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COMMISSIONEGROTTE

EUGENIOBOEGAN

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SOCIETÀ ALPINA DELLE GIULIECOMMISSIONE GROTTE “EUGENIO BOEGAN”

GROTTA GIGANTE

ANNI DI VITATURISTICA90

OLTRE

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ATTIVITÀ E RIFLESSIONI DELLA COMMISSIONE GROTTE "E. BOEGAN"Supplemento semestrale ad "ATTI E MEMORIE" - Anno XXVII, N. 2 - dicembre 2004

51EDITORIALE

Si riparte da zero, o meglio da Cinquantuno.Il numero riassume di fatto un anno di attività della Commissione, a causa soprattutto delcorposo antologico Cinquanta (che non ci ha fatto risparmiare né spazi, né fatiche nédenari).Progressione quindi “resiste” - termine tanto caro a Mauro Corona sulle falesie di casapropria - nonostante le difficoltà economiche ed un certo decremento dell’attività esplorativa.Fra i lavori presentati spicca il ritrovamento, compiuto a fine anno durante i lavori di scavodelle gallerie autostradali della grande viabilità triestina, di un enorme vano sotterraneo.Esplorazione portata avanti, in un “piccolo mare di polemiche localistiche”, dai diversigruppi speleologici provinciali rappresentanti il meglio delle possibilità esplorative di casanostra. E così, nel modesto panorama esplorativo, dove piantare un fix per staccarsi dalpavimento pare essere una fatica troppo grande ed impensabile (se non sconosciuta aipiù), ci è venuto incontro il Comune di Trieste con settecento chili di “pemex” giornalieri,sparati dall’impresa esecutrice dei lavori di scavo dei due tunnel sotterranei. Dopo pochimesi di lavori a circa mezzo chilometro dall’ingresso il “fronte di penetrazione” trancia untratto di galleria fossile splendidamente calcificato e di notevoli dimensioni. Immediatamentevengono installate delle doghe d’acciaio avvolte da rete termosaldata ed innaffiateabbondantemente con il spriz-beton cemento, per “quanto prima porre in sicurezza” lepareti del tunnel (ma forse anche per porlo “quanto prima in sicurezza” da occhispeleologicamente indiscreti…). Di fatto comunque gli operai non chiusero veramente perbenino tutte le fessure tra acciaio, roccia e beton, ed un giorno dei primi di novembre2004 passò da quelle parti per vedere un’altra cavità un gruppetto inviato da FrancoCucchi. Fra questi c’era Luciano Filipaz, che introdusse il suo mefitico “antico toscano” inun micro pertugio tra il cemento ancora fresco: quindi corrente d’aria, allargamento,sopralluogo.E nacque così la Grotta Impossibile, non da “chiacchiere e distintivo” come parafrasandoun noto film sui gangster degli anni trenta, ma da dal semplice vizio del fumo e dallasmaliziata curiosità di un vecchio grottista.Dai vespai politico-speleologici riguardanti la Grotta Impossibile ci vengono incontro, perrisollevandoci gli animi, i lavori svolti sul Picos d’Europa (un meno ottocento in esplorazionese non tutto, molto triestino) e sul nostro Canin sempre ricco e generoso. Vicino alla notasulla Spagna pubblichiamo molto volentieri dunque il ponderoso contributo dato daglispeleo ungheresi all’interno del progetto “Gortani Team”, un risultato conseguito che èben più notevole e importante di quello che si potrebbe valutare di primo acchito…Quello che impressiona ed è positivo rilevare in base al lavoro svolto dagli ungheresi è ilgrado di “maturità esplorativa” in simbiosi con una decisionalità e forza organizzativa rara,che non a caso, e sempre più di frequente, giunge dai gruppi speleo dell’est.Ed a ottobre il team gli ucraini supera la barriera dei meno duemila: meno duemilasettantottometri all’abisso Korova – Caucaso. Per un profondista, e per quelli come lui, si presentaun dilemma: il raddoppio della fatica e degli impegni in profondità. Con questo avvenimentola speleologia esplorativa “naturalmente” si rinnova, se quelli della mia generazionebramavamo il meno 1000, adesso c’è chi (anche se credo molto pochi) starà pianificandouna ripetizione in Asia o riesaminando (molto meglio) le possibilità esplorative dei massiccidi casa propria.

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Editoriale Louis Torelli 1

Grottisti, cani sciolti. Ieri, oggi, domani. Pino Guidi 4

Considerazioni in merito ad alcune problematichedella speleologia CAI Leonardo Busellato 7

Ancora qualche grotta sul Carso Bosco Natale Bone 104678 VG Giuliano Carini 14Geodi Pino Guidi 15La Grotta Ombretta compie quarant'anni Umberto Mikolic 18Cercando il III, trovando il IV... Federico Deponte 20Una stagione a Gropada ed un ospiteinatteso ma gradito... Riccardo Corazzi 23La Caverna III ad est di Basovizza Umberto Mikolic 24Grotta Impossibile di Cattinara. L'inizio delle esplorazioni Louis Torelli 26

Sul Canin... Louis Torelli 35Esplorazioni speleologiche sul Col delle Erbe Börcsök Péter 35Una storia che inizia da lontano, Le Casermetteed il suo abisso Andrea Sbisa' 51

Qualche curiosità sull'abisso Col De La Rizza(Cansiglio) Barbara Grillo 57Il Ramo dello Scoiattolo nel Bus de Lum Umberto Mikolic 62Il primo intervento di un aspirante alCNSAS Barbara Grillo - Alberto Gattel 63

Sambuca di Sicilia Roberto Prelli 65

Picos D'Europa 2004: Cueva di Vega Huerta Elisabetta Stenner 68

Dryopteris Carthusiana (Vill.) H.P. Fucks nella"Kauzka dolina" (79/413 VG) di Sistiana (Carso Triestino) Elio Polli 72Le "Vaschette di Dissoluzione" nella zona dei grandi"Campi Solcati" di Borgo Grotta Gigante Fabio Forti 79

PROGRESSIONEN. 51, DICEMBRE 2004

S O M M

A R I O

RIFLESSIONI

CARSO

ITALIA

ESTERO

RICERCA

FRIULI

TRIBUNA

CANIN

EDITORIALE

La Grotta ImpossibileCattinara (Trieste)La galleria alta (Foto U.Tognolli)

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Disegni:Archivio CGEBFulvio GasparoPino GuidiUmberto MikolicMaria Grazia Polli

Ricerche biospeleologiche nelle isoleIonie meridionali Fulvio Gasparo 82

E' stato bello, è' stato duro. La mostra sui 120anni di speleologia dell'Alpina Pino Guidi 85La riunione dei Gruppi Grotte CAI Pino Guidi 87Assemblea dei soci della SSI Libero Boschini 87Speleoraduno a Frasassi (Radicio) Barbara Grillo 88Il fenomeno carsico delle Alpi Carniche Libero Boschini 89

Conferenza: Le caverne di guerra delMonte Sabotino Riccardo Corazzi 89Mostra ArchaeopteryxAnimali alla conquista dell'aria Deborah Arbulla 90Proteo Libero Boschini 91Torna di attualità il Monte Hermada Flavio Vidonis 91Donazione Marini Gianni Scrigna 92Donazione Cosmini Pino Guidi 92Una nuova grotta Riccardo Corazzi 92

Non si può vivere di ricordi... Maria Pia Zay 93Agosto in Grotta Gigante Libero Boschini 95Grotta Gigante Roberto Prelli 96

Il Nonno racconta Bosco Natale Bone 103

Carta del Carso per escursionisti Fabio Forti 105Carta del Carso Belletti Pino Guidi 106Mondo Sotterraneo anno 27° Fabio Forti 107Il Cansiglio sotterraneo Nuovo CD-ROMMultimediale Riccardo Corazzi 108Storiografia delle Terme di Sciacca Louis Torelli 109

a cura di Serena Senes 110

Fotografie:Archivio CGEBGianni CergolRiccardo CorazziDavide CrevatinPaolo Bruno de CurtisGortani TeamBarbara GrilloUmberto MikolicElio PolliRoberto PrelliUmberto TognolliLouis TorelliMaria Pia Zay

PROGRESSIONE: Attivi-tà e riflessioni della Com-missione Grotte “EugenioBoegan” - Società Alpinadelle Giulie, Sezione di Tri-este del Club Alpino Italia-no Supplemento seme-strale ad “Atti e Memorie”

Direttore responsabileFranco Cucchi AnnoXXVI, n. 2 - dicembre 2003

Direttore: Louis Torelli Segreteria di redazione:

Franco Chermaz, MarioPrete Redazione: Libe-ro Boschini, Riccardo Co-razzi, Barbara Grillo, Sere-na Senes, Mauro Sironich

Direzione, Redazione,Corrispondenza: Commis-sione Grotte “Eugenio Bo-egan” - Società Alpinadelle Giulie, Via di Dono-ta, 2 - 34121 Trieste - Te-lefono: 040 630464 - Fax:040 368550 Sito Iternet:www.boegan.it - e-mail:[email protected] Pubbli-cazione stampata a curadella Direzione della GrottaGigante

CONVEGNI

NOTIZIE IN BREVE

BIBLIOTECA

NOVITÀ EDITORIALI

GROTTA GIGANTE

NARRATIVA

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RIFLESSIONI

GROTTISTI, CANI SCIOLTI. IERI, OGGI E DOMANI

L’appassionata ricerca dell’uomo non conosce mai un limite.Noi siamo degli esseri che non indagano soltanto sulle cose del mondo,

ma anche su se stessi e sul tutto.(Karl Jaspers, Ragione ed esistenza)

L’essere umano è uso soffermarsi a riflettere sulle cose che più colpiscono la suaimmaginazione: è una affezione che colpisce un po’ tutti, chi più chi meno, a secondadella sensibilità e dell’indole ricevuti in dono. Sono pensieri che nascono e muoiononel cuore di ognuno, avendo come unico prodotto un accrescimento – in positivo oin negativo – della personalità.

Talvolta, però, queste meditazioni pur di natura privata, intima, affrontano aspettidella vita di interesse generale e vengono sottoposte all’attenzione di tutti, provocan-do ulteriori riflessioni e nuove prese di coscienza. È questo il caso di Cane sciolto, illibro di memorie dello speleologo e alpinista Tony Klingendrath, volume in cui l’A. nonsolo racconta sue avventure e disavventure in grotta e in montagna, ma presentaanche delle considerazioni in margine alle stesse. La lettura di queste ultime mi haportato ad una serie di riflessioni sul nostro “andare in grotta”, riflessioni che l’ultimolibro di Andrea Gobetti, L’ombra del tempo, uscito nello stesso periodo, allarga geo-graficamente ad un’area più vasta.

Tony, oggi uomo maturo, appartiene alla generazione di grottisti del Sessantotto,quella che negli anni ’70 ha sostituito la mia, e questo lui lo sottolinea nel suo libroquando accenna al cambiamento di valori fra generazioni. Il gagliardo gruppo di gio-vanissimi grottisti di cui faceva parte – tutti ben al di sotto dei vent’anni – non amavagli eroismi tipo “lotta con l’Alpe”, non intendeva riconoscere gerarchie, era alieno daideali e retoriche; voleva soltanto andare in grotta, vedere, esplorare: intendeva esse-re, non apparire. Questo suo epigono afferma di scrivere per i figli, non per i padri oi nonni. Invece il suo libro è servito proprio a noi, già padri e ora nonni, per megliocapire la generazione a cui abbiamo cercato di lasciare in eredità un patrimonio dicultura e tradizioni che è soprattutto amore per la grotta e per la montagna.

È servito anche per meglio capire il nostro essere grottisti, per capire cosa ciunisce, nella grotta, attraverso le generazioni. Per intuire, almeno, cosa è stato, e forsecosa è tuttora, il nostro mondo. A cominciare dalla considerazione che lo spirito ribelledei grottisti del Sessantotto non era una novità: cane sciolto era stato Giovanni Mor-nig, speleologo indipendente attivo in Carso ed in Emilia Romagna dagli anni ’20 aglianni ’60; cani sciolti sono stati tutti i grottisti che nel secolo scorso hanno dato vita,a Trieste, ad oltre un centinaio di effimeri Gruppi Grotte, gruppi che volevano farespeleologia – andar per grotte – al di fuori degli schemi fissi imposti (o ritenuti tali) dalCAI o dalle strutture ufficiali. Nella nostra città, per parlare soltanto della seconda metàdel secolo passato, abbiamo avuto gruppi nati, come il Gruppo Triestino Speleologi,all’ombra dell’Oratorio, come il Gruppo Grottisti delle Giulie nell’ambito dell’ENAL,

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come il Gruppo Escursionisti Speleologi Triestini nella sede dell’Associazione Nazio-nale Famiglie Caduti della Repubblica Sociale Italiana o come il Gruppo SpeleologicoCarso Triestino che aveva trovato ospitalità presso il Partito Nazionale Monarchico.Questi gruppi, tutti, nessuno escluso, avevano sempre mantenuto l’indipendenza tec-nico-operativa e politico-culturale: l’orientamento politico o religioso poteva ancheessere di un certo tipo, ma prima di tutto venivano il Gruppo e la grotta. Il grottista,cane sciolto per antonomasia, ha sempre unito l’amore per la grotta a quello per lalibertà, per l’indipendenza.

Non c’è stato, quindi, nel Sessantotto un cambiamento sostanziale nel mondospeleologico: lo spirito d’indipendenza, che altrove avevo già definito un po’ anarchi-co, è stato per oltre un secolo una delle caratteristiche fondamentali del grottistagiuliano. Grottista che si realizzava nelle escursioni domenicali entrando in contattocon una natura gelosa della sua riservatezza, ma mai percepita come ostile, nemica,aliena. Spirito d’indipendenza che caratterizza molti gruppi grotte del resto d’Italia:non è infatti una novità, ad esempio, che parecchi gruppi grotte del CAI privilegianola SSI (come nei corsi di speleologia) al Club Alpino: non è, come si potrebbe pen-sare, amore sviscerato per la SSI, ma la scelta di far riferimento ad una strutturafunzionante, presente sulla carta ma non sul territorio, un ente percepito come moltolontano e di cui si possono accettare i servizi (vedi assicurazione), tanto non metteràmai il naso negli affari di casa nostra. Una società che garantisce parecchi diritti ma– chissà perché – pochi doveri.

Il ’68 ha, in Italia, cercato di cancellare – dimostrare che non avevano senso –alcuni miti che erano stati dei punti fermi per le generazioni precedenti. Ma i miti nonsono scomparsi, hanno semplicemente cambiato etichetta. Il trinomio Dio, Patria,Famiglia è stato sostituito da Pace, Universalità, Ecologia; nel nostro ambiente la lottacon l’alpe è ora rimpiazzata dalla lotta con il tempo, con gli altri, con se stessi. Incompenso l’entusiasmo di quei giovani neppur ventenni, i loro ideali disinteressati, iloro sogni di un futuro da modificare in meglio si sono arenati nelle secche della lottaper la vita, seppelliti dal cumulo di necessità (vere o fittizie) imposte dalla culturadominante.

E il nostro mondo? Cosa è cambiato e cosa è rimasto della speleologia e delgrottismo della mia generazione, e di quelle di Klingendrath e di Gobetti?

Le poche centinaia di grottisti straccioni di allora (si andava in grotta con fotoforeautocostruite e con tute mimetiche riciclate) sono state sostituite dalle migliaia dispeleologi di oggi, bardati con tute multicolori e attrezzatura, prodotta su scala indu-striale, del costo di parecchie centinaia di euro. Oggi gli speleologi sono tantissimi,basta recarsi ai megaraduni annuali per sincerarsene. Ma nella maggioranza non sonopiù quelli ante ’68 – rimasti tali per oltre un secolo – e neppure quelli del ’68. Ora ilnostro universo umano è un prodotto nuovo, generato dal benessere: con tot. europuoi frequentare un corso di speleologia, fare una certa esperienza e chiamarti spe-leologo. Se poi non c’è un gruppo coeso in cui entrare, di cui sentirsi parte, l’espe-rienza finisce lì, mentre se c’è puoi frequentare l’ambiente ancora per qualche anno,

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giusto il tempo per visitare un po’ di grotte in giro per l’Italia e per partecipare ad unpaio di raduni la cui funzione sembra essere quella di coniugare speleologia condiscoteca. Certo, ci sono ancora gli appassionati, quelli che qui a Trieste ci ostiniamoa chiamare “grottisti”, ma credo che il loro numero non si discosti da quelle pochecentinaia che costituivano tutto l’universo speleologico degli anni ’60.

Il fatto è che il Gruppo non è più sentito come una seconda famiglia (era addiritturaconsiderato, nell’età adolescenziale, la prima famiglia), ma soltanto come una strutturache eroga servizi: ti organizza le uscite, ti procura le corde, ti fornisce una documen-tazione sulla grotte da visitare. E basta.

Sembrano scomparsi, o passati in secondo piano, i rituali che un tempo contrad-distinguevano il gruppo e quindi il mondo delle grotte: l’abbigliamento, il gergo, i canti.Rituali che avevano la duplice funzione di marcatori esteriori e collante interno: cidistinguevano dagli altri e ci tenevano uniti. Sempre più rari anche la condivisione divalori, di interessi, di mete da raggiungere, quasi ignorata la gara all’abisso più fondo(tanto ormai non fa più notizia).

Sembrano. Perché forse non è che questi aspetti della speleologia siano spariti,forse sono soltanto diluiti, annacquati, nel grande numero di praticanti. Certo è chequest’attività attira sempre meno i giovani, soprattutto dove il Gruppo è diventato unaSocietà in cui i bilanci sono più importanti dell’amicizia. Notizia fanno ormai soltantole imprese della speleologia trasversale che unisce temporaneamente singoli elementidi gruppi diversi in vista di un unico obiettivo, e gli elaborati di studiosi per i quali laconoscenza delle grotte è divenuto soltanto un mezzo e non più un fine.

Comunque, sulla base di quanto osservo attorno a me, posso dire che ancora unavolta è mutato il nostro mondo, ma non il grottista. Nei centosessant’anni di storiadella speleologia in quest’angolo d’Europa la speleologia è cambiata più volte, a partiredalle ricerche condotte nella seconda metà dell’Ottocento da un’élite borghese illumi-nata, per passare alla primavera proletaria dei primi decenni del ventesimo secolo equindi all’esplosione gitaiola del ventennio fascista, all’incredibile rinascita della spe-leologia triestina dei decenni del secondo dopoguerra. Al Sessantotto iconoclasta, perpoi approdare negli opulenti anni di fine secolo. In tutti questi periodi l’anima deigruppi e gruppetti era sempre lui, il grottista, a cui si affiancavano gli altri, i desiderosidi svago e avventura.

Attraverso queste temperie l’associazionismo speleologico ha dovuto via via ade-guarsi alle nuove esigenze, trasformandosi sino a diventare irriconoscibile. Unico puntofermo, il grottista, il selvatico e un po’ asociale innamorato delle grotte che, divenutoormai quasi inutile nei gruppi grotte, puoi incontrare molto più facilmente sulle pietraiedel Carso che non agli incontri festaioli.

Una minoranza, nella speleologia italiana, che vede sempre di più abbassare per-centualmente la sua presenza, a fronte dell’aumento del numero degli speleologi rien-trante nella categoria di chi nella grotta cerca temporaneo svago e avventura.

Pino Guidi

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TRIBUNA

L’amico Busellato ha fatto pervenire ad uno dei Redattori queste considerazioni,scritte un po’ di tempo fa, che si rivelano di estrema attualità proprio per il fatto diessere datate: la situazione della speleologia del CAI è tuttora molto problematica(vedere a pag. 87 la nota di Pino Guidi sulla riunione dei Gruppi Grotte CAI tenuta aGenga nel novembre 2004), per cui un dibattito su questo tema potrebbe servire achiarire le idee a molti di noi e – soprattutto – ai vertici periferici e centrali del CAI.

LA REDAZIONE

CONSIDERAZIONI IN MERITO AD ALCUNE PROBLEMATICHEDELLA SPELEOLOGIA CAI

1 – Partiamo dalla bella Relazione sull’attività del sodalizio fatta dal PresidenteGenerale Gabriele Bianchi all’Assemblea dei Delegati a Bormio l’11 e 12 maggio 2002.Effettuata un’analisi veramente completa e approfondita sullo spirito del CAI, sulle suefinalità, sulle attività: alpinistiche, sci alpinistiche, alpinismo giovanile, CAAI, ecc. delSodalizio, sugli obiettivi e sui programmi futuri però… la speleologia del CAI ha sola-mente la seguente citazione: «non importa … se alcuni vestono indumenti speleo edaltri superano strapiombi, …». Non una parola sui corsi di speleologia, sugli studi ericerche effettuate (scoperte, geologia, idrologia carsica ecc.), sull’azione di difesadell’ambiente sotterraneo, sulle molte pubblicazioni, sulle prove eseguite sui materialiecc. Viene spontaneo chiederci: gli OTP e l’OTC (Organi Tecnici Periferici e OrganiTecnici Centrali) hanno fornito al Referente per la speleologia informazioni dettagliatesull’attività svolta dai Gruppi Grotte CAI tali da meritare la citazione nella relazione delPresidente? In caso affermativo, il Referente ha presentato, illustrato e valorizzatoquesta attività in modo tale da far sí che essa venga apprezzata e divulgata? O siamostati “castigati”?

«Dove c’è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore». Come ogni altra cosa, io penso cheinnanzi tutto si deve amare la speleologia, poi si deve fare, lavorare, costruire e infinesi deve “vendere”. Senza voler togliere meriti ad alcuno, il Referente Nazionale per laspeleologia dovrebbe essere uno speleologo, eletto dagli speleologi ed essere unoche ami veramente la speleologia e che rappresenti veramente il movimento speleo-logico (essere riconosciuto dai gruppi, conoscere i problemi senza logiche di parte,vivere l’esperienza diretta, avere obiettivi di vasto respiro per far crescere la speleo-logia, tutta la speleologia). Naturalmente dovrebbe disporre di un certo spazio di in-tervento nel Consiglio Centrale e godere di una sufficiente autonomia gestionale.

2 – Festival della Montagna di Trento. Giovanni Padovani (su La Rivista del ClubAlpino Italiano, luglio agosto 2002) presenta una vasta analisi critica dell’importantemanifestazione con punte di alta poesia dalle quali traspare la passione, la sensibilitàe la competenza dell’autore. Nel trattare il tema dell’esplorazione però scrive: «Perl’esplorazione il riconoscimento è andato a Los Cueveros… che, senza la lesa maestàper il pur bravo regista, abbiamo considerato datato e non particolarmente interessan-

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te, ma nel quale la giuria ha invece trovato “la bellezza di un viaggio nelle caverne delsottosuolo carsico Cubano”. Le giurie, come si sa, sono inappellabili».

Anche questo è un sintomo evidente che la speleologia non è sentita come attivitàimportante per il Sodalizio, sono convinto però che il “Sodalizio” non esiste senza gliuomini, i quali ne caratterizzano lo spirito. Probabilmente, i nostri uomini hanno ilcuore da un’altra parte e non riescono a “uscire” dalle proprie “passioni” cercando dicomprendere e apprezzare anche quelle degli altri. Se poi il giudizio su quel film èinfluenzato da motivi politici allora potrebbero essere fatte altre considerazioni (maquesto è anche un altro argomento).

3 – Membri dell’Organo Tecnico Centrale. Se si vuole che vengano accettati, so-stenuti e seguiti non possono essere “nominati” con criterio del peso dei Convegni.Vanno eletti direttamente dai Gruppi Grotte (in una riunione annuale? In riunioni regio-nali e poi scremati a livello nazionale? Va cercata la formula). A livello nazionale de-vono poter operare solo coloro che godono del più vasto riconoscimento possibile(pur senza essere ignavi o “utili idioti”) e questi devono adoperarsi per valorizzarel’attività svolta dai Gruppi Grotte CAI. L’OTC dovrebbe avere pochissime mansioniburocratiche e ampia autonomia gestionale e di promozione; dovrebbe poter contaresu di una congrua disponibilità di fondi, tanti da non essere assorbiti quasi interamen-te da una sola branca di attività.

4 – Membri degli Organi Tecnici Periferici. Devono essere sempre i Gruppi GrotteCAI che eleggono i propri rappresentanti e le Sezioni (solo quelle che hanno ungruppo speleologico) dovrebbero solo ratificare i nomi degli eletti. Non possono avereseguito e credito persone gradite alle Sezioni ma forse sconosciute o sgradite aiGruppi. Anche l’OTP deve poter disporre di fondi con i quali poter stimolare l’attivitàdei gruppi e incentivarli a partecipare agli incontri ad ogni livello. Ciascun gruppo, persvolgere la propria attività (ed è tanta, spesso superiore a quella della propria Sezio-ne), ha bisogno di fondi e spesso i contributi sezionali sono quasi simbolici e quindidiventa impellente e necessario trovare sostegni economici altrove, senza per questodover entrare in conflitto con la propria Sezione.

5 – Visibilità esterna dei Gruppi Grotte CAI. Da quanto esposto per gli organiCentrale e Periferici si deduce chiaramente che per rilanciare la speleologia CAI èindispensabile apportare delle modifiche allo Statuto generale e, quando necessario,anche agli Statuti delle Sezioni. Infatti è irrinunciabile l’autonomia amministrativa egestionale nonché la visibilità esterna dei Gruppi Grotte CAI, come avviene per i Grup-pi Speleologici non CAI.

Le Pubbliche Amministrazioni (Comuni, Province, Regioni) considerano il GruppoGrotte una Associazione Culturale che può iscriversi ai rispettivi Albi delle Associazionie quindi ricevere contributi, usufruire, per lo più gratuitamente, di strutture per mostre,convegni e ogni altra manifestazione che il Gruppo intenda organizzare.

Per ottenere l’iscrizione agli Albi bisogna possedere uno Statuto e un direttivo conpresidente, segretario, tesoriere ecc., come ogni Associazione riconosciuta. Per chi

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vuole lavorare, in un Gruppo Grotte, c’è molto da fare e, a parte il piacere dei risultati,deve esserci anche una gratificazione esterna che consiste nel riconoscimento internoed esterno del direttivo (visibilità). Questo già avviene a livello pubblico ma soventealcuni hanno difficoltà nel Sodalizio, salvo i casi di rapporti particolarmente buoni tradirettivo di Gruppo e Direttivo Sezionale.

6 – Organizzazione periferica. Gli OTP speleologici devono disporre di fondi almenocome gli altri OTP del CAI, altrimenti nel rapporto con i Gruppi Grotte scatta il principio:niente da ricevere = nessun interesse. Non c’è più tempo per le discussioni astratte. IlComitato non riceve alcuna relazione dettagliata sull’attività dei Gruppi perché, tendenzial-mente, i Gruppi attraverso le Sezioni mandano solo qualche appunto sui corsi, il resto(mostre, convegni, esplorazioni, scoperte, studi, catasto, attività didattica con le scuolepubblicazioni ecc.) non viene valutato e quindi non comunicato e non diventa attività delCAI. A riprova della mancanza di informazione citiamo l’esempio della relazione sullepubblicazioni del CAI presentata dal signor Silvano Zucchiatti al Convegno VFG, Porde-none 19 novembre 2000, in cui vengono citati solamente due titoli di pubblicazioni spe-leologiche: Buio Pesto ed Esplorare, una veneta ed una friulana! Mancano pubblicazionicome Atti e Memorie, Progressione, Annali della XXX Ottobre, Stalattite, Pape Satan, Spe-leologia Veronese, Graben. Le Piccole Dolomiti (alpinismo e speleologia), Folklore, imma-ginario popolare e grotte, Dimensione buio, CAI Schio – Cento anni ecc.

7 – Gli spazi concessi alla speleologia. Nei Convegni sono per lo più modesti e in orariin cui i Delegati, già poco interessati all’argomento, cominciano a smaniare perché sonostanchi e desiderano tornare a casa. Mi era stato detto che ciò era dovuto al fatto che glispeleologi o non amano parlare della loro attività o hanno poco da dire. Sfido chiun-que ad essere invogliato a parlare quando sente che la platea sta rumoreggiandoperché quello che dice non interessa a nessuno (i gruppi esistono anche perché “chifa, ha piacere di poterlo raccontare a qualcuno e spera di essere ascoltato”).

Si ha l’impressione che nessun organismo CAI vigili e prenda posizione, senzainnescare diatribe nazionali senza fine e senza esito (es. Perugia, Costacciaro), sulcomportamento dei gruppi associati (mancano le regole?).

Vi sembra che gli OTP e l’OTC non avrebbero materiale di che occuparsi… e forseanche gli organi preposti alla modifica degli statuti e dei regolamenti?

Personalmente amo la speleologia in particolare e il CAI in generale, leggo volen-tieri e partecipo anche emotivamente alle imprese alpinistiche, alle esplorazioni diqualsiasi genere, amo la montagna “di fuori e di dentro”, i fiori, gli animali, l’ambientenaturale, la gente di montagna alla quale mi sento onorato di appartenere, cerco dipartecipare e sostenere le attività sezionali senza discriminazioni di sorta. Difficilmenteperò una persona sarebbe gratificata a far parte di OTP e OTC speleologici, finchéquesti organismi non verranno messi in condizione di poter lavorare con passione edentusiasmo e vedere che, attraverso di essi, è possibile costruire qualche cosa.

Leonardo BusellatoGruppo Grotte CAI Schio

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CARSO

ANCORA QUALCHE GROTTASUL CARSO

Basta! Devo mettere da parte la lettu-ra delle avventure di Tex Willer, la Setti-mana Enigmistica, gli album della colle-zione dei francobolli, libri vari e decidermidi buttare giù qualche riga per il prossimonumero di “Progressione”.

Non ho certamente un compito facileda espletare in quanto, nell’arco di tempodi un anno, la vetusta “Squadra Scavi” allaquale già da decenni appartengo, non èche abbia conseguito importanti ed ine-brianti scoperte speleologiche. Lavoratoe faticato sí e molto, per aprire le grotteindividuate, oppure per ridurre a più miticonsigli qualche ostica e fiera strettoiaipogea. I risultati però sono stati alquantoscarsi. Un paio di lavori poi sono stati so-spesi, vuoi per la mancanza di personalealtamente qualificato per il proseguimentodei lavori stessi, vuoi per la mancanza dimezzi idonei per la demolizione.

Ritorneremo sicuramente in quei siti pri-ma che la Signora con la falce ce lo impe-disca, anche perché potremmo incapparein qualcosa di buono, sempre speleologi-camente parlando, nonostante la mia fermaconvinzione che, a parte qualche raro caso,più si scava e meno si trova.

Nel “prontuario grotte” da me richie-sto e come sempre compilato dall’amico,consocio e da una vita compagno di sca-vi Pino Guidi, dovrebbero esserci in lineadi massima le cavità da noi scoperte,aperte, esplorate (sigh). Nell’elenco lecavità citate ci sono soltanto però in lineadi “minima”: l’amico ha incluso parecchiegrotte e grottine da me già trattate neiprecedenti numeri della nostra rivista, eha tralasciato una parte di quelle chedovrebbero essere il tema del presentearticolo. Vuoi vedere che pure lui sta in-vecchiando? Dopo tutte le centinaia e cen-tinaia di muri e muretti che il nostro inegua-gliabile uomo ha eretto attorno agli accessidelle cavità disostruite usando il pietrameissato secchio dopo secchio dai costruen-

di pozzi o gallerie, ne ha ben diritto.Così, in mancanza di un elenco detta-

gliato, mi sono dovuto spremere le meningiper ricordare tutti i lavori (e le schifezze)portati a termine e non, nel citato arco ditempo di un anno, mese più mese meno.

Nella landa pietrosa e cespugliosa,quasi impercorribile, che si estende ver-so SE dal paesino di Prepotto, un pocooltre l’abisso Delise (vedi Progressione48), abbiamo “ereditato” una cavità datempo immemorabile abbandonata da unnoto gruppo speleologico triestino il qua-le, per la solita mancanza di mezzi adattiper la demolizione, si era fermato conl’esplorazione a quota –13 metri, davantiad una micidiale strettoia, che quasi taleè rimasta anche dopo il nostro interventodemolitore. Qualche metro più in bassoaltra strettoia pure lei micidiale che noi,ecc. ecc. Sempre allargando, sacramen-tando ed esultando (?) abbiamo raggiun-to una profondità sui 40 metri. Ma di que-sto scriverà in modo più esauriente l’ultimoacquisto della “Squadra Scavi” il giova-nissimo Giuliano Carini nel suo articoloche dovrebbe comparire sul presentenumero di Progressione.

A qualche decina di metri più a Sud dellagrotta testé citata, abbiamo intrapreso ilsolito faraonico lavoro di disostruzione di

L'armatura all'imbocco della Grotta Delise; in secon-do piano il muretto che circonda l'ingresso dellaGrotta di Capodanno.

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Grotta nella proprietà Slavko Svara. Roberto con la"cicca" alla ricerca di possibili prosecuzioni.

un altro buco nel quale ci siamo fermati aquota –10 metri con la solita strettoia lungae… stretta che fa le bizze. Siamo stati co-stretti a sospendere i lavori per la carenza,come scritto all’inizio, di personale… quali-ficato e di mezzi di demolizione adatti.

Percorrendo la strada provinciale SanPelagio - Gabrovizza, a un centinaio dimetri dopo la Trattoria Suban, si troveràalla propria destra una comoda carrarec-cia che si inoltra in leggera salita nellapineta di Prepotto. Seguendo la stradic-ciola e compiendo qualche deviazione asinistra, si raggiungerà una conchetta nellaquale si apre il già citato Abisso Delise.Prima che la carrareccia compia una bru-sca svolta a destra, al limitare del suo mar-

gine destro si noterà una non indifferenteopera di scavo: si tratta della Grotta nellaproprietà Slavko Svara.

È una cavità graziosetta, molto benconcrezionata, nella quale abbiamo conse-guito la spaventevole profondità di tredicimetri. Ma più che rendere nota la mole dilavoro svolta all’esterno e ovviamente an-che all’interno di questa grottina, voglio piut-tosto affermare con piacere che i lavori danoi svolti erano improntati da un crisma diufficialità, ossia svolti con il beneplacito delproprietario del terreno circostante il buco.Anzi, il proprietario stesso, signor Svara, ciha coadiuvato nei lavori scendendo pure luialla massima profondità raggiunta. Visto cheogniqualvolta che apriamo una grotta lavo-riamo sempre nella clandestinità e nell’an-sia di essere cacciati in malo modo daqualche infuriato padrone del terreno nelquale operiamo, questo fatto, quasi piùunico che raro, mi ha favorevolmente im-pressionato.

Ad una cinquantina di metri in direzioneSE dalla Grotta Bongardi (vedi Progressio-ne 49) si trova la Grotta II presso la Bon-gardi. L’esigua frattura iniziale ci ha impe-gnato con parecchie giornate di lavoro perampliarla a sufficienza ed accedere così adun pozzetto di cinque metri comunicantecon una saletta ben concrezionata nella

GROTTA NELLA PROPRIETÀSLAVKO SVARA

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quale abbiamo rovistato in ogni angolo percarpire qualche altra prosecuzione, purtrop-po però con scarsi risultati.

Sempre in codesta zona ci siamo im-barcati in faticosi lavori di disostruzioneed ampliamento fratture che a prima vistaci sono sembrate probanti, poi risultatesterili o troppo impegnative.

“Pozzo strettissimo”. Ubicato nella pine-ta a Nord di Trebiciano. Dalla relazionecatastale di Giuliano Carini: una fessuraverticale, allargata con alcune ore di lavorodi sbancamento, immette in un pozzo mol-to stretto e reso accidentato dalla presenzadi un ponte naturale e spuntoni vari. Sulfondo, costituito da massi incastrati, unesiguo orifizio lascia intravedere ulteriori

3-4 metri di proseguimento verticale.Non ho un buon ricordo di questo

pozzetto malefico (la classica schifezza)nel quale a quota –3 metri, mentre tenta-vo la discesa, sono rimasto incastrato.Sono occorsi alcuni minuti di contorcimen-ti per liberarmi e guadagnare nuovamen-te l’uscita, esausto e ansante. L’esplora-zione la ha effettuata subito dopo il miotentativo andato a vuoto l’amico Giuliano,di qualche chilo più magro di me.

Un’altra cavità nella quale abbiamo so-speso per il momento i lavori è situata sullependici meridionali del Monte Franco (Tre-biciano). L’ingresso della stessa è statoaperto al lato d’accesso di un bunkersenz’altro reminiscenza del secondo con-flitto mondiale. Si sono rese necessarieparecchie giornate di lavoro per poter averragione di quel minuscolo foro alitante, in-dividuato dall’amico Roberto durante unabattuta di zona. Siamo in tal modo penetra-ti in un vano di forma triangolare, ben con-crezionato, con fondo cosparso di detritipoggianti su di un compatto manto terroso.Il soffitto del vano raggiunto è completa-mente chiuso da massi incastrati, dai qualisi può dedurre che la cavità in oggetto, intempi remoti, era beante.

Ad avvalorare questa tesi sono le nu-merose ossa, forse resti di pasto, venutealla luce durante le opere di scavo.

Scavando e allargando siamo scesi aduna profondità di circa dodici metri, doveun’ennesima strettoia, comunicante con unP. 8, ci ha momentaneamente fermato coni lavori. Ad un centinaio di metri in direzioneSO da questo posto abbiamo eseguito unaltro notevole lavoro di disostruzione, sen-za però ottenere alcun risultato.

“Grotta presso Repen”. Ecco un altroesempio, ma questi sono numerosi, checavità anche molto interessanti dal puntodi vista speleologico, vengono individua-

GROTTA II PRESSOLA GROTTA BONGARDI

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te da chi speleologo non è. Infatti, l’ac-cesso della grotta sopra menzionata, èstato segnalato a Roberto Prelli da un suocollega di lavoro abitante sul Carso. Logi-camente l’ingresso allora era assoluta-mente inagibile, ed era rappresentato dauna ghiotta frattura concrezionata nellaquale le pietre lanciate “battevano” perqualche metro. È da non credere che talefrattura, già a prima vista molto promet-tente, sia sfuggita all’occhio delle orde dispeleologi che da innumerevoli decennibattono sistematicamente ogni tratto del-l’altopiano carsico.

Nel “prontuario grotte” fornitomi daPino ho letto a piè di pagina una suapostilla a riguardo di questa grotta: “Vedidescrizione dettagliata nella nota di Bone”.Con quella voglia saltami addosso che hoper descrivere una cavità, stà fresco! Maandiamo avanti con le menzionate descri-

zioni attingendo a piene mani dalla SUArelazione catastale.

Per rendere transitabile la fessura ini-ziale sono occorse un paio di mattinate dilavoro col Makita, come pure ha chiesto ilnostro intervento la strettoia che dà ac-cesso al P. 39 interno. Il primo pozzettoche si può scendere in arrampicata, fini-sce su di una frattura allungata che costi-tuisce la sommità del pozzo interno. I primiotto metri di questo sono alquanto angu-sti, ma poi l’ipogeo si allarga assumendol’aspetto di un pozzo circolare di un paiodi metri di diametro; continuando però ladiscesa alcuni restringimenti ed allarga-menti gli conferiscono un aspetto piutto-sto irregolare.

A circa quindici metri di profondità unportale concrezionato, sito sulla pareteopposta del pozzo, immette (traversata diquattro metri) in un ramo laterale compostoda una breve galleria che termina sull’im-bocco di un P. 6,5. A destra di questo siaccede ad una breve ma alta galleria ini-zialmente ben concrezionata, ma nella suaparte terminale molto erosa causa l’aggres-sività delle acque d’infiltrazione che vi per-colano da due alti camini che ne forano lavolta. Alla base del P. 6,5 la cavità prose-gue ancora, sempre ben concrezionata, peralcuni metri, con un fondo argilloso costel-lato da pozze d’acqua.

Proseguendo la discesa lungo il poz-zo principale si sfiorano alcune nicchie erientranze e, tramite una finestra posta ad

Grotta presso Repen. Si procede al rilevamento.

POZZO STRETTISSIMO

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4678 VG

L’insistenza fastidiosa che, ahimè, micontraddistingue convinse il mulo Glau-co, capomastro della Squadra Scavi osquadra dei veci: “Bon, sabato prossimoporta ti pan e mortadela per la merenda,che andemo a veder sto benedeto buso”.In realtà quello stretto buso, da me indi-viduato sul bordo di un campo solcatodurante una pausa dei lavori alla GrottaDelise e che tante speranze aveva acce-so nella mia fantasia, era già stato sceso:correva il lontano 1972 allorché alcunicomponenti del Gruppo Grotte dell’Asso-ciazione XXX Ottobre (l’altra sezione diTrieste del CAI) ne allargavano – ma nondi molto – l’ingresso e scendevano unpozzo di una decina di metri, interrotto daun ripiano e fermandosi di fronte ad unafessura intransitabile oltre cui la pietracadeva per qualche metro.

La fessura venne da noi – SquadraScavi, naturalmente – affrontata e supera-ta nel gennaio 2004 grazie all’ausilio diun grasso speciale per fessure moltoostiche (leggi Makita…) e molto olio digomito (un sabato di lavoro). Potemmocosì accedere ad un piccolo meandroconcrezionato, in leggera salita ed in cui,nella parte più bassa, un piccolo pertugioimpediva l’accesso a sconosciuti vani sot-tostanti. Allargato il passaggio (altra gior-nata di lavoro) avemmo l’opportunità divisitare la parte finale di questa grotta: unpozzo che dopo i primi metri si presentalargo e concrezionato, con qualche ripia-no e rami collaterali.

Dalla cartella catastale redatta dal so-lito Pino traggo, per chi volesse un gior-no farci un giretto, alcune note descritti-ve. Un ingresso vagamente triangolare(allargato da Glauco), porta al primo pic-colo salto (p. 1) e alla prima cavernetta;un passaggio fra massi permette di scen-dere al fondo del pozzo di fronte alla fes-sura oltre cui si trova il meandro su ricor-dato (p. 2-3). Sotto la strettoia si trova lostretto pertugio che mette sul P 18 a metàdel quale un ripiano porta ad un breve

una decina di metri dal fondo, un ramolaterale sormontato da un alto camino.Tale vano è in comunicazione col pozzoprincipale tramite alcune fessure che siaprono tra i massi concrezionati che co-stituiscono il fondo del vano stesso. An-cora una decina di metri di discesa equindi si pone piede sul fondo cosparsodi detriti poggianti su argille compatte.Qualche assaggio di scavo a ridosso del-le pareti, per individuare altre prosecuzio-ni, come pure le arrampicate ivi effettua-te, non hanno dato risultati positivi.

Questo è tutto, cari lettori, e con lasperanza di un futuro migliore, semprespeleologicamente parlando, vi saluto af-fettuosamente.

Bosco Natale Bone

GROTTA PRESSO REPEN

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GEODI

Alcuni grottisti triestini pare abbiano lapassione per gli scavi insita nel loro DNAe le grotte, se non ci sono, se le costru-iscono. Uno dei più determinati di questiè indubbiamente Luciano Filipas, prota-gonista in questi ultimi anni degli scavipiù duri – e più fortunati – intrapresi dallaCommissione.

Dopo i successi ottenuti alla LazzaroJerko, 4737 VG, alla Grotta delle Gallerie,420 VG, alla Supernova 4053 VG, al nuovoabisso del Lanaro, Luciano si è interessatoal sistema Grotta delle Geodi, 21 VG –Grotta Costantino Doria, 3875 VG – GrottaII ad est di Borgo Grotta Gigante, 3876 VG,ipotizzato nei primi anni ’50 del secolo scor-so sulla base delle risultanze dell’accosta-mento dei tre rilievi. La prima grotta era stataesplorata già nel 1897 dai grottisti del ClubTouristi Triestini, che la avevano chiamataGrotta delle Druse (o delle Geodi) per lapresenza di particolari concrezioni; duepozzi in successione portavano ad un’am-pia caverna caratterizzata da grossi crolli epareti riccamente arabescate. La profondi-tà totale era di 32 metri su di uno sviluppodi una sessantina. Nel 1951 la Commissio-ne individuò una fessura sul fondo del ca-vernone che, ben presto allargata, permisedi aggiungere al vecchio rilievo una galleriadi una ventina di metri. La seconda e laterza, individuate e aperte dai giovani dellaCommissione nel marzo 1950, sono rispet-tivamente una bella e ampia galleria in leg-gera discesa cui si accede attraverso unpozzo di 17 metri (dal 1956 attrezzato conscale fisse) e un cunicolo lungo 35 metri sudi un dislivello di cinque. La 3875 VG, pro-fonda 34 metri e lunga 111, e sul cui fondosono state trovate delle firme risalenti al1917 (poste da qualcuno entrato sicuramen-te dalla 21 VG, visto che l’attuale ingressonon esisteva), è stata quindi acquistata dallaCommissione Grotte ed attrezzata a stazio-ne sperimentale di meteorologia ipogea. Ladistanza fra la parte terminale della 3876 ela parte a monte della 3875 è di 26 metri,mentre l’ampia galleria di quest’ultima fini-

ramo laterale (p. 4-5); al suo fondo alcunipassaggi portano al punto più profondodella grotta (p. 8), raggiungibile anchescendendo per un pozzo laterale. Tutta laparte interna della cavità è ben concre-zionata.

Giuliano Carini

Dati catastali:Grotta ad Est di Prepotto (4678 VG) - IGM 25000Duino - Prof.: m 37 - Pozzo est.: m 5 - Pozzi int.: m3,6/2/18,4/11 (laterale) /2,3/2,3 - Lungh.: m 31 - Ril.:Pino Guidi, Bosco Natale Bone, Roberto Prelli, 7 feb-braio 2004.

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sce con una grande frana che le planime-trie indicano trovarsi immediatamente sottoil pozzo d’accesso della 21. Che, trovando-si all’interno della caserma di Borgo GrottaGigante, è stato ostruito con materiale va-rio. Nei mesi di marzo-aprile 1969 un grup-

po di giovani e meno giovani della CGEB(fra gli altri c’erano Tommasini, Vianello,Davanzo), con uno scavo nella frana e conil forzamento di una fessura, hanno aper-to il passaggio che conduce nella 21. Ilavori, protrattisi per varie domeniche, ave-

GROTTA DELLE GEODI

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vano avuto dei momenti drammatici a cau-sa di grosse frane (una delle quali ha bloc-cato per alcune ore Enrico Davanzo in unanicchia).

Nella nuova tornata di lavori Luciano, co-adiuvato da vari soci, ha iniziato nel luglio2002 attaccando il ramo a monte della Grot-ta Doria collegandola, alla fine di una impe-gnativa campagna di scavi durata un paiodi mesi, con la Grotta II ad est di BorgoGrotta Gigante. Quindi, considerato che ilsistema si sviluppa per oltre 200 metri indirezione E-W ed è costituito da una lungagalleria intervallata da slarghi e crolli anchedi notevoli dimensioni, ha pensato bene diaffrontare il problema di un suo prolunga-mento verso valle, prendendo spunto – inassenza di fessure soffianti o di altri indizivalidi nella Grotta delle Druse – dalla mor-fologia della parte finale della cavità. Insostanza, cercare la prosecuzione dellagalleria seguendone il soffitto (dapprima) ele pareti (poi).

I lavori hanno preso l’avvio negli ultimimesi del 2002, intaccando la sommitàdella colata calcitica che chiude la galle-ria terminale delle Geodi. Varie dozzine digiornate di sbancamenti hanno portatoallo svuotamento di un cunicolo lungo unaquindicina di metri, sormontato da unadecina di camini, uno più stretto dell’al-

tro; a sei metri dall’inizio del nuovo tratto,seguendo delle micro fratture, è statascavata una serie di pozzetti per un disli-vello complessivo di 13 metri che modifi-cano di poco profondità del sistema.

Lasciati per il momento i lavori neipozzetti terminali, diventati troppo onero-si per il ristretto gruppo di scavatori – ilmateriale di scavo doveva essere solleva-to lungo i pozzetti e quindi trascinato nelcunicolo sino alla galleria delle Geodi ovesarebbe stato sistemato – nel 2004 ilcantiere si è spostato alla base della co-lata di calcite. Rimosso tutto il materialeproveniente dai primi sbancamenti e ividepositato, si è dato l’avvio, seguendo laparete sud della galleria, allo scavo di unpozzo. Il materiale di risulta – crostellocalcitico, argilla, pietre – viene sistematoora lungo i fianchi della galleria con unamuraglia che si avvicina sempre di più allacaverna centrale delle Geodi.

I lavori sono portati avanti con uscite bi-trisettimanali dallo zoccolo duro della com-pagnia (Filipas e Besenghi) cui si aggrega-no di volta in volta scavatori di ruolo(presenti almeno un paio di volte al mese)e occasionali. Le uscite sono facilitate daun impianto di illuminazione elettrica e dauna serie di scale fisse, corde, graffe eappigli sistemati lungo il percorso, e ven-

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LA GROTTA OMBRETTACOMPIE QUARANT’ANNI

INTRODUZIONE

Diverse volte avevo sentito parlare daspeleologi triestini della Grotta Ombrettache s’apre nelle colline alle spalle diRupinpiccolo. Mi era stato detto che sitrova in un canale e che è costituita daun pozzo d’accesso al quale segue unaspaziosa caverna. Il rilievo poi, eseguitoda Romano Ambroso, attivo e appassio-nato speleologo degli anni '60, ma forsedisegnatore non tanto abile, mi avevasempre fatto pensare che probabilmentevarrebbe la pena di provare a rifarlo.

Quando ho sentito che anche l’amicoFranco mi menzionava la grotta Ombretta,dicendomi che in verità l’aveva scopertalui e che l’avrebbe rivista volentieri, colsisubito l’occasione per effettuare una visi-ta assieme e rilevarla accuratamente.

La scoperta, come mi ha raccontatoFranco, è avvenuta circa 40 anni fa inmodo alquanto singolare: un abitante diRupinpiccolo ha convinto l’amico ad ef-fettuare uno scavo in un punto del tuttoinsospettabile. Dopo un discreto lavorovenne alla luce solo un grosso masso, ma,rotto anche quest’ultimo, si aprì quasi al-l’improvviso l’imbocco del pozzo d’acces-so. L’esplorazione fu alquanto sommaria ein effetti la visita recente ha permesso diesplorare qualche nuovo cunicolo e un

rametto che a partire dal fondo sale finoalla base di due camini concrezionati, unodei quali, parallelo alla caverna principale,comunica con essa tramite una finestra.

DESCRIZIONE

L’ingresso di m 1,3 x 1,5 è ubicatolungo un solco torrentizio asciutto che avalle della cavità prosegue fino ad unaconca con un grande prato. Il pozzo d’ac-cesso presenta all’inizio una strettoia conuna lama un po’ instabile e successiva-mente è alquanto contorto, con diversiripianetti.

Verso la parte finale, con un facile pen-dolo, si può visitare una cavernetta che siinnesta a “U” sul pozzo stesso e superatoancora un ponte naturale si sbocca infinein una piccola stanzetta. Da qui oltrepassa-to un passaggio basso e un po’ fangoso siperviene ad una prima caverna ben con-crezionata, larga m 12 e alta m 9. Il suoloscende ripidamente e in breve si giunge inuna seconda caverna di dimensioni mag-giori. Essa è traforata da diversi pozzetti ebaratrini che convergono in un reticolo dicunicoli sottostante.

Conviene effettuare la discesa in unodei pozzetti sul lato destro della cavernache hanno profondità minore e si può cosìfacilmente raggiungere il fondo del pozzomaggiore che s’apre sul lato sinistro dellacaverna. Da esso si può proseguire inalcuni cunicoli fangosi che portano allamassima profondità, oppure si può risali-re un corridoietto che porta alla base diun alto camino che comunica con la ca-verna principale tramite una finestrella.

Dalla base di questo camino spostan-dosi in arrampicata a sinistra si raggiungeun’ultima saletta, sovrastata da un cami-no più piccolo e molto concrezionata.

Umberto Mikolic

Dati catastaliGrotta Ombretta (1298 / 4238 VG), CTR 1:5000 Ru-pinpiccolo 110064 - Posizione: 13° 46’ 30”0; 45° 44’14”3 - Quota ingr.: m 372 - Lungh.: m 90 - Prof.: m45 - Pozzo est.: m 17,8 - Pozzi int.: m 12/4/6,3 - Ril.:Umberto Mikolic, Franco Florit, 27 novembre 2004.

gono rese più gradevoli dalla presenza nelcantiere di un punto di ristoro ben attrezza-to e ancor meglio fornito: caffè, tè, biscotti,gubane, alcolici e superalcolici, merendevarie sono pronti a soddisfare ogni richie-sta dei grottisti più epicurei.

La profondità del nuovo pozzo, lungoil quale si sono incontrati brevi cunicoliciechi e spazi vari fra roccia e calcite,attualmente è di poco meno di una deci-na di metri.

Pino Guidi

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GROTTA OMBRETTA

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CERCANDO IL III,TROVANDO IL IV...

È un sabato mattina e come al solito,da 3 anni a questa parte, lo passo a giro-vagare nella zona di Gropada alla ricercadi qualche indizio che mi porti al ritrova-mento del fantomatico Abisso III° di Gro-pada, esplorato nel 1924 dalla XXX Otto-bre, rilevato da Cesare Prez, e da allorascomparso.

La motivazione che mi spinge a cerca-re la grotta misteriosa è sempre alta, se-taccio palmo a palmo ogni metro quadra-to attorno ai famosi “Fiori di Mornig”,eseguo diversi assaggi di scavo ma sem-pre invano. Ancora un dettaglio mi man-ca: il ritrovamento del masso dove erasituata una lapide in ricordo di un giova-ne grottista morto per lo scoppio di unresiduato bellico della prima guerra mon-diale. Parlando di questo fatto all’internodella Commissione, finalmente trovai Fufo

Durnik che mi indicò l’ubicazione dellalapide. Il sabato successivo mi diressi sulposto, non fu facile trovare la lapide an-che con tutte le indicazioni, ma alla fine ilmasso nascosto da un bel po' di vegeta-zione si fece scoprire. Li attorno concen-trai le mie ricerche. Si diceva che la lapi-de fu posta nelle immediate vicinanze deltanto cercato abisso.

Nella dolina sottostante iniziai dei lavoridi scavo in tre punti che sembravano darepiù probabilità di trovare la cavità, ma i ri-sultati furono ancora negativi. Da questi sca-vi misi alla luce solo dei vecchi e arrugginitiresiduati bellici austriaci della prima guerramondiale. La testardaggine premia pensai,così i sabati successivi continuai le ricer-che rivoltando ogni centimetro quadratoattorno alla lapide e mi accorsi che nellapiccola depressione a pochi metri da unprato c’era una fessura che alitava aria fred-da, eravamo nel mese di agosto. Ero con-tentissimo, è fatta dissi tra me e me, la grottasta qui sotto!

Didascalia (Foto )

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ABISSO IV DI GROPADA

Numero catastale ancora non disponibileCTR 5000 Basovizza - Lat i tudine:5056617 - Longitudine: 2430722 - Quo-ta ingresso: 386 m slmProfondità: 130 m - sviluppo: 222 m -Pozzi: P.8*; P.76*; P.33; P.12*; P.8*;P.15*; P.18; R.5; P.10; P.5; P.15; R.20(* pozzi ramo del fondo)Rilievo: Corazzi, de Curtis, Deponte,Stenner - 22/2/2004, CGEB, Trieste

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Nei weekend successivi io e i miei sca-gnozzi demmo il via allo scavo, molto faci-le, spostando massi di crollo raggiungendoi 5 metri di profondità. Persi l’aria e decisi ditornare in un periodo più freddo. Ai primi digennaio 2004 decisi di tornare con Francoe Riki, e grazie all’appannamento degli oc-chiali di Franco individuammo la corrented’aria che proveniva al lato del pozzettoscavato, non sul fondo di esso ma a soli 2metri di profondità. Da quel punto vennescavata una trincea di 3 metri in lunghezza

fino ad arrivare ad una fessura soffiante, daqui in poi i lavori partirono alacremente, gra-zie al grosso afflusso di manodopera abasso costo, tutti fortemente attratti dallagrossa colonna di vapore che usciva dallafessura.

Quattro domeniche di lavoro e final-mente si entra, a –20 però una sorpresaper le morfologie del nostro Carso, la grot-ta non continuava su pozzo ma in unacondottina fortemente ventilata al limitedella percorribilità.

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UNA STAGIONE A GROPADA,ED UN OSPITE INATTESO

MA GRADITO…

Già contea di Levantin Barbarossa (for-se qualcuno lo conosce come Dario Ma-rini...), per noi il Carso di Gropada è illuogo più misterioso e tetro della zonadell’altipiano triestino.

Ma è un tetro positivo e sicuro checaratterizza ad esempio i rifugi di pochepersone, che lo capiscono e comprendo-no e trovano armonia e stabilità. Le neb-bie frequenti, gli affioramenti calcarei adolmen e le doline profonde, la tempera-tura esterna sempre rigida rispetto ad al-

tre zone del Carso ed il fatto che sia tuttosommato un luogo ancora desolato, cre-ano quelle condizioni naturali che posso-no essere apprezzate appunto da pochi.E sappiamo che camminando, sotto, va-sti spazi e verticali segnano, chissà, forsemisticamente, la strada da seguire, le vieda battere per le ricerche di nuove cavità.

Denso di racconti, anche tragici, ilCarso qui insegna storia: zona di retro-guardie austriache nella prima guerramondiale, poi battuto dai grottisti neglianni ’20, soprattutto dalla forte squadradi Prez, Comici e la ganga della XXX Ot-tobre che in circostanze oscure qui cilasciò anche un morto, Vittorio Lazzaraperito in modo mai del tutto chiarito: epoi ancora i misteri dell’Abisso III° di Gro-pada, cavità promettente e profonda maipiù ritrovata, gli scavi degli anni ’50 pertentare di individuarla nuovamente, tuttivani, le sedute spiritiche, il grande vec-chio Prez che tornava sui luoghi dellagiovinezza forse per prendere ancora tuttiper il culo o per ricordare in silenzio isegreti che poi si è portato via per sem-pre. Abissi profondi, verticali di centinaiadi metri, solitudine.

Federico si era messo in testa questaidea, folle e logica allo stesso tempo, ri-trovare l’abisso scomparso con impegno,testardaggine e dedizione. Anche quimancò la fortuna, non il valore. Ma forseproprio Lazzara o Prez ci hanno poi gui-dato a trovare un altro abisso nuovo dizecca, chiamato per promulgare la tradi-zione della zona “Abisso IV° di Gropada”.E magari i vecchi grottisti defunti, percompensarci, ce lo hanno fatto trovaretutto sommato abbordabile in fase di sca-vo per esser reso agibile, non sicuramen-te però agile da individuare.

Abbiamo passato un paio di mesi al suointerno, rovistando in frane, strettoie, scen-dendo pozzi e armando traversi e ancorarisalite, erosioni e concrezioni, anche fan-go, merda, ma sappiamo che qui sul no-stro altipiano è così. Siamo scesi abbastan-za e ci siamo mossi anche su proiezioneorizzontale, l’abisso ha concesso quello che

Oltre alla condotta partiva un pozzo diuna settantina di metri che si allargavasempre più man mano che si scendeva,fino ad arrivare in una zona ampia e com-plessa a più diramazioni.

L’esplorazione è stata portata avanti indiverse uscite e con molte persone, rag-giungendo alla fine la profondità di oltre 130metri. Si è provato anche a forzare il flussod’aria con il ventilatore di Giuliano, ma sen-za grossi risultati a causa dei numerosi edintricati sviluppi dei rami inferiori.

Bel risultato in ogni caso: cercavo ilIII° ed ho trovato appunto il IV°, un buonmotivo per continuare le ricerche, e chis-sà un domani….

Un grazie a tutti i partecipanti.

Per la CGEB:Riccardo Corazzi, Davide Crevatin, Paolode Curtis, Fabio Feresin, Franco Florit,Spartaco Savio, Betty Stenner, Marco Stic-cotti, Giuliano Zanini.Per il CAT: Paolo Manfreda.Per il REST: Gianni Spinella.E gli amici: Fulvio Tassan, Sergio Sossic,Cristiano Marocchi, Francesca Zanusso,Vera Perini, Shamsa Todeschini e Andrea“The Animal” Sbisà.

Federico Deponte

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LA CAVERNA 3ªAD EST DI BASOVIZZA

Questa grotta, rimasta miracolosamen-te accessibile, si trova entro l’incrocio didue stradine, presso un’ultima casa delpaese di Basovizza, in direzione del Mon-te Cocusso.

Dalla dolinetta iniziale di m 5 x 6 siscende, tra qualche roveto, una ripidachina che immette in una spaziosa caver-na che subito si divide in due rami. Versodestra si visita una galleria di m 24 chedapprima è orizzontale, poi in lieve salitae infine in discesa. Verso la sua metà,sempre sul lato destro, si notano due

rametti discendenti che terminano con deicumuli di macerie e immondizie, cosa chefa supporre che un tempo l’ingresso dellacaverna fosse ben più ampio.

Tornando sotto l’ingresso, dopo qual-che metro a sinistra, ci si trova davanti adun secondo bivio. A sinistra si può visita-re un cunicolo di una ventina di metri chesi sviluppa sempre in prossimità della zonasottostante l’ingresso. Nella sua parte ini-ziale, con una breve diramazione a de-stra, si giunge in una stanza di m 5 x 7,sul bordo della quale, per dividerla me-glio dal cunicolo, è stato costruito, forsein epoca remota, un muretto a secco.Continuando invece a destra, la grottaprosegue con una piacevole galleria indiscesa che presenta degli interessantigruppi colonnari sulla sinistra. Quando ilsuolo diventa orizzontale, si percorre unabella galleria di m 20 che termina con unastanza circolare. Un passaggio bassoimmette in un tratto finale ben concrezio-nato e lungo m 12.

Un’ultima diramazione si può percor-rere a partire da dietro i gruppi colonnari.In essa è stato risalito un caminetto cheprobabilmente un tempo costituiva unsecondo ingresso a pozzo, ora ostruito.

Umberto Mikolic

Dati catastaliCaverna 3ª ad E di Basovizza (1146 / 3461 VG), CTR1:5000 Basovizza - 13° 52’ 08”4; 45° 38’ 36”6 - Quo-ta ingr.: m 383 - Prof.: m 11 - Lungh.: m 158 - Ril.:Marini, Sironich, 9-9-1967 - Agg.: Mikolic, 25-2-2005.

voleva e poi ha chiuso i sentieri profondi.Tutte le vie logiche, le prosecuzioni a vistae le vie dell’aria sono state seguite e inalcuni casi forzate, dubito che si potevaarrivare a qualcosa di più. L’aria in profon-dità non ha più indicato vie certe, correva,s’intrecciava e galleggiava nei rami dellagrotta come delle sciarpe che si annoda-no tra loro, confondendoci e lasciandocisoli con le nostre idee, campate in aria,nel vero senso del significato etimologicodelle parole.

Ed una domenica pomeriggio siamousciti con le corde e la ferraglia, decre-tando la parola fine sul tutto. Ma tutti noieravamo comunque appagati, sapendoche altre storie erano da iniziare a Gropa-da e magari altri fuochi d’accendere, glistessi dove una sera, sono sicuro, dietroa noi a spiarci sorridendo e ghignandoc’era proprio Cesare Prez: mi sono alzatoe sono andato nell’incerto della notte edella nebbia a invitarlo e farlo sedere tranoi, tra complici a bere un doppio comeai bei tempi, ma si era già nascosto daqualche parte il vecchio bucaniere, gelo-so dei suoi segreti sul III° di Gropadasapendo che glieli avremmo chiesti.

Ma io vi dico che c’era, ed era conten-to di noi.

Riccardo Corazzi

L'ingresso della Caverna III di Basovizza.(Foto M. Radacich)

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Caverna 3ª ad E di Basovizza (1146 / 3461 VG)

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GROTTA IMPOSSIBILEDI CATTINARA

L’INIZIO DELLE ESPLORAZIONI

I PRIMI ACCESSI AI LAVORI NEITUNNEL ARTIFICIALI E LE PRIME

SCOPERTE

PREMESSA

Nell’ambito del cantiere di costruzio-ne del nuovo traforo autostradale postotra le località di Cattinara e di Padricianoalle porte, e sul Carso di Trieste, venivacostituita una commissione regionalecomposta da alcuni commissari regionalie dal il prof. Franco Cucchi docente digeologia applicata e geografia fisica al-l’università di Trieste nonché direttore delCatasto Regionale delle Grotte del F.V.G.,commissione preposta ad attuare tuttequelle misure necessarie per la tutela esalvaguardia di grotte eventualmente in-tersecate e messe in luce lungo il percor-so dei due tunnel (canna Trieste e cannaVenezia indicative dei due sensi di mar-cia) e dei settori di collegamento tra lemedesime.

Gli importanti lavori riguardano la gran-de viabilità triestina, fanno parte del II°lotto 3° stralcio commissionati al Consor-zio Collini-Rabbiosi da parte del Comunedi Trieste su finanziamento regionale a so-stegno delle grandi opere nazionali.

Senza dubbio, sono discutibili le scel-te progettuali adottate, anche se non èintenzione intavolare su questo foglio undibattito su questo tema, non tratteremola questione ecologico-protezionistico. Inavvio dei lavori e più tardi, durante la faseesplorativa della grotta, questo non fu maisollevato, se non occasionalmente conqualche discussione in merito al grandeimpatto ambientale dell’opera, soprattuttonelle aree esterne.

Di fatto le esplorazioni e le indaginigeologiche e morfologiche degli ipogeiincontrati, sono iniziate dall’équipe di stu-denti e ricercatori (alcuni dei quali spele-

ologi esperti), sotto la direzione del di-partimento del prof. Cucchi dell’Universi-tà di Trieste. In seguito sono subentratigli speleologi della città di Trieste, facentiparte delle associazioni, nonché alcunimembri del Collegio delle Guide speleo-logiche regionali, che spinti anche damaggior entusiasmo, hanno dato l’impul-so decisivo alle ricerche.

Voglio precisare, che si è cercato neilimiti organizzativi di coinvolgere tutte leentità speleologiche rappresentative di tut-ti i gruppi, ed in special modo di quellipiù interessati e motivati.

Sono stati partecipi alle esplorazioni edai rilevamenti il Club Alpinistico Triestino,l'Associazione XXX Ottobre, La Società Adria-tica di Speleologia, Il Gruppo SpeleologicoSan Giusto, la Commissione Grotte Euge-nio Boegan, il Gruppo Grotte Carlo De-beljak, il Gruppo Triestino Speleologia e ilGruppo Grotte Talpe del Carso.

Il giorno della scoperta. La grande stalagmite (alta22 metri), posta alla sommità della grande caverna.

(Foto L. Torelli)

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L’AVVISAGLIA DELLA GROTTA

Non solo per un mero calcolo statistico,ai primi del mese di novembre 2004, du-rante i lavori degli iniziali quattrocentocin-quanta metri circa di galleria ed in partico-lare nella “canna Trieste”, venivano scopertealcune grotte all’interno del tracciato. Il di-rettore dei lavori, l’ing. Enrico Cortese delComune di Trieste, provvedeva a comuni-care al direttore del Catasto Grotte Regio-nale delle Grotte, il prof. Franco Cucchi delritrovamento. Così venivano esplorate etopografate, in particolare due brevi tratti digallerie fossili, molto interessanti dal puntodi vista geologico e morfologico, ma relati-vamente brevi, di cui la più interessante,essendo spostata ad ovest rispetto l’asseprincipale del tunnel, rimane conservata epercorribile lateralmente. In questa occasio-ne, fu possibile effettuare assieme ad alcu-ni operai della Collini s.p.a. una breve per-lustrazione anche nella “canna Venezia”.Lungo questo percorso, dunque veniva

scoperto un ristretto pertugio rimasto aper-to, tra le doghe d’acciaio appena infisse ele pareti messe in sicurezza da un getto diconsolidamento di betonite-cemento. Agliocchi degli speleologi presenti, di fatto,forzato il passaggio, si presentò con incon-fondibile aspetto quella che sarebbe diven-tata una grotta di notevole importanza. Unagrande ed aggettante parete, sulla sinistra,indicativa di una struttura a faglia, che dopobreve caos di massi sprofondava in un sal-to verticale di discrete dimensioni e per cir-ca 25 metri di profondità, si notò immedia-tamente un notevole flusso d’aria inaspirazione.

NASCE LA GROTTA IMPOSSIBILEDI CATTINARA

Ritornati alla grotta verso la metà dinovembre, si esplorava il pozzo non dopoaver, soprattutto, liberato il terrazzo in-gombro di massi, prodotti dalle potenti

Vagando nel sottosuolo - la grande caverna. (Foto L. Torelli)

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esplosioni delle volate precedenti e semiincastrati sul suo bordo iniziale. Sceso ilsalto, ed uno più breve successivo, sipresentò alle luci delle lampade a carbu-ro, ma soprattutto ai fari di profondità, unagrande struttura, al contempo alquanto im-ponente e complessa. Dalla base delpozzo d’accesso, si dipartono infatti alcu-ne diramazioni laterali di cui una in pozzoed altre di dimensioni più modeste in ri-salita e tuttora non del tutto esplorate. Allabase del secondo breve pozzo si percor-re una sala di discrete dimensioni, condue bocche di gallerie, di cui una pensilee posta a circa 6 metri dal piano di calpe-stio. Venne notata così, alla base dellaparete est della sala una vera e propriabocca di circa due metri per uno di altez-za, un passaggio obbligato di pochi metrima, indicativa delle dimensioni volumetri-che e delle implicazioni del complesso

Il grande meandro "omaggio al Corchia", dopo ilpassaggio "N.B. avanza a Nord Ovest".

(Foto U. Tognolli)

della cavità, la fortissima corrente d’ariarisucchiata in aspirazione attraverso que-sto “collo di bottiglia”, farà si che lo sichiamerà “passaggio Venturi”. Da questo,si accede ad un tratto di bellissima galle-ria caratterizzata da discrete dimensioni edai resti di una vaschetta carsica in regi-me di “secca”. Considerevoli, gli antichilivelli dell’acqua, visibile “l’impronta car-bonatica”, lasciata sulla parete.

Alla fine di questo primo tratto si pre-sentava agli occhi dei primi esploratori unafinestra nera sul buio più profondo.

Con grande emozione, frenando l’ec-citamento si affacciarono in un ambientedalle caratteristiche inusuali. Con i grandifari di supporto percorsero quelle paretidi galleria che si perdevano in profondità,evidenza di una antica impronta fluvialeintrappolata da millenni nel sottosuolodietro casa, in un settore del Carso trie-stino tutto sommato poco conosciuto edesplorato. L’antico soffitto della galleriasfuggiva nel buio, con una certa formasinuosa a “meandro”. Sulla prima impres-sione, il gruppo si spostò sulla sinistrapercorrendo una vasta cengia che in real-tà terminava sul fianco della struttura stes-sa ma sotto l’arrivo di una altra grotta,bastò retrocedere ed abbassarsi lungo labase, per scendere un piano molto incli-nato costituito da una liscia colata di cal-cite e quindi risalire una zona interessatada grossi massi, per trovarsi tra le altepareti distanti in questo punto mediamen-te 15 m ed alte 40 m. Con un certo sgo-mento, però, l’atmosfera si fece greve, unanebbia sicuramente prodotta dall’attivitàdi cantiere avvolgeva l’area, inducendo ilgruppo ad una certa prudenza, soprattut-to per valutare eventuali effetti negativinello assumere-respirare una miscelad’aria non proprio sana. Comunque sipercorse ancora un bel tratto, per poifermarsi in un punto prestabilito, visto l’oraormai scaduta dell’appuntamento con ladirezione lavori e stabilita per l’uscita.

A malincuore si decise dunque di usci-re, e tornare sui propri passi, ed appenail mese successivo, il comune di Trieste,

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e l’Impresa permisero di accedere nuova-mente alla cavità.

Ripercorso il tracciato conosciuto, econtagiati da una certa “febbre da esplo-razione”. I primi esploratori della grotta,diventata già la Grotta Impossibile di Cat-tinara, si trovarono a percorrere, un trac-ciato ipogeo scritto dal destino. Giovanivolti, dagli occhi dilatati dal buio, s’incro-ciarono ad ogni svolta del percorso, conle pieghe e la sicurezza dello sguardo dichi, da decenni viveva ormai una relazio-ne di simbiosi e di intimità con la speleo-logia della scoperta, con l’ennesima emo-zione, di respirare i l mistero del losconosciuto; il primo di qualsiasi eventomai narrato da cuore umano. Il “grandeevento”, stava nuovamente per verificarsiattraverso quello semplice saltellare tra imassi lungo un tracciato dettato dal buio,questa volta quasi eccezionalmente pre-disposto e facile ed al contempo incredi-

bile, quasi “impossibile”…. L’incredulità trail gruppo, si fece ad un tratto silenzio, glisguardi puntarono sulla gigantesca senti-nella, posta a guardia dell’ignoto. Unaenorme stalagmite, come mai vista nellenostre aree esplorative, stava la in alto alculmine della china, sopra di noi mentresi saliva tra giganteschi massi di crolloparzialmente inglobati nella calcite. Comenei più degni resoconti esplorativi del“Martel” o alla Pierre S. Martin, l’emozio-ne fu grande a percorrere grandi ambientie grandi formazione calcitiche. Passam-mo alla base della gigantesca colonna, etra i ciclopici resti crollati di un’altra, lavalutammo alta circa 20 m, ma la “feb-bre”, aumentò nello proseguire. Davanti anoi, e valicato un specie di passo di mon-tagna posto però nel buio di un gigante-sco cavo sotterraneo, e composto allabase da un livello di pietrame, si aprivaquella che sarebbe poi diventata una dellepiù vaste, se non la grande caverna delCarso di Trieste. Le formazioni calciticheparlavano chiaro si progrediva in un am-biente sotterraneo, gigantesco, stalagmitia forma di tanti piatti sovrapposti, indica-vano la caduta dell’acqua da notevoli al-tezze.

Qualcuno prima della discesa in quel-la scenografia da Giulio Verne, in ginoc-chio baciò, tremante il suolo, concentran-dosi nell’antico gesto di prostrazione ilringraziamento.

Il giorno dopo, ripercorremmo, il peri-metro, 130 m per 80 m mediamente, mal’attenzione già era attratta da tutte quellepossibilità di cercare una prosecuzione,possibile o impossibile, le quali dovevanoessere prese in esame e valutate ai finidella logica esplorativa, visto che comun-que l’enorme sala sul fondo tappava!

IL DETERMINANTE PASSAGGIO CHIAVE,“N. B. AVANZA A NORD OVEST”

Mentre l’esplorazione della Grotta Im-possibile diventò preda dei media che lafagocitarono nel perfido meccanismo del-

Una delle diramazioni principali del "Bivio ad H", baseP. 37. (Foto L. Torelli)

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Splendida galleria concrezionata. Una delle dirama-zioni del "bivio ad H". (Foto L. Torelli)

la notorietà dei fatti e dei soggetti, inne-scando, una serie di incomprensioni, frain-tendimenti, invidie tra i gruppi speleo edi vari soggetti interessati. A seguito dellascoperta dell’enorme vano una moltitudi-ne di “grottisti” frenetici e curiosi sparpa-gliati lungo le insondabili pareti si miseroa “sgrufolare” nell’intento della fondamen-tale scoperta, la continuazione. Evidentierano alcune arrivi ed innesti di galleriedifficilmente raggiungibili sulla parete norddella sala ed altre poste ancora primalungo i tratti iniziali dall’intercettazione conle gallerie artificiali. Personalmente, tentaiuna sortita sulla parete sud della sala,senza ottenere grandi risultati tranne lascoperta di un deposito di bei pisoliti, miaccinsi quindi a girovagare nel buio inten-so del vasto ambiente gustandomi l’inu-suale senso di grandezza del fenomeno,quando, risalendo la grande parete agget-tante a nord, quella per intendersi, doveocchieggiava una evidente apertura, rag-

giungibile solamente con abile e impegna-tiva arrampicata artificiale, fui attratto daun settore della parete molto più articola-to. Un attimo prima spiegavo all’ingegne-re Paolo Tenconi, che stavo accompa-gnando, sulla necessità dell’individuazionedel passaggio per by-passare il settoredella grande caverna che per forza for-mava un “cul de sac” inibitore alla ricercadella prosecuzione fisica della grotta. Miaccinsi quindi ad esplorare la parete, su-perato il primo passo, mi inerpicai dun-que su una comoda cengia sulla sinistraalla fina della quale, una grande nicchiasembrava nascondere una prosecuzione,con delusione invece c’era una fessuraintasata, interessante, ma non era quelloche cercavo. Alzai lo sguardo e finalmen-te intuii dove bisognava arrivare più su,mi trovavo certamente in un’area “buona”,la roccia era articolata anche se resa omo-genea dalle formazione calcitiche, c’eraqualcosa, un solco, intuibile, tagliato, evi-denziato dai crolli della sala, o semplice-mente un antico arrivo… mi spostai sullasinistra per un facile passaggio leggermen-te esposto, a circa una ventina di metri dalfondo della caverna, superai ancora un bre-ve tratto verticale, ed il gioco era fatto,davanti a me si presentò un meandro, unabocca di erosione concrezionata con unacaratteristica colonna nel mezzo. Mi affac-ciai, avanzai qualche metro e “nostra sorel-la aria”, mi risucchiò caparbiamente con tuttii vapori della tuta, i fumi si dilatarono di-sperdendosi verso i territori sotterranei an-cora vergini.

Questo è il passaggio chiave dellaGrotta Impossibile ed uno dei più elegan-ti per la risoluzione del sistema anche selogicamente non sarà l’unico, la cavità neregalerà ancora a piene mani.

LA RIPRESA DELLE ESPLORAZIONI,I PRIMI RISULTATI TOPOGRAFICIE LE RICERCHE NATURALISTICHE

A questo punto, le festività natalizie edi fine d’anno imposero un sosta forzata

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piena di aspettative, il cantiere autostra-dale rimase chiuso ed inaccessibile perferie. Nel frattempo, ci si accordò su indi-cazione anche del direttore del Catastosu un maggiore coinvolgimento di tutti irappresentanti dei gruppi speleo triestini.Intanto grossi titoli a piena pagina sulPiccolo, accendevano un grande interes-se per la grotta, sia per gli aspetti squisi-tamente esplorativi e di conoscenza delsottosuolo, che per questioni più scienti-fiche ed in particolare per gli aspetti geo-morfologici e naturalistici. In ultimo manon meno importante, nasceva un nuovotipo di rapporto-relazione tra un eventogeografico importante all’interno di unlavoro di grande interesse pubblico comela costruenda autostrada sotto l’altipianocarsico triestino. Per certi versi, si instau-rò attraverso i media ed in particolare lacarta stampata una presa diretta conl’evento, in diretta tra cittadinanza e spe-leologi, confermata dal notevole aumentodelle vendite del Piccolo ad ogni settore

Settore 3 della Grotta Impossibile. Grande sala nei pressi della galleria di Nord Est. (Foto L. Torelli)

nuovo di grotta esplorata, giustificabilepure dall’aspetto squisitamente “urbano”del fenomeno mediatico, essendo di fattola grotta a poche centinaia di metri dallacittà di Trieste e praticamente inserita inuna importane infrastruttura cittadina (l’au-tostrada), con tutte le implicazione con-seguenti. Si saldarono i rapporti e l’even-tuale volontà politica per la salvaguardiae conservazione del sistema ipogeo, gliinteressi delle singole amministrazionipubbliche ed i rappresentanti dei vari in-dirizzi di ricerca e di studio interessati inqualche maniera di essere presenti. Sicompose quindi un complicato ma fun-zionante intrigo di rapporti tra esploratori,i media, il titolare “maximo” del cantiere ilComune di Trieste, i ricercatori-studiosi,le amministrazioni pubbliche, i politici, ititolari dell’impresa esecutrice, i rappre-sentanti delle associazioni speleologichee degli altri collegi regionali.

Comunque digeriti i panettoni natalizicon o senza canditi, due squadre entra-

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rono ad esplorare il meandro “omaggio alCorchia” posto sulla parete nord e le altrediramazioni nel tratto iniziale, presenti di-versi rappresentanti dei gruppi triestini.Venivano risaliti alcuni tratti di galleria cheperò non davano il risultato sperato. Ilmeandro invece, non deluderà, dopo unprimo tratto in condotta ed evitato un saltodi circa 15 m lo si scavalcherà con unsuccessivo salto di 20 m che dà accessoad un sala con varie diramazioni alte. Diprimo acchito si sceglierà una risalita chein cima al camino chiuderà, dopo altritentativi finalmente, con quattro spit-fix e10 m di risalita ritroveremo l’aria e la pro-secuzione attraverso quello che secondome è uno dei più belli ed eleganti trattidelle grotta. Percorsa in leggera salita unalunga fessura meandro estremamente re-golare, in opposizione su due effimere marugose cengette, poste su due pareticoperte di cristalli di calcite, ci si affacciòsu un breve saltino dopo aver superato

una infida lama di roccia semi-staccata.Si accedeva dunque in una sala-caminodi più cospicue dimensioni, interessata dauna frana dall’aspetto piuttosto recente.L’ostacolo successivo fu subito superato,con una serie si spit-fix ed una staffa siraggiunse il culmine della frattura, dovel’aria continua la sua corsa aspirata in unforte flusso verso N-W. Quattro esplora-tori, quindi ormai sprovvisti di corde rag-giunsero con una serie di traversi-arram-picate in splendidi ambienti al culmine diun salto valutato intorno ai 40 metri e digrandi dimensioni. Vista l’ora tarda si ri-mandava la discesa alla volta successiva.

La seconda squadra esplorativa risali-va invece nella zona iniziale, e sotto ilprimo pozzo, una parete dove erano visi-bile in particolare un arrivo-galleria ed al-tre diramazioni fossili sub-parallele allastruttura principale. Nei giorni successivitutti i dati topografici raccolti venivano ela-borati nell’ambito della facoltà di geolo-gia, Dipartimento di Scienze della Terradell’Università di Trieste, cercando di ave-re per quanto possibile, un lavoro svilup-pato in “progress”, ed utile per i vari ag-ganci topografici da effettuare dalle variesquadre operative.

La terza settimana di gennaio, vedràun folto e variegato gruppo di speleologiaffaccendarsi di buon ora all’ingresso dellegallerie artificiali. Dopo aver predispostoun gruppo di supporto alla visita in cavitàda parte della direzione dei lavori, variesquadre, tra cui due esplorative, una difotografi, una di geologi dell’Università diTrieste, ed una composta da naturalisti delMuseo di storia naturale del Comune diTrieste, nonché una squadra composta dauna “troupe” televisiva, si accederà allagrotta.

Una squadra attaccava ed attraversa-va da est verso nord all’interno della va-sta e complessa parete che caratterizzaquesto settore della grande caverna, conabile intuito “alpinistico” manifestato dauno dei più giovani, si raggiungeva labocca di galleria (6x6) che s’era vistaocchieggiare dalla parete strapiombante,

Fase esplorativa. Armo del P. 50 verso il primo fon-do, a circa 150 m slm. (Foto L. Torelli)

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non senza difficoltà, quindi si raggiunge-va una galleria in risalita, con notevoleflusso di aria fresca in aspirazione, lasquadra dunque si fermava al cospetto diuna risalita da effettuarsi con ulterioremateriale d’armo.

L’altra squadra percorreva il lungomeandro fessura, e raggiunto il punto piùavanzato, si armava uno splendido p. 37,(pozzo Aldo Calice), alla base del quale,con grande sorpresa ed emozione si tro-varono praticamente su un bivio ad “H”. Ilquadrivio, in pratica veniva formato dal-l’incrocio di due caverne principali, tuttee due con il proprio “a monte“ e “a valle”ma collegate tra loro nella parte più este-sa. A dire il vero, sulle prime non si sape-va dove procedere per un certo imbaraz-zo sulla scelta, una situazione veramenteinusuale ed un po’ comica... a destra unasplendida galleria di alcuni metri di sezio-ne occhieggiava in un tripudio di concre-zionamenti... a sinistra tra i massi ed unabreve e comoda risalita sprofondava unulteriore salto, al centro in un ambienteimmacolato, si risale una colata di unadecina di metri entrando nella così chia-mata “bocca del pescecane Pinocchio”,attraverso la quale si accede alla cavernaannessa da dove si dipartono due dira-mazioni, la più eclatante si trasforma benpresto in una grande forra-galleria fossilela quale attraverso un nuovo sprofonda-mento di 22 metri esprime tutta la gran-dezza dell’antico corso d’acqua che l’haformata. Questo tratto di cavità, una voltaraggiunta la base della struttura, è unodei tratti nodali importanti della grotta;infatti da questo punto dopo breve risalitasu un pendio fangoso si accede ad un’al-tro bivio da dove, verso destra si discen-de fino a raggiungere un caratteristicomeandro concrezionato. Procedendodopo un saltino ed alcune anse ci si af-faccia su un salto. Il pozzo, 50 m, ha unapartenza spettacolare, la campana spro-fonda regolare ed il fondo si presentapiatto circondato da pareti regolari doveè visibile una notevole erosione prodottasulla roccia viva. Da un passaggio sco-

modo posto alla base si accede ad ulte-riore pozzo, p. 19, piuttosto viscido e quin-di ad un ambiente considerevolmente piùvasto e di una bellezza un po' inquietan-te. Il successivo sprofondamento assomi-glia ad un ambiente forra dove un lato delfondo è ingombro di sassi e fango inposizione instabile, quindi verrà attrezza-ta la discesa tutta a destra sulla rocciapiù solida evitando, tranne negli ultimimetri di discesa, un viscido colatoio fan-goso saturo di argilla plastica. Questa fasedi discesa si rese alquanto eccitante quan-do, tra un foro e l’altro del trapano, si ag-giunse il ben più deciso rumore prodottodal macchinario dell’impresa impegnata intestata delle gallerie autostradali, al lavo-ro per la preparazione dei fornelli per levolate di mezzanotte del primo turno dilavoro … quindi vista l’ora venne topogra-fato dal fondo da dove alcune prosecu-zione inferiore saranno lasciate per appe-titi a venire. Al ritorno si attacca la granderisalita, posta presso il bivio vicino allabase del p. 22 (punto nodale). Dopo 50metri di slalom su colate e tra grosse sta-lagmiti si accederà ancora increduli ad unavasta sala, interessata sulla sinistra danotevoli fenomeni di crolli; la situazionein questo tratto si presenta dunque com-plicata. Mentre a ovest-nord-ovest si no-tano, con l’ausilio di un grosso faro, alcu-ni arrivi ed una galleria più articolata conbreve risalita, e mentre a nord si intrave-de al di là di una larga cengia forse un'en-nesima prosecuzione, ad est fu sufficien-te percorrere il lato di questa sala perimboccare una splendida galleria ad an-damento sub-orizzontale con la quale cisi immise in un nuovo settore della cavi-tà. Percorsi alcune centinaia di metri, mo-mentaneamente ci si arrese, non dopoaver assaggiato una arrampicata in risali-ta, luogo della certa continuazione. Que-sto tratto bellissimo sarà chiamato galle-ria delle “Canoce S'gionfe de Barcola”(particolare crostaceo del mare adriatico,gustoso e grasso) per l’abbondanzaesplorativa.

Non sono descritti i nuovi settori esplo-

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rati a fine febbraio, inizio marzo!

LE CONSIDERAZIONI IN BASE AI NUOVISVILUPPI

A questo punto l’importanza della ca-vità assunse ben più peso. Risulta chiaroche più strutture ipogee, provenienti daantiche orografie diversificate, s’intreccia-vano a formare un complesso in genererispettoso di una quota madre sul livellomedio marino attorno ai 250 metri, le strut-ture si complicano nei tratti verticali in am-bienti probabilmente meno antichi, conpoche formazioni calcitiche, e dove sonoben visibili gli aspetti erosivi dell’acqua. Ilcostante aumento poi, anche sulle paretidi un velo di argilla di aspetto plastico, eche in pratica intasa assieme a più recen-ti crolli il fondo dei pozzi (settore 2), a150 m slm , fa pensare che il maggioresviluppo ed importanza dei drenaggi si siasviluppato in una fase iniziale e precisa-

M. Palmieri in azione sul 2° frazionamento del P. 50, ramo del primo fondo. (Foto L. Torelli)

mente ubicata tra i 280 m ed i 360 m slm.Tra queste quote infatti, le morfologie ri-spettano quelle caratteristiche di giganti-smo ipogeo ben visibili nella grande ca-verna, e dove a mio avviso si innestanoalmeno tre cavità principali, a formare nelloro intreccio un vano di cospicue dimen-sioni, accentuato in seguito da grossi fe-nomeni di crolli di volta e soprattutto dal-la parete nord.

Non ultimo problema anche l’aspettotecnico/ambientale in base alle risultanzetopografiche dei rilievi e delle poligonali,la cavità nel suo artiglio di nord-ovest pie-ga inesorabilmente verso il tracciato dellegallerie artificiali, creando un situazione diinterferenza poco auspicabile per le esplo-razioni a venire, se non altro per l’immis-sione in grotta dei fumi dell’attività di can-tiere, i quali ci hanno accompagnatosempre anche se in forma qualche voltalatente.

Louis Torelli

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CANIN

«Il Complesso Gortaniè una delle grotte meravigliose

del mondo, ma per noi è l’unica»

ESPLORAZIONISPELEOLOGICHE

SUL COL DELLE ERBE

PREMESSA

Dal 1993 sale al Col delle Erbe un pic-colo ma appassionato gruppo di esplorato-ri ungheresi. Nel 1997 speravamo che ilproseguimento delle esplorazioni fossedegno dell’inizio, e confermasse la nostrateoria secondo la quale delle condotte oriz-zontali di grande dimensioni erano ancorada scoprire. Le nostre speranze si sonorealizzate, e quello che abbiamo trovato hasuperato i nostri sogni più arditi. Le partisconosciute in precedenza, ora sul rilievosono piene di pozzi e gallerie.

Lo sviluppo del Complesso Gortani haraggiunto i 37 chilometri (prima erano 13chilometri), dei quali il Team Gortani haesplorato 17,5 chilometri. Il nostro artico-lo descrive le esplorazioni e le scoperte

dal 1993 fino ai nostri giorni.L’estate del 2001 ha portato al nostro

successo più grande.Iniziamo con questa ultima scoperta.

POSIZIONE IMPORTANTE

“L’aria è sempre più forte, filtra tra imassi nella condotta che scaviamo nellafrana. I sassi cadono a lungo e ci indica-no che al di là l’ambiente si allarga. Se-condo il rilievo, il Gortani dovrebbe esse-re solo a 70 metri, ma riusciremo acongiungerci? Siamo tutti e due emozio-nati, benché in realtà per lavorare benedovremmo essere calmi.

Gema, dammi il trapano – gli chiedo,per allargare meglio il passaggio. Lui miguarda e me lo passa, ma lo vedo moltopreoccupato. Usare il trapano in una franasimile per disostruire non sembra sia moltosalubre visto quello che ci circonda?!!

Conosciamo tutti cosa significa guar-dare il nostro compagno senza poter farenulla, sperando che non succeda nientedi grave.

Alcuni eccitanti minuti, passo trattenen-do il fiato – per non toccare nulla – e stri-

Sul Canin, gli anni ’90 fino ai giorni nostri sono gli anni degli Ungheresi al Gortani.Personalmente di loro conosco solo Adàm Zsolt, nostro socio e residente a Trieste,che ha dato questo fantastico impulso alle esplorazioni all’abisso Michele Gortani, Ilmeritevole lavoro, specialmente nella fase iniziale ha visto la partecipazione e la col-laborazione del nostro gruppo. La mole del lavoro svolto è enorme, per chi conoscegli altipiani carsici alpini del Canin; leggendo il resoconto di un decennio di esplora-zioni emerge l’impegno e l’energia impiegati per portare avanti un progetto di talidimensioni. Progetto che conferma nella sua materializzazione il concetto che unagrotta non termina mai. Sugli altipiani profumati che hanno ben fatto innamorare inostri amici sembra che questo concetto sia di valore esponenziale. Non c’è dubbiosull'importanza di queste esplorazioni e per il nuovo contributo apportato, che al di làdel ragguardevole risultato, denota una “maturità esplorativa” affine a molti fortissimigruppi dell’est Europa. I quali, maggiormente motivati, riescono a dare il più grandecontributo alla speleologia mondiale, ricordiamo l’explois degli ucraini in Arabika -Caucaso occidentale con il record mondiale di –2.080 m o degli sloveni al Ceki 2 –1.500 m, queste esplorazioni confermano un grande interesse di questi gruppi inspecial modo per quella speleologia più impegnativa e con dei risvolti “estremi”, quellacioè svolta in alta quota.

Louis Torelli

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scio nell’ ignoto. Sono arrivato su unoscivolo franoso. Il crollo non è rassicuran-te neanche a vederlo dal basso. AspettoGema all’imbocco del prossimo pozzo epoi andiamo avanti. Una discesa, poi se-gue un meandro con alcuni saltini e citroviamo all’imbocco di un pozzo da 15metri senza corde. Il giorno seguente ri-torniamo e cominciamo a rilevare, mentreGema e Kismoha scendono verso il poz-zo, sceso il quale vedono le nostre cordefisse. Si sente un grido di gioia, siamoriusciti a congiungere il Gortani.

In quel momento non sapevano esat-tamente il punto del collegamento, madopo un breve tratto riconobbero l’entra-ta di Bulder-fal. Ritornano di fretta e cidanno buone notizie: il pozzo portava allasala Enyémke!

Siamo felicissimi, ci stringiamo le manie ci abbracciamo. Siamo riusciti ad entra-re nel Gortani attraverso la nuova entrata.

E cosa significa questo oltre la grangioia che proviamo? Significa che con ilnuovo ingresso ci vogliono solo due oreper arrivare in zona esplorazioni, invecedi due giorni.

Ma com’è accaduto tutto questo?

LA RINASCITA DEL GORTANI

La storia di una risalita (1993-1997)

Noi, speleologi ungheresi che attual-mente esploriamo il sistema, non erava-mo riusciti a raggiungere il sifone termi-nale alla prima punta, cioè nel 1993, masolo nel febbraio dell’anno successivo. Nel1994 iniziammo ad interessarci anche aduna grande risalita, sconosciuta, in unazona (by-pass, -720) considerata un pun-to chiave del sistema. Esplorazioni diquesto tipo sono come le droghe, quan-do si inizia non si riesce più a smettere.Nel medesimo anno iniziammo a risalirequindi l’altissimo camino del “By-pass”,ma esaurendo il tempo a disposizione nonce la facemmo a terminare il tutto, fummocostretti a tornare a casa e a ritornare l’an-no successivo.

Al ritorno l’anno dopo, dovevamo por-tare sempre più attrezzature. Ogni voltaabbiamo armato la cavità sino a -720 metri

Sviluppo dell'Abisso Gortani nel 2001.

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e abbiamo usato quasi 1000 metri di cor-de, più tutti gli attacchi necessari. Oltre ilsacco pieno di attrezzature in comune,ognuno doveva portarsi un sacco conte-nente il proprio sacco a pelo, il cibo peruna settimana e il carburo. Per non la-sciare vuoto il terzo sacco, abbiamo por-tato altre attrezzature tecniche come iltrapano a motore, materiali d’arrampica-ta, scalette, martelli, scalpelli, attrezzatu-ra da rilievo, e naturalmente centinaia dimetri di corde che non bastavano mai. Ilsacco più leggero pesava 10 chili, quellopiù pesante 15 chili a seconda del suocontenuto. Con 2-3 sacchi uno portavacirca 35 chili, che non si portano volentie-ri neanche all’esterno. Era un massacroportare tutti questi sacchi, ma era il mini-mo indispensabile che uno deve fare se sivoleva procedere con le esplorazioni.

Naturalmente alla fine dei campi inter-ni abbiamo portato tutto il cibo ed il car-buro in esubero all’esterno, per poi tra-sportarlo alle macchine: con questa mole

di mataeriali, il gruppo benchè formato da14-16 persone aveva bisogno di un gior-no solo per il trasporto e un altro giornoper armare la grotta; figurarsi quanti in piùper poter esplorare.

Potremmo raccontare diverse storieesplorative ora, ma in tutto questo perio-do di ricerche ci sono sempre mancati odel tempo o delle corde. Già al terzo annoabbiamo provato a risalire l’enorme poz-zo in zona By-pass a -720 metri, ma nonne abbiamo visto la fine. Le nostre lam-padine alogene non sono riuscite ad illu-minare il tetto oscuro.

Poi durante l’esplorazione del febbra-io 1997 siamo giunti al primo grande suc-cesso: abbiamo terminato di risalire que-sto camino di 200 metri entrando così inun sistema complesso. Cominciarono cosìle serie di esplorazioni che durano ora-mai da 10 anni. È anche vero che dopotutto questo, solo il tempo e le nostrecapacità potranno porre un limite alleesplorazioni future.

Prospetto tridimensionale del Col delle Erbe, visto da Nord Ovest (Sella Canin).

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ESPLORAZIONI IN GORTANI

Dopo i successi del 1997, i nostri amiciitaliani dalla Commissione Grotte “Euge-nio Boegan” hanno armato la grotta finoa –720 con corde fisse. È stato un gran-de aiuto sia fisico che economico, anchese ci è rimasto ancora e sempre altro ma-teriale da trasportare in profondità. A feb-braio del ’98 abbiamo organizzato un al-tro campo speleo di nove giorni per potercontinuare le esplorazioni interrotte d'Esta-te a causa delle piogge. È stato uno deinostri campi meglio organizzati, denso disperanze ed entusiasmo.

Due gruppi di otto persone sono par-titi il 13 febbraio, con due sacchi a testa;circa 500 chili di materiali furono quinditrasportati fino al nuovo bivacco, con undislivello di 900 metri. Il nuovo bivacco sitrova sopra il pozzo da 200m a -508 metrichiamato Szemüreg. Da questo campo

abbiamo fatto sei punte esplorative edabbiamo portato in esplorazione semprepiù corde, viti, maillon, e plachette cheabbiamo armato con il trapano a motoreRYOBI. Per i rilievi topografici invece,abbiamo usato un telemetro laser e labussola Suunto, senza i quali ovviamenteera impossibile fare dei rilievi di precisio-ne in profondità. Negli ultimi anni, facen-do un riassunto, abbiamo esplorato più diotto pozzi e altrettante risalite che hannosuperato anche i 100 m, usando una nuo-va tecnica che abbiamo inventato in Gor-tani. Questa tecnica di risalita con il tra-pano a motore e con le scaletted’alluminio pre-montante, ci permetteva-no di andare avanti con un ritmo accele-rato, col tempo sono diventate indispen-sabili. Durante le esplorazioni abbiamosempre rilevato il tutto per capire megliodove ci stavamo cacciando nel sistema eper vedere le relative correlazioni morfo-

Sala Grande. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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logiche e tettoniche. Il successo era arri-vato, in cinque giorni furono esplorati erilevati 2600 nuovi metri!

LE ESPLORAZIONI DEGLI ULTIMIANNI NELLE ZONE PIÙ

SIGNIFICATIVE

LA ZONA DI “TENISZ STADION”

Abbiamo usato sempre la nuova tec-nica di risalita con la scaletta, senza laquale non avremmo avuto questi risultati.Sopra il nostro bivacco chiamato “Sze-müreg”, abbiamo risalito 100 metri perio-dicamente attivi con Kismoha e abbiamoraggiunto una grande sala, la “Teniszstadion”. Continuando la risalita, il quartogiorno ci siamo avvicinati a 200 metri dallasuperficie ma purtroppo le condotte o

stringevano (Superman) o finivano in fra-na. Nella zona di Tenisz stadion abbia-mo trovato dei stupendi pozzi e successi-ve risalite (Tiszta szoba, Prézli). Ci ècapitato anche di “riesplorare” il “Teniszstadion”, quando scendendo un pozzo da75 m ci siamo trovati in una grande sala“sconosciuta” che invece era quella dadove eravamo partiti. Dopo aver traversa-to inutilmente la zona “Sportcenter”, daun meandro si apriva una serie di pozzimolto profondi (il più fondo era un P180)che cadevano nella bellissima “Szív-akna”, che in ogni caso ritornava al bi-vacco con la risalita “Damokles”. Quest’ultimo, è un bellissimo esempio di pozzodi corrosione. Un altro ricordo meno pia-cevole invece è stata la condotta incredi-bilmente fangosa e lunga 60 metri chia-mata “Hálaadás-járat”, che si affaccia a“Fekete akna”. Continuando nella storia,

Discesa del P. 140. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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dopo il campo invernale del 2000 purtrop-po abbiamo sospeso le esplorazioni inquesta zona perché ci siamo trasferiti inun bivacco più lontano verso “X pont”.

OLTRE LA FINESTRA

Ci interessava molto una finestra cheaveva tre metri di diametro dall’altra partedel pozzo da 140. Leo e gli altri avevanoattraversato il pozzo, 15 metri di diame-tro, e oltre la finestra trovarono una galle-ria con dei lunghi tratti orizzontali per untotale di 2 km di sviluppo. La galleria nonè troppo alta (1,4-1,8 metri), la sezioneassomiglia alla forma di un osso di pru-gna, di cui alla base (profonda di 1-1,5metri) c’è un po’d’acqua. La galleria inalcuni punti è interrotta da vasti sfonda-menti, che abbiamo superato con l’aiutodelle corde. Sul fondo di alcuni pozzi da5-10 metri si sentiva il rumore dell’acqua.

Alla fine dell’esplorazione del 1998 le partinuove del sistema Gortani hanno raggiun-to lo sviluppo di 4630 metri e il dislivellodi 430 metri, in maggior parte raggiunti inarrampicata artificiale. A questo puntoabbiamo pensato con un certo orgogliodi aver esplorato tanto, quanto la metàdel Gortani già conosciuto.

Dopo i risultati del campo invernale del1998 abbiamo avuto l’idea di ricercare unnuovo ingresso, da dove poter raggiun-gere meglio i punti esplorativi. Ritornandonel 1999 abbiamo disceso il pozzo piùgrande di „Trapéz-folyosó”, il cosidettopozzo “Csóka-akna”, profondo 30 metri.Sceso questo, scoprimmo di essere in unagalleria parallela più bassa periodicamen-te attiva rispetto a quella in cui eravamoprima, e che tali gallerie erano collegatecon dei pozzi. L’acqua scompare in partein un pozzo da 30 metri e dall’altra partein una serie di pozzi profondi al massimo90 metri (Déli-akna) che finiscono con una

Traverso sul pozzo Csoka. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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strettissima fessura.Una delle gallerie esplorate finiva con

un saltino orientato lungo la faglia ( galle-ria “Vetö-ág”, 210 m), l’altra invece termi-nava con un pozzo da attraversare. Osziarmava il traverso facilmente e si trovavain una galleria dove con uno scavo abbia-mo raggiunto la zona enorme di “HáromNagy terem”. Da questo punto semprescavando abbiamo raggiunto “Humboldt-járat”, che sta a 150 metri più in basso.

Dal P140 partiva anche uno strettomeandro di 300 metri che finiva – sorpren-dendoci – nel “Grande Meandro”. Pernostra fortuna gli speleologi italiani nonavevano continuato la loro esplorazione(anche se probabilmente si sarebberofermati sotto il pozzo da risalire, come alBy Pass) in questa direzione permetten-do così involontariamente a noi di esplo-rare questa zona.

LA ZONA DEL “PUNTO X”

Anche questa zona dava forti speran-ze. Oltre la “Bulder-fal” nell’inverno del1998 cadeva giù molta acqua sotto unarisalita di 25 metri. Seguendo la corsadell’acqua lungo un grande meandro(Nagy-meander) lungo 260 metri, abbia-mo trovato uno dei cunicoli più lunghi (250metri) del Gortani, battezzato “SzabóJózsef”. Il cunicolo è quasi parallelo alramo settentrionale del bivacco del “Pun-to X”, invece facendo una curva verso Sudtorna sotto al bivacco stesso.

Dobbiamo anche ricordare in questazona l’esplorazione di un pozzo da 100metri (-60m, +40m) dove la parte supe-riore (chiamata Leo-pot) può riservareancora qualche sorpresa. Rimane ancheda vedere una parte inesplorata della zonaX, “ponti kerengö”, con i suoi pozzi e lesue risalite: un meandro stretto ci ha fattofermare nella risalita “Szeles-lyuk”, 90metri sopra il Punto X. Era un punto inte-ressante perchè puntava proprio verso lagrotta MAFC-barlang (distanza 35 metri).

AUSTRALIA

Il campo del 2000 non sembrava mol-to soddisfacente al gruppo che esploravala zona Punto X fino all’ultimo giorno. Erada un po’ di tempo che avevamo decisodi fare la risalita di 30 metri alla fine di“120-as utca”, ma alla fine non fu maifatta. Per fortuna il gruppo in zona, giàdisperato, ha alla fine compiuto la risalitaalla cui sommità iniziava un meandro. Daqui si sviluppavano diversi pozzi e galle-rie che per mancanza di tempo non fupossibile esplorare del tutto. La scopertaci metteva addosso la stessa sensazioneche avevamo sentito facendo la traversa-ta del P140. Questa nuova zona – essen-do molto lontana dall’ingresso – fu chia-mata “Australia”.

Tornammo dopo un anno, nell’invernodel 2001.

Per arrivare al nuovo bivacco ci vole-vano due giorni. A parte per il trasporto

P. 40. (Foto ECs)

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dei materiali, eravamo contenti che daquesto campo si entrava in zona esplora-tiva in 15 minuti. Facendo diversi gruppiabbiamo esplorato ma sopratutto abbia-mo rilevato molte zone, perchè solo co-noscendo le direzioni si poteva capireanche dove si trovavano le prosecuzioni.Era fantastico sentire il racconto degli altri.Qui il sistema in generale non è ampio,pur avendo delle sale di una certa rilevan-za (Bag pont, Elosztó, Huzatforgó). Legallerie si dirigono verso monte interrotteda alcune risalite e continuano in un livel-lo più alto (Negró-kürtö), dove abbiamotrovato la mummia di un pipistrello nono-stante la temperatura di +2,9 °C. La se-zione delle gallerie cambia sempre: dopoi bassi cunicoli larghi 2,5-3 metri si trova-no gallerie fossili (Csipkés-út 350m, Iszapsivatag 560 m) e altri pozzi non molto lar-ghi, in una zona perfino delle gallerie asso-lutamente dritte (Csuporka-ág 175 m).

Uno dei punti base in questa zona è lasala Helikon, dove si apre un pozzo di40m che ha una fauna propria per cui èstato chiamato “Állatkert”. Da qui iniziala parte più bassa e attiva (Vízvadász),interrota da diversi pozzi e meandri. Inprincipio si segue una direzione N-NO,mentre dopo un semi-sifone si gira versoS-SE. Dopo 1,1 chilometri dal suo inizio,a –167 metri, il ramo termina in un bassosifone. L’acqua dal sifone (secondo il ri-lievo all’incirca 60 metri più avanti, 1279metri slm.) arriva alla base del P95 allafine della Galleria del Vento attraverso il“Menydörgö meander” lungo 350 metri.Da qui le vie dell’acqua si possono anco-ra seguire attraverso il “Grande Meandro”fino al sifone terminale (–920 m / 1008 mslm.). Questo è il livello attivo più basso.Lo sviluppo del ramo “Vízvadász” ha can-cellato la speranza di avvicinarci al Fon-tanon di Goriuda ponendo la classicadomanda: dove confluiscono le acque delGortani?

Seguendo i meandri che vanno amon-te da “Helikon” attraverso il “Negró-kür-tö”, si arriva alla sala del fantastico pozzo“Fás-kürtö” profondo 60 metri. Qui i ramie le cascate ghiacciate indicavano chia-ramente che mancava poco per raggiun-gere la superficie (circa 130 m ed erava-mo fuori). Infatti qui congiungemmo alGortani la grotta Dékány Péter nell’autun-no del 2002.

IDQKAPU / LA PORTA DEL TEMPO

Dopo l’esplorazione della zona Austra-lia, a parte alcuni altri punti interessanti, ilsuccesso più grande lo ha fatto “Kutya”(al secolo Németh Zsolt). A 200 metri dalbivacco “X point”, nella zona Australiasulla sommità di una piccola sala, partivaun meandro fossile con direzione Sud.Eseguendo il rilievo, dopo 280 metri diprogressione ha trovato una fessura late-rale con diversi sassi, i quali lanciati ca-devano a lungo eccheggiando. Entrati inquesto pozzo, in un punto che si allarga-Risalita del camino Dr. Bete. (Foto ECs)

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IL RAMO HUMBOLDT (LUNGHEZZA NEL2004: 1588 M, PROFONDITÀ: –143 M)1206 M SLM.

La nostra intenzione era quella di esplo-rare bene la zona delle “Három Nagy te-rem”, ma avevamo sempre altro da fare inzone più vicine. Nel 2002 abbiamo chiusouna fase interessante nella zona “Austra-lia” con l’esplorazione della grotta “DékányPéter”. In questo modo era possibile dopocinque anni (nell’inverno di 2003) esplorarela zona “Három Nagy terem”, dove al pun-to terminale sotto la scritta C.G.E.B. abbia-mo cominciato a scavare. Con questo lavo-ro di scavo siamo riusciti ad esplorare nuoviposti. All’inizio il nuovo ramo scendeva edopo 150 metri di dislivello siamo arrivatiad un pozzo di 22 metri, che confluiva nellasala “Humboldt” (dimensioni: 30x25 m, alto:31 m). In questa zona sono frequenti i bas-si ma non scomodi cunicoli, che sono in-terrotti ogni tanto da alcuni allargamenti. Laroccia è abbastanza fessurata. Dopo la sala

va, ha notato una corda con deviatore. Ilgiorno dopo con altro materiale siamotornati avendo il sospetto che il pozzo siaquello che abbiamo risalito nel 1995, chepartiva dalla Galleria del Vento. Ad un’orae mezza dal campo base “X point” ci sia-mo ritrovati alla sommità del P95 nellaGalleria del Vento, a quasi sei ore dal-l’uscita dell’abisso. Scendendo, non ave-vamo pensato che sino ad ora quelle 16ore di faticoso trasporto per uscire, daquesta nuova zona si riducevano ad 8. Ilcosidetto Grande Circolo (Nagy Kör) di2500 metri di sviluppo dalla Porta del tem-po (Idökapu), si chiudeva con 25 metri didifferenza sulle quote di ingresso ed usci-ta, confermando la nostra precisioneesplorativa.

Non abbiamo deplorato l’accaduto,perchè altrimenti non avremmo potutoeffettuare la famosa risalita del By Pass(P 200). Va bene così!

Condotta 44esima strada tra le tre sale grandi. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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seguiva una galleria in discesa e abbiamoattraversato diverse zone argillose. Purtrop-po dopo ulteriori 110 metri di dislivello ilmeandro fangoso diventa stretto e finiscein strettoie impraticabili.

Nel 2004 sempre Kutya ha trovato lacongiunzione tra la galleria “Litoklázis” etra il tratto della “Három Nagy terem”.Mancavano appena dieci metri per la con-giunzione, come indicava il rilievo. Conquesto altro colpo abbiamo raggiunto lazona esplorativa in meno di un’ora e cer-tamente era più comodo. Continuando leesplorazioni abbiamo risalito diversi caminia partire dalle sale Három Nagy terem ela sala Humboldt (Fizetös-meander +64m, e Dr. BETE +122 m). In un ramo late-rale di quest’ultima, dove l’aria tirava for-temente, abbiamo scavato per diversi gior-ni e ci siamo fermati alla base di unarisalita.

Abbiamo scavato anche in un’altroramo laterale sempre nella zona Humbol-dt – a 17 metri dalla sua entrata – a causadell’aria forte che usciva e al terzo giornosiamo riusciti ad entrare. La galleria con-

tinuava con varie dimensioni, interrotta dadiverse sale più grandi. Qui, secondo ladirezione delle gallerie e dell’aria, pensa-vamo che ci sia un collegamento con lasuperficie esterna. Invece l’aria nei ramidi Dr. BETE indica la presenza di ulteriorirami non esplorati. La grotta in questazona va verso le piste da sci oltre la pa-rete orientale del Bila Pec.

ESPLORAZIONI IN SUPERFICIE APARTIRE DAL 1998

Dopo il campo invernale del 1998 sidelineava in noi una nuova idea. Le partiesplorate oltre la Finestra (Ablak) e la zonaTrapéz-folyosó sono a 1400 metri slm. Se-condo i rilievi ci eravamo avvicinati alla zonadove l’altipiano scende a gradoni e dirupi.Questo fatto, e il ritrovamento dei resti dipiccoli roditori, rendeva probabile la vicinan-za dalla superficie di questi rami e quindiindicavano che probabilmente ci dovevanoessere altre entrate basse.

Era quindi necessario cercare nuovi in-

Condotta 44esima strada tra le tre sale grandi. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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gressi, perchè il trasporto dei materiali alcampo base era stato sempre lungo e fati-coso, facendoci perdere ore e ore invecedi esplorare. Avevamo deciso di non aspet-tare un altro anno fino al prossimo campo,ma di organizzare un campo estivo peresplorare bene la superficie. A Pentecoste,sotto la pioggia e la neve che si scioglieva,abbiamo iniziato a battere zona sulla costadel monte. Volevamo prepararci bene per ilcampo estivo. Sono iniziati i campeggi intenda come quelli dei tempi romantici diuna volta. Abbiamo trovato degli ingressi,l’aria fresca a 4 gradi li segnavano bene.

Pünkösdi-barlang (1640 m slm) lunghez-za 700 m / profondità 36 m

Una delle prime grotte che abbiamotrovato è stata la Pünkösdi-barlang. Lagrotta si estende in gran parte orizzontal-mente, dove le morfologie cambiano dameandri a cunicoli bassi freatici. La parteinattiva è collegata da un meandro stret-tissimo seguito da pozzi (P8, P25) con laparte periodicamente attiva. I punti termi-nali si stringono e finiscono in frana, dovepassa solo l’aria. Le ipotesi di congiungi-mento con il Gortani devono essere nelladirerzione di Fás-kürtö, dove la grotta s’av-vicina a 50 metri.

Grotte esplorate dagli ungheresi nella zona Canin:

PÜNKÖSDI-BARLANG - lungh. m 700, prof. m 30, +7, quota m 1640.Si avvicina a soli 50 metri dal Gortani (zona Fás-kürtö), galleria freatica, meandro epozzi.H-4 BARLANG - lungh. m 120, prof. m 104, quota m 1784Si trova 250 metri sopra il pozzo da 140. Pozzo con fessura.H-7 BARLANG - lungh. m 30, prof. m 30, quota m 1868Si trova nella zona superiore dell’altopiano. Pozzo.H-8 BARLANG - lungh. m 60, prof. m 33, quota m 1870Si trova nella zona superiore dell’altopiano, molto attivo. Pozzo.H-9 BARLANG - lungh. m 25, prof. m 25, quota m 1839Si trova nella zona superiore dell’altopiano. Sul fondo c’era neve. Pozzo.H-10 BARLANG - lungh. m 80, prof. m 72, quota m 1860Si trova nella zona superiore dell’altopiano, si restringe. Pozzo.VADMÉHES-BARLANG - lungh. m 50, prof. m 7, quota m 1561Si trova al lato dell’altopiano, c’è forte aria. Galleria freatica.MAFC-BARLANG - lungh. m 122, prof. m 60, quota m 1578Si trova al lato dell’altopiano, c’è forte aria. Pozzi.BIANCHETTI-LYUK - lungh. m 15, prof. m 12, quota m 1640Si trova al lato dell’altopiano, c’è forte aria. Piccolo pozzo.KUTYA-BARLANG - lungh. m 65, prof. m 11, quota m 1654Si trova al lato dell’altopiano, c’è forte aria. Pozzi.MAGYAR-BARLANG - lungh. m, prof. m 196, quota m 1627Congiunto al Gortani nel 2001. Pozzi.JEGES-BARLANG - lungh. m +20, quota m 160020 metri nuovi in una grotta probabilmente già conosciuta.DÉKÁNY PÉTER-BARLANG - lungh. m 655, prof. m 182, quota m 1778Si trova nella zona superiore dell’altopiano.Galleria freatica, pozzi. Congiunzione con il Gortani nel 2002.AB. MARIO NOVELLI - lungh. m 60+30 m, quota m 1770. Esplorazione italiana.Esplorato sino a –410 m, effettuato un traverso di circa 60+30 m sul P 160.Totale: 2.932 m

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L’esplorazione è resa difficile dallostrettissimo meandro di 60 metri.

MAFC-barlang: (1578 m slm) lunghezza122 m / profondità 60 m (scoperta nel-l’estate del 2002)

L’entrata di questa grotta l’avevamo giàtrovata a Pentecoste del 1998. Si può direche per poter entrare ed esplorare abbia-mo faticato di più rispetto ad altre grotte.Abbiamo tolto diversi metri cubi di sassidalla strettoia iniziale, che ogni tanto sicopriva di ghiaccio, per arrivare ad un poz-zetto di 5 metri. Da qui partiva un meandrocon forte aria, per cui l’avevamo comincia-to di allargare. Abbiamo disostruito una fes-sura lunga 8 metri e pian piano abbiamoproseguito finchè siamo giunti nella salafinale a –60 m. Dalla frana tira una fortearia, così si può ipotizzare la presenza diun collegamento con il Gortani nella zonaVento-kürtö (distanza: 35 m, dislivello: –6m).

Magyar-barlang: (1627 m slm) lunghez-za 856 m / prondità 196 m

Nonostante le ricerche precedenti, lagrotta è stata trovata in una fine settima-na di Pentecoste del 2000 da Gema (ZihJózsef) seguendo un forte flusso d’ariache usciva dalla fessura della parete. Sic-come dovevamo tornare a casa, il giornoseguente abbiamo scavato ma non sia-mo entrati, e nonostante la mancanza ditempo eravamo sicuri che qui dovevaesserci una grotta!

Al campo estivo seguente siamo scesisino a –150 metri senza alcun problema.Qui ci siamo fermati in una sala franosa(Sziszifusz-terem), che si è formata acausa del crollo di due pozzi. Dai livellisuperiori della cavità partono altri pozziparalleli (Római fürdö), ma non raggiun-gono il livello del fondo. La grotta è costi-tuita da brevi meandri con saltini di 5-8metri. Il pozzo più fondo è di 40 metri. Acausa della forte pendenza dei meandripensiamo che questi erano prima degliinghiottitoi, ora solo le parti inferiori di essisono attivi.

Nell’estate di 2001 con lo scavo sul

fondo della sala franosa abbiamo raggiun-to il nostro scopo, cioè abbiamo trovatola congiunzione con il Gortani. La grottaMagyar-barlang quindi, con un lavoro co-stante è diventata parte del sistema Gor-tani e del Col delle Erbe. Nell’ autunnoseguente, con lo spostamento di unaquantità significativa di metri cubi di sassiabbiamo reso stabile l’ambiente della fra-na a -150. Il nuovo ingresso del sistema(Abisso Rose Gyuri) ci offre le condizio-ni ideali per poter continuare le esplora-zioni anche d’estate. Il campo base di “X-pont” si può raggiungere in un’ora emezzo soltanto.

Dékány Péter barlang: (1778 m slm) lun-ghezza 655 m / profondità 182 m

Questa grotta è stata trovata nel penul-timo giorno del campo estivo del 2002 daKutya e Kismoha. L’entrata, nascosta dai pinimughi, si trova precisamente sopra la zonadi “Fás-kürtö”, vicino all’Abisso Vianello(entrata T11), con cui però non si collega.Il giorno dopo il ritrovamento, Kismoha hasceso 90 metri della nuova cavità, segna-lando una prosecuzione sul fondo che do-veva essere rivista. Questa parte è stata poirilevata d’autunno. Dal sistema dei cunicolifreatici del fondo (assomigliano a Bigoli delGortani), che sono lunghi più di 500 metri,partono tre pozzi. Dal più fondo si poteva-no scendere altri 110 metri, e si finiva nelsoffitto della risalita di “Fás-kürtö”. Così laDékány Péter-barlang è diventata unaseconda entrata delle parti ultimamenteesplorate del Gortani. Richiedeva menoimpegno di Magyar-barlang, e chiudevala fase esplorativa della zona Australia.

ALTRE GROTTEDurante le battute e rilievi esterni alle

quote di 1700-1800 m slm, abbiamo fattodei lavori esplorativi in altre 9 grotte. Sonotipici pozzi carsici, molto corrosi, che sisono formati lungo le fratture, con le pa-reti bordate da lame. I fondi dei pozzispesso finiscono in frana, o in una fessu-ra impraticabile oppure ancora con tappidi neve. La lunghezza totale di queste

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grotte raggiunge i 600 metri.

ESPLORAZIONI NEL FUTURO

Siamo molto contenti dei nostri risul-tati. La lunghezza delle diverse grotteesplorate supera i 17,5 chilometri e lalunghezza totale del sistema raggiunge i36,8 chilometri. Eppure considerando idati idrogeologici, dobbiamo constatareche il punto più basso, il sifone terminale(1008 m slm), non può essere superato.In solo due posti siamo riusciti a supera-re di 210 metri il livello dei 1400 slm. Dalnostro campo base ( il termine della risa-lita al By-pass, (–687m, 1240 m slm) sia-mo riusciti a superare tale livello di 23metri nel cunicolo che parte dalla basedel P140, e di altri 7 metri nella zonaHumboldt. Da questa zona il livello delleacqua freatiche deve essere 180-200 metripiù in basso. Il sifone della grotta DobraPicka (distante dal sifone del Gortani 1880metri) che sputa le acque nel Fontanon diGoriuda, si trova ad altri 106 metri più inbasso, a 902 metri slm. In questa zona ci

aspettano altre esplorazioni.Un’altra zona da rivedere, che può se-

gnare le esplorazioni future, è la Galleriadell'Aragonite. Qui se si riuscisse ad aprirela frana terminale potremmo entrare nel si-stema di Foran del Muss (lungo 16 chilo-metri e profondo 1140 metri): da questazona infatti mancano solo 300 metri perentrare in un ramo laterale di Dobra Picka.In tal caso il sistema più grande dell’Italia sitroverebbe nella zona del Canin.

CONDIZIONI IDROLOGICHE

Gran parte delle acque della zonaCanin (1700-2000 m) tornano a valle nel-la Val Raccolana dalla sorgente Goriuda(861 m slm). Questa sorgente si trova a120 metri dalla base della valle, a 3 chilo-metri a Ovest da Sella Nevea. L’acquaesce da un’entrata ampia (Fontanon delGoriuda) formando una bella cascata. Laportata media dell’acqua raggiunge i 1000litri/sec. Questa è la sorgente più grandein queste zone. Un’altra sorgente periodi-ca si trova sempre vicino a Sella Nevea,

Sala grande in discesa. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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nel prato dietro il parcheggio dove laportata media dell’acqua è 100 litri/sec.Le acque del sistema del Foran del Muss,che si trova a Ovest dal Gortani, sicura-mente vanno a finire in queste sorgenti.

Altri esami che riguardano il Gortani,fanno ipotizzare che sia anche qualcherapporto con la sorgente Boka in Slove-nia (si trova a 920 m slm, a 6,2 chilometri,e a -88 metri dal sifone terminale delGortani). I collettori principali e il sifoneindubbiamente vanno a SE, mentre lasorgente Goriuda si trova a NO a 2,3chilometri e a -147 metri.

Gli speleologi italiani nel 1997 hannocolorato le acque della grotta Led Zepp-pelin che hanno marcato positivamentela sorgente Glijun e la sorgente Boka inSlovenia. La grotta Zepppelin ha un rap-porto anche con la sorgente Goriuda.Questi fatti però non dimostrano che leacque del Gortani s’affaccino sul lato slo-

veno del massiccio. Ma il grande puntointerrogativo è questo: dove si dividonole acque tra le risorgive dei due paesi?Forse un giorno la risposta sarà data dairisultati delle nostre esplorazioni.

BREVE RIASSUNTO DELLEESPLORAZIONI (1993 – 2004)

1993, inverno Uscita in Gortani fino a–600 metri con 6 persone. Campo Basenella Galleria Aragonite a –450 metri.

1994, inverno Uscita in Gortani fino alsifone terminale. Risalita a –597 metri(+35 metri).

1995, inverno Si continua la risalitaalla fine della quale c’è un meandro di115 metri che finisce in un sifone. Sei annidopo ci affacceremo alla sommità di que-sta risalita arrivando dal ramo “Australia”!Sviluppo totale di questa zona 200 metri.

Gruppo esplorativo presso il bivacco. (Foto Zsólyomi Zsolt "Fredi")

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Cominciamo un’altra risalita a –720 metrisotto il By-pass. Il nostro obiettivo è quel-lo di trovare il proseguimento della Galle-ria del Vento.

1996, inverno Avanti con la risalita delBy-pass con un trapano e con una scalet-ta speciale fino a +120 metri.

1997, inverno Termine della risalita delBy-pass, a +200 metri ed entriamo nell’inesplorato. Dobbiamo lasciare i pozzisenza scenderli. Sviluppo di questa esplo-razione: 1350 metri (totale: 1550 metri).

1997, estate I. A causa delle pioggee in conseguenza della piena, non riuscia-mo ad esplorare i grandi pozzi. Invecepartendo dalla Caverna Cesca esploria-mo nella zona della Galleria Aragonite.Lunghezza di questa esplorazione: 150metri (totale: 1700 metri).

1997, estate II. Esploriamo uno deigrandi pozzi con i nostri amici italiani chia-mato Esperia, che è profondo 140 metri.Nuovo Campo Base (numero II.) nelle nuo-ve zone. Sviluppo di questa esplorazione:350 metri (totale: 2050 metri).

1998, inverno Raggiungiamo la fine-stra del P140 e troviamo grandi gallerieorizzontali, che s’incrociano con dei gros-si pozzi. Risalita del pozzo P100 sopra ilCampo Base II., è l’esplorazione del “Te-nisz-stadion”. Sviluppo di questa esplora-zione: 3060 metri (totale: 5110 metri).

1998, Pentecoste, estate Comincia-mo ad esplorare la superficie esterna.Troviamo la “Pünkösdi-barlang” e definia-mo altri punti da esplorare (H-4, Bianchetti,MAFC-barlang). Sviluppo di questa esplo-razione: 570 metri.

1998, inverno Esplorazione oltre ilP140. Scendiamo i pozzi sconosciuti,esplorazione del cunicolo “Szabó József”e del “Szeles-lyuk”. Risalite nella zona di“Tenisz-stadion”. Il dislivello nelle zoneultimamente esplorate raggiunge i 500metri!!! Sviluppo di questa esplorazione:2200 metri (totale: 7310 metri).

1999, estate Scavi ed esplorazioni.Lavori nella grotta “Pünkösdi”. Il nostroscopo principale è quello di trovare unnuovo ingresso del Gortani. Sviluppo di

questa esplorazione: 781 metri (Esplora-zione totale partendo dalla superficie:1351 metri).

2000, inverno Esplorazione sopradella zona del “Tenisz-stadion”: “Sport-center, Szív-akna” (-180m). Con la risalitadi un pozzo di 35 metr i t roviamol’”Australia” all’ultimo giorno. Esplorazio-ne di meandro chiamato “MenydörgQ”(347m). Sviluppo di questa esplorazione:2387 metri (totale: 9697 metri).

2000, Pentecoste, estate Esplorazio-ne della grotta “Magyar-barlang” fino a –150 metri. Sviluppo di questa esplorazio-ne: 700 metri

2001, inverno I. Facciamo un nuovoCampo Base a “X-pont” (bivacco Nr. 3. –542m), perchè per arrivare ai punti esplo-rativi ci vogliono oramai 16 ore! Esploria-mo bene la zona “Australia” (Helikon,Negró-kürtQ, Állatkert, DNy-i sivatag).Grazie ai rilievi troviamo la congiunzionecon quella risalita che abbiamo fatto nel1995 vicino alla Galleria del Vento. Facen-do questa via arriviamo più veloci (6 orein meno) ai punti esplorativi. Sviluppo diquesta esplorazione:1800 metr i(totale:11497m).

2001, inverno II. Continuiamo leesplorazoni nella zona “Australia” (Vízva-dász, Csipkésút, Csuporka). Sviluppo diquesta esplorazione: 1200 metri (totale:12697 metri). Condizioni esterne straordi-narie: il pozzo d’ingresso è totalmentetappato di neve. Sopravviviamo ad unaslavina e ci porta giù a valle il soccorsospeleologico con l’elicottero.

2001, estate Lavoriamo nella grotta“Magyar-barlang”: scavando la frana a –150metri entriamo nel Gortani! Per arrivare alCampo Base a “X-pont” ci vuole 1,30 orainvece di 16 ore! Sviluppo di questa esplo-razione: 156 m (12697+700+156)+con-giunzione della Via dell’Acqua nel 1996 (15metri), (totale: 13583 metri).

2002, inverno Esplorazioni entrandodal nuovo ingresso: “Vízvadász”, risalitadel “Fás-kürtQ”, dove abbiamo trovato deirami minori e faceva molto freddo. Svilup-po di questa esplorazione: 1200 metri (to-

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Nyerges Attila. (Foto archivio "Gortani Team")

2002, estate A causa del brutto tem-po battute di zona in superficie. Lavoria-mo nella grotta “MAFC-barlang” (-60m/122m) e troviamo la grotta “Dékány Péter-barlang” (-90m). Sviluppo di questa esplo-razione: 190 metri.

2002 novembre In un fine settimanacontinuano i lavori a “Dékány Péter-bar-lang”. Troviamo un altro ingresso delGortani attraverso un pozzo di 100 metri,in rapporto con il “Fás-kürtQ”. Sviluppo diquesta esplorazione: 680 metri (totale:15448 metri).

2003, inverno Esplorazione di “Hum-boldt-járat” dalle “Három nagy-terem” (428m, -143 m). Sviluppo di questa esplora-zione: 791 metri (totale: 16239 metri).

2004, inverno Esplorazioni nella zonadi “Humboldt-járat”. Sviluppo di questaesplorazione: 1261 metri (totale: 17500metri).

Le zone esplorate dagli ungheresinell’abisso Michele Gortani raggiungono i17,5 chilometri di nuovo sviluppo.

Lunghezza totale del sistema: 36,8chilometri (marzo 2004). (Il sistema Gor-tani-Davanzo 13 chilometri + il sistemaVianello-Buse d’Ajar 6,3 chilometri +esplorazioni ungheresi 17,5 chilometri).

Se potessimo trovare la congiunzionecon il sistema vicino di 16 chilometri, lagrotta più lunga d’Italia (52,8 chilometri)si troverebbe qui al Canin!

RINGRAZIAMENTI

Facendo conto di tutte le esplorazio-ni, hanno partecipato oltre 150 personedi numerosi gruppi. C’era chi è venuto unavolta sola e c’era chi è tornato più volte.Le situazioni da risolvere e le nuove esplo-razioni davano a tutti sempre più motiva-zione. Le difficoltà, i trasporti e la felicitàdi una esplorazione così appagante haformato un gruppo straordinario, il cosi-detto “Gortani team”.

Vorrei ringraziare per l’aiuto coloro chehanno partecipato e ci hanno aiutato siasulla superficie che sottoterra.

Ringraziamo l’aiuto della Commissio-ne Grotte “Eugenio Boegan”, su cui sipoteva contare quando c’era bisogno.

Capisquadre: Börcsök Péter, KucseraMárton, Németh Zsolt, Nyerges Attila, ZihJózsefPersone più importanti: Szabó Lénárd,Kunisch Péter, Nádasdi Oszkár, ZsólyomiZsolt, Varjassy György, Simon Béla, Lige-ti Márton, Molnár Tamás, Hlavács Györ-gy, Dr. Nyerges Miklós, Köblös Csaba,Ádám Zsolt (CGEB di Trieste)

Börcsök Péter (55) (Vízépítö mérnök),Leader delle esplorazioni nel Gortani,

speleologo dal 1964Traduzione in italiano a cura di :

Dalma Pereszleny

tale: 14768 metri).

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UNA STORIA CHE INIZIADA LONTANO,

LE CASERMETTEE IL SUO ABISSO

PROLOGO

“Le Casermette” è il soprannome diuna grotta che si apre sul M.te Canin, aOvest del M.te Poviz, dove l’altopiano delPalacelar sprofonda nella Val Raccolana.

Questa è stata il punto focale deglisforzi esplorativi di giovani speleologi tri-estini che colpevolmente ben poco han-no divulgato della loro attività.

PREMESSA

Tale gruppo nasce da un seme spar-so da Massimiliano Palmieri sull’altopianodel Palacelar alla fine degli anni ‘90. Lasua dedizione all’esplorazione fece si chealcuni dei migliori speleologi italiani orbi-tassero attorno alla sua figura ed ai suoiprogetti. In questo fertile ambiente fece iprimi passi un gruppo di giovanissimi grot-tisti che frequentavano l’Alpina delle Giu-lie. Il Palmieri però alla fine del 1999 siallontanò dall’ambiente speleologico e diconseguenza smise di organizzare l’attivi-tà esplorativa nella zona.

Il suo seme però diede frutto e giànell’estate seguente il gruppo iniziò un’at-tività esplorativa indipendente nella zonafrequentata da “Maci”.

Spero di non offendere nessuno indi-viduando come nucleo fondante del grup-po W.Boschin (Lapsus), G.Cergol (Gianet-ti), M.Sticotti (Cavia), A.Zorn (Vibro).

CENNI STORICI

1915-1917 Prima Guerra MondialeLa Val “Raccolana” non viene rispar-

miata dagli scontri tra le forze degli Impe-ri Centrali e gli Alleati, ed il M.te Canin

Partenza del pozzo "Alfonso Marchi" (P. 77). (Foto G.Cergol)

diviene uno dei teatri della guerra in quo-ta. L’esercito italiano si attesta sull’alto-piano a Nord delle attuali creste di con-fine. Fra le varie opere di fortificazionerealizzano un gruppo di caserme in unaconca a N-W del Poviz e un sentiero peraccedervi. I reparti italiani attestati sulRombon e sul Ciukla, a seguito dell’attac-co austro-tedesco a Plezzo e del succes-sivo sfondamento delle linee a Caporetto,si ritirano passando proprio in questa zonae raggiungono a marce forzate nella nevel’inizio della Val Raccolana, attraversandotutto il pianoro del gruppo del Canin.

Agosto 1971 - G.G. C. DebeljakAi primordi delle esplorazioni sul mas-

siccio del Canin, il Gruppo Grotte “C.Debeljak” si spinge ad esplorare questanuova zona carsica.

Il gruppo sceglie la zona vergine cir-costante l’altopiano del Palacelar, ed il

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risultato più eclatante che ne risulta è unabisso che si apre subito sopra le excaserme italiane del Poviz. L’esplorazio-ne si ferma a 137 metri di profondità dovel’acqua sfugge in una fessura impraticabi-le alla base di un pozzo cascata.

21 Settembre 1991 - U. MikolicTale mitico personaggio, indefesso

esploratore di ingressi e cavità, perlustrae sgrufola persino le falde del Poviz;esplora e rileva una grotta profonda 50 mche si apre fra le caserme italiane e sot-tostante 40 m dall’abisso esplorato nel ’71dal “Debeljak”.

1994-1999 - M. PalmieriLa parte inferiore dell’altopiano del

Palacelar, fino ad allora trascurato per ipotenziali limitati, diviene protagonista diuna fertile stagione esplorativa.

“Prendono forma” una serie di abissicaratterizzati da grandi verticali ed assenzadi ambienti fossili evidenti. I nomi delle piùimportanti scoperte sono il complesso Pero-Net 10 (–664 m), Capitan Findus (–745 m),Amore quanto latte (–750 m).

EVENTI SALIENTI DELLE ESPLORAZIONI

Agosto 2000 - W. Boschin, G. Cergol,A. Zorn, (B. Grillo, D. Vidri)

Il 2000 è il primo anno che il gruppo,orfano della guida del Palmieri, organizzaun campo estivo indipendente in Palace-lar. Negli ultimi giorni viene rivista la grot-ta esplorata dal Mikolic presso le “Caser-mette” (–50 m).

“Seguire l’aria” è il loro dogma, e conquesto riescono a trovare un by-pass perfinestra (–45 m) sull’ultimo pozzo scesoda Umbertino.

Raggiunta una profondità di 75 m trova-no alcuni chiodi a pressione, perciò si ren-dono conto di essersi collegati con l’abissoesplorato dal G.G. “Debeljak”: di conse-guenza arrivano sulla fessura in cui neglianni ’70 si erano fermate le esplorazioni.

A. Zorn in questo caso fa una piccola

magia, si infila nel meandro che continuadiametralmente opposto all’arrivo del poz-zo cascata, ne segue per dieci metri unlivello praticabile e riesce a scivolare conuna contorsione in un ambiente più am-pio: sotto la strettoia si apre una verticaledi 77 m (P. “Alfonso Marchi”).

Agosto 2001 - G. Cergol, F. Durnik, B.Grillo, M. Sticotti, A. Zorn

Secondo campo estivo organizzato dalgruppo, nel quale la grotta delle “Caser-mette” monopolizza le attenzioni dei par-tecipanti.

Sempre nell’ottica di seguire l’aria tro-vano un meandro di 120 m (RotoloniRegina) da cui giungono su una grandeverticale (Errata Corraise –165 m).

Qui fanno una scelta molto caratteriz-zante: continuano a seguire l’aria e per-ciò decidono di entrare in una finestralaterale del pozzo nonostante che questocontinui ampio.

Per questa via giungono alla profondi-tà di –260 m dove parte uno strettomeandro\frattura senza curve.

Gennaio 2002 - A. Sbisà, A. ZornIn una freddissima giornata d’Inverno,

A. Zorn con un estemporaneo collegatorna nel meandro-frattura abbandonatol’anno prima: dopo 133 m di stenti entra-no in una forra scendendo fino a –370 m.

Agosto 2002 - W. Boschin, G. Cergol,M. Sticotti, A. Zorn

Campo estivo del 2002, A. Zorn e W.Boschin provano a scendere la verticaletrascurata l’anno precedente a –165 m(Errata Corraise) e si fermano dopo 30 msu enormi massi incastrati.

Novembre 2003 - G. Cergol, S. Kri-sciak, A. Sbisà

La forra abbandonata nel gennaio 2002per mancanza di materiale (–370 m) rice-ve nuove attenzioni. Il salto non sceso sirivela un arrivo laterale di un pozzo didimensioni notevoli. In questo, avendoraggiunto dopo 40 m un enorme masso

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incastrato, appare una serie di fix indu-striali (–410 m).

Le “Casermette” si collegano con “Ca-pitan Findus” nel ramo che conduce al fon-do principale del Complesso (–745 m) det-to dei “Megalodonti”, e precisamente a metàdel p.161 “Magazziniere Piangente”.

16-17 Settembre 2004 - G. Cergol, G.De Sanctis, I. Glavas, N. Kusmanovich, M.Sticotti

Dopo più di due anni viene ripresa inconsiderazione la grande verticale trascu-rata nel 2001 (Errata Corraise). Questaviene scesa per 200 m fino ad una franasospesa invalicabile. Il pozzo ha unamorfologia complessa: è impostato su unafrattura, ha tre fondi separati da diafram-mi alti 45 m ed è caratterizzato da 7 arriviprincipali.

Il forte stillicidio di Settembre obbliga ascendere solo il fondo al lato E (–365 m).

26-27 Dicembre 2004 - R. Ostoich, A.Sbisà

Sul lato opposto a quello sceso dellagrande verticale viene scoperto un pas-saggio nella frana. Scesi altri 90 m. ilpozzo termina (–440 m) con un ampiomeandro che drena il sistema di pozzisovrastanti.

5-6 Febbraio 2005 - G. Cergol, A. SbisàIl meandro attivo sbuca in una forra

che con alcuni salti porta fino a un pozzoin fanghi neri (–550 m).

19-20 Febbraio 2005 - G. Cergol, A.Sbisà, M. Sticotti

Marco Sticotti nel 1997 aveva 18 anni,e aveva avuto l’onore di scendere l’ultimopozzo che portava al fondo del Cap. Fin-dus (–745 m ramo dei Megalodonti).

Nel 2005 ritorna per rilevare e scende-re il pozzo nei fanghi: nel meandro termi-nale riconosce il suo ultimo fix e la salettain cui nel ’97 aveva atteso 3 ore: è il fon-do del Cap. Findus e il pozzo nei fanghiè il sifone terminale svuotato.

L’inverno 2004-2005 ha indotto un ec-Ramo "Nuovo collegamento"; pozzo-sifone dei "Me-galodonti" (P. 27). (Foto G. Cergol)

cezionale raffreddamento del massicciocausa la persistenza di temperature rigide,tanto da permettere la formazione di colatee stalattiti di ghiaccio fino ad una profondi-tà di –200 m. Il livello di base si è abbassa-to vistosamente regalando l’opportunità dipercorrere un ambiente usualmente inac-cessibile, svuotando un pozzo di 27 m chetermina su una spiaggia di ghiaie mobilidavanti ad un losco lago nero, con unagrande isola di fango che ne emerge alcentro (portando il fondo del complessoCap.Findus - Casermette a –772).

CONCLUSIONI

Il Cap. Findus è il capolavoro del Pal-mieri di cui si sa troppo poco, non esisteun rilievo complessivo ed una organizza-zione dei dati, inoltre dal dicembre 2003è inaccessibile perché chiuso da un tap-

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po di neve.La perdita di informazioni è grave per-

ché il lavoro fatto ha messo in luce unsistema carsico peculiare per l’assenza dilivelli fossili evidenti in cui, ciò nonostan-te, sia possibile trovare collegamenti tradifferenti linee di deflusso.

Il Cap. Findus ha tre fondi con profon-dità tra –700 m e –772 m, due dei qualicollegati da un sistema di condotte. Lapossibilità di entrare in attivi distinti vieneofferta da una grande verticale (P. Alien,280 m) con una struttura ad “elica” dovutaalle numerose finestre che ne delineano laforma e permettono di accedere ai vari rami.Dalla finestra più alta si accede al ramo dei“Megalodonti”( –772 m), entrando in unsistema idrico parallelo, dal fondo al fondodi “Sala Zombie”( –700 m ?) e al ramo del“Ventilatore” (in risalita), dalla finestra piùbassa al ramo Bishop (–740 m).

Le Casermette si possono dividere in

due rami, tutti e due si ricongiungono colramo dei “Megalodonti” del Cap. Findus:uno a metà del “Magazziniere Piangente”(–410 m) e l’altro a poco prima del sifoneterminale (–570 m). I due rami delle “Ca-sermette” sono due delle linee di deflus-so preferenziali di questo ramo del siste-ma, delle due quella che si congiunge sulfondo è la principale.

L’Abisso delle Casermette smentiscela diceria che in questa zona di carsismoverticale con grandi attivi non ci sianopossibilità di collegamento, e offre la pos-sibilità di continuare una esplorazione si-stematica di un complesso in una zona incui il fenomeno carsico si è evoluto inmaniera sensibilmente diversa dalla altreparti del massiccio.

P.S.

Lo Scrivente ha preso parte tardiva-mente alle esplorazioni e non ha fattoparte né condiviso le esperienze di colo-ro che hanno seguito questa “avventura”dai suoi albori, anche se ne conosce tuttigli attori: proprio per ciò si permette dilasciarne testimonianza.

Mi preme sottolineare come nell’elen-co precedente il senso e il valore umanoche ha avuto questa esplorazione si per-da completamente, visto che non è pos-sibile che possa trasparire dai risultatiquanto sia stato intenso il periodo tra ilcampo del 2000 e quello del 2002.

Non ha senso parlare della storia del-le “Casermette” senza considerare il sen-so e l’importanza che ha avuto per que-ste persone, e di come in uno scritto siperda completamente la loro dedizione edamore per questa esperienza, legata in-dissolubilmente ad un periodo fatato del-la vita quale è l’adolescenza.

Penso sia importante testimoniare chein questo periodo di crisi della speleolo-gia è esistito un gruppo di ragazzi capacidi organizzare esplorazioni e campi spe-leologici in alta quota, da soli, con unaetà media di 17 anni.

Andrea Sbisà

P. 15, dopo la condotta iniziale. (Foto G. Cergol)

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QUALCHE CURIOSITÀSULL’ABISSO COL DE LA

RIZZA (CANSIGLIO)

CHI SONO QUESTI FERRARESI?

La notizia dell’attività esplorativa deiferraresi all’Abisso Col de la Rizza in Can-siglio si è diffusa ufficialmente a dicem-bre 2003, ma chi frequenta quella zonaabitualmente (io e i sacilesi) aveva giànotato con sospetto alcuni speleologiprovenire dalla strada della Candagliadurante tutto l’anno. Si sapeva che c’eraqualcosa ma non esattamente cosa. Sonostati anche colti in flagrante sull’ingressodella grotta durante una della nostre bat-tute di zona estive, ma loro si sono salva-ti dicendo che era solo una uscita di cor-so… Fino a fine anno hanno mantenutol’anonimato per scelta e per paura dipotenziali “azioni pirata” (avvenute in se-guito, ma non polemizziamo). Intanto noidel pordenonese aspettavamo curiosi unavoce dal bosco…

Un giorno di gennaio 2004 ricevo unatelefonata dal Gigio (Giorgio Bessega):“Radi, ho rivisto i ferraresi al raduno inPuglia. Mi hanno raccontato le ultimenews: hanno bisogno di gente e di unposto dove dormire in Cansiglio, visto chel’Abisso Col de la Rizza promette bene.Cosa puoi fare?”. Così cominciò la colla-borazione tra G. S. Sacile e G. S. Ferrara.

Quindi, chi sono questi ferraresi chetanto hanno lavorato nelle viscere profon-de del Cansiglio per più di un anno assi-duamente senza farlo sapere a nessuno?Chi sono questi uomini di punta che han-no reso una grotta come tante la secon-da cavità più profonda e importante delmassiccio del Cansiglio - Cavallo?! Chisono quelli che hanno scoperto la nuovarivoluzione speleologica e scientifica de-gli ultimi anni per quella zona, rivalutan-dola con questo colpaccio?...

Ebbene, il 21 gennaio grazie ai con-tatti del Gigio si combina un giro (massa-crante causa neve) alla mitica fantasma-gorica grotta. Gli uomini di punta ferraresi

fondamentalmente sono 5: due maschi etre donne! Il condottiero è Roberto Corsi,detto l’imperatore delle gnocche (= fem-mine), seguito dal suo Lancillotto StefanoRossetti, entrambi accompagnati dallecompagne e ex compagne sherpa (nonspecifichiamo oltre e quali di chi e come,la speleologia non ha confini: cambianole regioni, ma la gnocca porta scompiglioovunque!!) di nome Chiara Maietti (fon-datrice del Club “Maschi di Merda”), AnnaRita e Ilenia (queste ultime due frescheex corsiste) - Da notarsi la costante enumerosa presenza delle donne -.

La nostra conoscenza è maturata giàsul sentiero di avvicinamento alla grotta(quasi 4 km in un’ora), ascoltando i mo-nologhi del Corsi sulla sua (e loro) vitaspeleologica, arricchiti dalla sua partico-lare “R” moscia e dalla simpatica caden-za dialettale ferrarese. Quella strada lui laaveva percorsa a piedi quasi tutti i finesettimana dell’anno passato …voleva direanche andata e ritorno Cansiglio - Ferra-ra! E su questa strada mi sono cucinataanch’io un paio di volte tra neve, buio,allucinazioni, stanchezza. Tutto per unagrotta. Anzi la nuova stupenda grotta delCansiglio: attualmente consiste in 1126metri di sviluppo complessivo e 350 metridi profondità onesti.

Al ritorno da quel primo giro, anche senon sono andata fino in fondo, ho com-preso subito che non è una cavità dasottovalutare dal punto di vista dell’impe-gno tecnico e fisico, come si leggerà piùavanti. Ho anche ammirato le femminesherpa ferraresi. Ore e ore in grotta (comeminimo 20), ferme, a piantar inutili spit perscaldarsi mentre il proprio uomo avanza-va nei meandri dell’ignoto, a portar pe-santi sacchi come fosse cosa naturale ea preparar il cibo al campo base comebrave massaie nell’attesa del ritorno del-l’imperatore …che gnocche!! Quando ilrilievo sarà pubblico (perché ancora nonlo è) si potrà notare che gran parte deinomi degli ambienti sono tutti femminili…W le donne! E con loro sono entrata inuna nuova sfera di pensiero esplorativo:

FRIULI

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mi hanno fatto conoscere la loro realtàspeleologica tranquilla (anca massa!) egodereccia, caratterizzata da allestimentidi campi base da sagra! Ho i miei motiviper chiamarli i “tortellini”.

Con queste righe posso solo renderemerito alla tenacia e alle meritevoli fati-che compiute da chi ci ha creduto fino infondo e ci crede giustamente ancora inquesta grotta e nelle potenzialità speleo-logiche del Cansiglio.

STORIA ESPLORATIVAE DESCRIZIONE GENERICA

La grotta è stata scoperta ed esploratanel 1957 da alcuni soci della SAG di Triestefino ad una profondità di 116 metri. Si trovain catasto con il numero 904/410 FR, poi-ché si apre nella parte friulana del Cansiglioa 1110 metri di quota. Venne rivisitata nel1972 per un aggiornamento sul rilievo e infine un bel giorno degli anni ’90 cominciòlentamente la rivoluzione...

A scopo di cronaca riporto integral-mente l’articolo scritto dai ferraresi (Chia-ra Maietti e Stefano Rossetti) su “Speleo-logia 48. [«L’ interesse del GruppoSpeleologico Ferrarese per la zona delCansiglio risale all’anno 1993 quando unodei nostri soci (Roberto Guerra) svolse lasua tesi in geologia con lo studio del rap-porto tra fenomeni carsici e tettonica inquelle zone. Durante quel periodo di stu-dio, contemporaneamente alla raccoltadati per la tesi, il gruppo ha sistematica-mente rivisitato tutti gli abissi noti nei din-torni di Col de la Rizza. Tutto sommato lesorprese sono risultate modeste per quel-lo che riguarda l’esplorazione, ad ecce-zione dell’abisso FR 410. Il piccolo ramoesplorato allora, pur non essendo rilevan-te per dimensioni e profondità, è statooggetto di accurate ricerche per la suanotevole corrente d’aria. Gli abissi di que-sta zona sono generalmente caratterizza-ti da profondi pozzi di ingresso e vastisaloni terminali. Nel gennaio 2003 il grup-po, stimolato dagli eclatanti risultati in quel

dei marmi apuani di Go Fredo assiemeagli amici di Reggio Emilia, e fortificatodalle nuove leve che di Cansiglio aveva-no solo sentito parlare, decide di ripren-dere la ricerca di quella fatidica corrented’aria. Durante la prima uscita, una sfre-nata fantasia ci suggerisce l’uso di pal-loncini riempiti di elio (vedi foto), da usa-re tipo scandaglio cerca-aria, al fine didiscriminare le molte possibilità di esplo-razione verso l’alto. Questo ci ha permes-so di riprendere in considerazione unarisalita intrapresa dieci anni prima, sco-prendo l’imbocco di un’ampia galleria apochi metri dalla visuale dei primi sfortu-nati esploratori. Dopo la galleria ed unbreve salto, ci troviamo ad esplorare unastupenda e articolata zona riccamenteconcrezionata, con chiari segni freatici emolti paleolivelli. Presto arriva il primo bivioe con esso la contemporanea esplorazio-ne di due rami, uno attivo e l’altro fossile.Sono stati rilevati fino ad ora solamente400 m di sviluppo, ma circa altrettanti

I protagonisti giocano coi palloncini ad elio: al cen-tro il Corsi, alla sua sinistra Lancillotto, mentre allasua destra Michele Minotti.

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restano ancora da rilevare. La profonditàraggiunta è di circa 330 metri; l’esplora-zione adesso (novembre 2003) non è piùcosì facile ed euforica come nelle fortu-nate uscite precedenti. Non si aprono piùverticali, ed una vasta sala di crollo perora preclude ogni approfondimento. Tut-tavia restano da verificare moltissimi pun-ti e speriamo che l’inverno possa ripristi-nare le condizioni per seguire al meglio lecorrenti d’aria, che anche in questa zonasono molto importanti.»]

Dopo averla visitata tutta posso soloconfermare ciò che Chiara Maietti ha scrit-to in queste righe aggiungendo qualcheparticolare. La caratteristica che la distin-gue dalle altre grotte del Cansiglio è cer-tamente il concrezionamento diffuso, chela rendono pari per bellezza ad una cavitàdel Carso Triestino. Ciò che la rende ulte-riormente interessante sono: le condottefreatiche anche concrezionate, che inGenziana non sono così numerose e par-ticolari, la costante presenza d’aria fortis-sima in alcuni tratti (“da ingresso basso”,Corsi dixit) e la varietà di morfologie (pozzianche profondi, grandi sale, forre, con-dotte, meandri e gallerie). La grotta infattipresenta un bel pozzo iniziale di 90 metricon uno stillicidio fastidioso alla fine, cheporta ad una grande sala (piena di cami-ni) di origine tettonica lunga 70 metri, lar-ga 20 m e alta 40 m, forse. Passando tracondotte freatiche fossili e concreziona-te, si prosegue lungo una serie di pozzet-ti fino alla profondità di (meno) 150 m,dove la via si divide in Ramo Attivo e RamoFossile. Il primo conduce al fondo per-correndo una forra strutturale, sconsiglia-bile da fare se piove: nel tratto finale sirestringe a tal punto che sifona e poi siallarga nuovamente fino ad arrivare allagrande sala terminale, avente dimensionidoppie, se non triple, del Salone dellaGenziana. La direzione di sviluppo puntaverso Est cioè verso il Friuli, mentre ilRamo Fossile si dirige verso il Pian Can-siglio.

Mi permetto di fare una considerazio-ne personale sulla profondità e su alcune

analogie morfologiche di questo abissorispetto alle altre grotte della zona: unveloce calcolo tra profondità e quote mifa realizzare che la quota del fondo attua-le supera di neanche 100 metri quella delBus de la Lum (l’Abisso Col de la Rizza sitrova 110 metri più alto del Bus de la Lum)arrivando mediamente a circa 800 m sullivello mare. Entrambe le cavità termina-no in maniera simile, ovvero con una gran-de sala di crollo (a chiara origine struttu-rale) impostata su una importante faglia.Dal mio rilevamento geologico non risultala stessa per entrambe le grotte: l’inclina-zione è pressoché verticale, ma la dire-zione è NNE - SSW nel caso del SaloneLanterna del Bus de la Lum e WNW - ESEper la sala dell’Abisso del Col de la Rizza.Questa ultima comunque presenta poten-ziali prosecuzioni a carattere di risalitalungo la direzione della faglia, ma la roc-cia non è “buona”: la parete è interessatada una fascia cataclasata, cioè “tuttamacinata e fratturata” per l’attività tettoni-ca, e addirittura parzialmente riconcrezio-nata.

Le attuali esplorazioni vengono porta-te avanti dalla ammirevole testardagginedel Corsi che non si arrende …”troppaaria”, dice il tortellino, per finire tutto qua!La parte interessante infatti attualmenterisulta essere ancora la via “fossile”. Que-sta consiste in una galleria di oltre 300metri con ampi sprofondamenti (dell’ordi-ne dei 45 m) piena di speleotemi (stalat-titi, forme coralloidi a fiore, cannule, ver-micolazioni argi l lose, una stupendacolonna di 3 metri di altezza per un metrodi diametro), paleolivelli, laghetti e sedi-menti. Si usa dire che questo ramo è fos-sile ma in realtà è attraversato, in sensotrasversale alla direzione di sviluppo, dauna serie di arrivi d’acqua provenienti dameandri minori, che purtroppo non con-ducono da nessuna parte. Attualmentel’esplorazione di questo ramo è ferma inuna condotta denominata “Calimero”, l’en-nesimo sfintere angusto e poco piacevo-le per il fango ma con aria. Per il restosono state intraprese diverse risalite un

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po’ ovunque, che possono riservare an-cora sorprese…

Concludendo posso affermare che iferraresi con questa nuova scoperta han-no ora come ora segnato una nuova rivo-luzione nella speleologia e nel carsismodel Cansiglio. Questa cavità può essereconsiderata come il nuovo contributo spe-leologico alla conoscenza del fenomenocarsico locale. Infatti, dal punto di vistageologico e speleologico tale grotta pocoassomiglia alla famosa e relativamentevicina Genziana, se non per il fatto che lagenesi di entrambe è a condizionamentostrutturale (cioè, è stata - è - condizionatadalla presenza di alcune importanti faglie).L’evoluzione speleogenetica però sembradi tempi differenti: apparentemente l’Abis-so Col de la Rizza sembra più vecchiodella Genziana ... Ma è presto per dirlocon certezza.

LE SPEDIZIONI DEL NUOVOMILLENNIO IN CANSIGLIO

Per quanto mi riguarda mi sono cuci-nata volentieri per star dietro a questitortellini tanto tranquilli e paciocconi, chemi garantiscono sempre quelle 20 ore digrotta rigorosamente con la notte di mez-zo: infatti tra una chiacchiera e l’altra, unamangiata e l’altra grazie anche alla baselogistica dell’Osteria della Rita del PassoCrosetta, non si entra mai prima delle ore15 di sabato pomeriggio e la notte ipo-gea è assicurata! In generale, ogni giro èuna novità con nuovi personaggi e nuoveleve. Il Corsi ha sempre il ruolo di diretto-re e una volta elencati i lavori, ci si dividein squadre e si decide cosa fare. Comun-que i tempi degli speleo polentoni (cioè inostri, stile “poche ciacole e movemose”)non sono come quelli dei ferraresi (lunghi

Alcune concrezioni pendono dalle pareti (Foto Barbara Grillo )

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e chiacchieroni!), ma ci siamo adattatisoffrendone fisicamente!

Riguardo alle nostre esplorazioni pos-so paragonarle alle spedizioni Bus de laLum 1920! Infatti, non disponendo inizial-mente del permesso per transito su stra-da forestale, per portare il materiale ci siattrezzava con gli slittini e con le racchet-te se c’era la neve. In assenza di questagli ingegnosi ferraresi si sono procuratiuna specie di carriola. E ogni volta tuttiinsieme ci si incamminava carichi comesomari e con gran calma lungo quellastrada “infinita”, che al ritorno, rigorosa-mente a piedi, dal massacrante giro ingrotta era fonte di allucinazioni.

Ho capito subito dalla prima gita che“quel xé un buso che te devi imparar aconoser pian pian”. Ricordo, infatti, conestrema lucidità le pittoresche visioni (nelsenso che le potrei anche disegnare!) pro-dotte dalla mia stanchezza lungo quel sen-tiero: un giro invernale mi tenevano com-pagnia delle faccine sorridenti tonde conmanine mobili a tre dita che volavano dasinistra verso destra sulla neve; in un al-tro giro, invece, estivo ho visto un uomovestito con la tuta da meccanico catari-frangente fermo a bordo strada nel buio(il mio amico Davide Mio ne vide invecedue!), che in realtà era uno sperone dellaparete riflettente la luce della lampada. Epoi quando io e Mio abbiamo deciso disederci, abbiamo visto vicino alla panchi-na due epigrafi con un teschio sopra unbastone e invece era sempre roccia…Evidentemente eravamo stanchi e cucinatia puntino! Forse la grotta era impegnati-va e quella volta avevamo effettivamentesottovalutato le energie che quella cavitàrichiede. Poi grazie alla calma tortellinicadei ferraresi (che amano passare la nottedentro), per noi era sempre tardi e fred-do, il cibo non bastava mai ed eravamoallucinati dalla fame nel buio del bosco. Epiù pensavamo al mangiare e più aumen-tavano le allucinazioni!

Perché scrivo tutte queste cose suffi-cienti per un ricovero al Centro di IgieneMentale?! Adesso il risultato è che quan-

do esco da quella grotta e mi incamminosu quella strada consapevole di non ave-re mezzi moderni paragonabili ad auto-mobili, mi chiedo sempre cosa vedrò dibello durante quella ora!!

In generale, so che è tutta questionedi allenamento e i ferraresi ormai dopo leloro molteplici uscite di fatto sono ormaiallenati, ma io e i miei amici evidentemen-te non proprio! Nei primi giri che ho fattocon loro mi sono sempre adattata anchecon la neve e la pioggia, ma poi un gior-no ho ben pensato di provare se potevoevitare di farmi a piedi quella noiosa stra-da… Sono andata alla stazione forestalee con la scusa che pioveva ho chiestoagli agenti se ci aiutavano a portare ilmateriale fino al sentiero per la grotta. Larisposta è stata eccezionalmente afferma-tiva.

Contenta sono ritornata dai miei amicisenza dire niente e a seguirmi c’era lacamionetta della forestale, che però nonsi è fermata subito per ragioni di servizio.Il Corsi la ha guardata passare e consgomento ha esclamato: “Maaajal, chebello sarebbe se si fermasse”. Pochi mi-nuti dopo la jeep forestale è ritornata in-dietro e ci ha aspettato davanti alla sbar-ra per offrirci il passaggio. Dopo aversvelato che quel forestale era per noi, alCorsi incredulo gli si sono illuminati gliocchi. Non solo lui ma anche tutti gli altrihanno guardato l’agente come fosse unfolletto del bosco!! La stessa Ilenia mi hachiesto con un tono di sottile malizia dabrava tortellina quale è: “Maaa …Radi, tuche cosa hai promesso di dare in cambioal forestale?!”. Passato il momento di gio-ia, abbiamo caricato sacchi, corde, spe-leo, carriola (per il ritorno) sulla jeep, esiamo partiti lungo quella strada tantolunga e noiosa da fare a piedi.

La scena dell’arrivo a destinazione èstata memorabile: appena scesi il Corsi,dopo essere stato in silenzio per tutto ilviaggio, ha cominciato a gridare frasi ar-ricchite da termini coloriti in dialetto ferra-rese come “MAJAAAAL 7 minuti!! Nonun’ora ma 7 minuti!!”. Poi con un tono più

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IL RAMO DELLO SCOIATTOLONEL BUS DE LA LUM

L’attuale fondo del Bus de la Lum ècostituito da una sala impostata su duefratture: la principale ha orientamentoENE-WSW e su di essa si congiungonodal lato ovest il Bus de la Lum e dal latoest il Pozzo dei Bellunesi, l’altra ha unadirezione NNE-SSW e ha formato verso Sun corridoio cieco di una decina di metri,mentre verso N si sviluppa su di essa unramo discendente che con un passaggiobasso, di solito ostruito da detriti, condu-ce ad un salone finale.

Negli anni ’92 - ’93 il Gruppo Speleo-logico “Le Solve” del CAI di Belluno hasvolto un’intensa attività esplorativa, sten-dendo pure una linea elettrica lungo ilPozzo dei Bellunesi e intraprendendo unlungo e paziente lavoro di scavo che haportato a poter visitare nuovamente lacaverna finale, constatando che in perio-di piovosi quest’ultima si riempie di ac-qua fino ad un’altezza di circa due metri.Sono state effettuate anche delle risalite:due camini alti circa 40-50 metri nel salo-ne non hanno dato esiti positivi. Un’ar-rampicata invece di soli 9 metri superatada un terrazzo posto a 5 metri dal fondodel pozzo del Bus de la Lum ha portato ascoprire un interessante ramo percorsoda un torrentello che è stato battezzatoRamo dello Scoiattolo.

Il passaggio basso per il cavernonenegli anni successivi si è di nuovo ostru-ito, mentre il ramo dello Scoiattolo nelcorso del 2004 è stato rilevato accurata-mente in occasione di un’esplorazione incollaborazione tra CGEB e il gruppo Sol-ve. Da una finestra alta 4 metri e legger-mente arretrata rispetto la verticale delpozzo si inizia a percorrere un corridoioin salita con delle pozze d’acqua che dopouna decina di metri sbocca in una salettaanch’essa lunga una decina di metri.

Si prosegue quindi per una forra risa-lendo dei facili saltini in genere percorsida delle cascatelle per giungere infine aduna seconda saletta pianeggiante. Dopoaltri 8 metri, superato un passaggio bas-so, si nota che la galleria si sviluppa sudue livelli. Il superiore, visitabile con unafacile risalita, si presenta ben concrezio-nato, cosa un po’ insolita per le cavità delCansiglio. Subito dopo si sviluppa sullasinistra, ovvero verso est, un ramo latera-le che dopo 7 metri prosegue con un altocamino inclinato, risalito solo per un trat-to.

Il ramo principale continua invece piut-tosto basso e dopo altri 22 metri s’incon-tra un secondo bivio. Sempre a sinistra sisviluppa un ramo laterale costituito da unmeandro che poi si allarga verso l’alto. In

composto si è rivolto al forestale dichia-rando: “…ora pagherò le tasse più volen-tieri!”. Grazie allo Stato per il preziosoaiuto prestatoci!!

Per concludere dopo tante fatiche eallucinazioni attualmente possediamo unaserie di permessi per transitare su quellastrada! E non ci cucineremo più così tan-to prima ancora di entrare in grotta!!

PS: Comunque ogni tanto capita ancorache qualcuno si dimentichi il permesso…ma poi paga da bere!

Hanno partecipato in ordine sparso eallucinato di apparizione:

I tortellini fissi del GSFe: Roberto Cor-si (l’imperatore delle gnocche), StefanoRossetti (Lancillotto), Chiara Maietti (Cac-cola), Anna Rita, Ilenia Cova.

I tortellini delle precedenti campagne:Massimo Vanni e Michele Minotti, TizianoTassoni e Mauro Morelli.

Con l’intervento dei parmigiani reggia-ni del GSPGC: Enrica, Cecile, Panconi,Nebbia.

E con la collaborazione dei polentonisacilesi: Denis Zanette (il Fagiano), Gior-gio Bessega (Gigio), Ubaldo Panont, Da-vide Fabiani (Mio), Andrea Fadalti, MarcoCanton, Tiziana Pegolo, Moreno Dorigo.

Barbara Grillo (Mimmuzzo per i ferraresi)

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IL PRIMO INTERVENTODI UN ASPIRANTE AL CNSAS

Le righe che seguono sono le impres-sioni e le sensazioni di un caro amico delG. S. Sacile, aspirante tecnico del CNSAS,intervenuto al recupero di Stefanin, il qualevoleva farsi una solitaria al Gronda Pipotee poi si è trovato in compagnia del CN-SAS...

PREMESSA

In data 25 e 26 settembre 2004 dove-va svolgersi la manovra di esercitazionealla Grotta Moelis in Canin e tutti i sacilesierano preoccupati, perché in Canin nonc’erano mai stati e ne avevano solo sen-tito parlare... grotte fredde, cattive, seve-re e non giuste per tutti. La manovra erasaltata in settimana …tutti contenti alloraprogrammiamo una festa? Invece no! Ar-rivano le telefonate di pre-allerta per re-cuperare Stefanin al Gronda Pipote…Tutta la nuova squadra di Pordenone eraallarmata. Stavano per partire a far unintervento vero.

Il Canin è sempre una grande palestrasotto tutti i punti di vista. Ecco cosa Al-berto mi scrisse via e-mail pochi giornidopo l’intervento come risposta alla miae-mail: “Come stai oggi? Hai dormito?Passata la stanchezza? Che esperienza tiè sembrata? Cossa me contetu?”.

Barbara Grillo (Radicio)

LA PRIMA VERA ESPERIENZA DI UNINTERVENTO

La stanchezza è passata, in compen-so è sbocciata una bella tendinite al gi-nocchio sinistro che profuma di FastumGel.

Brevemente: alle 4.30 di lunedì matti-na mi chiama Roberto Peruch dicendomiche l’elicottero ci aspettava a Sella Neveaalle 7.30. Chiamo tutti, ci troviamo in sedee via. Arrivo a Sella alle 7.15 (freddo an-tartico, vento da castigo biblico). Ci aspet-tavano Adam Zsolt, Perotti e Ceschin (idue speleosub di PN). Passiamo un’oret-ta a scaricare l’elicottero (davanti a unatroupe RAI) che si stava portando giù tuttoil materiale da recupero e carichiamo zai-ni e viveri. Ci carica anche noi e alle 9siamo al campo avanzato. Atmosfera tran-quillamente allertata, impreziosita dallapresenza del magmatico Sollazzi che mi-tragliava cagate a destra e a sinistra. Tan-ta gente che parlava con il culo, davverotanta (non parlo di Guido, ovviamente).

E qui si comincia: obbedendo a par-tenze senza senso, Andrea entra per ac-compagnare l’infermiere (un tipo di Val-dobbiadene, che tra l’altro ha fatto il corsodi infermiere con la moglie di Roberto); aruota scendono Denis e Pacu (squadradisarmo A come Adessovediamostagrot-ta) e infine, il sottoscritto, Mio e Ceschin(squadra disarmo B come Bastachenonin-crociamoilferitoinmeandro).

Da quel momento, 10 ore di EffettoNotte. Meandro iniziale stretto giusto (“Ilo ga slargado de paura” - Marco Petridixit). Pozzetto da 20. Incrociamo la squa-dra che era dentro da 23 ore (il Cavia,

esso sono state effettuate delle risalite perun dislivello totale di una ventina di metrie fermandosi sotto un camino a campanaalto almeno altri 10 metri. Invece prose-guendo dritti e superato un tratto un po’malagevole in salita si sbocca dal bassoin una graziosa saletta concrezionata lun-ga m 15 e larga m 6. In essa giunge daun’alta fessura inclinata il torrentello chequi forma una vivace e rumorosa casca-tella.

Hanno partecipato all’esplorazione:Dino Viel del Gruppo Solve, profondo co-noscitore del posto, Laura Bertolini e ilsottoscritto della CGEB che hanno pazien-temente rilevato il tutto e Lorenzo Valierdel GSPD, ospite dell’ultimo momento.

Umberto Mikolic

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contento come una Pasqua, Fabio Ska-bar, che con il passamontagna verde sem-brava un’icona bizantina del XIII secolo,Moreno Dorigo - “mi stae qua, eh eh, nogo voja de ‘ndar fora, eh eh”, e un altrotipo taciturno con gli occhiali mai vistoprima), ci diamo appuntamento alla pros-sima festa speleo e risalgono. A ruotaarrivano Andrea, l’infermiere, il dottore diPadova (distrutto, annientato, sconfitto,evaporato) e Stefano Krisciak. Sulle pri-me credevamo che il ferito fosse il dotto-re! Stefano aveva degli occhi da asceta:gli ho parlato, lui mi fissava negli occhima non mi vedeva; stava “bene”, credevache lunedì fosse sabato. Quando gli hodetto che fuori c’era una grande giornatadi sole ha avuto un luccichio secco al-l’occhio destro.

Ci contiamo, manca una persona peril disarmo; Andrea ridiscende con noi -non era allegro. Proseguiamo verso ilsecondo meandro (del quale preferisconon parlare, a risalirlo mi è costato unmezzo collasso - per risalirlo ho dovutopassare le strettoie senza fiato nei pol-moni e Mio stava per lasciarci uno scar-pone col piede dentro) alla fine del qualeparte un pozzo da 120, che ho ribattezza-to “Disneyland”: aria “de cagarse” - FabioSkabar dixit -, stillicidio costante modera-to sostenuto, sette/otto frazionamenti, tuttipiazzati con grande creatività e sensoestetico. Il fondo del pozzo in pratica eraun idrante al contrario. A me e a Ceschintocca di rimanere là; gli altri continuanoverso un 50 e un 71 alla base del qualec’era materiale da recuperare. Due orefermi a chiacchierare con Ceschin immo-bili negli unici tre metri quadri asciutti.Guanti-passamontagna-poncho-gliocchi-dellaCarla- non serve nulla, sento freddis-simo. Rispuntano Pacu e Denis, stonficome pit (=galline), e salgono. Appenami arriva un sacco parto anch’io. Il miobuon senso, una volta realizzato che noinon saremmo mai arrivati a prendere l’eli-cottero, nelle due ore di attesa mi hasuggerito di confezionare un bel Mao -usando il cordino da otto di Stefano, che

abbondava. È stata un’ottima idea. Dove-vo conservare le gambe per tornare aSella. Insomma risalgo, risalgo, risalgo enon riuscivo a scaldarmi, nonostante ilritmo sostenuto e l’ancora di PVC a formadi tubolare.

Arrivo all’uscita del pozzo, bevo un po’,lascio la borraccia al frazionamento pergli altri e mi butto nel meandro. Tantotempo / pochi metri. Sacco che s’incastrasul fondo. Il sottoscritto che s’incastraovunque. Saletta. Pozzetto da 20. Per ilfreddo e la stanchezza mi si chiudono dasole le dita delle mani, non riesco a sten-dere le braccia. Meandro cattivo: dopo ilquarto tentativo passo una strettoia a 45gradi; sono sfinito, sento che sto persentirmi male; non ci penso due volte ebevo l’acqua della bomboletta. Mi sdraio10 minuti nel meandro con i piedi all’insù,pressione bassissima. Signor Canin è unpiacere, mi chiamo Alberto, sono di Saci-le. Mi riprendo. Ceschin a valle e io amonte aiutiamo Mio a salvarsi il piede.Faccio 10 metri. La mia mano abbandonail sacco, lo dico agli altri e vado fuori.

Fuori c’è Marco Petri, che era lì davenerdì e da venerdì forse non dormiva;ogni cosa che dice si mette a ridere iste-ricamente, è andato. Spartaco in perfettoaplomb. Esco. Luna piena. Tutto attorno:luce e buio assieme. Il monte Poviz eramolto più grande dei miei occhi. L’aria èpiù calda della grotta. Perotti mi fa stradafino al campo. Roberto, Ubaldo, Andrea.Denis e Pacu, sputati fuori dalla grotta,sono riusciti a prendere gli zaini e saliresull’ultimo elicottero. Ma era già un’ora fa.Sono le otto di sera. Alle 21.15 partiamo.Alle 22.30 siamo a Sella. Bar, birre, tantis-simo caffè, gente stanca, indicibile alle-gria. Io e Roberto alle 23.30 saltiamo inmacchina e andiamo a casa. Strada, tan-ta strada. Ancora strada. Casa. Doccia.Normalmente di lunedì ho sempre i co-glioni girati. Oggi no.

Alberto Gattel(Gruppo Speleologico Sacile -

Squadra di Pordenone)

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ITALIA

SAMBUCA DI SICILIAINDAGINE CONOSCITIVA

SULL’ESISTENZA DI CAMMINAMENTISOTTERRANEI (4-7 MAGGIO 2004)

La Sicilia chiama, la CommissioneGrotte risponde. Potrei iniziare così lastoria di un’altra breve avventura svoltasinel mese di maggio del 2004.

Su formale richiesta del Comune diSambuca di Sicilia, interessato a saperedi più sulle numerose leggende che rac-contavano di antichi camminamenti sot-terranei costruiti dai Saraceni (primi abi-tanti dal paese) e che attraversavanol’omonimo paese, per eventualmente fruir-ne turisticamente, ho volentieri accettatodi fare una breve trasferta, accompagna-to da Louis Torelli, sicuramente più esper-to di me in speleo-archeologia.

Nonostante le mie raccomandazioni alComune di Sambuca di effettuare primadel nostro arrivo delle ricerche preliminarinell’archivio storico o individuare possibilipassaggi non esplorati, ci è stato purtrop-po affidato un accompagnatore del luogo(e poi un secondo) con tanta buona vo-lontà, ma senza notizie storicamente ac-certate, né tantomeno con una mappasegnata da punti interrogativi. Ci siamopertanto rimboccati le maniche, chieden-do qui e lì, alle persone più anziane, sericordassero di aver visto o sentito dire,nella loro fanciullezza, di ingressi o pas-saggi che potessero portare a qualchescoperta interessante. Questi sono stati inostri risultati:

1. Visita ad alcune “purrere” (nomedialettale delle cave esistenti sotto a vec-chie abitazioni, costruite con il materialeprelevato dalle stesse).

L’indagine visiva effettuata dal loroimbocco ha accertato l’assenza di prose-cuzioni evidenti, anche a causa del gran-de accumulo di immondizie di ogni gene-re (che strane abitudini!). Non abbiamoritenuto quindi interessante proseguire lericerche in questa direzione, anche con-siderando che tali vani ipogei furono “co-

struiti” con finalità del tutto diverse daquelle da noi cercate.

2. Ricerca del punto di accesso dovegli speleologi palermitani, come descrittoin un articolo del giornale “La voce di Sam-buca” del 1987, avevano percorso “qual-che centinaio di metri” nel sottosuolo.

Tale ingresso, indicatoci da una per-sona del posto, è completamente ostrui-to da immondizie e calcinacci e si trova inuna posizione molto pericolosa a causadella vicinanza di una casa semi-dirocca-ta, crollata non più di 15 giorni prima dellanostra visita. Da quanto ci è stato riferitocomunque, sembra che il percorso sisnodi all’interno di più “purrere” collegatetra loro, quindi poco interessante al finedella ricerca di antichi camminamenti.Abbiamo comunque qualche dubbio sullalunghezza dichiarata, che ci sembra ec-cessiva e dovuta forse ad un “dovere dicronaca” non troppo rigoroso.

Tratto conservato di "camminamento" sotterraneoubicato sotto il Belvedere. (Foto L. Torelli)

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3. Cedimento di una parte di strada neipressi di palazzo Panitteri, con relativo spro-fondamento di un mezzo pesante, avvenu-to parecchi decenni fa. L’unica soluzionesarebbe quella di individuare esattamente ilpunto dello sprofondamento e procedereall’asporto del materiale a suo tempo getta-to per riempire il cedimento. Solo così siriuscirebbe a capire se la motivazione dellostesso possa essere stata l’intercettazionedi un camminamento sotterraneo o altro.

4. Chiesa Madre. Non risultano tracceevidenti di eventuali passaggi nascosti.Buona parte della pavimentazione è coper-ta da calcinacci, erbacce ed escrementi diuccelli, che rendono difficile una ricerca ap-profondita, senza una preventiva accuratapulizia. È stata visitata la cripta, nei sotter-ranei, cercando invano possibili prosecuzio-ni. Sono stati fatti alcuni assaggi di scavonel pavimento della sacrestia, dove alcunepersone ricordavano esistesse un pertugio.In particolare avevano presente che, al tem-po in cui facevano i chierichetti, il prete limetteva sempre in guardia sul pericolo diquel buco. Tale storia risulta verosimile, macon ogni probabilità la stanza in questionesarà stata probabilmente un’altra, forsequella dove è stata da noi esplorata unavecchia cisterna, la cui botola era nascostada una gettata in cemento.

5. Convento dei Cappuccini. Sono stativisitati i sotterranei, dove esiste una granquantità di scheletri, certamente ultima di-mora dei frati cappuccini dello stesso con-vento, ma senza trovare ulteriori passaggi.

6. Palazzo Panitteri. Le precise indica-zioni di un anziano abitante di Sambuca,che sosteneva che da ragazzino scendeva,attraverso una botola posta nel cortile in-terno del palazzo, in gallerie sotterranee cheproseguivano per molti metri, hanno con-sentito, con la demolizione di una piccolaparte di pavimentazione, di trovare effetti-vamente un vano nascosto, ma la nostraesplorazione ha accertato purtroppo che sitrattava di una vecchia cisterna d’acqua or-mai in disuso, senza altre prosecuzioni.

Considerato che il palazzo è in fase di re-stauro ed in futuro dovrebbe essere apertoal pubblico, è stato da noi consigliato divalorizzare anche questa antica cisterna conopportuna illuminazione.

7. Cisterna posta sotto al Belvedere. Èsicuramente, tra le cose viste, la più inte-ressante. Sulla parete terminale della cister-na, il cui ingresso è posto all’esterno delmuro di cinta del Belvedere, esistevanoinfatti tre tubi in ghisa (uno in alto e due inbasso) che servivano il primo da “troppopieno” e gli altri due per il prelievo e loscarico dell’acqua dalla cisterna. Il fasciodella torcia elettrica attraverso questi ultimifaceva intravedere una sicura prosecuzio-ne, confortata anche da un evidente flussod’aria. L’abbattimento di una piccola partedel muro ha in effetti portato alla scopertadi un passaggio sotterraneo, composto dadue pareti scavate nel tufo distanti tra diloro circa cm. 70 ed alte circa cm 180,sormontate da un tetto “a cappuccino”,

Particolare della cripta del Convento dei Capuccini. (Foto L. Torelli)

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formato cioè da due mattoni posati unocontro l’altro per tutta la lunghezza del cam-minamento. Dopo 17 metri tale passaggiofinisce con un muro di mattoni “a secco”che blocca una probabile gettata di terric-cio effettuata dall’esterno.

È verosimile infatti che, durante i lavo-ri per la sistemazione del piazzale delBelvedere e delle scale che portavano allostesso, tale camminamento sia stato in-tercettato. La sua parte terminale infatti èstata chiaramente consolidata con il ce-mento e, planimetricamente, viene a ca-dere proprio sotto alle scale, ad una pro-fondità di meno di due metri.

CONCLUSIONI

Come già accennato nella premessa, iltempo avuto a disposizione per le indaginiconoscitive sulle realtà sotterranee in Sam-buca di Sicilia è stato troppo esiguo perpoter dare una valutazione definitiva ed at-tendibile. Le storie sentite da più persone,relative a gallerie che dovrebbero far comu-nicare la chiesa Madre al Convento dei

Cappuccini, ci sembrano alquanto fantasio-se. La nostra discreta esperienza in meritoa ricerche ed esplorazioni, ci ha abituati asentire, dalle persone del posto, raccontimolto simili tra loro, del genere: “Un caneè entrato in quella grotta e ne è uscito daun’altra, distante più di un chilometro!”. Lesuccessive visite hanno poi rivelato misureben più esigue. Solitamente le leggendesono un fatto reale al quale, negli anni o neisecoli si sono, in più riprese e per i motivipiù disparati, aggiunte notizie non vere, tra-sformandolo appunto in qualcosa di pocoattendibile. Nel caso di Sambuca, riteniamoimprobabile che possano esserci passaggidel genere di quello sopra accennato, men-tre la scoperta del camminamento sotto alBelvedere conferma che vi sono i presup-posti per il ritrovamento di ulteriori cunicolisotto la parte più antica della città, seppurrimaneggiati a causa di riempimenti dovutia nuovi edifici costruiti sopra di essi. Aspet-tiamo quindi che la Sicilia chiami di nuovo,per continuare il lavoro iniziato, magari conpiù tempo a disposizione e maggiori (e piùcredibili) informazioni.

Roberto Prelli

Passaggio forzato nella cisterna del "Belvedere". (Foto L. Torelli)

Palazzo Panitteri. Antica cisterna. (Foto L. Torelli)

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PICOS D’EUROPA 2004:CUEVA DI VEGA HUERTA

INTRODUZIONE

L’altopiano dove è situato il campo sitrova all’interno del Parco Nazionale Co-vadonga ed è limitato a nord dai rilieviche culminano nella cima Torre Santa deCastilla (2596 m), a sud da una linea dirilievi tra i 2000 e i 2400 m, che separanol’altipiano dai pendii che digradano rapi-damente fino alle valli del Rio Aguera edel Rio Cares, mentre verso Est un ampiovallone scende verso il Canal de Capoz-zo che confluisce nel Rio Cares.

La vegetazione a quote inferiori è rap-presentata soprattutto da boschi di latifo-glie che comprendono un po’ tutte lespecie diffuse nell’Europa nord-atlantica,in particolare la quercia e il faggio; ab-bondano inoltre roveri e farnie mentre piùin alto si trovano solo rari pascoli frammi-

sti a pietrame. Qui la fauna è rappresen-tata soprattutto dal camoscio mentre nelcielo è possibile veder volare l’aquila, ilgrifone e il falco.

PRECEDENTI ESPLORAZIONI

1983: STD - Madrid Esplora il Pozzo del-la Duernona fino a –300 m.SEII (Seccion Espeleologica Inge-nieros Industriales) e lo YUCPC(York University Caving and Potho-ling Club) esplorano la sima H38(–335 m) e la H45 (–250 m)

1984-1985: viene scoperta la M2 (–650m)

1986: M2 (–823 m) vengono esplorate laSima b 10 (–385 m) e il Pozo Re-beca (–419 m)

1987: Sima b 3 (–250 m)1988 e 1991: b 47 (–432 m)1990: Fondo della Sima b 3 (–950 m),

ESTERO

Il massiccio occidentale del Picos d'Europa (Foto Davide Crevatin )

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scoperta della Sima de Cotalbin,esplorazione della K897 (–401 m)e della K901 (–367 m)

Dal 1991 al 1993: SEII e SC Paris esplo-rano la Sima de Cotalbin (–727 m)

1994: SC Seine riprende l’esplorazionedel massiccio

1996: GS Matese e Associazione Spele-ologica Italia Centrale si associanonella esplorazione del massiccio.

DIARIO DI SPEDIZIONE

Venerdì 6 agosto: finalmente spedizio-ne! Su invito di Betta stiamo andando inSpagna sul Picos d’Europa ad esplorareuna grotta che sembra abbia le sue bellepossibilità. Siamo proprio contenti. Le 24ore di tragitto in furgone ci disturbanoabbastanza, specie la gomma scoppiatain autostrada in Francia che rischia diammazzarci tutti, ma, finalmente siamogiunti a Posada de Valdeon, in piazza,

Veduta del campo base esterno ( foto Davide Crevatin )

Veduta della zona di ingresso alla grotta ( foto Davide Crevatin )

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all’ora concordata per l’appuntamento conBetta e Mimmo. Mentre li aspettiamo, ti-riamo su il naso nel tentativo di scorgerequalche bel calcare dal paese ma ahimè… ci sono le nuvole basse. Io faccio unadelle mie solite previsioni: secondo meoggi piove! Gli altri mi allontanano minac-ciandomi. Mi spiace proprio dirlo ma ave-vo una gran ragione … pioggia a dirottoper tutta la camminata, vento quasi trie-stino e freddo polare. Sento di non essereal posto giusto. Dov’è il sole spagnolo?

Lunedì 9: tra una nuvola e l’altra, riu-sciamo ad asciugare un po’ la roba nellatenda ma il secondo viaggio a valle aprendere il resto del materiale è saltato; ilfreddo è tagliente e siamo perplessi per leprevisioni. Si nota una grande instabilità.

Martedì 10: le cose sembrano miglio-rare … noi non conosciamo la zona ma inuvoloni che ci corrono sopra la testa ciinsospettiscono. Mimmo ci esorta ad en-trare e, visti i tempi corti del campo, scen-diamo. Facciamo qua e là un colpo ditelefono a Papo (la grotta è evidentemen-te a rischio di piena), il quale alle 17.55 ci

dice: “muli … qua fora piovi”. D’accordo,sotto il pozzo Badabum, scomodamentea metà meandro, ci sediamo ad aspettarela piena. Naturalmente, passata la piena,vista ancora l’instabilità del tempo, uscia-mo. Ci dispiace tanto … bruciata unapunta.

I giorni che seguono vanno di male inpeggio: pioggia, vento, bufera, tendonecucina quasi perso, tenda materiali distrut-ta, tenda di Papo … praticamente anche.

In qualche piccolo intervallo non pio-voso Davide e Toto riescono a scenderea valle a prendere la roba che mancava equalche ghiottoneria utile a rallegrare ilnostro spirito veramente molto provato.Io riesco a farmi un giretto a piedi adammirare i paesaggi che, per quanto ab-biamo avuto rare occasioni di poterliammirare, sono fantastici.

Sabato 14: finalmente una bella gior-nata ... rientriamo. Il giorno prima ci ave-vano provato Papo e Betta ma avevanotrovato ancora troppa acqua mentre noi,abbiamo condizioni soddisfacenti. Deci-diamo di fare un campo sotterraneo così

Il campo interno a quota -620mt (foto Davide Crevatin )

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da poter dormire prima di uscire: è l’ulti-ma e unica punta … bisogna sfruttarla almassimo!

Ci piazziamo a –600, nell’unico puntonon attivo della grotta … prepariamo leamache, i sacchi, il cibo e proseguiamoverso la zona esplorativa. La zona postcampo ci impressiona: sembra una forraa cielo chiuso. Non vogliamo pensare al-l’eventualità di una piena. Andiamo avantiscendendo pozzi grandi con lame enormiche ne vanno a disegnare i contorni e nerendono la discesa veramente inquietan-te. Finalmente giungiamo al terrazzinodove si erano fermati l’anno prima. Apria-mo il sacco e ... sorpresa. Tutto il mate-riale d’armo che dovevamo usare, com-pletamente arrugginito e inutilizzabile.Abbiamo con noi solo quello che abbia-mo voluto portarci in più e qualcosa chesiamo riusciti a recuperare in grotta. Lebestemmie si fanno strada ... non è pos-sibile tanta iella! Va beh … parola d’ordi-ne per Toto, il prescelto per l’armo delpozzo: “usa meno che te pol e cerca detocar per terra”. Già, come se fosse faci-le! Bim, bum, scendiamo un centinaio dimetri in un ambiente vasto e assolutamen-te fossile, bellissimo. Riusciamo a giun-gere al suo termine e, con gran stupore,parte davanti a noi, in leggera salita, unmeandro alto circa 20 metri, profondo unaquindicina, molto largo (inagibile senzaattrezzare) e con una marcata corrented’aria.

Possiamo solo guardare … non abbia-mo nulla per proseguire. Perfino assurdo.Pazienza, torneremo il prossimo anno…

Lunedì 16: sono circa le due del mat-tino quando conquistiamo l’uscita. Mim-mo e Betta ci sentono arrivare e vengonoad ascoltare le novità, poi tutti a nannaperché martedì si deve smontare il cam-po e scendere a valle. Naturalmente conforte vento e pioggia.

I tre giorni successivi dovevano esse-re, come in tutte le spedizioni, bagordi,sole in spiaggia e relax. Per noi invece siè insinuato un guasto al furgone in noleg-gio che ci ha costretto, inizialmente a

passare tutto il giorno davanti ad una of-ficina in attesa del carro attrezzi e, suc-cessivamente, ci ha bloccato due giorninella città di Oviedo, in attesa che partaun altro furgone da Trieste in quanto ildanno richiedeva svariati giorni di ripara-zione.

Che dire! Speriamo vada meglio ilprossimo anno.

Elisabetta Stenner

Gruppi partecipantiCommissione Grotte E. Boegan (Elisabet-ta Stenner, Davide Crevatin, Paolo Brunode Curtis, Federico De Ponte)Associazione Speleologica Italia Centrale(ASIC) Capitone (TR)Speleo Club de la Seine, ParisSpeleologi Molisani CampobassoGruppo Speleologico “Terre Arnolfe” Cesi(TR)Gruppo Speleologico San Giusto (Papo -Paolo Alberti)

AIl passaggio sifonante a quota -500 mt ( Foto Davide Crevatin )

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RICERCA

DRYOPTERIS CARTHUSIANA(VILL.) H. P. FUCHS

NELLA “KAU•KA DOLINA”(79/413 VG) DI SISTIANA

(CARSO TRIESTINO)

PREMESSE

Immediatamente a sud-est di Sistiana(72 m), in provincia di Trieste, retrostantead alcune case dell’abitato, sprofonda per28 m una depressione baratroide, notalocalmente come “Kaužka dol ina o“Kavžca jama”. Sino agli Anni Sessanta,sul suo versante orientale esisteva un pit-toresco antro, denominato “Riparo Mar-chesetti”, caratterizzato da un portale altouna decina di metri e dalle dimensioni dicirca 15 x 15 m. Attualmente, di quest’ul-timo rimane soltanto una parte molto ri-dotta e la profonda dolina “Kaužka”, chelo include, appare alquanto degradata.

È comunque possibile accedere in que-st’ultima, seguendo una ripida traccia che,da nord a sud, costeggia la base di un trat-to di parete progressivamente strapiomban-te. Lasciato sulla destra (ad ovest) l’ingres-so di una caverna artificiale e superati alcunimetri di immondizie con vari materiali di ri-porto, si raggiunge in breve il fondo, situatoalla quota di 54 m. Questo è cosparso danumerosi massi caotici, alcuni dei quali diragguardevoli dimensioni e disposti talvoltain posizione di precaria stabilità. E propriofra i massi prossimi al fondo si è insediata,nel tempo, una cospicua e lussureggiantevegetazione, costituita da alcune specie difelci fra le quali, oltre all’infrequente Dryop-teris affinis/borreri (felce di Borrer) ed aDryopteris filix-mas (felce maschio), spiccauna singolare stazione di Dryopteris carthu-siana (felce certosina).

Dryopteris carthusiana (Vill.) H. P. Fu-chs costituisce qui, alla quota di 56 m sullivello del mare, oltre che una delle raris-sime presenze sull’altipiano carsico trie-stino, l’unico sito legato ad un ambientecavernicolo. Ed in effetti appare estrema-mente significativa la sua presenza in

questo luogo, tenendo conto che essa ètipica di territori più continentali, situati aquote decisamente più elevate. Con tuttaprobabilità il suo sviluppo, in questo par-ticolare ambiente, è reso possibile dallespecifiche condizioni topoclimatiche delsito, molto defilato e sottoposto ad un ac-centuato fenomeno di inversione termica.

LA “KAU•KA DOLINA” (79/413 VG)

La “Kaužka Dolina”, detta anche Grot-ta Kaužka, Kavžka, Riparo Marchesetti,Grotta di Sistiana e Grotta di Visogliano,fu rilevata il 26 marzo 1896 da Carlo deMarchesetti assieme a Giuseppe Marinit-sch, appartenenti entrambi al Club AlpinoAustriaco (DÖAV). Un recente rilievo, ef-fettuato il 15 ottobre 2003, è opera diDario Marini e Giorgio Lanza del GruppoSpeleologico Flondar.

In origine la cavità, situata come giàdetto nella parte orientale della dolina, siapriva alla quota di 70 m, era profondacomplessivamente 32 m e la sua lunghez-za totale era di 50 m. Il rilievo originale inscala 1:500, tuttora conservato presso ilCatasto storico della Commissione Grotte“E. Boegan”, è stato riprodotto nel “Duemi-la Grotte” (1926, fig. 158). Nella cartellarelativa alla cavità è pure conservato unoscritto, datato Trieste 24 ottobre 1923 e fir-mato da Eugenio Boegan, indirizzato a Carlode Marchesetti. Vi è allegato uno schizzo,sia della dolina che della Grotta Kaužka,effettuato dal Marinitsch a testimonianzadella visita e del rilievo compiuto nel marzo1896 assieme all’insigne botanico.

Scriveva allora il Boegan che sarebbestato grato al Marchesetti qualora gli aves-se fornito qualche ragguaglio, anche dipoche righe, sui risultati degli scavi effet-tuati nel sito stesso. La risposta non sifece attendere ed il Marchesetti, con pron-ta cortesia, comunicò al Boegan di aver“ripetutamente visitato la bella e vastadolina Causca” e che, scavando nella“grotticella” situata sul fondo, vi aveva rin-venuto resti di uno scheletro e parecchi

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dei soliti cocci preistorici neri d’impastogrossolano simili a quelli d’altre grotte,indagate nel corso di ormai 27 anni”.Aggiungeva inoltre che, per trovare reli-quie dell’uomo neolitico, non sarebbe sta-to infruttuoso scavare più estesamentesotto la parete strapiombante. Conclude-va lo scritto con ciò che maggiormente loaveva interessato, vale a dire la vegeta-zione del particolare ambiente che inclu-deva copiosi esemplari di un bucanevedai fiori assai grandi (Galanthus ImperatiBert.) e fronde “colossali” di lingua cervi-na (Scolopendrium officinale).

Sono scomparse dal sito, con il tra-scorrere dei decenni, sia le lingue di cer-vo che gli atipici bucaneve. In tempi re-cent i (marzo 2002) è stata tuttaviaindividuata nei pressi di uno stagno natu-rale catastato a Ceroglie (Stagno dell’Al-loro), una stazione costituita da alcuniesemplari di un’altra specie di bucaneve(Galanthus elwesii), pure di notevoli di-mensioni, originaria dell’Asia Minore. Que-sta si distingue dalla nivalis per avere lefoglie nastriforme glauche e per i fiori, lun-

ghi circa 3 cm, provvisti da tepali soffusiinternamente di un colore verde-scuro.

Il Riparo Marchesetti fu indagato negliAnni ’60 da parte di ricercatori dell’Univer-sità Popolare di Trieste. Esso restituì mate-riali di ferro, ossa animali e qualche coccioromano. Ad una profondità di 80 cm fu rin-venuta ceramica risalente al periodo deiCastellieri. Si ipotizzò allora, da parte delRiparo, una funzione d’uso funerario.

VEGETAZIONE NELLA “KAU•KA DOLINA”

Sebbene degradata, la “Kaužka Doli-na” presenta ancora, a partire dai marginie scendendo al fondo, una caratteristicae varia vegetazione, anche se in alcuneparti costituita da diverse specie a carat-tere ruderale. Ai bordi del prativo dal qua-le scende, da nord a sud, la traccia mi-gliore per accedere al baratro, si possonoriconoscere vari arbusti fra cui Ostrya car-pinifolia, Fraxinus ornus, Laurus nobilis,Acer monspessulanum, Robinia pseuda-cacia, Prunus cerasifera, P. spinosa, P

“Kaužka Dolina”. (Foto E. Polli)

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Dryopteris carthusiana. (Foto E. Polli)

avium, Crataegus monogyna, Sambucusnigra, Ficus carica, Parthenocissus quin-quefolia e Celtis australis.

Durante la discesa, accanto ad Ostryacarpinifolia, si accentua la presenza diLaurus nobilis cui fa contrasto qualchenotevole esemplare di Celtis australis (cir-conferenza ad 1,30 m dal suolo di 1,27m) e di ailanto (Ailanthus altissima). Colo-nizzano le fessure delle rocce, maggior-mente esposte alle radiazioni luminose,Asplenium ceterach ed A. ruta-muraria.

Nella fascia arboreo-arbustiva che sisviluppa sul fondo, la vegetazione è rap-presentata da alcuni slanciati esemplari diTilia cordata, sovrastanti altri, di dimen-sioni più ridotte, di Euonymus europaea,E. verrucosa, E. japonica, Sambucus ni-gra ed Acer pseudoplatanus, questi ultimipure in plantule; non manca qualche ba-golaro (Celtis australis), anche di ragguar-devoli dimensioni, più frequente comun-que nelle zone prossime all’esterno.Singolare ed inaspettata è nel baratro lapresenza di Aesculus carnea.

Nella bassa fascia vegetazionale, rela-tivamente frequenti vi figurano Lamiumorvala, Lamiastrum montanum, Geraniumrobertianum, Mycelis muralis, Arabis turri-ta, Urtica dioica, Chelidonium majus, Pa-rietaria officinalis, P. judaica, Ligustrumvulgare e plantule sia di Aesculus hyppo-castanum che di A. carnea. Alcune deci-ne di metri più a nord, sul versante espo-sto a meridione, si è insediata nel tempouna cospicua stazione del termofilo Lau-rus nobilis. Frequentissima al suolo, conben evidente il fenomeno dell’eterofillia, èHedera helix che lo tappezza quasi con-tinuativamente. Questa Araliaceae è purepresente, in lunghissimi festoni, sulla stra-piombante parete meridionale.

Fra le altre felci che l’ambiente include,mentre ben diffuso appare Asplenium tri-chomanes, ben più raro risulta Polypodiumvulgare, soprattutto fra i massi del fondo.

DRYOPTERIS CARTHUSIANA (VILL.)H. P. FUCHS

Dryopteris carthusiana (Villars) H.P. Fu-chs è una felce appartenente alla Fami-glia delle Dryopteridaceae. In passato èstata denominata in più modi: Aspidiumspinulosum (Sw.), Nephrodium spinulo-sum Strempel, Polypodium carthusianumVill., Polypodium spinulosum O. F. Müller,Polystichum spinulosum (O. F. Müll.) DC,Dryopteris spinulosa (O. F. Müller) Watt,Dryopteris spinulosa Kuntze; Dryopterislanceolata-cristata (Hoffm.) Alston , Dryop-teris austriaca var. spinulosa (O. F. Müll.)Fiori, Lastraea spinulosa (L.) C. Presl eThelypteris spinulosa.

Mentre in Italia essa è conosciutacome Felce certosina, in altre nazioniassume, ad esempio, le seguenti deno-minazioni: Karthauser Wurmfarn e Dorn-farn (Germania), Dryopteris des Chartreuxe Fougère Spinoleuse (Francia), NarrowBuckler Fern e Spinulose Wood Fern (In-ghilterra) e Bodicaste Glistovnice (Slovenia).

Il nome del genere deriva dal greco“drys” = quercia e “pteris” = felce, men-

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tre quello della specie assume il nomedal botanico Johan Friedrich Cartheuser(1704-1777).

La felce, alta generalmente dai 40 ai150 cm, ma qui sui 50 cm, presenta rizo-ma ascendente e strisciante. Le fronde,erette, piuttosto gracili e bipennate, sonodi forma ovale-allungata (30-80 cm) e riu-nite in cespi radi. Il picciolo, lungo circa2/3 della lamina, è ricoperto alla base dapalèe ovali, brevemente appuntite e tra-slucide. Le pinne sono inserite sul rachi-de principale e, a loro volta, sono suddi-vise in pinnule e queste ul t ime insegmenti. Le pinne si presentano inoltreruotate di 90° rispetto al piano della lami-na; appaiono decisamente rivolte versol’apice e sono dotate, limitatamente allapagina inferiore, di alcune piccole ghian-dole. I segmenti terminali delle pinnule sipresentano dentati e quasi accostati al-l’asse mediano del segmento. La lamina,d’aspetto molle, si presenta triangolare (5-20 x 15-40 cm) e di colore pallido.

I sori, che possiedono l’indusio piano,sono subrotondi e lunghi da 0,5 ad 1 mm.La sporificazione avviene da luglio a set-tembre. È specie allotetraploide, con nu-mero cromosomico 2n = 164.

HABITAT E DISTRIBUZIONE DIDRYOPTERIS CARTHUSIANA

L’habitat della felce è costituito daboschi, torbiere, suoli umidi anche aperti,margini di stagni, ruscelli e corsi d’acquain montagna. La si rinviene dal piano ba-sale a quello alpino, dai 200 ad oltre i2000 m d’altitudine ed eccezionalmente(Alpi Retiche) sino ai 2500 m.

È specie a distribuzione circumborea-le silvatico. In America è presente neglistati settentrionali (Alaska, Missouri, Ne-braska, Tennessee, Carolina). In Eurasiaè segnalata dalla Norvegia alla Russia,nell’Eire, in Spagna, Grecia, Turchia, Ana-tolia e dal Caucaso sino alla Cina.

In Italia la si rinviene lungo l’arco alpi-no ove predilige suoli silicei in ambienti

igrofili, dai boschi del piano basale finoagli arbusteti ad Alnus viridis. Oltre chesulle Alpi (Val d’Aosta, Piemonte, Lombar-dia, Veneto, Trentino-Alto Adige) è pre-sente sull’Appennino Settentrionale (Ligu-ria e Toscana), sempre nei boschi umidie torbosi, dai 200 ai 2000 m.

Risulta pure segnalata sui M. Sibillini,in Basilicata, in Calabria ed in Corsica.Numerose indicazioni appenniniche sonocon tutta probabilità da attribuire a D. di-latata oppure a D. expansa.

Nel Friuli Venezia Giulia Dryopteriscarthusiana risulta peraltro ben distribuitain tutte le aree di base della zona alpinae prealpina; vi figura anche in quelle pla-niziali e dell’Isontino. E’ stata ripetutamen-te individuata in questi ultimi anni (adesempio lungo i versanti freschi del Mon-te Quarin e nei boschi del Vallone delleAcque presso Gorizia) dal botanico Fabri-zio Martini nel corso di ricerche, indaginie studi volti all’elaborazione di un pode-roso ed esauriente Atlante pteridologicodi prossima pubblicazione.

In tempi precedenti (21 agosto 1934),Carlo Zirnich aveva individuato un’unica

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stazione della felce a Suûid presso Capo-retto.

Il Marchesetti (1896-97), nel conside-rare la distribuzione della specie, chechiamava Aspidium spinulosum, la consi-derava “molto sparsa sulle Prealpi delGoriziano e dell’Istria, non crescendo nelnostro distretto”.

Anche il Pospichal (1897), che purel’indicava come Aspidium spinulosum, lasegnalava per i boschi della Selva di Ter-nova, del Ciavin, Nanos, Orljak, Planik edel Monte Maggiore.

Nella vicina Repubblica Slovena la fel-ce è ampiamente diffusa in tutto il territo-rio; manca nelle zone situate lungo il con-fine con la provincia di Trieste ma èpresente lungo quelle confinarie isontinee cividalesi.

Se nel territorio carsico triestino esi-ste già qualche sporadica presenza diDryopteris carthusiana, del tutto nuovaessa appare invece per la speleofloracarsica. Ed infatti l’area di base (47/102)che include la “Kaužka Dolina” non risultasegnata per la felce stessa.

Dryopteris carthusiana tende spessoad ibridizzarsi; fra gli ibridi di maggiorefrequenza si ricordano:

Dryopteris x deweveri (J. Jansen) J.Jansen & Watcher con Dryopteris dilatata.

Dryopteris x uliginosa (A. Braun ex Döll)O. Kunze ex Druce con Dryopteris cristata.

Dryopteris x brathaica Fraser-Jenkins& Reichstein con Dryopteris filix-mas, ibri-do molto raro.

Oltre a D. carthusiana, nel Friuli VeneziaGiulia sono presenti altre 8 specie di Dryop-teris: D. cristata, estremamante rara e loca-lizzata; D. dilatata, più diffusa e presente inpoche stazioni pure sul Carso triestino; D.filix-mas, piuttosto comune; D. affinis/bor-reri, alquanto infrequente; D. affinis/cam-brensis, a distribuzione puntiforme (48/102);

D. expansa v. alpina, relativamente distribu-ita; D. villarii/villarii, il cui habitat è costituitodai ghiaioni degli ambienti montani ed infi-ne D. remota, ibrido fra D. expansa e D.affinis. Quest’ultima, identificabile da alcunicaratteri distintivi fra cui essenziale è quelloche evidenzia una tacca di colore blu scuronel punto d’inserzione sul rachide, appenain questi ultimi tempi è stata maggiormenteosservata.

DRYOPTERIS CARTHUSIANA NELLA“KAU•KA DOLINA”

L’unica stazione di Dryopteris carthusia-na si sviluppa alla quota di 56 m, moltoprossima al fondo della “Kaužka Dolina” (q.54 m), fra alcuni massi caoticamente spar-si. Essa dista 9,50 m dallo spigolo NE di unantico muro ed a poche decine di metri daciò che rimane del Riparo Marchesetti. Ècostituita mediamente da 6-7 fronde, di uncolore verde chiaro abbastanza brillante,lunghe al massimo una quarantina di cm. Icaratteri morfologici delle varie fronde si ri-conducono a quelli tipici della specie.

Mentre nel periodo estivo ed autun-nale gli esemplari sono ben individuabili,in quello invernale si presentano rinsec-chiti e di non facile individuazione ancheperché la stazione è circondata dalle lun-ghe ed imponenti fronde di Dryopterisaffinis/borreri, qui molto ben diffusa ed inaccentuato vigore vegetativo nel corso diquasi tutto l’anno.

La sporificazione è ben visibile da lu-glio a settembre.

A puro titolo indicativo si propongono,nella sottostante tabellina, alcuni dati ter-mometrici eseguiti nel corso di questi ul-timi anni, in periodo estivo, all’orlo ed alfondo della “Kaužka Dolina”.

DATA ORE (legali) T° ESTERNA (in °C) T° FONDO (in °C)21.06.2003 8.50 – 9.00 26,3 16,206.07.2003 9.15 – 9.30 18,5 16,515.07.2004 9.10 – 9.20 20,2 16,8

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La “Kauëka Dolina”, come già osser-vato in precedenza, annovera varie altrefelci. Esse sono riportate, assieme aDryopteris carthusiana ed in ordine siste-matico, nella sottostante tabella.

Particolarmente singolare appare purenel sito la presenza di Dryopteris affinis/borreri Fraser-Jenkins (felce di Borrer: W.Borrer, 1781-1842, lichenologo inglese). Laspecie, qui in rigoglioso sviluppo, evidenziafronde di notevole vigore vegetativo, chepossono raggiungere la lunghezza anchedi 90 cm. Si tratta comunque di un’entitàcaratterizzata da rilevante variabilità morfo-logica, capace di generare localmente po-polazioni a comportamento clonale. La pri-ma segnalazione della specie sul Carsotriestino, individuata fra alcuni blocchi squa-drati, alla q. di 166 m sul versante orientaledell’ex cava di onice di Bristie, risale al 1992.

CONCLUSIONI

Con il rinvenimento di Dryopteris carthu-siana nella “Kauëka Dolina”, le Pteridofitelegate ad ambienti cavernicoli del Carsotriestino sono attualmente 14. Ed è sorpren-dente come questa felce, a distribuzionecircumboreale e di substrati prevalentemen-te silicei, abbia potuto colonizzare le quotepiù basse della dolina baratroide, trovandocondizioni ottimali per svilupparsi. Fra lecause preponderanti di tale particolare si-tuazione va ascritta quella dell’accentuatofenomeno dell’inversione termica che si vie-ne a delineare sul fondo. Per cui questo,scarsamente raggiunto dalle radiazioni so-lari, ospita nel corso di tutto l’anno una co-spicua quantità di aria più fredda rispetto a

FELCE NOME ITALIANO FAMIGLIA DISTRIBUZIONE NELLA “KAU•KA DOLINA”

Asplenium ruta-muraria L. s.l. Ruta di muro Aspleniaceae Diffusa maggiormente a nord-ovest in siti termofiliAsplenium ceterach Willd. s.l. Felce ruggine Aspleniaceae Rara nelle fessure della parete prossima all’esternoAsplenium trichomanes L. s.l. Erba rugginina Aspleniaceae Comune nelle fessure delle rocce e sui massiDryopteris affinis/borreri Fr./Jenk. Felce di Borrer Aspidiaceae Ben diffusa sui massi cosparsi sul fondo del baratroDryopteris carthusiana (Vill) H. P. Fuchs Felce certosina Aspidiaceae Unicamente al fondo della dolina, fra i massiDryopteris filix-mas (L.) Schott Felce maschio Aspidiaceae Non comune fra i massi del fondo con fronde sviluppatePolypodium cambricum L. /cambricum Polipodio meridiona Polypodiaceae Esclusivamente a NE, sulle rocce prossime all’esterno.

quella situata alle quote superiori, prossimeall’esterno. Essa vi permane a lungo, man-tenendo di conseguenza valori di tempera-tura piuttosto bassi e percentuali di umiditàrelativa alquanto elevate. Ripetute misuretermometriche, effettuate durante alcunediscese al fondo della dolina, soprattuttonel periodo estivo (giugno e luglio), hannorilevato escursioni termiche anche di 10 °C;ciò comporta un gradiente di 0,35°C/m,valore di assoluto rilievo e registrabile inpochi altri ipogei baratroidi dell’altipianocarsico triestino.

Dryopteris carthusiana. (Dis. M. G. Polli)

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Elio Polli

Dryopteris carthusiana. (Foto E. Polli)

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LE “VASCHETTE DIDISSOLUZIONE” NELLA ZONADEI GRANDI “CAMPI SOLCATI”DI BORGO GROTTA GIGANTE

(PROPOSTA DI TUTELA)

Tra le più conosciute e singolari mani-festazioni di morfologia epigea dal CarsoTriestino, sono certamente da segnalarele “piccole forme di dissoluzione “ (Kleinekorrosion formen), come le solcature,scannellature, fori e le così dette “vaschet-te di corrosione”, nella letteratura noteanche con il nome di “kamenitze”, attual-mente meglio definibili come “vaschettedi dissoluzione”. Si tratta di micromorfo-logie di origine carsica, dovute alla disso-luzione di superfici rocciose calcaree af-fioranti in giacitura sub orizzontale o pocoinclinata. Hanno un’origine puntiforme, acausa dello stagnarsi di acqua piovana,su uno spazio molto piccolo, presente sudi una superficie rocciosa piana o debol-mente depressa. Questa “microforma” sievolve per dissoluzione localizzata ed ilconseguente progressivo instaurarsi diuna depressione chiusa, a fondo piatto.

Da un punto di vista più generale, fan-no parte di quelle strutture conosciutecome campi solcati (Karrenfeld), dovesono generalmente presenti una vastagamma delle microforme carsiche disso-lutive comprese le vaschette, che potreb-bero semplicemente essere definite comedelle depressioni piatte generalmente cir-colari, a fondo liscio, con bordi verticali oaggettanti (rientranti), cosicchè il diame-tro esterno è minore di quello interno. Ciòè dovuto al fatto che il livello dell’acqua intutte le vaschette è fluttuante: ma sempredeterminato dalla piovosità (colmatura),successivamente dalla più o meno rapidaevaporazione. E’ pensabile che questacontinua variazione del livello dell’acquadetermini un’azione solvente soprattuttolungo i bordi (perimetro), con un valore di“dissoluzione differenziata, maggiore conacque ai minimi livelli, minore con le ac-que in condizioni di colma”. La conse-

guenza morfologica nella stragrande mag-gioranza dei casi è che il bordo dellavaschetta è aggettante verso l’interno.

Hanno uno sviluppo ed evoluzione solonel caso che la superficie rocciosa abbiauna certa estensione, verso delle formericonducibili a contorni per lo più circolario ovoidali. La loro estensione superficialeparte da un minimo di pochi centimetriquadrati fino ad un massimo di 3-4 metriquadrati. Sono relativamente diffuse nellelitologie costituite da calcari molto com-patti, in genere sono compatibili quandosi tratta di micriti poco fossilifere, bene epotentemente stratificate. La regolaritàdelle loro forme, dipende essenzialmentedall’assenza di macrofossili (Rudiste),poiché i fanghi carbonatici microcristallini(micriti) hanno una consumazione (solu-zione) molto uniforme. Tali rocce hannoinfatti, una grana molto minuta, formatada cristalli di calcite da 1 a 4 micron. Lapresenza di elementi sedimentari estranei,dovuta in genere a resti fossili di Lamelli-branchi, porta ad una notevole differen-ziazione dissolutiva, poichè tali “allochi-mici” sono normalmente a grana piuttostogrossa, i fossili infatti sono costituiti dauna calcite spatica con cristalli anche ol-tre i 20 micron. E’ stato ormai ampiamen-te accertato che le rocce microcristalline(micriti) hanno una consumazione mediaannua di superficie di 0,03-0,04 mm/anno,mentre nelle rocce spaticoallochimiche(spariti) la consumazione va da 0,0 a 0,01mm/anno.

Sono dunque delle vere e proprie mi-cromorfologie a “vasca piatta”, più sem-plicemente chiamate “vaschette”, di pocaprofondità (da 2-3 cm ad un massimo di20-30 cm), mentre la loro superficie tota-le può arrivare come abbiamo accennato,anche a parecchi metri quadrati, in cui siraccolgono per tempi talora abbastanzalunghi le acque piovane. La costanza dellamicroforma ed il suo sviluppo può mante-nere le medesime caratteristiche nel tem-po, solamente in assenza di sistemi difessurazione della roccia, nell’ambito del-la superficie di fondo della vaschetta stes-

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sa. Se il suo bordo, nel progressivo am-pliamento dissolutivo, incontra a sua vol-ta il bordo del blocco roccioso su cui si èimpostata questa microforma carsica, cioèche ha aumentato il suo diametro fino allatangenza con il fianco della massa roc-ciosa su cui si è impostata, allora la suaevoluzione passerà ad una morfologia chepotremo definire “a goccia”. Si stabiliràcosì un canalicolo d’uscita delle acque,che si evolverà verso una forma di piùveloce consumazione carsica e quindi conuna progressiva modificazione della strut-tura della vaschetta stessa. E’ noto che leacque stagnanti presenti all’interno di unavaschetta sono dotate di una “solubilitàstatica”, che si sviluppa però solamentelungo i bordi e non al suo fondo, a causadella progressiva saturazione delle sueacque, mentre al contrario le acque cheescono dalla vaschetta lungo il canalicoloche si è impostato in corrispondenza diun suo bordo, sono dotate di una “solu-bilità dinamica” la cui velocità dissolutivaè da 4 a 10 volte superiore, rispetto aquella delle acque stagnanti poste all’in-terno di queste vaschette.

Una delle aree carsiche in cui questemicroforme hanno uno sviluppo eccezio-nale, è quella posta lungo il bordo orien-tale di una grande dolina tra Prosecco eBorgo Grotta Gigante, laddove sono pre-senti una decina delle più grandi “vaschet-te” esistenti nell’ambito dell’intera super-ficie del Carso Triestino.

La loro prima segnalazione e studio laritroviamo in un’importante e fondamen-tale ricerca di geomorfologia carsica diForti F. & Tommasini T. (1967). Successi-vamente sono state visitate da tutti i prin-cipali studiosi di carsismo esistenti almondo, proprio per le loro eccezionalidimensioni e soprattutto per la granderegolarità delle loro forme. Solamente perfornire alcune indicazioni sull’interesse perqueste particolari vaschette in camponazionale, ricordiamo in breve sintesi soloalcuni degli studi particolari esistenti suqueste “vaschette”. Li ritroviamo in Bello-ni S. (1970), dell’Università di Milano che

condusse una ricerca sulle loro acque esui depositi di fondo; Belloni S. & Orom-belli G. (1970), sempre dell’Università diMilano, condussero uno studio di estre-mo dettaglio in particolare sulle loro for-me. In seguito Cucchi F., Radovich N. &Sauro U. (1989) delle Università di Messi-na e di Padova, compirono delle altre ri-cerche in particolare sui loro parametrimorfometrici.

Tali “vaschette” essendo una microfor-ma che rappresenta un “alto grado dicarsismo” nel significato dato da Forti F.(1972, 1980), sono state utilizzate comeesempio per lo studio delle morfologiecarsiche epigee, quale espressione ap-punto di un carsismo elevato, in quantotrattasi di una microforma determinata dauna somma di combinazioni litologico-petrografiche, stratigrafiche e deformati-ve del complesso roccioso che le com-prende, che hanno reso possibile la loroesistenza.

Riassumendo, sono presenti laddoveesistono delle vaste superfici rocciose inaffioramento, meglio conosciute nella let-teratura carsica con il nome di “Karren-feld” (campi solcati). Va ricordato che inassociazione a queste microforme di ele-vata “classe di carsismo”, vi sono diversealtre espressioni di macromorfologia car-sica come le doline di grandi dimensionie di grotte di particolare vastità e svilup-po.

Dobbiamo ricordare infine che con la

promulgazione della Legge nazionale 1°giugno 1971 N. 442, meglio conosciutacome “Legge Belci”, vennero individuatesette zone meritevoli di particolare tutela,sulla base dello studio Mezzena-Poldini,con il contributo esterno del prof. D’Am-brosi. La zona N.6 della Grotta Gigante,comprendeva di massima (del tutto ca-sualmente) anche i grandi “campi solcati”laddove erano presenti queste particolarimanifestazioni di microforme carsiche. Matale legge è rimasta priva del regolamen-to di attuazione e pertanto inefficace! At-tualmente tale importante ambiente carsi-

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co è al di fuori di qualsiasi tipo di tutela.Considerata la grande importanza geo-morfologia di detti fenomeni, per la loroconservazione e salvaguardia, potrebbeessere applicata la Legge 29 giugno 1939N. 1497, quale vincolo paesaggistico dizona carsica di rara bellezza e di partico-lare singolarità, analogamente a quanto èstato fatto nel 1996 per la tutela di uncerto numero di grotte, prese dal “Cata-sto delle grotte del Friuli – Venezia Giu-lia”, con il preciso scopo del divieto didistruggere tali “bellezze naturali” e/o diintrodurvi modificazioni che rechino pre-giudizio al suo esteriore aspetto.

Fabio FortiBIBLIOGRAFIA ESSENZIALEBelloni S. (1970) - Alcune osservazioni sulle acquee sui depositi al fondo delle “vaschette di corrosio-ne” (kamenitza) della località Borgo Grotta Gigante(Carso Tr iest ino). At t i Mem. Comm. Grot te“E.Boegan”, 9, (1979), 33-62, Trieste.Belloni S. & Orombelli G. (1970) - Osservazioni emisure su alcuni tipi morfologici nei campi solcati delCarso Triestino. Atti Soc. Ital. Sci. Nat., Museo Civ.Sto. Nat., Milano, 110, (4), 317-372, Pavia.Cannarella D. (1998) – Il Carso della Provincia diTrieste. Natura, Preistoria, Storia. Ed. Italo Svevo –Trieste.Cucchi F. & Forti F. (1986) - Misure di dissoluzionedi rocce carbonatiche: le ricerche a Trieste. Atti Mem.Comm. Grotte “E.Boegan”, 25, 97-102, Trieste.Cucchi F., Radovich N. & Sauro U. (1989) - I campisolcati di Borgo Grotta Gigante nel Carso Triestino.Int. J. Speleol., 18, (3-4), 117-144, Trieste.Forti F. (1972) - Le “vaschette di corrosione”. Rap-port i t ra geomorfologia carsica e condiz ionigeolitologiche delle carbonatiti affioranti sul CarsoTriestino. Atti Mem. Comm. Grotte “E.Boegan”, 11,(1971), 37-58, Trieste.Forti F. (1972) - Proposta di una scala di carsificabi-lità epigea nelle carbonatiti calcaree del CarsoTriestino. Atti Museo Civ. St. Nat. Trieste, 28, (1), (3),67-100, Trieste.Forti F. (1974-1975) - Modelli di dissoluzione carsi-ca. Mondo Sotterraneo, Num. Unico, 13-19 pp.,Udine. - Atti Mem. Comm. Grotte “E.Boegan”, 22,(1983), 281-285, Trieste.Forti F. (1980) - Proposta di classificazione praticadelle morfologie carsiche epigee. Atti Mem. Comm.Grotte “E.Boegan”, 19, (1979), 65-71, Trieste.Forti F. (1980) - Influenza della stratificazione nellageomorfologia carsica (studi sul Carso Triestino). Atti1° Congr. Triven. Speleol., Treviso.Forti F. (1981) - Il carsismo in una proposta di clas-sificazione genetica. Atti 1° Conv. Ecol. Terr. Carsici,Sagrado d’Isonzo, 91-100, Gradisca d’Isonzo (GO).Forti F. (1982) - Il problema dell’energia morfologicanello studio del carsismo delle rocce carbonatiche

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Vaschetta di media dimensione (Foto M.Sironich)

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RICERCHEBIOSPELEOLOGICHE NELLEISOLE IONIE MERIDIONALI

In giugno e all’inizio di settembre 2004ho trascorso due periodi di vacanza nelleisole di Cefalonia (con un’escursione aItaca) e Leucade, in buona parte dedicatialle ricerche sulla fauna cavernicola, ricer-che che vanno ad aggiungersi a quelleda me già svolte nelle Isole Ionie nell’ul-timo ventennio (Corfù: 1985, 1992 e 2000;Zante: 1999).

In attesa di compendiare in una speci-fica nota i reperti relativi ai ragni, ritengoutile fornire qualche indicazione speleolo-gica e riferire, in via preliminare, sui risul-tati delle raccolte faunistiche nelle grottevisitate di recente.

LEUCADE

Spilaio Karoucha. Ampio riparo sottoroccia (m 20x15 circa all’ingresso), conambienti asciutti ed illuminati, che si aprea m 170 di quota, circa 500 metri a ovestdell’abitato di Sivros, non lontano dallastrada per Vasiliki, nella parte meridionaledell’isola. Nonostante il modesto interes-se speleologico, la cavità è ben conosciu-ta e la strada di accesso è indicata dacartelli. Vi ho rinvenuto solamente alcuniesemplari del ragno Loxosceles rufescens(Dufour), specie termofila la cui presenzanegli ambienti ipogei delle regioni medi-terranee è limitata alle zone di ingresso.

Chirospilia. La grotta è riportata sullecarte e sulle guide turistiche e si trovapoco a sud di Evghiros, al fianco orienta-le di un’ampia depressione carsica. Perraggiungerla si percorre dapprima la stra-da che porta alla baia di Afteli, prendendoquindi un sentiero in discesa che in pochiminuti conduce all’ingresso, situato a cir-ca m 150 s.l.m. (il percorso è ben segna-lato da frecce e scritte sia sulla strada,sia lungo il sentiero). La cavità inizia con

una caverna a pianta irregolare, con piùaperture, a cui segue un breve salto, fa-cilmente superabile in arrampicata; dallabase del salto si dipartono due gallerie, laprincipale delle quali, ben concrezionata,si sviluppa in discesa ed è agevolmentepercorribile per una decina di metri. Se-guono vani discendenti piuttosto strettiche non ho visitato per mancanza di tem-po e di attrezzatura adeguata. La faunadella caverna iniziale è data dai ragni tro-glofili Metellina merianae (Scopoli) e Te-genaria parietina (Fourcroy), mentre nelleparti interne vive una colonia di ortotteridel genere Dolichopoda.

CEFALONIA

Spilaio Drogarati. Grotta turistica, chesi trova, come le due seguenti, nella zonacarsica di bassa quota che circonda lacittadina di Sami, nel settore orientaledell’isola. L’ingresso, aperto nel 1958, èsituato nella parte più profonda di unapiccola e dirupata dolina. Segue una bre-ve galleria che sbocca in una vasta ca-verna (m 65x45), adorna di imponenticoncrezioni calcitiche. La parte inferioredella caverna presenta il fondo spianatoartificialmente, in quanto questo ambien-te viene saltuariamente utilizzato qualesalone per concerti, dotato di un’ottimaacustica e di una capienza di 500 perso-ne. La fauna raccolta è particolarmenteabbondante ed interessante, rappresen-tata dai ragni troglofili Sulcia cretica vio-lacea Brignoli e Metellina merianae (Sco-poli), da opilioni, pseudoscorpioni (dasegnalare il rinvenimento di una nuovaspecie ultraevoluta del genere Roncus –det. Gardini), isopodi, collemboli, e dal-l’ortottero Dolichopoda pavesii Galvagni,endemico di Cefalonia.

Spilaio Limni Melissani. Si tratta del-la più famosa cavità turistica dell’isola,situata presso l’abitato di Karavomilos, abreve distanza delle sorgenti carsicheomonime. È formata da un’unica caverna,

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lunga oltre 150 metri e larga in media 50,col fondo occupato da un lago di acqualeggermente salmastra. Tutti i vani sonopiù o meno illuminati naturalmente, inquanto l’ingresso è rappresentato da unosprofondamento ovale di m 25x15, che sitrova 20 metri sopra il pelo dell’acqua nellaparte meridionale della caverna, dove laluce solare in estate colpisce direttamen-te la superficie del lago, creando effetticromatici di grande suggestione. Il per-corso turistico inizia con una galleria arti-ficiale che conduce ad una minuscoladarsena e la visita della caverna si effet-tua interamente in barca. Grazie alla cor-tese disponibilità del responsabile dell’or-ganizzazione tur ist ica sig. TasosKavallieratos, ho potuto eseguire ricerchedi fauna terrestre nella parte non allagata,rappresentata da un’isola situata a norddello sprofondamento, dove ho raccolto iragni Sulcia cretica violacea Brignoli, Sper-mophora senoculata (Dugès), Dysderacephalonica Deeleman-Reinhold, Lep-thyphantes sp. gr. tenuis, Metellina meria-nae (Scopoli) e Tegenaria parietina (Four-croy), lo pseudoscorpione Lasiochernesgraecus Beier (det. Gardini) e alcuni chi-lopodi. Nello stesso ambiente ho osser-vato ninfe di Dolichopoda e ditteri, men-tre negli anfratti della volta nidificanonumerosi colombi selvatici.

Spilaio Zervati. Ubicata in area urba-nizzata, a breve distanza dalla preceden-te, è costituita da un enorme baratro,profondo 15 metri, alle cui estremità sitrovano due laghi di acqua salmastra. L’or-lo del baratro è completamente recintatoe l’accesso avviene attraverso un cancel-lo a cui segue un facile sentiero. Al fon-do, occupato da materiale di crollo, èpresente una rigogliosa vegetazione, chesi dirada solo in prossimità dei laghi, si-tuati nelle zone meno illuminate. Si trattadi un fenomeno carsico imponente, deltutto simile alla grotta di Melissani, ma inuno stadio evolutivo molto più avanzato,in cui la volta dell’originaria caverna èormai completamente collassata. Date le

caratteristiche ambientali, la fauna è datada elementi epigei, al più troglofili, quali iragni Sulcia cretica violacea Brignoli, Lep-thyphantes tenuis (Blackwall), Lepthyphan-tes sp. gr. tenuis, Zangherella apuliae (diCaporiacco), Histopona sp. gr. myops elo pseudoscorpione Chthonius (Ephippio-chthonius) sp. (det. Gardini).

Spilaio Drakaina. Breve caverna diinteresse preistorico, che si apre nel val-lone di Vohinas, presso Poros, nella partesudorientale dell’isola. Per raggiungerlabisogna lasciare la macchina al ponte chesi trova sulla strada principale, pochecentinaia di metri a ovest dell’abitato. Incorrispondenza della spalla destra delmanufatto, presso una minuscola cappel-la, parte un sentiero che, dopo un trattoin leggera salita, si inerpica sul ripidoversante del vallone e termina all’ingres-so della grotta, chiuso da una rete, rottain un paio di punti. Le modeste dimensio-ni della cavità, al cui fondo sono ben vi-sibili le tracce degli scavi effettuati di re-cente, la rendono poco interessante dalpunto di vista biologico. Gli unici repertisono dati da un paio di esemplari delragno troglofilo Metellina merianae (Sco-poli).

ITACA

Marmarospilia (Antron Nimfon). Grot-ta molto conosciuta, riportata su tutte leguide e le carte stradali e ben segnalatain loco. Secondo la tradizione si tratte-rebbe della caverna sacra alle Naiadi, ri-cordata nell’Odissea, dove Ulisse nasco-se il tesoro donatogli dai Feaci. La cavitàsi raggiunge in pochi minuti di automobi-le dal capoluogo Vathi, seguendo dappri-ma la strada che conduce alla parte set-tentrionale dell’isola e quindi una stradina,asfaltata di recente, che si snoda per al-cune centinaia di metri fra gli uliveti, finoad un evidente slargo, da cui parte il bre-ve viottolo che conduce all’ingresso, si-tuato a 180 metri s.l.m. Sono evidenti in

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loco le tracce di una campagna di scaviarcheologici, probabilmente ancora incorso; per tale motivo il cancello all’in-gresso è chiuso da un robusto lucchetto,che ho trovato rimosso al momento dellamia visita. La grotta si compone di unbreve diverticolo iniziale, che si affacciasulla “grande sala” sottostante, a piantaellittica, che misura m 10x13 circa; sul latoopposto della caverna rispetto all’ingres-so si sviluppa una stretta galleria ascen-dente.

I recenti scavi hanno comportato la

Marmarospilia (Itaca). Pianta della cavità; il tratteggio obliquo indica l’area interessata dagli scavi archeologici(da Petrocheilou A., 1971, Deltion, 11(1-2): 32-35, modificata).

completa asportazione dei sedimenti checostituivano il fondo della sala, per cuisono attualmente percorribili solo i vanilaterali. Nonostante il limitato spazio adisposizione per le ricerche, la grotta si èrivelata interessante dal punto di vistafaunistico. Sono stati raccolti i ragni Sul-cia cretica violacea Brignoli, Metellinamerianae (Scopoli) e Histopona sp. gr.myops, nonché isopodi, ditteri e ortotteridel genere Dolichopoda.

Fulvio Gasparo

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CONVEGNI

È STATO BELLO, È STATO DUROLA MOSTRA SUI 120 ANNI DISPELEOLOGIA DELL’ALPINA

Certe ricorrenze segnano una tappaimportante nella vita sociale e vanno ce-lebrate con il duplice scopo di fare da unaparte il punto sullo stato della società,dall’altra di lasciare ai pronipoti una sinte-si dell’attività svolta. Nell’aprile-maggio2004 la Commissione Grotte ha volutoricordare i suoi 120 anni di vita con unamostra rievocativa che illustrasse ancheal grande pubblico la sua storia. La mo-stra la ha fatta la Commissione, ma l’ideaera partita più di un anno prima da Ro-berto Barocchi che, dopo aver coinvoltoGianni Scrigna per la parte iconografica elo scrivente per i testi, ha lavorato per oltreun anno per la sua realizzazione.

E’ stato un anno molto duro, iniziatocon lunghe discussioni per raggiungereun accordo sulla strutturazione dell’espo-sizione, su cosa dire al visitatore e quindisul materiale fotografico da esporre, suitempi e sul luogo della stessa. Dopo variincontri, colloqui, abboccamenti, abbiamoottenuto dalla Direzione di Civici Musei lapromessa della massima collaborazionee l’assegnazione della grande sala espo-sitiva di Palazzo Costanzi, disponibile peròsoltanto nel 2004 e non – come preven-tivato – nell’autunno 2003.

Dopo vari tentativi e bozzetti vienedeciso di articolare la mostra su dodicipannelli – uno per ogni decennio di vita –adottando il sistema modulare suggeritoda Roberto: il pannello, di cm 140 x 94,verrà diviso verticalmente in tre parti. Unafascia a sinistra conterrà una foto signifi-cativa (la foto guida) ed un testo checondenserà la storia del decennio in 20-30 righe. Nella parte centrale sarannoposte alcune immagini (foto, rilievi, docu-menti) mentre a destra una fascia dellestesse dimensioni della prima verrà desti-nata ad ospitare i frontespizi di una o piùpubblicazioni uscite nel periodo conside-rato. Ogni pannello sarà sormontato dauna fascia con il logo della mostra ed una

frase (titolo) caratterizzante lo stesso.Se la stesura dei testi è stata sempli-

ce, ancorché non facile, molto più arduasi è rivelata la scelta delle immagini fra lemigliaia di foto, documenti, rilievi conser-vati negli archivi sociali. Sono state ne-cessarie continue riunioni bi-trisettimanalidi ricerca e cernita in sede e moltissimenottate di lavoro a casa (soprattutto diGianni) per recuperare con lo scanner ecorreggere al computer le foto, in partemaltrattate dal tempo e (a casa di Rober-to) per predisporre la grafica dei pannelli.Alla fine il materiale dei dodici pannelli èpronto: dodici decenni intitolati Nascitadella Commissione Grotte (1883-1892);Nascita della speleologia (1893-1902);Ricerche intensive in Carso (1903-1912);La rinascita della speleologia triestina(1913-1922); Le grandi esplorazioni deglianni ’20 (1923-1932) Estensione delleesplorazioni e la guerra (1933-1942); Laripresa nel dopoguerra (1943-1952); Ri-cerca, scuole, pubblicazioni (1953-1962);Speleologia in altre regioni (1963-1972);Nasce la rivista Progressione (1973-1982);Esplorazioni sul Carso, sul Canin e al-l’estero (1983-1992); L’ultimo decennio(1993-2002).

Portata a compimento questa primafase del lavoro ci si è però accorti chemolte informazioni e parecchi aspetti del-l’attività sociale erano stati trascurati: i ti-toli dati ad ogni decennio avevano soltan-to una funzione indicativa dell’attività piùsignificativa del periodo, mentre lo spaziodisponibile nel pannello non era tuttaviasufficiente per una sua illustrazione piùapprofondita. E’ nata così l’idea di affian-care ai dodici capitoli di storia un altrogruppo di pannelli tematici che, dopo unesame approfondito della documentazio-ne a disposizione e dei settori di attivitàin cui ha maggiormente operato la Com-missione, è stato circoscritto ad otto: Ladidattica speleologica; Le ricerche scien-tifiche; Il Catasto grotte; Le spedizioni inItalia; Le spedizioni all’estero; Le grottedella Val Rosandra; Le grotte del Canin;La ricerca del Timavo. Per la loro realiz-

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zazione viene coinvolto Umberto Tognol-li, che oltre ad essere il miglior fotografodella Commissione a disposizione è an-che il curatore del ricchissimo archivio didiapositive e che mette a disposizione unadozzina di grandi foto a colori che verran-no sistemate fra un pannello e l’altro.

A gennaio 2004 tutti i testi e le fotoerano pronti e messi su CD. Il compito direalizzare i pannelli viene affidato ad unaprofessionista, che si avvarrà per la stam-pa di una ditta specializzata di Treviso econ cui Roberto interagirà strettamente eli-minando dal suo calendario sabati, dome-niche e feste comandate. Ma il lavoro nonera ancora finito: ad integrazione di quan-to narrato nei pannelli Roberto suggeri-sce di esporre anche attrezzi, libri, mate-riali d’esplorazione; a tal uopo procura unadecina di vetrinette che verranno riempitecon la dotazione del Museo Speleologicodi Borgo Grotta Gigante (che sta per es-sere demolito per fare posto ad un nuovoedificio) e con pezzi recuperati nella sedesociale o forniti da singoli soci e amici. La

scelta degli oggetti e delle pubblicazionida esporre non è meno laboriosa di quel-la delle illustrazioni e porta via – natural-mente – parecchio tempo; alla fine, ulti-mati i pannelli, predisposto il materiale perl’allestimento delle vetrinette si è datomano alla redazione del catalogo dellamostra, anche questo poi graficamenterealizzato dalla professionista che ha cu-rato la stampa dei pannelli.

L’allestimento vero e proprio è duratotre giorni ed è stato effettuato con l’aiutodi vari soci e con la fattiva, preziosa –direi quasi indispensabile – collaborazio-ne del personale del Civico Museo di Sto-ria Naturale di Trieste. Una particolaremenzione per quanto riguarda i soci va aLibero Boschini, l’instancabile e semprepresente “Bibi” mentre del Museo è do-veroso ricordare il signor Marzio Fabbriche ha curato il restauro del plastico del-la Lazzaro Jerko e quello della Grotta diSan Canziano, cavità turistica gestita dal-l’Alpina fra le due guerre mondiali.

Poi, il 14 aprile, l’inaugurazione con idiscorsi del Direttore del Museo SergioDolce, del vicepresidente dell’Alpina Ma-rio Privileggi, del presidente della Com-missione Alessio Fabbricatore, con unabicchierata, tutto – o quasi – secondocopione.

La mostra è rimasta aperta sino al 16maggio 2004, riscuotendo (a detta delpersonale di sorveglianza) un notevolesuccesso di pubblico. Le migliaia di visi-tatori che si sono avvicendati hanno avu-to modo di conoscere vari aspetti delmondo sotterraneo e dei suoi esploratorisinora riservati solo agli specialisti: l’evo-luzione dei materiali nell’arco di cento-vent’anni, il progresso degli studi di idro-logia carsica, le tecniche usate dai pionieriquando sul Carso ci si andava in carrozzao a piedi e quelle in uso oggi. Il tutto in-frammezzato da una serie di splendidefoto poste a ricordare che le grotte sonoricerca, sono avventura, ma sono soprat-tutto bellezza.

Pino Guidi

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LA RIUNIONEDEI GRUPPI GROTTE CAI

GENGA 31.10.2004Come ogni anno, in occasione del con-

sueto raduno annuale degli speleo italiani(quest’anno svoltosi a Frasassi) la Com-missione Centrale per la Speleologia delCAI ha indetto un’assemblea dei gruppigrotte che al Club Alpino fanno capo. Lariunione ha avuto luogo a San Vittore diGenga la mattina di domenica 31 ottobre2004, presenti inizialmente una trentina dispeleologi in rappresentanza di una ven-tina di Gruppi. Non è intervenuto – causaimpedimenti – il consigliere centrale chefa da referente per la speleologia. Vienepresentata la nuova Commissione Centra-le per la Speleologia che illustra scopi emezzi dell’Università della Montagna: ilcorpo docente iniziale dovrebbe essereformato dagli Istruttori Nazionali delle va-rie specializzazioni (alpinismo, speleolo-gia ecc.), con la possibilità di convenzio-nare specialisti esterni. A questo fine è,chiaramente, previsto un maggior impe-gno culturale da parte degli Istruttori.

Ci sono vari interventi su questo tema,poi il discorso, introdotto dal presidentedel Gruppo di Tolmezzo, si sposta sulcosto degli aggiornamenti per gli Istrutto-ri, costo che non sempre la Sezione delCAI di appartenenza prende in considera-zione. Il dialogo scivola quindi sui rappor-ti fra Gruppi Grotte e Sezioni. Viene fattopresente che, a fronte di un’attività esplo-rativa e pubblicistica di tutto rilievo pro-dotta dai Gruppi Grotte, il peso della spe-leologia nel le sezioni è di normapressoché minimo. L’impatto con l’ester-no – articoli sui giornali, servizi televisivi,conferenze, mostre – della speleologia èmolto più grande che non quello prodot-to dall’alpinismo e dall’escursionismo, mail rilievo che la stessa ha nella sezionenon rispecchia affatto questa realtà. E ildiscorso che vale per le sezioni vale an-cor di più per quanto concerne il CAICentrale che sembra – almeno a leggere

le relazioni ufficiali – non conoscere quan-to fatto dai suoi speleologi. Forse la col-pa è anche di questi ultimi, che non fan-no pervenire alla Direzione Centrale notiziesufficienti sul loro operato. Al fine di chia-rire questa situazione e di iniziare un’ope-ra di valorizzazione della speleologia nel-l’ambito del CAI è stata redatta unamozione, votata poi all’unanimità da tutti ipresenti, in cui si invita il Comitato Cen-trale del CAI o, in subordine, il Consigliodi Presidenza, ad intervenire alla prossi-ma riunione dei Gruppi Grotte.

Fra gli altri interventi da segnalare c’èla richiesta di scioglimento della Commis-sione Interregionale Veneto Friuli VeneziaGiulia per la Speleologia (inefficiente equindi inutile), e l’invito a voler indirizzaredirettamente ai Gruppi Grotte e non alleSezioni le comunicazioni della CCS (mol-te volte la posta arriva tardi al Gruppo espesso non arriva). Viene poi suggerito diformare un comitato di saggi che predi-sponga una nuova bozza di statuto deiGruppi Grotte CAI e di creare una listainternet, simile a quella della SSI, per fa-cilitare un più rapido scambio di notizie eper i dibattiti sui temi che ora si affronta-no soltanto una volta all’anno in occasio-ne di queste assemblee.

La prossima assemblea dovrebbe es-sere organizzata in Val Imagna (BG), inoccasione della futura festa speleo.

Pino Guidi

ASSEMBLEADEI SOCI DELLA SSI

Il 31 ottobre 2004 si è tenuta nella salariunioni dell’Albergo delle Terme di Fra-sassi l’annuale Assemblea dei soci dellaSocietà Speleologica Italiana.

Sono presenti un’ottantina di soci, piùcinque deleghe. Aperta alle 15.10 dal Pre-sidente della SSI Chiesi si inizia con lachiamata a presiedere la riunione Gianpie-ro Marchesi.

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SPELEORADUNO A FRASASSI

24 Euro... Questo il prezzo dell’ingres-so al raduno svoltosi a Frasassi (Ancona)per avere in cambio un triste bracciale conil numero stile ospedale da campo (alposto del tesserino) e una misera cartel-lina. Perché così alto e per avere cosa incambio? Le informazioni avute spieganoche l’organizzazione doveva recuperare isoldi del noleggio della grande cucinacomune (decine di migliaia di Euro mihanno sparato e non aveva bevuto anco-ra chi me lo ha detto!) obbligatoria perlegge. In questo quadro ben si inserisceallora l’idea dei nuoresi che hanno dise-gnato sulle magliette e sul cappello sardoil simbolo dell’Euro che si “ingruma” ilDollaro sotto una ironica e sdrammatiz-zante scritta “Frasessi 2004”!

A parte questi dettagli la logistica delraduno era ottima grazie ai servizi e aicomforts del polo turistico delle Grotte di

Frasassi: ampie aree attrezzate per ten-de, camper e parcheggio, numerosi ho-tels e bed and breakfast, spazio per i duetendoni dello speleobar che però posse-deva solo un piccolo palco. Contrariamen-te all’anno scorso il tempo è stato buonocon caldo e sole nelle ultime giornate,mentre dal Nord arrivavano notizie diesondazioni dei fiumi.

Cosa offriva il raduno…per 24 Euro?I soliti goderecci stand enogastrono-

mici provenienti da tutta Italia e anchedalla Grecia e dalla Germania. Della no-stra zona c’erano i carnici e i triestini delGSSG. Le mostre e le proiezioni (questenon segnate sul programma della cartel-lina) erano sparse (disperse!) in giro peril paese di Genga Stazione e borgate li-mitrofe ma non troppo: ammetto che inmolti (compresa io) per cercarle si sonopersi con la piantina in mano! Le unichemostre che meritavano erano quelle dellanostra regione (non per essere di parte!):i poster didattici dei monfalconesi, i 120anni della CGEB in concorrenza grafico -storica con i 50 anni del GSSG (entrambebelle e interessanti: ne hanno fatta di sto-ria speleologica i triestini!). Lo stand libriera ben fornito grazie alla presenza digruppi e federazioni speleologiche nazio-nali e internazionali (esempio Germania,Croazia, Spagna). Lo stand materiali offri-va a incredibili prezzi stracciati ottimi capidi abbigliamento tecnico.

Per quel che mi riguarda direttamentemi spiace che l’organizzazione non avessecapito cosa io e l’Unione SpeleologicaPordenonese, in collaborazione con laCGEB, volevamo presentare, cioé unademo (dicesi anticipazione informatica) delcd sul manuale “Geologia e Carsismo” at-tualmente in stampa. C’è stata una incom-prensione sul tema e in extremis ci hannoinserito alle ore 9 di domenica mattina per-ché non avevano più spazio. Risultato è chesolo un numero contenuto di persone haassistito alla nostra presentazione. Pecca-to. Ma ci rifaremo il prossimo anno a Ima-gna, in provincia di Bergamo.

Barbara Grillo (Radicio)

Chiesi relaziona sulla legge per la pro-tezione delle grotte marine e di quelle chenel Quaternario erano sott’acqua; Mila Bot-tegal, segretaria della Società, presenta lostato patrimoniale della stessa che risultaessere buono, anche se stanno suonandotristi campane per il futuro. Il bilancio, rite-nuto corretto dal revisore dei conti EnricoFratnik, viene approvato dall’Assemblea, cheapprova pure quello di previsione; a questoproposito viene innescata una lunga discus-sione sulle quote di assicurazione. Sembradi presenziare ad una riunione di assicura-tori che dopo un ponderoso e esteso di-battito finisce per partorire un topolino: l’au-mento delle quote è di un euro all’anno peri soli soci ordinari.

Vista l’ora tarda tutti gli altri argomentiall’Ordine del Giorno vengono semplice-mente sfiorati e si va quindi alla chiusuracaratterizzata da Chiesi che attacca feroce-mente i presentatori della prossima Fanta-speleo, rei di non aver chiesto preventiva-mente l’approvazione della festa alla SSI.

Libero Boschini

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IL FENOMENO CARSICODELLE ALPI CARNICHE (FRIULI)

Ci siamo recati il 2 marzo 2004 nelmeraviglioso palazzo della Provincia diUdine per la presentazione del volume sud-detto.

Dopo l’introduzione dell’assessore al-l’ambiente della provincia di Udine LoretoMestroni, ha preso la parola il dott. Giu-seppe Muscio, presidente del CircoloSpeleologico e Idrologico Friulano che haillustrato ai presenti il bellissimo e signo-rile volume che ricorda tutte le esplora-zioni sinora effettuate nella Carnia, conottime note descrittive, fotografie, rilievi edisegni, ed è stata pure allegata la cartageologica del territorio e un rilievo inestratto di varie grotte carniche.

È seguita una proiezione commentatadi tutte le principali grotte esplorate nellazona; infine una proiezione su esplorazio-ni nelle Filippine effettuate dal gruppo “LaVenta” ha allietato la serata ai meno ad-detti ai lavori

Libero Boschini

CONFERENZA“LE CAVERNE DI GUERRADEL MONTE SABOTINO”

Si è tenuta in data 7 maggio 2004 laconferenza organizzata dal “Centro Ricer-che Carsiche C. Seppenhofer” in collabo-razione con il “Centro per le Ricerche Ar-cheologiche e Storiche del Goriziano”sulle caverne di guerra del Monte Saboti-no. La conferenza è stata la prima di unaserie di incontri che trattano da vari puntidi vista (archeologico, storico, speleolo-gico) la zona del Monte Sabotino, intesocome fronte di guerra durante il primoconflitto mondiale.

Il Monte Sabotino è stato sino allasesta battaglia d’Isonzo la principale roc-caforte naturale a difesa della città diGorizia e dell’Altipiano della Bainsizza, ovegli austriaci, favoriti anche dalla posizio-ne, ma in netto rapporto sfavorevole ri-spetto a fanti ed artiglieria, resistettero allecontinue ondate d’assalto italiane cheprodussero altissime perdite da ambo leparti. Caduto il monte per sfiancamento,alla sesta battaglia, gli italiani trovaronosul terreno conquistato delle fortificazioniin caverna che vennero ulteriormente adat-tate per posizionare soprattutto i grossicalibri che poi batterono la Bainsizza e ilMonte S. Gabriele, con effetti devastantisul terreno ma senza riuscire a sfiancarela resistenza austriaca.

Un emozionato Marco Meneghini ha

condotto il pubblico affluito nella sala co-munale di Romans d’Isonzo attraverso legallerie e le caverne che sono rimaste atestimonianza dei posti di alloggiamentotruppe e di artiglieria che furono sfruttatida ambo i duellanti del conflitto. Alcunebelle foto d’epoca e delle diapositive chia-re e con un’ottima legenda hanno resomolto interessante la serata, serata che èproseguita con una successiva puntatanelle cavità di guerra utilizzate anche nel-le Valli del Natisone e in particolare sullazona del Kolovrat, una sorta di filo rossoche ha legato un’ampia zona del fronteaustro-italiano della prima guerra mondia-le.

È in previsione alla fine delle serated’incontro, l’organizzazione per la visita inloco nelle cavità presenti sul Sabotino, cheoggi si trovano sia sul versante italianoche sloveno del monte stesso.

Riccardo Corazzi

Versante nord del Monte Sabotino (Slovenia).(Foto M. Tavagnutti)

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NOTIZIE IN BREVE

MOSTRA ARCHAEOPTERYX,ANIMALI ALLA CONQUISTA

DELL’ARIA

La mostra Archaeopteryx, inaugurata alCivico Aquario Marino il 15 aprile 2003, èstato un contributo per aiutare a capire ilvolo. Cos’è il volo, perché e come gli ani-mali volano, quando è apparsa sulla terra lacapacità di volare, sono stati infatti gli argo-menti trattati dall’esposizione, corredata,oltre che da pregevoli preparati, anche dainteressanti pannelli illustrativi.

La storia del volo inizia 355-290 milionidi anni fa (Ma), nel Carbonifero, quando neicieli sono apparsi i primi animali volatori.Questi erano antichi insetti, alcuni dei qualiappartenenti a gruppi ancora esistenti. Traquesti ricordiamo le libellule della famigliadei Meganeuridi, raggiungenti i 72 cm diapertura alare e presenti in mostra con duericostruzioni. Il volo negli insetti si è evolutonel tempo (e nel percorso della mostra),per giungere all’enorme ricchezza degli in-setti attuali. Nell’esposizione è stata eviden-ziata la grande variabilità delle loro dimen-sioni, che attualmente possono andare dai

pochi mm di alcuni coleotteri e microlepi-dotteri, ai 30 cm di apertura alare di unafalena sudafricana (tutto in mostra, per os-servare e confrontare - con tanto di lentid’ingrandimento).

Dopo gli insetti, il percorso espositivoha affrontato l’affascinante tema dell’evolu-zione degli uccelli. Il dibattito è aperto dallontano 1861 quando, a Solnhofen, in Ger-mania, venne trovato il primo esemplarefossile di Archaeopteryx (calco in mostra),un animale simile ad un piccolo dinosauroma con penne sugli arti superiori e furcula(formata dall’unione delle clavicole e carat-teristica degli uccelli). Dopo Archaeopteryxaltre importanti scoperte hanno aiutato acapire l’origine degli uccelli. Tra le più im-portanti, la mostra si è soffermata sui fossilitrovati a Liaoning, nella Cina nord orientale.Veniamo così a sapere che circa 125 Ma,nel Cretaceo inferiore, in questo territoriovivevano antichi uccelli e dinosauri piumati.Questa scoperta è molto importante per-ché permette di dimostrare, una volta di più,che gli uccelli sono i discendenti diretti deidinosauri. Inoltre, il ritrovamento di dinosauripiumati fa intuire che le penne apparveroprima della capacità di volare, probabilmen-

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te per funzioni diverse quali la regolazionedella temperatura corporea, la comunica-zione visiva, la stabilizzazione nella corsaecc.

Ma una volta in possesso di penne e diali, come sono riusciti gli animali a volare,superando la forza di gravità e la resistenzadell’aria? A questa domanda la mostra hacercato di dare diverse risposte, perchéesistono tanti modi di volare. C’è la cadutafrenata (o paracadutamento) ed il volo pla-nato, i modi più semplici. Poi c’è il volobattuto, il volo librato ed il volo veleggiato,che rappresentano il volo vero e proprio.Tra i tanti reperti in mostra, che hanno per-messo di confrontare i diversi animali vola-tori, c’era anche lo scheletro completo diuno struzzo, per sottolineare che, in deter-minate condizioni, alcuni uccelli hanno ri-nunciato alla capacità di volare, atto ecce-zionale ma estremamente dispendioso intermini di energia.

Infine, dopo gli insetti, i rettili e gli uccel-li, la mostra non ha mancato di ricordare ipipistrelli, i mammiferi volanti. Con l’attualemigliaio di specie presenti in tutti gli am-bienti terrestri, formano un quarto dei mam-miferi viventi e sono tra i più grandi “con-quistatori” dell’aria.

La mostra si conclude con un suggesti-vo diorama sui volatori della notte, comple-tando così un percorso ricco di stimoli e dicuriosità. Il volo ha affascinato e affascineràsempre l’uomo. Questa mostra ha permes-so di saperne qualcosa di più.

Deborah Arbulla

TORNA DI ATTUALITÀIL MONTE ERMADA

L’attività di valorizzazione e ripristinodelle opere belliche del Monte Ermada, con-dotta dal Gruppo Cavità Artificiali (GCA)dell’Alpina (composto in buona parte an-che da grottisti della Commissione), ha re-centemente avuto degli ampi riconoscimentisia a livello politico che tecnico.

In occasione della presentazione dellamonografia illustrante il lavoro svolto (Sistia-na, maggio 2004) parole di apprezzamentosono state espresse dal soprintendenteregionale Giangiacomo Martines (un restau-ro insperato che ha portato a risultati esem-plari...), dal sindaco di Duino Aurisina Gior-gio Ret, dal presidente della Provincia diTrieste Fabio Scoccimarro, dall’arch. Mauri-zio Anselmi della Soprintendenza di Triestee dallo storico, esperto delle battaglie del-l’Isonzo, Lucio Fabi.

Particolare soddisfazione hanno avuto isoci del GCA per l’indiretto riconoscimentodel felice esito del lavoro svolto fornito daicolleghi del Gruppo Speleologico Flondar,che per una loro mostra sulla guerra di trin-cea (Villaggio del Pescatore, estate 2004)sul Carso hanno utilizzato i loro elaborati(rilievi, foto delle opere belliche da noi riat-tate). Se un gruppo speleologico ha ritenu-to di poter utilizzare detto materiale è se-gno indubbio che si trattava di materialebuono e affidabile.

PROTEO

Dolorosa perdita: alla fine del settembre2004 è infatti scomparso, nella vasca perlui costruita nella Grotta Costantino Doria, ilnostro caro amico proteo.

Era stato portato semiclandestinamentedalle Grotte di Postumia (che ce lo avevacortesemente ceduto) il 4 maggio 1957; dachi ci fu consegnato ci fu detto che era unanimale già anziano: Ci ha visto frequente-mente, prima molto spesso dai consoci che

scendevano nella Grotta Sperimentale perle letture degli strumenti ivi sistemati. Cura-to amorosamente per molti anni da Klun(Giorgio Coloni), poi quando questi si è tra-sferito a Roma le consegne le ebbe StelioVecchiet, che periodicamente portava i ver-mi – che trovava con molta difficoltà – pre-feriti dal nostro draghetto. Ciò nonostanteè vissuto con noi per altri 47 anni, disturba-to negli ultimi tempi dall’installazione dell’il-luminazione elettrica e dagli scavi effettuatinella grotta.

Libero Boschini

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UNA NUOVA GROTTA

Il fiuto e l’occhio da esperto battitoredel Carso Triestino, hanno portato ClaudioDe Filippo del CAI XXX Ottobre, RobertoManfreda e Giuliano Degrassi a scoprire unanuova e profonda cavità nella zona dell’expolveriera di Borgo Grotta Gigante, nonlungi dalla Grotta Costantino Doria. La ca-vità venne individuata da Manfreda e DeFilippo durante una battuta invernale nelfebbraio del 2004 e tra maggio e giugnodello stesso anno lo scavo fu ultimato e nevenne iniziata l’esplorazione.

La grotta si apre con alcuni brevi poz-zetti intervallati da brevi passaggi orizzonta-li sino ad aprirsi su un ampio pozzo profon-do 110 metri che si sviluppa totalmente inerosione. La base del pozzo, molto ampia(m 20x5), segna anche la fine del pozzosenza ulteriori visibili prosecuzioni, il tutto acirca –130 di profondità. La cavità è statachiusa con botola (chiavi presso CAI XXXOttobre) ed è dedicata alla memoria diHelmut Strasser, grottista della XXX Otto-bre attivo negli anni ’70 e prematuramentescomparso.

Riccardo Corazzi

DONAZIONE MARINI

Il nostro archivio fotografico si è arric-chito di qualche centinaio di foto, soprat-tutto ingressi delle grotte del Carso, e diun notevole numero di negativi.

Donatore è stato Dario Marini, già permezzo secolo nostro socio, uno degliuomini che meglio conoscono il Carso ele sue grotte. Come curatore dell’archiviofotografico della CGEB sento il dovere diringraziarlo per il graditissimo dono.

Anche altre persone, soci e non soci,(la vedova di Carlo Finocchiaro, Franco Flo-rit, Pino Guidi) hanno voluto seguire l’esem-pio di Dario, donando al nostro archiviovecchie foto o permettendo di riprodurrefoto da cui non intendevano staccarsi. Atutti un sentito grazie e l’assicurazione cheil materiale verrà tempestivamente catalo-gato e inserito nella raccolta sociale.

Gianni Scrigna

DONAZIONE COSMINI

Il Catasto–Archivio delle grotte delCarso, costruito dall’Alpina in oltre cento-venti anni di lavoro, s’è via via arricchitograzie non solo agli apporti degli speleo-logi attivi, ma anche a donazioni e lascitidi molti donatori – suoi soci e non – chevolevano con questo gesto evitare finisseroal macero i prodotti del loro operato.

L’ultimo apporto, in ordine di tempo, lo

In giugno il prefetto assieme a varieautorità locali ha effettuato, accompagna-to da membri del GCA, un sopralluogo ailavori eseguiti ed a quelli tuttora in corso,in vista di un più massiccio intervento voltoalla salvaguardia e alla valorizzazione delsito.

L’opera di valorizzazione del territoriocomunale di Duino Aurisina è stata poi ri-conosciuta dall’Amministrazione del Comu-ne che ha dato formalmente il suo patroci-nio all’iniziativa del Gruppo Cavità Artificiali.

Flavio Vidonis

si deve alla sensibilità della vedova delnostro affezionato consocio Bruno Cosmi-ni, che ha donato alla Commissione Grotteun bustone contenente un centinaio di ta-vole di rilievi relativi ad una ventina di cavi-tà, per lo più del Carso triestino, disegnatidalla mano magistrale del suo defuntomarito. Si tratta di alcuni rilievi originali risa-lenti al periodo fra le due guerre mondiali(fra cui la prima parte dell’abisso sopraChiusa, 116 VG, risalente al 1929) e di di-segni acquarellati di cavità scoperte edesplorate negli ultimi decenni.

Un sentito grazie alla signora Maria daparte non solo della Commissione Grottedell’Alpina, ma anche di tutta la speleolo-gia regionale che, oggi come ieri, sa dipoter far affidamento su questo archiviotuttora unico nel suo genere.

Pino Guidi

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GROTTA GIGANTE

NON SI PUÒ VIVEREDI RICORDI…

Forse non tutti sanno che la parteesterna della Grotta Gigante sta cambian-do LOOK.

Con la primavera del 2004 sono comin-ciati, infatti, i lavori di demolizione dei duevecchi edifici: la palazzina comprendente lacassa e la sala guide ed il museo di spele-ologia, diventati ormai insufficienti ad acco-gliere degnamente i numerosi turisti chevengono ogni anno a visitare questa mera-vigliosa e maestosa grotta.

Arrivai in Grotta Gigante molti anni facome “guidina”, ovvero colei che sostitu-iva le guide fisse durante il loro giorno diriposo o di ferie.

Il lavoro mi entusiasmò subito ed ognivolta che avevo la disponibilità di sostituirele guide titolari, non perdevo l’occasione pertornare in quell’incantevole caverna.

Ricordo che ad accogliermi al mioprimo giorno di lavoro c’erano nonnaRenata (la cassiera) e nonno Alceo (ma-rito e custode): due persone splendide,cordiali e affabili che mi misero subito amio agio. Era com’essere a casa!!!

Esisteva allora, come fino a qualchemese fa, un corpo centrale dove, al pian-terreno, c’era la cassa e la sala guide,oltre ad una veranda sul retro che facevada sala da pranzo per i “nonni”. Il “primo

piano” invece altro non era che un sotto-tetto adibito a stanza da letto.

La zona cassa era una piccola stan-zetta con un bancone, fatto ad elle, chefaceva da postazione di “comando” anonna Renata, donna ormai anziana, au-toritaria, ma gentile, che ci viziava spesso(ricordo in particolare i suoi gustosissimi“kiffeletti” che aveva l’abitudine di farcitrovare la domenica).

Nonno Alceo aveva invece le mani d’oroe qualsiasi cosa occorresse per la manu-tenzione e l’abbellimento della grotta, dallapiù banale a quella più astrusa, veniva, consanta pazienza, da lui portata a termine.

Era bello arrivare a Borgo Grotta, an-che se di mattina presto, sapendo che lìavresti trovato armonia e serenità.

I turisti che accompagnavo erano en-tusiasti e sbalorditi da quello che vedeva-no, ascoltandomi con interesse ed ester-refatti da quello che la natura era stata ingrado di compiere in milioni d’anni.

Ancora oggi faccio la guida, ora peròa tempo pieno, e dopo vent’anni da queigiorni continuo a portare in grotta migliaiadi persone eppure, nonostante sia passa-to tanto tempo, la Grotta continua ad in-fondermi forti emozioni, provocate anchedallo stupore e sbigottimento del turista.Nulla è cambiato!

Mi è capitato spesso che i ragazzinigiunti all’uscita commentassero: Ma è giàfinito? Che peccato! Farei volentieri un’al-tra visita! Ma come si può diventare gui-da? È troppo bello questo lavoro!!!

Ci sono anche persone adulte che, conla scusa di portare amici e parenti, ven-gono volentieri a rivisitarla, perché il suofascino è unico!!!

Ma non mi devo perdere nei meandridei ricordi, torniamo agli edifici da abbat-tere…

Nell’inverno 2003-2004 ci fu comunica-to che sarebbe stata prossima la costruzio-ne del nuovo centro d’accoglienza per ivisitatori della Grotta Gigante, e che dove-vamo incominciare a prepararci per il tra-sferimento temporaneo nelle strutture esi-stenti ed in quelle in arrivo, situate all’uscita

La vecchia biglietteria (Foto M. P. Zay)

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della grotta, detta ”ingresso alto”.Durante quell’inverno cominciammo ad

imballare, impacchettare, smistare la gran-de quantità di materiale accumulatosinell’edificio centrale, che possedeva an-che uno spazioso sottotetto dove per annie anni erano state conservate le famosecose che …”possono sempre servire”.Grazie a questo sistema venne alla luceanche materiale interessante, accortamen-te conservato da Giuliano e Mauro, guidepluri trentennali della Grotta Gigante.

Arrivò anche il giorno dell’arrivo del-l’unità abitativa per le guide. Cosa signifi-cava? Trasloco, trasferimento definitivo…ovverosia arrivarono i giorni dell’abbat-timento definitivo dei vecchi edifici!

L’unità abitativa certo non assomigliaad una casetta di montagna, come nep-pure alla mitica casetta in Canadà. È uncubo con tre finestre, una porta, due con-dizionatori d’aria … tutto sommato bastaadattarsi un po’ nell’attesa che arrivi lanuova struttura che avrà tutti i requisitidesiderati…

Bene, comincia il conto alla rovescia…Arrivarono ruspe, “picchi” e camion per

la demolizione e quant’altro servisse perabbattere il vecchio per dar spazio al nuovo.

Il giorno esatto non si sapeva ma, dallerecinzioni arancioni, dalla messa in sitodel cantiere per gli operai, dall’arrivo dei

mezzi pesanti su sei ruote, si poteva sup-porre che non sarebbe passato troppotempo per il momento fatidico!

ECCOLO …la sorte volle che fosse unlunedì! Un lunedì di marzo quando la grot-ta era chiusa per riposo settimanale. Nes-sun visitatore curioso, nessuna guida dellavecchia guardia era presente a dare l’ul-timo saluto. Ma …per mia, non so se for-tuna (come archivista) o per sfortuna(come ”vecchia guida” affezionata a queilocali che mi hanno visto crescere siad’età sia, spero, professionalmente) quel-la mattina passarono di là Ruggero eAntonella, due miei nuovi colleghi...

Lunedì 5 aprile alle ore 10.44 ricevettisul mio cellulare una chiamata d’Antonel-la che mi comunicò che erano iniziati ilavori d’abbattimento dell’edificio principa-le, biglietteria e sala guide.

Ore 11.00. Salii in auto sotto un dilu-vio esagerato e guardando verso l’alto-piano vidi che “lassù” il cielo era di unnero ancora più intenso …già, eravamotutti tristi per l’abbattimento della vecchiastruttura!!!

Strada facendo il nero si dissolse e lapioggia cessò definitivamente arrivando aBorgo Grotta Gigante.

Man mano che mi avvicinavo all’ingres-so della grotta, sentivo distintamente il“picchio” (non un uccello, ma il martello

Inizia la demolizione (Foto M. P. Zay)

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uno spettacolo, con ingresso gratuito,basato sull’arrivo di un extraterrestre bam-bino su un’astronave aliena proiettata nellospazio tempo e capitata nella Grotta Gi-gante. Tutto ideato da Serafino MarchiòLuret, con la regia di Paola Bonesi e adat-tamento musicale di Liliana Ulessi.

Con grandi giochi di luci colorate emolto gradito dal pubblico, sempre almassimo della capienza della grotta, esoprattutto dai più piccoli.

All’esterno una tenda ristorante orga-nizzata dal buon Bruno ha ristorato glispettatori all’uscita, dove pure i primi duegiorni vi è stata la musica del ZamejskiKvintet e gli altri due dai bravissimi e sim-paticissimi Sandro e Sandra che hannoallietato il pubblico con musica e canti.

La classica calata del ferragosto hachiuso il periodo festaiolo, che a furor dipopolo dovrebbe essere più lungo, spe-cialmente con più repliche dello spetta-colo.

Alle varie manifestazioni hanno presen-ziato oltre 3500 persone.

Libero Boschini

per la demolizione) che imperterrito “col-piva” un muro, demolendo così tetto epareti, che cadevano fragorosamente.

Ora anche la mia vista si rendeva con-to sempre più distintamente di cosa sta-va accadendo …buona parte della casaera già sventrata!

Scesi dall’auto, presi la macchina fo-tografica e mi avvicinai sempre di più, epiù mi avvicinavo e più mi si stringeva lostomaco, e …un lacrimone sfuggì al miocontrollo.

Gli anni passano, gli spazi diventanopiccoli, si modificano le esigenze del pub-blico quindi è giusto RINNOVARSI, anchese ti si stringe lo stomaco… Sicuramente,ne sono certa, sorgerà un edificio che en-trerà nella “storia” come quello precedente.

Non si può vivere di ricordi, anche seè giusto non dimenticare il passato, cheè quello che in ogni caso ci ha forgiato,ma bisogna guardare avanti cercando dimigliorare, creare nuovi stimoli e nuoveaspirazioni, in poche parole CRESCERE.

Nuove guide, nuovi turisti, nuova strut-tura portano a nuove iniziative e progetti.

Un modo per raggiungere tutto ciò èanche migliorare la propria “casa” ade-guandola alle esigenze odierne, creandonuovi spazi ed arricchendo le offerte va-lutando le richieste del turista moderno,per arrivare così a un potenziale incremen-to turistico che farebbe da volano pernuovi e continui impulsi.

Nel mio cuore però resterà semprequella piccola e scomoda casetta immer-sa negli alberi, sebbene sia convinta cheil nuovo lifting della Grotta Gigante sarà iltrampolino per una continua e inarresta-bile ascesa!

Maria Pia Zay

AGOSTO IN GROTTA GIGANTE

Festosa prima quindicina del mese diagosto 2004 nella Grotta Gigante.

Nei giorni 7-8-9-10 agosto 2004 infat-ti, organizzato da Franco Bandelli, alle20.30 della sera, è stato rappresentato

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GROTTA GIGANTE

Uno delle mie lacune nei confronti dellaSocietà, come mi è stato più volte rimpro-verato dagli amici, è quello di scrivere mol-to poco. Lo faccio ora, magari con graveritardo, perché non vada nel dimenticatoioquanto è stato fatto nei miei sei anni didirezione della Grotta Gigante, essendomida poco dimesso da ogni carica sociale.Vorrei premettere comunque che avrei vo-lentieri continuato ad occupare l’incarico didirettore della Grotta Gigante, se non aves-si ritenuto che l’attuale presidenza dell’Alpi-na( N.d.R Giugno 2004) fosse totalmenteestranea allo spirito che mantiene in vita edanzi alimenta una società ricreativa e senzascopo di lucro come la nostra: il volontaria-to! Un presidente accentratore, che nonconcede discrezionalità nelle decisioni, cheapre la posta indirizzata ai vari gruppi, cheinterviene soprattutto per criticare l’altruioperato ma nel contempo non chiede e nonsi interessa (magari invitandomi - come dame più volte ed invano proposto - a relazio-nare nelle riunioni mensili del Direttivo) nonrispecchia la figura rappresentativa e colla-borativa da me idealizzata. Ritengo quindigiusta e doverosa la mia scelta.

Ciò premesso, è evidentemente oppor-tuno, oltre che dovuto, fare il punto sull’at-tività da me svolta in tale periodo, dedican-do particolare attenzione a quali sono statigli interventi strutturali e promozionali e qualisarebbero stati i miei progetti, a breve e alunga scadenza, per valorizzare al meglio ilnostro patrimonio sociale.

La mia nomina è avvenuta nel 1998,pochi mesi prima della ricorrenza dei no-vant’anni di apertura al pubblico della Grot-ta Gigante. Per tale occasione erano stategià programmate dalla precedente direzio-

ne tre giornate di manifestazioni, con invita-ti di tutto riguardo, tra i quali l’allora mini-stro degli interni, on. Napolitano. Nonostantela comprensibile difficoltà nel portare avantiun impegno lasciato a metà, l’abnegazionedimostrata da tutti i nostri soci (chiamati araccolta) per consentire lo svolgimento almeglio degli spettacoli previsti sul fondodella grotta (con “tirate” fino a tarda sera)ha permesso una perfetta riuscita della ce-lebrazione.

Nello stesso periodo è stato inoltre con-cluso l’affidamento in gestione del nuovolocale posto all’uscita della grotta ad unaimportante Società, specializzata nella ven-dita di minerali e fossili, con un contratto disei anni.

Sarà comunque meglio suddividere perargomentazioni le attività svolte in quest’ul-timo quinquennio le quali, pur parlando alsingolare, sono state portate avanti da tuttoil Direttivo, oltre che da diversi soci volon-terosi:

RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

COMUNE DI SGONICOÈ stato fortemente voluto un avvicina-

mento con il Comune di Sgonico, con ilquale mancava qualsiasi rapporto di dialo-go e di proposte per un miglioramento dellosviluppo turistico della zona. È sempre sta-ta mia convinzione che l’attività della GrottaGigante, che conta attualmente circa 80/90.000 visitatori annui, possa creare anco-ra notevoli opportunità di lavoro per il terri-torio. I frequenti incontri avuti con il Sinda-co, con scambio di opinioni e ricerca disinergie comuni, stanno dando risposte in-coraggianti. L’ultimo risultato in ordine ditempo è l’inserimento della Grotta Gigante

L’articolo sotto riportato, affidato già nel giugno 2004 ai redattori di “Alpi Giulie”,non è stato purtroppo pubblicato, in quanto sono stati preferiti altri articoli, ritenutievidentemente più importanti, di attività sociali. Ripiego quindi alla sua pubblicazionesu “Progressione” con non poco rammarico, in quanto avrei preferito che la lettura delresoconto di sei anni di attività per la Grotta Gigante fosse stata messa a disposizionedi tutti i nostri soci dell’Alpina attraverso la rivista sociale della stessa.

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nel percorso del nuovo sentiero naturalisti-co a tematiche specifiche, in progetto tra iComuni di Sgonico e Monrupino. Tale pro-gramma è già in avanzato stato di definizio-ne, con finanziamento regionale già appro-vato.

Rimane ancora in sospeso, ma nonaccantonato, il progetto di miglioramentoviario della zona, con sensi unici e parcheggiche possano agevolare le manovre e lesoste dei pullman. Tale progetto prevedreb-be anche l’arrivo degli autobus di lineadavanti al piazzale grotta.

I rapporti burocratici inoltre (licenze edi-lizie, autorizzazioni a manifestazioni ecc.)sono praticamente eccellenti.

ASSESSORATO REGIONALE AL TURISMOUna grossa mano ci è stata data dal-

l’Assessore Regionale al Turismo, SergioDressi (al quale vanno i miei ringraziamentiper la sensibilità dimostrata nei nostri con-fronti) con la concessione dell’intero finan-ziamento necessario per l’abbattimentodelle attuali strutture esistenti all’ingressodella grotta e per la costruzione di un uni-co, moderno edificio. Tale fabbricato com-prenderà la biglietteria, il museo, la salaaspetto, la sala guide, una sala riunionimultifunzionale (per l’accoglienza di autori-tà in visita, rapporti con le altre grotte turi-stiche, conferenze stampa, eventuali proie-zioni ecc.) ed un vasto locale interrato peril deposito di tutto il materiale pubblicitarioe di tutte le esigenze di spazio inerenti l’at-tività della Grotta Gigante.

Era mia intenzione concedere all’AIATuna piccola parte di questo edificio per l’in-serimento di un punto informativo, che si-gnificherebbe convogliare automaticamen-te molti turisti, anche non a conoscenzadella nostra realtà, nella Grotta Gigante. Lostesso edificio inoltre servirà (ma è un pro-getto a più ampio raggio) quale centro diraccolta dei turisti che vogliono effettuarevisite naturalistiche o turistiche nella nostraprovincia. L’ampliamento dei nostri servizipotrebbe dare senz’altro risultati positivi,visto anche l’attuale fattivo supporto delleistituzioni.

A.I.A.T. (AZIENDA PER L’INFORMAZIONEE L’ACCOGLIENZA TURISTICA)

Oltre al solito lavoro di routine (distribu-zione depliants, partecipazione alle fiereecc.) gli ultimi tre anni hanno visto l’A.I.A.T.partecipare concretamente alla promozio-ne della Grotta Gigante, finanziando total-mente (tramite l’Assessorato Regionale alTurismo) una nuova manifestazione seraledi più giornate, che ha avuto luogo all’inter-no ed all’esterno della Grotta nel mese diagosto (non intaccando le normali visitegiornaliere).

RAPPORTI CON ALTREREALTÀ TURISTICHE

La Grotta Gigante è socia dell’A.G.T.I.(Associazione Italiana Grotte Turistiche)della quale è anche membro del ConsiglioDirettivo, e dell’I.S.C.A. (International ShowCaves Association). L’appartenenza allaprima, oltre a consentire un continuo ecorretto scambio di informazioni tra le as-sociate (non essendoci tra di loro alcunaconcorrenza), permette una reciproca pro-mozione, per ora soltanto a mezzo di undepliant comune, ma presto anche conpunti d’informazione posti all’ingresso diciascuna grotta. L’A.G.T.I. inoltre si propo-ne, con una potenzialità di 1,5 milioni dituristi, di avere un più ampio potere con-trattuale, finalizzato ad un riconoscimentoufficiale da parte degli organi politici e legi-slativi che possa semplificare la burocraziae facilitare l’accesso a contributi finanziari.Esiste un sito ufficiale (www.grotteturistiche.com), per ora molto sintetico, dal quale ivisitatori possono accedere, attraverso ilinks, al sito della Grotta Gigante. La secon-da adesione, oltre a dare anch’essa la pos-sibilità di promuovere la nostra grotta attra-verso il sito www.i-s-c-a.com, consente diessere presenti ad ogni convegno, dove tuttigli associati possono presentare i loro lavo-ri, finalizzati alla cultura del rispetto ambien-tale ed alla valorizzazione delle grotte turi-stiche. Tale Associazione comprende tuttele più importanti grotte turistiche del mon-do ed è un ottimo veicolo pubblicitario, ol-tre che fonte di molte informazioni.

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I contatti avuti con le grotte di S. Can-ziano, in Slovenia, lasciano ben sperare inun concreto rapporto di collaborazione, nellareciproca promozione e nella partecipazio-ne comune alle maggiori fiere europee delturismo.

INTERVENTI STRUTTURALI

Come già accennato, l’AssessoratoRegionale al Turismo ha concesso il totalefinanziamento per l’abbattimento delle strut-ture esistenti all’ingresso della grotta e perla costruzione di un unico, più grande emoderno edificio. Questo radicale interven-to consentirà finalmente di avere un mo-derno centro di accoglienza, al passo conle esigenze turistiche attuali.

Sono stati effettuati due urgenti inter-venti di consolidamento, uno alla parete chefiancheggia la colonna Ruggero e l’altroimmediatamente sopra il cancello d’uscita.Tali lavori consentono ora una maggior si-curezza nelle visite.

La fatiscenza di buona parte dei passa-mani in ferro ha obbligato l’installazione dinuovi passamani in acciaio in tutto il per-corso maggiormente a rischio, cioè tutte lerampe che dall’ingresso portano al fondo,e sono in previsione ulteriori lavori (a tran-ches) fino alla totale sostituzione di quellimaggiormente deteriorati.

Sono in progetto lavori di sistemazionedei sentieri (ora chiusi) che portano al fon-do della grotta, per consentire un accessosicuro ai visitatori in occasione delle variemanifestazioni, quando gli stessi vengonoaperti.

La casetta posta sul fondo, dove sonosistemate le strumentazioni scientifiche delDipartimento delle Scienze della Terra, ver-rà coperta da una soletta di cemento, so-pra la quale verrà risistemata la terra a suotempo asportata (il tutto a spese del Dipar-timento). Ciò consentirà una visuale piùarmoniosa ma soprattutto più naturale dellacavità.

All’esterno dell’uscita alcuni soci volon-terosi hanno creato un piccolo ma interes-

sante orto botanico, comprendente le piùdiffuse specie di piante presenti nel CarsoTriestino.

È stata fatta inoltre una radicale puliziadelle vaschette e dei campi solcati chesovrastano l’ingresso della grotta, per me-glio illustrare i fenomeni epigei alle numero-se scolaresche in visita.

MANIFESTAZIONI

BEFANAÈ il nostro cavallo di battaglia. Come

ogni anno la manifestazione della Befana,con la calata dalla volta della grotta delleBefane, dei Re Magi e di Babbo Natale, ladistribuzione di caramelle a tutti i bambinipresenti ed il gran pampel agli adulti (il tut-to accompagnato dalla banda dei Salesia-ni), attira un gran numero di spettatori ( inmedia 1.500 ) ma soprattutto viene trasmes-sa nei vari TG regionali ed anche nazionali.

CRONOTRAVERSATAIdeata dal gruppo C.I.M. (Corsa in Mon-

tagna) e favorevolmente accolta nel conte-sto delle manifestazioni tradizionali in Grot-ta Gigante, questa spettacolare corsa anumero chiuso, che si svolge con partenzaed arrivo esterni e con l’attraversamentodell’intera grotta (1.000 e più gradini!) ècresciuta rapidamente di notorietà nel mon-do della corsa, arrivando ad attirare atleti dilivello internazionale. Purtroppo l’inizio deilavori del nuovo edificio di accoglienza tu-ristica non permetterà per un paio d’anni losvolgimento di tale gara, ma ci ripromettia-mo di riproporla quanto prima.

NOTTE DI S. LORENZOIl 2003 è stato il terzo anno in cui tale

manifestazione, totalmente finanziata dal-l’A.I.A.T., ha avuto luogo, passando dalleprecedenti tre serate alle quattro di que-st’anno. Ciò basta per capire quale sia sta-to il consenso del pubblico. Si svolge inagosto, comprendendo appunto la notte diS. Lorenzo, il 10 del mese, e consiste instorie fantastiche avvolte da luci e musiche

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all’interno della grotta, molto suggestive peril posto dove si svolgono. All’esterno inve-ce viene allestito un palco dove si alterna-no ottimi gruppi musicali di vario genere. Aristorare le serate, naturalmente, è presenteun chiosco per la vendita di bevande e cibo.

CALATA DI FERRAGOSTOLa quasi concomitanza con la manife-

stazione descritta sopra ha diminuito l’inte-resse per questo tradizionale evento, checomunque continuiamo a mantenere, siaperché è l’unica opportunità che viene dataagli speleologi non appartenenti alla Com-missione Grotte di provare il brivido delladiscesa in corda nella nostra enorme cavi-tà, sia per diversificare la normale visita deivisitatori, che sono sempre molto colpiti daquesto “spettacolo”.

CONCERTO DI NATALESi è svolto per quattro anni consecutivi,

eseguito sempre dal bravissimo coro “Cap-pella Tergestina”, accompagnato anche daaltri gruppi regionali. Nonostante l’affluenzadi pubblico non sia stata particolarmentenumerosa, non è stato questo il motivo checi ha fatto rinunciare a tale manifestazionenegli anni 2002 e 2003, bensì perché siprevedeva che i lavori di ricostruzione dellestrutture esterne iniziassero già entro talianni, con chiusura parziale della grotta edun conseguente maggior disagio per l’af-flusso turistico.

RAPPORTI CON GLI ENTI SCIENTIFICIOSPITATI IN GROTTA GIGANTE

Ormai da molti anni sono ospitate nellaGrotta Gigante strumentazioni scientificheappartenenti al Dipartimento delle Scienzedella Terra (pendoli geodetici) ed all’Osser-vatorio Geofisico Sperimentale (sismografi)ma nessuno dei miei predecessori ha maivalutato la necessità di sottoscrivere, conapposita convenzione, le reciproche respon-sabilità, i diritti e doveri. Dopo diversi mesidi “trattative” siamo comunque riusciti aregolamentare finalmente i nostri rapporti

con il DST.Un altro problema importante che stia-

mo cercando di risolvere è la bruttura rap-presentata dalla casetta che ospita le stru-mentazioni scientifiche del DST. Chi havisitato la Grotta Gigante infatti non avràpotuto non notare che l’unica zona pocoilluminata (di proposito) è proprio il fondodella grotta, dove è collocata tale costru-zione, che fa a pugni con la bellezza del-l’ambiente naturale circostante. Abbiamopertanto sensibilizzato il DST, che si staimpegnando a reperire i fondi necessari allacopertura del tetto della casetta con unasoletta in cemento, che verrebbe quindi asua volta ricoperta con uno strato di terra,rendendola così sufficientemente mimetiz-zata.

ORGANIZZAZIONE

Una delle prime cose fatte sotto la miadirezione è stata la variazione degli orari divisita. Nei mesi turistici infatti poche eranole persone che facevano visita alle nove oalle diciannove (orari di inizio e fine giorna-ta) mentre le ore di punta (chiuse fino adallora per pausa pranzo) vedevano spessocentinaia di persone in attesa della riaper-tura. Abbiamo così deciso di “tagliare la testae la coda” adottando l’orario continuato.

La situazione e la tipologia contrattualedelle guide è stata un’altra questione im-portante affrontata e risolta. Fino a quelmomento infatti il lavoro delle cosiddette“guide fisse” era regolamentato da un con-tratto individuale non collegato ad alcunCCNL, né erano previsti rinnovi, aumenti,diritti o doveri, ma semplicemente un orariodi lavoro ed un importo mensile. Dopo unalunga contrattazione con i due dipendenti,dovuta credo principalmente ad una insen-sata diffidenza, è stato accettato l’inserimen-to nel Contratto Collettivo Nazionale delTurismo.

Anche la tipologia contrattuale dell’or-ganico è stata modificata. Fino a tempo faesistevano solamente le cosiddette “guidefisse”, quelle cioè in possesso di un con-

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tratto a tempo indeterminato, affiancate dauna quindicina di “guidine” per il periodo dimaggior afflusso turistico (aprile-settembre),iscritte con contratti “co.co.co.”, che pre-stavano alternativamente servizio per untotale di tre presenze giornaliere. Da dueanni a questa parte ci siamo indirizzati peril lavoro stabile di tre guide (due delle qualinuove assunte) e, per il periodo turistico, ditre guide stagionali, mentre le “guidine”sono rimaste, drasticamente ridotte nel nu-mero, solamente per sostituire alternativa-mente le sei guide nelle loro giornate diriposo o ferie. Tale scelta ha consentito unariduzione dei costi gestionali ed una mag-giore stabilità e professionalità. Ed è pro-prio il desiderio di migliorare quanto piùpossibile la qualità del servizio, indispensa-bile con l’attuale turismo “mordi e fuggi”,che abbiamo in previsione, per il prossimofuturo, scambi di visite da parte delle guidecon le altre grotte turistiche, corsi di primosoccorso e di geologia. La qualità delleguide (tra cui un laureato in geologia ed

una guida naturalistica) ci permetteranno inseguito (ad ultimazione del nuovo centroaccoglienza) di realizzare un progetto am-bizioso ma a mio parere sicuramente fatti-bile, ampliare cioè la nostra offerta anche avisite guidate alle maggiori bellezze natura-listiche del Carso Triestino.

PUBBLICITÀ - PROMOZIONI

Continua l’ormai tradizionale distribuzio-ne dei nostri depliants in tutte le localitàdell’Alto Adriatico, in particolare nei cam-peggi, nelle Aziende di Soggiorno, neglialberghi, mentre la nostra pubblicità vieneeffettuata nelle riviste specializzate nel turi-smo ed attraverso alcune radioemittenti adiffusione regionale, in tedesco. Promozio-ni indirette ma efficaci sono state le nostreapparizioni alla televisione ( ed in particola-re su Raiuno – Linea Verde ) come anchele interviste effettuate su Rai – Radio tre,Telequattro, Antennatre, mentre anche lenostre manifestazioni sono state ampia-

AFFLUSSO TURISTICO DELL’ULTIMO DECENNIO

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Totale anno

Anno 19941.633 0 3.008 12.688 9.334 5.610 8.739 14.461 6.264 3.860 1.719 1.306 68.622

Anno 19951.244 930 3.402 15.979 10.755 7.479 10.289 17.118 7.025 4.601 2.145 2.079 83.046

Anno 19962.236 722 3.776 13.051 9.839 7.069 10.999 16.901 7.350 2.982 2.580 973 78.478

Anno 19971.679 1.013 5.949 13.788 12.077 6.538 10.352 18.063 6.552 1.890 1.385 1.245 81.636

Anno 19982.312 926 4.109 13.375 13.900 6.596 12.198 19.044 7.512 2.982 1.946 1.576 86.476

Anno 19992.316 1.003 3.442 11.517 10.856 6.035 12.256 18.220 6.645 5.647 1.197 720 79.854

Anno 20001.631 299 3.248 15.171 10.847 7.184 11.222 15.033 5.385 2.801 1.996 1.394 76.211

Anno 20011.596 1.041 3.752 12.685 12.130 7.145 12.066 16.166 5.563 2.746 1.883 890 77.663

Anno 20021.521 926 5.211 13.495 15.224 6.145 12.481 16.237 6.307 2.602 2.302 1.026 83.477

Anno 20031.647 1.025 3.825 12.734 12.245 6.796 9.561 14.968 4.877 2.750 1.406 871 72.705

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mente pubblicizzate nei vari telegiornali ogiornali radio.

Abbiamo partecipato inoltre alle varieedizioni de “La Bavisela” con un nostrostand e sono state promosse riduzioni sulprezzo d’ingresso in occasione della Bar-colana, di diversi raduni come quello deiCarabinieri, dell’Associazione Donatori San-gue oppure per i turisti appartenenti al Tou-ring Club Italiano o quelli in visita e sog-giorno a Trieste, tramite l’AssociazioneAlbergatori Trieste o “T for You”. Si è vistala nostra presenza anche ad un importantetorneo di calcio giovanile, totalmente ripre-so televisivamente, con un nostro striscio-ne esposto per tutto il periodo dell’evento.

È fase di definizione una promozioneche prevede la riduzione del prezzo d’in-gresso alle persone che presenteranno ilbiglietto attestante l’avvenuta visita di unaqualsiasi delle grotte turistiche appartenen-ti all’A.G.T.I.

Possiamo considerare sicuramenteun’ottima promozione l’uscita (finalmente!)della videocassetta in tre lingue della Grot-ta Gigante, in vendita all’ingresso ed all’usci-ta, oltre che nella sede sociale.

L’ultimo importante veicolo pubblicitarioè il sito web della Grotta Gigante, dal nomewww.grottagigante.it. Attraverso tale sito ciattendiamo una considerevole risposta intermini di visitatori (virtuali e non), conside-rando che ormai il computer è entrato a farparte delle famiglie come un qualsiasi elet-trodomestico. Tale sito contiene una partedescrittiva del Carso Triestino, la storia, lamorfologia e la visita della Grotta Gigante(oltre alle indicazioni di come arrivarci e gliorari di visita) e dei brevi testi illustrativi dellestrumentazioni scientifiche esistenti (pendoligeodetici, sismografi, capannina meteoro-logica). Una “finestra” alla quale ha acces-so solamente la Direzione indica inoltreeventuali manifestazioni, variazioni di orari,promozioni ecc.). Sono infine inseriti varilinks che danno modo di collegarsi diretta-mente ai siti aventi qualche attinenza conl’attività della Grotta Gigante (S.A.G.,C.G.E.B., A.G.T.I., I.S.C.A., A.I.A.T., D.S.T.).

INTERVENTI FUTURI

CENTRO VISITE

Sicuramente il maggior impegno chedovremo tra breve affrontare è la costruzio-ne del nuovo edificio multifunzionale, chedovrebbe sopperire a tutte le carenze strut-turali e logistiche attuali. Questo immobilecomprenderà, come già detto, la bigliette-ria, il nuovo museo, una sala aspetto, unasala guide ed una sala riunioni. Più specifi-catamente, l’atrio prospiciente la bigliette-ria e punto vendita servirà anche da puntoinformazioni dell’AIAT. Quest’ultima prospet-tiva potrebbe essere di grande interesseperché porterebbe il turista “generico”,quello cioè alla sola ricerca di informazioni,a “dover” conoscere la Grotta Gigante. Taleluogo potrebbe inoltre servire (ma per taleevenienza siamo ancora in fase pre-proget-tuale) anche da punto di partenza per l’ef-fettuazione di visite naturalistiche sul CarsoTriestino. Le nostre guide avrebbero pienotitolo per servire egregiamente allo scopo,ma è evidente che l’attuale organizzazionedel lavoro dovrà essere completamente rivi-sta.

Il museo avrà finalmente una degnavalorizzazione, diventando anch’esso unincentivo alle visite turistiche. Quanto daesporre sarà a suo tempo valutato dal suodirettore e dal Consiglio Direttivo.

La sala aspetto verrà dotata di più mo-nitors, collegati direttamente con le strumen-tazioni scientifiche poste all’interno dellaGrotta Gigante, dando così la possibilità alturista di osservare in tempo reale le letturedei movimenti della terra. È prevista inoltrel’esposizione di un modellino dei pendoligeodetici e di un sismografo. Un angolo ditale locale sarà inoltre dedicato alla promo-zione delle due associazioni di grotte turi-stiche alle quali apparteniamo, con proie-zioni e con la presenza di un espositore dimanifesti e depliants degli associati.

L’esistenza di una sala riunioni (divisibi-le in due parti, diventando così anche uffi-cio per la direzione) finalmente rimedieràalla grave lacuna di non aver avuto finora

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dovrebbe a mio avviso far aumentare l’inte-resse del turista e nel contempo rendere lavisita più varia scenograficamente.

PROMOZIONI

Il tradizionale bacino d’utenza della Grot-ta Gigante è sempre stato l’alto litoraleadriatico, dove sono stati da sempre indi-rizzati i nostri maggiori sforzi pubblicitari.Anche le scuole occupano una buona per-centuale nelle statistiche dei visitatori an-nui, ed a loro sono riservate tariffe partico-lari che incentivano le visite.

Nel futuro è nostra intenzione entrare inuna fetta di mercato che lo scarso tempodisponibile, nella nostra condizione di vo-lontari, ha sempre frenato: le fiere ed i con-seguenti contatti (e contratti) con gli opera-tori turistici. Credo di non esagerare se dicoche una mirata partecipazione alle più im-portanti fiere del settore potrebbe portaread un aumento di almeno il 10-15% di turi-smo nella nostra grotta.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Come si è visto, il lavoro della GrottaGigante è paragonabile a quello di una pic-cola, sana azienda, dove i “dipendenti” (vedisoci della Commissione Grotte “E. Boegan”- gruppo speleologico della Società Alpinadelle Giulie e nato assieme alla stessa)hanno finora cercato di dare il massimoperché la stessa sopravvivesse ed anzi,portasse risultati confortanti, tali da permet-tere a loro ed a tutti gli altri soci della So-cietà Alpina delle Giulie di perseguire e rag-giungere gli scopi sociali. Con il lavoromanuale e cerebrale di tali “dipendenti”sono state possibili, nei vari anni, spedizio-ni alpinistiche e speleologiche, riparazioni,ricostruzioni e migliorie ai rifugi e bivacchi,l’acquisto di una prestigiosa sede socialecon relativo mobilio e tante altre cose. Tut-to ciò per la Società Alpina delle Giulie!

Roberto Prelli

un luogo dove accogliere autorità e perso-nalità in visita, o dove poter fare conferenzestampa, riunioni con gli associati e, perchéno, anche lezioni alle scolaresche, su pre-notazione.

La sala guide sarà finalmente una verastanza di riposo per i dipendenti, in sostitu-zione della piccola veranda attuale.

La presenza di una grande cantina e diun soppalco darà modo di avere in deposi-to nello stesso luogo tutto il materiale dellaGrotta Gigante (depliants, libri, souvenirsecc.), cosa fino ad ora non possibile permancanza di spazio.

CAPANNINA METEO

Lo spostamento della capannina mete-orologica per far spazio alla nuova costru-zione del Centro Visite, darà l’opportunitàdi ammodernare le strumentazioni scientifi-che in essa contenute. E’ doveroso a que-sto proposito sottolineare che il lavoro del-l’attuale direttore della nostra stazionemeteo, Roberto Colucci, ha dato un note-vole impulso alla valorizzazione della sta-zione, che è stata più volte punto essenzia-le di riferimento negli articoli sugli eventiclimatici locali, apparsi nel principale quoti-diano di Trieste.

VISITA ALLA GROTTA GIGANTE

Sebbene la vastità della Grotta Gigantecrei un forte impatto emozionale per chi viaccede per la prima volta, ritengo che unavisita di quasi un’ora con la stessa vedutadella caverna, anche se da prospettive di-verse, possa far scemare gradualmente l’in-teresse del turista meno coinvolto.

Mi piacerebbe pertanto far entrare lepersone con la sola illuminazione delle sca-le, quindi, sempre al buio, raccontare l’evo-luzione delle grotte (non dimentichiamo letante scolaresche in visita) con brevi proie-zioni didattiche e nel contempo illuminaresapientemente ad uno ad uno singoli an-goli della grotta fino ad arrivare all’improvvi-sa illuminazione totale, sicuramente di gran-de effetto. Questa scaletta graduale

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NARRATIVA

IL “NONNO” RACCONTA

Ultimamente, nel tentativo di aprire unaltro buco sul Carso, un ritrovamento, sep-pur banalissimo, venuto alla luce durante lesolite opere di disostruzione, mi ha dato lospunto per scrivere qualche racconto riguar-dante le vicissitudini della mia lunghissimacarriera di speleologo. Tutto questo, ovvia-mente, sarà possibile se i redattori dellanostra rivista “Progressione” non mi man-deranno al solito paese adducendo il moti-vo che tali miei racconti sono privi d’inte-resse. Certo è che le mie narrazioni nonavranno senz’altro un sapore drammaticoma piuttosto comico e anche curioso percerte singolarità incontrate in grotta.

IL MISTERO DELLE OSSA

Il ritrovamento, a cui ho accennato pocosopra, era rappresentato da numerose gros-se ossa di un quarto di bue (o bestionesimile) che giacevano a un paio di metri diprofondità, sotto l’ingresso (allargato) delbuco in questione e coperte da un cospi-cuo ammasso di detriti in parte già concre-zionati e pertanto legati fra di loro. Perchée come diavolo quelle ossa si trovavanolà? Qualcuno potrà avanzare l’ipotesi chesiano state trasportate dall’acqua. Sì, buo-nanotte! Quando qualche ruscello scorre-va, se mai era scorso da quelle parti, sullafaccia della terra non esistevano ancora imanzi né (che bello) le persone come sia-mo abituati a vederli oggi.

Logicamente la spiegazione più sempli-ce è che quelle ossa siano state portate lìdall’uomo, buttate all’interno della minuscolacavità e poi ricoperte col pietrame da noirimosso. Un lavoro in verità abbastanzaimprobo, se si prende in considerazione ilfatto che qualche decina di metri più adovest vi è un bellissimo e ampio P. 60, incui dette ossa avrebbero potuto essereinvolate senza alcuna fatica. Mah!!

NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO!

Questa mia “grottesca” avventura l’hovissuta alla base dell’iniziale P. 60 della

cavità denominata «Pozzo II di Borgo Grot-ta Gigante», n. 2691 VG. Ero allora pocopiù di un ragazzo, ancora timorato di Dio, inuna delle mie prime uscite con la “Com-missione Grotte”.

Lo scopo della nostra visita in tale grot-ta era l’allargamento di una strettoia oltre laquale saremmo pervenuti in altri ambientiipogei. Ma questo fatto, come sempre ac-cade nei miei racconti, non ha nulla a chevedere con quanto sto narrando.

Allora non esistevano trapani demolitorio altri mezzi idonei ad allargare speditamen-te una strettoia, ma soltanto mazzetta escalpello, coadiuvati – se l’ampiezza del-l’ambiente lo permetteva – da mazza e“strangolino”.

Di turno, per i lavori di cui sopra, si eramesso di buona lena l’amico Giorgio Borto-lin. Ancora oggi, quando andiamo a bereun’ “ombra”, qualche volta glielo ricordo.La fessura da allargare era situata in unaposizione quanto mai infelice, per cui il la-voro di mazzetta e punta era abbastanzaoneroso. Vuoi per questo o per altro moti-vo, fatto stà che l’addetto ai lavori si menòuna gran martellata sul dito pollice dellamano sinistra. Un urlo straziante si levò trale cupe pareti della grotta, seguito quindida una sequela di orribili bestemmie.

«Ma senti un po’ – mi dissi – non sidovrebbe bestemmiare così in grotta. Il Pa-dreterno potrebbe arrabbiarsi e mandarciaddosso qualche masso.» Non avevo finitodi completare questo assurdo pensieroquando un sordo rumore che via via au-mentava di intensità cominciò a ripercuo-tersi fra le pareti della cavità.

«Lo sapevo io – dissi tra di me – ora civerrà tutta la grotta in testa». Mi rannicchiaiin un anfratto nel tentativo di sfuggire allacollera celeste, anche se ben sapevo, purnon avendo io bestemmiato, di non averescampo in quanto, solitamente, il Divino fadi tutta l’erba un fascio.

Il rumore che tanto mi aveva impressio-nato dopo aver raggiunto l’acme, man manosi affievolì e quindi si smorzò del tutto sen-za alcuna nefasta conseguenza per la miae altrui incolumità. Ostentando una com-

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pleta tranquillità d’animo raggiunsi i com-pagni d’esplorazione intenti a prestare leprime cure all’infortunato, totalmente indif-ferenti al minaccioso rumore manifestatosipoc’anzi. Per non fare la figura del fesso (edel fifone) non chiesi spiegazioni riguardo ilcupo rimbombo. Lo scoprii da solo dopoaver guadagnato l’uscita: ad una decina dimetri dall’ingresso della cavità, infossato fradue pareti di roccia, ci stava (allora) il trac-ciato della ferrovia. Ogni spiegazione inmerito al rumore mi pare del tutto superflua.

«OROTRECUS FORTIIS»

Eravamo impegnati nell’esplorazione diuna cavità aprentesi sui monti della destraorografica del torrente Cellina, conosciutadagli abitanti del luogo come “Grotta dellaVal dei Pai”. Per raggiungere l’ingressooccorsero parecchie ore di marcia e vi ar-rivammo sfiniti, sia per aver superato unnotevole dislivello metrico, sia per la nottequasi insonne trascorsa in un fienile, mes-soci gentilmente a disposizione da un val-ligiano, unitamente a parecchie bottiglie divin Clinto (quel vino, poco alcolico, chequando si beve colora la bocca di viola).

Per puro dovere di cronaca dirò che lacavità in questione era rappresentata da unP. 25 iniziale a cui faceva seguito un’am-pietta galleria in leggera pendenza lungacirca un centinaio di metri. Al termine dellastessa un fondo pianeggiante costituito daterriccio coperto da sfasciumi chiudeva ogniproseguimento; l’unica possibilità di qual-che ulteriore seppur remoto avanzamento,era data da un alto camino che si ergevasopra la base terrosa a ridosso della pareteterminale.

Non mi ricordo né il nome né il numerodelle persone che scesero in quella grotta,ma questo fatto è di scarsa importanza.Quello che ricordo bene invece è il nomedel compagno, Livio Forti, nostro espertoentomologo, con il quale raggiunsi il fondodella cavità.

Mentre l’amico era intento alla raccoltadi animaletti cavernicoli, io iniziai a risalirel’ampio camino testé citato. Mi innalzai per

una buona decina di metri senza trovarealcuna prosecuzione allorché ad un trattosmossi con un piede un grosso pietrozzogiacente su di una cengetta, facendolo pre-cipitare. Lanciai un grido di avvertimento permettere in guardia l’amico che stava sottodi me tutto intento nella sua battuta di cac-cia. Dopo qualche rimbalzo sentii il sassoraggiungere il fondo e immediatamentedopo si levò un grido disumano. «Oddio, lapietra l’ha colpito» pensai piuttosto preoc-cupato per la sorte del compagno. Stavo lìabbarbicato agli appigli della parete indeci-so sul da farsi, mentre dal fondo salivanoverso di me suoni gutturali, sghignazzamentied infine una fragorosa risata.

«Santa Madonna, la pietra lo ha colpitoin testa ed è diventato matto» pensai sul-l’orlo della disperazione.

Scesi le pareti del camino più in frettache potei e raggiunta la base quello chevidi non mi rasserenò affatto. L’amico sicomportava da demente, sempre ridendoe sghignazzando correva in cerchio nellacaverna.

«Cosa succede Livio?» gli chiesi timida-mente e con il cuore in gola.

Lui si fermò di botto, mi mostrò un’am-pollina piena per due terzi di segatura nellaquale non notai assolutamente nulla e guar-dandomi dall’alto in basso mi disse:

«Hai visto? Ho scoperto una nuova spe-cie di Orotrecus (piccolissimo insetto ipo-geo, N.d.A.) alla quale darò il mio nome!»

«Ma va a pigliartelo nel c…, te e il tuoOrotrecus! E io temevo che…».

Tempo dopo, sfogliando una rivista chetrattava di tali animaletti, ho letto con piace-re il cognome latinizzato di Livio accanto aquello del famoso “Orotrecus” (Fortiis).

Bene, amici lettori! Sperando di nonavervi annoiato mi fermo qui con questoscritto. La prossima volta, se mi sarà con-cesso, tratterò su alcuni fatti curiosi nei qualisono incappato durante le mie peregrina-zioni sotterranee.

A presto, dunque…Bosco Natale Bone

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BIBLIOTECA

CARTA DEL CARSOPER ESCURSIONISTI

È uscita la II edizione della Carta To-pografica per Escursionisti del Carso Tri-estino, 1:25.000 (con indice dei nomi ecoordinate GPS UTM/WGS84) 2004. Tran-salpina Editrice - Trieste. Realizzazionecartografica Lagiralpina - Fagagna (UD).Collana “Le Cartine” (01), curatore Ales-sandro Ambrosi, autore Carlo Tirone, conla collaborazione di Claudio Oretti.

È del tutto simile alla I edizione, salvocorrezioni ed aggiornamenti. Si tratta diun’ottima realizzazione cartografica delCarso, compreso nella Provincia di Trie-ste e del territorio triestino e muggesano.Nella medesima realtà cartografica è rap-presentato anche il territorio della vicinaSlovenia, fino al limite imposto dalle di-mensioni della carta.

È uno strumento indispensabile pertutti coloro che fanno dell’escursionismouna ragione di conoscenza dell’ambiente

che ci circonda. La fitta rete, soprattuttodei “sentieri CAI”, permette di visitare ilCarso Triestino ed i territori adiacenti,anche oltre il confine di stato, in tutte lesue parti e permette anche di indicare alvisitatore, attraverso i “segni convenzio-nali”, la posizione ed i nomi di località ca-ratteristiche, di cavità ed altre morfologienaturali, oltre all’indicazione di diversi“oggetti storici”, o di particolari indicazio-ni geografiche. Molti di questi percorsioltre che a piedi, possono essere fatti inbicicletta o a cavallo, scegliendo ovvia-mente la località di “partenza” che puòessere raggiunta con i mezzi pubblici ocon le auto private.

Vi sono dei casi di sentieri che si svilup-pano anche per decine di chilometri, ne èun esempio ormai classico il Sentiero CAIn. 3 o Alta via del Carso e che ben difficil-mente può essere percorso nell’ambito diuna giornata. Con questa Carta Topografi-ca è possibile programmare a tavolino, il“tratto” che si intende sviluppare partendoda una località, per raggiungere un altropunto ad una distanza temporale preventi-vamente stabilita. Il ritorno potrà avvenirecon i mezzi pubblici oppure con il posizio-namento di un mezzo privato in corrispon-denza del punto di arrivo. Per coloro cheamano la natura e che desiderano dei per-corsi che si sviluppano al di fuori di paesi,strade pubbliche, dalla preventiva consul-tazione della Carta possono trovare i luo-ghi più solitari, cercando anche di trovaredei percorsi circolari, utilizzando diversi sen-tieri.

Se infine l’escursionista desidera rag-giungere una località o un oggetto di cuiconosce il nome, ma è privo di un’indica-zione di posizione geografica, utilizzandol’allegato fascicoletto “indice dei nomi”,con le coordinate può agevolmente tro-vare quanto di suo interesse.

Sta nella volontà dei singoli sfruttarequesta Carta Topografica, nel modo piùampio per visitare dei luoghi di cui senzaquesto prezioso aiuto, sarebbero non fa-cilmente raggiungibili. Un’unica raccoman-dazione: in questa Carta sono segnate

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CARTA DEL CARSO BELLETTI

Per una carta fatta bene, eccone unafatta male. La casa editrice Belletti di Mi-sano Adriatico (RN) stampa e commer-cializza carte turistiche al 50.000 con alle-gato opuscolo illustrativo. La numero V221è dedicata al Carso e copre un’area cheva da Gorizia a Pirano, quindi l’ideale –parrebbe – per il viaggiatore che approdida queste parti.

Parrebbe, perché esaminando la carta– e senza entrare nel merito della grafica– si notano delle incongruenze e deglierrori che creano delle perplessità e diffi-coltà all’incauto turista. Ad esempio l’au-tostrada che attraversa il nostro Carso èpriva degli svincoli di Duino, Sistiana,Sgonico, Prosecco, Trebiciano, Padricia-no; la Val Rosandra risulta attraversata dauna strada secondaria perdentesi in Slo-venia e che sembra liberamente percorri-bile (mentre è interdetta al traffico). Nonsono indicate l’Area di Ricerca e il Sincro-trone, mancano i monti San Leonardo(anche se c’è un Sv. Lenart) ed il Con-cusso. Sono segnati i sentieri del CAI (contanto di numero) e tre percorsi naturalisti-ci (Capriolo, Cinciallegra, Salamandra): egli altri? A dare un tocco di originalità allacarta sono segnate parecchie grotte (64nella provincia di Trieste), ma solo di al-cune è dato il nome, le altre sembranomesse lì a casaccio.

Se la carta lascia alquanto a desidera-re la parte descrittiva contiene un tal nu-mero di errori e di inesattezze da lasciareveramente perplessi. Vedere per credere:alla pagina 5, nel capitoletto dedicato allastoria, si informa che “nel VI-VII secolo ilterritorio carsico subisce le invasioni lon-gobarde […] gli abitanti, per difendersi esalvarsi si rifugiano nei castellieri (luoghifortificati conosciuti anche con il nomeslavo di Tabor)”.

Nella seguente pagina 6, dedicata aifenomeni carsici, si enuncia che esistonodue tipi di carsismo: quello epigeo (cheagisce in superficie) e quello ipogeo (cheagisce in profondità); infatti poco dopo siafferma che “nel sottosuolo [del Carso] molticorsi d’acqua scorrono da sempre, crean-do col tempo, un mondo sotterraneo […]caratterizzato da pozzi, gallerie, grotte”.Quindi, siamo a pagina 9, il lettore vieneinformato che Monrupino “funse da fortez-za inespugnabile contro i turchi” e che pocodistante da questo paese “è d’obbligo unavisita alla bellissima villa conosciuta sino al1968 come Poggioreale del Carso, situatapresso Opicina”. La Grotta Gigante poi vie-ne presentata come profonda 107 metri(recte 119), lunga 130 (recte 608) e “lagrotta a galleria con sviluppo longitudinalepiù grande del mondo finora esplorata”. Nonsono le uniche perle presenti, ma pensia-mo che il campionario esibito sia sufficien-te a qualificare l’opera.

Viene il sospetto che la guida sia stataassemblata scopiazzando un po’ qua eun po’ là, soprattutto riassumendo – evi-dentemente male – da pieghevoli turisticie materiale pubblicitario. Si potrebbe sug-gerire all’editore, in previsione di un’even-tuale ristampa, di rivolgersi per la consu-lenza a strutture specializzate; per lematerie qui criticate il CAI (a Trieste cisono due sezioni, altre le può trovare aMonfalcone e a Gorizia) e il catasto Re-gionale delle Grotte.

Pino Guidi

Carso. Carta e guida, Belletti ed., Misano Adriatica(RN), s.d., 48 pagine, (testi in italiano, inglese, tede-sco e francese).

solamente alcune grotte, in particolarequelle più conosciute. Nel corso del-l’escursione potrebbero trovarsi nelle vi-cinanze del percorso scelto, delle cavitàa sviluppo verticale (pozzi, abissi e vora-gini), è prudente non avvicinarsi al loroorifizio, in particolare quando il terreno èbagnato e quindi scivoloso!

Con questo indispensabile supportocartaceo per il visitatore del Carso, augu-ro a tutti delle buone escursioni, sempreovviamente nel pieno rispetto della natu-ra che ci circonda.

Fabio Forti

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MONDO SOTTERRANEOANNO 27°

Abbiamo ricevuto Mondo sotterraneo,n.s. anno XXVII n. 1-2 (aprile-ottobre2003), rivista semestrale del Circolo Spe-leologico e Idrologico Friulano, stampatanell’agosto 2004.

Giuseppe Muscio apre con la “relazio-ne morale per l’anno 2002”, dove in par-ticolare illustra l’attività svolta nelle diver-se local i tà del la Regione: Val l i delNatisone, Bernadia e Valli del Torre, Pre-alpi e Alpi Carniche, Canin, nonché laspedizione nel Cilento (Camerota - Pali-nuro), oltre ad altre attività esplorative inRegione ed all’estero. Infine vengono illu-strate altre e diverse attività: corso dispeleologia, didattiche, congressi, mostree attività di ricerche, in particolare sullaneotettonica e idrologia ipogea.

Umberto Sello compie una interessan-te ricerca storica: “Il Circolo Speleologicoe Idrologico Friulano e la Société Spéléo-logique de Paris”, dove vengono esami-nati i rapporti tra le due società speleolo-giche alla fine del XIX secolo, in base adinformazioni tratte da documenti d’archi-vio della Civica Biblioteca di Udine.

Andrea Borlini, illustra la “Campagnaesplorativa 2003 sul Monte Canin”, con irisultati delle esplorazioni nel sistemasotterraneo Abisso Modonutti-Savoia eGrotta del Fiume Vento, nonché di altrecavità presenti nel Col Lopic, Cergnala eMonte Robon.

Graziano Cancian, “Indagini geoelettri-che presso la Grotta Regina nel CarsoGoriziano”. Vengono illustrati i risultati disingole indagini geoelettriche (SEV), ese-guite sul terreno esterno al di sopra dellosviluppo sotterraneo della Grotta Regina.Laddove la cavità è di modeste dimensioniil risultato è stato praticamente nullo, men-tre molto evidente è apparso in corrispon-denza di un vano interno più ampio, oltread evidenziare anche delle marcate diffe-renze dovute al diverso grado di incarsi-mento nel tratto roccioso indagato. Si puòconfermare che anche nel corso dei rilievi

geologici eseguiti a suo tempo, per la co-struzione della grande viabilità che è statasviluppata sul Carso Triestino, tali indaginisono state eseguite lungo tutti i 27 km deltracciato. Anche in questi casi solo le cavi-tà di particolare ampiezza sono apparse inevidenza, mentre in tutti gli altri casi esistesolamente una differenziazione dei segnalia seconda del “grado di incarsimento” del-la roccia sottostante, del resto come erastato indicato dalla “Scala di carsificabilità”proposta da F. Forti (1972).

Susanna Mauro, compie una indaginestorica su: “Una insolita missione del Cir-colo Speleologico e Ideologico Friulano agliinizi del XX secolo: la ricerca archeologicanella Laguna di Marano”. Indagini questeiniziate nel 1905 e proseguite tra alternevicende fino al 1911 allorquando la RegiaSoprintendenza intraprese uno scavo uffi-ciale. È noto che nell’ambito della laguna diMarano affiorano spesso oggetti, monete,cocci, di età romana, ciò spinse allora i socidel neo-costituito CSIF ad organizzareun’annuale gita sociale a Marano per ese-guire delle ricerche archeologiche.

In chiusura, Pino Guidi nelle “Recensio-ni bibliografiche”, illustra gli “Atti del 19°Congresso Nazionale di Speleologia”, dovetra i vari commenti concordiamo in partico-lare su quello relativo al fasullo centenariodella SSI proposto da Arrigo A. Cigna, ana-loghe considerazioni negative sono statepubblicate dal sottoscritto in Progressione49; segue la presentazione del volume diTony Klingendrath “Cane sciolto. Avventuredi un alpinista, dalle viscere del Canin allamontagne del mondo”; la SSI e Centro diDocumentazione Speleologica “F. Anelli”hanno realizzato “L’Agendo 2004”, di Mi-chele Sivelli, con il patrocinio del CAI, defi-nito come “Un vademecum per lo speleo-logo”; infine vengono presentati gli “Attidella Società per la Preistoria e protostoriadella Regione Friuli Venezia Giulia”, vol. XIII(2001-2002).

Mondo sotterraneo conclude con il ne-crologio a Cirillo Floreanini, mitica figura dialpinista, di un uomo vero, figlio della Carnia.

Fabio Forti

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IL CANSIGLIO SOTTERRANEO,NUOVO CD-ROM MULTIMEDIALE

Devo ringraziare Radicio (nostra sociae parte del team di realizzazione del cd inoggetto) per avermi segnalato questa pre-ziosa e ben riuscita chicca elettronica sulCansiglio sotterraneo, perché altrimentisono sicuro che chissà se, e quando, nesarei venuto a conoscenza.

È un’opera multimediale ben pensatae sviluppata, con partner istituzionali ditutto rispetto (Regione Veneto - Ass. Agri-coltura e il Corpo Forestale dello Stato) econ il contributo dell’Assessorato alle Po-litiche dell’Ambiente e della Mobilità dellaRegione Veneto: e scusate se è poco. Giàdal curato, sobrio ed allo stesso tempoelegante contenitore del cd si intuisce chel’opera realizzata è seria e non buttata “su”per spendere il contributo ricevuto.

Il CD, dopo il caricamento dei plug-inper la lettura del software di realizzazione(contenuti nel disco) è divisa in due grossesezioni, gli Aspetti Generali e le Cavità.Ovviamente trattandosi di opera multime-diale c’è la possibilità in ogni momento,tramite link ben pensati e funzionali, di sal-tare da una sezione all’altra, dando la mas-sima dinamicità di lettura del prodotto. GliAspetti Generali trattano in modo completoe chiaro vari aspetti scientifici della zona

dell’Altipiano del Cansiglio, soffermandosiprincipalmente sulla Geologia, l’Idrologia, laBiospeleologia ed una corposa parte sulCarsismo e Geomorfologia: quest’ultima inparticolare, spiega il fenomeno del carsi-smo in modo lucido e comprensibile, dariprendere anche (a mio avviso) per i corsidi introduzione alla speleologia.

Scelta guascona ed azzeccata è stataquella di linkare a delle parole-chiave deitesti il successivo caricamento di immagi-ni illustrative, scelta obbligatoria per farcapire anche a persone estranee alle ter-minologie scientifiche di che cosa si staparlando. Tutto questo con menu interat-tivi logici e ben posizionati nella parte si-nistra del prodotto. Passando all’altra se-zione, quella relative alle cavità, vengonodescritte le principali grotte ed abissi sot-terranei del Cansiglio e cioè il Bus dellaGenziana, il Bus della Lum, la Grotta deiBurangoli e il Bus del Pal.

Le informazioni fornite sono senzamacchia, dalla storia delle esplorazioni,alla geomorfologia, ai dati catastali ai ri-lievi topografici ed anche su una parterelativa alle curiosità/folklore di ogni sin-gola cavità. Il punto massimo è raggiuntosviluppando una sorta di esplorazione“virtuale” delle grotte appena descritte:una volta posizionati con il cursore delmouse sul rilievo della cavità prescelta, sipossono aprire delle macroaree che di-stinguono varie zone della grotta, che unavolta cliccate aprono una serie di nume-rose e belle fotografie, che permettono diseguire ed immaginare quasi passo dopopasso le esplorazioni reali nell’ipogeo.

Molto curata anche la parte relativa alreperimento di informazioni, le sezioniCredits e Links. La parte dei Credits con-tiene una serie di link dove si possonotrovare informazioni sulla zona del Cansi-glio tramite numeri utili, cartografia e unavasta analisi bibliografia. La parte Link,riporta una numerosa serie di URL webper approfondire ulteriormente le cono-scenze sul Cansiglio, sul Carsismo e sul-la Speleologia in generale.

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A questo punto è doveroso citare glispeleologi che si sono impegnati per la re-alizzazione di quest’opera multimediale, chesono Barbara Grillo della nostra CGEB CAITrieste, Vladimiro Toniello del Gruppo GrotteCAI Vittorio Veneto, Massimo Pellegrin edEzio Anzanello del Gruppo Grotte CAI Oder-zo (toh, tutti gruppi speleo del CAI, moltobene, a qualcuno pruderà il popò…).

In sostanza, “Il Cansiglio Sotterraneo” èun progetto che dovrebbe stare in ogni sedesociale di qualsiasi gruppo speleologico comestrumento didattico ed avere la massima di-vulgazione, soprattutto per essere preso adesempio quale integrazione tra istituzioni sta-tali e regionali e il mondo della speleologia:un plauso in questo senso alla Regione Ve-neto ed a chi è riuscito a sensibilizzarla in talsenso. Noi in Friuli Venezia Giulia sembrasiamo ancora tanto lontani da arrivare a que-sto … nonostante proprio in Cansiglio il “Busdella Lum” ricada all’interno dei nostri confiniregionali ed amministrativi.

Riccardo Corazzi

STORIOGRAFIADELLE TERME DI SCIACCA

QUATTROMILA ANNI NEL PIÙANTICO TERRITORIO TERMALE

DELLA SICILIA

Giuseppe Verde vive e lavora a Sciac-ca, è docente incaricato nel corso di lau-rea in Fisioterapia all’Università di Paler-mo, ed è traduttore diplomato presso lascuola interpreti dell’Università di Trieste.È attivo fisioterapista presso le terme diSciacca, e si dedica con passione al suolavoro ed alla ricerca storiografica sui temipiù importanti inerenti il fenomeno terma-le nel suo territorio.

Con questo testo ci documenta in formaiconografica quattro millenni tra preistoria estoria che sono in concreto uno dei fenome-ni carsici legato ad un fenomeno di termali-smo profondo più importante ed affascinanted’Europa, un “unicum” mondiale.

Si sfoglia un testo dalle descrizionisobrie ed approfondite, in un avvincente

formato A4, costruito su 272 pagine illu-strate. Cartine, illustrazioni, pitture e foto-grafie storiche completano una valida ri-cerca che porta il lettore ad una “presadiretta” con tutti gli aspetti che hannocaratterizzato e portato alla ribalta le ter-me dalle epoche più lontane ai giorninostri. Sono così fruibili anche gli avveni-menti esplorativi principalmente noti dellegrotte del Cronio, tra cui le esplorazionedel famoso Pozzo Trieste.

Rimaste le Terme nel tempo inegua-gliabile luogo di cura, ora il lavoro dell’au-tore rende compatto ed accessibile, an-che al lettore di “passaggio”, il complessointreccio attorno agli avvenimenti ed aipersonaggi che hanno operato nell’ambi-to della ricerca e della loro fruizione, dellesue acque e delle sue grotte. Porta inol-tre un grande contributo conoscitivo delfenomeno siciliano, e per la Sicilia, anchemerito della traduzione in inglese curatadall’autore stesso.

Di Giuseppe Verde ricordiamo i prece-denti lavori sul fenomeno delle terme diSciacca: Il termalismo di Sciacca dalla prei-storia al XX secolo (anno 2000); Il fenomenocarsico del Monte Cronio - Sciacca - saggiobibliografico scritto assieme a Pino Guidi.

Louis Torelli

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NOVITA' EDITORIALI a cura di Serena Senes

Nel numero 98/1 della rivista “AlpiGiulie”, periodico della Società Alpinadelle Giulie, numerosi sono gli articoli chehanno riferimenti di carattere speleologi-co. Si inizia con un articolo di F. Forti cheanalizza le problematiche geocarsichesorte in seguito al progetto per il Corrido-io 5, la linea ferroviaria ad alta velocitàche dovrebbe collegare Lisbona a Kiev eche nel nostro territorio si snoderebbetutta in galleria attraversando il Carso. A.Diqual presenta la cronaca della scopertadella grotta Martina Cucchi in Val Rosan-dra dal 2000, anno in cui sono iniziate leesplorazioni sino alle recenti scoperte chehanno permesso di conoscere lo svilup-po della grotta per oltre un chilometro, P.Guidi invece traccia un ritratto di A. Bon-gardi, socio della Commissione decedutonel 1981, a cui è stata dedicata una grot-ta scoperta nel 2003, facendo anche unabreve cronaca delle esplorazioni. R. Ba-rocchi dedica un suo micropoema ono-matopeico a G. Zanini, mago nella sco-perta delle grotte e nell’interpretazionedelle circolazioni dell’aria. Nel numero 98/2 F. Forti rievoca l’opera di tre personag-gi come A. Schmidl, l’Abate Richard e P.Kandler che furono i precursori della ri-cerca idrologica carsica, e G. Brancaleindaga sulla leggenda delle Porte di Fer-ro e sull’opinione popolare che il Timavosotterraneo dovesse scorrere nei pressidella città.

Due anche i numeri di” Natura Nasco-sta”, notiziario del Gruppo SpeleologicoMonfalconese Amici del Fante, usciti nel2004. Nel numero 28, dopo la relazionesulle attività del 2003, un articolo di M.Duca sui risultati di uno studio geologicosull’alta Val Degano, con particolare rife-rimento alla zona a nord di Forni Avoltri,la biografia di R. Manazzone, paleontolo-go argentino d’origine friulana, a cura diF.M. Dalla Vecchia e G.C. Fiappo e sem-pre firmato da Dalla Vecchia un articolosull’ambra e le sue caratteristiche. In chiu-sura i rilievi di otto grotte del Friuli sco-perte o revisionate dagli Amici del Fante

negli anni 1971-1997 di M. Tentor. Il nu-mero 29 si apre con un lungo servizio diDalla Vecchia, Tentor, Tarlao, Venturini eMarsiglio, sull’esistenza, nei pressi delvillaggio di Vigant, di un grande inclusocalcareo riccamente fossilifero conserva-to all’interno del “flisch del Grivò”. Segueun articolo in inglese di A. Kellner cheesamina i possibili comportamenti di undinosauro teropode (predazione o condot-ta opportunistica di spazzino), in seguitoal ritrovamento di un fossile di vertebradel collo di pterosauro con un dente didinosauro. R. D’Ambrosi e A. Moratto de-scrivono le operazioni della ventitreesimadivisione italiana sul Carso monfalconesenegli anni 1915-1916.

Nel 2003 il Comune di Duino-Aurisinaha pubblicato un volumetto, ”Il Carso e….il mare”, illustrante struttura, storia ecaratteristiche del suo territorio; contieneanche notizie, non molto aggiornate, sulfenomeno carsico ipogeo. Allegata unacarta turistica (una bella foto aerea delterritorio) con segnate, fra l’altro, unaquindicina di grotte.

Il trentanovesimo volume di” Atti eMemorie” della Commissione Grotte “E.Boegan”, è finalmente uscito, anche secon notevole ritardo. Copre il periodo dal2001 al 2003 e si apre, appunto, con lerelazioni delle attività svolte nel triennio.La parte delle “Memorie” propone unoscritto di E. Polli sulla presenza, in venti-quattro cavità del Carso triestino, di “Fili-cales”, mentre F. Gasparo descrive le duespecie cavernicole del genere Minotauriadell’isola di Creta, F. Gemiti introduce irisultati degli studi, svolti negli anni '70,sulle sorgenti Sardos e sottolinea la loroimportanza nell’approvvigionamento idri-co di Trieste; E. Merlak espone i risultatidel monitoraggio, da lui eseguito nel pe-riodo 1999-2001, sulle caratteristiche chi-mico-fisiche delle acque dei cinque baci-ni nord-occidentali dei coll i Birchini(Brkini), nella Slovenia occidentale, men-tre uno studio sulla composizione mine-

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ralogica di alcuni campioni di argille pre-levati nella grotta G. Savi è presentato daD. Lenaz, M. Potleca e L. Zini. Concludo-no questo volume un lungo articolo di E.Faraone sulle esplorazioni di Adolf Sch-midl sul Carso triestino negli anni 1851-1852 e una relazione sulla tettonica esviluppo del carsismo nella Sierra de Vi-nales nell’isola di Cuba proposta da C.R.Rosa Saavedra, C. Diaz Guance, D. Ca-ceres, membri del Grupo Guaniguanico dela Sociedad Espeleologica de Cuba.

Il Gruppo Triestino Speleologi ha datoalle stampe il 17° volume del suo Bollet-tino, che sintetizza l’attività svolta neglianni 1997, 1998, 1999. Dopo la relazionegenerale, la prima parte del Bollettino èdedicata all’attività svolta nel nostro Car-so (esplorazione di nuove grotte, revisio-ni catastali di tre grotte, pulizia alla grottaVerde), mentre la seconda parte si occu-pa prevalentemente dell’esplorazione, ini-ziata nel ’94 e finita nel ‘99, della BucaMongana situata nell’area della Busa deiVediei nel comune di Cimolais. Conclu-dono questo numero due articoli sulleesplorazioni negli inghiottitoi di Mineres edi Fornez nel comune Clauzetto nelle pre-alpi Carniche.

Mondo Sotterraneo, la rivista del Cir-colo Speleologico e Idrologico Friulano,nel numero dedicato al periodo aprile-ottobre 2003, si apre con la relazione delpresidente G. Muscio sull’attività svoltanell’anno 2002, seguono poi vari articolisu cui riferisce F. Forti in altra parte diProgressione.

Il numero 10 di Speleologia Isontina,notiziario della Federazione SpeleologicaIsontina, si apre con il resoconto dellegiornate dedicate al Triangolo dell’Amici-zia, appuntamento annuale tra speleologiitaliani, sloveni e austriaci a Taipana cheha visto la partecipazione di oltre duecen-to speleologi provenienti anche da altripaesi europei. Altri quattro articoli riguar-dano esplorazioni in grotte del Carso Tri-

estino e Goriziano e nel massiccio delmonte Canin. In occasione della GiornataNazionale della Speleologia la Federazio-ne Speleologica Isontina ha organizzatouna tavola rotonda sul tema della “sicu-rezza in grotta”, mentre il gruppo Flondarha organizzato, assieme al comune diDuino Aurisina, una visita all’acquedottoRandaccio. Durante il periodo estivo, laFederazione ha organizzato dei CentriVacanza per ragazzi, denominati Vivi ilCarso, per far conoscere quest’ambientein tutti i suoi aspetti.

Anche il numero 20 del Notiziario delparco delle Prealpi Giulie dedica spazioalla speleologia con un articolo di F. Gher-lizza, riguardante il primo campo speleo-logico del Club Alpinistico Triestino, tenu-tosi alla Casera Canin nell’agosto 2004,durante il quale sono state esplorate seinuove grotte.

In occasione dei 120 anni dalla fonda-zione la Commissione Grotte E. Boegan,ha organizzato una mostra, tenutasi aPalazzo Costanzi nel periodo 15 aprile -13 maggio 2003; da questa è nato un vo-lume - 120 anni in grotta - che ripercorrela storia della C.G.E.B. Curato, come lamostra, da R. Barocchi, P. Guidi e G.Scrigna e con la realizzazione grafica diN. Gasparo, il libro è diviso in dodici ca-pitoli, ognuno dedicato ad un decenniodella vita della C.G.E.B. raccontato attra-verso fotografie, copertine di pubblicazio-ni, documenti, rilievi catastali e dalle di-dascalie che i l lustrano le immagini.Seguono poi i capitoli dedicati a specifi-che attività come la didattica speleologi-ca, le ricerche scientifiche, il catasto grot-te, le spedizioni in Italia e all’estero, leesplorazioni in Val Rosandra e nel mas-siccio del Canin. L’ultimo capitolo è dedi-cato alla ricerca del fiume Timavo nellagrotta Lazzaro Jerko, ricerca iniziata tren-tadue anni prima e coronata nel 1999 conla scoperta di un ramo del fiume a 300metri di profondità.

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F. Gherbaz, C. Sgai e F. Vidonis sisono dedicati con passione nel corso diquesti ultimi anni al recupero delle posta-zioni di difesa austro-ungariche della pri-ma guerra mondiale presenti sul nostroCarso. Ne è nato un libro, “Valorizzazio-ne delle opere di guerra del Monte Er-mada – Settore del Monte Cocco”, cheillustra il lavoro compiuto dal GruppoCavità Artificiali della S.A.G per valorizza-re e far conoscere a tutti queste opere didifesa dell’esercito austro-ungarico cadu-te praticamente in rovina in ottant'anni dioblio. Completano il libro un capitolo di L.Zini su cenni geologici e geomorfologicidei monti Ermada e Cocco e uno di E.Polli sugli aspetti botanici dei siti consi-derati e alcune schede tecniche dellecavità rilevate.

Stampato a Bologna, ma scritto a quat-tro mani tra Bologna e Trieste da P. Guidie A. Pavanello Cinque anni di incidentiin grotta e in forra (1998-2002), è ilnuovo manuale del C.N.S.A.S. sull’infor-tunistica speleologica. Gli autori fanno uninquadramento della speleologia e deltorrentismo nel ventunesimo secolo edesaminano, attraverso i vari aspetti stati-stici, gli incidenti occorsi in grotta e inforra nei cinque anni presi considerazio-ne. Completa questo libro un compendiodegli argomenti trattati tradotto in linguainglese.

F. Gherlizza continua la sua collana dilibri sulle grotte del Carso; dopo i primidue, dedicati agli specialisti, ha pubblica-to questo volume che interesserà senz’al-tro chi frequenta il Carso per passeggiateed escursioni. Prime grotte descrive die-ci grotte di facile accesso, dando perognuna l’itinerario per raggiungerla sia inauto che con i mezzi pubblici, cenni sto-rici riguardanti eventuali scavi archeologi-ci o ritrovamenti paleontologici o il loroutilizzo come caverne di guerra, ed indi-cazioni sulla morfologia. La descrizione diogni grotta è completata dal rilievo, dafotografie e da una piantina che chiarisce

il percorso da fare per raggiungerla.

Tuttocat, notiziario del Club Alpinisti-co Triestino, apre il numero dedicato al-l’attività del 2004, con gli auguri per ilsessantesimo anno di vita del C.A.T., acui tutti ci associamo! Seguono la rela-zione dell’attività delle sezioni e, per laparte speleologica, il resoconto degli scavialla Grotta dei Morti, una visita in una grot-ta nella lava alle Galapagos, l’immersionespeleosubacquea nella sorgente dell’Ison-zo, una spedizione in Canin di tre amicinon proprio “di primo pelo”, la descrizio-ne di due grotte del Carso triestino (laGrotta degli Archi e i Pozzo dei tre In-gressi). Un articolo sulla grotta di S. Ser-volo, vista anche con l’occhio del colle-zionista, conclude questo numero.

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COMMISSIONE GROTTE “EUGENIO BOEGAN” - PUBBLICAZIONIAA. VV. - OSSERVAZIONI METEORICHE - Bollettino della Stazione Metereologica di Borgo Grotta Gigante (Opicina) -Pubblicazione annuale edita dal 1967, in corso.Dario Marini - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal N. 4543 al N. 4667 VG) - Supplemento n. 1 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1971, pp. 32 (esaurito).Luciano S. Medeot - UNA TRAGEDIA SPELEOLOGICA DI CINQUANT’ANNI FA: L’ABISSO BERTARELLI - Supplemento n. 2 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1974 (Fuori commercio), pp. 56.Pino Guidi - GROTTE DEL FRIULI (dalla 1000 alla 1186 Fr) - Supplemento n. 3 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1974, pp. 56.Fulvio Gasparo, Pino Guidi - DATI CATASTALI DELLE PRIME MILLE GROTTE DEL FRIULI - Supplemento n. 4 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1976, pp. 116.Pino Guidi - CAVITÀ INEDITE DEL FRIULI (dalla 1187 alla 1308 Fr) - Supplemento n. 5 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1976, pp. 43.Fulvio Gasparo - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal N. 4668 al 4768 VG) - Supplemento n. 6 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1978, pp. 24.Fulvio Gasparo - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal N. 4768 al N. 4898 VG) - Supplemento n. 7 ad “ATTI E MEMO-RIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1978, pp. 28.Pino Guidi, Mario Trippari - CAVITÀ INEDITE DEL FRIULI (dalla 1309 alla 1451 Fr) - Supplemento n. 8 ad “ATTI E MEMO-RIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1978, pp. 48.Franco Cucchi - I DIAGRAMMI NELLO STUDIO DELLA CAVITÀ - Supplemento n. 9 ad “ATTI E MEMORIE” della Commis-sione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1975, pp. 13.Fulvio Gasparo - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal N. 4899 al N. 5045 VG) - Supplemento n. 10 ad “ATTI E MEMO-RIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1979, pp. 24.Dario Marini - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal N. 5046 al N. 5126 VG) - Supplemento n. 11 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1981, pp. 20.Pino Guidi - ATTI E MEMORIE INDICI 1971 - 1980 - Supplemento n. 12 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1981, pp. 51.Pino Guidi - GROTTE DEL FRIULI (dalla 1601 alla 1750 Fr) - Supplemento n. 13 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1982, pp. 56.Pino Guidi, Giacomo Nussdorfer - CONTRIBUTO AL CATASTO DELLE GROTTE DEL FRIULI (dalla 1751 alla 1900 Fr) - Supplemento n. 14 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1983, pp. 62.Furio Bagliani, Giacomo Nussdorfer, Umberto Tognolli, Mario Trippari - CONTRIBUTO AL CATASTO DELLE GROTTE DEL FRIULI (dalla 1452 alla 1600 Fr) - Supplemento n. 15 ad “ATTI e MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1983, pp. 32.Furio Bagliani, Giacomo Nussdorfer - CONTRIBUTO AL CATASTO DELLE GROTTE DEL FRIULI (dalla 1901 alla 2100 Fr) - Supplemento n. 16 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1984, pp. 52.Pino Guidi - GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 5127 al 5300 VG) - Supplemento n. 17 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1985, pp. 40.Furio Bagliani, Giacomo Nussdorfer - CONTRIBUTO AL CATASTO DELLE GROTTE DEL FRIULI (dalla 2101 alla 2300 Fr) - Supplemento n. 18 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1986, pp. 64.Pino Guidi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 5301 al 5389 VG) - Supplemento n. 19 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1987, pp. 24.Pino Guidi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 5390 al 5429 VG) - Supplemento n. 20 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1988, pp. 16.Pino Guidi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 5430 al 5490 VG) - Supplemento n. 21 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1989, pp. 32.Furio Bagliani, Maurizio Comar, Franco Gherbaz, Giacomo Nussdorfer - MANUALE DI RIELIEVO IPOGEO - Trieste 1990, pp. 216.Franco Besenghi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 4648/5479 VG al 4737/5568 VG) - Quaderni del Cata-sto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 1 - Trieste 1991, pp. 24.Giacomo Nussdorfer, Federico Tietz - NUOVE GROTTE DEL FRIULI (dal 4079/2301 Fr al 4264/2400 Fr) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 2 - Trieste 1993, pp. 40.Franco Besenghi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (tra il 1429/4372 VG ed il 4768/3915 VG e dal 4769/5569 VG al 4810/5610 VG) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 3 - Trieste 1993, pp. 32.Franco Gherbaz - NUOVE GROTTE DEL FRIULI (dal 4321/2401 Fr al 4955/2600 Fr) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 4 - Trieste 1994, pp. 72.Pino Guidi - INDICI DI ATTI E MEMORIE 1981-1991 - Supplemento n. 22 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1994, pp. 80.Franco Besenghi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 4881/5611 VG al 4978/5708 VG) - Quaderni del Cata-sto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 5 - Trieste 1995, pp. 32.Pino Guidi - TOPONOMASTICA DELLE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 6 - Trieste 1996, pp. 280.AA. VV. - LA LEGGE REGIONALE SULLA SPELEOLOGIA HA TRENT’ANNI - I RISULTATI, LE PROPOSTE PER IL FUTURO - Trieste 1996, pp. 128.Franco Gherlizza - NUOVE GROTTE DEL FRIULI (dal 4600/2601 Fr al 4880/2748 Fr) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 7 - Trieste 1997, pp. 48.Franco Gherlizza - NUOVE GROTTE DEL FRIULI (dal 4979/2749 Fr al 5183/2895 Fr) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 8 - Trieste 1998, pp. 56.Pino Guidi - NUOVE GROTTE DELLA VENEZIA GIULIA (dal 5059/5709 VG al 6073/6073 VG) - Quaderni del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 9 - Trieste 1999, pp. 136.Mario Galli - TIMAVO - ESPLORAZIONI E STUDI - Supplemento n. 23 ad “ATTI E MEMORIE” della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Trieste 1999, pp. 196.Franco Gherlizza - NUOVE GROTTE DEL FRIULI (dal 5196 /2896 Fr al 5940/3388 Fr) - Quaderni del Catasto Regionale della Grotte del Friuli-Venezia Giulia, n. 10 - Trieste 2000, pp. 144.

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GROTTA GIGANTE

quasi cent’anni di presenzadella speleologianella vita civile


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