concesio 100 anni di assistenza pubblica

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Concesio 100 anni di assistenza pubblica

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CONCESIO100 anni di

Assistenza pubblica

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CONCESIO100 anni di

Assistenza pubblica

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„RSA DI CONCESIO‰Assistenza e Solidarietà dal 1907

Un secolo di assistenza pubblica a Concesio,oltre un secolo di servizi alla prima infanzia ed agli anziani.

Un commosso ringraziamento a Teresa Antonelli, illuminata dauno smisurato amore per l'umanità, che ha dedicato tutta una vita

al servizio dei più bisognosi: bambini ed anziani.Un ringraziamento a tutte le Amministrazioni Comunali che si sono susseguite

dal 1907 in poi: grazie per la partecipata dedizione al difficile compitoereditato dalla sig.ra Antonelli.

Un grazie a tutti gli operatori che si sono adoperatiper alleviare le sofferenze della parte più debole della nostra gente,

anche attraversando le drammatiche turbolenze di ben due guerre mondiali.Grazie all'esercito di volontari che ha sostenuto, in silenzio, il lavoro degli operatori.Grazie a chi ha voluto, con tutte le forze, la costruzione della nuova Casa di Riposo,

sostituendo l'ormai obsoleta struttura di via Sangervasio.Grazie a tutti coloro che, con le loro opere e la loro ostinazione,

continuano a credere in un futuro intriso di solidarietàe di aiuto ai bisognosi.

il Presidente dell'Azienda Speciale „RSA di Concesio‰Ignazio Pau

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Il Sindaco di Concesio

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presentazione assessore

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IL VOLONTARIO IN RSA

Quando si prende in esame l'estrema complessità ed articolazione dei servizi assistenziali, fioriscono arti-

colate statistiche di costi, utenti, quantità di prestazioni erogate, punti di forza, lamentele dell'utenza oltre

alle immancabili prospettive di sviluppo con tanto di relazioni sulle azioni da intraprendere per miglio-

rare la soddisfazione degli assistiti e l'efficienza della macchina organizzativa.

In questo mare profondo di cifre, un attore che spesso sfugge alle mappature è il „volontario nelle RSA‰.

Il volontario, si sa, non ha costi e ai nostri occhi, allenati alla palestra del moderno pensiero socio-eco-

nomico, diventa trasparente. Ecco che allora, l'indagine sapientemente illustrata nel presente volume, ci

fornisce uno speciale paio di occhiali che improvvisamente svelano davanti alla nostra vista una molti-

tudine di individui che opera gratuitamente al fianco degli operatori di settore. A questo „esame della

vista‰ si sono sottoposte tutte le otto RSA della Valle Trompia.

Il progetto „Volontario in RSA: raccontare e raccontarsi‰ nasce da un'idea delle case di riposo della Valle

Trompia, in stretta sinergia con Comunità Montana della Valle Trompia, con l'intento di accendere i

riflettori su un mondo poco conosciuto, quello del volontariato in rsa, e cercare di capirne l'incidenza

sulla qualità del servizio erogato dalle case di riposo in Valle Trompia. Il lavoro di ricerca, dal 2005 fino

al 2008 ha coinvolto molti operatori ed un gran numero di volontari. Il progetto è stato sostenuto eco-

nomicamente da Comunità Montana della Valle Trompia a cui va un doveroso ringraziamento.

Una ristretta equipé di lavoro ha condotto uno studio durato più di due anni, sotto il coordinamento

del dr. Lionello Anelli, direttore della RSA di Pezzaze. La presentazione della ricerca è avvenuta qualche

mese fa presso la sala consiliare di Comunità Montana della Valle Trompia, a chiusura del terzo ciclo for-

mativo per volontari in RSA. Ebbene, quella giornata rimarrà nella storia della nostra valle come il

momento in cui la comunità ha preso coscienza della realtà del volontariato in RSA. Un esercito di volon-

tari lavora gratuitamente per 73.930* ore all'anno nel complesso delle 8 RSA della valle. Se si volesse attri-

buire un valore economico alle ore di lavoro regalate alla nostra comunità, dovremmo staccare un asse-

gno da € 961.000,00*. Questa quantificazione, o se preferiamo materializzazione, dell'opera dei volonta-

ri acquista ancora più spessore se la raffrontiamo al fatturato complessivo delle 8 RSA della valle che

ammonta a poco più di 20 milioni di euro*. Il lavoro di ricerca ha messo in risalto anche tanti altri aspet-

ti della preziosa opera del volontario. Questa pubblicazione riporta un'esaustiva raccolta del materiale

prodotto nei due anni di ricerca.

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In conclusione, una raccomandazione. Non lasciamoci abbagliare dalla ridondanza dei dati statisitci ed

economici. Fare volontariato è molto di più che „far risparmiare‰. E' dono di sé agli altri. E' riconoscere

nel bisogno e nella sofferenza un valore. E' prendere per mano qualcuno meno fortunato ed aiutarlo a

rialzarsi, a riacquistare piena dignità. Non da ultimo, il volontario è la garanzia vivente della trasparenza

di un'organizzazione di servizi. Infatti, non essendo al soldo di nessuno, il volontario è la coscienza cri-

tica di un'organizzazione, è un punto di riferimento con cui nessuno si può rifiutare di confrontarsi, sia

esso erogatore o beneficiario di servizi.

Per l'ATI RSA della Valle Trompia

Il Presidente dell'Ente Capofila

Vincenzo Benedini

* Valori riferiti all'anno 2006

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I LUOGHI DELLA VECCHIAIA:

Il PANE ED IL CASTIGO

Lionello Anelli

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La vecchiaia come emarginazione

La storia della vecchiaia è una storia più di separazione e di segregazione che non di integrazione e soc-corso. I vecchi sono, e sono sempre stati, cittadini diversi. I trattamenti nei loro confronti, abbastan-za ambivalenti, li hanno di volta in volta equiparati ai pazzi, ai mendicanti, ai malati infettivi. Per

loro sono stati creati luoghi di accoglienza simili a ghetti, completamente separati dai luoghi di vita, dallecomunità. Ai pochi fortunati che hanno avuto la fortuna di essere accuditi amorevolmente dalle propriefamiglie o dai propri servi, perché agiati, si sono contrapposte intere legioni di derelitti dimenticati dallastoria, dai figli, dalle comunità di appartenenza. La storia della vecchiaia è una storia sostanzialmente diemarginazione. Simone de Beauvoir in un suo celebre saggio, divenuto ormai un classico della gerontolo-gia1, descrive efficacemente la considerazione che lÊOccidente progredito ha sempre riservato alla senilità:una considerazione nulla che cela lÊidea di una vecchiaia intesa come una malattia; un rapporto disegualetra società e vecchi che considera questi ultimi come persone non aventi le esigenze e gli stessi diritti deglialtri membri della collettività. Gli anziani sono stati deliberatamente condannati alla miseria, ai tuguri, allemalattie, alla disperazione. DÊaltro canto ogni cultura in ogni tempo storico ha esaltato le virtù della giovi-nezza associando ad essa il vigore, lÊazione, la dinamicità. Impossibile non pensare, e la storia contempora-nea purtroppo ci offre molteplici esempi, a tutto quel filone di retorica giovanilistica assai utilizzato a finidemagogici e propagandistici dai regimi totalitari, da quello fascista e nazista a quello maoista e via discor-rendo. Possiamo volgere lo sguardo a ritroso nei secoli e constatare quanto sia stato difficile esaltare le virtùdella vecchiaia. Le rappresentazioni culturali e religiose dei popoli antichi sono eloquenti. Presso i Romaniil dio Marte non è solo il dio della guerra, ma anche della giovinezza e della primavera, virtù guerriere evigore giovanile vanno di pari passo. Per i Greci la divinità che presiede alla vecchiaia è posta in un Olimpoinferiore costituito da tutta una schiera di divinità e semidivinità abbastanza terrificanti: troviamo la deaNotte, della quale lo stesso Zeus prova un sacro timore, generatrice di dolorose figure come la Morte (Moroo Kene o Tanàto), il Sonno (Ipnos), il Lamento (Oizys) e, non a caso e in buona compagnia, la Vecchiaia(Geràs).Il primo lamento di un vecchio di cui si ha memoria risale a quattro millenni e mezzo fa, è un gemito didolore frammisto a nobile rassegnazione:

ComÊè penosa la fine del vecchio! SÊindebolisce un poÊ per giorno; gli si abbassa lavista, gli orecchi diventano sordi; la forza declina; il cuore non ha riposo; la boccadiventa silenziosa, non parla più. Le sue facoltà intellettuali diminuiscono e gli diven-ta impossibile ricordare oggi ciò che è accaduto ieri. Tutte le sue ossa dolgono. Leoccupazioni a cui si dedicava prima con piacere diventano faticose, e quel che aveva-

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no di piacevole sparisce. La vecchiaia è il peggiore malan-no che possa affliggere un uomo2.

Sono le parole di Ptah-Hotep, dignitario di corte del faraone Tzezi,scritte attorno al 2450 a.C.. Il lamento del vecchio scriba introducenella sua affermazione finale un tema destinato ad avere un grandesuccesso nei secoli a venire: la definizione della vecchiaia come unmalanno, anzi, il peggiore malanno.Una concezione ripresa successivamente dai Romani, immortalatada Terenzio con il suo „senectus ipsa est morbus3‰ (la vecchiaia in séè una malattia), che ritroveremo come motto nella scuola medicasalernitana, e resa ancor più drammatica dallÊammonimento diGiovenale: „⁄ sed morte magis metuenda senectus4‰ (la vecchiaia èda temersi più della morte). La società romana teme la senescenza etratta gli anziani duramente: solo lÊuomo nella sua età adulta è ilvero motore della storia. Una cultura così connotata ha prodottouna sola opera apologetica sulla „terza età‰: il De senectute di

Cicerone5. ˚ un fardello che ha pesato non poco sulla cultura occidentale.Presso la società medioevale nessuna data ufficiale segna lÊingresso nella „terza età‰, non esistono legislazio-ni previdenziali o età pensionabili: il vecchio diviene tale quando non è più in grado di svolgere la propriaattività. Se il castellano può rimanere nella sua nobile magione fino alla fine dei suoi giorni, lo stesso nonpuò dirsi del vecchio contadino che può contare solo sui suoi figli che non sempre sono teneri con le boc-che inutili6.Gli ospizi che in età moderna nascono in tutta Europa per accogliere vecchi e diseredati pur muovendosicon chiari intenti di carità e soccorso non riescono ad evitare lÊapplicazione di misure custodialistico-repres-sive. La storia della vecchiaia è una storia di esclusione e di luoghi di esclusione. Il primo rapporto tra invec-chiamento e società passa attraverso il sistema di valori che una comunità produce in un dato momentostorico: „ogni società ha i vecchi che merita [⁄]. Ogni tipo di organizzazione socio-economica e culturale èresponsabile del ruolo e dellÊimmagine dei vecchi. Ogni società secerne un modello ideale di uomo e lÊim-magine della vecchiaia, la sua svalutazione o valorizzazione, dipendono da questo7‰. Ne consegue chelÊOccidente, pur conservando una certa ambivalenza nei confronti della senescenza, sembra preferire la posi-zione gerontofòbica.In generale si può ragionevolmente supporre che la sorte dei vecchi dipenda dalla classe sociale di apparte-nenza ma, con alterne vicende, le società storiche occidentali non sembrano riservare loro particolari onorie privilegi.Nella società odierna prevale nei confronti dei vecchi l'indifferenza nonostante la retorica che popola le cro-nache dei giornali e della televisione. L'anziano ispira ripugnanza, non serve a niente, viene inferiorizzato.Può, tutt'al più, interessare ancora come consumatore e come elettore.Se lÊespressione artistica è lo specchio di una cultura, possiamo dire che il civilissimo Occidente non si èparticolarmente prodigato nella rappresentazione reale e drammatica della „terza età‰. LÊarte occidentalesembra aver esplorato la vecchiaia, ma più come aspetto metaforico e simbolico che come reale condizionedellÊuomo. Così la scultura greca e romana ci restituisce non solo la perfezione dei corpi degli dei, dei guer-rieri e degli atleti, ma anche il volto della vecchiaia intesa come metafora del tempo che passa; una sorta di

Domenico Ghirlandaio (1449-1494) Ritratto di vecchio (s.d.). In questo bel ritratto del Ghirlandaio è presente lametafora del tempo che passa: il nonno (cioè il passato) guarda teneramente il nipotino (cioè il futuro). Il qua-dro è di un realismo notevole ed ispira buoni sentimenti. Ma non dimentichiamo che il committente di questoritratto è persona ricca. La vecchiaia rappresentata, tra l’altro impietosamente se si notano i particolari delleescrescenze carnose sul volto del vecchio, è una vecchiaia di élite. È lecito supporre che questo anzianosignore concluderà i suoi giorni nella sua bella magione attorniato dai servi.

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riflessione sulla vita e sui suoi affanni. Non interessa la condizione deivecchi, ma ciò che essi rappresentano: quel „tempus fugit‰ (il tempofugge) che vediamo inciso sui quadranti delle antiche meridiane. Gliintellettuali rinascimentali pongono lÊuomo al centro dellÊuniversocome baricentro di una perfezione ideale dimentichi dei limiti stessidella natura umana e della vecchiaia in particolar modo. In realtà ilRinascimento sembra voler combattere la vecchiaia, mai come in que-sto periodo proliferano trattati ad essa dedicati. Cortigiani, artigiani eumanisti sembrano osteggiarla, in fondo essa esprime il limite ultimocontro il quale si infrange lÊutopia dellÊuomo ideale. Gli splendidi dise-gni di Leonardo, tutti volti ad indagare la natura nelle sue leggi e neisuoi misteri, si soffermano su alcuni volti di vecchi. I ritratti leonarde-schi recano caratteri somatici fortemente accentuati, quasi caricaturali.La senescenza non è dunque solo un fenomeno da contrastare, reca insé qualcosa di grottesco. Possiamo tuttÊal più soffermarci su ritratti,come quello del Ghirlandaio, che ritraggono un felice nonno abbrac-ciato al nipotino: unÊicona serena, voluta da una committenza ricca edanziana, che non indaga il dramma della condizione della senescenza.Ed è così per tanti altri ritratti: la vecchiaia, di volta in volta, simbo-leggia la santità, lÊausterità, la saggezza, lÊopulenza, lo scorrere del tempo. ˚ necessario arrivare a tempi piùvicini ai nostri per trovare qualche ritratto di vecchio calato nella dimensione reale, nella drammaticità dellasolitudine e dellÊemarginazione.Sino alle soglie dellÊetà contemporanea la vecchiaia non è considerata una categoria sociale. Gli anzianihanno la possibilità di essere soccorsi dalla carità privata solo se indigenti e solo se moralmente non cor-rotti. Sembrano essere questi gli elementi discriminanti che muovono le attenzioni delle istituzioni filan-tropiche. Anche lÊatteggiamento verso i poveri muta ed il passaggio dal medioevo allÊetà moderna segna inciò una profonda demarcazione etica e concettuale. Tramonta la figura del povero rispettabile, affermatasiin epoca medievale, e si afferma quella del falso povero, del mendicante ozioso, del truffatore miserabile, dicolui che non ha voglia di lavorare, di colui che sceglie lÊespediente allÊoccupazione onorata. La povertàviene ora vista con occhi diversi: la mendicità diviene fenomeno quasi ostile, da controllare e, se possibile,da reprimere. ˚ un atteggiamento che però cela in sé anche la necessità di restringere i costi di intervento,sempre più rilevanti, nei confronti della povertà dilagante. Tra la fine del Quattrocento e gli inizi delCinquecento la sensibilità religiosa muta registro nei confronti della mendicità, ora il povero, ben lungi dalrappresentare lÊumiltà del Cristo, è un deviato che sceglie lÊaccattonaggio e non il lavoro:

Questo mutamento culturale mutuato „dai ceti laici superiori‰, nonché sostenutodagli scritti di grandi umanisti quali Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro, JorgeLuis Vives, condiviso nella sostanza dai protestanti come dai cattolici, fece sì che lagran massa dei poveri fosse divisa in due categorie: „vecchi e inabili‰, che dovevanoessere rinchiusi in ospizi e ospedali, „otiosi‰ e vagabondi che dovevano essere obbli-gati a lavorare, pena la carcerazione, lÊespulsione dalla città, la frusta8.

Tuttavia se da un lato vengono stigmatizzate la falsa mendicità e lÊozio, dallÊaltro non si può negare lÊesi-

Leonardo Da Vinci (1452-1519) Cinque caricature (1490). Le caricature leonardesche, forse è meglio parlare diritratti accentuati, ritraggono volti grotteschi di vecchi anche se non manca mai nei suoi disegni lo sforzo di

cogliere la psicologia dei personaggi.

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stenza di una reale povertà. Di conseguenza lÊatteggiamento prevalentediviene quello di concentrare ogni provvedimento sociale ed ogni inter-vento caritativo solo ed esclusivamente ai cosiddetti „poveri veri‰, colo-ro che non sono reputati potenziamente pericolosi per la collettività,coloro che meritano di essere effettivamente aiutati. Nei ranghi dei pove-ri meritevoli troviamo i malati, gli inabili a lavoro, gli invalidi, i vecchi,vedove e bambini abbandonati da donne nubili sulle quali grava il mar-chio dellÊinfamia. Il benefattore può salvare la propria anima solo se lasua carità è rivolta alle persone giuste, cioè ai poveri veri; compiuto ilproprio dovere morale, il ricco ha aperta la via per conquistare la sal-vezza. ˚ in questo modo che si concilia il denaro, lo „sterco del diavo-lo‰, con la religione.Nella folta schiera dei miserabili prende forma una figura particolare: ilpovero vergognoso. La caratteristica della povertà vergognosa è quella dinon riguardare i mendicanti oziosi o pericolosi, ma coloro che versanoin condizioni di miseria per la concomitanza di situazioni disgraziate e

sfavorevoli. Un tracollo improvviso, una malattia, una concomitanza di situazioni sfortunate trasformanoindividui ben inseriti, fino al momento della crisi, allÊinterno della società (aristocratici, artigiani, mercan-ti) in nuovi poveri. Proprio per lÊoriginaria collocazione sociale, questi nuovi poveri si vergognano di chie-dere lÊelemosina o di pubblicizzare la loro miserevole condizione. Per loro la carità deve essere segreta e riser-vata. Il soccorso prestato ai poveri vergognosi diviene una sorta di atto solidale che le classi abbienti, domi-nanti nella scala sociale, riservano a coloro che una volta appartenevano ad esse stesse: una solidarietà trasimili in un rapporto simmetrico. La chiesa bene incarna il nuovo clima. ˚ da poco concluso il concilio tridentino quando Pio V, nel 1566,emana la bolla Cum primum, un provvedimento che proibisce lÊaccattonaggio nelle chiese, dove clero e fede-li non possono essere più disturbati dai lamenti dei mendicanti durante i riti religiosi. Ancora più energicoè lÊintervento di Innocenzo XII che proprio con lÊemissione della bolla Ad exercitium pietatis, avvenuta il20 maggio 1693, in continuità con gli interventi dei precedenti pontefici Pio V, Gregorio XIII e Sisto V, con-danna risolutamente la „vita laxa‰ dei mendicanti errabondi capaci solo di importunare i fedeli:„Distractionis fidelium aÊ divinis officis ob importunes mendicatium quaerimonias9‰. Si rafforza lÊidea chelÊozio conduca alla vita parassitaria, lÊozio padre di tutti i vizi, vizi che irrimediabilmente allontanano dagliideali evangelici:

Quasi unitamente alla bolla papale furono diffusi alcun libelli che meglio spiegavanocome ci si dovesse comportare con i mendici. In uno di essi si legge ‰Conviene esa-minare se hanno lÊetà e le forze per guadagnare il pane ⁄ nel caso non bisogna stimarlicome poveri ma mandarli a lavorare‰. Anche chi soffre mal caduco, febbre quartana,ovvero donna „gravida di sei o sette mesi„ può guadagnare una parte del nutrimento10.

Tra la fine del Settecento e gli inizi dellÊOttocento prende avvio un processo di secolarizzazione della cari-tà11 che in Italia durerà per tutto il XIX secolo mentre il dibattito su come intervenire a soccorso delle massepiù deboli si sposta da un piano etico-intellettuale ad uno più squisitamente politico. La grande diatribavede due opposti schieramenti: i fautori della carità privata e quelli della carità legale (cioè sostenitori di unintervento pubblico). Il dibattito verte dunque su una precisa scelta di metodo e di politica: se lasciare chela miseria sia soccorsa dalle filantropiche iniziative di gruppi laici ed ecclesiastici oppure scegliere di desti-nare finanze pubbliche ed interventi legislativi a tutela e sollievo dei ceti meno fortunati.

Leonardo Da Vinci (1452-1519) Studi caricaturali (1487-1490). Un vecchio ed un giovane si guardano. Il vec-chio abbruttito dai segni del tempo; il giovane straordinariamente bello e con i tratti quasi femminei. Sotto unprofilo squisitamente estetico la vecchiaia è vista in chiave negativa ed in fondo essa esprime il limite ultimocontro il quale si infrange l’utopia dell’uomo ideale. Gli splendidi disegni di Leonardo sembrano lì a dimostrarlo.

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Tra ordine pubblico e controllo sociale

Nella Francia post-rivoluzionaria prende le mosse assai presto il processo di secolarizzazione dellacarità complice il mutato clima ideologico e la volontà laico-accentratrice della nuova amministra-zione. La Déclaration des droits del 1789 sancisce il diritto allÊassistenza che lo Stato deve riserva-

re ad ogni cittadino. Nel 1798 le confraternite impegnate nellÊassistenza affidano la propria amministrazio-ne alle municipalità e queste, a loro volta, rendono conto direttamente al Ministero dellÊinterno.LÊesperienza francese è importante poiché trasferirà in Italia il proprio assetto culturale ed istituzionale.˚ infatti sotto la dominazione francese che in Italia viene organizzato un primo sistema caritativo pubbli-co poggiante su Bureaux di beneficenza aventi il compito di elargire aiuti a domicilio12, su strutture ospe-daliere in grado di accogliere vecchi e poveri, su depositi di mendicità preposti ad ospitare mendicanti evagabondi. Nel 1807 lÊattività delle Opere pie passa sotto la vigilanza del Ministero dellÊinterno il quale con-trolla ormai tutta lÊattività assistenziale. La presenza del Ministero quale supremo organo di gestione e con-trollo è fortemente correlata al persistere di una mentalità che ancora considera la povertà e la mendicitàelementi di disturbo dellÊordine pubblico13. Sul quadro legislativo del periodo pesa ancora la tradizione elÊimpostazione ideologica dellÊancien régime: „le norme, infatti, non fanno mai distinzione (o sono pocoprecise) tra intervento assistenziale rivolto agli anziani e intervento rivolto agli oziosi, vagabondi, accattoni,indigenti o ai poveri in genere14‰. Il crollo del potere napoleonico e la conseguente restaurazione frenanonel nostro paese lÊorientamento verso il soccorso pubblico.In Italia una prima presa di coscienza, seppur ancora generica, da parte delle autorità pubbliche riguardo alproblema della „terza età‰ si ha con lÊintroduzione delle assicurazioni pensionistiche volute da Cavour15. Ildiffondersi di fenomeni quali lÊurbanizzazione e il pauperismo, figli legittimi delle profonde trasformazio-ni socio-economiche introdotte dai primi fermenti di industrializzazione, costringono i governi pre-unitaria trovare nuove soluzioni ed a ipotizzare, visto che è ancora prematuro parlare di politiche sociali in sensostretto, politiche alternative di intervento assistenziale.Anche lÊamministrazione del Regno lombardo-veneto tiene desta lÊattenzione nei confronti dei problemi del-lÊassistenza pubblica orientandosi allÊemanazione di disposizioni sempre più organiche. ˚ proprio sotto ladominazione austriaca che vengono soppresse le Congregazioni di carità, creazione dellÊamministrazionenapoleonica, e sostituite con la Commissione generale di beneficenza. Nel 1825 viene esteso il controllo del-lÊocchiuto governo austriaco su tutte le istituzioni di beneficenza ed istituita in ogni comune la Direzioneelemosiniera. In realtà tra la legislazione napoleonica e quella lombardo-veneta vi sono più continuità chediscontinuità. Sciogliendo le Congregazioni di carità ed istituendo gli Istituti elemosinieri, il governoaustriaco non concede particolari aperture in senso autonomistico: sugli Istituti elemosinieri grava il pesodi un controllo esercitato dalle Delegazioni provinciali e dal governo centrale, così come sulle

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Congregazioni di carità era gravato il peso del controllo operato dalle Prefetture e dai Ministeri italici. Versola povertà continua a permanere un atteggiamento ambivalente che porta a reprimere, anche duramente, unfenomeno quale la mendicità considerato un delitto contro la pubblica moralità, un elemento corruttore dicostumi, un figlio degenere dellÊozio.Il codice penale austriaco emanato il 27 maggio 185216 contempla negli articoli che vanno dal numero 517al 521 pene e contravvenzioni in relazione ai reati di questua. Contro i mendicanti recidivi lÊarticolo 517sancisce che:

Le misure da prendersi contro la mendicità sono connesse con le istituzioni di soccorsopei poveri, ed in generale spettano alle attribuzioni della Polizia locale. Il mendicarediventa per lÊaltro una contravvenzione allorché, esistendo istituti a soccorso dellÊindi-genza, taluno venga colto più volte in atto di mendicare, e dimostri così la sua incli-nazione allÊozio e lÊinefficacia della già fattagli ammonizione o del primo castigo17.

LÊarticolo successivo stabilisce la pena di una tale infrazione nellÊarresto da otto giorni ad un mese con pos-sibilità di inasprimento „a misura dellÊincorregibilità del reo‰. Al suddito miserabile non resta che il ricor-so alle istituzioni di accoglienza ed ai ricoveri, strutture asilari peraltro più vicine agli istituti correzionaliche alle case di accoglienza come noi oggi le conosciamo. Essere nullatenenti è ancora un problema di ordi-ne pubblico, una condizione di potenziale innesco di pericolosi fermenti e disordini. LÊaccattone è un diver-so, un elemento instabile del tessuto sociale e le autorità pubbliche nutrono nei suoi confronti sospetto edisprezzo. Non meno repressive saranno le leggi adottate dal nascente Regno dÊItalia: il Testo Unico diPubblica Sicurezza, approvato con Legge 13 novembre 1859, n. 2248, proibisce la mendicità salvo formaleautorizzazione rilasciata dalle autorità municipali e documentata da apposita lastra che il mendicante deveportare appesa al petto. Vecchiaia, mendicità e povertà continuano ad essere aspetti del medesimo problema: i mendicanti sono spes-so vecchi incapaci di provvedere a se stessi; nelle strutture di ricovero entrano quei vecchi, poveri e misera-bili, che non possono avere assistenza dalle proprie famiglie, oppure sono abbandonati dalle famiglie di ori-gine. ˚ unÊumanità emarginata e reietta, abbandonata non solo dalle famiglie, ma anche da ogni tipo diprovvedimento legislativo sensibile alla loro condizione. Gli enti preposti dal canto loro, diversi per com-piti, finalità e risorse, non sempre riescono ad affrontare i problemi della varia umanità che richiede soc-corso e, quando lo fanno, spesso mostrano più lÊaspetto repressivo e custodialistico che non quello di purosoccorso filantropico.Se nel secolo dei Lumi assistiamo al tentativo di coniugare lÊidea di polizia e controllo sociale con unÊideadi filantropia e di bienfaisance nellÊottica di umanizzare il potere pubblico, nellÊOttocento sembra ormaiaffermata lÊidea che lo Stato debba intervenire in materia di assistenza. Ciò non vuol dire che vi sia lÊaffer-mazione generalizzata di un diritto soggettivo allÊassistenza, ma vi è la convinzione ormai diffusa che loStato debba avere un controllo ed un coordinamento delle istituzioni costituenti il sistema della beneficen-za. Sulle pagine di un giornale di epoca austriaca, il ÿLombardo-VenetoŸ, appare a metà Ottocento un emble-matico dibattito sulla beneficenza:

Forse in niuna altra epoca della sua vita egli [il proletario] non ha maggiori diritti allapubblica beneficenza; esso attende il compenso delle sue lunghe fatiche, dai copiosisudori sparsi a prò della sua patria, e deÊ suoi simili. Le Case di ricovero e le Casse [sic]

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Albrecht Dürer (1471-1528) Ritratto della madre (1514). Dürer ci ha lasciato uno dei disegni tra i più intensi della pittura moderna. In questo ritratto non vi sono simboli-smi: è semplicemente un figlio che ritrae la madre e lo fa con una bravura ed un tratto che sono eccezionali. È un ritratto che reca in sé una mestizia, una rassegnazio-

ne: è il ritratto della vera vecchiaia, quella vissuta dalla stragrande maggioranza di persone che non appartengono ai ceti dominanti. È un ritratto che diviene ancheuna fonte di informazioni molto preziosa: la donna ha la fronte rugosa, il viso magro, le guance infossate, una strana divergenza oculare, sul suo viso c’è la fatica ed il

lavoro, ma questa donna non è particolarmente vecchia. Sappiamo infatti che Dürer ha ritratto la madre all’età di 63 anni. Sono le fattezze di una donna invecchiataprecocemente dalla fatica dopo aver messo al mondo ben 18 figli. Dürer era il terzogenito. È il volto di un’anzianità precoce, quella dei ceti meno abbienti.

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di ritiro completano allora lÊopera socia-le, e il povero si muore benedicendo lasocietà che gli prodigò le sue cure finoallÊutero materno, che lo educò alle articon cui mangiare un pane onorato, chelo assistette nelle sue ultime infermità, echiuse i suoi occhi con mano amorosa19.

Il discorso, assai retorico come vuole la buona prosadel tempo, cela ancora un principio assai diffuso:

parliamo di un diritto alla pubblica beneficenza prevalentemente, o esclusivamente, rivolto a coloro educa-ti „alle arti con cui mangiare un pane onorato‰, in buona sostanza ai poveri veri. Rimane e permane, dun-que, una discriminante di fondo tra coloro che sono rimasti nella miseria senza redenzione o per scelta ecoloro, che pur nella miseria proletaria, hanno almeno una forma di riscatto. Ed è sostanzialmente per que-sti ultimi, i lavoratori anziani, che lÊanonimo autore invoca un sistema di beneficenza più coordinato edefficiente: „noi guardiamo allÊavvenire e crediamo che vi possano essere mezzi idonei onde concentrare tuttequeste Istituzioni in un solo sistema. [⁄] noi desideriamo anzi che particolarmente alcune tra queste rice-vano il loro pieno sviluppo, ma sempre sulla base di una legge uniforme, costante, per la quale si manten-ga quellÊaddentellato colle pie istituzioni generali20‰. Il dibattito generale sulla beneficenza entra nel vivo. Indiscussione non è più solo la natura di essa, se cioè debba essere pubblica o privata, ma si avverte lÊesigen-za di un intervento dellÊautorità pubblica con funzione di coordinamento e tutela delle varie istituzioni dibeneficenza. Le Opere pie, enti privati di tradizione secolare che elargiscono beneficenza e soccorso a unamoltitudine di malati e derelitti, sono lÊossatura del sistema di soccorso che mantiene un carattere privati-stico, cioè completamente svincolato dallÊintervento della finanza pubblica. Sono le Opere Pie, o Pii Luoghi,a gestire la variegata rete di strutture di accoglienza e ricovero: ospedali, manicomi, ospizi per vecchi e pove-ri, asili infantili, scuole agrarie, monti frumentari, brefotrofi ed altro ancora. Da più parti si invoca unarazionalizzazione di tale sistema. Bisogna aspettare la nascita del Regno dÊItalia per addivenire ad un primotentativo di riorganizzazione del settore.˚ infatti con la Legge 3 agosto 1862, n. 75321, chiamata la „gran legge‰, che il settore assistenziale torna adessere al centro dellÊattenzione istituzionale. LÊintento del legislatore è quello di unificare la normativa ita-liana sulle Opere pie emancipandole il più possibile dallÊingerenza governativa. La legge statuisce il disim-pegno della finanza di stato nei confronti del soccorso pubblico. Nuove istituzioni denominateCongregazioni di carità, soppiantando i precedenti Istituti elemosinieri, sono istituite in ogni comune conil preciso scopo di gestire tutti gli interventi di soccorso ai poveri e di esercitare un coordinamento sullÊat-tività svolta dalle Opere pie.Il sistema assistenziale definito dalla legge del 1862 regge per circa trentÊanni, fino allÊultimo decenniodellÊOttocento, quando il mai sopito dibattito politico sullÊassistenza unito alla volontà di riaffermare lasupremazia dello Stato anche nei confronti della chiesa ed al riemergere della „questione sociale‰ portanoad un nuovo traguardo normativo: Francesco Crispi inaugura, nel 1889, una riforma del settore assisten-ziale che trova il proprio fondamento nella Legge 17 luglio 1890, n. 6972 resa successivamente pienamenteoperativa con il varo dei regolamenti attuativi tramite il Regio Decreto 5 febbraio 1891, n. 99. In virtù diquesto provvedimento le Opere Pie divengono Istituzioni Pubbliche di Beneficenza22, soggetti di diritto pub-blico sui quali lo Stato può operare controlli patrimoniali. La ratio ultima della legge cerca di conciliare lÊin-

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Tra i vari compiti della Congregazione di carità vi era quello di assicurare la cura a domicilio dei malati poveri.La ditta Apollonio pubblica, attorno agli anni Ottanta dell’Ottocento, una piccola ed utile guida recante le tariffedei principali medicinali e presidi chirurgici necessari all’assistenza medica domiciliare a favore dei cittadiniindigenti. Questo piccolo prontuario era utilizzato dagli amministratori delle Congregazioni di carità (Archivioprivato).

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teresse pubblico, inteso come la razionalizzazione ed economicità degli interventi assistenziali, con lÊinte-resse privato inteso come la tutela della volontà dei fondatori delle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza. Lalegge impone lÊinquadramento sotto la forma giuridica di Istituzione Pubblica di Beneficenza nei confron-ti di qualunque ente che abbia „in tutto od in parte per fine: a) di prestare assistenza ai poveri, tanto in ista-to di sanità quanto di malattia; b) di procurarne lÊeducazione, lÊistruzione, lÊavviamento a qualche profes-sione, arte o mestiere, od in qualsiasi altro modo il miglioramento morale ed economico23‰. LeCongregazioni di Carità comunali continuano a sussistere ed a perseguire i propri fini istituzionali, anzi illoro ruolo ne esce rafforzato poiché „può essere concentrata nelle Congregazioni di carità qualsiasi istitu-zione di [assistenza e] beneficenza esistente nel Comune, e particolarmente le istituzioni che non abbianouna rendita netta superiore a 20.000 lire, o che siano a beneficio degli abitanti di uno o più Comuni24‰. Il provvedimento legislativo crispino ignora il problema del ricovero degli anziani e la strutturale carenzadi strutture di accoglienza ad essi dedicate: il governo si limita a consigliare alle istituzioni locali la presa incarico dei casi più gravi. Anche qui, come in altri provvedimenti precedenti, lÊesigenza primaria è quella dinon impegnare finanze pubbliche nel settore assistenziale. La carità legale è ancora lontana; il legislatorenon ritiene opportuno destinarle risorse per il timore poi di imporre nuove tasse per sovvenzionarla. Lalegge crispina getta la basi di un assetto giuridico ed istituzionale il quale, sia pure con alcune modifiche,ha retto fino ai primissimi anni del Duemila.Il progredire dellÊindustrializzazione, le trasformazioni in atto, i mutamenti di ritmi e consuetudini, soprat-tutto nei grandi centri urbani, iniziano a connotare la vecchiaia come un fenomeno sociale e demograficoa cui prestare attenzione. La mano privata non è più sufficiente. Nel 1898, momento cruciale per le riven-dicazioni politico-sociali25, è costituita la Cassa nazionale di previdenza per lÊinvalidità e la vecchiaia deglioperai26. LÊimpegno pubblico è ancora lontano: la Cassa infatti è un ente autonomo. Ad essa possono iscri-versi tutti gli operai e le associazioni mutualistiche. I risultati non sono confortanti poiché non esiste obbli-go assicurativo, ma solo contributo volontario e le masse operaie non comprendono lÊutilità di una liberasottoscrizione. La previdenza volontaria è destinata al fallimento. Per i datori di lavoro lÊobbligo di finan-ziare la Cassa nazionale di previdenza si avrà solo con il D. Lgs 21 aprile 1919, n. 603. LÊattesa dunque dure-rà ancora ventÊanni.Intanto il fenomeno della vecchiaia, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, diviene sempre più oggetto siste-matico di studi scientifici. I cambiamenti socio-economici e le nuove spinte demografiche pongono la sene-scenza al centro di analisi epidemiologiche, statistiche, biologiche e mediche. Gli inizi del nuovo secolo, ilcosiddetto „periodo giolittiano‰, sono caratterizzati da un indirizzo di governo più liberale e progressista. Ilivelli di alta conflittualità sociale sembrano gradualmente smorzarsi. A far pressione sui governi per unÊe-stensione della legislazione sociale e previdenziale scendono in campo socialisti, cattolici, ConfederazioneGenerale del Lavoro (C.G.d.L.), cooperative e società di mutuo soccorso.La grande guerra blocca improvvisamente e drammaticamente questo fronte di rivendicazione politica macontribuisce, dopo la sua conclusione, a far esplodere contraddizioni e rivendicazioni ponendo lÊurgenza disoluzioni indifferibili.Con Decreto Luogotenenziale 21 aprile 1919, n. 603 il governo istituisce lÊassicurazione obbligatoria per lÊin-validità e la vecchiaia. Il provvedimento è rivolto a tutti i lavoratori aventi unÊetà compresa tra i 15 ed i 65anni. Alla contribuzione obbligatoria partecipano gli operai, i datori di lavoro e lo stato. Un traguardoimportante è stato finalmente raggiunto.Il regime fascista introduce cambiamenti nel sistema previdenziale sancito dalla legge 603/1919 con un cam-mino legislativo che „porterà alla creazione di fondi autonomi, a trasformare trattamenti da integrativi a

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Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (I.N.F.P.S.) Domanda di assegno di natalità o di aborto (primissimi anni Quaranta). Alle iscritte presso la cassaI.N.F.P.S. era concesso richiedere l’assegno di natalità entro il termine di un anno dalla nascita del figlio mente l’assegno di aborto doveva essere richiesto entro trentagiorni dalla data dell’aborto. Il regime fascista costruisce tutta una serie di provvidenze a favore della maternità e dell’infanzia non dimostrando analoghe attenzioni neiconfronti della terza età (Archivio privato).

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La legge istitutiva dell’E.C.A. (Legge 3 giugno 1937, n. 847) com-mentata su una piccola guida amministrativa pubblicata dalla dittaApollonio di Brescia ad uso delle amministrazioni degli enti locali(Archivio del Sistema Archivistico di Valle Trompia).

La Legge Crispi ossia la Legge 17 luglio 1890 n. 6972, con il regola-mento attuativo disposto dal Regio Decreto 5 febbraio 1891 n. 99, pub-

blicata su una piccola guida legislativa del 1901 (Archivio privato).

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sostitutivi aprendo la strada alla diversificazione e alla sperequazione categoriale28‰. La filosofia di fondooscilla tra a ricerca di un consenso sociale e la necessità di controllare e limitare il pauperismo; ogni inte-ressamento dello stato ubbidisce nuovamente a criteri di ordine pubblico e controllo sociale29. Il ruolo dellacarità privata è ancora incisivo e al di là della retorica populista di regime, il fascismo non sembra inten-zionato ad operare clamorose rotture con il passato. Al concetto di „beneficenza‰ il regime affianca quellodi „assistenza‰, ma per gli anziani non vi sono particolari vantaggi:

La beneficenza si estrinseca nei confronti del povero attraverso soccorsi materiali e inun arco di tempo breve. LÊassistenza si concretizza nei confronti di un individuo che,invece, deve essere „recuperato‰ e si articola in vari modi e in un arco di tempo piùlungo. A tale individuo viene richiesta una partecipazione attiva al suo „recupero‰, almiglioramento della propria condizione. LÊanziano non può più essere „recuperato‰per cui usufruisce della beneficenza. Assistenza significa dar vita a forme „preventivedi beneficenza‰; assistere „soggetti a rischio‰. Beneficenza significa dar vita a interventi„lenitivi30‰.

DÊaltro canto la missione del fascismo, ampiamente divulgata dalla retorica giovanilistica del tempo, è quel-la di forgiare la nuova razza; diviene quindi necessario impiegare tutti i mezzi nellÊeducazione dei giovanicittadini piuttosto che nel soccorso dei vecchi. La Carta del Lavoro, promulgata nel 1927 con lÊintento diorganizzare il lavoro, lÊassistenza e la previdenza nellÊambito del nuovo stato corporativo fascista, non toccain nessun punto il tema della vecchiaia. Con Regio Decreto 27 marzo 1933, n. 371 il regime codifica la pro-pria summa di legislazione sociale in un Testo Unico. LÊanno seguente è approvato, con Legge 1 marzo 1934,n. 766 lo statuto dellÊIstituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale (I.N.F.P.S.). Degna di menzione è invece, nel mare magnum dellÊattività legislativa fascista, la Legge 3 giugno 1937, n.847 che sopprime le vecchie Congregazioni di Carità soppiantandole con gli Enti Comunali di Assistenza(E.C.A.), istituzioni assistenziali locali destinate a durare per qualche decennio. Tali nuovi enti acquisisco-no l'intero patrimonio delle Congregazioni di carità e, dotati di proprio statuto, si pongono lo scopo di„assistere gli individui e le famiglie che si trovino in condizioni di particolare necessità31‰ e di promuovereil coordinamento delle varie attività assistenziali esistenti nel comune. Gli E.C.A. sono amministrati da uncomitato presieduto dal podestà coadiuvato da un rappresentante del fascio di combattimento, designatodal segretario del fascio, dalla segretaria del fascio femminile, esponenti delle associazioni sindacali nomi-nati dal prefetto32, composizione che ovviamente varierà dopo la caduta del regime fascista33. Il consegui-mento degli scopi assistenziali è assicurato „a) con le rendite del suo patrimonio e di quello delle istituzio-ni pubbliche di assistenza e beneficenza che esso amministra e che non siano destinate a particolari fini isti-tuzionali; b) colle somme che gli sono annualmente assegnate sul provento della addizionale istituita colRegio decreto legge 30 dicembre 1936, numero 217134‰ oltre che dalle somme che annualmente provengonodalle amministrazioni pubbliche e dai privati.I compiti dell'E.C.A. sono ampi, lÊutenza comprende bambini ed anziani, e si esplicano mediante l'eroga-zione di sussidi in denaro o in natura od il pagamento delle spese di ricovero. Di conseguenza molteplicisono le forme di intervento: pasti e soccorso invernale ai poveri, ricoveri notturni, invio di bambini biso-gnosi alle colonie marine e montane, assistenza ai poveri invalidi presso ospedali, ricoveri, istituti assisten-ziali, orfanotrofi, sussidi in denaro ai patronati scolastici, contributi ai disoccupati mediante erogazione disussidi, generi di conforto o contributi in denaro. A livello di organico gli Enti Comunali di Assistenza non

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dispongono di personale proprio, ma impiegano il personale comuna-le opportunamente distaccato.Se da un lato il pesante fardello burocratico-assistenziale ereditato dalregime non facilita alla nuova Repubblica lÊadozione, almeno sulpiano pratico, di formule estremamente innovative, dallÊaltro la cadu-ta delle opprimenti recinzioni ideologiche consente al nostro paese unacerta permeabilità nei confronti di quei principi assistenziali e previ-denziali applicati nei paesi più evoluti. La Repubblica nasce anche conalcune sperimentazioni politiche e progettuali di indiscusso interesse.Basti pensare, per esempio, al governo provvisorio dei Comitati diLiberazione Nazionale (C.L.N.) ed in particolare allÊazione svolta dalC.L.N. regionale lombardo. Particolarmente intensa è stata allÊinternodel C.L.N. regionale lÊattività dei commissariati, istituti omologhi deiministeri, ed in molti settori di intervento commissariale sono scaturi-ti progetti decisamente avanzati. Alcuni esempi: un principio di assi-stenza pubblica sburocratizzata fondata su ampio decentramentoamministrativo; studi legislativi sulla riforma della previdenza socialee sulla riforma dei codici di diritto e di procedura penale; progetti di autonomia per la scuola lombarda esoprattutto, una proposta di riforma sanitaria di respiro regionale che per modernità di impianto sembraanticipare lÊattuale ruolo in materia sanitaria svolto dalla Regione Lombardia e dalle A.S.L. locali. La sta-gione dei C.L.N. ha vita molto breve, ma il seme darà nel tempo qualche frutto.Lo sforzo principale della neonata Repubblica è quello di superare definitivamente il principio caritativo-elemosiniero, sancito da alcuni importanti articoli della nuova Costituzione, a favore di principi di sicu-rezza e protezione sociale applicati però in maniera ancora confusa. Nella pratica lÊorganizzazione previ-denziale ed assistenziale non subisce modifiche sostanziali; nellÊimmediato secondo dopoguerra permane unquadro complessivo estremamente frammentato ed arretrato caratterizzato da alcuni dati sconfortanti: „oltre40.000 organi di livello nazionale, regionale, locale investiti di pubbliche funzioni in materia di assistenza(suddivisi su competenze dirette di ben 13 diversi ministeri35‰. Per quanto concerne il settore previdenzialesopravvive ancora per qualche tempo la Legge 1919/603 mentre lÊapparato assistenziale continua a ricono-scere come fondamento legislativo la legge Crispi definitivamente superata solo con la Legge 8 novembre2000, n. 328.˚ pur vero che in questÊultimo settore si sviluppa, proprio nel secondo dopoguerra, un dato di novità insenso organizzativo e concettuale: il servizio sociale. Esso, come ricorda Scassellati, conosce il suo periododi sviluppo „tra il 1950 e il 1970 con la fase espansiva del ciclo economico del dopoguerra, che in Italia sicaratterizza con due momenti: il primo del miracolo economico; il secondo della programmazione e del-lÊautunno caldo37‰. Proprio negli anni Settanta del secolo scorso, in un periodo di forte contestazione e con-flittualità sociale, si giunge al varo di un provvedimento legislativo che procederà ad una riforma del setto-re sanitario-assistenziale istituendo il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.). Il provvedimento in questione èla Legge 23 dicembre 1978, n. 833. LÊattività legislativa conseguente inizierà a riservare unÊattenzione sem-pre più continua al problema degli anziani38. SullÊonda dei cambiamenti e del nuovo sistema assistenzialevarato con le nuove leggi di settore gli E.C.A. vengono soppressi e le loro funzioni, competenze, personalee beni sono trasferiti al comune in cui gli enti medesimi avevano sede. Le leggi che decretano la fine degliEnti Comunali di Assistenza sono il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e la Legge Regionale 9 marzo 1978, n. 23.Si chiude definitivamente unÊepoca.

Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto (1698-1767) I tre mendicanti (s.d.). Il Pitocchetto, presenza di rilievo nell’ar-te del Settecento, amava ritrarre la gente del popolo, i miserabili e di ognuno ne scopriva l’identità. Una scelta

decisamente rivoluzionaria, questa, perché non era prerogativa delle classi misere avere un’identità ed unaraffigurazione; ogni miserabile affogava fluidamente nel mare dell’anonimato, quasi della non-esistenza. Sono

individui come quelli ritratti in questo quadro a rappresentare l’utenza delle Case d’Industria e di Mendicità.

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Angelo Morbelli (1854-1919) Festa di Natale dei dimenticati (1903). Un potente taglio di luce, quasi un raggio di vita e di salvezza, colpisce i vecchi seduti col capo suibanchi. Il senso di abbandono, di solitudine, di emarginazione è totale. In più vi è un elemento di silenziosa disperazione rappresentato dall’immagine di un vecchioche si staglia sullo sfondo con la braccia alzate contro il muro in un atteggiamento forse di pianto o forse di rabbiosa disperazione. È un’immagine terrificante dell’ospi-zio tardo ottocentesco.

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I luoghi dell’accoglienza

Con lÊetà moderna il controllo sociale è assicurato in due forme: la sorveglianza stretta sullÊaccattonaggio,attuato con il sistema delle licenze o patenti di mendicità39, e la segregazione. QuestÊultima

assume i suoi connotati definitivi nel corso del Seicento, quando lÊisolamento deipoveri, successivo a quello dei lebbrosi dellÊetà medievale e contemporaneo a quellodei dementi, diventa un fenomeno diffuso in tutta Italia. Ci si convince che per risol-vere il problema dellÊindigenza sia indispensabile raccogliere tutti i miserabili allÊin-terno di enormi stabilimenti. Nascono così i grandi ospedali e gli alberghi dei poveri.La solita paura del diverso giustifica sul piano morale la reclusione di consistenti set-tori della popolazione europea40.

A Roma, capitale della cristianità, verso la fine del Seicento risulta attivo lÊospizio sistino, una struttura asi-lare specializzata nellÊaccoglienza di vecchi indigenti, ma i criteri di accesso sono particolarmente rigidi:

Per accedere a questÊultimo i mendici dovevano essere „esaminati‰ dai membri dellacongregazione. Dinanzi ad un notaio, oltre a dichiarare lÊetà, le persone anziane dava-no risposta a quattro domande: se avessero adempiuto allÊobbligo dei sacramenti e seerano a conoscenza delle principali preghiere, qualÊera stata la loro attività in passatoe da quanto tempo risiedevano a Roma, se avevano figli e, infine, se erano in posses-so di denaro o di immobili. I registri che elencano e contengono questi „esami‰ rive-lano uno degli aspetti più duri della realtà romana [ma non solo] del tempo. Uominie donne che, a causa dellÊetà non potevano più lavorare, abbandonati dai parenti piùprossimi o rimasti soli, ai quali era rimasta una sola speranza: „vivere gli ultimi annie morire‰ nel luogo di ricovero. Nella seconda metà del 1694, 101 vecchi ottennero ilpermesso di „vivere gli ultimi anni‰ nellÊospizio41.

Il ricovero sistino è un modello esportabile in altre parti dÊItalia. LÊaccesso alle strutture di accoglienza nonè mai automatico per gli emarginati, questi ultimi si devono „guadagnare‰ lÊattenzione delle istituzioni filan-tropiche e delle varie congregazioni deputate ai compiti di carità. LÊumanità sembra composta da due schie-re: coloro che possono essere redenti e coloro che non possono esserlo.Per incontrare il primo atto legislativo ufficiale in grado di delineare un modello istituzionale di interven-to assistenziale a favore della „terza età‰ dobbiamo spostare lo sguardo sulla storia inglese e tornare indie-tro di qualche anno. La legge in questione è il Poor Relief Act, emanata nel 1601. DÊora innanzi lÊesperienza

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anglo-sassone andrà distinguendosi per una maggiore sensibilità pubblica verso le tematiche assistenziali. IlSeicento è anche il periodo „in cui nasce a Parigi lÊHotel des Invalides. Per la prima volta nella storia, inquesto secolo ÿpessimistaŸ, lo Stato si occupa in gran pompa dei suoi servitori dopo il loro ritiro, anche sesolo di 1.500 eletti42‰.Il Poor Relief Act favorisce lÊistituzione di numerose strutture asilari e lÊinizio di un a nuova esperienza inmateria di accoglienza: nascono in Inghilterra le Home Work o Workhouses, ricoveri per emarginati di variotipo che assicurano ai propri ospiti vitto e alloggio in cambio di lavoro. Tale modello asilare si diffonde intutta Europa generando istituzioni omologhe come lÊHôpital Géneral ed il Depôt Géneral in Francia, laZachthaus in Germania, le Case dÊIndustria, di Ricovero e di Mendicità in Italia. Tra il XVIII e XIX secolotrova collocazione in tali strutture unÊutenza composita e disperata: vecchi e giovani indigenti, sovente dedi-ti allÊaccattonaggio, vagabondi senza fissa dimora, emarginati di vario tipo. Tra ottimismo razionalistico eslanci filantropici delle classi dominanti questi poveri derelitti sono ancora considerati una „merce‰ guastada nascondere o da sanare ed il conseguente ricorso allÊistituzionalizzazione è fondamentalmente coatto erepressivo. Le strutture di ricovero ed accoglienza si adeguano alle leggi di pubblica sicurezza già molto seve-re nei confronti dei questuanti e dei vagabondi.Agli inizi dellÊOttocento, il secolo che segue il periodo „dei lumi‰ e che segnerà profondi cambiamenti nellastoria europea, i vecchi poveri sono ancora dei cittadini senza patria. LÊarticolo 2 del capitolo settimo delRegolamento delle pie case di ricovero ed industria della regia città di Verona, una raccolta di norme redat-ta attorno al 1816, così recita: „Per tutte le altre mancanze i Ricoverati si puniscono o colla privazione dellarazione giornaliera di carne nei giorni di grasso, o di quella di formaggio od altro nei giorni di magro pertutto quel tempo che viene destinato dal Direttore, o con la reclusione nelle Sale di disciplina, o con lÊe-

Angelo Morbelli (1854-1919) Giorno di festa (1892). L’immagine di questo quadro stride profondamente con ilsuo titolo:”Giorno di festa”. Anche qui la luce è solo accennata. Forse è lo stesso ambiente riprodotto nell’illu-strazione precedente ma visto da un’altra angolazione. Un quadro che diviene anche una fonte di informazioni,uno sguardo all’interno dei vecchi ospizi di cui abbiamo poche immagini e poche rappresentazioni. Gli anzianidell’ospizio indossano una divisa, un obbligo che si ritrova frequentemente nei regolamenti ottocenteschi. Ladivisa diviene il segno delle istituzioni totali (carceri, manicomi, riformatori, caserme) dove l’individuo è annulla-to, omologato, ridotto ad una piccola ed insignificante parte di un grande ingranaggio.

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spulsione finalmente dallo Stabilimento44‰. Nella civilissima Parigi, capitale di respiro europeo, ancora a metà Ottocento vige negli ospizi cittadini perpoveri il ferreo criterio di separazione dei sessi: „La vecchiaia ritrova i suoi asili separati pei differenti sessi,ed anche uno ve nÊè ove due vecchi sposi possono starvi uniti e terminare agiatamente la loro carriera45‰.Dal tono con cui lÊautore si esprime, sembra che la possibilità di accogliere una coppia di vecchi sposi rap-presenti un servizio estremamente innovativo per il tempo, lÊeccezione che conferma la regola.Una lettura, anche superficiale, ai Regolamenti ottocenteschi di alcune istituzioni di ricovero lombarde nesvela la solida impostazione custodialistico-repressiva46. La rigida disciplina interna sancisce la separazionetra i sessi, lÊobbligo di indossare unÊuguale divisa per tutti gli ospiti, di portare capelli corti e barba rasata,legittima il mantenimento di camere di punizione e tollera delle sporadiche e brevi libere uscite. LÊimmagineche ne emerge è quella di una catena di istituti correzionali finalizzati al controllo sociale.Vale la pena citare alcuni stralci dai Regolamenti interni delle Case di accoglienza per avere unÊimmediatarestituzione del rapporto ospite-istituzione; sembra di entrare in un bagno penale:

Presso la casa dÊindustria di Como vi sono ÿdue sale di disciplina: lÊuna per gli uomi-ni; lÊaltra per le femmineŸ. Le punizioni sono comminate dallÊEconomo e variano da1 a 5 giorni di detenzione. Il punito ÿviene privato degli alimenti, eccetto della por-zione di pane e dellÊacqua bisognevoleŸ. Tale punizione vale sia in ÿcaso di insubor-dinazioneŸ, sia per chi ÿpromuove disordini o atti contrari al buon costumeŸ, sia perchi ÿingiuria o percuote altro ricoveratoŸ, sia per chi ÿsi introduce in luogo riservatoa diverso sessoŸ. Per tutte ÿle altre colpe o delittiŸ lÊospite viene tradotto davanti aicompetenti tribunali. Nelle Pie Case di Ricovero di Milano è prevista ÿunÊassoluta fer-mezzaŸ per garantire ÿil rispetto della subordinazione, ovvero il cardine principale permantenere la tranquillità e il buon ordineŸ. Viene punito chi si sottrae allÊobbligo direcarsi in chiesa o chi ÿesce prima del tempoŸ o chi promuove o intona discorsi o cantiÿcontro la Chiesa, il Sovrano e il suo Governo o contro le leggiŸ. Anche nel Ricoverodi Mendicità di Milano vengono previsti trattamenti di segregazione, al limite a paneed acqua. La comminazione delle pene spetta al Direttore. Al Pio Albergo Trivulzio lepunizioni vanno dallÊammonizione, alla privazione del vino e del passeggio, alla per-dita del guadagno fino allÊespulsione. Simili punizioni sono previste anche neiRicoveri di Brescia, Bergamo mentre in quello di Reggio Emilia vengono comminatepene anche in ÿcaso di trascuratezza del vestito, degli utensili, del lettoŸ47.

Con il passare del tempo le Case di Lavoro e dÊIndustria sostituiscono alla loro funzione originaria di offri-re lavoro ai diseredati quella più propriamente assistenziale di ricovero e organizzano al loro interno infer-merie geriatriche in grado di accogliere malati cronici ed anziani. Sulle condizioni igieniche e di vivibilitàdi tutte queste strutture è difficile avere un quadro complessivo. ˚ lecito pensare che non tutte fossero insufficienti condizioni se è vero, come è dimostrato, che anche nella nobile e civile Venezia la locale Casa diRicovero lamenta, a metà Ottocento, lÊeccessiva vicinanza delle latrine ai dormitori e la poco funzionale con-vivenza tra allettati e deambulanti nelle stesse zone dormitorio. LÊistituto residenziale veneziano accoglie inquesto periodo circa 760 ospiti, un numero consistente che pone necessariamente il problema della vivibi-lità degli spazi. Così si esprime il canonico Ambrosoli in una relazione del 1847:

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Il certificato di povertà o attestato di miserabilità, rilasciato dal sindaco, conferiva al cittadino lo status di miserabile con conseguente possibilità di essere ammessogratuitamente in strutture di accoglienza (ospizi, orfanotrofi, ospedali ecc.). Ancora oggi l’attestato di povertà rientra nelle certificazioni richieste dai comuni (ArchivioStorico della Fondazione “Istituto Bregoli-O.N.L.U.S.”).

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Oseremmo solo accennare ad un inconveniente, ed è la troppa prossimità delle latri-ne ai dormitori, che per altro abbondano di ventilatori ben distribuiti. Se la località siprestasse ad una riforma, io oserei proporre quella praticata a Genova nellÊalbergo deipoveri, ove senza aumento di disagio ai ricoverati è affatto impedita ogni esalazionenegli ambienti del locale. Non accenneremo infine né alla promiscuità in uno stessodormitorio dei decumbenti cogli ambulanti, né al cibo amministrato e spesso conser-vato nei dormitori, né al possibile tentativo di adoperare, non fossÊaltro per evitar dellenoie, a qualche tenue lavoro quelle mani vecchie e storpie; giacchè sappiamo volersiappunto adoperare a queste riforme il nuovo fabbricato che si sta erigendo48.

Non è difficile immaginare la vita nelle vecchie camerate dormitorio perennemente immerse in un effluviodi miasmi nauseabondi. Il problema dellÊigiene delle latrine in ospizi ed ospedali permane fino alle sogliedel Novecento e le parole del dottor Canalis, pronunciate dalle pagine de ÿLÊIgiene ModernaŸ oltre mezzosecolo dopo, sono alquanto eloquenti:

Tutti sappiamo che un cesso mal costrutto o mal tenuto, a parte lÊesalazione di gasnauseanti che rendono lÊaria meno respirabile e disgustosa, può essere una sorgenteinfettiva assai pericolosa di tifo, colera e dissenteria. Per convincercene non abbiamoche da visitare i cessi pubblici delle nostre stazioni ferroviarie [⁄]. Pur troppo nellestesse condizioni delle latrine delle stazioni ferroviarie si trovano quelle di molte abi-tazioni collettive (ospizi, caserme, scuole, ospedali), dei vagoni ferroviari e di nonpoche abitazioni private. [⁄] Confessiamolo a nostra vergogna. Non è il nostro popo-lo ineducabile, siamo noi, classi cosidette dirigenti, che non abbiamo la pazienza dieducarlo. Intanto, poiché non è possibile ottenere di botto quellÊeducazione che è frut-to di lunga propaganda, dobbiamo aumentare la vigilanza sulle latrine e specialmentesu quelle delle abitazioni collettive49.

Nel suo saggio intitolato Elogio della Vecchiaia, dato alle stampe nel 1895, il medico e scrittore PaoloMantegazza tenta una rivalutazione della „terza età‰ in forma del tutto originale e nuova con lÊintenzionedi rimuovere attorno ad essa quellÊalone di tragicità e dannazione propri del senso comune del tempo. Bastascorrere le pagine del libro dove Mantegazza delinea lÊimmagine del gerocomio ideale51, leggere al contrarioogni concetto utopico espresso dallÊautore, per rendersi conto della vera realtà dellÊospizio. Nello stessoperiodo il pittore Angelo Morbelli realizza una serie di tele raffiguranti la desolante vita allÊinterno del PioAlbergo Trivulzio di Milano: sono immagini potenti di sofferenza, desolazione ed emarginazione. ˚ il voltoterrificante dellÊospizio, quello vero e non utopico, ad essere rappresentato dal pennello di Morbelli.LÊOttocento è anche il secolo in cui, grazie ai generosi slanci della carità privata, si assiste nel territorio bre-sciano ad un rapido aumento di ospedali comunali. Tra il 1862 ed il 1920 sorgono nella nostra provincia16 nuovi ospedali. Questi piccoli nosocomi devono però cimentarsi con gli alti costi della moderna prati-ca sanitaria che di fatto riduce sensibilmente la loro possibilità di intervento52. Si delinea così una rete diassistenza sanitaria, assai squilibrata qualitativamente e geograficamente, suddivisa tra ospedali cittadini,moderni nella gestione sanitaria ma sovraffollati nei reparti, ed i nosocomi comunali di provincia destina-ti ad accogliere prevalentemente pazienti affetti da infermità croniche al punto da divenire istituzioni ibri-de, a metà tra lÊospedale ed il ricovero, tra lÊambulatorio e lÊospizio. Sarà questa rete di nosocomi comuna-

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li a trasformarsi, nel corso del Novecento, in strutture per anziani dando luogo al fondamento di quella cheoggi conosciamo come la rete delle Case di Riposo.La funzionalità delle strutture di accoglienza per anziani inizia ad essere messa in seria discussione a caval-lo degli anni Quaranta del Novecento quando i progressi medici ed i germi della nascente disciplina geria-trica ne mettono a nudo lÊanacronismo e la disumanità. Con un simile retaggio alle spalle non stupisce, maduole, che ancora oggi in forma gergale e dialettale la Casa di Riposo sia chiamata da molte persone nongiovani con il termine „ricovero‰: lo spettro antico del luogo senza speranza continua a vivere nellÊimma-ginario di molti.Il secondo dopoguerra rappresenta uno spartiacque, un momento di svolta. Proprio nel periodo successivoal conflitto, in una fase di rinascita economica e sociale, inizia il tentativo di superare i tradizionali model-li istituzionali con uno sguardo attento a soluzioni meno totali se non addirittura extraistituzionali. Risaleinfatti ai primi anni del periodo post-bellico la nascita e lo sviluppo dei servizi domiciliari53 i quali, sortiinizialmente per offrire servizi alle famiglie, in un secondo tempo divengono, attorno agli anni Sessanta,servizi per anziani. Frattanto i trend di crescita della popolazione anziana spingono i governi occidentalinon solo ad intervenire in forma legislativa e finanziaria sui servizi di Home Care, ma anche a considerarequesti ultimi come alternativa allÊistituzionalizzazione sia sociale che sanitaria.In questo periodo, sopra le ceneri provocate dalla guerra, si ripristinano le strutture e le infrastrutture, ripar-te l'economia, si ricostruiscono i sistemi politici e sociali distrutti dal totalitarismo, si ricompongono lenazioni con nuove costituzioni tutte ispirate alla democrazia. L'obiettivo dell'affermazione dei diritti dei cit-tadini diventa uno degli scopi principali degli stati contemporanei, non solo dei diritti politici, ma anchedei diritti sociali.La Costituzione repubblicana italiana pone lo stato non più come lÊarbitro, ma come parte attiva nel garan-tire lÊuguaglianza dei cittadini. LÊarticolo 3 della carta costituzionale recita: „Compito della Repubblica èrimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono lÊuguaglianza dei cittadini‰. Un principio deci-samente moderno ed avanzato. Ma tra lÊaffermazione dei diritti e la loro esigibilità effettiva bisognerà atten-dere ancora. Nonostante lÊincedere di una mutata sensibilità nei confronti degli anziani, il panorama gene-rale italiano relativo alle strutture di accoglienza si muove con estrema lentezza. Emerge, anche nei dibattiti nelle sedi istituzionali più alte, quanto il paese sia in ritardo ed inadeguato versoil mondo degli ospizi e quanto risulti difficilmente sradicabile il concetto di beneficenza a favore del piùattuale e moderno concetto di assistenza. Il 12 aprile 1967 in seno ad un dibattito accesosi allÊinterno dellaII commissione parlamentare della camera dei deputati, il deputato La Bella alza la propria voce con paro-le che sintetizzano un clima di totale anacronismo:

Il problema è [⁄] che non è più possibile continuare a prestare lÊassistenza in questaforma [elargizione di contributi in denaro], come se fosse beneficenza; la parola bene-ficenza deve essere cancellata dal nostro vocabolario, dato che lÊassistenza è un doveredella collettività nei confronti di chi ha bisogno, dovere sancito dalla Costituzione.Oggi la situazione in questo campo è (lasciatemelo dire) veramente drammatica; hovisitato recentemente alcuni ospizi per vecchi ed ho trovato che la loro situazione, illoro modo di vivere è veramente vergognoso per una nazione civile. I vecchi dovreb-bero concludere la loro vita in modo dignitoso e non certo nel modo in cui la con-cludono oggi in Italia54.

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Le autorità pubbliche non sembrano cogliere lÊurgenza del cambiamento, o meglio, non dimostrano soler-zia nel dare concrete risposte ad una società che sta rapidamente mutando. Ancora nel 1968 una circolaredel Ministero degli interni comunica:

Bisogna promuovere lÊammodernamento della denominazione degli istituti che abbia-no ancora intitolazioni antiche e superate (mendicicomio, ospizio e simili) di talchèsi pervenga nella generalità dei casi a una indicazione che non sia mortificante per lasensibilità degli assistiti e meglio si addica ai moderni principi dellÊassistenza sociale,quale quella di ÿcasa di riposoŸ, seguita eventualmente da altri nomi, come ad esem-pio quello del Santo protettore55.

Una disposizione che non modifica nulla se non nellÊaspetto esteriore, allÊammodernamento delle denomi-nazioni non corrisponde quello delle strutture. Gli anni Cinquanta e Sessanta vivono spesso scontri sociali e tentativi di forte limitazione, basti ricordarele lotte per il lavoro o le riforme non concretizzate. Sono anni di profondi mutamenti sociali: il boom eco-nomico, le lotte operaie e studentesche che ampliano il campo dei diritti sociali e civili; l'entrata sulla scenadelle regioni che allarga il quadro istituzionale. I cambiamenti economici, sociali, istituzionali e politici por-tano all'evoluzione del sistema sociale e allo sviluppo del cosiddetto Welfare State: cioè lo stato diviene pro-tagonista attivo delle politiche sociali.Negli anni Sessanta ancora manca una politica per l'anziano e questo soggetto resta uno degli esclusi da que-sto modello. Regna ancora molto centralismo e le nuove istituzioni, le regioni, non riescono allÊinizio adesercitare un ruolo preciso nelle politiche sociali restando ancora lontane da bisogni delle comunità locali.Per quanto riguarda le strutture per anziani si può dire che esse, salvo eccezioni, rimangono ancora fermeal modello ottocentesco. Lo stato non investe in questo campo e le regioni sono lungi dal possedere chiariprogrammi e concrete risorse.Per attendere lÊinizio di un graduale e rilevante processo di metamorfosi degli ospizi è necessario attendereil varo della Legge 11 marzo 1988, n. 67 con il successivo D.P.C.M. 22 dicembre 1989 dove finalmente vieneproposta una nuova tipologia di struttura: la Residenza Sanitaria Assistenziale (R.S.A.). La definizione delD.P.C.M. 22 dicembre 1989 così definisce la R.S.A.:

Si definisce residenza sanitaria assistenziale una struttura extraospedaliera finalizzata afornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anzia-ne prevalentemente non autosufficienti. Presupposto per la fruizione della residenzasanitaria assistenziale è la comprovata mancanza di un idoneo supporto familiare checonsenta di erogare al domicilio i trattamenti sanitari continui e lÊassistenza necessa-ria56.

La legge definisce anche i nuovi criteri strutturali cui devono ispirarsi le residenze per anziani:

Il rispetto della condizione delle persone anziane accolte nelle residenze, sulla basedelle analisi delle esigenze che esse presentano, nonché alla luce di esperienze italianeed internazionali, implica una concezione architettonica e spaziale di tipo nuovo, attaa ricreare allÊinterno della struttura condizioni di vita ispirate a quelle godute dagli

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ospiti al proprio domicilio. Le soluzioni progettuali se ne debbono fare carico, pro-ponendo la individuazione di spazi privati e personalizzati – articolati per piccolinuclei di ospiti, di dimensioni modulari rispetto agli standard dei servizi appresso spe-cificati – e di spazi comuni per attività varie. Nel loro insieme le soluzioni debbonoconfigurare, a scala di residenza, un tessuto abitativo articolato in cui siano presenti,accanto alle camere e alloggi, sostitutivi delle abitazioni, zone dedicate alle relazionisociali, collegamenti tra le varie aree per agevolare la mobilità dei presenti e spazi riser-vati ad attività occupazionali e di laboratorio per impegnare fattivamente gli ospitisecondo le loro esperienze ed attitudini57.

Siamo di fronte ad un concetto di tipo nuovo che mette finalmente lÊanziano al centro di ogni cosa, nonpiù soggetto passivo di carità o di elemosina, ma soggetto attivo titolare di diritti: un cittadino come glialtri. La sigla R.S.A. sta a significare che innanzi tutto questa struttura ha carattere residenziale. La R.S.A.è per l'anziano una nuova residenza in cui si è trasferito, cambiando "solo" indirizzo senza perdere i suoidiritti di cittadino. Quindi al nuovo indirizzo dovrà ricostruire il suo ambiente dove dovrà vivere nel tempoche gli rimane. Pertanto lÊanziano porterà dentro la struttura il suo vissuto, le sue relazioni, i suoi affetti,coniugandoli con la nuova situazione e le nuove aspettative. La R.S.A. sembra essere molto vicina a quelconcetto di gerocomio ideale formulato più di un secolo prima dallÊeclettico professor Paolo Mantegazza.Bisogna però giungere sino agli inizi degli anni Novanta per assistere alla fase più propriamente operativa.Il 30 gennaio 1992 il Parlamento approva una risoluzione che pone lÊavvio del progetto obiettivo naziona-le „Tutela della salute degli anziani‰ successivamente recepito dagli ordinamenti regionali, un programmadai molteplici punti qualificanti come:

- la priorità degli interventi domiciliari;- lÊistituzione dellÊUnità di Valutazione Geriatria (U.V.G.)58;- lÊistituzione delle Residenze Sanitarie Assistenziali.

Il legislatore pone così in essere una rivoluzione nel settore delle strutture di accoglienza per anziani rico-noscendo ai soggetti anziani una serie di bisogni ai quali rispondere con una molteplicità di servizi. Gli ele-menti qualificanti della R.S.A. sono da un lato la duplice valenza sanitaria ed assistenziale e dallÊaltro la pos-sibilità di inserirsi nella rete dei servizi territoriali per la terza età. Una scelta ispirata al modello delle nur-sing home, termine internazionale „che identifica strutture residenziali per soggetti disabili e dipendenti chenecessitano di assistenza continuativa59‰.Più in specifico, il Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.) della Regione Lombardia definisce la R.S.A. comeuna struttura destinata alla riabilitazione generica di primo livello per anziani non autosufficienti, attivitàfinalizzata a mantenere il paziente al più alto grado di autosufficienza possibile. Il P.O.A. sottolinea inoltreche i potenziali utenti sono persone che „non possono essere più assistite a domicilio e non presentano pato-logie acute o necessità riabilitative tali da richiedere il ricovero in ospedale o in istituti di riabilitazione(I.D.R.)‰.Gli obiettivi fondamentali della R.S.A. sono due:

„rendere‰ il più possibile lÊambiente di vita simile a quello domestico: è questa la sostanziale differenza traospedale e R.S.A.;

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strutturare lÊambiente in funzione della disabilità e dipendenza del paziente61.

Negli ultimi anni molteplici elementi di rinnovamento hanno dunque mutato la fisionomia tradizionaledelle vecchie Case di Riposo in maniera quasi radicale62 mentre un dato di fatto sembra ormai acquisito: ilGeronte ha ed avrà un peso sempre più rilevante nella nostra società. Parallelamente a ciò lÊuomo anzianoviene a trovarsi più che mai al centro dellÊattenzione di discipline che ne indagano lÊaspetto fisico-biologi-co, interiore ed etico. Ecco così la senescenza conquistarsi spazio sempre maggiore agli occhi della geronto-logia, della geriatria, della psicogeragogia, della gerotrascendenza e della tanatologia. Forse ha ragione MarioBarucci quando sostiene che „le soluzioni non devono essere trovate moltiplicando i servizi per i vecchi, mainsegnando ai giovani a prepararsi una vecchiaia che sia il più possibile indipendente dai servizi63‰.La popolazione mondiale aumenta ed invecchia ed il nostro paese è connotato come quello più „vecchio‰tra le nazioni occidentali. Il processo di invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppatidellÊOccidente ha assunto in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, per rapidità ed intensità, i tratti di unvero e proprio caso demografico. Se in passato la vecchiaia era il traguardo conseguente ad una dura sele-zione messa in atto da ostacoli socio-ambientali, lavorativi ed igienico-sanitari oggi, almeno nei paesi piùsviluppati, non è più così. Alla soglia della terza età giunge ormai un alto numero di persone anche se, aidati quantitativi riportati dalle statistiche demografiche non sempre corrispondono considerazioni confor-tanti sulla qualità di vita dei cittadini-anziani. Siamo un paese di longevi e dunque di vecchi: „Un peso cosìelevato degli anziani (attualmente una persona su cinque) è del tutto inedito nella storia dellÊumanità inpopolazioni comparabili: una sfida completamente nuova per le società moderne. E lÊItalia sarà la puntaavanzata di tale cambiamento64‰.Il regno dei Geronti porterà significativi cambiamenti. Come giustamente ha osservato Volpi „ci sarannotantissimi anziani al posto dei giovani che diventeranno sempre meno, le classi di età maggiormente ripro-duttive e produttive si assottiglieranno, gli squilibri demografico-territoriali si aggraveranno, e i problemisaranno tuttÊaltri da quelli di oggi, ma ancora più seri e difficili. Non è da escludere neppure che tra i pro-blemi che allora si presenteranno ci sarà anche quello di come fare a ricostituire una popolazione equili-brata per tornare a coltivare prospettive che non siano di sola sopravvivenza65‰. Le R.S.A. sono ormai inve-stite da un processo di evoluzione ed adattamento alle dinamiche sociali che può ritenersi a pieno titolo„incessante‰ se non, in alcuni casi, „logorante‰. La corsa ai nuovi adeguamenti ha imposto agli Enti Gestoridelle Case di Riposo nuovi e pesanti oneri finanziari per la realizzazione dei nuovi Piani di Adeguamentovoluti dalla Regione Lombardia. Risulta chiaro che, in un modo o nellÊaltro, gli Enti Gestori dovranno farquadrare i propri bilanci puntando su maggiori entrate e ricorrendo a tagli finanziari, se non allÊaumentodelle rette di degenza. Le R.S.A., quali componenti ed attori del nuovo sistema di servizi, non potranno esi-mersi dal sottoporsi a quel processo di aziendalizzazione che è una caratteristica peculiare del welfare com-munity. La possibilità di sopravvivenza allÊinterno del sistema sarà strettamente dipendente dal livello dicompetitività espresso da ogni singolo attore, R.S.A. comprese. Nel contempo le Residenze per anzianidovranno trasformarsi in misura sempre più crescente da „luoghi di produzione monotona di residenziali-tà continuativa a Centri Multiservizi66‰. Gli ospizi sono ormai un lontano ricordo e le nuove strutture resi-denziali per anziani, simili sempre più ad ospedali e sempre meno a residenze, devono affrontare le nuovesfide, i cambiamenti sociali e quelli istituzionali, le nuove norme regionali, le nuove leggi di settore. Doposecoli di stasi il quadro che si profila è quello di una piccola rivoluzione permanente.

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NOTE

1 SIMONE DE BEAUVOIR, La terza età (titolo originale La vieillesse), Torino, Einaudi, 2002.2 GEORGES MINOIS, Storia della vecchiaia. DallÊantichità al Rinascimento, Bari, Laterza, 1988, p. 18.3 TERENZIO, Phormio, 4, I, 9.4 GIOVENALE, Satirae, II, 45.5 Per un approfondimento su questo tema si veda: UMBERTO MATTIOLI; Senectus: la vecchiaia nel mondo classico, Bo -

logna, Patron, 1995.6 La cultura medievale non di rado vede nel corpo il simbolo ossessivo di un immaginario collettivo: un corpo deforme, pre-

cocemente invecchiato e corroso da mille morbi è il simbolo fatale di un universo corruttibile al quale non è dato sottrar-si. Sul tema vedasi: PIERO CAMPORESI, La carne impassibile. Salvezza e salute fra Medioevo e Controriforma, Milano, IlSaggiatore, 1991.

7 G. MINOIS, Storia della vecchiaia, cit., p. 10.8 LUCIANO NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰. I primi quarantÊanni dellÊospizio di

S.Michele degli invalidi, in AA.VV., LÊospedale dei pazzi di Roma dai papi al Â900, vol. II, a cura di FRANCA FEDELI BER-NARDINI, ANTONIO IARIA e ALESSANDRA BONFIGLI, Bari, Edizioni Dedalo, 1994, p. 339.

9 L. NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰, cit. p. 340.10 L. NASTO, ibidem.11 „Sono le esigenze centralizzatrici del nuovo Stato che si trova ad amministrare realtà economiche e sociali fortemente dif-

ferenziate; sono le esigenze di controllo delle ÿmasse affamateŸ e, poi, di integrazione sociale quando tali masse invierannoin parlamento i propri rappresentanti che pilotano tale processo‰ (GUGLIELMO GIUMELLI, Anziani e assistenza. Dallacarità verso la sicurezza sociale, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 59).

12 Gli aiuti consistono prevalentemente in indumenti e combustibile per lÊinverno.13 La legge napoleonica del 20 agosto 1808 bandisce lÊaccattonaggio.14 GUGLIELMO GIUMELLI-MASSIMO BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per

una storia dellÊassistenza in ÿMarginalità e societàŸ, n. 19, 1991, p. 74.15 Convinto assertore dellÊutilità di una Cassa di rendite vitalizie per la vecchiaia, Cavour lavora ad un progetto che si tramuta

nella Legge 15 luglio 1859, n. 3595. La finalità è quella di assicurare alle classi lavoratrici più povere una rendita per la vec-chiaia senza pesare sullÊerario dello Stato. LÊistituto purtroppo non entrerà in funzione (G. GIUMELLI, Anziani e assistenza,cit., pp. 71-72).

16 Questo codice sostituisce il precedente emanato il 3 settembre 1803.17 Codice Penale dei crimini, dei delitti e delle contravvenzioni colle ordinanze sulla competenza dei giudizi penali, e col rego-

lamento sulla stampa del 27 maggio 1852 per lÊImpero dÊAustria (Das Strafgesetz über verbrechen, Vergehen undUebertretungen, die Strafgerichts-Competenz-Verordnungen und die Press-Ordnung vom 27 Mai 1852 für das KaiserthumOesterreich), Vienna, I. R. Stamperia di Corte e di Stato, 1853, p. 180.

18 Ibidem. 19 Anonimo, Ordinamento della Pubblica Beneficenza, ÿIl Lombardo-VenetoŸ, Venezia, 1851, p. 14.20 Anonimo, Ordinamento della Pubblica Beneficenza, ÿIl Lombardo-VenetoŸ, p. 15.21 La „gran legge‰ si inserisce nel solco della tradizione legislativa sarda ricollegandosi alla normazione precedente: la Legge

Rattazzi del 1859 ed un altro provvedimento legislativo varato nel 1850. 22 La denominazione di Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (I.P.A.B.) si avrà con il Regio Decreto 30 dicembre

1923, n. 2841.23 Articolo 1. 24 Articolo 54.25 Nello stesso anno la rivolta degli operai milanesi, scoppiata tra il 3 ed il 9 maggio, viene soffocata nel sangue dalle unità

regolari dellÊesercito agli ordini del generale Bava-Beccaris.26 La Cassa è costituita con la Legge 17 luglio 1898, n. 350 alla quale seguono il regolamento esecutivo emanato con Regio

Decreto 18 giugno 1899, n. 286 ed il regolamento tecnico approvato con la Legge 29 luglio 1900, n. 321.27 Con Regio Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827, le norme relative all'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia sono

riunite con quelle contro la tubercolosi, la disoccupazione involontaria, la nuzialità e la natalità, quest'ultima modificata

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dalla Legge 26 agosto 1950, n. 860 in assicurazione per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, modificata poicon Legge 30 dicembre 1971, n. 1024.

28 G. GIUMELLI, Anziani e assistenza, cit., p. 147. 29 Anche nella legislazione fascista, come in quelle precedenti, il controllo e la repressione dellÊaccattonaggio sono totali. Il

libro III del Codice Penale sotto il Titolo I, Capo I contiene lÊarticolo 670 il quale recita: „Chiunque mendica in luogo pub-blico o aperto al pubblico è punito con lÊarresto fino a tre mesi. La pena è dellÊarresto da uno a sei mesi se il fatto è com-messo in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti perdestare lÊaltrui pietà‰ (LORENZO DI DOMENICO, I cinque codici e le leggi connesse con lÊaggiunta delle Leggi FascisteFondamentali e del Trattato e Concordato fra la S. Sede e lÊItalia, Milano, Gorlini, 1934, p. 136). Molte volte il mendico èuna persona anziana, per cui le sanzioni contro la mendicità sovente divengono atti persecutori contro la vecchiaia mise-rabile. In questo si evidenzia una continuità di principi ed applicazioni normative che legano la legislazione penale austria-ca (lombardo-veneta) con quella fascista.

30 G. GIUMELLI, Anziani e assistenza, cit., p. 148.31 La istituzione dellÊEnte Comunale di Assistenza, Brescia, Apollonio, 1937, Art. 1, p. 6.32 Ibidem.33 Conseguentemente alla caduta del fascismo, i membri del comitato amministrativo dell'E.C.A. saranno nominati dal con-

siglio comunale.34 La istituzione dellÊEnte Comunale di Assistenza, cit., Art. 4, p. 7.35 SILVIO CORAGLIA – GIOVANNI GARENA, LÊoperatore sociale. LÊazione professionale tra complessità sociale e fenome-

ni organizzativi, Roma, la Nuova Italia Scientifica, 1996, p. 30.36 Legge 8 novembre 2000, n. 328 „Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali‰. La

suddetta legge detta nuovi principi per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. La sua effettivaapplicazione è stata subordinata a tutta una serie di decreti emanati dal governo.

37 UBALDO SCASSELLATI, Profili per unÊanalisi storica sul servizio sociale in ÿLa rivista del servizio socialeŸ, n. 3, 1992, p.80.

38 Citiamo solo a titolo di esempio i seguenti provvedimenti: Legge 23 ottobre 1985, n. 595; il Progetto Obiettivo Tutela dellasalute degli anziani approvato a stralcio del Piano Sanitario Nazionale il 30 gennaio 1992; D. P. R. 1 marzo 1994(Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1994-1996); Progetto Obiettivo Anziani per il triennio 1995-1997. Per quanto riguarda la normativa regionale citiamo: Legge Regionale 7 gennaio 1986, n. 1; Piano Socio Assistenziale1988-1990; Legge Regionale 8 febbraio 1995 (Norme per il riordino del servizio socio-sanitario regionale).

39 Chi non possiede la patente è considerato vagabondo e dunque sottoposto alle leggi di polizia.40 AUGUSTO CIUFFETTI, Povertà, assistenza e controllo in Italia; XVI-XX secolo, Roma, Morlacchi, 2004, p. 25.41 L. NASTO, „Nel serraglio dei birbanti il cibo deÊ poveri devÊesser parco‰, cit. p. 342.42 LUCIANO ANTICO, Una gerontologia senza pregiudizi in ÿAnziani oggiŸ, n. 4, 1992, p. 5.43 Le Case di Lavoro e dÊIndustria nascono in Lombardia nel XVIII secolo e, affiancandosi alle esistenti Case di Ricovero, per-

seguono lo scopo di fornire unÊeducazione al lavoro a quanti (accattoni, indigenti, oziosi ecc.) ne sono completamenti privi.LÊintento è quello di sradicare la piaga dellÊaccattonaggio e dellÊoziosità mediante un internamento poggiante su un inter-vento coercitivo di conversione obbligata allÊeducazione al lavoro.

44 GUGLIELMO GIUMELLI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero nellÊ800: un percorso di ricerca inÿSenectusŸ, n. 1, 1994, p. 104.

45 A. BOUCHARDAT, Nuovo formulario magistrale preceduto da una notizia sopra gli spedali di Parigi e da generalità sullamaniera di comporre le formole, Palermo, Fratelli Pedone Lauriel, 1859.

46 G. GIUMELLI-M. BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per una storia dellÊassi-stenza, cit., pp. 73-91. Gli Statuti ed i Regolamenti esaminati nel saggio di Giumelli e Bottazzi comprendono un arco ditempo che va dal 1802 al 1908 e si riferiscono ai seguenti istituti: Pie Case dÊIndustria S. Vincenzo in Prato, Milano; PieCase dÊIndustria e di Ricovero, Milano; Casa di Ricovero e di Lavoro Volontario città di Como; Pie Case dÊIndustria e diRicovero S. Marco e S. Vincenzo, Milano; Ricovero di Mendicità, Milano; Ricovero di Mendicità e Asilo Notturno „Mossi‰,Como; Pio Albergo Trivulzio, Milano; Casa di Ricovero e di Mendicità, Reggio Emilia; Ricovero Comunale di Mendicità,Brescia; Pie Case degli Incurabili, Abbiategrasso; Ricovero di Mendicità, Pavia; Ricovero di Mendicità, Bergamo; Opere PieAsili Notturni, Milano; Opere Pie Asili Notturni „Lorenzo e Teresa‰, Milano; Opera Pia „G. Levi‰ per Ricoveri NotturniGratuiti, Milano.

47 G. GIUMELLI-M. BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricovero. Materiali per una storia dellÊassi-

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stenza, cit., p. 90. Sullo stesso argomento vedasi: G. GIUMELLI, Statuti e Regolamenti interni delle strutture di ricoveronellÊ800: un percorso di ricerca, cit., pp. 68-79; MASSIMO BOTTAZZI, Statuti e Regolamenti delle Case dÊindustria e isti-tuzioni residenziali per i poveri in Lombardia fine Â700 e inizi Â800 in ÿSenectusŸ, n. 3, 1994, pp. 73-90.

48 Rapporto della Commissione incaricata della visita agli istituti di beneficenza in Venezia letto dal canonico AmbrogioAmbrosoli nella seduta del 25 settembre 1847 durante il IX Congresso italiano, Venezia, tipografia di Pietro Naratovich,1847, pp. 15-16.

49 P. CANALIS, Badiamo ai cessi in ÿLÊIgiene ModernaŸ, n. 8, agosto 1915.50 Cfr. PAOLO MANTEGAZZA, Elogio della Vecchiaia, Padova, Muzzio, 1993.51 LÊautore ipotizza la realizzazione di un gerocomio da costruirsi in un paese dal clima asciutto e mite, con immensi e lus-

sureggianti giardini, organizzato con regole fissate dai degenti medesimi ispirate ad unÊampia libertà religiosa e morale; trai servizi principali del gerocomio ideale figurano una fornita biblioteca e la possibilità di assistere ai più svariati spettacolimusicali. Bandite sono la tristezza, lo scoraggiamento e la malinconia. Applichiamo, in perfetta antitesi, lÊesatto contrarioa tutto ciò vagheggiato da Mantegazza per ottenere lÊesatta fisionomia degli ospizi tardo ottocenteschi.

52 Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti, Brescia, Grafo, 1997, p. 18.53 LÊesperienza dellÊHome Care, concetto che in italiano è tradotto come „Servizio Domiciliare‰, nasce negli Stati Uniti con

un primo programma di lavoro elaborato nel 1947 al Montefiore Hospital di New York. Da allora ad oggi il servizio diHome Care si è evoluto in tutti i paesi occidentali assistendo un numero sempre maggiore di pazienti, sviluppando pro-grammi di intervento socio-sanitario e favorendo lÊadozione di specifiche tecnologie funzionali alle molteplici esigenzecaratterizzanti la natura dellÊintervento stesso.

54 Camera dei Deputati, Commissione II – Affari della Presidenza del Consiglio – Affari Interni e di Culto – Enti Pubblici,Seduta di mercoledì 12 aprile 1967, Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo, p. 637. La discussione che nasce allÊinternodella II commissione parlamentare verte sul disegno di legge che vuole aumentare il contributo statale a favore dellaFondazione del Banco di Napoli per lÊassistenza dellÊinfanzia. ˚ il deputato La Bella ad opporsi sottolineando la non oppor-tunità di finanziare Fondazioni che sono enti morali svolgenti attività assistenziale: „Si tratta a nostro avviso di un pro-blema generale; lÊassistenza non può essere fatta per mezzo degli enti morali, enti i cui patrimoni si rivelano sempre piùinsufficienti per far fronte alle spese dellÊassistenza, ragione per la quale lÊintervento dello Stato a favore di questi enti èdiventato quasi un obbligo. Questi enti, in sostanza, vengono a gravare sempre di più sul bilancio dello Stato. [⁄] La situa-zione degli enti morali è molto grave soprattutto nella zona di Napoli, dove molto spesso si sono verificati casi di ammi-nistrazione non certo edificanti; e noi siamo contrari a questo provvedimento, come ho già detto, anche per evitare ognipretesa da parte di altri enti, che potrebbero pretendere il contributo statale dato che questo è stato concesso allÊAlbergo deipoveri ed alla Fondazione del Banco di Napoli‰ (Camera dei Deputati, Commissione II, Seduta di mercoledì 12 aprile 1967,cit., pp. 637-638). Non è più accettabile per La Bella dare sovvenzioni, cioè fare beneficenza, ad enti morali che a loro voltafanno beneficenza ma attuare il sistema di Welfare previsto dalla carta costituzionale, una posizione del tutto condivisibi-le che tuttavia si scontra con una generale incapacità a gestire i cambiamenti rapidi di una società in trasformazione. Sembraun dibattito antico, di stampo ottocentesco, ma dimostra quanto la classe politica sia ancora prigioniera di vecchi schemimentali.

55 LUCIANO CANOVA – MANUELA GARUGLIERI, LÊanziano e le istituzioni in Trattato di psicogeriatria, Firenze, USESEdizioni Scientifiche, 1990, p. 91.

56 D.P.C.M. 22 dicembre 1989, Allegato A, Criterio n. 1.57 D.P.C.M. 22 dicembre 1989, Allegato A, Criterio n. 3.58 Regione Lombardia, Settore Assistenza e Sicurezza Sociale, Settore Sanità ed Igiene, Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.),

triennio 1995-1997, Milano, Regione Lombardia, 1995, p. 35.59 PIER UGO CARBONIN – ROBERTO BERNABEI, Tipologia delle residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.) in funzione delle

caratteristiche dellÊutente e del suo fabbisogno assistenziale, in ÿAnziani OggiŸ, n. 1, 1991, p. 7.60 Regione Lombardia – Settore Assistenza e Sicurezza Sociale – Settore Sanità ed Igiene, Progetto Obiettivo Anziani (P.O.A.),

triennio 1995/97, Milano, Regione Lombardia, 1995, p. 44.61 P. U. CARBONIN – R. BERNABEI, Tipologia delle residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.) in funzione delle caratteristi-

che dellÊutente e del suo fabbisogno assistenziale, cit., p. 46.62 I punti più salienti di questa recente trasformazione hanno interessato: a) le caratteristiche strutturali e gestionali richieste

per lÊautorizzazione al funzionamento; b) la tipologia di utenza (anziani non autosufficienti); c) la necessità di predisporresoluzioni assistenziali adeguate ad una popolazione anziana in condizioni psico-fisiche sempre più gravi; d) una chiara edesplicita connotazione sanitaria dellÊorganizzazione del servizio.

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63 MARIO BARUCCI, La vecchiaia. Generalità e aspetti storici in Trattato di psicogeriatria, cit., p. 22.64 GIUSEPPE GESANO – FAUSTA ONGARO – ALESSANDRO ROSINA, Rapporto sulla popolazione. LÊItalia allÊinizio del

XXI secolo, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 7-8.65 ROBERTO VOLPI, Storia della popolazione italiana dallÊUnità a oggi, Firenze,La Nuova Italia, 1989, p. 240.66 LUCIANO DI PIETRA, Presente e futuro delle RSA in Lombardia, Brescia, Gruppo di Ricerca Geriatria, 2003, p. 56.

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Testimonianza

Dante Bontempi

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Mi fa molto piacere e volentieri mi associo a questomomento di celebrazione dei 100 anni di assistenzapubblica, unÊ assistenza che, è facile riconoscerlo,negli anni è cresciuta, si è ultimamente moltiplicata,migliorata e, devo dire, pure strutturata per un servi-zio migliore ai ricoverati in questa Residenza ed ingenerale ai cittadini bisognosi sul territorio.

Un miglioramento che deriva anche dalla scelta dellaforma di gestione adottata di Azienda speciale checonsente maggior libertà organizzativa e che fa pernosu questa Residenza a cui il tempo ha dato ragione diutilità e di centralità.

Ma se queste cose avvengono, lo sono non solo per itempi e le norme ma, lo dobbiamo riconoscere, losono anche per merito degli Amministratori.Un ringraziamento quindi anchÊio lo porgo alPresidente Benedini per la sua buona gestione dellaRSA come ho potuto verificare in questi anni di cam-biamento e con il Presidente al Sindaco Peli ed allasua Amministrazione che hanno seguito con sensibi-lità lÊassistenza in questi anni e che di questa strut-tura hanno valutato le potenzialità e ne perseguonoun continuo miglioramento.

In questa occasione, mi è stata chiesta e sono lieto dipoter dare una testimonianza per quanto riguarda leorigini di questa nuova Residenza per anziani, oggi alcentro di molteplici altre assistenze, e sullÊiniziativache lÊha consentita. Questo anche perché ne sonostato coinvolto come famiglia e anche personalmente.

Posso dire che più di altre realizzazioni o a differenzadi altre realizzazioni che lÊAmministrazione di solitopersegue leggendo le esigenze del paese, lÊallestimen-to di questa Residenza è nato prima dal favore, dallavolontà e dalla partecipazione della cittadinanza chedalla programmazione comunale.La necessità di questa nuova struttura, la sua credibi-lità sono nate dalla sensibilità della gente di Concesioben prima di essere avvertite dallÊAmministrazionecome opportunità di un impegno realizzativo.

Ero un adolescente negli anni 60 quando si è comin-

ciato a pensare ad una nuova Casa di Riposo.

Concesio aveva una suo Ricovero, in via Antonelli aCampagnola, dal lascito Antonelli ricordato daGiovanni Boccingher in seguito; ricovero come loerano i ricoveri della prima metà del secolo ed allÊin-domani della guerra. Piccoli, con attrezzatura mini-male, inquadrati più in unÊarea del caritatevole che diservizio primario.

Era nello stesso stabile dellÊasilo comunale pur divisoper le rispettive attività.

Mi pare ancora di vederlo.Uno stanzone con una ventina di letti, un piccololocale mensa per chi riusciva a stare fuori dal letto,una piccola infermeria, qualche stanzetta di deposito,un servizio igienico con poche comodità.Pulito certo ma difficile descriverne lÊaria; tutto sape-va di vecchio.

Quanto mi ricordo di positivo ed a loro dobbiamoun grande ringraziamento anche in questa circostan-za: la grande dedizione delle suore (le Poverelle) chelÊhanno poi proseguita anche presso questa sede fin-chè ci sono state.A loro bisognerebbe veramente fare un monumentoper quanto hanno fatto con sacrificio, dedizione edamore caritatevole.

EÊ proprio negli anni ´60 che, vista anche lÊinoppor-tunità di interventi migliorativi al fabbricato, decol-lò questa soluzione di un nuovo fabbricato, masoprattutto di un servizio più confacente e più ade-guato come lo si dovrebbe sempre alle persone piùdeboli.

La svolta fu nel coraggio di osare. Di mettere incampo amicizie e sollecitazioni verso le personeabbienti e verso la popolazione per dare un segnale alComune dellÊimportanza di un investimento nel set-tore.

EÊ anche storia di famiglia, ma lo devo a mio padre

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che in quegli anni era membro dellÊEnte comunale diAssistenza e poi Presidente, lo devo ai componentidella Commissione Amministratrice, tra i quali miricordo di Armanti Pierino, Bresciani Giuseppe,Bonardi Mario, Tabaglio Enzo, Pasotti Battista edaltri, di essersi posti il traguardo della disponibilitàdi unÊarea su cui far sorgere la nuova opera, qualesegnale forte allÊAmministrazione per un suo succes-sivo impegno.

LÊamicizia ed il buon rapporto di mio padre con lefamiglie Zanetti, con i Bertoli e Marinelli, con AdamoPasotti, con Eugenio Perotta ed altri favorì la costi-tuzione di un primo fondo. La gente di Concesioseguì con proprie elargizioni in occasione delle festi-vità di Pasqua e di Natale di queglÊanni, fino a rag-giungere la sufficiente disponibilità necessaria perlÊacquisto dellÊarea su cui oggi sorge questa Residenza.

Soldi, si badi bene e proprio a dimostrazione dellospirito libero dellÊiniziativa, posti nemmeno in con-tabilità dellÊE.C.A., ma depositati in banca su unlibretto dedicato.

A titolo di cronaca, mia in quegli anni è stata la manodei disegnini sui biglietti di auguri della Casa diRiposo che venivano recapitati a Pasqua e Natale atutte le famiglie di Concesio partecipando poi allaloro distribuzione.

Con questi soldi, grazie anche alla disponibilità delParroco della Pieve, il compianto mons. ValerioPolotti, perché lÊarea era del beneficio parrocchiale,lÊarea di circa 13.000 mq fu acquisita con deliberazio-ne in data 6.7.1969 dallÊECA e dallÊECA passò indonazione il 31.3.1974 al Comune che solo potevaeconomicamente realizzare la costruzione, come hafatto poi con grande impegno e dedizione pur in unclima che definire a favore certamente non lo si pote-va dire.

Molti infatti furono i contrasti politici al progetto,molta contrarietà venne anche dal ritenere ormaisuperato il concetto di Casa di Riposo stante lÊavviodi politiche di assistenza domiciliare, ma lÊopera fu

fatta, e bene fu, grazie alla comprensione, volontà edimpegno delle Amministrazioni Tabaglio e Merli.A loro dovrà essere sempre dovuto un grazie dallanostra Comunità per questÊopera ed al geom. FrancoManfredini che ne studiò il progetto e ne seguì la rea-lizzazione.

Una storia a buon fine ma con ancora qualche con-trasto. (Solo per la storia sarà bene rammentare chequesta nuova Casa di Riposo non fu mai inauguratacon una cerimonia adeguata.)

Ma lÊopera oggi cÊè. Ed oggi siamo qui a dire che èstato un passo importante nellÊimpegno assistenzialedel nostro Comune. UnÊopera che oggi è perno ditante altre attività in favore di necessità sociali delnostro Concesio.

Ed allora la mia testimonianza va acquisita nella dire-zione di riconoscere a quanti hanno lavorato a que-sta opera il giusto riconoscimento e la giusta memo-ria, sperando che in futuro siano anche meglio evi-denziati.

Fu di lungimiranza, può darsi. Sarebbe stata realizza-ta comunque, può darsi. Oggi però questa ResidenzalÊabbiamo, ne siamo tutti contenti e beneficiati.

Le Amministrazioni che si sono succedute ne hannomigliorato la struttura, le funzioni, il servizio. Anchea loro è giusto riconoscerne il dovuto merito.

Chi ci ha guadagnato, e mi fa molto piacere, sonostati e sono tutti i nostri servizi agli anziani ed ai piùbisognosi sul territorio.

Ed allora un grazie a tutti e soprattutto a quanti lavo-rano per chi è più debole.

Dante Bontempi

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Dall’Asilo Antonellialla Casa di Riposo San Gervasio:

LE ORIGINI DELL’ASSISTENZA A CONCESIO

Giovanni Boccingher

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0.0 Introduzione – il quadro generale

Il presente studio si ripropone di approfondire nelle linee essenziali le necessità degli abitanti di Concesionel periodo a cavallo del XIX e XX secolo, con particolare attenzione ai tentativi di darvi risposta, sia daparte di privati che del „pubblico‰, questÊultimo inteso sostanzialmente come Amministrazione comunale(con le sue ramificazioni interne, alquanto primitive allÊepoca). Questi due ambiti, uniti a quello religiosocaritativo, in quellÊepoca e in un paese piccolo come Concesio erano fortemente intrecciati tra di loro, siaper lÊattivismo di alcuni abitanti in diverse istituzioni e frazioni, sia per la necessaria sinergia che dovevaessere attuata in un secolo in cui perdurava da tempo una carenza di risorse ormai cronica. La caratteristica fortemente „privata‰ dellÊattività assistenziale tipica dellÊepoca ottocentesca comporta, sto-ricamente parlando, una discreta difficoltà nello stabilire date e momenti precisi e solo la comparazione didiverse fonti ha permesso di ricostruire uno spaccato un poco più preciso della situazione. I limiti e le carat-teristiche di questo intervento vanno sostanzialmente riferiti ad un arco temporale che va dallÊUnità italia-na al 1930 circa con un preciso focus dal 1900 al 1920 e al territorio della frazione di Campagnole diConcesio, con alcuni agganci significativi alla coeva storia comunale. I contenuti si riferiscono allÊassisten-za in genere, ai primi asili del Comune (che allÊepoca venivano sostanzialmente percepiti come „sale dicustodia‰, accezione che ne evidenziava lÊaspetto di sorveglianza rispetto a quello educativo) e al ricoveroper anziani che, partendo dallÊoriginaria attività di Teresa Antonelli, verrà definitivamente creato a seguitodella donazione (1929) di Adele San Gervasio. I materiali sono totalmente reperiti nellÊArchivio storico del Comune di Concesio (recentemente regestatoe ordinato), mentre in Archivi extraterritoriali la ricerca è stata infruttuosa: sono da vedersi pertanto, nellaloro ottica locale e localistica, come punte di un iceberg il cui sommerso dovrebbe essere nelle memorie pri-vate e nelle biografie dei personaggi. La scomparsa del materiale privato (atti e fotografie) delle due donneprotagoniste della vicenda e delle loro relative famiglie è sintomatico delle difficoltà di ricostruire questavicenda in maniera più approfondita e adeguata.

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0.1 La frazione di Campagnola nella seconda metàdell’Ottocento

Le scarse immagini del territorio di Concesio nel primo Novecento consistono in un piccolo numero dilastre legate anche al territorio di Campagnola. La frazione era nata lungo la strada di Valle dellÊepoca, laStrada Valeriana (o Triumplina), che collegava la città con la Valle, e che rappresentava per Concesio unsignificativo luogo di commerci e di contatto con le innovazioni che in genere venivano dal Capoluogo.Le diverse cascine, le osterie e le botteghe erano sostanzialmente divise in tre nuclei che appunto definiva-no Campagnola di Sopra, di Sotto e di Mezzo, toponimi che vengono registrati fino agli anni Ê70 delNovecento, prima insomma che lo sviluppo urbanistico unisse di fatto tutto il tracciato viario e che unanuova sede stradale, più adeguata alle esigenze del traffico moderno venisse approntata. I primi ammoder-namenti della zona (prima cioè che si rendesse necessario lÊampliamento della sede stradale e il suo allarga-mento per il passaggio delle auto) avvennero dal 1909 in poi: parallelamente alla costruzione del muro divi-sorio tra lÊasilo e la Casa di Riposo venne rialzato il muro di facciata, nel 1912 venne realizzato il lavatoiopubblico (oggi distrutto) e negli stessi anni si realizzò un minimo impianto di illuminazione pubblica.

Una bella cartolina che mostra, nella parte superiore, la frazione di Campagnola ai tempi di Teresa Antonelli.Sulla sinistra i muri della “Conceria si Campagnola” e le rotaie del Tram. I bambini presenti forse provengonodall’Asilo Antonelli (circa 1910)

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0.2 Assistenza e bisognia Concesio tra Otto eNovecento

Nella prima metà dellÊOttocento nume-rosi poveri si potevano ritrovare anchesul territorio di Concesio: non si tratta-va certo della drammatica situazione dipovertà diffusa seicentesca, ma forse neera sostanzialmente mutata la percezio-ne, se nel 1816 la Comune si dedicò allaredazione di elenchi di bisognosi, azio-ne mai intrapresa in precedenza aConcesio. Dopo quello dedicato allevedove ed agli „impotenti‰ (cioè abitan-ti inabili al lavoro e pertanto non in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello familiare),venne redatto un elenco diviso in „classi‰: classe I (accattoni invalidi); classe II (accattoni validi); classe III(Gente priva di lavoro o carichi di famiglia). Di alcuni, oltre ai dati anagrafici, ci si premurava di definirnelÊinvalidità, mentre sono sparse qua e là alcune annotazioni sulla moralità dei cittadini, secondo un con-cetto di antico uso che tendeva a definirne in qualche modo il „diritto‰ allÊassistenza in base al comporta-mento1. Troviamo quindi accanto ad annotazioni vaghe come „condotta morale‰ (frase spesso ricorrente,soprattutto per le donne) giudizi ben più pesanti „EÊ capace di qualunque lavoro campestre, ma dedito aivizij ed alla rapina per cui trovasi anche di presente nelle carceri, e per cui è necessaria una forte misuragovernativa perche lavori, e non dia danno ad altri‰, „EÊ capace di lavori campestri, e di filare, ma mancadi volontà‰, „N.N. vedovo di anni 36 di professione falegname espertissimo = Dedito al vino, e pericolosoal sommo dellÊubbriacchezza, per cui trovasi anche di presente nelle carceri; e per cui fa di mestieri che laprovvidenza del Governo adotti delle forti misure perché non ritorni in paese‰; „B. G. ⁄ colla moglie e trèfigli in età infantile. Lavora quando ne trova agricoltore, o come taglialegna, ma il prodotto del suo lavoronon basta a mantenere la sua famiglia = carattere bettoglione‰, „lavora quando ne ha come legnaiolo.Condotta morale; altrove „condotta discreta‰.Generalmente agli uomini si accusa la rissosità e la violenza fisica, mentre per le donne si sottolinea più ladebolezza di costumi o la pigrizia, anche qui secondo modi di pensare che provengono chiaramente datempi molto antichi. Questo tipo di „catalogazione‰ è ritrovabile in varie normative ottocentesche: si pri-vilegiavano i poveri del territorio e allÊinterno di questo gruppo si cercavano di istituire delle priorità, inquesto caso di ordine „moraleggiante‰.Altri documenti presenti nellÊarchivio storico comunale riguardano i poveri ricoverati a Brescia allÊOspedaledegli incurabili, ma in genere si tratta semplicemente di atti relativi al pagamento richiesto al Comune dal-lÊospedale stesso. Nel 1836 si spande anche per Concesio lÊallarme per casi di colera. Il Comune proibisceal Parroco di S.Antonino di portare la comunione pubblicamente agli ammalati „di malattia sospetta‰ perevitare il contagio, fatto che suscita la protesta degli abitanti. AllÊepoca le malattie febbrili tendevano ad esse-re spesso confuse tra loro: nei documenti si parla comunque di „tifo petecchiale‰ (1816 e 1818), cioè diffu-so dai pidocchi, colera (1836 e 1855), malattie della pelle come pellagra e scabbia e del problema della rab-bia canina, molto diffusa a causa dei moltissimi cani randagi che scorrazzavano per il territorio, dando

Veduta della Frazione di Campagnola di Mezzo in una foto rara per la sua antichità

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La “contrada Antonelli” ovvero Campagnola inferiore in una mappa ottocentesca

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molto lavoro ai sempre insufficienti „mazzacani‰. Altra malattia chedestava molta preoccupazione allÊepoca era la sifilide, diffusa anche„nei bambini esposti e nelle nutrici‰. In generale appare però diffici-le distinguere la situazioni sanitaria dalla situazione di miseria croni-ca che affliggerà ancora per più di un secolo il territorio di Concesio3. Passando al periodo unitario, oltre a notare il contributo che la Cassadi Risparmio di Milano concede annualmente al Comune per lespese assistenziali, si verifica il moltiplicarsi delle richieste di contri-buto da parte di comuni dello Stato, in generale del nord, colpiti daspecifiche catastrofi. Tali istanze non ottengono in genere rispostadal Comune di Concesio, ma bisogna ricordare alcune eccezioni: leofferte per il locale alluvione del Mella (1850), „pei danneggiati dalleinondazioni del Poʉ (1872), per il terremoto di Torre del Greco(Napoli) del 1861, per gli „abitanti di Edolo danneggiati da incendio(1870), „per le ossa dei caduti di S.Martino e Solferino (1870), „inon-dazioni ed eruzione dellÊEtna‰ (1879), terremoto in Calabria (1905).Spesso vengono organizzate lotterie nazionali per aiutare le vittime ditali situazioni disastrose. LÊassistenza in quel periodo tende quindi adessere ancora in bilico tra la beneficenza volontaria e il diritto allÊassistenza stessa. Altre spese molto comuni allÊepoca erano legate al baliatico, cioè alla necessità di dare a balia i neonati, qua-lora venisse certificato che la madre non aveva latte, il Comune interveniva a pagare le spese relative, soprat-tutto in caso di miseria delle famiglie di provenienza. Dal 1870 sono in aumento anche i casi di pellagra,che spesso portano al ricovero dei malati presso lÊOspedale di Brescia ed anche le richieste da parte dei „mise-rabili‰, per ottenere qualche contributo per la sopravvivenza propria o della famiglia. Generalmente per essivenivano predisposte donazioni periodiche dalla cosiddetta „dispensa di pane‰, che è attestata negli atti inconcomitanza con le manifestazioni religiose e specificamente con il terzo giorno della processione delleRogazioni. Gli altri casi meno gravi di spese „per la spedalità‰ erano in genere finalizzati alla realizzazionedi protesi e di cinti dÊernia. Un aspetto curioso, ma significativo, è il diffondersi della pazzia che probabilmente era dovuto semplice-mente ad una migliorata attenzione verso il fenomeno dellÊalienazione mentale (non casualmente siamonegli anni della nascita della moderna psichiatria). La Deputazione Provinciale di Brescia (come sempre face-va allÊepoca) si premura di suggerire di non inviare questi malati, affetti da stress ante litteram, negliOspedali cittadini, soprattutto se poveri:

„Brescia 16 maggio 1886 – LÊaffluire crescente dei pazzi poveri al manicomio diBrescia è allarmante. LÊaumento deriva non solo per lÊazione del moto sociale accele-rato, quanto per la sollecitudine dei Medici Condotti, dei Sindaci, dei parenti, dÊin-viare al manicomio non solo i pericolosi ma anche gli innocui scemi, esaltati, malin-conici, che quando era più viva la filantropia e la carità e meno sviluppato lÊegoismosi compativano, si tolleravano, si circondavano di cure famigliari e sociali. Quegli infe-lici allÊaria libera, alle distrazioni campestri, fra parenti ed amici non peggiorano, mamigliorano e guariscono più agevolmente. Chiusi con altri più concitati, più strani, inluoghi angusti inacerbiscono e precipitano facilmente. Perciò lÊumanità consiglia dilimitare la spedizione al manicomio solo ai più aggravati (⁄)‰.

La copertina del libro entrate e uscite dell’Asilo di Costorio

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0.3 La formazione di unacoscienza civile: “atti d’eroismo” a Concesio

Secondo una massima ancora oggi moltoripetuta , una volta fatta lÊItalia, bisognava„fare‰ gli italiani. Il libro „Cuore‰ diEdmondo de Amicis è rimasto una testimo-nianza letteraria di come alcuni valori di eroi-smo civile (a volte molto retorici o eccessivi)venissero nel periodo postunitario propugna-ti ai giovani compatrioti con scopi essenzial-mente educativi. A livello locale, si iniziò lÊa-bitudine di premiare le persone dellaProvincia che avevano aiutato, con atti eroici,

altri compaesani, in genere in pericolo di vita, e di tale iniziativa di fece promotore lÊAteneo di Brescia.Vediamo, a mò di esempio, alcuni casi di concesiani balzati allÊonore della cronaca, situazioni che offronoanche uno spaccato estremamente vibrante di unÊepoca. Nella notte del 12 maggio, alla Stocchetta, „vennero con un carretto precipitati nel canale della Masserola iconiugi Giacomo e Vittoria Tommasini di Sarezzo, e forse ambedue, ma certo la donna sarebbe perita senzail pronto soccorso di Giacomo Pellizzari di San Vigilio, il quale (⁄) si trovava in quella via‰. A lui si chie-de venga conferita una „qualunque gratificazione‰, „perché le acque sono profonde, molto rapidissime, epiù ancora che il punto dellÊinfortunio è molto pericoloso appunto per lÊaltezza del fiume stesso. (⁄). Vistoil pericolo in cui andò in contro il Pelizzari salvando i due coniugi in unÊora in cui le tenebre della nottesono molto dense, ed in una stagione assai cruda, si delibera una medaglia dÊoro o quantomeno del corri-spondente valore in denaro per la sua azione di coraggio civile‰. Nel settembre 1885 il concesiano UmbertoZappa di Camillo ricevette una „lettera di lode con venti lire‰ perché „non ancora dodicenne, nellaMarchesina, prontissimo, con animo maggior dellÊetà, corse alla salvezza di un bambino‰.Nel giugno 1885 Francesco Barzoni, alla Corna di Collebeato, è protagonista „di un atto nobilmente com-piuto‰: in un luogo „non accessibile se non a chi osasse calarvisi raccomandato a funi assicurate‰. Egli, conlÊaiuto di altri 5 uomini, riuscì a salvare „il giovine Carlo Peli cavalcioni a un cespuglio abbarbicato alla roc-cia (⁄) alto da settanta metri a perpendicolo sopra il Mella. Si calò a lui, aiutato da più compagni a legarlocon fune; onde lÊun lÊaltro reggendosi poterono con fatica e rischio ridurlo in salvo‰. A lui fu assegnato unamedaglia con £ 40, ai suoi collaboratori una medaglia con £ 20. Altri casi ebbero protagonisti dei concesia-ni, ma non possono, per motivi legati allo spazio tipografico, essere ulteriormente qui trascritti.

Tipica domanda di assistenza dei primi anni del Novecento

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Presso la Parrocchia di Concesio Pieve. Di taleorganismo che si rivolgeva al territorio diConcesio e „paesi limitrofi‰ e di cui non si hannomolte notizie. Fu anche definita in seguito „SocietàOperaia Cattolica di Mutuo Soccorso eRisparmio‰, una società di fatto costituita il 1° giu-gno 1905 con sede in Via Costorio e presiedutaallÊepoca da Muffolini Giacomo. LÊobiettivo era lafornitura di alimentari a prezzo contenuto, preci-samente „Dettaglio di generi alimentari, comme-stibili e vino con licenza politica intestata al nomedi Guizzetti Lucia‰. Essa era costituita da 118 socie 5 consiglieri coadiuvati da Domenico Nassiniche era rappresentante e gestore del „reparto sezio-ne cooperativo‰. Egli, oltre a essere protagonistadel dibattito consigliare e della vita amministrativadel Comune almeno fino alla fine della primaGuerra Mondiale, doveva essere in qualche modolÊanima sociopolitica dellÊattività cooperativa dicui diventerà poi Presidente dal luglio 1908 alposto del Muffolini. Inoltre, egli „intorno al 1930aprì a piano terra della sua casa un ufficetto dovesi tenevano in deposito e si prestavano soldi. Unagrande novità (⁄)‰4. La società in seguito evolveràforzatamente in „osteria-pizzicheria e teleria‰,ancora gestita da Guizzetti Lucia, mentre laCooperativa di Concesio si fonderà con quella diCampagnola, dopo aver sentito il parere dellaFederazione Fascista Provinciale delle Cooperative(nel marzo 1927).Di questa associazione abbiamo una citazioneanche nel „diario‰ di Don Bonomini5 dove lÊener-gico arciprete afferma „ (⁄) così le otto stanze ver-ranno a costare circa 20.000; non un centesimo dala Fabbriceria ne da la popolazione (⁄) 5 stanzefurono da me =a mie spese= provvedute per met-tervi la Cooperativa Cattolica da opporsi a le duesocialiste. Venuto il fascismo la Cooperativa passòal Fascio armi e bagagli‰, affermazione che eviden-zia adeguatamente anche il carattere politico di tali

attività. Abbiamo anche lÊatto di cessazione dellastessa, a firma di Giacomo Muffolini (ilPresidente) datato 15 marzo 1927: la società era oradefinita „Società Operaia Cattolica di MutuoSoccorso e Risparmio‰ e la sua attività consistevain „osterie-pizzicherie e telerie‰. Da un punto di vista laico, invece, era operanteuna „Società anonima cooperativa – CircoloCooperativo di Concesio‰, attiva almeno dal 1896,sciolta però nel 1898 „dietro proposta di diversisoci perché diminuita di molti soci e per scarsezzadi soci che comprano il pane al Circolo che perciòil consumo è diminuito in modo tale da non poterfar fronte alle spese‰; il pane appare come unicobene commerciato della Società. Anche i Sindaciconcordano. In qualche modo la sua eredità verràraccolta, allÊaltezza dellÊottobre 1907 dalla „SocietàGenerale Italiana di Mutuo Soccorso nelle malattiedi Concesio‰ che godette di un lascito da parte delDottor Vivenzi Alessandro morto ormai da varianni (in data 23 novembre 1893). Di questa Societànon abbiamo però purtroppo ulteriori notizie.

Domenico Nassini e la Società di Mutuo Soccorso di ConcesioAnche a Concesio, come in moltissimi paesi della provincia di Brescia, tra Otto e Novecento vennero realizzateSocietà Cooperative di tipo mutualistico. Erano un tentativo di risposta tipica dell’epoca alle esigenze concrete deilavoratori solitamente di matrice socialista o cattolica. Per quanto riguarda specificamente quella concesiana non sihanno purtroppo molto materiale storico su cui basarsi, nonostante la presenza del grosso opificio Brusaferri, poiRossi. Sicuramente una “Società Cattolica Operaja Agricola di Mutuo soccorso” era stata fondata il 7 febbraio 1884

Un ritratto di Don Celestino Bonomini, agguerrito parroco della Pieve

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0.4 Tra Ottocento e Novecento

Nel periodo a cavallo tra i due secoli, perdura il problema della fame e della miseria che si cerca ancora diaffrontare tramite donazioni di grano pubblico e nuove forme di aiuto di stampo consociativo. Dal 1895 a Concesio è sicuramente attiva una Società di Mutuo Soccorso (poi, dal 1898 viene definita come„Soccorso nelle Malattie), ma di tale Ente, non si possiede materiale specifico, se non quello sotto esposto.Dal primo Novecento, grande innovazione, si diffondono ulteriormente le Tombole telegrafiche e si assiste almoltiplicarsi di contributi (in genere non troppo sostanziosi) sia pubblici che privati (lascito Caprioli per laStocchetta 1826, commissaria Penna 1736, legato Simoncelli Giovan Battista, legato Seneci Pietro 1884, BerettaChiara 1896, Antonio Ghisetti 1913 e altri). Si tratta in genere di donazioni di privati per i poveri del paeseo di specifiche contrade, che vengono incamerate dalla Congregazione di Carità (poi Ente Comunale diAssistenza - ECA) per essere poi ridistribuite secondo norme che vengono di anno in anno decise, ma chesembrano ben incanalate nei solchi di unÊassistenza strettamente rivolta agli indigenti (in particolare se mala-ti e vecchi) o per i concittadini colpiti da malattie gravi. Tra questi bisogna ricordare, in quanto finalizzatispecificamente ai poveri del territorio di Concesio, il legato della contessa Emilia Martinengo Cesaresco peri poveri di Artignago (S.Andrea) del 1908, il legato Giuseppe Vivenzi (1905) che devolveva le rendite del„fondo Costorio a favori dei poveri della Parrocchia‰, il legato Fiorini di £ 3000 e il fondo Caprioli che per-mise di realizzare lÊasilo di San Vigilio. I farmaci erano acquistati dalla CdC sempre nellÊunica farmacia del paese cioè quella di Mascherini allaStocchetta (aperta a Concesio nel 1879), mentre il „vino Marsala‰ veniva acquistato presso BrescianiErmenegildo sempre alla Stocchetta, frazione che conferma così la sua vocazione commerciale. Le guerre colo-niali cominciano ad avere conseguenze anche a Concesio: la Prefettura chiede alla Congregazione di Carità(in seguito denominata Ente Comunale di Assistenza -ECA) di contribuire ai „sussidi per le famiglie bisognosedei famigliari richiamati‰. Il numero degli abitanti bisognosi di assistenza (generalmente si trattava di contri-buti economici una tantum) sale da una media di 30/40 verso numero di 60: le cifre tradizionalmente desti-nate alla „Dispensa Pane‰, dallÊinizio del XX secolo tendono ad aumentare, fino a raggiungere quote consi-stenti negli anni appena precedenti la prima Guerra Mondiale, mettendo in difficoltà le finanze destinateallÊassistenza.

0.5 Il commissariamento del Comune di Concesio (1914)

Nel gennaio 1914, il Comune di Concesio venne commissariato: un evento raro di cui non si conserva attual-mente memoria. Fortunatamente un documento a stampa firmato dal „Regio Commissario Cav. Rag.Francesco Marini‰ e edito dalla Tipografia F. Apollonio & C. ci permette di ricostruire almeno le linee basedi questo difficile momento amministrativo. Il testo, pur risultando un poco „arido‰, considerato lÊargo-mento eminentemente tecnico, apre tuttavia squarci sulle problematiche e sulle esigenze sociali del tempo.In esso il Commissario Marini non si dilunga sulle cause specifiche del commissariamento, ma è evidenteche due furono le motivazioni: la prima era la litigiosità politico-amministrativa, „il bisogno di acquietare glianimi alquanto turbati dagli avvenimenti dello scorso gennaio‰ e il secondo un problema prettamente eco-nomico, „lÊimperiosa necessità di sistemare le finanze del comune per porle in grado di soddisfare conve-nientemente ai servizi, ogni giorno più costosi, della civica azienda, e nellÊurgenza di dare espletamento allÊin-gorgo di affari che, per cause diverse, non ultima lÊintervenuta crisi municipale, si era andata formando‰.

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Dopo la breve introduzione, il Marini espone un bilancio del suo operato. Alcune problematiche appaionoancora oggi attuali, mentre altre appaiono tipiche dellÊepoca, come la prima questione affrontata, molto spi-nosa a quanto si capisce dalle parole usate: quella dei „trasporti funebri‰. Dice infatti il Commissario „La miavenuta in comune coincide col momento nel quale la questione dei trasporti funebri con carro, segnava ilsuo punto più acuto. I disordini e le dimostrazioni del pubblico avevano assunto tale intensità che, per evi-tare pericolose conseguenze, fu dÊuopo di ricorrere allÊassistenza della pubblica forza‰. Il Marini si diede dafare per „conciliare gli animi‰ e realizzò, tramite una commissione apposita, una riforma del servizio. Gli abi-tanti infatti si erano rivolti persino al Prefetto per cambiare alcune norme comunali e in specifico quella cheobbligava i cittadini a trasportare la salma con il carro. La questione dei funerali aveva raggiunto livelli inso-stenibili: la figlia del tumulatore comunale era stata colpita in testa da una sassaiola che aveva mandato anchein frantumi i vetri del ritrovo cattolico della Pieve.Il problema che dovette affrontare in questo senso il Commissario era legato alla rescissione dellÊappalto conla impresa Frigerio di Brescia per il trasporto delle salme. Si definì pertanto di far trasportare col carro sola-mente i defunti delle famiglie che lo avessero richiesto e di abbassare dal £ 25 a 20 il costo per il trasportodi ultima classe, cioè delle persone più povere. Restava a carico del Comune il trasporto dei defunti poveri.Questo atto „poneva fine alla scabrosa vertenza‰. Il Commissario termina però con una raccomandazione dicurioso effetto realistico: „Ed ora che gli animi si sono quietati, non posso a meno di osservare apertamente,o signori, che avuto riguardo alle peculiari condizioni topografiche del comune, la civile innovazione dei tra-sporti funebri con carro, dovrebbe sempre preferirsi allÊantiquato sistema del trasporto a braccia, meno igie-nico e meno decoroso e non scevro di poco edificanti incidenti quando, i portatori affaticati, devono per-

La vecchia sede municipale (ora distrutta) in una foto del periodo fascista

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correre le lunghe distanze che separano le diverse frazioni dalla Chiesa parrocchiale o dal cimitero‰.Il secondo punto affrontato relativo al Bilancio preventivo e ai vari provvedimenti economici che presenta-vano vari „imbarazzi finanziari‰ e „la necessità di porvi rimedio con provvedimenti impopolari che le ordi-narie amministrazioni non intendono di affrontare‰. Su questo aspetto il Marini aggiunge perentoriamente:„Così era anche per il Vostro Comune‰. Per appianare i debiti si era reso necessario un aumento delle entra-te (più precisamente un raddoppio!), dal momento che lÊAmministrazione non aveva tenuto esatto conto deiresidui degli esercizi passati e non aveva disposto i fondi per alcune spese intraprese, come già detto legateanche al tema dellÊassistenza e degli asili. Viene così attuato un aumento dei tributi diretti su tre diverse voci:aumento della „sovrimposta‰, aumento della tassa su esercizi e rivendite, aumento della tassa sul bestiame. IlMarini aggiunge per giustificarsi che „in questo ultimo decennio la proprietà fondiaria ha beneficiato moltosensibilmente dellÊaumentato costo delle derrate e dellÊaccresciuto prezzo degli affitti‰ e aggiunge inoltre, cheanche dopo lÊaumento lÊaliquota risulta comunque minore rispetto ai Comuni limitrofi di S. Vigilio, Bovezzoe Collebeato e che „in questo Comune la maggior ricchezza è rappresentata dalla proprietà immobiliare‰.Egli sottolinea inoltre come „lÊindustria armentizia importa notevole onere alle finanze comunali pei servizidi assistenza e polizia veterinaria‰. La risanata economia comunale sarebbe servita per realizzare tre opere pub-bliche: la costruzione dellÊedificio scolastico di Cadebosio (tuttora esistente), la conduttura dellÊacqua pota-bile e lÊulteriore ampliamento del cimitero di Pieve. Indicava inoltre unÊaltra fonte di spesa significativa nelfunzionamento dellÊAsilo infantile di Campagnola‰ di indispensabile istituzione‰.Riguardo ai conti consuntivi il Marini ritrova quelli del 1911 e 1912 non ancora approvati (siamo nel feb-braio 1914!) e pertanto provvede ad una analisi dettagliata. Egli riferisce che gli erano „pervenute delle vocicolle quali pareva si movesse dubbio sulla correttezza della cessata amministrazione e si accennasse a sprecodi denaro pubblico in spese inutili, ed in opere male ideate o peggio eseguite e di averne trascurate altre piùnecessarie e più rispondenti ai bisogni del paese‰. Le sue indagini furono invece completamente negative epertanto approvò anche il Conto 1913, anche se non contemplava la spesa impegnata per lÊistituzione delcorpo dei pompieri ritenuto importante. Probabilmente tali „voci‰ saranno legate alle polemiche sui contri-buti per gli Asili comunali di cui tratteremo approfonditamente in seguito. Per quanto concerne invece ilpatrimonio comunale il Commissario nota che „I beni fruttiferi che il Vostro Comune possiede a titolo diprivata proprietà sono costituiti da terreni civili, da boschi cedui, parte dei quali sono collocati in enfiteusi,da fabbricati, e da rendita del Demanio Pubblico: quelli passivi sono rappresentati da debiti per mutui e daoneri da culto‰. Il Commissario sottolinea che è importante che venga compilato un inventario aggiornato,dal momento che dal 1895 non se ne è provveduto e che da allora „si sono verificate diverse modificazioniper compera di aree destinate alla costruzione di edifici pubblici, per ampliamento di fabbricati, per aliena-zione di rendita, per costituzione di mutui e per affrancazione e trapassi di fondi livellari‰. Il Marini ringra-zia a questo punto Angelo Remida, segretario comunale, (e padre del futuro pittore Giuseppe), per lÊaiutoricevuto nella formazione dellÊinventario dei beni patrimoniali.Nel capitolo „Regolamenti e capitolati di servizio‰ si annuncia la revisione dei capitolati dello stradaiuolo edella levatrice (allÊepoca di competenza comunale che era peraltro stata oggetto di forti contestazioni – vedibox monografico) e la formazione del regolamento del corpo dei pompieri, degli inserviente delle ScuoleElementari e altri. Riguardo agli impiegati comunali ne viene sottolineata la fondamentale utilità e le accre-sciute difficoltà riguardo ai compiti assegnati; di seguito si assiste ad una analisi delle competenze del segre-tario consorziale che si divideva tra S.Vigilio e Concesio. Tali competenze aggiunte riguardavano i registri distato civile, nascite e morti, la riscossione del dazio sui suini e la vendita delle targhette per i velocipedi!A questo punto la relazione passa ad analizzare le opere che si stavano realizzando a Concesio, è questa laparte più cospicua della relazione e certo la più interessante: Acqua potabile: soltanto la frazione capoluogo(Pieve) possiede una fontana pubblica, „tutte le altre frazioni provvedono alla bisogna con pozzi e cisternefornite da acqua insufficiente ed impura‰. I progetti riguardavano il prolungamento delle condutture dalla

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Oltre alle questioni sugli asili, che verranno ampliamen-te trattate in questo intervento, il Commissario trascura,probabilmente volutamente, di accennare ad una discus-sione popolare molto accanita che ebbe come protago-nista la levatrice. LÊarciprete discuteva con le suore, ledonne del paese si accanivano sulla levatrice ed i politi-ci litigavano ferocemente (spalleggiati da questi o daquei cittadini) sulla localizzazione degli asili: questo erail contesto in cui si trovò a dover intervenire ilCommissario prefettizio. Ad ogni modo, „Ai primi di settembre del 1913 unavivace e colorita protesta di un nutrito gruppo di madri,circa cinquanta le firmatarie, giunge al ConsiglioComunale di Concesio e sembra gettare una macchiasulla reputazione e sullÊoperato della locale levatrice,Emma.Queste donne lanciano numerose accuse alla levatrice,sostenendo che ella „abusa del suo mandato‰. In primoluogo lamentano che voglia obbligare le partorienti, piùo meno agiate, a „sborsare‰ più del dovuto; inoltre fareb-be pagare i medicinali che, sostengono le donne, „allamedesima sono provvisti dal Municipio‰. Ma lÊaccusapiù grave e infamante che pesa sul buon nome della leva-trice è quella di turpiloquio e offese alle persone che sisottopongono alle sue cure che ella giudicherebbe „tutteporche e vacche‰ e che „farebbe presto a mettere qualchecosa nelle bevande‰ per farle morire. A tal segno sembraarrivare lÊarroganza della levatrice, decisamente pericolo-sa, che le buone donne non si fidano più di lei: provve-da il Consiglio Comunale a licenziarla oa redarguirlacon altri provvedimenti.Il Consiglio Comunale, nella seduta del 28 settembre, alpunto V dellÊOrdine del Giorno, prende in esame la pro-testa contro la levatrice, la cui replica, asciutta, ferma edecisa, non si fa attendere: ella ribatte fieramente puntosu punto alle accuse calunniose che le sono state mosse.Il suo operato, scrive Emma, è sempre stato scrupolosoe „buon testimone ne è la mia coscienza‰; inoltre sostie-

ne di non aver mai „pronunciato contro di loro frasisconce‰: rimproveri e lamentele erano rivolte a ignoti,che avrebbero allordato il marciapiede antistante lÊabita-zione abbandonando „immondizie puzzolenti e noci-ve‰: testimone del fatto è un Consigliere Comunale.Riguardo ai medicinali che ella, sì, fa pagare, sono di suaproprietà: se li fa mandare da Bologna, „chiedano purealla Posta quanti me ne arrivano‰, ribatte sicura. Ma ilcolpo di grazia alle fondamenta di quel gravissimo espo-sto, che sembra gettare fango sulla sua dignità e profes-sionalità, è inferto quando lei stessa dichiara che moltedelle firmatarie erano allÊoscuro del vero contenuto del-lÊistanza, credevano „si trattasse di bensì altra cosa‰.Rispetto ai rincari che ella applicherebbe alle tariffe ordi-narie, la levatrice suggerisce di dissipare ombre e calun-nie esponendo le tariffe per qualsiasi caso. Conclude lapropria difesa appellandosi al Consiglio Comunaleaffinché tuteli le sue ragioni, sostenute con fierezza e inforza del fatto che ella ha sempre lavorato presso lacomunità di Concesio „prestando un lodevole servizio‰, con passione autentica e spirito di sacrificio. IlConsiglio Comunale, laconicamente, chiude la spinosafaccenda censurando la levatrice, non si dia più eco aipettegolezzi, e invitandola a rinunciare allÊaumento ditariffe.La levatrice si risolve di accettare le condizioni poste dalConsiglio Comunale, come testimoniato in un breve efreddo scritto non datato in cui dichiara di „continuarequale levatrice di Concesio‰ rinunciando alle tariffe cheaveva in animo di mettere.

Tratto da „Emma ed alcune voci sottili intorno al futu-ro‰. Progetto „I documenti raccontano‰ - RegioneLombardia-Coop. Arca. Disponibile sul Web con ulte-riori approfondimenti allegati

La levatrice Emma

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Funerali “di lusso” nella frazione di Campagnola, circa anni Venti. La normativa sui funerali fu causa di grossi litigi nel 1913-14

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sorgente del Casello che rifornisce la Piazza della Pieve fino alle altre frazioni. Altra acqua sarebbe derivatadalle sorgenti di Villa Cogozzo che potevano essere raccordate allÊaltezza della vecchia Triumplina. La buro-crazia aveva però fermato fin dal 1910 tali pratiche. Dopo aver fatto sistemare la camera di raccolta delCasello il Commissario sollecita di continuare lÊimportante opera a S. Andrea e Campagnola. A tale periodocrediamo debba ascriversi la bocca della fontana di Campagnola (allÊaltezza della conceria) e quella diCadebosio (ora nel parchetto pubblico).Il cimitero della Pieve era già stato oggetto di un ampliamento nel 1905 „per lÊampliamento del campo perle fosse comuni, nonché per la costruzione di tombe di famiglia e colombari distinti, e di uno speciale ripar-to per la sepoltura e memoria delle persone che, per virtù di opera o di mente, sieno per rendersi benemeri-te del paese‰. Si prevede ora un ampliamento verso est su unÊarea di proprietà parrocchiale, „già permutatacon altra di spettanza comunale residuata dal primo ampliamento‰, per ricavare „duecento colombari (locu-li), un buon numero di tombe di famiglia, nonché unÊestensione di quasi 600 mq. per fosse comuni‰. Si trat-ta dellÊarea dove sorge ora la cappellina del cimitero.Riguardo alle scuole, quella di Cadebosio necessitava di essere ampliata: si erano eseguiti quasi tutti i lavori,ma mancava la cancellata (tuttora esistente). Riguardo invece allÊasilo di Concesio (attuale Via Rodolfo) i pro-blemi erano maggiori. Identificata lÊarea e redatto il progetto della tanto discussa opera, mancava la conces-sione del mutuo del Consiglio Scolastico Provinciale. Infatti (informa il Provveditore agli Studi) allÊepoca benventi comuni erano nelle stesse condizioni di Concesio e i fondi non erano sufficienti. Nel frattempo eranostati affittati dei locali per realizzare una „scuola mista di indilazionabile istituzione‰. Il paragrafo successivodella relazione parla delle discussioni accanite riguardo alla dislocazione delle diverse sedi degli Asili, maamplieremo lÊargomento nei prossimi capitoli.Sulla viabilità, il Marini afferma che „in generale, le strade comunali, sono in discreto stato di manutenzio-ne e di servibilità, quando si astragga dalla traversa provinciale in Contrada Concesio (lÊattuale Via Rodolfo)che, come ben sapete, si trova in condizioni deplorevolissime. Gli avvallamenti e le asperità di quel selciatosono tanto frequenti e pericolose che ogni giorno si ripetono lamentele e recriminazioni da parte del pub-blico. Vari sono i coefficienti di tale stato di cose: la larghezza inadeguata della strada, la sua sezione a cullae la mancanza di tombinatura per le piovane, lÊesistenza della sede tranviaria, la deficiente soleggiatura, e piùdi tutto il continuo ininterrotto transito di pesantissimi carichi‰. Nonostante „vennero eseguiti i rappezza-menti di selciato, poi si pensò come si usa tuttora allÊinghiaiatura come sulle strade a massicciata comune,ma tanto lÊuno che lÊaltro di questi mezzi non diedero buoni risultati; il primo anche per la grave spesa ilsecondo anche perché la ghiaia, trovando resistenza sul sottoposto acciottolato, rapidamente si sgretola e siriduce in polvere o fango. Per questi motivi lÊamministrazione cessata commise al sig. Ing. Francesco Bondinilo studio per una radicale riforma della strada indirizzata allo spostamento della traversa ed in via seconda-ria, al trasporto della sede tranviaria‰. Il Commissario invita poi la provincia a prendersi cura di questo trat-to della strada di Valle Trompia, lÊunico – dice – così malridotto e ad approvare un appalto per una manu-tenzione più efficace. Il Marini provvede poi a una forte sollecitazione riguardo allÊamministrazione dellabeneficenza, un vero tasto dolente: „Il vostro Comune suole stanziare, per antica usanza, un fondo per prov-vedere alla distribuzione dei sussidi di baliatico e di beneficenza ai poveri ed in ciò è lodevole la sua filan-tropia. Ma ove a me sembrò che la pratica non fosse lodevole era nel sistema di erogare direttamente questisoccorsi dallÊAmministrazione Comunale e a seconda delle domande o dei casi‰. La legge infatti definisce chei contributi dovessero essere stanziati dalla Congregazione di Carità (parrocchiale), inoltre avendo due entierogatori riuscivano „facili i duplicati a favore dei più scaltri con danno di altri forse più bisognosi‰. Daparte del Comune – afferma il Marini – possono talvolta diventare „unÊarma partigiana‰ (cioè troppo „diparte‰). Il nuovo Consiglio Comunale si riunì il giorno 2 luglio 1914 ed erano presenti il Regio CommissarioMarini, i consiglieri: dr. Giorgio Montini (consigliere anziano), Primo Fiorini, nob. Giorgio Anelli,Domenico Nassini, Giovanni Facchetti, Giuseppe Pelizzari, Giuseppe Tognoli, Angelo Adami. Giacomo

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Mussolini, Pietro Brioni, Giuseppe Piccinelli, Giuseppe Donzelli, Domenico Fiorini, Angelo Remida, cav.Luigi Rossi. Dopo aver espresso il pubblico ringraziamento per lÊoperato del Commissario, i consiglieriapprovarono la sua relazione.Il testo che ho velocemente riassunto (la versione completa a stampa è di 36 facciate) risente chiaramentedellÊimpianto burocratico e „ufficiale‰ e pertanto risulta non di facile lettura e poco accattivante.Ciononostante riassume in maniera efficace le problematiche aperte a livello amministrativo. Purtroppo laparte più interessante e cioè lÊanalisi della diatriba interna alle forze sociali concesiane è solo accennata, mala composizione del Consiglio fa già capire come allÊepoca fossero coinvolte le eminenze del paese. Accantoal padre del futuro Paolo VI, ampliamente coinvolto nelle vicende bresciane cattoliche, sia dal punto di vistaculturale che politico, troviamo il più grande industriale concesiano, Luigi Rossi (futuro presidente dellaCamera di Commercio), per non citare il Nassini presidente della società di Mutuo Soccorso di Pieve-Costorio o le famiglie Brioni e Piccinelli, da sempre coinvolte nella vita della zona di S.Andrea e anche altrinomi importanti del territorio concesiano. Grossi nomi nel Consiglio, ma anche diversi interessi, sia a livel-lo di aree geografiche che di ambiti economici. Se strade, cimiteri e acqua potabile occupano posti signifi-cativi nella trattazione, non mancano nel testo del commissario accenni ai bisogni sociali essenziali, soprat-tutto la scuola e lÊassistenza dei poveri. Stranamente non cÊè nessun accenno alla modernizzazione delleinfrastrutture elettriche o telegrafiche e postali che allÊepoca era particolarmente significativa ed un presup-posto fondamentale per la modesta industrializzazione che investirà in parte anche Concesio, come paeseterminale della ben più produttiva Valle Trompia.

Progetto per asilo e scuola a S.RoccoUn progetto per un asilo a S.Rocco; le forme riecheggiano altre scuole

coeve: le Elementari di Cadebosio e l’ex Centro Culturale

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Il posizionamento della scuola di Cadebosio rispetto alle strade: è la più antica di Concesio tuttora esistente

Il progetto delle scuole di Cadebosio – 1913. La realizzazione finale fu simile a quella qui illustrata

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Il Primo testamento autografo Antonelli (1906)

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1.0 Teresa Antonelli, benefattrice

Nonostante il fatto che il cognome Antonelli sia ancora oggi diffuso sul territorio di Concesio, la famigliadi Teresa Antonelli non era originaria di Concesio, bensì di Collebeato. Precisamente, il padre di Teresa,Faustino, aveva sposato nel 1830 una concesiana, Angela Cossina; la nuova famiglia aveva acquistato nel1849 da Cecilia Restelli in Nassini una casa in Campagnola, nel 1853 il campo denominato „Bertoletto‰,aggiungendovi poi, nel 1862 un podere denominato „Levata‰ (venduto da un certo Cancarini) e infine, nel1866 unÊaltra casa appartenente ai Cossina, confinante con la prima da cui era divisa da muro.Teresa Antonelli era figlia unica di Faustino, non era sposata: si dimostra una brava amministratrice finoalla età più avanzata capace di gestire efficacemente le proprietà e i rapporti coi coloni. Per il resto la suafigura rimane avvolta nellÊoblìo e di lei non ci rimane, dopo la distruzione della tomba di famiglia nel cimi-tero comunale, nemmeno unÊimmagine. Teresa Antonelli di fatto diventerà concesiana e non si sposteràdalle case di Campagnola fino alla sua morte, avvenuta nel 1907 dopo una lunga agonia in cui era stata"vegliata per 5 mesi" dalla fedele domestica Maria Malgaretti.Non abbiamo notizie significative sulla sua vita. Il suo testamento (marzo 1908) la definisce come „⁄ TeresaAntonelli fu Faustino, nubile maggiorenne, nata a Collebeato, domiciliata a Concesio, possidente⁄‰, men-tre in un precedente atto databile a metà 800 (il fascicolo „Famiglie di Concesio‰, conservato nellÊArchiviodella Parrocchia di S.Antonino di Concesio) troviamo una „scheda‰ della sua famiglia possidente sia aConcesio che a Collebeato. Questi sono i dati ivi riportati: „Famiglia Antonelli: ANTONELLI FAUSTINOfiglio di Luigi e di Maria Bertoletti - Collebeato morto il 2 aprile 1866, ANTONELLI ANGELA figlia diGiacomo Cossina e della fu Teresa Bolognini moglie - Concesio 11 settembre 1809 morta il 13 giugno 1863,ANTONELLI TERESA (figlia) nata a Collebeato il 28 ottobre 1836, LUIGI FAUSTINO (figlio) Concesio27 aprile 1839 - Morto (s.d.)‰.La figura della Antonelli deve essere vista come quella di una benefattrice, che, anticipando privatamente(come spesso accadeva in Italia nellÊOttocento) la risposta pubblica alla necessità degli abitanti, esercitò, permotivazioni che purtroppo non conosciamo, unÊattività di fatto assistenziale. Come già accennato, laAntonelli era certamente una brava e accorta amministratrice dei beni di famiglia; ce lo rivelano i materia-li conservati nellÊArchivio Comunale nel „Fondo privato Faustino Antonelli6‰. In esso la Antonelli annota-va con cura le „categorie‰ dei documenti ivi contenuti: „I Qui si riponerà le carte inerenti alla casa ove abit-tiamo ⁄⁄ e ⁄ Memoria dei contratti verbali inerenti alle nostre case e fondi. II Qui si riponerà le carte ine-renti al Campo Bertoletto III ⁄ Carte inerenti alla casa che abbiamo comperato da Cancarini Francesco eGiuseppe fù Battista IV Qui si riponerà le carte inerenti ai campi comperati allÊasta del Tribunale V Qui siriponerà le carte inerenti al Deffunto Padre Antonelli Faustino Fù Luigi VI Qui si riponerà le Carte inerentialla Deffunta Belleri Carolina VII Qui si potrà mettere il resto delle altre carte che ti preme di conservare‰.Dai documenti di famiglia si evince che Luigi (padre di Faustino) sposato con Anna Maria Bortoletti, aveva

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un sorella di nome „Giuglia‰ ed era morto nel 1833. La suaproprietà venne divisa tra i quattro figli e le due figlie.Nonostante fossero possidenti la situazione dei bambini eracritica: si conservano varie lettere in cui alcuni nipoti chie-dono aiuto alla zia, ma si dicono coscienti della critica situa-zione economica in cui essa versa. La situazione pare aggra-vata dal „male che serpeggia‰ e che aveva colpito anche lafamiglia, probabile allusione al colera diffuso in quellÊanno.Superate queste difficoltà iniziali, la situazione però era net-tamente migliorata, tanto che nel 1849 Faustino aveva potu-to acquistare da Cecilia Rastelli, moglie di Giuseppe Nassinidi Villa di Cogozzo „una casa ed attiguo Orto situati inConcesio nella Contrada di Campagnola inferiore (⁄) com-posta di aja, portici e di varj locali terranei superiori e dallefondamenta al tetto (⁄)‰. Nel 1853 Faustino comprerà dallesorelle Restelli una parte del latifondo chiamato Bertoletto.Nel 1862 i fratelli Cancarini vendono allÊAntonelli una

parte di casa in Campagnola di sotto con un pozzo in uso promiscuo. I possedimenti si impoverirannoinvece nel 1866 con la vendita da parte di Faustino e del figlio Luigi di una casa ed annesso orto situata nelComune di Concesio contrada di Campagnola di Sotto che veniva dalla dote della moglie Caterina Belleri.Insomma, nel giro di circa venti anni, la famiglia Antonelli poteva a buon diritto entrare nel rango dei pic-coli possidenti di Concesio. Alla morte del padre tutti i contanti andarono divisi tra la figlia Teresa e il figlioLuigi: ai due figli e alla moglie Carolina Belleri resteranno un terzo delle sostanze del capofamiglia. Da partesua nel 1880, la madre, „stante il suo stato di infermità per sopperire a tutti i bisogni di vitto e malattia‰,venderà ai due figli „tutti i pochi mobili e biancheria e preziosi che ancora essa possiede (⁄)‰ e, tramite testa-mento, tutti i suoi beni immobili da dividere tra i due figli stessi.

1.1 L’attività volontaria

Teresa Antonelli gestiva sostanzialmente un asilo privato dalla fine dellÂOttocento: di esso non ci rimango-no documenti diretti, appunto perché a gestione prettamente personale. La Categoria archivisticadellÊArchivio comunale dedicata agli asili inizia infatti proprio con la donazione Antonelli (Faldone 1„Asiliinfantili, contabilità e pratiche varie‰ del 1904) cioè quando lÊasilo diventerà a gestione pubblico-privata. Maquando era stato aperto precisamente? In un atto del 1913, il presidente dellÊasilo informa che lÊasilo „oradenominato Antonelli, sorse nellÊanno 1891-8/1 a cura della compianta e benemerita signore TeresaAntonelli (⁄)‰, e accenna al „(⁄) beneficio dellÊuso dei locali consistenti in unÊampia sala per la scuola dÊa-silo, di tre stanze per uso abitazione delle suore, e di altre due per la distribuzione della minestra e per lacucina. LÊasilo non è eretto in ente morale, ma viene amministrato da una commissione nominata dalConsiglio comunale‰.

Pagina a fianco: il testamento definitivo Antonelli (1907)

Frontespizio delle Carte Antonelli, con scritte probabilmente autografe di Teresa Antonelli

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1.2 La donazione al Comune e la continuazione dell’attività d’Asilo

Il 7 marzo 1906 Teresa Antonelli redige di suo pugno un testamento (annullante tutti i precedenti) in cuilascia „Eredi Universali di tutta la (sua) sostanza in mobile e mobile della cantina il Cavaliere sig.r GiorgioMontini fu Lodovico e la sua sorella Maria domiciliati in Brescia‰. I mobili della cucina li lascia invece aLuigi Costatino e Giovanni Colombo fu Pietro, suoi cugini domiciliati in Urago Mella, mentre quelli dellasua camera vanno al cugino Rodella Girolamo di Collebeato. „Inoltre i miei eredi universali dovranno paga-re le spese dellÊultima mobilia i debiti se ne troveranno la spesa del funerale modesto che esse crederano concera secondo tariffa della parocchia al obito chiameranno le Madri Cristiane del paese di Concesio e le afi-tuali a ciascuna candella di grami 250 circa, il giorno doppo ci faria lÊuficio coi sacerdotti della Parocchiae che entro un anno si faccia celebrare cento messe sia per me sia per tutti i miei defunti inoltre averto imiei eredi che se morissi lontana dalla Parrocchia di Concesio sia fatto trasportare il mio cadavere nellatomba di famiglia ristaurarla se ne a bisogno e che entro tre mesi sia fatto incidere il mio nome con quel-lo dei miei cari‰.In altro foglio aggiunge un „codicillo‰ manoscritto (post 1906) con il quale nomina esecutore testamenta-rio Giorgio Montini e afferma invece che, „prelevate tutte le spese ed eventualmente una parte per miglio-ramento della casa di abitazione del curato e della compera di un area a scopo di raccogliere la gioventùmaschile a scopo oratorio (se il R.do Arciprete è dÊaccordo) intendo che il resto del mio avere sia perpetua-mente consumato a beneficio dei poveri vecchi del paese, gli impotente al lavoro e i più meritevoli di soc-corso, cioè i non viziosi7‰. In questa clausola del testamento 1906 cÊera quindi già, in nuce, lÊintuizione diaiutare i poveri del paese (solo i vecchi!), mancava invece lÊintuizione di far continuare lÊesperienza della saladi custodia per bambini; forse a questa nuova redazione non è estranea la figura di Giorgio Montini, unodei protagonisti della vita sociale dellÊepoca.Bisogna a questo punto sottolineare il fatto che la Antonelli svolgeva, parallelamente al volontariato con ibambini, una pia azione di distribuzione di minestrone e pane per tutti i poveri del paese: tale attività, cheera assai diffusa fin dallÊOttocento in tutto il bresciano, beneficiava un numero di miserabili oscillante trai 10 e i 20 utenti, a seconda delle diverse congiunture economiche.NellÊagosto 1906 però sappiamo per certo che il Comune di Concesio si era fatto vivo dalla Antonelli inmaniera diretta: era un chiaro segnale dellÊimportanza (ormai una necessità) del servizio di asilo inCampagnola, dallÊaltra parte invece era anche spia di una visione più moderna dei servizi assistenziali, checominciava a superare lÊidea di bisogno in senso stretto, per allargarsi ad una visione innovativa, che miglio-rasse la qualità della vita degli abitanti del paese.

„Concesio 11 maggio 1907: Egr. Sig. Sindaco, in risposta alla di Lei lettera in data 28aprile. LÊavverto, che qualora non vi sia in comune altra benefica persona che si assu-ma di concedere gratis il locale per lÊasilo e lÊabitazione per le Suore io sottoscrittasono sempre disposta a mantenere la parola data alla commissione venuta in casa mianellÊagosto dello scorso anno, e cioè io cederò gratuitamente la sala per lÊAsilo e lÊabi-tazione delle Suore; siccome poi mia intenzione dividere il cortile con rete metallica,cederò anche un altro locale che mette sulla strada per Cadebosio il quale dovrà ser-vire per passaggio e per parlatorio. Andrà in effetto questa mia concessione collÊ11novembre 1907 e qualora abbia da loro regolarmente firmato i patti che le trascrivo inqui unito foglietto e senza dei quali io non mi obbligo di concedere la casa stessa. Constima mi professo dev.ma Antonelli Teresa‰.

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Quindi, dallÊinverno 1907, lÊasilo riaprirà, a con-duzione pubblica, grazie alla donazione dellÊedifi-cio e quando la Antonelli morirà, la sua esperien-za caritativa si prolungherà ancora per decenni, inqualche modo fino al tempo attuale; lÊasilo da leifondato verrà al suo nome intitolato, ed anche iltratto di Triumplina dalla Levata al bivio perCadebosio verrà denominato per vari decenni, inmemoria della benefattrice „Contrada Antonelli‰.Tutta la proprietà Antonelli passata al Comunepuò essere quantizzata nei seguenti beni: contantisu due diversi conti, uno presso la Cariplo e lÊal-tro presso la Banca S.Paolo, 200 £ lasciate per larealizzazione della casa curaziale realizzata nel1909 in una cascina, gli immobili „Fondo Levatae Campagnola‰ (approfonditamente analizzati daun perito agrario che ne valutò il giusto prezzo inbase alle piante ivi coltivate) con annesso fabbri-cato di 31 vani (che vennero presto tutti venditinel marzo 1909): tutti questi beni dovevano servi-re a proseguire anche post-mortem (tramite vendi-ta e affittanze temporanee) lÊattività assistenzialedella Antonelli, lÊasilo gestito con lÊaiuto di reli-giose e la refezione quotidiana „per gli impoten-ti‰, che nel 1909 assommavano a circa una venti-na. Il testamento ufficiale e definitivo era stato redat-to il 14 ottobre 1907 (notaio Serafino Chiappa –Concesio) e se ne trascrivono qui le parti di inte-resse „pubblico‰: tolti alcuni beni mobili e legati

in contanti per alcuni famigliari „(⁄) nomino erede generale dÊogni rimanente mia sostanza laCongregazione di Carità di Concesio, perché adempia le seguenti mie intenzioni: Venga continuato nellamia casa, lÊattuale Asilo per lÊinfanzia, diretto però da Suore, di un ordine ecclesiasticamente approvato.Venga insieme istituita nella predetta mia casa, sita in Campagnola Sotto di Concesio, una cucina econo-mica, a vantaggio dei poveri e povere, vecchi impotenti al lavoro e precisamente di quelli delle Frazioni diConcesio, denominate: Campagnole, Artignago, Cadebosio, Cavezzane e, Roncaglie e Pieve, e ciò per la dis-tribuzione di una minestra al giorno, per ciascun povero, e possibilmente anche di un pane (⁄)‰.

Il memoriale dell’asilo Antonelli che inizia alla morte della fondatrice

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Asta 1909 di affittanza di fondi ex-Antonelli

Entrate-Uscite dell’asilo Antonelli nell’anno scolastico 1910-1911, uno dei primi anni di attività a gestione comunale

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Giorgio Montini nacque a Brescia il 30 giugno 1860.Líambiente di Concesio offriva molteplici occasioniper stringere relazioni che sarebbero diventate poidelle autentiche e durature amicizie: proprio lo sforzoprofuso da Giorgio Montini e dal fratello Giuseppeper il paese sono la conferma più evidente di un sin-cero e impegnativo interesse per la comunità.

Terminati gli studi superiori con un alto profitto,Giorgio Montini iniziò a frequentare la facoltÚ diLegge allíUniversità di Padova e ad impegnarsi nelCircolo della Gioventù Cattolica. Nel 1881, a soli 21anni venne chiamato alla direzione del quotidiano "IlCittadino di Brescia", il giornale battagliero dei catto-lici bresciani d'avanguardia. Attraverso il giornalesostenne battaglie intense come quella contro lozanardellismo, per un impegno sempre più aperto allapartecipazione dei cattolici alla vita pubblica. Nel1882 ottenne la laurea in giurisprudenzaall'Università di Padova. Dal 1890 diresse tutte le bat-taglie elettorali dei cattolici che uscirono vittoriosinelle elezioni del 1895. In questo stesso anno divenneconsigliere comunale a Concesio e vi rimase fino almese di novembre del 1908 quando venne elettoSindaco nello stesso Comune, carica che ricoprì soloper alcuni mesi perchè gli impegni in città divennerosempre più pressanti e intensi. Giorgio Montini tra-scorreva sempre più tempo nella casa di Concesio perassolvere ai numerosi impegni assunti nellÊAm -ministrazione del Comune, nella fondazione di circo-li e associazioni, nella stessa gestione della proprietà e,soprattutto, nellíincontro con gente di ogni ceto cheveniva per un consiglio o un aiuto concreto, anche dilavoro. A Concesio la moglie, assieme al primo figlioLodovico, lo raggiungeva nella tarda primavera perpassarvi tutta líestate e la prima parte dellíautunno

poichè il marito, abile cacciatore, aveva costruito sulcolle Verdura, alle spalle della casa, un capanno per lacaccia e di frequente vi andava per praticare quellosport tanto caro ai bresciani. Sotto il grande pergola-to che faceva da baldacchino ad una lunga tavola dimarmo, convenivano per lunghe conversazioni i nota-bili, i politici, gli operai e tutti coloro che partecipa-vano attivamente alla vita del comune valtrumplino edella stessa città di Brescia. Da questo luogo, lontanodal frastuono e dalle influenze cittadine, venivanoprese decisioni ed interventi risoluti per affrontare iproblemi più scottanti del momento. Montini sosten-ne proprio in questa casa le lotte degli operai diConcesio e della Valle Trompia, specialmente nel1909-1910 e spinse il parroco e i più attivi cattolici delpaese a fondare un Circolo Operaio Cattolico alla cuiinaugurazione partecipò con grande gioia. Nella casadi via Rodolfo vennero inoltre ospitati più volte con-vegni e riunioni di lavoratori, con il solo scopo di sti-molare tutti ad una azione sociale in favore dei piùumili e indifesi cercando di rafforzare e potenziareuna presenza cristiana in tutti gli ambiti che il mondodel lavoro poteva offrire. Nel 1911-1912 riusc˛ adorganizzare un folto gruppo di concesiani che siriunirono per dar vita ad una Commissione che avevalo scopo di far erigere una chiesa per la popolazionedi Codolazza e Costorio, data la non poca lontanan-za che avevano con la Parrocchiale. Partecipò inoltremolto attivamente alle opere assistenziali e fu ammi-nistratore assiduo dellíasilo di Concesio anche intempi di delicate questioni di eredità, per assicurareallíasilo un patrimonio indispensabile e permettereche tutti i beni di proprietà Antonelli non andasserodilapidati. Per reagire allíegemonia zanardelliana favo-rì in tutte le maniere líistituzione del ComitatoParrocchiale che a Concesio fu tra i più attivi dellaprovincia. Questo Comitato aveva come scopo prin-

GIORGIO MONTINI E CONCESIO

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cipale la difesa della religione cristiana contro gli ìat-tacchiî cruenti, o talvolta velati, di coloro che ostaco-lavano, con accanimento, le opere ecclesiali. Se tantoera il suo impegno in parrocchia e tra gli operai,altrettanto lo fu nellíAmministrazione Comunale.Come consigliere comunale il suo nome appare per laprima volta, nei documenti d'archivio del Comune diConcesio agli inizi dellíanno 1888, nel Verbale di"Nomina di metà della Giunta Municipale". NelVerbale del 9 dicembre dello stesso anno, viene elettocome assessore con sei voti, sostituendo il sig. RovettaGianbattista. Dopo questa nomina, egli presenzierà aquasi tutte le riunioni della Giunta Municipale. NelVerbale del Consiglio Comunale del 5 ottobre 1890,il dott. Giorgio Montini venne eletto Soprintendentealle Scuole locali. Nel 1919, venne eletto deputato alParlamento Italiano e vi rimase fino al 3 novembre1916. Terminato questo impegno, si ritirò completa-mente dalla vita politica, dedicandosi solo alle operecattoliche, alle iniziative culturali, religiose, di benefi-cenza a Concesio e Verolavecchia. Ebbe tre figli:Lodovico, laureato in giurisprudenza, GiovanniBattista, futuro Paolo VI e Francesco laureato in medi-cina. Giorgio Montini morì a 83 anni a Brescia il 12gennaio 1943 alle ore 19.30.

(scheda a cura di Claudio Fiorini)

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2.1 Il problema degli asili a livello comunale

Considerata la vastità del territorio e lÊassenza di mezzi di trasporto adeguati, era sempre stata sentita aConcesio la necessità di accedere ai servizi, fossero essi scuole, asili o anche chiese. AllÊinizio del Novecento,in particolare, lÊesigenza di tutelare i bambini, spesso abbandonati per necessità dalla famiglia per molte oredel giorno si fece particolarmente pressante.LÊesperienza privata dellÊasilo di Campagnola gestito da Teresa Antonelli aveva fatto nascere nel 1904, instretto parallelismo, un analogo servizio a Costorio, alla periferia nord del Comune. Tale struttura "racco-glie(va) anche bambini appartenenti a famiglie assolutamente povere", caratteristica presumibilmente inlinea con l'esperienza gestita dalla Antonelli per i bambini delle zone a sud della Pieve. La necessità fonda-mentale che rese necessaria la struttura di Costorio è reperibile in una delibera del consiglio comunale del10 giugno 1906 in cui „(⁄) il signor presidente comunica al Consiglio come (⁄) il continuo aumento dellapopolazione, e il progressivo incremento industriale ed agricolo coi pericoli che i nuovi mezzi di trasporto,lÊaumentato passaggio sulle vie e specialmente sulla nostra strada provinciale traggono seco, producendo fre-quenti disgrazie, risulta evidente la necessità di provvedere alla sicurezza e protezione dei nostri bambini chetalvolta non sufficientemente custoditi ignari dei pericoli che ne inficiano la vita, periscono, vittime inno-centi dellÊaltrui trascuranza. – Tale discorso ormai generalmente sentito inspirò la benemerita persona diquesto comune il proposito di provvedere allÊistituzione di unÊasilo nelle frazioni meridionali del comunesostenendone per la maggior parte anche la spesa. Ma per le frazioni superiori non erasi preso alcun prov-vedimento e frattanto nello stesso anno con lÊaiuto di altre benemerite persone, fu possibile provvedere inqualche modo senza pure raggiungere lo scopo mancando (⁄) locale personale (⁄). Si chiede pertanto lacostruzione di un asilo Costorio - Codolazza e lÊistituzione di una commissione comunale‰ ad hoc. Perquanto possa apparire oggi paradossale, anche allÊepoca la strada faceva paura, nonostante il fatto che imotori non fossero ancora sostanzialmente arrivati e alcune lapidi antiche in pietra testimoniano ancoraoggi sulla Triumplina investimenti mortali di cittadini da parte di carri.Le strutture per lÊinfanzia, in questÊepoca pionieristica rappresentavano per molti bambini il primo e unicorapporto con le istituzioni pubbliche: non erano passati molti anni da quando il consigliere comunaleGiorgio Montini in data 14 novembre 1899 scriveva alla giunta comunale di Concesio riguardo alla „stra-grande numero di mancanze alle lezioni‰ scolastiche da parte degli alunni e richiamava alla legislazionevigente. In ogni caso, bisogna però pensare a queste prime strutture assistenziali come a luoghi estremamentesemplici e spartani: una o due stanze, una fontana o pozzo almeno nelle vicinanze, delle latrine, una o duedonne e una miriadi di bambini (anche 40/50) che venivano –in questa fase iniziale- sostanzialmente con-trollati.Il 16 settembre 1907, in prossimità dellÊinizio del nuovo anno scolastico, il Consiglio Comunale decide dirisistemare e adeguare a nuovi standard le due sedi dÊasilo di Campagnola e Costorio, che vedono così per

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la prima volta intrecciarsi in manieradefinitiva le loro sorti parallele:„Onorevole Consiglio, La GiuntaMunicipale convinta della necessitàche sia provveduto alla sistemazionein asili per lÊinfanzia delle due sale dicustodia sorte in questo Comune perlodevoli e filantropiche iniziative pri-vate e fin qui pure con caritatevoliconcerti sostenute; crede toglierle allaprecarietà in cui attualmente si trova-no ed anche per approfittare dei prov-vidi sussidi che un potente istituto dibeneficenza è disposto ad accordare, èvenuta nel proposito di dare esecuzio-ne ai voti già altre volte espressi daquesto On.e Consiglio proponendoche le due sale di custodia siano tra-sformate in Asili il I per le contradesuperiori, in Asilo di Costorio ed il II°per quelle inferiori in Asilo diCampagnola. Un unico statuto dacompilarsi da apposita Commissione,pur contenendo quelle speciali dispo-sizioni, che potranno essere ritenutenecessarie, darà le regole generali per illoro funzionamento e la loro ammini-strazione⁄‰ (segue discorso sui costiipotetici e sulle fonti dÊentrata preven-tivate). Il „potente istituto di benefi-cenza‰ era la Cariplo che infatti nel

1907 stanzia fondi „pel migliore assetto dellÊasilo di Campagnola‰.Tale fermento innovatore non era casuale: il 5 aprile 1906 il Regio Ispettore scolastico visitò lÊAsilo Infantile-Sala di Custodia di Costorio; ecco la sua relazione risalente allÊanno successivo allÊapertura da parte delComune: „La sede dellÊAsilo infantile di Costorio è assolutamente disadatta. LÊunica stanzetta che vi è, deveaccogliere venti, trenta e più bambini, e nelle giornate piovose tenerli per più ore di seguito, mentre nonmisura che nove metri quadrati circa di pavimento; il cortile poi à il gravissimo inconveniente di due muc-chi di letame, che specialmente nelle stagione estiva non potranno che essere di grave danno alla salute deiteneri alunni. Compio, pertanto, il dovere di avvertire la S.V. della necessità di tramutare lÊAsilo stesso inlocale più adatto e conveniente, almeno dal punto di vista igienico. Attenderò una risposta, che desiderocortesemente sollecita, prima di adempire totalmente al mio dovere collÊinformare della cosa la SuperioreAutorità. In questÊoccasione prego la S.V. di farmi sapere a cura di chi e quando è sorto il nuovo istituto,con quale mezzi vive e da chi è amministrato, Con osservanza‰

Il resoconto della visita dell’Ispettore scolastico all’asilo di Costoro (1906)

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2.2 Da asilo privato a struttura pubblica: la donazione Antonellie le difficoltà nella gestione del personale

Tornando invece allÊasilo di Campagnola, il presidente dellÊasilo nel 1913 informa che lÊente „ora denomi-nato Antonelli, sorse nellÊanno 1891-8/1 a cura della compianta e benemerita signore Teresa Antonelli, laquale morendo lega ogni suo avere alla Congregazione di Carità locale, collÊobbligo a questa di mantenerelÊasilo nella propria casa diretta da suore di ordine religioso. Siccome però la stessa benefattrice faceva pureobbligo di dare una minestra e un pane ai vecchi, poveri ed inabili al lavoro, detto onere viene quasi adassorbire tutto lÊinteresse del patrimonio legato in beneficenza così da lasciare allÊasilo il solo beneficio del-lÊuso dei locali gratis consistenti in unÊampia sala per la scuola dÊasilo, di tre per uso abitazione delle suore,e di altre due per la distribuzione della minestra e per la cucina. LÊasilo non è eretto in ente morale, maviene amministrato da una commissione nominata dal Consiglio comunale. LÊanno scolastico dura quanto quello delle scuole elementari, e gli inscritti raggiungono i 96. (note in mati-te: 110 – i frequentanti 80). LÊasilo è diretto dalle RR.de Suore Canossiane (cancellato e corretto conPoverelle) e lÊinsegnante possiede il diploma di abilitazione conseguito a Breno (Val Camonica) il primoottobre 1911; il metodo di insegnamento è il Frabelliano misto con Aportiano, che da ottimi risultati. Conciò io scrivente credendo dÊaver dato completo esaurimento alla circolare sopra citata confida che anche que-stÊanno codesta Onorevole deputazione vorrà col proprio sussidio venire in aiuto a questa benefica e prov-vida istituzione e perciò anticipa le più vive grazie. Con perfetta osservanza, per lÊasilo il presidente.Concesio V.T. li 7 dicembre 1913.‰Prima delle suore Poverelle, alla morte della Antonelli, si erano già contattate le Canossiane, ma erano inseguito sorti forti contrasti tra gli amministratori e le religiose. Sulla loro situazione economicamente dif-ficile ci informa una lettera da Castelletto sul Garda del 10 agosto 1907: „Onorev. Signor Sindaco, il Rev.moSuperiore approva quanto fu stabilito a voce con la R.da Vicaria, riguardo codesto asilo pel corrente annoscolastico. Però approfittando di sua bontà, si raccomanda alla S.S. On. Perché lÊopera delle Suore vengariconosciuta e contribuita di quando in quando, massime da parte delle famiglie, con qualche offerta, anchein generi (⁄)‰, ma, più in generale, lÊesperienza non dovette rivelarsi positiva se, dopo un anno, le religioseverranno „dimesse‰, sembra di intuire per problemi col sacerdote della Pieve, forse legati ad alcuni paga-menti poco chiari. Il Sacerdote allÊepoca, Don Bonomini, era un personaggio alquanto rude e deciso. IlConsiglio Comunale prenderà atto della situazione in una seduta pubblica: „30 agosto 1908 Copia di deli-berazione del consiglio comunale di Concesio, Seduta Straordinaria. Presenti⁄ (Omissis) il consiglio vieneinformato delle dimissioni date dalla commissione per lÊasilo Antonelli in seguito al licenziamento dellemonache incaricate di reggere il medesimo e ciò allÊinsaputa della commissione e della Autorità Comunaledalla quale lÊAsilo dipende molto più che non fu possibile conoscere il motivo di tale licenziamento; ed ilsignor Comassi, membro della commissione, dichiara che la stessa insiste nel mantenere le dimissioni date.Il Consigliere sig. Montini cerca di districare lÊequivoco (⁄) della vertenza consigliando che si dimentichi ilpassato e che per lÊavvenire le monache (e il personale il genere) vengono assunte e mantenute con accordiregolari fatti collÊintervento della Commissione e del Municipio. Prega siano ritirate le dimissioni. Gli altriconsiglieri si associano al signor Montini, ed il Signor Comassi dichiara di assentire anche a nome deglialtri membri‰. In unÊaltra lettera di afferma: „EÊ stata una sorpresa per questa amministrazione Comunale il traslocoimprovviso della R. Suor Emiliana Superiora dellÊAsilo di Campagnola, essendo ora le suore alle dipendenzedel Comune, prima di prendere una minima decisione, credo fosse stato obbligo di V.S. informare que-

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stÊamministrazione, se non per altro, per appurare la verità riguardante alle lagnanze riferite a V.S. a caricodella Superiora stessa. I sottoscritti possono assicurare la S.V. che Suor Emiliana ha qui sempre tenuto unacondotta irreprensibile, amante tanto dei bambini dellÊasilo , quanto delle giovinette che raccoglieva tutte lefeste nel suo ricreatorio, di modo che la sua partenza è rimpianta da tutta la popolazione di Concesio; solonon era benevisa dal nostro Arciprete, perché sapeva dire la sua ragione, e non intendeva sottomettersi cie-camente al suo volere come egli pretendeva anche per schivare dicerie, come purtroppo ne vennero fatte acarico della Madre Francesca‰. Un altro documento riguarda una recriminazione sindacale di una maestra(1909) riguardo allo stipendio, ma appare invece di minore interesse. Don Bonomini, piccato anche del fattodi essere stato escluso dalla commissione per lÊAsilo di Costorio, di dimise dalla „Commissione pel futurocimitero‰, affermando con ironia che la Giunta credeva „che per cariche consimili occorra una cultura scien-tifica che il Parroco non ha‰ (egli era un geologo ben conosciuto a livello bresciano8). Il cambio delle religiose fu effettuato in data „22 settembre 1909 - le Suore dellÊIstituto Palazzolo diBergamo. v. Poverelle fecero il loro ingresso a Concesio per assumerlo la Direzione dellÊAsilo Antonelli equella pure della Cucina pei poveri e vecchi. Il Comune di Concesio possiede una copia delle condizionistabilite fra il Comune stesso e le R. Suore. LÊOnorario è di ital. £ 900 annuale, del quale si è già incomin-ciato a versarsi £ 75, il 1° mensile dai 12/10 ai 12/11 1909. A formare lÊonorario concorrono il Comune,la Deputaz. Le tasse settimanali dei Beneficiari, e se occorrerà anche la generosità della Commissione appro-vata dal Comune in seduta Consigliare in data 24-10-1909. La Commissione è composta dai Signori: (nomidi 12 membri). Nomina delle cariche: Presidente Napoleone Comassi, Segretario e Cassiere confermatoBonomini (sacerdote)‰.Proprio in questo periodo si inizia a pensare ad una sistemazione consona degli spazi e si allude a un pre-ventivo dellÊingegner Trebeschi con disegni e alla necessità di reperire fondi. Luigi Rossi, che allora stava ini-ziando la sua ascesa politica, fa da tramite con il Ministro dellÊIstruzione pubblica. Nel febbraio 1909, lesuore di Campagnola scrivono che „allÊapertura del nuovo anno (1910-1911) scolastico cercheremo di apri-re codesto asilo. So che V.r. attende una risposta decisiva riguardo il muro di suddivisione del cortile; ebbe-ne tutto considerato noi saremmo del parere di innalzare il muro già incominciato fino allÊaltezza di unmetro e sessanta circa e quindi farvi un riparo dellÊaltezza di un altro metro con una cancellata di ferro.‰Chiedono inoltre che la camera da letto pavimentata in legno si pavimenti in ceramica e si provveda allÊac-qua domestica.

2.03 Vita d’asilo

Come già visto in precedenza, lÊesperienza dellÊasilo per bambini e della distribuzione di un pane e un piat-to di minestra era stata iniziata spontaneamente e in modo del tutto personale da Teresa Antonelli, forsecon lÊaiuto di qualche famiglia meno povera del paese (forse gli stessi Montini). Con il crescere delle richie-ste dellÊuna e dellÊaltra forma di carità, si ipotizza che sia stato coinvolto il Comune, tramite quella che allo-ra era definita „Beneficenza pubblica‰ gestita tramite la Congregazione di Carità. Oltre alla partecipazionepubblica cÊera certamente la partecipazione di privati (il già citato Rossi, per esempio), ai genitori dei bam-bini frequentanti veniva richiesta una piccola retta, almeno per la mensa, ed infine sappiamo per certo cheesisteva una beneficenza di varie forme, anche in natura, che invitava i concesiani a contribuire alla vita del-lÊistituzione.

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Una classe di alunni dell’asilo Antonelli (1937). Foto Archivio Giacomo Dallera.

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Una forma molto simpatica era rappresentata dai „proventida rappresentazioni drammatiche a favore degli asili infan-tili‰ che troviamo citate in un documento del 1904, inizia-tiva che ci presenta uno spaccato della gestione della vitapaesana: in tale occasione si ricavò infatti una cifra di „lire59.20 delle quali lire 50.00 allÊasilo di Campagnola, circa lire9.20 allÊasilo di Costorio‰. Dal piccolo bilancio delle entra-te –uscite possiamo ricostruire lo svolgimento di questÊatti-vità: vengono acquistate 500 buste e 500 cartoncini stampa-ti per la rappresentazione che è a cura della „Società dilet-tanti Concesio‰; lo spettacolo viene replicato per nove sera-te: il prezzo varia da venti a cinquanta centesimi a secondadella serata; „lÊultima serata si raccolsero £ 19 che andaronoa beneficio dellÊasilo di Costorio‰. Per quanto riguarda leuscite esse furono devolute a „Giuseppe Remida per colori,carta e chiodi, a Franciosi per colori e chiodi, crespo e noloparrucca, calzolaio, tubi per lucerne, Sedie nolo e vettura,

Farina bianca per colla 5 Kg e candele, 8 fiaschi petrolio, vino, falegname, vino per attori e operai, manciaalla donna e ai ragazzi, una giornata al fornaio, un metro rimesso‰. In un articolo del 1912 (tale consuetu-dine durò ininterrottamente fino alla soppressione dellÊasilo) il Saggio annuale viene definito come unospettacolo di recite, canti ed esercizi ginnastici, seguito dal regalo di dolci e giocattoli per i bambini. Per quanto riguarda lÊAsilo di Costorio, abbiamo invece solo notizia di una „piccola lotteria di beneficen-za‰ effettuata nel settembre 1905.

2.04 La questione dell’ubicazione degli asili e altre problematiche

La prima difficoltà che divise la popolazione di Concesio fu riguardo al numero e alla localizzazione dellesedi degli asili: nel 1901, in una lettera alla giunta Comunale di Concesio, troviamo la richiesta di aperturadi un Asilo per i bambini di Concesio e Costorio da parte della popolazione (seguono le pagine con firme)da fare gestire alle suore della Sacra Famiglia già operanti allÊasilo eretto in Campagnole dallÊAntonelli. Nel1905 i costoriani si impegnarono ancora per ottenere un asilo non sperimentale, ma strutturato e organiz-zato: „Onorevole consiglio Comunale di Concesio - I sottoscritti capi-famiglia delle Contrade di Costorio,Codolazza e Concesio, convinti per breve esperimento fatto dellÊutilità somme che un asilo infantile puòapportare ai bambini, per la cui educazione e custodia non vi hà altro mezzo comune allÊinfuori dellÊAsilo,e considerando che lÊasilo quale e come si è finÊora iniziato da un anno non sembra avere che un carattereprovvisorio, e considerando inÊoltre, chè, acciocché il detto asilo abbia maggior probabilità e mezzo di vitadurevole lÊopera di privati per quanto volonterosa, forse non basta, domandano a questo On.e ConsiglioComunale:I° Che il Comune, pur serbando tutti i riguardi possibili a chi può aver già fatto del bene al detto asilo, sivalga dellÊopera ed autorità sua, facendo parte precipua se occorre dellÊamministrazione acciocché dallaCassa Risparmio di Milano e dalla Deputaz. Provinciale di Brescia di Brescia si ottenga quanto occorre equanto è sufficiente intanto per avere una sala apposita e propria allÊasilo:

Il saggio dell’Asilo di Concesio sulle pagine de “Il Cittadino di Brescia”, 7 agosto 1912

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II° Che detta sala sia fabbricata in Contrada di Costorio o quanto più vicino è possibile, in modo che siafacile, e non solo possibile, la frequenza alla scuola dellÊasilo ai bambini delle tre Contrade di Concesio,Costorio e Codolazza.III° Che il Comune ad imitazione di altri Comuni benemeriti, assegni allÊamministrazione del detto asiloun poÊ di sussidio, almeno fino a chè si possano avere altri sussidi da Milano e da Brescia, acciocché il dettoasilo possa avere una vita migliore (⁄). (Firma di 5 capifamiglia di Codolazza, 30 di Costorio, 25 diConcesio)„.Anche il cav. Luigi Rossi, dopo essere entrato nel luglio 1906 nella Commissione dellÊAsilo Infantile diCostorio, „quale opera di beneficenza –disse- di cui ho sempre desiderato il sorgere‰, in data 18 giugno 1907inviò una lettera su carta intestata della sua ditta in cui informava il Comune sul contributo di lire 3.000per lÊerezione dellÊasilo. Tutti questi sforzi congiunti permisero di realizzare una seconda nuova strutturapubblica. La relazione finale sullÊAsilo „Costorio, sito in Concesio Via Costorio Diretto dalla maestraSignora Coltrini Guglielmina‰ così recitava: „Fondato 1907, non è ente morale, dipende dal Comune, pos-siede una aula buona, acqua di pozzo, con cortile, arredamento insufficiente e mediocre, è una sala di custo-dia, a pagamento per tutti, £ 2 al mese, refezione calda tutto lÊanno, a pagamento (cent. 30 al giorno) unamaestra laica, e una persona di servizio, 41 bambini iscritti (maschi 23 e femmine 18)‰.In realtà, oltre allÊasilo di Costorio e a quello di Campagnola, una terza struttura stava iniziando, nei primianni del Novecento, a muovere i suoi primi passi: più che unÊasilo doveva essere allÊepoca una „sala di custo-dia‰, gestita da donne e non da maestre, senza particolare esigenze didattiche e serviva alla frazione diS.Rocco, ma soprattutto alle centinaia di donne che dalle varie parti del paese (e anche da fuori) venivanoogni giorno presso la „Manifattura Rossi‰. Ovviamente lo stesso Luigi Rossi, allÊepoca potente industriale alivello provinciale (fu anche eletto Presidente della Camera di Commercio di Brescia), nonché consigliereprovinciale e consigliere del Comune, pose direttamente la questione nel 1908: in una seduta del ConsiglioComunale il cui tema era „Sulla scelta dellÊerigendo asilo infantile ora a Costorio‰: lÊAsilo di Costorio sitrovava infatti in una casa affittata e si voleva decidere, „senza tendenza di particolari egoismi‰, per una sedepubblica definitiva, utile per le frazioni settentrionali. Tra i vari consiglieri e in particolare tra il Rossi,Giorgio Montini e Domenico Nassini nacque unÊaspra discussione: Luigi Rossi „dimostra, esponendo ledistanze delle singole frazioni dalla Casa Comunale, come quella località, con lÊannesso brolo, che è di pro-prietà comunale (a S. Rocco) sia la più centrica avuto riguardo (⁄) al escrescente aumentare della popola-zione nelle vicinanze della Via Concesio e dello Stabilimento industriale ivi esistente‰ (il suo). DomenicoNassini „si dichiara sorpreso dalla proposta del Cav. Rossi e osserva che da Costorio, parti lÊiniziativadellÊAsilo, e che per esso venne concesso il Sussidio della Cassa di Beneficenza di Milano. Costorio eCodolazza da soli fecero sacrifici e sempre si dimostrano disposti a farne; inoltre offre più conveniente lalocalità proposta in Costorio per il mite costo dellÊarea, per la volontaria cooperazione, per le offerte giàassicurate (⁄)‰. LÊassessore Napoleone Comassi propone un referendum e il Rossi, da parte sua, dichiara diaccettarlo. „Il Consigliere Dott. Giorgio Montini, dopo aver ascoltato le diverse opinioni, dichiara che, comeappartenente a Concesio e per le ragioni che ritiene giuste a riguardo della località più centrica, è preferibi-le Concesio, non senza però che esistano buone ragioni per trascurare le aspirazione di Costorio eCodolazza, le quali frazioni hanno il merito dellÊiniziativa e lÊapertura dellÊasilo, e la continuazione delmedesimo è ad essi dovuta. Ritiene fuor di luogo e prematura questa sentenza (⁄); ritiene ad ogni modopreferibile al Referendum, a votazione del Consiglio essendo a favore del primo la prevalenza nel numero(⁄)‰. Effettuata la votazione, solo i consiglieri Angelo Adami, Samuele Figaroli, G. Battista Bosio e lÊasses-sore Domenico Nassini voteranno a favore di Costorio, mentre verrà scelto di creare un vero e proprio asilo

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nuovo a Concesio, con nove voti a favore. A nulla era valso lÊescamotage di trasformare lÊasilo di Costoroin Ente Morale del Comune di Concesio, tentato come ultima spiaggia appena prima della discussione con-sigliare e neppure il parere favorevole della Commissione per gli asili comunale. Da parte loro i concesiani avevano preventivamente sottolineato, oltre alla distanza geografica traCampagnola e Costorio, che „lÊasilo a Concesio (⁄) riuscirebbe un asilo salubre, elevato, di una certa bel-lezza estetica‰. Altre motivazioni quantomeno „curiose‰ furono addotte nelle varie lettere: Costorio era trop-po vicino al Tramvai che „potrebbe deragliarsi essendo lì una curva delle rotaie‰, lÊaria „troppo rigida e friz-zante del Monte Guglielmo porterebbe certo in Inverno molti raffreddori e bronchiti e doglie ai poveri fan-ciullini e che quindi noi la diciamo unÊaria infelicissima‰, lÊAsilo è troppo lontano dalla Pieve per leMonache che devono dirigerlo ecc. Per quanto riguarda le polemiche e la pretestuosità delle motivazioni addotte nella discussione comunale,non bisogna dimenticare che, come già ricordato, la litigiosità politica che caratterizzava questa fase dellastoria del Comune sarà uno dei motivi principali del commissariamento del 1914. „Stia lontana lÊombreelettorale, si sia possibile, giusto si pensi con la mente scevra di preconcetti‰ – ammoniva un gruppo di cit-tadini e lÊesortazione era stata effettivamente corretta, anche se inutile. Una lettera di privati cittadini, con-servata nellÊarchivio storico comunale, ci permette infatti di ricostruire lÊepisodio che fece cortocircuitaretutte le discussioni sulla localizzazione della nuova sede. In due distinti articoli de „La voce del popolo‰ delfebbraio 1914 (ben 6 anni dopo le precedenti polemiche) infatti la discussione, questa volta tra Costorio eCampagnola tornò in auge, ma ancora più veemente. Tali articoli, che non è stato possibile reperire, riguar-davano, ad anni di distanza, questioni riguardo a un finanziamento Cariplo di £ 3.000 da ripartire sullediverse sedi dÊasilo ed ovviamente i pareri non erano ancora una volta concordi. I cittadini di Costorio così commentarono polemicamente i due interventi: „ (⁄) ora abbiamo potuto sape-re che le 1500 £ (contributo per lÊerigendo asilo di Costorio) sono depositate su un libretto, e che è solo lÊin-teresse di questi (i rappresentanti dellÊasilo Antonelli) che serve a provvedere allÊAsilo di Campagnola.Abbiamo rilevato che non si è ancora data mano alla costruzione dellÊAsilo, perché il Ministero non haancora approvato il Progetto, e che il Comune a buon conto ha già stanziate per lÊopera £ 8000? Fosse alme-no vero! Abbiamo piacere a saperlo, e ne terremo conto, aspettando, che gli eventi vengano a dar ragione alCorrispondente della Voce e così acquietare i malcontenti e rendere la desiderata pace nel Paese. Or beneadesso sappia, Egregio Sig. Commissario, che noi abbiamo determinato di lasciar correre come siamo dÊac-cordo (⁄), perché vengano da Lei fatte pratiche per affrettare lÊapprovazione del Progetto‰ e trovati adegua-ti sussidi. In tutta risposta, Napoleone Comassi si dimise polemicamente dalla presidenza dellÊAsilo Antonelli„Concesio lì 30 giugno 1914. Egregio Sig.r Commisario, dopo tutto ciò che si è detto, a mio riguardo, trovodoveroso dimettermi dalla carica di Presidente dellÊAsilo Antonelli. (⁄)‰ generando così una situazione distallo e di scandalo che fu risolta solo grazie alla presenza del Commissario prefettizio, che nellÊaprile del1914 decise di „passare a questa categoria tutta la somma che oggi risulta disponibile sugli art. 55 e 56 delbilancio comunale 1914 affinchè la Congregaz.ne stessa completi lo stanziamento destinato alla sommini-strazione dei medicinali ai poveri e provveda essa sola in conformità dei ritiri discrezionali dellÊOpera Piaper sussidio baliatico e per altri di beneficienza‰. Le motivazioni della discussione tra gli abitanti ritornavano ancora una volta al tema dellÊaumento dellapopolazione totale quasi raddoppiata, della pericolosità della strada Triumplina e alla dispersione territo-riale: Concesio è „un Comune composto di dodici frazioni sparse sopra un territorio di dodici chilometriquadrati e separate lÊuna dallÊaltra da una distanza che varia da m. 500 a due chilometri, con strade perico-

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lose al transito dei bambini perché percorse da tramvaie continuamente frequentate da automobili, biciclette eveicoli comuni (⁄). Un più ponderato esame delle cosepose infatti in evidenza che il regolare servizio di assi-stenza dei bambini esigeva tre distinti asili e cioè: unoper la parte superiore del Comune, servente per le fra-zioni di Costorio con Codolazza (abitanti 495), unoper la parte inferiore servente per le frazioni diCampagnola e Artignago e uno a Concesio (⁄)‰; ovvia-mente le finanze comunali erano come sempre „pocofloride‰. Già dal 1908 Angelo Remida, storicoSegretario comunale, si era interessato presso lÊOn.Angelo Passerini per far ottenere un ulteriore contri-buto (sul fondo „Umberto Principe di Piemonte‰) perlÊAsilo di Campagnola, subordinato al fatto che essofosse ovviamente un vero asilo e non una sala di custo-dia. Il Rossi, da parte sua, si adoperò presso il MinistrodellÊistruzione tramite il Sen. Ugo da Como, ma anchelÊopposizione costoriana aveva giocato le sue carte nelladiscussione, rimarcando il fatto che il contributo di £3000 era tutto per lÊasilo di Costorio e non solo metà;se poi i bambini di Concesio non utilizzavano lÊasilodi Costorio non era certo colpa loro – argomentavanoi costoriani. In ogni caso allÊaltezza del commissaria-mento comunale del 1914, tre erano gli asili di fattoattivi e si cercava faticosamente di arrivare allÊapprova-zione di un regolamento unico per essi, con le conse-guenti nomine di commissari definitivi che avverranno solo nel 1917. In realtà però Costorio e Campagnolaerano riconosciuti specificamente allÊepoca come asili con il relativo comitato di gestione, mentre per S.Rocco si parla ancora una volta di „sala di custodia pei bambini‰ (⁄) „in attesa dellÊistituzione dellÊasilo‰per cui si richiederà specifico contributo ancora nel 1917 sul fondo „principe Umberto‰. Nel 1911, vari anniprima della discussione sopra descritta era stato approntato da parte dellÊIng. Francesco Bondini di Bresciaun progetto per asilo posto tra Via Verdura e Strada Belvedere, ma solo nel 1919 si arriverà alla realizzazio-ne di una sede utilizzabile come Asilo e Scuola sita tra Via Rodolfo e la Serioletta, che effettivamente verràrealizzata e utilizzata per qualche decennio. La seconda questione che avvelenava il clima era quella eternadei finanziamenti: dopo gli inizi stentati lÊAsilo era chiamato, a seconda della situazione economica a pro-pendere a tratti anche verso un aspetto puramente assistenziale. Se nel 1910 le suore facevano la spesa allamattina in proporzione a quello che avevano incassato dai piccoli utenti, ancora nel 1913 (periodo prebel-lico particolarmente difficile per lÊeconomia concesiana), lÊAsilo Antonelli, „amministrato da comune eCommissione dal Comune scelta, è a pagamento ad eccezione dei miserabili, il metodo è invebeliano mistocon apartiano, entrate lire 841.30 uscite 1164.60, bambini numero 56, bambine 40, frequentanti 75, maestrasuor Sofia Mazzacotelli col titolo di abilitazione avuto dalla maestra giardiniera Gambari Vittoria diBergamo, suore numero 4 con stipendio complessivo di lire 900 annue, si da la refezione ai bambini che ne

Bando per il concorso comunale di nomina della maestra dell’asilo (1923)

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fanno domanda con corrispondenza di centesimi 10 con pane e minestra e di soli 5 con sola minestra. Larefezione dura lÊintero anno scolastico, pagata con fondo di cassa e il disavanzo annuale viene coperto daofferte della Congregazione di carità e dai membri della commissione. I bambini pagano 10 centesimi persettimana ad eccezione dei miserabili‰.Finalmente qualche miglioria strutturale fu introdotta: nel 1916 si annuncia che „il tesoriere di questa operapia signor Rovetta Giuseppe pagherà la somma di lire quaranta al sig. Fiorini Primo per importo opere diimbiancatura e restauro ai locali Asilo Infantile di Campagnola di proprietà della congregazione‰, ma nelsettembre 1917 si fa domanda al Patronato scolastico per un „Sussidio - Essendosi per dar principio al nuovoanno scolastico per poter maggiormente allargare onde venire in aiuto dei fanciulli dei genitori menoabbienti ed avuto maggior riguardo ai figli dei richiamati sotto le armi, la sottoscritta presidenza si permetterivolgersi anche a C. O. Congregazione perché voglia concorrere colla sua offerta in questÊopera eminente-mente filantropica ed educativa. Con la piena fiducia che la presente verrà benevolmente accolta (⁄)‰. Come si può vedere, la guerra per quanto avesse risparmiato direttamente il paese aveva colpito anche lemisere casse locali: le stanze dellÊasilo di Campagnola erano state usate come alloggio per le truppe e le fami-glie prive dello stipendio del capofamiglia non aveva certo tratto benefici e a Concesio si contano 7 orfanidi guerra per la morte di due capifamiglia al fronte (Vincenzo Bertanza e Pontara Giovanni).Per concludere, intorno agli anni Venti del Novecento questa era la situazione: i bilanci dei tre asili diCostorio, Concesio e Campagnola erano costituiti da „Entrate divise in rendite patrimoniale, tasse bambi-ni, sussidio del comune, sussidio congregazione, sussidio Cassa Risparmio, offerte private, tasse funerali,avanzo refezioni‰; mentre le „Uscite da stipendio al personale, affitto locale, Riscaldamento, riparazione emobilio‰.Questa è la „Relazione finale sullÊ Asilo Campagnola, in Concesio Via Antonelli Diretto dalla maestraSignora Locatelli Pasqua. Asilo fondato 1907, dipende dal comune, una sola stanza, acqua di pozzo, lÊarre-damento è sufficiente, il metodo è froebeliano e anche apartiano, la refezione è calda, dura 10 mesi, è a paga-mento per tutti (cent. 30). la direttrice è fornita di diploma dalla maestra giardiniera, la maestra è unica condue assistenti, sono religiose, 80 bambini iscritti (35 maschie e 45 femmine); si fa una una piccola festa dichiusura. Nel 1923 si aggiunge, su un foglio di brutta manoscritto, che lÊanno scolastico va dal 1.10 al 31.7,lÊorario dalle 9 alle 16 e che lÊasilo ricorre alla beneficenza privata‰.La „Sala di custodia di S.Rocco di Concesio, Via Rodolfo Concesio, Maestra Arrighini GiuliaQuando venne fondato lÊasilo: 1914, dipende dal Comune, Una sola aula, condizioni mediocri, acqua dipozzo, giardino annesso, arredamento insufficiente, (tipologia: asilo froebeliano, aportiano, sala di custo-dia?) a pagamento per tutti, due lire mensili, refezione calda tutto lÊanno (30 centesimi al giorno); una mae-stra laica, 39 bambini iscritti. Aperto dal 1° ottobre al 31 luglio, si fa vacanza domenica e giovedì, vacanzeautunnali in agosto e settembre. Bisogni urgenti: combustibile e stipendi‰.Infine per „lÊAsilo Costorio, in Concesio Via Costorio Diretto dalla maestra Signora Coltrini Guglielmina.Fondato 1902, non è ente morale, dipende dal Comune, anche se i Comuni appartengono alla Fabbriceriaparrocchiale locale, una aula buona (ampia), acqua di pozzo, con cortile, arredamento insufficiente e medio-cre, i bambini iscritti sono 70, la refezione calda tutto lÊanno, a pagamento (cent. 30 al giorno) una maestralaica, e una persona di servizio, 41 bambini iscritti (maschi 23 e femmine 18). Per la ricreazione vi è unÊa-rea più che sufficiente ed arieggiata davanti allÊaula di insegnamento e anche una bella stanza per la cucina.LÊasilo fu visitato dal Regio Ispettore nel 1913, rimane aperto 10 mesi (da novembre a agosto), le due addet-te sono prive di alcun titolo‰. In margine al tema sopra trattato sembra importante sottolineare come anche lÊeducazione degli adulti ebbe

Pagina a fianco: il territorio con la collocazione delle tre ipotetiche sedi di Asilo

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un suo momento di vivacità in questi anni così difficili e travagliati: nel 1909 le „suore Poverelle‰, allÊin-terno della convenzione per la gestione dellÊasilo Antonelli, avevano ottenuto di „tenere aperta una scuoladi lavoro per le fanciulle e giovinette; e questa sarà a pagamento e a beneficio esclusivo delle Suore, qualecompenso alla maestra di lavoro‰ (le suore erano già „gratificate‰ anche dalla „minestra dei poveri‰), men-tre intorno al 1914 Don Celestino Bonomini aveva iniziato una „Scuola Domenicale di Disegno per gliOperai di Concesio‰ che si prolungò sicuramente anche fino al 1917, unica esperienza educativa sul terri-torio concesiano finora conosciuta, oltre alle scuole obbligatorie per legge.

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Una classe di alunni d’asilo e delle elementari concesiane in posa davanti al Tricolore. Presumibilmente si tratta dell’asilo di San Vigilio – 1912

L’asilo infantile della Pieve - circa 1915

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La zona di Via Rodolfo, dove sorgerà l’Asilo di Concesio, per volontà di Luigi Rossi

L’elegante carta intestata della ditta di Luigi Rossi

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3.01 Il sussidio per i poveri e la creazione dellaCasa di Riposo Sangervasio nel 1925

Parallelamente allÊaumento demografico dei concesiani che dal 1901 fu particolarmente costante, che si puòevincere dalla tabella qui riprodotta

Tabella rielaborata dai dati in „I Comuni bresciani in cifre‰

Camera di Commercio di BS (1999). Sono stati sommati i dati di Concesio e San Vigilio, unificati nel 1928.

anche le esigenze sociale divennero più pressanti. Sicuramente su tali dati influì anche una concezione piùmoderna della vita e dello stato sociale che il fascismo stesso si vantava di avere a cuore. A dispetto delle intenzioni, la miseria continuava a imperare e nel 1921 la Congregazione di Carità (dÊorain poi CdC) procedette alla vendita di alcuni terreni e casi dellÊeredità Antonelli (in particolare una casa diquattro vani, il fondo Levata – ex Antonelli e il Fondo Consorio proveniente dal Legato Vivenzi, oltre a unterreno tra Via Sangervasio e Via Due Muri; due di questi terreni furono acquistati da Primo Fiorini). Queste entrate permisero di raddoppiare lÊentrata ordinaria della Cdc, mentre, in data 18 agosto 1924 il Cav.Battista Bertelli, Presidente della CdC, predispose unÊofferta personale di £ 5.000 vincolate alla costruzionedi una nuova Casa di Riposo. Dopo una discussione in Consiglio Comunale, „la proposta incontrava ilfavore del Consiglio e della popolazione, perché da tempo era sentito il bisogno di tale opera che, mentreassicura una assistenza meno disagiata ai bisognosi, solleverà il Comune dalle forti spese di Spedalità perricovero di cronici privi di ogni assistenza. La casa di Riposo, costruita in Concesio, centro della Bassa ValleTrompia, tornerà utile anche ai comuni limitrofi (Bovezzo, Collebeato, S.Vigilio, Carcina, Villa) e si contache detti Comuni vedano bene la nostra iniziativa (⁄)‰. Il costo previsto di £ 30.000 circa, più 10.000 £ perlÊarredamento, sarebbe stato coperto con 20.000 £ ricavate da vendita di beni della CdC, 6000 £ di contri-buto comunale e dalle suddette £ 5.000 dellÊofferta Bertelli; la restante somma coperta da offerte. LÊasta perlÊappalto dei lavori venne subito fissata per il maggio 1925.

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Il progetto redatto dal Geom. Zambonardi e datato 22-11-1924 prevedeva di „(...) sistemare i locali che occu-pavano quasi interamente l'ala di monte del fabbricato lungo la Via Cà di Bosio. Vengono conservati intat-ti alcuni ambienti esistenti: il vestibolo, la cucina, la dispensa e tre camere al primo piano. Fatti invece anuovo: il Refettorio e 2 dormitori uno per i maschi e uno per le donne con latrine e vestibolo di divisione.(⁄) Per la costruzione dei nuovi ambienti verrebbe conservata la parete verso strada e demolita la restanteparte‰. In tutto si sarebbero ricavati 6+6 posti letti disposti in doppia fila, tre contro la parete di monte etre in quella di mezzodì. Ogni letto avrebbe avuto la capacità di mc 34. La struttura sarebbe stata ingentili-ta con quattro finestre bifore e una camera d'isolamento per eventuali malati infettivi. Il progetto era particolarmente impegnativo e costoso: per tale scopo vennero versati anche i fondi destina-ti alla „minestra dei poveri‰, gli operai della ditta Rossi lavorarono gratuitamente per una domenica interae il Rossi devolvette i loro stipendi, la farmacia locale che forniva i medicinali per i poveri regalò vari far-maci e vennero organizzate diverse raccolte di fondi tra i privati, comprese anche raccolte di generi ali-mentari. La CdC decise di aumentare gli affitti delle case e dei negozi della proprietà ex Antonelli: insom-ma tutti si diedero da fare per poter approntare al meglio la nuova casa di riposo che necessitava anche diessere arredata, provvedendo i letti, i materassi, le stufe, il mobilio e lÊimpianto elettrico. I vari stanziamen-ti (compresa una richiesta di contributo alla Cariplo) furono gestiti dallÊAmministrazione comunale inunione a un „Comitato dÊonore della erigenda Casa‰ che distingueva i „Soci benemeriti‰ dai „Soci sosteni-tori‰ e dai „Soci annuali‰; Soci fondatori furono Bertelli Pierina, Bertelli Cav. Luigi, la BancaSantÊAntonino, Fisogni Pasquale, Rossi Comm. Luigi, la Cooperativa Pieve, Sig. Giuseppe Remida, Rev DonCelestino Bonomini, Com. Luigi Rossi, Dott. Gio Bignardi, la locale Sezione Fascio e Marietti Enrico. Neldicembre 1924, dopo aver aumentato lÊaffitto ai negozianti, la CdC „delibera di fare una circolare da spe-dire a tutte le Famiglie dei possidenti e Società del nostro Comune (⁄) di fare poi un giro di questua, chie-dendo una ciffra per lÊerezione e una per il mantenimento come soci‰. Per tale realizzazione venne devolu-to anche il saldo delle spese sul lascito 1926 di Bertelli Pierina (probabilmente parente di Primo Fiorini emoglie del Cav. Bertelli) il cui nome venne iscritto per questo sulla Lapide dei Benefattori (purtroppo oggidistrutta) che si sarebbe conservata nel „teatrino‰ dellÊasilo annesso alla Casa di riposo. Anche se il proget-to era quindi nuovo, esso era costituito da una sostanziale sistemazione e allargamento della vecchia strut-tura Antonelli. Nel 1926 le spese vennero così rendicontate in linea di massima:

„Congregazione di Carità di Concesio: elenco delle spese incontrate per la costruzio-ne della casa di riposo e per lÊarredamento della stessa. Il preventivo è di £ 29.600importo opere appaltate al signor Fiorini Giuseppe inerenti alla costruzione della Casaal netto del ribasso dÊasta, lire 29000arredamento: ditta facchinetti per lana, 5054„coperte trapunte tela‰ 1600Tela 340Fattura materassi e guanciali 181Ditta Crescini, „letti ferro, comodini, secchi ferro⁄‰ 4400Detto, cestini e portarifiuti, 130Ditta Peri e Dolci, ferraglia, 1825Ditta rovelli, cucina economica 800Ditta Acerboni, pentola 100

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Ditta bertoloni, armadi e lavandini 800Ditta Raffelli, impianto luci 1270Totale spese: lire 43.000

Delle opere di cui sopra furono pagate: per acquisto mobili l 14000in incanto a Impresario l 21000totale lire 35000restano da pagare a saldo allÊimpresario lire 8000

Le 35000 lire furono pagate coi fondi seguenti:offerta del comune 6000offerte raccolte per la popolazione 29000‰.

Dopo il „Collaudo delle opere e forniture dellÊingegnere Fiorini Giuseppe per la riduzione a ricovero deivecchi lÊimpotenti della casa ex Antonelli si trova nella frazione Campagnola Inferiore‰ in una lettera data-ta 24-11-1925 si comunica che „Con lettera 16-9 codesta benemerita cassa (Cariplo) ci comunicava la con-cessione di un sussidio di lire 4000 a titolo di concorso per la costruzione della Casa di Ricovero. Possiamooggi comunicare che le opere sono ultimate e che il ricovero venne aperto e regolarmente funzionava dal 1-11-25 (⁄)‰.La benedizione del Vescovo inaugurò ufficialmente la nuova struttura il 17 dicembre del 1925, che era gesti-ta da quattro suore „Poverelle‰ di cui una era addetta alla scuola di lavoro, „Per quanto riguarda il numerodei ricoverati si può assicurare che i dodici letti, di cui per ora la Casa è capace, saranno sempre al com-pleto. Il progetto, per proporzionare la spesa di costruzione ai fondi disponibili venne contenuto nei limi-ti dello stretto necessario tenendo presente che si accoglieranno bisognosi dei comuni limitrofi (⁄). Il biso-gno della Casa di Riposo è tanto più sentito in quanto non fu mai possibile ottenere il ricovero in ÿIstitutidel genereŸ della vicina città e in quello di Gardone VT che credesi unico in tutta la valle, dei nostri biso-gnosi, perché ci si rispose sempre, detti istituti erano appena sufficienti nei loro bisogni‰- afferma con orgo-glio il Bertelli stesso alla conclusione dei lavori. Tale soddisfazione per unÊopera che aveva pochi eguali anche nei dintorni era stata sottolineata anche nelgià citato documento dellÊaprile 1925, in cui si affermava che „la casa di riposo costruita in Concesio, cen-tro della Bassa Val Trompia, tornerà utile anche ai comuni limitrofi (Bovezzo, Collebeato, San Vigilio,Carcina, Villa).‰ Altri nomi di benefattori vennero aggiunti allÊelenco realizzato nel 15/10/1913 dalla dittaFratelli Guizzetti presso il cimitero comunale, anchÊesso oggi disperso.

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Frontespizio del Progetto definitivo per Casa di Riposo del 1932

Dettaglio del progetto Zambonardi – le camerate e i servizi

Progetto definitivo 1932: il piano terra nella situazione precedente ai restauri

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Progetto 1935: particolare della pianta della cappella religiosa, ancora oggi esistente

Esterno della cappellina allo stato attuale

Indicazione della strada per la parrocchiale della Pieve (attuale Via Cadebosio). Lapide ottocentesca tuttora visibile

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Spaccato nel progetto 1932

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3.02 Il Regolamento della nuova Casa di Riposo

Una volta realizzata la nuova struttura, era necessaria dotarla di un regolamento proprio. A tale scopo nel1925 vennero procurati (e sono ancora oggi conservate nellÊArchivio Comunale) vari regolamenti di strut-ture simili in Provincia: il Regolamento della casa di riposo di Prealboino approvato con regio decreto 1864,quello della Casa di riposo di Rovato, di Salò, mentre altri erano stati richiesti a Gardone, Bovegno,Vobarno, Rovato, Prealboino, Pisogne, Adro⁄..Questo è il testo elaborato per la struttura di Concesio:

REGOLAMENTO CASA RICOVERO „SANGERVASIO‰ 1.11.1925

SCOPO E AMMINISTRAZIONE

Art.1 = La Casa di Ricovero è amministrata dalla Congregazione di Carità che delibe-ra: a) sulle riforme organiche e parlamentari; b) ammette i ricoverandi e dimette quel-li che non avessero più bisogno e si rendessero indegni dellÊassistenza; c) nomina elicenzia il personale di sorveglianza e di servizio.Art. 2 = Il Presidente della Congregazione è incaricato di sorvegliare il buon anda-mento della Casa, di fare gli acquisti necessari, di provocare della Amministrazione lenecessarie deliberazioni. In sua assenza o impedimento delegherà un altro membro.Art. 3 = LÊistituzione ha per iscopo di provvedere gratuitamente secondo i proprimezzi, al ricovero, mantenimento di assistenza dei vecchi poveri dÊambo i sessi inabi-li a lavoro proficuo; con domicilio di soccorso in Concesio e che non abbiano paren-ti tenuti a provvedere ed in grado di farlo. Entro il limite dei posti disponibili posso-no essere accolti a pagamento inabili non aventi diritto al ricovero gratuito. Le rettesaranno stabilite dallÊAmministrazione.

AMMISSIONE DEI RICOVERATI

Art.4 = LÊammissione dei ricoverati è deliberata dallÊamministrazione a maggioran-za assoluta di voti e a voto segreto.Art.5 = ll numero dei ricoverandi è fissato dallÊAmministrazione in proporzione deimezzi disponibili.Art. 6 = Per lÊammissione sono necessari i seguenti acquisiti: a) miserabilità assoluta;b) inabilità a lavoro proficuo; c) buona condotta; d) domicilio di soccorso inConcesio; e) non essere affetti da malattie contagiose e richiedenti speciale assistenza;f) che abbiano raggiunto i 60 anni di età.

DISCIPLINA DEI RICOVERATI

Art. 7 = I ricoverati devono osservare le regole stabilite per quanto riguarda levata dalletto, il riposo, i pasti, le uscite ordinarie, la pulizia personale ecc. ecc.Art. 8 = I ricoverati devono usare tra loro mutua benevolenza ed assistenza e com-portarsi come esigono decenza e morale.

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Art. 9 = Essi devono obbedienza e rispetto alle Suore, al Sanitario, agliAmministratori, al personale di servizio.Art. 10 = Chi credesse di avere bisogno di speciale trattamento deve farne istanza allaSuora Direttrice, che provvederà, sentito, se la gravità del caso lo consiglia, ilPresidente. Al medesimo e al Consigliere delegato dovranno essere esposti i motivi dilamentele.

VITTO E VESTIARIO

Art. 11 = Il vitto è regolato per tutti i ricoverati mediante la tabella delle diete. Il trat-tamento è eguale per tutti i ricoverati, fatta eccezione del caso previsto dallÊart. 10 oquando il medico consiglia un trattamento speciale.

DIREZIONE INTERNA

Art. 12 = La suora dirigente riceve i ricoverati dietro avviso della Presidenza. Essa tieneun registro collÊindicazione del giorno dellÊammissione dellÊetà e del luogo di nascitae della paternità e maternità del ricoverato.Art. 13 = Essa risponde di tutto il mobilio della casa, secondo regolare inventario chele sarà consegnato.Art. 14 = Spetta alla Suora Dirigente: a) sorvegliare gli inservienti b) sorvegliare lÊap-prestamento del vitto e la sua regolare distribuzione. c) curare il mantenimento del-lÊordine, della disciplina interna, della pulizia, tanto dei locali che dei mobili, degliabiti e della biancheria.Art. 15 = Le provviste allÊingrosso sono fatte dal Presidente o da un suo delegato. Lesuore hanno facoltà di curare le provviste giornaliere, vigilano la regolare tenuta deilibretti di spesa.Art. 16 = La suora sussidiaria provvede, sotto la direzione della Dirigente, alla cucinaed al guardaroba, coadiuvata dallÊinserviente.Art. 17 = LÊinserviente deve: a) fare la pulizia dei locali, dei mobili, degli abiti; b) ras-settare i letti; c) aiutare nella cucinatura e distibuzione dei cibi.Art. 18 = EÊ permesso lÊuscita ai ricoverati al Giovedì, Domenica dalle ore 13 alle 16dÊinverno, dalle 14 alle 18 dÊestate.

Il Presidentef.to G.B. Bertelli

Concesio 1 novembre 1925

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3.03 La donazione diAdele San Gervasio

Nonostante la „modernità‰ della nuovastruttura lÊassistenza è rimasta a un livel-lo ancora molto basilare: nel 1929, anniin cui la Casa di Riposo lavora a pienoregime con 12 ricoverati –erano 8 lÊannoprecedente- di cui uno da Bovezzo euno da Villa Carcina, i dirigenti solleci-tano offerte „anche in natura‰ per supe-rare le difficoltà economiche. Le esigen-ze di una gestione più in linea con lospirito dei tempi erano ben chiare nellamente degli amministratori e dei conce-siani, ma la crisi economica dirompenteimpedirà per molto tempo la creazionedi realtà adeguate.Girolamo San Gervasio (o Sangervasio),noto patriota dellÊetà risorgimentale,possedeva –forse per eredità- case aBrescia città e a Concesio, come erausanza allÊepoca. La sua casa inCampagnola, lungo la stradaTriumplina, splendido esempio di Villatardo seicentesca con giardino, spaziannessi e significativo portale in pietradi foggia rinascimentale – forse prove-niente da altra abitazione- era stata unluogo di ritrovo per gli spiriti eletti:poeti, pensatori e politici dellÊItaliettadella seconda metà dellÊOttocento. Inrealtà la storia dellÊedificio è legata a unpassato interessante quanto misteriosoche ci viene in parte rivelato da un ano-nimo articoletto dÊepoca. Nella rivista„LÊillustrazione bresciana‰, in un nume-ro del 1911, infatti, si danno alcune informazioni storiche che, per quanto generiche e forse anche non trop-po precise, ci forniscono tracce di approfondimento di un certo interesse. Non esiste infatti materiale docu-mentario disponibile ad oggi sulla storia antica del sito e dellÊedificio. LÊarticolo ci svela lÊarcano informan-doci del fatto che, quando gli austriaci irruppero in città da Porta Venezia, saccheggiarono „le case dei piùardenti fautori della libertà italiana, e fra queste venne compreso il palazzo del nob. Gerolamo Sangervasio,allora sindaco della città‰ di Brescia. Questa significativa informazione, se fosse veritiera, spiegherebbe facil-mente lÊassenza di documentazione antica sulla villa.

La Madonna a cui Adele San Gervasio donò una collana: nel 1943 – anno di questa cartolina- era veneratacome “Madonna del Soldato”

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La figlia di Girolamo, Adele, ultima discendente del ramo San Gervasio e sposata con un alto militare dicognome Burzio, senza figli, era rimasta sempre affezionata alla villa paterna di Concesio. Fin dal 1892 avevaredatto un testamento che lasciava tutti i beni alla sorella e al di lei figlio, a patto che egli avesse aggiunto alsuo cognome (Fioretti) quello dei San Gervasio. A questa prima scrittura ne seguì unÊaltra nel 1904: in casodi morte di Adele, della sorella e del nipote, la testatrice desiderava che „(⁄) tutta la sostanza (⁄) immobili,mobili e valori fossero devoluti alla Congregazione di Carità perché fosse istituito un ricovero nella Villa diCampagnola per i vecchi impotenti e poveri del Comune (⁄)‰. Anche la sorella Maddalena sottoscrisse taleatto e insieme nominarono esecutore testamentario Angelo Remida, che era allÊepoca segretario comunale,definito „amico impareggiabile‰. Nel 1913 Adele aggiunse che „detto Istituto dovrà essere intitolato –Casa diRiposo San Gervasio-‰, da stamparsi sul fronte della Villa; la testatrice desiderava „funerali modesti e senzafiori‰ e voleva che venissero inoltre devolute 3.000 £ ai più poveri e ai più vecchi. Nel quarto testamentoannullò tutti i precedenti (Paolo Fioretti diventava ora erede universale), ma in caso di morte del nipote ricon-fermava le donazioni suddette, aggiungendo che le Suore Poverelle, „le quali troverebbero nella casa stessa illoro alloggio‰ lo avrebbero gestito. A questo testamento ne seguirono altri tre. Quello del 1928 contiene lenorme definitive: „Annullando qualsiasi altro mio testamento o memoria scritta (⁄) Lascio mio Nipote Avv.toPaolo Fioretti del fu Giuseppe Fioretti e di Maddalena San Gervasio usufruttuario, durante tutta la sua vitadella mia proprietà in terreni case e Villa (⁄). Alla sua morte detta mia proprietà passerà in proprietà allaCongregazione di Carità di Concesio, per il già esistente ricovero in Campagnola Inferiore, purchè porti ilnome di Ricovero San Gervasio, e sia devoluto in soccorso dei vecchi ed inabili al lavoro dÊambo i sessi (⁄)‰.Oltre alla dettagliatissima elencazione di molti oggetti preziosi e dei loro rispettivi destinatari, credo valga lapena riportare una parte del testamento che supera lÊambito strettamente famigliare: „Alla Madonna in statuaalla Chiesa della Pieve di Concesio lascio il mio collier in piccole perle con fermaglio in cammeo 12 file diperle. = Sta nel mio comò a Roma = Al Museo del Risorgimento in Castello a Brescia, se è gradito, il procla-ma di Papà, Girolamo San Gervasio, quando assunse la carica di Dirigente il Municipio di Brescia il 28 Marzo1849 durante le dieci giornate. = EÊ in cornice con cristallo ed è a Concesio nel mio salottino= la fotografiadi Papà in cornice a piccoli intarsi con cristallo = trovasi a Roma= (⁄)‰.Alla morte della benefattrice, avvenuta il 1° luglio 1929, così venne descritta la proprietà: prato nuovo conboschetta (verso il Mella), campo filari lunghi e svegradina con boschetta, campo Gerotelli con boschetta,

Progetto 1932 del fronte strada lungo Via San Gervasio con la scritta prevista dalle volontà testamentarie di Adele San Gervasio

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prato Piana lunga e Campi Pianoni-Pianoncelli e vivaio con rione boschivo, campo Baratta, campo Lusignolo,campo Pero, Prato vecchio, prato Breda e Marcentato con due ponti sulla Marchesina e sul Federativo. Tuttequeste denominazioni toponomastiche risalgono almeno allÊepoca veneta. Riguardo ai caseggiati, si parla diuna villa padronale di 15 vani con rustico e giardino (tutte le stanze sono descritte dettagliatamente), un fab-bricato che ospitava una filanda „con sei pilastri di cotto e cinque archi a tutto sesto‰, più la casa dellÊaffit-tuale e „dellÊortolano con orto‰, il caseggiato colonico con orto e casetta dei braccianti.Celermente, il 10 marzo 1930, la Congregazione di Carità delibererà di „accettare lÊeredità disposta dalla Nob:Adele San Gervasio a favore della Casa di Riposo (⁄) sottoponendosi alla condizione voluta dalla testatrice diintitolare il ricovero al nome di San Gervasio;‰ nello stesso documento la Cdc delibera „di intitolare la casadi Riposo di Concesio „CASA DI RIPOSO SAN GERVASIO‰ titolo che verrà scritto sulla facciata dellÊospi-zio‰.Nel 1932 la trafila della donazione San Gervasio si concluse con un accordo consensuale: il Fioretti decise dipagare £ 150.000 alla Cdc per ritornare così unico proprietario della casa di Campagnola (valutata appuntoin £ 298.000 complessive) di cui era solo usufruttuario. Grazie a queste entrate significative, „il Presidente e i Consultori della Pia Opera Congregazione di Carità diConcesio, allo scopo di ingrandire, a seconda dei crescenti bisogni, e di migliorare la casa di RicoveroSangervasio, vennero nella determinazione di sistemare opportunamente una porzione di fabbricato di pro-prietà della medesima Congragazione esistente nellÊabitato di Campagnola Inferiore nel Comune di Concesio.– Tale fabbricato, costituito da quattro ali racchiudenti un cortile, fu a varie riprese adattato ad accogliere lÊa-silo, il ricovero per i vecchi, lÊalloggio delle Suore che allÊuno ed allÊaltro attendono, le cucine, la lavanderia egli altri servizi dÊuso comune: attualmente una sola ala verso la strada Provinciale (sud-Ovest) ed un breve trat-to dellÊala verso Sud-Est sono nello stato di costruzione rustica dÊaffitto. EÊ naturale quindi che lÊampliamen-to del Ricovero si effettui con la trasformazione di questÊultima parte di fabbricato: a ciò consiglia lÊecono-mia della spesa di costruzione e di esercizio oltre che la comodità e lÊorganicità dellÊopera‰.

In data 11 novembre 1932 assistiamo ad una seduta della CdC il cui ordine del giorno era costituito appun-to dal „progetto dÊampliamento della locale casa di Riposo‰.

„Alle ore 14 del suddetto giorno intervengono i signori: Bertelli Battista presidente, dott.Giu Attolico Luigi patrono, notaio Cottinelli patrono, Marchesi Luigi patrono. Il pre-sidente comunica il bisogno dellÊampliamento del ricovero in base anche alla volontàdella Donna Adele San Gervasio che ha lasciato la sua sostanza collÊobbligo del suddet-to ampliamento e presenta un progetto formato dallÊincaricato ingegnere CarloMontini il quale qui presente illumina in chiaro il suo disegno e progetto con una spesatotale di lire 49000 tutto compreso anche con impianto luce e lire 6000 di impreviste.Da questa cifra si confida un buon ribasso per lÊasta che avverrà dopo lÊaprovazionedella prefettura. A unanimità viene approvato detto ampliamento in base al progettodellÊingegnere Montini‰.

Il 1933 fu lÊanno della realizzazione concreta del progetto: espletata la gara tra le ditte Ronchi Battista, RonchiAlessandro e Fiorini Primo, lo vinse questÊultima.La struttura fu radicalmente rinnovata e furono ampliati vari spazi (la cucina e il locale delle suore con la suascala di accesso), realizzata la cappella con delle caratteristiche bifore, lÊinfermeria capace di 5 letti e nuovi dor-mitori (due della capienza di 6/8 anziani). Gli impianti erano „moderni‰: il riscaldamento a termosifone tipo„Ideal Neo Classic‰ e lÊimpianto elettrico era diffuso in tutta la casa. Anche la zona del brolo fu risistematatramite nuovi muri di cinta, il nuovo porcile, il pollaio, la concimaia e altre opere secondarie

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Immagini di attività da un asilo rurale di fine ‘800: i bambini imparano a pettinarsi i capelli

La parte dove si trovava la Casa di Riposo del 1925 – stato attuale

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I beni Sangervasio ceduti per metà alla Congregazione di Carità: mappa della Villa padronale

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1 Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo Brescia, 1996Pag. 21 „Pochi cronici potevano accedere ai limitati posti letto dei nosocomi rurali. (Nel 1851 circa) non bastava esserebisognosi, ma anche meritevoli, rispettosi e deferenti buoni cristiani, per poter attendere la morte nellÊinfermeria‰. Oltrealle caratteristiche morali valevano ovviamente quelle meramente economiche: nel marzo 1914, per esempio, si rifiutaassistenza ad un malato abitante a Gardone V.T., anche se nativo di Concesio, perché „le condizioni speciali di questobilancio non permettono alcuna liberalità verso chi ha trasferito fuori comune il proprio domicilio‰.2 Cfr SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo Brescia, 1996Pag. 20 Gli ospedali „⁄ oltre agli ammalati, accolgono anche vecchi che hanno bisogno di una alimentazione nutrien-te. Si può dire che nel corso dellÊanno ogni vecchio bisognoso viene mantenuto dallÊospitale per un mese circa. Gli ospe-dali comunali dovevano venire incontro alle necessità di un ceto indigente crescente, prodotto da una trasformazionecapitalistica delle campagne che erodeva la proprietà contadina (⁄)‰.3 Cfr. SERGIO ONGER (a cura di), Luoghi incerti-gli ospedali nel bresciano e il caso Castrezzato, Grafo, Brescia, 1996Pag. 14 „Ad imprimere un processo di accelerazione nella realizzazione di nuovi nosocomi contribuirono certamente,soprattutto nella prima metà del secolo, le congiunture epidemiche; lÊepidemia di tifo petecchiale del 1816-1818 e quel-le di colera del 1836 e del 1855 imposero allÊattenzione della pubblica opinione lÊemergenza sanitaria e indirizzaronomolti lasciti verso i nosocomi‰.4 ROSANNA POINELLI, Il Borgo del Papa, Brescia 1997, pag. 52 5 Citato in AURORA RAGONE, Don Balot, Concesio-Prevalle s.d. (circa 2003), pag. 126 Tutto il materiale sulla famiglia è conservato in una busta presso lÊArchivio Storico del Comune di Concesio: si trat-ta sostanzialmente degli atti di compravendita che vennero lasciati al Comune al momento della donazione dei beniAntonelli allo stesso. Purtroppo lÊarchivio privato della Famiglia è al momento irreperibile.7 LÊintenzione riguardo alla realizzazione dellÊOratorio maschile avrà una lunga gestazione: dopo un paio di anni, „IlBeneficio Parr. Di Concesio ha presso la casa Comunale una casa Colonica divisa in modo, che quella parte che giacea mattina comprende tra stalle, fienile portico e loggiato ora in rovina, unÊarea fabbricabile e ben esposta, e con nonmolto denaro, relativamente, si potrebbe avere varie stanze per il Curato, e di più un bel Salone, per il ritrovo dei gio-vani dellÊoratorio con annesso un bel cortile. I sottoscritti sperano, che con questo progetto, la Congregazione di Caritàdarà senzÊaltro il compenso per lÊimpiego delle suddette £ 2000 (⁄)‰.8 Sulla sua figura si veda Aurora Ragone, Don Balòt, Concesio-Prevalle, s.d. (circa 2003)

Il contenuto dei capitoli precedenti è una rielaborazione di una conferenza tenuta nel 2003, alla cui ricercadÊarchivio aveva collaborato Dario Bonetta che qui si ringrazia.

Le immagini storiche provengono dallÊarchivio fotografico dellÊAss. Cult. Progetto Atlantide – Concesio, lefoto recenti sono state realizzate da Piero Amistani per Progetto Atlantide.

Si ringraziano inoltre gli uffici URP, Protocollo e Messi del Comune di Concesio per la gentilezza e la dis-ponibilità nelle varie fasi della ricerca.

Concesio Aprile 2009

NOTE

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CONCESIO:

la tua storia,

nelle mie memorie

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CONCESIO:LA TUA STORIA, NELLE MIE MEMORIE

CONCESIO.Il paese si estende ai piedi della Valle Trompia e dista dal centro di Brescia circa otto chilometri; è attra-versato da nord a sud, in tutta la sua lunghezza, oltre che dal fiume Mella, dalla strada provinciale che daGardone V.T. porta a Brescia.Nel periodo che desideriamo ricordare in questo scritto, quello che corre tra gli anni '30 e '50 del secolo pas-sato, il territorio era diviso in dodici borgatte, dislocate perlopiù sulla sponda sinistra del fiume Mella; piùprecisamente, quelle più popolate erano: Stocchetta, Concesio capoluogo, San Vigilio, mentre le altre eranoS. Andrea, Pieve, Cà de Bosio, Roncaglie, Costorio, Codolazza e le Campagnole di sopra, di mezzo e disotto.

DESCRIZIONE DELLE FRAZIONI

STOCCHETTAI campi circostanti erano coltivati a grano e fieno, mentre molti erano i frutteti e i vitigni.In via Zanardelli cÊera la trattoria „El Stalù‰, dove si rifocillavano i carrettieri ed i loro animali.La farmacia „Leali‰ serviva i poco più di cinquemila abitanti che risiedevano nella frazione, così pure la fab-brica delle bibite della ditta „Giannoni‰, fondatore anche della prima Banda musicale del Comune. CÊerala bottega artigiana del signor Bonera, specialista insieme alle figlie nella costruzione di ruote di legno percarretti, una conceria-pelletteria ed un forno dolciario.Nella via parallela si trovava una trattoria adibita anche a tabaccheria, dalla quale si poteva ammirare lamagnifica villa Carla, immersa nel verde. AllÊincrocio della Levata sulla provinciale sorgeva la famosa trat-toria „da Ciot‰, ritrovo dei piccoli imprenditori, gestita dal signor Zanetti e famiglia e specializzata in spie-di succulenti. Proprio in quel punto cÊera anche la biforcazione della strada che conduceva allÊinterno dellefrazioni ed al cimitero.

CA' DE BOSIO E S. ANDREALa villa del conte Masetti segnava il confine con Bovezzo. Nel territorio di Artignago cÊè il Monticello, allora patria dei fungai, gelosi dei forestieri che arrivavano allaricerca di funghi prelibati. CÊera poi il „fontanì‰, meta prediletta da famiglie e morosini che, assetati dopolunghe passeggiate, trovavano ristoro nella sua acqua fresca. Nelle vicinanze sorgevano i ruderi del lazzaret-to, edificio adibito un tempo ad ospitare i malati di Spagnola.Il mulino dei Gazzaroli forniva i suoi prodotti a tutto il paese e consegnava anche a domicilio.La santella dedicata alla Madonnina del Tronto attirava a sé molti visitatori, soprattutto donne che aveva-

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no da poco partorito. Secondo una tradizione popolare infatti ci si rivolgeva a Lei con preghiere e suppli-che affinché non venisse mai a mancare ai neonati il primo alimento, da qui il suo soprannome diMadonnina del latte. In via S. Andrea, il 30 di novembre di ogni anno, si teneva una grande fiera-mercato con animali e attrezzidel contadino e del montanaro, durante la quale venivano celebrati la S. Messa ed i vespri in onore del santo. Le abitazioni erano economiche, ma vi regnava lÊamicizia e la fratellanza.

RONCAGLIEIl colle S. Onofrio faceva da sentinella ai nostri poveri morti.Alle Roncaglie la strada portava fino alla casa dei Bontempi, sosta scelta dai gitanti provenienti dalla mon-tagna per abbeverarsi alla loro fontanella e rifocillarsi prima di ridiscendere al paese. In questa zona, comedel resto anche a Ca' de Bosio, molti erano gli appassionati di montagna; alcune persone, specializzate nellaraccolta di fiori selvatici, li componevano in graziosi mazzolini, li riponevano in un cesto e si recavano aBrescia per venderli agli angoli delle strade più importanti e conosciute. Grazie a questa attività, i più intra-prendenti riuscirono a guadagnare abbastanza per contribuire a costruire la propria abitazione; alcuni testi-moni viventi potrebbero informarci meglio a riguardo.

PIEVEAlla Pieve si trovavano i resti di un vecchio castello e un casello che racchiudeva una sorgente dÊacqua, daqui il nome della strada esistente tuttÊoggi, via Casello.Oltre alla parrocchiale, che conserva il battistero dove fu battezzato Papa Paolo VI, cÊera anche lÊoratoriogestito dalle Suore Poverelle ed a fianco la distilleria Bertanza. Nella piazza della chiesa si trovava una gran-de fontana a getto continuo. CÊerano poi la forneria Zappa, la bottega di generi alimentari dei Rovetta enelle adiacenze due osterie, una dei Temponi chiamata „La rossa‰ e quella di Ricci Costante; sempre in piaz-za, dÊestate la Gina „Tic e Tuc‰ e la Pierina, detta Gioma, vendevano granite.In via Marconi cÊerano lÊosteria dei „Parma‰, il vecchio Comune e la villa del dottor Attolico, unico medi-co del paese. Dal „cantù de le olane‰, dove attualmente sorge una pasticceria, su per via Monteverdi, si esten-devano altri campi coltivati con grande competenza.

CONCESIO CENTROIn via Rodolfo si trovava lÊartigiano Pederboni, che esercitava il mestiere di tinaio, aggiustava tini ed imastelli di legno usati per il bucato. Lì vicino sorgevano la grande casa dei Montini, nella quale nacquePaolo VI, la bottega dello zoccolaio Guerrini e di fronte lÊabitazione del signor Primo Savoldi, coetaneo delPapa, nato cioè nel 1897, che condivise con lui gli anni ed i giochi dell'infanzia. Lì a fianco, lÊosteria-tabac-cheria della famiglia Guerreschi, la forneria Trivella, gestita dal nonno del nostro Direttore, la bottega diTiberio, per la vendita di frutta e verdura. Appena più avanti, Nestore Piceni e sua mamma gestivano unabottega di alimentari. Di fronte alla chiesetta di S. Rocco, trovavano collocazione lÊosteria-macelleria„Capéla‰ dei Bontempi e lÊosteria „Falof‰ degli Andreoli con il gioco delle bocce. CÊera la bottega del mec-canico di biciclette Favalli e il negozio di alimentari dei Nassini, una famiglia patriarcale colta e religiosa,sempre molto disponibile nei confronti di tutti, che metteva anche a disposizione il cortile ed uno stanzo-ne per ospitare gruppi teatrali e spettacoli vari, man mano si presentava lÊoccasione, compresi i „i Ginfì‰.Infine, ricordiamo la casa di Antonio Foccoli, stradino provinciale, la caserma dei Carabinieri, il barbiere,lÊosteria con il telefono pubblico e nella trasversale via Brusaferri, la Banca S. Paolo, il lavatoio pubblico elÊufficio postale. Ed ancora, il pastificio Gregori, lo stabilimento tessile Rossi, nel quale la famiglia Duina

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svolgeva la funzione di portierato, e la pesa pubblica; di fronte si trovavano lÊosteria di Giacumì Clamer,lÊasilo, le scuole elementari comunali e la palestra. Più allÊinterno, sulla destra, la segheria Palazzani e allÊin-crocio la trattoria „Le Stale‰ della famiglia Coltrini, si proseguiva sulla strada che conduceva in viaCampagnole, dove passava anche il tram.

LE CAMPAGNOLEPiù o meno a metà della via, in località Castellino, fabbricavano la calce con pietre provenienti dalla cavadelle Roncaglie, trasportate su carrellini elettrocomandati che erano motivo di gran divertimento e di pas-satempo per molti. Lì di fronte cÊera villa Prati e più giù la casa dellÊostetrica comunale, la signora LiberaGasparini in Tognoli. Proseguendo in via Sangervasio sulla destra, sorgeva la villa dei misteri, così definitaper la vecchia diceria che fosse abitata da un fantasma; sulla sinistra la bottega di alimentari gestita da NinoRovetta e anche la falegnameria Rossini, mentre nei locali del pastificio Ghidinelli che aveva cessato lÊatti-vità, dopo varie modifiche trovò sede una piccola chiesetta dedicata a S. Giuseppe lavoratore, protettore ditutti i lavoratori e festeggiato il I Maggio. In Campagnola di sopra si trovavano pure lÊufficio del DazioComunale, la bottega di un artigiano sellaio addetto alla costruzione dei finimenti dei cavalli, lÊosteria„Frirì‰ dei Perotta e lÊufficio del tecnico comunale Signor Cantarelli. In Campagnola di sotto sorgevanoinvece una conceria, la casa del dottor Tognoli, la macelleria Marchesi, la latteria di Smussi, il barbiere e lavecchia Casa di Riposo. CÊerano pure una bottega dÊalimentari gestita dalle sorelle Masneri Maria ed Elisae due fruttivendoli ambulanti: Bertoli, detto „Perno‰, che vendeva allÊinterno del comune di Concesio, eBelleri che, con lÊApe, sostando in vari punti, arrivava fino a Sarezzo. Pipeto Cagna girava in zona con lasua bicicletta e vendeva articoli di merceria in genere.

COSTORIOProseguiamo nella nostra descrizione con la frazione di Costorio. Nel 1939, in mezzo ai campi, venne tracciato un pezzo di strada che partendo da sotto il ponte sopraeleva-to, canale di scolo della montagna che immette acqua nel fiume Mella, si congiungeva a Concesio. Su undosso alle pendici del monte Verdura cÊera „la masna‰ che macinava sassi ed il rumore che emetteva simischiava al suono dei campanacci delle mucche al pascolo lì intorno. Due piccole ditte lavoravano ilmarmo, fabbricavano manufatti in cemento e si adoperavano anche per la costruzione delle lapidi cimite-riali. Qui abitavano anche i „Pica Prede‰, che sotto ad un portichetto scalpellavano la pietra ed i „bologni-ni‰ che creavano dovevano servire ad abbellire ville e palazzi di quellÊepoca. Nella stessa frazione cÊerano poilÊosteria della „Cilia Capéla‰ Bontempi in Ronchi annessa alla tabaccheria, il negozio del barbiere, la latte-ria Zappa, una rivendita di alimentari con lÊosteria chiamata „el Circol‰, gestita dal signor Giuseppe Riccied una rivendita di alimentari dei cugini Gino e Saverio Nassini. E poi, il negozio di Giovanni e AngelaRaffaeli, detti „Mesana‰, dove si vendevano frutta e verdura, i fabbri Vincenzo Zanardelli e Cesare Mensiche costruivano un tipo di stufa molto diffuso all'epoca e denominato „cucina economica‰ ed infine i„Patatì‰, venditori ambulanti di frutta e verdura conosciuti da tutti. Costorio divenne parrocchia solo nel 1952. Dopo la morte di Don Cattina si sveltirono le pratiche grazieal contributo di un lascito da parte dellÊimpresario Giulio Cattò. Il primo parroco fu Don Armando Porteri,già curato alla Pieve, e per il suo zelante impegno ed interessamento vennero costruiti a Costorio il cimite-ro, il campo da calcio, il teatro e le aule per il catechismo. Inoltre, grazie al contributo della Cassa diRisparmio delle Province Lombarde, venne costruito in via S. Lucia lÊasilo infantile.

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Le due Campagnole (di Mezzo e Superiore) in una mappa ottocentesca

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In via Maniva, sotto ai campi ed ai terreni scorreva il fiume Celato, che veniva sfruttato per creare una casca-tella artificiale al fine di produrre energia elettrica, destinata ai macchinari della Filateria Rossi. Il custodedella piccola centrale elettrica era Tarcisio Coltrini, che vi viveva insieme alla sua famiglia. Il Mella nonaveva gli argini alti abbastanza per contenere ondate di piena; così, capitava di frequente che straripasse,inondando i campi e lasciando molta sabbia che veniva raccolta ed utilizzata in edilizia. Quando il flussodellÊacqua, che allora era pulita, si abbassava, i ragazzi percorrevano il letto del fiume a piedi nudi e si diver-tivano a spostare le pietre per pescare con le mani. I più assidui erano Angiolino Trainini e Mario Vezzosi,che solitamente si mettevano a giocare con tutto ciò che trovavano. Fu così che il fratello di Angiolino,Carlino Trainini, perse lÊocchio sinistro. In compagnia di Angelo Moreschi trovò una scatola chiusa conte-nente polvere da sparo; incuriositi la forarono ed accesero un fiammifero; al momento non successe nien-te, ma nel riprenderla in mano scoppiò e la fiammata colpì Carlino dritto in faccia. Il fatto destò tanta com-miserazione e per un poÊ la zona dei giochi venne abbandonata.In via Europa cÊerano il forno del pane, una piccola casetta sotto il ciglio della strada e tanti piccoli orti.Infondo a via S. Giulia cÊera lÊosteria „la Buca‰ dei Bettenzani detti „Bosie‰, con annesso il campo da bocce,teatro di gare fra paesani e preambolo alla costituzione di un gruppo sportivo la cui lunga tradizione ini-ziò col vincere come trofeo una capretta. In ventÊanni di attività, il gruppo vinse una miriade di trofei, nonsoltanto di carattere sportivo, la cui elencazione risulterebbe ora troppo lunga.

CODOLAZZAContinuando nella cronaca, in frazione Codolazza esisteva lÊosteria „Alle tre Spade‰, anchÊessa attrezzatacon un campo da bocce a cui si accedeva tramite il cortile della famiglia Fisogni, titolare della falegname-ria. In detta osteria si praticava il gioco della Morra, ma essendo proibito, cÊera sempre una persona sullastrada a vigilare e pronta a fare un fischio convenzionale in caso di ispezione. Le osterie che possedevanoun campo da bocce, utilizzato perlopiù dÊestate, si attrezzavano in inverno per offrire il gioco del piumino,organizzando gare a premi. In questa zona tanti operai erano occupati alle fonderie Glisenti, alla T.L.M. di Villa Carcina, alla Beretta,Redaelli e Bernardelli di Gardone, presso le fabbriche Gnutti di Lumezzane, alla O.M. ed alla Tempini diBrescia; molte donne erano invece occupate negli stabilimenti Bernocchi e Rossi.

S. VIGILIOIl ponte sul fiume Mella conduceva a S. Vigilio, che fino al 1928 fu un comune autonomo e che dopo taledata, a seguito di una legge nazionale, fu assembrato a Concesio. Anche qui si trovavano piccole officineartigianali; ma esisteva pure una filanda, nella quale una delle nostre ospiti più anziane ha lavorato per alcu-ni anni; nei suoi locali subentrò in seguito la conceria Gavezzoli, che esercitò per molto tempo e dove lafamiglia Ceretti svolgeva la funzione di portierato. A S. Vigilio si trovavano anche due mulini, quello dei Peroni e quello dei Perotta. CÊerano moltissimi pesche-ti, ma soprattutto vigneti e nel periodo della vendemmia i loro proprietari si prodigavano a reclutare per-sone che aiutassero in cambio di un compenso consistente in un pasto consumato nel campo e in qualchegrappolo dÊuva.In via Mazzini, al „Pal Ross‰, oltre alla famiglia Poinelli che vendeva pesche e vino, abitava anche Pierodetto Balù e Maciste per la sua grossa corporatura e per le storie che raccontava. Poi ebbe casa un gruppo

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di Suore laiche.Proseguendo nella via, ricordiamo che esisteva la Salumeria di Enzo Strambini, il negozio di mobili Marinoe, di fronte, la pesa pubblica, lÊosteria dei Combattenti e la latteria, gestita dalla signora Cinelli.Largo Elena Caprioli, con la chiesa parrocchiale, era un luogo molto frequentato anche perché di fronte cÊe-rano le scuole elementari, con annesso lÊasilo gestito dalle Suore che facevano anche scuola di lavoro alleragazze. Più avanti, in via Cottinelli, Natale Zadra fabbricava e riparava divani e poltrone e lì, nei pressi, lafamiglia di Abele Fenotti gestiva una tabaccheria.Oltre la piazza, a destra di via Morandi Gilli, cÊerano due osterie dove si andava a mangiare la trippa ed agiocare al piumino.QuandÊera stagione, si potevano individuare i tanti „licinsì‰, venditori stagionali di vino che ricevevano dalComune il permesso di vendere al minuto quando la produzione di vino eccedeva. Dopo aver fatto spre-mere gli acini col „Torcol‰, i vinaccioli dovevano essere consegnati al Consorzio, ma qualcuno ne frodavapiccoli quantitativi per preparare la grappa in casa.Giuseppe Salvinelli detto „Pi del Caʉ, con cavallo e carretto portava privatamente a domicilio i prodotti deimulini e Giacomina Gattelli, ora ottantenne, gironzolava in Vespa tra lÊinvidia delle sue coetanee e deimaschi. Il signor Bagozzi, che commerciava in cavalli, girava spavaldamente col calesse tirato da un bellis-simo cavallo baio, alla conquista di ragazze. Era un uomo molto affascinante e non aveva difficoltà in taleimpresa.Tutta la frazione era ed è tuttora devota alla Madonna della Stella e a S. Velgio; ricordiamo le localitàCamandoli, Quarone e Mandò; la Selva e la Val Sorda completano la nostra scarsa frequentazione e cono-scenza della stesse località dovuta alla poca comodità nei trasporti.

QUADRI DI VITA e CONSUETUDINILa provinciale era percorsa dal tram che da Brescia giungeva fino a Gardone Val Trompia e che forniva unbuon servizio; chi possedeva una bicicletta era ritenuto ai tempi un facoltoso, poi col passare degli anni arri-varono la mitica „Topolino‰, la Vespa, la Lambretta e per i più anziani fu inventato il „Moschito‰, un pic-colo motore a scoppio che applicato alla bicicletta permetteva di muoversi senza pedalare. Tra i tanti tipi dimotorini il più comune era il Garelli.Il lavatoio pubblico serviva da notiziario, essendo un luogo dove le donne si scambiavano chiacchiere e con-fidenze, e anche da palestra ginnica visto che si usava molto lÊolio di gomito per lavare e risciacquare i panni;era un duro lavoro, aggravato dal fatto che la scarsità di cibo obbligava tutti ad essere sempre a dieta.Quando era stagione si andava nei cortili a spannocchiare con le mamme, ma per i più piccoli era ancheunÊoccasione per giocare e divertirsi. DÊestate passava un carretto ambulante che vendeva i gelati e anche un furgoncino che vendeva stecche dighiaccio; se poi si volevano gustare rinfrescanti granite, bastava recarsi al negozio di Tiberio, aperto anchela domenica per lÊoccasione.

Per vegliare i nostri morti non esistevano le camere ardenti attuali. Così per rendere più decorose le stanzein cui venivano esposte le salme, si stendevano alle pareti lenzuola bianche e ricamate del nostro corredo.I defunti venivano poi seppelliti tutti al cimitero della Pieve e trasportati a spalle dagli uomini. Il giornodel 2 Novembre, per onorarli degnamente, ci si recava a piedi in parrocchia per lÊufficio funebre che veni-va celebrato alle ore 5 del mattino. Quel giorno, al ritorno, per tradizione gli uomini sostavano nelle oste-rie del paese dove veniva loro offerto un piatto di minestrone, detto „dei morti‰. ComÊera magra la vita!

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Durante quel mese, il custode del cimitero passava di casa in casa a raccogliere il „bene dei morti‰, una spe-cie di piccolo obolo, a seconda delle possibilità delle famiglie, in cambio della cura che lui prestava alletombe del cimitero, durante il resto dell'anno.

Tutte le frazioni erano dotate di fontane e lavatoi pubblici; lo stradino comunale, munito di scopa e car-riola, teneva pulite ed in ordine tutte le strade. Ogni settimana passava lo straccivendolo a raccogliere scar-ti di vario genere, comprese le pelli dei conigli precedentemente fatte seccare e riempite di paglia; queste ulti-me venivano consegnate in cambio di un piccolo compenso. Facevano la loro comparsa anche lÊombrellaio,lÊarrotino, il „parolot‰ che stagnava le pentole, il pollivendolo con le gabbie di polli sulla bicicletta ed ognivenerdì il pescivendolo; più raramente lo spazzacamino; la Martina passava a piedi per vendere la spolveri-na, con un sacchetto nella borsa e con una scatolina di latta come misurino, e spesso capitava che dei ven-ditori ambulanti spingessero a mano carretti carichi di mele: con 100 lire se ne potevano acquistare 3 chili.Qualche volta arrivava pure un omino col „vertical‰, un organetto su ruote, che ci allietava con la sua musi-ca in cambio di qualche centesimo. Esercitavano pure i barbieri, i calzolai, i taglialegna, il materassaio, checardava la lana e faceva le imbottiture dei materassi, e i contadini con le mucche, capre e pecore e animalida cortile.

Di sera tardi si potevano udire le serenate che i ragazzi dedicavano alle ragazze sotto alle loro finestre. Nonlontano, alle trafilerie di Villa Carcina, cÊera una sala da cinema, ma era una meta che pochi si potevanopermettere. Infine, ricordiamo che nel 1960 Concesio si aggiudicò il secondo posto al Concorso nazionalesulla coltivazione del pesco.

Le nostre famiglie erano povere, ricche soltanto di bambini poco accontentati, ma tutti ci volevamo un granbene; le donne dopo aver svolto le faccende domestiche, passavano il tempo a sferruzzare e a tricotare; alcu-ne facevano le sarte in casa ed avevano la propria clientela. Solitamente le ragazze più giovani andavano daloro per imparare e davano una mano ad infilare gli aghi e a togliere le imbastiture. CÊerano pure le magliaieche con le macchine creavano capi molto belli, su misura.Ci si ammalava e spesso si moriva di infezioni come la polmonite, il tifo e la tubercolosi; per la bronchiteci si curava con polentine fatte di farina di semi di lino, che si adagiavano sul petto e sulla schiena per averesollievo. Il purgante era lÊolio di ricino, di triste memoria, e la Magnesia S. Pellegrino. Si usavano il saleamaro e le sanguisughe applicate alle gambe per tenere a bada la pressione arteriosa. I bambini venivano col-piti da difterite e dallÊimmancabile pertosse, oltre che dal morbillo e tutte le altre malattie infantili.Per rendere più frizzante lÊacqua da bere, si usavano bustine della ditta Brioschi o di Idrolitina, apposita-mente preparate e vendute a tal scopo. I denti si pulivano con le foglie di salvia oppure con la scorza rugo-sa del limone.

Si preparava il caffè con la miscela Leone, con il malto e lÊaggiunta di fago. In primavera si andava nei campia raccogliere cicorie (tarassaco), virzulì (silene vulgaris), madonnine (rosolacci), pè dé legor (sedano bastar-do) e lungo le siepi i luértis (luppolo) e le more. LÊerba vetriola serviva a pulire lÊinterno delle bottiglie divetro. In montagna si raccoglievano asparagi selvatici, fragoline di bosco, fiori, funghi, nocciole, nespole,castagne e bacche selvatiche commestibili, lÊerica e la saggina si prestavano a fare spazzole per il bucato, sco-pini per il camino e scopre per i cortili. Il ginepro e lÊerba muta (geranio profumato di montagna) si usa-vano per insaporire i cibi e per aromatizzare la grappa. I marosen (sorbo degli uccellatori) e la belladonna

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erano utili per pasturare gli uccelli da richiamo, in particolare le gardene (cesene).Si vestiva con gonne alla paesanella e si portavano le trecce, chi a crocchia, chi a corona, chi raccolte sullanuca con un grande fiocco di seta oppure divise sulle spalle.Gli uomini vestivano con calzoni di grossa tela rigata dÊestate e di velluto dÊinverno, qualcuno anche allaZuava.

Le donne, alla domenica, giocavano a tombola e con le carte del cuco; gli uomini a tresette e a briscola nelleosterie. Quando la stagione era propizia, i più giovani giocavano in strada a palla libera; si organizzavanogare anche coi paesi vicini, tant'è che a Sarezzo, in piazza, cÊerano le tribune per gli spettatori e molti tifo-si seguivano le varie esibizioni. Durante le sagre paesane si assisteva alla scalata del palo della cuccagna.

Un ricordo particolare per i sacerdoti che curavano le nostre anime: Don Eugenio Cattina e Don Armando Porteri a Costorio; Don Giacomo Motta a Concesio S. Rocco;Don Celestino Bonomini, Don Luigi Bosio, Don Valerio Polotti alla Pieve ;Don Marco Belleri a S. Andrea ;Don Mazzoldi a San Vigilio .

Forse qualcosa sarà stato dimenticato, ma lÊintenzione di questa breve esperienza era di saggiare le nostrememorie; pensiamo di esserci in parte riuscite.Beata gioventù che più non torna, ma ringraziamo Dio di essere ancora qui a raccontare il nostro tempo,vissuto in povertà e in onestà.

Un grande abbraccio ed un saluto a tutti.

Gli ospiti della Casa di Riposo in compagnia di Carla

(A cura di Rossella Pani e Francesco Trivella)

Un ringraziamento particolare a Carla Vezzosi, senza il cui contributo, questo lavoro non sarebbe stato possibile.

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