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Brevi cenni di Storia, Geografia, i Grandi Personaggi, Curiosità……..

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Brevi cenni di Storia, Geografia, i Grandi Personaggi, Curiosità……..

“Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno” (Guy de

Maupassant).

“Il viaggio è come una persona: non ce ne sono due uguali” (John Steinbeck) Il viaggio: quel momento particolare nella vita di ognuno che dona nuovi colori ai nostri pensieri. Il viaggio inteso come scoperta, dove lo spirito incontra continuamente nuove cose sino ad allora sconosciute. Il viaggio come un vestito da indossare che cambia ogni giorno, che si abbellisce di tradizioni, di profumi, di Genti e Paesi la cui cultura penetra in noi attraverso i nostri occhi fino a toccare i territori inesplorati del nostro essere, per donare importanza al ricordo che ne resterà. Elencare tutti i siti archeologici o di particolare interesse in Messico sarebbe una pretesa troppo grande poiché questa fu la culla delle civiltà Meso-americane. Né è nostra intenzione volerci sostituire agli archeologi e agli storici, i quali meglio sanno illustrare la complessa storia di un Paese che ha visto, sul suo suolo, nascere, fiorire, modificarsi e talvolta estinguersi civiltà antiche. Abbiamo creato questa piccola monografia sul Messico, non perché essa sostituisca una guida, ma per essere un primo approccio con il Paese, per stimolare la curiosità per la sua storia, per il suo territorio, per la sua gente e le sue tradizioni. La nostra vuol essere una semplice panoramica sul Messico, ponendo l’accento su quelli che riteniamo essere alcuni aspetti spesso tralasciati dalle normali guide turistiche. Da essa potrà nascere una curiosità da approfondire con una personale ricerca bibliografica.

- Messico: brevi cenni storici - Georgrafia - Uno sguardo sul Messico - Festività religiose e civili - Curiosità:

• Il Gioco della Pelota • I Mariachi

- Notizie Utili - Shopping e Artigianato - La Cucina Messicana - Il Cioccolato: mito e storia di un celebre e pelibato alimento - Messicani di oggi

• I Lacandones • I Tarahumara • Subcomandante Marcos

- I grandi personaggi storici: • Montezuma (1470 c. – 1520) • Hérnan Cortés (1485 – 1547) • Benito Juarez (1806 – 1872) • Massimiliano D’Asburgo (1832 – 1867) • Carlotta di Coburgo Gotha (1840 – 1927) • Francisco “Pancho” Villa (1878 – 1923) • Emiliano Zapata (1879 – 1919) • Diego Rivera (1886 – 1957) • Frida Kahlo (1907 – 1954)

MESSICO: BREVI CENNI STORICI Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi. Voltaire. E nasce proprio dalla voglia di avere nuovi occhi e quindi nuova conoscenza la consapevolezza che, almeno una volta nella vita di ognuno di noi, la prossima mèta sarà il Messico. Nell’immaginario collettivo il Messico è sinonimo di colore, di confusione, con un passato senza dubbio importante ma con un futuro ancora incerto; un Paese nel quale tutti gli uomini

assomigliano al sergente Garcia e dove gli Zorro locali salvano le fanciulle dagli abiti coloratissimi e dagli occhi neri come il carbone. Ma il Messico è ben altro: è la selvaggia bellezza del Chiapas, dove la natura lussureggiante nasconde e conserva le proprie radici storiche, legate ad antichi riti che sono ancora vivi nei popoli Tzotzil, Lacandones, Zoques, Choles; è la musica dei Mariachi, che impregna l’anima di ogni messicano, con struggenti emozioni che evocano memorie di speranza; è il deserto che si allunga arido e inclemente nel nord del Paese, e fa annegare nel ventoso silenzio ogni fuga. E’ ancora il presente che avanza percorrendo il proprio passato: basta soltanto arrivare nella capitale, Città del Messico, per rendersi conto che inizia proprio da qui la scoperta di una civiltà che è stata la madre della storia centroamericana. Viene spontaneo chiedersi come civiltà millenarie quali gli Olmechi, i Toltechi, i Maya, gli Aztechi, tanto per citare solo i maggiori, abbiano potuto dissolversi nel giro di pochi anni, all’arrivo dei colonizzatori Spagnoli. La storia del Messico è infatti la testimone di più di 3000 anni di insediamenti culturali i resti dei quali sono ancora visibili. I primi insediamenti furono quelli di popolazioni che provenivano dallo stretto di Bering, o più propriamente dalla Siberia durante l’era glaciale (circa 20.000 anni fa). Questa parte di storia è ampiamente descritta nella prima sala dello stupendo Museo Antropologico di Città del Messico. Si trattava di popolazioni dedite al nomadismo che con il passare degli anni e la fine dell’era glaciale divennero stanziali dando vita a villaggi, ad un’organizzazione politica e ad un assetto sociale che furono le basi della nuova struttura sociale meso-americana. La primissima civiltà che si sviluppò lungo le coste del Golfo del Messico, nello Stato di Veracruz, fu quella Olmeca (1500 a.C.), il “Popolo del Giaguaro”, una civiltà progredita e superiore che rappresenta la madre dalle quale ebbero origine le principali civiltà del Mesoamerica. Non si hanno testimonianze scritte di questo popolo, dedito principalmente all’agricoltura, alla caccia e alla pesca. Non fu di certo un popolo guerriero, come furono invece altre popolazioni successive. Il loro nome deriva da una parola di origine azteca che indicava la regione di provenienza, dove forte era la presenza dell’albero del caucciù. Tracce dell’influenza Olmeca si trovano anche in Guatemala, in Costa Rica, in Perù, segno che ebbero una fusione anche con le popolazioni di altre regioni. Il “giaguaro” era la loro divinità principale, nella quale gli Olmechi trovavano la rappresentazioni e l’espressione della potenza e della superiorità divina. Amavano ornarsi di monili in ossidiana e giada. Un segno di bellezza, seppure ai nostri giorni sia una pratica esecrabile, era la deformazione del cranio dei neonati comprimendolo tra due asticelle in legno in modo da creare un solco perenne nella fronte. Conoscevano il calendario, suddiviso in 52 anni, che fu ripreso e perfezionato dai popoli successivi. Nasce inoltre dalla cultura Olmeca la struttura di tutte le città delle culture che la succedettero: piattaforme con struttura piramidale, sepolcri la cui ubicazione seguiva un piano basato sullo studio del cosmo, campi per il “gioco della pelota”. Il Regno Olmeco si sviluppò in tre fasi: la prima fase, nella zona di San Lorenzo, Stato di Veracruz, prosperò tra il 1200 ed il 900 a.C.. I ritrovamenti di oggetti e utensili in ossidiana, pietra vulcanica che si trova in Guatemala e negli altipiani messicani, attestano che il Regno Olmeto era molto esteso. La seconda fase è detta anche “della Venta”, nella regione del Tabasco. Ebbe il suo apogeo tra il 600 ed il 400 a.C.: ne sono testimoni le grandi piramidi a gradoni, altari, teste colossali in pietra che hanno una curiosa somiglianza con i tratti somatici africani. Alcuni studi effettuati su cromosomi provenienti da resti della civiltà pre-colombiana sembrano confermare questa affermazione. La fase finale si sviluppò tra il 400 ed il 200 a.C. a Tre Zapotes, a sud di Veracruz, e divenne il terzo polo della cultura Olmeca. Fu durante tale èra che iniziarono a sopraggiungere nuove civiltà che portarono, in breve tempo, al declino degli Olmechi. Inizia l’èra degli Zapotechi, una popolazione relativamente pacifica che seppe trarre profitto dal declino del Regno Olmeco. Si insediarono nella regione Sud del Messico, verso la costa del Pacifico, intorno al 300 a.C.. Molte le affinità con gli Olmechi, tuttavia la loro architettura è differente: prediligono forme orizzontali e basse, con decorazioni in bassorilievo. L’aspetto più caratteristico della loro arte è la ceramica decorata con colori vivaci, di cui il rosso è quello dominante. Essi conoscevano la scrittura e i numeri in una forma molto più progredita di quella del popolo Zapoteco. Veneravano una coppia di divinità: una con aspetto paterno e l’altra con aspetto materno e importante era anche il dio della pioggia Cocijo Pitao. A loro va ascritta l’invenzione del primo calendario in base al quale l’anno veniva suddiviso in 260 giorni, divisi in quattro stagioni composte da 5 parti di 13 giorni (per un totale di 65 giorni in ogni stagione). Il più importante centro cerimoniale e amministrativo della civiltà Zapoteca fu Monte Álban, la cui posizione elevata permetteva di dominare l’intera area. Costellato di palazzi pubblici di prestigio e di altari preziosi, Monte Álban è la rappresentazione dell’armonia tra il divino e l’umano. I sacerdoti divennero le figure più importanti ed erano in grado di predire fortuna e disgrazie. La decadenza del regno Zapoteco iniziò verso il 500 d.C. a causa della forte influenza della popolazione che si era insediata nella zona a est di Città del Messico, ovvero nella Valle di Teotihuacán. Fu qui che nacque Teotihuacán, uno dei più

importanti centri di culto del periodo Classico meso-americano, che fu forse il primo grande vero centro abitato (tra il 100 d.C. ed il 600 d.C.). La sua popolazione era un esempio di alta organizzazione sociale ed amministrativa. La città fu pianificata secondo rigorosi studi urbanistici, in una zona fertile che permetteva di praticare l’agricoltura a ritmi intensivi. Fu detta “La Città degli Dèi” e furono erette due grandiose piramidi in omaggio alle divinità del Sole e della Luna. Anche oggi la città, con le sue grandi piramidi del Sole e della Luna, è l'imponente testimonianza di una società urbana governata da un'elite religiosa molto severa. Compaiono per la prima volta le figure degli déi che diventeranno in seguito familiari come Tlaloc, dio della pioggia e della fertilità, e Quetzalcoatl, il serpente piumato che ha portato la civilizzazione all'uomo. I sacerdoti avevano in sé il potere politico e spirituale e introdussero i sacrifici umani (spesso erano i prigionieri di guerra) richiesti per placare la bramosia delle varie divinità: le teste degli uomini sacrificati venivano poste in ampie piattaforme dette “Tzompantli”. Nell’VIII secolo fu abbandonata, molto probabilmente per l’ascesa di potenze rivali nelle regioni centrali. I Toltechi dominarono le vallate centrali. Essi furono senza dubbio il popolo più civile del periodo pre-azteco. Il loro massimo splendore fu raggiunto tra il 250 d.C. ed il 600 d.C. Probabilmente si affermarono dopo il declino di Teotihuacán. Il loro maggiore centro fu Tula, a nord di Città del Messico, che divenne la loro capitale. Dedicarono questa città a Quetzalcóatl, il serpente piumato ed essa divenne la capitale di un regno molto militarista, che esercitò il suo dominio nelle regioni del Messico centrale. I Toltechi erano un popolo guerriero, abituato a conquistare ed assoggettare il nemico. Ma erano anche abili commercianti e sapevano lavorare l’ossidiana e la ceramica. Tutta l’architettura Tolteca è semplice ma monumentale, così come la scultura dai profili netti e dalle masse larghe: basti pensare agli “Atlanti di Tula”, alti 4,60 mt. Nel 1170 Tula fu abbandonata in seguito ad un incendio e i Toltechi fuggirono verso lo Yucatán. Successivamente si spostarono fino a Xpchicalco e a Chichen-Itzá. In questo periodo l’arte Tolteca conobbe una fase differente e furono alterate le linee severe con l’aggiunta di particolari decorativi più fastosi. Furono sottomessi dagli Aztechi ai quali insegnarono la scrittura e la tecnica costruttiva: Il loro nome fu sinonimo di raffinato gusto artistico e di perizia artigianale. La civiltà Maya iniziò il suo progredire in varie zone della regione meso-americana: nel Chiapas, nello Yucatán, nello Stato di Quintana-Roo, in Guatemala, in Belize, in Honduras. Non a torto può essere considerata una delle civilizzazioni più sorprendenti del mondo. La cultura Maya può essere suddivisa in tre periodi storici: il “pre-classico” (dal 1800 a.C. al 250 d.C.); il “classico” (dal 250 d.C. al 925 d.C.); il “post-classico” (dal 925 d.C. fino al 1530 d.C.). Nel primo periodo abitavano principalmente la regione del Petén (attuale Guatemala). La loro vita, inizialmente nomade, divenne con il tempo stanziale e si dedicarono all’agricoltura. Fu in questo periodo che iniziarono le costruzioni dei templi piramidali a gradoni. Gli edifici, generalmente costruiti su tre vani, erano posti su piramidi a gradinate che potevano raggiungere anche i 60 metri di altezza. I gradini rappresentavano le sfere celesti. Furono influenzati dalla civiltà Olmeca dalla quale appresero la scrittura e la suddivisione del tempo. Nella loro concezione il mondo veniva suddiviso in nove sfere celesti (Mondo Superiore) e nove sfere degli inferi (Mondo Inferiore). I Maya avevano concepito la misurazione del tempo secondo una tecnica sofisticata. Il famoso Calendario Maya è infatti composto da quattro calendari: uno rituale, suddiviso in 260 giorni, contrassegnato da 13 numeri e 20 segni; uno solare di 365 giorni, suddiviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno più cinque giorni restanti; uno di mezzo anno lunare formato da 177 giorni; l’ultimo regolato in base al pianeta Venere, suddiviso in 584 giorni. Ben presto la civiltà Maya iniziò la propria evoluzione culturale e questo periodo transitorio, prima del periodo classico, fu forse quello di maggior fervore sia intellettuale che sociale. Le loro classi sociali avevano una struttura ben precisa: ai livelli più alti la classe dei sacerdoti (ah kin = il solare) con a capo l’ahaucan (principe dei Serpenti) e dei nobili, i quali controllavano e gestivano tutte le attività sociali; venivano poi gli artigiani, i mercanti, i soldati. Infine il popolo che viveva ai marginid ella città-stato. Nell’ultimo livello c’erano i servi. Il mais rappresentava la base della loro alimentazione e in quanto tale era un elemento prezioso altrettanto quanto i cacao, i cui semi erano utilizzati come moneta di scambio. Ma il massimo splendore fu raggiunto dai Maya nel secondo periodo, quello “classico”: iniziarono la costruzione delle città-stato (Palenque ne è un perfetto esempio), Copán e Quirigua (in Honduras). Ogni città iniziò ad avere una sua identità e proprie caratteristiche, sebbene tutte mantenevano una forte unità con l’ordine superiore. Erano degli importanti centri religiosi, politici e commerciali ed ogni centro aveva un suo punto focale nelle piazze, a loro volta circondate da templi ed altari. Rammentiamo tra i più importanti: Yaxchilán, Bonampak, Toniná e Palenque. Tutt’ora sono ancora visibili edifici di mirabile fattezza e imponenza, immersi nella vegetazione tropicale: ampie strutture architettoniche, con esempi di “false volte” e stucchi colorati, unite tra loro da strade lastricate. Una delle loro opere più spettacolari fu la rielaborazione del calendario: il tempo fu suddiviso secondo calcoli ben precisi e

complessi, basati sullo studio del cosmo, arrivando anche a saper prevedere le fasi lunari e le eclissi di sole. Avevano inoltre determinato i quattro punti cardinali e su queste basi i sacerdoti compivano i loro rituali. I sacrifici umani erano praticati in misura limitata in questo periodo, mentre invece si diffusero su vasta scala nel periodo successivo (post-classico). Ed è nel terzo periodo (post-classico - dal 925 d.C. fino al 1530 d.C.) che la civiltà Maya inizia a spostarsi verso lo Yucatan, forse a causa di condizioni ambientali migliori. Nacquero importanti centri quali Chichen-Itzá e Uxmal che divennero i punti più espressivi della cultura Maya settentrionale. La fine del periodo Maya fu forse un insieme di concause e di mutamenti delle esigenze della popolazione: guerre, carestie, crisi economiche provocarono il declino di questo Regno che in poco tempo si sgretolò. Oggi però esistono ancora i discendenti degli antichi Maya, riconoscibili dai tratti somatici. Conservano parte della loro lingua e alcuni degli antichi riti religiosi. Fu con il declino dei Maya che iniziò l’ascesa del popolo degli Aztechi. Rozzo e primitivo, nomade e mal organizzato, era una delle sette tribù Nahua del Messico settentrionale. Verso il 1325 d.C. si insediarono nella Valle del Messico (la zona dove ora sorge Città del Messico). Nacque Tenochtitlán, la loro città principale, su una delle isole che allora si trovavano in questa zona lacustre e paludosa. La leggenda vuole che la capitale fu fondata lì dove fu vista un’aquila posata su un cactus intenta a mangiare un serpente (nota: l’aquila della bandiera messicana fa riferimento a questa leggenda). Iniziò la loro socializzazione e la loro cultura mutò soprattutto grazie a quelle precedenti, dalle quali attinsero molte delle loro future conoscenze. La loro struttura sociale era molto stratificata: al vertice c’era l’imperatore assistito da un consiglio; seguivano poi i plebei e per finire gli schiavi. Gli Aztechi erano un popolo guerriero, scarsamente dotato di spirito umanitario e che spesso faceva uso della violenza anche per tenere sottomessi i ceti più bassi della popolazione stessa. Adoravano numerose divinità, tra le quali le più importanti erano Uitzilopochtli (il dio della guerra), Coyolxauhqui (la dea della Luna), Tlaloc (il dio della pioggia) e Quetzalcoatl (al quale era attribuita l'invenzione della scrittura). I loro dèi erano assetati di sangue e venivano onorati con sacrifici umani continui: spesso erano i nemici catturati che venivano usati per placare le “ire” della divinità. Estesero a poco a poco la loro supremazia su una vasta parte del territorio messicano ed esigevano come tributo, dalle popolazioni conquistate, tutte quelle risorse non presenti nella zona focale: giada, gomma, cacao, tabacco. Il loro sovrano più famoso fu Montezuma, abile e colto, che però fu vittima della conquista spagnola: il suo errore fu quello di credere che lo spagnolo Hernán Cortés, sbarcato in Messico nel 1519, fosse Quetzalcóatl, il serpente piumato, tornato per riconquistare il proprio regno. Era questi un uomo avventuroso, profondamente cattolico, fedele a Carlo V, all’epoca imperatore della Spagna, era ben deciso a conquistare i tesori del nuovo continente scoperto da Cristorforo Colombo. Decise di conquistare Tenochtitlàn, attratto dall’oro e dalle altre ricchezze che Montezuma gli inviò in dono. Montezuma cercò di impedire la sua avanzata ma non ci fu nulla da fare. Iniziò la conquista spagnola (1519), che segnò la fine dell’Impero Azteco. Gli Spagnoli cambiarono il nome a Tenochtitlàn che fu quindi chiamata “México” e divenne capitale della Nueva España, la nuova colonia d’oltreoceano. Le popolazioni si ritrovarono asservite al giogo di un nuovo padrone non certo meno violento. Il regno di Spagna concedeva ai “conquistadores” appezzamenti di terra che venivano fatti lavorare dalle popolazioni native. Le popolazioni furono decimate dalle condizioni di lavoro e dalle malattie, sino ad allora sconosciute, che vennero portate dagli Spagnoli. Il territorio fu pesantemente sfruttato e i giacimenti di argento e oro servirono per arricchire i forzieri della corona spagnola. Anche la conversione al cristianesimo fu imposta inizialmente con l’uso della forza. A poco a poco però fu accettata dalle popolazioni locali e divenne parte della vita sociale. Nel 1523 i francescani, e successivamente i domenicani ed i gesuiti, erano intenzionati ad affermare la cristianità, spazzando via le tradizioni ed i culti popolari. Va ricordato che il francescano Diego de Landa nel 1562 distrusse migliaia di idoli e circa 25 rotoli di scrittura Maya per spazzare qualsiasi cosa che fosse contraria al cristianesimo. Fu però lui che nel 1566 scrisse un libro “Relaciones de la cosas de Yucatan” nel quale narra molti degli usi e costumi delle popolazioni pre-coloniali. La dominazione spagnola durò circa 3 secoli e le popolazioni indigene furono decimate da una vita di stenti e malattie fino al 1500 sconosciute. Lo scontento iniziò a manifestarsi verso la fine del XVIII secolo e la prima rivolta ci fu nel 1810 guidata da un prete messicano, Miguel Hidalgo y Costilla. Si cercava di portare il Messico verso l’indipendenza. Le frange più intellettuali della popolazione erano desiderose di una riforma sociale e nel 1821 si giunse al Trattato di Cordóba che prevedeva la rinuncia al Messico da parte della Spagna come colonia, ma si affermava il cattolicesimo come religione di Stato e l’inizio di una monarchia costituzionale. Nello stesso periodo anche nel nord del Paese c’erano movimenti indipendentisti: alcuni dei coloni volevano che il Texas fosse annesso agli Stati Uniti. Molti proprietari terrieri, infatti, desideravano staccarsi dal controllo del governo centrale messicano. Dopo una dura battaglia, nel 1846 il Messico è costretto a cedere agli Stati Uniti d’America una vasta parte del suo territorio (Texas, California, Utah, Colorado, gran parte del New Mexico e dell’Arizona). In questo stesso periodo il Messico fu anche sul punto di perdere

la regione dello Yucatna, dove una rivolta, nel 1850, decimò la popolazione. La nascita del Messico contemporaneo fu opera di Benito Juárez, un liberale di origine zapoteca. Egli si fece portavoce di una rivolta mirata a togliere alla Chiesa il potere temporale e a cercare di attuare riforme sociale. Nel 1861 divenne Presidente ma la sua carica durò poco. Nel 1863 la Francia, con l’appoggio dei conservatori e del clero, invase il Paese e lo costrinse all’esilio. L’anno successivo (1864) Napoleone inviò Massimiliano d’Asburgo e lo impose come imperatore. Era il fratello dell’Imperatore Francesco Giuseppe e accettò di governare il Messico, dilaniato da continue e sanguinarie rivoluzioni. Massimiliano approdò a Veracruz insieme alla moglie, l’arciduchessa Carlotta Maria Amalia di Coburgo Gotha. Iniziava così l’ultimo atto di una folle avventura coloniale che si concluse tre anni dopo, nel 1867. L’imperatore era la grande speranza dei clericali e dei conservatori. Si trovò subito a dover fronteggiare una guerriglia molto forte a capo della quale vi era sempre Benito Juárez. Morì fucilato nel 1867. Benito Juárez salì al potere fino al 1872, anno in cui morì. Una nuova figura si impose negli anni successivi, quella di Porfirio Dìaz, un dittatore conservatore che mantenne il potere per 33 anni. Nonostante nel Paese ci fosse ancora il caos, egli riuscì a dare una spinta per la ricrescita economica ed industriale. Favorì la costruzione di strade e ferrovie, incentivò gli scambi commerciali e tenne lontane le guerre civili. Ma Non risolse i problemi sociali e il prezzo da pagare fu altissimo poiché fu bandita l’opposizione politica, le libere elezioni e la libertà di stampa. La situazione dei “campesiños” era peggiorata e continuavano a subire le angherie dei padroni, che erano tornati ad essere coloro che possedevano i terreni. Il malcontento cresceva e portò alla Rivoluzione nel 1910 capeggiata da Francisco Madero, un facoltoso liberale che esortò la nazione alla rivolta. La Rivoluzione si estese rapidamente a tutto il Paese. Madero, tuttavia, non riuscì a tenere sotto controllo le fazioni rivoluzionarie liberali e quelle più radicali guidate da Emiliano Zapata. Leader indiscusso dei “campesiños” di Morelos, Zapata (1879 – 1919) fu un radicale convinto che combatteva affinché la terra ritornasse ai contadini. Francisco “Pancho” Villa (1878 – 1923),dapprima bandito e poi rivoluzionario, sposò la causa della riforma agraria e appoggiò la candidatura di Madero. Il Paese viveva però anni di confusione e non cessarono le lotte interne e nello Stato di Morelos gli zapatisti continuavo a chiedere, senza ottenerle, le riforme agrarie. Nel 1913 i rivoluzionari fecero cadere il Governo di Madero e fu eletto Presidente Victoriano Huerta. Non fu, la sua, una grande presidenza e i conflitti si inasprirono. I tre capi della Rivoluzione (Venusiano Carranza, Pancho Villa e Alvaro Obregón) si unirono per destituirlo ed occuparono, lo stesso anno, Città del Messico. Fu solo nel 1917 che si riuscì a formare finalmente un nuovo Governo e nacque la prima bozza della Costituzione Messicana. Nel 1929 nasce il Partito Rivoluzionario Nazionale che iniziò a dominare la scena politica e si impose come forma vincente di un’espressione politica legata ad un modello industriale competitivo.. Si succedettero vari Presidenti e inizia il programma di riforme. Durante la seconda Guerra Mondiale il Messico inviò le sue truppe in aiuto agli alleati nel Pacifico, in aiuto degli Stati Uniti d’America. Seguirono anni di riforme ma anche di tensione, alcune delle quali sfociate in dure repressioni come quella studentesca durante i Giochi Olimpici a Città del Messico nel 1968. Nel 1994 l’allora presidente Carlos Salinas de Gortari, eletto nel 1988, ratifica un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti d’America ed il Canada (il NAFTA: North American Free Trade Agreement). Esso prevedeva la privatizzazione di tutte le maggiori aziende e un attento controllo che invogliasse gli investimenti da parte di capitalisti stranieri. In Chiapas questo trattato ridusse ulteriormente in povertà i contadini e il 1° Gennaio 1994 si formò un piccolo esercito di rivoluzionari guidati dal sub-comandante Marcos dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Essi chiedevano di riavere indietro la terra nel rispetto della Costituzione. Si riaccesero le ostilità e si creò uno stato di guerriglia permanente. La lotta venne tragicamente repressa nel 1997 e furono uccisi, da gruppi paramilitari, uomini, donne e bambini. Nel 1997 il Partito Rivoluzionario Istituzionale perde, per la prima volta dopo sesst’anni, la maggioranza in Parlamento. Salì al Governo Vicente Fox, esponente del neo-eletto Partito di Opposizione Nazionale (PAN), con orientamento di centro destra. Lo scorso Luglio le nuove elezioni sono state vinte da Felipe Calderon (PAN).

GEOGRAFIA Nel viaggio i panorami, le città, i visi rimangono agganciati dietro gli occhi. Poi un giorno

inaspettatamente riemergono dal cuore.

Il Messico confina a nord con gli Stati Uniti d’America; a sud con il Guatemala ed il Belize; a est si affaccia sul Golfo del Messico e sul Mar dei Carabi (Riviera Maya); a ovest è invece bagnato dalle acque dell’Oceano Pacifico. Ha un estensione territoriale di 1.964.375 kmq. E’ formato da 32 Stati Federali. Geograficamente il territorio messicano è molto vario e articolato: la regione del nord, ampia e vasta, formata da 7 Stati federativi e caratterizzata da un clima di tipo desertico (inverni rigidi ed estati torride), con molte “Sierras” che la attraversano; la regione centrale, il cuore del Paese, che va dagli altipiani del nord fino alla Sierra Madre a sud. Ha un clima temperato variabile a seconda della zona. E’ costituita dagli altipiani e scenari naturali straordinari, dove si incontrano molte città del periodo coloniale spagnole, alcune delle quali dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità; la regione del Golfo del Messico e la parte meridionale, bagnata da ambo i lati dalle acque degli oceani Atlantico e Pacifico, con una vegetazione lussureggiante, paludi e foreste, basti pensare alla verde regione del Chiapas. Ha un ecosistema molto ricco ed è caratterizzato da un clima tropicale e sub-tropicale. Fu la culla della civiltà Olmeca, la cultura dalla quale ebbe inizio lo sviluppo culturale del Messico; la Penisola dello Yucatán, dove nacque la misteriosa cultura Maya, che si affaccia sul Mare dei Carabi, ricca di spiagge di sabbia bianca. Gode di un clima caldo per quasi tutto l’anno e vi si trovano anche importanti siti archeologici (Uxmal e Chichen-Itzá); la Costa del Pacifico, una striscia di terra lunga circa 1700 km, paradiso per quanti amano il surf, la pesca e gli altri sport acquatici. Il clima è tropicale nella parte che si affaccia direttamente sul mare e temeprato nelle zone montuose della Sierra Madre; la Baja California è una lunga e sottile penisola, il proseguimento naturale della costa californiana. E’ qui che si possono vedere le balene che da Dicembre a Marzo migrano nelle acque del Pacifico.

La regione del Nord E’ costituita dagli Stati di Chihuahua, Coahuila, Sonora, Durango, Nuevo Leon, Tamaulipas e Zacatecas. E’ una zona abbastanza desertica, con le surreali montagne della Sierra Madre Occidentale e dalla Sierra Madre Orientale. Molte furono le battaglie combattute in questa parte del Messico, legate al periodo della Rivoluzione. Ma le rovine di Paquimé e di Cuarenta Casas testimoniano un passato ancora più antico. E’ in questa regione che si trova la “Barrancas del Cobre”, costituita dal canyon del fiume Urique e da altri canyons scavati nella Sierra Tarahumara da almeno sei fiumi diversi. La Barrancas del Cobre si trova nello Stato di Chihuahua. E’ un Parco Naturale formato da canyons scavati dai fiumi che si estendono per circa 600 km. di lunghezza e 250 km. di larghezza. Il clima è vario a seconda della morfologia del terreno e spesso è battuta da venti freddi (soprattutto nelle zone più elevate). In estate il clima è desertico e sfiora anche i 40°C. Presenta vari tipi di terreno ed è quindi possibile incontrare climi estremi, con venti freddi nelle parti alte ed elevate temperature al fondo del burrone (barrancas), che arrivano a quasi 40º C durante l’estate. Le “barrancas” principali sono quelle di Urique, Sinforosa, Batopilas, Candameña, Huápoca e Septentrión, ricca di una grande varietà di flora e fauna. Se si percorre per intero la linea ferroviaria Chihuahua-Pacifico, meglio conosciuta come CHEPE, con varie fermate in diversi punti dei canyons, si resta abbagliati dallo straordinario spettacolo della natura. Molti inoltre i resti archeologici nei dintorni della “Barrancas del Cobre” (Paquimé, Cuarenta Casas, Conjunto Mogollón), a testimonianza di culture anche diverse tra loro, alcune risalenti al secolo XIII. In questa regione si trovano anche molteplici missioni gesuitiche risalenti ai secoli XVII e XVIII. Si può affermare che fu in questo periodo iniziarono i primi insediamenti delle comunità Rarámuri, tuttora esistenti (vedere sezione: I Tarahumara). E’ bene predisporre con anticipo la visita di tali missioni prenotando un servizio di guida governativa dello Stato. Le missioni che si possono visitare sono: Missione Gesuita Santos Cinco Señores de Cusárare, non molto distante dalla città di Creel (22 km.). Può essere considerata una delle più antiche missioni gesuitiche della regione e vi si svolgono anche alcune tra le più importanti celebrazioni Tarahumara. Il suo tempio conserva molto dell’architettura originale ed è decorato al suo interno con pitture Rarámuri;

Missione di San Ignacio Arareko, a 5 km. Da Creel, è costruita in pietra calcarea con decorazioni semplici. Conserva al suo interno gli oggetti utilizzati dai Tarahumara durante le celebrazioni per la Settimana Santa., quando si può assistere a spettacoli mistici, dove la fede religiosa si fonde con i riti magici ancestrali.

La regione centrale A ragione si può definire la regione dove si trovano le maggiori ricchezze naturalistiche e culturali del Messico. Si estende da nord fino ai confini della Sierra Madre a sud. E’ qui che si trova Città del Messico, a 2.200 metri slm. La città, capitale della Repubblica, è ricca di storia: dallo “Zocalo”, il centro storico, alla Basilica della Vergine di Guadalupe, il simbolo della cristianità messicana, passando per i quartieri tradizionali di San Angel, Coyoacán e Xochimilco, famoso quest’ultimo per i suoi canali percorribili sulle "trajineras", curiose imbarcazioni di legno decorate con fiori. Molte le altre aree archeologiche di questa zona: Teotihuacán, Tepoztlán (a sud di Città del Messico, da non confondere con Tepotzotlán che si trova a nord), le città coloniali di Puebla (la città degli angeli con più di 200 chiese) e di Taxco, il Parco Nazionale dei vulcani Iztaccíhuatl-Popocatépetl. Un capitolo a parte meritano le città coloniali, vero gioiello del periodo spagnolo: Guanajuato, sede del Festival Cervantino, con i suoi vicoli carichi di storia e leggende; Querétaro, con il suo monumentale acquedotto lungo circa 12 km; Morelia, con la sua imponente cattedrale in stile barocco sobrio. Le città coloniali sono state tutte quante dichiarate dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Il Golfo del Messico e la regione meridionale Bagnata dai due Oceani, Atlantico e Pacifico, questa regione ospita uno degli ecosistemi più vari e ricchi di specie della Terra. Vi si trovano gli Stati di Veracruz, Tabasco e Chiapas, tutti con un clima tropicale e subtropicale e temperature medie intorno ai 25°C. E’ anche una regione ricca di tradizione e di cultura. Culla della civiltà Olmeca, detta anche la cultura Madre. Lo Stato di Veracruz, oltre alle numerose spiagge ideali per la pesca subacquea e sportiva, offre altre risorse naturali come il Parco Chachalacas, le Cascate di Eyipantla, la zona archeologica di El Tajin con i suoi incredibili Voladores de Papantla; il Pico de Orizaba, la montagna più alta del Messico. A sud, nello Stato di Tabasco, vi si trova la moderna Villahermosa e gli scenari naturali del Parco Naturale Museo La Venta, del Parco Ecológico Yumka e Kolem Jaa’ (situato vicino a Tacotalpa). Lo Stato del Chiapas si affaccia sull’Oceano Pacifico con la sua inestricabile Selva Lacandona, il Canyon del Sumidero e le affascinanti cascate di Agua Azul. In questa regione le celebrazioni religiose sono pittoresche e sono l’unione di riti sacri e profani.

La Penisola dello Yucatán Bagnata dalle acque del Golfo del Messico e del Mar dei Carabi, la Penisola dello Yucatán è la porta d’ingresso del mitico e misterioso mondo Maya.. Ha un clima caldo quasi tutto l’anno, con temperature medie tra i 25°C e i 30°C. Le sue bellissime spiagge di sabbia bianca sono bagnate dal Mar dei caraibi e vi si trovano anche i cenotes (grosse cavità acquatiche sotterranee) dove praticare immersioni. La Penisola, formata dagli Stati di Campeche, Yucatán e Quintana Roo, è famosa i molti siti archeologici Maya, la cui eredità è tuttora visibile in forma affascinante negli indumenti di huipil (tessuto vegetale) e nelle abitazioni con il caratteristico tetto in paglia. Da non perdere la visita alle zone archeologiche di Edzna e Calakmul (quest’ultima è parte della riserva bioecologica più grande del Messico). Altri importanti siti archeologici Maya sono Chichen-Itzá e Uxmal. Da Cancun ha inizio la Riviera Maya con i parchi naturali di Xcaret e Xel-Ha e la Riserva della Biosfera di Sian Ka’an. Di fonte alla Riviera Maya si trovano le isole di Cozumel e Isla Mujeres (Isola delle Donne), ideali per le attività acquatiche. In questo mare si trova la Gran Arrecife Maya, la seconda barriera corallina del mondo.

La Costa del Pacifico Nella parte occidentale del Messico, la costa del Pacifico è un’incredibile striscia di otre 1700 km di spiagge incontaminate, montagne e valli, che va dallo Stato di Sinaloa fino alla zona dell’Istmo di Tehuantepec. Il clima lungo la costa è tropicale mentre verso l’interno montagnoso è più fresco (freddo nella regione della Sierra Madre). Questa regione ha molte ricchezze culturali: nello Stato di Nayarit persistono ancora antiche tradizioni indigene “coras” e “huicholes” con il multicolore e affascinante artigianato in legno e tela e le coloratissime collane in pietra. Le sue spiagge sono la méta preferita dagli amanti del surf. Da non dimenticare lo Stato di Oaxaca dove si trova la zona archeologica di Monte Albán, Patrimonio dell’Umanità, ed uno dei più importanti siti preispanici

esistenti in Messico: Mitla. Questo Stato diede inoltre i natali a grandi artisti: Rufino Tamayo, Francisco Toledo e Rodolfo Morales.

Penisola di Baja California

Situata a nordovest del Messico e confina a nord con gli Stati Uniti, ad ovest con l’Oceano Pacifico e ad est con il Mar di Cortés, si estende per circa 1300 km. É una zona ancora paesaggisticamente vergine e gode di un clima privilegiato con temperature medie introno ai 30°C. in estate e 15°C. in inverno. La città di Tijuana, a nord, è una delle città di frontiera più famose del mondo per le corride dei tori, le corse dei cani levrieri, le molteplici attività del suo Centro Culturale e per alcune invenzioni gastronomiche come la celebre "Ensalada Cesar" (Insalata Cesar). In Baja California si può incontrare la balena grigia, nella Laguna Ojo de Liebre. I suoi scenari naturali sono di incredibile bellezza: spiagge, deserti, aree protette, antiche missioni. Il suo passato riemerge dalle pitture rupestri della Sierra di San Francisco e dalle Missioni gesuitiche del periodo coloniale. La Transpeninsular collega Tijuana a Los Cabos ed è una spina dorsala d’asfalto che percorre tutta la penisola.

UNO SGUARDO SUL MESSICO

DISTRETTO FEDERALE E DINTORNI CITTÁ DEL MESSICO: CENNI SULLA CITTÁ Città del Messico è la metropoli più antica dell’America. Situata nella regione dell’Altipiano Centrale a 2240 mt. slm., è circondata dai vulcani Popocatépetl e Iztaccíhuatl. Ha circa 20 milioni di abitanti, e questo la rende eclettica e spesso piena delle contraddizione proprie di ogni grande metropoli. La leggenda narra che il primo insediamento avvenne verso il 1325 d.C. da parte di un gruppo di Aztechi che si fermò sulle sponde del lago Texcoco, le cui acque ricoprivano parte dell’attuale territorio. Videro un’aquila posata su un cactus che mangiava un serpente. Interpretarono questo come un segno divinatorio ed iniziò l’edificazione della loro città che chiamarono Tenochtitlán. L’isola sulla quale sorgeva la città corrisponde all’attuale piazza principale di Città del Messico: lo Zocalo. Con l’arrivo degli Spagnoli la città fu rasa al suolo e dell’antico insediamento ora resta soltanto un esiguo numero di rovine azteche di cui il Tempo Mayor è il più interessante. Città del Messico ha due zone dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità: il Centro Storico, il cui nucleo è lo “Zocalo” e il Parco di Xochimilco. Nel Centro Storico vi sono alcuni dei più importanti edifici religiosi e storici della città: la Cattedrale Metropolitana, situata al lato del Palazzo Nazionale, costruita nel 1573 su un sito Azteco al cui interno si può ammirare l’Altar de los Reyes, realizzato in oro nel XVIII in stile churrigueresco; il Palazzo Nazionale, costruito sopra quelle che furono le abitazioni di Montezuma, nel cui cortile interno si possono ammirare gli spettacolari murales di Diego Rivera che narrano la storia del Messico (il Palazzo Nazionale ospita distaccamenti governativi e talvolta può essere chiuso per motivi di sicurezza interna); il “Palacio de Bellas Artes”, in stile art nouveau e déco ospita spesso e mostre di arte contemporanea. Al suo interno anche una delle sale da concerto più belle al mondo; il Templo Mayor, del periodo azteco

della fondazione della città; la Casa de los Azulejos, risalente al 1596 e costruita per i Conti del Valle de Orizaba. La sua facciata è coperta da migliaia di “azulejo” policrome in stile spagnolo-moresco (l’edificio ora ospita un famoso ristorante); la Piazza di Santo Domingo, poco più a nord dello Zocalo, è un complesso architettonico meno imponente ma non per questo meno interessante: la chiesa che dà nome alla piazza è un edificio barocco in pietra rosa, l’edificio dell’Antica Dogana; il Palazzo dell’Inquisizione che ospitò la Scuola di Medicina. Ma Città del Messico è anche una città in costante crescita e molti sono gli esempi di architettura contemporanea sparsi in tutta la città: le Colonie Roma e Condesa, nel centro della città, con edifici in stile art nouveau e déco. Al principio del secolo XX furono residenza di membri dell’alta società porfiriana. Nel Parco Mexico, uno dei più begli spazi all’aperto della città, si trovano molte librerie, gallerie d’arte e centri culturali; la Città Universitaria, a sud ovest della città, sede dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. Per la sua architettura è considerata uno dei migliori esempi dello stile funzionalista latinoamericano. Molti dei suoi edifici furono decorati con murales d’importanti artisti messicani quali Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros e Juan O’Gorman; Paseo de la Reforma, al centro della città, dove si ammirano i monumenti più famosi della città oltre a moderni edifici fra i quali ricordiamo la Torre Mayor, l’edificio più alto con i suoi 55 piani; la Fontana dedicata a Diana Cacciatrice realizzata su disegno di Vicente Mendiola e scolpita in bronzo da Juan Francisco Olaguibel; il Monumento all’Indipendenza, meglio conosciuto come El Angel, che rappresenta la "Vittoria Alata" posta su una gran colonna corinzia alla cui base vi sono rappresentate le figure degli eroi dell’Indipendenza insieme ai simboli della guerra, della pace e della giustizia. Continuando a percorrere il Paseo de la Reforma si incontra il monumento a Cuauhtémoc, con la figura dell’imperatore azteco in atteggiamento di combattimento; il monumento a Cristoforo Colombo, opera dello scultore francese Carlos Gardier, in stile rinascimentale; la scultura detta “El Caballito”, opera dello scultore Sebastián, che si rifà alla statua equestre di Carlos IV. Il curoe della città è rappresentato dal Bosque de Chapultepec, il parco più grande di Città del Messico. La legenda narra che qui si rifugiò uno degli ultimi re toltechi dopo la sua fuga da Tula. Il nome, in lingua “náhuatl” significa “collina delle cavallette”. Vi si trova la residenza del Presidente della Repubblica e l’ex palazzo imperiale (Castello de Chapultepec). Città del Messico è anche una città che soddisfa gli interessi culturali offrendo una varietà di musei: Museo Nazionale di Antropologia (vedere nota a parte), il Museo di Arte Moderna, il Museo Nazionale di Storia (detto anche del Caracul) situato all’interno del “Castillo” di Chapultepec (ospita stupende collezioni che rappresentano l’evoluzione artistica e storica del Paese dall’epoca preispanica fino ai nostri giorni); il Museo Dolores Olmedo Patiño, a sud della città presso Xochimilco: racchiude la più vasta raccolta di opere di Diego Rivera; Museo Léon Trotsky che di fatto è la casa dove egli fu ucciso il 20 Agosto 1940. All’interno dell’edificio tutto fu lasciato intatto e vi si trovano oggetti personali e libri. IL MUSEO NAZIONALE DI ANTROPOLOGIA DI CITTÁ DEL MESSICO Situato in centro, nella zona residenziale di Chapultepec, è uno dei musei più importanti al mondo. L’edificio fu costruito negli anni ’60 su un progetto dell’architetto messicano Pedro Ramírez Vásquez. Le molteplici sale specializzate in archeologia espongono importanti collezioni di oggetti delle culture preispaniche del Paese. Vi sono anche sale etnografiche che mostrano l’arte delle differenti civiltà succedutesi in Messico e dei popoli indigeni sopravvissuti fino ai nostri tempi. Al momento della stampa della presente, alcune sale del Museo sono chiuse per restauro. COYOACÁN E LA CASA-MUSEO DI FRIDA KAHLO o “CASA AZUL” (Città del Messico) Coyoacán è il quartiere artistico di Città del Messico dove si trova la “Casa Azul”, ovvero l’abitazione-studio dove visse l’artista Frida Kahlo insieme al marito Diego Rivera, uno dei più famosi pittori del Messico del ‘900. Nelle varie sale sono ancora oggi visibili gli arredi, opere minori dell’artista nelle quale emerge tutta la potenza della sua opera, ritratti e vari oggetti di arte popolare e pezzi preispanici. Vi si possono ammirare anche alcuni dei costumi regionali indossati da Frida Kahlo. Nei pressi di Coyoacán, nel quartiere di San Ángel suggeriamo di visitare la “casa del Risko”, voluta da un notabile di nome Fatela. Ha al suo interno una bellissima fontana decorata con “azulejos” (piastrelle in ceramica con decorazioni di colore azzurro) e conchiglie di madreperla. Il sabato, nel suo interno, si tiene un mercato artigianale. Aperto da martedì a domenica dalle 10:00 alle 18:00 SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE (Città del Messico) Città del Messico è una delle capitali del mondo con il maggior numero di fedeli cattolici. L’unione della cultura india con quella spagnola del periodo coloniale ha dato origine a molte manifestazioni

mistico-religiose. Una tra le più importanti è il pellegrinaggio alla Basilica de Nuestra Señora de Guadalupe, a nord-est di Città del Messico. È il secondo santuario più visitato nel mondo dopo la Basilica di San Pietro in Vaticano. Milioni di pellegrini ogni anno giunge in questo luogo per ammirare l’immagine della Vergine e per ringraziarla per i favori ricevuti o per chiederle un miracolo. Si narra che nel mese di Dicembre del 1531, sulla cima di una collina detta Cerro de Tepeyac, dove sorgeva un tempio azteco, la Beata Vergine Maria apparve a un indio messicano di nome Cuauhtiatohuac (il nome tradotto significa “Aquila che canta”). L’indio apparteneva al gruppo etnico “Mazahuales” e fu successivamente battezzato con il nome di Juan Diego nel 1525. La Beata Vergine apparve avvolta in un manto azzurro trapuntato d’oro. Quando fu eretta la prima cappellina nel luogo dell'apparizione, Juan Diego lasciò tutti i suoi beni a suo zio, e venne ad abitare in una stanza adiacente la cappellina, dove rimase fino alla morte, come custode della sacra Immagine di Santa Maria de Guadalupe. Morì nel 1548 all'età di 74 anni. Vi furono 6 apparizioni della Beata Vergine e alla fine le autorità ecclesiastiche accettarono il racconto dell’indio e il sito divenne un luogo di culto della Vergine. Nel 1737, dopo un’epidemia di febbre tifoide a Città del Messico, la Vergine fu proclamata Patrona della Nuova Spagna. La sua immagine è diffusa in tutto il Paese e molti sono i santuari e le chiese a lei dedicati. Negli anni ’70 accanto alla Basilica Antica sorse una nuova Basilica moderna su progetto dell’architetto Pedro Ramírez Vásquez, colui che ha progettato anche il Museo Nazionale di Antropologia. I GIARDINI DI XOCHIMILCO (Città del Messico) Xochimilco si trova a circa 28 km da Città del Messic, verso sud. La pittoresca località è nota per i suoi "giardini galleggianti". Molti I canali fiancheggiati da giardini e case e sono I resti delle “chinampas”, fertili giardini che producevano cibo per gli Aztechi. Xochimilco significa “luogo dove crescono I fiori”. TULA (da Città del Messico) La zona archeologica di Tula si trova a 90 km. da Città del Messico ed è dominata dai resti dell'antica Tollan, capitale dei Tolteci tra il 900 ed il 1150 d.C.. La sua fama è data soprattutto dalle statue di guerrieri chiamate Atlantes, alte 4 metri e mezzo. Sono in basalto ed erano il sostegno del tetto di un tempio che era sorretto anche dalle colonne poste dietro le statue dei 4 Atlantes (detti anche Telamoni). Sulla parte della piramide principale in cima alla quale sono poste le 4 statue, vi sono dei bassorilievi che raffigurano giaguari, coyotes e aquile e rappresentano i vari ordini guerrieri dei Toltechi. Particolarmente interessanti sono il campo per il gioco della Pelota (di forma rettangolare), il Muro dei Serpenti (lungo 40 metri e con decorazioni geometriche e raffigurazioni di serpenti), il Palacio Quemado (probabilmente usato per le cerimonie). La Piramide sopra la quale sono poste le quattro statue degli Atlantes è detta anche empio di Quetzalcóatl o Tlahuizcalpantecuhtli (che significa Stella del Mattino). TEPOTZOTLÁN (da Città del Messico) La cittadina coloniale di Tepotzotlan si trova a circa 40 km da Città del Messico, verso nord. Questa piccola città ospita una piacevole piazza centrale con un parco e una chiesa in ricco stile churrigueresco. Qui, nel XVI secolo i gesuiti fondarono un collegio con lo scopo di studiare le varie lingue indigene. E’ particolarmente interessante da visitare la chiesa di San Francesco Javier (1670). E’ una delle chiese più sfarzosamente barocche del Messico, soprattutto per le elaborazioni eseguite nel XVIII secolo. Di notevole fattura l’altare centrale e la piccola sala adiacente alla navata dove si trova una raffigurazione della Vergine: le decorazioni sono in legno dorato e policromo. Dalla chiese si può accedere al Museo Nacional del Virreinato dove si possono ammirare opere di artigianato sacro in argento, in legno, pitture sacre e statue religiose. Tepotzotlán è anche conosciuta per le danze che si tengono qui durante il Carnevale, quando i celebranti indossano vivaci maschere raffiguranti uccelli, animali e figure della liturgia cristiana. TEOTIHUACÁN (da Città del Messico) Teotihuacán è situata a 50 chilometri dalla capitale, in una valle circondata da montagne. Offre uno degli spettacoli più sorprendenti del Messico, dal punto di vista archeologico. Fu uno dei più importanti centri di culto del periodo Classico meso-americano ed ebbe il suo maggior splendore tra il 250 ed il 600 d.C.. Probabilmente fu la più grande città del periodo pre-ispanico. La città fu pianificata secondo rigorosi studi urbanistici, in una zona fertile che permetteva di praticare l’agricoltura a ritmi intensivi. Fu detta “La Città degli Dèi” e furono erette due grandiose piramidi in omaggio alle divinità del Sole e della Luna. Oggi occupa una superficie di 13 kmq, con grandi viali, le piramidi ed i templi. La Piramide del Sole si trova sul lato orientale della Calzada de los Muerts, il lungo viale che divida il sito in due parti; ha un lato lungo oltre 225 metri e un’altezza di

circa 70 mt. La cima la si raggiunge da un lato formato da 248 gradini. Fu eretta in onore del dio Sole, nel luogo ove, già prima della costruzione della piramide, si svolgevano le cerimonie sacre per questo culto. La Piramide della Luna, che si trova al termine della Strada dei Morti, è più piccola rispetto a quella del Sole ma la cima è alla stessa altezza poiché questa piramide fu eretta su una piccola collina. Si pensa che nella piazza dove è l’altare centrale si svolgessero danze e rituali sacri. A Teotihuacán interessanti sono anche le sculture di Quetzalcoatl, il serpente piumato, le teste di alcune divinità tra cui Tlaloc, il dio della pioggia, il Tempio di Quetzalcoatl, il Palazzo del Giaguaro con i suoi murales. Nell’VIII secolo fu abbandonata, molto probabilmente per l’ascesa di potenze rivali nelle regioni centrali. Il sito è aperto fino al tramonto. L ‘accesso alle Piramidi viene chiuso intorno alle ore 17.00. PUEBLA La città di Puebla è, situata a circa 120 Km di distanza da Città del Messico. Dichiarata Patrimonio Culturale dell’Umanità dall’UNESCO, è anche conosciuta come la "Città degli Angeli". Fu fondata dagli Spagnoli nel 1531 per contrastare il centro religioso del periodo preispanico di Cholula. Gli abitanti sono profondamente cattoli: oggi Puebla ospita circa 70 chiese. Molti gli edifici del periodo coloniale, con una chiara impronta barocca risalente al XVI secolo. Lo Zocalo (la piazza principale), è il cuore antico della città, circondato da portici e con la Cattedrale che si affaccia sul lato sud. La Cattedrale, risalente al 1550 ma terminata verso la metà del secolo XVII, ha le cupole rivestite di maioliche, mentre onice, marmo e oro abbelliscono il grande altare. La ricchezza culturale di questa città non si concretizza solamente nell’architettura, ma anche nella sua lunga tradizione gastronomica, una sincronia dell’eredità preispanica, araba, francese e spagnola che si riflette in famosi piatti come il "chile en nogada" ( peperone ripieno di carne, uvetta, melograno e spezie) ed il "mole poblano" (una salsa preparata con diversi tipi di peperoncini e varie spezie). Molti anche i prodotti artigianali, tra i quali ricordiamo l’ "albero della vita", pitture in "papel amate" ovvero realizzate sul legno dell’albero del fico e molti oggetti in marmo ed onice. CHOLULA Cholula situata a soli 12 km. di distanza da Puebla, un tempo fra i centri religiosi, economici e politici più importanti del Messico. Da vedere la Piramide di Tepanapa, alta più di 120 metri ed originariamente dedicata a Quetzalcóatl, sulla cui sommità sorge il santuario Basilica di Nuestra Señora de Los Remedios; la chiesa di Santa Maria Tonantzintla e la chiesa di San Francisco Acatepec, magnifici esemplari d’architettura barocca dei secoli XVI e XVII. Interessante anche il Convento de San Gabriel col suo bel tempio e la cappella del XVI secolo, e la Capilla Real, ispirata alla moschea di Cordoba. CUERNAVACA Situata a 80 km da Città del Messico, verso sud, è una delle località preferite di villeggiatura, a causa del suo clima mite subtropicale e per l'architettura coloniale delle sue case. A Cuernavaca visse Cortés, il quale ricevette in dono dal Re di Spagna una grande tenuta, come ricompensa per le sue vittorie. Molto bello da visita il Palazzo di Cortés, o meglio la fortezza costruita ins tile medievale. Oggi il palazzo ospita il Museo Regionale Cuauhnáhuac ed il primo piano è reso interessante da un imponente dipinto di Diego Rivera realizzato verso la metà degli anni ’20.

TAXCO È una splendida cittadina coloniale, a soli 160 km a sud-ovest di Città del Messico. Dagli Aztechi era chiamata Tlachco che significa “luogo dove si gioca a palla”. Nel 1534 gli Spagnoli trovarono vene d’argento ma fu nel 1700 che il francese Borda scoprì per caso una delle vene più ricche della zona e da allora Taxco divenne la “capitale dell’argento”. Nel 1928 fu dichiarata monumento nazionalei. La città ha strade lastricate di stucco bianco, case dai tetti coperti di tegole rosse e le finestre piene di gerani che splendono al sole. La Chiesa di Santa Prisca, in pietra rosa, è un capolavoro di architettura barocca-churrigueresca.

MESSICO NORD-OCCIDENTALE: LA BARRANCA DEL COBRE La “Barranca del Cobre” o Canyon del Rame si trova nello stato di Chuhuahua, nella parte nord ovest del Messico. Con essa si fa genericamente riferimento ad una vasta zona formata da circa 20 canyons scavati nella Sierra Tarahumara da circa sei fiumi, sebbene la Barranca del Cobre sia specificatamente la zona del suggestivo canyon del Rio Urique. Il punto più profondo (la Barranca de Urique) scende fino a 1879 metri. Presenta vari tipi di terreno con situazioni climatiche estremamente variabili: venti freddi nelle parti alte ed temperature elevante nel fondo della

“barrancas” (in estate arrivano a quasi 40º C.). I suoi impressionanti paesaggi sono l’habitat di una grandissima varietà di flora e fauna che si possono ammirare lungo il percorso della linea ferroviaria Chihuahua-Pacifico, meglio conosciuta come CHEPE e che effettua fermate in diversi punti dei canyon. Molte le attività ecoturistiche che premettono un contatto più vero con la natura di questa regione. Sparse nel territorio si trovano anche differenti Missioni protette da boschi e da meravigliose cascate, che risalgono al periodo della colonizzazione spagnola. È inoltre qui che vivono i Tarahumara (vedere sezione “Messicani di oggi), uno dei popoli indigini più numerosi del Messico. Il periodo consigliato per visitare la Barranjca del Cobre è in primavera o in autunno, quando le temperature non subiscono sbalzi netti, o subito dopo le piogge estive (Settembre/ottobre) quando la vegetazione è più rigogliosa. Le località di maggiore importanza, situate lungo la linea ferroviaria CHEPE: Creel: importante centro Tarahumara, è una piacevole cittadina circondata da interessanti formazione rocciose, punto di partenza per la visita della Barranca del Cobre. Si trova a 2.338 mt slm. Non lontano si trova il lago Arreco: esso copre un'area di 40 ettari di boschi di pino ed è senza dubbio uno dei luoghi piu' affascinanti di questa zona. Sempre a Creel si trovano alcune delle famose “Cuevas Tarahumara”, grotte scavate nella pietra, dove ancora oggi questo popolo ha scelto di vivere, conservando una millenaria tradizione di uomini liberi nella natura. Chihuahua: capitale dell’omonimo Stato, il cui nome in lingua “náhuatl” significa “zona arida e sabbiosa”. Nel 1913, durante la rivoluzione messicana, Pancho Villa vi stabilì il suo quartier generale. Chihuahua è situata a 1.455 mt. slm. E si trova nel Deserto Chihuahuaense, il più grande del Messico: un territorio arido e sabbioso, interrotto dalla Sierra Madre, che forma fertili vallate. Il clima è tendenzialmente caldo-secco, con precipitazioni scarse concentrate soprattutto nelle stagioni intermedie (primavera e autunno). Inverno abbastanza freddo e secco; estate calda e umida. Da Chihuahua parte la ferrovia che arriva fino al Pacifico. A Divisadero (2.240 mt. slm) si trova il punto più entusiasmante della “Barranca del Cobre”: il suggestivo canyon dove scorre il Rio Urique. La “Barranca del Cobre”, complessivamente, è per estensione quattro volte più grande del Grand Canyon. Il clima è tendenzialmente caldo-secco, con temperature abbastanza elevate in estate. Il periodo migliore è in primavera ed in estate, con temperature miti. L’inverno è freddo. A causa dell’altitudine, quando si scende verso il Rio Urique (1.000 mt di dislivello rispetto a Divisadero), il passaggio del clima è brusco: dal fresco di Divisadero a quello caldo-umido del Rio Urique. Cerocahui (a soli 16 km. Da Bahuichivo, una delle fermate del treno CHEPE) sorge in una vallata ed è una tappa per la visita della Sierra Tarahumara. Si trova a 1.600 mt. slm. Ed ha un clima tendenzialmente caldo-secco, con temperature abbastanza elevate in estate.

COLLEGAMENTO TRENO: CHIHUAHUA - PACIFICO Il treno “Chihuahua – Pacifico”, anche chiamato “Chepe”unisce, con i suoi 630 chilometri, la regione della Sierra Tarahumara alle coste sul Pacifico. E’ una delle esperienze più spettacolari del mondo e esempio di ingegneria ferroviaria: 36 ponti e 87 gallerie. Partenza Arrivo durata CHIHUAHUA – CREEL h. 06.00 h. 11.26 5,26 ore CREEL – DIVISADERO h. 11.26 h. 12.45 1,30 ore DIVISADERO – POSADA BARRANCAS h. 12.45 h. 13.20 45 min. POSADA BARRANCAS – SAN RAFAEL h. 13.20 h. 13.30 10 min. SAN RAFAEL – BAHUICHIVO h. 13.30 h. 14.32 1,00 ora BAHUICHIVO – TÉMORIS h. 14,32 h. 15.30 1,00 ora TÉMORIS – EL FUERTE h. 15,30 h. 18.16 2,45 ore EL FUERTE – LOS MOCHIS h. 18,16 h. 19,50 1,35 ore

GLI ALTIPIANI: IL MESSICO COLONIALE GUANAJUATO Guanajuato si trova nello stato omonimo, a 2017 mt. slm. e nel 1988 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Fu fondata nel 1559 in seguito alla scoperta di giacimenti di oro e argento nella zona. Moltissimi gli edifici del periodo coloniale che si sono conservati intatti fino ad oggi. Da Guanajuato nacque la rivolta che sfociò nella Guerra d’Indipendenza (1810) guidata dal sacerdote Miguel Hidalgo. Egli si mise a capo dei ribelli contro Carlo III di Spagna il quale aveva decretato la fine di alcuni privilegi derivanti dai profitti delle miniere. Gli abitanti di Guanajuato si unirono agli indipendentisti e alla fine ottennero l’indipendenza. La città conobbe una nuova fase

di splendore e in seguito alle nuove ricchezze derivanti dalle miniere di argento fu abbellita con edifici riccamente decorati, chiese e teatri che la rendono ancora oggi unica nella sua bellezza. Il Teatro Juárez, magnifico e sfarzoso, fu costruito nel 1873. Fu inaugurato dal dittatore Porfirio Díaz e all’esterno è decorato con colonne e statue. Molti i musei che meritano attenzione particolare: il Museo di Arte Popolare, con reperti del periodo coloniale; il Museo e Casa di Diego Rivera, dove il pittore nacque l’8 Dicembre 1886, che contiene molte opere dell’artista; il Mueso Iconografico del Quijote, dedicato all’eroe della letteratura spagnola celebrato da Cervantés. Da non dimenticare l’Università di Guanajuato, una delle migliori del Messico per quanto riguarda la Storia, la musica, l’ingegneria e la giurisprudenza. SAN MIGUEL DE ALLENDE Città coloniale particolarmente attraente, San Miguel de Allende è situata a 1840 mt. slm, circondata da un paesaggio molto suggestivo. Dista circa 300 chilometri da Città del Messico. Divenne un centro importante nel 1930, quando molti scrittori e artisti vi si stabilirono per frequentare la sua Scuola delle Belle Arti. Ha conservato tutta la sua eredità coloniale e molti degli edifici di nuova costruzione sono stati concepiti ricalcando i disegni e lo stile di quelli coloniali. Fu fondata nel 1542 dal frate francescano Juan de San Miguel, il quale aveva qui fondato una missione. Ebbe un ruolo importante, così come quello avuto da Guanajuato, nella Guerra d’Indipendenza dall’Impero Spagnolo: il generale Ignacio Allende, che qui nacque nel 1779, portò avanti la rivolta al fianco del sacerdote Miguel Hidalgo. Finita la Guerra d’Indipendenza, la città cambiò il proprio nome in quello attuale in nome dei due eroi: il generale ed il sacerdote. La piazza principale, chiamata “Jardin”, è il centro della città fin dal 1737. Nel XVI e nel XVII secolo era chiamata la “plaza parroquial”. Il Jardin originariamente era uno spazio all'aperto, pavimentato e con una fontana nel centro, tanto quanto lo Zocalo di Città del Messico. Nel 1860 iniziò la costruzione del giardino e la fontana originale è stata sostituita con un gazebo. La prima costruzione nel Jardin era “il Templo de San Rafael”, meglio conosciuto come la “Santa Escuela de Cristo”, costruito nel 1564 dal vescovo di Michoacan. La Parrocchia di San Miguel Arcángel si affaccia sul Jardin. La costruzione iniziò nel 1689 ma fu portata a termine solo nel 1730, ricalcando uno stile barocco, soprattutto nelle torri. Accanto alla Parrocchia si trova la Casa de Allende, ora sede del Museo Storico, uno degli esempi meglio conservati dell’architettura spagnola del XVIII secolo. I balconi in pietra sono tutti decorati con motivi floreali o di frutta. Qui nacque l’eroe dell0’Indipendenza Ignacio Allende. Poco distante dalla piazza principale si trova la Cappella del Terzo Ordine, costruita nel ‘700 e facente parte di un complesso mastico francescano. Una visita particolare la merita l’Oratorio di San Filippo Neri, anche questo del ‘700,che ospita dipinti ad olio sulla vita del santo. Un aspetto peculiare di San Miguel de Allende sono le celebrazioni e le feste religiose che si tengono quasi ogni mese in onore dei vari santi e patroni. Una delle più colarate è quella in onore di San Michele Arcangelo, il santo patrono più importante, che si tiene il terzo sabato di settembre. QUERÉTARO Querétaro fu fondata nel 1531 dai monaci francescani. Riveste un ruolo importante nella storia messicana e quattro furono gli eventi significativi che qui avvennero. Nel 1810 qui iniziarono i primi moti d’indipendenza dall’Impero spagnolo; successivamente nel 1848 vi fu firmato il Trattato del Hidalgo del Guadalupe, a conclusione della guerra tra Messico e Stati Uniti, durante la quale il Messico cedette una parte dei suoi territori; nel 1867 l’Imperatore Massimilaino d’Asburgo si arrese al generale Escobedo, fedele a Benito Juárez, e qui fu giustiziato; per finire fu a Querétaro che fu firmata la prima costituzione del Messico nel 1917. Gli edifici della città sono meno spettacolari di quelli della vicina Guanajuato, ma Querétaro è degna di una visita e nel 1996 è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La Plaza Independencia è la piazza principale dove si trova il Palazzo Comunale, meglio noto come la “Casa de la Corregidora”, nella quale Doña Josefa Ortiz, moglie dell’alcalde della città, informò i ribelli locali dei piani escogitati a loro danno dagli Spagnoli durante la Guerra d’Indipendenza. Imponente è la Chiesa di San Francesco, non lontano dalla piazza principale.Fu edificata nel 1500 e conserva al suo interno molti dipinti religiosi del ‘600, ‘700 e ‘800. Una visita da non perdere è al “Cerro de las Campanas”, una piccola collina a nord-ovest della città dove fu giustiziato l’Imperatore Massimilaino d’Asburgo. Vi sorge una cappella fatta erigere dalla famiglia Asburgo. MORELIA Morelia si trova nel cuore del Messico, a 315 chilometri a ovest di Città del Messico. È la capitale dello Stato di Michoacan e i suoi edifici sono in stile coloniale spagnole. Il suo centro storico è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1991. Nacque nel 1541 e fu una delle prime città spagnole nel Nuovo Mondo. Il vicerè Don Anotnio de Mendoza la chiamò inizialmente

Valladolid, dall’omonima città spagnola. Dopo l’Indipendenza dal Regno di Spagna, cambiò il suo nome in quello attuale in onore dell’erone nazionale Don José Maria Morelos y Pavon, leader del movimento per l’indipendenza nazionale. Conserva intatto il suo fascino coloniale, sebbene sia la meno turistica delle città del circuito coloniale. È ricca di palazzi, chiese, giardini che rendono il suo centro storico affascinante. La maggior parte dei monumenti storici di Morelia sono costruiti con pietra rosa e la sua planimetria urbana è la giusta mistura dello stile rinascimentale spagnolo con elementi neoclassici. L’architettura è molto particolare e unica nel suo genere: in molti edifici il “patio” non ha colonne agli angoli e questo crea un senso di continuità e dinamismo curvilineo abbastanza inusuale. Un’altra caratteristica degli ornamenti esterni è il cosiddetto “Barocco di Morelia” nel quale gli elementi decorativi sono contenuti in blocchi unici di pietra. La sua Cattedrale, che domina lo “Zocalo” fu costruita verso la metà del 1600 ed è una fusione di stili: neoclassico, barocco e herreresco. Ha un organo imponente formato da circa 4600 canne. Degno di nota è il Palazzo Clavijero, un tempo sede della scuola gesuita di San Francesco Xavier. Eretto tra il 1660 ed il 1780, è oggi sede di alcuni uffici governativi e sotto i portici del lato occidentale si trova il Mercado de Dulces. La Casa del las Artesaniás occupa l’ex convento di San francesco dove sono in vendita molti oggetti di artigianato locale. PÁTZCUARO Pátzcuaro (2175 mt slm), incantevole cittadina situata nel cuore dello Stato di Michoacan, è in stile coloniale, con chiese imponenti, graziose vie pavimentate con ciottoli, edifici in pietra bianca e rossa. Il nome originale era “Tzacapu-ansucutinpatzcuaro" che significa “la porta del cielo”. La bellissima piazza è intitolata a Vasco de Quiroga, vescovo della città che fu un uomo di legge, rispettato dal popolo, e che qui fondò una diocesi nel 1536. Ha anche fondato il Collegio di San Nicola Obispo. Pátzcuaro è una piccola gemma coloniale nel cuore dello Stato di Michoacan. È circondata da colline, laghi, fiumi e vallate verdeggianti. A soli 3 chilometri si trova illago omonimo attorno al quale sorgono piccoli villaggi “purépecha” tradizionali. Da non perdere la visita della piccola Isla Janitzio, nel lago di Pátzcuaro, durante la settimana dei morti, all’inizio di novembre. In un clima colorato e festoso molte sono le celebrazioni ed il punto culminante è la sfilata di canoe coloratissime sul lago, oltre ovviamente alle sfilate e alle danze tradizionali.

COSTA CENTRALE DEL GOLFO DEL MESSICO EL TAJIN El Tajin, situato nel nord-est del Paese, è uno dei maggiori siti archeologici del periodo della civiltà classica di Veracruz, di cui peraltro non si hanno molte testimonianze. El Tajin conobbe il suo massimo splendore nei secoli che seguirono la fine della civiltà di Teotihuácan, verso il 750 d.C.. La sua influenza culturale si estese in tutto il golfo e penetrò anche nell’impero Maya, fino nella regione degli altipiani centrali. Il suo nome significa “tuono” o anche “fulmine”: tutti fenomeni atmosferici che in questa regione sono frequenti. La sua architettura, unica in mesoamerica, è caratterizzata dai rilievi intagliati sulle colonne rappresentanti sacrifici umani molto simili a quelli della sezione Toltecha di Chichén-Itzá. La maggior parte degli edifici e resti archeologici di El Tajin non sono ancora stati portati alla luce. I primi scavi iniziarono nel 1930 ad opera dell’archeologo Garcia Payon, che cercò di preservare molte sculture del sito che veiovano trafugate e vendute al mercato della vicina città di Papantla. Egli teorizzo anche che molte delle nicchie e dei mosaici di El Tajin simboleggiavano gli opposti: il giorno e la notte, la luce ed il buio, la vita e la morte, in un universo cosmico di opposti. Ciò che sinora è stato portato alla luce testimonia l’estesa vita urbana di El Tajin la cui influenza arrivò a centinaia di miglia a nord, sud ed ovest. Vi si trovano circa 17 campi dedicati al gioco della Pelota: quello denominato Juego de la Pelota Sur è il più conosciuto grazie ai suoi rilievi che mostrano i vari aspetti del gioco stesso ed anche i sacrifici dei giocatori medesimi. Rilievi simili si trovano a Tula e a Chichén-Itzá, sebbene il culto della Morte legato al gioco della Pelota abbia origine proprio da qui. Nessun altro sito nella Mesoamerica ha così tante descrizioni e testimonianze relative al Gioco della Pelota, incluso l’equipaggiamento dei singoli giocatori. Resta ancora un’incognita la modalità del gioco che quindi non svela come venivano usati alcuni elementi facenti parte dell’equipaggiamento. El Tajin si trova poco lontano da Tula, la città Tolteca, e appare poco credibile che i sovrani di Tula non conoscessero una città grande e importante come El Tajin. Poiché i Tolteci erano anche un popolo di formazione militare, nulla vieta di pensare che una guerra forse fu fatta tra le due popolazioni. Nonostante lo stile artistico presente a El tajin sia soprattutto di impronta Maya, l’ossessiva rappresentazione di teschi è un chiaro segno della eco di Tula e di Chichén-Itzá, così come la grande enfasi data ai sacrifici umani soprattutto come un atto pubblico. Di rilevante importanza a El Tajin la Piramide delle Nicchie, che ha una superficie di 35 mq. Sembra che all’origine le nicchie fossero 365 e questo riporta il tema del calendario, sempre presente nelle civiltà mesoamericane. Si può

concludere pensando che i Toltechi di Tula abbiano conquistato El Tajin e ne furono culturalmente influenzati, così come accadde ai Romani con gli antichi Greci.

STATO DI OAXACA OAXACA: CENNI SULLA CITTÁ Oaxaca, capitale dell'omonimo stato, sorge dove era l’antico insediamento azteco chiamato “Hauxyacac” da cui deriva il nome. L’odierna città nacque però nel 1529 in seguito all’arrivo degli Spagnoli. Del periodo coloniale, ben visibile nel reticolo di strade, conserva intatto il suo carattere tranquillo e molti degli edifici storici e religiosi. Divenne importante nell’800 con il commercio della cocciniglia, usata come colorante per i tessuti (ancora oggi la si usa per la produzione artigianale). Il centro di Oaxaca è, come in tutte le città messicane, lo "Zocalo", la piazza principale della città dove si affacciano il Palazzo del Governo e la Cattedrale. Quest’ultima fu edificata nel 1544 ma in seguito a vari terremoti fu successivamente restaurata e terminata nel 1733. La sua facciata ha alcune sculture barocche. Di notevole importanza la chiesa di San Filippo Neri, edificio barocco del XVII secolo; la Basilica de Nuestra Señora de La Soledad, in onore della patrona della città; la Chiesa di Santo Domingo. Quest’ultima, tra le più spettacolari del Messico, ha una facciata ricca di sculture, tra due alte torri campanari; l'interno è uno splendore di bianco e oro, un tipico esempio d’attaccamento al barocco, che tuttavia hanno saputo trasformare fino a renderlo qualcosa d’unico.

MITLA (da Oaxaca) La zona archeologica di Mitla è situata a 48 Km da Oaxaca. Fu costruita dagli Zapotechi ai quali subentrarono successivamente i Mixtechi. Ebbe il suo periodo di massimo splendore intorno al 1200 d.C. quando i Mixtechi eressero gli edifici più importanti: la Sala de las Columnas, lunga 38 mt., con sei grandi colonne e comprendente anche la Gran Casa di Pezelao decorata con motivi geometrici secondo lo stile mixteco; le tombe sotterranee che si trovano nel Patio Sur. Era governata da sommi sacerdoti che qui compivano sacrifici umani. Il centro cerimoniale si distingue dalle altre grandi rovine per la straordinaria ricchezza delle decorazioni in pietra che adornano i suoi palazzi. L'architettura è completamente diversa da quella che si trova nelle altre rovine della zona. Al contrario di molti altri edifici rinvenuti, mancano sui muri raffigurazioni di personaggi umani o personaggi mitologici, ma vi sono solo motivi astratti. Deve il suo nome alla parola azteca “mictlan” che significa “luogo dei morti”. Il sito è aperto dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 17.00

MONTE ALBÁN (da Oaxaca) La zona archeologica di Monte Albán si trova a 15 Km da Oaxaca. Durante il periodo classico (400-800 d.C.) fu il centro zapoteco più importante della regione di Oaxaca. Fu poi abbandonato e occupato dai Mixtechi nel periodo post classico, i quali riutilizzarono alcune delle costruzioni originali per le cerimonie funebri e civili. Monte Albán, dopo la caduta della civiltà Zapoteca, fu utilizzata come città dei morti con centinaia di tombe sontuose. La più importante é la numero 7 dove sono stati ritrovati più di 500 oggetti di valore inestimabile, custoditi al Museo Regionale di Oaxaca. Una volta città sacra, è oggi una delle località archeologiche più interessanti e meglio conservate del Paese: si trova sulla cima pianeggiante di una montagna con una vista notevole della valle dove sorge la città di Oaxaca. Gli edifici sono costruiti lungo l’asse che va in linea retta da est ad ovest, escluso uno, che si pensa fosse, un osservatorio astronomico poiché é allineato secondo la posizione delle stelle. Il più antico dei quattro templi é il Tempio dei Danzatori, così chiamato per ciò che resta delle figure scolpite raffiguranti personaggi impegnati nella danza. Molto interessante é il campo per il Gioco della Pelota (vedere paragrafo relativo). È stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità per l’incalcolabile valore culturale ed artistico degli edifici che la costituiscono. EL TULE (da Oaxaca) Santa Maria El Tule è un piccolo villaggio a soli 10 km da Oaxaca dove si ammira un gigantesco albero che si calcola abbia circa 2000 anni. Appartiene alla famiglia dei cipressi, è alto 42 mt e la sua circonferenza è di 58 mt. Le radici affondano nel terreno per circa 18 mt. Accanto vi è la chiesa seicentesca del villaggo.

TEOTITLÁN DEL VALLE (da Oaxaca) A 25 km. Da Oaxaca si trova il villaggio di Teotitlán del Valle, famoso per la fabbricazione di tappeti. La tradizione tessile risale al periodo preispanico. La qualità buona e ancora sono utilizzate le antiche techiche di tessitura, utilizzando anche colori naturali quali la cocciniglia. Si ha inoltre modo di visitare una delle tante cooperative a gestione familiare.

STATO DI TABASCO E CHIAPAS VILLAHERMOSA: CENNI SULLA CITTÁ Villahermosa è la capitale dello stato di Tabasco. A città non offre particolari attrattive archeologiche, ma ha alcuni interessanti musei: il Museo Regionale di Antropologia, intitolato a Carlos Pellicer Cámara, studioso e poeta il quale donò al museo molti reperti olmechi; il Parco Museo de La Venta, che ospita, tra gli oggetti di maggior valore e bellezza, le famose “teste in pietra”, alte quasi 2 metri, che furono adorate dagli Olmechi nel periodo preclassico dal 1.200 al 250 a.C. Pesano circa 20 tonnellate e molte le teorie sulla loro origine: la più accredita vuole che esse rappresentino atleti olmechi, eroi di guerra o altri personaggi pubblici. Nel Parqo-Museo vi sono anche figure di giaguari, mostri, steli e altari in pietra. COMALCALCO (da Villahermosa) Antica città Maya, Comalcalco dista circa 85 Km da Villahermosa. Il piu' occidentale dei centri archeologici Maya ebbe il suo massimo splendore nel tardo periodo classico (dal 600 al 900 d.C.) e diversi elementi ricordano l'arte di Palenque. Il suo nome in lingua “nahuatl” significa “luogo dei mattoni d’argilla”, materiale con il quale sono costruiti gli edifici del sito. I numerosi alberi di cacao fornirono non soltanto cibo agli abitanti ma i chicchi dei suoi frutti erano utilizzati come moneta di scambio. Sui templi sono visibili incisioni e dipinti raffiguranti uccelli, rettili, figure geometriche. La piramide principale della Grande Acropoli è decorata con maschere di stucco che raffigurano il dio del Sole Kinich Ahau. SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS: CENNI SULLA CITTÁ San Cristóbal de las Casas si trova al centro dello Stato del Chiapas, di cui è la capitale e dista 85 km ad est di Tuxtla Gutiérrez, dove c’è l’aeroporto. Le prime popolazioni indigene che abitarono questa zona era Tzotsil e Tzeltal. Fondata da Diego de Mazariegos nel 1582, era in origine divisa in “barrios” (quartieri), ciascuno dei quali era dedicato ad un particolare mestiere, oggi raggruppati in un unico centro facilmente visitabile a piedi. È una delle più belle città del Messico per la sua armonica composizione urbana, con imponenti edifici religiosi. La città prende il nome dal vescovo Bartolomé de las Casas, un monaco domenicano che divenne difensore delle popolazioni indigene locali. Gli edifici religiosi sono decorati, oltre che con esempi del barocco spagnolo, anche da manufatti indigeni di etnia Tzotzil, Tzeltal e Lacandona, che risiedono tutt’ora nei dintorni della città. Le sue case con i tetti coperti da tegole rosse e le strade selciate riflettono la sua storia coloniale spagnola. Tra gli edifici di particolare importanza ricordiamo: la Cattedrale, dedicata a San Cristóbal Mártir, costruita nel 1528, poi demolita e ricostruita nel 1693. La facciata è barocca in colore ocra, con elementi indigeni in colore rosso, nero e bianco. Si trova sulla piazza principale; il Tempio di Santo Domingo de Guzmán, sul cui frontone vi è uno stemma con l’aquila a due teste, simbolo degli Asburgo. La sua facciata in stile barocco reca motivi ornamentali indigeni realizzati in malta; la Plaza 31 de Marzo, ovvero la piazza principale, principale punto d’incontro degli abitanti della città, era adibita a luogo di mercato fino agli inizi del ‘900; la Casa de la Sirena, una delle costruzioni più antiche, costruita nel XVI secolo in stile plateresco, con figure marine sui muri esterni e sulle colonne; il Museo Na Bolom, ospitato in una casa ottocentesca. Fu residenza dell’antropologa Gertude Blom che agli inizi del ‘900 qui visse e si occupò di studiare e preservare le tradizioni della popolazione dei Lacandones. Il Mueso raccoglie i tesori e le collezioni della famiglia Blom. CANYON DEL SUMIDERO (da San Cristóbal de las Casas) Il Canyon del Sumidero si formò circa 12 milioni di anni fa. Il Rio Grijalva attraversa questa profonda fenditura lunga circa 15 km., con pareti di roccia che s’innalzano per circa 1.200 mt. Dista circa 52 km. da San Cristóbal de las Casas. Lo si può visitare con lance a motore (consigliabile di portare con sé un impermeabile leggero). Il Canyon rappresenta l’habitat ideale per animali a rischio d’estinzione come l’Hocofaisàn (una specie particolare di fagiano), la scimmia ragno ed il coccodrillo di fiume.

TONINÀ (da San Cristóbal de las Casas) Le rovine Maya di Toninà si trovano a circa 100 km. a nord-ovest di San Cristóbal de las Casas. L’etimologia del nome significa “Grandi Case di Pietra”. Il centro ebbe il suo apogeo verso tra la fine del VI secolo d.C. e l’inizio del X secolo d.C.. Le sue dimensioni, di certo non paragonabili a quelle di palenque, ebbero comunque la loro importanza nell’impero Maya. Lo spazio sacro di Toninà sorge in una splendida vallata nella valle di Ocosingo, dove templi, palazzi, grandi scalinate furono di volta in volta costruiti durante più di mille anni di attività. Sette i livelli dove si trovano i principali edifici. Di questi, alcuni sono maggiormente importanti: il terzo, dove si trova il Palazzo del Mondo Intermedio; il quarto, dove si trova il Palazzo delle Greche e della Guerra; il sesto, dove si trova il muraglione dei Quattro Soli, una specie di codice in stucco che rappresenta il mito delle quattro ère cosmiche; il settimo, dove si ergono i templi dei Prigionieri e quello dello Specchio di Fumo, che si trova nel punto più alto del complesso archeologico. Tra le sculture di maggiore rilevanza ritrovate a Toninà si incontra quella dell’ultimo governatore Tzotz Choi e, di più recente ritrovamento, quella del conquistatore di Palenque e Signore di Bonampak, chiamato il Serpente Giaguaro. Gli archeologi sono concordi nel pensare che Toninà decretò la fine dell’egemonia di Palenque, verso la metà del 700 d.C.. Il sito è chiuso il lunedì.

CASCATE DI AGUA AZUL E MISOL-HA (da San Cristóbal de las Casas) Le Cascate di Agua Azul distano circa 60 Km. da Palenque. Nel 1980 furono dichiarate area naturale protetta. Questa bellissima serie di cascate si formano dalle acque del Río Tulijá e scendono a “terrazza”, creando una serie di piscine naturali. Il colore turchese intenso è la maggiore peculiarità delle cascate. A seconda dei sedimenti che l’acqua trascina, non sempre è possibile però ammirarne tale colore intenso. Se la portata dell’acqua non è abbastanza, le piccole piscine naturale lasciano scoperto il bordo bianco formato da roccia calcarea. LAGUNA DI MONTEBELLO (da San Cristóbal de las Casas) Le Lagune di Montebello si trovano a sud-est di San Cristóbal de las Casas, verso Comitán de Domínguez. Una prima sosta qui permette di visitare edifici storici quali il Tempio di Santo Domingo (XVI secolo), d’impronta moresca. Continuando verso le Lagune si incontra la zona archeologica di Chinkultik, antica città Maya che conserva piattaforme sovrapposte di pietra calcarea, dove si trovano i suoi principali complessi urbani, tra i quali l’area dedicata al gioco della pelota. Proseguendo per altri 5 km. si entra nel Parco Nazionale Lagunas de Montebello (da San Cristóbal dista 150 km.). L’area fu decretata Parco Nazionale nel 1959. L'intero Parco è costituito da piu' di 6.000 ettari di boschi di montagna di cui quasi 1.200 ettari ricoperti da da laghi e lagune. È un insieme di circa 60 lagune, dalle acque turchesi e smeraldo, e di cenotes (specchi d’acqua collegati in via sotterranea); tutt’intorno boschi di conifere che creano un insieme naturalistico di estrema bellezza. Montebello è una delle zone lacustri piu' belle del Messico, grazie alle differenti tonalità di colori delle sue acque che variano in base ai tipi di fondali.

PALENQUE Situata nello Stato del Chiapas, Palenque dista circa 150 Km. da Villahermosa e circa 220 Km. da San Cristóbal de las Casas. Le rovine di Palenque, una delle zone archeologiche più importanti del mondo Maya, sono considerate da molti come le piu' belle del Messico, soprattutto per la luce iridescente che dona un particolare fascino alla zona. Palenque si trova nel cuore di una selva dal clima tropicale. Sorprendenti i templi e gli edifici che risalgono al Periodo Classico (400-700 d.C.) e che furono esplorati a partire dal sec. XIX. Fra le sue costruzioni più importanti si ricoda: il Palazzo Reale, con la sua grande torre che spicca sul resto dell’edificazione; i Templi del Sol, della Cruz e della Cruz Foliada, che circondano la Plaza del Sol ed il misterioso Tempio delle Iscrizioni, dove nel 1952 fu scoperta la tomba con il sarcofago superbamente intagliato di Re Pakal, il grande Re Maya della città. Egli stesso ordinò la costruzione di questo edificio affinchè, alla sua morte, diventasse la sua sacra tomba. Molto interessanti sono anche il Gruppo Nord e il Museo. **Per restauro, sono momentaneamente chiusi Il Tempio delle Iscrizioni e la Tomba di Pakal**. Nei dintorni della zona archeologica, oltre 1700 ettari formano il Parco Nazionale di Palenque, la cui fauna è costituita principalmente da uccelli e mammiferi, quali giaguari e scimmie urlatrici. YAXCHILÁN E BONAMPAK (da Palenque o da Villahermosa) Yaxchilán, il cui nome significa “il luogo delle pietre verdi”, è situata all’interno della giungla lungo il fiume Usumacinta. Il sito archeologico è di rilevante importanza e vi si trovano ancora integri molti templi del periodo Maya. É il prototipo di un’antica città, nascosta nella giungla: si trova sul lato sinistro di un’ansa del fiume Usumacinta, a circa 10 metri sul livello del fiume, all’interno della Selva Lacandona, raggiungibile tramite lancia (circa un’ora e mezza) partendo dalla da

Corozal, la frontiera tra il Messico ed il Guatemala. La sua origine data circa 2.000 anni fa, quando un gruppo di uomini si stabilì in questa zona, creando a poco a poco una delle città pià belle e poderose della Conca del Rio Usumacinta. Ebbe il suo massimo splendore tra il 550 d.C. ed il 900 d.C., nel periodo tardo classico, durante il regno di Escudo Jaguar I, Pájaro Jaguar IV e Escudo Jaguar II. Di questa dinastia si è riusciti a saperne abbastanza grazie alle iscrizioni rinvenute sulle facciate dei templi di Yaxchilán. La sua superficie è molto estesa, sebbene la visita si restringa soltanto alla zona della Gran Plaza, la Grande Acropoli, l’Acropoli Piccola e quella Sud. L’edificio più noto della Gran Plaza è il Labirinto, così chiamato a causa della complessità delle varie stanze che lo componevano. Fu costruito tra il 742 ed il 752 d.C.. Molte le iscrizioni che narrano la storia dinastica della città, soprattutto nell’edificio 33, il più superbo della città, che conserva al suo interno la scultura decapitata di Pájaro Jaguar IV. Fu durante il suo regno che Pájaro Jaguar IV consolidò la sua egemonia. Una leggenda lacandona narra che quando la testa di Pájaro Jaguar IV tornerà al suo posto, il mondo sarà devastato dai giaguari celesti. Se si continua attraverso la selva, si giunge alla Acropoli Sud e all’Acropoli Piccola. Nella prima, all’intrno dell’Edificio 40 vi si trovano resti di pitture murali. Due altre piazze integrano l’Acropoli Piccola. Ma l’edificio meglio conservato è l’Edificio 33, che conserva ancora circa la metà del suo coronamento a cresta. Non lontano da Yaxchilán, risalendo nuovamente in lancia il Rio Usumacinta, si torna sulla terraferma e si arriva a Bonampak, dove si ammireranno forse i piu' belli e meglio conservati murales di tutta la mesoamerica. Ebbe il suo perido di massimo splendore verso la fine del periodo classico-maya. La sua posizione, all’interno della selva lacandona, la preservò fino al 1946. Il sito si estende per circa 2,5 kmq e il suo nome, in lingua maya, significa “muro dipinto”. Gli edifici all’interno del sito hanno molte iscrizione dipinte di una qualità indiscutibile. I principali monumenti furono eretti durante il regno di Chaan Muan II, che salì al trono nel 776 d.C.. Ad egli furno dedicati molti dei moltissimi dipinti che ancora oggi si ammirano a Bonampak. Un’altra peculiarità è la sua posizione all’interno della splendida Selva Lacandona, uno dei posti naturali più impressionanti dell’America Centro Settentrionale. La scoperta del sito fu uno dei ritrovamenti più importanti nella storia delle esplorazioni archeologiche del Chiapas, che permise di conoscere una delle maggiori testimonianze archeologiche della cultura Maya e la straordinaria concezione dei colori e delle linee pittoriche di questo popolo.

PENISOLA DELLO YUCATÁN UXMAL (da Campeche o da Mérida) La zona archeologica di Uxmal si trova a 80 Km. da Merida. Le fonti Maya fanno risalire la fondazione di Uxmal a circa la metà del VII secolo. Successivamente, verso il X secolo, fu occupata da una popolazione proveniente dagli altipiani: gli Xiù i quali, al culto del dio Chaac-Mool (il dio della pioggia), aggiunsero il culto del serpente piumato Quetzacoatl, di Tlaloc. Di queste deità molti sono i simboli che sono tuttora visibili negli edifici. Il suo dominio si estendeva anche alle città limitrofe di Sayil, Kabah, Xlapak e Labná. Uxmal è adagiata in una zona caratterizzata da rilievi collinari, in lingua maya Puuc. Da qui il termine che indicherà il tipo di architettura della regione, ricco di elementi decorativi. Lo stile Puuc, che a Uxmal trova la sua massima espressione, può essere considerato il “Barocco Maya” a causa delle abbondanti decorazioni degli edifici, soprattutto nella parte superiore. Molti inoltre i caratteristici archi Maya, che si aprono sulle pareti degli edifici. Uxmal fu per lungo tempo una città popolosa anche grazie alle capacità ingegneristiche dei Maya. Poiché la città si trovava in un territorio arida, i Maya costruirono numerosi “chultunes”, enormi cisterne rivestite di malta che venivano usate per raccogliere e conservare l’acqua da utilizzare durante la stagione secca. Tra gli edifici più importanti va ricordato il Palazzo del Governatore la cui facciata è lunga quasi 100 metri. Senza dubbio può essere definito il più bell’edificio di Uxmal, in perfetto stile Puuc. Qui viveva la massima autorità di Uxmal: forse è la figura scolpita sopra il portale centrale. L’edificio è orientato verso il pianeta Venere. La parte inferiore è lineare mentre la parte superiore è riccamente decorata con i simboli della cultura Maya, tra i quali anche molte maschere del dio Chaac: si pensa che il loro numero (260) possa corrispondere ai giorni del calendario dell’anno sacro. I vani che si aprono invece nel retro dell’edifici ancora oggi non si sa a quale uso fossero destinati. Nel Parco archeologico si trova anche un campo per il Gioco della Pelota. La sua particolarità è che vi sono stati ritrovati tre anelli di pietra con incisa la data dell’anno 649 d.C.. La Piramide dell’Indovino è invece l’opera architettonica più imponente di Uxmal: è alta 39 metri ed ha la base ellittica, costruita in stile Puuc-chenes. I livelli sono cinque. Il primo risale al periodo classico e l’ultimo risale all’anno 1000 d.C. durante la dominazione Xiù. Alla base della facciata principale si trova il tempio più antico della piramide decorato con maschere del dio Chaac e risalente al 569 d.C. Nel tempio fu ritrovata la “Regina di Uxmal”, un fregio antropomorfo alto circa 80 cm. e conservato nel Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. È questa una scultura raffigurante il volto tatuato di un

sacerdote che emerge dalla bocca di un serpente. Da non dimenticare il Quadrilatero delle Monache, così chiamato dagli Spagnoli poiché l’architettura del palazzo e le decorazioni a grata ricordano quella dei monasteri. Molte le maschere di Chaac-Mool scolpite lungo i lati del Quadrilatero i cui palazzi che lo compongono si aprono su un cortile interno. Il piano superiore è ornato di fregi geometrici ed elementi figurativi tra i quali il serpente piumato (Quetzalcóatl o, in lingua Maya, Kukulcán). L’alto livello di maestria raggiunto dai Maya nello scolpire la pietra è qui largamente rappresentato. Il complesso fu edificato verso il X secolo e i quattro edifici sono a loro volta orientati verso i quattro punti cardinali. Al centro vi è una colonna in pietra (ceiba) che rappresenta l’Albero della Vita. KABAH (da Campeche o da Mérida) Kabah, il cui nome originario era Chilam Balam, fu un importante centro Maya collegato a Uxmal da una grande strada boanca lastricata e sopraelevata (detta anche “sacbé”) il cui arco monumentale segnava l’accesso ai luoghi sacri di culto. Uno dei maggiori complessi architettonici era il “Codz-Poop” (Palazzo delle Maschere), che in lingua Maya significa “stuoia arrotolata”, che identifica probabilmente il volto dal naso lungo di haac-Mool, il dio della pioggia. Circa 250 maschere del dio Chaac ornano la facciata del “Codz-Poop” la cui funzione non è ancora chiara. Poco lontano sorge il Palazzo la cui facciata presenta diversi portali con colonne e colonnine tipiche dello stile Puuc. Anche il Tempio delle Colonne fu edificiato secondo lo stessos tile architettonico. SAYIL (da Campeche o da Mérida) Sayil è una città Maya del tardo periodo classico ma pochi sono i reperti in grado di fornire una descrizione esatta dal punto di vista archeologico. Di certo era un luogo di culto anche abbastanza importante poiché vi si trovano sontuosi edifici tra i quali il Palazzo a tre livelli con una piattaforma lunga circa 85 metri. Il Palazzo era decorato con lunghe file di colonne e anche qui vi si trovano molte maschere del dio Chaac. Sulla facciata si può ammirare l'altorilievo del Dio "Zama Cab" (Dio dell'alba) scolpito in forma discendente, simboleggiando l'inizio del nuovo giorno. LABNÁ (da Campeche o da Mérida) Labná è situata su un pianoro, in una zona arida che giustifica la presenza di numerose cisterne, i chultúnes, che servivano a raccogliere le acque. Il suo Palazzo, è decorato con fregi che rappresentano le fasi lunari ed altri fenomeni atmosferici, quali tormente ed uragani, anche questo in perfetto stile Puuc. Il Palazzo è formato da un edificio centrale la cui parte superiore ha molti fregi decorativi. Su uno degli angoli si notano le fauci di un serpente dalle quali emerge la testa di un essere umano, simboli delle divinità dell’Acqua e della Fertilità. Dal Palazzo, lungo una strada lastricata (sacbé), attraversando l’Arco di Labná che un tempo faceva parte di un edificio che separava due cortili quadrangolari, si giunge al Mirador, una piramide sormontata da tempio. CAMPECHE Campeche, capitale dell’omonimo Stato, affacciata sul Golfo del Messico, è stata dichiarata dall’UNESCO, nel 2002, Patrimonio dell’Umanità. Il nome dell’antico villaggio Maya era Ah Kim Pech. I conquistadores Spagnoli la invasero nel 1571 guidati da Francisco de Montejo il Giovane. La popolazione indigena Maya fu sottomessa e gli Spagnoli si insediarono stabilmente. La città, allora chiamata Villa de San Francisco de Campeche, divenne ben presto un importante porto commerciale. Prosperò al punto che fece gola anche ai pirati e per difendersi da questi ultim, verso il 1668, la monarchia fece costruire una muraglia a difesa della città. I bastioni, di vui una parte è ancora visibile, avevano mura spesse circa 3,5 metri. Campeche conserva ancora la sua impronta coloniale: i resti della fortificazione con due porte, una sul mare ed una verso l’entroterra; sette baluardi oggi adibiti a museo; vari edifici nel centro storico quali la Cattedrale ed il Tempio di Guadalupe. Degno di nota è il Museo della Cultura Maya, situato in uno dei bastioni, all’interno del quale sono conservati molti oggetti provenienti dai siti Maya di Calakmu ed Edzná. Molto belli gli oggetti in giada ed atri gioielli, vasi, maschere di straordinaria fattura. MÉRIDA: CENNI SULLA CITTÁ La città di Mérida è la capitale dello Stato dello Yucatán, a 117 chilometri da Campeche ed a 320 chilometri da Cancún. Ha un clima particolarmente mite durante tutto l’anno con temperature che vanno da 28°C a 35°C. Il nome originale Maya era “T’ho” che significa “volto verso l’infinito”. Nei secoli scorsi era chiamata la “città bianca” per gli edifici coloniali quasi tutti dipinti di bianco, per la pulizia delle strade e perchè i suoi abitanti vestivano anch’essi di bianco. L’antica città Maya fu conquistata dagli Spagnoli guidati da Francisco de Montejo nel 1542 e da qui iniziò la

dominazione che si espanse lungo tuttza la penisola dello Yucatán. Ai tempi delle colonie Mérida era un avamposto di frontiera e un fiorente centro commerciale, protetta da enormi mura in parte ancora visibili. Tale ricchezza si basava però, sullo sfruttamento e la schiavitu’ degli Indios Maya, i quali diedero vita, nella prima metà del secolo scorso, alla sanguinosa Guerra delle Caste. Intorno al 1880 la città, raggiunta una nuova stabilità, conobbe un incredibile benessere grazie ai suoi redditizi commerci con l'Europa, la Florida e Cuba ma anche all'esportazione dell'Henequen, una pianta utilizzata per le fibre tessili. Un reticolo di strade, perpendicolari una all'altra, costituisce la parte piu’ antica della città. Al centro vi è lo Zòcalo o Plaza Mayor, alberato e con al centro il gazebo per i concerti della banda musicale la domenica pomeriggio. Sulla piazza si affacciano il Palazzo del Governo, la Cattedrale, il Palazzo Municipale e la Casa Montejo. La Cattedrale è la piu’ antica del Nordamerica ed è costata la vita a diverse decine di schiavi Maya impiegati nella costruzione. Fu edificata nel XVI secolo in sobrio stile rinascimentale con una facciata disadorna e severa. All’interno un bellissimo crocifisso ligneo detto il Cristo de la Unidad, simbolo della riconciliazione tra gli Spagnoli ed il popolo Maya. Il Palacio Municipál si trova sul lato opposto della piazza e fu costruito nel 1542 per essere successivamente restaurato più volte nel corso dei secoli. La Casa de Montejo risale invece al 1549 e originariamente era una caserma, subito trasformata nella residenza del Generale. Intorno al centro le strade non sono molto larghe, con i muri delle case spesso sbrecciati e dai colori pastello sbiaditi dal sole e dalle violenza degli acquazzoni tropicali. Sui lunghi viali esterni si allineano belle ville di fine Ottocento e ancora piu’ lontani i nuovi quartieri residenziali e commerciali. Interessante il Paseo de Montejo, un lungo viale simile al Paseo de la Reforma di Città del Messico: è un esempio dell’opera di urbanizzazione del XIX secolo attuata per cercare di dare alla città un’impronta più cosmopolita. Mérida è un’ottima base di partenza per scoprire le antiche “haciendas”, oggi trasformate in hotels di lusso, dove poter vivere l’emozione di attraversare e vivere un pezzo di storia coloniale senza rinunciare al comfort della migliore ospitalità alberghiera. Non lontano da Mérida, inoltre, il bellissimo scenario naturale della Riserva della Biosfera Ría Celestún, abitata in alcuni periodi dell’anno da centinaia di fenicotteri rosa; zone archeologiche del periodo Maya di importanza primaria quali Uxmal, Kabah, Labná e Chichén-Itzá. IZAMAL (da Mérida) Izamal (120 chilometri da Mérida) può essere considerata una delle città più antiche dello Yucatán, fondata nel IV secolo d.C. da Itzamná, gran sacerdote del popolo Maya. Fu consacrata al culto del dio sole Kinich-Kakmó. La religione è uno dei tratti predominanti nella storia della città, mantenuto anche dagli Spagnoli subito dopo la conquista facendo di Izamal un santuario della cristianità e convertendo gli indigeni al cattolicesimo. Conosciuta come la “città delle tre culture”, Izamal tiene insieme elementi di vari preiodi: preispanico, coloniale e contemporaneo. Numerose sono le costruzioni preispaniche, alcune in fase di restauro, che creano un bellissimo contrasto con quelle del periodo coloniale. Accanto alla costruzione preispanica eretta in onore del dio Itzamná, imponente deità Maya, si trova il bellissimo convento della Vergine di Izamal, costruito dai frati francescano durante i primi anni del dominio spagnolo. Il conventno è tutto dipinto di giallo e circondato da un porticato che contorna la corte esterna. Nel loro zelo nel voler evangelizzare le popolazioni indigene, i francescani eressero chiese e conventi imponenti quasi a voler testimoniare la grandezza del loro Dio. Izamal è oggi conosciuta come la “città delle colline” a causa dei resti archeologici presenti nel centro della città, tra i quali la piramide di Kinich-Kakmo che con i suoi 35 metri è la più alta dello Yucatán, la piramide di Itzamatul, quella di Kabul e quella di Hucpintok. L’impronta coloniale della città è ciò che colpisce già all’arrivo con gli edifici quasi tutti di colore ocra, bianco e giallo e le strade lastricate secondo lo stile di quel periodo. Il Monastero Francescano con il Santuario della Vergine di Izamal fu costruito in cima ad una piramide del periodo Maya ed è il più grande in America. Nel 1993 il Papa Giovanni Paolo II incontrò qui molti raprpesentanti delle varie comunità etniche. La piramide di Kinich-Kakmo copre una superificie di circa 4 ettari. La scalinata sul lato sud è formata da enormi rocce che evidenziano lo sforzo dei Maya di voler rendere omaggio alle loro divinità. CHICHEN-ITZÁ (da Mérida o da Cancún) Chichén-Itzà dista 120 chilometri da Mérida Il suo nome deriva dalla parola Maya “Chi” che vuol dire bocca, “Chen” che vuol dire bene e “Itzá” riferito alla tribù che abitava questa zona. Esiste un’altra teoria secondo la quale il nome significa “sul ciglio del pozzo degli Itzá”. Infatti la parola Maya “dzont” che vul dire “pozzo” fu cambiata dagli Spagnoli in “cenote”. Da qui le contrazioni delle parole fino ad arrivare all’odierna Chichén-Itzà. È qui inoltre che si trova il più famoso Cenote dello Yucatán. Molte le teorie sull’origine di Chichén-Itzà. Il primo nucleo fu fondato nel 514 d.C. da Lakin Chan, uns acerdote, che fu poi chiamato Itzamna. Successivamente, nel IX secolo alcune genti occuparono Chichén-Itzá, guidate da un capo che prese il nome Maya di

Kukulkán. Non si conosce ancora con certezza se erano tribù di lontana origine Maya ritornate dopo un periodo di nomadismo oppure se erano invece i Toltechi cacciati da Tula e approdati nello Yucatán. Di certo la capitale Chichén-Itzá venne costruita unendo tra loro elementi Maya e Toltechi: il grande piazzale delle cerimonie rappresenta, secondo i Maya, il mare primordiale della creazione; El Castillo è invece il luogo dove la mitica Prima Madre avrebbe modellato gli uomini nel mais. Su questa struttura tipicamente Maya, i Toltechi introdussero i simboli delle loro tradizioni guerresche come le numerose immagini di Chaac-Mool e rilievi di serpenti, giaguari, aquile e atlanti. Verso il X secolo arrivarono i Toltechi-Itzá e la società, in contrasto con l’ideologia Maya, si militarizzò profondamente. Il loro dominio includeva anche le zone che attualmente costituiscono le regioni del Tabasco, di Campeche, tutta la parte costiera della zona del Golfo del Messico e una larga parte delle regioni del sud del Paese. La loro influenza era dovuta soprattutto alle attività mercantili e di scambio e ciò generava una vasta rete commerciale. Questo portò ad una visione completamente diversa, rispetto al passato, del sistema di produzione e di distribuzione dei beni tanto da influenzare anche l’architettura sia civile che religiosa. Si calcola che circa 50.000 persone, facenti parte di gruppi distinti quali i Balamkanché, gli Iki, i Cumtun, i Poxil e gli Halakai facessero parte di questo regno e ciascun agglomerato era unito all’altro attraverso le vie sacre chiamate “sacbé”. È agli Itzá che si deve la costruzione della grande piramide di Kukulkán, detta “El Castillo”, mentre il Tempio dei Guerrieri e Il Gioco della Pelota, nonché l’ultima fase di edificazione del Castillo, appartengono alla fase di influenza tolteca. La grande piramide domina il centro cerimoniale di Chichén-Itzà e fu il primo monumento costruito dalla tribù tolteca degli Itzá dopo il loro arrivo alla fine del X secolo. L’attuale struttura oggi visibile venne eretta su un più antico edificio sacro Maya e la sua sommità fu elevata. Al suo interno furono ritrovati una raffiguraizone del dio Chaac-Mool e un trono a forma di giaguaro, dipinto di rosso e decorato con dischetti di giada per simulare le macchie del manto dell’animale. La sua base misura 55 metri ogni lato ed è alta 30 metri. Come si è già detto era dedicata al dio Kukulkán-Quetzalcóatl. Le quattro scalinate, una per lato, sono formate da 91 gradini ciascuna ed hanno i parapetti ornati da lunghissimi serpenti piumati le cui fauci si aprono nel piazzale sottostante. Durante gli equinozi di primavera e di autunno il gioco di luci ed ombre crea l’immagine di un serpente in movimento. Le colonne del tempio sono serpenti a sonagli la cui coda sostiene un architrave. In realtà “El Castillo” è un calendario Maya e questo denota l’importanza dei calcoli astronomici che erano parte essenziale della cultura Maya. La somma dei gradini è 364 e l’ultimo gradino che porta al tempio sulla sommità è il 365°, ovvero il ciclo solare completo. Degno di nota è l’Osservatorio, al centro dell’area Chichén Viejo. È un edificio a pianta circolare, raro nella cultura Maya e Tolteca. L nome originale è “Caracol” che rammenta la scala a chiocciola che, al suo interno, porta al secondo piano. Era qui che i sacerdoti studiavano i moti della Luna e del Sole e calcolavano lo scorrere del tempo. I 4 portali esterni sono orientati verso i punti cardinali e decorati con maschere del dio Chaac-Mool. Anche il Tempio dei Guerrieri è una unione degli stili Maya e Tolteco e insieme ad altri edifici quali il Tempio di Chaac-Mool e il Baño de Vapor si trova dietro El Castillo nel gruppo definitio Grupo de las Mil Columnas. La gradinata del tempio dei Guerrieri è ornata di teste di serpenti piumati. Nel tempio di Chaac-Mool è ben visibile una statua del dio che sovrasta il portico sottostante. Il grande campo del Gioco della Pelota misura 170 metri di lunghezza e circa 50 metri di larghezza. Gli anelli sono posti a 8 metri di altezza. Anche qui, come negli altri campi presenti negli altri siti, due erano le squadre che si fronteggiavano e le immagini dei giocatori sono scolpite in bassorilievo lungo i muri perimetrali. Ai lati sud e nord del campo si trovano piattaforme con due templi dedicati al culto del Sole e della Luna. Tra gli altri edifici facenti parte del parco archeologico ricordiamo: la Piattaforma dei Crani, il tempio dei iaguari, il cenote che si trova inceve al termine di una strada in pietra. Il pozzo sacro era un pozzo naturale di circa 60 metri di diametro. EK’BALAM (da Mérida o da Cancún) Ek-Balam, situata a circa 170 km. da Cancún. Il nome, in lingua Maya, significa “giaguaro nero” e la sua architettura monumentale di certo fa presumere quanto fosse una città abbastanza influente. La splendida piazza centrale è bordata da tre massicce strutture cerimoniali. Vi si trovano anche vari templi minori, altari ed aree pubbliche. La piramide principale, meglio consociuta come “La Torre” è simile ad altri imponenti edifici delle aree Maya nel nord-est della penisola dello Yucatán. Recentemente è stata portata alla luce una delle “strade bianche” (sachbeob) che univano i vari siti sacri, lunga quasi due chilometri. Recenti studi hanno mostrato come Ek-Balam fosse stata abitata dal tardo periodo pre-classico e l’inizio del classico (tra il 100 a.C. ed il 300 d.C.) fino alla colonizzazione Spagnola. Il suo massimo splendore lo ebbe tra il 700 d.C. ed il 1000 d.C., ovvero nel periodo classico Maya. Gli antichi edifici furono ampliati e si presume che Ek-Balam fosse un importante centro agricolo, tesi questa supportata anche dalle coltivazioni che tuttora si producono nella zona (grano, cotone, produzione di miele d’api). Il suo

declino fu graduale ed iniziò intorno al 1200 d.C. (periodo post-classico), quando la popolazione diminuì, forse a causa dell’emigrazione verso nuove zone. I veri motivi sono ancora sconosciuti, e molto probabilmente una delle concause fu politica, dovute a faide interne. I lavori di scavo, seppure a rilento, proseguono e molta parte dell’aerea è ancora coperta da vegetazione. L’edificio principale che è stato restaurato è la grande piramide al centro dell’Acropoli: essa è lunga 146 mt., larga 55 mt. e alta 58.mt. Ha sei livelli dove si svolgeva la vita pubblica. La grande e massiccia bocca, simile a quella di un mostro, era presumibilmente il guardiano dell’entrata. La facciata, tutt’ora in fase di restauro, mostra bassorilievi di figure animali e antropomorfe alate simili ad angeli. Tra gli altri edifici sono visibili uno “ziggurat”, un arco posto accanto all’entrata e il campo per il Gioco della Pelota. COBÁ (da Tulum) Cobá è situata a 280 km. da Mérida e 80 km. da Tulum. Un tempo era una delle piu’ importanti città-stato dell'intero dominio Maya ed ebbe il suo massimo splendore tra l’800 d.C. ed il 1100 d.C.. I primi scavi iniziarono verso la fine del 1800 ad opera dell’archeologo austriaco Teobert Maler. Era edificata tra cinque laghi, in posizione intermedia fra gli osservatori sulla costa e le città dell'interno. Le sue piramidi a forma di tempio torreggiavano sopra una vasta distesa di giungla. Cobá è molto simile a Tikal e probabilmente intrecciò con quest'ultima stretti contatti commerciali e culturali testimoniati dall'eleganza e dalla maestosità degli edifici. Il nome significa “acque increspate”, dovuto alla vicinanza dei cinque laghi. Le rovine furono scoperte nel XIX secolo e ancora oggi solo una piccola parte di esse sono state portate alla luce. Cobá fu una città fiorente intorno al 600 d.C. sebbene fosse già abitata già da circa mille anni. La sua similitudine con Tikal in Guatemala la si ritrova anche in molte pitture di figure femminilecon in mano insegne cerimoniali che si trovane nelle stele ritrovate: si presume che molti furono i matrimoni tra persone appartenenti alle famiglie reali delle due città. Un’altra delle caratteristiche peculiari di Cobá è la convergenza di “sacbeob”, costruite dai Maya, una delle quali è lunga circa 100 km. Ogni “via acra” era costruita in pietra, alta circa due metri e ricoperta con calce bianca. E’ ancora sconosciuto il loro ruolo poiché la popolazione non si serviva di mezzi con le ruote: molto probabilmente le strade venivano utilizzate per processioni religiose o per i pellegrini in viaggio da un luogo ad un altro. Il primo gruppo archeologico è presso l’entrata del sito e vi si trova il Tempio de Iglesias, una piramidale alta circa 20 mt. dalla quale si osserva tutta l’area. Procedendo lungo la via principale si arriva alla piramide denominata Nohoc Mul, eretta su una collina naturale. Molte le stele ritrovate che sono state lasciate nel luogo di ritrovamento originario. La piramide di Nohoc Mul è alta circa 42 mt. (la struttura più alta di tutto lo Yucatán) e sovrasta la fitta vegetazione circostante. Il tempio sulla sommità della piramide, aggiunto in epoca successiva, è simile a quello di Tulum con delle incisioni all’entrata. Poco distante si trova il Tempio delle Pitture dove si possono ancora vedere frammenti di colore in alcune pitture sulla sommità. EDZNÁ (da Uxmal) Questa città Maya fu fondata tra il 600 a.C. ed il 300 a.C. ed era un piccolo centro agricolo. La maggior parte dei resti oggi visibili risale a periodi successivi (tra il 500 d.C. e l’800 d.C.). Divenne a poco a poco un importante centro politico, religioso ed economico, raggiungendo il suo apice tra il 600 d.C ed il 900 d.C. come grande capitale della regione. Negli anni si sviluppò un importante sistema idrico di acquedotti e di contenitori per l’acqua: furono costruiti canali per l’irrigazione e questo portò Edzná ad essere una città indipendente, proprio per il fatto che aveva l’acqua, la più importante delle risorse. Il significato del suo nome è sempre stato causa di controversie. Una teoria è quella che il nome significhi “Casa degli Itzaes”, una popolazione del luogo; un’altra invece teorizza che significhi “Casa dell’Eco”; per finire, una terza ipotesi è che il nome significhi invece “Casa delle Gesta”. Ma qualunque esso sia è indubbio che Edzná è il più importante sito Maya dello Stato di Campeche. Nella parte nord della Piazza si trova l’edificio denominato Nohochná, un struttura massiccia e imponente con quattro sale nelle quale si svolgeva la vita amministrativa; nella parte sud si trova la Grande Acropoli, un insieme di vari edifici e strutture tra i quali l’Edificio de los Cinco Pisos, su cinque livelli con una grande scalinata i cui 65 gradini conducono alla sommità. L’edificio era decorato con maschere e teste di serpenti e di giaguari. Anche a Edzná vi è il campo del Gioco della Pelota e la Piccola Acropoli con il Tempio delle Maschere. Edzná fu scoperta nel 1906 ma fino al 1927 non ci fu alcuno scavo e solo recentemente si sono avviati i lavori per portare alla luce l’antico sito. KOHUNLICH (da Cancún) Kohunlich, diversamente dagli altri nomi in lingua Maya, è la versione inglese di “Cohoon Ridge”, derivante da Cohoon che in Belize è il nome dato ad una pianta di palma molto comune nel Paese. Il nome si è poi trasformato secondo la lingua Maya (tutt’ora in uso) in quello attuale. Le rovine

furono scoperte nel 1967 da un abitante del luogo, un discendente degli antichi Maya. Le piante di palma da cui deriva il nome circondano tutta l’area. Il sito copre una superficie di circa 8 ettari, situato a 25 km. a est nella regione del Rio Bec e a circa 65 km. a ovest di Chetumal, circondato da una densa foresta pluviale sub-tropicale. Ha circa 200 tumuli molti dei quali ancora non portati in superficie. La planimetria della città è molto elaborata, con piattaforme rialzate, piramidi, cittadelle all’interno, cortili e piazze circondati da palazzi, e un sistema di canali per il drenaggio delle acque che confuivano in un sistema di cisterne dove veniva raccolta anche l’acqua piovana. Le prime testimonianze di un insediamento stabile a Kohunich risalgono al 200 a.C., ma la maggior parte delle strutture e degli edifici risalgono al periodo pre-classico maya (tra il 250 d.C. ed il 600 d.C.). Molti di essi sono ancora coperti da una fitta vegetazione. Probabilmente la città era un centro importante e un crocevia commerciale per lo Yucatán del sud, da Campeche alla regione del Rio Bec, e le città lungo la costa est, fino al sud, nel Petén fino al Guatemala. La grande piazza centrale è circondata da piramidi e da piattaforme templari. La cittadella, o Acropoli, si trova nella zona nord, con un complesso di edifici attorno ad un cortile. Il complesso dell’Acopoli si affaccia sulla piazza principale. Sul lato est si trova la Piramide delle Maschere, eretta in onore del dio Sole e una delle più antiche strutture risalente al 500 d.C.. Ha una scala gigantesca fiancheggiata da sei enormi maschere modellate in stucco. Ogni maschera è alta più di 2,5 metri e leggermente differente dalle altre. Nessuna di esse reca una nota di identificazione. Secondo alcuni studiosi ogni maschera è la rappresentazione di una divinità; altri affermano che invece le maschere sono le facce di alcuni notabili di Kohunlich. A poche centinaia di metri di distanza si trova la Plaza Mervin con i resti di una zona residenziale: ciò che ne resta sono i “27 escalones” (gradini). La piazza ha una forma rettangolare circondata da varie piattaforme, ora coperte da uno spesso strato di muschio, che presumibilmente supportavano le strutture dei palazzi. CHICANNÁ Chicanná si trova nella parte sud della penisola dello Yucatán. La leggera altezza naturale del sito ha facilitato la costruzione di varie strutture che servivano per rituali cerimoniali. Scoperta nel 1966, il nome Maya di Chicanná si riferisce alla grande maschera del dio Itzamná che ha forma di rettile, con la grande bocca aperta ed era il dio del Cielo, della Notte e del Giorno. I primi insediamenti si ebbero nel corso del tardo periodo preclassico (300 a.C. fino al 250 d.C.), ma l’apogeo si ebbe verso l’850 d.C.. Chicanná è uno dei 45 siti archeologici della regione del Rio Bec. L’edificio principale (Struttura II) del sito è dedicato al dio Itzamná, principale deità nel pantheon Maya, anche conosciuto come il Mostro della Terra. Ha forma quadrangolare, composto da due livelli e orientato verso i punti cardinali. La facciata principale è orientata verso il sud ed è qui che si trova a gigantesca maschera del dio a forma di bocca mostruosa in stile Chenes. In ogni angolo vi sono delle colonne con maschere dal naso prominente che raffigurano il dio. La stanza principale probabilmente era usata per cerimonie e rituali religiosi. Per le sue dimensioni e per le ricche decorazioni che adornano i suoi edifici, Chicanná è considerata un piccolo centro elitario del Becan. Ebbe molti contatti commerciali con altre città, attestate dalla presenza di materiali che non sono propri della regione ma che provengono dal Guatemala o dall’Honduras. CALAKMUL (da Chicanná) Il sito Maya di Calakmul fu scoperto nel 1931 dall’esploratore americano Cyrus Longworth Lundell. Lo chiamò “la città delle due colline adiacenti”. Il nome viene dalle parole Maya CA (due), LAK (vicino) e MUL (collina). I primi scavi per portare alla luce i resti della città iniziarono nel 1985. Il sito si trova all’interno della Biosfera di Calakmul, circondato dalla foresta pluviale, a circa 320 km. dalla città di Campeche e circa 35 km. dal confine con il Guatemala. La zona archeologica copre una’area di circa 70 kmq (sebbene per alcuni la superificie sia minore) ed ha più di 6000 strutture la maggioranza delle quali ancora sepolte nella giungla. Le strutture portate alla luce mostrano come Calakmul fosse una vasta e importante città durante il regno Maya, conosciuta come il Regno della Testa di Serpente. La sua importanza può essere paragonata a quella di Tikal, in Guatemala. Molti gli edifici che sono stati individuali: altari, aree comuni, palazzi, case in pietra. Si calcola che fosse abitata da circa 60.000 persone. Una “via sacra” (sacbé) circondava la città ed un’altra conduceva invece al nord. Lo stile archiettonico corrisponde a quello del periodo classico. I principali edifici sono la struttura I e II. Quest’ultimo è il più grande, di forma rettangolare, alto circa 40 metri e con una base di 2 ettari. Nella struttura VII fu ritrovata, nel 1987, una cripta funeraria con lo scheletro di un uomo di circa 35 anni e alto 1,5 metri, con una maschera con pezzi di giada. Al suo fianco molti oggetti della stessa pietra e numerosi vasi policromi che servivano per le offerte. A Calakmul soo iltre state ritrovate molte stele con differenti date (tra il 514 d.C. ed il 990 d.C.). Una di queste reca la data del 731 d.C. ed è

uno dei più begli esempi di scultura Maya. Molti degli oggetti rinvenuti a Calakmul si trovano nel Museo Archeologico di Campeche. CANCÚN e la RIVIERA MAYA Cancún è una delle località balneari messicane più conosciute al mondo. Si trova nello Stato del Quintana Roo, affacciata sul Mar dei Carabi. Nacque negli anni ’70, pinificata per eguagliare Acapulco, sul Pacifico. Le sue spiagge di sabbia bianca offrono la possibilità di praticare ogni tipo di attività balneare e moltissimi gli alberghi ed i resorts, oltre a modernissimi centri commerciale, che ne fanno una delle località più esclusive dei Carabi messicani. A soli 200 km. si trovano le rovine di Chichén-Itzá, verso l’interno; mentre andando verso sud, a 134 km., si trovano le rovine Maya di Tulum. Seguendo la linea della Riviera Maya, molteplici le spiagge dove potersi rilassare in tutta tranquillità: Puerto Morelos (33 km.), Playa del Carmen (68 km.), Xcaret (78 km.), Xel-Há, Xpu-Há (95 km.), Akumal. Da Cancún sono facilmente raggiungibili Isla Mujeres e Cozumel. Isla Mujeres dista appena 14 km. dalla costa ed è facilmente raggiungibile in traghtto da Cancún. Il turismo sull’isola ha avuto un notevole incremento negli ultimi anni. Deve il suo nome ad un tempio maya in pietra che conteneva statuette di argilla di figure femminili. A Isla Mujeres si trova una “tortugranja”, un allevamento di tartarughe marine che si occupa anche della preservazione della specie in pericolo di estinzione. Nella parte meridionale dell’isola vi sono i resti di un tempio Maya dedicato alla dea della fertilità (le rovine sono in cattivo stato di preservazione). Cozumel dista da Cancún circa 70 km.. I primi insediamenti Maya risalgono al 300 d.C. e successivamente fu conquistata dagli Spagnoli. Verso il 1600 molti furono i bucanieri che qui trovarono rifugio durante le loro scorribande nel Mar dei carabi, tra i quali il leggendario Henry Morgan. L’isola è ricca di vegetazione e la sua barriera corallina, la seconda al mondo per importanza, è una delle mète predilette dai subacquei. Molte le riserve naturali di importanza ecologica quali ad esempio il Parque Marino Nacional Arrecifes de Cozumel ed il Parco Naturale di Chankanaab. Nella parte nord dell’isola vi sono anche alcuni templi Maya tra i quali il santuario dedicato alla dea Ix-chel (la dea della fertilità). Ritornando a Cancún e proseguendo verso sud si incontra Playa del Carmen, un deliziosa cittadina balneare il cui centro offre anche svaghi e divertimenti notturni. Xcaret è invece una vasta spiaggia (dista 10 km. da Playa del Carmen) dove vi è un parco marino di divertimenti con i “cenotes”, una rete di fiumi sotterranei dove è possibile fare immersioni anche nelle caverne sotterranee (è consigliato effettuare queste immersioni con guide naturaliste esperte). Puerto Aventuras dista da Cancún appena 45 minuti ed è il luogo ideale per gli amanti del golf. Akumal, poco più a sud, è invece una delle zone più esclusive. Qui, durante l’estate, è ancora possibile vedere le tartarughe marine che si approssimano alla riva per deporre le uova. TULUM Tulum si trova a 40 Km. da Cobà e a 130 km. a sud di Cancún. Unica città fortificata dei Maya sul mare, Tulum sorge su un promontorio roccioso che sovrasta una spiaggia bianca lambita dal Mar dei Caraibi. La posizione e le pitture murali che vi sono state ritrovate rendono il sito estremamente affascinante. Tulum, che significa "Citta' della nuova Alba", è la sola città conosciuta che fosse abitata al momento dell'arrivo dei conquistadores. Si ritiene che la sua fondazione risalga al periodo post-classico (1200 d.C.) e che fosse un porto la cui posizione strategica è avallata dalla presenza di bastioni fortificati. Con molte probabilità, grazie alla sua posizione sul mare, Tulum era anche un porto per gli scambi commerciali tra gli altipiani del Messico e il resto del centro America. Il tempio più famoso è il Tempio de las Pinturas, un edificio a due piani con elaborate decorazioni e affreschi che però non non quasi più visibili. La cittadella aveva una torre di guardia a picco sul mare che fu chiamata dagli Spagnoli “El Castillo”. Le sue colonne tortili ricordano molto la forma di una serpente, tipica dello stile tolteci. Il suo edificio piu' grande, il Tempio del Dio che scende in Terra, così chiamato a causa di una scultura sopra la porta che raffigura un dio alato mentre precipita dal cielo: la testa in giù, le gambe divaricate, coda simile a quella di un uccello e le ali. Nel tempio vi sono anche molte maschere in stucco lavorate con ricercatezza. CHETUMAL

Chetumal, al confine con il Belize, è una città piccola, capitale dello Stato di Quintana Roo. Sebbene fosse già un insediamento e poto Maya, fu fondata nel 1898 con il nome di Payo Obispo e vi si respire un’aria caraibica. Ne risulta una mistura eclettica che si esprime nella musica, nelle tradizioni e nella cucina, nella storia, nella cultura Maya. Si affaccia su una piccola baia, con alle spalle una giungla verdeggiante. È molto vicina al Guatemala e al Belize. Non ha una storia antica e pertanto anche gli edifici cittadini risalgono tutti all’ultimo secolo, anche perché fu rasa al suolo nel 1955 da un uragano e fu poi completamente ricostruita. Il Museo della Cultura Maya ha una certa rilevanza, con reperti provenienti dai vari siti Maya.

FESTIVITÁ RELIGIOSE & CIVILI Il Messico è un Paese ricco di feste che attingono non soltanto alle celebrazioni di rito cristiano ma anche alle antiche tradizioni popolari. La sua gente ama la ritualità, conservando intatta la sensibilità e l’immaginazione che fanno delle “fiestas” un momento di unione e di celebrazione al tempo stesso. Danze, costumi dai colori vivacissimi, danze: le cerimonie assumono un aspetto quasi primordiale, dove vengono dimenticate le convenzioni, le differenze di classe sociale, le gerarchie. La morte stessa è esorcizzata con la burla ed il festeggiamento mantenendo lo stesso distacco da essa che il popolo messicano sembra tenere nei confronti della vita stessa.

Calendario festività nazionali 1 gennaio Capodanno 6 febbraio Promulgazione Costituzione 20 marzo Anniversario della nascita di Benito Juaréz 13 aprile Giovedì Santo 14 aprile Venerdì Santo 1 maggio Festa del Lavoro 5 maggio Battaglia di Puebla 16 settembre Promulgazione dell’indipendenza messicana 2 novembre Ognissanti 20 novembre Anniversario della Rivoluzione Messicana 12 dicembre Madonna di Guadalupe 25 dicembre Natale

DISTRETTO FEDERAL: CITTA’ DEL MESSICO Martedì Santo (XOCHIMILCO) – Commemorazione dei Sette Dolori di Nostra Signora Insieme alle cerimonie religiose che si svolgono in questa settimana, a Xochimilco se ne svolge una molto singolare: una celebrazione secolare per eleggere la più bella della regione. Le concorrenti vengono da tutti i villaggi vicini abbigliate con costumi tradizionali. Attraversano i canali di Xochimilco sfilano a bordo di lance fluviali decorate con colori sgargianti e con migliaia di fiori, il tutto con l’accompagnamento di gruppi musicali di “mariachi”. Giovedì Santo (Corpus Domini) E’ una festa veramente commovente. Migliaia di bambini in tenera età, e indigeni con vestiti tradizionali si riuniscono nella piazza antistante la Cattedrale (nello Zocalo), recando con sé ceste di frutta e da mangiare aspettando che il sacerdote li benedica. Centinaia di venditori espongono sulle loro bancarelle i famosi Mulitas, a base di foglie di mais, e le riempiono con frutta e fiori. Dal 1078 la festa religiosa è stata spostata alla domenica seguente. 5 Maggio - Commemorazione della Battaglia di Puebla. In una piccola collina denominata El Peñon, a sud-est della città, gli abitanti inscenano una battaglia. Gli uomini si dividono in due gruppi di “soldati”: i messicani e i francesi, incluso il famosor reggimento di Indios di Zacapoaxtla che lottarono valorosamente contro le truppe francesi. Al mattino vengono pronunciati discorsi e poco più tardi inizia la “battaglia” con i “soldati” armati di fucili. 16 Luglio – La Vergine del Carmine La cerimonia, coloratissima, ha luogo nel quartiere di San Angel, nel sud della città. I danzatori, abbigliati con vestiti colorati, si ritrovano fuori della graziosa chiesa in stile barocco e iniziano le danze tradizionali. I più famosi sono i “Concheros” che suonano uno strumento a corde molto singolare, costruito con la corazza di un armadillo. I devoti della Vergine si apprestano all’altare e lasciano offerte di fiori a testimonianza del loro fervore religioso. Nello stesso quartiere da non perdere una visita al monastero del XVII secolo e alla Casa del Risco.

13 Agosto - Commemorazione della Difesa del Messico Commemorazione della difesa di Tenochtitlan, antica capitale azteca, contro l’invasione spagnola. Una delle feste ha luogo nella Piazza delle Tre culture, dove alcuni gruppi di danzatori, tra i quali i Concheros, si riuniscono e ballano le danze tradizionali, abbigliati con vestiti coloratissimi. Altre cerimonie si svolgono nello Zocalo e lungo il Paseo de la Reforma e di fronte al monumento di Cuauhtémoc, imperatore azteco che fu alla testa della lotta per la difesa della città. 15 Settembre – « El Grito » Città del Messico, El Grito, ovvero l'insurrezione contro l'impero spagnolo capeggiata dal mitico padre Hidalgo. La notte del 15 settembre una folla enorme si riunisce nello Zocalo, tra la Cattedrale e il Palacio Nacional, con innumerevoli banchetti che vendono i cibi più inverosimili, il tutto in un crescendo fino al mattino. Le celebrazioni durano 2 giorni e tutte le strade intorno allo Zocalo sono chiuse al pubblico. Ovunque musicanti, mariachis e colorate bancarelle in un ambiente festoso che dura fino a tarda notte e riunisce la popolazione. Verso le 23.00 la folla si avvicina rpesso il palazzo Nazionale da dove il Presidente pronuncia “el grito”, ovvero le parole che pronunciò Padre Hidalgo nel 1810. E quando tutti intonano l’inno nazionale il cielo si illumina con fuochi d’artificio. 16 Settembre – Giorno dell’Indipendenza E’ il giorno di chiusura dei festeggiamenti dedicati all’Indipendenza del messico. Una grande parata militare chiude i due giorni dedicati alla commemorazione e vi assistono gruppi di “charros” vestiti con il costume tradizionale. 2 Novembre (XOCHIMILCO) – Commemorazione dei defunti In occasione di questa festa si preparano pietanze tipiche e pane e dolci speciali che si mangiano solo in questa occasione. Le donne accendono una candela per ognuno dei defunti della propria famiglia e le mettono presso le tombe di famiglia, dando vita ad uno spettacolo unico e suggestivo.

20 Novembre – Anniversario della Rivoluzione Questa cerimonia è celebrata con varie manifestazioni. Prima di tutto ci sono quelle civili presenziate dal presidente della Repubblica e da altre personalità del mondo politico. A seguire una sfilata che dura circa tre ore e alla quale partecipano tutti i rappresentanti delle varie discipline sportive. Un tocco di allegria è dato dalla presenza di gruppi di “mariachis”, bande musicali con i costumi tradizionali e da un gruppo di donne a cavallo. 12 Dicembre – Festa della Madonna di Guadalupe Città del Messico, Festa della Madonna di Guadalupe, Patrona del Messico. La Madonna nera fu un’idea degli spagnoli per avvicinare in maniera semplice gli indigeni alla religione cattolica. In suo onore è stato edificato un nuovo santuario, una basilica moderna che fu eretta accanto a quella antica, oggi chiusa ma che si affaccia sulla piazza principale ed è uno dei siti maggiormente venerati in tutto il Paese. Nella prima metà del mese di Dicembre, a partire dal giorno 3, una moltitudine di pellegrini provenienti da tutto il Messico affluisce nel grande santuario per rendere omaggio alla “Virgen morena”. Molti i canti e le danze tradizionali. Tra l'undicesimo e il dodicesimo giorno della festa in migliaia ballano ininterrottamente le spettacolari " danze della Conquista". Il personaggio principale, che raffigura la morte con una maschera nera sul viso e una falce in mano, si aggira tra i “Mori”, coperti da copricapo sormontati da mezzelune e “Cristiani” che brandiscono croci.

STATO DI GUANAJUATO (MESSICO COLONIALE) Giovedì Santo - SAN MIGUEL DE ALLENDE San Miguel de Allende fu, durante il periodo della Guerra di Indipendenza, terra di eroi e di uomini che lottarono impavidi per liberare il proprio Paese. In questo giorno si potrà assistere a varie manifestazioni commemorative e artistiche e danze tradizionali indigente (ricordiamo la danza de Los Hortelanos). 23 Giugno– GUANAJUATO – Commemorazione della conquista di Olla Guanajuato è una delle più belle città del Messico, dove si ritrova lo sfarzo del barocco coloniale nei suoi edifici. Durante questa festa la città si veste di colori e allegria; musiche e danze riempiono le strade.

7 Novembre – GUANAJUATO – Festa della Luce Dal 7 al 14 Novembre si celebra la Festa della Luce alla quale partecipa l’intera città con danze, musiche e fuochi d’artificio.

STATO DI QUERETARO 15 Settembre – QUERETARO “El Grito” L’Anniversario dell’Indipendenza è una dele feste più importanti per gli abitanti di Queretaro. Infatti è qui che viveva Doña Josefa Ortiz de Domínguez, la donna che avvisò Padre Hidalgo del reticolo che correva. Il 15 si festeggia “El Grito”, ovvero l’inizio dell’insurrezione, mentre il 16 c’è una sfilata che termina con la festa popolare.

STATO DI MORELOS Carnevale - CUERNAVACA Durante tutta la settimana del Carnevale si organizza ogni tipo di evento: spettacoli di piazza, giochi, sfilate con decorazioni ricche di colori, balli in maschera. Tutti i giorni la gente balla nelle strade, in un’atmosfera di allegria. Si possono ammirare i ballerini di Tepoztlán, meglio conosciuti come “Los Chinelos” 2 Febbraio – CUERNAVACA – La Candelora E’ famosa, a Cuernavasa, la festa popolare nel quartiere di Amatitlán e vi partecipano tutti gli abitanti. Da visita lo splendido Palazzo di Cortés con la bellissima facciata. Vi si possono ammirare i murales di Diego Rivera, nei quali vi si racconta la storia del Messico. 2 Maggio – CUERNAVACA – Festival dei Fiori Da non perdere la visita ai famosi Giardini Borda, della seconda metà del secolo XVIII, dove risedettero temporaneamente l’Imperatore Massimiliano e sua moglie Carlotta. E’ una delle più ammirevoli testimonianze del periodo coloniale. Il giorno più importante è quello dell’inaugurazione con una vasta esposizione di fiori. I festeggiamenti si concludo l’8 Maggio.

STATO DI OAXACA Terzo e ultimo lunedì di Luglio – OAXACA – Festival della Guelaguetza Il Festival della Guelaguetza è una tradizione preispanica che si tiene il terzo e l'ultimo lunedì di luglio, allo Stadio del Cerro del Fortin. Differenti gruppi etnici si riuniscono per dar vita ad una serie di danze e rituali in onore di Centeotl per implorare un abbondante e buon raccolto di mais. Spettacolari gli splendidi costumi tradizionali e i balli che spesso hanno origini antichissime, una fusione di paganesimo e cristianità dopo l’avvento dei primi missionari cattolici nel 1500. I gruppi di danzatori, con vestiti multicolori, sono di origine mixteca, zapoteca, mazateca. 31 Agosto – OAXACA – Benedizione degli animali E’ una festa molto suggestiva, amata da tutti, grandi e piccoli. In questo giorno ciascuno agghinda i propri animali e li porta davanti alla Chiesa de la Merced per la benedizione. 18 Dicembre – OAXACA – Festa della Virgen de la Soledad La Virgen de la Soledad è la patrona della città. Vari i festeggiamenti in suo onore: processioni di fedeli provenienti dai villaggi vicini con le candele in mano, vestiti con i costumi tradizionali, e balli tipici eseguiti dai “Santiagos”, “Jardineros”, “Matachines”. Suggestivo il ballo della Pluma. La cerimonia principale si svolge nell’atrio della Chiesa della Virgen de la Soledad. 23 Dcembre - OAXACA – Festa del Ravanello Tutti gli anni, il 23 Dicembre, si organizza una festa ricca di tradizione. Nella piazza principale gli orticoltori espongono i frutti della terra, dove i principali prodotti della regione creano un insieme multicolore, allegro e festoso. Vi è anche il concorso per l’esposizione più bella e particolare.

24 Dicembre – OAXACA – Vigilia di Natale Dal giorno 16 iniziano i festeggiamenti che si concluderanno la notte della vigilia, detta anche “Notte buona”. Il 24 si organizza una processione solenne che parte da tutte le chiese della città. I fedeli recano torce e candele. La processione si conclude alla Chiesa di Gesù Bambino dove si prende la statua del Bambinello e la si porta, adagiata su una carrozza multicole, fino allo Zocalo, la piazza principale della città. Si ritorna poi all chiesa e per adagiare la statua nel Presepe.

STATO DI PUEBLA 5 Maggio – PUEBLA – Anniversario della battaglia di Puebla (1862) Nel 1862 l’esercito messicano fronteggiò e sconfisse i francesi nella Battaglia di Puebla. In ricordo della vittoria si organizza una sfilata spettacolare, durante la quale si inscena la battaglia. STATO DI TABASCO Martedì di Carnevale - VILLAHERMOSA Il Cernevale di Villahermosa è uno dei più famosi del Messico: carri allegorici, musicanti, fuochi d’artificio, balli in maschera.

STATO DEL CHIAPAS 20 Gennaio - CHIAPA DE CORZO – Festival di San Sebastian La “Danza de los Parachicos” è uno spettacolo che merita di essere visto, con costumi colorati ed elaborati copricapo. Le cerimonie durano tre giorni e si svolgono a Chiapa de Corzo, vicino a Rio Río Grijalva. La notte del 21 si inscena una battaglia navale nelle acque del fiume, con fuochi artificiali. Il giorno 22 sfilano i carri. In occasione di questa festa le donne indossano il tipico “traje chiapaneco”, riccamente decorato. Martedì di Carnevale - SAN JUAN CHAMULA Le cerimonie che celebrano i cinque "giorni perduti" del calendario Maya sono molto suggestive: la cerimonia principale è il rito di purificazione. Durante questa cerimonia gli uomini saltano attraverso una barricata incendiata davanti alla chiesa. Il giorno prima gli Indios Chamula si coprono il corpo con una pelliccia di montone e usano paslandrane e sombreri dell’epoca napoleonica danzando il "bolochón". Durante questa celebrazione si svolgono attività come sfilate, messe e rituali di purificazione che comprendono anche camminate sulle braci ardenti Attenzione agli Indios Chamula: non amano i turisti ed è assolutamente proibito scattare fotografie.

Va mantenuto un atteggiamento di massimo rispetto.

24 Giugno - SAN JUAN CHAMULA – San Giovanni Molti i pellegrinaggio e le cerimonie in onore del Santo Patrono. I preparativi iniziano con alcuni gorni di anticipo e culminano il giorno 24. Si organizzano processioni e tutto il villaggio è pavesato con stendardi multicolori e abiti regionali molto sgargianti. 25 Luglio - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS – Santo Patrono Le celebrazioni in onore del Santo patrono durano più giorni e iniziano il giorno 17. Decine di fedeli arrivano in pellegrinaggio per rendere onore al Santo patrono. Il giorno 24 cento fedeli passano una notte di veglia nei pressi della Cattedrale alla luce di torce e falò. La festa si conclude il giorno 25 con eventi sia religiosi che civili. 25 Luglio – TENEJAPA – San Giacomo Apostolo Le cerimonie in onore di San Giacomo sono uniche e singolari. E’ uno dei riti più antichi e risale al periodo preispanico. Durante la celebrazione religiosa, e secondo la tradizione, i nativi si riuniscono in chiesa per fumare e invocando così il dio del Sole. 10 Agosto – ZINACANTAN – San Lorenzo In questo giorno centinaia di Indios Chamula arrivano ad adorare la immagine del Santi patrono. Ogni “pueblo” o villaggio invia un rappresentante che farà parte del comitato ufficiale per l’organizzazione della cerimonia. In questo giorno la processione viene seguita anche dalla

popolazione Tzotzil di Ixtapa. La statua della Vergine Maria è accompagnata da musicisti e danzatori. 30 Agosto - SAN JUAN CHAMULA – Santa Rosa Tra i vari Santi venerati nella regione, Santa Rosa è una di quelle più importanti. In questo giorno gli Indios Tzotzil indossano i loro vestiti migliori, si riunisco fuori della chies principale e con le loro arpe suonano allegre melodie. Prima domenica di Ottobre - SAN JUAN CHAMULA – Giorno di Nostra Signora del Rosario Il “Día de Nuestra Señora del Rosario” è una ricorrenza importante per gli Indios di Zinacantepec. Musica e danze regionali rallegrano questo giorno. E inoltre viene organizzata una fiera dove gli abitanti del villaggio vendono oggetti di artigianato locale fatti a mano, tra i quali ricordiamo le ceramiche in terracotta e i tessuti. 2 Novembre - CHIAPA DE CORZO – Ognissanti (Giorno dei Morti) Le cerimonie in occasione del giorno dei morti sono molto solenni. Il villaggio intero fa visita ai morti recando con sé alimenti, dolciumi e fiori. Lo spettacolo è impressionante al crepuscolo, quando vengono accese le candele. 12 Dicembre - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS – Giorno di Nostra Signora di Guadalupe L commemorazioni in onore di “Nuestra Señora de Guadalupe” sono piene di brio e pittoresche. Gli indios “tzotzil” e “tzeltal” indossano vestiti coloratissimi e vengono qui da tutti i villaggi dei dintorni per festeggiare la Vergine di Guadalupe. In città sfilano i carri, decorati con fiori e rami di cipresso e muschio. I fedeli vanno a piedi, dietro la processione, accompagnandola con musica di strumenti a corda e marimba.

YUCATAN 18 Ottobre – IZAMAL – Festa del Cristo di Sitilpech Il Cristo di Sitilpech è una delle immagini più venerate della regione. I festeggiamenti in suo onore durano dieci giorni e gli abitanti di Sitiplech raggiungono in processione Izama portando con sé l’immagine del Cristo. I pellegrini, riuniti secondo la loro provenienza, si dirigono fino alla basilica recando fiori che depositano sull’altare e accendendo decine e decine di ceri e candele in omaggio al Cristo. Le notti del 25 e del 28 si balla nello Zocalo . 8 Dicembe – IZAMAL – Immacolata Concezione La festa ha inizio il 20 Novembre e nei giorni del 5 e dell’8 Dicembre si organizzano corride di tori che si protraggono fino a tardi. Izamal fu un imprtante centro religioso durante l’epoca precolombiana. Oltre ai resti Maya vi si trova un convento del XVI secolo costruito sopra un antico tempio Maya.

CURIOSITÁ

IL GIOCO DELLA “PELOTA”

Pochi sono i testi dove si parla del Gioco della Pelota a causa del rogo di ogni testimonianza scritta voluto dal vescovo cattolico Diego de Landa durante il periodo della colonizzazione (1524). Restano soltanto tre testi sacri dei Maya: il Popol Vuh che racconta la storia del popolo Maya dei Quiché e che fu pubblicato nel 1721 dal frate domenicano Ximenez col titolo “Historia del Origen del los Indios de ésta provincia de Guatemala”; i testi scritti dei Chilam Balam (sacerdoti aruspici del giaguaro), che si riferiscono alle tradizioni del popolo dei Tutul Xiu; i libri dei Quiché e dei Kakchiquel.

Il gioco della Pelota, vera e propria cerimonia religiosa riconducibile al mito dei Gemelli Divini (Hun Hunahpu e Vucub Hunahpu) che giocano a palla con le divinità degli inferi, era un gioco sacrificale. I sacerdoti, quali intermediari con le divinità, interpretavano il futuro in base all'andamento della partita. Se ne trova traccia in tutte le culture mesoamericane e i primi campi da gioco risalgono alla civiltà Olmeca, la più antica. Lo ripresero anche gli Zapotechi, i Maya e gli Aztechi. Il suo carattere sacro lo associava al culto del Sole che rinasce ogni giorno per abbandonare le tenebre. Il campo rappresenta la terra e la palla il sole, per cui il giocatore che lascia cadere la palla a terra andava sacrificato perché in tal modo impediva al sole di sorgere nuovamente. Durante queste competizioni, che si svolgevano in luoghi sacri circondati da mura, la palla doveva passare attraverso anelli di pietra fissati alle pareti. Il gioco della pelota si concludeva spesso con la decapitazione dello sconfitto, in un'atroce allegoria dell'eterna lotta tra le forze della natura. In lingua “nahuatl” il campo da gioco è chiamato “teotachtli” o "luogo sacro degli dei" ed era costruito a forma di H con le pareti inclinate. A volte aveva invece muri verticali, come a Chichén Itzá. Il più delle volte il campo era orientato da nord a sud: l'area di gioco rappresentava il cosmo, mentre il sole veniva rappresentato dalla palla stessa. Il pallone, in caucciù o resina di gomma, pesava circa 3 kg. e doveva rimbalzare tra i giocatori i quali potevano colpirla solo con le cosce, con il braccio o con il gomito. Ogni altro contatto costituiva un’infrazione alle regole. Nel campo di Chichén Itzá invece i giocatori potevano anche colpire la palla con una mazza. La partita probabilmente si disputava sia tra due giocatori sia tra coppie di avversari o tra squadre formate da soli uomini. Le due parti rappresentavano la luce e l'ombra ed ogni giocatore rappresentava una divinità e gli ornamenti che indossavano erano gli elementi che lo o li contraddistinguevano. Il gioco era molto violento e potevano parteciparvi solo giocatori di rango elevato mentre gli spettatori assistevano alla partita dalle due estremità del campo. Per il carattere sacro del gioco, i giocatori erano considerati come la personificazione delle divinità che governavano i cicli della vita, e i movimenti del cielo. I perdenti venivano sacrificati agli dèi, ma molto spesso si trattava di schiavi.

Molte fonti affermano che era invece il capitano della squadra vincitrice che veniva immolato al termine della partita a simboleggiare il privilegio di salire al mondo cosmico. Si poneva attenzione anche nell’abbigliamento dei giocatori: essi indossavano una cintura di cuoio a forma di ferro di cavallo, ginocchiere, guantoni e protezioni per le natiche e le cosce. Gli Zapotechi usavano coprirsi il capo con un casco a forma di testa di giaguaro. Il campo da gioco di Chichén Itzá è uno dei più grandi: misura circa 170 mt. di lunghezza e circa 50 mt. di larghezza, mentre i muri laterali sono alti circa 8 mt. gli anelli attraverso i quali doveva passare la palla sono posti ad un’altezza di circa 7 mt. I bassorilievi alla base dei muri mostrano le immagini dei giocatori nel loro abbigliamento da gioco; altre invece mostrano i rituali del sacrificio. Alcuni degli oggetti in pietra rinvenuti nelle vicinanze dei campi si pensa che siano stati usati durante il sacrificio finale. Il gioco della Pelota fu ripreso dagli Spagnoli del periodo coloniale.

I MARIACHI

Il suono dei “mariachi” impregna l’anima di ogni messicano, passando attraverso emozioni e sentimenti che l’essere umano può provare in ogni momento. Il suono interpretato dai “mariachi” risuona nella mente e diviene immagine che evoca memorie di speranza, l’amore carnale che nega la morte senza aver prima provato le vibrazioni della passione, la forza che viene dalla famiglia, dalla terra, dall’essere parte integrante del proprio Paese. La teoria più accettata, riguardo le origini dei “mariachi” è che possano essere nati nel XVI secolo dagli Indios Coca nello Stato di Jalisco. Il nome significava “musica” e venne riferito a chiunque si dedicasse alla musica stessa. La tribù aveva una capacità eccezionale di interpretare la musica e di imitare i suoni della natura. Quando i missionari spagnoli arrivarono nella regione, compresero l’abilità delle popolazioni indigene di riprodurre i suoni e di interpretare la musica con strumenti creati da loro stessi. Pensarono allora di sfruttare le loro capacità e la loro musica per attuare il processo di evangelizzazione. Miguel de Colonia, un frate, trasformò le antiche melodie azteche in preghiere dedicate alla Vergine Maria e a San Michele Arcangelo, enfatizzando la musica come il linguaggio di Dio per comunicare con l’Uomo. Gli indios Coca trasformarono i loro ritmi nativi adottando la chitarra ed il violino, introdotti dagli Spagnoli. Nacquero la “vihuela”, lo strumento a corde la cui cassa è la corazza di un armadillo e il “guitarron”, una chitarra più larga e grande di quella usuale le cui corde erano costituite da corde in fibra animale. Sono ancora oggi gli strumenti che contraddistinguono la musica dei “mariachi”. Nel corso dei secoli si è cercato di dare una radice alla parola “mariachi”. Una delle tante versioni la lega ai versi di una preghiera dedicata alla Vergine Maria: “Maria ce son” che in inglese suona come “Maria she”. Da qui la parola “mariachi”.Un’altra teoria la lega alla parola francese “marriage”. Fino a XX secolo la musica dei “mariachi” restò un fatto circoscritto alle aree rurali. Verso il 1905 iniziarono ad essere considerati un gruppo tradizionale tanto che sembra che un gruppo abbia suonato in occasione del compleanno del presidente Porfirio Diaz. Sebbene i “mariachi” siano associati allo Stato di Jalisco, sono presenti anche negli Stati di Michoacán, Colima, Nayarit y Zacatecas. Oggi la parola “mariachi” indica gruppi di musicisti che usano particolari strumenti con un abbigliamento che li contraddistingue. Anche la loro musica rispecchia l’antica tradizione. Gli strumenti utilizzati dai “mariachi” sono violini, chitarre,la “vihuela” (una chitarra piccola a cinque corde), la “jarana” il “guitarron” (una specie di chitarra-basso a sei corde, abbastanza grande e con la parte sottostante convessa). Quest’ultimo produce un suono la cui estensione è una via di mezzo tra quello della chitarra classica e la “vihuela”. Alcuni gruppi usano anche la

fisarmonica ma questa non rientra nella loro tradizione musicale. La chitarra classica invece entrò a far parte della strumentazione musicale dei “mariachi” solo agli inizi del ‘900. L’abbigliamento è un altro aspetto particolare: il loro abito è il “charro”: stivaletti alla caviglia, sombrero, un fiocco particolare portato al posto della cravatta, giacca corta, pantaloni, cinturone, bottoni luccicanti sui lati esterni dei pantaloni e sulla giacca. I gruppi sono composti quasi esclusivamente da uomini e il loro repertorio include canzoni conosciutissime in tutto il mondo. La musica dei “mariachi” è l’espressione stessa del Messico: non esiste messicano che non ascolti tale tipo di musica. Attraverso i ritmi e i suoni e le parole delle canzoni dei “mariachi” si riesce a penetrare nella cultura messicana, scoprendone la bellezza e la capacità di combinare razze e culture. Andare in Messico e non ascoltare almeno una volta la musica dei “mariachi” è come andare a Parigi e non vedere la Tour Eiffel. O visitare Roma e non vedere il Colosseo.

GEOGRAFIA Il Messico si trova nella parte settentrionale del continente americano. Confina al nord con gli Stati Uniti, al sud con il Guatemala e il Belize, a ovest con l’Oceano Pacifico e ad est con il Golfo del Messico. La sua estensione territoriale è di 1.964.375 kmq, divisa in sei regioni turistiche. POPOLAZIONE 104.000.000 circa di abitanti ORDINAMENTO Repubblica federale composta da 31 stati e da 1 distretto federale. Ogni Stato ha una sua costituzione ed un governatore eletto direttamente. Il presidente della repubblica che è anche Capo del Governo viene eletto dal popolo ogni 6 anni. LINGUA La lingua ufficiale è lo Spagnolo. Ufficialmente sono riconosciute circa 62 lingue amerindie, tra le quali le più diffuse sono il “nahuatl” e la lingua “maya”. La meno diffusa è la lingua “lacadon” parlata da una esigua minoranza. Diffuso l’inglese RELIGIONE L’89% circa della popolazione professa la fede cattolica sebbene nella realtà un buon 25% continua in vari modi a praticare la religione degli antenati con riti immutati nel tempo, molti dei quali, celebrati pubblicamente, interessano non solo l’etnologo ma anche il viaggiatore attento. Il Santuari di Nostra Signora di Guadalupe, che si trova a Città del Messico, è il simbolo carismatico del cattolicesimo messicano. VALUTA Peso messicano, valore circa 13 centesimi di Euro (cambio a Giugno 2007). FORMALITA’ DI INGRESSO Per entrare nel Paese i cittadini di nazionalità italiana hanno bisogno del passaporto in corso di validità. Non è richiesto alcun visto per turismo (fino a 90 giorni di permanenza massima nel Paese). Durante il volo di andata Vi verrà fornita dalla compagnia aerea la dichiarazione o “certa turistica “(forma migratoria FMT) per la dogana ed il visto turistico; dovrete compilarli correttamente e presentarli in aeroporto al posto di frontiera. Il visto deve essere conservato e consegnato al momento dell’uscita dal Paese: il suo smarrimento potrebbe comportare fastidiose complicazioni e perdite di tempo. E’ molto importante inoltre fare una fotocopia delle pagine del passaporto contenenti la fotografia e portarle sempre con sé, saranno molto utili in caso di smarrimento dello stesso. Rammentiamo inoltre che dal 26 Ottobre 2004 coloro che transitano negli USA devono avere il passaporto a lettura ottica. Se il passaporto è stato emesso a partire dal 26 Ottobre 2005 è obbligatoria anche la fotografia digitale; se è stato emesso dal 26 Ottobre 2006 il passaporto deve essere elettronico o biometrico. In tutti gli altri casi è necessario il visto di entrata per gli USA che si ottiene tramite l’Ambasciata o il Consolato Americano della propria zona. Infine anche i bambini e i neonati necessitano del proprio passaporto individuale.

VACCINAZIONI

Nessuna obbligatoria. Di grande utilità sono le creme solari ad alta protezione, i repellenti antizanzare, i disinfettanti intestinali. Raccomandato bere soltanto bevande imbottigliate e non mangiare verdure crude.

CLIMA Per la sua vastità il clima del Messico varia a seconda della conformazione del territorio. Generalmente nelle pianure costiere, sia quelle sul Pacifico che sull’Atlantico, il clima è più caldo e umido. All’interno del Paese è invece più mite e temperato, soprattutto nelle zone più elevate (come Città del Messico). Durante l’estate (da Maggio a Settembre) c’è umidità ed è la stagione delle piogge: in questo periodo le precipitazioni sono frequenti e molto forti, ma di breve durata. Le regioni nord-occidentali, desertiche, hanno un clima estremamente caldo in estate; l’inverno è abbastanza mite, seppure in alcune zone la temperatura scende notevolmente; primavera ed autunno sono invece miti. Nella Costa Centrale del Pacifico il clima è caldo, con più umidità da

Maggio a Novembre. Tra Settembre ed Ottobre si possono verificare uragani. La penisola dello Yucatan è caratterizzata, in linea generale, da un clima caldo umido. La stagione delle piogge va da metà Agosto a metà Ottobre. Il periodo migliore per visitare lo Yucatan è durante l’inverno (da Novembre a Marzo), quando le temperature sono più miti e c’è meno tasso di umidità.

ABBIGLIAMENTO E’ bene mettere in valigia capi estivi o primaverili leggeri, un maglione o una giacca per le serate fresche, soprattutto a Città del Messico (2.200 mt. slm.) o in altre località di montagna. In inverno (da Novembre a Marzo) è raccomandato un abbigliamento adeguato, adatto alle basse temperature. Durante la stagione delle piogge (estate) portare con sé un impermeabile leggero. Raccomandiamo un abbigliamento pratico e calzature comode per le escursioni ai centri archeologici. CORRENTE ELETTRICA 110 volts. Occorre munirsi di adattatori per le prese americane (spine a lamelle piatte) e trasformatori. FUSO ORARIO I Messico ci sono tre diversi fusi orari: gli Stati centrali e la penisola dello Yucatan sono 7 ore in meno rispetto all’Italia; gli stati occidentali di Nayarit, Sinaloa e Baja California del Sur sono 8 ore in meno rispetto all’Italia; nel resto della Baja California ci sono invece 9 ore in meno. Durante l’ora legale in Italia aggiungere un’ora di differenza.

MANCE E’ obbligatorio lasciare il 15% di mancia nei locali e nei ristoranti in quanto non é compresa nel prezzo. Alla fine del viaggio Vi raccomandiamo di riconoscere una mancia alle guide ed agli autisti, eseguono il loro lavoro sempre con molta dedizione e professionalità. TELEFONO Nelle principali città del Messico è possibile utilizzare telefoni cellulari Tri-Band con gestori TIM e VODAFONE. La rete telefonica nazionale è di buon livello. Il costo delle chiamate è tuttavia piuttosto caro e Vi ricordiamo che Vi verrà addebitata anche una parte delle telefonate in ricezione. Per telefonare dall’Italia il prefisso è 0052 (Città del Messico: 00525); per telefonare dal Messico in Italia il prefisso da comporre è 0039 seguito dal prefisso teleselettivo della città seguito da quello del destinatario.

*** INFORMAZIONI TECNICHE ****

ASSISTENZA Se si dovessero verificare nel corso del viaggio contrattempi o problemi di una certa rilevanza, Vi preghiamo di rivolgerVi solo ed esclusivamente alla nostra sede di Città del Messico (il numero di telefono è nella documentazione allegata), potrete avere la massima assistenza evitando inutili perdite di tempo. AMBASCIATA ITALIANA: - Indirizzo: Paseo de las Palmas 1994-1996, Lomas de Chapultepec

Città del Messico Tel. 0052 555 5963655 Fax. 0052 555 5967710

E-Mail: [email protected] TASSE AEROPORTUALI Vi informiamo che le tasse aeroportuali nazionali e internazionali di uscita dal Paese e le tasse governative di non immigrazione sono comprese nel Vostro biglietto aereo e non devono essere pagate in loco. Vi invitiamo pertanto a mostrare i Vostri biglietti aerei al personale delle compagnie aeree al momento del check-in per evitare un doppio pagamento delle tasse sopraccitate, sia in entrata che in uscita dal Messico.

Può accadere talvolta che vi siano tasse governative da pagare localmente, che esulano dalle tasse inseribili nei biglietti aerei di nostra emissione, e che possono essere decise dai vari Governi senza preavviso. TRANSITO IN AEROPORTI INTERNAZIONALI Quando si effettua uno scalo intermedio e si prosegue il viaggio con una compagnia aerea diversa da quella iniziale, è preferibile ritirare e sdoganare i bagagli, ripetendo le operazioni di check-in e di accettazione bagagli con la compagnia prescelta per la destinazione finale. Tale operazione dovrà essere effettuata con una certa sollecitudine qualora il tempo di transito fosse inferiore a due ore.

VOLI INTERNI

Nel caso in cui dobbiate usufruire di voli interni, Vi preghiamo di farli sempre riconfermare dalla nostra sede di Città del Messico (il numero di telefono è nella documentazione allegata), poiché accade spesso che le compagnie aeree interne modifichino orari e/o numeri di volo anche a pochi giorni dalla data di partenza. Inoltre è necessario presentarsi in aeroporto per il check-in almeno 1 ora e mezza prima della partenza, soprattutto nel periodo di alta stagione.

VOLI DI RITORNO

E' consigliabile riconfermare i voli di ritorno entro le 72 ore dalla data di partenza tramite la nostra sede di Città del Messico (il numero di telefono è nella documentazione allegata) e presentarsi in aeroporto per il check-in almeno due ore prima della partenza, soprattutto nel periodo di alta stagione..

BAGAGLIO

Per i voli intercontinentali, a seconda della compagnia aerea, non è consentito portare più di due colli per persona, per un peso complessivo di 20 Kg. ed é accettato un bagaglio a mano a persona con dimensioni e peso variabili a seconda del vettore. Per i voli interni il peso del bagaglio consentito é di 20 Kg. ed é possibile portare un bagaglio a mano a persona. Vi consigliamo di includere nel Vostro bagaglio a mano eventuali medicinali di primaria importanza, nonché alcuni indumenti e oggetti di prima necessità da utilizzare nel caso in cui la compagnia aerea non consegni le Vostre valigie il giorno di arrivo. SMARRIMENTO O FURTO DI BIGLIETTERIA AEREA E’ bene tener presente che lo smarrimento o il furto di biglietteria aerea non sono coperti dalla Vostra polizza assicurativa. Pertanto dovrete acquistare in loco un nuovo titolo di viaggio e, al Vostro rientro in Italia, far pervenire presso i nostri uffici la denuncia effettuata presso le autorità di polizia della località dove è accaduto il fatto e la fotocopia della nuova biglietteria acquistata. Teniamo a precisare che il rimborso avverrà in base alla tariffa applicata per l’emissione del biglietto smarrito al netto delle penali applicate dalla compagnia aerea interessata e in osservanza delle eventuali regole tariffarie e restrizioni applicate al biglietto smarrito. OGGETTI SMARRITI Marcelletti Tour Operator non è responsabile dello smarrimento o del furto di oggetti personali durante il tour o all’interno delle camere negli hotels. Vi preghiamo quindi di voler prestare attenzione ogni qualvolta si cambia automezzo, località o albergo.

MALATTIA E/O RIENTRO ANTICIPATO Prima dell’effettuazione del pagamento di visite mediche, dell’acquisto di medicinali o di biglietteria aerea (nel caso di un rientro anticipato) è d’obbligo contattare la centrale operativa dell’assicurazione segnalata sulla polizza per avere le necessarie autorizzazioni alle spese. In caso di mancata comunicazione, la società assicurativa non accoglie la richiesta di rimborso di eventuali spese preventivamente non autorizzate. HOTELS Gli alberghi di lusso esistono soltanto nelle grandi città. Nelle altre località vengono riservati gli hotels migliori, ma nonostante ciò, non sempre corrispondono ai canoni di qualità ai quali i viaggiatori italiani sono abituati. Gli alberghi selezionati nelle loro rispettive categorie sono comunque i migliori reperibili in loco. Segnaliamo inoltre che in Messico, come nel resto del Centroamerica, non esistono camere a tre letti, ma camere doppie uso tripla con due letti da una piazza e mezzo.

CREDITO IN HOTEL

In tutti gli alberghi, per poter usufruire di credito senza dover pagare in ogni occasione le telefonate, gli alimenti, le bevande o qualsiasi altro servizio è necessario lasciare in deposito presso la cassa dell’hotel un cedolino debitamente firmato recante gli estremi della Vostra carta di credito. Al momento della partenza il cedolino firmato verrà compilato per l'ammontare del conto e verrà rilasciata la copia per il titolare. Questa procedura è di prassi e non si sono mai verificati inconvenienti o problematiche. TRASFERIMENTO IN HOTEL NEL CARIBE CON PROVENIENZA DA MERIDA: La nostra società propone diversi hotels situati sulla costa da Cancún a Tulum, dando un’ampia possibilità di scelta ai clienti. Può accadere quindi che, in determinati gruppi, i partecipanti effettuino il soggiorno mare in alberghi differenti: in questo caso il bus che accompagna i passeggeri ai rispettivi hotels, prima di completare l’intero percorso, dovrà fare delle brevi soste presso ognuno di essi, seguendo un itinerario determinato dalla loro ubicazione.

Parole Chiave

Lo spagnolo parlato in America Latina non presenta grandi difficoltà di pronuncia, perchè quasi tutte le lettere mantengono sempre lo stesso suono. La b e la v si pronunciano entrambe “b”; la c davanti alle consonati l,r o alle vocali a, o, u si pronuncia come in italiano; ma davanti alle vocali e, i come “s”; la ch si pronuncia come “ci” la g si pronuncia come una “h” aspirata quando precede la “e” e la “i”, altrimenti è dura; la h è sempre muta; la j si pronuncia come una “h” aspirata; la ll si pronuncia come “gli”; la ñ si pronuncia come “gn”; la q si usa solo nelle sillabe que, qui che sunano come “che”, “chi”; la x si pronuncia come “cs”; la y si pronuncia come “ie” ma in congiunzione soltanto “i”. la z si pronuncia come la “s”.

Aeroporto aeropuerto Là allá Ambasciata embajada Lontano lejos Aperto (a) abierto (a) Mercato mercado Arrivederci Hasta luego Molto (a) mucho (a) Banca Banco Nessuno ningún Buon giorno Buenos días Prego de nada Buon pomeriggio Buenas Tardes Qui aquí Buona sera Buenas noches Scheda telefonica tarjeta teléfonica Busta sobre Sconto descuento Carta di credito tarjeta de crédito Si sí Cartolina postale tarjeta postal Sigarette cigarrillos Chiesa iglesia Sigaro puro Chiuso (a) cerrado (a) Sinistra izquierda Città ciudad Spiaggia playa Commissariato delegación de policia Strada/via calle Denaro dinero Supermercato supermercado Destra derecha Telefono pubblico teléfono publico Diritto derecho Tintoria tintorería Entrata entrada Ufficio postale oficina de correos Fermata del bus parada del bus Uscita salida Francobollo estampilla Vecchio (a) viejo (a) Grande grande Vicino cerca Grazie (molte) (muchas) gracias Dov’è…. Donde está..? E’ troppo caro Está muy caro Non parlo spagnolo No hablo español Parla l’italiano? Habla Usted italiano? Perché? Por qué? Quanto costa? Cuánto cuesta? Emergenze Dolore dolor Dottore médico Farmacia farmacia Febbre fiebre Infermiera enfermera Malato enfermo Ospedale Hospital

Sono allergico a… tengo alergia a …. Sono diabetico soy diabético In albergo Aria condizionata acondicionador de aire Doccia ducha Asciugamano toalla Hotel hotel Camera habitación Lavanderia lavanderia Camera doppia habitación doble Letto matrimoniale cama matrimonial Carta igienica Papel higiénico Sapone jabón Chiave llave Toilette baño Numeri 1 - Uno 10 diez 100 cien 2 - Dos 20 veinte 1.000 mil 3 - Tres 30 treinta 10.000 diez mil 4 - Cuatro 40 cuarenta 100.000 cien mil 5 - Cinco 50 cincuenta 1.000.000 un millón 6 - Seis 60 sesenta 7 - Siete 70 setenta 8 - Ocho 80 ochenta 9 - Nueve 90 noventa

SHOPPING E ARTIGIANATO

“Huipil”

La tradizione artigiana del Messico offre innumerevoli prodotti, legati anche al territorio specifico di alcune regioni (il Chiapas o la zona di Taxco). Molto vasta la varietà di oggetti coloratissimi e decorativi, che si trovano sia nei mercati che nei negozi e altro non sono che una pregevole miscela di elementi spagnoli e messicani. Di bella fattura sono i monili in oro e argento (conveniente l’acquisto a Taxco, dove si trova la più grande vera d’argento). Un elemento essenziale della vita quotidiana messicana è il mercato, con un’abbondanza straordinaria di prodotti artigianali, tessuti, fiori, frutta e verdura e oggetti artistici. Già i conquistatori spagnoli rimasero sorpresi dalla grandezza dei mercati messicani, dalla varietà delle merci offerte e dalla perfetta organizzazione. Ed è nei mercati che si riescono a trovare gli oggetti d’artigianato forse meno perfetti ma per questo più veri, alcuni dei quali ancora fatti a mano: cappelli di paglia, cestini, vasi, abiti, sandali. Quasi un rito è l’uso della contrattazione sul prezzo. Una nota particolare va ai costumi tradizionali, che si possono acquistare sia nei mercati che nei negozi; ai gioielli che sono copie dei monili Maya, Aztechi e di altre culture preispaniche. Le tradizioni e le antiche tecniche sono ancora vive in alcune regioni ad alta concentrazione di popolazione indigena quali gli Stati del Chiapas, di Guerriero, di Nayarit, di Oaxaca. Nota: spesso gli acquisti con carta di credito subiscono un aumento che varia dal 5% al 7%.

ARTIGIANATO MAYA Molti gli oggetti di artigianato Maya, prodotti dalle comunità indigene e che sono comunque reperibili in tutto il Messico. È però nei mercati che si trovano gli oggetti più tradizionali. In questi mercati, abbastanza silenziosi, le contrattazioni avvengono generalmente a bassa voce senza

atteggiamenti aggressivi. Bancarelle di pane e dolciumi fatti in casa (dulces) si alternano a quelle di tortillas e di atole (focacce e pannocchie cotte). Particolarmente colorati i manufatti in pelle che recano disegni (pirografati) che ricalcano quelli delle civiltà per coloniali e sono dipinti con vividi colori. Il cuoio è molto morbido e scamosciato, tagliato con perizia e proviene dai pascoli del Messico meridionale. Belle e particolari le zucche lunghe che vengono sono tagliate, svuotate ed essiccate, per essere poi decorate con incisioni e pitture. Un tempo il colore giallo del fondo era estratto dal verme Nij, il rosso dalla bollitura di Oriana (Achiote) e il nero dal carbone di legno. Un altro prodotto tipico di questo artigianato sono le cinture, tessute su un ordito di cotone, di lana o più raramente di seta, adorne di motivi intessuti oppure ricamati. Hanno colori diversi a seconda dei villaggi. Possono essere arrotolate in vita nascondendone le estremità oppure annodate davanti e sul dorso. I TESSUTI

L’arte tessile è da sempre parte della tradizione messicana. Essa si esprime dei colori vividi e nei ricami che richiedono una lavorazione laboriosa ed altamente specializzata. I tessuti più belli si trovano nelle Terre Alte del Chiapas e del Guatemala. Nella Selva Lacandona, nello Yucatàn e nel Quintana-roo i tessuti sono più semplici. I modi di lavorazione e la composizione di alcuni disegni sono ancora simili a quelli del periodo della colonizzazione spagnola. I costumi tradizionali sono ancora oggi in voga, soprattutto in alcune località dove le tradizioni sono maggiormente conservate e tutelate. Permane ancora l’arte della tessitura con il telaio a pedale (è praticata dagli uomini), una macchina introdotta dagli Spagnoli. La cittadina o meglio il villaggio di Teotitlán del Valle (presso Oaxaca) è il più famoso per la produzione di coperte e tappeti artigianali, esportati in tutto il continente americano. Anche a San Pablito, un villaggio a nord di Puebla, la popolazione indigena Otomí produce tessuti adatti ad essere appesi, con colori e ricami molto vivaci. Molto belle le tovaglie e le borse a tracolla, ricamate con vivaci colori, che si trovano un po’ ovunque. L’AMBRA NEL CHIAPAS L'ambra è la linfa fossilizzata d’antiche foreste risalente a ventisette milioni di anni fa. Nel continente americano si trova solamente in un posto, nello stato del Chiapas, nel Messico meridionale, in una regione piovosa, nei paesi di Simojovel e Totolapa. Vi si trovano circa quindici miniere che impiegano operai, gli "uomini talpa", per scavare piccoli tunnel nella montagna, alla luce delle candele e con rudimentali attrezzi. Purtroppo occorre ricordare che, data la minima grandezza delle gallerie, i più adatti al lavoro sono bambini dai nove ai quindici anni che lavorano una decina d’ore il giorno per un compenso di circa due dollari. Questo tipo di lavoro mina la loro salute già in tenera età adolescenziale. L'ambra è la gemma per eccellenza dei Maya. Ancora oggi molte comunità spirituali ne incoraggiano l'uso per la purificazione delle anime, per difendersi dall'abuso di alcolici e come scudo al malocchio. Anche la scienza se ne interessa, per

gli organismi del cretaceo o del miocene che essa può contenere, suscettibili di essere geneticamente studiati, in quanto il loro DNA è integro. E’ lavorata con diversi utensili (mole e torni), con i quali ottengono ogni sorta di forma per la creazione di collane e braccialetti o, con i pezzi più grossi e preziosi, sculture artistiche. L’ambra più bella si trova a San Cristóbal de las Casas. I moltissimi negozi del centro offrono pezzi anche particolari a prezzi accessibili. LE CERAMICHE Le ceramiche messicane sono da sempre parte della cultura del Paese. Nei musei è possibile ammirare oggetti in fine ceramica, alcuni con disegni semplici ed altri con disegni più sofisticati. Molti degli oggetti eranor ecipienti per la conservaiozne dei cibi e per l’uso quotidiano. La zona di maggior produzione è nel territorio di Oaxaca, con ceramiche lucide, nere e sorprendentemente leggere. La zona ha un’argilla naturale. Esposta all’alternanza di un clima torrido e di piogge tropicali ben si adatta all’utilizzo per la produzione di vasellame con antiche tecniche artigianali. Le ceramiche sono prodotte dai membri di popolazioni con radici molto antiche. La tradizione è tramandata all’interno delle famiglie e si basa sulla produzione di vasi, brocche, ciotole per le necessità quotidiane ed è diffusa in più villaggi sparsi tra le valli e le montagne del territorio di Oaxaca. La lavorazione avviene senza tornio: i vasi prendono forma attraverso un accurato lavoro manuale, con l’aiuto di strumenti rudimentali, come un pezzo di zucca, una tavoletta poggiata su una pietra, due piatti rovesciati o una striscia di pelle. Il manufatto è poi esposto e fatto scaldare al forte sole del mattino e in seguito cotto in fuochi naturali all’aria aperta o in forni particolari costruiti artigianalmente. I villaggi in cui si producono queste ceramiche sono Amatenango del Valle (presso San Cristóbal de las Casas) e San Bartolo Coyotepec. L’ARGENTO A Taxco già nel 1534 furono scoperti filoni d’argento che, però, ben presto si esaurirono. Fu solo in seguito, nel 1716, che il francese Borda scoprì casualmente una delle vene argentifere più importanti del Messico. La prima vera produzione d’argento a livello semi-industriale avvenne, però, per opera di uno statunitense, William Spratling, che agli inizi del ‘900 si fermò a Taxco ed iniziò a produrre gioielli che erano la fusione di motivi pre-ispanici con le nuove tendenze dell’art-déco. Oggi a Taxco vi sono gioiellerie che producono oggetti in argento esportati in tutto il mondo. L’OSSIDIANA L’ossidiana è un minerale a base di silice con struttura amorfa (senza formazione di cristalli) e più precisamente un vetro naturale denso, generalmente privo di bolle, che si forma dal rapido raffreddamento della lava vulcanica. Il colore tipico è il nero. È molto utilizzata in Messico nella produzione di monili e insieme all’argento. Il nome di queste pietre, che si trovano in commercio anche levigate e pulite dello strato bianco esteriore, proviene da una leggenda che narra che il Grande Spirito le fece scaturire dalle lacrime delle squaws indiane per la morte dei loro uomini in Arizona. Si afferma che portino fortuna a chi le possiede: la persona, infatti, non piangerà più in quanto le squaws indiane hanno già versato le loro lacrime al posto suo. LE MASCHERE La produzione delle maschere in Messico risale al periodo prima della colonizzazione spagnola. Erano indossate durante i rituali magici degli sciamani, dando vita a danze mascherate di particolare suggestione. Il legno ed il cuoio sono il maggior materiale utilizzato per la creazione delle maschere, sebbene se ne trovino anche in cartapesta, argilla o cera. Le maschere sono decorate con piume e altri ornamenti, per renderle molto più simili al soggetto che rappresentano. La più gran varietà di maschere proviene dalla parte meridionale dello Stato di Guerrero. Alcune sono abbastanza antiche, ma consigliamo, se non si è intenditori, di acquistare le maschere che soddisfano il proprio desiderio e il cui prezzo sembra adeguato alle proprie tasche. ZUCCHE E OGGETTI DI LEGNO I gusci delle zucche e di alcuni frutti duri sono molto utilizzati fin dall’antichità per produrre scodelle, recipienti e sonagli per bambini. Nel periodo pre-ispanico erano decorate. Poi si passò ad una fase di laccatura che dava risultati ancora più belli. Anche il legno è lavorato e laccato. Oggetti e mobili caratteristici di legno provengono da Olinalá; altre località dove si producono oggetti tradizionali in legno con Chiapa de Corzo (nel Chiapas); Urupan e Pátzcuaro nello Stato di Michoacán, Nel nord, invece, nello Stato di Sonora, gli Indios Seri producono sculture lignee dette “palo fierro”: il legno duro è finemente lavorato fino a creare straordinarie sculture con forme umane, animali o creature marine. I Tarahumara producono bambole, animali e giocattoli in legno.

PITTURE SU AMATE Sono le famose pitture su corteccia, vendute ovunque in Messico. Sono coloratissime e molte riproducono la vita del villaggio nei minimi particolari. La tecnica per creare l’amate è ancora viva in una parte remota del Messico centrale: sono le donne che la preparano, facendo prima bollire la corteccia che è poi distesa e battuta. STRUMENTI MUSICALI Il Messico è sinonimo di chitarra, lo strumento musicale per eccellenza. Le chitarre migliori sono prodotte a Paracho, nello Stato di Michoacán. Qui sono prodotti anche altri strumenti a corda quali viole, violini e violoncelli. Moltissimi i negozi ed i laboratori. Nel mese di Agosto si celebra anche un festival della chitarra. Non si possono inoltre dimenticare maracas, tamburelli, tamburi e altri strumenti reperibili in quasi tutti i mercati e negozi.

LA CUCINA MESSICANA

La cucina di ogni Paese è parte integrante della sua identità e possiamo ben affermare che essa è anche la sua memoria storica. Quella messicana nasce dall’incontro del Nuovo Mondo con il Vecchio Mondo, è la sintesi della fusione della cultura Maya con quella Spagnola, portata dai “conquistadores” nel 1500. Ad essa si sono poi aggiunti prodotti provenienti dall’Africa e da tutte le onde migratorie che hanno visto l’America come la tappa finale. Ne è scaturita una cucina colorata, speziata, ricca di gusti particolari, talvolta anche forti, ma che esprimono il carattere di una terra in continua evoluzione, che conserva vivo dentro di sé il ricordo di un passato che non è estinto. Per agevolare le Vostre scelte e per comprendere a fondo la complessità della cucina messicana, troverete qui di seguito una guida facile e di rapida consultazione nella quale Vi vengono fornite informazioni pratiche e la descrizione dettagliata dei piatti. D.H. Lawrence scriveva che “il Messico ha un leggero profumo molto particolare, come ogni essere umano”. Profumo di chili, di tortillas, di maíz, di frijoles, di cerveza, di tequila. Un profumo intenso, che stuzzica l’appetito. Si spande dalle finestre delle case, dalle sale dei ristoranti e dai mercati. Infiniti gusti e sapori di piatti, differenti da regione a regione, frutto di una fantasiosa creatività tramandata di generazione in generazione. Anche gli Spagnoli di Cortés ne furono sedotti, e scoprirono nuovi alimenti che portarono in Europa facendo lauti guadagni: patate, pomodori, cacao, vaniglia, granoturco, zucche, peperoni, avocados, arachidi, ananas, papaye, manghi, guayabe. Il consiglio che è bene prendere in considerazione è di iniziare a provare le specialità di questa cucina dopo un paio di giorni che si è in Messico, in modo da lasciare che l’organismo si sia abituato al fuso orario. Inoltre, se non desiderate mangiare molto piccante sappiate che la “salsa picante” viene portata in tavola sempre a parte. QUANDO SI MANGIA? SEMPRE! I messicani consumano tre pasti al giorno. Si inizia la mattina con un’abbondante prima colazione (desayuno) che solitamente è sontuosa: caffè o tè, panini tondi dolci (pan dulce), succo di frutta, frutta tropicale, toast con burro e marmellata, uova che possono essere strapazzate con pomodori, chili e cipolla (huevos a la mexicana), oppure fritte all’occhio di bue con prosciutto e pancetta (huevos estrellados), oppure fritte e servite su una tortilla di mais, cosparse di salsa di pomodoro piccante (huevos rancheros). Gli antojitos, ovvero “piccoli capricci”, che compaiono su alcuni menù con i nomi especialidades mexicanas o platillos mexicanos, sono spuntini o piatti leggeri tradizionali messicani. I burritos, i tacos, le enchiladas, le quesadillas, i tamales e le tortas sono tutti antojitos e alcuni costituiscono da soli un piccolo pasto. Si possono consumare in qualunque momento della giornata, da soli o come apertura di un pasto più abbondante. Ne esistono innumerevoli varietà, alcune delle quali tipiche di zone specifiche. Ci sono poi le botanas, “stuzzichini” come mandorle, olive, totopos, tamales e tutte le varianti delle tortillas. Si prosegue con la seconda colazione che può essere un pasto leggero (almuerzo) o un pranzo vero e proprio (comida). E’ il pasto principale della giornata ed è servito tra le ore 13 e le 16. Consiste in un primo piatto a base di riso o di zuppa di verdura, un secondo di carne o pesce con contorno di verdure. La cottura della carne può essere al sangue (roja), media (termino medio) e ben cotta (bien cocida). E per finire l’immancabile dessert: il flan, una specie di crème caramel al forno; l’arroz con leche, riso con latte, zucchero e cannella; la cajeta, dolce fatto con latte e zucchero. L’aperitivo (hora feliz) si prende dalle ore 18 alle 20: margarita o quant’altro con qualche stuzzichino, tacos, bocadillos (panini) e botanas. La giornata gastronomica dei messicani si conclude con la cena, dalle ore 21 alle 23, che consiste quasi sempre in un pasto leggero, solitamente una zuppa o una crema.

TORTILLAS La tortilla è il simbolo della cucina messicana, dato che praticamente non ci sono cibi che non vengano accompagnati da queste focaccine ancora fumanti, spesso usate addirittura come piatti o cucchiai. In quasi tutto il Messico le tortillas si preparano con uno speciale impasto, la masa harina, che si ottiene macinando la farina di mais, che viene poi cotta insieme ad una piccola quantità di calce e lasciata seccare all’aria. Viene quindi lavorata manualmente e cotta su una piastra (di ferro o di terracotta) detta comal. Nel Nord del Paese le tortillas vengono fatte con la farina di grano ed hanno pertanto un gusto più delicato e simile alla nostra piadina. Le tortillas prendono nomi diversi a seconda del tipo di preparazione e del ripieno utilizzato:

Tacos

I tacos sono tortillas di mais (a volte possono essere utilizzate anche tortillas di farina di grano) sottili e morbide, farcite con ingredienti a scelta e arrotolate, vengono servite principalmente come antipasti. I tacos più conosciuti sono: Tacos con carne di manzo o di pollo o di maiale (Tacos al Pastor), Tacos alle uova, Tacos con pesce, Tacos al formaggio, tutti accompagnati da diverse salse piccanti e non, da aggiungere a piacimento.

Tostadas Le tostadas sono tortillas di mais piccole e molto sottili, fritte in olio bollente fino a renderle croccanti. Sono la base su cui viene spalmata una purea di fagioli, aggiunta carne di manzo o di pollo o di maiale sfilacciata o bocconcini di pesce, insalata tagliata a julienne, formaggio, fagioli e ricoperte da varie salse.

Enchiladas Sono tortillas di mais farcite con carne di manzo o pollo, maiale, salsiccia, formaggio, patate e uova. Vengono tostate, arrotolate e quindi ricoperte di salsa enchilada (pomodoro e peperoncino piccante) e formaggio fuso.

Quesadillas L’equivalente delle nostre piadine: sono fatte con tortillas di farina di grano, ripiene a scelta con formaggio, verdure, funghi e prosciutto, poi ripiegate a semicerchio e cotte in padella, vengono servite accompagnate da varie salse.

Chalupas Sono piccole tortillas di mais più spesse delle normali ricoperte di carne di manzo, pollo, olive, avocado, cipolla, salsa piccante e panna acida.

Gorditas o Picaditas Piccole tortillas di mais più spesse delle normali dal bordo rialzato a formare una specie di cestino e cotte in padella da entrambi i lati. Vengono farcite con salsa Guacamole, ricoperte di formaggio grattugiato e ripiene di carne di maiale, pollo sfilacciato, salsiccia rosolata, crema di fagioli e salse varie.

Burritos Grossi tacos preparati con tortillas di farina di grano, farciti con carne di manzo, uova, cipolla, verdure e patate e arrotolati, di solito sono accompagnati da fagioli neri e salse piccanti.

Flautas Sono simili ai tacos di tortilla di mais, farciti con ingredienti a scelta e arrotolati, ma saltati in padella.

Tamales

La masa harina viene mescolata insieme a brodo di pollo, carne a pezzettini e avvolta in foglie di mais o banano e cotta al vapore.

Totopos Sono i croccanti pezzettini tostati di tortilla di mais, che vengono consumati all’inizio di ogni pasto intinti nella salsa Guacamole (della quale si parla più avanti) o nel purè di fagioli.

Chilaquiles Questo piatto è composto da uova strapazzate condite con salsa di pomodoro, peperoncino piccante e guarnite con totopos e coriandolo fresco. La masa diluita è l’ingrediente principale per preparare l’atol, una bevanda a base di farina di mais, cotta con acqua, sale, zucchero e latte e il champurrado, una cioccolata calda.

FAGIOLI I fagioli insieme al mais, cucinati in molti modi e utilizzati in tutti i pasti, dalla colazione alla cena, sono un alimento base della cucina messicana. In Messico si trovano fagioli per lo più essiccati, di tutte le dimensioni e di tutti i colori: neri, marroni, viola, bianchi, screziati ed anche gialli. Prima della cottura vengono messi in ammollo in acqua fredda per un tempo variabile ma che mediamente può aggirarsi intorno alle 12 ore. La cottura viene fatta in abbondante acqua salando solamente alla fine, così da evitare l’indurimento della buccia. La purea di fagioli neri viene usata principalmente come contorno ai secondi piatti, ma ci sono anche pietanze a base di fagioli, tra cui:

Frijoles Refritos La base di questo piatto è composta da un soffritto di cipolla tritata e peperone verde tagliato a julienne. I fagioli precedentemente lessati vengono schiacciati ed uniti al soffritto. Il tutto viene insaporito con coriandolo e formaggio fresco sbriciolato.

Zuppa di Fagioli alla Messicana Questo piatto è realizzato con un soffritto a base di cipolla, pancetta e aglio ai quali vengono aggiunti i fagioli precedentemente cotti e trasformati in purea. Il tutto guarnito con tortillas tagliate a piccoli rombi.

Fagioli Charros Fagioli neri lessati e cotti insieme a salsiccia o pancetta a pezzi, cipolla, pomodori a pezzettini, peperoncino e alloro. Il tutto viene bagnato con la birra.

IL CHILE Peperoncini e peperoni sono due elementi tipici della cucina messicana e conferiscono ai vari piatti un sapore caratteristico. Ne esistono molte varietà: per i messicani del Sud, discendenti dagli antichi Maya decimati dai conquistadores spagnoli, c’è soltanto l’esplosivo Habanero, per quelli del Nord, discendenti dai quei crudeli invasori, esiste solamente il piccante Jalapeño. Per i turisti al di sopra delle parti la scelta spazia tra 150 tipi di peperoncini rossi, verdi, arancio, gialli, neri, rosa. Possono essere lunghi come fagiolini, piccoli come noci, grandi come melanzane. Si possono consumare freschi, farciti, grigliati, saltati in padella. Le bancarelle dei numerosi mercati e mercatini ne sono stracolme, le especiarías (negozi specializzati) offrono un assortimento di confezioni già pronte o da comporre al momento. Qui di seguito alcuni tra i peperoncini più comunemente utilizzati:

Chile ancho Piccolo peperone di colore rosso scuro è fra gli ingredienti del mole; in Messico è considerato piuttosto dolce, ma per il gusto europeo è comunque molto piccante.

Chile chiplote

Peperoncino di forma appuntita di colore rosso o verde, viene essiccato ed affumicato, estremamente piccante.

Chile guajillo Peperoncino piccante lungo e stretto di colore rosso, si usa essiccato e viene preparato mettendolo a bagno in acqua oppure arrostito e tritato finemente.

Chile guero

Peperoncino di gusto dolce e aromatico, è detto anche biondo perché di colore giallo chiaro, viene usato solo fresco.

Chile habanero

Peperoncino di colore rosso scuro, viene consumato in salsa mettendolo a bagno nell’acqua e limone dopo averlo arrostito in padella o al forno. Estremamente piccante, è di largo consumo nello Yucatan.

Chile jalapeño

É il peperoncino più usato, piccante, di forma appuntita può essere verde o rosso ed è utilizzato fresco o conservato.

Chile pasilla

Peperoncino di colore marrone scuro da fresco, diventa quasi nero quando è secco. Non è piccante ma è molto saporito.

Chile piquin

Peperoncino piccolo e rosso, piuttosto piccante, viene usato essiccato.

Chile poblano Simile ad un piccolo peperone verde, non è piccante e viene usato come contorno o farcito con carne o pesce.

Chile serrano

Piuttosto piccante, di forma allungata e di colore verde chiaro si usa fresco tagliato ad anellini in aggiunta a salse, carne e pesce alla griglia. Elenchiamo alcuni piatti a base di chile che potrete facilmente trovare nei ristoranti. Chile Relleno Peperone verde Poblano farcito con formaggio, carne, tonno o altro passati in uovo e farina, quindi rosolato ed accompagnato da salse varie. Chile con queso Peperone verde Poblano infarinato e fritto, farcito con una fetta di formaggio e guarnito con salsa di pomodoro, cipolla, chiodi di garofano e cannella. Chile con flor de calabaza Peperone verde Poblano, farcito con formaggio e fiori di zucca, infarinato e fritto in olio. Viene guarnito con salsa Guacamole e coriandolo. Chile frío al atún Peperone verde Poblano, cotto in tegame insieme a cipolla e aglio, ripieno di tonno sminuzzato con cipolla tritata, piselli e pomodori. Va servito freddo. Chile in salsa verde Peperone Ancho cotto in padella, farcito con una fetta di formaggio e rosolato. Viene servito con un sugo di pomodori e carne tritata. Toritos de pescado o de camarones Chile serrano ripieno di pesce o di gamberi, cotto al forno e servito con salsa di soia.

LE SALSE Senza le gustose “salsas “ la cucina messicana è impensabile: le salse sono l’elemento essenziale di ogni menù e in tutto il territorio Messicano sono sempre presenti sulle tavole sia nelle case che nei ristoranti e si accompagnano a carne e pesce, in tutte le loro differenti preparazioni. In Messico le salse sono sempre servite a parte quindi dopo averle sperimentate ed imparato a distinguerle potrete utilizzarle nella quantità e nella varietà preferita. Vi elenchiamo le salse che troverete facilmente in tutti i ristoranti:

Salsa Roja Salsa fredda al chili per carni e uova a base di pomodoro, chile jalapeño, cipolla, aglio, coriandolo, olio.

Salsa Mexicana La classica salsa fredda piccante per totopos e entradas onnipresente in ogni ristorante messicano. Viene preparata con pezzettini di pomodoro, cipolla, chile serrano fresco piccante e coriandolo.

Salsa endiablada Slsa fredda piccante per accompagnare tortillas, enchiladas e quesadillas. Viene preparata con chiles anchos essiccati, cipolla e aglio.

Salsa verde o de Tomatillo I Messico i tomatillos, frutto simile a un pomodorino verde dal gusto tra il limone ed il pomodoro, sono usati prevalentemente nelle preparazioni delle salse per il loro sapore molto particolare. Questa salsa è preparata con tomatillos, chile jalapeño, brodo di pollo, aglio, succo di lime e coriandolo.

Mole Qesta salsa sostanziosa prende nomi diversi a seconda della regione, il più conosciuto ed apprezzato è il Mole Poblano che viene preparato nell’omonimo Stato di Puebla. E’ una salsa che accompagna le carni e viene servita eccezionalmente insieme alla pietanza, gli ingredienti che lo compongono sono cipolle, aglio, chile guajillos, chile anchos, chile pasillas, olio, pomodori, mandorle, arachidi, sesamo, cannella, anice, uvetta, chiodi di garofano, coriandolo e cioccolato fondente. Anche il Mole verde è molto apprezzato, è un’alternativa al Mole Poblano ed è preparato con: cipolle, aglio, tomatos, mandorle, noci, semi di zucca, chile jalapeño, chile poblano, chile serrano.

Guacamole La salsa più diffusa e la più conosciuta, un elemento molto importante sulla tavola di ogni messicano che si rispetti. Questa salsa molto densa viene portata sempre a tavola nei ristoranti e nelle case all’inizio del pranzo insieme a totopos e patatine di tortillas in attesa di servire l’aperitivo o prendere l’ordinazione. Si accompagna bene anche a verdure cotte al vapore o a formaggi fusi, i famosi “queso fundido”, è essenziale nella preparazione dei tacos di carne o di pollo. La salsa è preparata con pomodori, cipolla, chile jalapeño, avocado, succo di lime, coriandolo.

LA CARNE Gli abitanti originari del Messico si nutrivano di mais, fagioli, avocado, peperoni, zucche e pesce. Si trattava di un’alimentazione molto equilibrata, anche se non particolarmente varia. Dapprima il consumo di carne era limitato, poi aumentò soprattutto tra le classi più elevate della popolazione. Il grande cambiamento avvenne con i Conquistadores spagnoli ed ebbe così inizio la pratica dell’allevamento, ora diffusissima in Messico, soprattutto al Nord. In Messico è molto apprezzata la carne di maiale, e viene preparata secondo il modello spagnolo; ad esempio i chicharrones, pezzi di cotenna secca di maiale, o il chorizo, la salsiccia piccante, o la longaniza, un altro tipo di salsiccia. Al Nord si preferisce la carne di manzo, la

migliore in assoluto in tutto il Nord e Centro America; costituisce la prima voce nell’esportazione verso gli Stati Uniti, primo cliente per il consumo della carne messicana. Altrettanto apprezzato è il pollo, che a seconda delle regioni viene preparato con salse diverse ed è molto gradito come ripieno per tacos, tortillas, tamales e enchiladas. Il tacchino fa la sua comparsa sulle tavole messicane soprattutto nei giorni di festa, accompagnato da salse tipiche. Qui di seguito riportiamo i piatti di carne maggiormente diffusi nei ristoranti della Repubblica Messicana. Fajitas de res o de pollo Julienne di carne di manzo o pollo, marinata insieme a peperoni e cipolla, viene servita su un piatto di pietra lavica o di acciaio bollente Filete de res a la parrilla Filetto di manzo ai ferri e accompagnato da verdure, riso e fagioli neri Arrachera Entrecote di manzo marinata al limone e cotta alla piastra, viene servita con patate fritte Cecina Carne di manzo o di maiale salata e fatta seccare al sole, viene cotta in padella Sabana Paillard simile alla nostra bistecca di manzo, tagliata molto sottile, viene cotta alla piastra Lomo Lombata di manzo cotta alla piastra o in padella Filet mignon Cuore di filetto alla griglia di solito servito con patate Brocheta Spiedino di carne di manzo, pollo, maiale, pancetta, prosciutto, cipolla e peperoni, viene cotto alla piastra, condito con un filo d’olio e spolverato con pepe macinato Tampiqueña Entrecote di manzo cotta alla piastra e servita con salsa Guacamole, purea di fagioli neri e peperoncino a parte Chuletas Costolette di maiale alla griglia accompagnate con verdure Rib eye Bistecca di costa alla griglia New York Controfiletto alla griglia T-bone Costata di manzo alla griglia

IL PESCE Grazie ai suoi molti chilometri di coste, il Messico possiede una grande abbondanza di pesci e crostacei e altrettanto numerosi sono i modi per prepararli. Il pesce tipico del Messico è il huachinango (dentice) ed ha una carne di ottima qualità, ci sono anche: pesci spada, sgombri, seppie, merluzzi, ombrine, orate, branzini e molti altri pesci a noi meno noti. Non bisogna dimenticare infine i crostacei, come gamberoni, astici, aragoste, e i molluschi come le ostriche. Nell’entroterra sono diffusi i gamberi secchi di tutte le dimensioni e il bacalao, il merluzzo essiccato e salato secondo il modello spagnolo e portoghese.

Qui di seguito troverete i piatti a base di pesce maggiormente diffusi in Messico. Ceviche Cocktail di pesce tagliato a dadini composto da: gamberi, calli di mare, ostriche, polipo, calamari, lumache di mare, il tutto marinato nel limone e condito con una salsa a base di pomodori, cipolla, peperoncino, origano, pepe e coriandolo, viene spesso servito con pane tostato o crackers. Huachinango a la Veracruzana Con questa ricetta vengono cucinati diversi tipi di pesce, ma il più usato e saporito è il Huachinango (dentice), che viene cotto intero in una salsa tipica dello stato di Veracruz e composta da: pomodori a pezzetti, olive nere, capperi, cipolla, peperone verde e coriandolo. Filete de pescado al mojo de ajo Filetto di pesce cotto in padella con una salsa di aglio e burro Filete de pescado empanizado Filetto di pesce infarinato e fritto in olio Langosta a la plancha Aragosta alla piastra, è servita con burro fuso o salsa di aglio o altro Brocheta de camarones Spiedino di gamberoni con peperoni dolci e cipolla, cotto alla piastra e servito con salsa di coriandolo o di aglio Mariscada Trionfo di pesce di tutti i tipi, sia arrosto che sauté: ostriche, aragosta, huachinango, almecas, polipo, granchio. Vista la varietà di pesce presente in Messico, riportiamo di seguito un elenco dei pesci più comuni con accanto la loro corrispettiva traduzione initaliano che Vi aiuterà nella scelta: Robalo: branzino Almecas: fasolarie Mero: labro Ostiones: ostriche Dorado: orata Langosta: aragosta Huachinango: dentice Atún: tonno Bacalao: merluzzo Cangrejo: granchio Pulpo: polipo Cabrilla: pesce vela Camerones: gamberi Pagro: pargo Pez espada: pesce spada Langostinas: scampi

I DOLCI E LE BEVANDE Aromatici papaie e manghi, succosi ananas, meloni e agrumi, gustose banane o noci di cocco: questi e altri frutti erano noti agli Indios come dessert già prima della conquista spagnola. Come i loro antenati, i messicani mangiano volentieri questi frutti alla fine del pasto, ma oggi li consumano anche sotto forma di rinfrescanti sorbetti, gelatine, canditi o fantasiosi dessert. Il rompope, una densa crema di uova, proviene da un convento di Puebla e viene usata in vari modi, per esempio per fare budini o arricchire la frutta; consumata come bevanda alla fine di un pasto prende il nome di licor de café, liquore al caffè. Con il pan dulce, un tipo di pane dolce generalmente consumato durante la prima colazione, e con le torte i messicani bevono il cafè de olla, un caffè aromatico preparato in una terrina di cotto, oppure la cioccolata calda. Durante le feste vengono preparati dolci speciali: il giorno dell’Epifania per esempio si cuoce la rosca de reyes, o ciambella dei re magi, un dolce di pasta lievitata. Il giorno dei morti invece si cucina il pan de muertos, un dolce spolverato di zucchero e con decorazioni di ossa e di lacrime.

In Messico è presente una vastissima scelta di bevande. In effetti in un Paese così caldo dissetarsi è molto importante e i messicani hanno inventato alcuni sistemi per provvedere a questa necessità.

- Bevande a base di frutta e di verdura Famosissimi i refrescos, bibite gassate, e gli jugos de fruta, i succhi di frutta preparati con la vasta varietà di frutti tropicali messicani e alcuni tipi di verdura. I licuados sono miscele di frutta o succo con acqua e zucchero. Nei licuados con leche si sostituisce l’acqua con il latte. Le combinazioni possibili sono deliziose e praticamente illimitate. Le aguas de fruta vengono fatte aggiungendo acqua e zucchero ai succhi di frutta o agli sciroppi ottenuti dai semi dei frutti schiacciati. - Tè o caffè Il comune caffè messicano, coltivato vicino a Cordoba, a Orizaba, nel Chiapas e nel Oaxaca è aromatico ma spesso viene servito leggero, somiglia molto al caffè americano. Tuttavia per la fortuna delle persone assuefuatte alla caffeina ora si stanno diffondendo vari tipi di caffè più forti, autoctoni o di importazione. Alcuni locali servono caffè biologico messicano proveniente dal Oaxaca o dal Chiapas. Il tè locale, confezionato in bustine, riserva profonde delusioni agli amanti di questa bevanda. - Alcoolici Il Messico produce una grande varietà di bevande alcooliche utilizzando l’uva, i cereali e il cactus. Non c’è villaggio che non abbia uno spaccio di vendita di superalcoolici (cantina). Oltre al famoso tequila, trovate il pulque, ottenuto dall’aguamiel, succo estratto dal maguey, una varietà di agave, ed ha una gradazione alcoolica bassa. Noto agli Aztechi con il nome di octli, era considerata una bevanda sacra da offrire agli dèi. Le fabbriche di birra furono introdotte in Messico dagli immigrati tedeschi alla fine del XIX secolo. Oggi il Paese ha diverse grandi fabbriche che producono più di 25 marche di birra tra chiara e scura, molte delle quali sono ottime. Corona, Sol, Dos Equis, Bohemia, Superior, Negra Modelo, Modelo Especial e Tecate sono le più note tra le marche esistenti. Berla è quasi un rito: gli uomini si recano nelle amatissime cantinas a bere grandi quantità di cerveza fría, posti dove fino a pochi anni fa non potevano entrare le donne. Il vino è assai meno diffuso della birra e del tequila e i vini di produzione locale di solito sono più economici fra quelli offerti dai ristoranti messicani, ma le poche grande aziende vinicole del Paese, situate tutte nella zona di Ensenada in Baja California, offrono prodotti di buona qualità.

IL TEQUILA La piccola città di Tequila ha conquistato una notorietà che è evidentemente dovuta alla fama che si è guadagnata l’omonimo distillato. Si trova nello Stato di Jalisco, nelle vicinanze di un vulcano spento, circondata a perdita d’occhio da campi di agave, la pianta che fornisce la materia prima per la preparazione dell’alcoolico. Esistono centinaia di tipi di agave, ma secondo la legge messicana il tequila deve contenere almeno il 51% di estratto di agave tequilana, una varietà che cresce solamente nei dintorni di Tequila. Il procedimento per ottenere il prodotto finale è il seguente: la polpa delle piante di almeno una decina di anni viene dapprima tostata e poi sminuzzata e compressa per ricavarne il succo. Al liquido ottenuto si aggiunge lo zucchero e il tutto viene lasciato fermentare per quattro giorni prima di passare alla distillazione. Dopo la distillazione, il liquido si versa in botti di quercia, dove verrà lasciato riposare per un periodo che può andare dai quattro mesi ai sette anni, in modo che assuma il tipico colore dorato, in questo caso prende il nome di Reposado. Se viene consumato fresco ha un colore trasparente, come la nostra grappa. Gli aromi del tequila sono tre:

• aroma primario: proviene dall’agave e dal mosto ed è caratteristico dell’agave. E’ più o meno intenso a seconda dell’agave e dello stato di maturazione dello stesso. Si avverte in un primo momento, appena si versa il tequila e prima di agitare la coppa;

• aroma secondario: proviene dalle molteplici sostanze elaborate durante la fermentazione alcoolica. L’odore del tequila giovane è una miscela di aromi primari e secondari. Si avverte agitando il tequila nella coppa;

• aroma terziario: viene prodotto durante l’invecchiamento del tequila ed è provocato da sostanze trasformate durante il processo e l’evoluzione degli aromi primari e secondari. E’ quello che si chiama bouquet e non deve essere interpretato come sinonimo di aroma, visto che questo è l’odore solamente del tequila invecchiato.

Il consumo del tequila è circondato da un’aura mistica quasi paragonabile a quella della cerimonia giapponese del tè. Ecco le regole che secondo gli intenditori bisogna osservare se non si vuole fare la figura del dilettante:

1) inumidire il dorso di una mano con la saliva e cospargerlo di sale 2) leccare il sale 3) bere il tequila tutto d’un fiato 4) succhiare uno spicchio di lime 5) leccare nuovamente il sale.

Naturalmente, nessuno impedisce di sorseggiare il tequila con maggiore moderazione, come si farebbe con un bicchiere di brandy, anzi alcuni veri amanti di questo liquore sostengono che se il tequila è di buona qualità, è uno spreco berlo tutto d’un fiato. Quando il tequila viene bevuto liscio, senza aggiunta di sale o altro, si dice “bere un tequila derecho”. Il tequila si gusta puro oppure in cocktail. Di seguito riportiamo i più celebri: Tequila Boom Boom: è composto da tequila e Sprite. Si versano gli ingredienti in un classico bicchierino di vetro, il “cavallito”, e lo si copre con un tovagliolo, si batte il bicchierino sul tavolo con due colpi decisi (boom-boom) e si beve tutto d’un fiato Tequila Sunrise: è composto da tequila, succo d’arancia e granatina. Si versano gli ingredienti nello shaker, si agita bene e si serve in bicchieri guarniti con una fetta d’arancia e ghiaccio Margarita: è composto da tequila, Cointreau, succo di lime e ghiaccio tritato e va bevuto in una coppa con il bordo appena incrostato di sale. Si versano gli ingredienti nello shaker, si agita a lungo e infine va versato il contenuto nelle coppe precedentemente preparate Tequila e Sangrita: tipico aperitivo messicano, è composto da due bicchierini contenente il tequila e la sangrita (un succo di pomodoro, lime e chili). Si beve prima il tequila e subito dopo la sangrita Tequini: è composto da tequila e Vermouth dry. Si versano gli ingredienti nello shaker, si serve con una ciliegia o un’amarena e si aggiunge soda a piacimento. Infine, oltre al tequila è molto conosciuto il mezcal, un liquore che si ottiene dopo la prima distillazione dei frutti di agave. Ha un sapore molto particolare e si beve solitamente liscio. La sua particolarità è di essere tenuto in bottiglie in cui viene introdotto un verme (il gusano, parassita dell’agave) che gli conferisce il sapore caratteristico.

GLOSSARIO Aceto vinagre Il conto per favore la cuenta por favor Acqua calda agua caliente Latte leche Acqua fredda agua fría Lattuga lechuga Acqua gassata agua con gas Limone limon Acqua minerale agua mineral Lista dei vini lista de vinos Acqua naturale agua natural Maiale cerdo Aglio ajo Manzo res Alla griglia a la parrilla Melone melon Alla piastra a la plancha Menù menú Al vapore al vapor Olio aceite Ananas piña Olive aceitunas Aragosta langosta Ostriche ostiones Arancia naranja Pane pan Banana platano Pasta pasta Bicchiere vaso Patate papas Birra cerveza Pepe pimienta Burro mantequilla Peperoncino chile Caffè café negro Pesce pescado Carota zanahoria Piselli chicharos

Carne carne Polipo pulpo Cena cena Pollo pollo Cipolla cebolla Pomodoro tomate Coltello cuchillo Pranzo almuerzo Cucchiaio cuchara Prima colazione desayuno Cucchiaino cucharilla Prosciutto jamón Dessert postre Riso arroz Fagioli frijoles Ristorante restaurante Forchetta tenedor Sale sal Formaggio queso Salsiccia di maiale chorizo Fragole fresas Sandwich emparedado Frutti di mare mariscos Succo di frutta jugo de fruta Frutta fruta Tacchino pavo Funghi champiñones Tè té Gamberi camarones Tonno atún Gamberoni camarones gigantes Verdure verduras Gelato helado Vino bianco vino blanco Ghiaccio hielo Vino rosato vino rosa Granchio cangrejo Vino rosso vino tinto Insalata ensalada Zucchero azúcar

IL CIOCCOLATO Mito e storia di un celebre e raffinato alimento

Il cioccolato: dono della natura, delizia della mente e del palato, la bevanda più amata, quella che mette fuoco e ardore nelle vene, buonumore e buona disposizione verso gli altri. E i meravigliosi cioccolatini o le magiche tavolette alle quali si chiede conforto quando ci si sente un po’ abbattuti. Per questo saggi e scrittori di ogni epoca ne hanno sempre decantato le proprietà terapeutiche. Ci fu un tempo in cui la polvere di cacao, mescolata con altre spezie e allungata con acqua calda era considerata una “bevanda divina”. E proprio per queste caratteristiche, possiamo affermarlo con un largo sorriso, miracolose, era un dono delle divinità, qualcosa che l’uomo aveva scoperto. La vera origine del cioccolato lavorato, che risale a circa tremila anni fa, sembra sia da attribuire agli Olmechi che abitarono la regione a sud del Messico. Da qui arrivò, passando attraverso le epoche storiche delle civiltà meso-americane, giunge fino alle corti dei sovrani della civiltà azteca, periodo nel quale il cioccolato acquistò grande importanza sia come bevanda, simbolo del sangue umano nei rituali religiosi, sia come moneta e merce di scambio. Il cacao, scrisse Diego de Landa, vescovo spagnolo e cronista della sua epoca, “è l’oro di questo paese e serve come denaro anche nella piazza di Chichen-Itzá. I cuochi aztechi, conoscendo ingredienti fondamentali quali la farina, le uova e lo zucchero, si sbizzarrivano in ricette per la delizia dei palati dei loro sovrani. L’Imperatore Montezuma era un fanatico del “chocolátl”, una bevanda preparata con polvere di cacao, vaniglia e altre spezie. Il perché gli Aztechi davano tanta importanza a questa bevanda è spiegato da una leggenda: si raccontava che nei tempi antichi una principessa, lasciata a guardia di un tesoro, piuttosto che rivelarne il nascondiglio agli invasori, preferì farsi uccidere. Dal suo sangue nacque la pianta del cacao i cui semi “sono amari come la sofferenza, rossi come il sangue e forti come le virtù”. Gli Spagnoli, che colonizzarono il Messico nel 1519, introdussero il cacao in Spagna e poi nel resto d’Europa. Ricette preziose ed esperimenti arditi venivano gelosamente custoditi nelle corti prima spagnola, poi francese, napoletana e fiorentina. Piccole botteghe di "esperti" speziali in grado di soddisfare il nuovo bisogno di "squisitezza quotidiana" sorsero un po’ ovunque e la nuova bevanda stava divenendo un'abitudine elegante, uno status symbol, molto presente nella vita della gente per bene di un tempo. In Francia, dove l'arte culinaria era particolarmente sviluppata, il cioccolato svolse un ruolo da protagonista. Nel 1615 la giovanissima principessa spagnola Anna sposò Luigi III e portò con sé l'amore per la cioccolata. La corte ne fu entusiasta e nel 1659 rilasciò la prima patente di "cioccolataio del re" a Monsieur David Chaillou di Tolosa. Cinquant’anni dopo, quando Luigi XIV, il Re Sole, sposò Maria Teresa, Infanta di Spagna, divenne un’abitudine a Corte bere una tazza di cioccolato caldo durante le udienze. Nel 1770 fu inaugurata in Francia la prima Fabbrica di Cioccolato. In Inghilterra la cioccolata giunse nel 1674 sotto forma di barretta solida, annunciando tempi nuovi per questa “delizia paradisiaca” che ben presto stuzzicò la fantasia di Maestri Pasticceri di tutta Europa e che ne fecero un’opera d’arte in miniatura. Anche le arti letterarie furono conquistate dalla cioccolata e furono scritti libretti e manuali su questo soggetto.

A Napoli, allora possedimento spagnolo sotto il regno dei Borboni, la ricetta della cioccolata arrivò prima che altrove. Infatti, questa terra fu il regno della cioccolata prima di diventare il regno del caffé. Anche la Sicilia era, a quei tempi, un possedimento spagnolo, non a caso ancora oggi vi si trovano laboratori artigianali che preparano la cioccolata alla moda spagnola. Nel XVIII secolo, a tavola, la cucina era delicata e profumata, e la cioccolata, da cui vennero finalmente eliminate spezie pesanti, fu una protagonista di quest’epoca. La nuova cioccolata era delicatamente zuccherata e aromatizzata, esaltata da cioccolatai eccelsi mediante ricette sublimi. Le novità della cucina comprendevano voglie di novità lontane, di meraviglie per gli occhi, per il naso, per il palato, fragranze intime e ovattate, aromi e profumi morbidi. Il cacao si trasformò e fu impreziosito dalla vaniglia e dalla scorza d'arancia. E con esso anche il modo di servirlo. Nacque una nuova tendenza di servirlo su tavole impreziosite da fini porcellane, posaterie, smalti e mille altri raffinatissimi oggetti. Si racconta che Madame de Pompadour possedesse il più costoso servizio da cioccolata in porcellana che esistesse al mondo. E Goethe stesso fu un vero fanatico della cioccolata, tanto da collezionare raffinate porcellane per la degustazione. Al Kunsthistorische Museum di Vienna è conservata una cioccolatiera in vermeil dorato e tazze da cioccolato in porcellana cinese rivestite d'or appartenute all'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Fu in quest’epoca che in Svizzera vennero impiantati i primi stabilimenti di lavorazione del cioccolato in Svizzera. La prima fabbrica fu fondata nel 1819 a Vevey, mentre a Torino nasceva la ditta Caffarel. Il padre del cioccolato al latte fu invece Jean Tobler: nel 1870 il cioccolato al latte appare per la prima volta sul mercato. Ma, tanto per ricordare nomi di Maîtres Chocolatiers che ancora oggi sono famosi sul mercati, non va dimenticato l’imprenditore olandese Van Houten, al quale si deve la diffusione del cioccolato in polvere in Europa. A lui si deve l’invenzione che portò la rivoluzione nel mondo della cioccolata: egli trovò il modo di mescolare il cacao in polvere con lo zucchero e con il burro di cacao. Ottenne una pasta che risultò più morbida e facile da modellare in appositi stampi. Nacquero molti locali, i famosi Café, simili a salotti di famiglie borghesi, dove le donne potevano sedersi anche da sole e degustare una tazza di cioccolato. A Parigi, culla dell'arte e della cultura filosofica, il famoso Cafè Procope fu il locale più esclusivo della ricca borghesia del XVIII secolo, dove si riunivano i più celebri pensatori illuministi, da Rousseau a D'Alembert, da Beaumarchais a Voltaire.

In Italia è Torino che può definirsi la patria vera e propria del cioccolato. Fu qui che un certo Bozzelli (era di origine genovese) sperimentò nel 1802 una macchinetta idraulica adatta a raffinare la polvere di cacao, impastandola con zucchero, vaniglia e acqua calda. E ancora oggi basta fare alcuni nomi quali Streglio, Baratti, Feletti, Peyrano per evocare il ricordo sublime e soave del cioccolato che rallegra il cuore e il palato di chi lo assapora! E il Piemonte, ed in particolare Torino, furono i maggiori centri produttori di cioccolato, e tali rimasero per tutto l’Ottocento fino all’inizio del Novecento. Furono i grandi Maestri Cioccolatieri torinesi che inventarono una pasta detta “gianduia” , il cui nome si deve alla popolare maschera carnevalesca. Il primo gianduiotto fu prodotto dalla Ditta Caffarel-Prochet nel 1865. Fragile e delicato, forte e sensuale, morbido e consistente, cremoso e croccante, il cioccolato seduce da sempre ogni palato, ogni mente, per allietare i momenti belli e quelli brutti, facendo volteggiare in un sogno lieve i desideri, come un’opera d’arte infinita. Da leggere: “Come l’acqua per il cioccolato” – Laura Esquivel Dal libro è tratto il film con il titolo omonimo (regia di Alfonso Arau): giudizio 5 pralines (da non perdere) “Passione Nutella” – Clara Vada Padovani “Chocolat” – Joanne Harris Dal libro è tratto il film con il titolo omonimo (regia di Lasse Hallström): giudizio 5 pralines (da non perdere) “La cioccolata: dagli Aztechi ad Internet” – Paola Balducchi e Paola Celli

MESSICANI DI OGGI

I LACANDONES

I Lacandones vivono principalmente nello stato messicano del Chiapas. Essi si considerano originari della penisola dello Yucatán e del Petén guatemalteco e successivamente migrarono fino alla Selva Chiapaneca per scappare alla colonizzazione spagnola del 17° e 18° secolo. Sono i più diretti discendenti degli antichi maya che in questa zona hanno costruito Palenque, Tikal, Yaxchilan e Bonampak. Si riferiscono a se stessi come gli Hach Winik, che nella loro lingua significa “Il Popolo della Verità”. La loro cultura non può prescindere dalla foresta pluviale lacandona, dove vivono da secoli. Vivono nella foresta tropicale del Chiapas meglio conosciuta come Selva Lacandona, delimitata dal Rio Usumacinta a est, dal Guatemala a sud, dalla strada per Ocosingo-Palenque a nord-est e dall’Oceano pacifico al sud-est. Si dividono in due gruppi con cultura e origini diverse tra loro: uno al nord, nelle località di Nahá e Matzaboc; uno al sud, a Lacanjá Chansayab (o più semplicemente Lacanjá). Si sono sempre divisi in piccoli clans sparpagliati nella giungla, in un quasi totale isolamento. E’ in questo modo che sono riusciti a sopravvivere evitando il contatto con altre popolazioni e di conseguenza evitando anche il contagio di malattie ad essi estranee. Le loro fisionomie mostrano molte similitudini con i bassorilievi maya ritrovati in questa zona dai primi avventurieri e archeologi. Parlano una loro lingua, il “Maya Yucateco” che si è mantenuto e tramandato per via orale. La loro comunità resta unita poiché i matrimoni sono tra consanguinei e restano quindi integre le tradizioni, la loro religiosità e la loro lingua. Ad oggi il loro numero non è superiore alle 500 persone e devono fronteggiare la deforestazione del loro territorio, iniziata negli anni ’50, ed i nuovi insediamenti lungo la frontiera. A partire dagli anni Sessanta l'invasione dei coloni messicani aumentò spaventosamente: il governo aveva deciso di sfruttare il legname pregiato e di iniziare prospezioni petrolifere, aprendo nuove strade nella giungla con macchinari pesanti. Si considerava necessaria e inevitabile la distruzione completa della Selva. A molti contadini poveri di tutto il Messico vennero offerti titoli di proprietà su scampoli della foresta, a condizione che vi si trasferissero con le famiglie. Nel 1972 l’antorpologa Trudi Blom e Chan K'in, il loro capo carismatico, ottennero il riconoscimento da parte del governo messicano relativamente al possesso nominale di ben 6140 chilometri quadrati di Selva da distribuire ai 66 capifamiglia lacandoni. Trudi Blom, che vive con la comunità, conosce a fondo i danni che la distruzione della foresta pluviale può significare per la cultura Lacandona: “ Ho imparato attraverso un’amara esperienza che non si può proteggere i Lacandones senza salvaguardare la loro foresta. Nella cultura che regola la vita di questo popolo, ogni animale, pianta e ogni oggetto rituale sono uno

strumento di profezia o di magia. Se la foresta sarà bruciata o gli alberi tagliati per soddisfare la

stupidità e la cupidigia, gli animali spariranno ad uno ad uno: sparirà il giaguaro, il puma, la

scimmia…e con essi l’anima del popolo Lacandone. Non importa quanti di loro rimarranno….se la

loro anima morirà insieme alla loro foresta, tutti noi saremo da biasimare”.

Chan K'in Viejo con Koh Maria, una delle sue due mogli.

La loro storia è stata raccontata da Chan K’in Viejo, il vecchissimo sciamano dei Lacandones di Nahá. Nacque intorno al 1900 (nessuno conosce la data esatta) e morì il 23 Dicembre 1996. Fu il “t'o'ohil” (il Grande; il leader spirituale; il Guardiano della Tradizione; il Cantastorie) della comunità Lacandona di Nahá e ha avuto il merito di aver saputo tenere unita questa piccola

comunità mantenendo inalterata la loro identità. Le sue storie, basate sulla cosmologia Maya, sono una guida non solo per gli uomini della sua comunità ma per quanti si sono avvicinati a lui e lo hanno conosciuto. Sarà a lungo ricordato per la sua saggezza e la sua vasta cultura. Quando parlava lo faceva a voce bassa, con uno sguardo assente, chiuso in un altro tempo e in un altro mondo, disegnando cerchi e simboli nello spazio tra i suoi piedi ed il fuoco. Sapeva che la loro foresta, fonte di sopravvivenza per il popolo Lacandone, stava per essere distrutta a causa della deforestazione e dello sfruttamento delle multinazionali straniere. Disse: “Anche i Lacandones stanno perdendo la saggezza acquistata in secoli di convivenza armoniosa con la natura. La religione

bianca non insegna il rispetto per la madre selva, né per l'acqua, né per il grande cerchio. Così il

mondo si sta inclinando, la bilancia pende e si dovrà rinnovare. Così sarà”. Le comunità Lacandone moderne

Dal 1970 le comunità Lacandone sono suddivise in tre gruppi localizzati a Lacanjá Chansayab, nel sud della Selva Lacandona, e a Najá e Metzabók (Mensäbäk) nel nord. Questa forma di aggregazione ebbe inizio negli anni ’40, a seguito dello sfruttamento della foresta da parte del Governo messicano. Con la creazione della Riserva Lacandona, molte delle famiglie che vivevano nelle zone più remote della foresta furono invitate ad unirsi ad uno dei tre gruppi. In questi nuovi insediamenti i presbiteriani trovarono un fertile terreno per la evangelizzazione dei Lacandones, seppure è ipotizzabile che molte famiglie si siano spostate dal nord al sud, e quindi molto più all’interno della foresta, proprio per evitare questo tipo di evangelizzazione.Furono costruite strade e fu portata la corrente elettrica. Nonostante queste influenze esterne, i Lacandones tentano oggi di mantenere intatto il loro stile di vita e la loro tradizione, seppure non è raro che alcune usanze moderne facciano ora parte della loro vita quotidiana. Il loro credo religioso è un pantheon di divinità del cielo, della foresta, dell’inferno, molti dei quali risalgono al periodo Maya. Così come nella cosmologia classica dei Maya, anche i Lacandones credono in un cosmo formato da vari livelli. Lacanjá Chansayab (o più semplicemente Lacanjá) si trova in prossimità di della Biosfera di Monte Azul, presso Bonampak. E’ qui che principalmente vive la comunità del sud. La religione professata dalla comunità Lacandona di Lacanjá è il protestantesimo. Metzabók (Mensäbäk), situata su un grande lago circondato da montagne, è la più piccola delle comunità Lacandone. Nelle vicinanze ci sono molte grotte con pitture preistoriche. E’ qui che viveva, quasi in isolamento e praticando l’agricoltura secondo la tradizione ancestrale, Jose Camino Viejo. Laguna Metzabok si trova ia piedi della Sierra Piedron, a nord est della Selva. Najá, presso il lago omonimo, è la più tradizionale delle tre comunità Lacandone. La poligamia, le cerimonie in onore degli dei, e il distillato di una bevanda chiamata “la birra degli dei”, sono alcune delle tradizioni che tuttora sono vive tra questa comunità. A Najá è vissuto Chan K'in Viejo, la cui personalità carismatica ha sostenuto il popolo Lacandone per circa 3 secoli. Associazione scientifico-culturale Na Bolom L’associazione scientifica e culturale “Na Bolom” nasce nel 1951 ad opera di Frans e Trudi Blom. Da allora ha sviluppato una stretta relazione con il popolo Lacandone. Il loro archivio è la fonte più attendibile sulla storia e sulla cultura Lacandona. E’ grazie all’interessamento di Trudi Blom che si è portata all’attenzione del mondo la situazione della Selva Lacandona, quando il Governo messicano ne decise lo sfruttamento. L’associazione sta cercando di promuovere progetti di preservazione della cultura di questo popolo, seppure con pochissimi aiuti da parte del Governo messicano. Progetto ecoturistico di Bonampack E’ un progetto che si propone di sviluppare le attività turistiche a beneficio della comunità Lacandona di Lacanjá Chansayab e della comunità minore di Bethel e San Javier, nei pressi delle rovine di Banampak. Il progetto principale è nel rendere partecipi, in prima persona, i Lacandones

nello sviluppo delle attività promosse per un turismo ecosostenibile, con la conservazione delle riserve naturali, delle tradizioni e con lo sviluppo delle risorse economiche alternative.

I TARAHUMARA

Le origini del popolo Tarahumara, anche detti Rarámuri, che nella loro lingua significa “piedi rapidi”, sono molto controverse. La teoria più accettata è che discendano da una corrente azteca, insediatasi nel nord del Messico intorno all’anno 1000. La loro lingua infatti è ancora quella azteca. Molti conoscono dei Tarahumara solo la loro capacità di grandi e instancabili corridori. Ma il tratto più marcato di questo popolo è un’antica religione che li ha portati a seguire uno stretto codice morale che impedisce loro di dire bugie e che nel corso della loro storia li ha portati ad essere incapaci anche di tradire o di fare del male a un qualsiasi membro della loro tribù. Oggi sono una delle etnie più grandi del nord del Messico e occupano un territorio abbastanza vasto, nel suggestivo paesaggio della Sierra che da questo popolo prende il nome. La comunità Tarahumara è formata da poco più di 50.000 persone. Occupano circa un quarto del territorio dello Stato di Chihuahua, in una delle zone montagnose dai picchi più alti: la Sierra Madre occidentale, la cui altitudine va dai 1.599 mt slm i 2.400 mt slm.. E’ una terra dura, quasi inospitale, con un clima che tocca le temperature estreme, sia in inverno (arriva anche a -20°C) che in estate. La maggior parte degli indiani Tarahumara vive nelle cittadine di Bocoyna, Urique, Guachochi, Batopilas, Carichi, Balleza e Nonoava. Vestono ancora secondo il loro costume tradizionale: gli uomini vestono una bandana sulla testa conosciuta come "kowera", “huaraches” (ndr: tipo di sandali tradizionali fatti con parti di copertone), e camicia larga. Le donne usano una gonna ampia e blusa larga; i capelli li coprono generalmente con uno sciale e portano una cintura aggiustata come "pukera". Subirono l’arrivo dei “conquistadores” dall’Europa e un importante aiuto per la loro sopravvivenza venne dai Padri Gesuiti, che cercarono di migliorare le loro condizioni di vita. Fra le gole impervie della Sierra e lungo sentieri che loro soltanto conoscono, si riuniscono nelle grotte ove celebrano i loro riti ancestrali, dedicati alle deità principali: Rayenari (il dio Sole) e Metzaka (la dea Luna). Accanto ad essi anche santi della tradizione cattolica, in un insieme mistico e complesso, che dà vita ad una arcana forma di religiosità. Luis G. Verplancken, un gesuita che ha vissuto a lungo con loro e che può essere considerato il loro più profondo conoscitore e storiografo li descrive come leali a Dio, alle loro tradizioni e alla loro cultura. Sebbene la maggioranza si sia convertita al cristianesimo, non tutti hanno accettato di essere battezzati. E anche coloro che si sono convertiti hanno mantenuto anche i loro antichi concetti, introducendoli all’interno del loro nuovo credo. Dio è Madre e Padre e per i Tarahumara il rispetto verso gli altri è una parte determinante per la loro vita. Ai loro occhi sia l’Uomo Bianco che i popoli meticci sono più pagani di un non battezzato, poiché da essi sono sempre stati sfruttati e resi schiavi e depredati delle loro terre. Nella loro religione i rituali ed il simbolismo sono una carattere marcato. Il loro credo antico non era basato su dogmi o concetti astratti, né lo fu il loro modo di abbracciare il Cristianesimo. Piuttosto per i Tarahumara è nel quotidiano che si ricerca l’armonia con la natura e con l’Essere Umano. Riconoscendo nelle loro danze una forma di preghiera, i Gesuiti introdussero la “Danza dei Matachines”, originaria di Venezia e tuttora in voga durante il Carnevale e nei giorni di feste religiose. È durante le loro feste e celebrazioni magico-religiose che i Tarahumara bevono grandi quantità di “tesquiño”, una specie di birra ottenuta dal mais, la cui assunzione in questi contesti è d'obbligo per consolidare il senso di aggregazione comunitaria. A questa spesso associano l'uso del peyote. La bevanda è considerata un dono del dio

Onoruame, il 'dispensatore della vita' che a volte viene identificato con il sole, per rallegrare le loro feste. Conducono una vita semi primitiva e si alimentano principalmente di mais, fagioli e loro bestiame. In Inverno vivono in caverne e in estate in piccole capanne di legno. Per il popolo Tarahumara non esiste la proprietà privata e quindi tutto viene condiviso all’interno della loro popolazione. Nel rispetto delle loro tradizioni, conducono una vita molto appartata, con pochi contatti con la cultura occidentale. I Tarahumara praticano ancora il baratto, non usano la moneta messicana e parlano molto poco la lingua spagnola. Nel 1965 I Gesuiti fondarono un ospedale a Creel per combattere i malesseri moderni che rischiano di far estinguere la popolazione Tarahumara: malnutrizione e malattie vanno di pari passi con la mancanza sempre più forte di terre fertili; la produzione di cibo è scarsa e ha serie ripercussioni sulla vita di questo popolo. Una nota particolare è che gli indiani Tarahumara riescono a correre per 170 chilometri senza che la loro pressione sanguigna o il battito cardiaco subiscano alterazioni, veloci come puma. Un piccolo aneddoto: nel 1928 parteciparono alle Olimpiadi di Amsterdam. Il fascino di questo popolo resta intatto e forse non è errato credere alla leggenda raccontata dagli anziani: essa narra di giganti che abitavano la Terra prima che apparisse l’Uomo e che successivamente perirono per non aver saputo mantenere l’equilibrio del mondo, trasformandosi nelle montagne della Sierra Tarahumara.

Subcomandante MARCOS

Non si può parlare del subcomandante Marcos senza parlare dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale). L'EZLN nasce il 17 Novembre 1983, ma fece la sua vera entrata nel panorama nazionale e internazionale il 1° Gennaio 1994, lo stesso giorno in cui entrò in vigore il NAFTA (North American Free Trade Agreement), meglio noto come il Trattato di Libero Commercio tra Usa, Canada e Messico, che pone quest’ultimo asservito alle leggi capitalistiche del Nord America. Fu in questo giorno che i membri dell’EZLN irrompono in diverse città del Chiapas e proclamano la "Prima dichiarazione della Selva Lacandona". Gli Indios del Chiapas, rispetto alle altre comunità indigene messicane, sono una comunità la cui identità è molto forte: essi infatti sentono profondamente le loro origini legate alla Madre Terra e per questo è forte il loro orgoglio di appartenere ad una comunità etnica unica al mondo, dove si preservano le antiche lingue e le usanze ancestrali. Al grido di "Ya Basta!" gli indigeni dichiarano guerra al presidente Carlos Salinas e all'esercito messicano. Undici le richieste: lavoro, terra, cibo, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace, da difendere anche con le armi. La ribellione zapatista continua ancora oggi. L'EZLN, per la prima volta nella storia, riesce a riunire in una stessa ribellione le principali etnie del Chiapas: Tzeltal, Tzotzil, Chole, Tojolabal, Mame e Zoque. Il Movimento raccoglie l'eredità storica della lotta sociale del Messico, iniziata con la guerra d'indipendenza contro la Spagna; successivamente proseguì con la ribellione contro l’espansionismo statunitense che altrimenti avrebbe annesso tutto il Paese; la lotta per la Costituzione e l’espulsione dell'Impero francese; contro la presidenza di Porfirio Dìaz il quale negò la giusta applicazioni delle leggi di Riforma. Fu allora che il popolo si ribellò e infine scelse i propri capi: le figure di Villa e Zapata, che della lotta per il popolo fecero il loro modo di vita. Ed è da Emiliano Zapata che l’EZLN prende il nome. È un movimento armato clandestino, formato da Indios. Essi vogliono principalmente reclamare i propri diritti, sebbene dai loro comunicati traspaia anche la voglia di lottare per la democrazia, la libertà e l’uguaglianza per tutti i popoli latino-americani. Il Movimento è presente soprattutto nello Stato del Chiapas, uno dei più poveri del Messico. Alla guida del Movimento è il subcomandante Marcos, un giovane intellettuale convertito alla cultura indigena: è un bianco, ha il volto coperto da un passamontagna, attraversa la selva del Chiapas a cavallo, sempre con il suo portatile, è intelligente, acuto, ironico, colto. Egli arrivò nella Selva Lacandona nel 1984. Non si conosce la sua identità sebbene il Governo Messicano asserisca di averlo identificato in Rafael Sebastián Guillén Vicente, un ex-ricercatore universitario, figlio di immigrati spagnoli. Marcos ha sempre negato di essere Rafael Sebastián Guillén Vicente e la famiglia di quest’ultimo ha sempre asserito di non sapere dove egli viva. Politicamente Marcos nasce con un’ideologia maoista e subì l’influenza della strage d Tlatelolco nel 1968, passando poi al Movimento Zapatista. Un’altra tesi vuole che Marcos sia Jesùs Pietra Ibarra, un “desaparecido” politico. Il nome "Marcos" sarebbe l'acronimo di alcune delle municipalità occupate dagli zapatisti nel gennaio 1994: Margaritas, Altamirano, Rancho Nuevo, Comitán (taluni dicono che invece la C stia per la comunità di Chanal), Ocosingo, San Cristobal. Il ruolo di Marcos è quello di subcomandante, a capo dell’esercito zapatista, e la pipa ed il fazzoletto rosso legato al collo lo contraddistinguono dagli altri comandanti, che invece sono eletti dalle assemblee popolari. L’esercito che egli comanda lotta per ridare vita e dignità alle popolazioni

indigene messicane. Ne emerge un ritratto di chi si è messo al servizio dei perdenti, di quanti sono schiacciati dalle mire del capitalismo, ma che nella lotta trovano il riscatto alla vita di miseria, e la volontà di non voler perdere la loro identità di uomini liberi. L’incontro con i movimenti indigeni del Chiapas trasformò la sua ideologia, basata sugli ideali marxisti e gramsciani. Dal municipio di San Cristòbal, il subcomandante Marcos ha letto la “Prima dichiarazione della Selva Lacandona” nella quale si dichiarava guerra al Governo del Messico e annunciava libertà, giustizia e democrazia per tutti i messicani. La ricerca di un dialogo con il Governo messicano ha portato a lotte estenuanti che talvolta hanno avuto, come sbocco, l’offensiva militare contro gli Zapatisti del Movimento. Dopo molte azioni di guerriglia e varie dichiarazioni di Marcos, il 1° Gennaio 2006 è partita da San Cristóbal una delegazione disarmata, guidata da Marcos in persona, che ha attraversato tutto il Messico allo scopo di incontrare le diverse realtà locali in un assemblea itinerante Si vuole con questo costruire una rete di relazioni tra i diversi gruppi della sinistra extraparlamentare per il raggiungimento di un’autonomia che comprenda anche il controllo locale sulle risorse del territorio. Marcos dà voce ai popoli oppressi, spronandoli a non cedere alla globalizzazione del pensiero, a riaffermare la propria identità, a riappropriarsi della propria memoria, senza cedere al pensiero che l’unico modello di vita sia quello della cultura occidentale. La sua capacità di comunicazione, che traspare soprattutto dal suo modo di scrivere i comunicati politici ed i libri che ha pubblicato, lo porta fuori dal semplice scenario della lotta clandestina ma lo mette anche sul podio dello scrittore. I suoi personaggi letterari più conosciuti sono “Don Durito”, espressione della cultura occidentale e novello Don Chisciotte, e “Antonio”, un anziano che rappresenta il lato indigenza della cultura di Marcos. I libri scritti dal subcomandante Marcos pubblicati in Italia: “Dalle montagne del sud-est messicano” (Edizioni Lavoro, 1995) “Il sogno zapatista” (Mondadori, 1997) “I racconti del vecchio Antonio” (Moretti e Vitali, 1997) “Don Durito della Lacandona” (Moretti e Vitali, 1998) “La spada, l’albero, la pietra e l’acqua” (Giungi editore, 2000) “Racconti per una solitudine insonne” (Mondadori, 2001) “Nei nostri sogni esiste un altro mondo. Appunti dal movimento zapatista” (Mondadori, 2003) “Morti scomodi” (marco troppa editore, 2005)

I GRANDI PERSONAGGI STORICI

Hernán Cortés (1485 – 1547) Benito Juaréz (1806 – 1872) Massimiliano d’Asburgo (1832 – 1867) Carlotta di Coburgo Gotha (1840 – 1927) Francisco “Pancho” Villa (1878 – 1923) Emiliano Zapata (1879 – 1919) Diego Rivera (1886 – 1957) Frida Kahlo (1907 – 1954)

Hernán Cortés (1485 – 2 Dicembre 1547)

"The divine drink which builds up resistance & fights fatigue. A cup of this precious drink permits

man to walk for a whole day without food."

Hernán Cortés Il suo nome era Hernándo o Fernándo Cortés. Sembra discenda da una nobile famiglia, ma c’è anche chi lo descrive come un uomo dalle umili origine ma istruito e dedito alla vita militare. Nasce nella Pastiglia, in Spagna. A 14 anni inizia gli studi all’Università di Salamanca, ma la frequentò per soli due anni. Nel 1504 si imbarca verso Hispaniola (l’attuale Santo Domingo) dove restò per circa sei anni, facendo il contadino e poi il notaio della città. Nel 1511 accompagna il governatore Diego Velasquez nella sua conquista di Cuba. Il loro rapporto era burrascoso tanto che lo stesso governatore lo mise anche agli arresti. Successivamente nel 1518 Diego Velasquez lo nomina Capitano di una nuova spedizione: con 11 navi, 608 uomini e 16 cavalli salpa alla volta del Messico, per riuscire nella terza spedizione di conquista, dopo i falliti tentativi dei capitani Francisco de Córdoba e Juan de Grijalva. Approda a Cozumel e da lì prosegue verso Tabasco nel Marzo del 1519. Ebbe subito la meglio sulle popolazioni locali. Fu ben accolto dalla popolazione locale dei Totonachi, tanto che questa divenne sua alleata nella guerra contro l’impero Azteco. In quello stesso periodo il governatore Velaquez lo richiama indietro, ma Cortés si rifiuta di eseguire gli ordini e incendia le proprie navi; fondò Veracruz dove incontrò una donna locale che gli diede un figlio, Martin. Prosegue la sua marcia di conquista, in nome del Re di Spagna, verso l’allora capitale del Messico: Tenochtitlán. Cortés fu trattato con grande riguardo. L'impero azteco era all’apice della sua potenza e della sua espressione artistica, una cultura complessa, caratterizzata da un lato dall'esaltazione della vita, della bellezza, della natura e delle grandi architetture, e dall'altro segnata da una cupa religiosità, sottomessa agli eventi naturali, dominata dall'oroscopo e dai presagi e legata i terrificanti sacrifici umani. Gli Spagnoli rimasero ammirati dall'alto livello di sviluppo raggiunto dagli Aztechi. L’Imperatore Azteco Montezuma lo accolse con onore, credendo che Cortés fosse la reincarnazione del dio Quetzalcoatl.(il Serpente Piumato). Ma Cortés lo imprigionò e lo uccise e dopo un lungo assedio finalmente la città depone le armi. Era il 13 Agosto 1521. Cortés divenne il Governatore della “Nuova Spagna”. La guerra lascia una scia di povertà, con le popolazioni locali decimate anche dalle malattie che furono portate dagli europei. La ricerca della ricchezza, personale e per la sua Patria, lo spingerà verso nuove avventure, senza mai fermarsi. Cortés alla testa dei suoi uomini, partì alla conquista di tutte le terre dominate un tempo dall’Impero azteco. Egli aveva capito che gli Aztechi erano temuti e odiati da molte delle popolazioni indigene locali, che essi assoggettavano e le cui vite venivano sacrificate agli dei. Nello steso periodo un’armata spagnola, guidata da Panfilo Narvaez per ordine di Velasquez, approdò sulle coste messicane con l’intento di arrestare Cortés. Lasciando il Capitano Pedro de Alvarado a difesa di Tenochtitlan, Cortés combattè contro Narvaez sconfiggendolo e molti dei suoi soldati passarono agli ordini di Cortés. Al suo ritorno a Tenochtitlan trovò che gli Aztechi si erano rivoltati dopo che molti dei loro capi furono massacrati da Pedro de Alvarado. Gli Spagnoli dovettero ritirarsi. La resistenza azteca terminò nel 1525 con l'impiccagione degli ultimi capi. Per gli Aztechi la caduta della loro città non fu un semplice episodio militare, ma la fine del "regno del Sole", nato per sottomettere i popoli che, ai quattro punti cardinali, abitavano il Messico. L'aspetto che più colpisce della conquista dell'impero azteco è proprio la rapidità e facilità con cui fu effettuata. Il fattore predominante fu che le popolazioni locali non conoscevano le armi e questo diede agli Spagnoli una notevole superiorità militare. Questi ultimi, inoltre, disponevano di cavalli che usavano nelle battaglie. A Cortés non bastò impadronirsi dell’Impero Azteco, ma lo depredò di

tutte le sue ricchezze, sfruttando anche le sue risorse. L’avvenura di Cortés proseguì anche in Honduras, dove però non ebbe fortuna e la sua salute ne risentì gravemente. Nel 1528 Cortés, ormai ricco, ma poco stimato per il suo carattere indisciplinato e per alcune presunte irregolarità amministrative, fu richiamato in Spagna dove Carlo V gli diede il titolo di Marchese del Valle. Ritornò in Messico dove restò per circa 10 anni. Nel 1540 tornò di nuovo in Spagna dove accompagnò l’Imperatore Carlo V nella spedizione in Algeria, che si rivelò fallimentare. Morì a Siviglia il 2 Dicembre 1547. Le sue spoglie furono portare a Città del Messico nella Chiesa di Gesù Nazareno, nel 1629. Di lui rimangono le cinque lunghe lettere inviate a Carlo V che compongono la “Relazione della conquista del Messico”, scritte tra il 1519 ed il 1526.

Benito Juárez (1806-1872)

Nacque nel 1806 a San Pablo Guelatao nello Stato di Oaxaca, da una famiglia di contadini zapotechi. Studiò presso il Seminario di Santa Cruz,unica scuola secondaria che esisteva a Oaxaca ed era sua intenzione di prendere l’abito talare. Poi però cambiò idea e proseguì gli studi di legge presso l’Istituto di Scienze ed Arte per meglio difendere i diritti delle comunità indigene. Entrò in politica e fu eletto deputato del Partito Liberale. Dal 1848 al 1852 divenne Governatore dello Stato di Oaxaca e intraprese varie riforme nel campo scolastico e civile. Quando però salì al potere il generale Santa Anna molti liberali, tra i quali Juárez, furono mandati in esilio. Juárez andò a New Orleans e vi restò finché, dopo la caduta del generale e l’ascesa alla carica di Presidente del liberale Juan Alzarez, fu richiamato in patria e nominato Ministro della Giustizia e della Pubblica Istruzione. Con la nuova carica abolisce i privilegi dei militari e delle autorità ecclesiastiche, cacciando definitivamente i Gesuiti. Fu inoltre nuovamente eletto Governatore dello Stato di Oaxaca. Nel 1857 vi promulgò la Costituzione e successivamente, sotto la presidenza di Ignacio Comonfort, fu eletto presidente della Suprema Corte di Giustizia. Ma la Costituzione fu disconosciuta dai conservatori e ci fu un colpo di Stato durante il quale molti furono messi in carcere, compreso Benito Juárez. Ne nacque la Guerra della Riforma. Dopo circa tre anni di Guerra Civile i liberali presero nuovamente il potere e Benito Juárez poté tornare a Città del Messico. Il 15 Giugno 1861 fu eletto Presidente: per la prima volta dopo secoli un indio guida il suo popolo. Per risollevare le finanze del Paese, Juárez bloccò il pagamento del debito estero contratto dai suoi predecessori e avallato dalla Francia. Questa manovra offrì a Napoleone III il pretesto per invadere il Messico ed imporre sul trono l’arciduca Massimiliano d’Asburgo. Juárez dovette nuovamente abbandonare Città del Messico e il suo Governo fu disperso in tutte le parti del Paese. Vi tornò il 15 Luglio 1867 quando Massimiliano fu giudicato e successivamente fucilato. Nell’Ottobre del 1867 fu nuovamente eletto Presidente della Repubblica e si dedicò a organizzare la situazione economica del Paese, ridusse l’esercito, organizzò una riforma dell’Istruzione, affrontò le divisioni tra i liberali. Fu eletto per la terza volta anche nel 1871. Morì il 18 Luglio 1872. La sua strenua difesa delle libertà umane, che fu da esempio per molti altri Paesi dell’America Latina, fu soprannominato “benemerito delle Americhe”. È famoso il suo discorso al popolo messicano: “Messicani, uniamo ora tutte le nostre forze per ottenere e consolidare i benefici della Pace. Con tutti i migliori auspici, occorrerà fortificare la protezione delle leggi e dell’aurotità per

rispettare i diritti di tutti gli abitanti della nostra Repubblica. Sia il popolo che il governo dovranno

rispettarsi reciprocamente. Tra gli individui, così come tra le nazioni, il rispetto al diritto altrui è la

Pace.”

MASSIMILIANO D’ASBURGO (1832, Vienna -1867, Querétaro) e CARLOTTA DI COBURGO GOTHA (1840 – 1927)

Massimiliano I Imperatore del Messico nacque a Schönbrunn (Vienna). Secondo figlio dell’Arciduca Francesco Carlo d’Austria e della principessa Sofia di Baviera. Suo fratello, Francesco Giuseppe, divenne Imperatore d’Austria (marito di “Sissi”, il cui vero nome era Elisabetta Eugenia von Wittelsbach, duchessa di Baviera). Massimiliano aveva un carattere tendenzialmente sognatore e incline all’arte, a differenza del fratello, che era invece metodico e ligio alle regole. Era cattolico praticante, sostenitore della monarchia assoluta ma con un’apertura verso il popolo purché questo sostenesse il monarca. Era gentile ed disponibile, seppure sosteneva la differenza tra le classi sociali. Fu un abile ufficiale di marina e ricevette il suo primo incarico all’età di diciotto anni. Nel 1857 sposò Carlotta, che aveva appena diciassette anni, figlia di Leopoldo I del Belgio, nonché nipote del re di Francia Luigi Filippo. Ella sarebbe rimasta una figura di poco rilievo nella storia se il suo destino, e quello del marito, non si fosse incrociato con le ambizioni di Napoleone III. Subito dopo le loro nozze Francesco Giuseppe nominò Massimiliano Vicerè del Lombardo-Veneto, fino a quella data governato dal Maresciallo Radetzky. La giovane coppia di stabilì a Milano e, nel cercare la simpatia dei loro sudditi, si preoccupò di imparare l’italiano. Governare tale provincia non si rivelò un compito facile e nel 1859, in seguito ad una sfortunata guerra, l’Impero Austriaco perse la Lombardia e Massimiliano e Carlotta si ritirarono a Trieste. La permanenza in questa città fu però un periodo felice e Massimiliano iniziò la costruzione del Castello di Miramare, uno splendido edificio a picco sul mare in stile normanno. Fu progettato da Carl Junker e conserva ancora oggi gli arredi e le decorazioni originale dell’epoca. Non vissero a lungo nel Castello perché nel 1864 Massimiliano ricevette una delegazione di notabili messicani guidati da Don José Maria Gutiérrez de Estrada. Spinto anche da sua moglie Carlotta, Massimiliano accettò la malferma corona imperiale del Messico, offertagli per iniziativa di Napoleone III che, approfittando del caos che regnava nel paese centroamericano, intendeva crearvi uno specie di protettorato, soprattutto economico, francese. Prima di lasciare definitivamente l'Europa, Massimiliano e Carlotta si recarono a Roma, dal Papa Pio IX, per ricevere la sua benedizione. L’assunzione di Massimiliano al trono del Messico necessita di una premessa storica, per meglio comprendere le vicissitudini che portarono alla fucilazione dell’Imperatore nel 1867. Nel 1820 il Messico, che vide i primi coloni spagnoli nel 1521 guidati da Hernan Cortés, era governato dalla Corona Spagnola e dalla Chiesa. Durante i tre secoli di dominio fu cancellata la memoria spirituale e materiale della civiltà azteca e le popolazioni indie della Nuova Spagna (così fu chiamata la nuova colonia) furono convertite, il più delle volte con la forza, al cristianesimo. Il Messico era il gioiello della corona del Re di Spagna, ma non poté conservarsi a lungo tale a causa dello sfruttamento pesante delle popolazioni locali e dei coloni, costretti a pagare pesanti tributi sia alla Chiesa che alla Corona. Nacquero dei forti disagi che portarono alla rivolta. I tre tentativi di rivolta (nel 1810, nel 1815 e nel 1816) furono soffocati dalle truppe spagnole. Nel 1820 in Spagna una rivoluzione portò i liberali al potere: questi abolirono l’inquisizione e confiscarono i beni della Chiesa. Imposero anche al Messico di fare altrettanto ma la Chiesa, vera padrona del Messico, vedendo vacillare il suo potere temporale, proclamò l’indipendenza dalla Spagna. Furono

quindi i conservatori che dichiararono l’indipendenza dalla Spagna troppo liberale. Il nuovo governatore del Messico, che assunse il titolo di imperatore, era un creolo, fervente cattolico e proprietario terriero: il generale Agustin de Iturbide. Nonostante questo non vi fu una stabilità politica a nel 1823 Iturbide fu detronizzato e fu proclamata la Repubblica per sfociare poi in una dittatura con il generale Santa Anna. Il Messico entrò in uno stato di guerra civile pressoché permanente, con un'alternanza tra liberali e conservatori e con un intricato gioco di rivalità personali interne agli stessi partiti, mantenendo il paese in uno stato di caos ed anarchia governativa. Si succederanno nei successivi trent’anni non meno di centocinquanta tra colpi di Stato, rivoluzioni e pronunciamientos militari, che determineranno l’alternarsi di sei regimi istituzionali, monarchici e repubblicani e una serie di dittature personali. In questo paese martoriato dalla violenza era nel frattempo nata una figura che aveva saputo dare voce al popolo, impegnandosi nella politica con il partito liberale: Benito Juaréz. Arrivò ai vertici della politica promuovendo la riforma agraria, abolendo i tribunali militari e ecclesiastici, unificando l’amministrazione. Si affermava con Juaréz il principio della laicizzazione dello Stato. Ma il Paese faticava a trovare una stabilità e per far fronte al deficit finanziario fu sospeso il pagamento degli interessi per il debito estero. Fu allora che Spagna, Francia e Gran Bretagna intervennero in Messico a sostegno dei conservatori. É in questo clima che Napoleone III, nel cercare di ottenere un controllo economico anche sul Nuovo Mondo, si accorda con Gutierréz, il quale a sua volta era in Europa alla ricerca di un nobile cattolico che accettasse la corona del Messico. Nessun uomo smaliziato avrebbe accettato la corona del Messico, un Paese ancora nel caos e quindi la scelta di Massimiliano, profondamente cattolico, non fu casuale. Napoleone III si dichiarò entusiasta: egli considerava l'arciduca austriaco un docile fantoccio nelle sue mani. Massimiliano e Carlotta partirono. Il 27 Maggio 1864 la fregata Novara della Marina Austriaca attraccò al porto di Veracruz dando inizio ad una avventura politica coloniale che si sarebbe conclusa tragicamente tre anni dopo. Massimiliano era tollerante, romantico, e armato di buone intenzioni, ma non aveva alcuna conoscenza del Paese che si apprestava a governare. La realtà che si pose innanzi ai loro occhi era ben diversa da quella che era stata loro prospettata. Il paese era ancora nel caos, con l'eccezione delle poche zone saldamente in mano alle truppe francesi, dove le accoglienze furono trionfali ed organizzate. L'imperatore era la grande speranza di clericali e conservatori, i quali volevano che Massimiliano annullasse le riforme liberali del governo di Benito Juárez, ma egli preferì seguire una linea di governo moderata che gli inimicò molti suoi sostenitori conservatori. Dal canto loro, anche i liberali gli si opposero con forza poiché il suo impero era stato creato dagli invasori francesi. Assurdamente gli unici che manifestarono un sincero entusiasmo per Massimiliano erano gli indios, che non avevano mai visto migliorare la loro situazione né coi governi clericali, né con quelli liberali e per i quali l'imperatore biondo e alto venuto da lontano era forse una delle molte divinità promesse nelle loro antiche leggende. Napoleone III, in Patria, ventilava l’ipotesi di ritirare le sue truppe dal Messico. L’Imperatrice Carlotta decise allora di mettersi in viaggio per Parigi, per supplicare l'imperatrice di Francia, Eugenia, moglie di Napoleone III, di non abbandonare Massimiliano. Ma la coppia non poté o forse non volle fare nulla per Carlotta, la cui stabilità psichica cominciava a vacillare. Fu portata in Belgio presso la corte paterna e i medici interpellati non poterono far altro che constatare che la giovane aveva perso la ragione. Per Carlotta era già inesorabilmente incominciato il lungo periodo dell'infermità mentale che trascorse da reclusa prima a Miramare e poi nel castello di Bouchout, vicino a Bruxelles. Intanto in Messico Massimiliano dapprima si preparò alla partenza, ma in seguito fu persuaso a rimanere e a lottare per conservare la corona. Le forze imperiali furono tuttavia travolte dagli eserciti liberali e Massimiliano fu catturato e fucilato vicino a Querétaro. Aveva scritto le sue memorie nel 1865. Alle ore 6.40 del 19 giugno del 1867 Massimiliano morì fucilato. Il giornale Boletin Republicano del 20 giugno si limitò a pubblicare un trafiletto: "Alle sette del mattino di ieri l'arciduca Ferdinando Massimiliano d'Austria ha cessato di esistere". Nessuno si era più mosso in suo favore. Carlotta e Massimiliano non ebbero figli.

Da leggere: Massimiliano e il sogno del Messico, di Jasper Ridley, Rizzoli 1993 Il Messico, di Ennio Mercatali, Sonzogno, Milano 1934

FRANCISCO “PANCHO” VILLA (1878 - 1923)

Insieme ad Emiliano Zapata, Francisco “Pancho” Villa (nome di battaglia del rivoluzionario Doroteo Arango Arámbula fu uno dei simboli della Rivoluzione messicana. Nasce a Durango il 5 Giugno 1878 da una famiglia di poveri contadini. Il suo coraggio leggendario lo mise alla testa di una potente banda armata facendo di lui una leggenda e dipingendolo come un moderno Robin Hood. Il suo passato da fuorilegge ha pesato non poco sul giudizio storico, sebbene sia poi stato dimostrato che in realtà egli condusse un'esistenza legale, con episodi minori di contrasto con le autorità locali per piccoli furti, mettendo in discussione gli episodi legati al banditismo. La sua fama da fuorilegge nasce da un episodio legato all’aver rivendicato la violenza subita dalla sorella da parte del figlio dei padroni dell’hacienda dove la sua famiglia viveva. Prende parte alla rivoluzione nel 1910-1911, contro la dittatura di Porfirio Diaz, affascinato dal liberale Francisco Madero, nella lotta per le libere elezioni e la riconsegna delle terre ai contadini. Villa raccolse accanto a sé un esercito eterogeneo e quando Madero finalmente prende il potere, Villa si ritira a Chihuahua. Nel 1912 torna alle armi per difendere nuovamente il governo Madero divenendo un capo carismatico e un dirigente politico e servendo sotto il generale Victoriano Huerta, il quale successivamente lo condannò a morte per insubordinazione. Nel Febbraio del 1913 un colpo di Stato porta Victoriano Huerta al potere e Madero fu assassinato. Fu instaurata una dittatura che provoca una immediata reazione e apre la seconda fase della rivoluzione, nella quale assumono un ruolo determinante i movimenti popolari e in particolare quello guidato da “Pancho” Villa. Egli si unisce ai costituzionalisti del movimento progressista di Venustiano Carranza per mettere fine alla dittatura di Huerta. Si distaccò successivamente anche dalle idee di Carranza, quando questi

divenne presidente, ritenendolo troppo moderato. Tornò a Chihuahua e capeggiò numerose azioni di guerriglia come rappresaglia contro il riconoscimento del governo di Carranza da parte del governo di Washington. Abbracciò le idee del rivoluzionario Emiliano Zapata, il quale inneggiava ad un grande progetto di riforma agraria ed insieme conquistarono il nord del Messico e ne 1914 entrarono trionfanti a Città del Messico. Seguono varie sconfitte da parte delle truppe governative e inizia il periodo della sua attività di guerriglia, che va dal 1916 al 1920, ma in contemporanea anche quello della sua "rinascita", da ricondurre a fattori politici generali in larga parte connessi alle prese di posizione degli Stati Uniti nei confronti dei problemi aperti nel Messico rivoluzionario. Dopo la morte di Carranza, avvenuta nel 1920 nella rivolta di Agua Prieta che rovescia il suo regime, Villa decise di venire a patti con il suo successore, Alvaro Obregòn. Ottenne un'amnistia in cambio della deposizione delle armi e si ritira in una piccola hacienda a Durango. Fu assassinato il 20 Luglio 1923 a Parral, nello Stato di Chihuahua, probabilmente su ordine dello stesso Obregòn e il suo assassinio segnò una svolta determinante per il sistema politico messicano. Non era Villa che si voleva uccidere, ma ciò che egli rappresentava: la sua gente, il popolo dei “peones” contadini, i quali attraverso Villa potevano inseguire il sogno di ribellarsi ad un regime di padroni. La rivoluzione messicana, non a caso, per il suo carattere popolare, è stata a lungo ritenuta come la prima rivoluzione sociale del Novecento.

Molto si è scritto su “Pancho” Villa: fu descritto come un uomo violento, un bandito, ma anche capace di totale lealtà verso coloro che stimava. Fu idolatrato dal suo popolo e le sue gesta furono narrate in molti documentari, alcuni dei quali interpretati dallo stesso Villa. Il cinema ha dedicato a “Pancho” Villa moltissimi films, a cominciare dal cinema muto ed è lunga la lista di coloro che lo hanno interpretato sullo schermo: Telly Savalas, Hector Helizondo, Yul Brinner, Antonio Banderas. Da leggere: "The Life and Times of Pancho Villa" - Freidrich Katz (Stanford University Press, 1998) Pancho Villa e lo Squadrone Ghigliottina – (Guillermo Arringa, Fazi Editore – 2006) Pancho Villa e la Rivoluzione messicana – Manuel Plana (Giunti Editore – 1993) "Villa e Zapata, una biografia della rivoluzione messicana" - Frank McLynn (Il Saggiatore, 2003)

Emiliano Zapata (1879 – 1919)

Emiliano Zapata nasce l'8 agosto del 1879 nel villaggio di Anenecuilco, frazione di Villa de Ayala nello Stato di Morelos, E’il penultimo di dieci figli di una delle tante famiglie contadine impoverite dalle “haciendas”, le grandi aziende agricole latifondiste che sono l'asse della modernizzazione promossa dal dittatore Porfirio Daz. Sa leggere e scrivere e si fa portavoce del suo villaggio che L otta contro le ruberie dei grandi proprietari terrieri. Parla spagnolo e nahuatl, la lingua degli antichi messicani. All’età di 16 anni, comincia a lavorare distinguendosi ben presto come buon agricoltore e gran conoscitore di cavalli. Dotato di una mente inquieta e di una natura indipendente, non tarda a conquistarsi una posizione di prestigio all'interno della comunità, diventandone al tempo stesso la sua memoria vivente. Studia antichi documenti coloniali che dimostrano la legittimità delle rivendicazioni del suo popolo. Dal 1906 inizia la sua lotta per la restituzione delle terre ai contadini. Dopo vari tentativi di risolvere legalmente i problemi del suo popolo, Zapata e i suoi cominciano a occupare e a distribuire le terre. Inizia la lotta armata. Riuscirà a conquistare, una dopo l’altra, le città dello Stato di Morelos. Nel 1910 organizza distaccamenti guerriglieri che contribuiranno alla vittoria presidenziale di Francisco Madero. Nel 1911 riesce ad occupare Città del Messico e la consegna nelle mani di Madero. Le promesse governative non furono però mantenute. L'inevitabile rottura con Madero si produce in novembre quando, ormai esasperato, Zapata riprende le armi, lanciando il “piano de Ayala”, un progetto di rivoluzione agraria che galvanizzò i contadini del sud e i settori progressisti urbani e dove si definisce Madero un traditore e si decreta la restituzione delle terre. Zapata raccoglie intorno a sé un piccolo esercito di campesinos male armati. Organizza una giunta rivoluzionaria nello Stato di Morelos. Zapata fa proprio lo slogan Tierra y Libertad, continuando a scagliarsi contro i latifondisti. Nel “piano di Ayala” Madero è definito un traditore e si decreta la restituzione delle terre. Zapata scrive “sono disposto a lottare contro tutti e contro tutto”. Nel 1913 cade il governo di Francisco Madero e sale al potere Victoriano Huerta, un generale golpista contro il quale Zapata combatté aspramente. Questi fu quindi sconfitto e nel 1914 Città del Messico viene occupata dalle truppe zapatiste e dalla Divisione del Nord guidata da Pancho Villa. Le truppe contadine guidate da Zapata e da Villa entrano a Città del Messico trionfanti, inalberando i vessilli della Vergine di Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. I due rivoluzionari vengono accolti dalla popolazione come trionfatori. Nel 1915, prende forma quel grande esperimento di democrazia diretta che è stato chiamato la Comune di Morelos dove Zapata si avvale del contributo di giovani e intellettuali: gli zapatisti distribuiscono terre e promulgano leggi per restituire il potere al popolo. Tuttavia nello stesso momento, nelle regioni del nord, inizia il declino della rivoluzione contadina.

Sia Villa che Zapata non erano uomini politici e continuarono i loro scontri contro il governo del nuovo presidente Carranza, che rappresentava la borghesia agraria del nord e le cui nuove leggi agrarie non soddisfecero le richieste degli zapatisti. Nel 1917 Villa viene sconfitto dalle truppe di Carranza e Zapata è costretto a ritirarsi a Morelos. Continua a mantenere la sua armata ma nel 1919, non ancora quarantenne, viene attirato in una trappola e assassinato insieme ai suoi uomini. Divenne il simbolo della Rivoluzione messicana e della lotta per la terra. E’ considerato un Eroe Nazionale e molti dei suoi progetti per una più equa redistribuzione delle terre saranno in parte realizzati dai successivi governi. Zapata aveva una concezione chiara del potere e del governo, secondo cui la nazione si doveva costruire a partire da un'organizzazione decentralizzata e federativa, dove gli Stati, formati dai “pueblos” sarebbero stati autonomi e sovrani nelle decisioni politiche, amministrative e finanziarie. Inoltre le autorità civili dovevano avere maggiore potere rispetto a quelle militari. A quasi un secolo dalla sua morte, Emiliano Zapata è ancora presente e vivo nel cuore del suo

popolo. È l’uomo che ha preferito farsi uccidere piuttosto che scendere a compromessi e che ha mantenuto fede alla promessa di lottare per la libertà fino all’ultimo. Fu lui che disse “meglio morire sui tuoi piedi che vivere sulle tue ginocchia”. Sulla sua vita molto si è scritto e le sue gesta furono proposte in molti films: ne ricordiamo uno su tutti “Viva Zapata” del 1952, interpretato da Marlon Brando e che valse la nomination all’Oscar a John Steinbeck per la sceneggiatura e a Anthony Quinn l’Ocar come miglior attore non protagonista. Da leggere: Storia di Emiliano Zapata - John Womack Jr. (Mondadori, Milano 1977) Il Messico insorge – John Reed (Einaudi, 1979) Zapata – John Steinbeck

DIEGO RIVERA (1886-1957)

Josè Diego Rivera Barrientos (1886-1957) fu uno dei più grandi pittori messicani del XX secolo. Senza dubbio ha dato una nuova impronta all’arte degli affreschi nell’America Latina e negli Stati Uniti d’America divenendo il leader del movimento murale messicano. Nacque a Guanajuato l’8 Dicembre 1886. Aveva un fratello gemello, Josè Carlos, che però morì all’età di 18 mesi, ed una sorella più giovane. Con la famiglia si trasferì a Città del Messico e studiò all’Accademia delle Belle Arti di San Carlos e nello studio di pittura dell’artista Josè Guadalupe Posada, la cui influenza sull’opera di Rivera fu decisiva. Fece un lungo viaggio in Europa (dal 1907 al 1921), dapprima in Spagna nel 1907 e poi in Francia, dove incontrò Angelina Beloff che diede alla luce il suo unico figlio, Diego, nato nel 1916. Ebbe anche una figlia, Marika, nata nel 1919 dalla sua relazione con Marevna Vorobiena, sebbene non la sua storia con la Beloff fosse ancora in atto. Conobbe artisti quali Pablo Picasso e Amedeo Modiglioni, con il quale condiviso anche lo studio d’arte, e a Parigi subì l’influenza del post-modernismo e del cubismo e tra essi si espresse il suo pensiero artistico. Si dedicò ad uno stile figurativo tradizionale e la parte classica della sua opera passò attraverso la semplificazione del colore, riuscendo a catturare i momenti più significativi della storia messicana, reinterpretando il periodo pre-colombiano: la terra, i contadini, le tradizioni ed i costumi del popolo. In questo periodo Rivera dipinse senza sosta, isolandosi dai suoi amici di sempre, in una maniera densa di immagini della malattia, reali o immaginarie. Immediatamente dopo decise di chiudere con il cubismo. Nel 1920 approdò anche in Italia insieme a David Alfaro Siquieros e insieme iniziarono a studiare l’arte rinascimentale soprattutto gli affreschi dell’epoca. Fu un fervente attivista politico e gli ideali rivoluzionari del Messico (vi ritornò nel 1922) furono una delle maggiori fonti di ispirazione per la sua opera. Iniziò con lui la nuova arte messicana. Lo stesso anno in cui tornò nel suo Paese, Rivera realizzò “La Creación”, la sua prima pittura murale, nell' Anfiteatro Bolivar della Escuela Nacional Preparatoria di Città del Messico. Fu qui che Frida Kahlo, giovane studentessa, lo incontrò per la prima volta. Sposò Guadalupe Marin dalla quale ebbe altre due figlie: Lupe e Ruth. Nel 1923 si iscrisse al Partito Comunista Messicano. La sua attività politica lo portò a fondare, insieme ad altri artisti, al Sindacato dei Pittori, Scultori e Incisori Rivoluzionari Messicani. Un suo quadro vinse un premio nell’esibizione Pan Americana del 1925. Nel 1927 andò in Unione Sovietica per partecipare al decimo anniversario della Rivoluzione dì Ottobre. Quando tornò in Messico divorziò dalla moglie, Guadalupe Marin, e sposò Frida Kahlo nel 1929. Nello spetto anno divenne il Direttore dell’Accademia d’Arte di San Carlos, dalla quale era stato espulso più di venti anni prima. Iniziò a dipingere i murales che adornano lo scalone del Palazzo del Governo a Città del Messico, terminandoli nel 1935.

Il suo matrimonio con Frida Kahlo fu tempestoso e difficile. Divorziarono una prima volta ma, incapaci di stare lontano l’uno dall’altra, si sposarono nuovamente. Rivera restò al fianco della Khalo fino alla sua morte, avvenuta nel 1954. Tra il 1931 ed il 1933 Diego Rivera soggiornò negli Stati Uniti d’America e tra le opere più importanti vanno ricordate: Allegoria della California, presso il Luncheon Club di San Francisco; Construcción de un fresco, presso la California School of Fine Arts; pitture murali per il Rockefeller Center e per la Scuola dei Lavoratori di New York. Nel 1933 Rivera, il cui spisrito provocatorio era sempre presente, dipinse “El hombre en una encrucijada” dove inserì un ritratto di Lenin. Le critiche della stampa americana furono violente e il murale fu coperto per impedirne la vista al pubblico e Nelson Rockefeller decise successivamente che il murale andava distrutto. Rivera non abiurò mai il suo impegno politico che faceva parte della sua creatività artistica. Una versione del medesimo murale fu realizzata nel 1934 nel Palazzo Nazionale delle Belle Arti a Città del Messico. Diego Rivera morì per un attacco cardiaco il 24 novembre 1957 a Coyoacán: contro le sue ultime volontà, venne sepolto alla Rotonda de los hombres Ilustres del Panteón civile di Dolores a Città del Messico.

La dedizione che mise nella creazione dei suoi murales, tale da restare per giorni e giorni sui ponteggi, narrano le vicende del suo popolo, dei “peones” e della loro vita. Riuscì a portare all’esterno il proprio pensiero, avvalendosi di una tecnica descrittiva ricca di colori e di simbolismi, ma vicina al pensiero semplice dell’uomo da sempre reso schiavo dei potenti. Fu un rivoluzionario e le sue opere sono permeate dal suo pensiero politico: egli volle che tutti potessero conoscere i suoi quadri, dal chiaro contenuto sociale e condivide quindi la sua arte. I suoi personaggi, a volte severi, formano tutti insieme gruppi compatti, attraverso i volumi ed i colori. Molto spesso nei suoi affreschi raffigura la Rivoluzione Messicana e i suoi ideali marxisti e leninisti, ponendo nei suoi quadri le figure dominanti della Rivoluzione Messicana (Hidalgo, Benito Juarez ed Emiliano Zapata), accanto a Karl Marx e Lenin. Da leggere:

Diego Rivera e Frida Kahlo, a cura di Christina Burnus, Ed. Fondation P.Gianadda Martigny 1998

FRIDA KAHLO (1907 – 1954)

Fu una delle più carismatiche e controverse figure della storia moderna messicana. La sua arte

nasce dal suo stesso corpo, dal suo dolore. Una vita emotivamente intensa, al di fuori di ogni regola,

che si schiude nel momento in cui incontra, per la prima volta, il pittore Diego Rivera. Nasce il 6 Luglio 1907, a Città del Messico, nel quartiere do Coyoacán, nella “casa azzurra”, che ancora oggi è visitabile ai turisti. La madre, Matilde Calderón y González discende da una famiglia di generali spagnoli. Il padre, Wilhelm, era nato a Baden-Baden, figlio di ebrei ungheresi emigrati in Germania e faceva il fotografo. La sua vita fu costellata da eventi dolorosi che le forgiarono un carattere ribelle ma estremamente vivo e passionale. A sei anni fu colpita dalla poliomielite: la sua gamba destra divenne esile ed il piede rimase più piccolo dell’altro. Fu in questo periodo che si rafforzò il legame con il padre, il quale, durante la lunga convalescenza, la curò in modo particolare. Nel 1922 si iscrisse alla “Escuela Nacional Preparatoria”, una scuola ritenuta, all’epoca, tra le migliori del Messico. In quel periodo iniziò il suo sostegno alle idee socialiste-nazionaliste del Ministro della Pubblica Istruzione José Vasconcelos. Molti dei suoi compagni di corso divennero poi leaders della sinistra messicana. In questi anni dipinse molti ritratti, esempi dei suoi primi passi nel mondo della pittura. Fu in questa scuola che Frida Kahlo incontrò per la prima volta Diego Rivera, l’uomo al quale la sua vita fu indissolubilmente legata fino al giorno della sua morte prematura. In quell’anno, era il 1922, Diego Rivera preparava il suo primo murales.

La Kahlo volle mostrargli alcuni dei suoi ritratti e lo stesso Rivera ne rimase colpito: quelle tele trasmettevano una straordinaria forza espressiva, ricca di sensualità dove i particolari erano colti e riportati sulla tela per esprimere la realtà nella sua forma più tonda e viva. La vita della Kahlo ebbe una dolorosa svolta nel 1925: mentre tornava da scuola l’auto sul quale si trova si scontrò con un tram. Ci furono alcuni morti ed ella rimase gravemente ferita, riportando ferite al bacino e alla schiena che le procurarono negli anni a venire forti e permanenti dolori. Fu sottoposta a ben oltre trenta operazioni, che le mostrarono la vita da un’altra angolazione. Questa sua situazione, sempre al limite della sopportazione del dolore, traspare in quasi tutta la sua opera successiva. Per anni fu costretta a portare busti a sostegno della colonna vertebrale compromessa. Uno di questi si trova nella sua casa-museo a Coyoacán. Fu allora che iniziò a dipingere, trattando i colori come se fossero sensazioni vive con le quali ricreare i suoi stati emotivi. Per esprimere le sue idee, la Kahlo creò un proprio linguaggio pittorico e figurativo, con una sintassi personalissima, che passa attraverso una metafora esplicita. I ritratti, molto dei quali raffiguranti se stessa in varie forme, presentano molti elementi tratti dalla vita dell’artista: il rapporto con suo padre, il suo stato di salute, il suo rapporto con il marito Diego Rivera. La lunga

degenza a letto la costrinse ad un percorso interiore profondo e rappresentò temi riguardanti soprattutto l’universo femminile. Infranse tabù riguardanti il corpo e la sessualità e la scampata morte la indusse ad una ricerca interiore più consapevole. Ci fu il periodo in cui vestiva con abiti maschili, sfidando le regole comuni, dando di sé l’immagine di donna indipendente e straordinaria. Successivamente indossò il costume tradizionale Tehuantepec, ricco di ornamenti e colori, testimone di un mondo matriarcale. Non smise mai di indossare questi costumi, divenendo la personificazione dello “spirito nazionale”. Sposò Diego Rivera nel 1929 e durante i primi anni di matrimonio lo seguì anche negli Stati Uniti, poiché a Rivera, all’apice della sua carriera, furono commissionati molti murales. Gli Stati Uniti rappresentavano all’epoca un mercato d’arte più sviluppato di quello nazionale. In quegli anni Frida Kahlo realizzò il primo quadro raffigurante lei ed il marito: “Frida Kahlo e Diego Rivera”. E’ resa in modo evidente la differenza di grandezza tra i due e la Kahlo dà di sé l’immagine semplice ma intensa di moglie. A causa delle sue non floride condizioni di salute, la Kahlo non riuscì a portare le sue gravidanze. Raffigurò l’evento drammatico dell’aborto in uno dei suoi quadri più famosi: “Henry Ford Hospital o il letto volante” (1932): il senso di solitudine e abbandono traspaiono dagli spazi aperti e il dolore per la perdita del figlio vengono qui rappresentati con un simbolismo crudo: un feto, il sangue, tre corde rosse che sembrano cordoni ombelicali. La vita coniugale di Frida Khalo e Diego Rivera fu turbolenta e segnata da momenti di profonda crisi, dovuti soprattutto all’infedeltà mai nascosta di Rivera, che ebbe una relazione anche con Cristina, sorella di Frida Kahlo. Il loro rapporto si incrinò, era il 1935, e la Kahlo iniziò ad avere rapporti con altri uomini e con donne. Nel 1936 scoppia la guerra civile in Spagna e Frida Kahlo riprese il suo impegno politico, fondando un comitato di solidarietà. Nel 1937 conobbe Lev Trotzkij e la moglie e le due coppie si frequentarono assiduamente. Ebbe una breve storia d’amore con Trotzkij. Fu solo nel 1938 che la carriera artistica di Frida Kahlo ebbe una svolta e iniziò a vendere i suoi quadri. Allestì la sua prima mostra personale in America. In quegli anni le Gallerie d’Arte d’Avanguardia era rare e la mostra fu un evento culturale di rilievo. In seguito fu molto apprezzata e dipinse un quadro anche per Clare Boothe Luce (Ambasciatrice USA in Italia nel 1953, durante il mandato del presidente Dwight Eisenhower). Seguì una nuova crisi nella vita coniugale con Diego Rivera, che portò la Kahlo anche in Europa. Divorziarono nel 1939. Il suo dipinto “Le Due Frida” esprime molto bene il malessere di quel periodo, lasciando trasparire il profondo dolore per la perdita del marito. Si risposarono nel 1940 a San Francisco. Iniziò un periodo più tranquillo e sereno. Durante la Seconda Guerra mondiale si riavvicinò a partito comunista e crebbe la sua fama, nonostante il suo Paese stesse attraversando un periodo politico in netta contrapposizione con le idee della pittrice. Le fu anche proposto un posto di insegnante nella scuola d’arte “La Esmeralda”. I continui dolori alla colonna la costringono ad insegnare dalla sua casa di Coyoacán. Ancora una volta i suoi quadri manifestano il suo dolore: il volto duro, impassibile, rigato da lacrime ed i chiodi conficcati nella sua carne, a rappresentare le fitte dolorose che le trafiggono il corpo (“La Colonna Rotta”, autoritratto del 1944). Le sue condizioni peggiorarono e nel 1950 subì altre sette operazioni alla colonna vertebrale. Trascorse molto tempo dei suoi anni successivi su una sedia a rotelle. Cambiò il suo modo di dipingere, o meglio i suoi soggetti, che ora erano principalmente nature morte. Negli ultimi anni della sua vita sentì inoltre l’esigenza di dipingere cercando di dare un senso politico alla sua opera, per il partito e per la rivoluzione. Ma i farmaci che era obbligata a prendere le impedivano di dipingere con tratto sicuro e accurato. Muore nel 1954 per un’embolia polmonare. Anche la sua morte, come lo fu la sua vita, fu un avvenimento spettacolare: la sua bara fu ricoperta dalla bandiera rossa del partito comunista, provocando reazioni e tumulti pubblici. L’urna con le sue ceneri si trova nella “casa azzurra”, donata da Rivera al popolo messicano per farne un “museo pubblico”. Tutta la sua opera è permeata dall’arte popolare messicana e dalla cultura precolombiana. Molti i riferimenti alla tradizione popolare, tuttora viva in Messico, e ad alcuni simboli animasti. Nonostante vi siano anche molti simboli surrealisti, l’opera di Frida Kahlo non si stacca mai dalla realtà, con la quale mantiene sempre un legame, attraverso un simbolismo quasi tangibile (la pittura votiva). Da leggere: Carlo Fuentes e Sarah M. Lowe “Frida Kahlo: autoritratto intimo” Leonardo, 1995. Hayden Herrera “Frida: Vita di Frida Kahlo” La Tartaruga edizioni, Milano 1993.