cenni di storiografia

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    Prima edizione 2012

    Il contenuto della presente opera e la sua veste graficasono rilasciati con una licenza Common ReaderAttribuzione non commerciale - non opere derivate 2.5 Italia.Il fruitore libero di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico,rappresentare, eseguire e recitare la presente operaalle seguenti condizioni:- dovr attribuire sempre la paternit dellopera allautore- non potr in alcun modo usare la riproduzione di questopera per fini commerciali- non pu alterare o trasformare lopera, n usarla per crearne unaltraPer maggiori informazioni:creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/

    stores.lulu.com/galarico

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    Enrico Galavotti

    CENNI DI STORIOGRAFIA

    italiana francese americana russa

    Il filo di Arianna

    Quando si diventa vecchie si sente prossima la fine

    si vorrebbe tornare indietroripercorre il passato della propria vitafino alla vita dei propri antenati

    rivedere i volti di chici ha generato

    ripercorre le mille stradedella loro vita

    Quando si diventa vecchisi vorrebbe tornare bambini

    esser presi per manoda qualcuno pi grande di noi

    Il filo di Arianna la loro storia

    e ci aiutera ritrovare

    la strada del ritorno

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    Nato a Milano nel 1954, laureatosi a Bologna in Filosofia nel 1977,docente a Cesena di materie storico-letterarie,Enrico Galavotti webmaster del sito www.homolaicus.comil cui motto : Umanesimo Laico e Socialismo DemocraticoPer contattarlo [email protected] su Lulu: lulu.com/spotlight/galarico

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    Nota di lettura

    Questo libro nato mentre ne stavo facendo un altro,Zetesis1, dedicato a un'analisi approfondita dei manuali scola-stici di storia.

    Ho dovuto separare questi articoli perch troppo specia-listici rispetto agli argomenti trattati nell'altro, ma in realt an-drebbero considerati come la parte seconda di quelli.

    Di essi i pi recenti e pi significativi per un lettore ita-

    liano sono quelli dedicati a Fanfani e alla rivista n+1. Gli al-tri sono prevalentemente degli anni Ottanta e avrebbero meri-tato un aggiornamento, anche perch lorigine dei mali siste-mici del nostro tempo risale proprio a quel periodo.

    Lorientamento generale dei testi favorevole al socia-lismo democratico, inteso non come variante piccolo-borghesedel capitalismo, ma come approfondimento storico e dialetticodel socialismo scientifico.

    1 lulu.com/shop/enrico-galavotti/zetesis/paperback/product-20224862.html

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    FRANCIA

    Panoramica della storiografia francese

    I

    Il pensiero storico francese ha occupato, durante quasitutto il XIX sec., una delle posizioni pi avanzate nella scienza

    storica mondiale. sufficiente ricordare i nomi dei suoi pigrandi rappresentanti: A. Thierry, F. Guizot, J. Michelet, F. A.Mignet. Costoro spiegavano tutta levoluzione della Francia edellInghilterra in termini di lotta di classe tra nobilt e bor-ghesia, cio in termini di scontro sociale e politico.

    Ma negli anni 1880-1890 si ebbe un declino di questastoriografia: i suoi nuovi rappresentanti (si pensi a A. Sorel,Ch. Seignobos, A. Aulard, E. Lavisse) si limitavano a svolgere

    la ricerca su un piano meramente politico-diplomatico.Solo verso la fine del secolo e linizio del successivo si

    pu notare uninversione di marcia. Nuovi storici, come P. La-combe (fece epoca il suo libro La storia considerata comescienza) e H. Berr (fondatore della teoria e del movimento del-la sintesi storica, cui aderiscono, fra i giovani, P. Mantoux,L. Febvre e M. Bloch) presero a combattere con nuove energielinvoluzione della storiografia francese.

    H. Berr, come E. Durkheim (caposcuola della sociolo-gia francese), non sinteressava molto di economia: la sua pre-occupazione principale era quella di realizzare una sintesi cul-turale su basi filosofiche e idealistiche. Il problema in effettiera quello di come superare il quadro tradizionale della storiacronologica, la storia per secoli o per regni, focalizzando inve-ce lattenzione sui problemi, al fine di trovare delle costanti nel

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    tempo, senza soffermarsi sugli avvenimenti singolari, le bio-grafie, gli aneddoti ecc.

    Nel 1920 Berr intraprese la pubblicazione, che port

    avanti fino alla morte, di una collezione intitolataLevoluzionedellumanit, in 80 volumi: qui videro la luce le opere di L.Febvre e M. Bloch, fra cui, di questultimo, la famosissima So-ciet feudale.

    Questa rinnovata scienza storica aveva subito una certainfluenza da parte della scuola sociologica di Durkheim, la cuiAnne sociologique (1879) opponeva allo studio del fatto indi-viduale, irripetibile, quello delle determinazioni sociali, cui si

    attribuiva un ruolo essenziale in tutto lo sviluppo della societ.Attorno a questa scuola gravitavano ricercatori come F. deSaussure, L. Lvy-Bruhl ecc.

    Oltre a questo ebbe un peso notevole sullo sviluppodella scienza storica francese la teoria marxista. Fu J. Jaurs,coi suoi volumi sulla Storia socialista della rivoluzione france-se (1900), che indusse gli storici francesi a prestare maggiore

    attenzione ai fatti socio-economici. G. Lefebvre, il maggiorstorico francese della prima met del sec. XX, rimase profon-damente impressionato dal valore di questopera.

    Quando, su iniziativa di Jaurs, fu creata una commis-sione incarica di raccogliere i documenti relativi alla storia e-conomica della rivoluzione, Lefebvre vi partecip cos attiva-mente che furono proprio i lavori di Jaurs e di Luchitski, unostorico russo specializzatosi nello studio dei rapporti agrari

    nella Francia del XVIII sec., che lo portarono a scegliere unargomento di economia rurale per la sua tesi di dottorato: Icontadini del Nord durante la rivoluzione, frutto di quasi 20anni di ricerche.

    Ormai lidea di completare se non di superare la tradi-zionale storiografia politica con lanalisi economica dei fattisociali era diventata sufficientemente matura per imporsiallattenzione di molti storici. A ci naturalmente avevano con-

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    tribuito anche altri fattori, come lo sviluppo del capitalismo, iprogressi delle scienze naturali (specie la fisica) ecc.

    A Strasburgo, nel 1929, appaiono i primi numeri della

    rivista Annales de lhistoire economique et sociale, direttada L. Febvre e M. Bloch. Due anni prima A. Mathiez, il mag-gior storico della rivoluzione francese durante il primo tren-tennio del secolo, aveva pubblicato la sua migliore opera so-cio-economica: Il carovita e il movimento sociale sotto il Ter-rore.

    Gli anni Trenta segnano linizio della fine della storio-grafia meramente politica. vero che i suoi sostenitori sono

    ancora in auge alla Sorbona (si pensi a Seignobos), ma il pro-cesso in direzione degli studi socio-economici appare irrever-sibile. La rivoluzione dOttobre, il diffondersi del pensieromarxista, i mutamenti post-bellici sul piano sociale, lesplicitoruolo giocato dalleconomia durante e dopo la prima guerramondiale, in particolare la crisi economica mondiale alliniziodegli anni Trenta (che coinvolse anche la Francia): tutto ci fi-

    n per avere ragione del disinteresse degli storici francesi per lequestioni economiche.In verit alla Sorbona da tempo esisteva una cattedra di

    storia economica e il suo titolare, H. Hauser, era un eminentespecialista, ma negli anni Venti i suoi corsi era disertati daglistudenti.

    La crescita dellinteresse per leconomia soprattuttolegata, inizialmente, a due nomi: F. Simiand e E. Labrousse.

    Simiand era sociologo ed economista, simpatizzava per il so-cialismo e fu vicino alle idee di L. Herr e L. Blum. I suoischemi interpretativi delle congiunture economiche e dellefluttuazioni dei prezzi ebbero, per quanto imprecisi, una largadiffusione in Francia.

    Linfluenza di Labrousse, discepolo di A. Mathiez, su-gli studi storici fu ancora pi profonda. Egli era diventato se-gretario della federazione degli studenti comunisti, redattoreper qualche anno dellHumanit, membro del comitato diret-

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    tivo della societ di studi robespierristi. Entrambi ricorsero aimetodi della statistica matematica per studiare il movimentodei prezzi, e Labrousse, a differenza di Simiand, sapeva colle-

    garlo efficacemente alla dinamica storica degli antagonismi diclasse.La sua tesi di dottorato del 1944, La crisi dellecono-

    mia francese alla fine dellancien rgime e allinizio della ri-voluzione, fece epoca, tanto che Braudel la consider come unapietra miliare della storiografia francese.

    Dopo la barbara esecuzione nazista di Bloch, che occu-p la cattedra di storia economica dalla morte di Hauser, nel

    1936, sino al 1944, la Sorbona, appena pot riprendere una vitanormale, chieder a Labrousse di subentrare a Bloch.

    Se vogliamo, gli esponenti pi significativi di questinuovi processi nella storiografia francese degli anni Trenta nonfurono Simiand e Labrousse, ma L. Febvre e M. Bloch, a mo-tivo della famosissima rivista Annales, fondata nel 1929 econ cui fecero scuola.

    Febvre e Bloch furono storici di grande talento: la lorocollaborazione, proseguita per molti anni, fu particolarmentefeconda, nonostante le differenze nellet e negli interessi.

    Febvre (1878-1956) si dedic prevalentemente allo stu-dio della geografia storica (conformandosi alla lezione dellascuola geografica di Vidal de la Blache), della storia e dellacultura del secolo da lui preferito: il XVI.

    Bloch (1886-1944), figlio dun grande specialista di

    storia romana, ricevette una brillante formazione scientifica eapprese molte lingue straniere (compreso il russo, il protonor-dico e il tedesco antico). Durante la prima guerra mondialesimpegn, come Febvre, a combattere nellesercito, ottenendoil grado di capitano e numerose decorazioni. I suoi primi lavorifurono consacrati alla Francia capetingia: il pi importante senzaltro I re taumaturghi (1924), che testimonia linteressedellautore per i problemi della psicologia collettiva.

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    Verso la met degli anni Venti la sua attenzione si con-centra sulla storia agraria medievale francese ed europea. Nel1931 insegna a Oslo storia agraria comparata. Proprio in quel

    periodo pubblica lopera che lo fece diventare il maggior stori-co-economista della Francia: I caratteri originali della storiarurale francese. Negli anni 1939-40 appare quello che pu es-sere considerato il suo capolavoro:La societ feudale.

    Il suo interesse per le questioni economiche e rurali inparticolare aveva chiaramente lo scopo di presentare gli avve-nimenti storici nella loro concretezza, nella loro sofferta uma-nit, contro le interpretazioni aristocratiche che guardavano i

    fatti solo dallalto.Febvre e Bloch si erano conosciuti nel 1919 a Strasbur-

    go, citt dove, dopo la prima guerra mondiale e il ritorno del-lAlsazia alla Francia, vennero incaricati dal governo di creareun centro culturale francese. Ci vollero per dieci anni primache le Annales vedessero la luce. E appena questo accadde,subito piovvero le accuse di materialismo storico, ovvero di

    dare un primato arbitrario ai fattori economici rispetto a quellipolitici e morali.Ma lquipe delle Annales (che comprendeva anche

    G. Lefebvre, Ch. Andler e altri) seppe difendersi con coraggioe lungimiranza. Essa invitava a rinnovare gli studi storici, adampliare la loro problematica, ad affrontare i processi storicistrutturali, ovvero la storia della produzione, della tecnologia,dei mezzi di lavoro; sollecitava a colmare i ritardi rispetto alle

    scienze esatte e naturali; auspicava che gli storici lavorasseroin modo collegiale, avvalendosi dei contributi specifici di tuttisulla base di una comune piattaforma interpretativa.

    Con ci naturalmente non si vuole sostenere che leAnnales rappresentino la quintessenza della storiografiamarxista francese. vero che Bloch e Febvre consideravanoluomo il fattore numero uno dei processi storici e che nellam-bito di questi processi assegnavano alla dimensione economicaun ruolo centrale, ma anche vero che la loro storiografia re-

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    stava idealistica: i fatti storici venivano ricondotti, in ultimaistanza, a fattoripsicologici, in cui cio era la sensibilit collet-tiva che rendeva possibile il movimento delle cose.

    Gli stessi fatti economici, come tutti gli altri fatti socia-li, venivano equiparati a fatti di credenza e di opinione. Febvre,in particolare, ebbe modo di dire che la ricchezza, il lavoro, ildenaro non sono, propriamente parlando, delle cose ma solodelle idee, cio delle rappresentazioni o concezioni umanedelle cose.

    Febvre poi, meno di Bloch, venne a contatto col marxi-smo. Egli si considerava marxista solo in senso incidentale,

    poich riteneva che molte idee di Marx erano divenute, indiret-tamente, patrimonio comune di molti storici francesi. Per luiMarx era unicamente un filosofo, che uno storico non avevatempo di leggere.

    Peraltro non possibile considerare lesperienza delleAnnales come la sola che abbia contribuito a determinarequesta svolta metodologica nella storiografia. Altri elementi

    furono non meno importanti: il progresso generale delle scien-ze, la rivoluzione operata nella fisica, la situazione politica incui forte era lodio per il fascismo, la formazione del Frontepopolare, linfluenza crescente del marxismo.

    Assai stimolante fu anche lopera di G. Lefebvre (1874-1959), per quanto esclusivamente dedicata alla rivoluzionefrancese. Allinizio degli anni Trenta, dopo la tragica morte diA. Mathiez, Lefebvre fu chiamato a Parigi per assumere alla

    Sorbona lunica cattedra di storia della rivoluzione francese e-sistente al mondo. Egli divenne anche presidente della societdegli studi robespierristi. Grande fu il suo contributo alla com-prensione delle lotte di classe nelle campagne francesi duranteil periodo della dittatura giacobina.

    Sono stati dunque quattro gli storici francesi pi impor-tanti degli anni Trenta: Bloch, Febvre, Lefebvre e Labrousse(questultimo il pi sensibile alla lezione marxista). Ma la

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    guerra del 1939 e la catastrofe che sabbatt sulla Francia lan-no dopo interruppero per un certo tempo questo rinnovamento.

    Assai grave per la storiografia francese fu la perdita di

    Marc Bloch. Convinto d'aver fatto troppo poco sul piano poli-tico nel periodo tra le due guerre mondiali per fronteggiare leidee scioviniste, nazionaliste e antisemite, nel settembre del1939, sebbene gi cinquantenne e padre di sei figli, egli vollearruolarsi nell'esercito francese come capitano dello Statomaggiore. Durante le pause tra i combattimenti scrisse l'Intro-duzione a una Storia della societ francese nel quadro dellacivilt europea, dedicata a H. Pirenne, che in prigionia aveva

    scritto una Storia dell'Europa. Oltre all'Introduzione resta in-compiuta ancheApologia della storia o Mestiere di storico e ildiarioMea.

    Dopo la disfatta di Dunkerque, Bloch ripar in Inghil-terra e rientr poi in abiti civili a Fougres, nella sua casa dicampagna. Qui, nell'estate 1940 scrisse la Strana disfatta, unaricostruzione critica degli avvenimenti militari recenti, pubbli-

    cata postuma.Non senza conflitti interiori Bloch decise di tornare aglistudi storici e all'insegnamento, in provincia, non alla Sorbona,dove gli era impossibile. L'intenzione era quella di portare atermine la suddettaApologia e di avviare altre ricerche.

    Tuttavia, detestando profondamente lhitlerismo e lasua ideologia razzista, nel marzo 1943 decise nuovamente dirientrare in gioco come partigiano, diventando uno dei coman-

    danti della cintura lionese della Resistenza. Arrestato dalla Ge-stapo, venne fucilato il 16 giugno 1944. Sar lamico Febvre apubblicargli lApologia della storia.

    Durante tutta la guerra Febvre, rimasto a Parigi, fecelimpossibile per prolungare lesistenza delle Annales, la cuiperiodicit era divenuta assai irregolare. Nel 1946 i fascicoliricominciarono ad apparire sotto un nuovo nome, Annales.Economies-Socits-Civilisations, redatti dal solo Febvre.

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    Terminata la guerra, la storiografia francese riprese connuovo vigore. La pubblicazione, nel 1949, del libro di F. Brau-del (1902-85),Il Mediterraneo e il mondo mediterraneo alle-

    poca di Filippo II, costitu allora un avvenimento eccezionale.La sua stesura richiese una quindicina danni. Braudel vennericonosciuto come uno degli storici pi importanti non solodella Francia, ma anche di tutta lEuropa occidentale.

    Egli era figlio di un professore parigino di matematica.Durante il periodo universitario alla Sorbona, di tutti i docentifu H. Hauser, che insegnava storia economica, quello chebbesu di lui linfluenza maggiore. Allinizio degli anni Venti co-

    minci a insegnare a Costantina, in Algeria, ove intraprese glistudi e le ricerche per realizzare lopera suddetta.

    Nel 1930 conobbe H. Berr e partecip ai lavori del suocentro di sintesi storica. A partire dal 1935 e per tre anni inse-gn in Brasile. Sulla nave che lo riport in Francia incontrFebvre che tornava invece dallArgentina. Nel 1939 scoppia laguerra e Braudel si ritrova al fronte. Fatto prigioniero e detenu-

    to dal 1940 al 1942 in un campo presso Mayence, viene trasfe-rito, a motivo della sua attivit politica, in un campo speciale aLubecca, ove il regime era pi severo.

    Pur privato di tutto il suo materiale documentario,Braudel, dotato di una memoria prodigiosa, riprende la sua o-pera sul Mediterraneo, proprio come H. Pirenne, un altro gran-de storico francese che, durante la prima guerra mondiale, ave-va scritto in prigione la sua Storia dEuropa, inviando un qua-

    derno alla settimana allamico Febvre.La Mditerrane fu il risultato di ricerche compiute in

    tutti gli archivi e le biblioteche storiche pi importanti delmondo mediterraneo. Seguendo i consigli che Febvre gli avevadato sin dagli anni Venti, Braudel evit di trattare soltanto del-la Spagna, estendendo le sue ricerche a tutti i paesi rivieraschidel Mediterraneo: compito, questo, duna complessit eccezio-nale, specialmente per un singolo ricercatore.

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    Il libro, che nella seconda edizione del 1966 fu sdop-piato in due volumi perch rivisto e aumentato di un notevoleapparato critico, risente fortemente dellinfluenza della scuola

    geografica di Vidal de la Blache; inoltre esso riserva maggioreattenzione alla circolazione, agli scambi e alle strade commer-ciali che non alla produzione economica vera e propria. Ci ades. si riflette laddove Braudel pi che parlare della rivalit fra idue centri del commercio capitalistico (nella fattispecie Spagnae Impero ottomano), ovvero fra i diversi gruppi delle borghesieemergenti, preferisce parlare della rivalit di due vie di transi-to, mediterranea e atlantica.

    L dove Febvre e Braudel non avevano visto che lan-tagonismo fra un mare e un oceano, Marx molto tempoprima aveva scoperto un processo ben pi profondo: la nascitadello stadio manifatturiero del capitalismo nel XVI sec.

    Ciononostante un indubbio progresso era avvenuto: lastoria tradizionale di superficie, la cosiddetta storia vnemen-tielle (quella basata sugli avvenimenti politici pi esteriori) ve-

    niva confinata definitivamente in un ruolo subalterno, a van-taggio di un modello di ricerca strutturale e funzionale basatosu uno stretto rapporto fra storia e tempo.

    La storiografia tradizionale - dir Braudel neLa storiae le altre scienze sociali - interessata ai ritmi brevi del tempo,allindividuo, allvnement, ci ha abituati da tempo al suo rac-conto frettoloso, drammatico. di breve respiro. La nuova sto-riografia economica e sociale pone invece al primo posto le

    oscillazioni cicliche e punta sulla validit delle loro durate.Ma il merito maggiore va forse attribuito alla decisione

    dellautore di contrastare lidea catastrofista, allora dominante,espressa nel famoso libro di O. Spengler, Il declino dellocci-dente, apparso lindomani della disfatta tedesca del 1918. Inche modo lo fece? Mostrando che dalle crisi pi acute (nelcontesto dellaMditerrane quelle appunto degli imperi medi-terranei) quasi sempre sorgono nuove imponenti civilt.

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    Nel 1950 Braudel ottenne una cattedra al Collegio diFrancia. Dopo la morte di Febvre assunse la direzione delleAnnales e della VI sezione dellEcole pratique des hautes

    tudes, uno dei centri pi significativi della scienza storicafrancese.Questi impegni lo porteranno a elaborare il suo secondo

    importante libro, Civilizzazione materiale e capitalismo, il cuiprimo volume apparve nel 1967, dopo che per quasi ses-santanni i suoi interessi si erano progressivamente concentratisulla vita quotidiana, materiale, degli uomini (dallalimenta-zione allabitazione, dalle fonti energetiche alle vie di comuni-

    cazione, dai mezzi di trasporto alla circolazione del denaro). Equesta volta il perimetro geografico non era pi solo lEuropama anche lAsia, lAfrica, lAmerica.

    I limiti tuttavia non mancano. Anzitutto Braudel separala civilizzazione materiale dalla vita economica produttiva edal capitalismo. La prima, a suo giudizio, fatta di routine, una vita elementare, vegetativa, che non si presta, se non con

    molta difficolt, al mutamento, dunque una realt di lungadurata. La vita economica invece gli appare come uno stadiosuperiore, privilegiato, della vita quotidiana. Il capitalismo poi uno stadio ancora pi elevato, pi sofisticato.

    In sostanza sfuggiva a Braudel il fatto che il capitali-smo safferma proprio sulla base delle forme pi elementaridei rapporti mercantili, giungendo in diretto antagonismo conaltri tipi dominanti di economia. Una svista prodotta probabil-

    mente dalla sua stessa concezione della lunga durata, che re-sta troppo vaga e indeterminata e che rischia di condannare auna semi-paralisi la storia delluomo in rapporto al suo am-biente specifico.

    La Civilizzazione materiale vide il suo definitivo com-pimento, in tre volumi, nel 1979, costituendo un avvenimentodel tutto eccezionale: Le Monde le consacr due intere pagi-ne, salutandola col titolo di decodificatrice della storia mon-diale.

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    Lopera, in effetti, testimonia duna erudizione notevo-lissima. Braudel provava un immenso piacere nel disegnare,dello sviluppo storico-sociale, sia i grandi tratti, come artefice

    della storia totale, sia i pi infimi dettagli, come pescatoredi perle, secondo la felice espressione di J. H. Hexter. Egli u-tilizz persino le fonti dellarchivio della politica estera del-lUrss per esaminare la corrispondenza del console russo a Li-sbona.

    Dopo luscita del primo volume dichiar in unintervi-sta che per lui Marx era il padre della storia moderna, e nellibro, in effetti, lo difende sempre, soprattutto dalle critiche di

    W. Sombart e M. Weber. Braudel si era convinto che solo chipossiede i mezzi di produzione detiene nella societ le posizio-ni dominanti. Nel secondo e terzo volume cita Lenin dichia-randosi daccordo con lui sul problema delle origini del capita-lismo.

    Eppure egli rimase abbastanza scettico nei confronti delmarxismo del XX sec. e attendeva sempre lapparizione dun

    capolavoro della storiografia marxista che provasse la possi-bilit e lopportunit duna applicazione del marxismo alla sto-ria. In questo senso latteggiamento di Braudel (e delle stesseAnnales) fu abbastanza contraddittorio, anche perch dopola guerra, soprattutto dopo la fine degli anni Cinquanta, i pro-gressi nella storiografia marxista erano stati considerevoli.

    A dir il vero il prestigio del marxismo nella storiografiafrancese aveva gi potuto farsi strada negli anni Trenta, allor-

    ch, dopo la crisi del 1929, la sua influenza sera estesa in tuttele direzioni, obbligando molti storici a ripensare il loro rifiutodellinterpretazione materialista della storia.

    Nella Francia degli anni Cinquanta si poteva gi parlarenon soltanto di uninfluenza del marxismo su molti storici nonsimpatizzanti per le idee del comunismo, ma anche di una sto-riografia marxista vera e propria, di alto livello scientifico, chesera guadagnata delle solide posizioni in ambito universitario.

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    Fu anzitutto nel campo della storia della rivoluzionefrancese che tale influenza si manifest. Lapparizione, allini-zio del secolo, dellopera di Jaurs, seguita dagli studi di Ma-

    thiez, di Lefebvre e di Labrousse aveva gi largamente apertola porta, nella storiografia della rivoluzione, alle idee e ai me-todi marxisti.

    A. Soboul, p.es., fu uno storico marxista di tutto rispet-to. Cresciuto in un ambiente popolare modesto e divenuto assaipresto orfano (a sei mesi perse in guerra il padre, contadinopovero, e a otto anni la madre), Soboul fu cresciuto a spesedello Stato. Fece gli studi superiori negli anni Trenta, allepoca

    del Fronte popolare.Lefebvre laveva subito notato tra i suoi allievi e So-

    boul considerava Lefebvre come il suo principale maestro. Nel1939 pubblica la sua prima opera, dedicata alla rivoluzionefrancese. Diventa uno dei dirigenti dellorganizzazione deglistudenti comunisti di Parigi e nello stesso anno aderisce al Pcf.Artigliere durante la guerra, prende parte attiva alla Resistenza.

    Nel 1942 costretto a lasciare il liceo di Montpellier,ove insegnava; poi viene arrestato. In seguito e sino alla finedella guerra vive in clandestinit. Nel 1945 si stabilisce a Pari-gi ove insegna in vari licei, continuando a lavorare alla sua tesidi dottorato, sostenuta la quale, nel 1958, ottenne la medagliadi bronzo dal Centro Nazionale della Ricerca Scientifica. Lo-pera magistrale sui sans-coulottes parigini gli procur subitouna grande notoriet.

    Soboul aveva scelto un tema poco studiato, ma ugual-mente molto importante: il ruolo degli strati parigini pi popo-lari durante la rivoluzione. In unaltra opera molto importante,in cui rivelava una conoscenza approfondita dei rapporti agrarinella Francia del XVIII sec., Soboul contestava lopinione dicoloro che negavano lesistenza di tracce di feudalesimo inFrancia alla vigilia della rivoluzione.

    In omaggio ai suoi numerosi lavori storici, egli ottennealla Sorbona nel 1967 la cattedra di storia della rivoluzione.

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    Lungi dallessere un successo unicamente personale, si trattavapiuttosto del riconoscimento dei meriti della storiografia mar-xista e della sua integrazione nella scienza universitaria duran-

    te gli anni 1950-60. Non dimentichiamo che negli anni Venti lacattedra era stata rifiutata a uno storico della rivoluzione comeMathiez.

    Unaltra importante opera della storiografia marxista fula tesi di dottorato sui Guesdistes sostenuta da C. Willard nel1965. Questi si accost assai presto al movimento democrati-co. Suo padre fu il celebre avvocato che difese Dimitrov alprocesso di Lipsia nel 1940. Partecipando alla Resistenza, Wil-

    lard ader al Pcf nel 1944.Il tema del guesdismo era del tutto originale. Fino alla

    met del XX sec. e nonostante che il ruolo del movimento ope-raio socialista fosse stato in Francia particolarmente significa-tivo, non esisteva sulla storia del movimento socialista deiguesdisti alcuno studio scientifico, n i docenti della Sorbonaerano disposti ad accettarlo.

    Willard simpegn tantissimo: la ricchezza delle fontireperite gli permise di compiere unopera esaustiva sulla storiadi questo movimento dal 1893 al 1905, cio sino alla fonda-zione del partito socialista unificato. A tuttoggi nessun paesedellEuropa occidentale possiede uno studio cos completo suquesto argomento.

    Willard peraltro fu il primo a fare il punto sulle diver-genze fra Guesde e Lafargue emerse allepoca dellaffare Dre-

    yfus circa la tattica del partito operaio. La tesi venne condottasotto la direzione di Labrousse, chera diventato, dopo la mortedi Bloch, titolare della cattedra di storia economica alla Sorbo-na. Qui, sia Lefebvre che Braudel rappresentarono, negli anniCinquanta e fino alla prima met degli anni Sessanta, il mo-mento pi felice della storiografia francese.

    Tuttavia, gi nel corso della seconda met degli anniSessanta e soprattutto negli anni Settanta nuove tendenze co-

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    minciavano a farsi strada, che rompevano con le tradizioni e-reditate dal periodo precedente.

    II

    Le principali tendenze della storiografia francese deglianni Cinquanta hanno proseguito il loro sviluppo nel corso de-gli anni Sessanta e Settanta. Si sono semplicemente affinate letecniche di ricerca. Fra i medievisti spicca il nome di G. Duby,il pi importante continuatore di Bloch. Si pu ricordare ancheP. Goubert, vero maestro nellanalisi dei processi demografici

    e nellutilizzo degli archivi delle parrocchie rurali, fino ad allo-ra snobbati.

    Goubert fu uno dei fondatori della demografia storica,che conobbe in Francia un notevole sviluppo verso la met delXX sec.

    Molto interessante anche la monografia di R. Trempsui minatori di Carmaux: il miglior studio su un movimento

    operaio-socialista che sia apparso in Francia dopoLes Guesdi-stes di Willard. Importante anche lopera di M. Perrot sulmovimento degli scioperanti francesi negli anni 1880-1890.Poi naturalmente va citata la monumentale tesi sulla Catalognadi P. Vilar, discepolo di Labrousse e suo successore alla Sor-bona.

    Ma dalla seconda met degli anni Sessanta e soprattuttonegli anni Settanta una nuova tendenza comincia a farsi strada.

    Essa traspare con pi nettezza nei lavori dei rappresentanti del-la cosiddetta terza generazione delle Annales (la prima vadal 1929 al 1956, cio da Bloch - Febvre a Braudel; la secondada Braudel a Le Goff - Le Roy Ladurie e va dal 1956 al 1969).

    Fra le opere della terza generazione, quella tuttora e-gemone nellambito delle Annales, spicca la tesi di dottoratodi E. Le Roy Ladurie,I contadini della Linguadoca.

    Nato in Normandia nel 1929, Le Roy Ladurie stato ingiovent un fervente cattolico: aveva persino intenzione di di-

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    ventare prete. Fu la guerra a modificare completamente il cor-so della sua vita. Nel 1949 aderisce al Pcf, sotto linfluenzadello storico comunista J. Bruhat. Dal 1953 al 1963 insegna

    prima in un liceo, poi alluniversit di Montpellier. Nel 1956lascia il Pcf, giudicandolo dogmatico.Pubblica diversi studi sulla storia del clima, ma la sua

    opera principale resta quella sui Contadini, ove dimostra u-neccezionale competenza in campi specifici come la climato-logia, la glaciologia, la botanica ecc.

    Il suo limite quello di voler essere a tutti i costi origi-nale, per cui spesso giunge a conclusioni affrettate e non dimo-

    strate. Nel libro suddetto inoltre manca un capitolo sulle strut-ture sociali e sullesame della propriet, cosa grave quando siparla di una classe sociale. Lautore ha preferito concentrarsisulla demografia.

    La sua tesi di fondo che dal XV sec. fino alla met delXVIII la Linguadoca ha conosciuto un arresto nella sua cresci-ta economica, in quanto la spinta demografica era accompa-

    gnata da un immobilismo tecnologico e da una arretratezzanella produzione agricola.Qualche anno pi tardi cercher, con esito infelice, di

    applicare questa scoperta a tutta la Francia e alla quasi tota-lit dellEuropa occidentale. Peraltro, a proposito dei movi-menti popolari in Linguadoca, egli disse chiaramente di nonnutrire alcuna simpatia per la rivolta dei Camisardi scoppiataallinizio del XVIII sec. L dove Marx aveva visto due tipi di

    movimento contadino, reazionario in Vandea e progressistanella Cevenne, Le Roy Ladurie vedeva solo unagitazione ne-vrotica, dettata dal fanatismo religioso.

    Nel 1963 lascia Montepellier per andare a lavorare aParigi, alla VI sezione dellcole des hautes tudes prati-ques, fondata nel 1946 da L. Febvre e diretta, dopo la suamorte, da Braudel. Le Roy Ladurie divenne ben presto uno deimembri dello staff degli annalisti.

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    Nel 1967 si reca negli Usa in qualit di visiting profes-sor e resta affascinato dai principi quantitativi, matematici estatistici della New economic history. Sul rapporto tra que-

    sta scuola americana e la storiografia francese che si rif alleAnnales occorre spendere alcune parole.Gi abbiamo detto che a cavallo dei secoli XIX e XX,

    sotto linfluenza della Storia socialista di Juars, sera impostoin Francia un crescente interesse per la storia economica. Loconfermano, nel corso dei primi tre decenni del sec. XX, le o-pere di H. Hauser, H. Se, A. Mathiez e G. Fefebvre. La crisieconomica mondiale del 1929-33 non fece che rafforzare ulte-

    riormente tale tendenza.Le Annales di Bloch e Febvre, gli studi di Simiand e

    soprattutto di Labrousse inaugurarono una nuova fase nellosviluppo della storiografia francese in campo socio-economico; una fase che, grazie soprattutto a Labrousse, nonsubir alcun declino nel periodo che va dal dopoguerra allaprima met degli anni Sessanta. La storia economico-sociale

    conobbe ottimi lavori da parte di J. Bouvier (sulla storia dellebanche francesi), J. Meuvret (sul problema alimentare), P. Vi-lar (sullo sviluppo economico della Catalogna), P. Lon (sullanascita della grande industria), di P. Goubert (sulla formazionedel capitalismo in Picardia). Un tratto caratteristico della mag-gior parte di questi ricercatori era il rifiuto di separare la storiaeconomica dalla storia delle lotte di classe.

    La situazione inizia a cambiare verso la met degli anni

    Sessanta. Gli schemi economici di Simiand e Labrousse, ispi-rati dallo stato delleconomia degli anni Trenta, non erano piadatti per gli anni Sessanta. Dopo la guerra il capitalismomondiale, soprattutto quello americano, sembrava entrato inuna fase di crescita stabile.

    IlManifesto non comunista di W. Rostow un prodottotipico di quellepoca. La sua apparizione (1960) coincise siacon la rivoluzione tecnico-scientifica che con limpiego delcomputer nello studio della storia. Ed cos che, prima negli

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    Usa poi in Francia, acquist sempre pi credito la scuola dettaquantitativa, secondo cui un periodo di crescita ininterrottaera cominciato per lo meno sin dalla met del XVIII sec.

    Uno dei fondatori di questa scuola fu S. Kuznets, do-cente allUniversit di Harvard, che gi verso gli anni Trenta eQuaranta aveva pubblicato le sue prime opere (sul reddito na-zionale americano), contribuendo anche al finanziamento deilavori di un gruppo francese, diretto da J. Marczewski che, nel1956, cerc di mettere a punto un modello francese di cre-scita economica su scala nazionale. Liniziativa venne appog-giata da F. Perroux, direttore dellIstituto di scienza economica

    applicata.Fra il 1961 e il 1969 usc la Storia quantitativa delle-

    conomia francese, il cui difetto principale, ereditato ovviamen-te dalla scuola americana, era quello di tenere separata la storiaeconomica dalla storia sociale e dallevoluzione dei rapporti diclasse, il che ovviamente portava a giustificare una crescitaprogressiva del capitalismo francese.

    I concetti e la metodologia della scuola quantitativavennero ereditati e approfonditi, alla fine degli anni Sessanta,dai cosiddetti cliometristi della scuola americana New eco-nomic history. I ricercatori di questa nuova corrente si avva-levano di decine di studiosi altamente qualificati, incaricati diraccogliere dati e materiali, predisponendoli a un uso compute-rizzato.

    D. North, R. W. Fogel, S. L. Engerman e altri, grazie a

    questi nuovi metodi arrivarono, fra laltro, alla incredibile con-clusione che leconomia schiavista dei piantatori di cotone, ne-gli Usa, si trovava fino alla guerra di Secessione a un altissimolivello di sviluppo. Al fine di dimostrare la continuit e lim-manenza della crescita economica del loro paese, essi avanza-rono lipotesi che nessun fattore esterno era intervenuto per ac-celerarla, neppure la costruzione delle ferrovie.

    Fogel arriv persino a dire che n la macchina a vapore,n la locomotiva, ma solo il lavoro dei farmers e lantica isti-

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    tuzione dello schiavismo, allora perfettamente redditizia, ave-vano portato avanti la ricchezza americana del XX sec. Pertan-to - ecco la tesi finale dei cliometristi - labolizione dello

    schiavismo aveva comportato un regresso del capitalismo ame-ricano. Tesi questa considerata assurda anche dal quantitativi-sta francese P. Chaunu.

    Ciononostante lastrazione della scuola americana, coisuoi calcoli matematici, guadagn negli anni Sessanta i con-sensi della terza generazione degli annalisti francesi. A giu-dizio di Le Roy Ladurie, F. Furet e altri lavvenire sarebbe ap-partenuto ai soli metodi matematici e statistici, capaci di quan-

    tificare in maniera informatica i dati storici.Fu tale lentusiasmo che i modelli elaborati per il pre-

    sente venivano sistematicamente usati anche per il passato. LeRoy Ladurie afferm addirittura che n la guerra dindipenden-za americana, n la realizzazione della ferrovia, n il new dealroosveltiano avevano comportato delle modifiche sostanziali altasso di crescita delleconomia americana. Egli neg qualun-

    que valore alla storia vnementielle e alla biografia atomisti-ca: la nuova storia doveva per lui essere strutturale, orientataverso lo studio di diverse collezioni di dati, soggette a un usoseriale o quantitativo, cio programmato. Anche le istituzioniscientifiche avrebbero dovuto dotarsi di centri di ricerchequantitative, sul modello americano.

    Dieci anni dopo tuttavia lentusiasmo di Le Roy Ladu-rie scem. La storiografia francese, nel suo complesso, era

    comunque riuscita a dimostrare che se i metodi matematici po-tevano avere una certa importanza per lo studio della storia e-conomica e specialmente della storia agraria, nessuna storiaquantitativa avrebbe potuto per sostituirsi alla storia pro-priamente detta. Le crisi economiche mondiali degli anni1973-75 e 1980-82 diedero poi il colpo di grazia al concetto dicrescita continua del capitalismo.

    In ogni caso i ricercatori della terza generazione delleAnnales hanno continuato a trascurare le esigenze di unana-

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    lisi economica strutturale dei fatti storici. Oggi si parla di tuttoe di niente: del clima, del corpo umano, dei miti, delle feste,della cucina francese... Quando in gioco leconomia si evita-

    no accuratamente le questioni riguardanti la produzione e iconflitti di classe.Le scienze usate sono tra le pi svariate: psicanalisi,

    linguistica, sociologia, cinematografia... Nella Storia immobiledi Le Roy Ladurie, tanto per fare un esempio, i fattori demo-grafici e biologici si vedono attribuire un ruolo decisivo relati-vamente allo sviluppo della Francia. DallXI al XII sec. - egliafferma - vi stata una crescita senza interruzioni, poi, nel

    XIV sec. iniziato un lungo periodo di stagnazione. La popo-lazione si mantenne agli stessi livelli anche dal XIV al XVIIIsec. Il volume della produzione agricola non aument.

    Quale fu dunque la causa della crisi? La risposta di LeRoy Ladurie si pone tutta a un livello biologico: ratti e pulcipestifere avevano invaso lEuropa occidentale, attraverso glieserciti mongoli e le carovane che, a partire dal XIV sec., tra-

    sportavano la seta acquistata in Asia centrale. La prima fataleconseguenza sebbe nel 1348, con la terribile peste nera. Scop-pi quindi una reazione a catena, che sinterruppe solo dopolepidemia di peste di Marsiglia nel 1720.

    Spiegazioni di questo genere sincontrano spesso neisuoi libri. Di qui le critiche mossegli da altri eminenti storicifrancesi come J. Le Goff, G. Duby, P. Raveau ecc., i quali, adesempio, si chiedono sino a che punto si possa considerare

    come un periodo di storia immobile il XVI sec., che ha vistosia lapertura dellAtlantico al commercio mondiale, sia la na-scita del capitalismo manifatturiero in Europa occidentale.

    I limiti dellimpostazione metodologica di storici comeLe Roy Ladurie, F. Furet, D. Richet, D. Roche, G. Chaussi-nand-Nogaret, P. Chaunu ecc. si rivelano soprattutto quandoviene presa in esame la rivoluzione francese. Riprendendo itermini duna memorabile polemica scoppiata alla fine deglianni Cinquanta fra R. Mousnier e B. Porchnev, essi negano re-

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    cisamente, proprio come Mousnier, che nella Francia delXVIII sec. vi fossero tracce di feudalesimo.

    In particolare, Furet, che il pi duro avversario del-

    linterpretazione marxista della rivoluzione, afferma che lan-cien rgime era gi morto prima della rivoluzione e che questa,pertanto, altro non stata che un mostro metafisico. Secon-do Furet e Richet il ruolo decisivo nella rivoluzione venne gio-cato non dalle classi sociali ma da una lite, la cui principalecomponente era non la borghesia commerciale e affaristica(che rimase sempre in una posizione di retroguardia), bens lanoblesse librale, sostenuta dagli intellettuali.

    La nobilt francese, secondo loro, non era neppure unaclasse feudale reazionaria, ma al contrario una classe dinamica,laboriosa, volta a sviluppare rapporti capitalistici nelle campa-gne. Cosa che in realt poteva essere vera solo limitativamentee in ogni caso solo perch gi esisteva una borghesia social-mente affermata.

    Non meno unilaterale il giudizio sul movimento con-

    tadino. Le Roy Ladurie sostiene, contrariamente alla tesi diPorchnev, che i contadini insorgevano non contro i signori macontro lesosit fiscale dello Stato. Anzi i proprietari terrieriavrebbero voluto realizzare il capitalismo nelle campagne allamaniera inglese, e furono proprio i contadini a impedirglielo,essendo di vedute obiettivamente reazionarie.

    Come si pu notare, lobiettivo di questi storici quellodi far passare la rivoluzione francese per un complotto mas-

    sonico, rispolverando le vecchie tesi di D. Cochin, uno stori-co reazionario degli inizi del XX sec., il quale, a sua volta, leaveva riprese da un abate francese del XVIII sec., A. Barruel.Non le contraddizioni socio-economiche avrebbero fatto scop-piare la rivoluzione ma il bisogno di potere che aveva unasquallida oligarchia anonima, il cui giacobinismo altro nonera che una macchina propagandistica per ottenere consensipopolari.

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    Oggi, a questo, i vari Furet, Richet ecc. aggiungono chela rivoluzione francese fren le tendenze progressiste, in sensocapitalistico, manifestatesi in agricoltura, ritardando di almeno

    un secolo lo sviluppo della nazione; che la rivoluzione non di-strusse n lancien rgime n il feudalesimo, allora gi inesi-stenti e che la vera, unica rivoluzione prodottasi nel XVIII sec.fu quella tecnica e industriale dellInghilterra.

    Stante queste analisi non stupisce che Braudel abbiapreferito troncare ogni rapporto con le Annales.

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    Per una storia globale

    Lidea di una storia globale, nellambito dellhistoirenouvelle francese, ha raggiunto i vertici del suo sviluppo neglianni Sessanta. Gli studi monografici condotti sulla base di que-sta idea sono stati largamente riconosciuti e i suoi promotorisono diventati i rappresentanti pi significativi della scuoladelle Annales.

    Tuttavia, a partire dalla fine degli anni Sessanta alcuniricercatori hanno cominciato a limitarsi ad accettare la conce-zione della globalit solo sul piano cognitivo, e non anche suquello metodologico, finch, col passare del tempo, sono giuntia dei mutamenti dindirizzo anche nelle ricerche storiche veree proprie.

    La concezione della storia globale stata messa indiscussione proprio da coloro che, continuando a fare riferi-

    mento alla rivista delle Annales, si ritengono eredi dellanouvelle histoire di Bloch, Febvre, Lefebvre e Braudel.In realt la terza generazione si dedica a un complesso

    di storie per le quali la globalit non pi un punto di partenzama, nel migliore dei casi, un lontano orizzonte. Ci riferiamo astorici come Le Roy Ladurie, Furet, Richet, Roche ecc.

    Per alcuni ricercatori la storia globale non che unmito, una sorta di costruzione razionale aprioristica e non il ri-

    sultato della conoscenza storica positiva. Besanon, p.es., scri-ve che gli storici della sua generazione si sono finalmente sba-razzati del miraggio della totalit storica. Furet quasi dellostesso avviso: per lui la struttura duna societ globale non che un postulato non legittimato dallattuale storiografia.

    Dunque, perch la concezione della storia globalenon risponde pi ai bisogni dellhistoire nouvelle e la scienza

    storica francese si trova di nuovo ad affrontare il problema del-la frammentariet? Le risposte a tale domanda, dei vari Le

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    Goff, Foucault, Revel, de Certeau, possono in sostanza ricon-dursi a una tesi comune: la concezione delloggetto dellhi-stoire nouvelle, lacquisizione stessa del sapere storico radi-

    calmente mutata nel tempo.In particolare Le Goff e Foucault fanno risalire lin-gombro della nozione stessa di storia globale ai limiti dellacontinuit-concatenazione della storia stessa, che oggi non cor-risponde pi, secondo loro, ai canoni della scienza moderna, laquale evita categoricamente di porre luomo al centro della sto-ria. Essi in sostanza affermano che Copernico, Darwin e Marxhanno reso praticamente impossibile qualunque tentativo di ri-

    portare luomo al centro delluniverso: hanno prodotto la di-scontinuit eliminando la rigida casualit.

    In precedenza lo storico si liberava della discontinuitcercando la concatenazione elementare degli avvenimenti. Og-gi invece la nouvelle histoire preferisce servirsi della disconti-nuit lasciandosi influenzare dalle scienze pi disparate: psica-nalisi, linguistica, etnologia...

    Una storia globale non dunque pi possibile. Oggi lostorico mette in luce la diversit, le specifiche particolaritcronologiche, gli scarti e i dislivelli. Una storia in cui regna ladiscontinuit (che poi diventa, si badi, fine a se stessa), in cuiluomo dominato dai miti, dalle leggi del linguaggio ecc., pi inquietante e suggestiva di quella in cui le cause e gli effet-ti si susseguono univocamente. Entrando in contatto con que-sto tipo di storia, luomo moderno si sente pi esitante, perde

    le sue certezze, per ha il vantaggio - dice Foucault - di unmaggior realismo. Questa storia rinuncia ad essere lultimo ri-fugio del pensiero antropologico e diventa la vera antitesi dellastoria globale.

    Luomo non pi il personaggio centrale della storia.Scrive a questo proposito de Certeau: La teoria, che ieri eraorientata alloggetto, retrocede oggi verso il linguaggio, la pa-rola... Ed unillusione credere che la ricerca storica possa a-vere per risultato una riproduzione adeguata della realt.

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    La storiografia si ritrova cos, come allinizio del sec.XX, nel mondo dellidealismo agnostico e soggettivo di Ri-ckert, Dilthey e Russell; solo che di quellidealismo non pu

    pi conservare lingenuit, in quanto la crisi delle Annales edi tutta la nouvelle histoire strettamente legata al venir menodellimpegno ideologico e politico, al non volersi confrontarecol pensiero marxista e con la pratica del socialismo democra-tico.

    In un certo senso il fallimento dellutopia sessantottescaha portato le Annales a rinnegare se stessa. Dalla fine deglianni Sessanta lhistoire nouvelle diventata talmente

    nouvelle che Braudel ha dovuto abbandonarla completamen-te.

    Bloch e Febvre avevano cercato di trasformare la storiain una scienza sociale, nel senso chessa doveva superare lostadio del pensiero individualizzante ed entrare nel noverodelle scienze generalizzanti. Conditio sine qua non per rea-lizzare tale passaggio era il rifiuto categorico della scienza nar-

    rativa dei fenomeni singoli, ovvero della storia evenemenziale,in cui il concetto di tempo storico veniva concepito in ma-niera semplicistica e univoca, come una sorta di calendario u-niforme, un asse predisposto sul quale gli storici si limitavanoa infilare i fatti e gli avvenimenti del passato.

    Con lhistoire nouvelle lidea del tempo come duratasenza contenuto era stata rimpiazzata dallidea del temposociale a contenuto determinato, che in sostanza lidea della

    molteplicit dei tempi, dei diversi ritmi del tempo a secondadelle diverse realt storiche, lidea della discontinuit nelloscorrere del tempo sociale.

    Da Bloch a Braudel gli storici delle Annales hannosempre avvertito forte la preoccupazione di fare della storiauna scienza al pari delle altre scienze. Detestavano il caso, i zi-gzag repentini, preferivano soffermarsi sulle tendenze durevo-li, sui rapporti familiari, sulle strutture mentali.

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    La longue dure, in tal senso, stata senzaltro una po-sitiva conquista dellhistoire nouvelle. Tuttavia essa non pri-va di ambiguit. Anzitutto non sembra che faciliti la soluzione

    dei problemi pi cruciali della teoria della conoscenza storica.Viene qui in mente la domanda che Marx fece a Proudhon inMiseria della filosofia: In che modo la sola formula logica delmovimento, della successione del tempo potrebbe spiegare ilcorpo della societ, nel quale tutti i rapporti coesistono simul-taneamente e si sostengono gli uni con gli altri?. Una talequestione non mai stata posta dallhistoire nouvelle. E nonrispondendovi lhistoire nouvelle non in grado di garantirsi

    una vera scientificit nellanalisi storica, che vada cio al di ldi ci chessa sicuramente in grado di fare: offrire una moleimpressionante di dati.

    Il tempo del mondo o della storia - secondo Braudel -il tempo della formazione sociale che domina in una data epo-ca, niente di pi. Il che per risulta assai limitativo nei con-fronti di quegli esseri umani che appartengono a zone geogra-

    fiche marginali rispetto ai criteri della formazione sociale do-minante.Braudel non comprende che il legame tra tempo e storia

    costituito dal modo di produzione, e che i modi di produzio-ne non sono statici ma evolvono di continuo. Non tener contodi determinati processi storici equivale a considerare la storiacome un cieco destino, lo sviluppo di una fatalit. La storia di-venta un mero prodotto del tempo.

    In questa ambiguit filosofica di fondo si pu anche ar-rivare allassurdit di credere che la rivoluzione francese nonsia mai avvenuta, cio che sia un mito o una sopravvivenza i-deologica. Per Furet, Richet, Roche, Chaussinand-Nogaret larivoluzione francese fu un semplice conflitto politico-ideologico tra nobilt e borghesia, non un rivolgimento sociale.A loro giudizio la nobilt era progressista, per cui non erano inquestione il feudalesimo e lancien rgime (considerati addirit-

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    tura come gi inesistenti a quel tempo), ma solo una questionedi rivalit politica allinterno di una comune concezione.

    Sul piano socio-economico lavvenimento viene giudi-

    cato da questi storici come una vera e propria catastrofe nazio-nale, poich avrebbe impedito alla noblesse librale di trapian-tare in Francia i rapporti agro-capitalistici della vicina Inghil-terra.

    Lhistoire nouvelle - sottolinea lo storico marxista Vo-velle - tende in generale allimmobilit, non crede nelle bru-sche modificazioni che avvengono nella storia, non dialetti-ca, non considera le diverse epoche storiche come tappe duno

    sviluppo progressivo delle societ e delle civilt, e i diversiritmi di tempo come momenti dun tempo a senso unico.

    La discontinuit talmente assolutizzata chessa non pi un momento particolare di una pi generale e uniforme e-voluzione. Questa scuola non crede in alcuna transizione dalcapitalismo al socialismo, come non crede in quella dal feuda-lesimo al capitalismo. Furet rifiuta categoricamente la prospet-

    tiva dellevoluzione che conferisce un senso o una direzionesignificativa al tempo. Sicch lanalisi quantitativa o seriale,come la chiama Chaunu, diventa fine a se stessa: limportantediventa solo il raccogliere dati e classificarli. Non c pi ana-lisi qualitativa.

    Ricostruendo p.es. la storia dei prodotti alimentari, silascer in ombra la questione delle relazioni tra produttori econsumatori. Questo significa, in sostanza, ricadere nella su-

    perficialit, cio proprio in quel limite contro cui lhistoirenouvelle sera posta negli anni Venti. A quel tempo le Anna-les - come vuole Braudel - era una rivista di eretici, oggiinvece una rivista perfettamente allineata con le concezioniborghesi dominanti, in grado di favorire la promozione socialee le carriere scientifiche.

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    La storia comparata in Europa

    La storia comparata nasce con Marc Bloch ed EmileDurkheim. Il primo, gi con la sua Storia comparata delle so-ciet europee, del 1928, inLa servit nella societ medievale2cercava nella comparazione le cause comuni di un fenomeno ela reciproca influenza tra le societ. Il secondo invece era so-prattutto interessato alla scoperta di costanti generali, trasver-sali alle societ, oltre le quali non sarebbe neppure esistita unasociologia.3

    Questo modo sociologico di vedere le cose in realtnon piaceva molto n a Bloch n, tanto meno, a L. Febvre, chepreferivano restare legati alle classificazioni tradizionali, persequenze cronologiche, per aree geografiche o per settori di-sciplinari.

    Tuttavia, dai tempi delle Annales ad oggi la storio-

    grafia francese ha saputo rifarsi a una tradizione comparativasolo in due settori molto vicini ai metodi della sociologia: lademografia storica e la storia economica quantitativa.4 Ma an-che la Storia delle donne, in cinque volumi, curata da M. Per-rot e G. Duby, s aperta, in parte, alla metodologia comparati-va.

    In campo economico sono importanti i lavori di F.Crouzet, che, mettendo a confronto Inghilterra e Francia, nel

    XVIII sec., era arrivato a dire che questultima sarebbe arrivataa diventare una grande nazione capitalistica anche senza lin-flusso dellInghilterra e che ci purtroppo fu impedito o ritar-dato proprio dalla rivoluzione del 1789, che sconvolse un pro-2Ed. La Nuova Italia, Firenze 1993, tit. or.Mlanges historiques.

    3 CfrLe regole del metodo sociologico, Einaudi, Torino 2001, ma ancheEditori Riuniti, Roma 1996.4

    Cfr. p.es. i tre volumi sulla Popolazione mondiale, curati da M. Reinhard,A. Armengaud e J. Dupquier.

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    cesso di rapida crescita ad essa precedente. Tesi, questa, ov-viamente molto contestata, bench ripresa da J. Bouvier.

    Tuttavia in Francia, nel complesso, la storia comparata

    non ha mai avuto molti seguaci e le ricerche, pur importanti, diJ. Michel, di F. Barbier, di E. Franois, di M. Garden, di J. L.Pinol, sono rimaste dei casi isolati.

    Le ragioni del ritardo francese vanno addebitate al fattoche la storiografia francese preferisce restare molto legata allefonti, in maniera individualizzante, producendo pi che altrostoria regionale o locale, trascurando quindi i problemi di tipogeneralizzante, in quanto si teme che modelli o interrogativi

    troppo teorici possano influenzare, falsandolo, il materiale sto-rico.

    La storiografia comparativa parte infatti da alcuni inter-rogativi specifici, formulati prima ancora di metter mano allefonti, e solo successivamente si mette a indagare su similarit estrutture comuni, al di l del singolo caso, per ricercare infinequei meccanismi generali di movimento delle societ.

    La seconda ragione ancora pi grave: la storiografiafrancese ha dei paradigmi irrinunciabili di derivazione politica,che hanno sempre condizionato lo svolgimento delle ricerchestoriche (la rivoluzione francese, la laicizzazione della societ,il significato del marxismo): uno storico doveva anzituttoschierarsi politicamente pro o contro questi eventi.

    Ed evidente che se uno storico si schierava a favore diquesti eventi, trovava poi delle difficolt - visto lenorme ruolo

    politico avuto in Europa dalla Francia dopo il 1789 - a fare del-le comparazioni per cos dire alla pari. Semmai il compitodiventava quello di verificare il livello dinfluenza della rivo-luzione in Europa e nel mondo.

    La situazione non certo migliore in Gran Bretagna,dove gli studi di storia comparata, prevalentemente economici,non mettono mai in discussione la superiorit dellindustrializ-zazione inglese, assunta come modello paradigmatico di tut-te le altre.

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    Gli storici inglesi pagano inoltre lo scotto di un altrograve problema: lassenza di una vera e propria storia nazio-nale, dovuta molto probabilmente allimpossibilit di assume-

    re il concetto di Stato-Nazione come punto di riferimentoper fenomeni sociali che vanno oltre lambito locale e regiona-le. Di qui peraltro la mancanza di centri nazionali di ricercadebitamente finanziati.

    I lavori di J. Zeitlin, R. G. Rodger, J. Foster, E. P. Hen-nock costituiscono una consolidata tradizione di analisi compa-rativa incapace di uscire dai confini del loro paese.

    Probabilmente il campo pi finanziato della ricerca

    comparativa stato quello della demografia storica, in riferi-mento ovviamente allurbanizzazione, date le bassissime per-centuali di forza-lavoro agricola. Ma anche qui i risultati sonostati deludenti, in quanto buona parte della storiografia ingleseha continuato a ispirarsi a un presunto eccezionalismo dellapropria nazione.

    Persino due tra i principali storici, D. Geary e J.

    Breully, che si sono dedicati alla storia comparata della classeoperaia, sono in primo luogo due specialisti della storia tede-sca.

    Forse lunico esempio davvero significativo stato ilcontributo di Breully sui movimenti operai inglesi e tedeschidella met dellOttocento. Diciamo per che solo molto rara-mente si tracciato un legame tra i movimenti politici inglesi egli altri movimenti europei moderni.

    Anche lantropologia, come comparazione delle somi-glianze tra pratiche e credenze di popoli primitivi, ha esercitatouninfluenza irrilevante sulla storiografia inglese.

    La stessa storia sociologica, fondata su comparazioni avasto raggio, che nella Germania di Weber e Sombart incontrmolta fortuna, in Inghilterra sempre stata vista con sospetto,soprattutto quando la sociologia tende a negare la specificit diogni esperienza e di ogni processo presi in s.

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    In questo gli inglesi sono molto individualisti, persinopi degli americani. Essi inoltre devono ancora superare deiluoghi comuni, tipici della loro storiografia, il primo dei quali

    quello che fa coincidere il declino del paese col carattere ina-deguato delle innovazioni tecnologiche, a partire dagli anniSettanta dellOttocento. Tutte le responsabilit cio vengonoscaricate sugli industriali e non anche sulllite terriera.

    La cultura britannica ha conservato elementi aristocra-tici che le impediscono di guardare le culture straniere con oc-chi benevoli, tolleranti. Ecco perch la storia comparata non hamai messo vere radici in questo paese.

    In Germania la situazione, almeno finch ha dominatolo storicismo, non stata delle migliori. La comparazione si-stematica veniva perseguita, e con notevoli successi, solo da O.Hintze e M. Weber.

    Il paradigma storicistico stato messo in discussionedopo la seconda guerra mondiale, accogliendo le sollecitazioniprovenienti dalla sociologia (weberiana in primis), dalle scien-

    ze politiche e dalleconomia.La generalizzazione e la tipicizzazione divennero piimportanti della ricostruzione di legami causali individuali. Lastoriografia, una volta assunti temi quali lindustrializzazione,la formazione dello Stato nazionale, la laicizzazione, le rivolu-zioni ecc., divenne pi argomentativa e meno narrativa.

    Ma i lavori significativi erano ancora pochi: di T.Schieder, G. Ritter, H.-U. Wehler. Il funzionamento estrema-

    mente specialistico della storiografia tedesca, con la sua predi-lezione per la stessa storia tedesca, non aiutava lo sviluppo del-la storia comparata. I tedeschi non si avventurano mai in campicos vasti se prima non sono sicuri di disporre di conoscenzemolto approfondite. Le uniche ricerche un po significative so-no state, anche qui, quelle di demografia storica, sullurbaniz-zazione ecc.

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    Agli storici tedeschi non piace fare astrazioni senza po-ter contestualizzare, e quando si fa comparazione si deve perforza fare astrazione.

    Tuttavia si sempre pi costretti alle ricerche compara-te, sia a causa dei processi integrazionistici europei, sia a causadella stessa globalizzazione, che rende il mondo una sorta divillaggio dai confini poco definiti.

    La Germania, poi, dopo il crollo del muro berlinese,avverte ancora di pi il bisogno di recuperare unidentit na-zionale ponendosi a confronto con altri paesi.

    Indubbiamente la metodologia weberiana ha oggi biso-

    gno di profonde revisioni: non che essa, cos com, possaaiutare pi di tanto la storiografia tedesca. Sia perch lapproc-cio con cui essa poneva a confronto le cosiddette civilt (eu-roccidentale e asiatica), oggi stato superato dagli eventi stes-si, in cui appare palese la scelta della via capitalistica da par-te dei due colossi, Cina e India; sia perch Weber realizzavauna comparazione di tipo asimmetrico, in cui laltro veniva

    usato soltanto per comprendere meglio se stessi. lidea, pi omeno manifesta, di una propria superiorit che va oggettiva-mente rivista.

    La Germania, pi di altri paesi europei, messa ogginelle condizioni di favorire gli studi comparativi. I motivi pos-sono essere i seguenti:

    1. ha sperimentato pi di altri paesi i limiti del liberalismoe della democrazia occidentali, non avendo saputo im-

    pedire la nascita del nazismo;2. ha sperimentato per mezzo secolo una divisione nazio-

    nale in due sistemi economici contrapposti;3. stata caratterizzata da potenti flussi immigratori, in

    virt dei quali ha potuto ricostruirsi dopo lultimo disa-stro bellico.

    Il XX sec. stato per la Germania un lungo periodo di scon-volgimenti epocali, che hanno posto fine a ogni chiusura ari-stocratica, a ogni presunta superiorit di razza e sangue. In

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    questa direzione vanno letti i lavori di W. Berg e di H.-J. Pu-hle.

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    Per unahistoire nouvelle

    Verso la met degli anni Settanta lespressione histoirenouvelle cominciata ad apparire nelle pubblicazioni francesi,ed ora in Francia quasi nessun storico dubita del fatto che conessa si volesse indicare una nuova scienza storica.

    Analogamente allamericana New economic history oalla moderna linguistica di cui F. de Saussure stato liniziato-re, la si definisce nuova in questo senso, che pur basandosisu principi e metodi danalisi storica elaborati nel corso dei se-coli, essa si differenziava per molti aspetti dalla storiografiatradizionale.

    Lhistoire nouvelle stato il fenomeno pi importantedella storiografia mondiale del XX sec. Essa ha avuto una sto-ria per circa mezzo secolo e ha subto una forte evoluzione. I-niziata alla fine degli anni Venti con la fondazione della rivista

    Annales dhistoire conomique et sociale degli storici M.Bloch e L. Febvre, essa s prolungata con lattivit dellemi-nente storico F. Braudel, il quale ha trasformato la scuola delleAnnales nellorientamento dominante della storiografia fran-cese. Tuttavia verso la fine degli anni Sessanta cominciano amutare non solo gli indirizzi di ricerca, ma anche linterpreta-zione dello sviluppo della societ e delle civilt; vi sono re-gressi e abbandoni di molte conquiste positive.

    Forse pochi sanno che oltre a questa scuola sono esisti-te altre scuole, di tutto rispetto, che si sono sviluppate autono-mamente: la scuola storica marxista di P. Vilar, J. Bruhat, A.Soboul, C. Mazauric, C. Willard, M. Vovelle e altri, i qualihanno al loro attivo seri lavori di storia delle rivoluzioni, distoria socio-economica, di storia del movimento rivoluzionarioe altro ancora.

    Esiste anche lcole des Chartres di Parigi, cio lascuola della critica delle fonti, i cui storici (Ch. Samaran, J.

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    Favier e M. Franois) hanno spesso trattato soggetti tradiziona-li di storia politica.

    Le scuole pi recenti sono quelle di storia delle relazio-

    ni internazionali, che raggruppa i discepoli di P. Renouvin; equella che studia le strutture sociali e i movimenti popolari deitempi moderni, capeggiata da R. Mousnier.

    Tornando allhistoire nouvelle, bisogna dire che im-possibile trovare in questa scuola una concezione dello svilup-po storico e una metodologia di ricerca condivise da tutti i suoiappartenenti. Soprattutto va sottolineata la profonda differenzache esiste tra la cosiddetta terza generazione delle Anna-

    les, iniziata nel 1968-69, al momento della dipartita di Brau-del, e le due precedenti, che vanno dai due fondatori Bloch-Febvre a Braudel appunto. Si potrebbe anzi dire che lhistoirenouvelle vera e propria sia terminata alla fine degli anni Ses-santa, proseguendo quasi unicamente con le opere pubblicateda Braudel, morto nel 1985.

    Nel complesso si pu sostenere che lhistoire nouvelle

    abbia rappresentato la coscienza storica borghese del sec. XX.Come tale essa ha esercitato delle funzioni sociali chiaramentedeterminate: p.es. le Annales dellimmediato dopoguerraebbero molto successo perch la Francia cercava una posizioneculturale che fosse al tempo stesso autonoma dallegemoniaanglosassone e nettamente separata dal Pcf.

    Questa storiografia stata in grado di interagire con lecorrenti pi diverse del pensiero storico e con numerose disci-

    pline (economia, geografia, antropologia storica, psicologiaecc.), appropriandosi di metodologie e concezioni fra lorospesso divergenti: su di essa ad es. hanno esercitato una indub-bia influenza lo strutturalismo, il positivismo, la psicanalisi diFreud, il marxismo, il neo-malthusianesimo ecc.

    Nonostante questo comunque possibile individuarealcuni aspetti dominanti, riassumibili nella concezione dellastoria globale, nella categoria della lunga durata, nella no-zione di fatto storico.

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    Alla fonte della concezione della storia globale sitrovano gli influssi sia del marxismo, sia delle tradizioni sto-riografiche francesi (Voltaire, Guizot, Michelet, Berr ecc.), sia

    delle scienze moderne della natura, specie la fisica quantistica,la biologia, lecologia, la teoria della relativit ecc.Lidea della sistemicit, i rapporti fra sincronia e dia-

    cronia, il concetto di realt spazio-temporale, le leggi dellaprobabilit e della statistica, i legami della funzionalit, il ruolodella discontinuit ecc.: queste e altre nozioni sono entrate nel-la storiografia di questa scuola nel momento stesso in cui sin-vestigava la realt storica e la pratica sociale, lesistenza mate-

    riale, in cui si facevano le scoperte pi importanti nei varicampi delle scienze esatte e naturali.

    Allinizio del XX sec. la storiografia francese predili-geva la storia politica, affrontando le questioni economiche insezioni separate, poich si pensava chesse non riguardasserola storia vera e propria. Gli storici francesi di allora non riusci-vano a vedere la societ come un insieme organico, i cui ele-

    menti, una volta separati, non devono far perdere al ricercatorela consapevolezza dellinsieme.Indubbiamente la concezione di una storia globale

    acquista i suoi fondamenti teoretici e un contenuto storico con-creto negli anni Trenta e in quelli seguenti, grazie ai lavori diBloch, Febvre, Lefebvre, Braudel e altri storici delle Anna-les. Costoro non pretendevano affatto che col concetto distoria globale sintendesse un tutto su tutto, come se fosse

    obbligatorio abbracciare luniverso intero per averne una vi-sione globale.

    possibile vedere globalmente un aspetto o un pro-blema particolare a condizione di non falsificare la vita di tuttala societ, cio a condizione di non spezzare lunit e la conti-nuit della storia. Luomo non pu essere suddiviso in politi-cus, oeconomicus, religiosus... La parola globale stava sem-plicemente ad indicare che la scienza storica deve affrontare lavita delluomo e della sua societ nella sua totalit e comples-

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    sit, senza tralasciare quegli aspetti che pi difficilmente mu-tano col tempo e che pi sembrano intralciare il movimentostorico, come i processi tecnologici, le strutture demografiche

    e mentali ecc.Per histoire globale Braudel intendeva una stratifica-zione della realt storica in molteplici livelli, cio la trasforma-zione della foto in unimmagine in rilievo. Per lui la societ eraun grande insieme composto di diversi insiemi, dei quali ipi noti sono leconomico, il sociale, il politico e il culturale,ciascuno dei quali, a sua volta, si suddivide in altri sottoinsie-mi, e cos via.

    In questo schema - egli diceva - la storia globale (omeglio globalizzante, poich tende a esserlo senza mai poterlodiventare) lo studio di almeno quattro sistemi consideratiprima in se stessi, poi nelle loro relazioni.

    Oltre a ci lhistoire globale anche la consapevolezzache la dinamica dei livelli interconnessi della realt storicaprocede non come un moto uniformemente accelerato in unu-

    nica direzione, ma come un movimento irregolare, strettamentelegato al tempo e alle diverse situazioni.Lhistoire nouvelle era giunta a tali conclusioni non so-

    lo per aver ereditato creativamente la lezione di storici e socio-logi come Guizot, Durkheim, de Tocqueville, Vidal de la Bla-che, Mauss e altri, superando definitivamente il semplicismo ela frammentariet della storia vnementielle dinizio secolo:ma vi era giunta anche per linfluenza che esercitava lautore-

    vole storiografia marxista. Lo dimostra il fatto stesso che lhi-stoire nouvelle ha abbandonato la storia degli eroi e degli av-venimenti sparsi, accettando quella delle masse e dei processidi lunga durata.

    stato proprio linteresse per le masse popolari, stimo-lato dal marxismo, che ha attirato lattenzione sulle loro condi-zioni materiali desistenza, sullo studio della storia socio-economica, che ha contribuito ad alimentare lesigenza di unateoria della storia globale.

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    Ci sembra tuttavia che lhistoire nouvelle non abbia sa-puto trovare una soluzione convincente alla comprensione glo-bale della societ. Le sue concezioni generali della storia spes-

    so risultano eclettiche. Secondo i migliori rappresentanti diquesta scuola, nella storia agiscono una moltitudine di forze edi fattori, capaci di passare luno nellaltro, senza che per sipossa sapere quale sia, in ultima istanza, quello determinante.

    Bench pongano laccento sulle condizioni materiali esulleconomia, essi concepiscono la storia stessa della vita ma-teriale come un aspetto a se stante, piuttosto empirico e pocolegato ai fattori socio-politici e ai conflitti di classe. sintoma-

    tico, ad es., che i rapporti degli uomini nel momento della pro-duzione e i rapporti di propriet vengano quasi completamenteignorati nelle loro trattazioni di storia economica.

    Questi storici sembrano pi essere legati a procedimentidi tipo struttural-funzionale che storico-genetico. Inoltre nonparlano mai dei tradimenti storici della borghesia e preferisco-no prendere in esame pi il passato che il presente.

    Solo verso la fine degli anni Settanta Braudel si convin-se che la produzione giocava un ruolo fondamentale nellacomprensione dei meccanismi storici. Fino ad allora egli avevapensato che nella fondazione di un modello dinterpretazionestorica, universalmente valido nello spazio e nel tempo, il mo-mento della circolazione e dello scambio delle merci dovessenettamente prevalere su quello della produzione.

    Ma questa sua ammissione non stata neppure presa in

    considerazione dallultima generazione delle Annales, cheanzi decise, fatte salve le debite eccezioni, dincamminarsi peruna via completamente diversa, rispolverando classiche tesiregressive e concezioni storiche anteriori alla stessa nouvellehistoire.

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    La filosofia della storia e la Nouvelle Droite

    Un movimento ideologico detto della Nouvelle Droite(ND) apparve in Francia a cavallo degli anni Sessanta e Settan-ta del Novecento. I membri del groupementche si venne a co-stituire (GRECE) si posero lobiettivo di resuscitare la cultu-ra europea. Filosofi, sociologi, giornalisti, medici, pittori, pre-sero parte attiva ai lavori di questo nuovo movimento.

    Naturalmente il GRECE rifiutava lappellativo di nou-velle droite e si dichiarava aperto sostenitore di idee democra-tiche e progressiste. In realt il carattere razzista e sciovinistadella sua ideologia era ben evidente sin dagli esordi. Se ne eraaccorto anche il filosofo cattolico G. Hourdin, che ha parago-nato quegli ideologi ai nazisti.

    Lo stesso Alain de Benoist, uno dei capifila del GRE-CE, dichiar che il loro scopo principale era quello di lottare

    contro il marxismo. E Raymond Aron, il cui parere fino aqualche tempo fa aveva ancora in Francia un certo peso, hascritto che la ND aveva intenzione di togliere alla gauchemarxiste il monopolio del discorso politico.

    Oggi la fondazione riuscita a penetrare negli strati piconservatori della societ francese e, attraverso i media, si stadiffondendo fra le masse, trasformandosi in una solida base i-deologica della moderna societ borghese. Il tentativo quello

    di integrarsi col movimento neoconservatore internazionale,ostile non solo al marxismo ma anche al liberalismo e a qua-lunque corrente progressista.

    Oltre a de Benoist, fanno parte della ND, Ch. Bressoles,H. Gobard, R. de Herte, P. Vial, M. Marmin e altri. La ND e inouveaux philosophes sono apparsi contemporaneamente inFrancia subito dopo gli avvenimenti del 68, ma mentre i se-

    condi vi presero parte attiva, i primi assolutamente no.

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    Tuttavia la critica antisistema della nouvelle philoso-phie era troppo astratta perch pescasse nel vero, e la ND ne haapprofittato. Secondo de Benoist, infatti, non ha senso criticare

    il potere in s o definirlo come il male per antonomasia, inquanto nessuna societ al mondo potrebbe fame a meno. Natu-ralmente de Benoist ha tutto linteresse a qualificare i nuovifilosofi come una corrente di sinistra, ma chiunque si rendefacilmente conto che le idee conservatrici degli uni e le ideeanarchiche degli altri non superano i confini dellideologiaborghese di destra.

    In particolare, le tesi avanzate dalla ND rivestono un

    carattere eclettico assai pronunciato. Vi si mescolano e con-fondono concezioni che appartengono al biologista J. Monod,a filosofi e sociologi come M. Weber, V. Pareto, M. Scheler,F. Tonnies, F. Nietzsche, M. Heidegger, O. Spengler, ecc.

    A sentir questi neoconservatori, le differenze dallavieille droite sembrano essere sostanziali: totalitarismo, nazio-nalismo e provvidenzialismo vengono categoricamente respin-

    ti. Si plaude cio al pluralismo tout azimuts. Senonch attacchivirulenti vengono scagliati persino contro i principi di libert,galitefraternitproclamati dalla borghesia rivoluzionaria edifesi tradizionalmente dalle forze democratiche e di sinistra.

    Proteggere leredit culturale europea per loro significaritornare niente di meno che alle origini pre-giudaico-cristiane,ovvero alle fonti greco-latine e celtico-germaniche, liberandosida ogni dogmatismo. E per far questo occorre, secondo loro,

    una teoria vasta e complessa, che tocchi tutti i campi dellascienza e dellagire umano.

    Tuttavia questi eclettici si preoccupano di dimostrarelineguaglianza delle razze e degli uomini. E lo fanno soffer-mandosi sulle discussioni violente che nel Medioevo avevanodiviso i nominalisti dai realisti. Com noto, i nominalisti rico-noscevano il particolare e rifiutavano il generale, mentre i rea-listi erano su posizioni opposte, cio idealistiche. Marx scrisse

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    che il nominalismo costitu la prima espressione del materia-lismo.

    Anche la ND difende le teorie nominalistiche, ovvia-

    mente non perch s sente materialista, ma perch, a suo giudi-zio, il nominalismo nega luguaglianza delle cose e quindi antitotalitario. Lo stesso Marx viene relegato fra i seguaci delrealismo. Nel Capitale, osserva de Benoist, le parole chiaveusate da Marx (capitalismo, proletariato, operai, borghesia)hanno un valore quasi costante, metastorico, e giocano un ruo-lo paragonabile a quello degli universali nella scolastica.

    Questi idealisti non sospettano neanche lontanamente

    lesistenza di una dialettica fra il particolare e il generale. Pro-prio come i realisti e i nominalisti medievali, tendono ad asso-lutizzare uno dei due elementi dopo averli separati. Il partico-lare - diceva invece Lenin - non esiste che in questo legameche conduce al generale. E il generale non esiste che nel parti-colare, per il particolare. Ogni generale (in un modo onellaltro) particolare. Ogni particolare una particella o un la-

    to o unessenza del generale. Il generale non include che ap-prossimativamente tutti gli oggetti particolari. Ogni particolareentra solo parzialmente nel generale.

    Ma la critica al marxismo non si ferma qui. Il totalita-rismo - afferma de Benoist -, il prodotto dello spirito eguali-tario e, in particolare, dello spirito economico che ne il corol-lario obbligato. Il culto delluguaglianza figlio del culto del-leconomia, ha detto C. Polin.

    Il marxismo insomma sotto accusa perch riduce al-leconomia tutti i fenomeni e i processi del mondo, riduceluomo, che un essere di cultura, a un animale economico.Si dir: niente di nuovo sotto il sole. Da un pezzo si sentonocritiche del genere. E non potrebbe essere diversamente. Ogninuova critica al materialismo storico e dialettico non altroche una rielaborazione riveduta e corretta di critiche borghesiprecedenti. Se questi filosofi studiassero seriamente il mar-xismo, si accorgerebbero che in nessuna opera vi sono affer-

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    mazioni secondo cui le condizioni economiche costituisconolelemento determinante di tutti i fenomeni sociali. La conce-zione materialistica della storia parte soltanto dallidea che il

    modo di produzione della vita reale condiziona il processo del-la vita sociale, culturale e politica.Engels, in alcune lettere degli anni 90, dimostr chia-

    ramente quale ruolo avevano i fattori extra-economici nel pro-cesso storico. La situazione economica la base, ma anchetutto il resto - cos scriveva - esercita la sua azione sul corsodelle lotte storiche e, in molti casi, ne determina in manierapreponderante la forma. Vi insomma anche qui una sorta di

    interazione, allinterno della quale i fattori economici costitui-scono una determinante solo in ultima istanza. Sono proprioquesti fattori che rendono pi importanti taluni aspetti socialiin luogo di altri.

    La ND predica la renaissance della cultura europea, manega lunit della storia mondiale, la quale, pi di ogni altracosa, attesta che in tutte le culture delluomo vi sono determi-

    nati elementi comuni (quella borghese, che presente in tutti ipaesi capitalistici, ne possiede moltissimi).Ma la filosofia marxista evidenzia anche la diversit

    nella storia mondiale. In virt delle specifiche caratteristiche diogni paese e regione, le leggi generali del processo storico vi simanifestano in diversi modi. Pur in presenza di analoghi rap-porti di produzione, la diversit dei fenomeni sociali infinita.

    Al contrario, la ND nega non soltanto lunit della sto-

    ria, ma anche lorientamento della sua evoluzione. A. de Be-noist considera la storia un nonsense, in quanto delle due con-cezioni europee dello sviluppo storico, lineare e ciclica, la pri-ma, che mira a evidenziare la direzione del movimento storicomondiale, rappresenta secondo lui una violazione della libertdi scelta delluomo.

    Ecco qui delineata la classica concezione borghese del-la libert: nessuna decisione a vivere il meglio per tutti, con-forme alle vere esigenze degli uomini, ma pura e semplice pos-

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    sibilit di scelta. Una libert, come si pu vedere, che vuole es-sere libera sia dalla natura che dalla societ: una libert in so-stanza che non esiste. A. de Benoist colloca nella teoria linea-

    re, che egli giudica fatalista, anche il marxismo, il quale, se-condo lui, non terrebbe in alcun conto il ruolo della contingen-za nella storia.

    A. de Benoist e soci hanno praticamente ricondotto lateoria marxista dellevoluzione sociale a una categoria delledottrine finalistiche. Engels, tuttavia, scrisse a questo proposi-to: Non pi della conoscenza, la storia non pu trovare un fi-ne perfetto in uno Stato ideale perfetto dellumanit; una socie-

    t perfetta, uno Stato perfetto sono cose che esistono solo nel-limmaginazione; viceversa, tutte le condizioni storiche succe-dutesi non sono che tappe transitorie nello sviluppo senza finedella societ umana che va dallinferiore al superiore.

    Da questa angolatura risulta evidente che solo la cono-scenza delle leggi dello sviluppo della natura e della societ,solo la loro intelligente applicazione pratica rendono luomo

    veramente libero. Lenin, criticando i populisti che, come laND, ritenevano il determinismo dei fenomeni sociali ostile allalibert dellindividuo, scrisse: Lidea del determinismo, chestabilisce la necessit delle azioni umane e che rifiuta lassurdafavola del libero arbitrio, non abolisce affatto la ragione n lacoscienza delluomo, n la valutazione delle sue azioni. Dun-que, loggettivit determina le azioni del soggetto, maquestultimo, a sua volta, agisce sul corso dei processi oggetti-

    vi.Necessit e contingenza non possono essere separate. A

    certe condizioni la necessit pu mutarsi in contingenza e vi-ceversa. Chi spera di poter avere a disposizione un dogma colquale interpretare, comodamente seduto in poltrona, tutti i fe-nomeni storici e sociali, passati e presenti, perde il suo tempo.

    Marx ha scritto che sarebbe evidentemente molto faci-le fare la storia impegnandosi a lottare con possibilit favore-voli al 100%. Una storia di questo genere per, ove i rischi non

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    giocano alcun ruolo, avrebbe un carattere assai mistico. I casifortuiti rientrano nel processo generale dellevoluzione e si tro-vano compensati da altri casi fortuiti. E tuttavia laccelerazione

    o il rallentamento del movimento dipendono da simili incon-venienti.La filosofia marxista non ama separare il passato dal

    presente e dal futuro. Al contrario, il marxismo sostiene cheogni epoca dello sviluppo dellumanit viene preparata daquella precedente. Proprio lanalisi scientifica di questo statodi cose ha permesso a Marx di elaborare la teoria delle forma-zioni economico-sociali.

    Le simpatie di A. de Benoist vanno ovviamente per laconcezione ciclica, secondo cui la storia non ha n inizio n fi-ne, essendo semplicemente il teatro di un certo numero di ripe-tizioni analogiche.

    Condividendo la tesi dellidealismo soggettivo, i segua-ci della ND si immaginano tutto il processo storico come unflusso irrazionale di avvenimenti slegati fra loro.

    La libert tanto declamata soltanto la libert da ogniresponsabilit per il destino degli uomini. La ripetizione ana-logica (vedi lirrazionalista Kierkegaard) assunta come unpretesto per il proprio disimpegno, come un alibi del proprioconservatorismo.

    Da questo punto di vista la rptition trova la sua ra-gion dessere. Le idee di questi intellettuali non riflettono sol-tanto la profondit della crisi spirituale della societ capitalisti-

    ca, ma rappresentano anche un tentativo di giustificare unaconcezione del mondo unilaterale e autoritaria.

    La filosofia della nouvelle droite risponde dunque agliinteressi dellala pi reazionaria della borghesia. davverosingolare che proprio mentre simpone con vigore lesigenza disuperare le differenze di razza e nazionalit, vi siano correntifilosofiche che teorizzano una direzione opposta, cio laffer-mazione di un libero arbitrio tout prix.

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    Cultura Mentalit Metodo storico

    I

    Lhistoire des mentalits nata presso la nouvellescience historique francese. La mentalit era un concettoche Lucien Febvre e Marc Bloch avevano preso da Lvy-Bruhl, il quale aveva supposto lesistenza dun pensiero pre-logico particolare negli uomini primitivi.

    Tuttavia i due medievisti francesi applicarono il concet-to agli umori, ai modi di pensare, alla psicologia collettiva del-le popolazioni delle cosiddette societ calde, che avevanoraggiunto lo stadio della civilt.

    Il concetto di mentalit suppone infatti la presenza,presso un collettivo avente una medesima cultura, di certimezzi intellettuali o psicologici coi quali percepire e compren-

    dere tutta la realt sociale e naturale, e questo in maniera suffi-cientemente ordinata.Uno dei compiti principali dellantropologia storica

    quello di individuare, nei processi oggettivi, materiali, di unaformazione sociale, quegli aspetti soggettivi che costituisconoil contenuto della coscienza di un collettivo, che porta que-stultimo ad assumere un certo stile di vita e a fare determinatiragionamenti.

    Nellanalisi storica gli aspetti psicologici e culturali ri-vestono molta pi importanza che nel passato, anche perch unaffronto meramente sociologico dei fenomeni storici finiscecol dare una descrizione sommaria dei macroprocessi, sulla ba-se di modelli euristici molto generali e quindi inevitabilmenteastratti.

    Il pensiero storico infatti resta spesso prigioniero dei

    principi espressi dalla storiografia positivista del XIX sec. edegli inizi del XX.

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    Nella sua Introduzione alla storia scriveva Louis Hal-phen: quando i documenti sono muti, la storia tace; quandosemplificano le cose, anche la storia le semplifica; quando in-

    vece le distorcono, anche la storia lo fa. Ecco perch CharlesSeignobos diceva che lo storico deve accumulare quanti pifatti possibile, metterli a confronto tra loro, come fosse un ri-gattiere, dopodich gli sar relativamente facile scoprire quelleleggi storiche che, pur essendo nascoste, li tengono uniti.

    Era il trionfo della storia quantitativa. La verit na-scosta nei testi, quindi - diceva Fustel de Coulange - solo te-sti, sempre testi, nientaltro che testi. Empirismo e accumula-

    zione dei fatti: lermeneutica, per scoprire il loro senso implici-to, veniva dopo.

    Tuttavia questa metodologia non arriv mai a scoprireun senso profondo dei fatti. Lapproccio era troppo sociologi-co-quantitativo per poter arrivare a capire che la concezionedella storia di una determinata civilt costituiva la consapevo-lezza chessa aveva di se stessa.

    I positivisti vedevano il passato come passato. Huizingainvece cominci a chiedersi come costruire un dialogo fecondotra passato e presente, in modo che il passato abbia da direqualcosa di utile al presente.

    E si tratta spesso, in effetti, di un dialogo tra due culturediverse, se non opposte. Non possibile comprendere una cul-tura spogliandosi completamente della propria. Bisogna anziavere consapevolezza della propria diversit.

    M. M. Bachtin diceva chiaramente che nel di