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Crisi/Critica/Letteratura Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica , uscito nel 2010 e tradotto in italiano nel 2011 (cfr. anche Coltivare l’umanità, i classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, del 2006): “I cittadini non possono relazionarsi bene alla complessità del mondo che li circonda soltanto grazie alla logica e al sapere fattuale. La terza competenza del cittadino, strettamente correlata alle prime due, è ciò che chiamiamo immaginazione narrativa! Vale a dire la capacità di pensarsi nei panni di un’altra persona, di essere un lettore intelligente

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Page 1: Crisi/Critica/Letteratura Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, uscito nel 2010 e tradotto in

Crisi/Critica/Letteratura

Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, uscito nel 2010 e tradotto in italiano nel 2011 (cfr. anche Coltivare l’umanità, i classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, del 2006): “I cittadini non possono relazionarsi bene alla complessità del mondo che li circonda soltanto grazie alla logica e al sapere fattuale. La terza competenza del cittadino, strettamente correlata alle prime due, è ciò che chiamiamo immaginazione narrativa! Vale a dire la capacità di pensarsi nei panni di un’altra persona, di essere un lettore intelligente della sua storia, di comprenderne le emozioni, le aspettative e i desideri”.

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Martha Nussbaum, Non per profitto: “La ricerca di tale empatia è parte essenziale delle migliori concezioni di educazione alla democrazia, sia nei paesi occidentali sia in quelli orientali. Buona parte di essa deve avvenire all’interno della famiglia, ma anche la scuola e addirittura il college e l’università svolgono una funzione importante. Per assolvere a questo compito, le scuole devono assegnare un posto di rilievo nel programma di studio alle materie umanistiche, letterarie e artistiche, coltivando una partecipazione di tipo partecipativo che attivi e perfezioni la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona”.

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Crisi/Critica/Letteratura

Mario Lavagetto, Eutanasia della critica (2005): “Quanti di quei quaranta milioni di libri venduti nel solo 2002 sono destinati a essere letti? In quale misura l’acquirente tipo sceglie, e in quale misura obbedisce a una forma maniacale, perversa di collezionismo, congiunta al desiderio di esporre una sorta di blasone culturale? E non c’è il rischio di determinare, prima o poi, una saturazione definitiva e, invece di facilitare l’accesso alla lettura, dopo che il tornaconto è stato ottenuto, di metterla definitivamente al bando?”.

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Crisi/Critica/Letteratura

Mario Lavagetto, Eutanasia della critica (2005): “La letteratura, abbandonata a se stessa, andrebbe incontro a una progressiva rovina: la sua voce si farebbe sempre più flebile e indistinta, sempre più sparuti e guardati a vista i suoi frequentatori. Perché pensare che i testi parlino da soli, al di là e al di fuori di ogni possibile mediazione, è un’idea tanto vecchia quanto ingenua e intimamente balorda: disconosce la storia, disconosce la diversità dei codici e il modificarsi radicale, di secolo in secolo, degli orizzonti d’attesa, delle domande che un testo produce e che al testo vengono poste”.

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La crisi della critica

Dati negativi:a) Mondo editoriale, decadenza della saggistica letteraria;b) Degrado delle pagine culturali dei giornali;c) Agonia (o iperspecializzazione) delle riviste letterarie;d) Promessa mancata (per ora) del web;e) Rapporto tra autori e critici: cfr. Giglioli, Oltre la critica: Sottolinea “il diffuso senso di fastidio, sufficienza e autosufficienza ostentato dagli autori (romanzieri, poeti), soprattutto giovani, nei confronti dei critici, ben al di là del topos antichissimo e un po’ comico che li vuole antipatizzanti per contratto. Non servono a niente, ne facciamo a meno, ci commentiamo e se occorre ci recensiamo tra di noi, dicono molti scrittori”.

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La crisi della critica

Giglioli, Oltre la critica: “A loro danno, perché una letteratura senza critica è fatalmente una letteratura peggiore, specie in una condizione come quella moderna in cui, scriveva Baudelaire, non c’è scrittore di valore che non abbia dentro di sé anche un critico, e in cui la critica ha compenetrato di sé tante delle poetiche e delle estetiche dal romanticismo ai giorni nostri. Controprova, gli scrittori più interessanti sono spesso anche dei critici di vaglia, da Celati a Cordelli, da Arbasino a Siti, da Trevi a Scurati, per non citare che qualche italiano”.

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La crisi della critica

• Cesare Segre, Notizie dalla crisi. Dove va la critica letteraria?, Torino, Einaudi, 1993

• Massimo Onofri, Ingrati maestri Discorso sulla critica da Croce ai contemporanei, Roma, Theoria, 1995

• Cesare Segre, Ritorno alla critica, Torino, Einaudi, 2001• Carla Benedetti, Il tradimento dei critici, Torino, Bollati

Boringhieri,• Romano Luperini, Breviario di critica, Napoli, Guida, 2002• Giulio Ferroni, I confini della critica, Napoli, Guida, 2005• Mario Lavagetto , Eutanasia della crtitica, Torino, Einaudi,

2005• Alfonso Berardinelli, Casi critici. Dal postmoderno alla

mutazione, Macerata, Quodlibet, 2007• Filippo La Porta, Giuseppe Leonelli, Dizionario della critica

militante, Milano, Bompiani, 2007

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La crisi della critica

Dati (potenzialmente) positivi:a) La critica è in crisi per definizione, l’espressione “crisi della

critica” è tautologica

Cfr. etimologia, entrambi i termini derivano dal greco krísis, che deriva a sua volta dal verbo kríno e che copre una duplice area semantica: da un lato separare, dall’altro scegliere/decidere/giudicare.

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La crisi della critica

Dati (potenzialmente) positivi:a) La critica è in crisi per definizione, l’espressione “crisi della critica” è tautologica

Mario Lavagetto, Introduzione a Il testo letterario: Istruzioni per l’uso (1997): “La crisi della critica non è (o è solo parzialmente) congiunturale. Molto spesso si parla di crisi della critica: dei metodi, della funzione e dei risultati. Non è certo la prima volta che simili preoccupazioni hanno preso forma: si ripresentano ciclicamente, sia pure con periodi irregolari, al punto che, in questo territorio delle scienze umane […], la crisi può apparire di natura endemica” .

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La crisi della critica

Dati (potenzialmente) positivi:b) Lessico, forme, metodi e paradigmi conoscitivi della critica letteraria vengono mutuati da altri campi disciplinari, non solo quelli delle scienze umane ma anche quelli delle cosiddette scienze “esatte”.

Cfr. Remo Ceserani, Convergenze. Gli strumenti letterari e le altre discipline (2010).

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La crisi della critica

Dati (potenzialmente) positivi:c) La diffusione degli studi culturali, che derivano molti dei loro strumenti analitici dalla critica letteraria, assegnano un’assoluta priorità al fatto linguistico, riflettono sulla costruzione simbolica e retorica delle relazioni sociali o dei rapporti di potere, mostrano come concetti apparentemente assoluti quali identità, corpo, cultura, storia, siano in realtà il prodotto di una pratica culturale ben precisa, di un’elaborazione narrativa, spesso di una vera e propria invenzione.

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La crisi della critica

Romano Luperini, L’interpretazione dei testi letterari: La parte del commento (in L’autocoscienza del moderno, 2006): “Nella produzione critica si assiste a una pericolosa divaricazione: da un lato la chiusura specialistica in un microfilologismo spicciolo, dall’altro […] una propensione a un ampliamento tematico della ricerca e a un suo rapidissimo svariare fra testi diversi e lontani che in diversi casi finisce col perdere di vista la loro concreta materialità […]. Da questo punto di vista, la crisi della critica non è che un aspetto della crisi più generale della funzione intellettuale e della progressiva scomparsa della figura storica dell’intellettuale come mediatore civile”.

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La crisi della critica

Romano Luperini, L’interpretazione dei testi letterari: La parte del commento: “Nell’attività didattica e nelle indicazioni ministeriali che si sono succedute nell’ultimo decennio la corrispondente divaricazione è piuttosto fra un’immagine del docente di letteratura come esperto e della riduzione dell’insegnamento della letteratura come riduzione agli schemi e agli schemini di una lettura esclusivamente linguistica e retorica e, invece, un’immagine del docente come intrattenitore e tuttologo che svolge percorsi tematici fra arti e discipline diverse assumendo la letteratura tutt’al più come documento di qualcos’altro. Se in un caso l’insegnamento rischia di diventare arida e meccanica applicazione di metodi esclusivamente descrittivi, nell’altro ignora la ricca complessità della letterarietà”.

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La crisi della critica

Romano Luperini, L’interpretazione dei testi letterari: La parte del commento: “Sarebbe meglio, nella pratica didattica, lavorare soprattutto sulla parafrasi del testo (sempre necessaria), sulla differenza fra lingua del passato e lingua del presente e su poche fondamentali indicazioni di tipo metrico, narratologico e stilistico […] per concentrarsi poi sul momento della lettura e dell’interpretazione. Gli stessi percorsi tematici vanno accettati e praticati solo a condizione che partano sempre dallo studio di campioni testuali. In nessun caso, comunque, il docente dovrebbe rinunciare ad assumere un ruolo di mediatore culturale, capace di commento e di interpretazione, di offrire, cioè, modelli di analisi del testo ma anche prospettive che lo collochino nella storia passata e ne elaborino il significato per noi, nel nostro presente”.

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La crisi della critica

Mario Lavagetto, Eutanasia della critica (2005): “Non c’è da stupirsi se i docenti delle materie umanistiche vivono molto spesso in uno stato di perenne frustrazione, verificando – giorno dopo giorno – il restringersi dell’area di ascolto intorno alle proprie parole e all’irrimediabile perifericità e sussidiarietà del loro lavoro”.

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Per un’idea di letteratura

Italo Calvino, Perché leggere i classici: “Non si creda che i classici vanno letti perché ‘servono’ a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici. Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”.

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Per un’idea di letteratura

Italo Calvino, Il midollo del leone (1955): “Noi siamo tra quelli che credono in una letteratura che sia presenza attiva nella storia, in una letteratura come educazione, di grado e di qualità insostituibile. Ed è proprio a quel tipo d’uomo o di donna che noi pensiamo, a quei protagonisti attivi della storia, alle nuove classi dirigenti che si formano nell’azione, a contatto con la pratica delle cose. La letteratura deve rivolgersi a quegli uomini, deve – mentre impara da loro – insegnar loro, servire a loro, e può servire solo in una cosa: aiutandoli a esser sempre più intelligenti, sensibili, moralmente forti”.

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Per un’idea di letteratura

Italo Calvino, Il midollo del leone (1955): “Le cose che la letteratura può insegnare sono poche ma insostituibili: il modo di guardare il prossimo e se stessi, il porre in relazione fatti personali e fatti generali, di attribuire valore a piccole cose o a grandi, di considerare i propri limiti e vizi e gli altrui, di trovare le proporzioni della vita, e il posto dell’amore in essa, e la sua forza e il suo ritmo, e il posto della morte, il modo di pensarci o di non pensarci; la letteratura può insegnare la durezza, la pietà, la tristezza, l’ironia, l’umorismo, e tante altre cose necessarie e difficili. Il resto lo si vada a imparare altrove, dalla scienza, dalla storia, dalla vita, come noi tutti dobbiamo continuamente andare ad impararlo”.

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Krísis

Frank Kermode, Il senso della fine (1966): La crisi è “un elemento centrale del nostro modo di dare un senso alla realtà”, ma a volte rischia di irrigidirsi in un mito astorico, accettato in modo acritico: “è un luogo comune quello di parlare della propria situazione storica come eccezionalmente terribile e, dunque, in un certo modo privilegiata, come se fosse punto cardinale del tempo”. Così, “pensiamo che la crisi in cui viviamo sia preminente, più tormentosa, più interessante delle altre crisi. […] Anche i filosofi che studiano la crisi come fenomeno storico ricorrente, se non perpetuo, tendono a indicare nei momenti di crisi a loro contemporanei gli esempi più calzanti”.

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Krísis

Frank Kermode, Il senso della fine (1966): “I momenti che chiamiamo di crisi sono momenti di fine e di inizio. Siamo pronti ad accettare ogni prova che possa dimostrarci che la nostra è un’autentica fine, o un autentico inizio. Queste prove, per esempio, le prendiamo dal calendario. Il nostro senso di epoca è appagato soprattutto nel momento della fine di un secolo. E a volte facciamo in modo che gli eventi siano in accordo con questo abito mentale. […] C’è, insomma, un effettivo rapporto tra i momenti di fine secolo e il carattere della nostra immaginazione, che pensa sempre di vivere alla fine di un’epoca”.

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Krísis

Reinhart Koselleck, Crisi, in Il vocabolario della modernità (cfr. il primo par. del suo saggio, intitolato Rassegna di storia concettuale, in cui fa anche una ricognizione etimologica e semantica sul termine crisi): “Quello di ‘crisi’ è uno dei concetti fondamentali, cioè dei concetti non sostituibili della lingua greca. Derivato da kríno (separare, scegliere, decidere, valutare; mediale: misurare, lottare, combattere), la krísis portava a una decisione definitiva, irrevocabile. Il concetto implicava alternative esasperate, che non consentivano alcuna revisione: successo o fallimento, ragione o torto, vita o morte, infine salvezza o dannazione”.

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Krísis

Cfr. il significato originario nell’ambito della medicina: La crisi è un “notevole e improvviso cambiamento, in senso favorevole (o anche sfavorevole), che avviene in una malattia; fase risolutiva, che coincide con la repentina caduta della febbre” (S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana).

Cfr. le estensioni metaforiche: Nella vita dei singoli individui: crisi nervosa, crisi di coscienza, crisi spirituale; E nella vita delle collettività sociali: crisi di governo, crisi dinastica, crisi economica, crisi epistemologica, ecc.

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Krísis

Carlo Colloca, La polisemia del concetto di crisi: società, culture, scenari urbani (2010): “La crisi si manifesta come un evento straordinario, caratterizzato da una visibilità esterna, che irrompe nella vita di una comunità disgregandone gli equilibri e facendone saltare i meccanismi di funzionamento. È un momento di perturbazione, uno scarto che altera i processi esistenti all’interno e all’esterno del sistema sociale colpito, una transizione in cui regole e norme del funzionamento ordinario appaiono inutili a risolvere quanto di problematico è emerso. Caratterizzata da ripercussioni tali da arrivare a pregiudicare l’esistenza duratura ed autonoma di un’organizzazione sociale, costringe ad agire sotto un vincolo temporale stringente, richiede scelte e decisioni”

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Krísis

Carlo Colloca, La polisemia del concetto di crisi: “Data la complessità ed eterogeneità del fenomeno non esiste una definizione unica dell’evento critico ed è abbastanza complesso delineare un quadro di peculiarità che possa riproporsi al verificarsi di ogni manifestazione critica. Si può dire che la crisi innesca mutamenti sociali che avvengono in maniera repentina o graduale, seguono un percorso lineare, discontinuo o ciclico, assumono una direzione precisa o proseguono in maniera casuale, riguardano l’intera società o singoli sistemi, possono avere origini endogene o esogene, obbediscono a dinamiche che lasciano un certo margine all’iniziativa personale o collettiva oppure avvengono in maniera spontanea, non prevedibile”.

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Krísis

Carlo Colloca, La polisemia del concetto di crisi: “Data la complessità ed eterogeneità del fenomeno non esiste una definizione unica dell’evento critico ed è abbastanza complesso delineare un quadro di peculiarità che possa riproporsi al verificarsi di ogni manifestazione critica. Si può dire che la crisi innesca mutamenti sociali che avvengono in maniera repentina o graduale, seguono un percorso lineare, discontinuo o ciclico, assumono una direzione precisa o proseguono in maniera casuale, riguardano l’intera società o singoli sistemi, possono avere origini endogene o esogene, obbediscono a dinamiche che lasciano un certo margine all’iniziativa personale o collettiva oppure avvengono in maniera spontanea, non prevedibile”.

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Krísis

Stephen Kern, Il tempo e lo spazio: La percezione del mondo tra Otto e Novecento (1983): “Nessuna epoca può tollerare una crisi continua. […] Le crisi della generazione alla fine del secolo [diciannovesimo] facevano parte anche di un processo essenzialmente costruttivo, dato che i più audaci innovatori usavano il grimaldello nell’armatura delle forme tradizionali per sgombrare la strada a tutta la ricostruzione a venire”.

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Krísis

Jakob Burckhardt, Sullo studio della storia (1905), secondo il quale le crisi, se “autentiche”, possono risvegliare “grandi enrgie spirituali”, anche in arte: “A lode delle crisi, bisogna prima di tutto dire: la passione genera grandi cose, diciamo meglio: la vera passione, che vuole essere qualcosa di nuovo e non solo il rovesciamento del vecchio. Energie insospettate si risvegliano negli individui, nelle masse, e perfino il cielo ha un altro colore. Chi è qualcosa che può farsi valere, perché le barriere sono state o vengono infrante. Le crisi […] sono da considerare come autentici segni di vitalità, e nella crisi bisogna vedere un ausilio fornito dalla natura e simile ad una febbre [che] liquida pseudo organismi che non hanno mai avuto un diritto all’esistenza […] e porta alla ribalta individui pieni di fresca energia”.

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Krísis

Reinhart Koselleck, Crisi: “A partire dalla Rivoluzione francese il concetto di crisi diventa in seguito la chiave interpretativa centrale tanto per la storia politica quanto per la storia sociale. Lo stesso vale per la lunga rivoluzione industriale, accompagnata e influenzata da una teoria scientificamente differenziata della crisi e della congiuntura”.

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Krísis

François Dosse, Renaissance de l’événement (2010): “Ovunque si assiste al ‘ritorno’ dell’avvenimento. […] Le nozioni di struttura, di invariante, di lunga durata, di storia immobile sono state rimpiazzate dalle nozioni di caos organizzatore, di frattale, di teoria delle catastrofi, di emergenza, di mutazione, di rottura… Questa oscillazione non riguarda soltanto la disciplina della storia, ma si estende all’intero insieme delle scienze umane e attesta una rinnovata sensibilità e attenzione per ciò che succede di nuovo”.

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Krísis

Alcune “rivoluzioni” tra Otto e Novecento: Ambito politico-sociale

–1896-1908: Seconda rivoluzione industriale–1914-18: Grande guerra–1917: Rivoluzione d’Ottobre

Scienza e filosofia:–1899: Freud pubblica L’interpretazione dei sogni–1905: Einstein formula la teoria della relatività ristretta (a cui seguirà, nel 1916, la teoria della relatività generale)–1903-1911: Planck sviluppa la teoria dei quanti–1900-01: Husserl pubblica le Ricerche logiche (e nel 1913 le Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica)

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Krísis Campo della tecnica e delle invenzioni tecnologiche:

–Tra fine 800 e primi anni del 900, Marconi inventa la radio, e in generale si sviluppano le telecomunicazioni (telegrafo, telefono ecc.)–Negli stessi anni, i fratelli Lumière inventano il cinema;–Grande sviluppo dei trasporti: auto, aereo, grandi transatlantici ecc.

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Krísis

Stephen Kern, Il tempo e lo spazio: La percezione del mondo tra Otto e Novecento: “Nel periodo che va dal 1880 allo scoppio della prima guerra mondiale una serie di radicali cambiamenti nella tecnologia e nella cultura creò nuovi, caratteristici modi di pensare e di esperire lo spazio e il tempo. Innovazioni tecnologiche che comprendono il telefono, la radiotelegrafia, i raggi X, il cinema, la bicicletta, l’automobile e l’aeroplano posero il fondamento materiale per questo nuovo orientamento; sviluppi culturali indipendenti quali il romanzo del ‘flusso di coscienza’, la psicoanalisi, il cubismo e la teoria della relatività plasmarono direttamente la coscienza: il risultato fu una trasformazione delle dimensioni della vita e del pensiero”.

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Krísis

Mario Lavagetto, Svevo e la crisi del romanzo europeo (2000): “Il secolo [...] nasce in modo fortemente traumatico, grazie a una cesura radicale dopo la quale “niente sarà più come prima” e i confini del possibile e dell’impossibile risulteranno drasticamente modificati. È come se lungo un arco molto ampio – che va dalla musica alla filosofia, dalla fisica al romanzo – fossero stati predisposti dei detonatori che, in rapida sequenza, innescheranno formidabili esplosioni destinate a rivoluzionare i presupposti, i riferimenti e le condizioni stesse di lavoro; a trasformare il modo in cui i singoli pensano se stessi e il mondo che li circonda” (251).

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Krísis

Erich Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale (1946): “I cambiamenti veloci produssero una confusione tanto maggiore, in quanto non era possibile abbracciarli nel loro insieme; essi si manifestarono contemporaneamente in molte singole sfere della scienza, della tecnica e dell’economia, cosicché nessuno, neanche coloro che ne erano a capo, poterono prevedere e giudicare le situazioni nuove che ne risultarono. […] dappertutto nel mondo sorsero crisi di adattamento, si accumularono e si fecero minacciose, condussero a quegli sconvolgimenti che non abbiamo ancora superato”.

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Krísis

Virginia Woolf, Bennett and Mrs Brown (1924): individua una “frattura generazionale” tra i romanzieri della sua generazione (georgiani) e quelli della generazione precedente (edoardiani): “Nel o intorno al dicembre 1910 la natura umana è cambiata […] Tutte le relazioni umane sono mutate – quelle tra padroni e servi, mariti e mogli, genitori e figli. E quando le relazioni umane cambiano, c’è un contemporaneo cambiamento nella religione, nel comportamento, nella politica, e nella letteratura. […] E così si è iniziato a fracassare e a distruggere. È ciò che sentiamo tutto intorno a noi, nelle poesie e nei romanzi e nelle biografie, perfino negli articoli di giornale e nei saggi, il rumore di rottura e di crolli, di rovina e distruzione. […] I segni di tutto questo sono evidenti ovunque. La grammatica è violata; la sintassi disintegrata […]”.