di lavoro regolate dai contratti collettivi e soprattutto

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espandedo le cosiddette "opening clauses", che mirano a garantire una maggiore flessibilità salariale e che permettono di eludere l'efficacia collettiva di livelli salariali contrattuali riducendo i salari, in presenza di determinate condizioni e requisiti.

Con queste riforme socialiste 2010/2011 il legislatore aveva cercato di aiutare alle aziende ad adattare i salari e livelli di forza di lavoro alle loro condizioni economiche e produttive, ma anche contribuire a "la crescita dell'economia spagnola, un miglioramento della competitività e produttività delle aziende spagnole e quindi la crescita dell'occupazione e ridurre la disoccupazione". Inoltre, entrambe riforme sono state una parte del programma di riforme strutturali nel nostro sistema economico e finanziario suggerite dall'UnioneEuropea.

5.- La seconda fase de le riforme del diritto del lavoro spagnola e promossa per il governo conservatore del Partito Popolare che, fin dall'inizio, aveva annunciato una "una riforma globale del mercato del lavoro... per garantire un quadro giuridico di lavoro equo, sicuro e flessibile", e che colpisce sia il contratto individuale di lavoro che il contratto collettivo. Il nuovo Governo aveva dichiarato il proposito di ottenere una maggiore flessibilità all'interno dell'azienda e di riformare la struttura e il contenuto della contrattazione collettiva, in modo che ogni materia sia trattata a livello territoriale o settoriale per garantire la competitività economica e l'occupazione sostenibile.

Inoltre la riforma popolare annunciata sembrava destinata a correggere il regime delle modifiche sostanziali alle condizioni di lavoro in mancanza di accordo, consentendo al datore di lavoro di imporle unilateralmente, senza pregiudizio di un posteriore controllo giurisdizionale. Tuttavia il Governo aveva nascosto l'aspetto più sensibile della futura riforma, la liberalizzazione e l'abbassamento dei costi di licenziamenti.

La riforma è stata fatta dal Decreto legge 3/2012 del 10 febbraio, de misure urgenti per riformare il mercato del lavoro, che è stato convertito in legge, con cambiamenti espressivi, dalla legge

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3/2012, del 6 luglio. La legge afferma essere stata richiesta da parte delle istituzioni economiche mondiali ed europee e che "mira a creare le condizioni necessarie per l'economia spagnola può ancora creare posti di lavoro e generare la necessaria sicurezza", non solo per i dipendenti e datori di lavoro, ma anche “per i mercati e gli investitori". Il riferimento ai mercati e agli investitori riflette una rottura tra la precedente riforma socialista, ed ha portato a un certo spostamento dell'oggetto del diritto del lavoro della tutela del lavoro alla tutela dell'azienda, della "produttività" e dei mercati finanziari.

La riforma popolare provoca un’efficace espansione del potere unilaterale del datore di lavoro, sia nella flessibilità interna, che non è caratterizzata già come "negoziata", sia nel facilitare i licenziamenti obiettivi, e la riduzione importante di costi di licenziamento ingiustificato. Le riforme socialiste precedenti avevano esteso il potere aziendale e avevano posto l'azienda in una posizione migliore per affrontare i rischi dei mercati, ma la nuova riforma popolare intensifica e approfondiscono tali riforme e accentua per i lavoratori i trasferimenti di rischio della situazione e dello sviluppo dell'azienda.

I poteri del datore di lavoro sono ancora soggetti a limiti formali e causale, ma molto più leggeri. L'eliminazione dei controlli collettivi e amministrativi alle aziende e de la rigidità della regolazione del lavoro, persegue un miglioramento dell'economia che è supposto permetterà alle aziende di creare e de mantenere l'occupazione. A rigor di termini, la legge 3/2012 non può essere considerata come una misura di politica sociale, ma come una misura politica con uno scopo prevalentemente economico. E`stato attraversato le "linee rosse" intoccabili che avevano rispetato tutte le riforme precedenti dello Statuto dei Lavoratori dal 1980: i costi di licenziamento senza giusta causa, l'autorizzazione amministrativa per i licenziamenti e sospensioni collettive dei contratti di lavoro, l’eliminazione de l'ultra-attività di contratto collettivo e il ripasso del principio d’unità del contratto collettivo per raggiungere l’applicazione prioritaria su alcune questioni degli accordi aziendali,

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tutto per garantire una maggiore flessibilità interna ed esterna al datore di lavoro.

La legge dichiara contenere "misure incisive e d’immediata attuazione al fine di stabilire un quadro chiaro che contribuisce alla gestione efficace dei rapporti di lavoro e a facilitare la creazione di posti di lavoro e la stabilità dell'occupazione". Include riforme in materia di collocamento e di formazione professionale; un nuovo contratto a tempo indeterminato per le imprese con meno di cinquanta dipendenti, con licenziamento ad nutum il primo anno; ha abolito il divieto di lavoro straordinario nel contratto part-time; ha rimosso i limiti precedenti sui contratti di formazione e l'apprendimento e regola il telelavoro come una formula flessibile dell'organizzazione del lavoro. La legge comprende anche misure per incoraggiare la flessibilità interna, compreso il Kurzarbeit e ha portato a cambiamenti radicali del regime dei licenziamenti, soprattutto del licenziamento nell’interesse dell’azienda, in più de accentuare la flessibilità e il decentramento della contrattazione collettiva. Di questa vasta riforma del rapporto di lavoro posso indicare solo le modifiche, più rilevanti e di maggiore importanza.

6.- L'obiettivo de estensione dei poteri di gestione aziendale ha ispirato l'intera riforma, che coinvolti l’ampliamento della disponibilità sul lavoratore, nel trattamento di flessibilità interna, nel nuovo ruolo della contrattazione collettiva aziendale, e il trattamento de la flessibilità esterna, riducendo la protezione contro il licenziamento. L'ampliamento della flessibilità interna è giustificato per promuovere scelte ai licenziamenti, in modo da poter far fronte il datore di lavoro alle fluttuazioni della domanda o alla difficile situazione economica aziendale attraverso meccanismi diversi dal licenziamento. Per raggiungere quest’obiettivo sono ora introdotte nuove disposizioni che riguardano l'esercizio ordinario del potere de direzione, dell’ius variandi e del potere di modifica delle condizioni sostanziali del lavoro. Il sistema di classificazione professionale è sostituito da gruppi professionali che possono comprendere, diverse "compiti, funzioni, specialità professionali o competenze assegnate al lavoratore" ed è stata estesa la possibilità de cambiamento di mansioni diverse da quelle concordate, dalla

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mera esistenza di motivi tecnici o organizzativi. In orari di lavoro il datore di lavoro può procedere ora direttamente a una distribuzione non uniforme annuale pari al dieci per cento della giornata.

Più importanti sono i cambiamenti sulla mobilità geografica, le modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro, la sospensione del contratto e l’orario ridotto. Il legislatore ha progettato un modello unilaterale di flessibilità interna in contrasto del sistema di flessibilità negoziata disegnato nella riforma socialista. I meccanismi per facilitare l'adattamento delle condizioni di lavoro e dell'organizzazione del lavoro non sono generalmente intesi come formule negoziate e l'attuazione di misure interne di adattabilità dipende in definitiva dalla volontà unilaterale del datore di lavoro. I cambiamenti hanno colpito la definizione più amplia delle cause che legittimano dei poteri esorbitanti de modifiche contrattuali, di mobilità geografica, e di sospensione del contratto o riduzione temporanea dell'orario di lavoro.

Continua a essere rilevante la "dimensione" individuale o collettiva della misura da adottare, la dimensione collettiva richiede comunque un processo di consultazione e di negoziazione e le modifiche individuali richiedono un semplice obbligo di notifica della decisione adottato per il personale interessato e per i rappresentanti aziendali. La distinzione tra individuale o collettivo era basata finora sull'origine o la fonte della condizione da modificare. Ora, la legge non prende in considerazione l'origine o la fonte della condizione (salvo il contratto collettivo "statutario"), ma il numero di persone affette. Sono ammessi, cosi, di modifiche sostanziali dei salari e delle condizioni di lavoro con effetti plurale o collettivi quando il numero di persone colpite non raggiunge il livello richiesto per l'apertura di periodo di consultazione e le modifiche possono anche il tasso di retribuzione. Il lavoratore può contestare sui motivi il provvedimento davanti al giudice.

Se la rimozione o la modifica sostanziale ha una dimensione collettiva, la legge prevede un periodo di consultazione o un processo di mediazione o di arbitrato, che, se ha portato a un

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accordo, vincola ai lavoratori i e anche ai giudici, perche la legge presuppone la ragionevolezza della decisione aziendale concordata collettivamente. In mancanza di accordo, il datore di lavoro adotterà le misure che ritiene appropriate soggetti al controllo giurisdizionale sui motivi e sulla formalità.

Nella sospensione del contratto o nell’orario ridotto la procedura di consultazione si applica sempre. Il cambiamento principale è stato l’eliminazione della necessità di autorizzazione amministrativa per la sospensione o la riduzione dell'orario di lavoro, da considerare in materia de licenziamenti collettivi. L'ultima parola sulla legittimità de la decisione del datore di lavoro l’anno i tribunali, impedendo l'uso abusivo o fraudolento del potere imprenditoriale che rimane causale, ma l'intensità e razionalità de tale controllo è fortemente indebolita dato l'obiettivo de flessibilità perseguito dalla riforma attraverso una definizione ampia dei motivi oggettivi.

7.- La più grande "svolta" rispetto alla situazione precedente sono i cambiamenti nel regime di licenziamento. Queste riforme hanno interessato il trattamento di licenziamento collettivo, che si rivolge più flessibile ridefinendo le sue cause e semplificanadole procedure, e anche il trattamento di licenziamento individuale o ingiustificato, il cui status giuridico avveva occupato un ruolo centrale nelle dinamiche delle nostre relazioni industriali date le difficoltà di procedere a licenziamenti obiettivi, giustificati sia individuali e, soprattutto collettivi, per problemi economici o organizzative.

Ora i licenziamenti collettivi, pur mantenendo un periodo di consultazione, non richiedono l'accordo con i rappresentanti dei lavoratori né, in mancanza di accordo, de un'autorizzazione amministrativa. I licenziamenti individuali e collettivi individuali hanno ora lo stesso status giuridico ma l’adozione e la e la portata dei licenziamenti collettiva si riferisce a una procedura de consultazione.

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Ancora una volta la legge ha cambiato in senso estensivo la definizione dei motivi economici, tecniche, organizzative o produttive per limitare la portata del controllo giudiziario e stabilisce una presunzione assoluta su che la diminuzione persistente del reddito o di vendita per tre trimestri consecutivi è una causa economica. Inoltre, a stato eliminato il requisito che l’azienda giustifica la ragionevolezza della decisione per preservare la loro posizione competitiva sul mercato o prevenire uno sviluppo negativo della società o per migliorare la posizione competitiva. La legge ha cercato di definire in modo più aperto e meno rigida la causa del licenziamento collettivo, in grado di evitare un controllo giurisdizionale intenso.

Un cambiamento radicale è la soppressione della vecchia istituzione dell’autorizzazione amministrativa di licenziamenti collettivi stabilita nel franchismo. Il legislatore ha mantenuto la natura causale di questo licenziamento collettivo e ha mantenuto il periodo di consultazione ma i requisiti per la documentazione e la giustificazione della misura da adottare sono ora ridotti ma il controllo è trasferito direttamente ai tribunali.

Il periodo di consultazione può terminare con un accordo e, in tal caso, il datore di lavoro adotta le misure concordate e i licenziamenti sono presunti giustificati. In mancanza di accordo, può adottare degli mesure qui ha informato del periodo di consultazione. La decisione del datore di lavoro sui licenziamenti collettivi può essere contestata attraverso il processo collettivo sulla base del fatto che la causa legale indicata sulla comunicazione scritta non sia o che non sono state rispettate le procedure de consultazione. È possibile anche una demanda individuale per il singolo lavoratore su la risoluzione del suo contratto di lavoro, sospendendo la risoluzione del singolo processo in attesa del processo avanzato dai rappresentanti dei lavoratori. Una volta ferma, la sentenza collettiva vincola ai processi individuali sulla giustificazione del licenziamento.

I giudici hanno con il delicato compito di rivedere e adeguare alle nuove regole sue dottrina e le prime sentenze mostrano una

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certa riluttanza verso gli eccessi liberistici della riforma e le autorità europee hanno messo in guardia al governo circa la necessità di possibili nuove riforme, si questa tendenza giudiziale è mantenuta.

Un’altra novità è e che la riforma a previsto l’applicazione dei licenziamenti collettivi al settore pubblico con riferimento alle regole di stabilità di bilancio e la sostenibilità finanziaria del governo, e per stabilire come causa economica "una situazione sopravvenuta de deficit di bilancio persistenti (per tre trimestri consecutivi) per il finanziamento dei servizi pubblici”. Ciò faciliterà la riduzione de personale nel settore pubblico, molto direttamente colpitidalle nuove regole di stabilità di bilancio.

La seconda area di riforma dei licenziamenti è il nuovo trattamento di licenziamento ingiustificato, che ha visto una significativa riduzione del costo delle indennità di licenziamento inguistificato. La legge prevede ora il versamento da parte di un datore di lavoro che non sceglie la riammissione, una somma no de quarantacinque ma de trentatré giorni per anno di servizio, e fino a ventiquattro mensilità. È anche importante la rimozione della condanna dei cosiddetti “salari de tramitación” o stipendi procedurali.

Con tutti questi cambiamenti, il regime giuridico del licenziamento in Spagna è stato un vero e proprio 'ribaltamento' a favore dei datori di lavoro cui il legislatore lo rendono ancora più facili i licenziamenti entrambi, i collettivi e gli individuali con l'intento di permettere estinguere dei contratti di lavoro per esigenze o convenienze dell’azienda, ma anche di ridurre in modo efficace i costi di licenziamenti ingiustificati.

La riforma sembra fiduciosa che questa espressiva espansione del potere di licenziamento non sia un incentivo a licenziare indiscriminatamente e che il licenziamento sia usato come ultima risorsa quando non sia possible o sufficiente le misure di flessibilità interna o la contrattazione collettiva. Almeno nel breve termine, la riforma ha aggravato i livelli di disoccupazione, ha provocato un milione de disoccupati.

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8.-La riforma della contrattazione collettiva del governo socialista a stato parzialmente sostituita per la legge 3/2012 che ha apportato alcune modifiche non numerose ma molto rilevanti. Senza alterare le linee sostanziali della riforma del 2011, è andato ben oltre, e ha introdotto alcuni nuovi elementi. La nuova riforma popolare limita lo spazio di autonomia collettiva, ostacola i processi di articolazione dei contratti collettivi e apre nuove strade per la riduzione e peggioramento delle condizioni salariali e di lavoro contrattuali collettive, riflettendo la sostanziale perdita di potere del sindacato nella crisi.

L'obiettivo principale del legislatore nel 2012 è "che la contrattazione collettiva sia uno strumento, non un ostacolo per adeguare le condizioni di lavoro alle circostanze specifiche dell'impresa". Quest’obiettivo ha stato cercato di essere raggiunto attraverso tre aree principali: facilitare il ritiro o l’inapplicabilità (temporanea) nell’azienda del contratto collettivo vigente, l'applicabilità prioritaria dell'accordo aziendale in determinate materie, e l’eliminazione della ultra-attività indefinita dei contratti collettivi quale durata è stata esaurita. Queste misure specifiche, "distrusse" profondamente il precedente sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva, al ampliare gli spazi di decisione collettiva a livello aziendale e al ridurre il ruolo dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro nel livello settoriale e intersettoriale.

Il primo oggetto dell’attuale riforma della contrattazione collettiva è stato quello di fornire al datore di lavoro la possibilità di cessare di applicare el contratto collettivo nell’azienda mediante un nuovo regime giuridico di deroga o modifica de le condizioni di lavoro stabilite nel contratto collettivo anche dei contratti aziendali, estendendo le questioni che possono essere sottoposti a “descuelgues” alla giornata di lavoro, al tasso di retribuzione, alle funzioni svolte e ai miglioramenti volontari dell’azione protettiva della sicurezza sociale.

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Il "descuelgue" rimane "causale", ed è soggetto all’esistenza di uno dei motivi previsti dalla legge (non solo, come prima, motivi economici), ma, anche, motivi tecnici, organizzativi o di produzione. Il “descuelgue” richiede ancora l'accordo con la rappresentanza dei lavoratori, ma la mancanza di accordo non blocca o impedisce il rilassamento. La nuova legge prevede che, su richiesta di una parte, la questione sarà deferita a un arbitrato obbligatorio vincolante con l'intervento dell’amministrazione pubblica, arbitrato che e il legislatore ha giustificato per "la necessità per le autorità pubbliche de garantire la difesa della produttività secondo l’art. 38 CE”. Sorprese il riferimento alla difesa della produttività come unica base giuridica per imporre un arbitrato vincolante che sospese l'applicazione e la forza vincolante di un contratto collettivo, in sacrificio di diritti dei lavoratori. Complessivamente, è stata notevolmente agevolata la disapplicazione temporanea fino a sua scadenza di norme stabilite nei contratti collettivi aziendali o settoriali.

Una seconda modifica ha interessato la struttura della contrattazione collettiva. Il legislatore ha ridotto le possibilità di articolare la contrattazione collettiva perché ha concesso preferenza applicativa del contratto collettivo aziendale in una serie d’importanti materie: l'ammontare dello stipendio base, i supplementi salariali, la compensazione del lavoro straordinario, il regime de turni, il tempo e il modo di orario di lavoro, la pianificazione di vacanza, l'adattamento del sistema di classificazione delle mansioni, le procedure di assunzione e le misure di promuovere la conciliazione tra lavoro e famiglia. La priorità applicativa si estende anche ai contratti di gruppo di società collegate. È stata una misura che il legislatore ha inteso essenziale per una gestione flessibile delle condizioni di lavoro e per facilitare la "negoziazione delle condizioni di lavoro al livello più vicino e adeguato alla realtà delle imprese e de loro dipendenti”.

I contratti e accordi collettivi a livello aziendale possono essere concordati direttamente dai comitati ei rappresentanti del personale, per questo la priorità applicativa implica uno spostamento dei sindacati che ancora possono negoziare quelle

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materie nel livello settoriale ma che non possono garantire la loro applicazione nelle aziende. La priorità applicativa parziale dell’accordo aziendale implica la crisi del principio di unità del contratto collettivo, al convivere nello stesso ambito dei contratti diversi, e favorisce una diffusione de contratti collettivi aziendali “autonomi”, en un paese con una struttura aziendale dominata da piccole imprese. In ogni caso, la riforma non risolve i problemi pendenti della struttura di contrattazione collettiva.

La terza riforma riguarda l'applicazione del contratto collettivo nel tempo. In mancanza d’accordo di rinegoziazione, il contratto esaurito, non sarà applicato indefinitamente (ultra-attivitá), ma fino a un anno. Allo stesso tempo la legge ha previsto e la possibilità di rivedere il contratto collettivo prima della fine della loro durata.

Il legislatore ha cercato di impedire la "pietrificazione" di contenuti convenzionali obsoleti, di promuovere che non ci sono blocchi in una negoziazione, e di facilitare l'adeguamento delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro, ma allo stesso tempo favorisce vuoti regolativi collettivi quando nessun contratto collettivo diverso può essere applicabile in l’azienda o il settore. Una situazione che può verificarsi facilmente.

Il nuovo quadro giuridico adottato per sostenere il miglioramento del sistema economico e produttivo dell'economia spagnola, ha coinvolto una notabile riduzione della tutela del lavoro nella legge e nell'autonomia collettiva. Una “modernizzazione” del diritto del lavoro che è stata governata per la razionalità economica e destinata a ridurre la sua socialità, dimenticando su propria essenza e ignorando i mandati costituzionali. Il Governo promette effetti positivi per l'economia e per l'occupazione, ma finora non è stato ben. Il licenziamenti più facili e meno costosi non hanno servito per creare occupazione e neppure ridurre il dualismo nel mercato di lavoro. L'economia spagnola ha incrementato sua recessione, la disoccupazione è cresciuta in quattro punti e la maggior parte dei novi contratti de lavoro sono stati in precario e sottopagati.

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Riferimenti bibliografici

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