camerino : notizie storiche sui monumenti
DESCRIPTION
Notizie storiche su Chiese, Monumenti e Palazzi della città di Camerino. Le notizie sono tratte dal sito ufficiale del Comune di CamerinoTRANSCRIPT
Notizie sulle Chiese e sui Monumenti di Camerino
estratte dal sito ufficiale del Comune
La Cattedrale - Santa Maria Maggiore
Il terremoto del 1799 colpì seriamente la Cattedrale, che subì un grave
crollo. Per calcolare i danni e progettare un´opera di ricostruzione fu invi-
ato da Roma Andrea Vici, primo architetto della Rev. Fabbrica di San Pietro
e allievo del Vanvitelli. Il Vici, accertata la necessità di ricostruire
l´edificio, elaborò tre progetti di riedificazione. I primi due (uno che pre-
vedeva una chiesa a tre navate e l´altro a navata unica), ancora legati a
forme barocche, avrebbero salvato le parti superstiti della Cattedrale, co-
me il coro, le sagrestie, la facciata, il campanile e le cappelle rimanenti,
mentre il terzo progetto, approvato con risoluzione capitolare il 6 luglio
1800, presumeva invece una completa ricostruzione della chiesa, a croce
latina, con un asse longitudinale più lungo rispetto alla precedente. La
nuova chiesa presentava un´unica navata ed intercolumni a simulare delle
piccole navate laterali con grande presbiterio e coro, salvando solo parzial-
mente le parti superstiti. Lo schema interno risultava quindi più fisso e ri-
gido rispetto alla chiesa precedente, ma molto regolare, con le cappelle,
tre per lato, di identiche dimensioni e forma (ad evitare il frastagliamento
spaziale precedente) e il ritmo ripetitivo delle colonne con capitelli corinzi
(due in corrispondenza di ogni cappella scandita ed individuata da grossi
pilastri) a cadenzare lo spazio, mentre un alleggerimento si otteneva solo
nelle due cappelle del presbiterio, caratterizzate da angoli smussati. Un
altro problema che il Vici dovette risolvere fu quello di accontentare le ri-
chieste del vescovado, che avrebbe voluto la facciata della chiesa perpen-
dicolare a quella del Palazzo Vescovile e quindi parallela a quella del lato
opposto dello stesso con un portico antistante alla chiesa che fosse una
continuazione di quello del palazzo. La pianta della chiesa venne quindi
spostata verso nord-est con un conseguente ampliamento della piazza, an-
che se la proposta originaria formulata dal Vici, bocciata alla fine del 1805,
prevedeva una rotazione dell´asse della chiesa di 90° con la facciata af-
frontata al Palazzo ducale. Si decise quindi per la completa demolizione
delle strutture rimanenti in modo da dare inizio immediato ai lavori, che
però furono interrotti dall´arrivo dei francesi nel 1807. Alla morte del Vici,
nel 1817, i lavori proseguirono sotto la guida dell´ingegner Clemente Fol-
chi, suo genero, che fu libero di modificare ben poco, visto che la chiesa
sotterranea e le fondamenta della superiore erano già pronte. Il suo inter-
vento andò comunque a modificare la cappella del Santissimo Sacramento,
la quale, ideata a pianta semicircolare, si distinse dalle altre per volere
del vescovado. Nel 1823 una parte della chiesa era già messa in funzione,
pur mancando ancora molto alla conclusione dei lavori, e soprattutto della
facciata. Il Vici aveva già presentato per la facciata un disegno (con pro-
spetto a quattro colonne, frontone e attico sovrapposto), che però non
piacque al Folchi, il quale ne progettò altri tre, rifiutati, comunque, dai
canonici perché non rispondenti alle loro precedenti richieste. La facciata
attuale, caratterizzata da due tozzi campanili, è molto pesante e appiatti-
ta (risultando una continuazione degli altri porticati del Palazzo vescovile)
e contrasta fortemente con lo slancio verticale dell´interno, che presenta
la navata centrale inondata di luce. L´apertura ufficiale al pubblico risale
all´8 settembre 1832. L´interno è maestoso, specie nella navata centrale,
divisa dalle cappelle laterali da quattro pilastri, movimentati grazie
all´inserimento in quattro nicchie di statue dei santi Pietro, Paolo, Leonzio
e Ansovino (una per ciascun pilastro e rivolte verso la navata centrale), e-
seguite da Giuseppe Mazzanti di Cingoli, e intervallati da coppie di colonne
in corrispondenza di ogni cappella. I cornicioni sono modanati e sorretti da
fitte mensoline, mentre gli stilobati e le zoccolature di calcare rosso scan-
discono il ritmo in alternanza al bianco della pietra. Sono da ammirare,
all'interno e nelle sagrestie, pregevoli esemplari della scultura lignea poli-
croma del '200 (Crocefisso) e del '400 (Madonna della Misericordia) oltre a
interessanti tele di pittori di maniera del '600.
Basilica di San Venanzio
Proprio nei decenni successivi alle distruzioni risalenti al sacco svevo si col-
loca un´intensa attività costruttiva della chiesa, durante la quale viene an-
che ricostruito il mausoleo del santo in tre ordini sovrapposti, alcuni ele-
menti della facciata e il portale, da collocare tra la fine del ´300 e il 1412,
data di un documento di pagamento di due statue con l´Angelo annuncian-
te e la Vergine annunciata da collocare ai lati del portale, che ormai era in
via di completamento. Un altro momento di rinnovamento si ha in epoca
rinascimentale, soprattutto per ciò che riguarda la facciata, il portale del-
la sagrestia, commissionato a Polidoro di Stefano da Perugia, e il timpano,
che si presenta ora con l´iscrizione mutila "Iulii Caesaris auspicio pinnacu-
lum templi positum fuit anno MCCCCLXXX", riferita al pinnacolo crollato
durante il terremoto del 1799. Risale, invece, al 1558 la sistemazione del
coro, durante la quale viene ritrovata la cassettina con le reliquie del san-
to all´interno del mausoleo. Pur mantenendo la struttura gotica del presbi-
terio, su commissione del cardinale Mariano Pierbenedetti, alla fine del
Cinquecento, viene distrutta l´abside medievale con lo scopo di ampliarla,
su probabile disegno di Domenico Fontana, e si ottiene una cripta sotto il
presbiterio dove è incluso il mausoleo del santo. All´epoca barocca risale
la cupola emisferica, iniziata nel 1673 e terminata nel 1677 dall´architetto
Bernardino Bianchini di Camerino, poi ornata di dipinti. Il terremoto del
1799 distrusse parzialmente la chiesa, sebbene le strutture principali rima-
sero intatte. La facciata gotica, in gran parte conservata, è scandita in tre
zone da ampie lesene, con un portale con ampia strombatura ad arco a
tutto sesto, impostato su pilastri che recano decorazione fogliacea e colon-
nine tortili alternate a tralci di vite, mentre sugli stilobati e tutto intorno
si ha una centina di marmo bianco intarsiata di pietre dure in parte aspor-
tate. L´architrave è ornato con un fregio col Cristo e gli Apostoli e nella lu-
netta domina la Madonna col Bambino al centro e San Porfirio a sinistra,
(statue attribuite alla scuola di Giovanni Pisano da Lionello Venturi, che as-
simila il portale a quello del Palazzo dei Priori di Perugia), mentre la statua
di San Venanzio si è persa. Risalgono, invece, alla fine del XV secolo la ri-
quadratura orizzontale del portale, il rosone, che conteneva i simboli dei
quattro Evangelisti, abbattuti nel terremoto e conservati in frammenti nel-
la sagrestia, il timpano e i leoni, simboli del potere guelfo, posti sopra alle
mensole, davanti alle due grandi lesene, opera di Polidoro di Stefano da
Perugia che li eseguì tra 1476 e 1477 e commissionati dal priore della chie-
sa Ansovino di Angeluccio Baranciano de´ Pierleoni e da Giulio Cesare da
Varano, signore di Camerino. L´interno, a croce latina, è quindi ricostruito
in pieno stile neoclassico, diviso in tre navate da due ordini di colonne a
base attica e capitello corinzio a sostenere un´architravatura rettilinea. La
copertura è a volta a botte nella navata centrale, con una serie di cornici a
stucco a formare delle riquadrature che scandiscono il ritmo man mano
che si avanza verso il presbiterio, mentre le navate laterali sono coperte
da soffitti cassettonati riquadrati, in un insieme di grande equilibrio e pro-
porzione. L´illuminazione è data dall´apertura di sei grandi finestroni nella
volta a botte centrale, tre per lato, e da due finestre affrontate per cia-
scun braccio del transetto e nell´abside, mentre la cupola, fonte di illumi-
nazione principale, è costruita in perfetta semicircolarità. Ad un forte e-
quilibrio interno, quindi, per il quale il modenese Luigi Poletti (architetto a
cui venne affidato il progetto di ricostruzione dopo il terremoto del 1799),
era stato libero di organizzare al meglio lo spazio, non corrisponde una fe-
lice soluzione all´esterno, dove, invece che mantenere gli elementi
strutturali gotici, ben risparmiati perché cari alla comunità camerinese,
impone la sua facciata con pronao esastilo e frontone e modanature classi-
che. Nei suoi disegni il Poletti aveva anche previsto, col fine di ottenere la
massima simmetria, il rifacimento del secondo campanile, che però è rima-
sto incompiuto. Nella cripta l´altare è costituito dal Sarcofago di San Porfi-
rio, del II secolo d. C., sarcofago romano in marmo bianco realizzato per
contenere le reliquie di San Porfirio, martire nel 253 d. C., e decorato tra
la fine del XIII e l´inizio del XIV secolo su un lato a fingere un tempietto
gotico. L´epigrafe, che si trova sul lato addossato al muro, è stata abrasa e
si leggono solo D. M. (Dis Manibus). Al di sopra di questo sarcofago, soste-
nuta da quattro grifoni accovacciati in marmo nero nei quattro angoli, è
collocata l´arca di San Venanzio, attribuita da Venturi ad artista toscano,
costruita in calcare con colonne tortili sotto Berardo da Varano (1310-
1327), che custodisce l´urna con le reliquie del martire, in legno ricoperto
da lamine d´argento, decorata con graffiti raffiguranti episodi della sua vi-
ta, databile tra X e XIII secolo. La cripta conserva anche un´edicola ricca-
mente decorata con cornice a candelabri, forse opera di Rocco da Vicenza.
La statua argentea del Santo fu fatta fondere dal vescovo Francesco Vivani
nel 1764 e donata con sei candelabri d´argento.
Santa Maria in Via
L´attuale chiesa fu costruita con progetto di Andrea Sacchi sull´area della
precedente, di un oratorio, della canonica, di altre case acquistate dal
card. Angelo Glori, tra il 1639 e il 1642. Nel 1643 accolse l´immagine. Fu
consacrata nel 1654. La pianta ha forma ellittica: sull´asse maggiore, m.
28, il. presbiterio e un´esedra con la porta di fondo al lato opposto;
sull´asse minore si aprono quattro cappelle semicircolari e due porte late-
rali. Ai due localini che fiancheggiano l´ingresso, il battistero a sinistra e la
cappella del Crocifisso a destra, corrispondono ai lati dell´abside
l´oratorio della confraternita e la sagrestia dalla quale si accede
all´edicola della Vergine, aperta, sulla chiesa. La volta in mattoni, abbat-
tuta dal terremoto del 1799, fu sostituita dal tetto a capriate, invero trop-
po alto sul timpano, e dalla volta in camorcanna ribassata ed indipenden-
te. L´esterno, in mattoni, è ovunque assai semplice; la facciata, a due pia-
ni sovrapposti, è divisa, verticalmente da paraste. Il portale e ´architrave
poggiano su due stipiti; il timpano, a corda, e qualche altra decorazione, è
in pietra arenaria, qua e là malamente sostituita da cemento. L´interno
presenta sostanzialmente l´aspetto architettonico primitivo, raccolto e ar-
monioso, e la decorazione del secolo scorso: le pareti a finto marmo con
policromia un po´ esuberante portata a termine dall´Adami di Roma e dal
Ferranti di Tolentino nel 1896; il complesso scenografico dipinto sulla volta
dal decoratore camerinese Giuseppe Rinaldi, detto lo Spazza, illustra vita
e misteri di Maria; più accademica la decorazione del presbiterio di Orazio
Orazi, altro pittore cittadino, anche se narra con figure ancora riconoscibili
della Camerino ultimo ottocento l´arrivo da Smirne dell´immagine e la sua
incoronazione. La critica ha precisato l´epoca della tavola (1265-75),
l´origine umbro-marchigiana e ha chiamato convenzionalmente Maestro di
Camerino l´ignoto autore al quale si attribuisce anche la Madonna in Provi-
dence della Fogg Art Museum presso l´università di Harvard a Cambridge.
Un restauro del 1973, ha consolidato il legno, fermata la superficie pittori-
ca, rinnovata la policromia offuscata da spessa patina di fumo e di sudicio.
La Vergine è ripresa in aspetto rigido, ieratica solennità, bizantina trascen-
denza. Al di là del totale immobilismo e della impeccabile simmetria com-
positiva; il disegno è sottile, le immagini nobili, gli sguardi profondi,
l´abbraccio materno. I colori vanno dal chiaro al giallo, dall´azzurro al ros-
so; il fondo è argentato con doratura a "mecca", la corona del capo a lu-
netta. Finissima l´Annunciazione della base nella quale le figure, che si mi-
surano in uno spazio architettonico ben delineato, accennano a movimento
ed esprimono sentimenti raccolti e profondissimi. La scritta a caratteri go-
tici precisa il tema della composizione: "Virgo parit Christum velut angelus
intimat ipsum". Nella cappellina di destra dell´esedra, ove una volta era la
tomba del cardinale Giori, si venera il Crocefisso con il quale nel 1750 San
Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, benedisse il popolo di Cameri-
no a coronamento di una missione. Proviene dalla cappella Strada di Beldi-
letto. Pur in carta pesta è molto espressivo. Il cardinale Giori provvide ad
ornare le quattro cappelle con dodici tele di "pittori celebri", tre per ogni
cappella: uno sopra l´altare, il migliore, e due ai lati. In realtà si tratta
quasi sempre di copie, anche se di buona fattura. Sull´altare della prima
cappella a destra i Santi Francesco di Sales e di Paola sono del Sacchi, co-
me forse i santi della cappella di fronte; nella seconda campeggia una re-
plica dell´Arcangelo. Michele del Reni. Nella cappella di fronte, la Flagel-
lazione, forse la tela migliore, è di un caravaggesco. Al Valentin di Boulo-
gne appartengono due tele, restaurate nel 1973 e conservate in sacrestia:
San Giovanni Battista e San Girolamo fatte fare per essere collocate "sopra
li portali" delle due sacrestie. I motivi opposti, il vecchio e il giovane, sono
cari ai caravaggeschi; lo studio dei modelli e l´analisi psicologica si unisco-
no nell'impaginazione larga e nobile di spirito classico. I colori trasparenti
e la leggerezza pittorica propongono una data attorno al 1628-30; la so-
brietà monumentale, la patina melanconica delle figure e il denso cromati-
smo collocano le due tele tra le opere più poetiche del sempre più stimato
pittore. Nell´oratorio della confraternita, insieme a sette apostoli molto
vicini all´opera dei Sacchi ed altre tele, il Sant´Andrea è antica copia da
Simone Vouet, studioso vigoroso e naturalistico dalla testa modellata e ac-
curatamente eseguita. La chiesa è stata duramente colpita dal terremoto
del 1997 e dopo i lavori di consolidamento e restauro è stata riaperta al
culto nel settembre del 2006.
Chiesa di San Filippo Neri
I Filippini ebbero tra il 1588 e il 1591, sotto la guida di ms. Angelo Mat-
teucci, la loro prima sede a Camerino nella chiesa cinquecentesca di Santa
Maria delle Carceri, poco fuori delle mura, per poi spostarsi in città nella
chiesa di San Giovanni in Pescheria. La congregazione camerte fu ricono-
sciuta nel 1600 con un breve papale di Clemente VII e fu oggetto di molte
donazioni durante tutto il Seicento. Il 24 aprile 1733 fu approvato il pro-
getto di costruzione di una nuova chiesa nel centro della città, ideata dal
luganese Pietro Maria Loni (che si sostituisce al camerinese Liborio Raspan-
tini e che a pochi anni di distanza progetta anche la chiesa filippina di Fa-
briano) e realizzata da Domenico Cipriani da Cesena. Il 5 ottobre 1734 la
chiesa era già giunta a copertura, tanto che il 20 maggio 1735 si può dare
inizio alle decorazioni interne, mentre risale al 25 maggio 1740 la consegna
della pala eseguita dal Tiepolo. Nel 1746 fu innalzato il campanile, che
crollò col terremoto del 1799, mentre con l´intervento di Clemente Moghi-
ni si ha la conclusione dell´edificio, con la costruzione della facciata a due
ordini. La fascia superiore della facciata, culminante in un timpano centi-
nato ad arco ribassato e corrispondente alla larghezza della navata centra-
le, è raccordata a quella inferiore, divisa in tre campate da paraste binate,
tramite delle volute che vanno a poggiare sui pilastri angolari. Il prospetto,
in rosso laterizio su uno zoccolo di calcare bianco, con una bicromia che
ricorre in tutta la facciata (anche a sottolineare gli altri aspetti decorativi
delle basi e dei capitelli ionici delle paraste, dei portali e delle urne del
coronamento), è in equilibrio tra tendenze ancora barocche ed
un´allusione al classicismo (che si stava diffondendo con l´opera del Vanvi-
telli), i cui richiami sono ben visibili nell´interno, con una navata ad ellissi
allungata e il presbiterio dominato dall´altare della SS. Trinità. Due grandi
cappelle laterali, profonde quanto il presbiterio, tagliano in due la chiesa
che risulta così modificata in una chiesa a pianta centrale, con l´aggiunta
di una profonda abside introdotta da un maestoso arcone trionfale strom-
bato. Alle due grandi cappelle centrali della navata se ne affiancano altre
due per ciascun lato, comunicanti con la centrale, in modo da dare grande
respiro spaziale al centro dell´edificio. La prima cappella di destra conser-
va un San Pietro piangente, copia, forse di mano di Bartolomeo Gennari,
dall´originale del Guercino del 1639 conservato ad Edimburgo nella Natio-
nal Gallery of Scotland (del quale esiste un´altra copia al Museo di Palazzo
Venezia a Roma), e donato nel 1744 da Camillo Matteucci, in memoria del
padre fondatore Angelo Matteucci. La seconda cappella, dedicata a San Fi-
lippo Neri, conserva il capolavoro del Tiepolo, descritto in seguito più det-
tagliatamente, mentre nella terza cappella di destra si ha una tela con
l´Educazione della Vergine dello jesino Luigi Domenico Valeri. Nella prima
cappella a sinistra si conserva, invece, un Crocifisso, mentre nella seconda
una Deposizione dalla croce di Anonimo e nella terza una Morte di san Giu-
seppe sempre di mano del Valeri, a fare pendant all´Educazione della Ver-
gine, collocata nella cappella opposta. La pianta della chiesa si distacca in
modo significativo dalla comune tipologia delle chiese filippine delle Mar-
che e i precedenti di questo modello si possono identificare nella chiesa di
Sant´Alessandro a Milano di Lorenzo Binago e San Carlo ai Catinari di Rosa-
to Rosati.
Convento di Renacavata
Desiderosi di poter condurre una vita più ispirata alla regola di San France-
sco e alla sua originaria intenzione, i due frati, seguiti poi da numerosi al-
tri, chiesero alla Santa Sede di legittimare il loro desiderio di vivere una
"vita eremitica" improntata ai primitivi modelli francescani, e dopo non po-
che difficoltà, grazie anche alla duchessa, riuscirono ad ottenere da papa
Clemente VII la bolla "Religionis Zelus" (3 luglio 1528), che gli concedeva di
vivere secondo la loro ispirazione, sancendo di fatto la nascita di un nuovo
ordine francescano, accanto a quelli già esistenti dei Frati Minori Osservan-
ti e dei Frati Minori Conventuali. Tra i primissimi nomi dell´ordine troviamo
quello di "frati minori della vita eremitica", dove per "eremitica" si inten-
deva un modo di vivere la Regola del poverello di Assisi alla luce del suo
Testamento, in luoghi semplici e ritirati, ma non inaccessibili, vivendo in
grande povertà, predicando la buona novella e assistendo i bisognosi. I pri-
mi cappuccini cercavano così di mettere in pratica l´esempio dell´assisiate
e dei suoi compagni, il cui ideale era di vivere appartati, come Gesù e gli
apostoli sul monte Tabor, per infiammarsi dell´amore di Dio nel silenzio
contemplativo della preghiera, per poi scendere a valle ad accendere dello
stesso fuoco della carità popolo di Dio, in una armoniosa sintesi di vita con-
templativa ed attiva. Il nome "cappuccini" nascerà pochi anni dopo
l´approvazione della bolla: i bambini di Camerino, luogo di nascita
dell´ordine, così appellavano i primi frati per la foggia del loro cappuccio
tipicamente a punta come era stato quello di Francesco. Questo gioviale
modo di chiamare i frati passò subito ad indicare l´intera congregazione,
che divenne dei "Frati Minori Cappuccini". Non molto sappiamo circa i primi
sviluppi del convento e della chiesa di Renacavata. La struttura fu donata
dalla duchessa di Camerino verso il 1529, ed è probabile che lei stessa,
verso il 1540, abbia arricchito l´altare della piccola cappella con la prezio-
sa maiolica di Santi Buglioni, raffigurante una "sacra conversazione" tra la
Vergine con bambino e i santi Francesco e Agnese. L´iconografia rimanda
direttamente al cuore della spiritualità francescana: da una parte leggiamo
il riferimento al mistero dell´incarnazione del Verbo (la Vergine con il
bambino), dall´altro quello alla Passione, con la presenza di Francesco
stimmatizzato e di Agnese, che nel nome stesso e nel tenero agnellino che
porta in braccio allude al mistero sacrificale del Cristo. Da notare che il
santo di Assisi viene qui raffigurato per la prima volta con il saio cappucci-
no e la lunga barba, emblema, quest´ultima, della vita eremitica. La chie-
sa ebbe una seconda dedicazione nel 1663 alla "Purificazione di Maria", ti-
tolo che tutt´ora mantiene, e fu arricchita di un altro altare dedicato a
San Serafino da Montegranaro, forse in occasione della sua canonizzazione
nel 1767. Da questo primo convento l´Ordine si estese ben presto in tutta
Italia e successivamente in tutto il mondo, accogliendo chiunque Dio chia-
masse a seguire più da vicino la strada tracciata da Francesco, fino ad arri-
vare ai nostri giorni. E oggi proprio qui a Camerino i frati continuano a vi-
vere secondo il modello del serafico padre e dei primi fondatori
dell´ordine, seguendo le orme del Cristo obbediente, povero e casto, tra-
smettendo alle nuove generazioni la fiamma del carisma francescano-
cappuccino, in modo particolare qui grazie al Noviziato, che da secoli con-
tinua ad aver sede in questo convento.
Convento di san Domenico
Le opere ivi contenute vanno dal XIII al XIV secolo e comprendono in primo la quadreria
settecentesca dei Da Varano di Ferrara con dipinti raffiguranti vari esponenti della fa-
miglia, a queste si sono aggiunte varie opere provenienti in gran parte dalla confisca
dei beni ecclesiastici dopo il 1860. Vanno ricordate opere di Olivuccio di Ciccarello, Co-
la di Pietro, Arcangelo di Cola. Al piano inferiore del convento è allestito il museo civi-
co archeologico dotato di importanti reperti databili dal neolitico al medioevo di diver-
sa provenienza
Monastero di Santa Chiara
La storia del Monastero è da sempre legata al casato dei Varano, e prende
l´avvio dalla decisione di Giovanni Varano, nonno di Camilla, il quale, du-
rante i lavori di ristrutturazione delle mura cittadine, pose a custodia delle
porte della città alcune comunità religiose. Per questo motivo il 18 luglio
1384 istituì il Monastero di Santa Maria Nova - che solo successivamente fu
dedicato a S. Chiara - affidandolo a 12 monaci olivetani.
Successivamente Giulio Cesare Varano farà trasferire i monaci per dare ini-
zio ai lavori di ampliamento di quel Monastero che avrebbe ospitato la fi-
glia prediletta, ormai lontana dal suo sguardo paterno perché entrata a far
parte della comunità delle clarisse in Urbino. Il 4 gennaio 1484, infatti, in-
sieme ad altre otto Sorelle provenienti dal Monastero di Urbino, Camilla
Battista torna a Camerino, in obbedienza al Santo Padre. E sarà proprio lei
a dare lustro al Monastero - del quale fu abbadessa per parecchi anni - ve-
dendolo prosperare con l´arrivo di molte giovani desiderose di camminare
nella via del Vangelo, seguendo fedelmente la forma di vita di Chiara
d´Assisi. I suoi scritti mistici e la sua straordinaria esperienza umana e spi-
rituale, attirarono su di lei l´attenzione di chi, in quel tempo di fermento
e di ricerca di autenticità, voleva vivere con radicalità il Vangelo. Però,
nella sua qualità di figlia del signore del luogo, Camilla Battista subì anche
le conseguenze delle dolorose vicende che coinvolsero la sua nobile fami-
glia. Nel 1502, quando Camerino fu assediata dalle truppe di Papa Alessan-
dro VI, la Beata dovette fuggire da Camerino. Cercò rifugio a Fermo, ma
dovette proseguire per Atri, nell´allora regno di Napoli. Qui apprese la do-
lorosa notizia del massacro del padre e di tre fratelli. Essa poté far ritorno
a Camerino solo nel 1503, con la restaurazione del governo dei Varano, do-
po la morte di Alessandro VI. Inviata da Papa Giulio II nel 1505 al Monastero
di Fermo per ristabilirvi la regolare osservanza, ritornò a Camerino un paio
d´anni dopo. Nel 1522 si recò, per lo stesso motivo, anche al Monastero di
San Severino Marche. Morì il 31 maggio 1524, probabilmente di peste. Il
Monastero da lei fondato attraversò vicende molto dolorose: alcune epide-
mie di peste, con molte vittime, tra cui la stessa Beata. Successivamente,
nel 1799, un violento terremoto distrusse quasi totalmente chiesa e mona-
stero. Nel 1808 il Regio Demanio prese possesso del monastero, permetten-
do alle Sorelle di abitarlo, ma nel 1810 la comunità venne sciolta, e poté
ricostituirsi solo dieci anni dopo. Mentre fino ad allora si era osservata la
povertà assoluta della Regola di S. Chiara, per sollevare l´estrema miseria
in cui le Sorelle erano venute a trovarsi, il Papa Pio VII volle dotare il mo-
nastero di beni stabili che furono, però, nuovamente usurpati dall´autorità
civile nel 1861. Nel 1866 le clarisse ricevettero l´intimazione di lasciare il
monastero per potervi collocare un ricovero e una scuola di ostetricia. Si
ritirarono in pochi locali, cedendo i rimanenti al municipio. Nel 1896, le
Sorelle riuscirono a stipulare regolare contratto di compravendita con il
sindaco, ritornando così in possesso del loro Monastero. Durante la guerra
1915-18 il Monastero fu sequestrato e adibito a ospedale militare. Le Sorel-
le dovettero temporaneamente trasferirsi nel Monastero di S. Salvatore,
ove rimasero dall´ottobre del 1917 al marzo del 1919. In questa lunga ca-
tena di contrarietà e disavventure, non mancarono parentesi di serenità e
di vera esultanza con le visite al Monastero di ben due Pontefici: Gregorio
XVI il 6 settembre 1841, e Pio IX l´11 maggio 1857. Il primo accolse bene-
volmente le istanze delle Sorelle al fine di ottenere il riconoscimento del
culto alla Beata Battista e due anni dopo, il 7 aprile 1843, egli appose la
firma al Decreto di Beatificazione, concedendo in suo onore l´Ufficio e la
Messa. Pio IX venerò le sue spoglie e concesse l´indulgenza plenaria nel
giorno della festa, il 2 giugno. L´autografo del Papa e la penna di cui si
servì per stilarlo, sono conservati nel museo annesso al Monastero. Anche
Paolo VI, quando ancora era il Card. Battista Montini, venne in visita alla
beata, sua protettrice, con un gruppo di giovani della FUCI. Segnarono mo-
menti di grande gioia anche le visite di diversi Ministri Generali
dell´Ordine: P. Luigi Da Parma, P. Serafino Cimino, P. Leonardo Maria Bello
e, da ultimo, quella di P. Josè Rodriguez Carballo. Altrettanti anelli d´oro
nella storia del Monastero furono pure le tappe del culto della Beata Batti-
sta, delle quali oggi anche noi siamo testimoni. Il processo di canonizzazio-
ne, introdotto nel 1879, nel 2005 ha visto concludersi l´iter di approvazio-
ne fino ad arrivare al 12 luglio 2007 con la chiusura del processo diocesano
per l´approvazione del presunto miracolo. Il 18 giugno 2009, la commissio-
ne medica vaticana ha dichiarato inspiegabile il miracolo dal punto di vista
scientifico. Ora attendiamo il concistoro con il quale il Papa apporrà la fir-
ma definitiva per la canonizzazione. Oggi la comunità conta 5 Sorelle, di
cui una novizia, tre delle quali provenienti dal Monastero di San Severino
M. dal 21 novembre 2004, per rifondare la fraternità numericamente assai
ridotta, per seguire i lavori di ristrutturazione del Monastero e della Chiesa
danneggiati dal terremoto del 1997, ma soprattutto per mantenere vivo il
culto alla Beata Camilla Battista Varano ed essere una presenza e una te-
stimonianza autentica della bellezza di appartenere a Cristo, povero e cro
Oratorio di San Govanni Decollato
Stile Rinascimentale
Proprietá Comune
La chiesa, non certa nella data di fondazione, dovrebbe essere della fine
del '400 o dei primi del '500; era della Confraternita della Misericordia che
assisteva i condannati a morte. Nel 1592 fu ceduta dalla Confraternita ai
primi filippini che la utilizzarono come oratorio e successivamente ingloba-
ta dal complesso monumentale comprendente sia la chiesa di San Filippo
che il convento. Nell' '800 seguì la sorte di San Filippo e quindi fu devoluta
al demanio. Architettonicamente l'oratorio presenta una pianta ellittica e
l'altare centrale di fattura cinquecentesca.
Santuario di Maria Madre della Misericordia di Capolapiaggia
(Loc.tà Capolapiaggia)
Questa chiesa é nota soprattutto perché conserva al suo interno la
"Madonna della Misericordia" proveniente dal santuario di Santa Maria di
Pielapiaggia, oggi casa privata.
Tempio Ducale dell’Annunziata
Secondo un racconto leggendario, il tempio della SS. Annunziata sorse al
posto di una chiesina e di un ospedaletto più antichi, intitolati a S. Maria
de´ Vignali, nei cui paraggi si sarebbe posata una piccola icona mariana
scappata da casa di un bestemmiatore: di qui il titolo di ´Madonna della
bestemmia´ riservato poi all´immagine, risalente credibilmente all´inizio
del XV sec. e raffigurante su fondo oro la Vergine con Bambino ed i santi
Antonio abate e Giacomo.Dell´icona, sottratta nel 1968 al tesoro di S. Ve-
nanzio dove si conservava a partire dalla ricostruzione della omonima basi-
lica (1875) e dalla definitiva cessione al demanio del tempio, resta pur-
troppo un´unica foto in bianco e nero di qualità non eccelsa. Camillo Lili,
il maggiore storico di Camerino, riferì l´evento miracoloso e l´avvio della
costruzione al 1494: documenti recentemente emersi anticipano l´avvio di
un biennio almeno. Giulio Cesare Varano, massimo dinasta del ´400, sareb-
be stato indotto ad assumere l´onere maggiore della costruzione dalla spe-
ranza di esorcizzare predizioni oscure - e non di meno inquietanti per la
città e la famiglia signorile - fatte dall´icona in lacrime ad una pia donna e
dal desiderio di disporre del patronato di un intero splendido tempio, utile
a celebrare, oltre che il culto di Dio e della Vergine, i fasti della famiglia.
La presenza in quegli anni a Camerino di Baccio Pontelli al servizio del Va-
rano e le strette affinità fra il tempio camerte e Santa Maria di Orciano di
cui è certa la paternità dell´architetto, inducono a ritenere l´edificio ope-
ra del fiorentino (1450 c. - post 1500), ritenuto autore anche del coevo
cortile del palazzo ducale di Camerino. Cade così definitivamente la pater-
nità di Rocco da Vicenza, avanzata sulla affinità fra il tempio camerte e
quello sanseverinate di Santa Maria del Glorioso da questo realizzato, ma
eretto più tardi e ripreso da quello camerte Testimonianze coeve riferisco-
no che nel corso della cerimonia di fondazione Giulio Cesare sotterrò due
scudi d´oro agli angoli dell´edificio, secondo un rituale antico e raro nel
XV sec. ma carico di richiami classici e denso di simbologie. La realizzazio-
ne della fabbrica (1493-1508 c.), portata avanti da maestranze locali, è di-
scontinua. Il breve dominio di Cesare Borgia (1502-1503) interrompe la co-
struzione della chiesa che è successivamente ripresa da Giovanni Maria da
Varano, l´unico figlio di Giulio Cesare scampato all´eccidio voluto dal Bor-
gia. L´edificio fin dal 1508, fu affidato ai Padri Fiesolani di San Girolamo
che la mantennero fino al 1669, quando subentrarono i Barnabiti. Passato
al demanio pubblico con le soppressioni successive all´unità d´Italia, fu a-
dibito agli usi più disparati: fu filanda per la seta, deposito di scotano, se-
de della Pinacoteca civica, granaio e sede di Archivio di Stato. Non sappia-
mo quale facciata il Pontelli riservasse all´edificio: sul fronte a capanna fu
sistemato un inadeguato ed anacronistico portale trecentesco - forse pro-
veniente dalla demolita chiesa di S. Maria dei Vignali - in pietra bianca e
rosa, con arco a tutto sesto strombato sorretto da tre colonnine per lato
(due a spirale la centrale scanalata), pallida immagine di quello splendido
della vicina basilica di San Venanzio. Il portaletto è sormontato da un gran-
de scudo vaiato in arenaria bianca che riporta l´iscrizione lO.MA.PM.DUX
(Giovanni Maria Primo Duca). Fu infatti il primo della famiglia da Varano ad
essere investito nel 1515 del titolo ducale che viene così trasferito anche
all´edificio sacro denominato ´Tempio Ducale´. In esso Giovanni Maria e
sua moglie Caterina Cybo si riservarono una cappella, dedicata ai Santi Cri-
sante e Daria, dove si fecero raffigurare insieme a molti membri della cor-
te. L´interno, a tre navate divise da due serie di colonne monoliti in arena-
ria che poggiano su alti plinti, è splendido ed inconsueto: realizza un e-
sempio ´Hallenkirche´, rarissimo in Italia e appena meno inconsueto
nell´Europa del nord, dove appunto si creò la denominazione di ´chiesa-
sala´. I capitelli, diversamente decorati ed ornati con stemmi ed emblemi
varaneschi, sono simili, ma più curati di quelli del cortile del Palazzo Duca-
le. Le volte a crociera della copertura si impostano sui capitelli sormontati
da frammenti di trabeazione e si agganciano ai muri perimetrali con pe-
ducci, richiamando ancora una volta lo schema compositivo della loggia del
Palazzo. Le tre navate terminano con absidi semicircolari. Il pavimento
dell´abside principale, leggermente sopraelevato, è decorato con lo stem-
ma vaiato dei da Varano, realizzato ad intarsio con pietre nere e bianche.
Nei muri perimetrali, a destra e a sinistra, restano le nicchie poco profon-
de ed irregolari ad arco a tutto sesto destinate a contenere gli altari. Della
decorazione pittorica rimane a vista solo un affresco datato 1508, posto
nell´ultima cappellina della navata sinistra ove si legge l´iscrizione PETRI
NANZARELLI CIVIS CAMERS IMPENSA SACELLUM ISTUD IN ONOREM B. JOAN-
NIS B. DEPICTUM FUIT MDVIII QUINTILI MENSE MEDIO. Attribuito alla scuola
del Perugino, il dipinto - che raffigura il Battesimo di Cristo - è stato poi
ascritto a Marchisiano di Giorgio, un artista di origine slava che ha lasciato
varie opere fra Camerino, Tolentino, Sarnano ed altri centri della zona.
L´affresco, di chiara matrice peruginesca, raffigura, sotto l´emiciclo con
Dio padre circondato da cherubini e da due angeli oranti disposti simmetri-
camente, il Battesimo di Cristo con a lato quattro angeli di cui due in piedi
e due inginocchiati. L´affresco è molto prossimo a quello conservato nella
chiesa della Nunziatella a Foligno, forse del 1506-07, ed attribuito proprio
al Perugino. L´impianto della chiesa della SS. Annunziata, considerata dagli
esperti tra le più belle d´ogni epoca realizzate in Regione, trova dei colle-
gamenti con modelli dell´area adriatica tra Ravenna e Venezia: lo schema
longitudinale con le absidi, le colonne e l´assenza della cupola richiamano
modelli basilicali tardoantichi e altomedievali sopravvissuti in quella ri-
stretta zona.
Chiesa di Santa Chiara
Nell´aula liturgica vi sono due dipinti: il primo raffigura "S. Chiara, il beato
Pietro da Mogliano e la Beata Battista da Varano" è risalente agli inizi del
´700, mentre presenta delle dimensioni pari a 300cm. x 178cm. Il secondo
la "Presentazione di Maria al Tempio" (di autore ignoto) É possibile inoltre
ammirare il magnifico crocifisso ligneo (opera recentemente attribuita con
molta probabilità all´Indivini) sull´abside. Sappiamo che la dedicazione al-
la Vergine fu conservata in un primo �tempo anche dalle Clarisse che suc-
cessivamente la mutarono, ricordando in tal modo la capostipite
dell´Ordine, Santa Chiara. Non ci sono elementi per ipotizzare una disloca-
zione diversa dall´attuale, e questo fin dall´origine. Piuttosto è da chie-
dersi se e in che modo il tempio era collegato col piccolo convento oliveta-
no. Le ipotesi fatte dagli studiosi locali parlano di un´ipotetica pianta a U,
nella quale il "Bel Maniero" di Giovanni di Bernardo si collegava con delle
murature e forse degli ambienti di passaggio con l´attuale facciata della
chiesa. Dunque la facciata del monastero che dà su via del Camposanto sa-
rebbe da un punto di vista planimetrico la più antica, e l´operazione di
Giulio Cesare da Varano consistette semplicemente nel chiudere organica-
mente tutti gli spazi che davano su via Medici. Ma l´analisi delle murature
esterne, per lo più ricostruite, non conferma né smentisce tale ipotesi.
Un´altra teoria a proposito delle trasformazioni del tempio riguarda la sua
lunghezza e il suo orientamento. Si è detto che l´edificio iniziale, sempli-
cissimo, ad aula unica con ingresso su via Medici, doveva coincidere con la
volumetria dell´attuale coro, in questo caso il campanile era dalla parte
opposta. Va anche tenuto in conto il fatto che chiesa e coro in passato era-
no separati da un muro di cui restano attualmente solo dei monconi nasco-
sti da due colonne; ma anche che il coro è stato ricostruito in muratura
leggera, forse proprio a seguito di un´inversione di orientamento. Altra
suggestiva ipotesi è quella che ha immaginato per S. Maria Nova un ingres-
so (sempre su via Medici) dallo stesso lato del coro; cioè ingresso e coro
potevano essere originariamente sovrapposti, soprattutto se si tiene conto
del fatto che la chiesa era più alta (e, infatti, il soffitto in camorcanna co-
me il rialzo della pavimentazione sono recenti). L´analisi delle murature
della facciata attuale della chiesa ci dice altro. Innanzitutto che sul luogo
dell´attuale piazzetta di S. Chiara dovevano esservi degli edifici di non
precisata planimetria ma con uno sviluppo volumetrico certo, cioè su tre
piani (la muratura che si affaccia sulla piazza mostra ancora i fori delle
travi su due livelli e il mattonato di una pavimentazione). Il perimetro di
tale corpo di fabbrica era tutt´uno con la facciata di S. Chiara. Sempre sul-
la stessa parete si nota un evidente taglio trasversale crescente verso il
cortile, segno esplicito di un´antica falda di tetto che con la sua gemella
doveva ricoprire in parte la chiesa, in parte le stanze parallele. Una di
queste ultime fu poi trasformata in cripta della Beata Battista (con
l´apertura di una porta nel ´73), mentre le altre di dimensioni e destina-
zione d´uso imprecisata hanno avuto una storia diversa; tutte comunque
erano illuminate da una teoria di finestre che prendevano luce dal cortile.
Nel 1904 accadde un fatto grave. Infatti sotto il peso di forti nevicate crol-
lò il tetto del coro, rovinando sull´opera del sanseverinate Domenico Indi-
vini, la quale fu asportata come meglio si potè e collocata nella Pinacoteca
dell´Annunziata. Nel 1929 si sfondò anche il tetto sopra la cantoria della
chiesa. Infine, il più recente evento traumatico, il terremoto del 1997 che
ha reso inagibile la chiesa e il conseguente lavoro di ristrutturazione termi-
nati nel dicembre del 2008.
Il Palazzo Pierbenedetti
Il Palazzo Pierbenedetti, oggi di proprietà della famiglia Santacchi, venne
eretto su commissione del Cardinale omonimo alla fine del XVI secolo, co-
me testimoniato dagli stemmi araldici conservati all´interno dell´edificio
monumentale. Da fonti storiche si desume che la costruzione del Palazzo
venne avviata nel 1589 circa, anno in cui il Pierbenedetti venne insignito
della porpora, e nel 1594 sembra che l´edificio fosse già completato, al-
meno nella struttura architettonica, e comunque degno di ospitare autori-
tà pubbliche.L´importante carica ecclesiastica ricoperta da Mariano Pier-
benedetti, in particolare la carica di governatore di Roma e i successivi in-
carichi nelle congregazioni, portarono il Cardinale a risiedere con frequen-
za nella capitale, dove gli fu possibile conoscere l´architetto Domenico
Fontana (1543-1607), attivo nella città richiamato dalla corte pontificia. É
certo che il Cardinale commissionò direttamente al Fontana, negli stessi
anni in cui eseguiva la tomba di Sisto V in Roma (1588), la sistemazione
della chiesa inferiore di San Venanzio in Camerino. I progetti realizzati
dall´architetto nella città di Camerino ed il rapporto diretto con il Cardi-
nale fanno ipotizzare, con buona attendibilità, l´attribuzione al fontana
del progetto del Palazzo. Attualmente sotto il profilo architettonico
l´immobile risulta fortemente rimaneggiato, con ampie parti ricostruite a-
gli inizi dell´ottocento. Esso è caratterizzato da una pregevole facciata in
cotto a vista, definitasi canoni dell´architettura del cinquecento, che ap-
pare sovrapposta ad una più antica tessitura muraria. In particolare, nume-
rosi rimaneggiamenti sono stati effettuati nella corte interna, senza però
cancellare la pregevole configurazione architettonica e spaziale, disegnata
da eleganti proporzioni con precise partiture da cui traspare una cura pro-
gettuale e realizzativa elevata. La composizione architettonica delle pareti
della corte è caratterizzata infatti da una scansione regolare, tripartita,
eseguita mediante l´utilizzo di proporzionate lesene. Queste si sviluppano
in altezza, in doppio ordine, e terminano per ambedue i piani con capitelli.
Una più aggettante cornice marcapiano segna il primo ordine architettoni-
co, nell´evidente ricerca figurativa di dilatare lo spazio della corte stessa,
spazio oggi modificato dalla presenza di ballatoi. Arch. Massimo Fiori
Palazzo Ducale
Data costruzione XIV Secolo
L´attuale palazzo ducale di Camerino è il frutto di successive stratificazio-
ni (che hanno prodotto un progressivo addizionarsi delle strutture in vari
momenti storici) e di restauri e rifacimenti (che nel corso dei secoli hanno
nascosto sotto pareti intonacate le diverse entità di cui era composto). Oc-
cupa uno spazio considerevole ed è il risultato dell´accorpamento di tre
palazzi, costruiti in tempi successivi uno accanto all´altro ad inglobare le
aree preesistenze e separati, fino all´unificazione architettonica rinasci-
mentale ad opera di Giulio Cesare, da strade che tuttavia comunicavano
grazie a dei collegamenti. Dopo la fine della Signoria dei da Varano (1571)
il Palazzo diventa sede degli uffici governativi dello Stato della Chiesa e
poi dell´Università, subendo irrimediabili perdite nelle decorazioni pittori-
che e nelle strutture. Si erge strategicamente nei pressi della cattedrale,
nello spazio più sacro della città, sulla sommità del colle, proprio quando
questo raggiunge il suo minimo livello, tanto da rendere necessarie le fon-
dazioni sul ciglio della rupe, su due terrazze più in basso, per evitare di
stringere troppo lo spazio della piazza. Le prime notizie del palazzo risal-
gono agli anni che seguono il sacco di Camerino ad opera del re Manfredi
(1259), quando Gentile I da Varano, podestà della città, costruisce il palaz-
zo posto nel quartiere di Sossanto (probabilmente in corrispondenza di un
originario insieme fortificato comprendente tutto il lato nord di Camerino),
recuperando le cosiddette "Case Vecchie", e già dal 1266 è in grado di ospi-
tare gli uffici del Comune, privi di una sede propria. Il piano su cui è fon-
dato il palazzo è costruito su pilastri quadrati sui quali si innestano delle
arcate a tutto sesto, delle quali ne sono visibili ancora due, che forse do-
vevano fare parte di una facciata. Il primo nucleo del palazzo è quello più
a nord, verso San Venanzio, ed è molto probabile che fosse unito alla Cat-
tedrale fino a quando, alla fine del XIII secolo, questa fortificazione, della
quale doveva far parte una torre dalle murature molto spesse che termina-
va con una loggia a piccole arcate, non venne interrotta con l´apertura
della Porta Gentile: resti di questa unione si potevano ancora individuare
nel Ponte di Madonna che collegava tra il 1259 e il 1570 il palazzo e la cap-
pella gentilizia del Duomo. Una seconda stratificazione si ha sotto Venan-
zio, nella seconda metà del Trecento, a seguito dell´ottenimento del vica-
riato apostolico da parte dei da Varano. Venanzio inizia a costruire un po´
più a monte, accanto alla torre preesistente che diventa così parte inte-
grante di questa nuova architettura, fungendo da collegamento verticale ai
tre piani. Il palazzo di Venanzio, ancora incompleto nel 1418, doveva appa-
rire come una vera e propria residenza signorile, visto che al piano nobile
aveva una Sala Grande di rappresentanza adibita a feste e ricevimenti, con
otto finestre, due camini, soffitto ligneo e di continuo abbellita con arazzi,
affreschi, intarsi. Il cosiddetto Palazzo vecchio è composto dalle Case Vec-
chie (Palazzo di Gentile) e dal Palazzo di Venanzio, i quali, tra il 1464 e il
1475 e per volere di Giulio Cesare, vengono appunto ampliati ed accorpati
con la costruzione, ad opera di maestranze lombarde, di imponenti volte
laterizie a coprire le strade che li separavano. Caratteristici del palazzo e-
rano anche gli orti, alla base del palazzo e verso la campagna, nei quali si
svolgevano i giochi dei tornei, e lo spazio pensile che collegava il piano
terra ai giardini sottostanti Tra il 1489 e il 1492 Giulio Cesare fa invece co-
struire il cosiddetto "Palazzo nuovo", edificato anch´esso su preesistenze e
collegato alle precedenti costruzioni (ma all´epoca forse privo di comuni-
cazione interna col Palazzo Vecchio), del quale è oggi ben visibile il cortile
(la logia magna) che lo caratterizza, recuperato nei restauri operati dalla
Soprintendenza per i Beni Architettonici. Il Palazzo nuovo aveva anche un
ingresso monumentale sulla piazza, con un pulpito dal quale il signore po-
teva affacciarsi, posto sopra al portone principale e sorretto da due colon-
ne, mentre le stanze decorate che correvano al primo piano, sostenute
dalle arcate del cortile, sono completamente perdute. Nel 1571, terminata
la Signoria e divenuto Palazzo Apostolico, vengono costruiti cinque contraf-
forti a sostenere la costruzione a valle. Nel 1749 dalla sala grande del Pa-
lazzo Apostolico, ceduta al Comune, si ricavano, ad uso dell´Università ot-
to ampie aule con corridoio centrale, mentre nel 1760 si effettua un inter-
vento di consolidamento strutturale con la formazione di pilastri e sottar-
chi nel cortile maggiore e con la messa in opera di catene nei sotterranei.
Ulteriori acquisizioni da parte dell´Università si hanno intorno al 1950,
mentre tra il 1976 e il 1978 hanno inizio i restauri da parte della Sopirin-
tendenza per i Beni Architettonici per le Marche, che danno il via al recu-
pero del cortile e delle sale voltate delle "case vecchie", rinvenendo nel
1985, nascosti sotto una scialbatura, gli ambienti affrescati in un salone
del piano terra del palazzo di ´Venanzio´.
Palazzo Bongiovanni
Stile Rinascimentale
Proprietá Comune
Sede dei vescovi di Camerino, fu ceduto alla città nel 1573 da Berardo Bon-
giovanni, dopo l'avvio con fondi propri di un nuovo episcopio presso la cat-
tedrale. Sono visitabili la sala dei Priori, tempio delle antiche memorie cit-
tadine, decorata con frammenti lapidei romani e pregevoli busti, la sala
degli stucchi e quella consiliare che accoglie un coro in noce proveniente
dalla seicentesca chiesa domenicana di S. Caterina, attuale sede dell'Archi-
vio di Stato.
Palazzo arcivescovile
Il Palazzo Arcivescovile fu eretto dal vescovo Berardo Bongiovanni (1574)
sulle mura della città e su costruzioni medievali in parte inglobate. Alla fi-
ne del sec. XVI i lati nord e ovest della piazza assumevano l'attuale volto.Si
presume che risalga ai tempi del Cardinale Del Bufalo (1601-1606) la collo-
cazione della corte interna, che presenta le tre arcate di fondo aperte sul-
la valle, del pozzo del De Buoi. Il prospetto principale risulta suddiviso in
tre ordini e caratterizzato, al piano terra, dal porticato con volte a crocie-
ra e con pilastri, lesene e trabeazione in arenaria.
Porta caterina Cibo
Stile Barocco
E' una delle porte più antiche di Camerino e fu costruita con lo scopo di
presidiare il cuore della città. L'antico nome "Porta Cisterna"deriva dal bor-
go sviluppatosi intorno alla cisterna di Camerino che si trovava ai piedi del
Palazzo Ducale, riserva d'acqua fondamentale per la città.L'attuale nome
"Porta Caterina Cibo" le venne attribuito più tardi in onore della duchessa
di Camerino. La porta conserva ancora i battenti in legno e nelle mura sot-
tostanti sono visibili i segni della presenza di un antico ponte levat oio.
Porta Malatesta
L'attuale nome "Porta Caterina Cibo" le venne attribuito più tardi in onore
della duchessa di Camerino. La porta conserva ancora i battenti in legno e
nelle mura sottostanti sono visibili i segni della presenza di un antico ponte
levatoio.
Porta Bongiovanni
Rocca Borgesca
Data costruzione 1503
Si narra che Cesare Borgia nel 1503 la fece costruire non a difesa della cit-
tà ma per tenere in soggezione i cittadini nostalgici della dinastia varane-
sca, pare infatti che i suoi cannoni fossero rivolti verso il centro. La rocca
era divisa dalla città da uno strapiombo superabile con un audace ponte,
successivamente fu riempito per volere di papa Clemente X Vescovo di Ca-
merino.Dal piazzale della Vittoria, con il Monumento ai Caduti dello sculto-
re Giuseppe Tonini, si accede ai giardini che furono ricavati dalla riempitu-
ra del fossato e spalti adiacenti che circondavano l´antica rocca ai tempi
di papa Clemente X (1670-1676). Voluta da Alessandro VI Borgia ´per so-
spetto´ dei camerti sottomessi nel 1502 dal figlio Cesare, progettata da
Lodovico Clodio (+ 1514), figura poliedrica ed inquietante di prelato, fu
quasi ultimata col lavoro di manuali convocati da molte città tra il maggio
e l´agosto 1503, prolungando i muri di sostegno che cingevano già il con-
vento di San Pietro in Muralto ed inglobandolo. Giovanni Maria Da Varano la
completò, la mise in comunicazione sotterranea con il palazzo ducale e la
armò: quarantadue bocche di fuoco in ferro e bronzo, codette e smerigli,
archibugi, mortai, cannoni, serpentini.., e corrispondenti cavalli e soldati.
La pianta ha tracciato trapezoidale che delimita la piattaforma interna sul
bordo di un precipizio; sui vertici ad est e ad ovest due torrioni cilindrici,
su quello nord un grande mastio quadrangolare che ai tempi di Clemente
VII custodì il tesoro di Loreto; fino al 1852 fu lazzaretto; per prendere pie-
tra, nel 1867, fu parzialmente smantellato insieme alla chiesa di San Pietro
di Muralto e parte del convento che Giulio Cesare aveva fatto costruire nel
1480 per i minori, su un precedente monastero. Il piazzale offre ai bambini
spazio e aria. L´ala restata del convento (ore sede di un caratteristico ri-
storante) ha due piani di sale a volta, ariose, rinascimentali, ove morì il
beato Pietro da Mogliano, quasi librate sullo spalto con quel panorama sui
Sibillini che mandava in visibilio Giulio Cesare. Sulla strada che varca le
mura castellane in simmetria con la porta Malatesta, ad angolo, era la por-
ta Della Rovere. Colmati i fossati, demoliti gli edifici interni e rimosse le
merlature, la rocca si qualifica come superbo belvedere. Il giardino fu rea-
lizzato 1924, integrando alberi piantati già nell´800. Al suo interno sono
ospitati i busti di due illustri personaggi: il compositore Filippo Marchetti e
il drammaturgo Ugo Betti.
Rocca d’Aiello
Data costruzione 1382
Il nome Rocca d'Aiello d eriva del latino "agellum" cioè "campicello": la
fortezza sorge infatti a circa 400m. di altitudine su una collina da cui si do-
mina il paesaggio circostante. Il fatto che la costruzione sia stata concepi-
ta come fortezza, serve a spiegare il carattere particolare del giardino di
Rocca d'Ajello, la cui struttura è rimasta invariata nel tempo proprio per-
ché la configurazione collinare e boschiva del luogo e la presenza di una
cinta muraria ne hanno impedito l'espansione e la trasformazione secondo
il gusto dei secoli successivi.Il giardino è in effetti, come ha rilevato un pa-
esaggista inglese, una grande terrazza delimitata da mura merlate con vi-
sta sulle montagne e sul paesaggio circostante. Sei grandi aiole circondate
da siepi di bosso con al centro una vasca ovale e due panchine in pietra,
costituiscono l'impianto originale del giardino. Alle estremità, fra gruppi di
pini, aceri, ippocastani e tigli, sorgevano (attualmente ne rimane uno solo)
due gazebi di gusto ottocentesco realizzati con piante di alloro: all'interno
un tavolo e sedili in pietra. Negli ultimi dieci anni il giardino è stato sotto-
posto ad una serie di interventi di restauro ed è stato completamente ri-
piantato: l'impianto attuale è quindi ancora molto giovane. Oltre a consoli-
dare le murature, sono state ripristinate le siepi in bosso in parte danneg-
giate da un crollo e la fitta coltre di edera che ricopriva la facciata è stata
eliminata e sostituita da una serie di rose antiche rampicanti nelle tonalità
del bianco e del rosa: Rosa longicuspis, Albéric Barbier, Rosa Filipes Kiftsga-
te, che in pochi anni si è arrampicata fino a 10 metri di altezza, Rosa Bru-
nonii varietà "La Mortola", Paul's Himalayan Musk, Zéphirine Drouhin, Sou-
venir de Mme Léonie Viennot. Le clematidi si arrampicano un po' ovunque
fra le rose e gli arbusti: sulla facciata troviamo due Clematis Montana, una
bianca e una rosa, e poi Comtesse de Bouchaud, Nelly Moser, Perle d'Azur,
The President; Polish Spirit, Viticella Kermesina, Rouge Cardinal, Prince
Charles, Etoile Violette. Molte altre clematidi si trovano nel frutteto, nel
giardino bianco e alla fattoria . Nelle aiole predominano le rose: Iceberg,
sempre in fiore fino a Natale, le profumatissime rose inglesi Heritage, Ger-
trudeJekyll, Mary Rose, la muscosa Alfred de Dalmas, e poi Comte de
Chambord, Leonardo da Vinci di Meilland, rifiorentissima e dalla forma di
rosa antica e molte altre. Insieme alle rose, a seconda delle stagioni tro-
viamo delphinium, nicotiana, campanule, dalie, anemone japonica. Nelle
zone più ombrose, peonie, hostas, digitali, crisantemi coreani. Nei grandi
vasi intorno alla vasca esuberanti fioriture di rosa Ballerina e poi diascia,
aubretia, helianthemum piantati con tulipani e dalie in grandi bigonci di
legno. Le due panchine in pietra con teste di leoni sono circondate da ro-
se: Complicata, Baroness de Rotschild , Awakening, Francis E. Lester , Whi-
te Cockade . Lungo la facciata sud della casa una bordura di arbusti, rose a
cespuglio e piante tappezzanti: partendo dal cancello di ingresso, troviamo
sul muro a destra le rose Sombreuil , Marie Louise, Wedding Day , una pic-
cola siepe di Douceur Normande di Meilland. La rosa Félicité et Perpétue si
intreccia sull'inferriata a fianco del cancello. Alle rose si accompagnano
piante di acanto, senecio, caryopteris clandonensis, spirea, aquilegia, wei-
gelia, viburno, forsizia, hypericum, hemerocallis, buddleia, salvia. Una col-
tre di fragoline, pervinche, ajuga reptans, diascia, erigeron, lamium rico-
pre il terreno sotto i cespugli. Alle due estremità del giardino, troviamo da
un lato un gruppo di pini, dall'altro tigli, ippocastani e aceri. Sotto gli albe-
ri sono state collocate delle mezze botti piene di ortensie, bulbi e crisan-
temini bianchi . In primavera ovunque spuntano tulipani nelle varietà An-
gélique, Peach Blossom e White Triumphator, narcisi, giacinti, allium ecc.
Le fioriture si susseguono anche fuori dal giardino, lungo il vialetto di ac-
cesso, dove troviamo, fra le altre, le rose Rambling Rector, Blush Noisette,
Glore de Dijon, Ophelia, Excelsa, Penelope, Nozomi, Golden Wings, Charles
de Mills, Ballerina, Bourbon Queen, insieme a cespugli di lavanda, phlomis,
corbezzoli, berberis, pyracantha, cotynus, agrifoglio, pitosforo, spirea,
teucrium fruticans, cistus, abelia. In primavera il sentiero è bordato da
tromboni , cui seguono gli iris. C'è anche un piccolo giardino solo di fiori
bianchi, dove crescono le rose Banksiae alba plena, Prosperity, Francine
Austin, Little White Pet, Iceberg, M.me Alfred Carrière, insieme ad anemo-
ni, narcisi, dalie, viburnum, buddleie, spiree, Exochorda Macranta "the Bri-
de" , Hydrangea paniculata grandiflora Annabelle.
Rocca dei Varano
Data costruzione Nel XIV secolo Giovanni da Varano restaur� un vecchio
fortilizio che sorgeva da almeno un secolo
Proprietá Comune di Camerino
La Rocca Varano fu eretta all'inizio del XII secolo sullo sperone roccioso a
picco fra le valli del Chienti e del suo affluente, il torrente San Luca, a sud
di Camerino. Originariamente fu la residenza fortificata dei Da Varano e,
antecedentemente al periodo comunale, rappresentò la fortuna degli stessi
feudatari che imponevano pedaggi a chi attraversava l'Appennino da Roma
all'Adriatico e viceversa.
Associazione "Arti e Mestieri" tel. 0733 232527 - cell. 338 3828055 - e-mail
arti [email protected] Rocca Varano tel. 0737 464004
visita il sito
Dopo il sacco svevo (1259), i Da Varano ampliarono il loro potere nella città
camerte fino a diventarne i signori indiscussi e si diedero a costruire il loro
palazzo fortificato sulle mura urbiche, costruzione che si protrasse fino a
tutto il XV secolo. Il maniero si trasformò in rocca ed entrò a far parte del
sistema difensivo dello Stato camerte, un sistema particolarmente effi-
ciente di fortilizi in corrispondenza visiva che perimetrava i suoi confini.
Nel 1384 Giovanni di Berardo Varano fece eseguire lavori di trasformazione
ed adattamento ai nuovi usi. Presumibilmente i lavori sono quelli che anco-
ra oggi si rileggono sugli apparecchi murari in vista e riguardano la costru-
zione della seconda cinta muraria che fa capo al rivelino sormontato dalla
torre di guardia e l'antistante vallo con ponte levatoio (lato ovest). Tale
cinta, ad ovest, comprende il nuovo corpo di guardia, include la preesi-
stente torre maestra (che si erge ancora oggi per 19 metri da 450,40 m s.l.
m alla base a 469,40 m alla sommità del rudere) e si prolunga ad L con la
scuderia che cinge il palatium verso sud ad una quota ad esso inferiore. La
particolarità architettonica dei nuovi parametri murari, ancora visibili sulla
parte di muro originaria, è che si presentano all'esterno con filari di pietra
calcarea alternati ad arenaria; evenienza giustificabile per la compresen-
za, nel luogo, delle due formazioni rocciose, ma soprattutto indice di una
certa finezza stilistica dei mastri muratori che vi operarono. Con il decade-
re dell'importanza strategica e politica dei luoghi e con l'avvento della pol-
vere da sparo che imponeva nuovi sistemi bellici e di difesa, i fortilizi a
pianta quadrangolare, con le alte torri e muraglie a spigoli vivi, comincia-
rono a cadere in disuso e quindi in rovina; si salvarono soltanto alcuni di
essi trasformati in case coloniche (come nel nostro caso) o trasformati in
villa (Lanciano, Rocca d'Aiello). I lavori più recenti eseguiti sulla Rocca ri-
guardano il rifacimento di alcuni tratti di muro negli anni '50, '70 ed il con-
solidamento eseguito alcuni anni orsono a cura della Soprintendenza ai Be-
ni Architettonici e Ambientali delle Marche, che hanno reso percorribile e
visitabile l'intero maniero all'interno della cinta muraria e di ciò che resta
del palatium". Dal 1997 Rocca Varano viene gestita dall'Associazione "Arti e
Mestieri" che ogni anno ne cura l´apertura al pubblico come Centro esposi-
tivo permanente dell'artigianato artistico. Orario: 10,30 - 12,30 / 16,00 -
19,30 Luglio e Settembre: sabato pomeriggio e domenica Agosto: tutti i
giorni, escluso il lunedì Ottobre: domenica pomeriggio
Orto Botanico
Viale Oberdan, 2
Telefono +39 0 737 403 084
Ingresso gratuito
Orario Aperto dal lunedì al venerdì: mattino dalle ore 9.00 - alle ore 13.00
pomeriggio dalle ore 15.00 - alle ore 17.00 Informazioni e prenotazioni:
Tel.+39 0 737 - 403 084
Proprieta Università degli Studi
L'Orto botanico dell'Università di Camerino è stato istituito nel 1828 da Vin-
cenzo Ottaviani, medico pontificio e professore di botanica e chimica pres-
so l'Università, dal 1826 al 1841.
Nella lettera del 29 marzo 1827 del Gonfaloniere Conte Ascanio Parisani,
indirizzata al Monsignor Tesoriere Generale in Roma per ottenere il per-
messo di costruzione dell´Orto Botanico, si fa riferimento a "un terreno or-
tivo di spettanza della Reverenda Camera Apostolica e sottoposto fuori del-
le mura della città al Palazzo della Delegazione (cioè il palazzo ducale),
che anche a giudizio del Professore si è creduto atto alla costruzione
dell´Orto Botanico". Il professore al quale si allude era il prof. Vincenzo
Ottaviani, il quale fin dal suo arrivo a Camerino nel 1826 si era interessato
alla fondazione dell´Orto Botanico. In una lettera di cui si conserva la mi-
nuta, ma della quale non è nota la data e il destinatario, Ottaviani scrive
infatti che il luogo migliore per la costruzione dell´Orto Botanico "sia
l´Orto di Monsignor Delegato, perché cinto di mura, grande a sufficienza,
esposto a mezzogiorno ed abbondante d´acqua", cioè il terreno ortivo di
cui si parla in precedenza. L´Orto Botanico venne poi istituito dal pontefi-
ce Leone XII con il chirografo del 9 aprile 1828. La città di Camerino è deli-
mitata da potenti mura e bastioni che la sostengono da tutti i lati in modo
da stabilire un´interruzione molto marcata fra il ripiano sommitale del ri-
lievo collinare su cui sorge e le pendici sottostanti: "una specie di castello
con mura molto alte e irregolari", come ha scritto il drammaturgo Ugo Bet-
ti in un articolo rievocativo della sua città natale. Normalmente le mura
servono per delimitare e racchiudere la città, ma nel caso di Camerino
contribuiscono anche a sostenerla sulla sommità di un colle molto stretto e
allungato, che ha anche condizionato, nel corso dei secoli, la sua forma
urbis. Per tale ragione, l´area sulla quale sorge l´Orto Botanico, di un et-
taro circa, si trova 27 metri più in basso rispetto al piano cittadino e
l´accesso all´Orto è reso possibile sia dalla base delle mura, ove si trova
l´ingresso vero e proprio, ed in tal caso si entra nel giardino attraverso un
viale pianeggiante, sia dall´alto: si accede al giardino dalle logge rinasci-
mentali del palazzo ducale percorrendo la scala a chiocciola di 106 gradini
in grossi mattoni fatta costruire da Papa Pio V nel 1568. Quando è stata e-
seguita la stampa di Camerino del Salmon (1757) l´Orto Botanico ancora
non esisteva, ma su di essa si possono notare molto bene le caratteristiche
architettoniche della città, con tutto il suo sfoggio settecentesco di torri,
palazzi e. campanili e ancora una volta le mura e alla loro base, in corri-
spondenza del palazzo ducale, l´area sulla quale circa 70 anni dopo sareb-
be sorto l´Orto Botanico. Una delle principali caratteristiche dell´Orto Bo-
tanico di Camerino è l´intima unione con le antiche mura e con gli edifici
che su di esse sorgono, fra cui in particolare il palazzo ducale; il rapporto
fra le mura e l´area verde sottostante, rappresentata dall´Orto Botanico,
si può notare molto bene in tutte le mappe del giardino, come in quella
fatta eseguire da Berlese (1895), che è abbastanza simile alla situazione
odierna. Dalla piazza principale di Camerino l´Orto Botanico non si può ve-
dere, essendo coperto dagli edifici del palazzo ducale, ma entrando
"sottocorte" esso appare quasi improvvisamente attraverso il grande porta-
le che immette sulla balconata incombente sull´Orto; analoghe, pur con
molte varianti, sono le possibilità di osservare gli alberi del giardino da al-
tri balconi e cortili del palazzo ducale. Dalle logge rinascimentali e dai bal-
coni del palazzo ducale appaiono le chiome dei grandi alberi secolari, alcu-
ni dei quali risalgono all´epoca della fondazione del giardino: Liriodendron
tulipifera, Gingko biloba, Platanus hybrida, Fagus sylvatica, Acer pseudo-
platanus, Cedrus atlantica, Paulownia tomentosa, Pinus nigra, Taxus bacca-
ta, Stphylea pinnata, Quercus cerris, Quercus ilex, Celtis australis ed altre
specie, costituiscono una stupenda cornice di verde agli edifici e alle mura
di questa parte della città. Le fondamenta del palazzo ducale, sotto forma
di archi e avvolti sovrapposti, poggiano sui banchi di arenaria di cui affiora-
no alcuni strati a livello del piano dell´Orto Botanico; in essi sono stati a-
perti già nei secoli scorsi alcuni grottoni che in seguito sono stati adattati a
serre fredde per la conservazione nei mesi invernali delle specie esigenti in
fatto di clima. La parte in pendio dell´Orto, chiamata in passato
"boschiva", è caratterizzata dalla presenza di grandi alberi che danno
l´impressione di un giardino all´inglese; però essa è intersecata da nume-
rosi vialetti delimitati da siepi di bosso potato all´italiana, che congiungo-
no i vari settori dell´Orto. Nella parte pianeggiante del giardino sono colti-
vate numerose specie erbacee e arbustive, disposte in aiuole di forma ret-
tangolare, che si notano anche sulla mappa di Berlese. Un vaso settore è
destinato alla coltivazione di piante medicinali e alcune grandi aiuole roc-
ciose ospitano molte specie della flora di alta quota dei Monti Sibillini e di
altri massicci montuosi dell´Appennino centrale. Nel giardino si trovano
anche alcune vasche e fontane con piante acquatiche ed in una di esse di
forma rotonda nel 1995 è stata collocata un´opera dello scultore Gino Ma-
rotta denominata "Universo vegetale", di struttura metallica e sovrastata
da un Apollo in bronzo fuso. L´Orto Botanico è delimitato verso la sua par-
te esterna da un muro che inizia poco sotto la porta Caterina Cybo
(intitolata ad una delle donne più colte dell´Italia del suo tempo e consor-
te di Giovanni Maria Varano) e che si prolunga parallelamente
all´andamento del palazzo ducale fino all´entrata principale dell´Orto. Al
di fuori di questa cinta muraria minore si trova un viale di ippocastani, ri-
cordati già dal Reali (1871 - 1876), che costituiscono un ulteriore amplia-
mento della massa di verde del giardino.
Camerino si trova a 670 metri di altitudine, a ca-vallo tra le valli del Potenza e del Chienti e a pocadistanza dai rilievi dei Monti Sibillini.La posizione di dominio ha permesso alla città dimantenere per lungo tempo una notevole autono-mia da tutti i centri di potere del territorio circo-stante, fin dai tempi dell’assoggettamento aldominio romano.Per molti anni Camerino ha svolto un ruolo impor-tante nella storia politica e culturale dell’Italia cen-trale, specie nei secoli in cui la signoria dei Da
Varano governò lacittà, improntandol’attuale aspetto urba-nistico e favorendo losviluppo dell’universitàche è ancora oggi unodei fiori all’occhiello dellacittà. La conformazioneurbana della cittàmedievale è visi-bile anche ai giorninostri, dato che ilcuore delle attivitàpolitiche e com-merciali era rap-p r e s e n t a t odall’odierna Piazza
Cavour, sulla quale si affacciavano il Palazzo delComune, quello del Podestà e la Cattedrale, edalla grande Piazza Garibaldi, unite dall’asseviario un tempo denominato Arengo. Di epoca medievale è anche la grande opera di-fensiva dell’Intagliata, fortificazione di circa 10chilometri realizzata alla fine del XIV secolo.L’attuale assetto di Piazza Cavour è frutto dei
lavori cinque-centeschi di rifaci-mento, dei quali ètraccia evidente lastatua di Sisto V. Il Duomo è statopesantemente col-pito dal terremotoche due secoli farase al suolo granparte della città(Camerino è situatain una zona a ri-schio sismico). Leferite hanno rispar-miato qualche operache vale la pena ve-dere, come la note-vole scultura ligneadella “Madonnadella Misericordia”.
Nella cripta è possibile ammirare due leoni in pietra,
i busti del cardinaleAngelo Gioni e del fra-tello prodotti dallabottega del Bernini e ilsarcofago di S. Anso-vino di stile gotico to-scano, dedicata alSanto che fu vescovodella città camerte nelIX secolo, con partico-lari figure di animaliscolpite alla base delsarcofago.
Accanto alla chiesa si trova il Palazzo Arcivescovile,con i suoi portici e le sue forme rinascimentali. Al suointerno è possibile visitare il museo diocesano “Gia-como Boccanera”.
Il Palazzo Ducale è stato la dimora della signoria deiDa Varano, oggi è la sede dell’Università di Camerino.Dal cortile rinascimentale, voluto da Giulio Cesare DaVarano, si accede alle terrazze (da cui si gode di unbel panorama sui Monti Sibillini) e agli ambienti in-terni tra i quali meritanouna visita le scuderie e lesale d’armi del XV secolo.Da una bella scala elicoi-dale si può arrivare al-l’Orto Botanicodell’Università, fondatonel 1828 dal medico pon-tificio Vincenzo Ottaviani,che ha un’importantecollezione di piante offici-nali oltre alle caratteristi-che serre ricavateall’interno di alcunegrotte che si aprono allabase delle mura.
Città di CamerinoCittà di Camerino
Prendendo l’Arengo,oggi corso VittorioEmanuele II, a pochimetri dalla piazza sitrova il Palazzo Bongio-vanni. L’edificio di im-pianto rinascimentale,fu sede dei vescovi diCamerino e fu cedutoalla città nel 1573 daBerardo Bongiovanni.All’interno si possonoammirare le pregevolistanze decorate. Oggiè la sede del Comunedi Camerino.
All’interno del palazzosi trova l’ottocentescoTeatro Filippo Mar-chetti. Il teatro pre-senta attualmente unaforma a ferro di ca-vallo con tre ordini dipalchi e il loggione.Nel soffitto, dipinto dalFerranti, sono staterappresentate, quattroscene dell’opera RuyBlas, mentre sopra ilboccascena, decoratocon putti e ninfe, si
trova l’apoteosi di Filippo Marchetti, a cui il teatro fuintitolato nel 1881. Un restauro accurato del teatro,eseguito negli anni ‘80 su progetto dell’architetto EzioMariani, ha consentito nel 1990 la riapertura.
Nel cuore della città è situato uno degli edifici religiosipiù antichi: la chiesa di S. Francesco (oggi sconsa-crata), la quale racchiude al suo interno parti dellastruttura originaria romanico-gotica. Poco distante si trova la chiesa di San Filippo, chiesabarocca, restauratadi recente, all’in-terno della quale èconservata la tela“Madonna e S. Fi-lippo Neri” di G.B.Tiepolo. Attaccata allaChiesa di San Fi-lippo si trova lachiesa di San Gio-vanni in Peschiera,un gioiello recupe-rato con i lavori diricostruzione postterremoto del 1997.Il complesso delConvento San Do-menico, edificatodopo il sacco svevodel 1259 nel borgoSan Venanzio, ha subìto nel tempo diversi cambia-menti d’uso. Ora è sede della Pinacoteca e Museo ci-vici e del MuseoUniversitario diScienze naturali. IlMuseo archeologicoraccoglie reperti dalpaleolitico all’età ro-mana, mosaici (pavi-mento) e frammenti diaffresco, iscrizioni de-dicatorie e funerarie,raccolte numismati-che, collezioni di vasigreci ed italici. La Pi-nacoteca conservaopere di pittori camertidel Quattrocento.
Tra i dipinti si può am-mirare la splendida ta-vola dell’Annunciazionee Cristo in Pietà, il ma-nifesto più sorpren-dente del quattrocentomarchigiano, di Gio-vanni Angelo d’Antonio. In questa zona dellacittà è situato anche ilMonastero di SantaChiara, la cui è da sem-
pre legata al casato dei Varano. Giovanni Varano,nonno di Camilla Battista, pose a custodia delle portedella città alcune comunità religiose e il 18 luglio1384 istituì il Monastero di Santa Maria Nova, chesolo successivamente fu dedicato a Santa Chiara.Successivamente Giulio Cesare Varano amplierà quel
Monastero che avrebbe ospitato la figliaprediletta, entrata a far parte della co-munità delle clarisse in Urbino. Il 4 gen-naio 1484 Camilla Battista - che il 17ottobre verrà proclamata Santa - tornaa Camerino (Foto 14 ter). E sarà propriolei a dare lustro al Monastero del qualefu abbadessa per parecchi anni. Dopoalterne vicende, ancora oggi il conventoè abitato da una attivissima comunitàdelle sorelle povere di Santa Chiara.La chiesa di San Venanzio, anch’essaduramente colpita dal terremoto del1799, ha conservato la facciata, l’abside
e il campanile della se-conda metà del Tre-cento, con il bellissimoportale in stile goticofiorito sormontato daun grande rosone. Nellalunetta Madonna conbambino; due leoni su mensola; nella cripta Arca diSan Venanzio in stile gotico.
A pochi metri è possibile visitare il Tempio dell’An-nunziata, edificato dai da Varano all’inizio del ‘500 suuna struttura preesi-stente, in segno diringraziamento per illoro ritorno in cittàdopo la breve paren-tesi borgesca.E proprio Cesare Bor-gia, il famigeratoDuca di Valentino ce-lebrato da Macchia-velli, ha lasciato unasignificativa tracciadel suo passaggio: laRocca borgesca. Vo-
luta daAlessan-dro VIB o r g i a‘per so-s p e t t o ’dei ca-merti sottomessi nel 1502 dal figlio Ce-sare, progettata da Lodovico Clodio,figura poliedrica ed inquietante di prelato,fu quasi ultimata col lavoro di manualiconvocati da molte città tra il maggio el’agosto 1503, prolungando i muri di so-stegno che cingevano già il convento diSan Pietro in Muralto ed inglobandolo.
Giovanni Maria da Varano completò la rocca, l’armò ela mise in comunicazione sotterranea col palazzo du-cale. Nel 1532 essa ospitò il tesoro di Loreto, minac-ciato dalle razzie turche. Colmati i fossati, demoliti gliedifici interni e rimosse le merlature, la rocca si qua-lifica come superbo belvedere. Il giardino fu realiz-zato 1924, integrando alberi piantati già nell’800.Poco distante il santuario di Santa Maria in via. Erettoper munificenza del card.Giori da Camillo Arcucci, so-stituto di Borromini a Romacome progettista o direttoredei lavori, accoglie dal 1643la splendida venerata iconacon Madonna e Bambino, se-condo la tradizione acquisitaa Smirne da crociati camerti(c. 1345), secondo la criticaopera di maestro locale dellametà del ‘200, epoca allaquale risaliva l’oratorio con lostesso titolo abbattuto peredificare il tempio a piantaellittica. All’interno pregevoli tele di scuola romanadel ‘600 e coeva fastosa cornice argentea (‘nuvola’)per esporre l’icona; volta dipinta da Rinaldi (XIX s.)e presbiterio da Orazio Orazi.Usciti dal nucleo urbano della città si raggiunge Re-nacavata, dove si adagia il convento dei frati Cappuc-cini. Questa è la casa madre dell’Ordine, nato esviluppatosi a Camerino sotto la protezione e nel pa-lazzo stesso della famiglia Da Varano nel 1528. Ilcomplesso conserva nella chiesa una magnifica ma-
iolica invetrinata e colo-rata, attribuita a Mattiadella Robbia (prima metàdel ’500) raffigurante laMadonna, il Bambino e iSS. Francesco e Agnese.Bello il tabernacolo dinoce finemente lavoratoe adornato di madreperlae d’avorio, opera di uncappuccino maceratese.Rarissimo nel suo genereil museo, che conservaantichi oggetti dei Cap-puccini.
Una passeggiata per i colli e lacampagna che contornano Ca-merino può essere l’occasioneper ammirare l’imponenteopera difensiva che i Da Va-rano realizzarono edificandorocche, castelli, pievi e centrifortificati. Il consiglio è di nonlasciarsi sfuggire una visita allaRocca Varano, arroccata incima ad uno scoglio, al Ca-stello di Beldiletto, con le grandi torri rotonde a difesadel recinto fortificato, e al Castello di Pievefavera, cheracchiude entro le sue mura con la triplice cinta ditorri di guardia il borgo medievale.
Città di CamerinoCorso Vittorio Emanuele II, 17
62032 Camerino MCtel. +39 0737 634711 fax +39 0737 630423
http://[email protected]