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Page 1: Crisi finanziaria: quali conseguenze sull’economia reale? · Crisi finanziaria: quali conseguenze sull’economia reale? Abbiamo rivolto alcune domande sull’attuale scenario critico

Crisi finanziaria: quali conseguenzesull’economia reale?Abbiamo rivolto alcune domande sull’attualescenario critico a Gregorio De Felice – re-sponsabile del servizio studi e ricerche diBanca Intesa – per capire quali sono le mi-gliori strategie per uscire dalla crisi finanzia-ria ed economica e come il tutto influirà sul-le imprese

Della crisi finanziariae delle sue cause si ègià detto tanto e colsenno di poi tutto èfacile. Ma, andandooltre le cose già det-te, quali le vere cau-se e gli insegnamen-ti per il futuro? � «Il grande errore

delle autorità di controllostatunitensi è stato quellodi aver permesso che inun paese con un già ele-vato debito privato le isti-tuzioni finanziarie potessero ulteriormente stimolare la crescitadell’indebitamento delle famiglie. L’espansione del credito allefamiglie ha comportato una colossale sottovalutazione del rischiocreditizio, aggravata da una sottocapitalizzazione delle banche edelle investment bank. Quando il mercato immobiliare ha inizia-to a scendere, tutto il castello di carta finanziaria ha cominciatoa perdere valore. Ciò che è incredibile di questa crisi è che tuttoè avvenuto nel rispetto delle regole. Questo significa che le re-gole non funzionano. Trovo in particolare incredibile che nel 2004la Sec (Securities and exchange commission) abbia eliminato icapital ratios per le investment bank».

Insomma, come e quando usciremo da questa crisi fi-nanziaria?� «Molto dipenderà dalle decisioni politiche. La soluzione

della crisi è ormai nelle mani delle cancellerie. Occorrerà in-nanzitutto far riprendere la circolazione della liquidità presentenel sistema. La decisione assunta dai governi europei di non far

fallire nessuna banca permetterà di ripristinare la fiducia e di farripartire il mercato interbancario. Ciò significa che la politica mo-netaria (con i suoi tagli dei tassi di interesse) inizierà a trasmet-tersi all’economia riducendo gradualmente il costo del credito.Sul fronte dei volumi di credito erogato, invece, il rischio di unrazionamento del credito a livello internazionale andrà combat-tuto con robuste iniezioni di capitali nel sistema bancario».

Quali al momento le conseguenze sull’economia reale, siadal lato della domanda che dell’offerta? � «Si sta incrinando la fiducia degli operatori economici. Le

famiglie prudenzialmente consumano di meno, anche perché ilreddito disponibile non cresce e la disoccupazione è in aggua-to. Le imprese rinviano le decisioni di investimento nella pro-spettiva di un rallentamento della dinamica della domanda do-mestica. Sono esattamente le situazioni che osserviamo primadi ogni fase recessiva. Temo che questa volta la recessione sicaratterizzerà per essere diffusa alla stragrande maggioranzadelle economie, Cina e India escluse».

Quali sono e saranno le difficoltà delle aziende? � «Elaborare le strategie giuste in un mercato estremamen-

te volatile. Pensiamo all’erraticità del dollaro e a quello che ciòpotrà comportare in termini di strategie di prezzo, previsioni sulcosto delle materie prime. Non sarà facile. Tutto questo avvienein un momento di grande trasformazione dell’economia italianain cui, fra tanti dati negativi, ne emerge uno positivo: le espor-tazioni delle aziende italiane sono cresciute del 20% nel biennio2006-2007 e anche nei primi otto mesi dell’anno l’export versoi paesi extra UE è cresciuto a ritmi del 9%. Ciò grazie a un ripo-sizionamento verso mercati più dinamici e grazie a un innalza-mento della qualità dei prodotti che osserviamo nell’incrementodei valori medi unitari. La crisi in atto significa aver alzato l’asti-cella della competitività per le nostre imprese».

In ogni caso, quali interventi adottare per ridare slancioall’economia?� «Credo sia il momento di investire con decisione in infra-

strutture, sia per ragioni congiunturali che strutturali. La competiti-vità di un paese richiede una dotazione infrastrutturale adeguata adattrarre investimenti esteri, una logistica efficiente, un sistema deitrasporti che riduca i tempi di trasferimento di merci e persone, in-frastrutture sociali e ambientali di prima qualità. In Italia questo nonc’è e siamo in vistoso ritardo rispetto a tutti i principali partner eu-ropei. Visto il calo della domanda interna, il momento appare quin-di propizio per massicci investimenti in questa direzione».

È il trattato di Maastricht che limita l’espansione del de-ficit? � «Il trattato prevede che in circostanze eccezionali i vincoli sui

conti pubblici possano essere temporaneamente superati. Se nonsono circostanze eccezionali quelle attuali, allora sarebbe stato me-glio eliminare del tutto quella clausola. Flessibilità e regole sono laprima cura per ridare fiducia all’economia e all’imprenditoria».

10 � DIRIGENTE 10|2008

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