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CASTELLI MEDIEVALI DI SARDEGNA: DATI STORICI E DATI ARCHEOLOGICI La questione dell'incastellamento medievale non sembrava dovere trovare a priori notevoli elementi di risposta sul terreno della Sardegna. La rarità delle fonti documentarie fino al XII secolo, nonché lo scarso numero di insediamenti castrali materialmente conosciuti spiegano senz'altro come mai gli storici non abbiano trovato in questo argomento la materia per affrontare il problema dell'organizzazione del popolamento medievale dell'isola. D'altronde, l'archeologia, naturalmente accaparrata dalle vestigia imponenti delle civiltà nuragica, punica e romana, non si era spinta, fino a una data recente, a prendere in considerazione il Medioevo. L'inchiesta, iniziata nel 1984, della quale ci proponiamo di fare qui un primo bilancio, ha utilizzato i metodi dell'archeologia estensiva per analizzare i diversi tipi di insediamenti fortificati presenti nell'isola. Questa è stata in primo luogo una indagine storica. Nel corso di uno spoglio sistematico delle fonti d'archivio medievali pisane riguardanti la Sardegna, destinato a caratterizzare il dominio pisano nell'isola, si è effettuata una schedatura degli insediamenti umani dove è stata elencata la maggior parte dei siti occupati durante il Medioevo. Si sa che la popolazione sarda è estremamente ridotta in modo permanente, cosa che J. Day ha dimostrato e giustamente definito «sottopopolamento cronico». Questo fatto ha generato una relativa mobilità dell'abitato: durante il Medioevo, come anche in epoca moderna, villaggi scompaiono, altri nascono, si spostano, si concentrano. Si tratta ovviamente di un fenomeno generale, ma che sembra particolarmente accentuato in Sardegna. Il periodo medievale è senza dubbio il momento più favorevole per trattare l'argomento dell'organizzazione del popolamento, in quanto si presenta come una fase di relativa espansione demografica, e dunque di maggiore densità di insediamenti. Da qui la scelta di lavorare a livello dell'isola nel suo insieme, almeno in un primo tempo. All'origine di questa impresa, vi è stata una doppia scelta: effettuare una indagine unitamente storica ed archeologica, e d'altra parte appoggiarsi ad un certo tipo di insediamenti, quelli fortificati. Per lo storico, è difficile restituire la geografia dell'abitato rurale, disponendo di poche fonti poco esplicite, e che fanno conoscere gli insediamenti solo con un nome che, nella realtà, ha potuto materializzarsi in localizzazioni diverse. Per l'archeologo, la raccolta di informazioni materiali sul terreno costituisce un censimento di vestigia di ogni epoca, che può essere utilizzato solo in chiave storica, nell'ambito di una problematica precisamente definita. Uno dei mezzi che consentono di accordare fonti storiche ed archeologiche è un elemento strutturante del paesaggio abitato medievale, come il castello. Il ruolo delle fortificazioni nell'organizzazione dell'abitato è ora sufficientemente riconosciuto per averci condotti a scegliere questa categoria di siti come elemento- chiave per la comprensione delle modalità di insediamento delle popolazioni rurali, nonché dello sfruttamento delle campagne. Le fonti, estremamente poco numerose in generale per quello che riguarda i castelli, sono addirittura assenti prima del XII secolo. Sono composte in questo caso di carte concernenti enti ecclesiastici insediati nell'isola, diplomi pontifici o emananti dalle cancellerie giudicali. A partire dalla fine del XIII secolo, disponiamo di fonti seriali, come i registri di censi, stabiliti per la maggior parte dai Pisani, sia dal Comune, sia da grandi famiglie signorili, fonti che riguardano almeno i tre giudicati di Cagliari, Torres e Gallura, nel basso Medioevo. Senza enumerare la documentazione utilizzata nella sua varietà, si deve fare una menzione particolare delle informazioni fornite dagli storici e "viaggiatori" del secolo scorso, che ci hanno lasciato una gran quantità di dati, atti a guidare l'indagine sul terreno, e hanno contribuito in larga misura a mettere a punto una cartografia degli insediamenti medievali, che costituisce la prima tappa della ricerca. A partire da questa cartografia, abbiamo voluto confrontare questi dati testuali con la realtà materiale per tentare di scoprire gli elementi di strutturazione della rete degli insediamenti. Presentiamo qui alcuni dei primi risultati di questa indagine che, per la sua parte archeologica, è frutto del lavoro di una équipe franco-italiana. Le ricognizioni archeologiche hanno

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CASTELLI MEDIEVALI DI SARDEGNA:DATI STORICI E DATI ARCHEOLOGICI

La questione dell'incastellamento medievale non sembrava dovere trovare a priori notevoli elementi di risposta sul terreno della Sardegna. La rarità delle fonti documentarie fino al XII secolo, nonché lo scarso numero di insediamenti castrali materialmente conosciuti spiegano senz'altro come mai gli storici non abbiano trovato in questo argomento la materia per affrontare il problema dell'organizzazione del popolamento medievale dell'isola. D'altronde, l'archeologia, naturalmente accaparrata dalle vestigia imponenti delle civiltà nuragica, punica e romana, non si era spinta, fino a una data recente, a prendere in considerazione il Medioevo. L'inchiesta, iniziata nel 1984, della quale ci proponiamo di fare qui un primo bilancio, ha utilizzato i metodi dell'archeologia estensiva per analizzare i diversi tipi di insediamenti fortificati presenti nell'isola. Questa è stata in primo luogo una indagine storica. Nel corso di uno spoglio sistematico delle fonti d'archivio medievali pisane riguardanti la Sardegna, destinato a caratterizzare il dominio pisano nell'isola, si è effettuata una schedatura degli insediamenti umani dove è stata elencata la maggior parte dei siti occupati durante il Medioevo. Si sa che la popolazione sarda è estremamente ridotta in modo permanente, cosa che J. Day ha dimostrato e giustamente definito «sottopopolamento cronico». Questo fatto ha generato una relativa mobilità dell'abitato: durante il Medioevo, come anche in epoca moderna, villaggi scompaiono, altri nascono, si spostano, si concentrano. Si tratta ovviamente di un fenomeno generale, ma che sembra particolarmente accentuato in Sardegna. Il periodo medievale è senza dubbio il momento più favorevole per trattare l'argomento dell'organizzazione del popolamento, in quanto si presenta come una fase di relativa espansione demografica, e dunque di maggiore densità di insediamenti. Da qui la scelta di lavorare a livello dell'isola nel suo insieme, almeno in un primo tempo. All'origine di questa impresa, vi è stata una doppia scelta: effettuare una indagine unitamente storica ed archeologica, e d'altra parte appoggiarsi ad un certo tipo di insediamenti, quelli fortificati. Per lo storico, è difficile restituire la geografia dell'abitato rurale, disponendo di poche fonti poco esplicite, e che fanno conoscere gli insediamenti solo con un nome che, nella realtà, ha potuto materializzarsi in localizzazioni diverse. Per l'archeologo, la raccolta di informazioni materiali sul terreno costituisce un censimento di vestigia di ogni epoca, che può essere utilizzato solo in chiave storica, nell'ambito di una problematica precisamente definita. Uno dei mezzi che consentono di accordare fonti storiche ed archeologiche è un elemento strutturante del paesaggio abitato medievale, come il castello. Il ruolo delle fortificazioni nell'organizzazione dell'abitato è ora sufficientemente riconosciuto per averci condotti a scegliere questa categoria di siti come elemento­chiave per la comprensione delle modalità di insediamento delle popolazioni rurali, nonché dello sfruttamento delle campagne. Le fonti, estremamente poco numerose in generale per quello che riguarda i castelli, sono addirittura assenti prima del XII secolo. Sono composte in questo caso di carte concernenti enti ecclesiastici insediati nell'isola, diplomi pontifici o emananti dalle cancellerie giudicali. A partire dalla fine del XIII secolo, disponiamo di fonti seriali, come i registri di censi, stabiliti per la maggior parte dai Pisani, sia dal Comune, sia da grandi famiglie signorili, fonti che riguardano almeno i tre giudicati di Cagliari, Torres e Gallura, nel basso Medioevo. Senza enumerare la documentazione utilizzata nella sua varietà, si deve fare una menzione particolare delle informazioni fornite dagli storici e "viaggiatori" del secolo scorso, che ci hanno lasciato una gran quantità di dati, atti a guidare l'indagine sul terreno, e hanno contribuito in larga misura a mettere a punto una cartografia degli insediamenti medievali, che costituisce la prima tappa della ricerca. A partire da questa cartografia, abbiamo voluto confrontare questi dati testuali con la realtà materiale per tentare di scoprire gli elementi di strutturazione della rete degli insediamenti. Presentiamo qui alcuni dei primi risultati di questa indagine che, per la sua parte archeologica, è frutto del lavoro di una équipe franco-italiana. Le ricognizioni archeologiche hanno

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impiegato tutti i metodi di cui dispone l'archeologo sul terreno, meno lo scavo. Non è qui la sede per esporre le varie fasi della ricerca, nonché i problemi di identificazione e di documentazione inerenti a questi procedimenti. Ci limiteremo a presentare alcuni esempi scelti per illustrare le varie direzioni nelle quali si vanno ordinando i primi risultati di questa indagine.

1. Il primo argomento riguarda la tipologia degli edifici castrali, in quanto possono concorrere a definire le fasi dell'incastellamento sardo. Tra gli insediamenti fortificati così identificati, che per la maggior parte non erano stati finora oggetto di alcuna analisi, in particolare a causa della loro difficile accessibilità, siamo in grado di proporre, se non un vero saggio di tipologia, almeno una prima classificazione. Per quello che riguarda il periodo che si estende dagli inizi del Medioevo fino alla conquista aragonese del 1325, possono essere individuate due grandi categorie di fortificazioni. Si tratta in primo luogo, per ordine di apparizione cronologica, di costruzioni che possiamo qualificare come "autoctone", cioè edificate per iniziativa dei giudici (o re) durante il periodo di indipendenza dei governi sardi: dal IX-X secolo fino alla seconda metà del XII secolo. La seconda categoria è composta da fortezze alle quali potremmo attribuire la qualifica di "coloniali", nella misura in cui la loro creazione è dovuta alle potenze straniere che si insediano nell'isola nel corso del XII e XIII secolo: Pisa e Genova. Questa distinzione non è soltanto di ordine cronologico, legata ai mutamenti generati dagli eventi politici, ma rivela anche un profondo cambiamento nella concezione materiale dei siti fortificati, nonché nel loro rapporto con l'abitato. Per illustrare il primo gruppo, quello dei castelli più antichi, abbiamo scelto come esempio un gruppo di fortificazioni che si caratterizza per una posizione topografica notevole, un aspetto architettonico che lo distingue dai monumenti del pieno medioevo, uno statuto pubblico, nonché alcuni elementi testuali datanti, omogenei. I1 castello «Medusa» ad Asuni (OR) è stabilito su un promontorio scarpato, sito alla confluenza di due corsi d'acqua, isolato al centro di una sorta di vasto canyon. La sua situazione topografica è rimarchevole: sito inaccessibile in posizione di difesa naturale assoluta. La fortezza si estende in lunghezza per cento metri su venti o trenta di larghezza e occupa tutto il rilievo dalle pareti scoscese, con una cinta senza fiancheggiamenti né torri. All'interno si notano tracce di fabbricati, ma senza presenza di un mastio. L'apparecchiatura presenta dei corsi regolari di blocchi squadrati legati di malta dura. C. A. della Marmora segnala la scoperta sul sito di una moneta bizantina d'oro. I1 castello «Serla» a Domusnovas Canales (OR) è sito su una eminenza ben marcata, anche se appare molto meno isolata. La fortificazione presenta vestigia estremamente erose, ma delle quali l'elemento più caratteristico è la cinta muraria, edificata sopra una base di blocchi enormi che fanno pensare ad una costruzione megalitica. Questo sito può essere di origine nuragica (età del Bronzo) o costruito con una tecnica simile. La fortezza «Erculento» sul Monte Arcuentu (OR) è stata elevata in questo caso sulla sommità di una montagna alta 784 m., che. domina gran parte del Sud Ovest dell'isola. Anche in questo caso, la posizione costituisce una difesa naturale inespugnabile: si presenta come un vero "nido di aquila". Anche qui si notano una pianta irregolare, l'assenza di torri, e una muratura in piccoli blocchi regolari. E inoltre da notare l'esistenza di almeno tre cisterne. Se si vogliono riassumere i caratteri comuni di questo primo gruppo di castelli, abbiamo: regolarità della muratura ma non della pianta, situazione topografica di perchement massimo, lontananza dalle vie di comunicazione, assenza di abitato direttamente associato. Abbiamo proposto di interpretare questi castelli, mettendoli in rapporto con le frontiere dei giudicati, come i mezzi materiali sui quali i primi giudici hanno potuto appoggiarsi per conquistare la loro autonomia reciproca. Anteriori al XII secolo secondo i testi, questi edifici sarebbero allora da collocare verso il X secolo. Quello che si può intravedere grazie all'individuazione di questa prima generazione di castelli, è il ruolo che hanno potuto svolgere i castelli nella costituzione degli stati sardi. A1 di sopra di strutture probabilmente in parte antiche, ereditate dall'epoca bizantina, in parte create all'inizio del Medioevo dai giudici (duces) investiti in ciascuna pars dell'isola dell'organizzazione della difesa, questi castelli hanno consentito loro, così pare, di affermare e consolidare la loro sovranità, di trasformare

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dei limiti amministrativi in frontiere di stati. Si tratta di un primo esempio dei risultati che l'indagine archeologica apporta alla risoluzione di uno dei problemi storici più acuti del medioevo sardo, cioè la genesi dei giudicati, ma è solo una ipotesi.

I1 secondo gruppo di edifici che si distacca in modo netto, è quello dei castelli nati dall'iniziativa pisana nel XIII secolo. In effetti, per consolidare il loro dominio che concerne, alla metà del XIII secolo, tre giudicati su quattro, i nuovi padroni dell'isola hanno giudicato necessario edificare nuove fortificazioni. Tra gli edifici inventariati, alcuni criteri consentono di identificare una serie di monumenti come creazioni pisane ex nihilo. I1 primo criterio è l'assenza totale di menzione documentaria prima del XIII secolo, mentre sono attestati in modo quasi costante in seguito, particolarmente nei registri di censi e nei testi statutari pisani. In secondo luogo costatiamo che queste fortezze fanno parte del demanio privato di alcune famiglie pisane, elemento questo che fa supporre che i signori pisani stessi (Capraia, Donoratico, Visconti) abbiano avuto l'iniziativa di farli erigere. Infine è stata notata la posizione geografica di questi castelli, in rapporto ai vasti domini signorili, che si presentano come veri e propri principati pisani nell'isola. Vediamone in breve i principali elementi materiali. In linea generale, si presentano come strutture di pianta regolare, che sembrano corrispondere ad un piano prestabilito. I1 castello «Gioiosa guardia» di Villamassargia (CA) ha nell'insieme una forma rettangolare, anche se disposto su una sommità, e il castello «Orgoglioso» di Sassai (CA) presenta una pianta simmetrica. L'esempio certamente più elaborato è quello del castello «San Michele» a Cagliari, la cui pianta forma un quadrato con torri angolari. L'uso delle piante regolari è senza dubbio un argomento supplementare importante per confermare l'attribuzione al XIII secolo di questa serie di fortificazioni. La presenza di un mastio (donjon) quadrangolare sembra ugualmente una caratteristica propria di questa generazione di edifici. Gli esempi più tipici si incontrano ad «Orgoglioso», e al castello «Goccano» di Burgos (SS), i quali presentano delle piante che si possono paragonare precisamente a modelli continentali, come Ripafratta o Ascianello in Toscana, o Castel Delfino in Liguria. Per quanto riguarda i modi di costruzione, un certo numero di elementi costanti caratterizzano inoltre questo gruppo di castelli. Si tratta in primo luogo della regolarità e della qualità della muratura, come è stato notato a «Gioiosa guardia», o a «San Michele». In quest'ultimo caso, l'uso di una muratura a grandi blocchi squadrati e del bugnato, la scelta della simmetria sono elementi che si accordano con alcune fortezze imperiali d'Italia o alcuni castelli di Filippo-Augusto in Francia. In complesso, si tratta di un insieme omogeneo che da un lato si distingue bene dai castelli "antichi" (fino al XII secolo) e dall'altro anche dai castelli della fine del Medioevo, di epoca aragonese. Questi esempi illustrano alcuni dei primi risultati che si può prefiggere una indagine a tappeto condotta sugli edifici castrali a scala regionale, nel campo dell'identificazione e della classificazione dei siti.

2. I1 secondo ordine di risultati è quello che riguarda la relazione delle fortificazioni con l'abitato.Sembra che non esista in Sardegna quello che ci si accorda di chiamare castrum, e che corrisponde ad un modo di concentrazione della popolazione utilizzando una struttura fortificata. I castelli hanno svolto tuttavia un ruolo importante, anche più vario, negli spostamenti degli abitati. Possiamo prendere come primo esempio lo spostamento, durante l'alto medioevo degli insediamenti costieri, verso siti maggiormente protetti e fortificati, spostamento consecutivo alla minaccia esterna, specialmente araba. Anche in questo caso, la rarità dei documenti scritti impone il ricorso sistematico all'archeologia. Constatiamo in effetti che un grande numero di insediamenti costieri attestati in epoca romana scompaiono nel corso dell'alto Medioevo. Gli 'eredi' medievali di queste città sono localizzati in siti relativamente vicini, ma protetti dalla costa sia da un ostacolo naturale, sia per «perchement». Vediamo alcuni esempi. La colonia romana di Turris Lybisonis (attuale Porto Torres, SS) è sede arcivescovile e capitale giudicale fino alla seconda metà dell'XI secolo. A partire dall'inizio del secolo successivo, la capitale dei giudici di Torres è trasferita ad Ardara: si tratta di uno

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spostamento volontario della sede del potere civile. I1 sito scelto è lontano dalla costa (40 km), in una zona collinare (alt. media 300 m). I resti ancora visibili del castello e l'impronta della cinta del borgo medievale nella struttura urbana attuale ci indicano che delle opere di fortificazione hanno accompagnato lo spostamento verso l'alto. L'antica città punica e romana di Olbia (attuale Olbia, NU) è attestata nel VI secolo come sede vescovile (Fausania). Verso la prima metà del XII secolo i giudici di Gallura si insediano sopra un rilievo nelle immediate vicinanze, ma fuori delle mura antiche, verso Nord Est, accanto alla chiesa funeraria di S. Simplicio. A Nora (com. Pula, CA), città punica poi romana con lo statuto di Municipio, gli scavi archeologici hanno dimostrato che la città situata sulla penisola scompare dopo 1'VIII secolo. Nell'XI secolo, l'insediamento sembra essersi ridotto intorno alla chiesa S. Efisio, situata sull'istmo, nella zona delle necropoli. Lo spostamento dell'abitato verso l'entroterra si accentua in seguito: nel XIV secolo, constatiamo che l'insediamento si è stabilito a Pula, situato a due chilometri verso l'interno, ai piedi di un castello che probabilmente preesisteva e che ha dovuto servire di rifugio. Questi esempi, scelti in una serie molto fitta, dimostrano un movimento assai generalizzato di spostamento e fortificazione durante i primi secoli del Medioevo. In questo movimento, le cause legate alla minaccia esterna sembrano avere un ruolo preponderante, ed è per questo che appare più nettamente nelle zone litoranee. Il secondo esempio riguarda ancora una volta il XIII secolo. Sappiamo che il popolamento della Sardegna è organizzato, fin dall'epoca bizantina, nei quattro giudicati, in divisioni amministrative, le curatorie, una cinquantina circa. Il capoluogo, spesso eponimo, di ciascuno di questi distretti corrisponde al villaggio dove risiedeva il curator. Questa funzione non esisteva più all'arrivo dei Pisani nel XII secolo, e dunque non c'era più un vero e proprio capoluogo nelle curatorie, salvo nei casi in cui si trattava di una capitale giudicale o di una sede vescovile. Ora, constatiamo che da una parte quasi tutte le curatorie comportano, alla fine del Medioevo, un castello nel loro distretto. Ad esempio, questo è il caso, nel giudicato di Cagliari, di 11 curatorie su 15. Per di più, questo castello è generalmente unico nel territorio della curatoria. Inoltre, i registri di censo pisani indicano che sono i castelli ad assumere il ruolo di capoluogo di curatoria: il loro nome, in un gran numero di casi, ha sostituito in questo periodo, per indicare il distretto, il nome dell'antico villaggio dove risiedeva il curator. Si vede abbastanza chiaramente il ruolo che è stato assegnato alle fortezze nuovamente erette dal potere 'coloniale' pisano: accanto al potere civile tradizionale, è stata insediata sistematicamente, nelle curatorie, una sede di potere nuova, rappresentata dal castello. L'esame dei registri di censo pisani mette anche in luce, nella lista degli insediamenti di numerose curatorie, un certo numero di villaggi posti alla dipendenza diretta di un castello. La popolazione di ciascuno di questi abitati è costretta a fornire la guarnigione della fortezza. La ripartizione geografica di questi borghi indica che sono situati intorno al castello, ma non necessariamente all'interno della stessa curatoria. Questa constatazione implica, a nostro avviso, l'esistenza de facto di una specie di territorio castrale, all'interno del quale la popolazione è strettamente controllata e posta alla dipendenza diretta del castello, senza tuttavia essere raggruppata materialmente intorno ad esso. L'esame della situazione sul terreno porta delle informazioni supplementari a sostegno di questa ipotesi. Nel caso del castello di Quirra (CA) contiamo sei abitati aperti che gli sono associati, questa associazione essendo attestata sia dai documenti, sia dalla toponomastica: S. Pietro, S. Elena (Lustincho), S. Niccolò di Quirra, S. Michele S. Barbara (Urlo), S. Maria di Quirra. Questi villaggi tuttavia non sono stati creati, né occupati tutti allo stesso tempo. S. Elena e S. Barbara sembrano i più antichi, comunque anteriori all'erezione del castello da parte dei Visconti di Pisa nel XIII secolo, come indicano i vocaboli delle chiese. S. Niccolò deve essere contemporaneo del castello, se si giudica dall'aspetto della chiesa costruita in mattoni, e dal fatto che il sito porta, nei registri di censi, il nome di villa de Quirra. L'abitato di S. Pietro compare come abbandonato nel 1316, e infine quello di S. Michele sembra di creazione più recente, probabilmente dell'estrema fine del Medioevo. Sul terreno, appare chiaramente che questi villaggi sono collocati tutt'intorno al castello, in posizione pedemontana riguardo alla vallata, e localizzati per la maggior parte sulla strada che vi

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passa. Oggi sono tutti abbandonati, evidenziati da una chiesa generalmente in rovina, circondata da un'area dove si intravedono spesso le tracce di un insediamento. In questo caso lo spazio abitato è organizzato chiaramente in funzione della presenza del castello. Questa situazione, che risale nel suo aspetto definitivo alla fine del Medioevo, è a nostro avviso la conseguenza diretta della costruzione della fortezza da parte dei Pisani in una zona che prima era poco abitata e poco sfruttata. Come conclusione preliminare, si può dire che il sistema castrale organizzato in Sardegna dai Pisani si presenta come un tentativo di modificare sensibilmente l'organizzazione dello spazio abitato. A questo tentativo tuttavia è mancato il tempo per divenire generalizzato e di conseguenza per cancellare l'organizzazione giudicale tradizionale. La conquista aragonese del 1325 ha fatto fallire questo progetto che ci appare a molti riguardi come solo abbozzato. La ricognizione archeologica su vasta scala si rivela dunque essere uno strumento valido per la percezione delle condizioni materiali dell'evoluzione del popolamento, soprattutto se si possono ricollocare i dati che fornisce nel quadro di una più vasta problematica storica. A questo scopo sono stati scelti qui argomenti come l'origine dei giudicati o il dominio pisano sull'isola. I materiali raccolti nel corso delle indagini sul terreno formano ovviamente un insieme numeroso e vario, tra cui molti elementi restano ancora in attesa di una interpretazione soddisfacente. Abbiamo voluto tuttavia presentare, in due casi precisi, alcuni dei risultati che sono stati raggiunti nella comprensione dei fenomeni di mutamenti dell'abitato, in relazione con alcune forme di fortificazione, in una regione dove non si è verificato un vero e proprio movimento di incastellamento*.

JEAN-MICHEL POISSON

Con la collaborazione di Lucia Arcifa, Sophie Dazord, Cinzia Perissinotto, Anna Sereni e Monique Zannettacci.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

A. BAZZANA, Typologie des édifices castraux de l'ancien Sharq-al-Andalus, «Chateau-Gaillard», IX-X (colloque de Durham), Caen, 1982, p. 301-328. A. BOSCOLO, La Sardegna bizantina e alto-giudicale, (Storia della Sardegna antica e moderna 4), Sassari, 1978. J. DAY, Uomini e terre nella Sardegna coloniale, Torino, 1987. J. DAY, Villaggi abbandonati in Sardegna dal Trecento al Settecento: inventario, Paris, 1973. A. F DELLA MARMORA, Itinéraire de l’île de Sardaigne, Torino, 1860. J. M. POISSON, Menaces extérieures et mise en défense des zones côtières de la Sardaigne pendant le haut Moyen Age, in Castrum 3. Guerre, fortification et habitat dans les pays méditerranéens au Moyen Age, Madrid-Rome, 1987, p. 49-58. J. M. POISSON, L'érection de châteaux dans la Sardaigne pisane (XIIIeme s.) et ses conséquences sur la réorganisation du résenu des habitats, «Chateau-Gaillard», XIV (colloque de Najac), Caen (in corso di stampa)

L'indagine è stata organizzata dall'Ecole Française de Rome e dall'URA 1000 du CNRS (Lyon), in collaborazione con la Cattedra di Archeologia medievale dell'Università di Cagliari (Prof. L. Pani Ermini), con l'appoggio della Soprintendenza per i Beni Architettonici (Arch. L. Segni Pulvirenti), e la Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari ed Oristano (Prof. V. Santoni). Hanno partecipato inoltre alla ricerca: F. Bosman, G. Caria, A. Manca, P. Rétheré, F. Robert, P. Spanu e R. Tedde.