cieli - marzo 2009

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Cieli Ci aveva aperto il cuore sentire Monsignor Marchetto esprimere un fermo giudizio di biasimo sul decreto sicurezza e le ronde, un'abdicazione della stato di diritto... Cara Chiesa, ricordati di Papa Giovanni... A Palermo donne e uomini, laici e preti hanno scritto una lettera aperta alla chiesa italiana. L'appello vuol coinvolgere i cristiani di tutta Italia, fare memoria del Concilio Vaticano II , contro ogni chiusura e irrigidimento del Vaticano di Benedetto XVI... Le “minne” di san Agata contro i mafiosi La festa di Santa Agata a Catania è finita, rimane ancora in corso il processo in cui viene accusato un clan mafioso di gestire la festa di san Agata a Catania. Cieli – numero 1 – marzo 2009 Pari o dispari ? CChi sta con gli immigrati

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Marzo 2009

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Page 1: Cieli - Marzo 2009

Cieli

Ci aveva aperto il cuore sentire Monsignor Marchetto esprimere un fermo giudizio di biasimo sul decreto sicurezza e le ronde, un'abdicazione della stato di diritto...

Cara Chiesa, ricordati di Papa Giovanni...A Palermo donne e uomini, laici e preti hanno scritto una lettera aperta alla chiesa

italiana. L'appello vuol coinvolgere i cristiani di tutta Italia, fare memoria del Concilio Vaticano II , contro ogni chiusura e irrigidimento del Vaticano di Benedetto XVI...

Le “minne” di san Agata contro i mafiosiLa festa di Santa Agata a Catania è finita, rimane ancora in corso il processo in cui

viene accusato un clan mafioso di gestire la festa di san Agata a Catania.

Cieli – nu mero 1 – marzo 2009 –

Pari o dispari ?

CChi sta con gli immigrati

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Chiesa / MemoriaChiesa / Memoria

Don Lorenzo Milani

Un gruppo di immigrati

Cieli – pagina 2 – marzo 2009

Chiesa / ScelteChiesa / Scelte

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Editoriale/ Perché CieliEditoriale/ Perché Cieli

La stradala cittàla cosa pubblicail paese

Mentre la strada, la città attraversano profondi cambiamenti, spesso, come dice la parabola evangelica del Samaritano, sembriamo come il levita e il sacerdote impegnati nelle loro cose sacre, a difendere le sacre dottrine. E non c’è tempo di guardare e fermarsi sul ciglio della strada, su ciò che accade nella città, nella polis. Come il sacerdote e il levita non sappiamo vedere nel volto delle vittime della violenza alcun appello dai Cieli.

Il sacerdote e il levita, con le sicurezze e le vesti sacre, sono andati per la loro strada. Avranno pensato «deve pensarci lo Stato». No, la Chiesa no! Non è compito della Chiesa.

Chiusi nel tempio o nelle sacrestie: è questa l’immagine che la Chiesa italiana sembra dare spesso di sé.

Certo, è legittimo pensare che vada bene una visione autoritaria e disincarnata dal cammino della storia. Forse si è convinti che, così, si avvicinano meglio cieli e terra nuovi. E’ una visione che si deve rispettare, ma che ci appare lontana dallo Spirito del Concilio.

Noi, per quanto ci riguarda, amiamo credere che i Cieli si sono abbassati per toccare l’esperienza umana, la fatica del vivere. Noi crediamo che in ogni processo di umanizzazione e di liberazione la terra si elevi verso i Cieli, e Dio ne è felice. Per questo amiamo partire dalla persona, da una ricerca a partire dalla propria carne. Amiamo partire dalla città, dai volti nella città, dunque dal proprio contesto storico.

Amiamo guardare con simpatia quei processi nei quali l’uomo e la donna, il popolo, siano protagonisti, attori, non destinatari o recettori di una verità o di elemosine.

Amiamo pensare che il nostro camminare verso i Cieli avviene, ne siamo consapevoli, proprio se non distogliamo mai lo sguardo dai processo storici e collettivi. Perché è nel camminare inseriti nella storia, è lì che del Cielo possiamo cogliere dei segni. Guardiamo con preoccupazione alla scelta chiudersi in una funzione civile, di religione civile, utile per mantenere lo status quo. Siamo preoccupati per una Chiesa che rischia di essere serva sciocca dei poteri forti di turno per

controllare le coscienze, le loro ribellioni, i bisogni e, così, mantenere i propri affari e i propri privilegi. E ciò è tanto più vero in un paese come l’Italia in cui la “cosa pubblica” è “terra di nessuno”, in un Paese nel quale prevale il particolare, dove il cielo è scambiato per consumo religioso.

Per noi essere fedeli ai Cieli vuol dire smascherare nella terra le finzioni, togliere il velo a ciò che con la apparenze del sorriso dell’assistenza copre violenza e morte. Solo così speriamo di avvicinarci, per dono, ad un lembo di Cielo..

Rosario Giuè, Nino Rocca, Giovanni Calcara, Pina Formica

Campo, Eugenio Melandri, Massimiliano Nicosia, Fabio D’Urso,

Luciano Bruno, Mauro Biani,Salvatore Resca, Salvatore Scaglia,

Emanuele Campo

Cieli – pagina 3 – marzo 2009

Siamo preoccupati per una Chiesa che rischia di essere serva sciocca dei poteri forti di turno per controllare le coscienze, le loro ribellioni, i bisogni e, così, mantenere i propri affari e i propri privilegi. E ciò è tanto più vero in un paese come l’Italia in cui la “cosa pubblica” è “terra di nessuno”, in un Paese nel quale prevale il particolare, dove il cielo è scambiato per consumo religioso

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Vaticano / La sconfessione di padre MarchettoVaticano / La sconfessione di padre Marchetto

Amore peri poveri ?Meglio il rispettoalle autorità!

Berlusconi, con la scusa di alcuni atti di violenza sessuale, vara le norme sulla “sicurezza” per decreto legge, compreso il riconoscimento delle ronde di cittadini. In quest’opera sfrutta un’emotività indotta dalle sue televisioni. Il Manifesto riporta il numero di volte che nel 2007 i Tiggi hanno aperto il notiziario con la cronaca nera: TG1 36 volte, TG2 62, TG3 32, TG4 70, TG5 64, Italia1 addirittura 197 volte.

La ricetta è vecchia: si costruisce un clima di insicurezza, esagerando i problemi, che non si vogliono risolvere. Si martella tramite Tiggi e talkshow, un pubblico ben anestetizzato da grande fratello e similari idiozie. Infine con rapace tempismo se ne approfitta per minare le fondamenta di uno stato civile con leggi spesso incostituzionali, sempre incivili. Durante il fascismo queste ronde si chiamavano squadracce. Oggi le nostre strade sono invase dalle rondacce!

Il ridicolo della attuale vicenda è che negli stessi giorni in cui si fa passare queste leggi, si afferma pubblicamente che gli stupri in Italia

sono nell’ultimo anno diminuiti. E allora? Non bastava l’applicazione delle leggi esistenti nei confronti dello stupro.

Degli stupri a chi governa poco importa. E come è stato cavalcato il caso Eluana, così si utilizza i mass-media per far passare l’idea che la decretazione d’urgenza sia la sola soluzione.

Mentre accade questo, le opposizioni passano il loro tempo a dibattere problemi interni ai loro partiti. Per un momento avevamo sperato che in Italia che qualche autorevole voce si pronunciasse in difesa dei più deboli.

Ci aveva aperto il cuore sentire monsignor Agostino Marchetto, responsabile del Pontificio consiglio per i migranti, esprimere un fermo giudizio di biasimo sul decreto sicurezza a proposito delle ronde, giudicato abdicazione allo stato di diritto, e contro la criminalizzazione dei migranti.

L’autorevolezza di tale giudizio è durata poche ore, spazzata dal portavoce della santa sede, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, che si é preoccupato di escludere ogni ingerenza dello stato

vaticano sulle scelte di questo governo. Le parole di monsignor Marchetto divengono in tal modo una opinione personale. “Il Vaticano manifesta nei suoi organi rappresentativi rispetto verso le autorità civili, che nella loro legittima autonomia hanno il diritto ed il dovere di provvedere al bene comune”.

Durante la vicenda di Eluana, padre Lombardi così attento alla non ingerenza del Vaticano nella vita politica dello Stato Italiano, non ha mostrato analoga preoccupazione! Questa confessione espone invece monsignor Marchetto alle reazioni di leghisti e fascisti.

Avevamo sperato di vedere la chiesa cattolica unita in difesa degli ultimi e della loro dignità di esseri umani. Probabilmente un comportamento Cristiano è al momento impraticabile e va rinviato a tempi successivi: sono all’incasso da parte del governo le cambiali sul testamento biologico, quelle sui finanziamenti alle scuola confessionale, le assunzioni dei docenti di cattolicesimo nelle scuole pubbliche!

Carlo Alicandri-Ciufelli

Cieli – pagina 4 – marzo 2009

Avevamo sperato di vedere la chiesa cattolica unita non solo a fianco di monsignor Marchetto, ma soprattutto in difesa degli ultimi e della loro dignità di esseri umani. Probabilmente un comportamento cristiano è impraticabile : sono all’incasso da parte del governo le cambiali sul testamento biologico, ma quelle sui finanziamenti alle scuola confessionale, o le assunzioni dei docenti di cattolicesimo nelle scuole pubbliche!

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Famiglia

Umanità

Cieli – pagina 5 – marzo 2009

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Una città d'Italia/ CataniaUna città d'Italia/ Catania

“Cittadini viva sant' Agata..

E la mafia?

Ho rivisto di recente le fotografie di Ferdinando Scianna sulle Feste religiose in Sicilia. Leonardo Sciascia introduceva quelle immagini straordinarie, nel lontano 1965, sostenendo come queste feste avessero ben poco di religioso e assai più, invece, di pagano. «Una festa religiosa in Sicilia – scriveva Sciascia – è tutto tranne che una festa religiosa. E’, innanzitutto, un’esplosione esistenziale; l’esplosione dell’es collettivo, in un paese dove la collettività esiste soltanto a livello dell’es. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super-io, per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città». Non mi ha sorpreso questa convinzione, che lo scrittore di Racalmuto ha ribadito in seguito insistendo sulla «refrattarietà dei siciliani alla religione cristiana», la quale avrebbe trovato paradossale conferma nella intensa devozione a certi culti. Pungolato dalle argomentazioni di Sciascia, sono partito da Torino per lasciarmi all’epifania di Sant’Agata,

domandandomi in cosa consistesse, nei fatti, quel distillato di paganesimo che ancora permeerebbe le feste religiose in Sicilia. Tenendomi ben alla larga da improvvide quanto generiche incursioni nella religiosità dei siciliani né cedendo alla supponente tentazione di spiegare la festa di Sant’Agata ai catanesi, tento qui invece di tradurre impressioni in argomenti per la (mia) comprensione.Ho visto la processione muovere lenta, nel rispetto di un tempo che non è di certo quello della modernità (la Santa esce la prima volta all’alba e rientra di notte, esce la seconda volta al tramonto e rientra all’alba); appare scandita in ogni movimento da una ritualità ancestrale; si muove all’interno di una scenografia che è parte essenziale della funzione, mi colpisce in particolare l’architettura della città e l’incidenza della luce su di essa nelle diverse ore del giorno e della notte. Ecco, la festa mi appare come una rappresentazione drammaturgica capace di sollevare i partecipanti ad apici di altissima intensità emotiva: all’uscita e al rientro della Santa dalla Cattedrale, a certi passaggi della processione (via Crociferi e il coro delle Clarisse questa

volta ci sono stati preclusi dal maltempo) che affondano le radici in nobili antecedenti della teatralità mediterranea: la tragedia, la commedia, il dramma liturgico medievale. La mattina del 6 febbraio, prima che Sant’Agata si chiuda per un lungo anno allo sguardo dei concittadini, i devoti si disperano urlando «Cittadini! Cittadini! W Sant’Agata! Semu tutti devoti, tutti! Cettu! Cettu!»: è autentico teatro popolare di strada. Poi, quando più tardi la Santa è definitivamente ricoverata, mi accorgo di decine di giovani devoti che si aggirano tra le navate della cattedrale liberando lacrime vere, consolati da amici, parenti, fidanzate: il teatro lascia qui inequivocabilmente spazio alla Vita attraverso una liberatoria catarsi finale che – sposo la tesi di Sciascia – forse poco spartisce con la religiosità cristiana ma che ancora non comprendo cosa sia. Mi colpisce intanto il gran numero di giovani e giovanissimi che indossano il saio bianco, che portano in spalla ceri votivi il cui peso può raggiungere i 50 kilogrammi e oltre, che trainano il fercolo lungo tutto il perimetro esterno e interno della città.

Cieli – pagina 6 – marzo 2009

Cosa rappresenta la festa della santa a Catania? Perché non si ci ribella, se l''organizzazione della festa odora di incenso e di mafia? Perché la coscienza civile del popolo siciliano resta silenziosa durante lo svolgimento di una festa religiosa? Un viaggio che parte da Torino, alla ricerca delle ragioni antiche del sacro che rimangono nella Catania moderna e secolarizzata, dove ancora per una settimana la vita si ferma mentre la il fercolo della Santa percorre le strade.

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Una città d'Italia/ CataniaUna città d'Italia/ Catania

Non mi arrendo a spiegare una simile partecipazione giovanile solo in virtù del carattere normativo della tradizione. Cosa cercano – e soprattutto, cosa trovano – i giovani catanesi intorno alla “vara” di Sant’Agata? Forse i giovani abitanti dei quartieri più popolari colgono un’occasione di riscatto sociale, visto che la cittadinanza riconosce loro, in questa circostanza, un status di privilegio. O piuttosto, al di là delle distinzioni di classe, sono spinti dal bisogno di superare l’individualismo atomistico che caratterizza questa nostra società postmoderna e secolarizzata ricercando esperienze dionisiache (non diversamente dalla partecipazione ad un rave party o al derby Catania-Palermo dalla curva di casa dello stadio Massimino). Mi accorgo che Sciascia ha ancora ragione.

Osservo le autorità cittadine ossequiose tra loro e, tutte insieme, verso la Santa (il sindaco, il prefetto, il vescovo), vedo in forze dispiegati i tutori dell’ordine lungo le vie del centro e ricordo di aver letto dell’esito

di una inchiesta della Procura di Catania ove si concludeva che, tra il 1999 e il 2005, alcune cosche mafiose avessero in vario modo ‘messo le mani’ sulle celebrazioni: la tempistica dei festeggiamenti (soste della processione, tempi e luoghi dei fuochi pirotecnici, orario del rientro del fercolo in cattedrale), la dislocazione delle bancarelle lungo le vie del centro così da ricavare il massimo introito, la gestione dei finanziamenti pubblici e privati alla festa, le scommesse.

Molti mi dicono essere un ‘segreto di Pulcinella’. Anche questi aspetti, contribuiscono non poco a definire il carattere religioso della festa di Sant’Agata, così come diverse altre pratiche diffuse di illegalità che vengono esibite nei giorni della celebrazione davanti al sorriso della bella giovane martire. E allora Sciascia aveva ragione davvero sulla natura pagana di queste feste. Ma su una cosa lo scrittore difetta, cioè sul non riconoscerne la sacralità. Ne ricavo la convinzione che la festa di Sant’Agata sia un momento

straordinario di recupero e riaffermazione del ‘senso del sacro’ nel contesto di una quotidianità sempre più secolarizzata. Ripenso ai giovani devoti immaginandoli alla ricerca di brandelli di sacralità – non cristiana, ne sono ormai convinto – che sono però espressione di una reale necessità individuale. Torno a Torino sperando che il rinnovato entusiasmo per quei simboli sacri non porti con sé la legittimazione automatica di un certo fatalismo che le genti mediterranee hanno da tempo immemorabile dimostrato di nutrire verso le “cose umane” e che troppo spesso sembra tradursi in atteggiamenti e disposizioni rinunciatarie verso la possibilità di ‘cambiare le cose’.

Cristopher Cepernich

Cieli – pagina 7 – marzo 2009

Foto di Maria Vittoria Trovato

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Una città d'Italia/ CataniaUna città d'Italia/ Catania

Foto di Maria Vittoria Trovato

Cieli – pagina 8 – marzo 2009

Il fercolo di Agata

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Lettera ai cristianiLettera ai cristiani

Chiesacittà@libero.it

In breve, fra Chiesa e società si è determinata una frattura sulla libertà di coscienza, i diritti umani fuori e dentro la stessa Chiesa, il pluralismo religioso e la laicità della politica e dello Stato. La Chiesa appare ripiegata su se stessa e incapace di dialogare con gli uomini e le donne del nostro tempo.

Siamo molto preoccupati per le conseguenze negative che tale perdurante situazione produce per un annuncio credibile del Vangelo. Per questo, ci sembra saggio riprendere e rilanciare la feconda intuizione di Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II: quella di «un balzo in avanti» per una testimonianza ed un annuncio cristiani che possano rispondere «alle esigenze del nostro tempo».

Il tentativo in atto di contenere lo Spirito del Concilio è, a nostro avviso, un grave errore che, se perseguito fino in fondo, non può che aumentare in modo irreparabile lo steccato tra Chiesa e mondo, Vangelo e vita, annuncio e testimonianza. A noi sembra che l’insistere sulla riaffermazione di norme e visioni anti-

storiche o, addirittura, non biblicamente fondate se non a volte anti-cristiane, non aiuti la credibilità ecclesiale nell’annuncio del regno di Dio. Vanno ripensati, ad esempio, le questioni riguardanti l’esercizio effettivo della collegialità episcopale e del primato papale, i criteri nella nomina dei vescovi, la condizione dei separati, dei divorziati e delle persone omosessuali, l’accesso delle donne ai ministeri ecclesiali, la dignità del morire.

Vogliamo una Chiesa che si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio, che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell’etica e della politica.

Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: «Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina. La Chiesa vuol

mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati».

Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.

Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come “esperta in umanità”.

E’ tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, per una credibilità e veracità ecclesiale.

Giuseppe Barbera, Nino Fasullo, Rosellina,Tommaso Impellitteri,Teresa Passarello,Teresa Restivo, Zina Romeo Rumore, Rossana Rumore,Cosimo Scordato, Francesco Michele Stabile.Adesioni: [email protected]

Cieli – pagina 9 – marzo 2009

Molti fatti con i quali veniamo in contatto ci dicono che oggi La Chiesa si trova in una situazione di progressivo estraneamento rispetto al mondo contemporaneo. Molti uomini e donne, specialmente tra i giovani, avvertono da parte loro una radicale scollamento dalla Chiesa Molti uomini e donne, specialmente tra i giovani, avvertono da parte loro una radicale scollamento dalla Chiesa

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Italia/ Con gli occhi dei francesiItalia/ Con gli occhi dei francesi

“Il Vaticano ha invaso l'Italia”,

dicono di noi

Le notizie italiane vanno lette sulla stampa straniera. E’ più divertente.Si ha accesso a notizie che la stampa nazionale distrattamente omette . Da fuori si vede meglio quello che accade dentro.

La Francia. Sui giornali francesi le notizie che riguardano l’italia sono spesso le reazioni degli italiani alle notizie stesse: bigotte, conformiste, esagerate. Nei telegiornali delle grandi emittenti come TV5 Monde si parla di politica, delle esternazioni frivole del capo del governo e dei diversi partner, delle reazioni e le azioni razziste, della moda e naturalmente del calcio. Gli italiani si sanno ben vestire, mangiano bene, sono campioni nel calcio, sanno cantare sotto la doccia, sono divertenti e superficiali in politica, amano le cose facili, e sono cattolici vecchia maniera. Vecchia, ma proprio vecchia, come quando la messa era detta in latino... il latino lo capiva solo il clero e qualcun altro. Ma tutti pregavano in quella lingua, bastava ripetere.

Di seguito una breve rassegna stampa di notizie made in Italie lette sui giornali francesi.

* * *Eluana. L’eutanasia è un tema delicato

in tutti i paesi. Ma il vero protagonista della storia è stato lo show del Presidente del Consiglio italiano che ha addirittura cercato di forzare una scelta personale, del padre della donna, con Decreto d’Urgenza a cui il Presidente della Repubblica Napolitano si è opposto. Le Monde: “Questa è la prima volta che Napolitano si oppone a Berlusconi. Nellastoria della Repubblica, questo atto non si è riprodotto che cinque volte. E' uno dei pochi diritti che ha il Presidente insieme a quello di nominare il Presidente del Consigilio e di sciogliere le Assemblee. Ma è già troppo per Berlusconi che richiede una chiarificazione sui ruoli "additando la costituzione italiana come filosovietica". La corsa dei parlamentari per votare la legge ad hoc per ripristinare l’ali-mentazione artificiale ad Eluana viene definita “macabra”.

I commenti dell’opinione pubblica francese si fanno sentire spontanemanete, nessun sondaggio è stato ordinato. Un lettore di Le Figaro: “Morte politica. Sono italiana. Oggi a pagina 21 de La Repubblica si può leggere in un piccolo articolo di dieci righe la morte di un barbone a Milano, ucciso dal freddo

mentre dormiva per strada. Altri moriranno in futuro ma questo non interessa nè Berlusconi nè il Vaticano”.

* * *Elezioni in Sardegna. Le elezioni

regionali in Sardegna, nonchè test elet-torale per l’attuale governo, hanno trovato il loro spazio sui giornali. In particolare ha destato un certo fascino il candidato dell’opposizione Soru. Su Le Monde scrivono di lui cosi:”Durante un’ intervista mentre mi dava una risposta si fermò in una lunga pausa. Dopo trenta secondi io intervenni e lui irritato mi rispose: "La prego di non interropermi".

Questa austerità non ha che un fine: mostrare che in Italia si può essere ricchi, possedere un giornale, passare il proprio tempo su una delle più belle isole del Mediterraneo e non portare la bandana, non possedere yacht, non sparare i fuochi d’artificio nei giardini delle propria villa. In breve si può non essere Berlusconi che possiede una suntuosa villa nel nord dell’isola e viene tutti i week end a fare da campagna elettorale al suo candidato che non è altri che il figlio del suo consigliere fiscale!”.

Cieli – pagina 10 – marzo 2009

All’estero cosa pensano di noi italiani ? Bisogna leggere la stampa straniera per sa-pere cosa succede in Italia? Le notizie italiane vanno lette nella stampa straniera? E' più divertente? Ci sono notizie che la stampa nazionale omette ? Si vede meglio quello che accade dentro? Dalle pagine di Le Monde e di Le Figaro cinque avveni-menti per raccontare questa Italia sembra sia stata invasa dal Vaticano, e dove con-tinua a mancare una forte pressione dei movimenti di opinione: la morte di Eluana Englaro, le elezioni in Sardegna, i parlamentari pianisti, la condanna di David Mills, le lobby in Europa e le pressioni sull'Unione Europea

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Italia/ Con gli occhi dei francesiItalia/ Con gli occhi dei francesi

* * *I "pianisti". Alla ribalta i parlamen-

tari italiani, “artisti” del multivoto, che pigiano i tasti dei voti sui banchi dei vi-cini quando i colleghi non sono presen-ti. Liberation : « Questi pianisti non sono ne concertisti ne melomani ma hanno l’abitudine di suonare sulle mac-chine elettroniche dei voti del vicino, a posto del titolare, con o senza suo con-senso, assente, distratto o andato a dar sfogo ai suoi bisogni naturali.

I deputati italiani si fanno regolar-mente pizzicare dai giornali transalpini. Non manca mai l’occasione di ricorda-re che sono i più pagati d'Europa (crisi? Che crisi?) al Parlamento italiano come a quello europeo: a parte i privilegi di cui beneficiano, dalle cliniche gratis ai trasporti, dagli spettacoli alle piscine, dlle palestre all’uso illimitato di auto blu (centinaia di migliaia), dal rimbor-so per spese e pranzi alla caffetteria della Camera. Per risolvere il problema dei "pianisti" ci sono state diverse pro-poste , alcune originali, come quella del deputato della Lega Nord, che proponeva di istallare un sensore come quello nelle auto quando non si

allacciano le cinture, che fa biiiiip.Fini ha optato per un sistema più ra-

dicale (già sperimentato in Albania, Brasile e Messico), dal costo di 550.000 euro: memorizzare su micro-chip le impronte dei deputati e control-lo elettronico al momento del voto.

* * * Condannato l’avvocato di Berlusco-

ni. La condanna al processo all’avvoca-to Mills è timidamente apparsa in pochi giornali italiani. La notizia invece è stata pubblicata nei quotidiani principa-li di tutto il mondo e con titoli pesanti. Le Figaro del 16 febbraio: “ L’avvoca-to di Silvio Berlusconi condannato a quattro anni e mezzo di prigione. Da-vids Mills aveva preso seicentomila dollari in cambio delle sue false testi-monianza in favore del Cavaliere nel-l’affare Fininvest. Lo scorso ottobre Silvio Berlusconi si era messo in sicuro dalla giustizia creando una legge che gli accorda l'immunità penale durante tutto il suo mandato di capo del gover-no italiano". "Mills - precisa Le Figaro - non è l’unico avvocato di Silvio Berlusconi a essere finito in galera. Cesare Previti, ex avvocato ed ex

Ministro della Difesa, nel 2006 è stato condannato a sei anni per corruzione nell’affare Fininvest".

* * *Lobby. Le Figaro, 16 /02/2008:

"Dodici società misteriose sono iscritte nelle liste dei gruppi di pressione della Commissione Europea. Fra esse una fi-nanziaria britannica, la Fare Banks LTD, che dichiara un volume d'affari di 250milioni di euro l'anno: quaranta volte di più di Hill & Knowlton, leader del settore! Il suo proprietario ha l’aria di essere un prestanome che nasconde un politico italiano vicino a Forza ita-lia. Il personaggio in questione, Gennaro Ruggiero, è legato anche ad una dozzina di Ong anch’esse iscritte nell'archivio di Bruxelles. Bruxelles aspetta di ricevere denunce esterne per indagare su questa società: "Se si stabilirà che alcune regole sono state violate, queste lobby potrebbero essere cancellate, afferma Valérie Rampi, portavoce alla commissione".

Vanessa Marchese

Cieli – pagina 11 – marzo 2009

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UtopiaUtopia

SocietàSocietà

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