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Dispense di FISICA TECNICA II Parte I: Acustica Ing. Oreste BOCCIA Università degli Studi di Chieti-Pescara Materiale consigliato per il corso di: FISICA TECNICA II - laurea quinquennale in “ARCHITETTURA” A. A. 2012/13

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Dispense di FISICA TECNICA II

Parte I: Acustica

Ing. Oreste BOCCIA

Università degli Studi di Chieti-Pescara

Materiale consigliato per il corso di:

FISICA TECNICA II - laurea quinquennale in “ARCHITETTURA”

A. A. 2012/13

INDICE GENERALE

PREMESSA AL CORSO

1 GRANDEZZE ACUSTICHE FONDAMENTALI 5

1.1 INTRODUZIONE 5 1.2 SUONO E SENSAZIONE SONORA

6

1.3 VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DEL SUONO 10

1.4 PRESSIONE SONORA

14

1.5 INTENSITÀ SONORA E POTENZA SONORA

ACUSTICA

18

1.6 IL DECIBEL 21

1.6.1 OPERAZIONI CON I DECIBEL: SOMMA “INCOERENTE” DI LIVELLI

26

1.6.2 OPERAZIONI CON I DECIBEL: SOMMA “COERENTE” DI LIVELLI

29

1.6.3 LIVELLO SONORO EQUIVALENTE

30

1.7 FONOMETRIA

32

1.8 ANALISI PER BANDE

34

2 ACUSTICA FISIOLOGICA 41

2.1 INTRODUZIONE 41

2.2 L'ORECCHIO UMANO 41

2.3 SENSAZIONE SONORA 42

2.4 EFFETTI FISIOLOGICI PRODOTTI DAL RUMORE

47

3 FENOMENI CARATTERISTICI NELLA PROPAGAZIONE DELLE ONDE 48

3.1 INTRODUZIONE 48

3.2 RIFLESSIONE 48

3.3 RIFRAZIONE 52

3.4 DIFFRAZIONE 53

3.5 RISONANZA 55

4 PROPAGAZIONE DEL SUONO IN CAMPO LIBERO 56

4.1 INTRODUZIONE 56

4.2 ATTENUAZIONE PER DISTANZA O DIVERGENZA 56

4.3 EFFETTI DI ATTENUAZIONE SONORA NELLA PROPAGAZIONE

62

4.3.1 ASSORBIMENTO DEL SUONO DOVUTO ALL’ ARIA (ASSORBIMENTO MOLECOLARE)

63

4.3.2 PRESENZA DI GRADIENTI DI TEMPERATURA NEL MEZZO E/O DI TURBOLENZA (VENTO)

63

4.3.3 ATTENUAZIONE DOVUTA ALLA VEGETAZIONE ED AL SUOLO.

66

4.3.4 PRESENZA DI PRECIPITAZIONI (PIOGGIA, NEVE O NEBBIA),

68

4.3.5 ATTENUAZIONE DA OSTACOLI NATURALI O ARTIFICIALI.

69

4.4 BARRIERE ANTIRUMORE O ACUSTICHE

73

5 PROPAGAZIONE DEL SUONO IN AMBIENTI CHIUSI 79

5.1 INTRODUZIONE 79

5.2 CAMPO SONORO IN AMBIENTI CHIUSI 81

5.3 TEMPO DI RIVERBERAZIONE

84

6 ASSORBIMENTO ACUSTICO 91

6.1 INTRODUZIONE 91

6.2 FONOASSORBIMENTO PER POROSITÀ 93

6.3 FONOASSORBIMENTO PER RISONANZA DI CAVITÀ

101

6.4 FONOASSORBIMENTO PER RISONANZA DI MEMBRANA

104

7 ISOLAMENTO ACUSTICO 106

7.1 INTRODUZIONE 106

7.2 POTERE FONOISOLANTE 107

7.2.1 PARETI MONOSTRATO

111

7.2.2 PARETI DOPPIE

113

7.2.3 PARETI COMPOSTE DA ELEMENTI CON DIVERSO VALORE DI “R”

115 7.3 MISURA SPERIMENTALE DEL POTERE FONOISOLANTE 116 7.4 CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RUMORE AMBIENTALE 118 7.5 RIFERIMENTI NORMATIVI 122

4

PREMESSA AL CORSO

Akoustikós è un aggettivo della lingua greca che significa “riguardante l’udito” e deriva dal verbo akoúein “sentire, percepire, apprendere mediante l’udito”. L’acustica è il campo della scienza che tratta della generazione, della propagazione e della ricezione di onde in mezzi elastici (gassosi, liquidi, solidi). Già da queste prime considerazioni emergono chiaramente i vari aspetti riguardanti l’acustica:

lo studio dei suoni e dei rumori;

il buon ascolto della musica e l’intelligibilità del parlato garantiti dalla perfetta risposta degli ambienti progettati allo scopo;

l’abbattimento del rumore che dà noia, con interventi correttivi sulle sorgenti o sulle strutture architettoniche che delimitano gli ambienti o che separano un ambiente da un altro.

il comportamento psico-acustico degli individui esposti al rumore.

L’ottenimento di condizioni di benessere all’interno degli ambienti residenziali, è divenuta un’esigenza primaria che può essere sintetizzata nel concetto di qualità dell’abitare che ha trovato un preciso riferimento nella definizione dei valori di parametri fisico-tecnici (temperatura, umidità e purezza dell’aria, livelli di illuminamento, ecc.) tra i quali quelli esprimenti livelli di rumore ambientale compatibili con la salvaguardia della salute ed il riposo degli individui stanno assumendo una sempre maggiore importanza.

In questo contesto il progressivo inquinamento di natura chimica, fisica, biologica ed in particolare acustica delle aree urbane, che raggiunge talora livelli intollerabili, non poteva non richiamare l’attenzione della società civile verso tale forma di insalubrità ambientale che interessa una percentuale sempre maggiore di persone con effetti disturbanti, talora con vero e proprio rischio di danno uditivo. L’inquinamento acustico delle aree urbane ha raggiunto livelli tali da pregiudicare il diritto alla salute ed al riposo ad una percentuale sempre maggiore di individui, impedendo così il raggiungimento di una qualità di vita accettabile, cui concorrono il benessere acustico, unitamente agli altri aspetti fisici ambientali sopra indicati. A questo si deve aggiungere il disturbo causato dalle attività domestiche, dove si è assistito ad un notevole incremento nell’uso di elettrodomestici “rumorosi” (televisore, hi- fi, aspirapolvere, lavastoviglie, lavatrici, videogiochi, ecc.), ma anche di impianti per il raffrescamento (pompe di calore, splitsystem, ecc.) ed il cui controllo, oltre a comportamenti più civili, non può che essere demandato ai requisiti acustici passivi degli edifici ed ad una progettazione più attenta, sia sul piano urbanistico che tipologico-distributivo.

Per quanto concerne la professione dell’architetto, sia essa rivolta all’edificazione, alla ristrutturazione o alla pianificazione territoriale, si trovano pesanti condizionamenti dovuti alla necessità di confrontarsi con il controllo della rumorosità.

Scopo del corso è quindi di dare alcuni informazioni di carattere teorico generale per la comprensione del fenomeno fisico per poi evidenziare e aiutare a risolvere alcuni problemi pratici di maggiore diffusione.

Alla base di tutto questo c’è che i suoni ed i rumori sono vibrazioni che si trasmettono attraverso i vari mezzi di propagazione rispondendo a leggi fisico-matematiche ben precise che vanno debitamente studiate.

5

1 GRANDEZZE ACUSTICHE FONDAMENTALI

1.1 Introduzione

Allo scopo di definire le grandezze fondamentali che si utilizzano per descrivere il fenomeno sonoro nelle modalità in cui viene generato e propagato nello spazio facciamo alcuni utili richiami di acustica fisica facendo riferimento alla Fig.1. Si definisce moto armonico un moto rettilineo e periodico quale per esempio quello compiuto dalla proiezione su un diametro qualunque di un punto che si muove di moto uniforme lungo la circonferenza (moto circolare uniforme).

Fig. 1 Rappresentazione grafica del moto armonico.

Il moto armonico è caratterizzato da alcune grandezze fisiche atte a descriverne le caratteristiche, quali:

Periodo T: tempo impiegato per una oscillazione completa (s);

Frequenza f: numero di oscillazioni complete nella unità di tempo (Hz) o (s-1);

Ampiezza della oscillazione A: elongazione massima (m) rispetto alla posizione indisturbata assunta come zero di riferimento;

Lunghezza d’onda (): distanza tra due massimi, due minimi o due punti omologhi successivi (m);

Numero d’onda (n): numero di oscillazioni complete nella unità di lunghezza [m-1];

Pulsazione (): velocità angolare (rad s-1).

Tra la frequenza ed il periodo esiste la seguente relazione: f = T-1 (s-1 Hz) Difatti, se ad esempio consideriamo un suono di frequenza 1000 Hz, esso è caratterizzato da 1000 oscillazioni complete in un secondo e ciascuna oscillazione ha un periodo, tempo necessario per completare la singola oscillazione, di un millesimo di secondo:

s10s1000

1TkHz1Hz10Hz1000f 33

Analogamente:

s10s100

1THz10Hz100f 22

La pulsazione è una grandezza tipica del moto armonico che può essere più facilmente compresa ricorrendo ulteriormente al moto circolare uniforme che genera, per proiezione, il

-1,5 -1

-0,5 0

0,5 1

1,5

0 1 2 3 4 5 6 7

t(s)

O

r

6

moto armonico: in questa descrizione la pulsazione è l’angolo al centro descritto nell’unità di tempo dal raggio vettore (velocità angolare), raggio collegato al punto in movimento sulla circonferenza. Nel moto circolare uniforme la pulsazione è costantemente uguale a:

f2T

2

[rad/s]

Tra l’angolo al centro (t), descritto dal raggio vettore, e la pulsazione esiste la seguente proporzione:

tT

t2t

T:2t:t

La Fig.1 aiuta a visualizzare sia il moto del punto sulla circonferenza (moto circolare uniforme) sia il moto della sua proiezione sul diametro orizzontale (moto armonico) in funzione del tempo.

1.2 Suono e sensazione sonora

Il suono è un fenomeno di trasporto energetico (quindi dove si ha un movimento di energia meccanica da un punto ad un altro) ma non di materia.

Il suono è generato dalla propagazione di onde di pressione in un mezzo elastico (fluido o solido) dovute alla rapida successione di compressioni ed espansioni del mezzo stesso, che si propaga, con una velocità dipendente dalla natura del mezzo stesso, senza trasporto di materia.

Affinché il fenomeno nasca e si propaghi è necessaria la presenza di una sorgente sonora e di un mezzo elastico che ne consenta la propagazione e proprio per quest’ultimo motivo il suono non può diffondersi nel vuoto. Quindi, perché il fenomeno nasca e si propaghi occorre che esista: • una “sorgente sonora” • un “mezzo elastico”.

La sensazione sonora, infine, descrive l'effetto prodotto da un suono così come viene percepito dall'orecchio umano.

Fig.2 Elemento vibrante, mezzo di propagazione e ricevitore con visualizzazione dell’oscillazione

delle particelle d’aria e indicazione delle grandezze lunghezza d’onda λ, periodo T

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Un sistema che vibra, come quello rappresentato in Fig. 2, produce un effetto di compressione e successiva rarefazione degli strati del mezzo che lo circonda (es. aria) e può essere considerato una sorgente sonora se tali compressioni e rarefazioni hanno particolari caratteristiche, che vedremo in seguito. Dapprima vengono sollecitati gli strati più vicini alla sorgente e successivamente quelli più distanti con una azione che si propaga con velocità finita grazie alle caratteristiche di elasticità e di inerzia del mezzo stesso. In presenza di un fenomeno sonoro il continuo susseguirsi di compressioni e rarefazioni che si alternano nello stesso punto presenta una periodicità legata alle caratteristiche della sorgente.

In presenza di un organo ricevente (l'orecchio), il fenomeno onoro provoca una sensazione sonora, che ha luogo secondo le caratteristiche di risposta proprie dell’orecchio stesso, cioè la propria sensibilità.

Si definisce sorgente sonora qualsiasi dispositivo, apparecchio ecc. che provochi direttamente o indirettamente (ad esempio per percussione) dette variazioni di pressione: in natura le sorgenti sonore sono quindi praticamente infinite. Per esempio in riferimento

alla Fig.3, un albero rotante che si muove con velocità angolare , viene collegato ad un pistone libero di muoversi all'interno di un cilindro di lunghezza infinita nel quale si trova un mezzo elastico in quiete.

Fig.3 Esperimento

Il moto del pistone, il cui grafico è rappresentato nella Fig.4, sarà di tipo armonico

con oscillazioni di ampiezza sinusoidale date dalla seguente legge (r indica il raggio

dell'albero rotante, e A() la posizione del pistone rispetto alla posizione iniziale):

)cos()( rA

Fig.4 Grafico delle oscillazioni in dipendenza dal tempo

Le particelle d'aria più prossime al pistone seguono il moto di quest'ultimo, perciò la

velocità delle particelle è quindi di tipo sinusoidale con valor medio nullo, il che significa

8

che le particelle più vicine al pistone si muovono avanti e indietro nel cilindro rimanendo aderenti al pistone.

Dal momento che ogni particella è dotata di una massa e di una elasticità, la possiamo considerare come una massa infinitesima che spinta dal pistone trasmette a sua volta, per mezzo di una molla infinitesima, il moto ad un'altra massa infinitesima (cioè ad un'altra particella), come in Fig.5.

Fig. 5 Masse collegate da molle

Lo strato di particelle aderenti al pistone agisce elasticamente trasmettendo la

spinta al secondo strato dopo un certo istante di tempo; quindi l'energia meccanica, in altre parole (per analogia) l'onda sonora, non si propaga a velocità infinita ma con la velocità c finita.

Le particelle entrate in vibrazione, come detto, trasmettono la perturbazione (compressione e rarefazione) a quelle vicine oscillando intorno alla loro posizione di equilibrio.

Mentre questa perturbazione, che trasporta sia l’informazione sia l’energia, si propaga a distanza, le singole particelle, anche nel caso di fluidi (cioè gas e liquidi), rimangono sempre in prossimità della loro posizione originale.

Le proprietà elastiche e la massa del mezzo elastico stabiliscono la “velocità” con cui la perturbazione si trasmette e la quantità di energia meccanica trasferita dalla sorgente nella unità di tempo (W).

Le suddette modalità di trasmissione delle vibrazioni locali valgono sia per i solidi che per i fluidi. Nel caso dei fluidi, che non possono trasmettere sforzi di taglio, le vibrazioni sono tuttavia sempre parallele alla direzione di propagazione dell’onda, per cui si parlerà di onde longitudinali, mentre nel caso dei solidi, che possono trasmettere sforzi di taglio, vi saranno anche vibrazioni perpendicolari alla direzione dell’onda, cui corrispondono perciò delle onde trasversali o flessionali.

Nella figura 6 seguente è indicato uno schema semplificato della propagazione di onde sonore longitudinali:

Fig.6 Propagazione di onde sonore longitudinali

Se il mezzo di propagazione è un fluido, il moto vibratorio della sorgente sonora provoca

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in esso un susseguirsi di compressioni e di espansioni, che generano variazioni locali di densità e di temperatura con lo stesso periodo che caratterizza la variazione della pressione e, ovviamente, con ritardi e sfasamenti dovuti ad effetti inerziali. Per avere un'idea dell’entità delle variazioni delle grandezze citate, se il mezzo di propagazione del suono è l'aria, si possono tener presenti i seguenti valori caratteristici:

la variazione media di pressione, detta anche pressione efficace del suono o valore RMS (Root Mean Square), alla distanza di circa 1 m dal padiglione, parte terminale

della sezione conica di una tromba, può essere circa 10-7 volte il valore della pressione atmosferica in condizioni normali (101325 Pa).

Un suono simile provoca variazioni della densità dell'aria di 0.001 % (la densità dell'aria in condizioni normali è circa 1.2 kg m-3) e variazioni della temperatura dell’aria di circa 8 10-4(°C).

Quando dunque un suono o un rumore si propagano all’interno di un mezzo

elastico, si hanno variazioni estremamente piccole della pressione e della densità intorno alle condizioni di quiete, che però sono sufficienti a produrre una sensazione sonora nell’orecchio umano.

Per dare un’idea dell’ordine di grandezza del fenomeno acustico e dei rispettivi valori della variazione di pressione si riporta la seguente tabella:

Sorgente sonora Pressione sonora

Limite teorico per suono indistorto a 1 atmosfera di pressione ambientale

101 325 Pa

Lesioni istantanee al tessuto muscolare 50 000 Pa

Esplosione del Krakatoa a 160 km 20 000 Pa

Motore di un jet a 30 m 630 Pa

Colpo di fucile a 1 m 200 Pa

Soglia del dolore 20 Pa

Martello pneumatico a 1 m; discoteca 2 Pa

Traffico intenso a 10 m 0,2-0,6 Pa

Treno passeggeri in movimento a 10 m 0,02-0,2 Pa

Ufficio rumoroso; TV a 3 m (volume moderato) 0,02 Pa

Conversazione normale a 1 m 0,002-0,02 Pa

Soglia di udibilità a 1 kHz (uomo con udito sano) 0,00002 Pa

Tab.1 Pressioni sonore di varie sorgenti sonore

Per evidenziare ancora la differenza sostanziale tra suono e sensazione sonora c'è

da osservare che non tutti i fenomeni vibratori sono percepiti dall'orecchio umano come suono, ma soltanto le vibrazioni aventi frequenze comprese tra 16 Hz e 20 kHz, corrispondenti in aria in condizioni normali, rispettivamente, a lunghezze d'onda comprese tra 0.017 m e 21.4 m, producono una "sensazione sonora", mentre l'orecchio umano

10

normale è sordo ai fenomeni dello stesso tipo caratterizzati da frequenze minori di 16 Hz (Infrasuoni) e maggiori di 20 kHz (Ultrasuoni).

I limiti sopra riportati sono riscontrabili solo in individui eccezionali essendo senz'altro più ristretti i limiti normali, variabili ovviamente da individuo ad individuo: si trova che la lunghezza d’onda che l’orecchio di un Uomo Medio (o Normotipo) può percepire varia all’incirca tra 17.15 m (corrispondente alla frequenza minima di 20 Hz) e 0.021 m ( corrispondente alla frequenza massima di 16 kHz). Inoltre l’intensità dei suoni è correlata alle capacità di ascolto che varia da circa 10-12 W (soglia di udibilità a 1000 Hz) a 10-4 W (soglia del dolore). In termini di ampiezza a 1000 Hz la minima pressione efficace capace di produrre una sensazione acustica è pari a

2 ・10−5 Pa = 20μ Pa (soglia di udibilità); alla stessa frequenza la massima pressione

efficace sopportabile dall’orecchio umano è di 20 Pa, a cui corrisponde la cosiddetta soglia del dolore.

Fig.5: Area della sensazione uditiva

Le frequenze che interessano la voce umana sono comprese mediamente tra 100 e 4000 Hz mentre le frequenze caratteristiche della musica vanno da 50 a 10000-20000 Hz. Circa l’80% dell’energia emessa dalla voce umana interessa frequenze più basse di 600 Hz. La sensibilità massima dell'orecchio nel percepire i suoni si ha attorno ai 3500 Hz.

1.3 Velocità di propagazione del suono

Le onde sonore si propagano con una velocità caratteristica del mezzo di trasmissione e non dipende dalla frequenza ma dalle sole condizioni termodinamiche del mezzo in cui la perturbazione si propaga.

Quando la velocità di propagazione del suono in un mezzo ha la stessa direzione della oscillazione delle particelle sollecitate dalla perturbazione, si hanno onde longitudinali e la velocità di propagazione è detta velocità longitudinale. Quando, invece, il suono si propaga in direzione normale alla direzione di oscillazione, si hanno onde trasversali o flessionali e la velocità di propagazione è detta velocità trasversale o flessionale.

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Nei fluidi, gas e liquidi, si possono avere solo onde sonore di tipo longitudinale, mentre nei solidi si possono avere contemporaneamente entrambe le tipologie. Nei solidi, la velocità di propagazione delle onde flessionali è diversa da quella delle onde longitudinali.

In generale si dimostra in Termodinamica che per piccole perturbazioni (quali si hanno nei suoni normali) vale la relazione:

v

S

E

pc

Vale a dire che la velocità di propagazione del suono è data dalla radice quadrata della variazione della densità ρ rispetto alla pressione p ad entropia costante, ossia dalla radice quadrata del rapporto tra è il modulo d’elasticità volumetrica del mezzo Ev espresso in [Pa] e la densità del mezzo ρ espressa in [Kg/m3].

La lunghezza d’onda “λ”, fissata la frequenza “f” del moto armonico della sorgente, dipende dal valore della velocità di propagazione c del suono nel mezzo secondo la relazione:

f

c [m]

All’aumentare della frequenza si riduce la lunghezza d’onda della perturbazione sonora:

Nel caso di un gas perfetto si ottiene:

RTc

con γ esponente dell’isentropica (pari al rapporto fra i calori specifici a pressione costante e a volume costante) del mezzo di trasmissione (γ =1.4 per l’aria), T la temperatura assoluta del mezzo (in gradi Kelvin) ed R la costante del gas (R=R*/M) rapporto fra la costante universale dei gas ed il peso molecolare (per l’aria R= 287 J/kg K). Nell’aria, in particolare, il suono si propaga soltanto longitudinalmente ed è tipicamente un’onda meccanica (di pressione) longitudinale, con una velocità di propagazione che dipende dalla temperatura secondo la formula seguente:

Tc 045,20 ( )ms1

dove T è la temperatura assoluta misurata in Kelvin. Se la temperatura viene espressa in gradi Celsius, si ha la formula seguente:

)s m (61,03,33115,273045,20 -1ttc

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dove il termine noto (331,3 m s-1) è la velocità del suono nell’aria a 0 °C, mentre il fattore 0,61, che rappresenta la pendenza della retta che descrive l’andamento della velocità in funzione della temperatura c(t), indica l’aumento della velocità di propagazione corrispondente all’aumento unitario di temperatura. In condizioni normali alla temperatura di 20 °C la velocità di propagazione del suono in aria risulta essere di circa 343 m/s. La presenza del vapore d’acqua nell’aria aumenta la velocità di propagazione secondo la legge:

)16,01( xccu

dove cu è la velocità di propagazione del suono nell’aria umida avente umidità specifica x (kgv/kga). La variazione relativa della velocità di propagazione del suono in aria è:

xc

ccc u 16100(%)

A titolo indicativo, considerando condizioni estreme di saturazione, con una

temperatura a bulbo asciutto di 40 °C, ed una umidità specifica corrispondente xsat = 0.05 (kgv/kga), si ha una variazione percentuale dello 0,8 % rispetto al valore di 356,55 (m s-1) relativo a 40 °C per l’aria completamente asciutta. La presenza del vapore d’acqua nell’aria non ha dunque un effetto molto importante sulla velocità di propagazione.

Nel caso di mezzi di trasmissione liquidi, la velocita si ottiene mediante la formula:

c

dove:

tTV

pV

cos

è il modulo di compressibilità isoterma del fluido [Pa]. In base a questa relazione, la velocità con cui il suono si propaga in un liquido cresce al diminuire della densità. La seguente tabella indica i valori della velocità del suono, sempre in funzione della temperatura, nell’acqua distillata:

Tab.2 Velocità del suono vs.temperatura nell’acqua distillata

Confrontando questi valori con quelli nell’aria, si osserva che, a parità di temperatura, il suono si propaga molto più velocemente nell’acqua distillata che non nell’aria.

Infine, consideriamo la propagazione del suono nei solidi. Intanto, abbiamo detto che, nei solidi, possiamo avere sia onde longitudinali sia onde trasversali. Cominciamo

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allora dalle onde longitudinali, per le quali la velocità del suono, che indichiamo con cl (la lsta proprio per longitudinali), è diversa a seconda della forma:

per un solido a forma di barra, si ha che

Ecl

per un solido a forma di piastra indefinita, si ha invece che 21

E

cl

dove E [Pa] è il modulo di Young, υ è il coefficiente di Poisson e ρ la densità del materiale di cui il solido è costituito.

Per quanto riguarda, infine, le onde trasversali nei solidi, la loro velocità è stimabile mediante la seguente relazione:

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Ect

Nella maggior parte dei casi, la velocità del suono nei solidi è superiore a quella

nell’aria e nell’acqua, come indicato nella tabella seguente (riferita alle sole onde longitudinali):

Mezzo di trasmissione c (m/s)

Aria (secca, 20° C) 343

Acqua distillata (20 °C) 1484

Acciaio 5000

Alluminio 5820

Marmo 3800

Mattoni 3650

Vetro (densità 2300-5000 Kg/m3) 4000-5000

Ferro 5000

Sughero 500 Tab.3 Velocità del suono nei solidi confrontate con quella dell’aria e dell’acqua distllata

La propagazione per onde può avvenire secondo diverse modalità. A questo proposito

si definisce fronte d’onda o superficie d’onda il luogo dei punti che presentano nello stesso istante lo stesso valore della perturbazione.

Nel caso delle onde sonore di solito la perturbazione interessa delle superfici, quale ad esempio quella di una lamina metallica, o quella di separazione tra due fasi diverse, generando onde che sono dette superficiali con fronti d’onda che possono essere di diversa geometria, ad esempio piani, sferici o cilindrici.

Si hanno in particolare onde sferiche, quando la propagazione avviene lungo tutte le direzioni che si irradiano da un unico punto (sede della sorgente sonora puntiforme) attraverso un mezzo omogeneo o non omogeneo, per esempio nel caso di sorgente sonora avente la forma di una sfera pulsante. Se la sorgente è sufficientemente lontana, al limite all'infinito, le superfici sferiche possono essere assimilate a superfici piane ed in questo caso si hanno le onde piane oppure nel caso di propagazione in un tubo cilindrico alimentato ad una estremità da un disco vibrante rigido.

Avremo infine onde cilindriche se la sorgente è lineare e la perturbazione si propaga radialmente a partire dall’asse del cilindro, per esempio nel caso di onde sonore generate da una fila di automobili in colonna. (cfr. Fig. 6).

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Fig.6 Rappresentazione grafica di onde piane, sferiche e cilindriche.

Talora, per ragioni di semplicità, invece di parlare di propagazione delle onde si preferisce parlare di raggi o di linee di propagazione che sono perpendicolari in ogni punto alla superficie rappresentativa del fronte d'onda che passa per quel punto. Nel caso di onde piane i raggi sono paralleli tra loro; se le onde sono sferiche, i raggi di propagazione coincidono con le direzioni dei raggi delle sfere stesse; se il mezzo di propagazione non è omogeneo i raggi di propagazione sono in genere curvilinei.

L’ evoluzione nel tempo di un fronte d'onda può essere determinata mediante il principio di Huyghens-Fresnel, che viene convenientemente descritto con un metodo grafico. Il principio di Huyghens-Fresnel dice che ogni punto appartenente allo stesso fronte d'onda può essere considerato come una sorgente secondaria che emette a sua volta onde sferiche. Un fronte d'onda successivo, dopo un certo tempo t, può essere ricostruito come superficie di inviluppo costituita dai punti più lontani appartenenti alle circonferenze aventi centro in un punto del fronte d'onda primario e raggio pari r = c t, dove c è la velocità di propagazione del suono (cfr. Fig. 7).

Fig.7 Illustrazione grafica del principio di Huygens- Fresnel

Le sorgenti sonore si possono classificare in base alle loro dimensioni nei confronti della lunghezza d’onda:

puntiformi quando sono piccole rispetto alla lunghezza d’onda λ; estese (lineari o piane) nel caso contrario.

1.4 Pressione sonora

Le grandezze fisiche più importanti che caratterizzano il fenomeno sonoro sono: Pressione sonora Velocità di vibrazione delle particelle

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Intensità sonora Potenza sonora

Le prime due sono grandezze di campo, le ultime due grandezze energetiche. L’energia per unità di volume trasferita al mezzo da una sorgente sonora è data

dalla somma di due contributi: l’energia cinetica legata al quadrato della velocità di vibrazione delle particelle nel mezzo e l’energia potenziale che correla una grandezza direttamente misurabile, come la pressione sonora con l’energia immagazzinata a causa della compressione elastica del mezzo.

In generale, quindi, la valutazione corretta del contenuto energetico del campo sonoro richiede la simultanea ed indipendente misurazione sia della pressione sonora, sia della velocità delle particelle.

Se si va’ a diagrammare nel tempo la pressione e la velocità relative all'esempio precedente (quello del pistone), avremo un grafico di questo tipo:

Fig.8 Grafico velocità/pressione

Dal punto di vista fisico, come si può osservare dal disegno, si ha una continua oscillazione tra energia cinetica ed energia potenziale.

Si pone ora il problema di valutare il valore medio della pressione nel tempo. La soluzione ovvia sarebbe di calcolare il valor medio in un periodo di tempo TM scrivendo:

00

)(1

pdpT

pMT

M

Questo procedimento è però inutile, poiché il valore della pressione p continua ad oscillare intorno a p0 e quindi il valore medio sarà costante e pari a p0 qualsiasi finestra di tempo TM si consideri.

Serve, allora, un descrittore che sia differenziale rispetto alla pressione , il quale non dia informazioni proporzionali a p, ma a (p-p0).

Abbiamo detto che, durante la propagazione del fenomeno acustico in un gas, le particelle del mezzo vibrano intorno alla loro posizione di equilibrio. Tali vibrazioni non avvengono in tutti i punti con la stessa fase (tanto che, in alcuni punti, le particelle vibrano in opposizione di fase), con la conseguenza che in alcune zone le particelle tenderanno ad addensarsi e in altre a rarefarsi. Nel mezzo di propagazione si avranno dunque variazioni

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di densità e di pressione, entrambe funzioni del tempo e dello spazio, intorno a valori nelle condizioni indisturbate.

Si definisce pressione acustica Δp lo scostamento della pressione attorno al suo valore di equilibrio che generalmente è rappresentato dalla pressione atmosferica:

),,,(),,,( 0 tzyxptzyxpp

dove p è la pressione dell’aria nell’istante t e p0 la pressione atmosferica.

Le onde sonore, perciò, responsabili della propagazione del suono, sono onde meccaniche di pressione, cioè perturbazioni periodiche della pressione intorno al valore di riferimento che, in aria, è costituito dalla pressione atmosferica. Si tratta di perturbazioni molto piccole del campo di pressione generate da un corpo in grado di vibrare, che danno luogo ad una sensazione sonora nell’orecchio umano se caratterizzate da valori delle grandezze compresi nel campo dell’udibile. Dunque non tutte le vibrazioni che si propagano in un mezzo elastico producono sensazioni sonore, ma solo quelle cui l’orecchio umano è sensibile. Le variazioni di pressione intorno alla pressione atmosferica

che producono sensazione sonora (p) sono dell’ordine di 10-5-10-6 Pa. I suoni reali sono estremamente complessi ma esistono dei modelli semplificativi

che ci permettono di comprenderli meglio. Nel caso dei suoni o delle onde sonore in particolare, la forma d’onda reale di un suono qualsiasi è una curva complessa, più o meno periodica, con molte irregolarità e quindi di difficile comprensione.

Esistono tuttavia delle sorgenti che, seppur reali, sono in grado di produrre suoni molto semplici e di facile comprensione detti toni puri. Una di queste è il diapason, strumento che emette, se percosso, un suono che si può definire, con buona approssimazione, puro e quindi rappresentabile con una semplice sinusoide.

Se andiamo ad analizzare la forma dell’oscillazione nel tempo del braccio del diapason ci accorgiamo che questa e molto prossima a un’onda sinusoidale che può essere cioè rappresentata matematicamente dalla funzione seno:

)2( tfAseny

Anche la corrispondente variazione di pressione che si propaga dal diapason sotto

forma di onde sonore segue una legge sinusoidale:

)2(0 tfsenpp

con Δp0= ampiezza della variazione di pressione.

Se oltre a presentare queste caratteristiche l’onda sonora è composta da una sola frequenza allora si dirà tono puro. Il tono puro è l’unita base costituente tutte le onde sonore, dalle più semplici alle più complesse: ogni suono infatti è costituito da uno o più toni puri.

Tuttavia, suoni dello stesso tono ma di diverso volume presentano andamenti periodici che si differenziano per i diversi valori delle ampiezze, ma sono caratterizzati dalla stessa frequenza. Nella figura 8 sono riportati in un diagramma gli andamenti che

caratterizzano i p di due suoni puri di uguale frequenza (stesso tono, stessa nota musicale) ma di diversa ampiezza (diverso volume, diverso contenuto di energia). Essendo l’energia trasportata da un’onda direttamente proporzionale al quadrato della sua ampiezza, l’onda di ampiezza maggiore trasporta una maggiore quantità di energia.

Se volessimo rappresentare ciascuno dei due fenomeni sonori con il valore medio che assume nel tempo la perturbazione di pressione, otterremmo , per entrambi i suoni, lo

17

stesso valore, che dunque non risulta sufficientemente indicativo dell’entità del fenomeno. Inoltre, quando la forma d’onda è complessa, diventa ambigua la definizione

dell’ampiezza media del segnale da analizzare, e l’uso del valore istantaneo massimo non è rappresentativa della percezione umana.

Allora è necessario valutare il problema in termini energetici. Sappiamo che l'energia potenziale è proporzionale al quadrato della pressione, e che l'energia cinetica è proporzionale al quadrato della velocità.

I valori medi energetici possono essere calcolati come media RMS (root mean square), detto anche valore medio efficace, che risultano essere:

.

T

eff dttpT

p0

2 )(1

T

eff duT

u0

2 )(1

dove T è il tempo di integrazione. Nella formula che definisce la pressione efficace, per semplicità, il Δp è indicato con p.

Per mezzo di queste formule, otteniamo effettivamente un valore di pressione medio che corrisponde abbastanza bene a quanto percepito dal nostro orecchio.

Se la funzione è sinusoidale, la pressione efficace è pari a:

2

maxppeff

Fig.8 Illustrazione grafica di due onde sonore pure

Si definisce impedenza acustica specifica, in un punto, il rapporto tra la pressione

acustica e la velocità di vibrazione delle particelle del mezzo:

),,,(

),,,(

tzyxu

tzyxpZ [kg/m2 s]=[rayl]

Poiché in generale le oscillazioni di pressione acustica e di velocità di vibrazione

non sono in fase, l’impedenza acustica sarà una grandezza complessa, cioè rappresentata con un numero complesso. Questa grandezza quantifica la resistenza che il mezzo in cui l’onda si propaga oppone alla sollecitazione di una forza quale può essere quella di pressione del suono.

Nel caso di onde piane (o qualsiasi onda in campo lontano) si può dimostrare che la

p

t

18

pressione acustica e la velocità di vibrazione delle particelle nel mezzo sono in fase tra loro. In questo caso l’impedenza acustica assume un valore reale dato dalla relazione:

ctxu

txpZ

),(

),(

detta impedenza acustica caratteristica, prodotto della densità ρ del mezzo e della velocità di propagazione dell’onda sonora c. Nel caso della propagazione del suono in aria, in condizioni normali (po=1 atm=101325 Pa, t=20 °C, ρo=1,204 Kg/m3), l’impedenza acustica Zao vale:

5.413343204.1000 cZa rayl

Esempio numerico Calcolare l’impedenza caratteristica dell’aria alla temperatura di 25°C ed alla pressione di 1 atmosfera(101325 Pa). Considerando l’aria come un gas perfetto, la sua impedenza caratteristica è data dalla formula Z=ρ∙c: si tratta di una quantità reale in quanto si considera un’onda piana. Dobbiamo dunque calcolare la densità dell’aria e la velocità del suono nell’aria stessa:

· la formula per il calcolo della velocità del suono nell’aria è RTc , dove γ è

l’indice dell’adiabatica, che vale 1.4 per l’aria, R è la costante del gas considerato, che per l’aria vale 287 J/KgK , e T è la temperatura espressa in gradi Kelvin: (nel nostro caso è T=25°C=298K): sostituendo i valori numerici, si trova c = 346(m/ s); · per quanto riguarda, invece, la densità, basta usare la legge dei gas perfetti:

184.1298287

101325

RT

p

V

m Kg/m3

Quindi l’impedenza acustica caratteristica risulta:

410346184.1 cZ rayl

1.5 Intensità sonora e potenza sonora L'intensità sonora è una grandezza vettoriale (al contrario della pressione sonora o

della potenza sonora che sono grandezze scalari), che esprime il valore e la direzione del flusso netto di potenza sonora in una certa posizione dello spazio ed in un certo istante t.

Si definisce esattamente intensità sonora istantanea nel punto P(x,y,z), valutata nella direzione r formante un angolo θ con la direzione di propagazione dell’onda sonora (data dal vettore velocità di vibrazione delle particelle u

), l’energia sonora che attraversa,

nel tempo infinitesimo dt, la generica superficie di area dA immersa nel fluido:

dtdA

dEtzyxI

,,,

misurata in W/m2 (cfr. Fig. 9):

19

Fig. 9 Energia incidente sull’area infinitesima dA nella direzione r

Da notare che l’energia nell’unità di tempo è una potenza:

2,,,

m

W

dA

dWtzyxI

Introducendo la pressione sonora p agente sulla superficie dA e la velocità di

vibrazione delle particelle relative alla stessa area infinitesima dA, si ottiene che:

cos,,, uptzyxI

In base a questa espressione, l’intensità sonora istantanea, nella direzione individuata dall’angolo θ, è pari al prodotto della pressione sonora per la componente u∙cosθ della velocità delle particelle nella direzione normale alla superficie. Nel caso di superficie dA orientata nella stessa direzione di propagazione dell’onda sonora (cioè θ=0) l’intensità sonora può essere espressa dalla relazione vettoriale:

tzyxutzyxptzyxI ,,,,,,,,,

Per onde piane e per onde sferiche e cilindriche considerate a sufficiente distanza

dalla sorgente, tanto da poter considerare piani, con buona approssimazione, i fronti d’onda relativi a queste ultime, dato che tra pressione sonora p e velocità di vibrazione u esiste la relazione:

c

p

Z

pu

otteniamo quanto segue:

coscoscos,,,2

c

p

c

ppuptzyxI

Da questa espressione si osserva chiaramente che l’intensità sonora assume valore minimo (=0) quando θ=90°, ossia quando la direzione di propagazione dell’onda sonora è tangenziale alla superficie considerata, mentre assume valore massimo:

r

dA

P

20

c

ptzyxI

2

0 ,,,

quando direzione di propagazione dell’onda sonora è perpendicolare alla suddetta superficie (cioè quando θ=0°). Nota Iθ(x,y,z,t), possiamo calcolarci l’ intensità sonora media efficace, detta brevemente intensità sonora, sempre nella direzione individuata da θ; basta fare appunto una media nel periodo T, ossia:

cos)(1

,,

2

0 Z

pdI

TzyxI

effT

La potenza sonora, detta anche indice di emissione di energia acustica, è l’energia

sonora emessa da una sorgente nell’unita di tempo. Descrive la capacità di emissione sonora di una sorgente e viene misurata in Watt (W). La potenza sonora è un descrittore univoco di una sorgente sonora è, infatti, una quantità oggettiva indipendente dall’ambiente in cui la sorgente è posta.

Considerata una superficie chiusa S che racchiude una sorgente sonora, la potenza sonora “W” emessa dalla sorgente è data dall’integrale dell’intensità sonora “I” sulla superficie considerata (cfr. Fig. 10):

Fig. 10 Potenza sonora

Se ora consideriamo una sorgente omnidirezionale, la potenza sonora W emessa

dalla sorgente è pari, in base al principio di conservazione dell’energia, alla potenza che incide sul generico fronte d’onda di raggio r. Allora, tenendo conto che sul fronte d’onda si mantengono uniformi tutte le grandezze acustiche, possiamo scrivere che:

2

00 4 rISIW

Nel caso in cui la superficie chiusa S sia scomponibile in N superfici Si elementari, l’espressione della potenza sonora diventa:

N

i

ii SIW1

21

Si fa osservare che la potenza acustica è una grandezza assoluta nel senso che la potenza emessa da una sorgente dipende dalla sorgente di emissione mentre il livello di pressione sonora (di cui si parlerà nel prosieguo) dipende da come si trasmette il suono e quindi dipende dalle caratteristiche acustiche e trasmissive dell’ambiente.

Nella pratica le sorgenti sonore irradiano con potenze estremamente variabili che vanno dal valore della voce umana a livello di conversazione, pari a circa 10-6 W, al rumore di un aereo turbogetto pari a 104 W (v. tabella 4).

Tab. 4 Tipici valori della potenza sonora di alcune sorgenti (W)

Esempio numerico Per la sorgente sonora costituita da un pistone all’interno di un cilindro che genera un’onda piana sinusoidale si calcoli l’intensità sonora sapendo che la variazione di pressione massima (ampiezza) è pari a 10 Pa.

Dalle relazione 2

maxppeff si ottiene:

07.72

10effp Pa

Assumendo per l’aria a 20°C l’impedenza acustica Z = 413 rayls, l’intensità si ottiene mediante la relazione:

121.0413

)07.7( 22

0 Z

pI W/m²

Per questa stessa sorgente considerata puntiforme si calcoli la potenza sonora a 10 metri di distanza. Mediante la relazione:

1.152104121.04 22

00 rISIW W

Si calcoli infine l’intensità sonora ad una distanza di 20 m da una sorgente puntiforme che

irradia con una potenza di 1 W. Dalla relazione 2

00 4 rISIW si ha:

4

220 102204

1

4

r

W

S

WI W/m2

1.6 Il decibel

E’ possibile definire i valori limite della pressione sonora e dell’intensità sonora che individuano il campo dell’udibile, dalla soglia di udibilità, al di sotto della quale l’orecchio dell’uomo non percepisce alcun suono, alla soglia del dolore che rappresenta il caso limite di sopportazione del rumore. La soglia di udibilità è fissata alla frequenza di 1000 Hz dai seguenti valori:

psu = 20 (Pa) Isu = 10--12 (W / m2)

22

mentre la soglia del dolore:

psd = 20 Pa Isd = 1 (W / m2)

Quindi, dato che le variazioni di pressione che interessano i fenomeni acustici

vanno da 2 10-5 Pa a 1000 Hz (soglia di udibilità) a 20 Pa (soglia del dolore), se si adottasse la pressione, misurata in Pascal (Pa), come grandezza adatta a quantificare i fenomeni sonori, ci si troverebbe nella necessità di dover costruire scale di lettura con milioni di divisioni. Per ovviare a questa situazione si è fatto ricorso ad una scala ed ad una unità convenzionali.

Un metodo comune in casi analoghi è operare per confronto eseguendo il rapporto tra i valori di una generica grandezza da misurare G con un valore di riferimento Go. Si

procede, poi, passando al logaritmo decimale di tale rapporto ottenendo una nuova grandezza fisica chiamata livello.

Una tale procedura di misura è fortemente consigliata quando la grandezza G ha un campo di esistenza molto ampio. Si tratta di un metodo del tutto convenzionale escogitato per superare delle difficoltà pratiche. L'unità di misura che si ottiene con questa procedura è il Bel definito da:

0

log)(G

GBelL

dove con il simbolo log si intende la funzione logaritmo decimale. Se con una simile unità di misura la scala viene troppo contratta, allora è

conveniente ricorrere al decibel (dB), ottenuto decuplicando il numero delle divisioni di misura ottenute con il Bel, nel modo seguente:

0

log10)(G

GdBL

Si ha ad esempio: G = 10 Go L = 10 dB

G = 100 Go L = 20 dB

G = 1000 Go L = 30 dB

Quanto detto in genere per qualsiasi grandezza ad ampio campo di variabilità viene

applicato anche in acustica. In particolare, si assumono come valori di riferimento per la pressione sonora e l’intensità sonora quelli relativi alla soglia di udibilità.

Se si usa la scala dei Bel, il campo dell’udibile ha livelli compresi tra:

soglia di udibilità, I = Io = 10-12 (W m-2):

01log10I

IlogBL

o

su

soglia del dolore, I = 1 (W m-2):

23

1210log10

1log

I

IlogBL 12

12

o

sd

Se si usa l’unità di misura definita come Bel, la scala graduata, originariamente di milioni di divisioni, viene inopportunamente contratta in una scala con sole12 divisioni.

Passando ai decibel questa scala si aggiusta su un numero ragionevole di divisioni in quanto si ha:

soglia di udibilità, I = Io = 10-12 (W m-2):

01log10I

Ilog10dBL

o

su

soglia del dolore, I = 1 (W m-2):

12010log1010

1log10log10 12

12

o

sdI

IdBL

Quindi, il livello sonoro misurato in decibel è definito dalla seguente espressione:

oI

Ilog10dBL

dove: I è l'intensità sonora media efficace del suono (W m-2); Io è l'intensità di riferimento (10-12 W m-2).

Il livello sonoro può essere espresso anche in termini di pressione sonora ricordando la relazione tra intensità e pressione efficace. In condizioni ambientali per le quali l’impedenza acustica è uguale a quella fissata come valore di riferimento si ha:

oo

Pp

p

p

pdBL log20log10

2

dove: p è la pressione sonora efficace (Pa); po è la pressione di riferimento (2∙ 10-5 Pa).

Il livello di intensità sonora e quello di pressione sonora coincidono quando la propagazione del suono avviene in campo aperto o in campo chiuso anecoico, come si vedrà meglio in seguito, e quando le condizioni ambientali sono uguali a quelle di riferimento; in questo caso l’impedenza acustica vale Z =400 rayl.

Infatti è importante osservare che i valori di riferimento per l’intensità acustica, per la potenza acustica e per la pressione sonora efficace sono stati scelti in modo tale che i relativi livelli risultassero tra loro correlati in maniera opportuna. Vediamo allora che tipo di

legame esiste tra questi livelli. Partiamo dal livello di intensità acustica o

II

IL log10 ;

tenendo conto che I è proporzionale alla pressione sonora p secondo la relazione Z

pI

2

possiamo scrivere che:

24

2

0

0

0

2

0

2

0

2

2

0

2

0

0

2

0

2

log10log10log101

log101

log10log10p

IZL

IZ

p

p

p

p

p

IZ

p

IZ

p

I

IL p

o

I

Ponendo

2

0

0log10p

IZK e KC log10 possiamo dunque concludere che:

CLL pI

Questo è dunque il legame tra il livello di intensità sonora ed il livello di pressione

sonora. E’ opportuno fare qualche osservazione circa la costante C. In particolare, va

osservato che tale costante dipende strettamente dalle condizioni ambientali in quanto è legata al valore dell’impedenza acustica Z=ρ∙c. Allora, nel grafico seguente (cfr. Fig.11) è riportato il valore assoluto di C in funzione della temperatura dell’aria (misurata in K) e della pressione atmosferica (misurata in Pa):

Fig. 11 C vs. temperatura

E’ facile accorgersi che l’unico caso in cui risulta LI=Lp è quello in cui C=0, che corrisponde

a 12

0

0

p

IZ, ossia a :

400

10

10212

25

0

2

0

I

pZ rayl

In condizioni normali (cioè alla pressione di 101325 Pa ed alla temperatura di 20°C) risulta Z=413.5 rayl e quindi:

144.0

400

5.413log10

102

105.413log10log10

25

12

2

0

0

ppppI LLLp

IZLL

25

In tali condizioni si può ritenere, con buona approssimazione, che, numericamente, il livello di intensità sonora e quello di pressione sonora risultano uguali. Nel caso, per esempio, del passaggio di un jet alla distanza di 30m che produce una pressione sonora di 630 Pa (150 db) ed una conseguente variazione di pressione totale dell’aria, l’impedenza acustica risulta Z=416.1 rayl ed il livello di intensità sonora:

171.0400

1.416log10log10

2

0

0

pppI LL

p

IZLL

Anche in questo caso la differenza tra i due livelli può essere tranquillamente trascurata.

In campo chiuso i due livelli possono essere molto diversi tra loro e la differenza è tanto maggiore quanto più riverberato è l’ambiente, quanto più, cioè, le pareti che delimitano lo spazio sono riflettenti. Infatti, in un campo perfettamente diffuso, dove le riflessioni interessano tutte le direzioni in egual misura, in ogni punto si trovano a coesistere a due a due, nelle varie direzioni, vettori dell’intensità sonora di uguale valore assoluto ma con versi opposti. Ovviamente ne risulta in ogni punto un valore nullo dell’intensità totale, anche se sono diverse da zero le singole intensità unidirezionali.

In altre parole, essendo l’intensità sonora una grandezza vettoriale, la risultante di vettori concorrenti in un punto provenienti da molte direzioni, al limite da una infinità di direzioni, può risultare nulla se la grandezza in esame si presenta con caratteristiche di simmetria spaziale.

Quindi, l’intensità non è una grandezza valida per la misura del suono in campi pienamente diffusi. E’ preferibile parlare di livello di intensità sonora soltanto quando si vuole individuare la causa del rumore localizzandone la sorgente con misure direzionali. E’, invece, preferibile parlare di livello di pressione sonora quando l’obiettivo è conoscere gli effetti del rumore.

Esempio numerico Consideriamo una sorgente sonora che irradia 1W di potenza acustica e supponiamo che tale potenza sonora si propaghi sotto forma di onde sferiche. Consideriamo inoltre un punto a distanza r=10 m dalla sorgente: supponendo che le condizioni di temperatura e pressione siano quelle standard (20°C e 1 atm), vogliamo calcolare, in tale punto, l’intensità sonora in direzione radiale, il livello di intensità e la pressione sonora. Possiamo subito ricordarci che, per le onde sferiche, l’intensità acustica, a distanza r dalla sorgente, è data da

204 r

W

S

WI

(ricordiamo che la direzione radiale è caratterizzata da θ=0). Avendo detto che la sorgente irradia una potenza acustica di 1W, quella formula ci dice che:

4

22109.7

104

1

4

r

WI W/m2

e da qui ricaviamo immediatamente che il livello di intensità è

dBI

IL

o

I 8910

109.7log10log10

12

4

Sempre partendo da I0 possiamo anche calcolare la pressione efficace nel punto considerato:

26

infatti, ci basta ricordare che, a sufficiente distanza dalla sorgente, le onde sferiche si

comportano come onde piane, per cui risulta cos2

Z

pI ; nel nostro caso, l’impedenza

acustica in condizioni standard è Z=413.5 rayl e dato che stiamo considerando la

direzione radiale =0, abbiamo che:

PaIZp 57.0109.75.413 4

1.6.1 Operazioni con i decibel: Somma “incoerente” di livelli

Il decibel è stato definito con una espressione logaritmica, pertanto è necessario prestare attenzione alle operazioni da eseguire. Generalmente in un punto si possono ricevere due suoni che non risultano assolutamente identici: a parte che solitamente i due suoni sono già diversi in partenza, comunque essi percorrono distanze diverse prima di giungere al punto d’ascolto, per cui hanno fase tra di loro random: a volte si sommano raddoppiando effettivamente la pressione sonora, a volte s'annullano, a volte sono a fase intermedie.

Pertanto per calcolare il livello sonoro totale occorre fare un'ipotesi diversa, vale a dire sfruttando il principio di conservazione dell'energia: il suono risultante ha un livello sonoro che non è uguale alla somma aritmetica dei due livelli componenti, mentre l’intensità sonora risultante è uguale alla somma delle due intensità sonore componenti. In altre parole, il contenuto energetico totale in un punto del campo è dato dalla somma dei singoli contributi che concorrono in quel punto, ma il livello sonoro complessivo non è la somma dei livelli. Infatti i singoli livelli sonori risultano:

10111

1

10log10

22 pL

oo

Pp

p

p

pL

e

10222

2

10log10

22 pL

oo

pp

p

p

pL

Le singole intensità sonore:

dalla quale si ricava il livello sonoro totale:

1010

21

1010log10log10log10

2 pp LL

o

tot

o

totptot

p

p

I

IL

1010

2

0

2

2

2

0

2

1

2

0

22

2

2

1

2

21

2

2

22

2

11

21

1010

pp LL

tottottot

tottot

p

p

p

p

p

p

Z

p

Z

p

Z

pIII

Z

pI

Z

pI

Z

pI

27

ed é proprio da questa che deriva la seguente relazione, più frequente nella letteratura specifica:

101

21

101log10

LL

t LL

dove L1, L2 e Lt, sono i livelli sonori componenti e quello risultante, con L1 > L2.

La correlazione è normalmente presentata in letteratura sotto forma di diagramma (cfr. Fig. 12), di nomogramma o di abaco(cfr. Fig. 13):: qui di seguito sono presentati alcuni modi di presentazione più frequenti.

Fig. 12 Diagramma per la somma incoerente dei livelli sonori

L1 - L2 (dB)

ΔL da sommare a L1 (dB)

0 3

1 2.5

2 2

3 2

4 1.5

5 1

6 1

7 1

8 0.5

9 0.5

Almeno 10

0

Fig. 13 Metodo rapido per eseguire la somma di due livelli L1 e L2 con L1 > L2.

Nel caso di più contributi sonori che concorrono contemporaneamente in un punto del campo, per l'addizione dei livelli sonori vale la proprietà associativa: prima si sommano due livelli qualsiasi, poi alla somma si aggiunge il valore di un altro livello e così via. E’, comunque, prassi comune, al fine di evitare approssimazioni eccessive, trascurando da subito i livelli più bassi di almeno 10 dB rispetto ad altri addendi, procedere alla somma

28

partendo proprio dai livelli minori. Per esempio si calcoli la somma incoerente di due livelli sonori L1 = 80 dB e L2 = 85 dB Risulta:

Ltot = 10 log (1080/10 + 1085/10) = 86.2 dB. Se i due livelli sono uguali (L1= L2 = L), la somma incoerente dei loro livelli sonori è:

2log10101log10 0 LLLt

Se si sommano 3 livelli uguali (L1= L2 = L3 = L), alla somma dei primi due si aggiunge il terzo:

log310Llog21010log32log10L2

1110log2log10L

10

1110log2log10L10110log2log10LL

log2

10

Llog210L

t

Per cui ad esempio se si sommano due livelli di 70 dB oppure di 80 dB risulterà dBdBdB 737070 , oppure dBdBdB 838080 .

Nel caso più generale di più livelli sonori uguali e pari a L (ad esempio n macchine utensili uguali in funzione contemporaneamente all'interno di una officina meccanica) il livello sonoro risultante è: Ln = L + 10 log n

Talora si presenta la necessità di procedere alla sottrazione di livelli sonori: ad esempio quando si esegue una misura del livello di rumore prodotto da una sorgente in opera e non in laboratorio, per cui il risultato della misura stessa deve essere coretto tenendo conto dell'effetto dovuto al "rumore di fondo". In questo caso il livello sonoro attribuibile alla sorgente può essere determinato sottraendo al livello sonoro globale il contributo dovuto al rumore di fondo.

L’operazione di sottrazione tra due livelli sonori L1 ed L2 si esegue nel modo seguente:

dove: Ls è il livello sonoro risultante dall’operazione di sottrazione

Nell’esempio citato Ls indica il livello sonoro dovuto effettivamente alla sorgente, L1 il livello totale misurato dallo strumento ed L2 quello dovuto al rumore di fondo. Si può notare che se la differenza tra il livello sonoro totale e quello del rumore di fondo è maggiore di 10 dB non occorre praticamente apportare alcuna correzione alla misura effettuata: il livello misurato equivale a quello della sorgente. Se tale differenza è minore di 3 dB il suono che

101

1010

10

10101010

21121

1

2

121

101log10101log1010log10

10

10110log101010log10

LLLLL

L

LLLL

s

L

L

29

si vorrebbe misurare ha un livello paragonabile al livello del rumore di fondo: la misura in queste condizioni non può essere accurata.

La correlazione è presentata sotto forma del seguente diagramma (cfr. Fig. 14):

Fig. 14 Diagramma per la differenza dei livelli sonori

Per esempio si calcoli la differenza di due livelli sonori L1 = 80 dB e LT = 85 dB. Risulterà:

L2 = 10 log (1085/10 - 1080/10) = 83.35 dB

1.6.2 Operazioni con i decibel: Somma “coerente” di livelli

Due sorgenti sonore alla stessa distanza dal punto di ascolto. Facendo loro trasmettere lo stesso segnale perfettamente in fase, istante per istante le due pressioni sonore si sommano nel punto d’ascolto. Allora:

20111

1

10log20

pL

oo

Pp

p

p

pL

e

20222

2

10log20

pL

oo

Pp

p

p

pL

Essendo:

2020

0

2

0

1

0

21

1010

pp LL

tot

p

p

p

p

p

p

il livello sonoro totale risulterà:

30

201

2020

2121

101log201010log20log20

LLLL

o

totptot L

p

pL

pp

Anche in questo caso la correlazione è presentata sotto forma di diagramma(cfr. Fig. 15):

Fig. 15 Diagramma per la somma coerente dei livelli sonori

1.6.3 Livello sonoro equivalente

I rumori si distinguono in rumori a livello costante, a livello fluttuante ed a livello impulsivo. I rumori a livello costante presentano fluttuazioni massime di livello sonoro di 5 dB. Rumori con fluttuazioni superiori a 5 dB e durata superiore al secondo sono detti fluttuanti. I rumori impulsivi hanno una durata inferiore al secondo ed un elevato livello sonoro (ad esempio i colpi di un maglio, di una pressa, delle cadute degli oggetti pesanti, di una porta che sbatte ecc.).

Poiché nella maggior parte dei casi il rumore presente in un ambiente industriale è di tipo fluttuante ed impulsivo, non è corretto valutare la rumorosità riferendosi soltanto al valore massimo ed al valore minimo del livello sonoro: occorre definire un valore opportunamente mediato del livello sonoro, rappresentativo nell’arco di tempo che caratterizza la durata dell’evento sonoro stesso.

Come è noto, alla propagazione di un treno di onde sonore è sempre associata la propagazione di energia. Nel caso di rumori fluttuanti è utile definire il livello costante di pressione sonora che contiene la stessa quantità di energia, trasmessa in un conveniente intervallo di tempo, di quello fluttuante. Tale valore costante prende il nome di livello sonoro equivalente.

Il livello equivalente può essere definito come quel livello sonoro costante durante un certo intervallo di tempo che trasporta la stessa quantità di energia di quello variabile relativo allo stesso periodo di tempo.

31

Fig.16 Grafico preliminare alla definizione del livello equivalente

Per calcolare il livello equivalente relativo ad un certo rumore si determina prima l’intensità sonora equivalente, cioè quell’intensità sonora di valore costante che equivale, in termini di contenuto energetico, all’intensità variabile considerata nello stesso intervallo di tempo. Mediante integrazione estesa tra l'istante iniziale 0 e l'istante T, dove T rappresenta il tempo di durata del segnale sonoro, si ottiene:

TIdttI eq

T

0

)(

T

eq dttIT

I0

)(1

Da cui:

T

tL

T

Teq

eq

dtT

dtp

tp

T

dtI

tI

TI

IL

0

)(1.0

0

2

0

2

0 00

101

log10)(1

log10

)(1log10log10

dove T è l’intervallo di tempo di integrazione, p (t) è il valore istantaneo della pressione sonora e po è la pressione di riferimento.

Fig.17 Grafico rappresentativo del livello sonoro variabile e del corrispettivo livello equivalente

In termini di rischio da danno uditivo il livello sonoro equivalente corrisponde a quel

livello sonoro costante che, in un certo periodo di tempo, produce gli stessi effetti che produrrebbe il rumore in esame sull’apparato uditivo.

Se il rumore di durata totale T è dato da una successione di rumori stazionari di

Ieq

t (s)

I

(t)

t’ t’ +T’

32

livello Li e durata ti allora il livello equivalente è dato dalla sommatoria seguente:

n

i

i

L

eq tT

L i

1

1.010

1log10

con

n

i

itT1

.

1.7 Fonometria

Il fonometro è lo strumento utilizzato per la misura del livello della pressione sonora. Qualsiasi fonometro è in grado di misurare valore quadratico medio della pressione sonora p(t) all’istante attuale. Quest’ultimo, mediato nell’intervallo di tempo T (durata del campionamento), è definito come :

t

Tt

eff dpT

tp )(1 2

dove τ è la variabile tempo e t l’istante attuale considerato. Nel fonometro dopo l’operazione di media viene fornito anche il rispettivo livello in dB:

Papove

p

pLp

20:

log10

0

2

0

2

Grazie al microprocessore dedicato, i fonometri attuali riescono ad eseguire anche

opportune integrazioni temporali: di estremo rilievo in metrologia acustica è il livello della pressione sonora continua equivalente (Leq), ottenuta nel seguente modo:

n

i

ieff

eqp

p

nL

12

0

21

log10

(infatti lo strumento va ad elaborare n campioni della pressione efficace). Da un punto di vista teorico, si dovrebbe porre :

t

t

dtp

tp

ttL

eff

eq

2

1

2

012

)(

)(

1log10

ove (t2-t1) è il tempo totale di misura, peff(t) è il valore efficace della pressione sonora

all’istante attuale e p0 è la pressione acustica di riferimento (pari a 20Pa). Tuttavia, oltre alla misura del valore quadratico medio (media lineare nel tempo), i

fonometri operano fondamentalmente con una media esponenziale, che fornisce il valore quadratico medio della pressione sonora “istantanea” calcolata con media esponenziale che dà massimo peso agli " eventi " appena accaduti e "dimentica" progressivamente gli eventi più antichi. La media esponenziale è dettata dal fatto che l’intensità soggettiva di un segnale sonoro che viene percepita dall’orecchio dipende in maggior misura dalle ultime

33

fluttuazioni di pressione che non dalle precedenti; da rilevare che l’orecchio umano “media” in un tempo compreso tra 30 e 300 ms.

Una media esponenziale è dunque una idonea rappresentazione matematica di questo processo ed è perciò che è stata adottata nel fonometro; il valore quadratico medio della pressione sonora all’istante attuale t è allora espresso dalla relazione seguente:

t

T

t

depT

tp0

22 )(1

dove τ è la variabile tempo, t l’istante attuale considerato e T la costante di tempo1 Quindi, un fonometro non misura direttamente il livello equivalente, né il valore medio lineare: misura solo i valori istantanei con tre diverse costanti di tempo selezionabili dall’operatore mediante un commutatore.

Infatti, poiché i livelli sonori sono fluttuanti, occorre che la misura si adegui alla rapidità di variazione degli stessi; ciò si effettua misurando il suono con costante di tempo in modalità Fast (veloce) o Slow (lenta), entrambe standardizzate internazionalmente: la prima consente di ottenere una risposta rapida (fast) per seguire più fedelmente la variazione dei suoni (costante di tempo d’integrazione2 di 125 millisecondi), la seconda (costante di tempo di 1 secondo) da una risposta più lenta (slow) per smorzare le fluttuazioni dello strumento che, se analogico, risulterebbe altrimenti di difficile lettura; le modalità per l’uso dell’una o l’altra costante sono dettate da specifiche norme e dipendono comunque dal tipo di rumore da analizzare, anche se generalmente le modalità di rilevazione del rumore ambientale sono eseguite in modalità Fast.

Come accennato in precedenza esiste infine una terza modalità di misura (modalità Impulse) per componenti impulsive (costante di tempo di 35 millisecondi in salita, 1.5 s in discesa) per la misura di suoni di breve durata (rumori transitori) quali ad esempio i rumori di tipo impattivo o quelli prodotti da taluni macchinari (cfr. Fig.18)

Fig.18 Grafico della funzione esponenziale

T

t

e

1 La costante di tempo è il tempo necessario ad arrivare al 37 % del valore iniziale o per avere una variazione relativa,

riferita al valore iniziale, del 63%. 2 la costante di tempo stabilisce gli intervalli temporali durante i quali il fonometro effettua l’integrazione dei valori

istantanei della pressione sonora: valori maggiori della costante appiattiscono le oscillazioni del segnale e viceversa, pur mantenendosi costante il livello globale equivalente Leq dell’energia contenuta nel segnale

34

1.8 Analisi per bande

Un suono può essere costituito da un tono puro, cioè da un segnale di una sola frequenza (monocromatico), da più toni puri (policromatico), da suoni complessi (armonici, periodici), da rumori, cioè costituiti da tutte le frequenze con diversi livelli.

Fin ora il suono è stato sempre considerato come una funzione sinusoidale quindi come un tono pur è stata utilizzata una sola modalità di rappresentazione di un segnale sonoro vale a dire quella nel dominio del tempo. Dall'esperienza si sa che la gran parte dei suoni non ha questo comportamento, anzi, se si rappresentasse un grafico dell'andamento

della pressione sonora nel tempo, ci si accorgerebbe che normalmente non ha

neppure un andamento periodico. In questo caso si può sempre definire un valore efficace della pressione, ma non ha più senso parlare di frequenza.

Tuttavia, ogni forma d’onda nota nel dominio del tempo, può essere univocamente descritta come somma pesata di sinusoidi a varie frequenze, e viceversa, noti tali pesi, si può ricostruire perfettamente la forma d’onda temporale. Quindi sapere il contenuto in frequenza, ossia fasi e moduli di ogni sinusoide contenuta, di un segnale, corrisponde a conoscere perfettamente la forma temporale del segnale. E’ quindi ampiamente diffusa la rappresentazione in frequenza di una forma d’onda, che ha nelle ascisse la frequenza e nelle ordinate un numero che descrive ampiezza ed uno che descrive la fase, relative ad ogni frequenza. ). Il metodo matematico che permette di fare l’analisi in frequenza, e quindi trovare lo spettro di una forma d’onda è il teorema di Fourier che permette di considerare qualsiasi segnale come il risultato della sovrapposizione di un numero infinito di componenti sinusoidali con diversa frequenza , ampiezza e fase. Applicando un algoritmo matematico, noto come "Trasformata di Fourier", è possibile trasformare un segnale definito nel dominio del tempo in uno definito nel dominio della frequenza, chiamato spettro. Anche l’orecchio umano fa un’analisi in frequenza, permettendoci di distinguere tra suoni di “altezza” musicale differente.

In figura 19 sono riportati alcuni casi caratteristici di segnali acustici e i loro relativi spettri.

35

Fig.19 Esempi di segnali acustici nel dominio del tempo e loro spettri in frequenza

Un’onda sinusoidale, ossia un tono puro (a) ha il suo spettro sonoro costituito

semplicemente da una sola linea (detta generalmente riga spettrale o semplicemente riga) in corrispondenza d frequenza.

Un’onda periodica (b) è caratterizzata invece dalla sovrapposizione di più suoni puri (tre sono quelli considerati in figura), ciascuno a diversa frequenza, per cui lo spettro sonoro è formato da più linee in corrispondenza delle frequenze multiple che compongono il suono originario.

Un’onda casuale, ossia un rumore (c), può essere scomposto in una somma di infiniti termini armonici, tali però che la differenza di frequenza di due termini successivi non sia discreta, ma infinitesima. Questo fa si che l’insieme delle frequenze dei termini componenti vada a costituire una distribuzione non più discreta, ma continua, ossia uno spettro continuo come quello indicato in figura 19c. In tale diagramma, è evidente un picco dello spettro, associabile alla frequenza fondamentale, ed un numero infinito di ulteriori armoniche, comprese però in un intervallo di ampiezza finita).

Esiste una differenza sostanziale tra suono e rumore sebbene entrambi possano essere ricondotti al medesimo fenomeno acustico fondamentale: il meccanismo ondulatorio che consente ad una perturbazione di pressione di propagarsi nello spazio in presenza di un mezzo elastico.

Tale differenza risiede fondamentalmente nella sensazione sonora prodotta nell’orecchio umano: il suono produce una sensazione gradevole, il rumore un disturbo.

All’origine di questa differenza sta proprio la diversa configurazione che ha la distribuzione spettrale dell’energia sonora. Un suono è caratterizzato da una componente fondamentale che ne caratterizza il tono (la nota suonata per uno strumento musicale) e da un certo numero di componenti secondarie, dette armoniche, di frequenza multipla o sottomultipla di quella fondamentale, che caratterizzano il timbro del suono stesso (ciò che distingue la stessa nota suonata da due strumenti musicali diversi, ad esempio un pianoforte ed un violino). In altre parole, un suono produce nell’orecchio umano una sensazione piacevole poiché è composto da componenti spettrali che sono in accordo tra di loro, avendo frequenze non casuali ma legate da rapporti di proporzionalità.

36

Al contrario, un rumore presenta una composizione spettrale ben più complessa che prevede un andamento continuo dell’energia sonora in funzione della frequenza tra due valori limiti che caratterizzano l’emissione in oggetto. Non c’è dunque nessuna relazione tra le componenti spettrali di un rumore, che variano con continuità all’interno dell’intervallo di frequenze interessato. Questo produce una sensazione sgradevole nell’orecchio umano. La distribuzione spettrale continua che caratterizza un rumore impone la necessità di effettuare una discretizzazione che consenta di caratterizzare il valore del contenuto energetico del rumore alle varie frequenze.

Dividendo il campo compreso tra i limiti di emissione del rumore considerato in “bande” ed attribuendo alla frequenza centrale di banda tutta l’energia contenuta nell’intervallo considerato è possibile effettuare una caratterizzazione spettrale del fenomeno che risulterà tanto meno approssimata quanto più stretta è l’ampiezza di ogni banda (cfr. Fig. 20)

Fig. 20 Discretizzazione in bande dello spettro sonoro di un rumore

L'analisi dello spettro sonoro di un rumore viene condotta per bande di frequenza la

cui ampiezza in teoria potrebbe essere del tutto arbitraria. Nella pratica per razionalizzare l'uso di tale criterio, vengono operate delle scelte convenzionali basate su delle opportune definizioni riguardanti i valori limiti, frequenza di taglio inferiore fi e superiore fs della banda,

il valore della frequenza nominale centrale fc della banda e l’ampiezza di banda Δf= fs -fi (cfr. Fig.21). Fig. 21 Ampiezza di banda, frequenze di taglio e centrale di banda La scelta dell’ampiezza delle bande di frequenza viene solitamente fatta secondo due criteri: o ampiezza costante oppure ampiezza percentuale costante. L’analisi ad ampiezza di banda costante viene utilizzata per analisi approfondite sulla composizione in frequenza di rumori generati da sorgenti e macchine, sulla diagnostica e sulle cause generatrici delle emissioni sonore. Nell’analisi ad ampiezza percentuale costante, ciò che si mantiene costante è il rapporto tra due frequenze di centro banda successive, ovvero la differenza cresce esponenzialmente, ed appare a crescita lineare solo se si utilizza per la frequenza una

I

f1 f2

f

37

26,123

scala logaritmica. Tale scelta è dovuta fondamentalmente alla caratteristica del nostro sistema uditivo di associare ad incrementi esponenziali della frequenza incrementi lineari della sensazione di “altezza del suono e viene solitamente utilizzata in acustica ambientale ed architettonica. Questa analisi si basa sulla costanza del rapporto tra la larghezza di banda Δƒ e la frequenza nominale di centro banda che caratterizza la banda stessa:

Costf

f

c

La frequenza nominale di centro banda si ottiene con la seguente espressione:

sic fff

Le bande di frequenza hanno sempre la ragione della progressione geometrica pari ad una potenza di 2: ciò significa che la frequenza di taglio superiore fs e quella inferiore fi sono legate da una relazione del tipo:

i

n

s ff 2

A seconda del valore di n, avremo bande più o meno larghe:

quando n = 1, si ottengono le cosiddette bande di ottava, per le quali risulta quanto segue:

Nelle bande di ottava i rapporto tra due frequenze centrali consecutive vale 2. Allo stesso modo la frequenza di taglio inferiore di una banda di ottava raddoppia rispetto alla corrispondente della banda precedente. Le ampiezze di banda raddoppiano passando da una banda a quella successiva. Tale intervallo corrisponde all’ottava musicale, ovvero quello che intercorre tra due note successive con lo stesso nome. Le frequenze di centro banda per le bande di ottava sono normalizzate e precisamente sono:

31.5, 63, 125, 250, 500, 1000, 2000, 4000, 8000, 16000

l’altra possibilità è n = 1 / 3, nel qual caso si ottengono le cosiddette bande in terzi di ottava, ovviamente più strette delle precedenti:

La frequenza di taglio inferiore di una banda di 1/3 di ottava aumenta rispetto alla precedente di un fattore:

iic fff 22 2

is ff 2 iii ffff 2 707,02

1

2

i

i

c f

f

f

f

is ff 3 2 631

31

222 iiiisic fffffff

122 33 iii ffff

232,02

12

2

126

3

6

3

i

i

c f

f

f

f

38

Analogamente le frequenze centrali aumentano dello stesso fattore da una banda a quella successiva. L’ampiezza di ogni banda è pari al 23,2 % della frequenza nominale centrale di ogni banda. Anche le frequenze a terzi di ottava di centro banda sono normalizzate

Il campo udibile può essere suddiviso indifferentemente in base di ottava o di terzi di ottava contigue. La tabella 5 e la figura 22 mostrano una parte della suddivisione dello spettro di frequenze udibili:

Tab.5 Frequenze di taglio e centrali per bande di ottava e di 1/3 di ottava

Fig.22 Spettro per bande di 1/3 di ottava e di ottava

Osservando l’ampiezza delle varie bande, si osserva che essa aumenta al crescere della frequenza iniziale. E’ abbastanza intuitivo prevedere che uno spettro in bande di terzi di ottava fornisca più informazioni rispetto ad uno spettro di bande di ottava

Inoltre, noto lo spettro in bande di terzi di ottava, è sempre possibile ricavare quello in bande di ottava: infatti, data la generica banda di ottava, per ottenere il corrispondente

39

valore della grandezza considerata basta sommare i valori corrispondenti alle tre sottobande in cui essa è stata divisa.

La rappresentazione grafica degli spettri ottenuti con questa analisi avviene normalmente utilizzando una scala logaritmica sull’asse delle ascisse (frequenze). Ne risulta un istogramma in cui graficamente ciascuna banda ha la stessa ampiezza. Se invece si rappresenta la scala delle ascisse in lineare si può apprezzare l’effettiva larghezza di banda delle varie frequenze (Cfr. Fig. 23-24)

Fig.23 Esempio di spettro sonoro in bande di 1/3 di ottava con scala logaritmica delle ascisse.

Fig.24 Esempio di spettro sonoro in bande di 1/3 di ottava con scala lineare delle ascisse.

Rumore bianco e rumore rosa

Il rumore bianco è definito come quel rumore che ha lo stesso contenuto energetico (oppure intensità sonora) ad ogni frequenza.

Nella Fig. 25a la grandezza If è l’intensità sonora di ogni frequenza espressa con le unità di misura in (W m-2Hz-1), mentre nella Fig.25b, If è l’intensità sonora di ogni banda di frequenza espressa con le unità di misura in (W m-2ottava-1).

40

Se si analizza tale rumore in bande di ottava, considerato che l’ampiezza Δf di ciascuna banda è 2 volte quella della banda precedente e che l’energia per ogni frequenza è costante, allora per ogni banda si avrà un contenuto energetico doppio della banda precedente con il conseguente aumento del livello di 3 dB (Cfr. Fig. 25 c). Nel caso dell’analisi in terzi di ottava, considerazioni simili portano al risultato che l’aumento di livello per ciascuna banda rispetto alla precedente è pari ad 1 dB.

Il rumore bianco trova applicazione in molti tipi di misurazioni, in particolare per le misure di isolamento acustico e per la qualificazione acustica degli ambienti chiusi.

Fig.25 Rumore bianco.

Un altro importante tipo di rumore è il rumore rosa che è caratterizzato dal fatto di mantenere lo stesso livello energetico in ciascuna banda nella rappresentazione in bande di ampiezza percentuale costante (Cfr. Fig.26 a); ciò implica che la ripartizione di intensità sonora in banda stretta tende a decrescere all’aumentare della frequenza e di conseguenza dell’ampiezza di banda, come mostrato in Fig.26 b. Questo tipo di rumore viene usato spesso in acustica poiché si adatta a vari tipi di misurazioni. Per il tempo di riverberazione, ad esempio, si hanno solitamente problemi ad avere sufficiente energia a bassa frequenza.

Fig.26 Rumore rosa

Per ottenere una caratterizzazione significativa di un ambiente, teatro, sala cinematografica, auditorium, aula magna etc., la Normativa nazionale ed internazionale impone l’impiego di sorgenti di rumore bianco o rosa: con la sorgente di rumore bianco l’ambiente viene sollecitato soprattutto alle alte frequenze mentre con la sorgente di rumore rosa viene sollecitato soprattutto alle basse.

If

f

If

Bande d’ottava

R1 R2=2 R1

R3=2 R2

L

Bande d’ottava

(25 a) (25 b)

(25 c)

(26 a) (26 b)

41

2 ACUSTICA FISIOLOGICA 2.1 Introduzione

L’Acustica Fisiologica si occupa dell’interazione del suono (fenomeno puramente fisico, cioè oggettivo) con l’Uomo e quindi cerca di determinarne gli effetti di interazione soggettiva. Spesso i parametri di giudizio sono legati proprio alla soggettività dell’Uomo e ciò complica non poco lo sviluppo di questa disciplina. Occorre introdurre nuove grandezze, oltre a quelle oggettive già incontrate, che tengano conto dell’interazione con l’uomo e delle sue capacita percettive.

L’acustica fisiologica studia, quindi, le relazioni che legano una grandezza oggettiva come la pressione acustica o la potenza sonora ad una grandezza soggettiva che esprima la sensazione che un individuo prova.

Per far ciò bisogna operare in modo statistico su dei campioni di popolazione, al fine di definire un "soggetto medio". Il campione, però, non può essere scelto su tutta la popolazione in quanto è noto che, anche prescindendo da fattori patologici, la capacità uditiva cala con l'età; a causa di ciò si deve scegliere il campione sulla popolazione sana di età inferiore ai 25 anni.

2.2 L’orecchio umano

Il comportamento dell'orecchio può essere studiato analizzando la funzionalità delle tre parti che lo compongono: orecchio esterno, orecchio medio ed orecchio interno (cfr. Fig. 27).

Fig.27 Orecchio (da Nuova Encicl. Sansoni Ilustr.).

L'orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal meato uditivo. Il padiglione ha la funzione sia di localizzare la sorgente sonora che di rinforzare il suono percepito. Un tale rinforzo è ottenuto spontaneamente raccogliendo su una superficie relativamente più vasta l'energia associata alla propagazione delle onde sonore e convogliandola su una superficie sicuramente più stretta quale la sezione di ingresso del meato uditivo. Il meato uditivo ha la funzione di proteggere la membrana del timpano, frapposta tra l'orecchio esterno e quello medio, e di comportarsi come un risonatore

42

acustico selettivo per alcune determinate frequenze, provocando in prossimità della membrana un aumento di pressione. Tale aumento può essere valutato mediamente in p1/p0 = 3 (corrispondente a 10÷12 dB) nell'intervallo di frequenze 2000÷3000 Hz e in p1/p0

= 1.5 (corrispondente a 3 dB) a 7000 Hz (cfr. Fig.28).

Fig.28 Orecchio esterno Il timpano è un diaframma sottile, elastico, molto resistente, impermeabile all’acqua e all’aria che separa l’orecchio esterno da quello medio. L'orecchio medio è formato dalla catena di tre ossicini: martello, incudine e staffa. Il martello, collegato ad una estremità al timpano mediante il muscolo tensore, trasmette le vibrazioni del timpano all'incudine e quindi alla staffa, collegata ad un altro muscolo chiamato stapedio. Le vibrazioni dalla staffa passano alla finestra ovale della coclea e da qui all'orecchio interno. L'orecchio interno è composto dalla coclea collegata al cervello mediante il nervo acustico e dai canali semicircolari. La coclea è costituita da tre canali riempiti di un liquido (perilinfa). In uno dei tre (canale cocleare) si trova l’organo del Corti (migliaia di terminazioni nervose del nervo acustico). Da qui parte l’impulso nervoso verso il cervello. 2.3 La sensazione sonora

Nei capitoli precedenti sono stati trattati l'aspetto fisico del fenomeno "suono" e la interazione tra questo fenomeno e l'organo dell'udito. Però nella valutazione soggettiva di un suono o di un rumore intervengono anche altri fattori di carattere fisiologico e psicologico. Uno stesso rumore può essere valutato forte, debole, fastidioso, può innervosire, può causare danni fino alla sordità momentanea o cronica: la reazione ad una sollecitazione sonora dipende moltissimo dall'apparato uditivo individuale e dalle condizioni psicologiche e fisiche dell'individuo. E' evidente che tali reazioni soggettive non sono quantificabili e, quindi, non sono misurabili ma possono essere elaborate statisticamente, operando su convenienti campioni scelti opportunamente, in modo da disporre di "valori soggettivi medi". A seguito di prove su campioni statisticamente validi si sono potute tracciare le cosiddette curve di isosensazione o isofoniche, contraddistinte le une dalle altre da un numero espresso in una convenzionale unità di misura chiamata "phon".

L’insieme delle considerazioni precedentemente esposte ha consentito di costruire un diagramma (detto diagramma di Fletcher e Munson) in cui è riportato l’andamento delle curve di uguale sensazione uditiva. Nel 1961 è stata approvata una versione normalizzata di tale diagramma, che ha preso il nome di audiogramma normale. Esso è stato costruito come segue: – si adotta un suono di riferimento a 1000 Hz, di intensità variabile – si esamina un suono di prova di intensità e frequenza qualunque – si varia l’intensità del suono di riferimento fino a che l’ascoltatore non lo giudica di intensità equivalente a quello di prova

P1

Po

Padiglione

auricolare

Meato

uditivo

43

– si assume come valutazione numerica (soggettiva) dell’intensità del suono di prova il valore in decibel dell’intensità (oggettiva) del suono di riferimento. Tale valutazione è espressa in phon. In figura 29 vengono riportate le curve isofoniche proposte dalla Norma ISO/R 226. Sono diverse da quelle tracciate originariamente da Fletcher e Munson, in quanto risultato di una campagna di misure più vasta, eseguita, però, con gli stessi criteri.

Fig.29 Curve isofoniche proposte dalla ISO/R 226 per ascolto binaurale (ovvero due

orecchi) in campo libero (ambiente anecoico) ed emissione di suoni puri

frontali per ascoltatori con udito normale.

La curva tratteggiata (soglia di udibilità) esprime i valori minimi udibili del livello sonoro alle varie frequenze. Ogni curva isofonica è il luogo dei punti con lo stesso valore in phon, coppia di valori livello-frequenza, che producono la stessa sensazione sonora del livello sonoro a 1000 Hz. Il livello di sensazione sonora in phon corrisponde al livello di pressione in dB, rispetto al livello di riferimento di 20 μPa, di un suono puro a 1000 Hz che produce la stessa sensazione sonora del suono in esame.

Dal grafico ottenuto risulta che le curve isofoniche hanno tutte forma simile, con picco di udibilità in corrispondenza di circa 3 ÷ 4 kHz per tutte le curve isophon: lo scarto tra il livello reale ed il livello del suono a 1000 Hz è minore che in altri intervalli di frequenza. Il considerevole scarto evidente alle basse frequenze è sicuramente da imputare alla azione della catena dei tre ossicini. Il rendimento elevato tra 1500 e 7000 Hz è dovuto all'effetto amplificatore del meato uditivo. Il progressivo diminuire della pendenza

44

delle curve isofoniche nella zona delle basse frequenze al crescere del livello di pressione è dovuto all'effetto dei muscoli, tensortimpano e stapedio, che irrigidendo il timpano e deviando il movimento della staffa, linearizzano la risposta dell'orecchio. In definitiva, l’orecchio umano sente meglio le frequenze alte rispetto alle basse. Nella figura 30, estratta dall’audiogramma, sono riportati i livelli e le frequenze udibili per un individuo di udito normale (dai 20Hz ai 20000Hz). Le aree interne rappresentano il campo del parlato che va dai 100Hz ai 5000Hz e il campo della musica che si estende dai 10÷50Hz agli 11000Hz.

Fig.30 Visualizzazione delle aree frequenza-livello per tutto il campo udibile, per la musica e per il parlato.

La sensibilità dell’orecchio varia al variare della frequenza. Per considerare il fatto che suoni con pari valore di Livello di pressione sonora ma con frequenza diversa vengano percepiti dall’uomo in modo diverso occorre utilizzare dei filtri di “pesatura” o “ponderazione”. Lo studio delle curve isofoniche ha portato all’inserimento negli strumenti di reti di ponderazione elettroniche che alterano la risposta in frequenza dello strumento adattandola alla diversa sensibilità dell’orecchio alle varie frequenze fornendo un dato oggettivo direttamente correlato alla sensazione sonora. Dalla elaborazione della isofonica-40 le Norme hanno ricavato il cosiddetto filtro A, o la curva di ponderazione A che adegua, correggendolo, il livello sonoro, realmente esistente in un dato ambiente, al livello percepito dall’orecchio di un ascoltatore medio. I livelli di pressione sonora quindi se misurati in dB si dicono livelli lineari, se filtrati o ponderati A, per assimilarli ai livelli realmente percepiti dall’ascoltatore medio, si esprimono in dB(A). In realtà i tipi di filtro o di curve di ponderazione sono quattro:

Curva di filtro A: andamento inverso rispetto alla curva isofonica a 40 phon;

Curva di filtro B: andamento inverso rispetto alla curva isofonica a 70 phon e particolarmente adatto per ambienti molto rumorosi, quali sale per prove motori;

45

Curva di filtro C: andamento inverso rispetto alla curva isofonica a 100 phon;

Curva di filtro D: tiene conto della risonanza nel meato uditivo a frequenze comprese tra 1000 e 4000 Hz – usata nella valutazione di rumori aeroportuali.

Tali curve permettono di stabilire quale valore dobbiamo sommare ai livelli sonori ottenuti alle varie frequenze per ottenere l’effettiva sensazione umana. Le curve sono riportate in tabella 6. La curva di ponderazione "A" (cfr. Fig. 31) è risultata quella in media meglio correlata con la risposta soggettiva umana a rumori generici a larga banda; questo fatto, unito alla facilità di una misurazione fonometrica in dB(A), ha portato all'adozione della curva "A" in molte norme e leggi nazionali ed internazionali. Si può osservare alle basse frequenze (minore sensibilità dell’orecchio umano) un’attenuazione del segnale , mentre a frequenze comprese tra 1000 e 5000 Hz (maggiore sensibilità) corrisponde un incremento del segnale.

Fig.31 Curva di ponderazione A

BANDE D’OTTAVA BANDE IN 1/3 D'OTTAVA RISPOSTA DEI FILTRI f(Hz) fc (Hz) f’ (Hz) f’ (Hz) fc(Hz) f’’ (Hz) dB(A) dB(B) dB(C) dB(D)

10 -70.5 -38.5 -15.5 -28

12.5 -63.4 -33.4 -11.4 -25

11 16 22 14.1 16 17.8 -56.7 -28.7 -8.6 -22

17.8 20 22.4 -50.4 -24.4 -6.3 -20

22.4 25 28.2 -44,7 -20.6 -4.5 -18

22 31.5 44 28.2 31.5 35.5 -39.2 - 17.2 -3.0 -17

35.5 40 44.7 -34.6 - 14.3 -2.0 -13.5

44.7 50 56.2 -30.2 - 11.6 -1.3 -12.8

44 63 88 56.2 63 70.8 -26.2 -9.3 -0.8 -10.9

70.8 80 89.1 -22.5 -7.4 -0.5 -9

89.1 100 112 - 19.1 -5.6 -0.3 -7.2

88 125 177 112 125 141 -16.1 -4.2 -0.2 -6.5

141 160 178 -13.4 -3.0 -0.1 -4

178 200 224 - 10.9 -2.0 0 -2.6

177 250 355 224 250 282 -8.6 -1.3 0 -1.6

282 315 355 -6.6 -0.8 0 -0.8

355 400 447 -4.8 -0.5 0 -0.4

355 500 710 447 500 562 -3.2 -0.3 0 -0.3

562 630 708 -1.9 -0.1 0 -0.5

708 800 891 -0.8 0 0 -0.6

710 1000 1420 891 1000 1122 0 0 0 0

-80

-70

-60

-50

-40

-30

-20

-10

0

10

10 20 40 80 160 315 630 1250 2500 5000 10000 20000

f (Hz)

dB

46

1122 1250 1413 +0.6 0 0 +2

1413 1600 1778 +1.0 0

-0.1 +4.9

1420 2000 2840 1778 2000 2239 + 1.2 -0.1 -0.2 +7.9

2239 2500 2818 +1.3 -0.2 -0.3 +10.6

2818 3150 3548 +1.2 -0.4 -0.5 +11.5

2840 4000 5680 3548 4000 4467 + 1.0 -0.7 -0.8 +11.1

4467 5000 5623 +0.5 -1.2 -1.3 +9.6

5623 6300 7079 -0.1 -1.9 -2.0 +7.6

5680 8000 11360 7079 8000 8913 -1.1 -2.9 -3.0 +5.5

8913 10000 11220 -2.5 -4.3 -4.4 +3.4

11220 12500 14130 -4.3 -6.1 -6.2 -1.4

11360 16000 22720 14130 16000 17780 -6.9 -8.3 -8.4 -3

17780 20000 22390 -9.2 -11.0 -11.1 -6

Tab.6 Bande d’ottava e di terzi d’ottava e risposta dei filtri A, B, C e D

Si osserva subito che il valore correttivo alla frequenza di 1 kHz è nullo, a conferma del fatto che, a quella frequenza, la sensibilità dell’udito dell’uomo è la massima possibile.

Mediante la pesatura dei suoni con la curva di ponderazione "A", codificata internazionalmente, si ottengono i livelli globali di pressione sonora in scala "A"; a partire dalla conoscenza dello spettro di un suono per bande di ottava, o terzi di ottava, la procedura è la seguente: - si correggono i valori del livello sonoro LP in dB delle varie bande secondo i fattori correttivi della curva "A" (Tab.6) ottenendo i valori di LP(A) in dB(A);

- si calcola il valore del livello sonoro totale

n

i

L

P

AP

dBAL1

10

)(

10log10

Esempio numerico

Dato un evento sonoro con la seguente distribuzione in frequenza:

Hz 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000 16000

Lp dB 85 88 77 75 70 65 63 60 58

calcolare il livello sonoro totale in dB(A). Con riferimento alla Tabella 6, la ponderazione dei livelli risulta la seguente:

Hz 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000 16000

Filtro A -26,2 -16,1 -8,6 -3,2 0 +1,2 +1 -1,1 -6,9

Lp dB(A) 85-

26,2= 58,8

88-16,1= 71,9

77-8,6= 68,4

75-3,2= 71,8

70-0= 70

65+ 1,2= 66,2

63+1= 64

60-1,1= 58,9

58-6,9= 51,1

Il livello sonoro totale risulterà:

)(5,77101010101010101010log(1010log10 11,589,54,662,6718,784,619,788,5

1

10

)(

AdBLn

i

L

tot

iAp

47

2.4 Effetti fisiologici prodotti dal rumore L'esposizione prolungata a rumori di livello elevato provoca effetti fisiologici non soltanto all'apparato uditivo. Tali danni dipendono ovviamente da fattori intrinseci al rumore stesso, quali l'intensità, la durata, la composizione dello spettro, la evoluzione nel tempo dello spettro, la frequenza dei picchi di livello, ma dipendono in maniera ormai accertata anche da fattori quali l'età, la sensibilità, lo stato psicologico, l'affaticamento dell'individuo. Gli effetti sono suddivisibili in 3 classi: • effetto di danno • effetto di disturbo • effetto di fastidio (per gli anglosassoni annoyance) Per danno si deve intendere ogni alterazione anche parzialmente non reversibile dell'apparato uditivo. Il disturbo è invece un’alterazione reversibile delle condizioni psicofisiche dei soggetti esposti al rumore. L'annoyance è invece un effetto di fastidio che il rumore provoca sugli individui; questo effetto non è dovuto esclusivamente al rumore, ma anche alla combinazione di fattori di natura psicologica e sociologica. Cosa e Nicoli proposero una scala di lesività del rumore riportata in tabella 7.

Gamma

di

rumore

Livello di pressione

acustica [dBA] Caratteristica del danno uditivo

α 0 - 35 Rumore che non arreca né fastidio né danno

β

36 - 65 Rumore fastidioso e molesto, che può disturbare il sonno e il

riposo

γ

66 - 85 Rumore che disturba e affatica, capace di provocare danno

psichico e neurovegetativo e in alcuni casi danno uditivo

δ

86 - 115 Rumore che produce danno psichico e neurovegetativo, che

determina effetti specifici a livello auricolare e che può indurre

malattia psicosomatica

ε

116 - 130 Rumore pericoloso: prevalgono gli effetti specifici su quelli

psichici e neurovegetativi

ξ

131 - 150

e oltre

Rumore molto pericoloso: impossibile da sopportare senza

adeguata protezione; insorgenza immediata o comunque molto

rapida del danno

Tab.7 Scala di lesività di Cosa e Nicoli.

Attualmente come indice rappresentativo del rumore si utilizza il livello equivalente ponderato A espresso come:

T

Aeq dt

p

tp

TAL

0

2

0

2)(1

log10

dove: T è il periodo di misura. PA(t) è la pressione acustica efficace istantanea ponderata A. Va fatto osservare che i limiti imposti dalle normative esistenti per la tutela della salute dei lavoratori hanno un valore probabilistico. In altri termini, quando si afferma che il datore di lavoro non è obbligato ad alcun tipo di intervento al di sotto degli 80 dB

48

di esposizione giornaliera al rumore non significa che sotto questo limite non si abbia danno uditivo col passare degli anni, ma che la probabilità che questo accada è molto bassa. Inoltre, nell'analisi di un rumore bisogna porre attenzione anche alla presenza di componenti impulsive di una certa importanza, in quanto l'orecchio non riesce a difendersi da queste repentine variazioni di pressione, essendo il tempo d'intervento del muscolo stapedio dell'ordine del secondo. Forti livelli di rumorosità non agiscono solo sull'apparato uditivo, ma anche sul sistema cardiovascolare, sul sistema nervoso centrale, sul sistema neurocrinologo, sull'apparato respiratorio, sull'apparato digerente, su quello genitale e sulla funzione visiva, generando, così, problemi non quantificabili con misure audiometriche, ma pur sempre di notevole importanza sociale. Altro aspetto molto importante è quello dell'interferenza che il rumore provoca alla comunicazione orale: viene prodotto un effetto di mascheramento che rende difficoltosa al comunicazione orale con persone anche vicine.

3 FENOMENI CARATTERISTICI NELLA PROPAGAZIONE DELLE ONDE

3.1 Introduzione Durante la sua propagazione il suono interagisce con l’ambiente dando origine a fenomeni quali:

• Riflessione; • Rifrazione; • Diffrazione.

Tutti e tre questi tre fenomeni sono costituiti fondamentalmente da deviazioni del suono dalla sua direzione di propagazione.

Volendo studiare la propagazione dell’energia sonora, è possibile immaginare l’emissione da parte di una sorgente di raggi sonori, costituiti da rette normali al fronte d’onda, secondo i quali si propaga l’energia acustica: questo è il campo dell’acustica geometrica.

3.2 Riflessione

La riflessione è un fenomeno che ha luogo quando un’onda sonora impatta su una superficie di dimensioni molto grandi rispetto alla sua lunghezza d’onda. Essa può essere:

Speculare; Semidiffusa; Completamente diffusa (con retrodiffusione).

L’ applicazione del principio di Huygens-Fresnel porta a concludere che la parte di energia riflessa dall'ostacolo non subisce modifiche nella forma del fronte d'onda: onde sferiche rimangono sferiche, onde piane restano piane e così via.

Si consideri un fronte d'onda piano che colpisce una superficie liscia e lucida le cui dimensioni e asperità superficiali sono trascurabili rispetto alla lunghezza d’onda del suono incidente.

49

In questo caso si verifica una riflessione speculare; il generico raggio sonoro, raggiungendo tale superficie riflettente, sarà soggetto alle classiche leggi della riflessione note anche come leggi di Cartesio: 1) il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di

incidenza appartengono ad uno stesso piano;

2) l'angolo i tra il raggio incidente e la normale alla superficie è uguale all'angolo di

riflessione r tra la normale ed il raggio di riflessione.

Fig.32 Riflessione speculare

Una superficie speculare quindi riflette tutta l’energia sonora nella direzione che forma con la normale al punto di incidenza un angolo uguale a quello compreso tra questa e la direzione di incidenza.

Quando le asperità della superficie hanno una dimensione confrontabile con quella della lunghezza d’onda incidente, la riflessione è di tipo diffuso e può essere ulteriormente distinta in semidiffusa e completamente diffusa, o con retrodiffusione. Si verifica la riflessione semidiffusa quando l’energia che viaggia lungo il raggio incidente si distribuisce, dopo l’impatto, lungo molte direzioni nel quarto di spazio che non contiene il raggio incidente, con una particolare concentrazione di energia nell’intorno della direzione che caratterizzerebbe la riflessione se fosse speculare.

Fig.33 Riflessione semidiffusa.

Si ha, infine, riflessione completamente diffusa con retrodiffusione quando la ruvidezza della superficie riflettente è molto evidente e distribuita del tutto casualmente: l’energia che viaggia con l’onda lungo la direzione del raggio incidente viene distribuita dopo la

n S

i i

S

i i r

n

r i

50

riflessione, in tutte le direzioni del semispazio libero, retrodiffondendo anche nella stessa porzione di spazio da cui proviene il raggio incidente.

Fig.34 Riflessione con diffusione completa o con retrodiffusione.

Da quanto detto risulta che una superficie può essere caratterizzata da riflessione speculare per determinate frequenze (basse) e riflessione mista o diffusa per altre frequenze. Questo avviene correntemente nella pratica, per cui le modanature in rilievo di una facciata di un edificio possono rendere diffondente la stessa a frequenze medio alte ma non a quelle basse.

Al fenomeno della riflessione è legato il fenomeno dell'eco. Quando la sorgente sonora si trova nella stessa postazione del ricevitore e le onde sonore incontrano una superficie riflettente, piana e perpendicolare alla stessa direzione di propagazione, distante d dal punto S dove è situata la sorgente, parte dell'energia sonora riflessa ritorna dopo un

tempo nel punto S: il tempo è la somma del tempo impiegato dall'onda primaria a raggiungere la superficie riflettente S e del tempo impiegato dall'onda secondaria a raggiungere di nuovo il punto dove è posizionata la sorgente, per cui:

c

d2

Fig. 35 Fenomeno dell’eco con sorgente sonora e ricevitore nella stessa postazione.

Fig.36 Rappresentazione nel tempo dei due eventi sonori: primario e riflesso.

S

i

n

Superficie scabra

t t

P

S A I SI =IA = d

51

L'orecchio dell'uomo è in grado di distinguere due suoni distinti in successione di tempo soltanto se sono in ritardo l'uno dall'altro di almeno un intervallo di tempo Δt pari ad un decimo di secondo. Nel caso in esame, quando la sorgente e la posizione di ascolto coincidono, il fenomeno dell’eco ha luogo se la distanza tra parete e sorgente è almeno 17 m, nell'ipotesi che la velocità di propagazione in aria venga assunta pari a 340 m s-1 corrispondente alla temperatura di circa 15 °C. Infatti:

)(172

3401.0

2)(1.0

2m

ctdst

c

d

Nel caso più generale, in cui sorgente e ascoltatore non coincidono, indicando con SI la lunghezza del percorso compiuto dal suono diretto e con IA quella relativa al percorso del suono riflesso, si verifica il fenomeno dell’eco se la differenza tra il percorso del suono diretto e quello del suono riflesso è superiore a circa 34 m, in quanto per queste distanze, il ritardo tra i due eventi sonori è superiore al decimo di secondo:

st 110

Fig.37 Fenomeno dell’eco con sorgente sonora e ricevitore lontani tra loro.

Infatti:

mSAIASISAIASI

stc

SAIASI

341,0340

1,0

Se il ritardo risulta essere τ<10-1 s, nell’orecchio il suono riflesso si sovrappone parzialmente al suono emesso: non si odono più due suoni distinti, ma vi è soltanto un rimbombo, ossia una sovrapposizione dei suoni emessi con quelli riflessi. In particolare se il ritardo è:

s10s105 12

non si distinguono i due singoli suoni, il primario ed il riflesso, ma si percepisce un suono prolungato nel tempo ed indistinto, chiamato Near Echo. Infine se il ritardo è:

s105 2

si ha un effetto di rafforzamento del suono denominato effetto Haas.

S

I

A

52

3.3 Rifrazione

In generale, quando un’onda sonora attraversa due mezzi di densità differente subisce una deviazione della traiettoria di propagazione (cfr. Fig. 38) denominata rifrazione.

Fig. 38 Fenomeno della rifrazione.

Il fenomeno della rifrazione può essere spiegato con le due leggi della rifrazione: 1- Il raggio incidente, la normale alla superficie di separazione nel punto di incidenza ed il

raggio rifratto appartengono allo stesso piano;

2- tra l'angolo di incidenza 1 e l'angolo di rifrazione 2 esiste la seguente relazione:

2

1

2

1

c

c

sen

sen

con c1 e c2 velocità di propagazione del suono nei due mezzi.

La rifrazione si verifica anche in un singolo mezzo qualora la velocità di propagazione dell'onda varii da regione a regione a causa della non uniformità della distribuzione della temperatura e, quindi, della non uniformità della densità del mezzo:

2

1

2

1

2

1

T

T

c

c

sen

sen

Essendo la funzione seno una funzione crescente si può facilmente constatare che l’angolo di rifrazione tende ad aumentare con l’aumentare della temperatura.

Se T2> T1 sen 2 > sen 1 2 > 1

Per temperature crescenti verso l’alto (inversione del gradiente termico) per il suono si verifica quanto illustrato nella figura 39 seguente.

Fig.39 Rifrazione del suono nell’aria quando la temperatura aumenta con l’altezza dal suolo.

Mezzo 1

Mezzo 2

S n

53

Per temperature decrescenti verso l’alto, invece si verifica quanto illustrato nella figura 40 seguente:

Fig.40 Rifrazione del suono nell’aria quando la temperatura diminuisce con l’altezza dal suolo.

Questo fenomeno spiega perché un suono viene udito più facilmente di notte che di giorno: durante la giornata gli strati dell’atmosfera vicini al suolo sono più caldi (temperature decrescenti verso l’alto) e, dato che la velocita del suono cresce con la temperatura dell’aria, per rifrazione le onde sonore si allontanano dal suolo; di notte invece la situazione è opposta e le onde rifratte verso terra vanno ad aumentare l’intensità del suono percepito (cfr. Fig.41).

Fig.41 Rifrazione del suono di giorno e di notte

3.4 Diffrazione

Anche la diffrazione, come la rifrazione, consiste in una deviazione del raggio di propagazione iniziale.

Il fenomeno della diffrazione si manifesta quando un'onda sonora incontra sul suo cammino fenditure od ostacoli aventi dimensioni paragonabili alla lunghezza d'onda o più piccole; tale fenomeno può essere facilmente capito con delle rappresentazioni grafiche elaborate con il principio di Huygens- Fresnel, oppure con le leggi della diffrazione.

Tanto maggiori sono le dimensioni dell'ostacolo, rispetto alla lunghezza d’onda del suono, tanto minore è l'effetto della diffrazione (cfr. Fig.42).

54

Fig.42 Diffrazione dietro un ostacolo di dimensioni grandi rispetto alla lunghezza d'onda del suono.

Se, invece, le dimensioni dell'ostacolo sono confrontabili con la lunghezza d'onda, il suono subisce una leggera deviazione e continua la sua propagazione quasi indisturbato rimanendo il disturbo molto contenuto e assolutamente localizzato (cfr. Fig. 43).

Fig.43 Diffrazione dietro un ostacolo di dimensioni piccole rispetto alla lunghezza d'onda del suono.

Se l'ostacolo di grandi dimensioni presenta una piccola fenditura, allora la fenditura si comporta come una sorgente secondaria puntiforme, viste le piccole dimensioni, in grado di emettere onde sferiche indipendentemente dal tipo di geometria dell'onda incidente (cfr. Fig. 44).

Fig.44 Diffrazione dovuta ad una piccola fenditura.

Contrariamente a quanto succede nella propagazione della luce, dove una lunghezza

55

d'onda tipica è dell'ordine di 10-7 m e, quindi, non è molto frequente osservare questo fenomeno, il fenomeno della diffrazione in acustica è abbastanza frequente dal momento che un suono udibile ha una lunghezza d'onda dell'ordine di 1 m. Dello stesso ordine di grandezza sono le dimensioni delle finestre, porte, griglie di ventilazione, spigoli, pilastri, cassettoni, travi, ornamenti architettonici a sbalzo etc.

La diffrazione è quel fenomeno che permette al suono di aggirare gli ostacoli e propagarsi anche al di fuori della visuale geometrica; consente di spiegare perché ad esempio un ascoltatore riesce ad udire un suono emesso da una sorgente situata dietro lo spigolo di una casa senza che la sorgente stessa debba essere necessariamente vista.

3.5 Risonanza

Ogni sistema vibrante oscilla liberamente con una (o più) frequenze proprie che dipendono dalle sue caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche.

Se sollecitato da una forza periodica esterna, un sistema oscilla alla stessa frequenza della forzante. Anche le strutture architettoniche hanno naturalmente questa proprietà.

Il fenomeno della risonanza si verifica quando un sistema viene sollecitato a vibrare da un’onda caratterizzata da frequenza pari o molto vicina ad una frequenza propria di vibrazione del sistema stesso. Il fenomeno consiste in una notevole amplificazione della ampiezza delle oscillazioni (cfr. Fig.45):

1. L'ampiezza, cresce man mano che la frequenza si avvicina al valore in risonanza. 2. Alla risonanza si raggiunge un valore massimo che è tanto maggiore quanto minori

sono le forze passive attribuibili all’attrito del supporto elastico ed alla resistenza viscosa del fluido circostante .

3. L'ampiezza decresce quando, oltrepassato il valore in risonanza, ce ne si allontana.

Fig.45 Ampiezza della risonanza

Il fenomeno della risonanza si può presentare anche in dispositivi e macchine costruite

dall'uomo. Qui però dobbiamo distinguere due situazioni: 1. il fenomeno è desiderato, in quanto permette l'amplificazione o la selezione di un

segnale. E’ il caso del rinforzo del suono ottenuto con casse acustiche opportunamente sagomate o della radio, del laser, dei filtri. La risonanza permette

56

disintonizzare l'apparecchio, cioè di ottimizzarne la risposta in una o più bande di frequenze ben precise;

2. il fenomeno è indesiderato, in quanto il sistema in risonanza è soggetto a sollecitazioni che possono comprometterne l'integrità o il funzionamento. È il caso delle costruzioni (case, ponti, ecc.), in cui i materiali rischiano di deteriorarsi o rompersi, se sottoposti a sollecitazioni eccessive.

4 PROPAGAZIONE DEL SUONO IN CAMPO LIBERO 4.1 Introduzione

Quando il suono si propaga senza incontrare nessun ostacolo che possa causare fenomeni di assorbimento, diffrazione o riflessione, si ha la condizione di campo libero. Il campo libero può essere ottenuto in laboratorio, nelle “camere anecoiche”, realizzate in modo da ridurre al minimo possibile l’energia riflessa dalle pareti che confinano la camera. 4.2 Attenuazione per distanza o divergenza In presenza di un mezzo di trasmissione ideale, privo cioè di “assorbimento”, le onde sonore si allontanano dalla sorgente subendo il solo fenomeno della divergenza geometrica, cioè dell’attenuazione dovuta al fatto che aumentando la distanza aumenta la superficie di propagazione. In natura esistono innumerevoli tipologie di sorgenti sonore, ciascuna caratterizzata da una certa forma, dimensione, direttività, spettro di emissione, variabilità nel tempo. Le modalità con cui il suono emesso da queste sorgenti si propaga in campo libero possono essere diverse da sorgente a sorgente. Per semplificare lo studio della propagazione del suono in campo libero è possibile schematizzare le sorgenti sonore in tre tipologie di sorgenti ideali che, in certe condizioni, possono approssimare correttamente il comportamento delle sorgenti reali. Le tipologie considerate sono le seguenti: • sorgente puntiforme (la propagazione del suono avviene con una divergenza sferica) • sorgente lineare (la propagazione del suono avviene con una divergenza cilindrica) • sorgente piana guidata (le onde rimangono piane al variare della distanza) Il fatto che una sorgente sonora sia considerata puntiforme, lineare o piana non dipende solo dalla sua forma, ma anche dalla dimensione e dalla distanza relativa sorgente-ricevitore. Per una sorgente puntiforme in campo libero l’energia che si propaga resta in prima approssimazione costante (nessun assorbimento da parte dell’aria) ma la intensità sonora diminuisce perché si distribuisce su una superficie sempre più grande. Considerando due diverse superfici sferiche concentriche S1 e S2 di raggi r1 ed r2, ed indicando con I1, I2, p1, p2, le intensità e le pressioni sonore rispettivamente di due punti generici P1 e P2 sulle superfici S1 e S2 (cfr. Fig.46), si ha:

2211 SISIW cioè:

2

2

2

1

2

1

2

2

2

1

2

2

1

2

2

1

4

4

p

p

r

r

r

r

S

S

I

I

57

Per cui l’intensità sonora si riduce con il quadrato della distanza.

Fig.46

L’attenuazione per divergenza sferica ΔL tra i punti P1 e P2 si può calcolare nel modo seguente:

2

112

r

rpp

Per il livello di pressione sonora nel punto P2 si può scrivere:

5

1

2

1

5

22

102log20

102log20

p

r

rpL

dalla quale si ottiene:

1

221 log20

r

rLLL

dove si può facilmente verificare che il livello sonoro diminuisce di 6 dB per ogni raddoppio della distanza dalla sorgente e di 20 dB se la distanza decuplica.1 Una sorgente lineare produce delle onde cilindriche; se essa è costante lungo tutta la sua lunghezza le onde sono equidistanti dalla sorgente. Considerando una sorgente sonora di lunghezza unitaria, due diverse superfici cilindriche coassiali S1 e S2 di raggi r1 ed r2, l’attenuazione per divergenza cilindrica ΔL tra due punti P1 e P2 sulle superfici S1 e S2 (cfr. Fig.47), si può calcolare nel modo seguente:

2

2

2

1

1

2

1

2

1

2

2

1

2

2

p

p

r

r

r

r

S

S

I

I

da cui si ricava che:

1 Infatti, se r2 = 2 r1, allora: 62log20

2

1log20

2log20 111

1

112

LLL

r

rLL ;

mentre, se r2 = 10 r1, allora: 2010log2010

1log20

10log20 111

1

112

LLL

r

rLL

r1

r2

I1

I2

P1

P2

58

2

112

r

rpp

Per il livello di pressione sonora nel punto P2 si può scrivere:

2

115

1

2

1

5

22 log10

102log20

102log20

r

rL

p

r

rpL

dalla quale si ottiene che l’attenuazione per divergenza ΔL tra i punti P1 e P2

1

2

21 log10r

rLLL

Fig.47

Nel caso particolare in cui r2 = 2⋅r1 si ottiene ΔL=3 dB, ciò corrisponde ad una diminuzione di 3 dB dei livelli di intensità e pressione sonora per ogni raddoppio della distanza sorgente-ricevitore. Una sorgente piana genera onde acustiche piane. Nelle condizioni in cui le onde risultino perfettamente piane ed in assenza di altri fenomeni dissipativi si verifica che l’intensità acustica rimane costante al variare della distanza tra la sorgente ed il ricevitore. Si vede infatti come:

2

2

1

1S

WI

S

WI

Poiché S1 = S2 risulta I1 = I2 dunque l’attenuazione è nulla. Le relazioni precedenti permettono di calcolare il livello sonoro in un punto qualsiasi P2 noto il livello in un punto P1 e note le rispettive distanze dei due punti dalla sorgente senza essere costretti a conoscere il livello sonoro della sorgente. Consideriamo ancora una sorgente sonora puntiforme che irradia, in campo

libero, in modo uniformemente distribuito in tutte le possibili direzioni. Essendo: 24 r

WI

,

si ha:

0

2

0 4log10log10

Ir

W

I

ILI

.

Potendo considerare l’intensità I0 come quella prodotta dalla potenza W0 minima udibile

r1

r2

P1

P2

59

pari a 10-12 W su una superficie unitaria, si ottiene una formula molto importante per la valutazione del livello di intensità sonora in campo libero, correlato al livello di potenza della sorgente:

11log204

1log10

4

1log10

1

4log10log10

22

00

2

0

rL

rL

rW

W

Wr

W

I

IL WWI

Potendosi inoltre considerare, nelle ipotesi fatte, PI LL , si ha

11log20 rLL WP

Esempio numerico In campo libero, si calcoli il livello di pressione sonora ad una distanza di 10 m da una sorgente puntiforme ideale che emette con una potenza di 60 dB:

Lp = Lw - 20 log r - 8 = 60 – 20 – 8 = 32 dB Calcolare poi il livello di pressione sonora a 20 m:

Lp = Lw - 20 log r - 8 = 60 – 26 – 8 = 26 dB Si conferma pertanto che al raddoppio della distanza si ha una riduzione di 6 dB. Inoltre, conoscendo il livello di pressione sonora LP1 ad una distanza di 10 m dalla sorgente possiamo calcolare il livello LP2 alla distanza di 20 m:

LP2 = LP1 – 20 log (r2/r1) = 32 – 20 log (20/10) = 32 - 6 = 26 dB

Il campo acustico generato da una sorgente sonora è, in generale, caratterizzato da

una emissione di energia sonora diversa secondo le varie direzioni (cfr. Fig. 48):

Fig.48 Curve di direttività di due sorgenti puntiformi

sfasate di 180° alle frequenze di 1 e 2 KHz.

Si definisce pertanto il " fattore di direttività" Q come rapporto tra l'intensità sonora reale

nella direzione (I) e l'intensità sonora I0 che avrebbe il campo acustico in quel punto, se la sorgente fosse omnidirezionale, oppure come il rapporto tra il quadrato della pressione sonora misurata in un punto ed il quadrato della pressione sonora che avremmo avuto, nello stesso punto, qualora l’emissione fosse generata da una sorgente ideale omnidirezionale della stessa potenza, W, della prima:

60

2

2

0 ideale

reale

p

p

I

IQ

Ovviamente, per una sorgente omnidirezionale, si ha: Q=1.

La direttività è una caratteristica della sorgente; esempi tipici di sorgenti sonore dotate di un evidente fattore di direttività sono i macchinari, le unità di trattamento dell’aria, le pompe di calore, i condensatori, i motori dei veicoli, ecc.

Generalmente il fattore di direttività è funzione della frequenza e normalmente aumenta con essa; molte sorgenti, ad esempio, possono essere considerate non direttive a basse frequenze (fintanto che le loro dimensioni sono piccole rispetto alla lunghezza d’onda dell’emissione) mentre sono direttive ad alte frequenze; vedi la voce umana.

Considerando una sorgente con fattore di direttività Q, la formula precedentemente scritta per il calcolo del livello di pressione sonora in funzione del livello di potenza sonora in campo libero diventa:

11log20log104

log102

rQLr

QLL wwP

Il termine (10 log Q), espresso ovviamente in dB, è il cosiddetto indice di direttività D.

E’ possibile descrivere la direttività di una sorgente reale riconducendola ad una ideale (omnidirezionale) posizionata in modo diverso rispetto a delle superfici perfettamente riflettenti. Ad esempio, una sorgente omnidirezionale, che è caratterizzata ovviamente da una direttività Q pari ad 1 (D=0 dB) se posta in uno spazio libero da ostacoli, assume un coefficiente di direttività Q = 2 (D=3 dB) se si trova al centro di una parete perfettamente riflettente, poiché in questo caso tutta l’energia sonora emessa nel semispazio dove non si trova la sorgente viene riflessa nell’altro semispazio dove quindi raddoppia. Il fattore di direttività Q assume poi valore pari a 4 (D=6 dB) se la sorgente è posta in prossimità dell’intersezione di due pareti, poiché ha in questo caso a disposizione solo un quarto dell’intero spazio che la circonda ed infine Q = 8 (D=9 dB) se la sorgente si trova in prossimità del punto di intersezione di tre pareti, poiché in questo caso tutta l’energia sonora viene emessa in un ottavo dell’intero spazio che circonda la sorgente (cfr. Fig. 49).

Più piccolo è lo spazio interessato dall’emissione sonora, maggiore è ovviamente la direttività della sorgente.

Q = 1; D = 0 dB Q = 2; D = 3 dB Q = 4; D = 6 dB Q = 8; D = 9 dB

Fig. 49 Coefficiente di direttività di una sorgente omnidireziale installata a parete.

61

Esempio numerico Per un comizio all’aperto, si vuole determinare la potenza acustica che deve essere emessa da un altoparlante omnidirezionale per produrre un livello di pressione LP=70dB ad una distanza di 70 m.. Si supponga di porre la sorgente: a) lontano da superfici riflettenti b) vicino ad un piano riflettente c) vicino a due piani ortogonali riflettenti d) vicino a 3 piani riflettenti Per prima cosa, ci ricordiamo l’espressione generale del livello di pressione prodotto da una sorgente, in campo libero, a distanza r:

11log20 rDLL wP

Da questa espressione possiamo esplicitare il livello di potenza LW che dobbiamo richiedere alla sorgente sonora (cioè l’altoparlante), tenendo conto che LP=70dB e che 20log=37:

DDrDLL PW 11811377011log20

A questo punto, si tratta di fissare semplicemente il valore dell’indice di direttività D in base alle 4 situazioni proposte: a) nel primo caso, la sorgente si trova lontano da superfici riflettenti, per cui siamo in condizioni di campo libero sferico; sappiamo allora che Q=1, e quindi D= 10 log Q= 0; in questo caso, è dunque richiesto all’altoparlante un livello di potenza acustica LW=118 dB; ricordando che:

0

log10W

WLW

dove la potenza di riferimento è W0 = 10-12 , si ottiene che 118 dB corrispondono a:

WWWWL

63.0101010 10

118

12100

b) nel secondo caso, la sorgente è posta vicino ad un piano riflettente, per cui siamo in condizioni di campo libero semisferico, cui corrisponde Q=2 e D=3dB, per cui il livello di potenza è diminuita di 3 dB rispetto al caso precedente, il che significa che la potenza si è dimezzata (sono quindi richiesti 0.315 W); c) nel terzo caso, ci sono due piani riflettenti vicino alla sorgente,: in questo caso, Q=4 e D=6dB e quindi la potenza è diminuita di altri 3 dB rispetto al caso precedente (sono richiesti 0.157 W); d) infine, nel quarto caso, dove i piani riflettenti sono ben 3, sappiamo che Q=8, e D=9dB e quindi abbiamo un ulteriore dimezzamento della potenza (sono quindi richiesti 0.0787 W).

Consideriamo adesso il caso di una sorgente sonora non più puntiforme, ma lineare. I fronti d’onda adesso non sono più sferici, ma cilindrici. Questo argomentazione permette la trattazione di strade, ferrovie, linee di trasporto in generale, visto che si propagano in modo lineare.

62

In questo caso la propagazione avviene con redistribuzione della potenza sonora su un fronte di propagazione cilindrico (cfr. Fig. 50): In questo caso la propagazione avviene con redistribuzione della potenza sonora su un fronte di

propagazione cilindrico:

Fig. 50

Essendo: Lr

WI

2, si ha che il livello di intensità o pressione sonora in un generico

punto P a distanza r dalla sorgente lineare risulta:

rLrWL

WL

W

W

I

Lr

W

I

Lr

W

I

IL

W

o

I

o

o

ooo

I

lg108'lg102lg10lg10

2lg102lg10lg10

dove L’w è il livello di potenza per metro di lunghezza.

4.3 Effetti di attenuazione sonora nella propagazione

L’attenuazione che il suono subisce propagandosi dalla sorgente al ricevitore dipende, oltre che dalla divergenza geometrica dovuta alla distanza, anche da altri fenomeni dissipativi dovuti:

all’assorbimento dell’aria, alla presenza di gradienti di temperatura nel mezzo e/o di turbolenza (vento) all’assorbimento delle superfici con cui l’onda di pressione viene in contatto (diversi

tipi di terreno, alberi e vegetazione), alla presenza di precipitazioni (pioggia, neve o nebbia), presenza di ostacoli naturali o artificiali (argini, dune, schermi, edifici, barriere, etc.)

Per tener conto di tutti questi fenomeni si introduce nella relazione di propagazione un generico termine A (attenuazione dovuta alle condizioni ambientali) espresso in dB, pertanto si ottiene:

Lp = Lw - Adiv + D - A dove il termine Adiv è l’attenuazione per distanza e D l’indice di direttività.

63

4.3.1 Assorbimento del suono dovuto all’ aria (assorbimento molecolare)

L’aria non è un mezzo perfettamente elastico, e conseguentemente si assiste ad una debole dissipazione di energia acustica in calore. Il fenomeno cresce con il quadrato della frequenza, e dipende in modo assai complesso dai parametri fisici temperatura ed umidità. L’assorbimento molecolare dell’aria è causato da due processi: 1) Dissipazione dell’energia dell’onda sonora per effetto della trasmissione di calore e per la viscosità dell’aria; assume reale importanza solo per temperature e frequenze elevate (attenuazione di circa 1dB/Km per un suono puro di 3000 Hz e di 2dB/Km per uno di 5000 Hz); 2) Dissipazione per effetto dei movimenti rotazionali e vibratori che assumono le molecole d’ossigeno e azoto dell’aria, sotto le azioni di compressione e rarefazione (dipendenza, oltre che dalla frequenza del suono, dalla temperatura e dalla umidità relativa dell’aria). Questo effetto diventa rilevante solo quando si considera la propagazione a distanze pari a diverse lunghezze d’onda. L’attenuazione aumenta con la temperatura: per una atmosfera con una data umidità specifica ed una temperatura compresa tra 15 e 30 °C (temperature generalmente riscontrate per esempio nei teatri all'aperto) l’attenuazione aumenta di circa l'8% per ogni10 °C di aumento di temperatura. L’assorbimento cresce all’aumentare della frequenza secondo un andamento che risente della presenza di umidità. Dalla figura 51 si può notare che a bassa frequenza, tanto maggiore è l’umidità tanto minore è l’assorbimento. A frequenze molto alte (f > 10 KHz) l’andamento è opposto. Sotto i 100Hz l’assorbimento è molto basso dell’ordine di 1dB/kM mentre oltre i 12-13 KHz c’è un’attenuazione altissima. Gli ultrasuoni, infatti, dopo pochi metri vengono attenuati completamente. Inoltre, se la temperatura è elevata, l’umidità favorisce la propagazione, se la temperatura è bassa l’umidità favorisce l’attenuazione del suono. Ciò è tanto più vero quanto più le frequenze sono elevate.

Fig. 51 Andamento dell’assorbimento dell’aria al variare della frequenza e dell’umidità

64

La norma ISO 9613-1 contiene le complesse formulazioni necessari al calcolo analitico dell’assorbimento dell’aria. In coda alla norma sono invece riportare estese e dettagliate tabelle, che fornisco l’attenuazione dell’aria espressa in dB/km, alle varie frequenze, e per tutte le temperature ed umidità relative (cfr. Tab. 8)

Tab. 8 Valori dell’attenuazione molecolare dell’aria in dB/km in funzione della frequenza, della temperatura e dell’umidità relativa, come suggeriti dalla Norma ISO 9613-1.

4.3.2 Presenza di gradienti di temperatura nel mezzo e/o di turbolenza (vento)

Le condizioni meteorologiche possono influenzare la propagazione del suono. Si può constatare come in particolari condizioni di vento o temperatura sia possibile udire o meno suoni di sorgenti lontane che usualmente non sono avvertiti o ci giungono in forma molto attenuata e viceversa: casi tipici sono il passaggio di treni, il rumore di infrastrutture stradali, il suono delle campane, ecc., anzi taluni traggono da tali fenomeni l’indicazione sul cambiamento delle condizioni atmosferiche che coincidono infatti con il movimento ventoso dell’aria.

Il gradiente di temperatura è sempre presente ed è dovuto allo scambio di calore fra la superficie terrestre e l’atmosfera. La presenza del gradiente di temperatura porta ad una variazione della velocità del suono in funzione dell’altezza da terra poiché la temperatura influenza la densità delle particelle che a sua volta influenza la velocità.

Inoltre nel passaggio da un mezzo ad un altro, avente un diverso valore di velocità del suono, la direzione di propagazione subisce una deviazione per effetto della rifrazione. e di conseguenza il percorso dell’onda sonora seguirà una traiettoria curvilinea.

In presenza di un gradiente positivo di temperatura (temperatura che aumenta con l’altezza, generalmente di notte), il terreno è più freddo dell’aria circostante e quindi a basse quote la temperatura al suolo è più bassa della temperatura in quota. All’aumentare della distanza dal suolo si ritorna ad un andamento di tipo normale.

In questi casi al crescere dell’altezza da terra si ha un aumento della velocità del suono; un’onda che viaggia nell’aria, quindi, avrà una velocità leggermente maggiore nella parte più alta ed i raggi sonori (nelle figure 52 e 53 rappresentati con le linee di campo ortogonali al fronte d’onda e rappresentanti punti di iso-intensità sonora) sono curvati verso il basso e ciò comporta l’assenza di zone d’ombra; questo può dare origine a strani fenomeni perché il suono può “piovere” su zone che non sarebbero raggiungibili se i fronti d’onda avessero l’andamento consueto.

65

Fig.52 Andamento della direzione dei raggi sonori in presenza di gradiente positivo

Analogamente, in presenza di un gradiente negativo (temperatura che diminuisce con l’altezza, generalmente di giorno) si avrà una leggera deviazione dell’onda verso l’alto. Esiste una superficie limite teorica tangente al terreno, al di sotto della quale si forma una zona d’ombra dovuta all’assenza di onde sonore (cfr. Fig.53).

Fig.53 Andamento della direzione dei raggi sonori in presenza di gradiente negativo

In definitiva, nel caso di gradiente negativo si hanno attenuazioni del suono anche a distanza modesta dalla sorgente, con la formazione da una certa distanza critica in poi, di una zona di ombra.

Al contrario, nel caso di gradienti termici positivi si possono avere anomale concentrazioni di energia sonora e il suono può essere percepito a distanze maggiori di quelle verificabili in caso di temperatura uniforme. Il fenomeno della curvatura dei raggi sonori resta comunque limitato ad una distanza dell’ordine di 500 m dalla sorgente.

Il vento interagisce con l’onda sonora in modo differente in funzione della direzione e del verso. La velocità del suono e quella del vento si sommano vettorialmente generando una disposizione dei raggi sonori secondo l’andamento riportato nella figura 54.

66

Fig.54 Andamento della velocità del suono per effetto del vento

In realtà, il vento può trasportare il suono solo quando la velocità del vento è confrontabile con quella del suono.

Se esiste un gradiente verticale positivo del vento (la sua velocità aumenta con la quota conservando la direzione), la velocità del suono aumenta nella direzione del vento ed i raggi sonori tenderanno a curvarsi verso il basso. Nella direzione opposta tenderanno verso l’alto. La curvatura data dal vento porta alla formazione di una zona d’ombra sopravento e di una zona in cui il suono “piove” sottovento (cfr. Fig.55).

Fig.55 Andamento della direzione dei raggi sonori per effetto del vento

4.3.3 Attenuazione dovuta alla vegetazione ed al suolo. In riferimento ai fenomeni di riflessione, rifrazione e assorbimento del suono hanno grande importanza la natura del terreno, la presenza di asperità o di prati, cespugli, alberi, etc. L’attenuazione dovuta alla vegetazione è solitamente trascurabile a meno che non si sia in presenza di bosco e sottobosco fitto e profondo. Essa può essere calcolata mediante le seguenti relazioni, dove f (Hz) è la frequenza del suono, mentre d (m) è la lunghezza della zona ricoperta dalla vegetazione:

1. Per suolo erboso con cespugli:

67

A = (0.18 log f - 0.31) d (dB)

Si ha un’attenuazione di 5 dB per frequenze di 500 Hz, di 20 dB per frequenze di 2000 Hz (cfr. Fig.56).

Fig.56

2. Per foreste e boschi (cfr. Fig.57):

A =0.01 f1/3 d (dB)

Fig.57

Un altro fenomeno di attenuazione che si verifica sempre è il cosiddetto effetto suolo. Quando un’onda sonora si propaga in prossimità del terreno, si verifica una attenuazione per effetto radente superiore a quella che si verifica lontano dal terreno. Il risultato è che a livello del terreno si hanno livelli sonori più bassi rispetto a quelli che si verificano ad una

68

certa altezza. Il fenomeno è causato sia dall’assorbimento del terreno ma anche dall’interferenza distruttiva tra le onde sonore dirette e quelle che si riflettono sul terreno. Esistono relazioni empiriche che esprimono l’attenuazione del terreno in funzione dell’altezza efficace, he, che tiene conto della posizione reciproca sorgente ricevitore(cfr. Fig.58):

a) In caso di assenza di ostacoli:

he= (hs + hr)/2

b) In caso di presenza di ostacoli:

he= hb + (hs + hr)/2

Fig.58

Una formula empirica, basata sul parametro he che fornisce l’attenuazione A del terreno è la seguente:

dove r è la distanza in metri tra il punto ricevitore e la sorgente. L’attenuazione viene trascurata per distanze r dalla sorgente inferiori a 15 m e per altezze efficaci superiori a 12,5 m. La limitazione del parametro G ad un valore massimo pari a 0,66 comporta che l’attenuazione venga considerata costante per valori di he compresi tra 0 e 1,5 m.

4.3.4 Presenza di precipitazioni (pioggia, neve o nebbia), Il fatto che in giornate di leggera pioggia o di nebbia si ha la sensazione che il suono si propaghi più chiaramente non è sostanzialmente dovuto al fenomeno della pioggia o della nebbia in se stessa, ma piuttosto agli effetti secondari che in tali giornate si verificano. Durante la pioggia il gradiente di temperatura dell’aria o di velocità del vento

69

(lungo la verticale rispetto al terreno) tende ad essere modesto e ciò certamente facilita la trasmissione del suono rispetto ad una giornata fortemente soleggiata, quando le disomogeneità micrometereologiche possono essere significative (maggiori gradienti). Inoltre, in giornate di pioggia, nebbia o neve il rumore di fondo diminuisce sensibilmente per la diminuzione del traffico veicolare. In letteratura si trovano versioni contrastanti, che riconducono il valore di attenuazione dovuto alle precipitazioni sia a valori pari a 10-15 dB/Km (tenendo conto dell’azione combinata dei gradienti di temperatura e ventosità, che si verificano proprio nei giorni di neve, pioggia o nebbia), che a zero.

4.3.5 Attenuazione da ostacoli naturali o artificiali. L'efficacia di questo tipo di attenuazione va valutata in funzione delle dimensioni dell'ostacolo rispetto alla lunghezza d'onda del suono. A seconda delle dimensioni dell'ostacolo può aversi o il fenomeno della riflessione o quello della diffrazione. Quando la lunghezza d'onda del suono (0.020 ÷ 20 m) è molto più piccola della minore dimensione della superficie dell'ostacolo, si applicano le ben note leggi della riflessione tenendo, ovviamente, conto della frazione di energia assorbita dall'ostacolo. In questa situazione il suono non oltrepassa l'ostacolo e l'attenuazione è totale. Quando la lunghezza d'onda è dello stesso ordine di grandezza delle dimensioni dell'ostacolo si ha il fenomeno della diffrazione: l'onda sonora può superare l'ostacolo riducendo l'estensione della zona d'ombra dietro di esso riducendo, quindi, l'efficacia dell'ostacolo stesso. La frequenza dell’onda sonora influisce anche sul tipo di diffrazione che si verifica. Infatti ad alte frequenze si verificano deformazioni completamente diverse da quelle che si osservano a bassa frequenza. Si consideri la deformazione apportate da una fenditura in una parete come da Fig. 59:

Fig.59

A basse frequenze la fenditura (a), per effetto diffrattivo, diventa sorgente di un’onda sferica, mentre ad alte frequenze (b) dal foro si forma un raggio sonoro che è tanto più collimato (si creano zone d’ombra) tanto più è alta la frequenza. Un altro interessante caso di diffrazione si ha quando si pone una barriera sottile lungo la propagazione dell’onda. Anche qui si ottengono effetti diversi al variare della frequenza dell’onda:

70

Fig.60

Ad alte frequenze (cfr. Fig. 60b) si viene a creare una zona d’ombra in prossimità della barriera (che potrebbe essere ad esempio un muro) mentre lontano dall’ostacolo l’onda rimane praticamente imperturbata. Differente è l’effetto per le basse frequenze (cfr. Fig. 60a): in questo caso infatti il bordo diviene a sua volta sorgente di un’onda cilindrica e il livello sonoro che verrebbe avvertito da un ricevitore posizionato oltre la barriera sarebbe dato dall’interazione dell’onda diretta con l’onda rifratta. In genere, è difficile quantificare l’entità di questi fenomeni sia per basse che per alte frequenze. Molto utile è valutare l’efficacia di uno schermo nel caso in cui si tratti di barriere acustiche appositamente realizzate allo scopo di attenuare la propagazione del rumore da traffico stradale o ferroviario. Tenuto conto dei limiti che si hanno nella realizzazione pratica di tali ostacoli in termini di altezza del sistema e delle lunghezze d’onda che caratterizzano le onde sonore, è chiaro che le barriere acustiche non risultano molto efficaci a molte frequenze, soprattutto basse, poiché sono agevolmente scavalcabili, per diffrazione, dalle onde sonore, mentre risultano più efficaci alle frequenze alte (piccole lunghezze d’onda) che risultano essere comunque le più disturbanti nei confronti dell’apparato uditivo umano. Un calcolo preciso dell’attenuazione prodotta da una barriera acustica è caratterizzato da notevole complessità visti i fenomeni diffrattivi del suono e gli effetti di bordo che si verificano e sono richieste a questo scopo analisi numeriche di notevole difficoltà. Sono state prodotte però, da alcuni autori, delle formulazioni semplificate, che consentono di ricavare utili informazioni adatte soprattutto in fase di progettazione a valutare con sufficiente precisione le caratteristiche geometriche della barriera per ottenere un efficace riduzione del rumore. Esiste un relazione analitica approssimata per quantificare l’efficacia di uno schermo sottile di lunghezza indefinita posto tra sorgente e ricevitore. Tale approssimazione è nota come relazione di Maekawa, dal nome dello studioso che la presentò (1968). Consideriamo una sorgente puntiforme (o lineare) di onde sonore, un ricevitore posto ad una certa distanza ed uno schermo di spessore sottile e di lunghezza indefinita (in modo da avere solo diffrazione sul bordo superiore) posto tra sorgente e ricevitore in modo da nascondere il ricevitore alla sorgente (cfr. Fig .61):

71

Fig. 61 Schema di una schermo sottile di lunghezza indefinita

L’attenuazione dipende dalla lunghezza d’onda del suono e dal grado di copertura δ. Nell'ipotesi che (b < heff) e (a < heff) il grado di copertura δ è definibile come la differenza tra il minimo percorso compiuto dalle onde diffratte dal bordo superiore della barriera (indicato con i tratti A e B) ed il percorso della eventuale propagazione diretta che avrebbe luogo in assenza di barriera (indicato con la lettera d): δ = A + B - d mentre nell'ipotesi che (b >> heff) e (a > heff) allora il grado di copertura è dato da:

a

heff

2

2

Nelle relazioni proposte da Maekawa l’attenuazione dipende dal solo numero di Fresnel e, se rappresentate in scala logaritmica la relazione è perfettamente lineare. Tali relazioni sono: a) In caso di sorgenti puntiformi: b) In caso di sorgenti lineari: In alternativa, l'attenuazione prodotta da un ostacolo può essere valutata dalla seguente utile relazione dovuta a Kurze e Anderson (1971) :

)(52tanh

2log20 dB

N

NA

formula che si dimostra più accurata per valori di N bassi, mentre per N elevati si riottiene la formulazione di Maekawa. L'attenuazione aumenta all'aumentare del grado di copertura ed all'aumentare della frequenza fino ad un valore massimo pratico di attenuazione, ottenibile con uno schermo impervio, pari a circa 24 dB.

)203log(10= NA

)5.52log(10 NA

72

Dall'analisi del grafico di Fig. 62 si può ancora osservare che, indipendentemente dalla frequenza, si ha una attenuazione di 5 dB quando il grado di copertura vale 0, cioè quando la congiungente la sorgente sonora con il punto di ascolto lambisce superiormente la barriera.

Fig. 62 Attenuazione di una barriera in funzione della frequenza e del grado di copertura.

L'ipotesi di schermo sottile può essere considerata applicabile solo se lo spessore

della barriera è inferiore alla lunghezza d’onda del suono; ad esempio per traffico autostradale il valore predominante di lunghezza d'onda è λ = 50 cm il che consente tale approssimazione.

Un criterio quantitativo per poter definire una barriera spessa è il seguente:

• se lo spessore è b ≥ 3 m la barriera è da considerarsi spessa per tutte le componenti dello spettro di rumore;

• se b < 3 m la barriera andrà considerata spessa solo per le componenti la cui lunghezza d'onda risulta λ < b / 5 , per le altre (λ > b / 5) sarà sottile;

• in tutti gli altri casi la barriera si considera sottile Per esempio nel caso lo schermo sia realizzato da un terrapieno o un edificio, lo schermo non può essere più considerato sottile. Si tiene conto dello spessore b della barriera (cfr. Fig.63), attraverso il calcolo del numero di Fresnel:

73

Fig. 63 Schema di una schermo di spessore b

Se la barriera presenta una lunghezza finita (cfr. Fig. 64), occorre considerare la diffrazione oltre che sul bordo superiore (punto B) anche quella sui bordi laterali della barriera (punti C e D).

Fig. 64 Schema di una schermo sottile di lughezza finita

L’attenuazione si ottiene con la relazione:

A= Ad - 10 log (1 + N/N1 + N/N2) (dB)

dove Ad è l’attenuazione dal solo bordo superiore; N, N1, N2 (maggiori di 1) sono i numeri di Fresnel associati ai gradi di copertura rispettivamente per la diffrazione dal bordo superiore e per quelle laterali.

Per ridurre l’influenza della diffrazione laterale (<2 dB), occorre che la larghezza della barriera sia almeno uguale a 4 o 5 volte la sua altezza effettiva heff. 4.4 Barriere antirumore o acustiche

Una barriera antirumore o acustica è una struttura, naturale od artificiale, interposta fra la sorgente di rumore e il punto di ricezione, che intercetta la linea di visione diretta fra questi due punti. Ad esempio un muro, una costruzione, una duna in terra, una collina possono servire come barriere.

74

La norma UNI 11160 definisce barriera per il rumore: il dispositivo per la riduzione del rumore che si interpone sul percorso di propagazione diretta per via aerea del suono dalla sorgente sonora al ricevitore.

Fig. 64 Esempi di barriere lungo le strade.

Una barriera è efficace se la potenza sonora trasmessa direttamente attraverso di essa risulta trascurabile rispetto a quella trasmessa per via aerea.

L’efficacia dell’azione schermante di una barriera viene espressa in dB mediante la cosiddetta perdita di inserzione IL definita come la differenza tra i livelli di pressione sonora che si verificano in una determinata posizione esposta al rumore, in presenza del terreno, prima e dopo l’installazione della barriera.

L’efficacia di una barriera viene espressa anche attraverso l’attenuazione Ab in dB, definita come la differenza tra il livello di pressione sonora che si verifica in corrispondenza della posizione del ricevitore in campo libero ad una certa distanza dalla sorgente ed il livello che si verifica nella stessa posizione con la presenza della barriera e del terreno. In definitiva l’attenuazione dovuta alla presenza di barriere naturali o artificiali è:

dove Ab = attenuazione della barriera, As = attenuazione dovuto al suolo in assenza di ostacoli e Asb = attenuazione dovuto al suolo in presenza di ostacoli. Quindi, all’attenuazione della barriera Ab va sottratta la perdita di attenuazione del suolo dovuta alla presenza della barriera (As – Asb ).

Il meccanismo fisico su cui si basa il funzionamento delle barriere antirumore è il seguente:

quando un'onda sonora incontra un ostacolo, parte di essa viene assorbita, parte riflessa, e parte si propaga oltre il bordo che delimita l'ostacolo per effetto della diffrazione, cosicché il suono raggiunge l’ascoltatore oltre la barriera.

se la barriera è solida, senza vie di fuga per il suono, fori o discontinuità, e di massa sufficientemente elevata, il rumore trasmesso attraverso di essa è di solito trascurabile rispetto a quello diffratto.

Il progetto acustico di una barriera consiste essenzialmente:

75

• nella valutazione dell’energia sonora diffratta, attraverso il calcolo della perdita di inserzione IL o della attenuazione Ab,

• nel calcolo del potere fonoisolante della barriera tale da rendere trascurabile l’apporto dell’energia trasmessa attraverso la barriera rispetto a quella diffratta dal bordo della stessa.

Si possono individuare tre zone nello spazio oltre la barriera:

Una zona di chiaro, in cui la presenza della barriera non ha effetti significativi poiché la linea diretta del suono non è interrotta;

Una zona di transizione, la cui estensione dipende dalla distribuzione in frequenza del rumore emesso;

Una zona di ombra nella quale le prestazioni della barriera dipendono dall’angolo di diffrazione.

Fig. 65

Nel calcolo dell’attenuazione Ab di una barriera si tiene conto del numero di Fresnel N:

e delle seguenti relazioni:

a) all’interno della “zona d’ombra”

dove: C1=1, C2=1 per sorgenti puntiformi e C1=0,75, C2=1 per sorgenti lineari.

76

b) all’esterno della “zona d’ombra”

In definitiva, l’attenuazione aumenta all’aumentare di N, cioè aumenta:

• all’aumentare dell’altezza efficace he della barriera, • al diminuire delle distanze dSB e dBR quindi quanto più la barriera è situata in

prossimità della sorgente S e del ricevitore R. E' buona norma applicare le barriere il più vicino possibile alla sorgente acustica e sceglierle di materiali aventi densità superficiale compresa tra 10 e 20 kg m-2. L'attenuazione che si può realizzare normalmente ha un valore compreso tra 5 e 15 dB.

E’ da notare che quando una barriera è posta lungo il lato di una strada, il rumore riflesso da essa può aumentare considerevolmente sull’altro lato a meno che la superficie della barriera esposta al traffico non sia fonoassorbente. Questo può essere realizzato applicando un materiale resistente all’irraggiamento solare, all’umidità, alla pioggia, al gelo ed al vento e “trasparente” al suono come il Tectum od i pannelli con materiale fonoassorbente spessi 5 cm sostenuti con lamiere metalliche forate.

Le barriere acustiche lungo le strade sono particolarmente necessarie in vicinanza di scuole, ospedali, luoghi di culto, quartieri residenziali.

Nei complessi condominiali situati in prossimità di strade molto rumorose sarebbe bene disegnare la facciata dell’ edificio in modo che sia essa stessa a proteggere i condòmini dal rumore con caratteristiche per esempio come quelle riportate nella figura che segue: il rumore viene riflesso verso l’alto dal parapetto del balcone mentre l’energia sonora incidente sul soffitto del balcone è assorbita dal materiale fonoassorbente; i balconi con facciata riflettente e tetto rivestito da materiale fonoassorbente risultano autoprotettivi contro il rumore da traffico. La facciata del primo balcone può essere protetta con un pannello trasparente inclinato dello spessore per esempio di ½ pollice.

Fig. 66 Balconi con facciata riflettente e tetto rivestito da materiale fonoassorbente

77

Con soluzioni come quella riportata in figura sono da aspettarsi attenuazioni tra 2 e 10 dB nella banda di 500 Hz all’interno delle stanze affacciate sulla strada ed anche all’interno dei balconi.

Come specificato dalla norma UNI 11022, le caratteristiche acustiche di una barriera antirumore possono essere classificate in due categorie:

• estrinseche: efficienza della barriera antirumore nel ridurre i livelli di pressione sonora in una serie di punti sul territorio, chiamati ricettori (perdita di inserzione o “Insertion Loss”);

• intrinseche: caratteristiche proprie del “prodotto” barriera antirumore, indipendentemente dall’ambiente in cui è o sarà installato e dall’effetto finale di riduzione del rumore sui ricettori (assorbimento/riflessione, trasmissione, diffrazione del suono).

Esistono numerose tipologie di barriere acustiche e di materiali componenti. La scelta di un prodotto dipende, oltre che dalle prestazioni acustiche richieste, anche da fattori, quali: statica, sicurezza, estetica, durata, manutenzione, costi. Le barriere antirumore possono essere suddivise nelle seguenti tipologie: 1) barriere artificiali – Fonoisolanti – Fonoassorbenti – Fonoisolanti e fonoassorbenti 2) barriere naturali – Barriere vegetali (siepi, fasce boscate, alberate, ecc.) – Barriere miste (terre armate, biomuri, muri verdi, barriere vegetative, ecc.) Anche per barriere naturali, come quella riportata nella figura seguente, valgono le stesse procedure di calcolo valide per le barriere artificiali.

Fig. 67 Barriera naturale dovuta alla conformazione del terreno.

Prestazioni delle barriere naturali:

Abbattimenti di circa 1 dB per ogni metro in profondità di barriera: per avere abbattimenti di circa 10 dB sono necessarie barriere vegetali di altezza 4m e profondità 8m, configurazione quasi mai accettabile in rapporto alle superfici disponibili negli interspazi infrastruttura-ricettore.

Elevato costo di installazione Considerando i costi diretti di piantumazione ed i costi indiretti di manutenzione

(potature ed irrigazione), oltre ai lunghi tempi per il raggiungimento degli effetti a

78

regime (5 anni), tale intervento si rivela sempre più oneroso e scarsamente risolutivo per tutti i casi in cui esso risulta realizzabile in via di principio.

Sono qui citati solo i temi delle principali norme UNI che permettono una corretta progettazione delle schermature antirumore, partendo dalla caratterizzazione del territorio, fino a determinare i parametri di misura per verificare la correttezza dell’intervento.

UNI 9884 Caratterizzazione acustica del territorio mediante la descrizione del rumore ambientale

UNI EN 1793-1-2-3 Dispositivi per la riduzione del rumore da traffico stradale - Metodo di prova per la determinazione della prestazione acustica Caratteristiche intrinseche di assorbimento acustico - di isolamento acustico per via aerea -Spettro normalizzato del rumore da traffico

UNI EN 12354-3 Valutazioni delle prestazioni acustiche di edifici a partire dalle prestazioni di prodotti . Isolamento acustico contro il rumore proveniente dall'esterno per via aerea

UNI 11022 Misurazione dell'efficacia acustica dei sistemi antirumore (insertion loss), per infrastrutture di trasporto, installati in ambiente esterno

UNI CEN/TS 1793-4-5 Dispositivi per la riduzione del rumore da traffico stradale. Metodo di prova per la determinazione della prestazione acustica. Parte 4: Caratteristiche intrinseche - Valori in situ della diffrazione sonora. Parte 5: Caratteristiche intrinseche - Valori in situ della riflessione sonora e dell’isolamento acustico aereo.

UNI EN 1794-1-2 Dispositivi per la riduzione del rumore da traffico stradale - Prestazioni non acustiche Parte 1: Prestazioni meccaniche e requisiti di stabilità . Parte 2: Requisiti generali di sicurezza e ambientali Norme

UNI UNI EN 14389-2 Dispositivi per la riduzione del rumore da traffico stradale Procedure di valutazione delle prestazioni a lungo termine Parte 2: Requisiti non acustici

UNI 11143-1-3-5 Metodo per la stima dell'impatto e del clima acustico per tipologia di sorgenti. Parte 1: Generalità. Parte 3: Rumore ferroviario. Parte 5: Rumore da insediamenti produttivi (industriali e artigianali)

UNI 11160 Linee guida per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo di sistemi antirumore per infrastrutture di trasporto via terra

Esempio numerico Consideriamo una barriera acustica rigida e semi-infinita posta tra un ricevitore ed una sorgente puntiforme disposti come nella figura seguente:

H

79

Calcolare l’attenuazione sonora prodotta dalla barriera. Svolgimento: Per una sorgente puntiforme, possiamo calcolare l’attenuazione A della barriera utilizzando la formula di Kurze, che fornisce risultati più accurati della formula di Maekawa, specialmente per bassi valori del numero di Fresnel: Il numero di Fresnel N: dove ovviamente δ è il grado di copertura della barriera:

E’ evidente che il numero di Fresnel N è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda, ossia è direttamente proporzionale alla frequenza. Di conseguenza, dovremo calcolarlo in corrispondenza di varie frequenze (per esempio le frequenze centrali delle bande di ottava), in modo da conoscere il valore dell’attenuazione in corrispondenza delle stesse frequenze. Possiamo dunque costruire la seguente tabella:

f [Hz] [m] N A [dB]

125 2.72 0.63 11.3

250 1.36 1.26 14

500 0.68 2.52 17

1000 0.34 5.06 20

2000 0.17 10.1 20

5 PROPAGAZIONE DEL SUONO IN AMBIENTI CHIUSI

5.1 Introduzione Un suono generato all’interno di un ambiente chiuso produce un campo acustico che è il risultato della sovrapposizione delle onde dirette e delle onde riflesse (cfr.Fig.68).

Fig. 68

sorgente puntiforme

sorgente puntiforme

ricevitore

suono diretto

suoni riflessi

N

NA

2tanh

2log205

c

fN

22

80

Le onde dirette provengono dalla sorgente e raggiungono direttamente l'ascoltatore, come se fosse in campo libero; le onde riflesse sono invece prodotte da tutte le riflessioni sulle pareti che delimitano l'ambiente. La porzione di energia riflessa dalle superfici di confine dipende dal loro comportamento acustico, in generale descritto dai coefficienti di assorbimento, riflessione e trasmissione (a, r e t). L’equazione del bilancio energetico per un’onda che incide su una parete (cfr. Fig. 69) vale:

Wo = Wr + Wa + Wt dove Wo è la potenza sonora incidente, Wr è la potenza riflessa, Wa è la potenza assorbita trasformandosi in calore e Wt è la potenza sonora che attraversa la parete.

Fig. 69 Riflessione, assorbimento e trasmissione dell'energia incidente una superficie solida.

Dividendo per Wo si ottiene:

1 = r + a + t

dove r = Wr/ Wo , a = Wa/ Wo e t = Wt/ Wo sono rispettivamente i coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione della parete nei confronti della potenza sonora incidente. dati rispettivamente dal rapporto tra l'energia riflessa e quella incidente, tra l'energia assorbita e quella incidente e tra l'energia trasmessa e quella incidente. Il valore dei coefficienti r, a, t :

varia tra 0 e 1: 0 r,a,t 1

dipende dal materiale della parete oltre che dalla frequenza e dall’angolo di incidenza dell’onda sonora.

Per lo studio dell’acustica in un ambiente chiuso si considera l’energia che viene riflessa dalle pareti poiché sia la parte assorbita che la parte trasmessa sono irrilevanti ai fini del campo acustico interno.

Si può definire il coefficiente di assorbimento acustico apparente come:

= 1 – r = a + t L’aggettivo apparente sta ad indicare che l’energia sonora entrata nella parete, pur essendo solo in parte realmente assorbita, non ritorna nell’ambiente di origine.

81

5.2 Campo sonoro in ambienti chiusi

Quando una sorgente sonora ed un ricevitore sono posizionati nello stesso ambiente chiuso le caratteristiche di propagazione del suono risultano sensibilmente diverse da quelle rilevate in campo libero. Una delle differenze principali è la possibilità che l’onda sonora subisca riflessioni multiple sulle pareti che delimitano l’ambiente.

Le riflessioni multiple cui le onde sonore sono soggette in uno spazio chiuso danno luogo a due effetti principali:

risonanza: aumento a regime dell'intensità energetica sonora, ovvero aumento della intensità della sensazione sonora; tale fenomeno si verifica quando gli elementi che delimitano l’ambiente vengono investiti da un suono di frequenza eguale, o quasi eguale, alla frequenza propria di vibrazione: in tal caso l’ampiezza delle oscillazioni di tali elementi tende ad amplificarsi ed esaltarsi pur rimanendo costante l’energia sonora incidente;

riverberazione: variazione graduale anziché istantanea dell'intensità della sensazione sonora sia quando la sorgente comincia ad emettere sia quando cessa l'emissione.

In generale all’interno degli ambienti si possono formare tre tipi di campi sonori: - campo libero - campo riverberante - campo semiriverberante Un campo si dice libero quando ci troviamo in prossimità della sorgente, dove prevale il contributo dell’energia diretta, rispetto alla quale il contributo di tutte le riflessioni risulta trascurabile.

In queste ipotesi, il campo è lo steso che si avrebbe all’aperto, e dipende solo dalla distanza dalla sorgente e dalla sua direttività Q. Il livello di pressione sonora vale: in cui LW è il livello di potenza sonora della sorgente, Q la sua direttività, e d la distanza fra sorgente e ricevitore.

Un campo si dice riverberante se il numero delle riflessioni prodotte dalle pareti laterali è tanto elevato da formare un campo acustico uniforme in tutto l’ambiente (anche in prossimità della sorgente). Si definisce la “costante d’ambiente” R come:

dove: S

Sa

a

n

1i

ii

è il coefficiente medio di assorbimento, ai è il coefficiente di

assorbimento della i-esima superficie, Si è l’area della i-esima superficie.

24log10

d

QLL wp

)(1

2 metricisabinoma

SaR

82

Per ambienti aventi un coefficiente di assorbimento medio minore di circa il 25 %, la costante di ambiente R è circa uguale all’assorbimento totale o area equivalente di assorbimento acustico A: La componente del livello di pressione sonora in un ambiente riverberante in modo diffuso può essere determinata mediante la:

R

4log10LL wdif,p

Un campo si dice semiriverberante quando al suo interno esistano

contemporaneamente zone di campo libero (in prossimità della sorgente, dove prevale il contributo dell’energia diretta) e zone di campo riverberante (in prossimità delle pareti, dove prevale il campo riflesso). In ambienti di normali dimensioni, si può ipotizzare che il campo acustico sia semiriverberante. Il livello di pressione sonora totale, pertanto, diventa:

Rr

QLL wp

4

4log10

2

In presenza di campo acustico semiriverberante, il livello totale nel punto P deve tenere conto, per un dato livello di potenza sonora Lw, sia dell’attenuazione per distanza su cui influisce ovviamente la direttività della sorgente, che del contributo del locale in cui si trovano sorgente ed ascoltatore, descritto dalla costante ambiente.

La figura 70 mostra la distribuzione del livello di pressione sonora in un ambiente chiuso, in funzione della distanza dalla sorgente.

Fig. 70 Andamento del campo sonoro in un ambiente chiuso.

Il contributo diretto varia con l’inverso della distanza al quadrato, quindi è trascurabile se ci allontaniamo e diventa viceversa predominate approssimandosi alla sorgente. Il livello diminuisce di 6 dB per ogni raddoppio di distanza (come in campo libero), fino ad una distanza oltre la quale il campo sonoro non varia più, in quanto prevale il campo riflesso su

i ii SaSaA

83

quello diretto. Oltre questa distanza, infatti, l’effetto delle riflessioni delle onde sulle pareti è preponderante sul contributo diretto ed il livello di pressione sonora risulta indipendente dalla distanza dalla sorgente: siamo in presenza di campo completamente riverberante. In un ambiente chiuso si definisce distanza critica rc dalla sorgente la distanza per la quale le due componenti diretta e riflessa risultano uguali:

dif,pdir,p LL

Da cui:

R

4log10L

r4

Qlog10L w2

c

w

R

4

r4

Q2

c

RQ141.0rc Oltre questa distanza, prevale sempre più il livello riverberato su quello diretto.

Da punto di vista grafico la distanza critica rappresenta il punto in cui la curva complessiva del campo riverberante più campo diretto è sollevata di 3 dB rispetto alla retta orizzontale del campo puramente riverberante.

La distanza critica è estremamente importante in termini di qualità e comprensione della parola. Infatti se ci si trova entro tale distanza dalla sorgente, ci si trova in una situazione dove il suono diretto è predominante sul campo riverberante. Il suono diretto è chiaro, è nitido e porta un’informazione perfettamente intelligibile, viceversa il suono riverberante è confuso. Quindi soprattutto per quanto riguarda la comprensione della parola è importante che l’ascoltatore venga a trovarsi sempre entro la distanza critica dalla sorgente.

Questo significa che non è possibile in ambienti molto vasti posizionare per esempio un unico altoparlante al centro e sperare che il suono arrivi chiaro in ogni punto dello spazio. Le possibili soluzioni alla perdita di qualità da parte del suono sono due: 1 Si può puntare un altoparlante molto direttivo direttamente sul pubblico (cfr. Fig. 71);

Figura 71

2 si può usare una sorgente poco direzionale solo a patto che la stanza abbia un alto

coefficiente di assorbimento. Una riduzione del livello sonoro nell’ambiente attraverso un trattamento acustico delle pareti produce vicino alla sorgente, un’attenuazione molto piccola anche aumentando notevolmente il valore della costante ambiente R; lontano dalla sorgente, (campo acustico prevalentemente riverberante) la riduzione di livello sonoro potrà essere significativa.

84

Nella figura 72 è schematizzato l’effetto dell’assorbimento al fine delle caratteristiche sonore di un ambiente: con superfici fortemente assorbenti (ad es. rivestimenti posti sul soffitto, le pareti e con moquette sul pavimento) la sala risulta essere “sorda” ed i suoni vengono percepiti “ovattati”; viceversa con superfici riflettenti (ad es. i comuni intonaci e pavimenti in ceramica o marmo) la sala risulta “sonora” a causa delle riflessioni con zone riverberanti in prossimità delle pareti dove i livelli di pressione sonora aumentano sensibilmente e dove la percezione dei suoni (ed in particolare del parlato) è sensibilmente disturbata.

Figura 72 Effetti dell’assorbimento acustico in una sala

5.3 Tempo di riverberazione

Il fenomeno della riverberazione si verifica solo negli ambienti chiusi dove una componente significativa del campo sonoro che si instaura nei vari punti di ascolto è costituita dalle riflessioni che giungono dalle varie superfici presenti nell’ambiente.

Considerata infatti una sorgente sonora S posta nell’ambiente ed un punto di ascolto P a distanza d da essa, possiamo considerare il campo sonoro in P dato dalla componente che giunge in P direttamente dalla sorgente (diretta) più quella che arriva dopo un certo numero di riflessioni ad opera delle pareti dell’ambiente o di arredi o altri oggetti o persone presenti nell’ambiente stesso.(cfr. Fig. 73)

Fig. 73 Sorgente ed ascoltatore in un ambiente chiuso

Campo sonoro in una sala “sorda”

Campo sonoro in una sala “riverberante”

S P

d

85

Il livello sonoro che si instaura in P è dunque dato da:

indPdirPP LLL ,,

All’atto dell’accensione della sorgente, l’ascoltatore posto in P non percepisce alcun suono per il tempo necessario a che la prima onda diretta emessa dalla sorgente a velocità c (340 ms-1) giunga in P, cioè:

md

c

dt

340

Dopo l’intervallo di tempo t giunge nel punto P il contributo diretto che è quello con il massimo contenuto di energia.

Successivamente arrivano via via i contributi delle varie riflessioni, a cominciare dalla prima, quella cioè che compie il percorso più breve, e poi le successive, che possono essere singole (un unico impatto con una delle superfici dell’ambiente) o multiple (due o più impatti consecutivi con le superfici dell’ambiente).

Ogni nuova riflessione aggiunge un contributo al livello sonoro nel punto P via via decrescente in termini di contenuto energetico e sempre meno ritardato rispetto a quello che lo precede.

Infatti le onde sonore che effettuano il percorso più breve e con un minor numero di riflessioni sono sicuramente più ricche di energia sonora poiché sono interessate da un minor assorbimento da parte dell’aria e da parte delle pareti riflettenti. Si presume inoltre che il ritardo che c’è tra una riflessione e l’altra sia di entità decrescente al crescere del numero progressivo di riflessioni che giungono nel punto di ascolto.

La durata di questo “transitorio di avviamento” dipende dal numero di riflessioni che si verificano, dunque dalla geometria del locale e dalla posizione reciproca tra sorgente e ascoltatore.

Una volta giunte nel punto di ascolto tutte le riflessioni possibili, se la sorgente continua ad emettere la stessa energia sonora, il livello sonoro percepito nel punto P rimane costante nel tempo (regime stazionario).

Fig. 74 Andamento del livello sonoro nel punto di ascolto.

Δt

Regime stazionario

Transitorio di avviamento

Coda sonora

86

Se, a questo punto, la sorgente sonora viene spenta improvvisamente, il suono non cessa istantaneamente, ma prosegue per riverberazione, grazie alle riflessioni, e questo per un certo tempo la cui durata dipende dalla velocità del suono, dalla distanza tra le pareti e dal numero e dalla qualità delle pareti riflettenti.

Infatti, dall’istante in cui la sorgente cessa di emettere trascorre ancora un lasso di tempo finito, anche se molto breve, per l’esattezza uguale a quello impiegato dalla prima onda sonora emessa all’atto dell’accensione per raggiungere il punto di ascolto, in cui l’ascoltatore in P percepisce lo stesso livello sonoro instauratosi prima dello spegnimento, dopo di che questo diminuisce progressivamente man mano che vengono a mancare uno dopo l’altro i contributi delle varie riflessioni, in ordine inverso rispetto all’ordine in cui sono arrivati in P all’atto dell’avviamento. In altre parole, il “transitorio di spegnimento“ ha andamento inverso rispetto a quello di accensione. L’importanza della riverberazione è legata al fatto che tipicamente i suoni sono costituiti da una successione di segnali acustici di breve durata (caso del linguaggio parlato, della musica) e che tali segnali devono essere percepiti distintamente e chiaramente dagli ascoltatori, per assicurare una soddisfacente intelligibilità del messaggio sonoro. Si consideri il caso semplice di una sorgente che emette due suoni, separati da un breve tempo di silenzio (cfr. Fig. 75). Se il transitorio di estinzione del primo segnale non è molto rapido esiste un intervallo di tempo nel quale il suo livello sonoro interferisce con quello che proviene dal transitorio di avviamento del suono seguente. Questo crea un disturbo mascherante o rumore di riverberazione, per l’ascoltatore, tanto maggiore quanto maggiore è il transitorio di spegnimento, ovvero la riverberazione del segnale che lo precede.

Fig. 75

Quindi affinché il suono non subisca un’alterazione che lo renda irriconoscibile occorre che il transitorio di estinzione di ciascuno dei segnali acustici discenda velocemente a valori sufficientemente bassi. Tale rapidità in acustica ambientale viene valutata mediante una grandezza denominata tempo di riverberazione. Si definisce tempo di riverberazione T60 il tempo necessario affinché in un determinato punto di un ambiente chiuso il livello di pressione sonora discenda di 60 dB dal valore che aveva nell’istante di spegnimento della sorgente stazionaria (cfr. Fig.76):

W

t

L

L1 L1+L2

L2

t

87

Fig. 76 Tempo di riverberazione Questa definizione è valida se la dinamica acustica ambientale, cioè la differenza tra il livello sonoro della sorgente ed il livello del rumore di fondo, è superiore a 60 dB. Altrimenti si parla di tempo di riverberazione apparente che è il tempo necessario affinché il livello sonoro scompaia al di sotto del livello di fondo. Il T60 ci da direttamente l’effetto percepibile dall’uomo della durata della coda sonora: noi sentiamo un ambiente molto riverberante quando T60>2 sec. e molto asciutto quando T60< 1 sec. Quindi la regolazione del tempo di riverberazione di un ambiente è uno dei principali parametri di progettazione acustica di una sala. Dalla tabella 8 si vede che esiste un tempo di riverbero ottimo a seconda dell’utilizzo della sala:

Tipologia di ambiente T60 ottimo (secondi)

Aula piccola 0,5

Aula grande 1

Cinema 0,7-0,8

Teatro dell’opera 1,3-1,5

Concert hall 1,7-2,3

Tab. 8

Il tempo di riverberazione può essere valutato teoricamente mediante delle formule empiriche che sono valide sotto l’ipotesi di:

perfetta diffusione dell’energia sonora nell’ambiente chiuso, non considerano l’assorbimento dell’aria.

Se il suono non è di tipo diffuso c'è da aspettarsi una notevole differenza tra i dati del tempo di riverbero rilevati sperimentalmente e quelli ricavati teoricamente. Queste differenze non trascurabili si possono riscontrare in:

• nelle grandi sale; • locali fortemente fonoassorbenti; • ambienti aventi una dimensione molto minore delle altre, per esempio un corridoio

lungo e stretto, un’altezza assai minore delle dimensioni orizzontali (sale “basse”); • superfici che delimitano l’ambiente con proprietà fonoassorbenti molto diverse fra

loro e sorgenti sonore fortemente direzionali.

Tempo

L

T60

100 dB

40 dB

88

La normativa nazionale e quella internazionale suggeriscono l’uso della correlazione di Sabine: con: T60 = tempo di riverberazione (s); V = volume dell'ambiente (m3); A = assorbimento totale dell’ambiente (m2)

S = area totale della superfici che delimitano l'ambiente (m2);

Si = area della i-esima superficie (m2);

i = coefficiente di assorbimento della i-esima superficie;

m = coefficiente di assorbimento medio ponderato definito da: S

S iim

La correlazione di Sabine non sempre dà risultati accettabili. Quando i coefficienti di assorbimento delle superfici che delimitano una sala tendono tutti al valore α=1 (ambiente sordo, al limite addirittura anecoico, senza echi e riverberazione) il tempo di riverbero dovrebbe tendere a zero, essendo tutte le superfici in grado di assorbire la totalità dell’energia sonora incidente su di esse senza dare alcuna riflessione: la correlazione di Sabine dà invece in questo caso un tempo di riverberazione piccolo ma non nullo: Quindi, la formula di Sabine è da usare per ambienti con coefficienti di assorbimento minori o uguali a circa il 20%. Le limitazioni proprie della correlazione di Sabine hanno spinto diversi studiosi a cercare di elaborare altre relazioni, aventi un campo di validità più generale. Tra queste meritano di essere ricordate:

Correlazione di Millington-Sette (utilizzata nel caso in cui si hanno coefficienti di assorbimento diversi sulle diverse pareti dell’ambiente):

Correlazione di Norris-Eyring: Con queste relazioni è possibile giungere ad un’espressione di T60 che fornisce valori tendenti a zero quando il coefficiente di assorbimento medio tende ad uno, mentre nel caso di pareti moderatamente assorbenti danno valori sistematicamente minori di quelli forniti dalla relazione di Sabine. Tuttavia, le differenze rimangono modeste in quasi tutti i casi di interesse pratico, perciò, di regola si adopera la più semplice relazione di Sabine.

S

V

S

V

A

VT

mii

161.0161.0161.0

60

S

VT

161.060

iiS

VT

1ln

161.060

mS

VT

1ln

161.060

89

Se si vuole tenere conto anche dell’assorbimento molecolare dell’aria ambiente, ogni denominatore delle correlazioni precedente va incrementato di un termine pari a 4mV, dove V (m3) è il volume mentre m è l’assorbimento di un metro lineare d’aria. Il tempo di riverberazione varia con la frequenza, generalmente diminuisce all'aumentare di quest'ultima e varia anche con il numero degli occupanti; pertanto esso può essere dato specificando se il locale è pieno, vuoto, semipieno o pieno per i 2/3. I tempi di riverberazione reali poi sono da confrontarsi con i tempi di riverberazione ottimali. In letteratura sono reperibili correlazioni per il calcolo dei tempi di riverberazione ottimali espressi in secondi alla frequenza di 500 Hz, per le diverse destinazioni d’uso. A titolo di esempio ne illustriamo alcune che si riferiscono a locali pieni per i 2/3, ad esclusione delle chiese che sono considerate vuote:

sale da concerto, chiese cattoliche: 22.0Vlog4.0)Hz500(T60

chiese protestanti: 19.0Vlog35.0)Hz500(T60

teatri per opera: 16.0Vlog3.0)Hz500(T60

sale per musica da camera e cinema: 364.0Vlog22.0)Hz500(T60

studi di registrazione e sale per conferenze: 11.0Vlog2.0)Hz500(T60

Infine, in Fig. 77 sono forniti valori ottimali del tempo di riverberazione a 500 Hz per varie destinazioni d’uso e volumetrie dell’ambiente, mentre, nelle tabelle 9 e 10, vengono presentati i tempi ottimali per varie destinazioni d’uso a diverse frequenze.

Fig. 77 Tempi di riverberazione ottimali.

90

Tab. 9 Tempi di riverberazione ottimali per cinema, teatri auditori

Tab. 10 Tempi di riverberazione ottimali per ambienti per la registrazione o sale di doppiaggio

Il confronto tra i valori calcolati o misurati del tempo di riverberazione e quelli ritenuti ottimali alle varie frequenze consente di esprimere un giudizio sulla risposta acustica dell’ambiente considerato.

Il tempo di riverberazione è infatti uno dei più importanti “Indici di qualità acustica”, grandezze che permettono di qualificare o meno un determinato ambiente come acusticamente adeguato rispetto alla sua destinazione d’uso.

Se dal confronto suddetto l’ambiente risulta troppo riverberante, è possibile correggerlo acusticamente applicando alle pareti pannelli o strutture con caratteristiche di fonoassorbimento. Questi interventi vanno fatti scegliendo preventivamente il tipo di materiale più adatto al caso specifico in funzione delle frequenze alle quali il tempo di riverberazione risulta essere troppo elevato.

Ove si renda necessario abbattere la riverberazione a tutte le frequenze, una riduzione del volume, ad esempio mediante controsoffittatura, è sicuramente un efficace mezzo di assorbimento e consente, se praticamente realizzabile, di ottenere l’effetto desiderato.

Esempio numerico Dati problema: Coefficienti di assorbimento: pavimento α1 = 0,05 pareti α2 = 0,1 soffitto α3= 0,6

91

Sorgente ideale puntiforme, Q=1 Distanza della sorgente S dal ricevitore R: d= 10m Potenza sonora della sorgente LW=100dB 60 m2=sup. del pavimento e del soffitto, 128 m2=sup. delle pareti laterali) Calcolare: LDIR (livello del suono diretto) LRIV(livello del suono riverberante) Distanza critica LTOT (livello del suono complessivo) T60 (tempo di riverberazione) Svolgimento: Livello suono diretto:

Coefficiente di assorbimento medio:

⋅ ⋅ ⋅

Area equivalente di assorbimento acustico:

⋅ ⋅ ⋅

Livello suono riverberante:

Livello suono totale:

Distanza critica:

Tempo di riverberazione:

6 ASSORBIMENTO ACUSTICO 6.1 Introduzione L'assorbimento acustico è il fenomeno di attenuazione delle riflessioni del suono che interessano i corpi e le pareti presenti in un ambiente e riguarda lo stesso ambiente ove è attiva la sorgente sonora. Questo risultato viene conseguito aumentando l’area equivalente di assorbimento acustico A delle superfici esposte al campo acustico; essa è definita come segue:

A = i i Si ( m2 )

92

dove Si ed i sono rispettivamente l’area ed il coefficiente di assorbimento acustico apparente della porzione “i-esima” della superficie che delimita l’ambiente. Ai fini della valutazione dell’assorbimento acustico non interessa se l’energia viene assorbita dalla parete o se viene trasmessa nel 2° mezzo. D’altro canto il trattamento delle pareti con materiale fonoassorbente non fa variare la percentuale di energia sonora trasmessa all’ambiente adiacente (cfr. Fig. 78)

Fig. 78

Un materiale con buone caratteristiche di fonoassorbimento è caratterizzato da un elevato valore del coefficiente di assorbimento acustico a, cioè è in grado di assorbire una percentuale elevata dell’energia incidente su di esso facendo contemporaneamente diminuire la percentuale di energia riflessa verso l’ambiente ed ottenendo, come ultimo effetto, una riduzione della componente riflessa del campo sonoro nell’ambiente considerato. Nell’ipotesi di campo acustico riverberante, il valore dell’attenuazione del livello sonoro “DL” conseguente alla installazione di materiale fonoassorbente sulle pareti di confine risulta:

DL = 10 log (A2/ A1) (dB) dove "A" rappresenta l'area equivalente di assorbimento acustico delle pareti che delimitano l'ambiente; 1 e 2 indicano i valori prima e dopo il trattamento acustico delle pareti. Dalla relazione si deduce che raddoppiando il valore di A (A2=2A1) si ottiene una riduzione di 3 dB. Se si volesse ottenere una attenuazione di 10 dB bisognerebbe aumentare di 10 volte il valore dell'area di assorbimento equivalente. Questo è possibile, in pratica, solamente quando il valore di A1 è molto piccolo (ambiente inizialmente con pareti molto riflettenti). Nelle normali situazioni si riescono ad ottenere attenuazioni al massimo di 7-8 dB. Il coefficiente di assorbimento dipende dal materiale costituente la parete, dalla frequenza del suono incidente, dallo spessore del materiale, dall'angolo di incidenza del suono sulla parete. In particolare, in funzione del diverso comportamento acustico al variare della frequenza i materiali fonoassorbenti sono in genere classificati in tre grosse categorie:

a) materiali porosi (sfruttano la dissipazione viscosa) b) risuonatori acustici o di Helmholtz (sfruttano la risonanza delle cavità)

93

c) pannelli o membrane vibranti (sfruttano la risonanza del pannello). Ciascuno di questi meccanismi di assorbimento acustico è maggiormente efficiente in un determinato campo di frequenza (cfr. Fig. 79):

Fig. 79 Visualizzazione dei diversi meccanismi di assorbimento acustico

Soltanto dalla combinazione di più meccanismi di assorbimento si riesce ad avere materiali che assorbono su tutto il campo di frequenza udibile. 6.2 Fonoassorbimento per porosità Per quanto riguarda i materiali, le modalità e l’entità dell’assorbimento del suono dipendono dalle loro caratteristiche costitutive; in particolare quanto più un materiale è impermeabile all’aria e rigido tanto più si avvicina al comportamento di un riflettore ideale; viceversa all’aumentare della sua porosità e flessibilità aumenta pure la sua capacità di assorbire l’energia sonora. Quindi, i materiali con maggiori capacità fonoassorbenti sono i materiali porosi o fibrosi di basso peso specifico come la lana di vetro, materiali polimerici espansi a celle aperte, le fibre vegetali (fibre di legno), tessuti per l’arredamento, sughero. Si tenga presente che i materiali espansi quali polistirolo, poliuretano, cloruro di polivinile etc., anche a basso peso specifico e con superficie ruvida ma con struttura a celle chiuse hanno un potere fonoassorbente inferiore di quello dei materiali a celle aperte, poiché in essi il fenomeno dissipativo per attrito con le pareti è meno intenso essendo le celle chiuse e non essendoci comunicazione tra le varie celle. I materiali rigidi, compatti, lisci come i metalli, la maiolica, la ceramica, il vetro, il vetro cemento etc. sono debolmente fonoassorbenti. L’assorbimento è legato essenzialmente all’attrito che l’onda sonora incontra nell’attraversare la struttura porosa. L’aria contenuta nei pori del materiale viene messa in vibrazione dalle variazioni di pressione che accompagnano l’onda sonora e una parte dell’energia acustica viene quindi trasformata in calore a causa:

• dell’attrito sulle pareti solide del materiale (legata alla resistenza al flusso d’aria della struttura porosa),

• dell’ attrito viscoso nella massa d’aria.

94

La trasformazione dell’energia acustica in calore determina un lieve aumento di temperatura (non percettibile dall’uomo). Se il materiale poroso è flessibile si ha un ulteriore dissipazione di energia legata alla messa in movimento della superficie del materiale. Questo meccanismo di dissipazione diviene poi prevalente quando la porosità del materiale sia costituita da elementi non comunicanti (celle chiuse). Il funzionamento è simile a quello della dissipazione di energia in elementi vibranti. L’assorbimento acustico dei materiali porosi dipende essenzialmente da alcuni parametri caratteristici del materiale stesso:

• resistenza al flusso d’aria R [Pa s/m3], grandezza misurata sperimentalmente, • porosità, data dal rapporto tra il volume dell’aria contenuta in un campione di

materiale e il volume del campione stesso; • tortuosità, che descrive la complessità del cammino dell’onda che si propaga

all’interno del materiale (cfr. Fig. 80):

Bassa tortuosità Elevata tortuosità

Fig. 80

• densità, • spessore, • forma.

La grandezza più importante da cui dipende l’assorbimento è la resistenza al flusso d’aria R, che è influenzata dalla porosità e dalla tortuosità. Più è elevata tale grandezza tanto maggiore sarà la quantità di energia sonora incidente ceduta per attrito interno dall’aria contenuta nei pori e quindi trasformata in calore (cfr. Fig. 81)

Fig. 81

I materiali porosi con elevato coefficiente di assorbimento acustico presentano una resistenza al flusso compresa tra una e due volte l’impedenza acustica caratteristica a 20°C dell’aria (Z= 415 rayl). Attenzione però che se tale grandezza risulta troppo elevata le onde sonore avranno difficoltà a penetrare nel materiale e, quindi, saranno in gran parte riflesse; se invece risulta troppo bassa non si avrà sufficiente attrito nel materiale stesso per dissipare l’energia sonora.

95

L’assorbimento acustico cresce all’aumentare della porosità. I materiali che assorbono il suono con maggiore efficacia hanno una porosità molto elevata, anche oltre il 90%. I materiali espansi quali polistirolo, poliuretano, cloruro di polivinile, con struttura a celle chiuse hanno un potere fonoassorbente inferiore di quello dei materiali a celle aperte, poiché in essi il fenomeno dissipativo per attrito con le pareti è meno intenso essendo le celle chiuse e non essendoci comunicazione tra le varie celle. La forma del materiale è importante in quanto può offrire una più estesa superficie di contatto con l’onda incidente, favorendo la dissipazione di una maggiore quantità di energia sonora. La soluzione più diffusa è quella in cui un lato del materiale è ricoperto da protuberanze a forma piramidale (cfr. Fig. 82)

Fig. 82

Il coefficiente di assorbimento α aumenta al crescere della frequenza del suono incidente e dello spessore del materiale stesso, come si può osservare dalla figura 83:

Fig. 83 Andamento del coefficiente di assorbimento α in funzione della frequenza e dello spessore

del materiale.

Si notano subito due cose:

· valori elevati di α si ottengono solo alle alte frequenze e risultano sostanzialmente indipendenti dallo spessore (bastano spessori minimi, dal momento che alle alte frequenze l’effetto dissipativo è maggiore in quanto penetrano di più nel materiale );

96

· al contrario, per frequenze medio-basse, α aumenta con lo spessore dei pannelli. Per avere valori elevati di assorbimento in un campo di frequenze che comprenda anche le basse frequenze occorre impiegare spessori adeguati di materiali fonoassorbenti porosi. Lo spessore del materiale condiziona l’entità dell’energia sottratta all’onda incidente. Abbiamo detto che l’assorbimento dei materiali fonoassorbenti porosi è dovuto alla dissipazione, per attrito con le superfici delle cavità, dell’energia vibrazionale posseduta dalle molecole dell’aria; questa dissipazione è massima laddove le molecole viaggiano alla velocità più elevata. Supponendo che la parete da trattare possa essere considerata perfettamente rigida, in corrispondenza di questa la velocità delle particelle d’aria sarà nulla. Al contrario, allontanandosi dalla parete, la velocità delle particelle d’aria aumenta fino a raggiungere un picco ad una distanza di λ/4 dalla parete. A tale distanza corrisponde anche la massima dissipazione dell’energia sonora per attrito, ottenibile in presenza di un pannello di materiale poroso (cfr. Fig. 84):

Fig. 84 Efficienza nella installazione di un materiale fonoassorbente poroso su una parete rigida.

Quindi tale meccanismo risulta particolarmente efficace quando lo spessore del pannello poroso applicato alla parete è uguale ad ¼ del valore della lunghezza d’onda del suono incidente (cfr. Fig. 85):

Fig. 85

97

Si può ancora ritenere efficace se lo spessore è compreso tra 1/8 ed ¼ della lunghezza d’onda. Questo comporta che tale meccanismo risulti praticamente utilizzabile e particolarmente efficace ad alte frequenze alle quali corrispondono ridotte lunghezze d’onda. Infatti, se ad esempio consideriamo un’onda sonora alla frequenza di 100 Hz, ad essa

corrisponde una lunghezza d’onda di circa 3,4 m ( mf

c4,3

100

340 ) per la quale

risulterebbe massimamente efficace un pannello di spessore 85 cm ( m85,04

4,3

4

)

evidentemente improponibile per una applicazione pratica. Al contrario, ad una frequenza di 1000 Hz corrisponde una lunghezza d’onda di 0,34 m (

mf

c34,0

1000

340 ) per la quale un pannello di 8,5 cm offre un efficace assorbimento.

Un sistema normalmente impiegato per migliorare l’efficienza del materiale alle frequenze medio-basse, evitando di impiegare materiali con spessori elevati, è quello di interporre un’intercapedine d’aria tra la superficie da trattare e il pannello assorbente, il quale dovrà essere posto ad una distanza d dalla superficie (parete o soffitto) corrispondente al massimo dell’ampiezza dell’onda sonora, ossia a λ/4 (cfr. Fig. 86):

Fig. 86

Le curve di risposta, parametrizzate dallo spessore dello strato poroso in quanto salgono verso l’alto al crescere dello spessore, interessano larghi intervalli di frequenza e, pertanto, i materiali porosi sono particolarmente idonei per interventi di bonifica acustica riguardanti ambienti rumorosi con spettri a larga banda tanto più quanto più è elevato lo spessore del pannello. Per quanto detto, la frequenza fcr oltre la quale il coefficiente di assorbimento raggiunge il suo particolare valore massimo è quella corrispondente ad una lunghezza

d’onda cr che è circa 4-8 volte lo spessore:

)Hz(s6

340

s84

340cfs84

cr

crcr

Spesso i coefficienti di assorbimento dei materiali in commercio si riferiscono solo al valore corrispondente alla frequenza di 500 Hz. Altre volte viene fornito il fattore NRC (Noise Reduction Coefficient) che è una media dei valori dei coefficienti di assorbimento, determinati alle frequenze di 250, 500, 1000, 2000 Hz.

98

Il valore NRC è dato senza valutare il coefficiente di assorbimento alla frequenza di 125 Hz: a questa frequenza i materiali fonoassorbenti presentano generalmente una efficienza minore. Pertanto occorre molta prudenza nell'uso di questo indice.

I materiali fonoassorbenti porosi possono essere classificati in due grandi categorie come nella tabella 11 mentre le tabelle 12 e 13 presentano i dati di assorbimento di vari materiali a diverse frequenze. La tabella 14 presenta infine i dati di assorbimento alle varie frequenze per persone ed oggetti eventualmente presenti nell’ambiente considerato.

Materiali fibrosi Materiali cellulari a celle aperte

Minerali vegetali minerali sintetici

fibre di:

amianto

vetro

roccia

fibre di:

legno

truciolare

cellulosa

cotone

juta

calcestruzzi leggeri di:

pozzolana

perlite

argilla espansa

vermiculite

mattoni di tufo

schiuma di propilene

poliuretano espanso

a celle aperte

Tab. 11 Classificazione dei materiali porosi.

99

Tab. 12 Coefficienti di assorbimento per vari materiali e componenti edilizi.

100

Tab. 13 Coefficienti di assorbimento per materiali e componenti edilizi

Tab. 14 Coefficienti di assorbimento per persone e oggetti presenti nell’ambiente

101

6.3 Fonoassorbimento per risonanza di cavità

Per interventi più mirati in ambienti interessati a rumorosità con spettro molto stretto si ricorre all’applicazione di strutture in grado di sfruttare il fenomeno della risonanza e, quindi, di rispondere in maniera selettiva. Strutture siffatte possono essere risonanti o per cavità o per membrana.

Le strutture di risonanza per cavità sono costituite da pannelli di materiale non poroso (ad es. una lastra di gesso) sui quali vengono praticati dei fori di opportune dimensioni e vengono montati ad una certa distanza dalla superficie da trattare. Un siffatto sistema si comporta come un insieme di risonatori di Helmholtz, tanti quanti sono i fori producendo un effetto di fonoassorbimento fondato sul principio di Helmholtz. Un risuonatore di Helmholtz, è costituito da una cavità di volume V definita da pareti rigide e collegata all’esterno da una apertura detta “collo” di lunghezza h e di sezione S (cfr. Fig.87 a):

Fig. 87 Schema e principio di funzionamento di un risuonatore.

Questo sistema è equivalente a quello costituito da una massa oscillante (aria nel collo), un elemento elastico (aria nella cavità) ed un elemento smorzante (l’attrito dell’aria sulle pareti del collo) (cfr. Fig.87 b).

Quando un’onda sonora va ad incidere sull’ingresso del risuonatore l’aria contenuta nel suo collo viene posta in oscillazione mentre l’aria contenuta nella cavità viene ad essere alternatamene compressa ed espansa e la sua elasticità fa si che essa si comporti come una molla.

Tale risuonatore è in grado di dissipare energia acustica in calore per effetto dell’attrito viscoso che si verifica a causa delle oscillazioni dell’aria contenuta nel collo. La dissipazione di energia sonora sarà massima in corrispondenza della frequenza di risonanza:

Vdh

Scfr

8.02

dove c è la velocità del suono nell’aria, S l’area della sezione del collo del risonatore, V il volume della cavità, h la lunghezza del collo e d il diametro del collo.

Quando la cavità del risuonatore è vuota il sistema ha uno smorzamento piccolo per cui l’assorbimento dei risuonatori è elevato in corrispondenza della sola frequenza di risonanza ma molto ridotto per tutte le altre frequenze.

È’ possibile così costruire dei dispositivi calibrati per assorbire specifiche frequenze. Per rendere meno selettivi i risuonatori acustici si può inserire del materiale poroso all’interno della cavità. Si ottiene un allargamento dello spettro di assorbimento ma una

102

conseguente riduzione del picco di assorbimento in corrispondenza della frequenza di risonanza (cfr. Fig. 88)

Fig. 88 Assorbimento di un risuonatore al variare della frequenza con e senza materiale

fonoassorbente poroso all’interno della cavità.

Un pannello forato risonante assorbente costituisce una estensione del singolo risonatore acustico: infatti, montato ad una distanza D dalla parete rigida, si comporta come un insieme di risonatori acustici, ciascuno costituito da un collo di diametro d e lunghezza h, corrispondente al foro nel pannello, e da una cavità, corrispondente ad una parte del volume dell’intercapedine d’aria parete-pannello (cfr. Fig. 89):

Fig. 89 Schema di pannello forato risonante assorbente..

Ad ogni foro è associata una cavità il cui volume V si ottiene dividendo il volume di tutta l’intercapedine per il numero totale di fori: (cfr. Fig. 90)

Fig. 90

La frequenza di risonanza di pannelli di questo tipo è approssimativamente data dalla

Struttura rigida

Pannello forato

103

seguente relazione:

Ddh

pcfr

8.02

in cui p=100 nS/Sp (%) è la percentuale di foratura del pannello di area Sp, munito di n fori di area S, h è la lunghezza dei fori, d diametro dei fori, D l’altezza dell’intercapedine. I risultati teorici e sperimentali mostrano che i pannelli forati risonanti assorbenti possono essere utilmente impiegati nell’assorbimento delle medie frequenze acustiche tipiche della voce umana e sono pertanto i più utilizzati quando c’è necessità di effettuare interventi di fonoassorbimento in ambienti destinati prevalentemente all’uso della parola, quali ad esempio teatri di prosa, auditorium, sale per conferenze. Il comportamento di un pannello forato si discosta di molto rispetto al comportamento di un risuonatore singolo. In presenza di più fori la mutua interazione tra essi determina la comparsa di fenomeni dissipativi anche a frequenze diverse dalla frequenza di risonanza. Per questo motivo i pannelli forati hanno uno spettro di assorbimento più ampio rispetto a quello che si ottiene con risuonatori singoli. Inoltre sempre nel campo delle medie frequenze, agendo sullo spessore del pannello, sulle dimensioni dei fori, sulla percentuale di foratura e sulla distanza di montaggio dalla parete, si può rendere massimo l’assorbimento nella banda di frequenze desiderata (cfr. Fig. 91):

Fig. 91 Caratteristica di assorbimento tipico di un risonatore per cavità.

L’effetto del risonatore di cavità è fortemente selettivo. Per ampliare il campo delle frequenze assorbite, riducendo, però il picco di assorbimento nell’intorno della frequenza di risonanza, si può applicare un pannello con fori di diametri diversi oppure aggiungere un pannello di materiale poroso come illustrato nella figura 92, ottenendo una curva di assorbimento più regolare (cfr. Fig. 93).

Fig.92 Pannello forato abbinato ad uno strato di materiale poroso.

Struttura rigida

Pannello forato Strato poroso

104

Fig. 93 Caratteristica di un pannello forato abbinato ad uno strato di materiale poroso.

L’assorbimento per risonanza di cavità è utilizzato soprattutto per assorbire le frequenze medie, tipiche della voce umana, cosa questa non realizzabile con spessori economici di materiali assorbenti per porosità. Nella tabella 15 vengono forniti i coefficienti di assorbimento di pannelli forati con fori di varie dimensioni dotati di materiale fonoassorbente.

Tab. 15 Coefficienti di assorbimento per pannelli forati

6.4 Fonoassorbimento per risonanza di membrana

I pannelli vibranti sono costituiti da lastre di materiale flessibile non poroso, quale ad esempio il legno compensato, montate su apposito telaio che le mantiene distanziate dalla parete formando una intercapedine d’aria.

105

Colpiti dall’onda sonora questi pannelli vibrano come un diaframma su di un cuscino d’aria e assorbono l’energia acustica per effetto delle vibrazioni flessionali del pannello. L’energia sonora viene cioè convertita in lavoro di deformazione e spostamento del pannello (cfr. Fig. 94).

Fig. 94 Pannello risonante

Anche in questo caso il sistema è riconducibile ad un oscillatore semplice massa-molla in cui la massa in grado di oscillare è costituita dal pannello (o membrana) di superficie S e massa totale M e la molla dalla intercapedine d’aria di spessore (d) compresa tra il pannello e la struttura. Lo smorzamento dell’oscillazione sarà dovuto agli attriti interni al pannello.

Nella figura 95 è illustrato l’andamento del coefficiente di assorbimento, in funzione della frequenza, per un pannello vibrante di legno compensato dello spessore di 4.8mm installato a 51 mm di distanza dalla parete (la linea continua fa riferimento alla presenza di materiale fonoassorbente poroso nell’intercapedine, mentre la linea tratteggiata si riferisce all’assenza di tale materiale):

Fig. 95 Pannello risonante

Il grafico indica che l’assorbimento acustico è massimo per frequenze intorno alla frequenza di risonanza del pannello; Ritenendo piccole le ampiezze delle vibrazioni ed ipotizzando adiabatico il processo compressione-rarefazione nel cuscinetto d’aria, la frequenza di risonanza è:

dove m è la massa frontale (o densità superficiale) del pannello [kg/m2], e d è la distanza del pannello dalla parete.

Anche questo sistema è molto selettivo ed è utile per assorbire suoni incidenti caratterizzati da basse frequenze (200÷300 Hz), dove i materiali fonoassorbenti sono poco efficaci e i risonatori di Helmholtz assumerebbero dimensioni troppo grandi.

mdfr

60

106

Il valore del coefficiente di assorbimento acustico e la larghezza della banda entro la quale si hanno valori di α sufficientemente alti, possono essere aumentati ponendo materiali fonoassorbenti porosi nell’intercapedine d’aria.

La grata di sostegno dei pannelli deve essere costituita da listelli distanti tra loro

circa /2, essendo la lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza di risonanza (in genere tale distanza è < 8÷10 cm).

7 ISOLAMENTO ACUSTICO 7.1 Introduzione

L’isolamento acustico (detto anche controllo passivo) è un problema che riguarda due locali adiacenti, di cui uno sede di una sorgente sonora, separati da una parete, oppure un locale e l’esterno caratterizzato da traffico stradale, ferroviario, aeroportuale o da altra sorgente di rumore (cfr. Fig. 96)

Fig. 96 Isolamento acustico tra due ambienti.

Si definisce isolamento acustico (misurato in dB e indicato con D) tra due ambienti la differenza tra i rispettivi livelli di pressione sonora.

L’isolamento acustico è una questione tecnica di difficile soluzione perché:

a) la via principale di propagazione del campo acustico è l'aria: occorre verificare che su un isolante acustico non siano presenti aperture, in quanto si perderebbe gran parte del vantaggio derivante dall'installazione del materiale;

b) anche quando le vie aeree sono chiuse, il rumore continua a trasmettersi attraverso il materiale di chiusura.

Infatti, il suono, emesso dalla sorgente, si propaga nell’aria fino ad incontrare l’elemento di separazione dei due ambienti, il quale elemento, entrando in vibrazione, invia energia sonora verso il ricevitore.

Convenzionalmente si distinguono due modalità di propagazione della energia sonora in relazione alla via di propagazione:

1) per via aerea o diretta, nel caso in cui le onde sonore, attraverso pareti divisorie, si trasmettono dalla sorgente all'ascoltatore (cfr. Fig. 97 a);

2) per via strutturale, nel caso in cui le onde sonore che raggiungono l'ascoltatore, sono generate da urti e vibrazioni prodotte sulle strutture dell'edificio in cui si trova l'ambiente disturbato (per ex. rumore da calpestio) (cfr. Fig. 97 b).

21 PP LLD

107

Fig. 97

7.2 Potere fonoisolante

Per proteggere un ambiente da un rumore prodotto al di fuori di esso e realizzare un adeguato isolamento acustico, occorre ostacolare la propagazione del rumore dalle sorgenti verso l’ambiente.

La principale causa di attenuazione della trasmissione di rumore da un ambiente all’altro è data dalle proprietà fonoisolanti della parete divisoria, cioè dalla resistenza più o meno elevata che questa offre al passaggio di rumore dall’ambiente disturbante a quello disturbato. Queste proprietà sono sintetizzare da un opportuno parametro che si chiama potere fonoisolante (simbolo: R), valutabile mediante la relazione:

dove: 1in

t

W

Wt è il coefficiente di trasmissione della parete.

Win : potenza sonora incidente sulla faccia del divisorio lato 1 Wt : potenza sonora trasmessa attraverso il divisorio all’ambiente disturbato 2. Il potere fonoisolante R di una parete dipende :

dalle caratteristiche strutturali, geometriche e di vincolo della parete stessa; dal tipo di campo sonoro: diffuso o diretto (in questo caso R dipende dall’angolo di

incidenza); dalla frequenza del suono considerato.

Per pareti omogenee e sottili, l’andamento teorico del potere fonoisolante, in funzione della frequenza, è rappresentato in figura 98:

)(1

log10 Bdt

R

108

Fig. 98 Andamento del potere fonoisolante in funzione della frequenza.

Si possono individuare cinque diverse regioni: Regione governata dalla rigidità del pannello, R diminuisce di 6 dB/ottava. Regione di risonanza (frequenze naturali di risonanza proprie del pannello). Regione governata dalla massa del pannello, R cresce di 6 dB/ottava. Regione di coincidenza (l’effetto della coincidenza riduce il potere di fonoisolamento

del pannello). Regione al di sopra della zona dove si verifica il fenomeno della coincidenza; il

potere fonoisolante R torna ad aumentare con una pendenza teorica di 9 dB per raddoppio di frequenza.

Alle basse frequenze, è possibile raggiungere le condizioni di risonanza, che si hanno quando un’onda sonora incide perpendicolarmente su una parete ed induce in essa una oscillazione nella stessa direzione di propagazione dell’onda.

Se la frequenza del suono è prossima alle frequenze di risonanza della struttura si genera un notevole aumento dell’ampiezza di oscillazione della parete stessa con incremento della trasmissione sonora nell’ambiente adiacente ed abbattimento del potere fonoisolante.

In corrispondenza delle frequenze naturali di risonanza, pertanto, il potere fonoisolante tende a zero e la struttura diventa pressoché “trasparente” dal punto di vista acustico.

Il valore della frequenza naturale dipende dalla massa per unità di superficie, dai vincoli che bloccano la parete (cerniere, ecc.). e dalla sua costante elastica. Questa ultima, a sua volta, è funzione di proprietà meccaniche (modulo di elasticità E e coefficiente di Poisson v) e geometriche (spessore h, larghezza a, altezza b).

dove ρ è la densità del materiale e i, j sono numeri interi per il calcolo delle frequenze di ordine superiore.

Per valori della frequenza inferiori alla frequenza di risonanza naturale (f < fr) la trasmissione sonora dipende essenzialmente dalla rigidezza (o elasticità) della struttura e

109

quindi gli effetti della massa e dello smorzamento sono poco importanti. Si ha una diminuzione di 6 dB per ogni raddoppio della frequenza.

Per valori della frequenza superiori alla frequenza di risonanza naturale ma comunque inferiori ad un limite superiore fissato dalla cosiddetta “coincidenza” (fr<f<fc), invece, si fa sentire l’effetto della massa per cui R cresce con la frequenza in modo lineare di circa 6 dB/ottava. Nel caso di onda sonora piana incidente ortogonalmente su una parete piana di dimensioni infinite si può utilizzare la seguente formula di previsione: dove f (Hz) è la frequenza e m (kg m-2) è la densità superficiale del materiale costitutivo del divisorio. Tale relazione é nota come legge di massa.

Nel caso di incidenza obliqua: dove ora θ è l’angolo di incidenza, (ρ∙c) è l’impedenza acustica caratteristica dell’aria.

Le formule viste valgono in un campo sonoro di onde piane che arrivano sulla parete con un certo angolo di incidenza. Solitamente il campo sonoro in un ambiente chiuso è più vicino ad un campo sonoro diffuso. In queste condizioni il potere fonoisolante, detto per incidenza casuale, può essere ottenuto integrando su una semisfera (per θ i da 0° a 90°) il potere fonoisolante Rθ. In queste condizioni, con angolo di incidenza fino a 90°, si ottiene: Secondo diversi autori il valore del potere fonoisolante per incidenza diffusa così calcolato è sottostimato. Una migliore interpretazione del fenomeno reale si ottiene limitando gli angoli di incidenza tra θ=0° e θ=78° anziché 90° e ciò perché un’incidenza radente negli ambienti usuali è poco probabile. Il valore più pratico che si ottiene, valido per incidenza mediamente diffusa, è il seguente: La validità della legge della massa è limitata superiormente dal fenomeno della coincidenza. Questo fenomeno avviene solo se l’incidenza dell’onda sonora non è perpendicolare alla parete ma obliqua; la parete stessa non viene sollecitata in tutti i punti con gli stessi valori della pressione sonora. In ogni istante ci sono punti della parete su cui l'onda acustica esercita il massimo della pressione sonora, altri dove il carico è nullo e altri ancora dove è negativo (cfr. Fig.99).

Fig. 99 Parete sollecitata da un’onda sonora con incidenza obliqua

)(48log200 dBfmfR

)(cos

log20 dBc

fmfR

)(23.0log10 00 dBRRfRc

)(50 dBRfRdiff

110

La parete tende allora a flettersi (cfr. Fig. 100) con una certa lunghezza d'onda λtr pari alla lunghezza d’onda di traccia dell’onda sonora incidente che dipende dall'angolo θ e dalla lunghezza d’onda λi del suono incidente:

sen

in

tr

Fig. 100 Parete sollecitata da un’onda sonora con incidenza obliqua La parete, inoltre, ha una sua lunghezza d’onda flessionale naturale λB . Il fenomeno di coincidenza, si verifica quando, per un determinato angolo d’incidenza, la lunghezza d’onda di traccia λtr dell’onda sonora piana incidente eguaglia la lunghezza d’onda λB dell’onda flessionale libera ossia:

sen

i

B

Per le alte frequenze, esiste sempre un angolo d'incidenza θ per il quale la proiezione in direzione normale alla parete della lunghezza d'onda del suono (λi ) risulti uguale alla lunghezza d'onda flessionale λB . Poiché il senθ non può eccedere l’unità, si ha che la frequenza più bassa per cui si verifica il fenomeno di coincidenza si ottiene per θ=90° (incidenza radente); questa frequenza è chiamata frequenza critica ed è pari a:

θ

tr

in

θ

111

dove E è il modulo di Young, ν è il coefficiente di Poisson, ρ è la densità, s è lo spessore del pannello. Si può osservare che più la parete è sottile più aumenta la frequenza di coincidenza. La situazione fisica è dunque quella per cui ci sono due perturbazioni, l’onda acustica e l’onda flessionale nella struttura, che viaggiano parallelamente una all’altra, con la stessa lunghezza d’onda. Questo comporta un miglioramento dello scambio energetico tra le due perturbazioni e tale miglioramento determina, a sua volta, che la parete vibra in modo molto intenso trasmettendo una elevata quantità di energia sonora all’ambiente adiacente ed il potere fonoisolante cade a picco verso valori molto bassi, al limite tendenti a zero. Nella tabella 16 sono riportati alcuni valori indicativi della frequenza critica di alcuni materiali da costruzione.

Tab. 16

L'ampiezza del fenomeno di coincidenza dipende dal fattore di smorzamento del materiale: per materiali come il vetro, con fattore di smorzamento basso, R ha una grande caduta. Per questo motivo si usa un vetro camera, fatto da due lastre di diverso spessore (quindi con diversa frequenza di coincidenza) separate da uno strato d'aria o ancor meglio da un film plastico antisfondamento che fa da cuscinetto elastico smorzante. Al di sopra della frequenza critica e della zona dove si verifica il fenomeno della coincidenza, il potere fonoisolante R torna ad aumentare con una pendenza teorica di 9 dB per raddoppio di frequenza. In campo diffuso si può calcolare il potere fonoisolante sopra la frequenza critica con la seguente espressione:

dove fc è la frequenza critica della parete (Hz) e η è il fattore di smorzamento totale della parete. Questo termine sintetizza i meccanismi di smorzamento all’interno della parete eccitata indicando quale frazione dell’energia meccanica vibratoria viene convertita in calore in un ciclo della vibrazione.

7.2.1 Pareti monostrato

Innanzitutto si deve osservare che per le comuni partizioni usate in edilizia la frequenza naturale di risonanza si trova generalmente al di sotto dei valori di pratico interesse (f 0< 100 Hz). I valori della frequenza critica e la relativa zona della coincidenza dipendono invece dallo spessore e dalle altre caratteristiche del materiale. Per molte pareti pesanti la coincidenza si verifica intorno a 100-300 Hz.

112

Dalle formule di calcolo delle due frequenze si osserva che la rigidezza della struttura è direttamente proporzionale alla frequenza naturale ed inversamente proporzionale alla frequenza critica. Essendo la rigidezza funzione del modulo di Young E e dello spessore, si osserva che aumentando uno di questi due parametri aumenta la frequenza naturale e diminuisce la frequenza critica.

Nella progettazione dei pannelli si cerca di massimizzare R nel campo di frequenze di interesse nell’edilizia civile, tale campo è compreso tra 100 e 5000 Hz circa. Quindi è desiderabile garantire che sia f0 che fc siano situati fuori da questo campo di frequenze. Questo potrebbe accadere o con rigidezze molto basse ma a scapito della resistenza della struttura, ottenendo f0 <100Hz e fc >5000 Hz, oppure con rigidezze piuttosto alte tali da portare sia f0 che fc sotto o comunque prossimi a 100 Hz.

Tra le frequenze f0 e fc (frequenze medio – basse) vale la legge di massa: aumentando lo spessore, si ha un locale aumento di R per effetto del conseguente aumento della massa. In linea generale si può affermare che il potere fonoisolante di un singolo pannello è determinato dalla sua massa: tanto maggiore è la massa e/o lo spessore del pannello tanto maggiore risulta il suo potere fonoisolante, ma essendo la frequenza critica inversamente proporzionale allo spessore del pannello, ogni tentativo di aumentare il potere fonoisolante tramite un aumento dello spessore comporta come risultato anche una diminuzione della frequenza critica.

L’aumento di spessore permette comunque di aumentare l’isolamento alle frequenze medio basse dove è più difficile solitamente avere buoni risultati. Quando lo spessore è elevato si innescano fenomeni di “risonanza di spessore” alle alte frequenze dovuti alle onde longitudinali e di taglio che si creano all’interno del muro. La teoria della “parete sottile” non è in grado di spiegare questo fenomeno dato che non tiene conto delle onde longitudinali e trasversali che, per pareti spesse e ad alte frequenze, assumono invece un ruolo importante. L’insorgenza di risonanze di spessore determina una forte riduzione del potere fonoisolante ad alta frequenza. L’effetto delle risonanze di spessore si manifesta per spessori superiori a circa 15-20 cm in base alle altre caratteristiche della parete. Al di sotto di tale spessore le risonanze si verificano con frequenze superiori a 5000 Hz. Nella figura 101 si può osservare l’andamento del potere fonoisolante per una parete tipo di 15-20 cm di spessore. Si vede, in questo caso, che la coincidenza si verifica intorno ai 100 Hz e che insorgono le risonanze di spessore intorno a 5000 Hz.

Fig. 101 Andamento del potere fonoisolante per pareti spesse: visualizzazione dell’effetto

dell’insorgenza delle risonanze di spessore alle alte frequenze.

113

Per i materiali non omogenei, come ad esempio i laterizi e i blocchi di argilla, le teoria delle pareti sottili omogenee diventa sempre meno applicabile. Questo è dovuto al fatto che le proprietà meccaniche dei materiali, non essendo costanti lungo la parete, determinano valori incerti della frequenza critica e delle frequenze di risonanza. Molto spesso, inoltre, queste pareti vengono realizzate con uno spessore piuttosto elevato determinando anche fenomeni di risonanza di spessore alle alte frequenze. La non omogeneità della parete determina l’ampliamento della zona di coincidenza. L’effetto si può schematizzare ipotizzando una zona di coincidenza compresa tra una frequenza critica inferiore e una frequenza critica superiore ottenute rispettivamente dalla rigidità flessionale massima e minima della parete (cfr. Fig. 102). 50

Fig. 102 Andamento del potere fonoisolante per pareti spesse e non omogenee: visualizzazione

dell’effetto dell’ampliamento della zona di coincidenza.

7.2.2 Pareti doppie

Una parete doppia, costituita essenzialmente da due pannelli separati da una intercapedine di aria, eventualmente riempita con materiale fonoassorbente poroso. L’andamento qualitativo del potere fonoisolante al variare della frequenza è riportato nella figura 103:

Fig. 103 Andamento qualitativo del potere fonoisolante al variare

della frequenza per pareti doppie

114

Nella figura si osservano innanzitutto le curve relative al potere fonoisolante del pannello singolo e del pannello di massa uguale alla somma dei due pannelli. Nel caso di pareti doppie si osserva come l’andamento del potere fonoisolante varia al variare della frequenza ed è influenza dalla presenza o meno di materiale fonoassorbente all’interno della cavità. Si distinguono due frequenze nelle quali si verifica una modifica netta delle proprietà isolanti. La prima è la frequenza del sistema massa-molla-massa costituito dalle due pareti e dalla cavità. Al di sotto di tale frequenza le due pareti sono completamente accoppiate e il comportamento è quello di una parete di massa uguale alla somma delle masse dei due pannelli. In corrispondenza della frequenza di risonanza il potere fonoisolante diminuisce. La diminuzione è tanto maggiore quanto minore è lo smorzamento. In presenza di materiale fonoassorbente all’interno della cavità la diminuzione è piccola.

La seconda è la frequenza di risonanza della cavità. A tale frequenza la lunghezza d’onda è comparabile con le dimensioni della cavità e, andando verso le basse frequenze, iniziano risonanze in direzione perpendicolare ai pannelli. Al di sopra della frequenza di risonanza della cavità i due pannelli sono completamente disaccoppiati e il potere fonoisolante corrisponde all’incirca alla somma dei poteri fonoisolanti dei singoli pannelli, con una pendenza di circa 6 dB/ottava. Tra le due frequenze si ha una pendenza molto ripida (circa 18 dB/ottava). La presenza del materiale fonoassorbente determina la riduzione o l’eliminazione delle risonanze di intercapedine che altrimenti provocano dei buchi nel potere fonoisolante al variare della frequenza. Alle alte frequenze (circa 2500-3150 Hz) si osserva il fenomeno della coincidenza che rimane presente sia nel pannello singolo che nel pannello doppio.

La variazione del rapporto delle masse superficiali dei due pannelli determina un innalzamento della frequenza di risonanza del sistema massa-molla-massa e una conseguente riduzione del potere fonoisolante.

Solitamente le strutture leggere sono sorrette da un telaio metallico. Questa struttura determina dei punti di connessione tra i pannelli che fa diminuire il potere fonoisolante, in particolare verso le alte frequenze.

Poiché in corrispondenza della frequenza di risonanza massa-molla-massa il valore del potere fonoisolante è molto piccolo, è importante che tale frequenza cada al di fuori del campo di interesse. Lo spostamento verso il basso di questa frequenza si può ottenere sia aumentando la distanza tra i pannelli che aumentando la massa dei pannelli. Esempio numerico Calcolare le prime quattro frequenze naturali e la frequenza critica di una lastra di vetro di spessore 4 mm e di dimensioni 1x2 m. Sono noti: E=6,5 x 1010 Pa υ=0,24 ρ=2400 Kg/m3 Si consideri l’aria in condizioni normali. Le prime quattro frequenze naturali si calcolano con la relazione:

Quindi:

115

La frequenza critica si ottiene dalla relazione:

7.2.3 Pareti composte da elementi con diverso valore di "R"

Quando la struttura è composta, cioè ad esempio costituita da una parete con una

porta, una finestra o un altro qualsiasi elemento di discontinuità, il potere fonoisolante si calcola nel modo seguente:

C

Ct

1log10R

essendo tc la media ponderale dei coefficienti di trasmissione delle diverse porzioni costituenti la parete, adottando come fattori di ponderazione le superfici relative: Il coefficiente di trasmissione acustica ti della generica parete si ricava dal corrispondente potere fonoisolante Ri mediante la relazione: Componenti edilizi caratterizzati da bassi valori di Ri possono ridurre notevolmente il potere fonoisolante complessivo della parete. Di qui l'opportunità di prestare la massima attenzione nella realizzazione dei serramenti esterni ed in particolare delle superfici vetrate, alle quali, in pratica, é affidato il compito di assicurare l'isolamento acustico dai rumori provenienti dall'esterno.

1010

1iRit

i

ii

CS

Stt

116

7.3 Misura sperimentale del potere fonoisolante

Il valore di R, per una data parete, può essere ottenuto, oltre che con le formule precedentemente illustrate, anche per via sperimentale. La determinazione sperimentale del potere fonoisolante R di una parete viene effettuata in laboratorio secondo la normativa UNI EN ISO 10140. In questo caso occorre che il laboratorio stesso sia dotato di una doppia camera riverberante in cui le due camere siano separate dal divisorio sotto test.

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Per ciascuna frequenza si misurano i livelli di pressione sonora nell’ambiente disturbante L1 e nell’ambiente ricevente L2, e il tempo di riverberazione nell’ambiente ricevente. Il potere fonoisolante R si ottiene dalla seguente espressione: in cui S è la superficie del divisorio ed A è l’area equivalente di assorbimento acustico dell’ambiente ricevente. Per calcolare l’area equivalente di assorbimento acustico dell’ambiente ricevente si deve misurare il T60 (per diverse frequenze) ed applicare la formula di Sabine : con V volume dell’ambiente ricevente. A titolo di esempio riportiamo nelle tabelle 17, 18 e 19 alcuni valori del potere fonoisolante misurato in laboratorio per vari tipi di strutture.

Tab. 17 Potere fonoisolante di una parete in blocchi di cls cellulare

Tab. 18 Potere fonoisolante di una parete in mattoni pieni (National Bureau of Standards – USA)

A

SLLR log1021

60

161.0T

VA

118

Tab. 19 Potere fonoisolante di vari tipi di parete

Se invece sono noti il valore di Lp1, il potere fonoisolante R e le dimensioni S del divisorio, utilizzando la medesima formula, è possibile calcolare il livello Lp2 generato nell’ambiente 2 allo scopo di valutare l’effettivo disturbo arrecato in esso dalla sorgente di rumore collocata nell’ambiente 1. Per valutare l’entità del disturbo e se esso sia compatibile con le attività che si svolgono nell’ambiente 2, possono essere utilizzati i criteri di valutazione del rumore che verranno esposti nel capitolo seguente.

7.4 Criteri di valutazione del rumore ambientale

La normativa internazionale attualmente in vigore fissa i valori massimi ammissibili del rumore ambientale in condizioni di regime stazionario introducendo alcuni indici, quali: indice NR (Noise Rating), indice NC (Noise Criterion), indice PNC (Preferred Noise Criterion), criterio RC (Room Criterion). Gli indici NC e PNC sono meno usati dell’indice NR. Ciascun indice individua una particolare curva di valutazione su un diagramma di riferimento che riporta in ascisse la frequenza, relativa ad una suddivisione in bande dello spettro sonoro, ed in ordinate il livello di pressione sonora.

A

SRLL log1012

119

Nella Figura 104 sono riportate, a titolo di esempio, le curve di riferimento dell’indice NR. L’ordinata in dB relativa ad una frequenza 1000 Hz di ciascuna curva costituisce il valore dell’indice NR che caratterizza l’intera curva. Come si deduce dal diagramma alle basse frequenze sono tollerati livelli di rumore più elevati perché in queste bande l’orecchio è meno sensibile.

Fig. 104 Curve di valutazione NR

Ad esempio, se in riferimento all’attività che si svolge in un determinato ambiente, la norma impone un NR pari a 35, questo corrisponde ad una curva di riferimento che prevede, come massima accettabile, la seguente distribuzione spettrale:

Frequenza (Hz) 31.5 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000

Livello Lp (dB) 79 63 53 45 39 35 32 30 28

Pertanto l’ambiente per il quale deve essere rispettato l’indice NR-35 è a norma se la distribuzione spettrale del rumore, esistente in esso, non supera i valori della tabella. Allo stesso modo, se si riporta tale distribuzione spettrale sul diagramma, si può caratterizzare l’ambiente con un valore dell’indice NR e verificare se questo è minore o al massimo uguale a quello di riferimento che ovviamente è fornito in funzione della destinazione d’uso del locale. Con questo metodo è possibile valutare quale sia la frequenza più disturbante che non sempre coincide con quella che presenta il valore più elevato del livello sonoro, come messo in evidenza dal seguente esempio.

120

Esempio numerico Supponiamo che un rumore ambientale rilevato sperimentalmente presenti lo spettro tracciato all’interno del diagramma della figura 105 caratterizzato dai seguenti valori:

Frequenza (Hz) 31.5 63 125 250 500 1000 2000 4000

Livello Lp (dB) 50 55 68 63 45 36 36 40

Fig. 105 Esempio di calcolo dell’indice NR

La rumorosità ambientale presenta un massimo di 68 dB a 125 Hz ma l’NR che la caratterizza è pari a 55 poiché la curva NR-55 è quella più elevata toccata dalla spezzata alla frequenza di 250 Hz. Questo significa che la frequenza più disturbante è quella di 250 Hz e, se la rumorosità ambientale risultasse eccessiva per la destinazione d’uso, cioè l’NR ottimale fosse minore di 55, allora un eventuale intervento di correzione acustica dovrebbe utilizzare materiali in grado di abbassare il livello sonoro soprattutto alla frequenza più disturbante anche se, come detto, questa non presenta il valore più elevato del livello sonoro. Analogo è il modo di lavorare con gli altri indici. Il grafico in figura 106 che deve essere usato per il criterio RC è il seguente:

121

Fig.106 Curve di valutazione RC

Le due zone A e B indicano situazioni in cui può esserci rumore prodotto, per risonanza, dalla vibrazione di pareti leggere e controsoffitti: la zona A è interessata da una elevata probabilità che ciò avvenga, mentre la zona B rappresenta soltanto la possibilità che ci sia rumore indotto. La curva C rappresenta la soglia di udibilità, al di sotto della quale non si può avvertire alcun segnale acustico. Per il criterio RC il rumore può essere classificato nel modo seguente: Rumble (Rombante) se il rumore presenta in una qualsiasi banda minore di 500 Hz un

livello che supera di 5 dB il corrispondente riferimento RC; Hiss (Sibilante) se il rumore presenta in una qualsiasi banda maggiore di 500 Hz un

livello che supera di 3 dB il corrispondente riferimento RC; Neutral (Neutro) quando il rumore non è né Hiss né Rumble. Per ogni ambiente, a seconda della destinazione d’uso, la normativa fissa i corrispondenti valori degli indici, come riportato nella tabella 20 seguente. In alternativa a quanto riportato sin qui, per la valutazione del rumore ambientale, può essere usato anche il criterio che fissa un valore massimo accettabile del livello di rumore in funzione della destinazione d’uso del locale espresso in dB(A), ottenuto applicando ai livelli assoluti caratterizzanti il rumore i valori del filtro A, che simulano la sensazione sonora dell’orecchio alle varie frequenze prodotta da un certo livello in dB. In questo caso la norma impone un valore massimo del livello in dB(A) sopportabile in riferimento ad una certa destinazione d’uso, ma tale criterio non fa distinzione tra due rumori che, pur

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presentando lo stesso valore in dB(A), siano caratterizzati da distribuzioni spettrali diverse. Questa particolarità non consente di effettuare in maniera precisa un eventuale intervento di correzione acustica del locale disturbato poiché non sono note le frequenze alle quali il rumore in oggetto arreca agli utenti maggior disturbo.

Tab. 20 Valori di riferimento degli indici NC, NR e dei livelli dBA

7.5 Riferimenti normativi Di seguito si riportano alcuni riferimenti normativi in materia di rumorosità ambientale.

Estratto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14. 11.1997

Art. 2. Valori limite di emissione I valori limite di emissione delle singole sorgenti fisse di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della Legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono quelli indicati nella tabella B allegata al presente decreto, fino all'emanazione della specifica norma UNI che sarà adottata con le stesse procedure del presente decreto, e si applicano a tutte le aree del territorio ad esse circostanti, secondo la rispettiva classificazione in zone. I rilevamenti e le verifiche sono effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità. Art. 4. Valori limite differenziali di immissione I valori limite differenziali di immissione, definiti all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge 26. 10.1995, n. 447, sono:

5 dB per il periodo diurno 3 dB per il periodo notturno

all'interno degli ambienti abitativi. Tali valori non si applicano nelle aree classificate nella classe VI della tabella A allegata al presente decreto.

123

Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano nei seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile:

1. se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno;

2. se il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno.

Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla rumorosità prodotta:

dalle infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime;

da attività e comportamenti non connessi con esigenze produttive, commerciali e professionali;

da servizi e impianti fissi dell'edificio adibiti ad uso comune, limitatamente al disturbo provocato all'interno dello stesso.

Art. 6. Valori di attenzione. I valori di attenzione espressi come livelli continui equivalenti di pressione sonora ponderata “A”, riferiti al tempo a lungo termine (TL) sono:

1. se riferiti ad un'ora, i valori della tabella C allegata al presente decreto, aumentati di 10 dB per il periodo diurno e di 5 dB per il periodo notturno;

2. se relativi ai tempi di riferimento, i valori di cui alla tabella C allegata al presente decreto. Il tempo a lungo termine (TL) rappresenta il tempo all'interno del quale si vuole avere la caratterizzazione del territorio dal punto di vista della rumorosità ambientale. La lunghezza di questo intervallo di tempo è correlata alle variazioni dei fattori che influenzano tale rumorosità nel lungo termine. Il valore TL, multiplo intero del periodo di riferimento, è un periodo di tempo prestabilito riguardante i periodi che consentono la valutazione di realtà specifiche locali.

Art. 7. Valori di qualità I valori di qualità di cui all'art. 2, comma 1, lettera h), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono indicati nella tabella D allegata al presente decreto.

Tab. A Classificazione del territorio comunale (art.1).

CLASSE I - aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.

CLASSE II - aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianali.

CLASSE III- aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

CLASSE IV - aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie.

CLASSE V - aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.

CLASSE VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.

124

Tab. B: Valori limite di emissione – Leq in dB(A) (art. 2).

Classi di destinazione d'uso del territorio

Tempi di riferimento

Diurno (06.0022.00) Notturno (22.0006.00)

I Aree particolarmente protette 45 35

II Aree prevalentemente residenziali 50 40

III Aree di tipo misto 55 45

IV Aree di intensa attività umana 60 50

V Aree prevalentemente industriali 65 55

VI Aree esclusivamente industriali 65 65

Tab. C: valori limite assoluti di immissione - Leq in dB (A) (art.3).

Classi di destinazione d'uso del territorio

Tempi di riferimento

Diurno (06.0022.00) Notturno (22.0006.00)

I Aree particolarmente protette 50 40

II Aree prevalentemente residenziali 55 45

III Aree di tipo misto 60 50

IV Aree di intensa attività umana 65 55

V Aree prevalentemente industriali 70 60

VI Aree esclusivamente industriali 70 70

Tab. D: valori di qualità - Leq in dB (A) (art.7).

Classi di destinazione d'uso del territorio

Tempi di riferimento

Diurno (06.0022.00) Notturno (22.0006.00)

I Aree particolarmente protette 47 37

II Aree prevalentemente residenziali 52 42

III Aree di tipo misto 57 47

IV Aree di intensa attività umana 62 52

V Aree prevalentemente industriali 67 57

VI Aree esclusivamente industriali 70 70

Negli ambienti lavorativi la norma da seguire è il:

Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro) in attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/ CEE, n. 86/188/ CEE e n. 88/642 CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.