brexit, trump, referendum: lezioni dalla politica del 2016

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gennaio 2017 Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016 Errori, buone pratiche, obiettivi e scelte strategiche: traccia di lavoro per le prossime elezioni

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gennaio 2017

Brexit, Trumpe referendum: lezionidalla politica nel 2016Errori, buone pratiche, obiettivi e scelte strategiche: traccia di lavoro per le prossime elezioni

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

chi sono

Mi chiamo Dino [email protected]@proformaweb.it

Sono socio, comunicatore politico e pianificatore strategico di Proforma

Insegno comunicazione politica ed elettorale all’Università di Bari

Collaboro con le testate locali del Gruppo Espresso e Valigia Blu.Faccio parte dello staff del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia consultazione sia download) agli indirizzi www.slideshare.net/doonie (personale)e www.slideshare.net/proformaweb (aziendale)

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

sommario

Riferimenti sitografici

1. Communications Lessons from Brexit (di Stuart Thomson)

2. Five things Europe can learn from the U.S. Presidential Campaign (di Philipp Maderthaner)

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

Chi sono i comunicatori contemporanei?

indice

1. Prima domanda di una campagna elettorale: qual è la legge elettorale?

2. Qualsiasi campagna elettorale parte da un compito: il posizionamento

3. Hai un numero? Difendilo (vero o falso che sia)

4. Le inversioni a U sono fortemente sconsigliate in comunicazione politica

5. Quando puoi, gioca di squadra

6. Autentico è (leggermente) più importante di scientifico

7. I media tradizionali restano importanti: serve il “newsjacking”

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

Prima domanda:qual è la legge elettorale?Come evitare di perdere le elezioni pur avendo un voto in più dell’avversario

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L’importanza della legge elettorale

Pur avendo raccolto quasi tre milioni di voti in più rispetto al suo avversario, Hillary Clinton ha perso le elezioni. Donald Trump è riuscito a vincere di poche decine di migliaia di voti negli Stati nei quali era necessario prenderli per vincere le elezioni con il sistema americano “winner takes all”: chi ottiene un voto in più nel singolo Stato ottiene tutti i delegati di quello Stato.

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

fonte: CNN

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

L’importanza della legge elettorale

Cosa è successo?

1. Errore di Clinton nella pianificazione degli sforzi pubblicitari e organizzativi nato (anche) da una sistematica sopravvalutazione del suo risultato nel sondaggi elettorali relativi ad alcuni Stati-chiave (Pennsylvania, Michigan, Wisconsin).

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L’importanza della legge elettorale

2. Contemporaneamente Donald Trump ha creduto di poter vincere in questi tre stati (poi risultati decisivi per la vittoria finale insieme alla Florida) grazie a modelli molto sofisticati di tracciamento e di analisi comportamentale che gli hanno permesso di intercettare una quantità piccolissima di indecisi, circa 100mila elettori (pari a circa lo 0.1% del corpo elettorale).

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fonte: CNBC

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L’importanza della legge elettorale

Un’applicazione di questa regola in Italia, pur con basi di partenza completamente diverse, riguarda le differenze di posizionamento che si possono adottare in una campagna elettorale che prevede un ballottaggio. In questo caso l’obiettivo del primo turno può non essere necessariamente arrivare primi, ma può essere sufficiente puntare al secondo posto se si ritiene di essere più convincenti nei confronti dell’elettorato che al primo turno ha votato i candidati esclusi dal ballottaggio o che non è andato a votare. Il MoVimento5Stelle ha ottenuto grandi risultati attraverso l’applicazione di questa regola, in particolare alle elezioni Amministrative.

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Come costruire la propria identità senza subire il racconto dell’avversario

Primo compito: definire un posizionamento

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Secondo Philip Maderthaner ci sono due regole di base per iniziare una campagna elettorale:

1. Trova un tuo posizionamento strategico o lo faranno gli altri al tuo posto.

2. Individua un posizionamento del tuo avversario (a te favorevole) prima che lui faccia lo stesso con te.

Definire un posizionamento

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Trump si è posizionato come “nuovo della politica” pur non essendo affatto una persona sconosciuta e si è costruito come profilo anti-establishment, a partire dalla critica talvolta severissima al Partito Repubblicano di cui era candidato.

Il posizionamento vantaggioso di Donald Trump

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Il posizionamento vantaggioso di Donald Trump

Questo profilo ne è uscito paradossalmente rinforzato in uno dei momenti più complicati della campagna di Trump, cioè dopo la polemica sulle sue frasi sessiste risalenti al 2005 e la pubblicazione del video relativo a quelle frasi a un mese esatto dalle elezioni. Mentre i principali esponenti del Grand Old Party ritiravano pubblicamente l’appoggio a Trump, quest’ultimo si poneva ancora di più in una posizione di ‘outsider’ della politica.

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Trump ha “regalato” un posizionamento alla sua avversaria: “crooked”, imbrogliona.

L’operazione è riuscita a tal punto da obbligare Clinton a rispondere a domande dei giornalisti in merito a quel “crooked” nel pieno della campagna elettorale.

Il posizionamento svantaggioso di Hillary Clinton

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Qualche perplessità è invece emersa in merito alla strategia di posizionamento di Hillary, che a un certo punto della campagna ha molto puntato su claim motivazionali e che invitavano a un’adesione collettiva come “Stronger Together” o “I’m with her”.

Ma ‘her’, lei, Hillary, è stata una delle candidate meno popolari della storia del Partito Democratico (e la cosa non era certo un mistero).

Il posizionamento svantaggioso di Hillary Clinton

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Chiedere agli americani di stare accanto a una persona poco popolare potrebbe dunque non aver ottenuto i risultati sperati. Donald Trump ha invece rinunciato a riferimenti personali nel suo slogan: “Make America Great Again” è un principio che prescinde dalla popolarità di chi lo promuove.

Il posizionamento svantaggioso di Hillary Clinton

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Il posizionamento svantaggioso di Hillary Clinton

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(anche se non sono veri)

Difendii tuoi numeri

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Difendi i tuoi numeri

A quanto ammontavano i risparmi collegati alla vittoria del Sì al referendum costituzionale? La fortissima distanza tra la cifra promossa dal comitato per il Sì (400 milioni di euro) e quella promossa dal comitato per il No (50 milioni di euro) ha certamente aumentato i dubbi.

Proprio a causa dell’incertezza è emerso un altro frame nell’ultimo mese di campagna elettorale, promosso dal fronte del No: il risparmio non giustifica lo stravolgimento della Costituzione (con annesso corollario: ci sono metodi molto meno impattanti sulla vita pubblica per risparmiare pochi milioni di euro).

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fonte: lavoce.info

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Difendi i tuoi numeri

Nel Regno Unito il comitato promotore della Brexit ha invece costruito uno dei punti forti della sua campagna attorno alla difesa di un dato: in caso di uscita del Regno Unito dall’Europa sarebbero stati risparmiati 350 milioni di sterline alla settimana, che sarebbero stati usati per aumentare i finanziamenti per il sistema sanitario pubblico.

La difesa di questo dato ha raggiunto dimensioni pubbliche rilevantissime, a partire da massicci investimenti in comunicazione a supporto.

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Dal punto di vista della comunicazione conta “poco” se l’attendibilità del dato è stata smentita poche ore la vittoria del Leave in un’intervista a Nigel Farage, leader dell’UKIP, che oramai è un classico della politica contemporanea. Dal punto di vista etico, invece, conta tantissimo.

Resta però un principio: se nella propria retorica si punta con forza su un dato, bisogna difenderlo a tutti i costi.

Difendi i tuoi numeri

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Vietatal’inversione a UI cambi repentini di strategiasono fortemente sconsigliatiin comunicazione politica

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Vietata l’inversione a U

Cosa hanno in comune Matteo Renzi e David Cameron? Erano giovani primi ministri che hanno investito la propria carriera politica sul successo in un referendum tecnicamente non plebiscitario (si votava sulla Costituzione e sulla permanenza del Regno Unito in Europa) e hanno perso.

David Cameron ha lungamente criticato il rapporto tra Regno Unito ed Europa negli anni precedenti al referendum, e secondo molti osservatori ha vinto le elezioni politiche del 2015 anche grazie a questo posizionamento.

Con un trascorso simile diventa però assai complicato risultare credibili come difensori del Remain.

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fonte: BBC News

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Vietata l’inversione a U

Matteo Renzi ha provato a sfruttare i sondaggi molto favorevoli per il Sì all’inizio del 2016 per associare il successo referendario a una legittimazione politica personale (la cosiddetta ‘personalizzazione’) e ha poi provato a sfilarsi da uno schema da lui stesso costruito quando i sondaggi hanno iniziato a essere meno promettenti per il Sì: anche questo cambio di direzione è risultato poco credibile.

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Quasi nessun prodotto, servizio, organizzazione può modificare radicalmente posizionamento anche in tempi lunghissimi senza soffrire una grossa crisi di credibilità: questo aspetto non può che complicarsi ulteriormente se applicato ai politici – i mittenti della comunicazione considerati meno attendibili in assoluto – e se il cambio di direzione è troppo repentino. Cambiamenti bruschi della propria proposta politica richiedono tempo, impegno strategico ma soprattutto gradualità.

Vietata l’inversione a U

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Quando puoi,gioca di squadra La coerenza del tono di comunicazioneè diventata meno importante della polifonia?

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Un elettore del No al referendum in Italia ha potuto scegliere tra numerose opzioni e ha potuto identificarsi con la sua preferita: dai toni di Zagrebelsky a quelli di Salvini, dal motorino di Alessandro Di Battista alle apparizioni televisive di Berlusconi.

Nel Regno Unito la mescolanza è avvenuta in un altro modo: leader della campagna del Leave hanno condiviso luoghi, parole, retoriche con la “gente comune”. Boris Johnson, attuale Ministro degli Esteri, è stato campione di adattamento: ha svolto un’intera parte della campagna per il Leave girando per allevamenti nella provincia profonda del Regno Unito.

Quando puoi, gioca di squadra

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

La coerenza di segni e toni è certamente una variabile auspicabile nel corso di una campagna elettorale.

Allo stesso tempo le campagne del 2016 hanno indicato che la capacità di essere polifonici (anche se non necessariamente coordinati) può rappresentare un vantaggio competitivo altrettanto importante soprattutto in situazioni dove ai cittadini è chiesto in modo netto se stare dalla parte del Sì o dalla parte del No.

Quando puoi, gioca di squadra

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‘Autentico’è (leggermente)più importante di ‘Scientifico’L’imperfezione favorisce i processi di empatia

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‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

Il Donald Trump del 2012 non diceva cose troppo diverse rispetto al Donald Trump in campagna elettorale.

Soprattutto, le diceva con lo stesso identico tono.

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

Trump avrebbe vinto le elezioni se avesse adottato un profilo più presidenziale? Avrebbe vinto se avesse accettato consigli da parte di un qualsiasi consulente di comunicazione abituato a ritenere questo genere di comunicazione inaccettabile, troppo poco presidenziale, troppo scorretto politicamente?Secondo me no.

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‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

Si è molto discusso dell’atteggiamento adottato da Hillary Clinton nei confronti televisivi contro Donald Trump e in particolare della reazione dopo l’annuncio di Trump di chiedere una commissione d’inchiesta sulla sua avversaria relativa all’inchiesta sulle mail inviate da Clinton aggirando l’obbligo di invio con l’account istituzionale del Dipartimento di Stato.

Per approfondimenti: guardate questo video.

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

La scelta di sorridere è stata quasi certamente concordata da Hillary e dal suo staff di comunicazione. Il ragionamento strategico è stato il seguente: Clinton è avanti nei sondaggi, ha un margine rassicurante, l’avversario è considerato impresentabile dalla maggioranza degli americani. Trump invece è indietro nei sondaggi e dunque è obbligato ad attaccare.

L’obiettivo dei confronti non è ‘vincere’ ma ‘non perdere’ e soprattutto non accettare il testa-a-testa sui toni di Trump, non cadere nel fango in cui l’avversario repubblicano ha interesse a spingere Hillary, essendo certamente più bravo con la comunicazione politicamente scorretta.

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‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

Ma Clinton ha forse peccato in eccesso di scientificità, risultando innaturale: chi non farebbe una piega davanti all’annuncio di una commissione di inchiesta nei propri confronti durante un dibattito televisivo decisivo sulle sorti degli Stati Uniti d’America?

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‘Autentico’ è meglio di ‘Scientifico’

Le elezioni americane del 2016, pur non mettendo in discussione il valore cruciale del lavoro scientifico sui dati, mettono in evidenza la centralità dell’autenticità nella comunicazione politica come parametro del successo contemporaneo. Il messaggio che arriva dalla campagna elettorale di Donald Trump è: non bisogna avere paura di essere controversi, se essere controversi rinforza la propria identità.

Allo stesso tempo essere controversi solo per generare polemica non funzionerà, se il candidato proviene da una storia incoerente con un improvviso aumento dell’aggressività nella comunicazione.

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I media tradizionalirestano importanti:serve il “newsjacking”Come convivere proficuamente con i mezzi tradizionali senza spendere una fortuna

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Il newsjacking

La centralità dei media tradizionali come agenti di socializzazione politico-elettorale continua a non essere in discussione.

I dati Censis del 2016 per l’Italia dimostrano che la televisione e la radio sono strumenti fruiti con la stessa intensità di 10 anni fa nonostante l’avvento su larga scala dei social media (e anzi, forse proprio grazie all’avvento su larga scala dei social media che hanno favorito effetti di rimbalzo tra online e offline).

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fonte: Censis

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Il newsjacking

La sfida della comunicazione politica contemporanea in riferimento ai media tradizionali riguarda la capacità di usare proficuamente i social media per entrare nell’agenda giornalistica classica.

In marketing, questa operazione è definita “Newsjacking” (contrazione di ‘hijacking the news’, dirottare le notizie): portare i media a parlare di ciò che un mittente desidera e utilizzare (soprattutto) i social media per ottenere questo risultato.

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Una stima pubblicata dal New York Times a marzo 2016, cioè a campagna elettorale poco più che iniziata, ha dimostrato che Donald Trump era riuscito a ottenere visibilità sui media tradizionali per un controvalore paragonabile a due miliardi di dollari proprio grazie alle tecniche di newsjacking.

Il newsjacking

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

fonte: The New York Times

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Donald Trump ha inoltre goduto di un clamoroso effetto di sottovalutazione della sua candidatura, soprattutto nella parte iniziale della campagna.

L’Huffington Post USA decise, nei primi mesi di copertura delle dichiarazioni di Trump, di collocare le sue uscite nella sezione “intrattenimento” invece che in quella “politica”.

Il newsjacking

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Questa decisione avrebbe dovuto, nell’intenzione dell’editore, screditare le parole di Trump ma in realtà ha offerto un ulteriore regalo al presidente degli Stati Uniti: un contenuto considerato ‘non politico’ ha più facilità di essere condiviso rispetto a un contenuto politico che sui social media è potenzialmente visto come una fonte di stress, come dimostrato da una recente ricerca del Pew Research Center.

Il newsjacking

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

Riuscendo a dire le cose con i tempi giusti, parlando dell’argomento di discussione del momento con rapidità e, quando possibile, competenza.

Attaccando qualcuno o qualcosa, soprattutto in campagna elettorale. La logica ‘horserace’ delle elezioni è quella con cui i media decidono di solito di raccontare le elezioni: se sono offerte polemiche e scontri, è più facile che i giornali digeriscano quell’informazione. Trump da questo punto di vista è stato maestro.

Come si fa newjacking?

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

Attaccando i media, come da anni fa con successo Beppe Grillo in Italia. Il meccanismo comunicativo è abbastanza collaudato: attacco ai media da parte di una forza politica, difesa corporativa dei media contro la forza politica, polarizzazione del confronto, discussione online, aumento della visibilità dell’attaccante, seguito della polemica sui media per i giorni successivi.

Come si fa newjacking?

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016

AttenzionePopolarità e notorietà sono e restano due concetti diversi. Il “purché se ne parli” è un tranello potenzialmente pericoloso, da cui tenersi alla larga. Donald Trump, il campione del newsjacking e il vincitore delle ultime elezioni americane, è passato da un livello di fiducia del 55% nel maggio 2015 al 22% del 28 ottobre 2016.

Spesso serve forzare per finire sui media tradizionali e non sempre le forzature portano consenso, fiducia, voti.

Newsjacking: una postilla

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Brexit, Trump e referendum: lezioni dalla politica nel 2016fonte: The Washington Post

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