calcio2000 188

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“Studio da Pirlo” Esclusiva VERRATTI pag.8 INTERVISTA ESCLUSIVA SPOLLI, EL FLACO SICILIANO... SERIE B CARPI & LATINA, DUE SORPRESE CADETTE... SPECIALE PROFESSIONE OSSERVATORE, UN MESTIERE VERO... pag.26 pag.30 pag.38 diretto da Fabrizio Ponciroli n.188 agosto 2013 L’enciclopedia del calcio CALCIO2000 PAPERONI DEL CALCIO BECKHAM, IL RE DI DENARI pag.16 ESCLUSIVA OBIANG “VOGLIO LA SPAGNA” pag.22 MITI DEL CALCIO EL PEPE CELESTE pag.42 FOCUS ON CALCIO FEMMINILE, CHE ANNATA... pag.54

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In questo numero di Calcio2000 l'intervista esclusiva a Marco Verratti, i calciatori più ricchi al mondo, interviste a Obiang della Sampdoria e Spolli del Catania e tanto altro ancora.

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Page 1: Calcio2000 188

“Studio da Pirlo”

Esclusiva vErratti

pag.8

intErvista Esclusiva spolli, El flaco siciliano...

sEriE B carpi & latina, duE sorprEsE cadEttE...

spEcialE profEssionE ossErvatorE, un mEstiErE vEro...

pag.26

pag.30

pag.38

diretto da Fabrizio Ponciroli

n.188agosto 2013

l’enciclopedia del calcio CALCIo2000

papEroni dEl calcio BEckham, il rE di dEnari pag.16

Esclusiva oBiang “voglio la spagna”

pag.22

miti dEl calcioEl pEpE cElEstE pag.42

focus on calcio fEmminilE, chE annata... pag.54

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© The Official Emblem of the FIFA Confederations Cup Brazil 2013and the FIFA Confederations Cup Official Trophy are copyrightsand trade marks of FIFA. All rights reserved. in tutte le edicole

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dellA mAnifestAzione

lA stoRiA dellA comPetizione

le cittA’ osPitAnti

il PRoGRAmmA deGli incontRie molto AltRo AncoRA…

PeR lA PRimA VoltA!

le stelle del calcio mondiale e le nazionali più forti dei 5 continenti

Page 3: Calcio2000 188

sommario188

6 LaboccadelleonediFabrizioPonciroli

8 IntervistaEsclusivaVerrattidiSergioStanco

16 IPaperonidelCalciodiFabrizioPonciroli

22 IntervistaEsclusivaObiangdiThomasSaccani

26 IntervistaEsclusivaSpollidiFabrizioPonciroli

38 ProfessioneOsservatorediGabrieleCantella

54 SpecialeCalcioFemminilediPaoloCamedda

30 SerieB–Carpi&LatinadiDanieleBerrone

34 RubricaLegaPro-AlbinoleffediNicolòBonazzi

36 RubricaSerieD–PiacenzadiNicolòBonazzi

seriea

altricampionatiitalia

serie A

42 Imitidelcalcio-SchiaffinodiLucaGandini

46 AccadeaAgostodiSimoneQuesiti

48 CalcioAltrove-LeSovietichediGabrielePorri

50 Dovesonofiniti?IvanoBordondiStefanoBenetazzo

52 Aunpassodallagloria:MassimoFilardidiAlfonsoScintiRoger

60 Spagna-“ORei”diBarcellona64 Inghilterra-EsordientieRipetenti68 Germania-Adunpassodall’Olimpo72 Francia-L’abitofailMonaco

topcalcioeUropa

ilcalcioracconta

seVUoiilnUmerocompetoDistatisticHe

corriineDicola

lotroVialpreZZo

straorDinarioDi€ 3,90!!!

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5ago2013calcio2000

sommario188

6 LaboccadelleonediFabrizioPonciroli

8 IntervistaEsclusivaVerrattidiSergioStanco

16 IPaperonidelCalciodiFabrizioPonciroli

22 IntervistaEsclusivaObiangdiThomasSaccani

26 IntervistaEsclusivaSpollidiFabrizioPonciroli

38 ProfessioneOsservatorediGabrieleCantella

54 SpecialeCalcioFemminilediPaoloCamedda

Direttore responsabileAlfonsoGiambelli

Direttore [email protected]

responsabile iniziative [email protected]

[email protected]

[email protected]

Hanno collaboratoDanieleChiti,RenatoMaisani,AntonioLongo,DeborahBassi,LucaGandini,AlviseCagnazzo,GianpieroVersace,LucaManes,FlavioSirna,PaoloMandarà,StefanoDeMartino,AntonioGiusto,NicolaPagano,EleonoraRonchetti,SimoneGrassi,GianluigiBagnulo,AntonioVespasiano,MatteoPerri,FrancescoDelVecchio,AntonioModaffari,GabrielePorri,PaoloCamedda,AlessandroBasile,FrancescoSchirru,PasqualeRomano,ElvioGnecco,DarioLisi,FrancescoIppolito,RobertoZerbini,AndreaRosati,SilviaSaccani,LorenzoStillitano,RiccardoCavassi,AntonelloSchiavello,AlfonsoScintiRoger,ElmarBergonzini,AlessandroCasaglia,SimoneQuesiti,PierfrancescoTrocchi,StefanoBenetazzo,NicolòBonazzi,GianniBellini,FrancescoScabar,DanieleBerrone,IreneCalonaci,SimoneBeltrambini,GabrieleCantella

realizzazione GraficaFrancescaCrespi

fotoGrafie AgenziafotograficaLiverani

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concessionaria esclusiva per la pubblicitàACTIONGROUPsrlViaLondonio222O154MilanoTel.O2.345.38.338Cell.338.9OO.53.33e-mail:[email protected]

5ago2013calcio2000

calcio2000

Numero chiuso il 3O giugno 2013

Tutti i mesi, troverai Calcio2000 su:www.calcissimo.com/calcio2000www.issue.com/calcio2000

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6 ago 2013calcio2000

MI PUÒ aIUTaRE?Egregio Direttore Ponciroli,la contatto perché so che lei può aiutarmi. So che è un grande collezionista di figurine e qui ho bisogno di lei. Io sono un tifoso dell’Ascoli, ho 40 anni e sono alla ricerca di una collezione di figurine in cui, mi pare di ricordare, c’e-rano due giocatori dell’Ascoli in formato caricatura. Non so se è frutto della mia fantasia ma mi pare di ricordare che fosse così. Non è che magari lei si ricorda? So che le chiedo molto ma non riesco proprio a togliermelo dalla testa…Severino, mail firmata

Caro Severino, ti ricordi bene… La raccolta a cui pensi da tempo è Calciatori Panini, edizione 1983/84. In quell’al-bum, le due pagine centrali, erano dedicate agli stranieri (due per squadra) presenti nelle rose delle squadre di Serie A di quella stagione. Nello specifico, per quanto riguarda l’Ascoli, erano raffigurati, in formato caricatura, i due stra-nieri dell’epoca, ovvero Juary e Trifunovic. Quest’ultimo era “immortalato” mentre effettuava una rovesciata, gesto atletico che credo non abbia mai fatto neppure in allena-mento. Spero di esserti stato utile…

MILaN IMMoBILE…Caro Ponciroli,so che lei è sempre attento al calciomercato e mi chiedo come sia possibile che il mio Milan non faccia nulla sul mercato. Galliani parla con tutti e non conclude con nessuno. Secondo lei come andrà a finire? Chi non ci sarà più il prossimo anno? Complimenti per la rivista e mi aspetto presto un milanista in cover. Auguri per la prossima stagione.Leo, mail firmata

Caro Leo, mai sottovalutare uno come Galliani. Il mio intuito mi dice che, negli ultimi giorni di mercato, il Milan si farà sen-tire e porterà a casa qualcuno di importante. Purtroppo il Milan, come altre società, deve fare i conti con ristrettezze economiche notevoli e, di conseguenza, prima di acquistare, deve necessa-riamente vendere. Per uno che arriverà, un altro farà le valigie. A mio avviso partirà solo Robinho e, forse, qualcuno a cen-trocampo. Mi aspetto un giocatore importante a metà campo…

IL PIÙ BEL goL DI SEMPRE…Gentile Direttore,ho saputo che Calcio2000 torna in edicola, è vero? Ne sarei contentissimo, visto che il web mi appartiene il giusto. Con la mia età, devo chiedere sempre a mio figlio di aiutarmi per po-terlo vedere sul computer. Mi è capitato di vedere un program-ma che raccontava gli anni Ottanta, quelli in cui ero un giovane trentenne e ho visto che hanno fatto vedere i gol più belli della storia con il famoso gol di Maradona al primo posto. Hanno fatto vedere anche quello di Van Basten nella finale dell’Eu-ropeo 1988. Beh, secondo lei quale è stato il gol più bello di sempre? Angelo, mail firmata

Mamma mia Angelo, che domanda difficile… Il gol è un attimo sfuggente, la sua bellezza è spesso legata al momento in cui avviene. Maradona e Van Basten hanno segnato, rispettivamen-te, in un Mondiale e in un Europeo, è chiaro che aumentino di valore ed importanza. Personalmente ricordo un gol di Ronal-do. Allora il Fenomeno giocava con la gara con il Barcellona e, in una gara contro il Compostela (stagione 1996/97), riuscì a superare, come fossero birilli, tutti gli avversari, arrivando a segnare un gol pazzesco che diceva tutto sulla sua superiorità rispetto a tutto il resto del mondo del calcio. Una rete incredi-bile, non segnata in un grande evento ma pur sempre celestiale. Ecco, andrei con Ronaldo…

PRoNoSTICI PRoSSIMI aNNoGentile Redazione,avrei, come ogni anno, una domanda per il Direttore a cui vorrei chiedere i primi tre classificati della prossima stagio-

Per scriverci – [email protected]

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7ago 2013calcio2000

di Fabrizio Ponciroli

VIDEOGAMES DA URLO!!!WWE 2K14 Per chi non può stare lontano dal wrest-ling WWE, ecco il titolo perfetto. Da The Rock a Triple H, i migliori sono sul ring, pronti a darsele di santa ragione…

ne, chi retrocederà e chi vincerà la Champions. Risultati che metterò sul mio blog insieme a quelli di altri illustri giorna-listi. Spero in una vostra risposta.Grazie e distinti salutiPietro, mail firmata

Caro Pietro, eccomi e vedrai che non ne azzeccherò neppu-re una. Comunque ci provo. Allora, classifica primi tre po-sti prossimo anno: Juventus, Inter, Napoli. Ultimi tre posti: Genoa, Livorno, Chievo. La Champions la vincerà ancora il Bayern Monaco di Guardiola.

BENITEZ È UN gRaNDE TECNICo?Gentile Redazione,continuo a seguirvi anche ora che siete sul web e, da buon tifoso del Napoli, sono molto preoccupato per il nuovo corso del mio Napoli. Non ho capito il perché dell’arrivo di Benitez. All’Inter è durato poco e ora me lo ritrovo alla guida del Napoli, perché? Stiamo parlando di un allenatore che non mi pare sia mai stato amato da nessuno. Al Chelsea l’hanno cacciato subito, perché l’abbiamo preso? De Laurentiis non mi pare abbia fatto una bel-la presa, o sbaglio?Tifoso Napoli, mail firmata

Caro amico, ci andrei piano nel giudicare male uno come Rafa Benitez. Questo signore non è uno sprovveduto. Ovunque è sta-to, ha vinto e, nel calcio, quello che conta è vincere. Anche nella disastrata stagione nerazzurra, ha comunque portato a casa dei trofei e questo la dice lunga sul valore del tecnico spagnolo. Si

prenda, ad esempio, anche l’ultima avventura al Chelsea. Sebbe-ne sapesse di essere un semplice traghettatore, ha alzato al cielo l’Europa League, vinta grazie alle sue idee. Il suo curriculum parla chiaro, ha vinto tutto a livello di club, dalla Champions League (con il Liverpool) alla Coppa de Mondo per Club (Inter). Mazzarri è un grande tecnico ma Benitez non è da meno…

MI DICa SE aNDaTE aVaNTI…Caro Direttore,Ho saputo che si torna in edicola ma è solo per l’estate? Aspetto sue risposte…Antonio, mail firmata

No, l’idea è di andare avanti il più possibile… Buona lettura amici!!!

I consigli del mese per chi ha voglia di divertirsi con la console di casa…

LE TOUR DE FRANCE 1TH EDITION In contemporanea con la competizio-ne ciclistica più famosa al mondo, Sali in sella e pedala verso il trionfo con il videogame ufficiale…

LEGO LEGENDS OF CHIMA: IL VIAGGIO DI LAVAL In questo epico viaggio Laval dovrà scoprire il segreto della leggendaria armatura del triplo CHI

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8 ago 2013calcio2000

IL PICCoLo PRINCIPE

icordate il personaggio del “Piccolo Principe”, il libro fantastico di Antoine de Saint-Exupery? Vaga-

va per i pianeti e faceva un sacco di do-mande per capire il mondo degli adulti. Fare il parallelo con Verratti è stato un attimo, e non solo perché la favola è uno dei classici della letteratura francese, ma proprio perché al nostro “piccolo” Marco in questo ultimo anno è successo davvero di tutto: l’estate scorsa festeg-giava la promozione in Serie A col suo Pescara da protagonista, ma ancora con addosso l’etichetta del giocatore che si doveva fare. Non a caso, le “big” del nostro calcio hanno tentennato prima di investire su di lui. Certo, il Pescara chiedeva tanto (15 milioni di euro), ma il PSG ci ha creduto e oggi passa all’in-casso. Da allora, infatti, il ragazzo è

R

INTERVISTA - MARCO VERRATTI di Sergio Stanco

cresciuto in maniera esponenziale: s’è già fatto praticamente, in meno di un anno. Titolare e campione di Francia nel PSG, croce e delizia di Ancelotti che con lui ha usato un po’ di bastone e tanta carota, e leader della Nazionale Under 21 cui solo una fantasmagorica Spagna in finale ha negato la gioia di laurearsi Campione d’Europa. Nel mezzo, tanti riconoscimenti forse meno pubblici, ma di certo non meno importanti: come le “carezze” di Pirlo, i suoi suggerimenti, la sua investitura: per chi è considerato il suo erede, non è poco. Le doti tecni-che, ma anche la testa saldamente sulle spalle (e lo vedrete dall’intervista che segue, dall’attenzione e l’umiltà delle risposte): insomma, tutte le condizio-ni perché quel timido prospetto di un campione che un anno fa si affacciava al grande calcio, ne diventi un testimonial

d’eccezione. Anche Marco, dunque, sta studiando il mondo degli adulti, perché ha tutta l’intenzione di trasformarsi da Principe in Re.Allora Marco, cominciamo dagli al-bori: quando hai capito che avevi i numeri per diventare un grande gio-catore? “Io non sono un grande giocatore, cerco di diventarlo con il lavoro, il sacrificio ed il sudore giorno dopo giorno”.Risposta da manuale, tipo un lancio di 50 metri che finisce sul piede di Ibra… (ride, ndr). Continuiamo: hai sempre giocato da centrocampista o come spesso capita ti è stato cambiato ruolo?“No, ho sempre giocato in mezzo al campo. Forse all’inizio in posizione più avanzata, ma il mio ruolo è quello”.Sgombriamo il campo da equivoci:

Intervista Esclusiva con Marco Verratti, centrocampista rivelazione del PSG e della Nazionale italiana.

i

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9ago 2013calcio2000

IL PICCoLo PRINCIPEche sei nato trequartista, allora, è una favola o è vero? Qual è il ruolo che hai sempre sentito tuo? “Mi trovo benissimo in quello attuale (regista, ndr), è quello che si addice di più alle mie caratteristiche”.Nella tua crescita è stato determinante un mister come Zeman: cosa ti ha in-segnato? “La cosa fondamentale che ho imparato dal mister è la cultura del lavoro. È un martello”.A dispetto dell’immagine che si è co-struito, pare che sia una persona anche divertente: ma l’hai mai visto ridere? “Sì, assolutamente sì, anche spesso (sor-ride, ndr). È anche molto simpatico”.Qual è invece secondo te la migliore qualità di Mister Ancelotti? “È fondamentale la sua capacità nel ge-

stire gli umori ed i caratteri di grandi campioni”.Qual è la raccomandazione più fre-quente che ti ha fatto?“Spesso mi ha consigliato di non prote-stare con l’arbitro (sorride, ndr)”.Il tuo primo giorno a Parigi, che ti ri-cordi? “Tutto, è stata una giornata indimenti-cabile: l’arrivo alla sede, allo stadio, la firma del contratto. È stato un mix d’e-mozioni che ricorderò sempre”.Chi ti ha aiutato nell’inserimento nel nuovo ambiente? È stato difficile? “No, perché ho sempre avuto al mio fianco la mia famiglia e la mia fidanza-ta che mi sono stati vicini”.Cosa ti manca dell’Italia e cosa inve-ce non ti manca proprio? “Mi mancano certamente i miei amici

Luca Ariatti (ex Atalanta, Fiorentina, Lecce e molte altre, oggi procuratore sportivo), nel 2010 ha praticamente tenuto a battesimo Marco Verratti, che a soli 18 anni cominciava a farsi ammirare in Serie B. Ecco il ricordo dell’ex centrocampista: “Marco è il classico esempio da raccontare ai ragazzi che sognano di diventare calciatori. Eravamo al primo anno Serie B e c’erano grandi aspettative su di lui, anche se fino ad allora nessuno aveva realmente cercato di prenderlo. Lui è la dimostrazione che col tempo, col lavoro e stando in società più a misura d’uomo, si può crescere. Aveva cominciato quella stagione da trequartista, ma non ne aveva le caratteristiche, non trovava la posizione e i tempi. Verso la fine della stagione, Di Francesco lo ha spostato a centrocampo davanti alla difesa: me lo ricordo bene perché giocavamo in coppia e da allora la sua carriera ha svoltato. È diventato un grande giocatore, ma sinceramente non pensavo potesse arrivare a grandi livelli in così poco tempo”. Anche se... “Aveva e ha grande qualità, grande umiltà, è un ragazzo molto semplice e il suo gioco lo definirei essenziale. È talmente umile che secondo me neanche si accorge di quello che sta facendo, ha sempre i piedi per terra, non perde mai la testa”. C’è una cosa di Verratti che in maniera particolare ha colpito Luca Ariatti: “La personalità, ne ha tantissima. È un grandissimo palleggiatore, gioca corto, non butta mai via palla neanche sotto pressione, assomiglia più a Pizarro che a Pirlo, che ha più lancio lungo e gioco da fermo. Lui è più un metronomo, gestisce palla, fa girare la squadra, ma mette sempre la gamba”. Dove può arrivare? Luca, piuttosto, guarda a dove è già arrivato... “Quando giochi al PSG sei già arrivato, sei nell’élite. In Francia ci hanno creduto e gli hanno affidato la squadra, significa essere già ad altissimi livelli. Oggi il PSG vale il Barcellona, la Juve, il Manchester, i club più blasonati. In futuro, se mai decidesse di cambiare, lo vedrei più in un calcio tecnico come quello spagnolo. In ogni caso, non ho dubbi: sarà il faro dell’Italia appena Pirlo deciderà di lasciare. Insieme, secondo me, non possono giocare, ma non vedo eredi di Pirlo migliori di Marco Verratti”. Pirlo-Verratti, un paragone che ricorre. Nessuno meglio di Leonardo Menichini, secondo allenatore del Brescia di Mazzone quando Pirlo esplose da regista (furono loro ad arretrarlo), ed avversario di Verratti in Serie B quando allenava il Crotone, può dirimere la controversia: “Verratti è un gran bel giocatore, non si discute, ma Pirlo è Pirlo, uno dei migliori al Mondo. Secondo me già il fatto che Verratti, a soli vent’anni, sia accostato a lui deve inorgoglirlo. Probabilmente il confronto tra i due viene spontaneo perché sono due trequartisti diventati registi e per la personalità che entrambi hanno nel giocare il pallone senza paura: secondo me, però, Pirlo è più completo, perché ha sia destro che sinistro, ha il lancio lungo, mentre Verratti preferisce il gioco corto, ma è anche bello tosto a metà campo, uno che si fa sentire nei contrasti, a volte anche troppo (sorride, ndr). Ripeto, però, che è uno dei migliori giovani in circolazione e col tempo tutto si può affinare: gli auguro anche solo di avvicinarsi a quello che ha fatto Pirlo, significherebbe fare comunque una grandissima carriera”.

“ N o n è P i r l o , m a s a r à i l s u o e r e d e ”

Con l’Under 21 di Mangia, Verratti si è dovuto arrendere solo alla Spagna in finale

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

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10 ago 2013calcio2000

e le cene che facevamo tutti insieme, rinuncio volentieri al calcio vissuto in maniera ossessiva come capita da noi”.In effetti, abbiamo visto diversi video in cui ti diverti con i tuoi compagni dal PSG: come vivono il calcio in Francia? “Lo vivono in maniera normale, più rilas-sata, senza eccessive pressioni”.Il prossimo anno ci saranno i Mondiali: ci vai per imparare da Pirlo o credi di poterlo vivere da protagonista? “Innanzitutto, devo ancora andarci (sorri-de, ndr)”.Altra risposta da manuale del bravo cal-ciatore. E di Pirlo che ci dici? “Avere davanti a me Andrea è solo un ono-re…”.Che rapporto hai con lui? L’ultimo consi-glio che ti ha dato? “Il nostro rapporto è ottimo, in Nazionale scherziamo sempre, ci divertiamo un sacco”.

Chi sono i più forti nel tuo ruolo al Mondo? Il tuo preferito?“Questa è facile: Pirlo (sorride, ndr)”.E invece da piccolo a chi ti ispiravi? “Ammiravo molto Del Piero”.Chi devi ringraziare per essere arrivato dove sei oggi? “Sicuramente la mia famiglia, che ha fat-to tanti sacrifici per aiutarmi a coronare il mio sogno. Senza di loro non sarei qui”.Il Verratti studente era un “professo-re” come il Verratti che insegna calcio a metà campo? “Parliamo di un altro argomento che è meglio (sorride, ndr)”.Va bene, viva l’onestà. Altro argomento non proprio felice: dopo l’Europeo dei

grandi, la Spagna ci ha soffiato anche quello dei “piccoli”, qual è il loro segre-to secondo te e come si colma il gap? “Io posso parlare per l’Under: molti di loro hanno già giocato competizioni inter-nazionali, mentre – come ha detto mister Mangia – a noi è mancata un po’ d’espe-rienza. Vedrete che nel futuro colmeremo questa differenza”.Con l’Under 21 avete fatto un’ottima figura: chi credi verrà con te in Brasile dei tuoi compagni? “Impossibile fare nomi, lo meriterebbero tutti...”.Come ti chiamano in Francia? Hai qualche soprannome divertente che ti piace?

INTERVISTA - MARCO VERRATTI

Al PSG, grazie ad Ancelotti e Ibra, Verratti ha acquisito tanta esperienza, vincendo anche la Ligue 1

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11ago 2013calcio2000

IL PICCoLo PRINCIPE

DI CAMPLI: “IN BRASILE MARCO SARà IL NUMERO 1”

“Consigliere, amico, quasi fratello maggiore”, così Donato Di Campli racconta il suo rapporto con Marco Verratti, di cui cura gli interessi. A lui abbiamo chiesto quali siano le prospettive del gioiellino del PSG.Avvocato, partiamo dal principio, come ha scoperto Marco Verratti? “L’ho scoperto a Pescara, ai tempi degli Allievi. Era già un fenomeno allora”. Quindi si è reso conto subito che aveva di fronte il prospetto di un campione? “Immediatamente, non ho avuto il minimo dubbio”.Cosa l’aveva colpita in particolare di lui? “Il gap di differenza con gli altri ragazzi, nonostante fosse più giovane di due anni rispetto agli altri giocava con una personalità eccezionale”. I paragoni con Pirlo si sprecano: secondo lei Marco dove può arrivare? “Non lo so, ma comunque di strada ne ha fatta già tanta. Non dimentichiamoci che ha solo vent’anni”.In generale un agente per il calciatore deve essere… “Una persona leale”.Chi è il prossimo “Verratti” che le esploderà tra le mani? “Ve ne segnalo due: Giacomo Ridolfi ed Alberto Torelli (centrocampisti della Vis Pesaro, rispettivamente classe ‘94 e ‘95)”. In Brasile, nel 2014, Marco sarà… “Il numero 1”.

V i s t o d a l l’ a g e n t e

“Dipende. Alcuni mi chiamano sempli-cemente “Petit” Verratti (piccolo Verratti, ndr) oppure “Gufetto” è quello che mi porto dietro da un po’”.La tua quotazione è impazzita, mi sa che in Italia non ti vedremo mai più: a te piacerebbe tornare un giorno? “Un giorno sì, mi piacerebbe, ma al mo-mento in effetti è molto difficile”Prima di tornare, c’è un altro calcio che ti piacerebbe provare?

“Forse quello inglese o anche quello spa-gnolo”.Qual è il sogno che vorresti ancora co-ronare? “Un giorno vincere il mondiale”.E se quel giorno fosse il 13 luglio del 2014? D’altronde, per uno che in un anno è passato da Pescara a Parigi, sfiorando il tetto d’Europa, i sogni son desideri. Che molto spesso si realizzano.

Cresciuto nel Pescara, oggi Verratti è uno dei centrocampisti migliori al mondo

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12 ago 2013calcio2000

I NUoVI PIRLo

ecnica, visione di gioco, precisione e dribbling. Sono queste le caratteristiche che deve avere un grande re-

gista di centrocampo. Andrea Pirlo e Xavi Hernandez rappresentano, in tal senso, due istituzioni. Sono i giocatori che più di ogni altro incarnano le doti che un mediano che gioca davanti alla difesa deve avere. Sono completi, im-postano e difendono; sanno far partire l’azione da dietro o verticalizzare in profondità; sono in grado di mettere in porta il compagno in mille modi e ma-niere. Tecnicamente eccelsi, offrono un ventaglio di soluzioni ampissimo.

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SPECIALE - I NUOVI PIRLO di Daniele Berrone

Tutti i maggiori club europei si sono resi conto dell’importanza di avere un grande regista in squadra, ed alcuni di questi si sono portati avanti con il la-voro crescendo in casa alcuni dei più fulgidi talenti del ruolo. Il più impor-tante e conosciuto è Marco Verratti, faro del Paris Saint Germain. Accan-to a lui, però, ci sono altri ragazzi di grandissima prospettiva. Bryan Cristante, talento italo-cana-dese classe ’95 del settore giovanile del Milan, è considerato un predesti-nato. Visione di gioco, piede educato e lancio millimetrico, regista di cen-trocampo dotato di tecnica sopraffina

e tempi di gioco perfetti. Nato come centrale di centrocampo, è stato ben presto impiegato come fulcro del gio-co nelle giovanili rossonere. Impos-sibile non sfruttare le fantastiche doti di questo mediano, abile a smistare il pallone ed in grado di dettare i tempi del gioco. Cristante predilige prendere la palla dai difensori ed impostare lui stesso la manovra di gioco. Né più, né meno, il gioco che fa Andrea Pirlo nel-la Juventus e con la Nazionale, guarda caso. Cristante, per quanto il paragone con il numero 21 bianconero sia az-zardato, rappresenta un unicum nel panorama dei centrocampisti italiani.

Il ruolo da regista è uno dei più ricercati dalle squadre di calcio. Oltre a Verratti, vediamo chi sono gli altri giovani entrano nel mirino delle “big”.

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13ago 2013calcio2000

Bravissimo palla al piede, gioca sem-pre a testa alta ed è in possesso di un lancio formidabile. Cresciuto nel vi-vaio del Milan, verrà promosso in pri-ma squadra a partire da quest’estate. Thiago Alcantara, figlio dell’ex na-zionale brasiliano Mazinho, è uno dei prodotti della cantera del Barcellona. Classe 1991, ha nella visione di gioco e nel tocco di palla le sue migliori qua-lità, tanto da spingere i media spagnoli a paragonarlo a Xavi Hernandez. Nato in provincia di Brindisi, il giovane ta-lento brasiliano naturalizzato spagno-lo ha scalato in fretta le gerarchie del settore giovanile blaugrana. Dal 2009 fa parte della prima squadra, con cui ha collezionato ad oggi 101 partite e 11 reti. Alcantara, come ha dimostrato nel corso del recente Europeo Under 21,

è un centrocampista di spiccata perso-nalità e con una visione di gioco che solo i grandi campioni possono vanta-re. Gioca davanti alla difesa, ma ama svariare lungo tutta la zona centrale del campo, inserendosi anche in area di rigore. Destro naturale, ha una tec-nica sopraffina, tanto da sembrare am-bidestro in molte circostanze di gioco. Un carattere ed una personalità roc-ciosa lo hanno portato ad essere capi-tano e rigorista dell’Under 21 iberica, con cui ha vinto ben due Europei di categoria. Il dualismo con Xavi Her-nandez, leggendaria stella del calcio iberico, sembrerebbe spingere Thiago Alcantara a chiedere la cessione in estate. Inutile dire che il suo acquisto sarebbe un innesto formidabile per qualsiasi centrocampo. Mateo Kovacic, talentino croato clas-se ’94, è stata una delle poche note liete della scorsa stagione interista. Cresciuto nel Lask Linz, si è fatto un “nome” in patria indossando la maglia della Dinamo Zagabria, dove gli è sta-ta immediatamente concessa massima fiducia. Semplice capirne il motivo, fin dalle prime apparizioni in Serie A, Kovacic ha dimostrato a tutti di che pasta è fatto. Il giovane regista croato ha qualità eccelse, unite ad una sfron-tatezza che solo chi possiede grandi mezzi può vantare. Rapido ed in pos-sesso di una progressione davvero no-tevole, Kovacic ha una tecnica di base invidiabile. Il suo dribbling, secco e preciso, aiuta le sue squadre a godere facilmente della superiorità numerica, ponendo le basi per importanti azioni offensive. Uno dei suoi marchi di fab-brica, oltre a geometrie e verticalizza-zioni, sono i calci di punizione. Con la maglia della Dinamo erano frequenti le sue trasformazioni da palla inatti-va, tanto che in 43 presenze è riuscito a collezionare ben 7 reti. Nato come trequartista, si è progressivamente ab-bassato in campo, ricoprendo prima il ruolo di mezzala, quindi quello di re-gista basso davanti alla difesa. Tonny Trindade de Vilhena, regista classe ’95, è il più importante prospet-to del calcio olandese.

Cresciuto calcisticamente nel Feyeno-ord, si è ritagliato un posto da prota-gonista a soli 18 anni in prima squa-dra. Tecnica e visione di gioco son caratteristiche che madre natura gli ha regalato, che uniti alla sua rapidità ed alle sue verticalizzazioni lo rendono un giocatore con caratteristiche deva-stanti. In possesso di geometrie fuori dal comune, Vilhena vede la porta molto bene ed ha un tiro da fuori effi-cace e preciso, che lo rende un gioca-tore pronto per i maggiori campionati europei. Punto fisso del Feyenoord di Rotterdam, è a 18 anni da poco com-piuti uno dei prospetti più interessanti del panorama calcistico internaziona-le, tanto da spingere i maggiori club europei a visionarlo durante le partite di Eredivisie e nel corso dell’Europeo Under21 in cui l’Olanda ha ben figu-rato. Emre Can, turco-tedesco classe ’94, è uno dei prodotti del settore giovanile del Bayern Monaco. Centrocampista centrale poliedrico, unisce doti d’im-postazione ad un fisico imponente, che fa di Can un ragazzo di sicuro avvenire. Progressivamente inserito in prima squadra, il giovane talento di passaporto tedesco è considerato uno dei futuri protagonisti con la maglia bavarese. Convocato anzitempo in Under21, Can ha avuto modo di farsi apprezzare durante il torneo appena chiusosi in Israele. L’approdo di Pep Guardiola sulla pan-china del Bayern, dicono i ben infor-mati, ha riempito di gioia il talentino di origini turche. Lavorando quotidia-namente con il tecnico catalano, Can conta di affinare le meravigliose qua-lità che madre natura gli ha regalato. In un calcio che fa della rapidità e dei movimenti senza palla il suo cardine, è vitale avere un giocatore che man-tenga la calma, che sappia mettere il pallone dove vuole. Un uomo in gra-do di dettare i tempi del gioco e degli inserimenti; che sappia valorizzare il lavoro di preparazione al match fatto in allenamento. I grandi club del Vec-chio Continente l’hanno capito, la cor-sa “all’oro” è già cominciata.

Thiago Alcantara, regista del Barcellona dalle qualità tecniche importanti

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16 ago 2013calcio2000

BRaND, NoN CaLCIaToRI

era una volta un calcio a misura d’uomo, ovvero con stipendi che nulla avevano a che fare con le

cifre di oggi. Con il passare degli anni e la crescita del mondo calcio, tutto si è ingigantito, tanto da essere totalmente “fuori mercato”. I calciatori attuali (at-tenzioni, non tutti ma alcuni privilegia-ti) non sono semplici sportivi abilissimi con il pallone tra i piedi ma vere e pro-prie aziende. Dei brand, in grado di ge-nerare soldi a palate… Basta un nome per spiegare al meglio questo strano ma affascinante meccanismo, ovvero quello di David Beckham. Dati alla

C’

SPECIALE - PAPERONI DEL CALCIO di Fabrizio Ponciroli

mano, l’ex stella, tra le altre, di Man-chester United, Real Madrid e Milan, è il giocatore (ora ex giocatore) che ha guadagnato di più nel corso del 2012. L’ex nazionale inglese ha incassato, udite udite, la bellezza di 50,6 milioni di dollari nel corso del già citato 2012 (più o meno parliamo di 38,7 milioni di euro). Vi chiederete chi ha elargito una simile somma al caro Beck? Beh, non il PSG (sua ultima squadra), visto che il generoso David ha deciso di devolvere il proprio compenso, per i mesi passati a Parigi, in beneficienza. E allora chi? Il conto è presto fatto. Dai suoi main sponsor, ovvero adidas, Coty, H&M,

Sainsbury and newest partner e Breit-ling sono arrivati ben 44,1 milioni, a cui vanno aggiunti 6,5 milioni ricevuti per il trionfo in MLS con i Los Ange-les Galaxy. Totale: 50,6 milioni… E, attenzione, non pensiate che il ritiro dal campo sarà un problema per il fa-coltoso inglese. Grazie al suo recente contratto come nuovo testimonial della Super League cinese, i futuri introiti di Beck saranno ancora da primato. In cambio del suo bel volto, i vertici del calcio cinese verseranno nelle casse della famiglia Beckham ben 50 milioni di euro totali (10 all’anno per i prossi-mi 5 anni). Come se non bastasse, il bel

Nessuno ha guadagnato più di Re Mida Beckham nel mondo del calcio, stagione 2O12, ma chi insegue non si è accontentato di briciole…

S

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17ago 2013calcio2000

Il valore del Real Madrid è pari a 3,3 miliardi di dollari, nessuna squadra di calcio vale di più

David ha deciso di aprire un ristorante di lusso nella celebre Strip di Los An-geles, in collaborazione con il famoso chef Gordon Ramsay, amico di vecchia data. Un altro modo per non rischiare di perdere il titolo di re del calcio… In-somma, un uomo di calcio che si è tra-sformato in un brand, con buona pace di chi crede ancora che la fortuna dei calciatori sia nei piedi…

GLI “SPAGNOLI” DEL PODIOUno gioca nel Real Madrid, l’altro nel Barcellona. Stiamo parlando, rispetti-vamente, di Cristiano Ronaldo e Messi, ovvero il secondo e il terzo calciatore che hanno incamerato più quattrini nel 2012. CR7, 28enne portoghese noto in tutto il pianeta, lo scorso anno ha rastrellato la modica cifra di 43,5 mi-lioni di dollari (33,3 milioni di euro al cambio attuale). Quasi la metà dei propri incassi (21,6 milioni) derivano dai facoltosi sponsor che lo seguono giorno per giorno, nello specifico Nike, Castrol, Clear Shampoo, Mobitti, Ko-nami, Banco Espirito Santo, il resto ar-riva dal Real Madrid. Ma, attenzione, il portoghese sta rinegoziando il proprio accordo con i blancos. Oltre al volere più soldi, la stella della Liga pretende una rivisitazione della quota dei tanto famosi diritti d’immagine (attualmente circa il 40% finisce nelle casse del club

spagnolo), così da aumentare notevol-mente il proprio fatturato. Distanziato di “soli” 3,2 milioni, ecco Messi. La Pulce si è fermata a 40,3 milioni di banconote americane (30,8 milioni di euro). Forte di un contratto con il club blaugrana di 21,2 milioni e pronto a raccogliere l’eredità di Beckham qua-le primo testimonial dell’adidas, l’ar-

gentino punta a conquistare la vetta dei giocatori più pagati al mondo già a partire dall’anno in corso… Per sua fortuna, gli sponsor non gli mancano di certo. Al suo fianco, il piccolo Messi ha marchi del calibro di adidas, Pepsi, EA Sports, Head & Shoulders, Herbalife, Turkish Airlines, Dolce & Gabbana. Diciamo non proprio la bottega dei sa-lumi sotto casa…

CHI INSEGUE…C’è un abisso tra i primi tre e chi in-segue. Solo Beckham, Cristiano Ro-naldo e Messi possono vantarsi di aver superato quota 40 milioni di fatturato nel 2012. Per tutti gli altri, cifre decisa-mente più modeste (se si possono con-siderare tali…). Aguero, stella del City, è il quarto in graduatoria con un incas-so totale di 20,8 milioni di dollari. Tan-ti arrivano dal multi-contratto firmato con i Citizens, altri da sponsor di fama mondiale come Puma e Pepsi. Alle sue spalle un altro giocatore della Premier League, ovvero Rooney. Nel 2012 è giunto a quota 20,3 milioni, anche gra-zie alla fortunata collana di libri griffa-ta Harper Collins. Passiamo poi a Yaya

Vi siete mai chiesti quanto possa valere un club come il Real Madrid? La risposta l’ha fornita proprio Forbes che ha quantificato il valore del club spagnolo. Le merengues valgono esattamente 3,3 miliardi di dollari. Avete capito bene, 3,3 miliardi di dollari. Questo fa del club di cui è presidente Florentino Perez il giocattolo di calcio più ricco al mondo. Una quotazione davvero impressionante se si pensa che i New York Knicks, la franchigia più importante (e danarosa) dell’intera NBA è stata valutata, sempre da Forbes, 1,1 miliardi di dollari, quindi esattamente 1/3 dei blancos. Non vi basta? Beh, i Dallas Cowboys, la franchigia NFL più quotata, vale 2,1 miliardi di dollari, poco più della metà del Real Madrid… Meglio dei Cowboys, a dire il vero, ci sono altre due squadre di calcio, ovvero Manchester United (3,1 miliardi) e Barcellona (2,6 miliardi). E le italiane? Il Milan è sesto, con un valore stimato in 945 milioni di dollari mentre la Juventus è ottava (694 milioni) ma con un incremento, rispetto all’anno precedente, pari ad un +17% che fa ben sperare per il futuro…

o n o r e a l r e a l m a d r i d

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

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18 ago 2013calcio2000

Anastasi, ai suoi tempi, percepiva 20-30 milioni all’anno, ma si parlava di lire

Tourè con i suoi 20,2 milioni di euro, frutto quasi esclusivamente del suo accordo milionario con il Manchester City (valido sino al 2017). In settima posizione un altro “inglese”, ovvero El Nino Maravilla Torres. Il centravanti del Chelsea non ha agguantato Yaya Tourè solo per 100.000 dollari (20,2 milioni l’incasso dello spagnolo). Vo-liamo in Brasile per l’ottavo della fan-tastica lista. Il nome è quello di Neymar e, vista la giovane età (21 anni) e il suo fresco passaggio al Barcellona, siamo certi che, nei prossimi anni, lo vedremo in ben altre posizioni. Con sponsor im-portanti del calibro di Nike, Konami, Panasonic, Red Bull, Santander, Unil-ver, Volkswagen, Neymar ha generato un fatturato, lo scorso anno, pari a 19,5 milioni. A chiudere la Top Ten dei paperoni del calcio troviamo Kakà e Drogba. Il primo, vecchia conoscenza del calcio italiano, ha chiuso a 19,5 milioni (tan-ti di questi versati nelle sue casse dal Real Madrid) mentre l’attaccante della

I calciatori piu’ pagati nel 2012 in figurina

Tre scudetti, una Coppa Italia e un Europeo. Non proprio una bacheca da signor nessuno eppure, a livello di introiti economici, Anastasi, stella del calcio anni Settanta, non farebbe una gran figura, se paragonato agli stipendi che circolano nel calcio di oggi: “Guardi, io, ai tempi d’oro, prendevo circa 20/30 milioni… Ma non di euro, parliamo di lire e all’anno… Soldi che, allora, ti permettevano di comprare un appartamento. Oggi i top player si possono permettere quattro o cinque appartamenti al mese, quindi direi che è presto fatto il conto…. Più o meno credo che gli stipendi, in generale, siano aumentati di dieci volte tanto…”, spiega l’ex, tra le altre, di Inter e Juventus. Il bomber Campione d’Europa con l’Italia nel 1968 va anche oltre: “Mi pare che oggi si stia esagerando. Quando sento che il Monaco sarebbe pronto ad offrire a Cristiano Ronaldo ben 23 milioni di euro all’anno, ci resto un po’ male. Mi pare uno schiaffo a chi deve lavorare tutto il giorno per arrivare a fine mese. Comunque è anche vero che se c’è qualcuno che è disposto a darteli, sarebbe da stupidi rifiutare…”. Anastasi torna ancora ai suoi tempi: “Allora era tutto diverso, il calcio era diverso e, di conseguenza, anche gli stipendi. Non c’era il procuratore, era tutto più limpido e famigliare. Gli accordi si trovavano con molta più semplicità. Quanto potrebbe valere il mio cartellino al giorno d’oggi? Beh, credo che almeno 10 milioni di euro potrei anche valerli, no?”. Forse anche qualcosa di più…

a i m i e i t e m p i

BRaND, NoN CaLCIaToRISPECIALE - PAPERONI DEL CALCIO

Costa d’Avorio ha sfiorato i 18 milio-ni (17,8 per la precisione). Anche nel caso dell’ex Chelsea, oltre agli storici sponsor adidas e Pepsi, importante il contributo versato dalla sua ex squadra, ovvero i Shanghai Shenhua…

MA GLI ITALIANI???La classifica, stilata da Forbes, conti-nua ma di giocatori che militano nel nostro campionato non se ne vedono. Gerrard, 11°, si è portato a casa 17,3 milioni, Adebayor ben 16,7, il buon Ibra (13° in classifica) 16,6, frutto so-prattutto dell’accordo con il PSG. La lista prosegue con i vari Tevez, Eto’o,

Nasri, Lampard, Terry e Silva, quest’ul-timo 19° con 15,4 milioni (grazie alle mani larghe del solito City) e, in 20° posizione, Benzema del Real Madrid. Tradotto: nessun “italiano” nelle prime 20 posizioni. Incredibile? No, se si tie-ne conto di diversi fattori, in primis la crisi economica che ha investito il no-stro calcio, riducendo drasticamente le potenzialità, in termini di cash, dei no-stri maggiori club. Comunque non c’è da preoccuparsi. Non ci sono giocatori che militano in Serie A, così come non sono presenti stelle della Bundesliga, un campionato che, risultati alla mano, non è inferiore e nessuno…

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20 ago 2013calcio2000

C’era una volta la ricca e sfarzosa Serie A. Negli anni Novanta e Duemila, gli dei del calcio calcavano i nostri campi, rincuorati da stipendi da nababbi. Oggi non è più così e, a dimostrarlo, sono gli ingaggi delle stelle della nostra Serie A attuale. In cima alla graduatoria dei più pagati, stagione 2012/13, troviamo due stelle assolute come Buffon e De Rossi con 6 milioni netti a testa. Vero, parliamo di numeri ancora importanti ma nulla in confronto agli stipendi che vengono garantiti in altre piazze (Falcao, al Monaco, percepirà, nella prossima stagione, circa 14 milioni di euro netti all’anno). Il problema, come sottolineato più volte dall’ad rossonero Galliani, resta la fiscalità del nostro Paese. I 6 milioni di Buffon e De Rossi, di fatto, alla società pesano come 12 milioni (fiscalità al 50%), un “peso” non indifferente. Tornando alla questione classifica “italiani” più pagati, alle spalle del duo Buffon-De Rossi, troviamo un altro giallorosso, ovvero Totti, a quota 5, seguito da Cavani e Milito a 4,5 milioni e, successivamente, da due milanisti, ovvero Robinho e Mexes a quota 4 milioni (c’era anche Pato ad inizio anno ma è stato dirottato altrove). Un esempio ci permette di capire quanto si sia svalutato il calcio italiano. Pensate a Di Natale, attaccante da almeno 20 gol, garantiti, a stagione. Bene la stella dell’Udinese viene via con 1,3 milioni all’anno. Ovvio che, fuori dai confini nazionali, sarebbe stipendiato in maniera diversa…

I T A L I A , C H E P O V E R A C C I …

BRaND, NoN CaLCIaToRISPECIALE - PAPERONI DEL CALCIO

IL FENOMENO FALCAOC’è un nome che sta salendo prepo-tentemente la china. Stiamo parlan-do di Falcao. L’ex stella dell’Atletico Madrid ha deciso di “sposarsi” con il Monaco. Il colombiano è stato con-vinto dai 52 milioni di euro messi sul piatto (per cinque anni complessivi di contratto) dal club monegasco. Dmitry Rybolovlev, presidente della società neopromossa in Ligue 1, lo ha voluto a tutti i costi, tanto da arrivare a spende-re per la punta ex Porto la non banale cifra di circa 60 milioni di euro, tutti finiti nelle casse dell’Atletico Madrid. Ma, attenzione, tra bonus e premi vari, Falcao arriverà a percepire circa 20 mi-lioni di dollari all’anno a cui andranno aggiunti i proventi dagli sponsor. L’ar-rivo in una terra fertile come la Francia e il suo essere una delle nuove stelle del calcio sudamericano, dovrebbero garantirgli almeno altri 10/15 milioni di dollari di extra, per un totale di 30/35 milioni di dollari all’anno. Magari non vincerà mai la Champions League ma, sicuramente, ha fatto goal per quanto riguarda l’aspetto finanziario. Occhio al nuovo paperone del calcio…

IL BOOM DEI TRASFERIMENTI…Ingaggi da re ma anche operazioni d’o-ro. La storia del calcio è disseminata da trasferimenti record (dal punto di vista di milioni di euro investiti su un singo-lo giocatore). Estate 2009, il Real Ma-

drid ufficializza l’acquisto, dal Man-chester United, di Cristiano Ronaldo. Il costo dell’operazione è di 94 milioni di euro, ovvero il trasferimento più one-roso nella storia del pallone. Dopo otto anni, cade il primato di Zidane, passato dalla Juventus al Real Madrid per 73,5 milioni di euro. Chi pensa che tali cifre facciano ormai parte del passato, si sba-glia di grosso. Il caso Falcao ci ricorda

che tutto è possibile nel dorato univer-so del dio calcio. Qualche settimana fa il Monaco ha acquistato, dall’Atletico Madrid, il colombiano per 60 milioni di euro. Una fumata bianca che è val-sa il quinto posto nella graduatoria dei trasferimenti record e la dimostrazione che non c’è fine alla bramosia di certi presidenti, disposti a tutto pur di avere il fuoriclasse dei propri sogni…

Insieme a De Rossi, Buffon è il giocatore più pagato della Serie A

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21ago 2013calcio2000

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ccomi, scusami ma stavo pranzando, se non mangio, mi innervosisco…”. Basta-no queste poche parole per

comprendere il carattere, decisamente goliardico, di Pedro Obiang. Il nativo di Alcala de Henares, comu-ne autonomo nei pressi di Madrid, è arrivato alla Sampdoria giovanissimo, complice un inganno congiunto da parte del duo Marotta/Paratici (leggete l’intervista per scoprire l’arcano). Dopo un paio di anni di assestamento, alla sua prima vera stagione nella massima serie italiana ha lasciato il segno, rivelandosi

come uno dei migliori centrocampisti in circolazione. Peccato che sia di nazio-nalità spagnola…Allora Perico, che ti resta dell’ultima grande stagione in maglia blucer-chiata?“A livello personale, per noi giovani della Samp, direi che è andata bene. Penso a me e Icardi, tanto per fare un esempio. Come squadra credo che si poteva fare qualcosina in più… For-se siamo arrivati alla fine leggermente stanchi e abbiamo sofferto un po’ trop-po proprio nel finale, comunque è finita bene”.

“E

INTERVISTA - PEDRO OBIANG di Thomas Saccani

Hai parlato di Icardi, che ci puoi dire di lui?“Che l’ho visto crescere, che siamo ami-ci, in un certo senso… Ho visto quanto è migliorato, direi che ora è quasi afferma-to ed è pronto a fare l’ultimo salto”.Beh, anche tu sei cresciuto molto…“Sì e ho giocato tanto ma ho ancora diverse cose da imparare e migliorare. Diciamo che ho fatto il primo passo, devo ora confermare quanto di buono ho fatto nella mia prima vera stagione in Serie A”.Ma come sei finito alla Sampdoria? Tu giocavi nell’Atletico Madrid, non

IL PERICo BLUCERChIaTo

Tra i giovani esplosi nell’ultima stagione, Obiang merita una citazione d’obbligo…

i

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23ago 2013calcio2000

proprio una squadretta di seconda categoria…“(Ride) Guarda, a me Marotta e Parati-ci mi hanno ingannato. Se sono qui alla Sampdoria, è perché sono stato preso in giro da quei due. Io ero all’Atletico Madrid, ero felice. Loro sono arrivati da me e mi hanno detto: ‘Dai, vieni a Ge-nova, lì c’è sempre un tempo favoloso, c’è il mare, ti troverai alla grande…’. Beh, io il sole non l’ho mai visto… Comunque, a parte le battute, sono stati loro a farmi scegliere la Sampdoria”.E ora come è il tuo rapporto con la città e il popolo blucerchiato?“Questa è una città che impari a cono-scere, ed apprezzare, con il tempo. Una città a lungo termine. Dopo tre mesi che la vivi, non sai nulla di lei. Ma, se aspetti, impari a scoprirla e a farne par-te. La stessa cosa sono le persone di qui. All’inizio sembrano freddini ma poi si scaldano alla grande…”.Beh, durante il Derby di persone cal-me e tranquille se ne vedono poche, o sbaglio?“Lascia stare, qui il Derby non inizia la giornata del Derby e neppure un giorno prima, qui il Derby comincia due set-timane prima… È una cosa pazzesca, non si parla d’altro. Devo ammettere che giocarlo è stato fantastico, un’emo-zione indescrivibile. Lo stadio si fa sen-tire, è pazzesco, davvero…”.Chi si fa sentire è anche Delio Rossi…“Vuoi la verità? Delio Rossi mi ha im-pressionato. Onestamente pensavo fos-se più cattivo, più autoritario ed, invece, ho trovato un allenatore tranquillo che cerca sempre di migliorarti, allenamen-to dopo allenamento”.Vuoi dire che non hai mai scornato con Delio Rossi?“No, no, qualche divergenza ce l’abbia-mo avuta (Ride). Ad esempio, quando mi chiedeva di essere più pericoloso in zona gol, mi è capitato di rispondergli per le rime, del tipo: ‘Scusi, ma le quan-ti gol faceva da giocatore?’… A parte le battute, il vero problema del mister è che è un maniaco della corsa, è molto esigente dal punto di vista fisico, con lui corri sempre, in allenamento e in par-tita”.

Pietro Vierchowod è uno che se ne intende di campioni. Nel corso della sua lunghissima carriera, ha giocato al fianco di tantissime stelle di primaria grandezza. Alla Sampdoria, ad esempio, ha lottato al fianco di fuoriclasse del calibro di Mancini, Vialli e Cerezo, tanto per citarne alcuni. Normale che un suo parere in merito sia decisamente autorevole: “Obiang è un giovane molto interessante. L’ho visto giocare e devo dire che ha grande facilità di corsa, una forza fisica importante e anche un buon senso della posizione”. Sui margini di miglioramento dello spagnolo, lo Zar spiega: “Io a 21 anni ero ancora un giocatore in divenire, come è normale che sia. Credo proprio che Obiang possa migliorare tantissimo e, se resta a Genova, avrà ancora più possibilità di far bene, perché ormai ha un posto importante nella rosa della Sampdoria”.

“ P U ò M I G L I O R A R E T A N T O ”

Tutti lo vogliono ma Obiang punta a restare ancora in maglia blucerchiata per crescere ulteriormente

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24 ago 2013calcio2000

Dicono che sei una buona forchetta, è vero?“Dicono bene… Poi, qui in Liguria, è impossibile non lasciarsi andare alla cu-cina, si mangia troppo bene. Io mangio qualsiasi cosa, quindi per me è ancora peggio…”.Classe 1992 eppure sei considerato già come uno dei centrocampisti più promettenti. Ci pensi alla nazionale spagnola?“Certo che ci penso alla nazionale spa-gnola. Diciamo che, per quanto riguar-da il mio ruolo, c’è tanta concorrenza ma io ho qualcosa che loro non hanno, ovvero la mia età. Io ho solo 21 anni e, quindi, quando loro smetteranno, io sarò ancora in campo... qualche possi-bilità dovrei averla, non credi?”.

Vero, anche se l’impressione è che non dovrai attendere tanto…“Speriamo, magari mi chiamano co-munque, forse uno come me può dare una mano già adesso…”.Intanto sei un testimonial di adidas, un bel riconoscimento, non credi?“Direi… Ne sono felicissimo. Per me è un grande onore e conferma che sto facendo bene. E poi mi piacciono anche

Difficile trovare un classe 1992 con tanta personalità. Cresciuto nelle giovani dell’Atletico Madrid, Obiang è sbarcato a Genova, sponda blucerchiata, a 16 anni, per un cifra attorno ai 120.000 euro (un vero e proprio affare, se si pensa al valore attuale del giocatore). Aggregato alla Prima squadra blucerchiata (dall’allora tecnico Di Carlo) nell’estate del 2010, a 18 anni ha fatto il suo esordio nella massima serie italiana (contro la Juventus). Nello stesso anno, “prima” anche in Europa, nella sfida, valida per l’Europa League tra Debrecen e Sampdoria. Tuttavia, alla fine della prima stagione blucerchiata, conosce l’onta della retrocessione in Serie B. Una categoria, quella cadetta, che gli permette di mettersi in luce. Nella stagione 2011/12 è uno dei pilastri della Samp che, a fine anno, conquisterà la promozione. La Samp crede ciecamente nel ragazzo e, ai nastri di partenza del campionato seguente, è uno dei titolari del centrocampo blucerchiato. Ferrara stravede per lui, così come Delio Rossi. Gioca ben 34 gare in campionato, togliendosi la soddisfazione di segnare anche la sua prima rete in Serie A (il 27 gennaio, contro il Pescara). In Spagna ha già militato in tutte le categorie giovanili e attende solo l’ultima chiamata. Insomma, una bella sorpresa e, attenzione, il bello deve ancora arrivare…

u n a b e l l a s o r p r e s a

Si chiama Nitrocharge, è firmata adidas ed è una scarpa completamente nuova, pensata per la nuova generazione di calciatori, che si va ad aggiungere agli altri iconici modelli a tre strisce: predator, adipure e f50. Nitrocharge, con il suo design accattivante, prosegue nella tradizione adidas di creare scarpe da associare a determinate tipologie di giocatori. Le scarpe sono in vendita, da giugno 2013, nella colorazione blu e giallo e, oltre che da Pedro Obiang, sono indossate da fuoriclasse del calibro di Daniele De Rossi (A.S. Roma), Dani Alves (Barcellona), Ezequiel Lavezzi (Paris Saint Germain) e Javi Martinez (FC Bayern Monaco). I quattro giocatori sono anche protagonisti dello spot visibile a questo link: http://youtu.be/l6s-mrtN2zALe scarpe Nitrocharge, combinando nuove tecnologie, permetteranno al motore della squadra di esprimersi al meglio: • La fascia ENERGYSLING nella parte avanzata della scarpa migliora supporto e reattività nei cambi di direzione • La suola contiene la tecnologia ENERGYPULSE, con materiale altamente elastico che fornisce maggiore energia in fase di sprint • Nitrocharge ha una tomaia in mesh protettivo e dei cuscinetti nelle zone sottoposte a maggiori contatti, come il tendine d’Achille • Compatibile con adidas miCoach SPEED_CELL, che permette ai giocatori di misurare le proprie prestazioni e migliorarsi ogni volta

L E S C A R P E D I P E R I C O

i colori, quindi meglio di così…”.Umile, divertente e con tanta voglia di arrivare. Oggi è già un giocatore che manda in sollucchero tanti amanti del dio pallo-ne, tra qualche anno potrebbe diventare uno dei migliori in circolazione. Le car-te in regola per essere un top player non gli mancano, neppure la convinzione di potercela fare…

IL PERICo BLUCERChIaToINTERVISTA - PEDRO OBIANG

Obiang punta a vestire la maglia della nazionale spagnola e diventare protagonista con le Furie Rosse

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25ago 2013calcio2000

SCOMMESSE: Al viA gli AntEpOSt dEi MAggiOri CAMpiOnAti EurOpEi

Juve favorita in italia, lotta a tre in premier, Barça e real in liga, solo Bayern in Bundesliga e ancora psg in ligue 1

Con il calciomercato ancora in pieno fermento hanno pre-so il via le scommesse antepost sui maggiori campionati europei. La bravura e la fortuna sta quindi nell’indovinare quale squadra vincerà il titolo nel proprio paese pronosti-candolo con 10 mesi di anticipo. In Italia i favori sono an-cora tutti per la Juventus quotata a 2,00 seguita dal Milan a 4,00 e da Napoli (8,00) e Inter (11,00). Nel testa a testa (chi arriverà prima tra le due, ndr) Lazio e Fiorentina sono entrambe a 1,88 mentre l’Inter (1,67) è in vantaggio sulla Roma (2,17). Grande equilibrio in Premier League con Manchester Utd a 2,95, Chelsea a 3,00 e Manchester City a 3,05. Nella Liga spagnola solita lotta a due tra Barcello-na (1,80) e Real Madrid (2,00) mentre padrone assoluto della Bundesliga sarà ancora il Bayern di Monaco (1,22) con il Borussia lontanissimo a 5,50. In Ligue 1 l’unica alternativa al favorito Psg a 1,45 sembra essere il Monaco quotato a 3,20.

Partite truccate, uefa esclude Besiktas e fenerBahce dalle coPPeBesiktas e Fenerbahçe saranno escluse dalle coppe eu-ropee della prossima stagione: lo ha stabilito la Commis-sione disciplinare e di controllo Uefa, che aveva aperto nei confronti dei due club due procedimenti disciplinari relativi alla manipolazione di partite del campionato turco. In particolare, la Commissione ha stabilito che il Besiktas non potrà partecipare all’Europea League 2013-2014, mentre il Fenerbahce sarà escluso dalle prossime tre competi-zioni Uefa per club per le quali si qualificherà, compresa la Champions League 2013-2014 (la squalifica per la terza stagione viene sospesa per un periodo probatorio di 5 anni). Per quanto riguarda il procedimento aperto nei confronti dello Steaua Bucuresti, la Commissione ha deciso che la squadra rumena non potrà partecipare a una competizione Uefa per club per la quale altrimenti si sareb-be qualificata (sanzione sospesa per un periodo probatorio di 5 anni). Tutti i club possono presentare appello contro le decisioni della Commissione alla Commissione di Appello Uefa: il Fenerbahçe (escluso dalla Champions League anche nella stagione 2011-2012, sempre per un procedi-mento disciplinare relativo alla manipolazione di partite) ha già annunciato che presenterà ricorso. Riguardo i singoli individui dei club coinvolti nei casi di Fenerbahçe e Besik-tas, la Commissione disciplinare ha deciso di raccogliere ulteriore materiale informativo allo scopo di considerare nel dettaglio le diverse posizioni delle persone coinvolte.

(Le quote sono soggette a variazione)

di Fabrizio Gerolla

JUVENTUS 2.00

MILAN 4.50

NAPOLI 8.00

INTER 11.00

ROMA 17.00

FIORENTINA 22.00

LAZIO 25.00

ALTRO 125.00

vincente serie a

PSG 1.45

MONACO 3.20

LIONE 15.00

MARSIGLIA 15.00

LILLE 35.00

ST. ETIENNE 50.00

ALTRO 70.00

vincente ligue 1

BAYERN MONACO 1.22

B.DORTMUND 5.50

SCHALKE 04 28.00

B. LEVERKUSEN 28.00

ALTRO 50.00

AMBURGO 100.00

WOLFSBURG 100.00

BARCELLONA 1.80

REAL MADRID 2.00

ATLETICO MADRID 50.00

VALENCIA 85.00

ALTRO 90.00

REAL SOCIEDAD 175.00

SIVIGLIA 200.00

vincente bundesvincente liga

MANCHESTER UTD 2.95

CHELSEA 3.00

MANCHESTER CITY 3.05

ARSENAL 11.00

LIVERPOOL 28.00

TOTTENHAM 30.00

ALTRO 150.00

vincente premier

JUVENTUS - ALTRO 2.00 1.77

UDINESE - CATANIA 1.47 2.67

SAMPDORIA - PARMA 1.92 1.85

GENOA - TORINO 1.80 1.95

CHIEVO - VERONA 1.88 1.88

ATALANTA - LIVORNO 1.60 2.20

MILAN - NAPOLI 1.75 2.10

INTER - ROMA 1.67 2.17

LAZIO - FIORENTINA 1.88 1.88

testa a testa serie a

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26 ago 2013calcio2000

EL FLaCo SICILIaNo

state 2009, il Catania uf-ficializza l’acquisto di Nicolas Federico Spolli. Nonostante qualche buona

stagione con la casacca dei Newell’s Old Boys, El Flaco (il suo sopranno-me, lo stesso di un certo Pastore) è, di fatto, un semi sconosciuto. A distanza di quattro anni, Spolli è una certezza in maglia etnea. Abilissimo difensore, ha saputo lasciare il segno grazie ad una determinazione senza eguali. Noi di Calcio2000 lo abbiamo intervistato per saperne di più di questo lungo (193 cm) difensore che ha stregato i tifosi del Catania…

E

INTERVISTA - NICOLAS FEDERICO SPOLLI di Fabrizio Ponciroli

Hai iniziato nel Newell’s Old Boys, chi era il tuo idolo da piccolo?“Il mio idolo è sempre stato Mara-dona”.Hai sempre giocato da difensore cen-trale o hai provato altri ruoli?“No, all’inizio, quando ero bambino, giocavo da attaccante, poi mi sono spo-stato anche davanti alla difesa. All’età di 15 anni, invece, ho provato a fare il difensore, da allora non ho più smesso di fare il centrale”. Come è nato il tuo passaggio al Cata-nia? Ci racconti come è andata?Giocavo nelle fila del Newell’s, un giorno mi contattò Lo Monaco che trat-

tava con il mio procuratore e fu tutto molto veloce. Arrivai in Italia per il passaporto e ri-masi qui. Tutto in maniera veloce, qua-si da non accorgersene…”.Cosa ricordi del tuo primo giorno in Italia?“Mi sembrava di vivere un sogno, ave-vo sempre sognato di giocare in Ita-lia… Ricordo quel momento con tan-tissima felicità ed emozione”.Ti chiamano El Flaco, hai altri so-prannomi?“Beh, ad essere sincero ne ho altri... Mi chiamano El Flaco semplicemente perché sono magro. Poi El Rastrillo, il

Gli argentini, a Catania, non falliscono mai, Spolli sta esagerando…Ma ora ha voglia di una big!!!

i

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27ago 2013calcio2000

rastrello (sorride, ndr), perché pulisco il giardino della difesa...”. Cosa ti è piaciuto subito della città di Catania?“Devo essere sincero, mi è piaciuto subito tutto di questa città, ovvero la gente, il mare, il clima, sembra quasi di essere a casa (Spolli è di Rosario, Argentina)”.Come riesce il Catania a scovare sempre così tanti grandi giocatori in Argentina?“Perché il mercato argentino sforna ogni giorno tantissimi talenti ed oggi diventa sempre più facile per gli argen-tini ambientarsi, soprattutto in un cam-pionato come quello italiano”.Quest’anno avete fatto una stagione grandiosa, la gara più bella e quella che vorresti rigiocare?“Vorrei rigiocare il derby con il Paler-mo, perché, per come è finito, mi è rima-sto l’amaro in bocca (1-1 il finale, rete di Ilicic in pieno recupero ndr). La più bella, forse, quella con l’Atalanta per il mio gol, mi piace sempre segnare…”.

Cosa vi è mancato per conquistare l’accesso all’Europa League? Siete andati ad un soffio…“Semplice: i minuti di recupero, se le partite fossero finite tutte al 90° esatto oggi saremmo in Europa. E per questo c’è tanta rabbia”. Cosa ha portato Maran di nuovo?“Il nostro mister ha i concetti chiari, lavora molto bene con tutto il suo staff e ti trasmette una carica eccezionale, ti garantisce la forza per non mollare mai”. Quale è l’attaccante che consideri più complicato da marcare?“Beh, a mio avviso l’attaccante più dif-ficile da fermare è Totò Di Natale. In un secondo può trovare lo spazio per fregarti”. Siete tanti argentini a Catania, vi frequentate anche fuori dal campo? Che fate di bello?“Usciamo sempre insieme, ci cono-sciamo ormai da tanti anni, spesso ce-niamo insieme”. Già cinque gol in Serie A, quale è quello a cui sei più legato e perché?“Quello con il Bologna, il primo, e quello valso il pareggio con il Milan, perché segnare a una grande squadra è sempre una soddisfazione enorme”. Hai il passaporto italiano, dovesse arrivare la chiamata dell’Italia che

Con uno come Spolli, là dietro si può star tranquilli. Non a caso, da quando è arrivato a Catania (luglio 2009), ha sempre avuto in dote una maglia da titolare (ad oggi sono 117 le presenze con il Catania, con sei gol all’attivo, cinque in campionato), a conferma del talento dell’ex Newell’s Old Boys. Dotato di un notevole senso della posizione, in virtù della sua altezza (193 cm), è difficilmente superabile di testa. Dopo quattro stagioni, da assoluto protagonista, in Sicilia, Spolli, ormai 30enne, pare pronto a misurarsi con una big. A confermarlo è stato anche Omar Giusti, procuratore de El Flaco: “Nel mercato invernale ha ricevuto delle offerte importanti, ma il Catania non ha voluto cederlo. Ma è arrivato il momento di andare in una squadra importante e sicuramente questo avverrà in estate. È all’apice della sua carriera, avendo raggiunto la piena maturità ma la cessione naturalmente dipenderà anche dal Catania”. Dovesse partire, sarebbe l’ennesima scommessa vinta da parte della società etnea, abilissima nel trasformare giocatori semi sconosciuti in elementi di rara affidabilità, come Spolli, il ministro della difesa siciliana…

p r o n t o p e r u n a b i g

Spolli indossa il modello Morelia Mizuno. Scarpa classica, dalle antiche tradizioni, in morbida pelle di canguro, lavorata a mano rappresenta la storia e il prestigio di Mizuno. Morelia è la continuità della tradizione. Scarpa con concetto artigianale con un peso di 275 gr. Tacchettatura in pebax a 13 tacchetti, indicata per terreni erbosi.

l e s c a r p e d i s p o l l i

faresti?“Direi subito di sì: per ogni calciatore la Nazionale è un sogno, Italia o Argen-tina sarebbe comunque fantastico”.Un film a cui sei legato e un piatto italiano che ti fa impazzire?“Beh, in generale mi piacciono molto i film d’azione, per la cucina, vado con gli spaghetti al nero di seppia”.

Classe 1983, El Flaco gioca nel Catania dal 2009 e conta già oltre 100 presenze in maglia etnea

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l’AtlEtiCO nOn è unA MinACCiA, MA unA SpErAnzAÈ ancora possibile sorridere al cospetto di un mondo del calcio troppo spesso serioso e intriso di sospetti e veleni? Leggendo il libro scritto dal giovane autore napoletano Marco Marsullo “Atletico Minaccia Football Club” la risposta è positiva. Un romanzo “fresco” e mai scontato, dai toni ironici e scanzonati, ambientato in ter-ra campana, da sempre foriera di spunti e di curiosità. Marco, come nasce l’idea del libro? “L’idea è sorta dalla voglia di raccontare il calcio sotto forma di romanzo, una storia che racchiudesse dentro tutto quello che noi tifosi ci portiamo fin da bambini nel cuore: la gioia, il dolore, l’ossessione. Volevo raggiun-gere ed emozionare il maggior numero di lettori: sono felice del risultato, delle quattro ristampe del libro. E soprattutto, mi fa piacere che molte persone si siano emozionate nel leggerlo, che abbiano capito la sincerità che ho utilizzato nella scrittura”. Quanto c’è di autobiografico? “Poco, qualche aneddoto dei miei mesi trascorsi alla scuola calcio, qualche tratto di qualche calciatore, Trau-ma su tutti, lo stopper programmato per ‘spazzare’ ”.seppur estremizzati, forse pochi sanno che la tua storia non è così lontana da quelle che si vivono veramente in alcuni campi di periferia... “I gironi di Eccellenza e delle serie inferiori rappresen-tano autentiche fucine di episodi surreali e assurdi, a volte, dai racconti di alcuni lettori, persino più assurdi di quelli che ho inventato io”. a chi ti sei ispirato per il profilo di Vanni cascio-ne? “A nessuno. Ho pensato a un “anti–Mourinho” pastic-cione e canaglia, ed è saltato fuori lui, così, naturale”. Vanni cascione idolatra Mourinho: l’autore del libro, invece? “L’autore è milanista ma nutre grande stima e curiosità verso Mourinho. Ido-latrare l’artefice del triplete dei cugini proprio no. Ma tanta stima sì”. l’atletico Minaccia e i suoi gioca-tori sono una parodia anche del-le squadre più grandi: il calcio si prende troppo sul serio, sei d’ac-cordo? “Assolutamente. Il calcio è una cosa seria, e come tutte le cose serie deve essere in grado di essere smontata con il gioco, con il sorriso. Purtroppo molte persone se lo dimenticano e lo rendono troppo troppo ‘pesante’ ”.

di Antonio Longo

Qual è la scena, o il personaggio, a cui ti sei affezio-nato?“Senza dubbio quella in cui Don Mimì, l’allenatore in seconda, lancia in campo un dodicesimo uomo per pareggiare una parti-ta. Ancora oggi quando la leggo o lo sento leggere mi sbellico

dalle risate. E poi il personaggio al quale sono più affezionato è proprio Trauma, lo stopper. Perché io sono un difensore e capisco il dram-ma di chi è nato con i piedi di lamiera!”. chi sono i personaggi del calcio reale sui quali ti piacerebbe scrivere? “Balotelli è uno di quelli che mi incuriosiscono di più”. cosa dobbiamo aspettarci da te nel prossimo futuro? “Voglio continuare sempre a parlare di pallo-ne con ironia sulla Gazzetta dello Sport e a scrivere romanzi, ma non sul calcio. Il prossimo che uscirà nel 2014 sarà un’altra commedia, forse ancora più scatenata, ma basta col cal-cio. Per ora, si capisce…”.

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29ago 2013calcio2000

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30 ago 2013calcio2000

lzi la mano chi, a inizio stagione, avrebbe scom-messo sulla promozione in cadetteria di Carpi e La-

tina. Non tanto per la storia delle due compagini, neopromosse nella seconda serie italiana, quanto per le terribili ri-vali dei rispettivi gironi di Lega Pro. Il Carpi non ha dovuto vedersela solo con il Trapani, vincitore del torneo, ma con squadre abituate ad altri palcoscenici: le nobili decadute Cremonese, Albino-leffe e Como, ma soprattutto il Lecce, squadra che arrivava dalla Serie A e con una rosa fuori categoria con Giacomaz-zi, Chevanton, Fatic, Esposito e Jeda, tutta gente abituata alla massima serie. Il Latina è stata la vera sorpresa del torneo, con un percorso irto e del tutto inaspettato. Dopo la salvezza all’ultimo respiro della stagione precedente, e ve-

dendosela con Avellino, Perugia, Noce-rina, Pisa e Frosinone nessuno si sareb-be mai aspettato un risultato del genere, dove hanno avuto la meglio il cuore, la testa e la grinta. Sembra la classica fiaba a lieto fine, quella che in passato ha visto protagoniste il Chievo di Del Neri, il Novara di Tesser, il Cesena di Bisoli, il Genoa di Gasperini o il Napoli di Edi Reja. Certo, parliamo di parago-ni importanti, di duplici salti dalla Serie C alla Serie A, ma pur sempre grandi imprese, come quelle di Carpi e Latina.

LA RINASCITA DELL’EMILIAScottati dalla mancata promozione nel-la stagione passata, il Carpi si presenta ai nastri di partenza come una squadra solida e compatta. Il ritorno fra le mura amiche, allo stadio Cabassi, carica gli uomini guidati dalla “strana coppia”

a

SERIE B - NEOPROMOSSE di Daniele Berrone

Tacchini-Cioffi per una partenza coi fiocchi. Alla fine del girone d’andata il Carpi aggancia il Lecce in vetta alla classifica, grazie proprio alla storica vittoria del Via del mare. La società in-veste sul mercato e regala ai tifosi tre colpi d’eccezione: l’ex bolognese Del-la Rocca ed il duo di reggini Melara-Viola. Con questi presupposti la scalata al vertice è cominciata, ma qualcosa s’inceppa. Il Carpi, vera macchina da punti nel girone d’andata, si blocca sul più bello. Con un solo punto nelle pri-me sei giornate del girone di ritorno, gli emiliani scivolano fuori dalla zona play-off. Serve una scossa, il presidente Caliumi decide di cambiare guida tec-nica, affidando i biancorossi alle abili cure di Fabio Brini, tecnico navigato e con alle spalle già tre promozioni in cadetteria. La scelta si rivela fruttuosa,

Ma ChE B...ELLa SoRPRESa

B

Carpi e Latina conquistano la serie cadetta contro ogni pronostico.

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31ago 2013calcio2000

pur non riuscendo a tenere il passo im-posto da Trapani e Lecce, che fanno un campionato a parte. Alla fine sarà ter-zo posto, a quota 51 punti in classifica, e qualificazione play-off agganciata. Ad attendere i biancorossi nel rush fi-nale saranno il Lecce di Giacomazzi e Chevanton. I favori del pronostico son tutti per i giallorossi, che hanno chiuso la regular season con ben 10 lunghezze sugli uomini di Brini. Ma il Carpi ha ca-rattere, non molla mai, e al 75’ minuto è il centravanti Mehdi Kabine, maroc-chino classe 1984, a regalare il goal che vale la Serie B.

STELLE DI GENNAIOUna cavalcata trionfale quella del Car-pi, che ha visto eccellere alcuni ele-menti. La difesa era guidata dall’estre-mo difensore Sportiello, 21enne scuola Atalanta, e dal duo Poli-Letizia, rispet-tivamente centrale e terzino di spinta. Davanti alla difesa il mediano 25enne Raffaele Bianco, un ragazzo cresciuto nel vivaio della Juventus e che ha fati-cato ad esplodere fra i professionisti. Le vere star, però, sono state i nuovi inne-sti: Della Rocca, Viola e Melara. Parlia-

mo di tre giocatori fuori categoria, cer-to, che si sono calati alla perfezione nel ruolo dei trascinatori. Infine non si può non fare un accenno ad Arma e Kabine, attaccanti marocchini che hanno contri-buito in modo decisivo alla promozio-ne dei biancorossi. Il primo detiene il titolo di cannoniere della squadra, con 10 reti; il secondo ha il merito di aver regalato il goal decisivo al Via del mare di Lecce, un goal che difficilmente po-trà scordare e che ha fatto ripiombare l’intera città di Lecce nel dramma. Un dramma sportivo e sociale, degenerato in pochi minuti in una violenta invasio-ne di campo ed in scontri con la polizia che mai avremmo voluto commentare. Eppure il Carpi, nell’intimità del suo spogliatoio, ha festeggiato la storica vittoria, ringraziando coach Brini per la sua quarta promozione in carriera.

NON SOLO ROMA E LAZIOSe quella del Carpi è una “fiaba a lieto fine”, l’avventura del Latina è degna di un grande romanziere. I laziali, infatti, si sono trovati quasi per caso in Lega Pro. Nel 2010, a seguito di numerosi fallimenti, sono stati ripescati nel gi-

rone di Seconda Divisione, trovando un’insperata promozione a fine anno. L’anno successivo ha visto i nerazzur-ri invischiati nella lotta per non retro-cedere, culminata con il successo ai Play-out contro la Triestina di Allegret-ti. La stagione si è aperta quindi con il Latina senza i favori del pronostico e con la nuova guida tecnica di Fabio Pecchia. L’ex centrocampista di Na-poli, Juventus e Sampdoria reduce da una burrascosa stagione alla guida del Gubbio, approda in Serie B desideroso di un riscatto. I nerazzurri sono partiti forte e hanno mantenuto uno standard di prestazioni elevato, chiudendo il campionato al terzo posto. Avellino e Perugia hanno avuto una marcia in più, ma l’ambiente nerazzurro ha sempre creduto fortemente alla promozione. Un piccolo passaggio a vuoto, che ha consentito a campani ed umbri di al-lungare, è costata a sorpresa la panchi-na a Fabio Pecchia. Al suo posto viene richiamato l’eroe di mille battaglie, lo storico allenatore della promozione in Prima Divisione: Stefano Sanderra. Sanderra prima ha guidato i suoi ragaz-zi alla vittoria in Coppa Italia (di Lega

Sportiello, estremo difensore del Carpi, uno dei motivi della promozione in Serie B.

Si chiama Mehdi Kabine ed è stato fantastico nell’ultima annata del Carpi

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32 ago 2013calcio2000

In casa Latina, in pochi hanno fatto meglio di Cejas, autentico trascinatore della squadra

Storia, strutture e giocatori fuori categoria. Queste sono le credenziali con cui si presentavano in Lega Pro il Lecce ed il Perugia. Pronte per una stagione di successo, le due storiche compagini hanno invece fallito, mancando l’obiettivo promozione nonostante un organico sopra la media. In Lega occorre forza di volontà, abnegazione e tanto tanto sudore. Lecce e Perugia si trovano ora a riflettere mestamente su un destino che nessuno avrebbe pensato possibile all’inizio della passata stagione. I salentini si presentavano ai nastri di partenza con un organico “ammazza campionato”. Benassi, Esposito, Fatic, Bogliacino, Giacomazzi, Chevanton e Jeda non rappresentavano solo un lusso per la categoria, ma anche il lascia passare per il paradiso. Eppure non sono bastati questi giocatori di caratura superiore per avere la meglio sul Trapani ed il Carpi. Il Perugia, invece, non si presentava con così tanti uomini di prestigio, ma vantava alcuni piccoli gioielli. In porta lo sloveno Koprivec doveva essere un valore aggiunto, così come il difensore Giani, forgiato dai molti anni di militanza con il Vicenza. Il vero faro della squadra era Vincenzo Italiano, uno che ha sempre dato del “tu” al pallone ed ha calcato ben altri palcoscenici. Infine Rantier, un attaccante di talento che si sperava trovasse la sua definitiva dimensione in Lega Pro. Eppure, nonostante il pedigree del puro sangue, i grifoni si trovano nuovamente all’inferno, sperando che Cristiano Lucarelli, il probabile nuovo allenatore, sia il traghettatore giusto per lasciare le rive dello Stige. Per vincere i campionati “minori” non bastano giocatori di livello, ci vuole una forte coesione societaria ed uno spirito di abnegazione fuori dal comune.

Q u a n d o i l n o m e n o n b a s t aPro, ndr) poi ha coronato il sogno con la storica promozione. Per riuscirci è stato necessario sconfiggere rivali del calibro di Nocerina e Pisa. Il match più thrilling quello della gara di ritorno contro i toscani quando dal-lo 0-0 dell’andata, il Latina necessitava una vittoria: dopo 1-1 dei tempi regola-mentari, ci sono voluti i supplementari e un rigore di Cejas al settimo minuto per trovare l’agognato vantaggio. L’e-spulsione del portiere pisano ha spiana-to poi la strada al Latina, che ha chiuso partita e lotta promozione con un goal di Burrai.

CIELO SENZA STELLEUn trionfo quello del Latina, i cui arte-fici principali sono senza dubbio Bindi, Cottafava, Cejas, Gerbo e Barraco. Par-liamo di giocatori esperti, tutti navigati e di categoria. Barraco, 27 anni e 9 reti in questa stagione, è il capocannonie-re della squadra. Una vita spesa a fare goal in Lega Pro, ed ora ha finalmente l’occasione di confrontarsi con la Serie B. Lo stesso vale per gli altri, ad ecce-zione di Cottafava, che è stato il leader carismatico della squadra, forte della sua stagione in A con il Treviso e le numerose partite in cadetteria con le casacche di Lecce, Triestina e Gubbio. Ma quella del Latina è principalmente la vittoria del gruppo, dello spogliato-io. Una squadra che ha sempre rema-to nella stessa direzione e che non si è mai abbattuta, nemmeno nei concitati minuti della finale play-off. Per Latina e Carpi si tratta di un momento storico, tanto per le società quanto per le cit-tà. Per i laziali significa affacciarsi al grande calcio, dando lustro ad una re-gione che ha fino ad ora contato quasi solo sulle due compagini della capita-le. Per il Carpi è una vittoria di cuore, fondamentale per una regione come l’Emilia, vessata solo un anno fa da un terrificante terremoto. È la vittoria del gruppo, della programmazione e dell’organizzazione, qualità che le due società avranno l’obbligo di continuare a far proprie per confermarsi in Serie B, il campionato più duro e lungo della penisola italica.

SERIE B - NEOPROMOSSE Ma ChE B...ELLa SoRPRESa

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33ago 2013calcio2000

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34 ago 2013calcio2000

na retrocessione amara, il coinvolgimento nel Cal-cioscommesse e una maxi-penalità. Da tutto questo,

però, è fuoriuscita la voglia di combat-tere e di ottenere qualcosa di importan-te. Questa è la storia recente dell’Albi-noleffe, squadra che dopo essere tornata in Lega Pro dopo dieci anni di Serie B ha ridimensionato il budget schierando molti giovani e sfiorando i playoff. Un campionato ricco di soddisfazioni, come conferma Aladino Valoti, direttore spor-tivo seriano nonché costruttore di una squadra giovanissima che è risultata una vera e propria spina nel fianco dei propri avversari di Prima Divisione. “È stato

un campionato sicuramente molto posi-tivo - ci ha raccontato in Esclusiva Valo-ti - All’inizio, per come eravamo partiti, non avrei mai immaginato di portare a termine un annata così: il miraggio della salvezza sembrava un obiettivo difficile da raggiungere, ma con le motivazioni e il lavoro abbiamo portato a termine un’annata fantastica. Dopo la retroces-sione abbiamo dovuto ridimensionare il nostro budget, perché la differenza fra B e C è notevole e si sente. Puntando sui giovani, però, siamo riusciti ad ottenere un risultato importante”. In generale che campionato è stato quello appena terminato?“Per noi è stato un campionato interes-

U

LEGA PRO - ALBINOLEFFE di Nicolò Bonazzi

sante. Ci riaffacciavamo in Serie C dopo aver passato le ultime dieci stagioni in B e devo dire che è stato un qualcosa di nuovo. Abbiamo incontrato squadre for-ti che hanno fatto giocare anche i giova-ni, però le grandi realtà con rose impor-tanti hanno fatto un po’ più fatica. Non è detto, quindi, che puntando sull’espe-rienza i risultati possano arrivare”.Come mai all’andata avete avuto più difficoltà? “All’inizio del campionato siamo par-titi con due grossi “fardelli”: il primo riguardava la rosa. Il gruppo era com-pletamente nuovo visto che abbiamo deciso di tenere soltanto cinque o sei giocatori dell’anno in Serie B come,

L’ISoLa “FENICE”

Parliamo del “miracolo” Albinoleffe col DS dei seriani Aladino Valoti, tra gli artefici di una squadra giovane e volitiva

LP

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ad esempio, Girasole, Pesenti, Cissè e Taugourdeau. Il resto del gruppo era giovane e completamente nuovo. Il se-condo problema è stato legato alla pe-nalizzazione: in ritiro avevamo 27 punti di penalità e tutti ci davano già per spac-ciati. La penalizzazione è stata ridotta a dieci punti, deficit non trascurabile. Alla fine abbiamo alzato l’obiettivo minimo giornata dopo giornata e siamo riusciti a salvarci. E a dire la verità un po’ di ram-marico c’è perché non siamo riusciti ad alzare l’asticella fino in fondo...”.I meriti di questo successo andran-no sicuramente anche a mister Pala, un allenatore che con i giovani ci sa fare...“Il lavoro del mister è stato preziosissi-mo. Pala conosceva già il gruppo visto che era subentrato in Serie B e a partire dal ritiro estivo ha preso in mano tutta la rosa. Tanti li aveva avuti già in passato quando allenava la Primavera, ma tanti altri li ha conosciuti per la prima vol-ta facendoli lavorare sodo. È stata una scelta azzeccata”. E a proposito di giovani, in squadra avete uno dei giovani più forti di tutta la Serie C, un certo Andrea Belotti...“Andrea è un ragazzo eccezionale, ri-specchia quel profilo di giocatore che credo tutti vogliano avere nella propria squadra. È molto generoso e si impegna quotidianamente. Oltre all’aspetto uma-no è anche un attaccante di sicuro valore e lo ha già dimostrato ampiamente se-gnando quest’anno, in B e con le maglie delle Nazionali giovanili. Si è guada-gnato tutto sudando e lavorando bene”.Fra gli altri chi l’ha impressionata di più fra i suoi? “Per aver fatto 50 punti significa che è stato svolto un ottimo lavoro da tut-ti. Sono contento sia per come si sono comportati i vecchi sia per i tanti giova-ni hanno espresso il loro valore. Abbia-mo lanciato anche tanti ragazzi del ’92 e del ’93 e abbiamo fatto esordire anche ragazzi del ’94 e del ’95. È un segno dell’ottimo lavoro svolto”.Come agirete durante la prossima stagione?“Il nostro obiettivo è quello di puntare molto sulla formazione dei giovani. Ab-

biamo a disposizione tantissime risorse soprattutto a livello di settore giovanile. La società ha effettuato notevoli investi-menti e vogliamo iniziare un progetto che inserisca gradualmente i nostri gio-vani in prima squadra”. Per la formazione della squadra bus-serete alla porta dei grandi club? Con quali squadre avete i migliori rappor-ti?“Da quando il presidente Andreoletti ha deciso di investire tanto su un centro di proprietà abbiamo deciso di costruirci tutto in casa. Non attingiamo dai vivai delle grandi, preferiamo puntare sulla formazione dei nostri ragazzi e quin-di rafforzeremo anche l’inserimento in prima squadra dei giovani della nostra Berretti”. Quale sarà quindi l’obiettivo della stagione? Un campionato tranquillo o punterete a qualcosa in più?“L’obiettivo della stagione è quello di non trascurare la posizione in classifica, visto che vogliamo migliorare quello che abbiamo fatto quest’anno. L’anno prossi-mo perderemo qualche giocatore un po’ più esperto e quindi dovremo fare qual-che sacrificio in più. Sono convinto, però, che dando opportunità ai giovani potre-mo toglierci delle belle soddisfazioni”.

Si sente di scommettere su qualcuno dei suoi giovani per la prossima sta-gione?“Abbiamo molti ragazzi che potrebbe-ro fare bene. Della nostra Berretti direi Cortinovis, Calì, Piccinini, Di Cesare, Cremonesi e gli stranieri Ambra del ’93 e Vorobjovs del ’95: sono tutti ra-gazzi che hanno i numeri per fare bene ma che devono dimostrare quanto val-gono. E il nostro obiettivo sarà quello di valorizzare i nostri giovani per per-mettere loro di crescere, guadagnarsi e meritarsi qualcosa. Non è un progetto immediato, ci vorranno tre o quattro anni. Ma alla lunga vogliamo costruire qualcosa di importante”. L’Albinolef-fe è un’isola felice dove tanti giovani possono crescere e maturare. Merce rara in un calcio sempre più rivolto alla ricerca del ragazzo dal nome esotico e che trascura i settori giovanili. E in una situazione di crisi come quella che sta attraversando il nostro calcio in questo momento, trovare un ambiente sano in cui un giovane può crescere senza pres-sioni è sempre più difficile. L’Albino-leffe è una bella e solida realtà, da cui molti dovrebbero imparare, che è riusci-ta anche a rinascere dalle proprie ceneri. Come la Fenice.

Dopo tante difficoltà, finalmente la luce per il ritrovato Albinoleffe...

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stata una delle vittime dei fallimenti a catena verifica-tisi durante la scorsa estate, un periodo che ha visto spa-

rire squadre come Spal, Triestina e Si-racusa, per citare soltanto alcuni nomi. E in questa ecatombe è toccato anche al Piacenza, gloriosa squadra emiliana con un passato recente in Serie A e in Serie B. Al termine di una stagione tri-bolata in Prima Divisione gli emiliani hanno dovuto alzare bandiera bianca. Dalle ceneri la squadra risorge e dopo una cavalcata formidabile vince il cam-pionato di Eccellenza. A raccontarci le

gesta della nuova Lupa Piacenza è l’ar-tefice di questa promozione, un tecnico giovane che però è riuscito a mantenere le promesse d’inizio stagione. Si tratta di William Viali, ex difensore di Fio-rentina, Lecce e Cremonese. Il tecnico biancorosso spiega come il Piacenza è risorto tornando nel giro di un anno nel panorama calcistico nazionale: “Dopo il fallimento il Piacenza aveva acquistato i diritti della LibertaSpes, squadra appena promossa dalla Promozione. La dirigen-za aveva confermato in blocco il gruppo che aveva conquistato il passaggio di categoria, però con l’acquisizione del

È

SERIE D - PIACENZA di Nicolò Bonazzi

marchio del Piacenza gli obiettivi do-vevano cambiare. All’inizio si è partiti con uno staff, poi sono subentrato io alla prima di campionato, dopo la prepara-zione, e alcune cose sono cambiate. Si era partiti con tre allenamenti serali a settimana e si è passati a cinque allena-menti di giorno. Ci si è resi conto che la pressione mediatica e della piazza era ben diversa”. Il campionato però non è stato in di-scesa sin da subito...“Nel girone d’andata abbiamo sofferto un po’ ma siamo stati bravi a restare at-taccati al gruppone. Abbiamo passato

CI PIaCE

La storica società emiliana torna nel “calcio che conta” dopo il purgatorio dell’Eccellenza causa dissesto economico.

D

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CI PIaCEun girone a conoscerci e ad adattarci al nuovo campionato, poi siamo passati in testa alla classifica prima di Natale e da lì abbiamo iniziato la nostra fuga fino a due turni dalla fine del campionato quando abbiamo ottenuto la promozio-ne matematica, arrivata con dieci punti di vantaggio sulla seconda in classifica”. La nuova realtà ha acceso un entusia-smo diverso in città e la squadra ha avuto un buon seguito.“Piacenza negli ultimi anni portava allo stadio una media di 500 spettatori. In questa stagione abbiamo avuto una media di 1700/1800 tifosi con picchi di 2500. Il gruppo che avevo a disposizio-ne era molto forte, ma molti ragazzi non sono abituati a queste pressione e quindi un po’ di timore inizialmente era visi-bile. In ogni caso credo che il pubblico sia stato attratto dall’aria di novità che si respira a Piacenza, oltre che dai risultati. Abbiamo perso il 6 ottobre e poi abbia-mo inanellato 24 risultati utili consecu-tivi. Una marcia formidabile”. Il progetto del Piacenza è molto am-bizioso: ora dopo il ritorno in D quali sono gli obiettivi della società?“Portando in giro il marchio del Piacen-za abbiamo sempre una certa pressione e in Serie D troveremo avversari che ci metteranno seriamente in difficoltà. Il programma ufficiale della società era quello di vincere il campionato di Ec-cellenza e di tornare in Serie C nel giro di due anni. L’importanza della maglia e il blasone della società ci impongono di provare a fare il salto”. Crede che nella prossima stagione pa-gherete dazio per il salto di categoria?“La differenza dall’Eccellenza alla D non si sentirà molto, ma questo dipen-de dal fatto che ho un grande gruppo. È chiaro che avremo molte più insidie, soprattutto se verremo inseriti nel giro-ne toscano come mi aspetto. Troveremo tre o quattro compagini blasonate che ci daranno filo da torcere”.La cavalcata che vi ha fatti ritornare in D è stata frutto di un grande lavoro di squadra, merito di un gruppo so-lido formato da elementi importanti. “In rosa abbiamo giocatori importanti e sicuramente fra tutti spicca Francesco

Volpe. Il giocatore dopo il fallimento del vecchio Piacenza ha deciso di rimane-re, ma anche altri ragazzi esperti han-no fatto da collante in questo favoloso gruppo. Penso a Cortesi, che l’anno scorso giocava alla Pro Patria, a Mar-razzo che è già un ottimo elemento per la D e a Fumasoli, giocatore per noi fondamentale”. Un campionato come quello d’Eccel-lenza prevede regole ferree per quel che riguarda i giovani. Quali sono gli Under che l’hanno sorpresa?“In squadra abbiamo diversi giovani molto bravi. Grazie alla collaborazione che abbiamo stretto con il Parma abbia-mo fatto giocare Martinez, classe ’95, e Ferrari, classe ’94. Mi sento di sottoli-neare anche il buon campionato offerto da due giovani cresciuti nel vecchio settore giovanile della LibertaSpes, ossia Cavicchia del ’93 e Minasola, ra-gazzo classe ’96 proveniente dagli Al-lievi che ha disputato tutto il girone di ritorno con noi. Non ha giocato molte volte da titolare, ma ha contribuito alla causa segnando quattro reti”.Come vi comporterete con la rosa at-tuale? Anche in D c’è l’obbligo degli Under, ma comunque la vostra rosa da questo punto di vista è già com-petitiva...

“Stiamo pensando di confermare il gruppo dell’anno scorso e di puntellare la rosa con qualche acquisto mirato per alzare il livello della nostra rosa e fare il salto di qualità. Gli Under già ce li abbiamo, però abbiamo intenzione di consolidare i nostri rapporti con il Par-ma per farci prestare qualche ottimo giovane da lanciare in un campionato difficile come quello di Serie D. L’ide-ale sarebbe avere due giocatori giovani per reparto che si contendano una ma-glia da titolare”.Dopo la vittoria del campionato con il Piacenza sarà sicuramente soddi-sfatto del lavoro svolto. Quali sono le sue prospettive per il futuro?“Ora sto facendo il patentino Master Uefa Pro: ho iniziato i corsi ad ottobre e li finirò a breve. Al momento va di moda lanciare allenatori direttamen-te dal settore giovanile, purtroppo a me questo non è capitato e quindi sto facendo la classica gavetta e le mie esperienze. Ho cercato di costruirmi qualcosa da solo, si è creata un’ottima occasione grazie al Piacenza e ora pro-vo a crescere insieme a questa realtà. Credo che un allenatore debba cercare di migliorare giorno per giorno per cer-care di arrivare sempre più in alto”.

Credit Photo: Stafano Galli

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rofessione “Osservatore”, una figura che nel calcio, a tutti i livelli, è sempre ri-masta ai margini, mai pub-

blicizzata, troppo poco considerata, eppure fondamentale per ogni società. Una rete di scouting efficiente e ben organizzata può fare la fortuna di un club, soprattutto di quelli cosiddetti “piccoli”, che, non avendo a disposi-zione grandi risorse economiche, pun-tano sul settore giovanile per soprav-vivere. L’esempio più illuminante di questa intelligente e fruttuosa politica dei giovani e quindi dell’attenzione allo scouting e dell’importanza del ruolo dell’osservatore è sicuramen-

te l’Udinese, da sempre lungimirante e accorta nell’individuare potenziali futuri campioni in giro per il mondo e nel valorizzarli al massimo. Tutto questo presuppone una solida struttura alle spalle, con centinaia di osservatori dislocati sul territorio e sempre in con-tatto fra di loro, tra i quali spicca, per esperienza e acume, Riccardo Guffan-ti, consigliere ADISE (Associazione Italiana Direttori Sportivi) e direttore sportivo professionista. Proprio a lui, abbiamo chiesto in cosa concretamen-te consista il mestiere dell’osservato-re.Buongiorno Riccardo, tu sei uno degli osservatori più esperti in seno

P

SPECIALE - PROFESSIONE OSSERVATORE di Gabriele Cantella

all’Udinese, una società all’avan-guardia per quanto riguarda lo scouting. Quanto è importante oggi il ruolo dell’osservatore all’interno di un club professionistico? “Penso che il ruolo dell’osservatore oggi sia importante in tutte le società calcistiche. È ovvio, poi, che nei club professionistici assuma una rilevanza, se non determinante, comunque prio-ritaria. L’osservazione interna viene espletata dai tecnici della società ed è rivolta al settore giovanile e alla prima squadra, mentre quella esterna viene di solito affidata a persone che il club acquisisce e che, nella maggior parte dei casi, sono ex calciatori o diretto-

La FaBBRICa DEI CaMPIoNI

All’Udinese l’osservatore è un ruolo chiave, il successo bianconero parte da chi cerca le stelle del futuro

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ri sportivi. Coloro che sono preposti all’attività di scouting esterna devono fondersi con la realtà interna e cono-scerla molto bene, poiché, la prima regola per un osservatore che va a vi-sionare un calciatore, è che quel cal-ciatore dev’essere “funzionale”, al di là delle sue qualità e della sua bravura. È fondamentale che la struttura ester-na comunichi con quella interna: altri-menti, se non lo facesse, rischierebbe di proporre dei calciatori che magari al club non servono”.Com’è cominciata la tua carriera e come sei finito a fare l’osservatore in una delle società più apprezzate nel settore dello scouting?“Dopo aver giocato nei dilettanti, ho cominciato a dedicare delle attenzio-ni al percorso dirigenziale e ho avuto, nel lontano 1987, l’opportunità di av-viare una collaborazione con il settore giovanile del Monza calcio, che, all’e-poca era uno dei più importanti. Dal vivaio brianzolo, infatti, sono usciti in quegli anni, calciatori del calibro di Pierluigi Casiraghi, Anselmo Robbiati e Massimo Brambilla, per citarne al-cuni. Proprio nell’87, al Monza, arri-vò da Varese Beppe Marotta in qualità di direttore sportivo. Ho cominciato a collaborare nel settore giovanile del-la società biancorossa come dirigente accompagnatore, partendo quindi dal basso e osservando da vicino ciò che avveniva all’interno di un club ben organizzato com’era allora il Monza, imparando a comprendere i meccani-smi e le dinamiche societarie e appas-sionandomi sempre di più alla carriera dirigenziale. Mi sono fatto affascinare anche dalle carte federali, di certo non semplici, né divertenti da studiare. Dopo l’esperienza nel Monza, ho svol-to l’attività di direttore sportivo in una società calcistica giovanile di Milano e, successivamente, ho lavorato per anni alla Pro Patria, in qualità di di-rettore sportivo professionista. Poi, si è presentata l’occasione di collaborare con l’Udinese, grazie all’allora diret-tore sportivo bianconero Pietro Leo-nardi, che mi chiamò in un momento in cui ero rimasto senza contratto, es-

sendo stata la Massese l’ultima società per la quale avevo lavorato, ed essen-do la Massese fallita nel 2008, come tante altri club quell’anno”. Già, Udine, isola felice del calcio…“Lì ho avuto la fortuna di incontrare Andrea Carnevale, che non è soltanto un dirigente preparato e in gamba, ma soprattutto una persona straordinaria ed io sostengo che la vera ricchezza di una società siano gli uomini, prima ancora che i dirigenti. L’Udinese ha la fortuna di essere in mano alla famiglia Pozzo, una famiglia fatta di persone che sanno intravedere e comprendere le potenzialità dei collaboratori di cui si circondano e sanno metterli nelle

condizioni di lavorare al meglio. A capo della struttura di scouting nella quale io sono inserito c’è quell’Andrea Carnevale di cui ho parlato poc’anzi e che ho avuto il piacere di imparare a conoscere in questi anni, che dopo essere stato un grandissimo calciatore, è diventato un eccezionale dirigen-te, cosa non un usuale, dal momento che, raramente, coloro che sono stati grandi giocatori riescono a ricoprire con altrettanta bravura ruoli dirigen-ziali di comando. Andrea Carnevale è un’eccezione in questo senso ed oggi per l’Udinese rappresenta una risorsa determinante. A Udine i meriti per i ri-sultati conseguiti nello scouting sono

Guffanti, quando fare l’osservatore è un mestiere fondamentale

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SPECIALE - PROFESSIONE OSSERVATORE

da ascrivere alla società, con Gino Pozzo in testa, e ad Andrea Carnevale, che è il capo degli osservatori. I loro meriti consistono nel saper scegliere validi collaboratori e nel dare a questi ultimi degli strumenti e un metodo per lavorare al meglio. Questo è ciò che rende l’Udinese una realtà diversa dal-le altre”.Come si diventa osservatore?“Bisogna innanzitutto possedere una grande passione e poi conoscere gli aspetti tecnici e tattici ed ecco spie-gato il perché questo ruolo venga di solito ricoperto da ex calciatori o al-lenatori. Il perché oggi molte società di Serie A si avvalgano di direttori sportivi in qualità di osservatori, no-nostante conoscano gli aspetti tecni-co-tattici magari meno bene di un ex calciatore o di un allenatore, è invece da ricercarsi nella capacità di queste figure professionali di creare relazioni e stabilire contatti, nonché nella loro conoscenza di informazioni non pret-tamente di campo, quali il carattere, la personalità, l’educazione, la cultura, le abitudini dei giocatori”.In cosa consiste concretamente l’at-tività di un osservatore di una socie-tà di Serie A?“Principalmente nel visionare i cal-ciatori, cosa che oggi, grazie agli strumenti a nostra disposizione e alla tecnologia, è possibile fare senza es-sere costretti a recarsi sul posto come avveniva una volta. Ciò consente di operare una scrematura iniziale osser-vando i giocatori attraverso i video e tutta una serie di documenti che aiuta-no a farsi una prima idea. Grazie alla tecnologia, oggi, non sono più neces-sari neanche i provini, con un abbat-timento dei costi non indifferente. È ovvio che, poi, una volta effettuata la scrematura iniziale a cui accennavo poc’anzi, si procede alla visione sul posto, che rimane sempre la forma di osservazione migliore e più diretta, quella che ti permette di valutare il giocatore in maniera più ampia e più dettagliata”.Ci sono esami, tesserini? Quali sono le competenze necessarie da un pun-

to di vista professionale?“Le competenze si acquisiscono in-traprendendo e portando a termine dei percorsi sportivi anche diversi. Come ho detto prima, infatti, oggi abbiamo degli osservatori che sono stati calcia-tori, altri che sono stati allenatori ed altri ancora, come il sottoscritto, che sono stati direttori sportivi. Coloro che volessero avviarsi alla carriera di osservatori al di fuori delle categorie sopra menzionate, incontrerebbero delle difficoltà, in quanto non esiste a Coverciano un corso per osservatore, come invece esistono, ad esempio, per direttore sportivo e allenatore”.Come credi che si sia evoluta la pro-fessione nel tempo? In meglio o in peggio?“Credo che si stia evolvendo in me-glio e secondo il mio punto di vista meriterebbe una maggiore attenzione da parte del “palazzo”, dal momento che quello dello scouting è un settore in forte espansione, a cui ogni socie-tà dedica oggi grande considerazione. Ritengo pertanto che la figura dell’os-servatore dovrebbe essere al più pre-sto incanalata all’interno di un percor-so istituzionale”.Oggi si sentono per alcuni giovani calciatori offerte da capogiro, non è

un po’ esagerato a tuo modo di ve-dere?“Io penso invece che sia vero il con-trario in questo momento, vista la si-tuazione di crisi economica che sta at-traversando non soltanto il calcio ma anche il Paese. Da questo punto di vista il calcio mi sembra stia mostrando buona capacità di stare in linea con quella che è l’at-tuale situazione economica dell’Italia, purtroppo rimettendoci, dal momento che oggi è più probabile che siano le nostre società a vendere i loro giovani talenti, cosa che fino a qualche anno fa non accadeva.”Una volta che un osservatore ha no-tato un calciatore, a chi lo segnala e quanto pesa il suo parere sulla deci-sione finale di ingaggiarlo o meno?“Credo che il parere dell’osservatore pesi tanto dal punto di vista della va-lutazione tecnica di un calciatore. Pen-so che nel calcio sia importante che ognuno rispetti il proprio ruolo, senza travalicare le proprie competenze, una regola che purtroppo spesso non viene osservata. Ciò significa che un osservatore do-vrà limitarsi a fare ciò che gli viene richiesto dalla società, ossia fornire una valutazione del calciatore che è andato a visionare e comunicarla a chi di dovere, ogni decisione in merito all’acquisizione o meno del giocatore in questione compete invece alla so-cietà. Per quanto riguarda la persona a cui l’osservatore segnala un calciatore visionato, nel mio caso, il referente è Andrea Carnevale, il quale, ricevuta la mia segnalazione, dovrà valutarne la bontà”.Quali sono i parametri di cui un osservatore deve tenere conto nella valutazione di un calciatore che va a visionare?“Di certo l’aspetto tecnico è sempre predominante, ma oggi io credo che ci debba essere un’attenzione particolare all’aspetto fisico e a quello mentale”.Qual è la prima cosa che ti colpisce in un giocatore giovane?“La sua capacità di stare in campo e il suo equilibrio, soprattutto se è cir-

Guffanti, quando fare l’osservatore è un mestiere fondamentale

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La FaBBRICa DEI CaMPIoNI

condato da adulti. Quando infatti si osserva un giovane nel contesto della prima squadra, la sua tranquillità e na-turalezza nel giocare in mezzo a gente adulta sono indicative della sua perso-nalità e del suo carattere”.Sentiamo spesso parlare di relazio-ni: in cosa consistono? “Si tratta di indicazioni più o meno dettagliate che tengono conto di vari aspetti, quali quello fisico, tecnico, tattico, mentale, del ruolo ricoperto in campo. Le relazioni, quando puoi contare su un gruppo di lavoro già af-fiatato e rodato, consistono fondamen-talmente nel far capire se il calciatore visionato si avvicina a quelli che sono i tuoi valori di riferimento”.Come si fa a coordinare l’attività di così tanti osservatori sparsi in giro per il mondo?“Attraverso riunioni continue che ser-vono a programmare il lavoro di un anno. In questo caso, programmare

significa capire in quale direzione in-dirizzare l’osservazione. Non è detto, infatti, che l’attività di scouting deb-ba essere sempre intesa globalmente, dal momento che si possono presen-tare durante l’anno determinate situa-zioni che entrano nello specifico. Ad esempio, può capitare che si cerchi un attaccante e quindi si indirizza l’osser-vazione esclusivamente su giocatori offensivi. È chiaro, poi, che più gran-de e importante è la società, più sono i campionati che gli osservatori devono tenere d’occhio e qui diventa fonda-mentale il supporto della tecnologia che, come ho detto prima, permette di operare una prima scrematura, con-sentendo poi di andare in maniera mi-rata ad osservare dal vivo quei calcia-tori che realmente interessano”.Qual è il segreto dell’organizzazione dell’Udinese?“Le grandi capacità di chi sta a capo della società, partendo da Gino Pozzo

e continuando con Andrea Carnevale. Il segreto sta nel metodo di lavoro che l’Udinese dà ai suoi dipendenti”.Molti dicono che una volta lascia-ta l’Udinese i giocatori sembrano meno forti di quanto appaiano a Udine: secondo te perché succede?“In realtà, i fatti dicono esattamente il contrario, dal momento che, nell’ul-tima stagione, i calciatori che l’anno prima giocavano a Udine si sono ri-confermati tutti ad alti livelli nei club in cui sono andati a giocare”.Qual è il prossimo fenomeno che esploderà al Friuli?“A questa domanda posso rispondere che nonostante ogni anno l’Udinese abbia ceduto giocatori importanti, ne ha sempre trovati di nuovi che si sono rivelati funzionali al progetto, tanto è vero che, anche grazie alla bontà del lavoro di un grande allenatore come Guidolin, la società ha continuato ad ottenere risultati sportivi ben al di so-pra delle aspettative”.Qual è il colpo di cui vai più fiero?“A Udine la prima regola è che i colpi sono della società, quindi i meriti sono tutti di Gino Pozzo e Andrea Carneva-le, non di Riccardo Guffanti”.Quello che ti è sfuggito per un sof-fio e che ancora rimpiangi? E quello che ti sarebbe piaciuto fare?“Ho imparato che nel calcio non devi esaltarti per ciò che sei riuscito a fare, né abbatterti per ciò che non sei riu-scito a fare. Io non sono il tipo che si entusiasma, né tantomeno che si ram-marica. Bisogna sempre lavorare e andare avanti, mai guardarsi indietro”.Dovessi dare un consiglio ad un gio-vane che aspira a fare il tuo lavoro, cosa gli diresti?“Gli direi che ci vuole davvero tanta dedizione e tanta passione e gli con-siglierei di cominciare a guardare partite di settore giovanile per costru-irsi una base di partenza e poi passare pian piano alle partite che esprimono valori superiori. Infatti, più possibilità si hanno di osservare valori e livelli diversi e di confrontarli tra loro, più semplice diventa comprendere e valu-tare ciò che si va a visionare”.

L’attenzione e le risorse dedicate dalla famiglia Pozzo allo scouting sono notevoli

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vederlo così, capelli luci-di e pettinati, viso appun-tito e portamento elegan-te, pareva un tranquillo

impiegato di banca alle prese con la solita routine quotidiana: le pratiche da sbrigare, il ritardo del tram, i figli da portare a scuola, una cena in si-lenzio davanti alla TV e al Carosello. E invece, bastava che Juan Alberto Schiaffino indossasse la sua maglia numero 10 e calcasse il sacro suolo del Centenario, di San Siro o del Ma-racanã, e quel tranquillo impiegato di banca lasciava il posto a un inimita-bile direttore di partite. Nervi saldi, cuore caldo, mente fredda, pallone tra i piedi, ed eccolo illuminare la mano-vra offensiva con i suoi tocchi incon-fondibili, morbidi e precisi, sempre al servizio della squadra.

IL BELLO DEL DEBUTTANTEEra nato a Montevideo il 28 luglio 1925. Uruguay, la Svizzera del Su-damerica, terra di approdo per mi-gliaia di nostri connazionali in cerca di un futuro migliore. Come rivela il cognome, anche Juan Alberto aveva origini italiane. I nonni paterni erano partiti dalla Liguria e laggiù, in riva al Río de la Plata, avevano fatto fortu-na. Uruguay terra promessa e terra di calcio. Non era che un bambino, Juan, quando i suoi illustri compatrioti José Leandro Andrade, Héctor Scarone, José Nasazzi e compagnia, metteva-no a ferro e fuoco il mondo e conqui-stando successi a ripetizione: i due ori olimpici consecutivi, nel cuore della

vecchia Europa, e il primo Mundial della storia, davanti al pubblico di casa. Ragazzetto vivace e dispettoso (da qui il soprannome “Pepe” che ne avrebbe accompagnato il resto della vita), il giovane Schiaffino non aspet-tava altro che scendere in strada e rincorrere l’amico più caro delle sue giornate, un vecchio pallone di strac-ci. Del resto, anche il fratello mag-giore Raúl era un attaccante famoso. Fu proprio lui, nel 1943, a introdurre Pepe nelle giovanili del Peñarol, il leggendario club aurinegro fondato da immigrati piemontesi. In breve,

a

miti del calcio - juan alberto schiaffino di Luca Gandini

l’allievo superò il maestro e così Juan Alberto, senza neanche aver esordito in prima squadra, venne direttamente catapultato in Nazionale. Successe il 9 gennaio 1946, quando, al Centenario di Montevideo, l’Uruguay affrontò il Brasile, il rivale di mille battaglie che avrebbero segnato la storia del fútbol sudamericano e mondiale. Dotato di classe sopraffina e di un’intelligenza tattica più unica che rara, il giovane campione si piazzava là, nel cuore del gioco, e con la sua sapienza pennel-lava traiettorie geometriche che non tutti erano in grado di capire. Ele-

EL PEPE E La gLoRIa CELESTE

una stella a illuminare il firmamento calcistico degli anni ‘5o. tributo a juan alberto schiaffino e alla sua inarrivabile classe.

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gante e combattivo al tempo stesso, fu proprio lui la stella più splendente del Peñarol che, nel 1949, conquistò il campionato nazionale. I suoi assist e il suo stile inconfondibile nobilitaro-no il gioco di una formidabile compa-gine che annoverava il portierone Ro-que Máspoli, l’aletta Alcides Ghiggia, il puntero Óscar Míguez e il possente mulatto Obdulio Varela. Guarda caso, la spina dorsale della Nazionale che si preparava ad affrontare il Mondiale dell’anno successivo.

MARACANAZOGià, Brasile ‘50. L’evento a cui la “Celeste” (questo il soprannome dell’Uruguay) si presentò con buo-ne credenziali, ma senza recitare la parte della favorita. Per quello, c’era il Brasile, che giocava in casa e che non poteva neanche lontanamente immaginare di tradire la sua torcida. Avevano fatto le cose in grande, i carioca, costruendo lo stadio più im-ponente del mondo (il celebre Mara-canã) e puntando su una Seleção da sogno, tutta votata allo spettacolo, al futebol bailado. La Celeste era un’al-tra cosa. Concedeva poco alla platea, non badava troppo alle finezze, ma, in quanto a sapienza tattica, aveva pochi rivali. Pepe Schiaffino e soci erano partiti bene, con un 8-0 alla Bolivia al primo turno, ma poi, nel girone finale, avevano sofferto le pene dell’inferno contro la Spagna (raggiunta sul 2-2 solo grazie a una prodezza del capita-no Varela) e contro la Svezia (battuta in extremis 3-2). Il Brasile, dal canto suo, aveva incantato. Era al coman-do del raggruppamento a punteggio pieno e, nell’ultima partita contro la Celeste, avrebbe potuto anche accon-tentarsi del pareggio per conquistare il titolo. Al Maracanã, quel 16 luglio 1950, tutto sembrava già scritto: cosa mai avrebbero potuto fare gli urugua-gi di fronte a 11 furie scatenate e ad uno stadio tutto tinto di verde-oro? E infatti, tutti i forsennati attacchi dei padroni di casa furono premiati, ad inizio ripresa, dall’1-0 di Friaça, in pratica il sigillo sulla Coppa Rimet.

Ma in breve, qualcosa cambiò. Le urla di capitan Varela scossero l’orgoglio uruguayano e la “garra” celeste salì presto in cattedra. Schiaffino, proprio lui, indovinò la cannonata del pareg-gio e poi Ghiggia, l’altro oriundo ita-liano, con la forza della disperazione, infilzò per la seconda volta la Seleção, gettando il Maracanã nello sconforto più totale. Come nel peggiore degli incubi, il Brasile era stato sconfitto. Il Paese piombò nel lutto, mentre “El Pepe”, piangendo, ma di felicità, usci-va dal campo con la Coppa più am-bita.

EL DIOS DEL FÚTBOLOrgoglio di un popolo e artefice di uno tra gli episodi più famosi e dram-matici dello sport mondiale, la Nazio-nale uruguayana sbarcò alla Coppa Rimet di Svizzera ‘54 con la chiara intenzione di non abdicare. Il nostro Schiaffino, pronto ad assapo-rare i frutti della sua splendida maturi-tà, era il faro di una Celeste che aveva perso Alcides Ghiggia, ma che aveva trovato preziosi rinforzi nel difensore José Santamaría, futura colonna del Real Madrid, e nel roccioso attaccan-te Juan Hohberg. Secondo gli esperti,

Schiaffino in una vecchia istantanea mentre discute con Pilmark, giocatore del Bologna

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nessun appuntamento mondiale, in fatto di gol, emozioni e spettacolo, è stato superiore a quello disputatosi in terra elvetica. Merito della “Grande Ungheria”, cer-to, del solito Brasile, desideroso di riscattare la delusione di quattro anni prima, ma merito anche dall’Uruguay, che, nei quarti, con Schiaffino sommo protagonista, schiantò l’Inghilterra con un pirotecnico 4-2. La semifinale contro i magiari, privi dell’infortunato Ferenc Puskás, fu un inno al calcio. I sudamericani lottarono come leoni, ma la “Squadra d’Oro” ungherese era troppo ispirata, quel giorno, a Losan-na. Così, ai supplementari, Sándor Kocsis e compagni, prevalendo 4-2, inflissero agli uruguayani la prima sconfitta della loro storia in Coppa del Mondo. Ma poco importa: le imprese di Pepe Schiaffino avevano ormai incantato l’Europa, e il Milan di Andrea Riz-zoli, proprio in quell’estate del 1954, fece il colpaccio, strappando al Peña-rol il formidabile numero 10. “Se nos fue el Dios del fútbol”, scrisse

miti del caclio - juan alberto schiaffino EL PEPE E La gLoRIa CELESTE

un giornale uruguayano all’indomani del trasferimento del campione nella terra dei suoi avi. Aveva già 29 anni, el Pepe, ma se qualcuno pensava che fosse ormai sulla via del tramonto, beh, si sbagliava di grosso.

NEL PANTEÓN DEGLI EROILa prima stagione in rossonero fu un successo: con gli svedesi Nils Liedholm e Gunnar Nordahl parve giocare insieme da una vita e a fine anno arrivò il meritato Scudetto. Sommo costruttore di gioco, ma an-che, a volte, bizzoso e intrattabile, Schiaffino era il carismatico leader di un Milan che, nel 1955/56, si affacciò per la prima volta in Coppa dei Cam-pioni. Solo il Real Madrid, all’alba del suo favoloso ciclo, riuscì ad aver la me-glio sul Diavolo in semifinale. Ma la delusione fu riscattata, l’anno succes-sivo, dal secondo Scudetto e dal con-seguente ritorno in Europa. E giù un’altra marcia irresistibile, scandita dalle perle dell’uruguagio, che in semifinale rifilò tre reti al Man-chester United per poi affrontare a viso aperto il solito Real Madrid nella finalissima dell’Heysel. Perse 3-2, il Milan, ma “El Pepe”, con una prestazione eroica, fu l’ultimo ad arrendersi. Secondi in Europa solo ai Galácticos, i rossoneri tornarono a dominare l’I-talia nel 1958/59. Schiaffino aveva arretrato di qualche metro il proprio raggio d’azione e da ispiratore della manovra offensiva si era trasformato in prezioso metronomo davanti alla difesa. A fare i gol, là davanti, ci pensò il nuovo arrivato José Altafini e lo Scu-detto, per il Diavolo, fu solo una for-malità. Dopo un’ultima stagione all’ombra della Madonnina, nel 1960 l’asso uru-guayano andò a chiudere la carriera a Roma, sponda giallorossa. Due buo-ne annate, coronate dal prestigioso successo in Coppa delle Fiere. Poi, nel 1962, la decisione di ritirarsi, lasciando un velo di malinconia in

quanti avevano imparato ad amarlo. Primo fra tutti, Gianni Brera, il ma-estro del giornalismo, che una volta disse di lui: “Forse non è mai esistito regista di tanto valore”. Fece quindi rientro in patria, dove intraprese una brillante carriera da uomo di affari, lui che, da buon “ligure”, aveva affi-nato negli anni un particolare talento nella gestione economica del proprio patrimonio. Morì a Montevideo il 13 novembre 2002 e oggi riposa nel Panteón de los Olímpicos, un monumento che racco-glie le spoglie di quei campioni che, attraverso le imprese sportive, han-no saputo coprire di onore e gloria il nome dell’Uruguay.

Il nome di Schiaffino evoca ancora veri e propri incubi al popolo brasiliano

Schiaffino con la maglia del Milan dal ‘54 al ‘60 segnò 47 gol vincendo 3 scudetti

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46 ago 2013calcio2000

inque campionati, una cop-pa di Germania e due cop-pe Uefa. Nel corso degli anni Settanta il Borussia

Monchengladbach è stata senza dubbio una delle squadre più forti d’Europa. Le tante vittorie di quel periodo valsero alla squadra il soprannome di “Der My-thos”: il Mito.

PRIMI SUCCESSIMonchengladbach è un piccolo centro della Ruhr, vicino al confine dell’Olan-da. È lì che l’1 agosto del 1900 nasce uf-ficialmente il Borussia M’Gladbach. Il primo titolo nazionale arriva nel 1960, dopo uno spettacolare 3-2 ai danni del Karlsruhe grazie al quale la squadra del Basso Reno fa suo il trofeo nazionale. Dopo due anni dalla fondazione del-la Bundesliga, il Borussia approda nel massimo campionato della Germania Ovest. Quell’anno siede sulla panchina il tec-nico tedesco Hennes Weisweiler che, potendo contare su una squadra di gio-vani talenti (Netzer, Vogts e Heynckes su tutti), dà al Borussia un’impronta di gioco veloce, aggressiva, spregiudi-cata: è da queste caratteristiche nasce il soprannome che i tifosi danno alla squadra, Die Fohlen (“I Puledri”). La stagione 1969-70 è quella del primo scudetto. Il Borussia, dopo un campio-nato assai combattuto, diventa cam-pione di Germania con una giornata d’anticipo battendo in casa l’Amburgo per 4-3. Il 3 aprile 1971, nella partita contro il Werder, accade un episodio davvero singolare: agli sgoccioli della

gara, sul punteggio di 1-1, l’attaccante del Borussia Laumen e il portiere del Brema Gunter Bernard si scontrano andando anche a sbattere contro il palo sinistro della porta, che crolla. I gioca-tori del Borussia fanno i furbi e spera-no che la partita venga sospesa (all’e-poca si rigiocavano tutti e 90 i minuti) mentre quelli del Werder provano a sistemare la porta, senza riuscirci. L’arbitro nel referto fa presente il dif-ferente comportamento dei giocatori e il giudice sportivo dà la partita persa al Borussia che, nonostante questo epi-sodio, conquista meritatamente il Mei-sterschale e diventa la prima squadra a vincere per due anni consecutivi la Bundesliga.

C

accadde a... - agosto 199o di Simone Quesiti

DUE DI COPPENonostante l’egemonia nel proprio campionato, il Borussia M’Gladbach in quegli anni non riesce a farsi stra-da in Europa, dove la dea bendata ha sempre snobbato i Fohlen. Nella Cop-pa Campioni 1970-71 vengono elimi-nati ai rigori dall’Everton, dopo che i Toffees avevano raggiunto il pareggio grazie a un tiro dalla distanza che ave-va colto impreparato il portiere tedesco, quest’ultimo impegnato a rimuovere un rotolo di carta igienica dall’area picco-la. Questione di carattere, di chimica ma anche di fortuna. Nel 1973, la squadra del Basso Reno arriva in finale di cop-pa Uefa: ad attenderla c’è il Liverpool. Dinanzi a Keegan e compagni, i puledri

DER MYTHoS

cinque campionati, una coppa di germania e due coppe uefa, negli anni settanta il borussia monchengladbach era inarrestabile...

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47ago 2013calcio2000

si devono arrendere, complice il 3-0 ri-mediato nella finale d’andata ad Anfield Road cui aveva fatto seguito l’inutile vittoria (2-0 firmato da una doppietta di Heynckes) nella gara di ritorno. A questa occasione persa, la squadra di Weisweler compensa con la vittoria del-la Coppa di Germania. Al Rheinstadion di Dusseldorf il Borussia batte il Co-lonia 2-1 dopo i tempi supplementari. Ma è nella stagione 1974-75 che il Bo-russia M’Gladbach si rifà alla grande. Arriva infatti il terzo scudetto (staccato l’Hertha Belino di 6 lunghezze, quan-do la vittoria valeva ancora due punti soltanto) e la prima vittoria in campo europeo. La finale di andata di Coppa Uefa si gioca il 7 maggio 1975 a Dus-seldorf contro gli olandesi del Twen-te, finisce a reti inviolate. Al ritorno, lo spirito offensivo e la velocità della squadra di Weisweiler (che a fine anno lascerà per andare al Barcellona) porta-no a un successo roboante: 5-1 in casa del Twente con tripletta di Heynckes e doppietta di Simonsen. Il Borussia è così la prima squadra tedesca a vincere la Coppa Uefa (successo che ripeterà nel ’79, stabilendo un altro record, in quanto prima nonché unica squadra te-desca a vincere due Coppe Uefa). Nel ’77 nemmeno uno strepitoso Allan Si-monsen, poi premiato a fine anno con il

Pallone d’Oro, riesce ad impedire che il sogno di salire sul tetto d’Europa si are-ni all’ultimo atto, di fronte al Liverpool di King Kevin Keegan, già giustiziere del Gladbach quattro anni prima nella finale di coppa Uefa.

NASCE LA RIVALITÀAlla fine degli anni Settanta, il mondo del pallone tedesco vede nascere una rivalità che si sarebbe poi consolidata nel decennio successivo. Cresciuta in un clima come quello del’68, imbevu-to in una concezione radicale della vita sociale all’insegna del noi-contro-loro, dove tutto era politico, dalla filosofia allo sport, dall’arte la cinema, la riva-lità tra Bayern e M’Gladbach assume un significato simbolico che trascende l’aspetto puramente calcistico: è bianco contro nero, i rivoluzionari contro i con-servatori, il Bene contro il Male, Netzer contro Beckenbauer. Da una parte il calcio arrembante e spettacolare del Borussia, capace di mettere in fila au-tentiche vittorie-record come il 12-0 al Borussia Dortmund oppure, in ambito europeo, il famigerato 7-1 all’Inter che solo uno squallido episodio di italica vigliaccheria riesce a cancellare dagli almanacchi ufficiali; dall’altra il plum-beo pragmatismo del Bayern, cinico e spietato.

OGGI NIENTE DA TRADIREGli inizi degli anni Ottanta hanno pro-gressivamente annacquato la rivalità tra Bayern e Borussia: i primi si sono confermati potenza economica e socie-tà leader del calcio tedesco, i secondi hanno imboccato il viale del tramonto (eccezion fatta per la Coppa di Germa-nia vinta nel 1995) che li ha portati, alle soglie del nuovo millennio, alla retrocessione in Zweite Liga. Nell’estate del 1984 uno dei più ta-lentuosi centrocampisti del calcio tedesco, Lothar Matthaus, passa dal M’Gladbach al Bayern, garantendo-si eterno disprezzo da parte dei tifosi dei Fohlen. Uscendo da logiche tifose, quel trasferimento fu il simbolo del definitivo mutamento dei rapporti di forza. Ma la voglia di riscatto è tanta, per tor-nare agli antichi splendori di un tempo; forse basterebbe solo far lucidare gli zoccoli, a questo Puledro, per far sì che ricominci a correre…

Oggi noto come grande allenatore, Heynckes è stato una colonna del Borussia Mgladbach

Tra i giovani talenti in maglia Monchengladbach anche un certo Vogts...

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48 ago 2013calcio2000

ella Russia zarista di fine Ottocento, tra la povertà e lo sfruttamento delle cam-pagne, ove esiste ancora

la servitù della gleba, operano delle industrie tessili con capitali e perso-nale stranieri, in particolare della Gran Bretagna, culla della rivoluzione in-dustriale. Sono proprio due inglesi, i fratelli Charnock, a diffondere il calcio tra gli operai tessili, nel lontano 1887, a Orekhovo-Zuyevo, dove viene fonda-to il club del Krasnoe. Presto il nuovo gioco arriva in tutta l’area di Mosca, si calcola che prima della Grande guerra siano 33 le città coinvolte, con quasi 200 squadre e un numero di tesserati in continuo aumento.La nazionale viene messa insieme nel 1912, anno di nascita della Federazio-ne, per partecipare ai Giochi olimpici di Stoccolma. L’esordio non è del tutto negativo, la sconfitta 2-1 con la Finlan-

N

calcio altrove - le sovietiche di Gabriele Porri

LE gLaCIaLI SovIETICHE

viaggio in una terra spigolosa ma capace di sfornare campioni con la “c” maiuscola…

dia giunge solo nel finale. Il gol russo del momentaneo pareggio è firmato dal capitano Vassili Butusov, cinque presenze tra le otto partite precedenti a guerra e Rivoluzione di Ottobre. Nel torneo olimpico di consolazione i tede-schi non hanno pietà e si impongono con un umiliante 16-0. Anche l’Un-gheria infierisce in amichevole (12-0 a Mosca), ma le cose migliorano a caval-lo tra il 1913 e il 1914 quando arrivano tre pareggi, due con la Norvegia e uno con la Svezia.Dopo il sorgere dell’URSS, negli anni Venti nascono attorno a Mosca i club che ancora oggi compongono l’élite del calcio russo, mentre nella vicina Ucrai-na sorge la Dinamo Kiev, nel 1927. La nazionale capitanata dal fratello mino-re di Butusov, Mikhail, si esibisce solo due volte in partite ufficiali con la Tur-chia, nel 1924-25, vincendo per 3-0 a Mosca e 2-1 ad Ankara.

Poi più nulla fino ai Giochi di Helsinki, 1952. L’URSS vi arriva con l’etichetta di “mina vagante”, dopo i brillanti ri-sultati della Dinamo Mosca nella tour-née in Gran Bretagna, ma viene battuta dalla Jugoslavia. È l’epoca in cui alle Olimpiadi le nazioni dell’Est, dove lo sport è rigorosamente dilettantistico, possono portare la nazionale maggiore e questo rappresenta di certo un van-taggio. La Russia, tra l’oro di Melbou-rne nel ’56 e quello di Seoul nell’88, conquista anche tre bronzi a Monaco, Montreal e Mosca (rispettivamente 1972, 1976 e 1980).Sullo slancio della vittoria australiana, la Federazione iscrive finalmente la Na-zionale ai mondiali di Svezia nel 1958. È la squadra del grande Lev Yashin, il Ragno nero, sconosciuto al mondo fino a 27 anni, e del leggendario coach Ga-vril Kachalin, 74 panchine in tre riprese tra il 1955 e il 1970. In Svezia l’URSS

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-U.R.S.S.

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

U.R.S.S. 11 4 5 2 9 7 3 2 1 0 3 0 5 0 3 2 2 6 3 2 1 0 4 1

Italia 11 2 5 4 7 9 5 2 3 0 6 2 3 0 1 2 0 3 3 0 1 2 1 4

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-RUSSIA

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

Italia 5 3 1 1 6 5 2 2 0 0 3 0 1 0 1 0 1 1 2 1 0 1 2 4

Russia 5 1 1 3 5 6 1 0 1 0 1 1 2 0 0 2 0 3 2 1 0 1 4 2

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-UCRAINA

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

Italia 7 6 1 0 14 2 2 2 0 0 5 1 3 3 0 0 6 1 2 1 1 0 3 0

Ucraina 7 0 1 6 2 14 3 0 0 3 1 6 2 0 0 2 1 5 2 0 1 1 0 3

ITaLIa

uCRaINa

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-U.R.S.S.

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

U.R.S.S. 11 4 5 2 9 7 3 2 1 0 3 0 5 0 3 2 2 6 3 2 1 0 4 1

Italia 11 2 5 4 7 9 5 2 3 0 6 2 3 0 1 2 0 3 3 0 1 2 1 4

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-RUSSIA

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

Italia 5 3 1 1 6 5 2 2 0 0 3 0 1 0 1 0 1 1 2 1 0 1 2 4

Russia 5 1 1 3 5 6 1 0 1 0 1 1 2 0 0 2 0 3 2 1 0 1 4 2

Squadra G V NTOTALE

BILANCIO INCONTRI ITALIA-UCRAINA

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

Italia 7 6 1 0 14 2 2 2 0 0 5 1 3 3 0 0 6 1 2 1 1 0 3 0

Ucraina 7 0 1 6 2 14 3 0 0 3 1 6 2 0 0 2 1 5 2 0 1 1 0 3

ITaLIa

RuSSIa

g l i s c o n t r i c o n l’ i t a l i a

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49ago 2013calcio2000

b i l a n c i o u r s s e d e x s o v i e t i c h eSquadra G V N

TOTALE

BILANCIO URSS ED EX-SOVIETICHE

P RF RS G V NCASA

P RF RS G V NTRASFERTA

P RF RS G V N P RF RSCAMPO NEUTRO

U.R.S.S. 355 193 90 72 627 307 119 83 21 15 269 75 184 82 59 43 274 181 52 28 10 14 84 51

Russia 224 109 63 52 371 242 89 53 25 11 166 72 102 40 33 29 149 114 33 16 5 12 56 56

Ucraina 200 82 61 57 259 208 90 44 28 18 137 81 90 29 29 32 97 106 20 9 4 7 25 21

Bielorussia 174 51 47 76 206 244 65 23 19 23 85 81 89 22 21 46 98 143 20 6 7 7 23 20

Georgia 177 51 35 91 194 267 65 27 17 21 85 67 96 18 16 62 91 176 16 6 2 8 18 24

Moldova 162 35 37 90 135 270 59 14 18 27 51 79 83 13 15 55 60 166 20 8 4 8 24 25

Azerbaigian 185 31 49 105 120 320 61 15 20 26 50 76 94 8 18 68 46 215 30 8 11 11 24 29

Armenia 153 35 33 85 131 255 60 16 17 27 61 84 71 13 10 48 48 137 22 6 6 10 22 34

Kazakistan 138 31 29 78 147 245 49 15 12 22 66 73 59 5 9 45 43 142 30 11 8 11 38 30

Per tutte le informazioni sul calcio internazionale scrivete a: [email protected]

batte l’Inghilterra al play-off del girone grazie a un gol di Ilyin e nella squadra il solo Voynov, della Dinamo Kiev, non è di estrazione moscovita. Sconfitta ai quarti dai padroni di casa, con un gol di Hamrin, l’URSS inaugura una tradi-zione che la vede raccogliere risultati migliori agli Europei piuttosto che ai Mondiali. Infatti nel 1962 ha la sfortu-na di incontrare ancora una volta i pa-droni di casa ai quarti; poi in Inghilterra nel 1966 arriva il quarto posto finale, miglior risultato di sempre nel torneo. Mentre agli Europei il record è impres-sionante: vittoria nel 1960, all’edizione inaugurale, secondo posto nel 1964 e 1972, quarto posto nel 1968. Il suc-cesso del 1960 giunge dopo una finale incerta e solo ai supplementari con gli jugoslavi, quando Viktor Ponedelnik, punta dello Ska Rostov, realizza il 2-1 dopo il vantaggio della Jugoslavia con Galic e il pareggio del georgiano Me-treveli. La stella è Yashin, il leader è il capitano Igor Netto.Yashin è anche l’unico portiere al mon-do e uno dei tre sovietici ad avere vinto il Pallone d’oro (nel 1963), gli altri due sono Oleg Blokhin nel 1975 e Igor Be-lanov nel 1986.Il canto del cigno dell’URSS arriva

a Euro 1988, in Germania, dove una squadra basata sul blocco ucraino della Dinamo Kiev si inchina solo all’Olan-da in finale, dopo aver battuto l’Italia di Vicini al penultimo atto. Nel 1990, ul-tima partecipazione mondiale, l’URSS esce ai gironi e nel 1992, dopo essersi qualificata all’Europeo, disputa la fase finale come CSI (Comunità di Stati Indipendenti) poiché nel frattempo la storia recente ha prodotto i suoi frutti.Da allora, il calcio ex-sovietico è usci-to un po’ frammentato e i risultati sono stati inferiori al periodo in cui si gio-cava sotto un’unica bandiera. Delle 15 nazionali che sono sorte, 11 fanno par-te dell’UEFA mentre Tagikistan, Tur-kmenistan, Kirghizistan e Uzbekistan sono membri dell’AFC asiatica. Solo Russia e Ucraina (ai quarti nel 2006, 0-3 con gli azzurri) hanno preso parte a una fase finale del Mondiale, coi russi che hanno mantenuto la tradizione dei “buoni risultati solo a livello Conti-nentale” con la semifinale raggiunta ad Euro 2008. La Russia sarà poi chiama-ta alla grande prova organizzativa del Mondiale tra 5 anni. Abbiamo già par-lato delle Repubbliche baltiche separa-tamente, tra le asiatiche la più quotata è senza dubbio l’Uzbekistan, che ha

preso parte a cinque fasi finali dell’A-sian Cup (delle altre solo il Tagikistan ha partecipato nel 2004) ed è in lotta per accedere al Mondiale brasiliano del prossimo anno.A livello individuale, i “pluricente-nari” sono sette. A eccezione di Oleg Blokhin e in parte di Onopko, sono tutti giocatori di epoca post-sovietica in cui le possibilità di giocare si sono moltiplicate rispetto al passato. Guida l’armeno Sargis Hovsepyan, ritirato-si recentemente a 40 anni dopo 130 gettoni di presenze, seguito dall’u-craino Tymoshchuck con 128, il rus-so Onopko (113 tra CSI e Russia), gli ucraini Blokhin (112 presenze in ma-glia CCCP, 101 per la FIFA che esclude le Olimpiadi) e Shevchenko con 111, l’uzbeko Kapadze con 105, infine il bielorusso Kulchy e il georgiano Ko-biashvili con 101. Non c’è nessuno che faccia parte del club dei 50 gol e oltre, il top scorer sovietico è ancora Blokhin con 42 reti (35 escluse Olimpiadi), dal 1992 a oggi quello che c’è andato più vicino è Andriy Shevchenko con 48 gol, dietro di lui il vuoto: il migliore è il suo ex compagno nella Dinamo Kiev, l’uzbeko Maksim Shatskikh, 34 reti in 60 presenze.

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50 ago 2013calcio2000

a mosso i primi passi nel mondo del calcio profes-sionistico nel 1966: quali ricordi conserva di quel

periodo? “Il mondo del calcio era totalmente di-verso, i giovani lasciavano casa molto presto come feci io a 15 anni per entrare nelle giovanili delle squadre professio-nistiche, con tantissimi sacrifici. Ricor-do bene – e questa è rimasta la mia qua-lità principale – di avere sempre avuto la passione per il calcio che per me era tutto, studiavo e andavo a scuola ma la mia giornata era riempita dagli allena-

H

dove sono finiti? - ivano bordon di Stefano Benetazzo

uNa vITa Da PoRTIERE

una carriera lunga 44 anni, spesa interamente sui campi di calcio ha regalato ad ivano bordon tantissime emozioni, rivissute in questa intervista esclusiva per calcio2ooo

menti; c’era voglia di voler far bene e di impegnarmi sempre”.I suoi inizi nella Juventina Marghera, già come portiere? “Quando si giocava con gli amici e i compagni io ero sempre in porta, ho iniziato e terminato in quel ruolo, poi quando ho smesso e volevo divertirmi un po’ giocavo anche fuori”.Perché ha scelto di giocare in porta?“Ricordo che andavo con mio nonno a vedere mio padre giocare (era portiere in Serie C, ndr), e mi posizionavo sem-pre dietro la porta, non so se è stato per quello ma mi sono innamorato del ruolo

e non l’ho mai abbandonato. È un ruolo che faceva faticare molto di più rispetto ad un giocatore di movimento e a me è sempre piaciuto faticare in tutte le cose che facevo e che faccio. Il portiere poi è un ruolo diverso dove sei abbastanza solo e penso che un po’ tutti gli estremi difensori siano taciturni e di poche pa-role com’eravamo io e Zoff”.Nel 1966 venne tesserato dall’In-ter con cui passò in prima squadra: quant’era l’emozione di far parte di quella società? “Nel 1969-’70 passai terzo portiere in prima squadra e fu sicuramente una

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51ago 2013calcio2000

Ancora oggi, Bordon è un punto di riferimento per i migliori portieri in circolazione

grande felicità potermi allenare con tanti campioni e far parte del calcio che conta dove un giovane spera sempre di poter arrivare. Poi, fino al ’65, l’Inter aveva vinto tantissimo con giocatori prestigiosi e per me fu una grandissima emozione”.Il suo esordio da titolare con i neraz-zurri avvenne in Coppa dei Campio-ni: stagione 1971-’72, ritorno degli ottavi contro il Borussia Mönchen-gladbach al posto di Lido Vieri. “In Serie A esordii nel ’70-’71 in un derby mentre in Coppa giocai dappri-ma contro l’AEK Atene, contro i quali passammo il turno e successivamente contro il Borussia, al ritorno, e quella è stata – visto l’andamento – la partita che mi ha fatto conoscere; da quel mo-mento giocai più di metà campionato riuscendo ad entrare nei meccanismi della squadra”.In quella partita parò di tutto e di più, tra cui un calcio di rigore che mantenne lo 0-0 fino alla fine: qual è stata la difficoltà maggiore? “Le tantissime mischie che si veniva-no a creare in area, mi ricordo molte gomitate prese, era una vera e propria battaglia; inoltre non si poteva tenere troppo il pallone in mano per non ri-schiare di subire una punizione contro. Le maggiori difficoltà nel secondo tem-po quando loro aumentarono la pressio-ne”.Con i nerazzurri rimase sedici anni, per complessive 382 presenze (281 in campionato), vincendo 2 scudetti e 2 due Coppe Italia… “È stata la mia vita e da calciatore sono sicuramente gli anni più belli che mi hanno fatto cre-scere come uomo e come giocatore, mi hanno dato la soddisfazione di giocare in Serie A e di approdare in Nazionale”.Successivamente passò alla Sampdo-ria dove rimase tre stagioni, arrivando quarto in campio-nato e vincendo un’altra Coppa Ita-lia: come mai scelse i blucerchiati dopo l’Inter? “Con lo svincolo del

1983 le squadre che volevano prendere i giocatori classe ’51 e ’52 li avrebbero pagati un’inezia. Per me fu difficile de-cidere ma l’Inter aveva altre idee e scel-si così la Samp, una società in crescita dove mi sono trovato benissimo”. Oltre alle squadre sopracitate, alla Sanremese e al Brescia dove ha chiu-so la sua carriera, ha indossato an-che le casacche della Nazionale, sia dell’Under che della maggiore con la quale si è laureato Campione del Mondo nel 1982, come vice di Zoff: una bella soddisfazione… “Ogni calciatore spera di approdare in Nazionale e vincere anche il Mondiale era il massimo. In Spagna è stato bel-lissimo”.Dismessi gli scarpini, è stato allenato-re dei portieri di Udinese, Juve, Inter e dell’Italia e ancora una volta Campio-ne del Mondo, nel 2006, con Marcello Lippi. “Ho rivissuto le emozioni prova-te da calciatore, sono emozioni che ti restano dentro e che ti danno veramente tanto”.Dopo questa esperienza perché si è fermato? Aveva una proposta di se-guire Marcello Lippi in Cina, giusto? “Ho declinato quella possibilità perché di andare in un club scendendo in cam-po tutti i giorni, allenando e calciando, non me la sentivo anche se poi ci sono altre motivazioni”. Il calcio è stato… “La mia vita, sono contento e soddi-sfatto e rifarei ogni cosa; forse in qual-che situazione l’essere stato così tran-quillo mi può aver danneggiato, ma di grossi rimpianti non ne ho”.Oggi cosa fa? “Vado in palestra, mi tengo in movi-mento, vedo qualche partita e da qual-che anno mi sono appassionato a gio-

care al golf; vivo con la mia famiglia dedicandogli tutto il mio tempo”.Un rientro nel mondo del calcio è possibile? “Mi piacerebbe lavorare con i giova-ni, mettendo a loro disposizione la mia esperienza e insegnandogli qualcosa ma anche fare l’osservatore in giro. So che non è facile in questo periodo, ma se qualcuno vuole io sono disponibi-le”.Figurine Panini: quanta è stata grande l’emozione di vedersi raffi-gurato? “Le figurine le ho tutte, una volta la Pa-nini mi ha fatto avere tutte quelle che mi rappresentavano, dalla prima all’ulti-ma; come tutti i ragazzi anch’io facevo la collezione e vedermi era un motivo di orgoglio. È stato molto bello”.Ha continuato successivamente? “Si, ho continuato con i miei nipoti dopo-diché ho cominciato a tenere tutti gli almanacchi”.In ultimo, chi è stato per lei il miglior portiere del mondo? “Fare un nome è difficile, ma a me piacevano molto sia Gordon Banks che Ladislao Mazurkiewicz, portiere dell’Uruguay anche se resto dell’idea che in Italia ci sono sempre stati buoni portieri in confronto alle altre naziona-li, basti pensare ai vari Zoff, Albertosi, Sarti e ora Buffon”.

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el Napoli del secondo anno dell’era-Maradona – esat-tamente all’inizio della sta-gione 1985-1986 – approda

un giovane terzino salernitano poco più che diciottenne, cresciuto e lanciato nel Varese, società sempre fedele alla pro-mozione della linea verde. Massimo Filardi è reduce da una di quelle an-nate che definire contraddittorie è dire poco, essendo appena retrocesso dalla B alla C1 ma avendo, tuttavia, bagnato la stagione del suo esordio tra i cadetti con 25 presenze. Tanto basta per attira-re l’attenzione del duo Allodi-Marino, che allestisce un organico destinato, poi, a fregiarsi del tricolore appena un anno dopo. Il sodalizio partenopeo, infatti, irrobustisce un’intelaiatura già collaudata, che conta sui vari Bagni, Bertoni, Bruscolotti, Celestini e Fer-rario, innovandone completamente la spina dorsale con gli innesti del por-tiere Claudio Garella, fresco campione d’Italia col Verona, del libero Alessan-dro Renica (ingaggiato dalla Sampdo-ria), del navigato regista Eraldo Pecci, ex Fiorentina, e del centravanti laziale Bruno Giordano. Filardi va ad arricchire un manipolo di giovani terzini, forte della freschezza di Antonio Carannante – di un anno e mezzo più “anziano”, già titolare nell’under 21 nazionale e suo diret-to rivale per la fascia mancina – e di Ciro Ferrara, che nel torneo preceden-te ha esordito nella massima divisione con la casacca azzurra e collezionato 2 presenze. Il Napoli stecca al primo im-pegno stagionale, fallendo il passaggio

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ad un passo dalla gloria - massimo filardi di Alfonso Scinti Roger

uN JoLLY PER PoCHE STagIoNI

storia di filardi, un terzino che avrebbe potuto fare la differenza…

al secondo turno della Coppa Italia e chiudendo terzo nel girone eliminato-rio. Su 5 incontri Massimo ne dispu-ta solo due da titolare, indossando le maglie n. 4 e 5, mentre quella n. 3 per quattro partite tocca a Carannante. Forse il triste prologo convince l’alle-natore Ottavio Bianchi a sperimentare nuove soluzioni, sta di fatto che Filar-di s’impadronisce del ruolo di terzi-no sinistro esordendo in A alla prima

giornata di campionato, nella vittoria al San Paolo col Como (2-1). Fino al quarto turno il giovane salernitano co-stringe Carannante alla panchina, nella quinta giornata, a Lecce (0-0), giocano entrambi, Carannante col n. 3 e Filardi col 4, inaugurando un ballottaggio che li impegnerà fino al termine di un tor-neo durante il quale Massimo si segna-la per la sua poliedricità, adattandosi anche a fungere da terzino destro (in

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un’occasione), da mediano (4 partite) e da centrocampista laterale con la ca-sacca n. 11 (in 5 gare). In totale, sulle 30 presenze possibili ne fa registrare 26 e pone la sua firma in calce al terzo po-sto finale degli azzurri.Nel frattempo corona la trafila nel-le rappresentative nazionali giovanili con la convocazione nell’under 21 di Vicini, esordendo proprio nella “sua” Salerno il 4 febbraio 1986, in un pari (1-1) contro i pari età della Germania federale. In quest’occasione Filardi si veste le spalle con la maglia n. 10 e ri-trova, manco a dirlo, Carannante, oltre a compagni tutti protagonisti, in futuro, con la selezione maggiore, come Berti, De Napoli, Donadoni, Riccardo Ferri, Mancini e Zenga, praticamente una qualificata delegazione della rappre-sentativa di Italia ’90. Intanto, il nuovo Napoli ridisegna il centrocampo con il dinamismo del neo-nazionale Nan-do De Napoli e le geometrie di Ciccio Romano, rinforza l’attacco con An-drea Carnevale, ottenuto scambiando Bertoni con l’Udinese, e acquista dal Pisa un altro laterale mancino, Peppe Volpecina, ennesimo prodotto giro-vago del prolifico vivaio partenopeo. Mai rinforzo si rivela tanto provviden-ziale, visto che, d’un colpo, il Napoli deve rinunciare sia a Carannante che a Filardi, incappati in gravi infortuni. Bianchi reinventa la batteria dei cursori di fascia, dando fiducia a Ferrara ed af-fiancandolo di volta in volta al veterano Bruscolotti o, anche, proprio a Volpe-cina. Al termine dell’annata ’86-’87 il Vesuvio si tinge di tricolore per la fa-volosa accoppiata di scudetto e Coppa Italia. Per la difesa del titolo i dirigenti di Piazza dei Martiri rinvigoriscono il settore offensivo con l’ingaggio del brasiliano Antonio Careca, mentre la difesa si avvale delle prestazioni di un nuovo laterale sinistro, il torinista e na-zionale Giovanni Francini. Come vali-da alternativa si pensa di confermare Filardi, maggiormente eclettico rispet-to a Carannante e Volpecina, ceduti ri-spettivamente all’Ascoli ed al Verona. Al termine del torneo, perso sul filo di lana contro il Milan, Massimo risulta

presente 21 volte, fungendo da jolly di difesa e centrocampo, e nel febbra-io ’88, contro la Finlandia, riguadagna anche l’under 21, dove nel frattempo un altro terzino, Paolo Maldini, inizia a scrivere la sua leggenda di futuro cam-pione. La disfatta finale del Napoli nel campionato di massima serie appena trascorso porta all’epurazione di alcuni senatori come Bagni, Ferrario, Garella e Giordano. Tanti i nuovi volti, a partire da quello di Corradini per la difesa e di Alemao, Crippa e Fusi per la mediana. Anche il rientro di Carannante intasa ancor più gli spazi per Filardi, di conse-guenza in campionato le presenze non sono che 12, di cui appena 4 da titolare e solo una volta da terzino sinistro, alla diciassettesima giornata, in casa contro il Como (3-2). Conclusa la stagione ’88-’89, Massimo trasloca nella vicina Avellino, in cadetteria, dove infoltisce la truppa di ex napoletani (Amodio, Baiano, Celestini, Ferrario, Tagliatate-la), senza però ritrovare lo smalto dei giorni migliori e un posto da titolare inamovibile (23 presenze su 38 e spes-so partendo dalla panchina).

Anche a Taranto (torneo di B ’90-91) scende in campo solo 21 volte, cen-trando, peraltro, la rete per la prima ed unica volta nella sua carriera. L’anno dopo rientra nel Napoli dell’immedia-to dopo-Maradona, quello, per la pre-cisione, di Claudio Ranieri allenatore e di Careca e Zola in attacco: in tutto appare sul terreno di gioco soltanto in cinque gare e appena in una dall’inizio, alla penultima giornata, indossando la maglia n. 2 nella sconfitta esterna con-tro la Fiorentina (4-2). Rimasto inattivo per due annate, spende gli ultimi scam-poli della carriera a Benevento (C2) con sole 5 apparizioni. La storia calcistica di quello che oggi è un apprezzato procuratore sportivo presenta le inequivocabili tracce di una grande occasione mancata, non certo per demerito del giocatore. L’infortu-nio patito all’indomani della prima sta-gione da titolare ha tarpato le ali ad un difensore che, come pochi, ha saputo adattarsi alle più svariate esigenze tat-tiche, rappresentando per chi lo ha al-lenato una preziosa carta da calare sul manto verde.

Nel Napoli di Maradona ha giocato anche un terzino dalle grandi prospettive come Filardi

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IL CaLCIo è DoNNa

on il 7° Scudetto conquista-to quest’anno, la Torres ha stabilito il nuovo primato di titoli vinti nel campiona-

to italiano di Serie A di calcio femmi-nile. La squadra rossoblù si conferma così ‘la Juventus’ in rosa. Trascinata da una scatenata Patrizia Panico, che ha vinto ancora una volta la classifica cannonieri con 35 goal, e da un gruppo che rappresenta il giusto mix di gio-ventù ed esperienza, la squadra di Ma-nuela Tesse l’ha spuntata in un lungo e avvincente duello con il Tavagnacco, staccato alla fine di 3 punti. Fra le pro-tagoniste di un’annata speciale per la

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speciale - calcio femminile di Paolo Camedda

società sassarese, che l’ha vista anche fare un ottimo percorso in Champions League fino ai quarti di finale, c’è stata la giovane debuttante Giorgia Casula, che è riuscita a dare il suo apporto alla squadra rossoblù nonostante un infor-tunio al ginocchio l’abbia costretta a restare ferma a lungo nella seconda parte di stagione.La centrocampista, giovane promessa del calcio femminile italiano, ci ha ac-colto in compagnia di sua madre con un sorriso contagioso, e ha raccontato ai microfoni di Calcio2000 le emozio-ni vissute nella sua prima stagione con la Torres.

Giorgia, cosa significa innanzi tut-to per te lo Scudetto vinto in questa stagione al tuo primo anno in Serie A? “Di sicuro è stata una bella emozione, e ha un significato molto importante per la mia carriera. Vincere il titolo ita-liano insieme alla Supercoppa nel mio primo anno in A può essere per me un punto di partenza importante per spin-germi a migliorarmi e a dare di più in futuro”.La Torres si è confermata con questo titolo la regina del calcio femminile italiano. Senti il peso di giocare per una grande squadra e di indossare

intervistiamo giorgia casula, giovane centrocampista della torres campione d’italia di calcio femminile destinata ad una grande carriera.

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Se l’Italia rappresenta un po’ un’eccezione, un po’ dappertutto nel mondo il calcio femminile è una disciplina in continua crescita. In Germania le tesserate sono circa 800 mila, 60 mila in Inghilterra e 55 mila in Francia. Ma anche nei Paesi Scandinavi e in Oriente ha un ampio seguito. Se estendiamo poi l’analisi agli altri continenti, i numeri più alti il calcio femminile si registrano in Canada (la cui Nazionale è allenata dall’italiana Carolina Morace) e negli Stati Uniti, dove circa 18 milioni di atlete giocano a calcio ogni giorno e dal 2001 si disputa, con nomi e formule diverse, il campionato professionistico americano, con le migliori calciatrici del mondo. A testimoniare il grande successo del calcio femminile negli Stati Uniti c’è un’iniziativa singolare, che ha portato nelle scorse settimane alla creazione di un team, l’Ac Seattle, iscritto alla Women’s Premier Soccer League (WPSL), la seconda lega calcistica femminile statunitense, la cui rosa sarà composta da una folta pattuglia di calciatrici italiane.Le competizioni calcistiche internazionali riflettono questo quadro complessivo. La Nazionale statunitense è infatti la più titolata al mondo, con 2 Campionati Mondiali e ben 4 titoli olimpici. Seguono per palmares la Germania con due Mondiali, e la Norvegia, che ha conquistato un Mondiale e un torneo olimpico. Alla finale dei Mondiali 2010, disputatisi in Sudafrica, fra Stati Uniti e Giappone, Il social network Twitter, durante i 90 minuti della finale, ha contato circa 7 mila nuovi messaggi al secondo, con aggiornamenti sul risultato, commenti e considerazioni degli appassionati. Lo stesso presidente americano, Barack Obama, ha seguito con grande entusiasmo la gara ed entrambe le sue figlie praticano il calcio.

C A L C I O F E M M I N I L E C H E P A S S I O N E … A L L’ E S T E R O

una maglia così importante? “Il record che abbiamo ottenuto ti spin-ge a dare il massimo. Anche se si dice sempre che l’importante non è vincere, ma partecipare, quando giochi con la Torres sai bene che sei lì per provare sempre a vincere. Lo dimostra un dato: quasi tutte le mie compagne giocano stabilmente in Nazionale, questo è per me uno stimolo importante per cresce-re, una sfida per fare ancora meglio e arrivare un giorno alla maglia azzurra della Nazionale maggiore”.Sicuramente vincere uno Scudetto a 17 anni, e farlo dando il tuo contri-buto, con 9 presenze e 1 gol, non è

una cosa che capita tutti i giorni. Ti chiedo: qual è l’immagine più bella che conserverai con te di questa sta-gione? “Scegliere un’unica immagine per il campionato è molto difficile per me, visto che di momenti da ricordare ne ho vissuti tanti. Se però estendiamo la domanda alla stagione, ecco che al-lora dico senza dubbio la prima gara in Champions League a Cipro contro l’Apollon Limassol lo scorso settem-bre. Io ho assistito alla partita dalla panchina, ma l’emozione per me, che arrivavo dall’A2, è stata incredibile. Quando ho visto la maglia rossoblù

con il numero 15 e il mio cognome sul retro quasi mi mettevo a piangere, tan-ta era la gioia. Poi l’ingresso in campo, vedere tanti tifosi sugli spalti, sentire l’inno... Per me è stato un concentrato di emozioni uniche. E il risultato che è arrivato, una grande vittoria in rimonta con una super Panico dopo che siamo andate sotto per 2-0, qualcosa di indi-menticabile, che testimonia la compat-tezza del nostro spogliatoio”.Nel momento migliore della stagio-ne sei stata frenata da un infortu-nio al ginocchio che ha ritardato in qualche modo la tua ascesa. Hai dei rimpianti per questo e cosa provavi

Al suo primo anno in Serie A, Giorgia Casula ha già mostrato talento e personalità

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speciale - calcio femminile

a dover star fuori e vedere invece le tue compagne giocare? “È stata dura, inizialmente ero davvero a terra. Purtroppo i tempi di recupero si sono allungati perché inizialmente pensavano fosse il menisco. Gli esami specialistici hanno invece dimostra-to che così non era, e che si trattava invece di un problema alla cartilagi-ne. Guardare le altre correre e giocare stando fuori non è stato semplice, e ho dovuto avere molta pazienza prima di poter rientrare”.Tanto più che a causa dell’infortunio hai dovuto rinunciare a un appunta-mento importante in maglia azzur-ra… “Sì, è stata una delle cose che mi è di-spiaciuta maggiormente. A inizio anno ero stata chiamata per uno stage con la Nazionale Under 19, e ad aprile sono stata convocata per gli Europei, ma purtroppo a causa del problema al gi-nocchio sono dovuta restare a casa…”.Essendo giovanissima avrai l’occa-

sione di riprenderti ciò che l’infor-tunio ti ha tolto già nella prossima stagione. Quali saranno i tuoi obiet-tivi per il 2013-14? “Con la Torres voglio sicuramente ri-vincere il campionato, magari anche la Coppa Italia, che quest’anno ci è sfug-gita, esordire e andare più avanti pos-sibile in Champions League, dopo che in questa stagione siamo state elimina-te ai quarti di finale dall’Arsenal, uno squadrone. Poi punto ai Campionati Mondiali con la Nazionale Under 20”.Per una giovane calciatrice come te arrivare in alto non dev’essere sem-plice. Sicuramente ogni giorno do-vrai fare tante rinunce, qual è quella che ti pesa di più? “Rinunce devo farne sicuramente tan-te. È molto difficile stare lontano da casa, così come, per me che sono una gran golosona, limitarmi con il cibo. Devo sempre regolarmi, anche e so-prattutto quando esco con le amiche”.Rispetto al calcio maschile, il calcio

femminile in Italia ha un seguito nettamente minore. Ti dà in qualche modo fastidio questa cosa, alla luce dei sacrifici che voi calciatrici e le società fanno per ottenere traguardi importanti? “Sì, mi dà molto fastidio, perché il calcio femminile in Italia meritereb-be di essere più seguito. Il nostro è un calcio più pulito rispetto a quello ma-schile, un mondo dove circolano senza dubbio meno soldi. A vedere le nostre gare vengono, quando va bene, 200 persone, mentre in altri Paesi, come in Germania o in Inghilterra, le cifre sono di tutt’altro genere. A seguire il Wolfsburg fresco campione tedesco, ad esempio, vanno allo stadio circa 10 mila tifosi ogni partita…”.Anche nel calcio femminile, quindi, l’Italia è indietro rispetto ad altre realtà europee? “Sicuramente c’è un gap che bisogne-rebbe colmare rispetto alla Germania, alla Francia e ai Paesi del centro-nord

Una parata del portiere italo-svizzero Thalmann nella delicata sfida Scudetto Torres-Tavagnacco

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A differenza di altri Paesi, in Italia il campionato di calcio di Serie A femminile è un torneo dilettantistico la cui organizzazione dal 1986 è affidata alla Lega Nazionale Dilettanti all’interno della Figc. Nella penisola il calcio femminile stenta a decollare, a differenza di quanto è accaduto o sta accadendo in altre parti del Mondo. La disciplina è praticata da appena il 2% del totale degli iscritti alla Figc e il movimento coinvolge complessivamente circa 18 mila atlete. Numeri che segnano sì una crescita rispetto al passato, ma nettamente inferiore rispetto a quella di altri Paesi. Dalla stagione 2012-13 il massimo campionato calcistico a livello femminile in Italia è composto da 16 squadre. La formula è quella del ‘girone all’italiana’, con le formazioni che si affrontano due volte nell’ambito della stagione, con una partita di andata e una di ritorno. La squadra che si piazza al primo posto vince lo Scudetto e il titolo di ‘campione d’Italia’, e, insieme alla seconda, il diritto di partecipare nella stagione successiva alla UEFA Women’s Champions League, la Champions League femminile. Le ultime tre classificate retrocedono invece direttamente in Serie A2, insieme alla squadra sconfitta nei play-out.La stagione 2012-13 ha visto la quarta affermazione consecutiva della Torres, che si è confermata regina del calcio femminile italiana conquistando il quarto Scudetto consecutivo, il settimo in assoluto della storia della formazione sarda. Decisivo il pareggio interno per 1-1 contro il Tavagnacco dello scorso 4 maggio, che ha fatto scatenare la festa delle sassaresi. Le avversarie si sono consolate a fine stagione con la conquista della Coppa Italia contro il Bardolino. Sono retrocesse invece in A2 Torino, Fortidudo Mozzecane e Lazio, oltre al Fiammamonza, che ha perso il play-out con il Grifo Perugia. Ennesimo trionfo invece per il bomber della Torres Patrizia Panico, che con 35 gol ha vinto per la 12ª volta la classifica cannonieri, eguagliando il primato assoluto della grande Carolina Morace.Dietro alla primatista Torres, le squadre che hanno vinto più titoli nella storia del calcio femminile italiano sono la Lazio (5 Scudetti) e il Milan e il Bardolino (4).

U N M O V I M E N T O D A S O S T E N E R E

IL CaLCIo è DoNNa

Europa, per portare il calcio femmini-le italiano al livello di seguito e di ri-sultati internazionali che meriterebbe. Prima di tutto è una questione cultu-rale”.Hai un calciatore e una calciatrice preferiti? “Nel calcio maschile non ci sono dub-bi, il mio idolo è ed è sempre stato Alessandro Del Piero. Nel calcio fem-minile dico la mia compagna di squa-dra Sandy Iannone, ma potrei dirne una qualunque, perché sono tutte gio-catrici fortissime”.Ci parli un po’ di quella che è stata la tua carriera fino ad oggi? A di-spetto della tua giovane età hai già maturato una discreta esperienza… “Comincio a raccontare la mia storia dal principio, ovvero da quando, a 12 anni, in una visita medica mi fu dia-gnosticato un problema elettrico al cuore. I medici mi dissero che avrei dovuto operarmi, che la mia, dopo, sa-rebbe stata una vita normale sotto tutti i punti di vista ma che non avrei più potuto giocare a calcio… Così andai Esplode la festa nello spogliatoio della Torres dopo la conquista del settimo Scudetto

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IL CaLCIo è DoNNaspeciale - calcio femminile

Antonio Cabrini, campione del Mondo del Mundial ’82 è l’allenatore della Nazionale italiana femminile. Con lui abbiamo parlato della situazione del calcio in “rosa”.Differenze nell’allenare le donne piuttosto che gli uomini? “Dal punto di vista tecnico non c’è molta differenza, forse è addirittura più facile: i “maschietti” sono più pigri, mentre le ragazze sono sempre volenterose, concentrate, attente. Sono mosse dall’entusiasmo e dalla passione, ma la professionalità non manca”.Quali sono le principali difficoltà quotidiane? “Nonostante il loro impegno, parliamo sempre di “dilettanti”, di persone che devono contemporaneamente lavorare. E abbinare le due cose non è semplice, soprattutto a certi livelli”.Perché il calcio femminile in Italia ancora non riesce a decollare come in altri paesi? “Perché il mondo latino, l’Italia e il calcio italiano, sono maschilisti. È soprattutto una questione culturale, dobbiamo cambiare questo approccio”.Ricette? “Bisogna partire dal basso, dalle scuole, dai vivai: cominciamo a consentire alle ragazze di giocare a calcio fin dalla scuola, obblighiamo le società ad avere anche le squadre giovanili femminili, solo così potremo migliorare”.Tempo fa il presidente del Napoli De Laurentiis aveva avanzato l’ipotesi di creare la squadra femminile… “Sarebbe un ottimo volano, ma l’importante è che non resti un’iniziativa isolata, deve essere un aspetto di una strategia istituzionale più ampia, altrimenti rischia di rappresentare una goccia d’acqua nel deserto”.

Consiglierebbe ai suoi colleghi allenatori un’esperienza nel calcio femminile? “Assolutamente sì, perché oltre ad essere d’aiuto alla crescita del movimento, sarebbe un’esperienza utile anche per la loro crescita professionale”.Quali sono gli obiettivi dell’Italia per i prossimi campionati europei che si giocheranno a luglio? “Pur essendo una Nazionale “piccola” a livello di calcio femminile, sono convinto che abbiamo le qualità per giocarcela contro chiunque. Abbiamo potenzialità importanti”.

C a b r i n i : “ I l c a l c i o è m a s c h i l i s t a ” di Sergio Stanco

per 2 volte sotto i ferri. Gli interventi riuscirono perfettamente, e, fortunata-mente, ho potuto riprendere a giocare a calcio. Forse proprio questa doppia operazione mi ha dato una forza in più. A 14 anni ho fatto un provino con la Torres, andò bene e fui presa per gio-care nella squadra satellite che cura il settore il Giovanile. A 15 anni fui considerata già pronta per fare un’esperienza importante, così mi mandarono in prestito all’Atletico Oristano, in A2, vicino a casa. Per me sono stati due anni molto positivi, vi-sto che ho potuto giocare da titolare. Così quest’anno sono stata chiama-ta nella prima squadra della Torres, che mi ha evidentemente considerato ormai pronta per giocare in Serie A. Ormai il problema al cuore è solo un brutto ricordo”.Quando hai detto alla tua famiglia

che volevi fare la calciatrice profes-sionista, come l’hanno presa? “In realtà l’hanno presa benissimo, perché la mia è una famiglia di calcia-tori da più generazioni: i miei nonni erano calciatori, mio padre era calcia-tore, mia madre era calciatrice, mio zio gioca attualmente in Serie D, e anche mio fratellino ha iniziato da poco a

praticare il calcio”.Guardando in avanti, quali sono gli obiettivi che sogni di raggiungere nella tua carriera da calciatrice? “Mi alleno seriamente negli allena-menti e punto sempre al massimo. La mia speranza è di riuscire a vincere un giorno i Mondiali con l’Italia e la Champions League”.

L’esultanza delle giocatrici della Torres dopo il gol Scudetto di Silvia Fuselli

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L’esultanza delle giocatrici della Torres dopo il gol Scudetto di Silvia Fuselli

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“o Rei” di BaRcellona

a rubato la scena a tutti, anche a Messi. Ha strega-to anche un tifoso del Real Madrid come Julio Iglesias,

che gli ha prestato il suo jet privato per i viaggi intercontinentali a Barcellona. Al termine di una telenovela infinita, dura-ta quasi tre anni, Neymar da Silva San-tos Júnior, nato a Mogi das Cruzes nel 1992, ha finalmente firmato per la socie-tà blaugrana, calpestando per la prima volta l’erba del Camp Nou davanti a 56 mila tifosi entusiasti. La presentazione

Un altro fenomeno

in blaugrana, arriva

Neymar, la stellina

del Brasile…

del campione brasiliano, proveniente dal Santos per la somma complessiva di 57 milioni (almeno stando alle parole del vice-presidente del Barcellona Barto-meu, ma c’è da credere che la cifra sia da ritoccare al rialzo di almeno dieci milio-ni), ha suscitato subito buone impressio-ni per l’atteggiamento umile del nuovo arrivato. Pochi concetti, ma ben chiari in mente: “Ho sempre sognato di gio-care nel Barcellona, alla fine ho scelto di venire qui invece che al Real Madrid perché per me non era una questione di

ligaspagNa

H

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“o Rei” di BaRcellona

soldi ma di cuore – ha dichiarato –. Sono qui per aiutare la squadra e per aiutare Messi che è il più forte del mondo a con-quistare tanti altri Palloni d’Oro”. L’alle-gria, l’ottimismo, la fede e l’umiltà con cui il ragazzo è entrato nelle grazie dei suoi nuovi tifosi sono doti da ammirare: certo che parlare di cuore e non di soldi quando ne entrano a palate è piuttosto fa-cile, ma il valore del giocatore non si di-scute. Il padre ne amministra gli affari da diversi anni, ed è riuscito a strappare un contratto da nove milioni netti a stagione per cinque anni: il tempo sarà galantuo-mo e ci dirà se sono stati spesi bene. Con il Santos ha vinto tutto in Sud America, dal Campionato alla Libertadores, con l’unico rimpianto costituito dalla finale del Mondiale per Club persa nel 2011 proprio al cospetto del Barcellona. Gio-coliere insuperabile, cresciuto in strada e divenuto assolutamente formidabile nel

dribbling, il talento brasiliano incanta con le sue movenze felpate e le sue fan-tasiose invenzioni, con cui disegna tra-gitti imprevedibili sull’erba, ancora più godibili dagli spalti grazie alla sua cresta colorata. Ama partire da lontano, sulla fascia o dal centro del campo, dove gode di maggiore libertà, e (almeno in Brasi-le) predilige puntare e scherzare con gli avversari con irriverenza e leggerezza. Il suo repertorio tecnico abbraccia tutti i gesti tecnici conosciuti, incluso un uso smodato del sombrero e della bicicletta, in un’apoteosi del futebol bailado che è quanto di più irritante un difensore pos-sa augurarsi di fronteggiare in carriera. Dal fisico brevilineo e sgusciante, dotato di un’agilità e una rapidità fuori dal co-mune, Neymar sembra fatto di gomma e quando perde l’equilibrio dà l’impres-sione di rimbalzare invece che di cade-re. Come potrà conciliare il suo modo

di giocare dissacrante, individualista e spensierato con la chirurgica concre-tezza, ormai europea e senza fronzoli, di quel mostro sacro di Lionel Messi? Se l’alchimia riuscirà bene la velocità di pensiero supererà quella degli spet-tatori e rischieremo di chiederci spesso, come fanno i difensori, dove sia finito il pallone abilmente spostato e nascosto in un interminabile gioco di prestigio. Il tiqui taca riuscirà a convivere con un elemento tecnico esterno, seppure squisito? Neymar saprà sacrificarsi per la squadra o resterà un corpo bello ma estraneo al gioco? Vedremo una bizzarra accozzaglia di stili come nell’architet-tura di Gaudì o Vilanova saprà forgiare da una simile lega di metalli preziosi un Barcellona ancora più forte di questo? Si aprano le danze, il ballerino di samba e la pulce salterina non vedono l’ora di co-minciare a stupire.

di Daniele Chiti

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ligaspagNa

Tra i giocatori del Mallorca più cercati c’è il noto Dos Santos, messicano dalle qualità importanti

AbidAl e VillA lAsciAno il bArçA… A mAlincuorePer un “crack” che sbarca a Barcellona c’è un’altra icona del fútbol spagnolo che saluta. Il Barcellona ha annunciato la scadenza del contratto di Éric-Sylvain Abidal, a cui ha chiesto di valutare un cambiamento della sua carriera. Un modo elegante di scaricarlo o una porta aperta per un futuro da dirigente? Il francese ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma poi ha esternato il suo disappunto nei confron-ti della dirigenza che non ha creduto in lui mettendone in dubbio l’integrità fisi-ca. C’è già chi è passato dall’affetto alle critiche verso un calciatore riabilitato e atteso con trepidazione: d’altronde la ri-conoscenza non è il primo dei sentimenti appena finisce una grande storia d’amore. Le offerte per continuare almeno un’altra stagione e dimostrare di essere ancora un difensore di classe mondiale non gli man-cano. Dopo aver ricevuto il commovente abbraccio del Camp Nou nel secondo tem-po dell’ultima gara di campionato contro il Málaga, ha abbracciato tutti i compagni di viaggio della sua bellissima avventura blaugrana in una toccante cerimonia di commiato imposta dalla scadenza del suo contratto. Un’avventura speciale, com-plicata dal trapianto di fegato e conclusa sul campo con la 22esima Liga, il gior-no della conquista dei cento punti: cifra simbolica, un record eguagliato a solo un anno di distanza dall’exploit del Real Ma-

dal grave lutto della perdita della moglie Pitina nel giugno del 2012, ha vissuto la stagione sportiva con rassegnazione e distacco. A un anno dalla conquista del-la Liga dei cento punti, “Re Mida” ha dovuto constatare la fine dell’era Mou-rinho, un allenatore difficile da gestire e che non gli mancherà per niente. Non mancherà neanche a Cristiano Ronaldo: andandosene Mourinho è stato gelido con l’asso portoghese: “Sa già tutto, non ritiene di avere nulla da imparare dal suo allenatore; quando gli ho fatto notare che poteva migliorare in un aspetto del suo gioco non mi ha ascoltato”. Esternazio-ni a cui “CR7” ha risposto con ostentata

La Coppa del Re ha sorriso all’Atletico Madrid di Falcao, una bella rivincita per i biancorossi

drid. Come a dire: il Barcellona c’è, e che nessuno si azzardi a mettere in discussio-ne un primato nazionale incontrastato. Le statistiche dicono che il Barcellona di Vi-lanova ha segnato meno del Real Madrid dello scorso anno (115 reti contro 121) ma il numero di títuli conquistati negli ultimi tre anni soltanto (otto a tre) corrobora una supremazia schiacciante al di là dell’esi-to particolare dei singoli scontri diretti o dei risultati di una singola stagione. “Abi” non è l’unico a lasciare controvoglia. Car-les Puyol in vacanza ha abbassato la guar-dia e si è lasciato sfuggire con un giorna-lista fintosi un semplice tifoso una battuta sul futuro di David Villa. Ha rivelato che “el Guaje” è destinato a interrompere la sua storia d’amore con Barcellona dopo una stagione un po’ travagliata, non entu-siasmante dal punto di vista realizzativo e condizionata dallo smaltimento dei postu-mi di un brutto infortunio. La notizia per la verità era già nell’aria… Anche lui sarà un “crack” difficile da sostituire nel cuore dei tifosi: il gol nella finale di Wembley contro il Manchester United è un ricordo indelebile della sua splendida avventura culé.

il nuoVo corsodi FlorentinoFlorentino Pérez ha iniziato il suo quarto mandato dal 2000 senza la concorrenza di altri candidati e senza grandi proclami. È stato un anno difficile per Pérez: afflitto

Se la squadra scende l’interesse sale La retrocessione del povero Mallorca, già afflitto da gravi problemi di bilancio, promette di saziare gli appetiti più sfrenati. Fanno gola alcuni elementi di una difesa a luci rosse (vedi l’affiatata coppia Bigas Luna), ma soprattutto la navigata colonia israeliana (il portiere Auoate e la punta Hemed) e Giovani Dos Santos, genialoide trequartista messicano cresciuto nella cantera del Barça e un tempo accostato addirittura a Messi. Anche i mediani giramondo Tissone e Javi Márquez, vecchie conoscenze del nostro campionato, potrebbero cambiare di nuovo casacca. Anche il presidente Lendoiro dovrà privarsi di molti elementi del suo Deportivo, alcuni per ragioni anagrafiche e di motivazioni (Valerón si è ritirato, Riki si è svincolato dopo sette stagioni), altri per ragioni economiche: le ultime due retrocessioni sono dure da ammortizzare. Alla testa di una nutrita rappresentanza portoghese, arruolata anche per ragioni di prossimità geografica, c’è il talentuoso esterno d’attacco Bruno Gama; ma piacciono anche i difensori Sílvio e Zé Castro, il mediano Salomão, le giovani punte Pizzi e Nelson Oliveira. Clamorosa anche la retrocessione del Saragozza, con i tifosi inferociti con il presidente Agapito Iglesias e l’allenatore Manolo Jiménez. Dopo una storia recente costellata di epiche salvezze all’ultima giornata, la squadra aragonese è retrocessa dopo un onesto girone d’andata e un girone di ritorno ridicolo. Sono sul mercato veterani del calibro di Apoño e Hélder Postiga, Romaric e Leo Franco, ma interessano anche i difensori Abraham e González Soberón, oltre agli acerbi attaccanti Rodrigo, Rochina e Paco Montañés.

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indifferenza: “Non mi interessa. Se do-vessi preoccuparmi di quello che dicono tutti…”. Non è un mistero che soprattutto nell’ultimo periodo almeno metà dello spogliatoio non potesse più vederlo, e il cambiamento è stato accolto con sollievo da tutto l’ambiente. Dopo tre titoli in tre anni e tante, troppe polemiche, la priorità di Florentino è quella di restituire cando-re alla “camiseta blanca” con una nuova campagna di immagine, anche se la pre-sentazione delle nuove maglie ha solle-vato critiche, oltre che per l’impiego del poco tradizionale colore arancione, anche per il contratto di sponsorizzazione con la compagnia aerea di bandiera degli Emi-rati Arabi Uniti. Dopo aver fatto lievitare il prezzo di Neymar con una discutibile quanto prevedibile operazione di disturbo nei confronti del Barcellona, il club ma-dridista si può concentrare sull’acquisto di comuni mortali, badando anche ai cordo-ni della borsa e proseguendo la campagna di rafforzamento che in due anni portò ad allestire una rosa capace di competere ad armi pari (o quasi) con i rivali. L’uomo della rinascita è Zinédine Zidane, cam-pione mai dimenticato, che porta la sua classe e un’esperienza ormai consolidata nelle stanze dei bottoni del club di Cha-martín. È lui il volto vincente che rappre-senta la continuità con l’era “Galattica”, a garanzia di un progetto sportivo ambi-zioso nonostante lo strapotere blaugrana. Il primo rinforzo del nuovo corso va nella direzione giusta: il ventunenne difensore Daniel Carvajal Ramos è un campioncino fatto in casa, mandato a farsi le ossa nella Bundesliga (dove è stato votato nell’undi-ci ideale dopo un gran campionato nelle fila del Bayer Leverkusen) e ritornato alla Casa Blanca grazie a un’opzione di riac-quisto alla cifra prestabilita di 6,5 milioni, secondo una clausola inserita nel contrat-to di cessione a 5 milioni. Esterno destro di grande spinta, sforna assist e cross in quantità industriale e andrà a ricoprire l’u-nico ruolo scoperto, Arbeloa permetten-do. Tra gli obiettivi di mercato fioccano come al solito grandi nomi: Bale e Isco sono i più gettonati. La tentazione di un ritorno di fiamma con Jupp Heynckes è durata pochissimo, fino al suo annuncio di volersi ritirare da vincitore dopo lo storico

“treble” conquistato con il Bayern Mona-co. Il corteggiamento a Carlo Ancelotti è un altro indicatore del cambio di rotta della società merengue: la scelta di pun-tare sul plurititolato tecnico di Reggiolo non è solo una scelta di continuità con un passato glorioso, ma anche di immagine. Con la loro esperienza a Madrid sia Fabio Capello sia Arrigo Sacchi hanno lasciato la loro ottima impronta professionale, tra-smettendo “sabiduría” tattica e cultura del lavoro a tutto lo staff. Un allenatore esper-

to, ambizioso e vincente come Ancelotti (due vittorie in Champions alla guida del Milan, nel 2003 e nel 2007), ma attento anche a non trascendere grazie a un suo stile molto “british”, è un bel biglietto da visita per ripresentarsi ai nastri di parten-za con fiducia e sobrietà. L’unico pro-blema lo scoglio rappresentato del PSG, molto scontento di privarsene e determi-nato a riscuotere un indennizzo di almeno 4 milioni per la risoluzione con un anno d’anticipo del contratto con l’allenatore.

Bentornato Villarreal, il Sottomarino Giallo ritorna in superficie Non poteva durare il purgatorio del Sottomarino, che a forza di immersioni l’anno scorso l’aveva combinata grossa. Pur stentando è riuscito a tornare a galla, grazie a una prodigiosa rimonta sull’Almería che gli ha permesso di agganciare il secondo posto valido per la promozione diretta in Primera assieme all’Elche, altra bella realtà della Comunidad Valenciana. Entusiasmo al Madrigal per la vittoria dell’ultima giornata contro l’Almería: decisivo il gol di Jonathan Pereira, punta di ritorno dall’avventura al Betis, e tra gli uomini di maggior prospettiva nella rosa di Marcelino García Toral. La festa degli “amarillos” è stata ancor più bella e commovente perché celebrata nel ricordo di Manuel Preciado, allenatore dello Sporting di Gijón per diverse stagioni e prima scelta della dirigenza per la rinascita. L’estate scorsa prima della presentazione come allenatore del Villarreal l’allenatore coi baffi, uomo vero, simpatico e sanguigno, è stato sfortunatamente stroncato da un infarto e la scelta è caduta sul salmantino Julio Velázquez. Dopo un girone d’andata non brillante la dirigenza lo ha sostituito con un altro asturiano, Marcelino, reduce dalla deludente esperienza al Siviglia. Il presidente Fernando Roig ha sì deciso di cedere all’estero i suoi pezzi pregiati (principalmente alla Fiorentina: Gonzalo Rodríguez, Borja Valero e Giuseppe Rossi, per un totale di 20 milioni; ma non vanno dimenticate le cessioni di Zapata al Milan, di Diego López al Siviglia, di Iván Marcano al Rubin Kazan, di Nilmar all’al-Rayyan e di Marco Rubén alla Dinamo Kiev), ma ha ingaggiato calciatori esperti con contratti brevi per risollevarsi immediatamente dal pantano della Liga Adelante. Il centrocampista del Levante Farinós, il difensore svedese Mellberg, l’attaccante francese Perbet, l’ala nigeriana Uche sono andati a dare spessore a una rosa che ha potuto contare a centrocampo su veterani del calibro di Marcos Senna (capitano in scadenza di contratto) e Bruno Soriano. Lanciati quest’anno anche tanti prodotti della ricca “cantera”: dal portiere Diego Mariño ai difensori Oriol, Jaume Costa e Musacchio, ai centrocampisti Hernan Pérez, Truyols, Toribio e Manu Trigueros. Il giovane messicano Javier Aquino è il giovane da tenere sotto osservazione anche nella prossima stagione: piccolo ma molto talentuoso, è un centrocampista offensivo arrivato dal Cruz Azul con l’intenzione di imporsi nel calcio europeo. Non possiamo che salutare con piacere il ritorno del Villarreal, un lieto evento per tutti gli amanti del bel calcio.

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eSoRdienTi e RiPeTenTi

n cavallo (anzi, purosan-gue) di ritorno e un usato sicuro. Chelsea e Manche-ster City ripropongono la

loro sfida al Manchester United fresco campione d’Inghilterra cambiando la guida tecnica della squadra per chiara scelta dirigenziale e non, come accadu-

il Chelsea si rimette

nelle mani del

vecchio “amico”

Mou, il City si affida

al nuovo “amico”

pellegrini…

to ai Red Devils, per motivi contingenti come il ritiro di Alex Ferguson.José Mourinho torna finalmente nel luo-go dove si sente più amato. Almeno dai giornalisti (che non vedono l’ora di po-ter riempire interi articoli con le sue pe-pate dichiarazioni) e dai tifosi del Chel-sea, visto che nel 2007 il suo addio alla

U

preMier leagUeiNghilterra

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compagine londinese si materializzò dopo pesanti divergenze di vedute con Roman Abramovich. Acqua passata, il magnate russo sembra ben contento di accogliere di nuovo l’allenatore che ha riportato il Chelsea al titolo inglese dopo 50 lunghi anni di attesa. In Inghil-terra i bis dei manager con la stessa squadra non sono pratica comune e i rari precedenti degli ultimi anni non sono troppo incoraggianti. Dopo i fasti degli anni Ottanta, quando con l’Everton trionfò due volte nella vecchia First Di-vision e mise le mani sulla Coppa delle Coppe, Howard Kendall rischiò di por-tare i Toffees alla retrocessione nel 1997-98, mentre al Newcastle Kevin

Keegan nel 2008 non seppe ripetere il bel gioco e gli ottimi campionati del pe-riodo 1992-97, tanto che la sua storia d’amore con i Magpies finì malissimo, addirittura a carte bollate con proprieta-rio del club Mike Ashley. Mourinho, l’ex Special One ora diventato Happy One, vuole fare eccezione. Sa che Abra-movich non è più ossessionato dalla ri-cerca del Sacro Graal (la Champions League) e che per il 2013-14 si “accon-tenterebbe” di un’affermazione in Pre-mier. Per farlo ha subito preteso il rinno-vo contrattuale al trentacinquenne Frank Lampard, dato come sicuro partente dallo Stamford Bridge prima della svol-ta manageriale, e la conferma di John

Terry. Di gente con i piedi buoni – Oscar, Hazard, Mata – ce n’è in abbon-danza, quindi gli acquisti devono essere fatti in maniera mirata, senza ovviamen-te lesinare sull’importo degli assegni. Dal Bayer Leverkusen è stato prelevato per circa 22 milioni di euro il ventiduen-ne André Schürrle, seconda punta velo-ce e duttile da un punto di vista tattico, che si trova a suo agio sul fronte sinistro, ma che può giocare anche in posizione più arretrata, per intendersi da 10 classi-co. Un obiettivo da lungo tempo dei Blues, rimasti ben impressionati dalle sue qualità tecniche durante i confronti diretti con il team tedesco in Champions League nella stagione 2011-2012. An-

di Luca Manes

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che l’ex Special One ha espresso il suo gradimento all’acquisto, sebbene prima si sia tutelato chiedendo informazioni a Michael Ballack, ex compagno di squa-dra di Schürrle nel Bayer. Davanti non è da escludere la partenza di Demba Ba, troppo incostante, mentre rimane da ca-pire cosa accadrà a Fernando Torres. Lui si dice entusiasta di lavorare con Mou-rinho, però la caccia a un giocatore da 20-30 goal a stagione prosegue da mesi. Saltato l’affare Falcao, che per mesi è stato dato per scontato da una larga fetta della stampa specializzata, è stata acco-stata al Chelsea almeno una mezza doz-zina di centravanti di altissimo profilo. Al momento di andare in stampa sembra definitivamente tramontato anche il so-gno Cavani, mentre rimangono calde le

piste Hulk e Rooney e non si esclude la sorpresa Jovetic. L’impressione è che qualcuno arriverà, mentre Torres po-trebbe anche non ritrovarsi ai nastri di partenza della Premier 2013-14 con in-dosso la maglia dei Blues. Non va di-menticata la crescita esponenziale di Victor Moses, un po’ il prototipo dell’a-la “mourinhana”, e il dirompente Rome-lu Lukaku, reduce da una stagione in cui ha fatto fuoco e fiamme (ben 17 goal) al West Bromwich Albion, club che ha provato inutilmente a prolungare il pre-stito del giovane belga. Detto degli at-taccanti, è quasi certo almeno un rinfor-zo anche negli altri due reparti. In difesa i dubbi su David Luiz e l’età “avanzata” di Terry impongono un acquisto di peso (Adil Rami?). A centrocampo si vocife-

preMier leagUeiNghilterra

Con Di Canio l’essere in forma è fondamentale per non incorrere in sanzioni

Paolo Di Canio non cessa di far parlare di sé. Dopo i severi provvedimenti presi nei confronti di alcuni giocatori indisciplinati e le parole non proprio al miele dell’ormai ex difensore del Sunderland Titus Bramble (“è una strana persona, pensa di sapere tutto, ma sta facendo tanti errori”) l’ex attaccante della Lazio ha messo ben in chiaro come intenderà gestire la squadra a partire dalla fase di preparazione. “I giocatori sono stati pesati appena finita la stagione, siamo in Premier League e voglio serietà dai miei ragazzi, verranno multati dalla società se torneranno dalle loro ferie in sovrappeso. Un paio di chili posso tollerarli, 5-6 assolutamente no”, quanto dichiarato dal manager dei Black Cats al tabloid The Sun. In ritiro, previsto per luglio in Italia, Di Canio punterà moltissimo sulla preparazione atletica, tanto che ha già fatto sapere che svolgerà tre sessioni al giorno. Chissà se i metodi da sergente di ferro frutteranno un’altra salvezza al Sunderland, che intanto sta dando più di un’occhiata al mercato nostrano – anche ai tempi dello Swindon Di Canio acquistò alcuni giocatori italiani – ma rischia di perdere il forte portiere belga Simon Mignolet, uno dei migliori estremi difensori della scorsa stagione e non a caso “concupito” dall’Arsenal.

S a lv a t e i l s o l d a t o P a o l i n o 

In Germania ci sono praticamente in tutti gli stadi, sono gli spicchi degli stadi con posti in piedi “sicuri”. Ossia le safe standing areas, come sono definite in Inghilterra, dove i 72 club aderenti alla Football League – quindi tutti quelli professionistici meno i membri della Premier League – hanno chiesto al direttivo della Lega di esplorare la possibilità di reintrodurre una forma moderna di gradinate. Una richiesta che nasce dall’esigenza dei tifosi di “tornare al passato”, quando proprio grazie alle terraces l’atmosfera negli stadi inglesi era più vibrante e coinvolgente. In base a quanto disposto dal Taylor Report – il rapporto indipendente condotto dopo la tragedia di Hillsborough del 1989 e poi recepito dall’ordinamento inglese – le compagini di Premier e Championship devono avere solo posti a sedere, tanto che negli anni Novanta molti stadi sono stati rifatti ex novo proprio per adeguarsi alla normativa. Nonostante la prospettiva di aumentare la capienza di alcune sezioni degli impianti, ci sono club riluttanti, soprattutto per questioni legate ai costi iniziali del progetto e alla sicurezza. Val la pena notare che in Bundesliga sono anni che esistono le Safe Standing Areas, che secondo molti addetti ai lavori hanno fornito solo vantaggi al mondo del calcio tedesco. Adesso bisognerà capire se anche in Inghilterra l’esperimento sarà condotto appieno e come funzionerà, mentre sul versante dei tifosi si preannunciano nuove “battaglie” anche sul caro biglietti, tema molto sentito specialmente nei perduranti tempi di crisi che stiamo attraversando.

S A F E S T A N D I N G

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gine ucraina, piacevole rivelazione della scorsa Champions League. L’ala spagno-la, invece, è stato uno dei protagonisti della doppietta in Coppa Uefa del team andaluso nel 2006 e 2007 ed è stato chia-mato spesso in causa da Vicente Del Bo-sque nelle tante competizioni internazio-nali che la Roja si è aggiudicato negli ultimi anni. Si amplia così la “Spanish Connection” dei Light Blues, dettata in buona parte dai director of football e chief executive Txiki Beguiristain e Fer-ran Soriano, grandi tessitori del “piano Pellegrini” e non proprio grandi sosteni-tori di Mancini. Non è da escludere che dalla Liga possa spostarsi a Manchester il regista del Malaga e dell’under 21 (e pupillo di Pellegrini) Isco, un ulteriore calibro da novanta per un centrocampo stellare, oltre ai tre già citati, Silva, Nasri e Tourè. A proposito della famiglia Tourè, si è trasferito al Liverpool Kolo, che all’Etihad ha mostrato solo a (rarissi-mi) sprazzi quanto di valido emerso all’epoca della sua militanza nell’Arse-nal. Vedremo se la Roma resisterà alle offerte per Marquinhos. Le grandi mano-vre, però, sono attese per il reparto offen-sivo. Senza lo spirito inquieto Carlos Tevez e con Edin Dzeko in bilico, servo-no interventi massicci, al di là del fatto se Pellegrini imposterà o meno la squadra con il 4-3-3; il cileno non è un integrali-sta “alla Zeman” e potrebbe scegliere al-tri moduli secondo la bisogna, special-mente se dovesse mantenere in rosa Gareth Barry e Scott Sinclair (difficile, visti i vincoli dell’incombente fair play finanziario). I nomi per l’attacco sono i soliti, Edinson Cavani e Robert Lewan-doski in primis. Forse per quando questo numero di Calcio2000 passerà per le ro-tative, i dirigenti del City si saranno già mossi, visto che si parla di una possibile violazione del database dell’attività di scouting del club e che le stesse opera-zioni Alves e Fernandinho sarebbero state anticipate proprio in virtù delle operazioni di spionaggio subite. Se que-ste sono le premesse, e con un abile po-lemista come Mourinho di nuovo su piazza, la Premier 2013-14 si preannun-cia quanto mai scoppiettante e meno po-larizzata dello scorso anno.

ra dell’intenzione di Mou di strappare ai suoi vecchi datori di lavoro del Real Madrid Xabi Alonso o Luka Modric. Sempre calda la pista De Rossi che, qua-lora dovesse tornare ai fasti di due anni fa, sarebbe esattamente il giocatore che serve al Chelsea. In quel ruolo Obi Mi-kel non convince appieno, come si sono accorti Roberto Di Matteo e Rafa Beni-tez lo scorso anno – e infatti nella secon-da parte di stagione il nigeriano è finito spesso in panchina. Spostiamoci nel Lancashire, dalle parti dell’Etihad Sta-dium, dove i supporter del Manchester City non hanno invece accolto con la stessa soddisfazione la nomina a mana-ger della squadra di Manuel Pellegrini. Non perché non si fidino delle doti del cileno, reduce da una fantastica campa-gna europea con il Malaga. Le loro per-plessità sono legate al licenziamento di Roberto Mancini, assurto a ruolo di cult hero, non fosse altro perché era l’allena-tore che aveva riportato un titolo (la Fa Cup del 2011) alla metà Light Blue di Manchester dopo 35 anni e che era riu-scito a beffare i cugini dello United nella corsa al titolo della Premier nel 2012, re-plicando i lontani successi datati 1937 e 1968. Il Mancio ha contribuito a rinsal-dare questo amore anche dopo la sua cac-ciata, comprando un’intera pagina di rin-graziamenti sul Manchester Evening

News (cui hanno risposto i tifosi con una iniziativa simile sulla Gazzetta dello Sport). Insomma, a Pellegrini toccherà fare subito bene, altrimenti su di lui ini-zierà ad aleggiare il fantasma del suo predecessore. Intendiamoci, una tifoseria a caccia di successi e di rivincite come quella del City non ci mette molto a entu-siasmarsi. Basterà una bella affermazio-ne in Champions League (competizione bucata ben due anni consecutivi da Man-cini) o uno “scalpo” illustre in campiona-to (casomai un successo nel primo derby stagionale) e il “gioco” è fatto. Pellegrini sembra l’uomo adatto per riportare ar-monia in uno spogliatoio che i tabloid inglesi ci raccontavano spaccato e in fer-mento, soprattutto contro l’ex allenatore di Inter e Lazio, che certo non è mai stato famoso per avere un carattere troppo morbido. Dopo le ristrettezze economi-che al Malaga, sedotto e abbandonato (o quasi) dagli sceicchi “poveri”, Pellegrini si ritrova con un budget per il mercato pressoché illimitato grazie allo sceicco più affidabile di tutti, al Mansour. Non a caso, mentre scriviamo questo articolo, dalle casse del City sono già usciti oltre 50 milioni di euro, destinazione Shaktar Donetz e Siviglia, rispettivamente per Fernandinho e Jesus Navas. Il ventotten-ne brasiliano era senza dubbio l’elemen-to chiave del centrocampo della compa-

Dopo Mancini, al City è iniziata l’era Pellegrini, il tecnico cileno arriva dal Malaga

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ad Un PaSSo dall’oliMPo

vrebbe dovuto essere la stagione della consacrazio-ne quella 2012-2013 per il Borussia Dortmund di Jur-

gen Klopp. Dopo essere riuscito a vin-cere due titoli consecutivi in Bundesli-ga mettendo sotto scacco niente meno che il milionario Bayern Monaco, i gialloneri avrebbero dovuto cercare di confermarsi ulteriormente tra le mura amiche e di fare più strada possibile in Champions League per dimenticare la magra figura rimediata la scorsa stagio-

la stagione del

Borussia Dortmund

ai raggi x, racconto

di un successo non

annunciato e non

arrivato…

ne, con l’uscita di scena già nella pri-ma fase, quella a gironi. Di questi due obiettivi, purtroppo, Gotze e compagni ne hanno raggiunto solamente uno, per giunta parzialmente; circostanza che sicuramente non li farà entrare negli annali del calcio europeo. In campiona-to la supremazia del Bayern non è stata mai messa in discussione: il Dortmund non ha mai lottato per il titolo, avendo solamente il merito di riuscire, nella se-conda parte della competizione, a recu-perare qualche punto perso all’inizio e

a

BUNDesligagerMaNia

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stabilizzarsi al secondo posto in classi-fica per accedere così direttamente alla fase finale della Champions League edizione 2013-2014. Diverso invece è stato l’andamento in ambito europeo: il girone di qualificazione, piuttosto com-plicato vista la presenza di Real Madrid, Ajax e Manchester City, è stato superato di forza, dimostrando di avere imparato la lezione dell’anno precedente. Non si è vista più una squadra solamente vo-tata all’attacco e facilmente esponibile ai contropiedi ed alle giocate degli av-versari, ma un undici più organizzato e cauto, capace di colpire non solamente in ripartenza, ma anche grazie ad azio-ni corali, giostrate dalla sapienza tattica di Mario Gotze e dalla grande vivacità di un Marco Reus in crescita costante. Primo posto con 4 vittorie e due pareg-gi, con in primis la vittoria ottenuta in

di Flavio Sirna

casa per 2-1 contro il Real Madrid di Josè Mourinho. Quasi indolore anche l’ottavo di finale contro lo Shakhtar Donetsk di Lucescu: 2-2 in Ucraina ed un netto 3-0 senza discussioni in casa. Ma è da questo momento che i ragazzi di Klopp hanno cominciato ad accusare una flessione: i quarti di finale contro il Malaga, dopo lo 0-0 dell’andata in Spa-gna, li hanno visti trionfare nella gara di ritorno per 3-2, ma solamente grazie ad un po’ di fortuna e all’aiuto dell’arbitro, che ha convalidato il goal del difensore Santana nonostante il brasiliano si tro-vasse in netta posizione di fuorigioco. Si è arrivati così alla semifinale contro il Real dello Special One, remake delle sfide del girone eliminatorio. Il 4-1 rifi-lato alle merengues nella gara di andata rappresenta sicuramente il picco più alto della gestione Klopp: la quaterna del po-

lacco Lewandowski però non deve in-gannare. Paradossalmente è proprio in questa sfida che è finita la stagione della squadra giallonera. Nella gara di ritorno, infatti, persa per 2-0, nonostante la qua-lificazione ottenuta, si è rivista in cam-po la squadra impaurita e poco esperta dell’anno precedente in Europa. La fina-le contro il Bayern Monaco ne è stata la dimostrazione: di solito Klopp è sempre riuscito a ingabbiare in qualche modo la banda Heynckes, lo dimostravano anche i risultati che vedevano i gialloneri im-battuti da cinque gare contro i bianco-rossi. In quel di Wembley, però, a parte i dieci minuti iniziali, il Dortmund non ha mai dato l’impressione di poter fare sua la partita, di poter pungere come sempre in maniera ficcante Neuer e compagni. Merito sicuramente della forza del Ba-yern, che dopo tanti anni aveva forse

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una motivazione maggiore per portare a casa la coppa dalle grandi orecchie, ma demerito anche di Klopp e dei suoi ragazzi. Per essere ricordati nella sto-ria come la sorpresa più grande della Champions League, per passare alla storia come una squadra salita sul tetto d’Europa nonostante un budget limita-to, sarebbe stato necessario quel ‘quid’ in più, che invece è mancato. Il segno meno è sicuramente da individuare nell’esperienza, nella capacità di saper dare qualcosa in più nei momenti deci-sivi che possono cambiare la carriera di ogni singolo giocatore. C’è comunque da dire che hanno sicuramente influi-to sul mancato successo sia il passag-gio (prematuro) di Gotze al Bayern Monaco (il suo sostituto, con grande probabilità, sarà il trequartista danese dell’Ajax Christian Eriksen, inseguito negli ultimi anni da mezza Europa), sia le voci che hanno riguardato il bom-ber Robert Lewandowski, anche lui in procinto di cambiare aria e di accasarsi sotto il tetto del nuovo Bayern Mona-co di Pep Guardiola. Ma vediamo chi all’interno dello spogliatoio del West-falen Stadion si è messo maggiormente in mostra e coloro che invece avrebbe-ro potuto e dovuto fare meglio.

con lewA, tutto diVentA FAcileLa palma del migliore non può che andare a Lewandowski: 24 goal in campionato, 10 in Champions Lea-

gerMaNiaBUNDesliga

Al Borussia in pochi hanno brillato più di Reus, autore di un’annata strabiliante

S t r a p o t e r e B a y e r n , a n c h e n e l l e p r e s e n z e ( a n t i c i p a t e ) a l l o s t a d i oIl Bayern Monaco nel 2012/2013 ha ottenuto il triplete, prima Bundesliga, poi Champions League ed infine Supercoppa di Germania. Il popolo biancorosso, che puntualmente fa registrare il sold out all’Allianza Arena, completamente invaghito della formazione di Ribery. Dopo Heynckes sarà il turno di Guardiola, Gotze e compagnia. L’anno prossimo si prospetta una stagione grandiosa e i fans lo sanno benissimo. Il club, di fatto, ha già esaurito in prevendita, e campagna abbonamenti, i biglietti di 16 delle 17 partite in casa del prossimo campionato. L’unica partita per la quale è disponibile ancora qualche biglietto è Bayern-Hoffenheim. Se volete assistervi fate presto, su 71.000 ne sono stati acquistati già 68.000. Poi sarà sold out completo dell’Allianz. A proposito di Allianz, ai bavaresi spetta anche un altro primato. Stando ad una recente indagine dell’istituto specializzato londinese ‘Brand Finance’, la recente vittoria della Champions League ha portato il Bayern Monaco in vetta alla classifica delle squadre di calcio con il marchio di maggior valore. Primi dunque i bavaresi con 668 milioni, seguiti da Manchester United (650 milioni), Real Madrid (482 milioni) e Barcellona (444 milioni). Inevitabilmente staccate le italiane: al nono posto si piazza il Milan (203 milioni), mentre la Juventus (139 milioni) occupa la tredicesima piazza.

gue, con le sue segnature ha trascinato la squadra, dimostrando di non essere semplicemente un finalizzatore delle manovre corali ma anche un giocato-re in grado di poter fare la differenza quando la squadra non gira come do-vrebbe. Medaglia d’argento per Marco Reus: dopo un inizio un po’ titubante, l’ex-Monchengladbach è diventato straripante; 14 reti in campionato, 4 in Europa. Di lui impressiona non sola-mente la capacità di inserimento ne-gli spazi, ma anche la costanza con la quale riesce ad essere ‘ficcante’ palla al piede ed al contempo freddo in zona

goal e quando deve servire i compa-gni. Non è esagerato dire che, con lui in squadra, la mancanza di Gotze po-trebbe anche non farsi sentire eccessi-vamente in futuro. La terza posizione come migliore la merita invece Ilkay Gundogan: prendere il testimone di Sahin, che era diventato il perno della squadra, non era affatto facile. Inve-ce l’ex-Norimberga, classe 1990, ha saputo avere sin da subito la giusta personalità ed è diventato anch’egli un perno della mediana, tanto da me-ritarsi la possibilità di battere il calcio di rigore nella finale di Champions.

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Tra coloro che invece hanno deluso, per quanto si possa parlare di delusio-ne quando si parla di una squadra ap-prodata sino alla finale della massima competizione europea, c’è sicuramen-te Neven Subotic: il serbo in qualche occasione ha palesato ancora qualche amnesia difensiva che un giocatore che vuole essere considerato di livello assoluto non può affatto permettersi. Ci si aspettava di più anche dal ri-entrante Sahin: invece il turco, dopo le negative esperienze con la maglia del Real Madrid e del Liverpool, pare essersi un po’ perso e sta faticando a ritornare il crack che è stato sino a qualche tempo fa. Tornerà al Real Ma-drid, visto che il suo contratto scadrà nel giugno del 2017. La sua avventura a Dortmund, a meno che le meren-gues non facciano un caloroso scon-to, sembra conclusa, non nel migliore dei modi. Maggiore apporto, anche se la sua stagione è da considerare comunque positiva, dall’esterno po-lacco Jakub Blaszczykowski (11 goal in campionato), che in finale si è vi-sto poco e niente. I demeriti maggiori

Stagione da applausi per Lewandowski, con 24 goal in Bundes e 10 in Champions League

però, non ce ne vogliano, vanno alla società tedesca. È sicuramente vero che fino a sette anni fa, quando si era sull’orlo del fallimento, questi risultati non erano minimamente pensabili, ma è altrettanto vero che quando ti rendi conto di avere tra le mani qualcosa di importante e quando intravedi la possibilità di poter vincere devi fare qualche sforzo in più. Sforzo che non è stato fatto: Klopp si è trovato a ge-stire per tutta la stagione una rosa che fondamentalmente si basava su 14-15 giocatori, troppo pochi per poter spera-re di puntare al successo. Motivo per il quale, ben oltre la metà della stagione, coloro che avevano trascinato la squa-dra, in particolar modo coloro sui quali si basa preminentemente il gioco, ossia gli esterni come Schmelzer, Piszczek,

Blaszczykowski e Grosskreutz, non essendo delle macchine, hanno per-so un po’ di smalto. Così come i vari Bender, Kehl e lo stesso Gundogan hanno avuto meno lucidità nel rincor-rere gli avversari e riconquistare palla per intraprendere un’azione offensiva. Abbandonando però ogni discorso tec-nico-tattico o societario, c’è comunque da levarsi il cappello di fronte ad una compagine come quella del Dortmund capace di regalare per gran parte della stagione al pubblico tedesco ed euro-peo un calcio divertente. E soprattutto capace di regalare la speranza anche ai club che non hanno grandissima dispo-nibilità economica, di poter sognare, avendo a disposizione comunque un discreto materiale calcistico, di rag-giungere obiettivi più che insperati.

Bayern, squadra che vince non si cambia. O quasi…Al Bayern c’è chi, nonostante il Triplete, non è ancora sazio. Parliamo di uno dei protagonisti principali della cavalcata biancorossa, Thomas Muller: “Prima di vincere Bundesliga, Champions League e Coppa di Germania, avevo ben chiaro in mente che con l’inizio della preparazione della nuova stagione saremmo ripartiti da zero. In un certo senso lascia un retrogusto di amarezza, ma la vita degli sportivi è proprio questa. Allo stesso tempo è chiaro che il primo giorno di allenamento non ci metteremo a parlare di tutti i titoli che vogliamo vincere a maggio del 2014. Guardiola? L’arrivo di un nuovo tecnico ci servirà da stimolo per evitare di cadere nel pericolo di essere soddisfatti. La lingua? Non penso di dover imparare lo spagnolo: Guardiola conosce sicuramente sia il tedesco che l’inglese”. Scettico sulla possibilità di ripetere subito quanto appena fatto è l’orange Arjen Robben: “Sarà impossibile ripetere quanto fatto vedere in questa stagione. Non sarà infatti possibile migliorarci in termini di trofei. Mi sto preparando per fare un’altra stagione a grandi livelli, l’obiettivo è quello di arrivare ai Mondiali senza problemi fisici”. Tra coloro che faranno sicuramente parte del nuovo corso ci saranno il francese Franck Ribery e il belga Daniel Van Buyten. Il nuovo contratto del primo avrà scadenza nel 2017, quello del centrale nel 2014. Entrambi, chiaramente, hanno espresso la loro soddisfazione. Ribery: “L’avevo promesso ai tifosi, il Bayern è diventato una seconda casa per me. Farò ancora parte della squadra nei prossimi anni e darò tutto per difendere i trofei che abbiamo conquistato”. Gli fa eco Van Buyten: “Non c’è un club più solido e di successo di questo, sono felice. Aiuterò i miei compagni a difendere il titolo il prossimo anno”. In tema di partenze ce ne sarà sicuramente una eccellente, quella di Mario Gomez. SuperMario non ha certo gradito di aver trascorso la stagione in panchina a fare il ‘guardiano’ a Mandzukic, e vuole una nuova esperienza, non per forza in Bundesliga: sulle sue tracce ci sono Atletico Madrid, Manchester City, Fiorentina e Juventus.

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ono trascorsi due anni da quando il Monaco, guidato prima da Lacombe e poi da Banide, concluse una disa-

strosa stagione con una delle più cla-morose retrocessioni della storia della Ligue 1. Era il Monaco di Ruffier e Nkolou,

grazie all’avvento

del facoltoso russo

rybolovlev, il club

monegasco è pronto

per stupire il mondo

del calcio…

Diarra e Haruna, Mbokani ed Auba-meyang: insomma, magari non un or-ganico da titolo, ma sicuramente una squadra che avrebbe meritato di rag-giungere per lo meno la salvezza.Ed invece, tutto andò storto e al termi-ne della stagione il club monegasco si ritrovò a dover ricominciare da zero.

S

ligUe 1fraNCia

l’aBiTo Fa il Monaco

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73ago 2013calcio2000

Adesso, due anni dopo, il Monaco si ripropone in Ligue 1 come uno dei club più ambiziosi e probabilmente più competitivi dell’intero ‘roster’. L’avvento in società dell’imprenditore russo Dmitrij Rybolovlev e, soprat-tutto, dei suoi milioni, ha permesso al club di Montecarlo di tornare sen-za difficoltà in massima serie dopo un anno anonimo in Ligue 2. Adesso, riconquistata la Ligue 1 e sfruttando anche sull’attrattiva di una meravigliosa città quale Montecarlo, il Monaco non avrà difficoltà ad alle-stire un organico in grado di lottare, sin da subito, per i vertici della clas-sifica.

PoKer d’Assi Per il monAcoLa prospettiva di andare a vivere in una città come Montecarlo, la possibi-lità di giocare in Ligue 1 ed in un club competitivo, la chance di farlo da pro-tagonista assoluto e con un lauto sti-pendio non può che rappresentare un mix di motivazioni più che valide per dire “sì” al Monaco. È così che può essere giustificata la scelta di Radamel Falcao, probabilmente il centravanti più forte del Mondo che, nonostante fosse desiderato da mezza Europa, ha deciso di ripartire dal club monega-sco, rinunciando ancora una volta alla Champions League (e stavolta anche all’Europa League) ed alla possibili-

di Renato Maisani

tà di confrontarsi con campionati più prestigiosi della Ligue 1. Ha rifiutato di entrare nella leggenda del Real Ma-drid, di valutare la possibilità di gioca-re al fianco di Messi o di contribuire a rendere grande il Paris Saint Germain. Ha scelto il Monaco. Dal canto loro, i monegaschi hanno messo a segno un colpo che va ben oltre l’acquisizione di un fortissimo bomber. Avere Falcao in organico, infatti, rappresenta un chiaro segnale delle potenzialità e delle ambizioni del club, invogliando inevitabilmente altri atleti a seguirne le orme. Disporre poi di un capitale praticamente ‘infini-to’, fa il resto.

l’aBiTo Fa il Monaco

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Si spiegano così i 70 milioni di euro versati da Rybolovlev nelle casse del Porto per avere in cambio Joao Mou-tinho e James Rodriguez: 25 milioni di euro per il regista lusitano, ben 45 per la giovane ala colombiana. L’esorbitante cifra sborsata per Rodri-guez è il chiaro segnale di una scon-finata disponibilità economica: per arrivare al colombiano, infatti, pro-babilmente sarebbero stati sufficienti 30 milioni, ma il Monaco – per sba-ragliare la concorrenza – ha ‘sparato’ subito alto per aggiudicarsi il talento classe ’91. Per costruire un organico di valore, però, non basta la disponibi-lità economica ma è necessario saper sfruttare anche le occasioni ‘low cost’. Si spiega così l’ingaggio di Ricardo Carvalho, difensore d’esperienza che, svincolato dal Real Madrid, ripartirà dal Monaco per dare solidità al repar-to. Quattro colpi sensazionali quelli messi a segno fin qui dai biancoros-si e che lasciano intendere come, già in tempi brevi, lo strapotere del Paris

ligUe 1fraNCia

Tra i tanti acquisti del nuovo Monaco anche il nazionale portoghese Joao Moutinho

dire la Coppa del Re vinta in finale nel derby col Real Madrid. In Champions League, Falcao, ha disputato appena 8 gare, tutte nella stagione 2009-2010 quando, con la maglia del Porto, fu anche in grado di mettere a segno ben 4 goal. Poi, da lì in poi, soltanto Eu-ropa League. 31 goal all’attivo in 33 gare disputate nella ‘seconda compe-tizione europea per club’: numeri da capogiro ma che non sono sufficienti a compensare l’assenza dai palcosce-nici più prestigiosi. Una storia che, come detto, ricorda quella di Gabriel Batistuta: una carriera spesa a Firen-ze, appena due titoli vinti (una Cop-pa Italia ed una Supercoppa Italiana), prima del passaggio alla Roma per la conquista dello Scudetto. Nessun tito-lo internazionale, eccezion fatta per la Copa America conquistata con la Na-zionale argentina, appena 25 gettoni di presenza (e 7 goal) in Champions Le-ague, militando in compagini (Fioren-tina e Roma), mai capaci di avvicinar-si alle fasi calde della competizione. Insomma, una carriera sicuramente inferiore rispetto alle potenzialità del fenomeno argentino. Falcao, se non vorrà ‘emulare’ anche in questo il Re Leone dovrà sbrigarsi: il Mondiale in Brasile nell’estate del 2014 e la par-tecipazione alla Champions League

Saint Germain sarà messo fortemente in discussione.

un “tiGre” cHe somiGliA Al “re leone”Radamel Falcao ricorda Gabriel Bati-stuta. Nel fisico, nelle movenze e, fi-nora, anche nella carriera. Così come il bomber argentino, anche Falcao è at-tualmente riconosciuto come il nume-ro 1 nel proprio ruolo. Proprio come il centravanti di Reconquista, però, il colombiano non ha finora mai potuto competere sui più alti livelli ed il suo palmares ‘piange’. Le 2 Europa Lea-gue conquistate da protagonista asso-luto con le maglie di Porto ed Atletico Madrid sono, insieme alla Supercoppa Europea vinta con i ‘Colchoneros’, i suoi unici trofei internazionali. Pochi, se si tiene conto del fatto che Falcao abbia già compiuto 27 anni. In Argen-tina (con la maglia del River Plate) ed in Portogallo ha conquistato il titolo nazionale, mentre in Spagna il suo unico trionfo è il più recente, vale a

L’ultimo abbraccio tra Ancelotti e Beckham, quest’ultimo ha detto basta con il calcio

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75ago 2013calcio2000

Il Monaco ha vinto il campionato di Ligue 2, riconquistando l’accesso alla massima serie ma, ovviamente, i monegaschi non sono gli unici a tornare in Ligue 1. Insieme alla squadra di Claudio Ranieri, infatti, hanno festeggiato la promozione anche il Guingamp ed il Nantes, vecchie glorie del calcio francese. I rossoneri del Guingamp, guidati da mister Gourvennec – tornano in Ligue 1 nove anni dopo l’ultima volta. Nel corso della stagione 2003-2004, infatti, la squadra allora allenata da Bertrand Marchand scivolò in Ligue 2 insieme a Le Mans e Montpellier, senza mai – da allora – andare vicina al ritorno in massima serie. Per questa ragione, il secondo posto conquistato nel campionato appena concluso ha colto un po’ tutti di sorpresa: il Guingamp, infatti, era indicato soltanto da alcuni ‘temerari’ come una potenziale candidata alla promozione. Il trascinatore assoluto della squadra bretone è stato sicuramente Mustapha Yatabarè, capocannoniere del campionato con 22 reti ed inevitabilmente decisivo ai fini della conquista della promozione. Il forte portiere Samassa, il difensore Bellugou e i centrocampisti Imbula (franco-congolese tra i più promettenti dell’intero campionato), Kerbrat, Giresse, Atik e Mathis sono stati gli altri punti fermi della compagine di Gourvennec. In vista della nuova stagione, però, il Guingamp ha già perso due delle importanti pedine appena elencate: Bellugou, infatti, si è accordato col Nancy, mentre Fatih Atik è arrivato alla conclusione naturale del contratto. A chiudere il campionato al terzo posto ed a conquistare, dunque, l’ultimo pass valido per la promozione, è stato il Nantes. I gialloverdi di Michel Der Zakarian, tornano in massima serie dopo la toccata e fuga della stagione 2008-2009, culminata con la retrocessione. Dopo un’intera storia vissuta in Ligue 1, infatti, il Nantes è retrocesso nell’estate del 2007, conquistando immediatamente la promozione l’anno successivo. L’inattesa retrocessione giunta l’anno dopo ha dato il là ad una serie di anni bui per la compagine campione di Francia nel 2001, capace di centrare la promozione soltanto al 4° tentativo. Autore di 20 goal, l’attaccante serbo Filip Djordjevic ha conquistato la ‘palma’ di protagonista assoluto della cavalcata, ma la vera stella della squadra è il centrocampista classe 1993 Jordan Veretout, ritenuto già da molti il futuro del centrocampo della Nazionale. Il portiere Riou, il difensore venezuelano Cichero, capitan Veigneau, i centrocampisti Bessat, Trebel, Eeudeline e Pancrate e la ‘boa’ Aristeguieta sono stati gli altri protagonisti assoluti dell’annata del riscatto. Sul fronte mercato, il Nantes si è già mosso in maniera significativa riscattando dal Caracas proprio i due venezuelani, Cichero e Aristeguieta, pronti così a dare continuità alla squadra che ha conquistato la promozione. Inoltre, dal Qatar, è tornato a Nantes – per fine prestito - Ismael Bangoura, bomber che, non più tardi di 4 anni fa, il Rennes pagò 11 milioni di euro alla Dinamo Kiev.

G U I N G A M P & N A N T E S , B E N T O R N A T E I N L I G U E 1

nella stagione successiva rappresenta-no delle tappe obbligate per iniziare a raccogliere ciò che merita.

QuAlcosinA si muoVe AncHe lontAno dA montecArloIl Monaco è stato fin qui il protago-nista assoluto del calciomercato in terra transalpina, ma i ‘lavori in cor-so’ non sono soltanto a Montecarlo. PSG, Marsiglia e tutti gli altri ‘top club’ della Ligue 1 si stanno muoven-do al fine di potenziare i rispettivi or-ganici, ma di affari conclusi, ancora, ne sono stati registrati pochi.Uno dei più significativi riguarda sicuramente il Lille che, in cambio di 6.3 milioni di euro, ha lasciato partire Aurélien Chedjou, finito al Galatasaray. Altre partenze ‘eccellenti’ sono quelle di Sané, che ha lasciato il Nancy – retro-cesso – per trasferirsi all’Hannover, di

Marco Estrada, passato dal Montpel-lier al Al Wahda e di Yacine Brahimi, che il Granada ha pagato 4 milioni al Rennes. A farla da padrona, fin qui, sono stati degli ‘svincoli eccellenti’: il Lione ha condotto a fine contratto lo storico terzino Reveillere, il PSG si è separato da Armand e Camarà, oltre che da David Beckham, che ha deci-so di appendere le scarpette al chiodo. Nonostante le insistenze dei tifosi del Tolosa, l’attaccante norvegese Daniel Braaten non ha trovato l’accordo per il rinnovo del contratto, mentre il Nizza ha perso il difensore-goleador Civel-li. L’Evian ha visto partire Andersen alla volta del Betis, il Montpellier si è separato da Utaka, il Valenciennes da Aboubakar, l’Ajaccio da Cavalli, il Bordeaux da Faubert e il Lille da Bonnart. Certi amori, contrariamente a quanto auspicato da Venditti, talvol-ta, finiscono.

Si chiama Rybolovlev, è il nuovo proprietario del Monaco e punta davvero in alto

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I sognI proIbItI dI ZamparInI“Se fossimo rimasti in Serie A avrei chiamato Cassano, avrei provato sicuramente a prenderlo. È un fuoriclasse (...) Cavani deve andare via da Napoli. Mentalmente ha finito il suo ciclo in azzurro e poi De Laurentiis deve reinvestire quei soldi per prendere nuovi Cavani. Noi abbiamo ottimi giocatori. Dopo la sfida contro Tahiti mi hanno richiesto Hernandez, ma io credo che resti qui”.

Maurizio Zamparini - Mediaset Premium

mancIo al mIele...“Tevez è un giocatore straordinario, caparbio, ha una grandis-sima tecnica e un grandissimo talento. È l’uomo giusto per la Juve, farà sicuramente bene. Non vedo l’ora di vederlo in Italia”

Roberto Mancini – TuttoJuve

FurIe HotAntefatto: durante la Confederations Cup i media brasiliani hanno diffuso la notizia di un festino hot nell’albergo dove ri-siedevano le Furie Rosse - Secca la smentita di Piqué.“Sono tutte bugie e la federazione ha già preso in mano la si-tuazione per porre fine a questa cosa. Stare in un hotel ed essere derubati è un’esperienza molto sgradevole. Suppongo che non volessero prendersi le proprie responsabilità e se ne sono usciti con questa cosa. Tutto questo è inopportuno anche perché ci stiamo giocando la competizione”.

Gerard Piqué - Ansa

La moglie Shakira, siamo certi, non l’avrebbe presa molto bene...

collIna sotto scorta“Ci sono degli arbitri che vengono minacciati, soprattutto dopo le partite europee di coppa (...) Accadde anche a me quando ero designatore arbitrale. Fui costretto a vivere sotto scorta, riceve-vo continuamente minacce. Furono sette mesi da incubo, perché anche la mia famiglia era coinvolta: ricevevo lettere di minacce, proiettili, polvere da sparo. (...) Succede ancora oggi ad altri miei colleghi, è una cosa su cui dobbiamo riflettere”.

Pierluigi Collina – France Football

di Elisa Palmieri

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pep Il grande“È una fortuna essere qui, è un regalo. Il Bayern è una squadra grandiosa, sono onorato di essere qui. Sono venuto qui per i gio-catori e la storia. E’ una delle squadre più grandi del mondo, tutti mi hanno accolto bene qui. A Barcellona ho passato un periodo bellissimo ed ora mi preparo ad una nuova avventura. Abbiamo la possibilità di scrivere la storia, sono pronto a dare il massimo”.

Pep Guardiola – Sky Sport

Kobe proFeta In campo!“Dopo aver visto questa partita (Brasile-Italia, ndr), e per essere cresciuto in Italia e quindi aver visto certe cose da vicino, posso dire che il calcio, a differenza anche del basket, è una religione. Tanta gente lo vive così, Neymar fa la differenza e riesce a ren-dere felice la gente”.

Kobe Bryant – Sky Sport

uomInI non caporalI!“Attualmente non conosco quale sia la situazione interna al Milan ma ai miei tempi, quando ci giocavo io, il club formava gli uomi-ni prima dei calciatori... (...) Balotelli deve ancora crescere molto, il suo comportamento non è per nulla adeguato per un giocatore del suo livello”

Paolo Maldini – Globesporte

I “taccHettI” dI Jesè“Forse Mourinho pensava che la squadra non avesse bisogno dei giovani, che fosse meglio acquistare elementi che arrivavano da altri club. Io credo che avrei meritato qualche opportunità in più, comunque lui adesso non c’è più, vediamo cosa accadrà in futuro e cosa deciderà il nuovo allenatore”.

Così Jesé Rodriguez - As

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