costruzione di un modello di sistema solare in...

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1 COSTRUZIONE DI UN MODELLO DI SISTEMA SOLARE IN SCALA Questo percorso è stato costruito a partire da un’esperienza, proposta ai bambini del secondo ciclo delle elementari ed ai ragazzini delle medie, dalla prof. A. Turricchia dell’Aula didattica del Planetario del comune di Bologna. Adattandolo ad un’utenza di ragazzi più grandi si è potuto renderlo più complesso dal punto di vista sia matematico che formale, arricchendolo di tutta una serie di argomenti collaterali che lo rendono funzionale allo svolgimento del programma di fisica della classe prima di un ITIS, senza perdere la forte impressione finale che danno questi “pianeti”, spesso più piccoli di uno spillo, spersi in un’immensità di vuoto. La prima capacità che si chiede di acquisire ai nostri studenti è quella di saper eseguire correttamente una misura, sia diretta che indiretta, e fornirne il risultato in maniera completa con il numero corretto di cifre significative, il che, nel caso di misure indirette, comporta l’utilizzo della propagazione dell’errore. Normalmente la prima misura che viene proposta ai ragazzi in laboratorio è una misura (diretta) di lunghezza, di solito seguita da alcuni esempi di misure indirette, di lunghezza, superficie, volume e densità. La misura, diretta ed indiretta, di una lunghezza nel prato della scuola rientra in pieno in questa logica. Fra gli altri argomenti iniziali del programma c’è un congruo ripasso sulla lettura e produzione di grafici; il concetto di fattore di scala dovrebbe essere fra i prerequisiti ed è stato ampiamente trattato nella scuola media, ma non sempre è il caso di darlo per assodato. Il concetto di modello, invece, è caratteristico della fisica e viene progressivamente sviluppato nei due anni del corso; per chiarirlo può essere utile far vedere ai ragazzi come la medesima realtà sia stata interpretata in maniere diverse nel corso della storia, secondo un percorso che non necessariamente è di evoluzione lineare verso la “verità”. La storia dell’astronomia, sia pure in pillole, si presta anche a tutta una serie di divagazioni di carattere locale (la nostra scuola è in via G.D.Cassini, per esempio) e di connessioni con la storia generale, in modo da poter contestualizzare la scienza, che forzatamente presentiamo nei nostri programmi come un’entità avulsa da riferimenti politici, sociali o solo culturali in senso lato. Nel corso della prima gli studenti devono imparare a comunicare correttamente con un discreto linguaggio tecnico e cominciano ad elaborare una relazione di ciascuna esperienza, secondo il classico schema: titolo, scopo, materiali, strumenti, montaggio, dati, elaborazione, conclusioni. Naturalmente non tutti entrano subito in questa logica, che anzi, per lo più, rimane loro ostica per un certo periodo; quello che viene qui presentato come risultato del loro lavoro è il collage delle parti migliori di ogni singola relazione (a parte un caso) e quindi complessivamente migliore di ciascuna di esse. Questa specie di relazione collettiva è stata distribuita ai ragazzi insieme alle relazioni corrette (e commentate singolarmente) e discussa analiticamente per mostrare agli studenti ciò che ci si aspetta da loro e ciò che sono comunque in grado di fare. La classe scelta, la 1 a C, aveva ampiamente trattato la parte di astronomia del programma di scienze; l’insegnante, prof.F.Rambelli, li ha accompagnati ad una lezione al planetario e, in occasione di quell’uscita, i ragazzi hanno anche visitato la grande meridiana che Cassini ha tracciato nel pavimento della chiesa di S.Petronio. Come conclusione del percorso, invece, sono stati accompagnati all’Osservatorio astronomico di S. Giovanni in Persiceto. Dunque la prima prova è stata una misura diretta: si trattava di sapere quanto spazio avessimo a disposizione nel prato, in modo da poter impostare poi la proporzione. Il tempo a disposizione è stato quello di una normale prova di laboratorio, cioè due ore; a questo punto del programma ormai era stata svolta quasi tutta la parte di teoria della misura.

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COSTRUZIONE DI UN MODELLO DI SISTEMA SOLARE IN SCALA

Questo percorso è stato costruito a partire da un’esperienza, proposta ai bambini del secondo ciclo delle elementari ed ai ragazzini delle medie, dalla prof. A. Turricchia dell’Aula didattica del Planetario del comune di Bologna. Adattandolo ad un’utenza di ragazzi più grandi si è potuto renderlo più complesso dal punto di vista sia matematico che formale, arricchendolo di tutta una serie di argomenti collaterali che lo rendono funzionale allo svolgimento del programma di fisica della classe prima di un ITIS, senza perdere la forte impressione finale che danno questi “pianeti”, spesso più piccoli di uno spillo, spersi in un’immensità di vuoto. La prima capacità che si chiede di acquisire ai nostri studenti è quella di saper eseguire correttamente una misura, sia diretta che indiretta, e fornirne il risultato in maniera completa con il numero corretto di cifre significative, il che, nel caso di misure indirette, comporta l’utilizzo della propagazione dell’errore. Normalmente la prima misura che viene proposta ai ragazzi in laboratorio è una misura (diretta) di lunghezza, di solito seguita da alcuni esempi di misure indirette, di lunghezza, superficie, volume e densità. La misura, diretta ed indiretta, di una lunghezza nel prato della scuola rientra in pieno in questa logica. Fra gli altri argomenti iniziali del programma c’è un congruo ripasso sulla lettura e produzione di grafici; il concetto di fattore di scala dovrebbe essere fra i prerequisiti ed è stato ampiamente trattato nella scuola media, ma non sempre è il caso di darlo per assodato. Il concetto di modello, invece, è caratteristico della fisica e viene progressivamente sviluppato nei due anni del corso; per chiarirlo può essere utile far vedere ai ragazzi come la medesima realtà sia stata interpretata in maniere diverse nel corso della storia, secondo un percorso che non necessariamente è di evoluzione lineare verso la “verità”. La storia dell’astronomia, sia pure in pillole, si presta anche a tutta una serie di divagazioni di carattere locale (la nostra scuola è in via G.D.Cassini, per esempio) e di connessioni con la storia generale, in modo da poter contestualizzare la scienza, che forzatamente presentiamo nei nostri programmi come un’entità avulsa da riferimenti politici, sociali o solo culturali in senso lato. Nel corso della prima gli studenti devono imparare a comunicare correttamente con un discreto linguaggio tecnico e cominciano ad elaborare una relazione di ciascuna esperienza, secondo il classico schema: titolo, scopo, materiali, strumenti, montaggio, dati, elaborazione, conclusioni. Naturalmente non tutti entrano subito in questa logica, che anzi, per lo più, rimane loro ostica per un certo periodo; quello che viene qui presentato come risultato del loro lavoro è il collage delle parti migliori di ogni singola relazione (a parte un caso) e quindi complessivamente migliore di ciascuna di esse. Questa specie di relazione collettiva è stata distribuita ai ragazzi insieme alle relazioni corrette (e commentate singolarmente) e discussa analiticamente per mostrare agli studenti ciò che ci si aspetta da loro e ciò che sono comunque in grado di fare. La classe scelta, la 1aC, aveva ampiamente trattato la parte di astronomia del programma di scienze; l’insegnante, prof.F.Rambelli, li ha accompagnati ad una lezione al planetario e, in occasione di quell’uscita, i ragazzi hanno anche visitato la grande meridiana che Cassini ha tracciato nel pavimento della chiesa di S.Petronio. Come conclusione del percorso, invece, sono stati accompagnati all’Osservatorio astronomico di S. Giovanni in Persiceto. Dunque la prima prova è stata una misura diretta: si trattava di sapere quanto spazio avessimo a disposizione nel prato, in modo da poter impostare poi la proporzione. Il tempo a disposizione è stato quello di una normale prova di laboratorio, cioè due ore; a questo punto del programma ormai era stata svolta quasi tutta la parte di teoria della misura.

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MISURA DIRETTA DEL PRATO DELLA SCUOLA Scopo: misurare la lunghezza del giardino della scuola, partendo dall’albero vicino al blocco delle aule fino alla recinzione dalla parte opposta, dopo il blocco dei laboratori B2, seguendo una linea retta. Strumento: cordella metrica, portata 20,00 m sensibilità 0,01 m incertezza usata 0,02m Procedimento: Come strumento abbiamo usato la cordella metrica, che riportiamo fino ad ottenere la misura del prato. Abbiamo usato il cacciavite per tenere il segno. – allineare lo zero della cordella con il punto d’inizio, su una radice dell’albero, − stendere la cordella per tutta la sua lunghezza cercando di proseguire in linea retta, tenendo un

albero al di là del recinto come punto di riferimento; – ripetere l’operazione fino ad arrivare alla recinzione; – contare il numero di volte e sommare le misure; – calcolare l’errore. L’incertezza è di 0,02 m perché la cordella poteva essere più o meno tesa ed il cacciavite ha un certo spessore, quindi l’errore rispetto alla sensibilità aumenta. Dati: 13 volte 20,00 m la 14a invece 6,75 m Calcoli: D = 13 × 20 + 6,75 = 266,75 m Propagazione dell’errore: ∆D = 0,02 × 14 = 0,28 m Conclusioni: il giardino misura (266,8 ± 0,3) m.

MISURA INDIRETTA DI LUNGHEZZA NEL PRATO DELLA SCUOLA La seconda esperienza di laboratorio ha fatto eseguire ai ragazzi un’altra misura, sempre di lunghezza, ma in modo indiretto, affinché potessero apprezzare la differenza tra i due metodi, la precisione del secondo e la sua praticità nel fornirci informazioni sulla distanza di oggetti inaccessibili, non solo di corpi celesti. A questo scopo la classe è stata divisa in due gruppi: il primo doveva testare il metodo e trovarne la precisione, il secondo applicarlo concretamente ad un oggetto “irraggiungibile”, non perché particolarmente lontano, ma perché situato al di là della rete di recinzione. La prova si è svolta nei tempi normali di un laboratorio, anche se ha richiesto molto tempo la successiva discussione delle relazioni. Da qui il discorso si è allargato alla potenza dei metodi di misura indiretti, che ci permettono di conoscere non solo le dimensioni del sistema solare, ma la distanza delle stelle, la dimensione della nostra galassia, quelle del gruppo locale e così via, in un concatenarsi di metodi di misura via via più complessi. I ragazzi erano già in possesso di parecchie di queste nozioni, per esempio il red shift, apprese nel programma di scienze.Non sono stati discussi due punti abbastanza delicati relativi alla precisione della misura. Il primo è la critica del goniometro usato, in particolare della centralità del perno, dell0’allineamento del traguardo, della sensibilità della scala. Il secondo è vedere se, e come, vari la precisione al crescere della distanza da misurare, poiché non possiamo arrivarci dalla propagazione dell’errore con ragazzi che ignorano la trigonometria. In tutto sono state dedicate all’argomento quattro ore (due laboratori). Quello che segue è il collage delle parti migliori delle singole relazioni, che è servito per la correzione collettiva e la discussione in classe.

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GRUPPO 1 SCOPO: misurare una distanza tramite la triangolazione e confrontarla con la misura diretta della stessa distanza, per vedere anche se è precisa come la misura diretta. La triangolazione consiste nel misurare distanze inaccessibili (a causa di ostacoli naturali), o troppo grandi, con l’ausilio di triangoli rettangoli immaginari. Per usarla bisogna conoscere almeno due angoli ed un lato del triangolo. Esempio: mi trovo nel punto B e devo misurare quanto dista il punto C. Mi sposto da B perpendicolarmente al segmento BC fino al punto A. Lo spostamento da B ad A deve essere tale per cui il goniometro che misura l’angolo A si muova maggiormente della propria sensibilità. Dopodichè misuro l’angolo A ed il segmento AB, si riportano i dati in scala sul foglio di carta millimetrata e, visto che due triangoli si dicono simili se l’ampiezza dei loro angoli è uguale e i lati sono in proporzione fra loro, se ne ricava la lunghezza del lato desiderato misurandolo e considerando le scale. La classe si è divisa in due; il gruppo uno ha messo a confronto la misura diretta e quella indiretta nel prato e ne ha ricavato l’errore percentuale. La percentuale, che ricaveremo dall’operazione D2/D1×100, servirà poi nella misurazione delle distanze inaccessibili e verrà usata dal secondo gruppo per dare l’errore alla loro misura. MATERIALI: biffa, cioè asta non graduata che serve per segnare un punto qualsiasi, “paletto di riferimento”; un cacciavite con cui segnare la misura ogni volta che la cordella viene stesa completamente, nel nostro caso ogni 20 metri. STRUMENTI: cordella metrica, portata 20,00 m, sensibilità 0,01 m, incertezza usata 0,02 m perché tirando o non posizionando bene la cordella metrica ci si poteva sbagliare; goniometro, portata 180°, sensibilità 1°, incertezza usata 0,5° perché la distanza tra due tacche è tale da permettere di apprezzare il mezzo grado come errore.

PROCEDIMENTO: nel campo di pallacanestro ci sono già due rette a 90°, quelle che delimitano i bordi: il loro incrocio è il punto A; mettere il paletto di riferimento lontano nel prato, nel punto deciso, cioè alla distanza che si vuole misurare e che per noi rappresenta il punto C del triangolo da costruire; mettere il goniometro nel punto A e posizionare una lancetta lungo il cateto minore (il lato piccolo del campo da basket) e l’altra verso il punto dove abbiamo posizionato la biffa; misurare l’angolo assicurandosi che sia di 90°; andare all’altra estremità della linea di fondo del campo nel punto B e misurare col goniometro l’angolo ABC; misurare la lunghezza del cateto piccolo, cioè del segmento AB (lato corto del campo da basket). Tre ragazzi del gruppo hanno misurato direttamente la lunghezza del cateto maggiore AC. Riportiamo i dati su un foglio di carta millimetrata e confrontiamo la distanza

ottenuta e quella reale.

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DATI: angolo α=(90,0 ±0,5)° angolo β=(83,0±0,5)° segmento AB=(14,10±0,02) m segmento AC=(119,7±0,1) m (propagazione dell’errore) ELABORAZIONE: dal disegno viene il segmento AB = 3,5 cm in proporzione; la distanza AC = 27,5 cm in proporzione 3,5:14,10 = 27,5:D2 da cui D2 = 111 m distanza diretta D1 = 119,7 m distanza indiretta D2 = 111 m D2/D1×100 = 93 Il metodo è preciso al 93%, le misure saranno errate del 7% CONCLUSIONI: D2 è 111m e l’errore percentuale commesso dal primo gruppo durante la triangolazione è il 7%. GRUPPO 2 SCOPO: misureremo in modo indiretto la distanza che va dalla linea del campo da pallacanestro ad un oggetto al di fuori del giardino della scuola, servendoci della triangolazione. Abbiamo scelto il comignolo di una casa (punto inaccessibile) in modo tale che l’angolo α sia di 90°, quindi in direzione del lato AC. MATERIALI: nessuno STRUMENTI: gli stessi del gruppo 1 PROCEDIMENTO: analogo a quello del gruppo uno. Partendo dall’angolo α all’incrocio delle righe del campo, cercare un oggetto che gli sia di fronte, in modo tale che l’ampiezza dell’angolo sia di 90°. Usando il goniometro, puntare le due “lancette” una verso il comignolo e l’altra verso l’angolo opposto a quello da dove misuriamo; spostarsi lungo la linea di fallo laterale del campo (misurandola con la cordella metrica) che è il lato che unisce l’angolo α all’angolo β; arrivati all’intersezione con la linea di fondo abbiamo misurato l’angolo β che si forma tra la linea del campo e la linea immaginaria che lo congiunge al comignolo; disegnare in scala su un foglio di carta millimetrata il triangolo ottenuto, ne misuriamo il lato e così facendo si calcola la distanza tra il campo di pallacanestro e il comignolo. Infine correggere secondo la tolleranza che ci ha dato il gruppo 1.

DATI: angolo α =(90,0±0,5)° angolo β=(66,5±0,5)° segmento AB=(26,10±0,02) m

ELABORAZIONE: lato AC = 14,7 cm (scala 1:400) dunque AC=14,7 cm ×400 = 58,8 m

CONCLUSIONI: il cateto AC è lungo 58,8 m. Il primo gruppo ha ricavato l’errore percentuale e quindi noi possiamo scrivere 58,8 m ± 7 % cioè (59±4)m.

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Prima di poter riprodurre il sistema solare in scala, sono state dedicate due ore di teoria alla discussione schematica della storia dei metodi di misura delle dimensioni del sistema, dagli antichi greci al settecento. Tutti i metodi sono concettualmente alla portata dei ragazzi, anche se non sempre sono state loro chiare le connessioni storiche e logiche fra i diversi periodi ed i successivi scienziati. Cronologicamente questo lavoro si è collocato tra la misura indiretta di lunghezza e la sua correzione, il che spiega l’inversione fra i metodi di misura su grandi scale, di cui abbiamo parlato prima, e quelli che seguono. Come prima, ecco il collage delle parti migliori delle relazioni che hanno prodotto i ragazzi, anche se in questo caso viene testata quasi esclusivamente la loro abilità nel prendere appunti. Come sopra, questa rielaborazione degli insegnanti è stata distribuita ai ragazzi insieme ai singoli elaborati corretti.

QUANTO E’ GRANDE IL SISTEMA SOLARE?

All’inizio dell’anno scolastico abbiamo approfondito l’argomento della misura diretta di lunghezza e di quella indiretta. Perciò, dopo aver fatto alcuni esempi in merito, si è arrivati alla conclusione che nella misura diretta si fa il confronto fra l’unità di misura e la grandezza da misurare, quindi l’unità di misura è omogenea alla grandezza da misurare, mentre in quella indiretta sono diverse. Le misure dirette di lunghezza sono fattibili fino ai 100 km, dopo di questi si deve ricorrere alla misura indiretta, che si può utilizzare anche per distanze inaccessibili. Prima di occuparci della costruzione del sistema solare in scala, studiamo la storia della misura delle distanze tra i corpi del sistema compiute dai nostri predecessori. Un famoso matematico, astronomo, geografo greco fu ERATOSTENE (272-192 a.C.) che sostenne l’ipotesi della sfericità della Terra e calcolò, con notevole approssimazione, la lunghezza del meridiano terrestre. Nato a Cirene, dopo aver vissuto a lungo ad Atene, fu chiamato ad Alessandria d’Egitto, importante centro culturale dell’epoca e sede della famosa Biblioteca. Egli sapeva che a Siene, nell’alto Egitto, il sole veniva riflesso nei pozzi il 21 giugno, giorno del solstizio d’Estate, quando si trova sul tropico del cancro. Quel giorno un bastone verticale, o gnomone, non avrebbe fatto alcuna ombra perché il sole si trovava sullo zenit di Siene. Quindi misurò l’angolo che faceva l’ombra con un bastone verticale ad Alessandria, trovando 1\50 di 360°. Il prolungamento dei bastoni si incontra in un punto che è il centro della Terra. Utilizzando la geometria (rette parallele tagliate da una trasversale) riconobbe che α=β=1\50 di 360, per cui bastava moltiplicare la distanza Alessandria – Siene per 50 per ottenere la circonferenza. Ottenne così 250 000 stadi (lo “stadio” era la misura standard) pari a 39 690 km, preciso entro poche centinaia di chilometri. ARISTARCO (intorno al 280 a.C.) misurò il rapporto tra la distanza Terra-Luna e quella Terra-Sole; decise di sfruttare l’inclinazione dei raggi solari quando sulla Luna arrivano a 90° (cioè alla

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quadratura, quando è illuminata a metà). Misurò l’angolo delimitato dal segmento che andava dal circolo di illuminazione della Luna alla Terra e dalla Terra al Sole, trovando 87°, cioè che il Sole era 20 volte più lontano della Terra. Il metodo è in linea di principio esatto, ma per ottenere dei risultati veramente corretti occorre eseguire delle misure particolarmente precise poiché l’angolo α è molto vicino ad un angolo retto. Per tale motivo il valore trovato da Aristarco è assai diverso da quello odierno. Aristarco scrisse un libro “Sulle dimensioni e la distanza del Sole e della Luna”, dove descrive i metodi usati, che sono gli stessi adottati da Ipparco. IPPARCO di Nicea, matematico ed astronomo vissuto intorno al 130 a.C. La distanza Terra-Luna è, secondo le sue misure, 60 volte il raggio della Terra, quindi il raggio della Luna è 0,273 volte quello della Terra, un risultato veramente buono. Invece la distanza Terra-Sole non riuscì a calcolarla. I problemi per misurare questa distanza sono due: il fatto che non si pensasse che potessero esistere distanze così grandi e che un angolo venisse così vicino all’angolo retto e perciò difficile da misurare. L’astronomo alessandrino del II sec. Claudio TOLOMEO trovò i metodi geometrici per calcolare come si spostano in cielo il Sole, la Luna, i pianeti. Secondo lui i pianeti girano facendo un cerchio il cui centro gira su un’orbita circolare. Tutto il sistema ha come centro la Terra.La teoria tolemaica fu accettata fino al XVI sec., quando fu messa in crisi da quella copernicana.

Nel medioevo la scienza fu in calo e non ci furono nuove misurazioni. Vediamo che DANTE crede ancora che la Terra sia al centro dell’universo, che sia piatta, con un “imbuto” immaginario, che è l’inferno, che scende nel centro. Pensava che l’universo avesse la forma di una cipolla; negli strati di cristallo di questa immaginaria cipolla ruotano delle specie di biglie, nelle quali sono incastonati, come diamanti, i pianeti. Tutto attorno ci sono le

stelle. Nulla si crea nelle sfe re, ma solo nel cielo che è compreso fra la Terra ed il primo involucro di cristallo (quello della Luna). Da qui nacque il problema dell’altezza delle comete. Si cercò dunque di misurarne l’altezza con la parallasse (XVI sec), osservandola da due punti della superficie terrestre, ma non funzionò, per cui le comete risultano essere troppo alte e viaggiano attraverso le bucce di cristallo. Ciò è impossibile, perciò cade il sistema.

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Nel XVI sec. l’astronomo polacco Niccolò COPERNICO (1473-1543) rivoluzionò l’astronomia formulando quella che viene definita la teoria eliocentrica o copernicana, ripresa successivamente da Galileo e da Keplero. Copernico sosteneva, infatti, che il Sole fosse immobile al centro dell’universo e tutti i pianeti, fra cui la Terra stessa, gli ruotassero attorno su orbite circolari. I pianeti, inoltre, girando su se stessi, danno origine al giorno ed alla notte. L’ipotesi eliocentrica segnò l’abbandono della cosmologia tolemaica Più tardi Giovanni KEPLERO (1571 – 1630) formulò le tre leggi che regolano il moto dei pianeti. Infatti, studiando il movimento di Marte, scoprì che le orbite dei pianeti non sono circolari, bensì ellittiche ed il Sole occupa uno dei fuochi (prima legge), mentre i pianeti non si muovono a velocità costante, ma in prossimità del Sole si spostano più velocemente, come enunciato dalla seconda legge: il raggio vettore che congiunge un pianeta al Sole spazza aree uguali in tempi uguali. Dunque la velocità è massima quando il pianeta è al perielio, minima quando è all’afelio. La Terra si trova al perielio il 3 gennaio, durante il periodo invernale il nostro pianeta si muove più velocemente lungo la propria orbita, il che spiega la diversa durata delle stagioni. La terza legge mette in relazione il tempo di rivoluzione di ciascun pianeta con la sua distanza dal Sole: i quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite. Queste leggi aiutarono molto NEWTON (1642-1727) nella scoperta della legge di gravitazione universale, insieme con le scoperte di GALILEO (1564-1641) che, grazie al perfezionamento del cannocchiale, scoprì che la Luna non è liscia e rotonda come una sfera di cristallo, bensì con montagne altissime e crateri immensi, che Giove ha quattro satelliti, che Venere presenta delle fasi e quindi ruota attorno al Sole; Galileo era, naturalmente, un copernicano convinto. Newton concepì la cosiddetta legge di gravitazione universale, secondo cui due corpi di massa m1 e m2 si attraggono con una forza direttamente proporzionale alla moltiplicazione delle masse stesse ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza F = G m1m2/d2. Da questa legge si possono ricavare le tre di Keplero. In base a questa legge Newton affermò anche che la forma della Terra è quella di una sfera schiacciata ai poli e più larga all’equatore (geoide). Alcuni scienziati francesi, non convinti, dichiararono l’opposto. Giandomenico CASSINI (1625 – 1712), italiano, ma direttore dell’osservatorio di Parigi, aveva insegnato all’Università di Bologna e costruito la grande meridiana in S.Petronio; scoprì la rotazione di alcuni pianeti attorno al proprio asse, quattro satelliti di Saturno e la discontinuità degli anelli che porta il suo nome. Progettò e contribuì alla misura del meridiano di Parigi sul suolo francese, completata poi dal figlio, che disegnò anche la carta geografica della Francia; confrontando i dati con altre misure di altri meridiani si dovette poi, per quanto riguarda la forma della Terra, dare ragione agli inglesi. Cassini triangolò la distanza Terra – Venere, usando come punti di riferimento sulla superficie terrestre Parigi e la Cayenna. Questo permise di dare tutte le grandezze del sistema solare fino a Saturno. Grazie a questi studiosi ora siamo in grado di misurare qualsiasi distanza nel sistema solare, quindi di portarla in proporzione e rappresentarla su una cartina. Noi abbiamo cercato di costruire, naturalmente in proporzione, il sistema solare nel prato della nostra scuola.

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Prima di realizzare il modello abbiamo fatto calcolare ai ragazzi le distanze e i diametri in scala a partire dai dati reali, costruendo le tre tabelle che seguono. Non ci aspettavamo di impiegarci più di una mezz'oretta, ma le nostre ottimistiche previsioni si sono scontrate con un’insufficiente comprensione del concetto di fattore di scala, la difficoltà che alcuni alunni hanno nell’uso delle potenze del 10, persino l’incapacità di impostare una proporzione. Non pensiamo che le due ore impiegate per risolvere questa difficoltà siano state tempo perso; dal momento che sono tutti prerequisiti indispensabili nello svolgimento del “normale” programma, le abbiamo messe in conto recupero in itinere ed assegnato esercizi a casa sull’argomento. Per l’effettiva realizzazione del modello basta un’ora, anche se per far vedere ai ragazzi le tre successive situazioni sarebbe meglio avere un po’ più di tempo. Noi abbiamo cominciato con un Sole piuttosto grande, di 230 cm di diametro, in modo da sfruttare tutto lo spazio per vedere l’orbita della Terra. In realtà, dopo aver visto le minuscole biglie che si portano via gli incaricati di sistemare i “pianeti”, si fa fatica a vedere il ragazzo ne tiene una in mano; nella foto si vede lo spigolo del “Sole” ed il gruppetto che ha sistemato un birillo nella posizione di Mercurio. La Terra e la Luna andranno a finire in fondo al prato, sotto l’albero che s’intravede nello sfondo. La descrizione del lavoro, questa volta, è opera di un singolo autore (ovviamente uno degli alunni migliori), che, per la cronaca, era responsabile di “Venere”. Le altre foto mostrano le biglie e palline collezionate per riprodurre i pianeti e la realizzazione del “Sole”.

SISTEMA ENTRO L’ORBITA DELLA TERRA

Distanza vera dal Sole (× 1012 m)

Raggio vero (× 106 m)

250 m sono la distanza tra

Distanza dal Sole in scala

(m)

Diametro in scala (mm)

Sole 0 Mercurio

0,058

Venere 0,108

Terra

0,150

Luna (dalla Terra, × 108 m) 3,84

696

2,43

6,08

6,38

1,74

Sole e Terra Sole e Terra Sole e Terra Sole e Terra Sole e Terra

0

97

180

250

0,64 (dalla Terra)

2320

8

20

21 6

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SISTEMA SOLARE IN SCALA (Fabio) SCOPO: dopo aver misurato il prato, decidiamo di utilizzare250 m (1/4 di km) per riprodurre il sistema solare fino alla Terra. Sia le distanze che le dimensioni dei pianeti saranno in proporzione secondo un rapporto 250 : distanza Terra-Sole = x : y La distanza Terra –Sole è di 1,496 × 1011 m, x e y cambieranno di volta in volta. Quando y sarà sostituita col raggio del Sole (696 × 106 m) x corrisponderà al raggio solare in proporzione. Y sarà sostituita con: distanza Sole-Mercurio (0,0579 × 1012 m), raggio di Mercurio (2,433 × 106 m), distanza Sole-Venere (0,108 × 1012 m), raggio di Venere (6,08 × 106 m), raggio della Terra (6,38 × 106 m), raggio della Luna (1,74 × 106 m), distanza Terra-Luna (3,84 × 108 m). Così facendo otterremo tutte le misure in proporzione del nostro piccolo sistema. MATERIALI: coni o birilli, biglie, spago, scotch, ventosa, nastro adesivo. STRUMENTI: cordella metrica, portata 20,00 m sensibilità 0,01 m, incertezza usata 1m calibro, portata 140,00 mm, sensibilità 0,05 mm, incertezza usata 1mm PROCEDIMENTO:

1) risolvere le proporzioni per ottenere le varie dimensioni dei pianeti, del Sole e della Luna; 2) scegliere le biglie delle giuste dimensioni pianeta per pianeta; utilizzare il calibro per

l’operazione. Per il raggio del Sole bisogna tagliare lo spago della lunghezza che risulta dalle proporzioni;

3) disegnare il sole sul camioncino: a- attaccare al centro del furgoncino la ventosa; b- legare un’estremità dello spago a essa e tenere in tensione; c- in corrispondenza dell’estremità del filo non attaccata alla ventosa attaccare un pezzo di nastro per carrozzai; d- ripetere l’operazione fino ad ottenere una sorta di cerchio;

4) andare a posizionare il “Sole” all’estremità del giardino; 5) posizionare le biglie che rappresentano i pianeti alle distanze che risultano dalle proporzioni; 6) i”pianeti”, cioè le biglie, possono essere tenute in mano da un ragazzo o appoggiate sui coni,

fissandole per mezzo di scotch o nastro biadesivo.

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SISTEMA SOLARE VISIBILE

Il secondo modello comprendeva il sistema solare visibile: il “Sole” si era ridotto a 24 cm di diametro, come si vede dalla foto, ed ora l’albero segna la posizione di Saturno. Nella seconda foto si vedono “Mercurio”, “Venere”, “Terra”e “Marte” nelle loro posizioni, mentre si stanno aspettando “Giove” e “Saturno” che si allontanano sullo sfondo. Nella terza, come prima, i nostri “pianeti”.

Distanza vera dal sole (× 1012 m)

Raggio vero (× 106 m)

250 m sono la distanza tra

Distanza dal Sole in scala

(m)

Diametro in scala (mm)

Sole 0 Mercurio

0,058

Venere 0,108

Terra

0,150

Luna (dalla Terra, × 108 m) 3,84 Marte

0,228

Giove 0,778

Saturno

1,429

696

2,43

6,08

6,38

1,74

3,39

71,4

60,4

Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno Sole e Saturno

0

10,2

18,9

26,4

0,07 (dalla Terra)

39,9

136,1

250,0

244

0,9

2,1

2,2

0,6

1,2

25,0

21,1

14

15

SISTEMA SOLARE COMPLETO

Distanza vera dal sole (× 1012 m)

Raggio vero (× 106 m)

250 m sono la distanza tra

Distanza dal Sole in scala

(m)

Diametro in scala (mm)

Sole 0 Mercurio

0,058

Venere 0,108

Terra

0,150

Luna (dalla Terra, × 108 m) 3,84 Marte

0,228

Giove 0,778

Saturno

1,429

Urano 2,875

Nettuno

4,504

Plutone 5,91

696

2,43

6,08

6,38

1,74

3,39

71,4

60,4

25,6

22,7

1,10

Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone Sole e Plutone

0

2,5

4,6

6,3

0,016 (dalla Terra)

9,6

32,9

60,5

121,6

190,5

250,0

60

0,2

0,5

0,5

0,1

0,3

6,0

5,1

2,2

1,9

0,1

16

L’ultimo passaggio è stato quello di realizzare il sistema completo. Il “Sole” si era ridotto ad un diametro di 6 cm, in fondo al prato va a finire “Plutone”. Nella foto si vede il “Sole”(in mano ad una ragazza che è di spalle), “Mercurio”, “Venere”, “Terra” e “Marte”, mentre i ragazzi più lontani stanno misurando per andare a sistemare “Giove”. I pianeti interni, in questa scala, sono così piccoli da essere di diametro inferiore a quello di uno spillo (infatti “Mercurio” si è punto…), ed è con questi che sono stati riprodotti, come si vede nella seconda foto. Per concludere abbiamo tentato di visualizzare l’enorme vuoto che ci separa dalle stelle, sia pure le più vicine: se Proxima fosse sempre sotto il solito albero, l’intero sistema si ridurrebbe alle dimensioni del tappo di un barattolino da pellicola.

a.s.2001-2002 ITIS “O. BELLUZZI” BOLOGNA CLASSE 1aC prof. E. BAIADA M. BALDAZZI