bergamo salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

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6 numero anno 5 - novembre - dicembre 2015 PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG IL PERDONO FA BENE ALLA SALUTE ALIMENTAZIONE PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE STARE A DIETA? MONONUCLEOSI NON SOLO BACI Gianluigi Trovesi CON LA MIA MUSICA FERMO IL TEMPO ATTUALITÀ ADDIO A CARNE ROSSA E SALAMELLE?

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BERGAMO SALUTE - Bimestrale di informazione medico sanitaria e benessere.

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anno 5 - novembre - dicembre 2015PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

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IL PERDONOFA BENE ALLA SALUTE

ALIMENTAZIONEPERCHÉ È COSÌDIFFICILE STARE A DIETA?

MONONUCLEOSINON SOLO BACI

GianluigiTrovesi

CON LA MIA MUSICA FERMO IL TEMPO

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PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

anno 5 - novembre - dicembre 20156numer

o

54 Farmacie Le interazioni tra farmaci e alimenti56 Il lato umano della medicina Scalerò 20 torri per aiutare gli orfani del Nepal 58 Testimonianza Alla Casa del Sole ho trovato il mio sole61 Malattie rare Associazione A.R.M.R.

STRUTTURE62 Casamia Verdello64 A.O. Papa Giovanni XXIII

ASL INFORMA67 Formaggio senza latte? REALTÀ SALUTE71 Studio Maggioni73 Fortimed Italia75 Ico sas77 Ottica Skandia79 Studio Medico Odontoiatrico Vincenti e Vecchi

Allegato centrale:AMICI DI BERGAMO SALUTE

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE

ITALIANA PER L’EDUCAZIONE

ALIMENTARE

Editoriale 5 Buone feste da Bergamo Salute Attualità6 Addio carne rossa e salamelle?

SPECIALITÀ A-Z8 Andrologia Andropausa, questa sconosciuta10 Chirurgia Ernia inguinale, per curarla bastano tre incisioni12 Infettivologia Come si trasmette la mononucleosi: non solo baci

PERSONAGGIO14 Gianluigi Trovesi Con la mia musica fermo il tempo

IN SALUTE16 Stili di vita

Bergamo lancia la sfida per vivere in piena forma18 Alimentazione Perché è così difficile stare a dieta?20 7 motivi per non rinunciare all'olio d'oliva

IN ARMONIA22 Psicologia Il perdono? Fa bene alla salute24 Coppia 8 errori da evitare per far funzionare una relazione

IN FAMIGLIA26 Dolce attesa Test del Dna Fetale: quanto è affidabile e quando serve 28 Bambini Progetti personalizzati per bambini con “bisogni educativi speciali”

IN FORMA30 Fitness Più magra e in forma con il Piloxing®32 Bellezza Voglio un seno più grande

RICETTA34 Pasticcini ai cereali soffiati e frutta secca RUBRICHE44 Altre terapie Spalla bloccata, dolorosa e infiammata. E se fosse colpa

dell’intestino o del fegato?46 Guida esami Moc, una fotografia dello stato di salute dell’osso48 Animali Ohibò, c'è un uccellino in casa!

DAL TERRITORIO50 News52 Onlus Associazione Italiana Persone Down

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Bergamo Salute 5

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EDITORIALE

LA REDAZIONE AUGURA a tutti buone feste

Adriano Merigo

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6 Bergamo Salute

ATTUALITÀ

Carne rossa lavorata, salsicce, salumi, cancerogeni come il fumo? A lanciare l’allarme

qualche settimana fa è stata l’IARC, l'Agenzia Internazionale per la Ri-cerca sul Cancro, parte dell’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha inserito le carni la-vorate come wurstel, pancetta ma anche prosciutti, salsicce, carne in scatola, secca o preparati a base di sughi di carne nel gruppo 1, ovvero quello delle sostanze che sono sicu-ramente cancerogene come il fumo e il benzene. Una decisione shock, frutto di una revisione di più di 800 studi sul rapporto fra diversi tipi di cancro con il consumo di carne rossa o carne lavorata. Nel mirino anche la carne rossa (manzo, vitel-lo, agnello, maiale, montone, capra) classificata invece come "probabile" cancerogeno nel gruppo 2A, dove si trova anche il glifosato, ingrediente attivo di molti diserbanti. «Il gruppo di lavoro ha classificato il consumo di carne lavorata nel gruppo 1 in base a una evidenza sufficiente per il tumore colorettale. Inoltre è stata trovata un'associazione tra consumo e tumore allo stomaco. La possibili-

tà di errore non può invece essere esclusa con lo stesso grado di confi-denza per il consumo di carne ros-sa» si legge nel rapporto dell'IARC. Gli esperti hanno poi concluso che ogni porzione di 50 grammi di car-ne lavorata mangiata ogni giorno aumenta il rischio di cancro colo-rettale del 18%. Un rischio che au-menta con la quantità di carne con-sumata. La notizia, ovviamente, non è passata inosservata. È rimbalzata su tutte le prime pagine dei giornali italiani e internazionali, suscitando un vero polverone. Che, per man-tenersi in salute, sarebbe meglio li-mitare il consumo di carne rossa si sapeva, ma che addirittura si debba dire addio a salamelle e insaccati è suonato a molti come eccessivo e troppo drastico. E da più parti si sono levati inviti alla moderazione. Al punto che lo stesso commissario europeo alla Salute e alla Sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis è intervenuto dopo pochi giorni dal-la pubblicazione del rapporto per stemperare le polemiche. «Non si tratta di smettere di mangiare car-ne. La carne contiene componen-ti che sono necessarie per il nostro

corpo, quello di cui si parla è di non abusarne e di non dimenticare di mangiare frutta e verdura». Il commissario UE ha poi preso come esempio la dieta mediterranea, di-cendo che «include anche carne rossa» e ricordando che le abitudi-ni sane devono comprendere an-che smettere di fumare, consumare meno zuccheri e praticare sport. Per smorzare i toni, può essere utile an-che capire come funzionano le liste compilate dallo IARC che raggrup-pano le sostanze sulla base del livel-lo di cancerogenità dimostrato in studi scientifici. L'inserimento nella lista richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio ed eventualmente anche di studi epi-demiologici sull'uomo. Attenzione però: se una sostanza viene inserita nel gruppo 1, che comprende ele-menti pericolosissimi come fumo, alcol, smog, arsenico, benzene, non vuol dire che mangiare un wurstel sia nocivo come fumare un pacchet-to di sigarette. Gli studi, infatti, ven-gono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d'esposizione molto lun-

Addio carne rossaE SALAMELLE?

a cura di VIOLA COMPOSTELLA

Secondo l’OMS le carni lavorate sarebbero cancerogene come il fumo. Attenzione però: vietato farsi prendere dal panico

PER CARNI LAVORATE SI INTENDONO TUTTE QUELLE TRASFORMATE ATTRAVERSO SALATURA, STAGIONATURA, FERMENTAZIONE, PRODOTTI AFFUMICATI O ALTRI PROCESSI PER AUMENTARE IL SAPORE O MIGLIORARE LA CONSERVAZIONE

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mata una o due volte a settimana. La differenza tra questi alimenti e gli insaccati, anche per l’OMS, non è trascurabile. L’Organizzazione della Sanità parla di correlazioni proba-bili, ovvero da verificare. Allarmarsi molto non serve, ma mangiare un po’ meno carne può farci bene» con-clude il dottor Ghiselli.

di contrarre alcune forme di tumo-re. Senza contare che a differenza degli altri agenti cancerogeni, di cui conosciamo i processi, in questo caso, non sappiamo esattamente qual è il fattore scatenante. Inol-tre, eliminare dalle indagini tutte le variabili riguardanti lo stile di vita e il complesso delle abitudini ali-mentari è sempre molto complicato. Detto questo di fronte a un avverti-mento del genere non possiamo non invitare tutti a consumare il meno possibile questa tipologia di carni che, pur non essendo indispen-sabili, così come tutti gli ali-menti, da un punto di vista nutrizionale, contengono elementi molto importanti e lo riconoscono gli stessi esperti IARC». Ma vuol dire ridurre drasticamente anche la carne rossa non lavorata? «Sì perchè ne con-sumiano tanta. Ma nell’am-bito di una dieta mediterra-nea equilibrata, che comprenda molte fibre, legumi, verdura e frut-ta, la carne rossa può essere consu-

ghe, difficilmente replicabili nella vita reale. Non è il caso, quindi, di farsi prendere dal panico. Bisogna capire quali sono i reali margini di rischio. Rassicurazioni, parziali a parte, certo è che l’allarme creato dallo IARC ha riacceso i riflettori su un tema dibattuto da anni, quello del legame tra carne e tumori, in re-altà già ben noto alla classe medica. «Non è cambiato granchè» confer-ma il professor Andrea Ghiselli, ri-cercatore del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l'analisi dell'Economia Agraria). «La vera novità arrivata dall’OMS riguarda l’inserimento delle carni trasforma-te nella lista dei cancerogeni, ma i rischi legati al consumo di questi alimenti erano già noti da tempo. Inoltre inserire tutti i salumi e gli in-saccati in un grande calderone crea il rischio di un appiattimento dell’a-nalisi. Bisogna poi avere ben pre-sente che l’OMS ha individuato una correlazione tra un consumo giorna-liero di 50 grammi di carne trasfor-mata al giorno per diversi anni e un piccolo aumento della probabilità

ATTENZIONE ALLA CARNE“BRUCIACCHIATA” Già da tempo gli oncologi hanno lanciato l'allarme sulla cancerogenicità delle carni rosse nelle parti "bruciacchiate". Quando si cuoce la carne alla griglia o alla brace, infatti, si possono formare due sostanze riconosciute come cancerogene: le amine eterocicliche (HCAs), che si sviluppano negli alimenti ricchi di proteine quando vengono cotti a temperature molto alte, come quelle di un barbecue; gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), composti che possono formarsi a partire dai grassi che gocciolano e bruciano sulla griglia generando fumo.

LA “DOSE” GIUSTASecondo le linee guida

dellíINRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la

Nutrizione), la porzione di carne rossa fresca è, come quella bianca,

corrispondente a 100 grammi, mentre la metà se si tratta di carni conservate. Un consumo corretto di carni fresche (rosse

e bianche) può essere individuato in 3-4 volte a settimana, preferibilmente

bianche. In alternativa si può ricorrere a pesce, legumi, uova,

formaggi meglio se magri.

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8 Bergamo Salute

QUANDO ANDARE DALL’ANDROLOGO

In genere, si dovrebbe programmare una visita

dall’andrologo a qualsiasi età se si riscontrano sintomi che mettono in allarme o particolari anomalie.

Dopo i cinquant’anni, però, sarebbe opportuno programmare

un appuntamento con cadenza annuale

(dai 55 in su).

Dal mondo scientifico arriva-no segnali tranquillizzanti: secondo le ultime ricerche,

gli ultracinquantenni possono tirare un sospiro di sollievo. L’andropau-sa non deve essere vissuta come un evento irreversibile. Se il desiderio sessuale è calato, può essere risve-gliato e la stanchezza, qualche chilo in più sul girovita e la riduzione pro-gressiva della funzionalità dei testi-coli non devono spaventare. E non è tutto: qualcuno mette in dubbio persino che esista, l’andropausa. Del resto, anche tra gli andrologi, esisto-no due scuole di pensiero. Certo con l’avanzare dell’età sia gli uomini sia le donne manifestano dei sintomi che possono essere ricondotti a una ri-dotta produzione di ormoni sessuali. Mentre nella donna, però, i cambia-

menti avvengono in maniera bru-sca, il climaterio maschile è molto più graduale. È corretto, allora, considerare l’andropausa come una sindrome corrispondente per gli uomini alla menopausa femminile? Forse no. Innanzitutto perché nella donna si interrompe definitivamente la funzione ripro-duttiva e cala quasi del tutto la pro-duzione degli estrogeni. Nell’uomo, invece, il calo della produzione di testosterone non solo è decisamente graduale ma non si interromperebbe mai del tutto. Inoltre, la sindrome non interesserebbe tutti gli uomi-ni in ugual misura. L’andropausa, quindi, sarebbe diversa per ogni in-dividuo per cui anche l’intensità dei disturbi varierebbe da caso a caso. Aldilà delle varie tesi, ci sono però

dei punti fermi. Le statistiche e gli studi clinici lo confermano: anche i maschi di età compresa tra i 50 e i 65 anni di età sono soggetti a una serie di cambiamenti del corpo alcuni dei quali riguardano proprio gli organi sessuali maschili. Ad esempio la pro-stata (la ghiandola dell’apparato ge-nitale maschile che secerne il liqui-do prostatico) si ingrossa, possono comparire anche disturbi urinari e sessuali, con difficoltà dell’erezione e calo della libido. I dubbi sulla patolo-gia dipendono quindi, più che altro, dal fatto che la sintomatologia non compare per tutti nello stesso perio-do e in più, spesso, si manifesta con sintomi in molti casi evidenti, in al-tri non chiaramente riconoscibili. Si può semplificare dicendo che, quan-do una persona ultracinquantenne, sessualmente attiva e valida, improv-visamente non riesce più, o ha delle difficoltà a fare sesso, inequivocabil-mente è entrata in andropausa.

I SINTOMI, DAL CALO MUSCOLARE ALLE DISFUNZIONI SESSUALIDopo i cinquant’anni le piccole arte-rie dei testicoli diventano più rigide per cui si riduce la portata di ossige-no al tessuto e il testicolo si impo-verisce di cellule. Tutto ciò produce una ridotta secrezione di testostero-ne. Questo può determinare diversi

SPECIALITÀ A-Z ANDROLOGIA Andropausa, QUESTA SCONOSCIUTAa cura di OSCAR FENICE

CAPELLI

GENITALI

PELLE

CUORE

CERVELLO

MASSA ADIPOSA

MUSCOLI

OSSA

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sessuale ma continui a persistere la disfunzione erettile. In questi casi, normalmente, si ricorre alla sommi-nistrazione di farmaci vasoattivi che favoriscono l'ottenimento di un’ere-zione non meccanica ma legata agli stimoli sessuali. Uno dei più impor-tanti è l’ossido nitrico che favorisce il rilassamento della muscolatura liscia e quindi l’afflusso del sangue e l’erezione. Ormai la ricerca ha por-tato allo sviluppo anche di nuovi far-maci erettogeni: non solo compresse per via orale, ma anche gel per via topica uretrale e farmaci iniettivi. Ci sono inoltre integratori naturali, sostanze derivate da piante medi-cinali, come il ginseng o il guaranà, che possono rinvigorire l’organismo. Non essendo farmaci, però, questi integratori hanno un’efficacia ridot-ta e soprattutto non specifica, anche se il ginseng sembrerebbe agire in qualche modo come un regolatore ormonale (non a caso in Asia viene usato da secoli per contrastare l’in-vecchiamento precoce e come rinvi-gorente). Per dare gli effetti deside-rati, però, si deve assumere per molti mesi, con costanza.

• non farsi influenzare, a livello ses-suale, dagli inevitabili cambiamenti fisiologici che possono, ad esempio, rallentare l’erezione o alterare l’eia-culazione.

LA CURA: ORMONI, FARMACI VASOATTIVI, INTEGRATORI NATURALIIn genere, per contrastare il deficit ormonale, così come si fa per la me-nopausa, il medico prescrive la te-rapia sostitutiva del testosterone. In pratica si introduce nell’organismo una certa quantità di testosterone così da raggiungere le concentra-zioni normali. Non esistono però studi scientifici che dimostrino l’ef-fettiva utilità dei supplementi ormo-nali. La maggior parte infatti è sta-ta condotta su uomini giovani che manifestavano dei deficit precoci di testosterone. Tuttavia si è riscon-trato che il 20% circa degli uomini con disfunzione erettile presenta un’alterazione dei livelli di testoste-rone. Questo ormone, però, agisce principalmente sulla libido per cui è possibile che, grazie al trattamento, si abbia un aumento del desiderio

sintomi che interessano più organi.Pelle. Diventa più sottile, fragile e secca, iniziano a comparire le prime rughe.Muscoli. Si ha un calo dei muscoli mentre aumenta la massa adiposa (soprattutto sull’addome).Cuore. Secondo recenti studi in seguito al calo del testosterone au-menterebbe il rischio di malattie cardiache, in particolare infarto.Organi sessuali. L’attività sessua-le viene alterata per cui si possono verificare disfunzioni erettili, del piacere e dell’eiaculazione. I testicoli si riducono in volume e consistenza, si registra una minore funzionalità della prostata.Cervello. Si manifesta una tendenza alla depressione e all’insonnia, ridu-zione o scomparsa della libido, dif-ficoltà di concentrazione e disturbi della memoria, irritabilità, mancan-za di motivazione.

ATTENZIONE A FUMO, ALCOL E SOVRAPPESOGli esperti sono concordi per lo meno per quanto riguarda il fatto che lo stile di vita può influenzare e non poco la comparsa dell’andro-pausa. Ci sono infatti molti fattori che possono alterare l’equilibrio or-monale. Per questo è necessario se-guire uno stile di vita sano e adottare alcune semplici regole:• eliminare il fumo;• limitare l’uso di alcolici;• tenere in allenamento il corpo con una costante attività fisica;• controllare il peso seguendo una dieta equilibrata povera di grassi;• limitare le situazioni che causano stress;

I PRO E I CONTRO DELLA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA La terapia ormonale sostitutiva femminile risulta ben affermata scientificamente mentre non si può dire altrettanto per quella maschile. Per questo è importante, prima di scegliere di curarsi con il testosterone, valutare i pro e i contro.PROPare che un buon livello di testosterone nell’uomo produca gli stessi effetti positivi, sia a livello fisico che psicologico, che inducono gli estrogeni nella donna. In particolare:• si blocca il processo di indebolimento delle ossa;• viene favorita la tonicità dei muscoli;• a livello psicologico si scongiura la depressione perché il testosterone induce la produzione di alcune sostanze “del benessere”;• aumentano il desiderio e la potenza sessuale in quanto con la diminuzione del testosterone cala anche l’afflusso di sangue nella zona genitale.CONTRO• Cresce il rischio di tumore alla prostata (anche se non tutti gli esperti concordano con questa tesi).• Aumenta anche il rischio che si formino trombi che, ostruendo i vasi sanguigni, possono causare trombosi, ictus e infarti.• Anche l’incidenza di tumori al fegato e alle mammelle sarebbe superiore.

DOTT. OSCAR FENICESpecialista in Urologia

e Andrologia

- POLICLINICO SAN PIETRO E STUDIO MEDICO

COLONNA FENICE DI CURNO -

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Si manifesta, in genere, con un fastidio o un dolore nella re-gione inguinale o nell’interno

della coscia che a volte rende diffi-cile svolgere le normali attività quo-tidiane. È l’ernia inguinale, una delle patologie più comuni e frequenti soprattutto tra gli uomini, colpiti otto volte di più rispetto alle donne (sebbene anche le donne ne siano affette, spesso la sintomatologia è più sfumata e non prontamente ri-conosciuta per via delle minori di-mensioni dell’ernia e della diversa anatomia della regione inguinale). Oggi per “curarla” non servono più interventi invasivi come una volta o grossi tagli: bastano tre piccole in-cisioni. Merito di una sempre mag-giore “personalizzazione” delle tec-niche chirurgiche e soprattutto dei progressi nel campo della chirurgia laparoscopica, che si traducono in minor stress per il paziente, minor

dolore postoperatorio e tempi di ri-presa più rapidi.

UN FASTIDIO CHE PEGGIORA CON IL MOVIMENTOIn linea generale, per ernia si inten-de il passaggio di contenuto addomi-nale (intestino, colon, omento…) o semplicemente di grasso attraverso un “buco” della parete, tecnicamente chiamato “difetto di parete”. Il luogo più frequente in cui si presenta que-sto difetto è appunto la regione in-guinale, in virtù della sua particolare funzione e anatomia. È esperienza comune, soprattutto in persone gio-vani che lavorano o svolgono attività sportive saltuarie o continuative, il fenomeno dell’ernia inguinale, cioè quel rigonfiamento a livello di un in-guine che aumenta durante gli sforzi e la posizione eretta sino a diventare invalidante o, peggio, divenire un’ur-genza da trattare chirurgicamente

entro poche ore. A volte però la sin-tomatologia è più subdola: si presen-ta semplicemente come un fastidio in regione inguinale o alla radice in-terna della coscia, nella regione cru-rale (o inguinofemorale), che diven-ta via via sempre più limitante nello svolgimento delle normali attività. Per questo è importante affidarsi a mani esperte che sappiano ricono-scere il problema, anche quando si tratti di una piccola ernia, e trattarlo con la tecnica adeguata.

LA TERAPIAL’ernia inguinale può essere trattata in modo conservativo con supporti contenitivi (ad esempio il cinto er-niario) ed evitando il più possibile attività fisiche intense. Questi rime-di però non rappresentano la solu-zione, ma solo un palliativo che po-trebbe anche peggiorare il problema, senza naturalmente risolverlo. Nella

SPECIALITÀ A-Z CHIRURGIA Ernia inguinalePER CURARLA BASTANO TRE INCISIONIa cura di STEFANO OLMI

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Bergamo Salute 11

PROF. STEFANO OLMI

incomparabili rispetto alla chirurgia tradizionale. Inoltre, grazie alla mi-glior visione possibile con questa via d’accesso, il chirurgo è messo nelle condizioni di posizionare la rete in maniera più completa, andando a co-prire completamente tutta la regione inguino-crurale e i possibili difetti di parete in un unico intervento, anche trattando contemporaneamente er-nie presenti sia a destra sia a sinistra, limitando al minimo il rischio di re-cidive. La stragrande maggioranza dei pazienti quindi, e in particolare i soggetti con ernia inguinale bila-terale o recidiva, o monolaterale ma fisicamente attivi, vengono operati con metodica laparoscopica, secon-do due tecniche ormai consolidate da anni (TEP o TAPP). Solo in una piccola percentuale di pazienti viene eseguito l’intervento tradizionale.

quasi totalità dei casi, invece, la terapia è essenzialmen-te chirurgica, attra-verso un intervento che consiste nel ri-portare nella sede naturale i visceri erniati e nel posi-zionare una rete (o protesi), per impedire future ernie e ricosti-tuire l’anatomia della regione in-guinale. Nei centri avanzati, nella stra-grande maggioranza delle situazioni, l’inter-vento viene eseguito in la-paroscopia, tecnica chirurgica introdotta nella pratica clinica all’i-nizio degli anni Novanta del secolo scorso che ha permesso di effettuare quasi tutti gli interventi chirurgi-ci addominali non più eseguendo grossi tagli ma attraverso poche piccole incisioni. Nel caso specifico dell’ernia inguinale si praticano tre piccole incisioni, attraverso le quali il chirurgo riduce l’ernia, introduce, posiziona e fissa la rete. Le metodi-che di fissazione della rete variano a seconda delle dimensioni e dell’ana-tomia del singolo caso, garantendo una tenuta della protesi anche per le grosse ernie. Vengono utilizzati i più moderni sistemi di fissaggio per la protesi, da clip metalliche a clip rias-sorbibili sino a colle biologiche, con un dolore postoperatorio e cronico praticamente assenti e una tenuta nel tempo comprovata.

PICCOLE INCISIONIPER UNA RIPRESA PIÙ VELOCEI grandi vantaggi della tecnica lapa-roscopica, utilizzata con sicurezza anche per trattare l’ernia inguinale, sono: minor invasività (si chiama in-fatti chirurgia mini-invasiva), minor stress per il paziente e minor dolore postoperatorio, tempi di ripresa più veloci (la ripresa delle attività - sia-no esse lavorative o sportive, anche a livello agonistico-professionale - avviene mediamente in 10-15 gior-ni) e risultati funzionali ed estetici - POLICLINICO SAN MARCO ZINGONIA -

NON SOLO INGUINESebbene l’ernia trovi nella regione inguinale la zona di maggior debolezza e quindi si riscontri con più frequenza in questa sede, esistono altre regioni della parete addominale in cui può manifestarsi. Un altro luogo in cui l’ernia si presenta frequentemente è l’ombelico. Altre ernie molto più rare sono localizzate alle periferie laterali dell’addome, dove i vari muscoli si intersecano fra loro. Inoltre, dopo ogni intervento chirurgico, nel luogo dove è stata effettuata l’incisione si forma una zona più debole che può dar luogo a un'ernia su incisione, che per la sua origine (non naturale ma causata da una precedente incisione) viene tecnicamente chiamata laparocele. Ernie e laparoceli, variabili per localizzazione, dimensioni e gravità, non sono solo un problema estetico ma rappresentano un grave danno funzionale per l’esecuzione delle normali attività. La cura e la soluzione di queste patologie è essenzialmente chirurgica. Possono restare stabili nel tempo, ma in alcuni casi possono divenire una vera e propria urgenza: questo accade quando l’ernia si strozza, cioè il suo contenuto, una volta uscito, non riesce a rientrare nella sua sede naturale. Questa condizione può comportare, se non adeguatamente riconosciuta e trattata tempestivamente, diverse complicanze anche gravi, quali infarti intestinali, quindi la terapia ideale del laparocele è l’intervento chirurgico laparoscopico in elezione. Lo stesso intervento può essere effettuato nella maggior parte dei casi anche in urgenza in centri con un’adeguata esperienza nella tecnica mini-invasiva.

Responsabile U.O. Chirurgia Generale e Oncologica

A CIASCUNO LA SUA RETELe reti a disposizione sono di

diversa natura e diversi materiali. Sta al chirurgo decidere quale faccia al

caso del paziente a seconda dell’età, della corporatura e di alcuni fattori relativi al suo

stile di vita (tipo di lavoro, attività fisica etc.). Sia per la cura dell’ernia inguinale che per le ernie

della parete addominale in generale, è essenziale la scelta dei corretti materiali protesici, che

garantiscano alti standard di integrazione con i tessuti del paziente e tenuta nel tempo, per azzerare il rischio di recidive. In questo senso,

la continua ricerca dei materiali più idonei e l’affinamento della tecnica chirurgica

garantiranno un risultato duraturo.

Page 14: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

12 Bergamo Salute

La chiamano anche “malattia del bacio”. Si trasmette con la saliva e meno spesso per con-

divisione di oggetti (posate, bicchie-ri) entrati in contatto con la saliva di una persona infetta. È la mono-nucleosi, un'infezione virale molto diffusa che gran parte delle persone ha sviluppato nella propria vita sen-za saperlo. Oltre il 90% della popola-zione infatti ha nel sangue anticorpi contro il virus che la causa. Il moti-vo è che, quando contratta nei primi anni di vita, la malattia ha spesso un decorso senza sintomi, mentre nelle altre fasce di età spesso viene scam-biata per influenza.

LA COLPA? È DELL’HERPES VIRUS EPSTEIN-BARRLa mononucleosi infettiva è una malattia infettiva causata da un vi-rus, chiamato virus di Epstein-Barr (EBV) dal nome dei due studiosi in-glesi Anthony Epstein e Yvonne Barr che per primi lo isolarono nel 1964. Il virus di Epstein-Barr è un herpes

virus, affine ai virus che causano varicella/herpes zoster ed herpes la-biale, ed al Citomegalovirus. Come altri herpesvirus, EBV è diffuso in tutto il mondo. Si trasmette attra-verso contatti stretti tra persone, in particolare tramite la saliva: posso-no essere occasione di trasmissio-ne, ad esempio, la condivisione di posate o bicchieri, oppure i baci. In alcuni Paesi e ambienti sociali in più precarie condizioni igieniche la maggior parte dei bambini si infetta nei primi anni di vita. In altri conte-sti, la trasmissione può avvenire più tardi: la mononucleosi infettiva è stata indicata anche come “malattia del primo bacio” proprio per la rela-tiva frequenza con la quale, in alcuni Paesi, si osserva negli adolescenti.

FEBBRE, LINFONODI INGROSSATI, MAL DI GOLA E STANCHEZZA, I CAMPANELLI D’ALLARMESi presenta in genere con febbre, in-grossamento diffuso dei linfonodi, mal di gola e profonda stanchezza.

L’ingrossamento dei linfonodi può essere più facilmente apprezzabile al collo, ma può coinvolgere molteplici sedi superficiali e profonde: i linfo-nodi possono raggiungere dimen-sioni anche superiori ai 2 centimetri ed essere moderatamente dolenti; la tumefazione usualmente si riduce gradualmente nel corso di 3-4 setti-mane. Il mal di gola può essere mol-to forte, tanto da interferire con l’a-limentazione, al punto che talvolta può essere difficile e doloroso anche deglutire la saliva. La sensazione di stanchezza può essere molto inten-sa e, soprattutto, protratta: mentre febbre, mal di gola e tumefazioni linfonodali regrediscono usualmen-te nell'arco di alcuni giorni o poche settimane, una profonda astenia (debolezza) può protrarsi per molte settimane o, in alcuni casi, per diver-si mesi. La maggior parte dei pazien-

SPECIALITÀ A-Z INFETTIVOLOGIA

Come si trasmette la mononucleosi: NON SOLO BACI

a cura di MARCO RIZZI

Febbre alta, stanchezza e mal di gola, i sintomi. La complicanza grave, la rottura della milza

ATTENZIONE ALLA SALIVA ALTRUIPER PREVENIRE LA MONONUCLEOSI INFETTIVA PUÒ ESSERE UTILE ADOTTARE LE GENERALI MISURE DI IGIENE PERSONALE E SOCIALE, IN MODO DA RIDURRE L’ESPOSIZIONE ALLA SALIVA DI PERSONE PORTATRICI DEL VIRUS. NON ESISTONO MISURE DI PROFILASSI SPECIFICA, VACCINALE O D’ALTRO GENERE

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DOTT. MARCO RIZZISpecialista in Malattie infettive

PARACETAMOLO E ANTINFIAMMATORI CONTRO I SINTOMILa terapia è sintomatica: parace-tamolo e farmaci antinfiammatori possono essere utili per alleviare i sintomi. Il ricorso a brevi cicli di terapia con il cortisone (su prescri-zione medica) deve essere riserva-to a casi selezionati con importanti complicanze (ad esempio bambini con difficoltà respiratoria per ostru-zione della gola da parte del tessu-to linfatico infiammato). L’impiego di farmaci antivirali non è indicato. È importante assicurare una buona idratazione e, poi, una nutrizione adeguata. Nei primi giorni di ma-lattia cibi freddi e morbidi possono essere di aiuto; raramente si rende necessario ricorrere a idratazione per via endovenosa.

ATTENZIONE A NON FARE SFORZI FISICICome si è detto, la mononucleosi infettiva può causare una profonda stanchezza, che può protrarsi a lun-go, ed esiste un rischio, sia pur limi-tato, di rottura di milza. Per questi motivi, si raccomanda di mantenere il riposo durante la fase acuta della malattia (in genere 1-2 settimane), e di riprendere le attività fisiche più intense gradualmente, a partire dalla terza-quarta settimana; particolare cautela deve essere adottata nel caso di sport da contatto a elevato rischio di traumi addominali.

gnosi può spesso essere sospettata sulla base dei sintomi a cui abbiamo accennato. Tra gli esami di laborato-rio, invece, è caratteristico il notevo-le aumento del numero dei globuli bianchi. In particolare, è elevato il numero dei linfociti, tra i quali mol-ti presentano al microscopio aspetti atipici (“linfociti attivati”). Spesso sono alte anche le transaminasi: il virus di Epstein-Barr causa infatti frequentemente una modesta epatite acuta, del tutto benigna. La confer-ma diagnostica deriva da un esame sierologico, che ricerca gli anticorpi specifici per EBV. Un volta fatta la diagnosi, non è in genere indicato ripetere gli esami di laboratorio; l’e-patite, se presente, si risolve sempre senza conseguenze, mentre gli anti-corpi restano presenti per molti mesi (anticorpi di classe IgM) o per tutta la vita (anticorpi di classe IgG).

- RESPONSABILE UNITÀ MALATTIE INFETTIVE A.O. PAPA GIOVANNI XXIII

BERGAMO -

ti affetti da mononucleosi infettiva presenta, inoltre, un ingrossamento della milza che in genere si risolve nel corso di alcune settimane; mol-to raramente la splenomegalia (cioè l’ingrossamento della milza) è com-plicata dalla rottura dell’organo, che richiede ricovero d’urgenza. La dia-

UN VIRUS COMPLESSOE PERSISTENTE Il virus di Epstein-Barr causa comunemente la mononucleosi infettiva, malattia talvolta fastidiosa, ma benigna. EBV è però un virus complesso, che persiste per tutta la vita nei tessuti linfatici delle persone infettate e che in rari casi può causare gravi quadri clinici; ciò avviene più facilmente in persone con gravi deficit immunitari.

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PERSONAGGIO

a cura di LUCIO BUONANNO

CON LA MIA MUSICA

FERMO IL TEMPO

L’appuntamento con Gianluigi Trovesi, uno dei più noti jazzisti e com-positori europei, è alle 9 in un bar di Nembro, la cittadina della Val Seriana dove vive. Lui, come un orologio svizzero, spacca il secondo.

Un gigante anche fisicamente, indossa un cappello nero, saluta tutti e scher-za con un’affascinante barista. È arrivato la sera prima da un tour che l’ha portato in Puglia, in Germania, in Lussemburgo, in Spagna dove ha tenuto un concerto con il suo “socio” da 25 anni Gianni Coscia, un mago della fi-sarmonica, e ora si prepara a una serie di esibizioni a Nembro, ad Albino e a Redona. Ci sediamo al tavolo, lo sposta, lo spazio è ristretto. «Sa, mi sono operato all’anca e anche se l’intervento è andato bene, devo fare un po’ di attenzione» dice con un sorriso che si perde tra la barba bianca. E subito dopo: «Lei, di Bergamo Salute, vuole intervistarmi sull’operazione all’anca? L’ho fatta a maggio, sono stato 20 giorni per la riabilitazione a Gazzaniga e poi ho ripreso i miei concerti. Nessun problema anche se il mio fisico è impo-nente. Comunque a 71 anni in ospedale ci sono stato solo due volte, la prima a 3-4 anni per le tonsille». No, parliamo di lei… Ph

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Intervista a Gianluigi Trovesi, uno dei più noti jazzisti europei, bergamasco di Nembro, che nei suoi pezzi fonde jazz e radici europee dal Medioevo al '900

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«In questo momento sento intorno a me quasi un profu-mo di santità. Sto infatti tenendo concerti per associa-zioni benefiche e religiose. A Redona per l’Associazione Cure Palliative, con l’Orobico Quartetto; a Nembro per ricordare due benefattori come monsignor Nicoli e il dottor Daina; ancora a Nembro, ripresento il progetto “Papa Giovanni XXIII Verso la luce” con musiche mie e la regia di Oreste Castagna. Ad Albino suonerò per gli “Amici dell’oncologia della Val Seriana”. E a Bergamo, per “La notte dei Vangeli”, organizzata dalle Acli, suo-nerò alle 5,30 del matttino. Era infatti quella l’ora in cui mia nonna mi portava da bambino a messa nella nostra parrocchia di Nembro. Spero proprio che San Pietro e Santa Cecilia, patrona dei musicisti, mi aprano le porte del Paradiso».

MA COME È COMINCIATA LA PASSIONE PER IL CLARINETTO E IL SAX?«È stata colpa del cortile in cui abitavamo. Lì suonavano un po’ tutti. Papà, che lavorava come metalmeccanico, era un appassionato della batteria e con altri 4-5 si esibiva nelle balere. Venivano a casa per le prove. C’era anche Gianni Bergamelli. Canzoni popolari, jazz. Mi ricordo che ascoltavamo tutti un programma settimanale alla radio della Martini & Rossi: per me, che ero piccolo… una magia! E lì si è sviluppata la mia musicalità e il mio interesse verso la banda, il jazz, la musica classica e operistica. Quel cortile l’ho lasciato che avevo 21 anni. (ndr. nel 2010 con la regia di Sergio Visinoni, Trovesi ha fatto il film “Il cortile della musica”). Forse se fossi stato nel cortile vicino, dove c’era un geometra molto bravo, avrei seguito la sua strada. A 14 anni suonavo il clarinetto nella banda del paese, fu il maestro a consigliarmi di frequentare il Conservatorio nel quale mi sono diplomato in clarinetto con il maestro Giuseppe Tassis e studiato armonia, contrappunto e fuga con il maestro Vittorio Fellegara. Nel frattempo lavoravo in uno studio tecnico avendo due pomeriggi liberi per frequentare le lezioni e la domenica, che non era un giorno di riposo, suonavo nelle balere anche il sassofono. Dopo il diploma ho insegnato educazione musicale nelle scuole medie della provincia. Così fino al 1978 quando ho vinto il concorso come primo clarinetto e sax alto, per un posto di ruolo nella Big Band della Radio RAI di Milano. L’anno prima avevo fondato un trio con Paolo Damiani al basso e Gianni Cazzola alla batteria con i quali, nel 1978, pubblicai “Baghét”. Con questo disco definivo la mia idea di musica, una sintesi sia di jazz sia delle radici europee, dal Medioevo al 900: fu un successo che ebbe il premio della Critica Discografica Italiana».

E di premi Gianluigi Trovesi da Nembro ne ha ricevu-ti centinaia come quello di miglior musicista del jazz italiano, le 5 stelle (simile al premio Oscar) dalla rivi-sta americana Down Beat per “From G To G”. Inoltre è stato insignito del titolo di “Ufficiale della Repubblica

Italiana” dal Presidente Carlo Azelio Ciampi nel 2001, di “Chevalier de l’Ordre des Arts e des Lettres" dal Mi-nistero della Repubblica Francese e di “Commendato-re dell’Ordine di Merito della Repubblica Italiana” nel 2007. Ma il momento che Trovesi ricorda con più emo-zione è quello del titolo di “Ufficiale della Repubblica Italiana”. «Ero in Germania a Moers, per dirigere “De-dalo” un mio progetto commissionato dalla WDR Big Band di Colonia, quando arrivò la notizia che il Presi-dente Ciampi mi aveva insignito del titolo. Il trombet-tista Marco Stockhausen solista ospite della Big Band, figlio del grande compositore tedesco, annunciò, all’ini-zio del concerto, il riconoscimento che avevo avuto. In teatro, dove c’era anche il governatore del Land… stan-ding ovation!».

QUALI PROGETTI HA ORA IN CANTIERE? «Con Stefano Montanari ho realizzato un progetto or-chestrale con strumenti antichi, il CD sarà prodotto da ECM. È uscito da poco un cofanetto di nove CD per le edizioni CAM di Roma, dove si possono trovare i miei primi due lavori “Baghet” e “Cinque piccole storie” (pri-ma edizione in CD) e altri lavori con l’ottetto e l’Or-chestra da camera “Salmeggia”: questa è un po’ la mia storia». Una storia della musica in cui è entrato anche lui, Gianluigi Trovesi da Nembro, padre di due figlie, Stefania che suona il violino e ha sposato Stefano Mon-tanari, violinista e direttore d’orchestra, e di Annagiulia, laureata in pedagogia che oltre a insegnare musica nel-la scuola primaria, tiene corsi di didattica musicale. È nonno di tre nipoti. «Non ho forzato le figlie, ma le ho mandate a studiare da una brava insegnante di educa-zione musicale. La musica è educativa. Purtroppo nelle scuole italiane ha poco spazio, invece è formativa ed è universale. Le voglio raccontare un episodio: in Germa-nia io e l’amico contrabbassista tedesco Peter Kowald en-triamo in un bar, dove una signora sentendomi parlare, mi bolla dispregiativamente “ italienish “… Il mio amico ribatte: “ suona il clarinetto ! ” …E la signora …sorride» La dimostrazione che la musica è senza frontiere.

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IN SALUTE STILI DI VITA

Tra i bambini sono in aumento obesità, sovrappeso e man-giano male? Gli adulti sono

sempre più sedentari rischiando malattie cardiocircolatorie? Il Co-mune di Bergamo lancia la sfida con il progetto BeWell, che si compone di diverse iniziative e un nuovo sito web con l’obbiettivo di diffondere la filosofia dello star bene a 360 gradi. Su www.bergamowellnesscity.it si trovano indicazioni e consigli per un nuovo stile di vita basato sull’at-tività sportiva, sulla corretta ali-mentazione e sulla prevenzione per evitare problemi alla salute. È una nuova iniziativa che candida Ber-gamo come prima wellness city d’I-talia, in collaborazione con la Well-ness Foundation. Ne parliamo con Loredana Poli, assessore comunale all’Istruzione e allo Sport. «BeWell nasce per dare visibilità e strumenti

di lavoro al ruolo di coordinamen-to e di promozione della salute che spetta all'ente locale. Tra l'altro, il Comune di Bergamo non aveva mai aderito alla Rete Città Sane di Asl mentre ora abbiamo avviato anche questo specifico percorso di lavoro» spiega l’assessore. «Non siamo co-munque partiti da zero. C’erano già infatti alcune buone iniziative che puntavano a insegnare a mangiare meglio e a muoversi, con particolare riferimento alle fasce d'età dei bam-bini, grazie al prezioso lavoro nelle scuole, e degli anziani. Noi voglia-mo incentivare questo cambiamen-to, perché uno stile di vita attivo, sano, può migliorare anche la città. Come? Rendendo evidente che la no-stra città si presta particolarmente a ospitare e promuovere iniziative specifiche che ricordino in più occa-sioni quanto movimento, buona ali-

mentazione e salute siano connesse alla scelta dello stile di vita di tutti i cittadini. Muovendosi, mangian-do prodotti biologici o a chilometro zero, con particolare riferimento ai bambini. Un progetto ambizioso che deriva anche dal voler asseconda-re la conformazione naturale della città che per sua natura è legata al verde e agli sport all’aria aperta».

I dati parlano da soli: Bergamo è circondata da 4700 ettari di verde, con 240 fontane pubbliche, deci-ne di scalinate che portano in Cit-tà Alta e tanti percorsi che si sno-dano tra il Parco dei Colli e le vie pedonali. Sul sito, suddiviso in tre sezioni (movimento, alimentazio-ne, salute), ci sono le possibili scel-te per vivere meglio. Nella sezione movimento si trovano descrizioni e consigli su passeggiate suggesti-

BERGAMO LANCIA LA SFIDAper vivere in piena forma

a cura di LUCIO BUONANNO

Il progetto BeWell del Comune contro il rischio di obesità nei bambini e la sedentarietà degli adulti: tanti consigli e iniziative per diffondere la filosofia dello star bene a 360 gradi

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DOTT.SSA LOREDANA POLI Assessore all'Istruzione

e Sport Comune di Bergamo

ve differenziate per difficoltà (vedi box) oltre a iniziative quali corse non competitive, piedibus per gli scolari, gruppi di cammino. Nell’a-limentazione si scoprono anche i progetti attivi in collaborazione con le mense scolastiche e supermercati per diffondere una sensibilità anti-spreco. Nella sezione salute saranno riportati soprattutto gli avanzamen-ti dell'adesione alla Rete Città Sane e i programmi di ricerca di Bergamo Wellness City in collaborazione con medici di base e strutture ospedalie-re locali. «Per quanto riguarda il mo-vimento c’è grande interesse da parte dei bergamaschi» ci dice l’assessore. «Quest’estate con Runners Bergamo abbiamo organizzato una manife-stazione di avviamento alla corsa al parco della Trucca. Si sono pre-sentate fino a 400 persone per ogni sera per mettersi alla prova ed esse-re accompagnati dal cammino alla corsa ma anche avere suggerimenti, consigli sul tipo di abbigliamento e di scarpe. E sono stati tutti invitati a sottoporsi a visite mediche quando decidano di cominciare a fare questo sport sui quattro percorsi della città. Il Comune ha intenzione di incre-mentare l’attività sportiva anche nei parchi coinvolgendo tutte le associa-zioni disponibili. Altro punto fermo del nostro progetto è l’alimentazione. Siamo partiti dalle scuole dove la qualità dei pasti è senz’altro superio-re alla media, ma Asl ci segnala che in casa dei bambini la qualità nutri-zionale media dei pasti si è sensibil-mente abbassata. Pensiamo perciò di sensibilizzare maggiormente i ge-nitori con iniziative di formazione e laboratori di cucina. Su questo tema si avvierà anche un lavoro specifico con i pediatri. Soluzioni abbastanza semplici come far bere ai piccoli più acqua e fare loro scoprire in mensa i menu a chilometro zero e la sta-gionalità di frutta e verdura, fino a portarli nelle cascine e nelle fattorie didattiche. Ma l’alimentazione a chilometro zero nelle scuole apre un altro fronte, economico. Noi fornia-mo 4000 pasti al giorno e le aziende agricole bergamasche possono trarre notevoli benefici economici ceden-

doci i loro prodotti. Un progetto cui collabora anche la Coldiretti». La salute è un altro obbiettivo primario, che coinvolgerà i medici di famiglia, le strutture ospedaliere e l’Univer-sità di Bergamo con il suo centro di ricerca HTH (Human Factors and Tecnology in Healthcare) che stu-dia, tra l’altro, anche l’esercizio fisi-co, l’attività sportiva e gli stili di vita.

BeWell è solo la prima pietra per promuovere la cultura del benes-sere in città, con partner Wellness Foundation le cui linee guida sono state sottoscritte dal Comune. Come si legge nel sito della Fondazione “Le persone che si sentono in forma e a proprio agio con il loro corpo, vivo-no meglio, hanno migliori rapporti interpersonali e il loro stile di vita è propositivo ed ottimistico. Il well-ness è il nuovo stile di vita orientato al miglioramento della qualità della vita attraverso l’educazione ad una regolare attività fisica, una corretta alimentazione; un approccio menta-le positivo. I benefici che ne derivano permettono di raggiungere un reale

QUATTRO PERCORSIALLA SCOPERTA DEL BENESSERESono quattro i percorsi consigliati da Bergamo Wellness City: Trucca, Greenway da via Baioni a Valmarina, Greenway con le Mura Venete, solo Mura Venete. 1) Il Parco della Trucca. Vicino al nuovo ospedale, è ideale per grandi e piccini mettendo a disposizione attrezzature sportive, aree giochi. Il percorso si snoda per circa 2 chilometri su un terreno privo di dislivelli e per questo risulta agibile anche con passeggini e sedie a rotelle. 2) Greenway. È un percorso di 9 chilometri che costeggia in parte il torrente Morla. Si parte da via Baioni e si arriva al monastero di Valmarina costruito nel 1150 e oggi sede del Consorzio Parco dei Colli. Si può usare anche la

benessere psicofisico, uno stato ottima-le per combattere e prevenire le patolo-gie legate alla sedentarietà, per mante-nere l’efficienza negli anni, per l’attività lavorativa e sociale delle persone”. Bi-sogna cominciare dalla più tenera età. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo sono in so-vrappeso 43 milioni di bambini sotto i sei anni (il 10 per cento è addirittura obeso) e un miliardo e mezzo di adulti; 500 milioni sono obesi; 400 milioni di persone soffrono di diabete; 17 milioni muoiono ogni anno per malattie car-diovascolari. Dati allarmanti che bi-sogna drasticamente ridurre. Come? Con un nuovo stile di vita, come quel-lo che il BeWell ha lanciato a Bergamo.

bici con difficoltà medie. 3) Greenway con Mura Venete. Dodici chilometri e mezzo partendo sempre da via Baioni nei pressi del campo Utili e inerpicandosi tra castagneti e ville del ‘600 per arrivare in cima ai colli e poi scendere in Città Alta camminando o correndo sulle Mura Venete. 4) Mura Venete. Una passeggiata senza difficoltà lungo le mura in lizza per diventare patrimonio dell’Unesco. Ogni passo sui percorsi viene registrato, scaricando una apposita App, e convertito in “moves” che a loro volta si sono tramutati, fino al 31 ottobre, in pasti donati ai Paesi colpiti da malnutrizione, nello spirito di Expo. L’iniziativa riprenderà in primavera, con la riapertura dei percorsi, ma i “moves” saranno donati a scuole e associazioni.

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IN SALUTE ALIMENTAZIONE

a cura di MARIA CASTELLANO

PERCHÉ È COSÌ DIFFICILEstare a dieta?

livello  delle  strutture  cerebrali  implicate, in particolare dell’ipota-lamo, una regione molto complessa del cervello, vero e proprio centro di comando con un peso centrale nella regolazione dell’assunzione di cibo. Non a caso studi con la risonanza magnetica hanno evidenziato nelle persone obese un rilascio maggiore di dopamina (neurotrasmettitore legato al senso di soddisfazione e appagamento personale) in rispo-sta a immagini di cibo palatabile, rispetto a soggetti normopeso». E la dipendenza non scatterebbe (ne-anche a dirlo) davanti a cibi sani, come frutta e verdura, ma con il co-siddetto cibo-spazzatura, cioè quel-lo ricco di grassi e zuccheri, dolci, caramelle, patatine etc.. Nei casi più gravi si può arrivare a sviluppare un disturbo, riconosciuto anche nei manuali di psichiatria, chia-mato “binge ea-ting disorder” (BED), in ita-liano “disturbo da alimenta-zione incon-

trollata”. «Si manifesta quando si assume un’elevata quantità di cibo a cui si associa un senso di perdita di controllo sull’atto del mangiare» spiega l’esperto. «È un problema che, secondo alcune stime, riguar-da circa il 20-30% dei soggetti che si rivolgono a uno specialista per perdere peso. In particolare per parlare di BED devono essere pre-senti due caratteristiche: mangiare in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore) una quantità di cibo maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo e in cir-costanze simili

Le avete provate tutte: la die-ta iperproteica, paleolitica, del minestrone, delle barret-

te. Ma ogni volta, dopo aver perso qualche chilo, avete finito per cedere alle vecchie abitudini e tentazioni, riprendendo i chili persi con gli in-teressi (il cosiddetto effetto yo-yo). Ma perché è così difficile dimagrire in modo sano e soprattutto non ri-mettere peso? Perché, a parte che per brevi periodi, proprio non riu-sciamo a fare a meno di alcuni cibi che, guarda caso, sono quelli che fanno ingrassare di più? «La rispo-sta, ovviamente, è complessa. Oggi però si sa che un ruolo importante è giocato dal cervello e dai significa-ti che vengono dati al cibo, non solo fonte di energia per vivere ma anche elemento consolatorio» spiega il dot-tor Giuseppe Rovera, specialista in Scienze dell'alimentazione, esperto in disturbi alimentari. «Per questo motivo, in caso di forte sovrappeso e obesità, l’approccio ideale dovrebbe essere multifattoriale e prevedere, in alcuni casi, accanto al supporto nu-trizionale, anche quello psicologico».

IL CIBO SPAZZATURA? PUÒ CREARE DIPENDENZA«Molti soggetti in sovrappeso o obesi hanno una vera e propria dipenden-za dal cibo (food addiction), parago-nabile a quella da altre cause (come fumo, gioco d’azzardo, alcol)» conti-nua lo specialista. «Le analogie tra questi due gruppi di soggetti sareb-bero riscontrabili sia a livello com-portamentale (uso della “sostan-za” per sedare emozioni negative, meccanismi  di  ricompensa,  spinta  all’assunzione di cibo, elevata sen-sibilità verso stimoli che scatenano la ricerca di sostanze o cibo) sia  a 

IL VINO NON DEVE ESSERE DEMONIZZATO. CONTIENE ANCHE SOSTANZE PREZIOSE, SOPRATTUTTO SE ROSSO, COME ANTIOSSIDANTI. L’IMPORTANTE È STARE NEI 14 DRINK A SETTIMANA, DOVE PER DRINK SI INTENDE UN BICCHIERE DI VINO DA 200 ML. O IN ALTERNATIVA UNA BIRRA DA 330 ML.. DA EVITARE INVECE I SUPERALCOLICI

Non è solo questione di forza di volontà: alcuni cibi possono innescare meccanismi simili alle droghe

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DOTT. GIUSEPPE ROVERASpecialista in Scienze dell'alimentazione

- RESPONSABILE SCIENTIFICO CENTRO PER I DISTURBI ALIMENTARI

POLICLINICO SAN PIETRO -

e la sensazione di perdere il control-lo nell’atto di mangiare (ad esempio sentire di non potere smettere di mangiare o di non potere controlla-re cosa o quanto mangiare)».

I PASSI PER “LIBERARSI” DALLE TENTAZIONICome fare allora a uscire da questa spirale di tentazioni, riuscire a resi-stere al richiamo del cibo-spazzatu-ra e dimagrire in modo duraturo? «Come detto l’approccio deve esse-re multifattoriale. Molto utile può essere, anche in caso di “semplice” sovrappeso ma con alle spalle una storia di tentativi falliti di diete, dimagrimenti e recupero di peso ci-clico, un supporto psicologico» sug-gerisce lo specialista. «Esistono poi diverse tecniche comportamentali che in molti casi si rivelano effica-ci, anche associate nei casi più seri

e sotto stretto controllo me-dico a farmaci che agiscono sui livelli di dopamina e

di serotonina, noto anche come

ormone del buo-numore. Attenzione

però: perché possa-no essere davvero efficaci e diventare una buona abitu-dine di vita, non solo per perdere peso temporane-amente ci vuole un po’ di tempo, anche fino a sei mesi. Non si può pensare di cambiare il proprio sti-le alimentare da un giorno all’altro. Il primo consi-glio, quindi, è individuare il primo passo da compiere e poi prose-guire “step by

step” (ovvero gradino dopo gradi-no)». Il primo passo? Il momento della spesa. Proprio così. «Una delle prime regole è andare al supermer-cato dopo mangiato, così da non essere spinti dalla fame nelle nostre scelte alimentari. Importante è poi fare la lista della spesa, scrivendo le cose che si dovrebbero mangiare. In questo modo sarà più facile re-sistere al richiamo di cibi che non dovrebbero essere previsti nella dieta» consiglia il dottor Rovera. «Un altro suggerimento è calcolare quanto tempo si impiega per man-giare. Il senso di sazietà infatti ar-riva dopo circa 20 minuti, ovvero il tempo che serve per far arrivare al cervello il senso di sazietà». La du-rata ideale di un pranzo o una cena? Circa trenta minuti. «Fondamenta-le, poi, è non saltare mai la prima colazione, errore che purtroppo an-cora molti fanno. Partire con il pie-de giusto infatti da un lato aiuta le performance mentali (al lavoro o a scuola) dall’altro permette di arri-vare meno affamati a pranzo. Senza contare che le calorie che si assumo-no la mattina si bruciano molto più velocemente. Cosa mangiare? Una tazza di latte con caffè, una fetta di pane che garantisce sazietà fino a pranzo, con un filo di marmellata fonte di zuccheri di rapido utilizzo da parte dell’organismo. Mai di-menticare, inoltre, di bere almeno un litro e mezzo di acqua, forzando-si anche se non si ha sete (contribui-sce ad attenuare il senso di fame ed è indispensabile per far funzionare al meglio l’organismo e depurarlo) e di consumare cinque porzioni di verdura e frutta, non solo ai pasti ma anche come spuntini per spezza-re la fame senza assimilare troppe calorie». E a proposito di bevande, anche il vino o la birra possono ri-entrare in una dieta equilibrata che possa essere seguita nel tempo. Per un cambio di stile di vita completo, infine, c’è il movimento. «Non è ne-cessario iscriversi in palestra, basta camminare a passo sostenuto ogni volta che si ha l’occasione, cercando di arrivare a 5.000 passi al giorno» conclude lo specialista.

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IN SALUTE ALIMENTAZIONE

a cura di ELENA BUONANNO

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI

VALORI RIFERITI A 100 G DI OLIO EXTRA VERGINE

Kcal 899

Lipidi totali (g) 99,9

Acido oleico (%) 70-80

Acido linoleico (%) 4-12

Acido palmitico (%) 7-15

Acido stearico (%) 2-6

Vitamina A (retinolo eq. μg) 36

Vitamina E (mg) 22,4

Quattro cucchiai di olio ex-travergine di oliva al gior-no aiuterebbero a ridurre il

rischio di tumore al seno. A dirlo è un recente studio condotto dall’U-niversità di Navarra, in Spagna, pubblicato sulla rivista scientifica Jama Internal Medicine. Da anni considerato il condimento più sano (ovviamente nelle giuste dosi ovve-ro 3-4 cucchiai al giorno), l’olio di oliva extravergine aggiungerebbe, quindi, alle sue già mille virtù an-che quella antitumorale. Una buona notizia per i tanti amanti di quello che già gli antichi Fenici chiamava-no “oro liquido” non solo per il suo valore economico, ma anche per i suoi benefici per la salute. Scopria-moli insieme al dottor Paolo Paga-nelli, biologo nutrizionista.

e di Omega 3 e 6, grassi “buoni”, fondamentali per contrastare i processi di invecchiamento e proteggere la salute del cuore e del sistema cardiocircolatorio». Inoltre, riducendo i livelli di zuccheri nel sangue e la resistenza all’insulina, è indicato anche in caso di diabete.

2.CONDIMENTO ANTI-AGE, PER CORPO E MENTETra i “componenti” più importanti dell’olio extravergine di oliva ci sono i polifenoli, un gruppo di sostanze naturali con proprietà antiossidan-ti che combattono i radicali liberi, rallentando così l’invecchiamen-to cellulare. «Più un olio brucia in gola, più è ricco di queste sostanze protettive» precisa l’esperto. «I po-lifenoli hanno un’azione preventiva nei confronti di alcune patologie notoriamente caratterizzate da una produzione eccessiva di radi-cali liberi, i principali responsabili dell’invecchiamento delle cellule e dell’organismo, come tumori e ma-

1.UNO "SCUDO" PER IL CUOREMolte ricerche hanno dimostrato che nei popoli mediterranei che fanno uso esclusivo di olio di oliva risulta meno frequente l'incidenza di infarti e di malattie cardiovascolari. Non a caso l’FDA (l’Agenzia statunitense per gli alimenti e i farmaci) suggerisce che due cucchiai di olio extravergine d’oliva al giorno aiutano a ridurre il rischio cardiovascolare. «L'olio d'oliva infatti riduce i fattori LDL (Low Density Lipoproteine) e VLDL (Very Low Density Lipoproteine) che provocano depositi di colesterolo "cattivo" sulle pareti delle arterie e potenzia invece il fattore HDL, il "colesterolo buono" che ripulisce il colesterolo dalle pareti delle arterie» spiega il dottor Paganelli. «Il merito è della sua ricchezza di acido oleico

7 MOTIVIper non rinunciare all'olio d'oliva- ANCHE SE SI È A DIETA - DOTT. PAOLO PAGANELLI

Biologo Nutrizionista

- A BERGAMO -

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come i comuni antinfiammatori non steoroidei, inibendo la ciclossi-genasi (COX), un enzima che svolge un ruolo cardine nei meccanismi in-fiammatori» continua il dottor Pa-ganelli. Alcuni studi suggeriscono che 50 grammi di olio extravergine di oliva al giorno equivarrebbe-ro al 10% della dose di ibuprofene raccomandata come antidolorifico per gli adulti. «Una proprietà im-portante se si pensa che l’infiamma-zione assume un ruolo importante contro malattie come l'ictus, l'infar-to e alcuni tipi di tumori».

5.ALLEATO (A SORPRESA) NELLE DIETECome per tutti i grassi l'apporto calorico è rilevante, ma se lo si im-piega in quantità controllate può aiutare a dimagrire, perché la sen-sazione di sazietà e l'appagamento organolettico che derivano dal suo consumo aiutano a controllare l'ap-petito e quindi a mangiare meno. «La ragione sarebbe da ricercare nell’aroma» osserva l’esperto. «Il profumo dell’olio di oliva sembra stimolare il senso di sazietà ed evi-tare di mangiare più del dovuto».

6.AMICO PER LA PELLEIn virtù della sua azione antiinfiam-matoria l’olio extravergine miglio-rerebbe problemi di psoriasi, acne, dermatite atopica e altri tipi di ec-zema. La ricerca scientifica ha di-mostrato inoltre come lo squalene, in particolare, possieda proprietà antiossidanti nei confronti delle ra-diazioni solari, diminuendo la pro-duzione di radicali liberi a livello della pelle esposta al sole.

lattie neurodegenerative anche cor-relate all’età (ad esempio Parkinson e Alzheimer)».  

3.GRADITO A STOMACO E INTESTINOFacilmente digeribile e assimilabile è il più sano tra i grassi e aiuta a proteggere il sistema gastrointestinale. «L’olio extravergine di oliva crudo aiuta a regolarizzare l’intestino e a contrastare problemi di colon irritabile» consiglia il dottor Paganelli. «L’acido oleico, in particolare, riduce la produzione di acido cloridico e quindi previene gastriti e ulcere. Accelera, inoltre, il transito nel tratto intestinale, favorendone la regolarità. Favorisce l’attivazione del flusso biliare e lo svuotamento della cistifellea, ostacolando l’insorgenza di calcolosi biliare. Per ottenere un vero effetto lassativo l'olio d'oliva dev'essere assunto a stomaco vuoto e a dosi di circa 30 ml. nell'adulto, dose che però fornisce un notevole apporto calorico (circa 267 calorie per 30 ml.) e quindi controindicato per chi è in sovrappeso».

4.UNA FARMACIA NATURALE CONTRO LE INFIAMMAZIONI Il suo sapore piccante deriva dall’o-leocantale, un polifenolo che si tro-va esclusivamente nell’olio extra-vergine di oliva. «Gli studi condotti finora hanno indicato che questa molecola, insieme alla più nota vitamina E e a un altro polifenolo, l’oleoeuropeina, agirebbe proprio

OCCHIO ALL'ETICHETTA E ALLA CONSERVAZIONENegli scaffali dei supermercati si trovano molti tipi di olio d'oliva. Un olio viene definito "vergine", se estratto solo con processi meccanici a freddo, cioè a una temperatura tale da non provocare alterazione al prodotto finale. L'olio "extra-vergine" viene ricavato dalla prima spremitura delle olive e subito imbottigliato, ha un tasso di acidità dell’1%, mentre l’olio "vergine" subisce alcuni passaggi prima del confezionamento e perde di conseguenza alcune qualità. Gli altri tipi di olio d'oliva sono prodotti invece con processi fisici e chimici diversi, che prevedono ad esempio l'uso di solventi. Per mantenerne l’aroma e le proprietà, soprattutto se extravergine, è bene conservarlo al riparo da luce e calore, ad esempio all'interno di contenitori di colore scuro o protetti da stagnola. Se si compra l'olio in latta metallica e lo si travasa bisogna prestare attenzione alla bottiglia che si utilizza in casa. In contenitore integro e ben sigillato l'olio di oliva si mantiene inalterato per circa 18 mesi.

7.OTTIMO ANCHE PER FRIGGEREA differenza di quanto molti pen-sano, l'olio d'oliva, meglio sempre se extra-vergine, è ideale non solo per condire a freddo ma anche per friggere. «È un olio molto stabile, con un punto di fumo (ndr. ovvero la temperatura oltre la quale l'olio degrada e perde le caratteristiche organolettiche, con sviluppo di so-stanze dannose per l'organismo) superiore a 200 °C, mentre la tem-peratura ideale per friggere, ad esempio le patatine, è intorno ai 180°C» conclude il dottor Paganelli.

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22 Bergamo Salute

Come si guariscono le ferite legate al passato? È possibile perdonare? In che modo ci

si può liberare da emozioni di ran-core, rabbia e desiderio di vendetta? Quando subiamo un torto, un’ingiu-stizia è facile entrare nel ciclo dell’o-dio, della rivendicazione. Dobbiamo invece uscire al più presto da que-sto vortice che risucchia le energie e fa sprofondare ancora di più nella sofferenza. Bisogna imparare a la-sciare andare il passato e proseguire la propria vita. Si tratta di ricomin-ciare da se stessi per riappropriarsi della propria serenità. Perdonare non significa dimenticare. Significa comprendere il dono che comunque l’esistenza ci offre attraverso le prove e le sfide sul nostro cammino. «Non

che si è riusciti a far tacere il deside-rio di vendetta. La persona che ha subito un torto deve riconoscere la gravità del danno senza negarlo ma anche sviluppare la capacità empa-tica di mettersi nei panni dell’offen-sore per comprendere le circostanze che hanno determinato il suo gesto. Attenzione, però: il perdono non va confuso con la timidezza o la debo-lezza. Chi perdona lo fa perché ritie-ne che sia la scelta più giusta liberarsi dal suo nemico interno più acerrimo: l’odio che crea dipendenza e inquina la mente con il veleno del rancore.

È VERO CHE PERDONARE FA BENE ALLA SALUTE?Sapere perdonare gli altri, ma anche se stessi, ha effetti benefici sia sulla salute fisica sia su quella mentale. Diverse ricerche scientifiche dimo-strano che chi vive in uno stato pro-tratto di rabbia e rancore rischia di accumulare stress e sviluppare ma-lattie: può essere più soggetto a mal di schiena, pressione alta, problemi cardiovascolari e sintomi psicoso-matici. Secondo alcuni studi dell’U-niversità di Yale, ad esempio, la rab-bia logora il cuore perché ne altera il

IN ARMONIA PSICOLOGIA

PERDONA, NON PERCHÉ LORO MERITANO IL PERDONO, MA PERCHÉ TU MERITI LA PACE.(ANONIMO)PERDONARE SIGNIFICA APRIRE LA PORTA PER LIBERARE QUALCUNO E REALIZZARE CHE ERI TU IL PRIGIONIERO.(LEWIS B. SMEDES)

a cura di ELENA BUONANNO

IL PERDONO?Fa bene alla salute

conviene focalizzarsi in modo osses-sivo sugli eventi negativi che sono ca-pitati o sulla persona che ci ha arre-cato dolore» conferma la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa. «Non dobbiamo permettere a niente e a nessuno di toglierci la gioia di vive-re. Le emozioni sono personali e non dipendono dagli altri. Si può impa-rare a gestire i propri stati emotivi e a trasformare l’energia in una spinta costruttiva verso l’azione».

DOTTORESSA DES DORIDES, PERCHÉ PERDONARE COMPORTA UNO SFORZO?Perdonare è faticoso, è un processo interiore che coinvolge tutti i sistemi: cognitivo, emotivo e comportamen-tale. Avviene con il tempo solo dopo

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Bergamo Salute 23

Psicologa e Psicoterapeuta

ritmo provocando aritmie. Ridere e avere un approccio ottimistico verso la vita, invece, fa bene al cuore e alla salute del corpo in generale. Anche il benessere psicologico migliora con il perdono. Chi non riesce a perdo-nare potrebbe rimanere intrappola-to in un blocco emotivo causa di un profondo stato di malessere. Solo imparando a esprimere la rabbia e a rielaborare gli eventi, a volte anche con l’aiuto di un terapeuta esperto, si riesce a superare un evento trau-matico e diventare sempre più pro-tagonisti del proprio benessere. E dandosi tempo si può arrivare anche al perdono.

MA DA DOVE SI PUÒ COMINCIARE?Non è facile avviare un processo di perdono e superare l’offesa. Per il proprio bene supremo è consigliabi-le smettere di fossilizzarsi sul dolore.

Alcuni “esercizi” possono essere uti-li per fare i primi passi.1. Ricordarsi che il perdono è un processo complesso al quale ognu-no arriva con i propri tempi.2. Accettare il presente: quello che è successo non si può cancellare, né cambiare. 3. Andare oltre e non rimuginare su quello che è successo: non si può di-menticare, ma si può capire, dare un senso e proseguire.4. Riconoscere e integrare le emo-zioni: bisogna imparare a sentire gli stati emotivi spiacevoli per trasfor-mali in emozioni che possono esse-re comunicate e condivise.5. Passare dal ruolo di vittima al ruolo di protagonista: piangersi ad-dosso non aiuta, dopo la fase di pro-testa bisogna chiedersi cosa si può fare per essere felici e agire.6. Riconoscere i vantaggi del per-dono.7. Perdonare non c’entra con le scuse: il perdono dipende solo dal-la propria volontà e non da gesti di scusa e indennizzo da parte dell’ag-gressore.8. Tenere a mente che dente per dente non paga mai: occorre abban-donare il desiderio di vendetta per aprire il cuore all’amore incondizio-nato. 9. Non addossarsi la colpa: si può imparare a essere pazienti e amo-revoli con se stessi senza accusarsi dell’accaduto.10. Prendersi la propria responsa-bilità: qualunque cosa sia successa non ci sono scuse per non andare a prendersi il meglio dalla vita.

MA È DAVVERO POSSIBILE LASCIAR ANDARE LA RABBIA?Per trasformare le emozioni nega-tive bisogna prestare attenzione al ragionamento interno che stiamo facendo. Se proviamo rabbia è per-ché pensiamo: “non è giusto, poteva evitarlo, lo ha fatto apposta”. Impa-riamo invece a utilizzare la potente energia della rabbia canalizzandola verso obiettivi orientati al proprio benessere. Chiediamoci piuttosto: “cosa posso fare per stare bene ades-

so?” Qualcuno ha detto che la mi-gliore vendetta è essere felici.

COME SI CAPISCE SE SI È RIUSCITI A PERDONARE?Si è riusciti a perdonare quando av-vengono tre cambiamenti principali: 1. aumenta la motivazione ad agire in modo benevolo nei confronti della persona che ci ha offeso;2. diminuisce l’intenzione di rivalsa;3. cala la motivazione di evitare la persona che ci ha fatto del male.Perdonare significa concedere un dono. Anche nelle altre lingue è così: dall’inglese “forgive” al francese “par-donner” e al tedesco “vergeben”. Chi perdona il dono più grande lo fa a se stesso.

DOTT. SSA ENRICA DES DORIDES

- A TRESCORE BALNEARIO -

EMPATIA E “RISTRUTTURAZIONE”Le neuroscienze dimostrano che i due elementi principali della psicologia del perdono sono: capire le ragioni di chi ci ha offeso e ridefinire i fatti in termini costruttivi. Tecniche di risonanza magnetica funzionale evidenziano che nel processo del perdono sono coinvolte le aree della corteccia cerebrale associate all’empatia e alla ristrutturazione cognitiva degli eventi. Da un punto di vista evolutivo la capacità di superare i conflitti e perdonare è funzionale e adattiva alla sopravvivenza degli individui e del sistema sociale in quanto permette di mantenere le relazioni sociali.

L'IMPORTANZA DI PERDONARE SE STESSISpesso la prima persona che dobbiamo imparare a perdonare siamo noi stessi. Chi giudica duramente gli altri probabilmente è anche molto severo con se stesso, mentre bisognerebbe sviluppare un atteggiamento più flessibile e compassionevole nei propri confronti. Ecco come fare: 1. non sentirti vulnerabile per la tua insicurezza e le tue paure; 2. vivi nel presente e non nel passato;3. accetta le tue emozioni; 4. non pretendere da te stesso una condotta migliore rispetto a chi ti sta attorno;5. smetti di fare confronti;6. ignora le aspettative delle persone;7. smetti di punirti;8. comincia a essere orgoglioso per quello che riesci a fare;9. accetta te stesso come sei; 10. ricordati che non hai bisogno di essere perfetto.

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24 Bergamo Salute

Mantenere oggi un legame di coppia stabile e dura-turo rappresenta una sfida

complessa e spesso difficile da vince-re. La fiamma della passione che all’i-nizio rendeva qualsiasi (o quasi) dif-ficoltà superabile, nel tempo in molti casi tende ad affievolirsi. E l’amore, a volte, sembra non bastare più. Già, perché amore e passione sono sì fon-damentali nella coppia. Ma una cop-pia è molto più di questo. «Il legame di coppia è quel territorio comune di appartenenza caratterizzato da significati condivisi, da un sentire e da un linguaggio comuni, da ricor-di, esperienze e memorie di un “Noi” costruito insieme» osserva la dotto-ressa Paola Maria Guida, psicologa e psicoterapeuta. Come è possibile allora garantire a questo “Noi” salu-te e solidità nel tempo? «Non esiste una ricetta precostituita. Ogni lega-me di coppia è a sé e ognuna sceglie il proprio modo di stare bene insie-me. Esistono, però, alcuni atteggia-menti negativi nei quali è possibile incappare che, se non riconosciuti e riparati, possono alla lunga esse-re dannosi per il legame di coppia». Vediamoli insieme, con l’aiuto della nostra esperta.

IN ARMONIA COPPIA

STARE IN UN RAPPORTO DI COPPIA IN MODO SANO E FUNZIONALE RICHIEDE SEMPRE UN IMPEGNO NEL RIFLETTERE SU DI SÉ E SULL’ALTRO E NEL TROVARE PUNTI D’INCONTRO CHE POSSANO ANCHE MODIFICARE IL “NOI” INIZIALE A SECONDA DELLE VARIE FASI DI VITA, MA MANTENENDO UN “NOI” CHE RISPECCHI ENTRAMBI I COMPONENTI DELLA COPPIA, I LORO BISOGNI E RISORSE

a cura di GIULIA SAMMARCO

8 ERRORI DA EVITAREper far funzionare una relazione

ognuno deve fare un passo indietro e considerare le ragioni e i punti di vista dell’altro/a.

1.“PER TE, TUA MADRE HA SEMPRE RAGIONE”«L’incapacità di dare ascolto al pro-prio partner per assecondare le ri-chieste e i bisogni della propria fami-glia d’origine spesso fa sentire l’altro meno importante e poco difeso e non crea quello spazio condiviso di pen-sieri e di idee specifico per quella cop-pia» spiega la psicologa. Spesso, poi, si aggiunge un altro aspetto, ovvero “il mancato svincolo” dalle famiglie d’origine, la fatica a “staccarsi” dalle aspettative e dai ruoli che si avevano in precedenza, rimanendo così im-prigionati in un ruolo di figlio/a che impedisce di “traghettare” evolutiva-mente a quello adulto di partner e/o di genitore.

2.“HO RAGIONE IO”Nel rapporto e nelle dinamiche di coppia la “verità è relativa e sogget-tiva”. «Ciascuno è portatore di propri vissuti e di ragioni a seconda dell’an-golatura secondo la quale legge gli eventi, anche alla luce della propria storia personale e familiare» eviden-zia la dottoressa Guida. Non esiste quindi un’unica e univoca “verità”, ma un incontro tra esperienze e pro-spettive diverse per arrivare al quale

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Bergamo Salute 25

Psicologa e Psicoterapeuta

3.“NON VOGLIO LITIGARE”«La tendenza a compiacere il part-ner assecondandone pensieri e la ri-nuncia alla propria espressività per la paura del conflitto come elemento di rottura, invece che di confronto e di crescita per la coppia, può, alla lunga, creare grandi insoddisfazioni che, se accumulate e non esplicitate, portano ad allontanarsi dall’altro» sottolinea l’esperta. Anche a costo di qualche scontro, non si deve mai an-nullare la propria personalità pen-sando di fare del bene alla coppia.

DOTT. SSA PAOLA MARIA GUIDA

4.“MI ESCLUDI SEMPRE DALLA TUA VITA”«L’incapacità di aprirsi all’altra per-sona rispetto ai propri vissuti e bisogni per un certo “pudore” nell’esternare le emozioni fa sentire spesso il partner escluso dalla vita dell’altro» spiega la psicologa. Nel tempo questo crea distanze emotive e muri potenzial-mente difficili da abbattere. «La con-divisione della vita che ciascuno ha al di fuori dei confini dell’altra persona (come il lavoro o altro) attraverso la comunicazione, fatta di un racconto di eventi ma anche e soprattutto di vissuti ed emozioni, è un ingrediente importantissimo che crea legame e che ne rafforza la qualità. Il comuni-care attraverso il raccontarsi all’altro e quindi attraverso un’apertura emo-tiva e l’ascoltare empaticamente sono aspetti che danno benessere e tenuta al legame».

5.“È COLPA TUA”La tendenza a ritenere sempre l’altro responsabile del disagio della coppia senza riflettere sul proprio ruolo nel-la creazione di quella sofferenza non consente di mettere a fuoco il pro-prio pezzo di responsabilità. «Questo non permette di mettere un punto e di arrivare a un chiarimento che pos-sa rappresentare una conquista per la coppia utilizzabile anche nel futu-ro» osserva l’esperta. «Il disagio nella coppia viene sempre costruito in due ed è importante non dimenticarlo».

6.“ SONO SEMPRE IO CHE MI OCCUPO DI TE”«Il farsi carico in maniera esclusi-va dell’altra persona in virtù di una maggiore “capacità” a fronteggiare gli eventi o di una maggiore “forza”, sen-za che ci sia un'alternanza dei ruoli a seconda dei bisogni di ciascuno, crea

una rigidità nella coppia che può portare a una crisi qualora chi è nel-la posizione “up” sia in un momento di difficoltà e chi è sempre stato nella posizione “down” non sappia di cosa l’altro abbia bisogno e come aiutarlo» avverte la dottoressa Guida. La cosa migliore è sempre dividere compiti e responsabilità, sia materiali sia affet-tivi, in base alle rispettive capacità e anche alle condizioni del momento di ciascuno dei due partner.

7.“LASCIAMI LIBERO”«Un rapporto di coppia funziona quando ciascuno conserva dei gradi di autonomia in cui può esprimere la propria individualità in pensieri e azioni che possano essere rispettati dall’altro nella diversità» suggerisce la psicologa. «Spesso questa “libertà” viene invece vissuta come una minac-cia che si tende a combattere impe-dendo che l’altro si allontani troppo». La libertà all’interno della coppia, quindi, è importante e “sana”, a patto ovviamente che alla base ci siano il rispetto e la fiducia reciproca.

8.“NON SEI PIÙ COME UNA VOLTA”«Il legame di coppia non è qualco-sa di statico e definito una volta per tutte ma è un processo dinamico in evoluzione continua che richiede flessibilità» mette in guardia la dot-toressa Guida. I bisogni di ciascuno si modificano nel tempo e se ven-gono persi di vista si rischia di non ritrovare più la persona che si era scelta. «L’amore e il fatto che ci si sia scelti non sono gli unici ingredienti che garantiscono tenuta e durevo-lezza del legame. L’adattabilità e la flessibilità sono qualità fondamen-tali perché la coppia possa andare avanti e fare fronte insieme a situa-zioni fisiologicamente critiche come la nascita dei figli, ad esempio, in cui viene richiesto uno spostamento del-le priorità e dei bisogni dalla stessa ai figli appunto, oppure a eventi im-previsti e inattesi (una malattia, la perdita del lavoro, l’impossibilitòà di avere figli etc.) che, rompendo gli equilibri, potrebbero mettere la cop-pia in crisi» conclude l'esperta.

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Pochi rischi e risultato certo. Sono queste le cose che una mamma in attesa chiede a un’in-dagine prenatale. Ad oggi la certezza è fornita

solo da esami invasivi che però hanno un rischio di aborto che va dallo 0,3% fino all’1%. Per questo, da anni, lo sforzo della scienza è stato quello di mettere a punto un test non invasivo. Tra questi il più pro-mettente è il NIPT (Non Invasive Prenatal Test), che si basa sulla ricerca del DNA fetale nel sangue ma-terno. Ma quanto è attendibile? Può sostituire esami prenatali più invasivi? Ne parliamo con il dottor Ni-cola Strobelt, ginecologo.

DOTTOR STROBELT, SI SENTE SEMPRE PIÙ SPESSO PARLARE DEL TEST SUL DNA FETALE PER LA DIAGNOSI PRENATALE. IN COSA CONSISTE E SU QUALI PRINCIPI SI BASA?Si tratta di un test, eseguito alla 12esima settimana di gestazione, che associa a una valutazione ecogra-fica un prelievo del sangue. Si basa sulla possibilità di identificare nel sangue materno la presenza di DNA libero circolante, cioè non incluso in cellule. L’analisi della frazione fetale di questo DNA libero circolante attraverso varie tecniche consente di calcolare il ri-schio di malattia cromosomica a carico del feto.

QUALI ANOMALIE, IN PARTICOLARE, È IN GRADO DI RILEVARE?È stato testato per la definizione del rischio della tri-somia 21 (Sindrome di Down), della trisomia 18, del-la trisomia 13 e di alcune anomalie dei cromosomi sessuali (X e Y). È importante però sottolineare che attualmente deve essere considerato test di screening e che non è in grado da solo di rilevare o escludere un’anomalia cromosomica. Sono in avanzata fase di studio anche approcci per la diagnosi delle micro-delezioni cromosomiche (anomalie cromosomiche caratterizzate dalla perdita di un tratto cromosomi-co di piccole dimensioni) e delle anomalie genetiche, così come è possibile utilizzare queste tecniche per altre applicazioni, ad esempio per definire il gruppo sanguigno di un feto.

a cura di MARIA CASTELLANO

TEST DEL DNA FETALE: quanto è affidabile e quando serve

IN FAMIGLIA DOLCE ATTESA

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Bergamo Salute 27

MA QUANTO È AFFIDABILE E ATTENDIBILE?È estremamente affidabile nel definire il rischio di trisomia 21. Infatti riesce a identificare come ad ele-vato rischio più del 99% delle gravidanze in cui il feto è portatore della Sindrome di Down. È un po’ meno sensibile per altre patologie, come la trisomia 18, la trisomia 13 o le anomalie dei cromosomi sessuali.

PUÒ SOSTITUIRE COMPLETAMENTE ALTRI ESAMI PRENATALI PIÙ INVASIVI (AMNIOCENTESI, VILLOCENTESI O PRELIEVO DI SANGUE CORDONALE)?Assolutamente no. Ogni caso definito “ad alto ri-schio” richiede un test diagnostico invasivo per la definizione certa del tipo di anomalia cromosomica eventualmente presente. Nel caso inoltre all’ecogra-fia del primo trimestre si evidenziassero determinate anomalie, c’è l’indicazione a non eseguire questo test di screening ma a procedere direttamente alle inda-gini invasive.

QUALI SONO I VANTAGGI DI QUESTO ESAME RISPETTO ALLE INDAGINI "TRADIZIONALI" DI SCREENING (TRASLUCENZA NUCALE, BI-TEST, TEST INTEGRATO DEL PRIMO E SECONDO TRIMESTRE)?Questo nuovo approccio ha due innegabili vantag-gi. Il primo, quello di aver migliorato la capacità di identificare correttamente i casi portatori di ano-malia cromosomica, con particolare riferimento alla Sindrome di Down. Il secondo, quello di ridurre di più del 95% la necessità di ricorrere, dopo il test di screening non invasivo, a un test diagnostico invasivo quando non necessario (prelievo di villi coriali, am-niocentesi, prelievo di sangue cordonale) grazie ad un bassissimo rischio di avere risultati falsamente positivi (false positive rate). Questo significa per le future madri minori falsi allarmi e minori metodiche invasive, potenzialmente pericolose.

QUALI SONO INVECE I LIMITI DI QUESTO NUOVO APPROCCIO NELLO SCREENING DELLE ANOMALIE CROMOSOMICHE?Il prelievo potrebbe non contenere abbastanza DNA libero fetale per una determinazione attendibile. Succede in circa il 2% dei casi. In altre situazioni, come nelle gravidanze gemellari, oppure dopo me-todiche di procreazione assistita, la definizione del rischio di anomalia cromosomica potrebbe avere dei tassi di errore maggiori di quelli riferiti alla gravi-danza singola ottenuta naturalmente.

PER CHI PUÒ ESSERE CONSIGLIABILE E IN QUALI SITUAZIONI? Può essere consigliato a tutte le coppie interessate a definire in maniera precisa il rischio di anomalia cromosomica fetale. Non esiste però un’indicazione “automatica”. Non facendo parte dei cosiddetti esami di routine, è bene che prima di decidere se ricorrervi o no ogni coppia abbia un colloquio approfondito col proprio ginecologo.

È RIMBORSATO DAL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE?No. Deve essere eseguito privatamente, con costi che variano dai 600 ai 900 euro. Recentemente il Consiglio Superiore della Sanità ha emanato linee guida che consigliano di eseguire questo test in cen-tri in cui siano garantite un’ecografia di inquadra-mento del primo trimestre e un’accurata consulenza prima di eseguire il prelievo. È auspicabile, inoltre, che i centri in questione siano in grado di eseguire una valida consulenza genetica nei casi di test po-sitivo (ad alto rischio), in modo da spiegare bene il senso del risultato e indicare il successivo percorso di diagnosi invasiva. La scelta del centro deve essere quindi concordata con il proprio ginecologo perché questo approccio, potenzialmente molto utile, sia gestito nel migliore dei modi.

DOTT. NICOLA STROBELTSpecialista in Ostetricia e Ginecologia

- RESPONSABILE MEDICINA MATERNO FETALE A.O. PAPA GIOVANNI XXIII BERGAMO -

Maschio Femmina

Cariotipo della Trisomia 21 (Sindrome di Down)

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28 Bergamo Salute

a cura di MARIA CASTELLANO

PROGETTI PERSONALIZZATI PER BAMBINI CON “bisogni educativi speciali”

all’interno del contesto scolastico, trovano una risposta adeguata. A questo proposito la Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013 ha stabilito che siano i docenti del Consiglio di classe a identificare gli alunni in difficol-tà, con un BES, allo scopo di strutturare, per questi, un percorso di apprendimento più efficace e gratificante.

COME? Attraverso l’adozione di una didattica efficace, ovvero un modo di fare scuola che tenga conto delle specifi-cità dell’alunno, valorizzandone le potenzialità: viene, a tal fine, redatto dagli insegnanti un Piano Didattico Personalizzato (PDP), un documento contenente la rilevazione delle modalità di funzionamento dell’alun-no, le strategie e gli accorgimenti da adottare (compre-se eventuali misure compensative e dispensative) per far fronte alle difficoltà e impiegare al meglio risorse e potenzialità, nonché le modalità di insegnamento che la scuola dovrà adottare per garantire allo studente il conseguimento di un autentico successo formativo. Il PDP deve essere condiviso tanto con i genitori quanto con l’alunno stesso, poiché rappresenta l’effettiva rea-lizzazione di un’alleanza tra studente, scuola e famiglia, condizione essenziale per garantire un apprendimento efficace e il benessere scolastico. Tuttavia, spesso i ge-nitori faticano ad accettare le difficoltà dei propri figli. Questo può compromettere la cooperazione neces-saria a operare in sinergia con la scuola, perseguendo obiettivi condivisi, e ostacolare così il processo formati-vo del bambino, portandolo a vivere la scuola come un luogo di costrizione, dolore e frustrazione, causati dal fallimento. Il primo passo, quindi, è che scuola e fami-glia conoscano e, ancor prima, riconoscano le difficoltà del proprio alunno/bambino, così da poterlo poi sup-portare e motivare al meglio. È necessario saper adot-tare strategie educative conformi alle loro modalità di apprendimento e costruire un ambiente favorevole, mantenendo un clima di fiducia e valorizzando ciò che i bambini sanno fare, le loro abilità e i loro interessi, sia a scuola sia in contesti extrascolastici, poiché, a causa dei lunghi tempi impiegati per lo svolgimento dei com-piti e per lo studio, si trovano troppo spesso a dover ridurre il tempo dedicato alle loro passioni.

IN FAMIGLIA BAMBINI

DOTT. SSA MARGARET MANZONISpecialista in Neuropsicologia

- PRESSO LO STUDIO DI PSICOLOGIA RELAZIONALE DI MOZZO -

“Tutti i bambini possono imparare e tutti i bambini sono diversi fra loro”. A dirlo è il documento dell’UNESCO “Good Peda-

gogy-Inclusive Pedagogy” (2000). In altre parole: i bam-bini non imparano tutti nello stesso modo, ma esistono stili di apprendimento diversi, basati sulle caratteristi-che di ciascuno. E la diversità può essere intesa come un punto di forza, anche quando si accompagni a dif-ficoltà di apprendimento, relazionali, emotive. «Oggi non è affatto raro incontrare realtà di insegnamento assai complesse, contraddistinte da una significativa eterogeneità, che si traduce in una diversità che tutti gli insegnanti osservano nei processi di apprendimento, sti-li di pensiero, dinamiche di relazione e di attaccamento, vissuti familiari, sociali e culturali» dice la dottoressa Margaret Manzoni, neuropsicologa. «I profili degli alunni diventano così ricchi di sfumature psicologiche, relazionali, motivazionali, mentre le difficoltà d’ap-prendimento acquisiscono connotazioni ben più com-plesse, non riconducibili necessariamente alla presenza di un disturbo vero e proprio, bensì a motivazioni di più ampio respiro. Tra queste potremmo identificarne alcune, tra cui difficoltà emozionali (ansia, inibizione, collera, scarsa autostima e insicurezza), difficoltà com-portamentali e relazionali (comportamenti aggressivi, bullismo, oppositività), difficoltà di origine familiare, socio-culturale o economica. È in questo contesto che si colloca il Bisogno Educativo Speciale (BES), ossia qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e/o apprenditivo che necessita di educazione individualiz-zata (Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 e Circolare Ministeriale n.8 del 6/3/2013 ».

CI PUÒ FARE QUALCHE ESEMPIO PER CAPIRE MEGLIO COSA SI INTENDE PER BES? All’interno di questa macrocategoria, oltre agli alunni con difficoltà di apprendimento dovute a disabilità e gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), rientrano alunni con altri BES, ossia con difficoltà di apprendimento imputabili a disagio e/o situazioni di svantaggio di altra natura (relazionali, emozionali, com-portamentali etc.), non certificabili. Queste situazioni, profondamente diverse l’una dall’altra, non sempre,

Non solo difficoltà di apprendimento, ma anche emozionali, comportamentali e relazionali

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Bergamo Salute 29

A PROPOSITO DI COMPITI, COSA POSSONO FARE I GENITORI PER AIUTARLI NEL MODO PIÙ EFFICACE?Innanzitutto evitare un aiuto di tipo “assistenzialistico”, leggendo, scrivendo e sostituendosi al bambino nell’e-secuzione di quanto richiesto. Un simile atteggiamen-to, indubbiamente mosso dalle migliori intenzioni, raf-forza nei bambini la sfiducia nelle loro capacità e può indurli a rifiutare l’aiuto, a evitare il compito o, addirit-tura, alla dipendenza dall’adulto. L’obbiettivo è rende-re il bambino autonomo e autoregolato, perciò l’adul-to che lo affianca dovrebbe scegliere di lasciare che il bambino svolga l’esercizio da solo, per poi ripercorrere insieme a lui i passaggi che hanno portato a quel ri-sultato, affinché possa accorgersi da solo dell’errore e ripetere l’esercizio correttamente. Inoltre condividere con il bambino i processi che hanno portato all’errore può aiutarlo a riflettere sul proprio modo di ragionare e a capire che anche l’errore costituisce un’occasione per

imparare. Esistono, poi, alcuni accorgimenti pratici che si possono adottare a casa:• definire il “momento dei compiti”, aiutando il bambi-no ad organizzare il pomeriggio, così che possa coltiva-re altri interessi (attività sportive, ad esempio);• definire i tempi necessari per le diverse materie sulla base del carico di studio, così da creare un “calendario” temporale delle attività;• avere chiaro quali materiali possano essere utili per lo svolgimento di una specifica materia (compresi gli strumenti compensativi), in modo tale da ottimizzare tempo a disposizione, risorse ed energie;• organizzare i materiali da utilizzare (raccoglitori di-versi per materia, etichette colorate, tabelle compen-sative etc.) al fine di assicurare un accesso rapido a ciò che serve per svolgere quel determinato compito;• limitare le distrazioni, definendo preventivamente e con chiarezza le pause in cui concedersi uno svago per poter ritrovare la concentrazione.

“Dovresti ripassare questo concetto” oppure “Potresti fare degli esercizi aggiuntivi”.

Viene suggerita la necessità di un maggiore impegno,

ma viene circoscritta la difficoltà e vengono suggerite

strategie per meglio affrontare il compito.

“Ti devi impegnare di più!” Potrebbe suggerire al bambino che ce la può fare, ma

che si deve applicare maggiormente, trasmettendo senso

di controllo sul proprio apprendimento. Un bambino con

difficoltà, che nel frattempo ha maturato l’idea di non

essere competente, però potrebbe pensare che solo im-

pegnandosi tanto potrebbe compensare il problema.

“Fai con i tuoi tempi”Se non c’è preoccupazione di “finire presto e bene”, si

può capire dove sta l’errore e ripartire da lì, sostenen-

dolo nello svolgere con successo il passaggio che un

attimo prima falliva.

“Facciamo una gara!”. È molto probabile che un bambino con difficoltà abbia

già sperimentato numerosi fallimenti, che spesso vengono

vissuti in un contesto competitivo nel quale la valutazione si

riferisce al raggiungimento di standard oggettivi generan-

do un senso di impotenza e, di conseguenza, un atteggia-

mento arrendevole.

“Hai prestato attenzione, senza distrarti!” oppure “Hai svolto il compito correttamente!”

Si incoraggia il bambino, con frasi non riferite espressa-

mente alle sue capacità ma al suo comportamento.

“Bravo/a!”Bambini cui è sempre stato detto di essere bravi faticano

ad accettare l’insuccesso e, alle prime difficoltà, tendono

a evitare compiti in cui sentono di non essere all’altezza.

Peggio se simili considerazioni vengono fatte a fronte di

risultati non particolarmente brillanti, allo scopo di incorag-

giare. Il bambino potrebbe pensare che, a causa delle sue

difficoltà, non ci si aspetti granché da lui, portandolo così

a sviluppare demotivazione, a evitare il compito e quindi

all’insuccesso.

PAROLE DA DIRE E … DA NON DIRE NOSÌ

Page 32: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

30 Bergamo Salute

IN FORMA FITNESS

IL PILOXING® È NATO NEL 2009 DA UN’IDEA DELLA TRAINER SVEDESE VIVECA JENSEN, GIÀ BALLERINA

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Tra passi di danza, Pilates e colpi di boxe

Aiuta a ottenere un fisico più snello e tonico. Aumenta la sicurezza in se stessi. E tutto in modo divertente e vario. Non a caso è la nuo-

va tendenza nel mondo del fitness. Parliamo del Pilo-xing®, disciplina che unisce movimenti e passi rubati alla danza, al Pilates e alla boxe. Un mix di equilibrio e flessibilità, velocità e resistenza che permette di alle-nare il corpo in modo davvero completo, alternando lavoro aerobico (cosiddetto brucia grassi) e di poten-ziamento muscolare. «Il Piloxing® è un programma di allenamento denominato interval training, ovvero un esercizio fisico discontinuo caratterizzato da una suc-cessione di esercizi a bassa e alta intensità intervalla-ti» spiega Giusy Gaiti, istruttrice di fitness musicale. «Questo fa sì che sia al tempo stesso intenso, brucia grassi, tonificante, coinvolgente ed efficace. Il motto di questa disciplina è “sleek, sexy, powerful” ovvero ele-gante, sexy e potente».

CHE TIPO DI ESERCIZI PREVEDE? I primi cinque minuti della lezione sono riservati a un lavoro di riscaldamento o warm up necessario per preparare la muscolatura, aumentare la frequenza car-diaca e riscaldare le articolazioni. Poi si passa all’alter-nanza tra passi di boxe, pilates e danza. I passi di danza vengono mixati con gli esercizi di boxing, abbinando

al movimento delle braccia (punch), eseguito in tutte le direzioni, movimenti coordinati delle gambe. I colpi del pugilato, che devono essere precisi ma allo stesso tempo rapidi, vengono eseguiti in modo figurato senza sacco ma in maniera decisa, in modo da stimolare le fibre muscolari.  CI SPIEGA PIÙ NEL DETTAGLIO QUALI BENEFICI OFFRE, ANCHE RISPETTO AD ALTRE DISCIPLINE? In una lezione si può riuscire a bruciare circa 900 ca-lorie, quindi offre sicuramente benefici per quanto riguarda il dimagrimento del corpo. Inoltre è in gra-do di stimolare la muscolatura in maniera profonda e decisa, con effetto tonificante su tutto il corpo. Infine, da non sottovalutare, c’è la componente psicologica: la musica di sottofondo, che sfrutta un ritmo con 145 battiti al minuto, ha un effetto galvanizzante ed ener-gizzante. A differenza della maggior parte delle atti-vità aerobiche di gruppo che si praticano in palestra con il sottofondo musicale, il Piloxing® allena profon-damente non solo la componente aerobica ma anche

GIUSY GAITI

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a cura di VIOLA COMPOSTELLA

PIÙ MAGRA E IN FORMA con il Piloxing®

Page 33: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

LE VARIANTIOltre al Piloxing®

“classico”, negli anni sono state messe a punto alcune

varianti: • il Piloxing Barre, lanciato nel

2014, allenamento completo a tutto tondo di più basso impatto ma stessa

intensità, che aiuta a aumentare l’equilibrio del corpo e integra il balletto

classico alla boxe e pilates; • il Piloxing Knockout, presentato

a inizio del 2015, training molto più intenso dei precedenti simile al

bootcamp e al crossfit, più adatto agli uomini.

quella di potenza. Un lavoro intenso sotto il profilo cardio-vascolare, infatti, aiuta sicuramente nell'ob-biettivo della perdita di peso perché consente di bru-ciare molte calorie, ma non allena a dovere tutta la muscolatura del corpo. Un fisico snello e asciutto ma anche muscoloso è quindi impossibile da raggiungere con le attività di gruppo classiche, a meno che a esse non si abbini un lavoro specifico in sala pesi. Da qui, la necessità di discipline in grado di fondere diverse anime, come il Piloxing®, che da sole permettono di allenare il corpo in modo completo. LO POSSONO PRATICARE TUTTI? Sì, è un allenamento adatto a tutti perché fluido e mai traumatico per legamenti e articolazioni. Per questo, risulta adatto anche a persone con piccoli traumi arti-colari o lievi patologie vertebrali.

QUANTE VOLTE A SETTIMANA E PER QUANTO TEMPO SI DEVE PRATICARE PER VEDERE RISULTATI? Per mantenere la forma fisica è sufficiente anche solo una sessione a settimana. Se però lo scopo è un la-voro completo e quindi la tonificazione e il poten-ziamento della muscolatura e il miglioramento della resistenza, l’ideale sono due lezioni a settimana. Già dopo un paio di mesi si ottengono buoni risultati sotto il profilo allenante. Ovviamente purché si sia

costanti e seguiti da trainer certificati e formati in questa disciplina specifica.

CHE TIPO DI ABBIGLIAMENTO È CONSIGLIABILE?Un abbigliamento aderente al corpo per osservarsi meglio durante la fase di Pilates soprattutto. Dopo le prime lezioni di avvicinamento alla disciplina, si con-siglia di svolgere la lezione a piedi nudi e indossare appositi guanti zavorrati da 250 grammi ciascuno per aumentare l’intensità del lavoro.

Page 34: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

32 Bergamo Salute

IN FORMA BELLEZZA

a cura di GIULIA SAMMARCO

È l'intervento di chirurgia estetica più richiesto, prima di naso e palpebre. Un sogno per tante donne di tutte le età. Parliamo dell’aumento

del seno. «Nonostante lo scandalo, abbastanza re-cente, su protesi mammarie prodotte secondo criteri non conformi alla legge o il periodico riaffiorare di preoccupazioni sulle problematiche relative ai tu-mori mammari, la mastoplastica additiva (nome tecnico dell'aumento chirurgico del seno) oggi può es-sere ancora considerato un intervento sicuro» dice il dottor Antonello Tateo, chirurgo plastico e medico estetico. «In realtà, però, oggi esistono delle alterna-tive più “soft”, anche se non tutte offrono gli stessi ri-sultati e soprattutto la stessa sicurezza».

DOTTOR TATEO, DAVVERO È POSSIBILE AUMENTARE IL SENO SENZA RICORRERE ALLA CHIRURGIA E ALLE PROTESI?Tempo fa aveva destato molto interesse l'impianto di acido ialuronico. In effetti l'idea poteva essere consi-derata buona in quanto si tratta di una sostanza nor-malmente presente nei nostri tessuti e assolutamente sicura. Pur consentendo una correzione del volume di grado limitato e con la necessità di ripetere la procedu-ra dopo meno di due anni per il graduale riassorbimen-to dell'acido ialuronico, la metodica era stata sviluppata e migliorata nel tempo anche grazie al gradimento che questa procedura mini-invasiva aveva incontrato tra le donne. L'importante numero di complicazioni e la dif-ficoltà del controllo e la prevenzione del tumore mam-mario hanno però portato il Ministero della Salute a sconsigliarlo e a ritirare il prodotto dal mercato. Esiste poi un’altra opzione, sempre mini-invasiva, nell'ambi-

VOGLIO UN SENOpiù grande

to della medicina rigenerativa: il lipofilling mammario, cioè l’utilizzo delle cellule staminali del grasso.

IN COSA CONSISTE QUESTA TECNICA? E I RISULTATI SONO DAVVERO PARAGONABILI A QUELLI DELLE PROTESI “TRADIZIONALI”?Il lipofilling è una procedura chirurgica che viene ese-guita con lo stesso tipo di anestesia della mastoplasti-ca con protesi anche se più spesso è preferita la sola anestesia locale con sedazione. Dopo la lipoaspirazio-ne per il prelievo del tessuto adiposo, il grasso viene centrifugato o/e filtrato per essere purificato e depu-rato della frazione sierosa. Il grasso così ottenuto con-tiene non solo adipociti (cellule di grasso) maturi ma anche una grande quantità di cellule immature in fase di completa differenziazione in grado di terminare il proprio sviluppo riproducendo i tessuti connettivi e quindi di sostegno dell'organo mammario. L'impianto avviene senza incisioni attraverso una iniezione con cannula. Inevitabilmente l'attecchimento, vale a dire la percentuale di sopravvivenza delle cellule, è varia-bile e ancora non totalmente controllabile. Inoltre non è possibile aumentare esageratamente la quanti-tà dell'innesto poiché si otterrebbe l'effetto contrario. Il tessuto ricevente, infatti, è in grado di accogliere e nutrire solo un'adeguata quantità di cellule rapportate all'entità dello stesso tessuto ricevente. Questo porta alla necessità di ripetere l'intervento più volte fino al raggiungimento di un risultato adeguato e all'impre-vedibilità di ogni singola fase di trattamento. Un pro-blema importante, inoltre, è legato al fatto che a ri-chiedere l'intervento di aumento del seno sono spesso donne molto magre, nelle quali lo stesso reperimento

Dall’intervento con protesi al lipofilling, i pro e i contro delle tecniche oggi disponibili per avere un décolleté più abbondante

Page 35: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

Bergamo Salute 33

SPESSO, PERÒ, SUI GIORNALI SI LEGGE DI PROTESI DIFETTOSE O COMUNQUE DI PERICOLI LEGATI A QUESTO INTERVENTO…In realtà le protesi mammarie, che oggi in genere sono in gel di silicone, hanno raggiunto elevati livelli di affi-dabilità, durata e sicurezza e le complicazioni possono essere efficacemente gestite quando ci si affidi a chi-rurghi di provata esperienza. Inoltre hanno raggiunto un tale livello tecnologico da potersi considerare, in qualche modo,  definitive. Questo non significa non vadano incontro a usura ma semplicemente che i cri-teri di produzione, oltre ai test di resistenza effettuati all'origine, fanno supporre che non sia da prevedere o programmarne la sostituzione nel corso della vita. Una volta si considerava già al momento del primo impian-to la necessità di sostituzione dopo circa 10-15 anni.

MA SI PUÒ DAVVERO OTTENERE UN EFFETTO NATURALE CON LE PROTESI?Tutto sta alla bravura del chirurgo e a come vengono posizionate le protesi. Il livello di posizionamento più idoneo, attualmente, viene considerato nella stragran-de maggioranza dei casi quello definito di “dual plane”. La protesi, così, risulta ricoperta dal muscolo pettorale nella parte superiore o del décolleté e dalla ghiandola mammaria nella parte inferiore. Questo artificio con-sente di rendere più naturale la forma della mammella oltre a sostenere e rendere meno pesante lo stesso seno.

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del grasso risulta già da principio difficoltoso. La me-todica diventa invece particolarmente interessante quando abbinata a una liposcultura richiesta per ri-modellamento della silhouette. Un altro limite è legato alla frequente necessità di risollevare il seno parallela-mente alla integrazione di volume. Infatti risulta diffi-cile, anche se talvolta possibile, abbinare un intervento di mastopessi (vale a dire lifting del seno) al lipofilling. La quasi totalità dei chirurghi sono convinti che le me-todiche rigenerative mini-invasive costituiscano il fu-turo di questa chirurgia. I limiti di applicabilità attua-li potrebbero derivare dalla possibilità di coltivare le cellule adipose o di crio-conservarle e dalla maggiore conoscenza dei meccanismi di attecchimento dei tes-suti con il miglioramento delle metodiche di prelievo e manipolazione delle cellule staminali. In conclusione, al momento attuale l'impianto di protesi mammarie viene ancora considerato il gold standard (cioè quello di riferimento) dell'aumento del seno, la tecnica più affidabile  in termini di sicurezza per la paziente e per prevedibilità e stabilità del risultato.

MICROCHIP NELLE PROTESI PER UNAMAGGIORE SICUREZZA?Recentemente, per poter tenere sotto controllo l'evoluzione degli interventi di impianto di protesi mammarie, è stato proposto di inserire un microchip nella stessa protesi. In passato era stata già proposta una soluzione di questo tipo da parte di un'azienda statunitense ma l'iniziativa non aveva avuto seguito. «In effetti il problema della tracciabilità degli impianti mammari esiste ma la soluzione potrebbe già essere alla nostra portata con il semplice controllo di regole già esistenti» sottolinea il dottor Tateo. «Ogni protesi è corredata per legge di un cartellino con un codice identificativo e anno di produzione. Purtroppo molto spesso questi cartellini non sono disponibili solo perché non sono stati allegati alla documentazione clinica nella cartella di ricovero o perché l'intervento avviene in ambulatori chirurgici non idonei e dove non c'è obbligo di cartella clinica. Senza considerare che non tutte le donne sono state operate nello stesso Paese in cui un eventuale problema viene affrontato. A tutto ciò bisogna aggiungere che già esiste l'obbligo da parte del medico di segnalare al Ministero della Salute qualsiasi complicanza derivata da protesi mammaria e di conservare le protesi mammarie per un certo tempo per permettere eventuali esami e controlli approfonditi».

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34 Bergamo Salute

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a guscio, i semi misti, la scorza grattugiata del limone, la cannella in

polvere, l’uvetta secca (precedentemente ammollata) e il malto di

mais.

Amalgamate tutti gli ingredienti, cuocete per pochi minuti e fate

raffreddare il composto in frigorifero per circa 2 ore. Prelevate l’impasto,

pressatelo con le mani (meglio se bagnate) e formate delle piccole

palline che disporrete nei pirottini. Guarnite a piacere con granella di

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Bergamo Salute 3737

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GROMLONGO DI PALAZZAGO• Tata-o Via Gromlongo 20 LOVERE• Ospedale SS. Capitanio e Gerosa Via Martinoli 9 MOZZO• Studio Dentistico dott. Diego Ruffoni Via Ambrosoli 6• Studio di Psicologia Relazionale dott. S. Gelfi Via Manzoni 20 NEMBRO• Dott. Antonio Barcella Via Locatelli 8 • Ortopedia Burini Via Monsignor Bilabini 32 OSIO SOTTO• Ortopedia Burini Via Milano 9 OSPITALETTO (BS)• Dott.ssa Mara Seiti Via famiglia Serlini Traversa III 16 PIARIO• Ospedale M.O. Antonio Locatelli Via Groppino 22 PIAZZA BREMBANA• Fondazione Don Stefano Palla Via Monte Sole 2 PONTE SAN PIETRO• Policlinico San Pietro Via Forlanini 15 PRESEZZO• Dott. Rolando Brembilla Via Vittorio Veneto 683 ROMANO DI LOMBARDIA• Avalon Via R. Pigola 1 • Caredent Centro Commerciale Il Borgo• Ospedale Santissima Trinità Via San Francesco d’Assisi 12 ROVETTA• Centro Sportivo Rovetta Via Papa Giovanni XXIII SAN GIOVANNI BIANCO• Ospedale Civile Via Castelli 5 SAN PAOLO D’ARGON• Every Service Onlus Via Francesco Baracca 28 SAN PELLEGRINO TERME• Istituto Clinico Quarenghi Via San Carlo 70 SARNICO• Habilita Ospedale di Sarnico Via P. A. Faccanoni 6 SCANZOROSCIATE• Dott.ssa Sarah Viola Via Giassone 22• Vega srl Via Aldo Moro 6 SERIATE• Albero di Psiche Via Marconi 90• Centro Medico San Giuseppe Via Marconi 11/A• Istituto Ottico Daminelli Via Italia 74• Ospedale Bolognini Via Paderno 21 STEZZANO• Caredent c/o Centro Commerciale 2 Torri• Corpore Sano Smart Clinic c/o Centro Commerciale 2 Torri• Farmacia San Giovanni Via Dante 1 TRESCORE BALNEARIO• Consultorio Familiare Zelinda Via F.lli Calvi 1• Caredent Via Nazionale 46• Ospedale S. Isidoro Via Ospedale 34• Terme di Trescore Via Gramsci TREVIGLIO• Caredent Via Roma 2/A • Centro Diagnostico Treviglio Via Rossini 1• Krioplanet Via Pontirolo 18/C• Ospedale di Treviglio P.le Ospedale 1 • Porto di Telemaco Via Matteotti 11 URGNANO• Antica Farmacia Via Papa Giovanni XXIII 435• Occhiali Prezzi Pazzi Via del Commercio 110 VILLONGO• Consultorio Familiare Zelinda Via Roma 35 VILLA D’ALMÈ• Caredent Via Roma 20/D• Farmacia Donati Via Roma 23 ZANICA• Farmacia Gualteri Piazza della Repubblica 1 ZINGONIA• Casa di Cura Habilita Via Bologna 1• Policlinico San Marco Corso Europa 7

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sabato ore 8.00 - 9.00 su prenotazione

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da lunedì a venerdì ore 7.00 - 9.00 sabato ore 7.00 - 9:30

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44 Bergamo Salute

DOTT. FILIP DUDALOsteopata

Un dolore alla spalla apparen-temente inspiegabile. Che non passa con le terapie ria-

bilitative e rende difficile svolgere le normali attività quotidiane come pet-tinarsi o sollevare le buste della spe-sa. In alcuni casi non è una questione di ossa e articolazioni. O meglio non solo. Già, perché questo tipo di male alla spalla, che non deriva da un trau-ma locale, potrebbe avere cause molto diverse.«Tanti dolori di spalla dipen-dono ad esempio da un sovraccarico o deficit di alcuni organi» spiega il dottor Filip Dudal, osteopata. «Può sembrare strano, ma già secondo la medicina cinese l’apparato muscolo-scheletrico e quindi anche la spalla, è correlato con gli organi interni, con il sistema nervoso centrale e periferi-co, con il metabolismo, con i circuiti energetici descritti in agopuntura e con la psiche. Per questo è necessario un approccio multidisciplinare che permetta di escludere le diverse pato-logie possibili e individuare qual è il meccanismo che ha fatto apparire il problema alla spalla».

DOTTOR DUDAL, MA QUALI SONO QUESTI MECCANISMI CHE POSSONO CAUSARE DOLORE ALLA SPALLA? CHE ORGANI IN PARTICOLARE POSSONO ESSERE COINVOLTI?Oltre alle cause meccaniche e osteo-articolari in senso stretto, i meccani-smi che possono dare origine al do-lore alla spalla possono essere molti e diversi. Può avere, ad esempio, origine da uno squilibrio energetico. Alcune sindromi dolorose possono essere infatti correlate ai meridiani (vie energetiche elettromagnetiche che scorrono in modo profondo negli organi e in modo superficiale nei muscoli) del fegato, della cisti-fellea, del triplo riscaldatore, dell’in-testino crasso, dell’intestino tenue, del cuore, e del polmone. Secondo la medicina cinese, ogni stagione è sotto il segno di yin e yang e a essa corrisponde un determinato organo. In autunno, ad esempio, il dolore alla spalla si ripresenta meno violento ma ripetuto a causa di uno squilibrio energetico del meridiano dell’intesti-

no, collegato alla spalla. In altri casi le contratture e i fenomeni infiam-matori a basso regime, detti “silenti” perché agiscono per anni prima che la persona se ne renda conto, tro-vano la loro origine nello squilibrio delle vie metaboliche. Le malattie cardiovascolari, il diabete, l’iperten-sione arteriosa, l’obesità, la sindrome metabolica (resistenza all’insulina), le forme depressive, l’arterioscle-rosi, le forme di disbiosi intestinale accompagnate spesso da polipi e diverticoli, le sindromi allergiche, le steatosi epatiche e pancreatiche, le insufficienze renali, si associano a

Spalla bloccata, dolorosa e infiammataE SE FOSSE COLPA DELL’INTESTINO O DEL FEGATO?

a cura di VIOLA COMPOSTELLA

RUBRICHE ALTRE TERAPIE

- PRESSO STILL OSTEOPATHIC CLINICS BERGAMO -

Page 47: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

problema in modo da ottenere il mi-glior risultato possibile. In alcuni casi si agisce su muscoli e tendini per ri-pristinare il corretto movimento reci-proco di tutte le parti, senza utilizzare né farmaci né infiltrazioni. Se invece l’origine del problema è nel sovracca-rico o deficit di un organo, fegato o intestino ad esempio, si agisce diret-tamente su quest’organo con delicate manipolazioni viscerali, che aiutano a stimolarne il corretto funzionamen-to, associando anche rimedi naturali e un'alimentazione corretta.

MA PUÒ ESSERE EFFICACE ANCHE IN CASO DI DOLORE DOVUTO A TRAUMI?Assolutamente sì, sia in caso di trau-mi importanti sia di microtraumi, come nel caso della periartrite scapo-lo omerale, infiammazione che com-pare dopo sforzi incongrui o ripetuti frequente tra gli sportivi (golfisti e tennisti) ma anche tra parrucchieri, operai, casalinghe e chi per lavoro compie con il braccio sempre gli stes-si movimenti.

squilibri che a loro volta si ripercuo-tono anche sull’apparato locomoto-re. Anche lo stress può giocare un ruolo importante: la progressione e l’accumulo degli stress psico-emotivi e la loro non-risoluzione contribui-scono a creare sindromi cosiddette neuro-immunologiche che si tra-ducono in sintomi infiammatori dell’apparato muscolo-scheletrico (vedi box). Infine, altre cause inso-spettate ma frequenti sono i disturbi dell’articolazione temporo mandibo-lare, a livello della mascella, e le ernie cervicali. In questi casi lo spasmo muscolare si trasmette come in una catena da viso e collo fino alle spalle.

COME AGISCE L’OSTEOPATIA IN TUTTI QUESTI CASI?In osteopatia, tutti questi squilibri vengono considerati in un approc-cio globale al paziente e con un’otti-ca multidisciplinare. Per sciogliere blocchi o tensioni si sceglie la tecni-ca (manipolativa, energetica, fasciale etc.) più appropriata in base al blocco, all’età della persona, alla specificità del

QUANDO GLI SQUILIBRI CAUSANO INFIAMMAZIONE L’infiammazione articolare è spesso correlata a una forma di squilibrio nel normale meccanismo del sistema anti-infiammatorio naturale e di stress. I primi sintomi appaiono banali (cefalea, colite, tachicardia, insonnia etc.). In una seconda fase, inizia lo squilibrio neuro-ormonale con stanchezza, cali d’umore, crampi e contrattu-re muscolari. Se poi si ha uno stile di vita con ritmi di sonno-veglia sregolati e un’alimentazione disordinata, entra in gioco anche lo stress ossidativo degli acidi grassi e del DNA. Infine viene coinvolto il sistema immunitario con diversi meccanismi di infiammazione e di auto-immunità. Oggi esistono test di laboratorio specifici per evidenziare lo squilibrio metabolico e gli squilibri biochimici alla radice dell’infiammazione “silente” (test dei neuromediatori, test dello stress ossidante, test degli acidi grassi, test dell’ecosistema intestinale).

Page 48: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

46 Bergamo Salute

È l’esame di riferimento per prevenire, diagnosticare e controllare l'evoluzione dell'o-

steoporosi. Non invasivo e di facile esecuzione, è consigliato in parti-colare (ma non solo) alle donne in menopausa. È la Mineralometria Ossea Computerizzata, più comune-mente chiamata MOC. Ma quando bisognerebbe farla? E ogni quanto? Ci sono rischi? Lo abbiamo chiesto a Renato Suardi, medico radiologo.

DOTTOR SUARDI, A COSA SERVE IN PARTICOLARE QUESTO ESAME?La Mineralometria Ossea Compute-rizzata (MOC) studia la densità della massa ossea, valutandone lo stato di mineralizzazione, rilevandone even-tuali degenerazioni. In pratica misura la quantità e la densità di sali minerali (sali di calcio) contenuti nella regione dello scheletro esaminata, in genere la colonna vertebrale a livello lomba-re e il collo del femore. Per effettuarla si possono usare diverse tecnologie, come ultrasuoni su ossa di piccole di-mensioni (avambraccio o calcagno), la TAC (a livello delle vertebre lom-

bari) oppure apparecchiature dedica-te a raggi X, che si chiamano DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry).

IN QUALI CASI PUÒ ESSERE UTILE?Viene utilizzata per lo studio delle patologie demineralizzanti dell'osso come l’osteoporosi (vedi box), ma anche l’osteomalacia (malattia meta-bolica dello scheletro caratterizzata da una difettosa mineralizzazione della matrice ossea), il rachitismo etc.. Inoltre è fondamentale per lo studio della demineralizzazione nel-le carenze estrogeniche (menopau-sa, menopausa precoce, amenorrea secondaria e ipogonadismo); nella patologia tiroidea; nelle terapie cro-niche con cortisonici e ormoni; nel monitoraggio delle terapie riminera-lizzanti; nelle donne con età superio-re a 65 anni.

Moc UNA FOTOGRAFIA DELLO STATO DI SALUTE DELL’OSSO

a cura di MARIA CASTELLANO

RUBRICHE GUIDA ESAMI

Per le donne in menopausa, ma non solo…

OGNI QUANTO BISOGNEREBBE RIFARE L’ESAME?Nelle persone a rischio elevato (ov-vero che presentano segni di oste-oporosi) l’esame dovrebbe essere ripetuto annualmente, mentre nei soggetti a basso rischio si può ripe-tere ogni due anni (ndr. l'osso si mo-difica lentamente ed esami troppo ravvicinati non possono evidenzia-re cambiamenti significativi). Sarà comunque il medico a consigliare la frequenza più indicata a seconda della condizione del paziente.

MA RICHIEDE UNA PREPARAZIONE PARTICOLARE?No, la MOC è un esame di facile ese-cuzione, non necessita di preparazio-ne e sostanzialmente privo di rischi per il paziente, in quanto la dose di raggi X è trascurabile.

QUANTO DURA E COME SI SVOLGE?Circa tre minuti. Il paziente viene fatto sdraiare su un lettino dove lo strumento di emissione dei rag-gi X, situato sotto il materassino, è accoppiato a un braccio mobile che contiene il rilevatore dei raggi e che scorre lungo il corpo.

HA CONTROINDICAZIONI?Solamente la presenza di protesi d'anca e pregresse vertebro-plasti-che. In questi casi l'esame viene ese-guito comunque, ma esaminando l'avambraccio.

DOTT. RENATO SUARDIMedico Radiologo

- DIRETTORE SANITARIO DEL CENTRO DI RADIOLOGIA E FISIOTERAPIA GORLE -

SI STIMA CHE UN TERZO DELLE DONNE CAUCASICHE SOPRA I 50 ANNI SOFFRA DI

OSTEOPOROSI, E CHE PIÙ DEL 75% DEI CASI RIMANGA NON DIAGNOSTICATO

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OSTEOPOROSI: PREVENZIONE E CURACHE COSA È. Come definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’osteoporosi è "una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da riduzione della massa minerale e deterioramento microstrutturale del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità dell'osso e maggior rischio di fratture". I FATTORI DI RISCHIO. I principali sono: età avanzata, sesso femminile, razza bianca o asiatica, familiarità per osteoporosi e corporatura esile. Altri fattori di rischio comprendono: riduzione dell’esposizione agli estrogeni nel corso della vita (ad esempio menopausa, soprattutto se precoce e chirurgica), basso apporto di calcio, stile di vita sedentario e fumo di sigaretta.

I SINTOMI. È una malattia che rimane a lungo silente senza dare segni di sé per anni, manifestandosi improvvisamente con una delle tipiche fratture "da fragilità ossea" (polso, coste, vertebre o femore) anche a seguito di traumi lievi e banali. PREVENZIONE. Fare attività fisica regolare aiuta a mantenere in forma i muscoli, i riflessi e l'equilibrio e ciò consente di ridurre la possibilità di cadute e traumi. Inoltre, alcuni sport che comportano un carico non eccessivo sulle ossa (camminare, correre, danzare, praticare yoga etc.) ne stimolano il metabolismo. Per quanto riguarda l'alimentazione, è importante assumere una buona quantità di calcio con la dieta (non solo latte e latticini, purché con basso contenuto di grassi, ma anche verdure a foglie verdi, legumi, frutta secca etc.). Fondamentale

è poi l'esposizione solare, in modalità corrette: consente la sintesi di vitamina D, sostanza che consente un adeguato assorbimento del calcio presente negli alimenti e un suo corretto metabolismo). TERAPIA. In genere il trattamento consiste nella supplementazione di calcio e vitamina D (in gocce orali o fiale) e in farmaci che agiscono direttamente sul metabolismo osseo. I più diffusi sono i cosiddetti bisfosfonati, come alendronato, risedronato e ibandronato, in grado di ridurre la degradazione dell'osso (anti riassorbitivi). Altri farmaci frequentemente utilizzati, ma solo nelle donne, sono i cosiddetti SERM (modulatori selettivi del recettore degli estrogeni) che hanno un'azione simile agli ormoni estrogeni, ridotti nelle donne per la menopausa, e stimolano la produzione di tessuto osseo.

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48 Bergamo Salute

DOTT.SSA MILENA MARTINELLIMedico Veterinario

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MA PERCHÉ PIACCIONO TANTO, ANCHE COME ANIMALI DOMESTICI?Il vantaggio di avere un volatile come animale da compagnia è sen-za dubbio la praticità di gestione. Per la maggior parte degli uccelli, infatti, la residenza principale è la gabbia. Qualcuno inorridirà al pen-siero, più che legittimo, che questo povero animale debba vivere tutta la vita dietro le sbarre, bisogna però considerare che la stragrande mag-gioranza è nata in gabbia e conside-ra la gabbia un luogo sicuro. Sempre più frequente, però, è la scelta di uc-celli "allevati a mano" cioè abituati fin da subito al contatto con le mani dell'uomo con cui sono perfetta-mente a loro agio. Abitudine che permette una permanenza più pro-lungata fuori dalla gabbia e un rap-porto più stretto con il proprietario. Attenzione, però. Come sempre, ci vuole buon senso: gli uccellini sono esseri molto delicati, da manipola-re con delicatezza. Bisogna quindi sempre considerare che i bimbi, specie se piccoli, possono arrecare notevoli danni all'animale che è fra le specie più sensibili allo stress in assoluto.

Ohibò,C'È UN UCCELLINO IN CASA!

a cura di GIULIA SAMMARCO

RUBRICHE ANIMALI

Mini-guida per prendersene cura nel modo migliore

Il Natale si avvicina e i bimbi ap-profittano per chiedere a Babbo Natale un animale che faccia loro

compagnia nelle lunghe sere inver-nali. Spesso la richiesta riguarda un cane o un gatto ma oggi sempre più frequentemente i piccoli desiderano altri animali quali conigli, cavie, cri-ceti e uccellini. Proprio di questi ul-timi parleremo con la dottoressa Mi-lena Martinelli, medico veterinario.

DOTTORESSA MARTINELLI, INNANZITUTTO, QUALI SONO LE SPECIE PIÙ GETTONATE, CLASSICO CANARINO A PARTE?Le specie più amate sono i piccoli volatili. Non solo canarini, ma anche bengalini, pappagallini ondulati fino ad arrivare alle calopsite, un po' più grandi, apprezzate per il loro carat-tere pacifico, giocoso e affettuoso.

Page 51: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

IL CANTO? SEGNO CHE SONO FELICII canarini, originari delle isole Canarie dalle quali deriva il loro nome, appartengono alla famiglia dei Fringillidi. Il bel canto, per il quale sono rinomati, è una caratteristica tipica dei maschi (le femmine si limitano a qualche cinguettio) … purché siano felici. Il canarino, è un animale sensibile e può soffrire di solitudine. Sarebbe meglio quindi tenerne almeno due esemplari.

nente della gabbia, oltre ai necessari beverini e ai contenitori per il cibo, è il "nido" che può essere messo alle coppie in occasione del periodo ri-produttivo oppure ai "single" come luogo di privacy. La gabbia, infine, deve essere posizionata distante da correnti d’aria o fonti di calore ec-cessivo (soffrono il freddo e le tem-perature estreme).

QUAL È, INVECE, LA LORO ALIMENTAZIONE IDEALE?L’alimentazione è un aspetto spesso sottovalutato. La regola purtroppo, in genere, è la cessione da parte del-la maggior parte dei negozianti, in-sieme alla gabbia, di sacchetti pieni di semi. I semi costano poco e sono molto graditi agli uccellini ma sono quanto di più dannoso per il fegato dei nostri piccoli amici. L'alimenta-zione ideale prevede, oltre all'uti-lizzo giornaliero di verdura e frutta fresca, l'impiego di mangime cosid-detto estruso, vale a dire, in parole povere, crocchette per uccellini. Il

mangime estruso è composto infat-ti di cereali, semi, ma anche frutta, con il grande vantaggio dell'omoge-neità di presentazione, in modo tale che l'uccellino non possa scegliere certi tipi di semi (di solito i semi di girasole) che sono di gran lunga i peggiori.

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PASSIAMO ORA ALL'ASPETTO PIÙ PRATICO CHE RIGUARDA LA LORO GESTIONE. E INIZIAMO PROPRIO DALLA GABBIA: CHE CARATTERISTICHE DEVE AVERE?Gli uccelli abituati in gabbia ne ri-chiedono una di dimensioni ade-guate alla loro taglia, ovvero che permetta brevi voli al suo interno. Anche l'arredamento è molto im-portante: ci vogliono posatoi di legno naturale, di vario diametro che permettano al nostro uccelli-no di fare "ginnastica" alle zampe passando da un diametro all'altro. Tra i legni da usare va benissimo il nocciolo, morbido e non tossico, se integro permette ai pappagallini di fare anche attività ludica e divertirsi strappando la corteccia con il bec-co. Alternativa più commerciale ma altrettanto valida sono i posatoi ri-vestiti di materiale abrasivo, colora-ti con colori atossici che si trovano nei negozi più forniti. Altro compo-

Page 52: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

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PRELIEVI PIÙ SEMPLICI CON GLI INFRAROSSI PER I BAMBINI DEL PAPA GIOVANNI XXIIIPrelievi meno traumatici per i bambini ricoverati nella Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. È arrivato in corsia il visore Veinsite, un dispositivo elettronico portatile che, grazie a raggi infrarossi, consente la localizzazione delle vene, agevolando prelievi e altre procedure che richiedono l’inserimento di aghi nelle sottili vene dei piccoli ricoverati. Il dispositivo viene indossato come un casco e lascia le mani libere all’operatore per interagire con il bambino. I LED presenti all’interno del caschetto emettono una luce infrarossa, che viene assorbita dall’emoglobina e poi diffusa dai tessuti circostanti. Le differenze nella diffusione e nell’assorbimento dei raggi vengono convertite dal sistema ottico del dispositivo in un’immagine dei vasi che viene proiettata su uno schermo a cristalli liquidi posto nel caschetto stesso. Guidato da questa mappa virtuale delle vene del paziente, l’operatore può così scegliere l’accesso migliore, riducendo i tempi della procedura, minimizzando le complicanze e facendo percepire al bambino un’operazione spesso traumatica come un gioco. L’introduzione di questo nuovo strumento è stata possibile grazie a TenarisDalmine, che ha sostenuto un apposito progetto dell’Associazione Amici della Pediatria, onlus attiva nel reparto di Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

“DOGGY BAG – SE AVANZO MANGIATEMI”: NON SPRECARE DIVENTA UN’ARTETrasformare gli avanzi in opportunità e stimolare un cambio di mentalità in ristoratori e clienti: con questi obbiettivi nasce il progetto “Doggy Bag - Se avanzo mangiatemi”, da poco arrivato anche a Bergamo. Realizzato da Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) in collaborazione con Slow Food Italia, ha subito incontrato l’adesione entusiasta di importanti esponenti della cultura italiana come l’architetto Michele De Lucchi e il professor Andrea Kerbaker che hanno coordinato un team di professionisti, designer e illustratori. Il risultato? Contenitori d’autore “porta avanzi”, belli da vedere ma soprattutto utili per ridurre gli sprechi. E da sfoggiare senza vergognarsi: portare a casa quello che non si riesce a finire al ristorante, d’altra parte è sempre più trendy. Se lo fa la First Lady americana Michelle Obama perché non farlo anche noi?

SILENZIO: SI BEVE E SI MANGIA RALLENTANDONutrire il corpo, momento di relax. Parafrasando lo slogan di Expo 2015, mettete da parte per una volta tensioni, voracità, impegni di lavoro, tablet anche tra una forchettata e l’altra, entrate in una stanza a luci soffuse, seduti a terra, in cerchio, “spegnete” il chiacchiericcio verbale e mentale e accendete i cinque sensi. Gustando ogni parte del cibo e ogni sorso di tisana. Sentite il cibo masticato, deglutito, seguendolo con la mente fino allo stomaco, rilassando i muscoli e respirando naturalmente. È l’esperienza che l’associazione Movimento Bergamo propone mercoledì 9 dicembre grazie a un laboratorio esperienziale dedicato alla meditazione del cibo che si ispira alle cerimonie del thé giapponesi. Nel corso della serata, nel silenzio, in gruppo, il pubblico sarà guidato a scoprire che cosa avviene dentro di noi se, per una volta, smettiamo di farci trascinare dai pensieri e facciamo del momento del cibo un momento totalizzante. Un allenamento utile per poi fare del momento del pranzo, della colazione o della cena, un’occasione di felicità. L’incontro è su prenotazione (tel. 333.6055949) e si tiene all’Associazione sportivo dilettantistica Movimento, a Bergamo, via Longuelo 146. Per informazioni: www.asdmovimento.it.

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La riabilitazione orale nel rispetto della fisiologia masticatoria. La riabilitazione protesica secondo protocolli neuromuscolari. Il trattamento ortopedico-ortodontico 3D delle laterodeviazioni mascellari (cioè la minima dimensione verticale del mascellare superiore dal lato deviato) nell'adulto. Sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati durante il congresso “La funzione nelle riabilitazioni gnato-occluso-posturali: riflessioni a 20 anni”, in programma il 14, 15, 16 aprile 2016 a Villa Fenaroli a Rezzato (Brescia). L’evento, organizzato da Eurocclusion Italia, associazione medico-scientifica nata nel 1996, e sponsorizzato tra gli altri da “Bergamo Salute”, ha lo scopo di promuovere la formazione in ambito posturologico, gnatologico, ortodontico, osteopatico e riabilitativo, impegno che Eurocclusion porta avanti da vent'anni. Che esista una connessione tra la posizione della mandibola e la postura, e quindi tra problemi di malocclusione e dolori della colonna vertebrale, come mal di schiena o cervicalgia, non è più una supposizione, è un dato confermato da numerosi studi scientifici. Il passo successivo, quindi, è capire come intervenire con le corrette e le più innovative terapie riabilitative. Il convegno, accreditato ECM, è aperto a odontoiatri, odontotecnici e in generale a tutte le figure che si occupano di riabilitazione gnato-posturale. Per iscriversi, si può telefonare al numero 389.9775957 oppure mandare una mail a [email protected].

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52 Bergamo Salute

A.I.P.D. vuol dire Associazio-ne Italiana Persone Down. Ma prima di parlare dell’As-

sociazione forse è meglio spiegare cos’è la sindrome di Down. Molti pensano di conoscere la sindrome, ma in realtà conoscono, o meglio riconoscono, le persone con la sin-drome solo per gli inconfondibili tratti somatici che porta con sé. La sindrome di Down (o Trisomia 21) non è una malattia, bensì una con-dizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule di chi ne è portatore, da cui deriva un variabile grado di ri-tardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio. «Partendo dalla spiega-zione scientifica, A.I.P.D. lavora nel-la consapevolezza che quel cromo-soma in più non impedisce di poter essere soggetto attivo e risorsa nella società» spiega Cristiana Costanti-ni, membro del Consiglio di Ammi-nistrazione dell’Associazione.«La parola chiave in A.I.P.D. è autono-mia, perché è ormai assodato che una buona autonomia, personale e sociale rappresenti uno dei prere-quisiti fondamentali per garantire una buona inclusione sociale, nel mondo del lavoro e in una futura vita fuori casa». Con questo inten-to, a settembre 2004 A.I.P.D. Berga-mo Onlus entra a far parte di una rete che a oggi conta 48 associazioni A.I.P.D. su tutto il territorio nazio-nale. Fondatori di A.I.P.D. Bergamo sono 7 genitori desiderosi di dare ai propri figli e a tutte le persone come loro la possibilità di percorre-re la propria strada, senza limitarla

a priori. «Dalla sua nascita A.I.P.D. Bergamo è cresciuta e oggi sono 150 le famiglie associate sul territorio provinciale e circa 90 i ragazzi che partecipano ai corsi di autonomia, a seconda della fascia d’età e sem-pre nel rispetto dell’individualità di ciascuno» continua Costantini. «I bimbi più piccoli vengono aiutati a sviluppare le piccole conquiste per-sonali, la cura di sé e delle proprie cose. Dai 14 anni in poi, coi club “Ragazzi in gamba”, si comincia a

a cura di VIOLA COMPOSTELLA

ONLUSDAL TERRITORIO

strutturare l’uso del denaro e del suo valore e a lavorare su orienta-mento, utilizzo dei mezzi pubblici e della segnaletica stradale, capacità di comunicazione e interazione per potersi spostare in autonomia. Per-ché per noi autonomia non vuol solo dire “essere capaci di fare” ma an-che “essere capaci di chiedere aiuto”. A.I.P.D. si avvale di professionisti al-tamente qualificati per la gestione e l’organizzazione dei corsi: educatori/trici, psicologhe, pedagogiste». E poi

ASSOCAZIONE ITALIANA PERSONE DOWN A piccoli passi verso l'indipendenza

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ci sono i volontari, grande ricchezza dell’Associazione, che si affiancano agli adolescenti nelle attività men-tre con i giovani adulti organizzano serate e uscite in compagnia in un rapporto alla pari. «Perché sia dav-vero possibile relazionarsi alla pari con gli altri, altrettanto importante è una presa di coscienza della pro-pria identità e sessualità. Da qui i corsi di “Affettività e sessualità” e di “Identità”. Mentre i ragazzi crescono, i genitori dell’Associazione si impe-gnano, tra l’altro, per sviluppare una rete sempre più aperta con la socie-tà: relazioni con la scuola, con i ser-vizi socio-sanitari, con l’Università e con l’Ospedale di Bergamo. Proprio in collaborazione con l’Ospedale, lunedì 9 novembre alle 16.00 presso l'area didattica ( torre 7 - parcheggio nord - piano terra ) dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo c'è stata la presentazione de “Il sorriso di tutti”, progetto integrato di preven-zione primaria, secondaria e terapia delle malattie orali nella popolazio-ne disabile” svolto in collaborazio-

ne con il Servizio di Odontoiatria Speciale per Pazienti Disabili della UO di Stomatologia dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII (direttore dot-tor Umberto Mariani, responsabile dottoressa Anna Patrizia Ucci)». Sempre in collaborazione con l’O-spedale, c’è anche il “Gruppo Nasci-ta”, costituito da genitori che hanno seguito una formazione specifica. «Quando nasce un bimbo/a con la sindrome, gli operatori del reparto di ginecologia propongono ai neo ge-nitori un incontro con due persone del “Gruppo Nascita» spiega anco-ra. «L’obbiettivo è offrire un suppor-to alle nuove famiglie da parte di chi ha già vissuto un’esperienza simile. Altrettanto importante è il “Grup-po Comunicazione” il cui intento è far conoscere al territorio l’Associa-zione, contribuire ad abbattere gli stereotipi, presentare i ragazzi per quello che sono e possono fare, pro-muovere una cultura dell’inclusio-ne e della convivenza. Tutti questi progetti, e tanti altri, costituiscono un lavoro di apertura di vitale im-

portanza. Non è retorica dire che da chi ha la sindrome di Down si può imparare: si impara l'importanza di un tempo dilatato, la capacità di aspettare il raggiungimento di un traguardo, il non dare nulla per scontato, il valore dell’impegno, la felicità che nasce da un traguardo ottenuto con grandi sforzi. Non ne-gheremo mai che quel cromosoma in più rende le cose più complesse, ma i ragazzi ci dimostrano quotidia-namente che possono farcela e con-tinuano a stupirci. La strada che ci viene chiesto di percorrere è, inevita-bilmente, quella dell’inserimento la-vorativo che si lega al tema del “vado a vivere da solo”. L’anno scorso ab-biamo iniziato questo cammino con 3 ragazzi che hanno fatto uno stage presso un hotel e altri 6 che hanno frequentato uno stage per assistenti parrucchieri. Un nuovo percorso si è aperto, lento e difficile. Ma siamo certi che con il sostegno di tutti pos-siamo trasformare quel cromosoma in una marcia in più» conclude Cri-stina Costantini.

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54 Bergamo Salute

DAL TERRITORIO

Lo sapevate che il latte può ri-durre l’assorbimento di alcu-ni antibiotici? Che il succo di

pompelmo andrebbe evitato se si assumono antistaminici o la pillola anticoncezionale? Proprio così. Ci sono sostanze contenute in cibi e bevande che possono letteralmen-te sabotare l’efficacia di una terapia: “possono influire sull'assorbimento, il metabolismo, la biodisponibilità e l'escrezione del farmaco, renderlo inefficace, potenziarne la tossicità o un particolare effetto collaterale o creare effetti indesiderati anche gra-vi” si legge sul sito dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco. Abbiamo chie-sto alla dottoressa Donata Pelizzari, responsabile della Farmacia esterna dell’A.O. Papa Giovanni XXIII, qual-che consiglio per ottenere il meglio dalle terapie ed evitare pericolose associazioni.

DOTTORESSA PELIZZARI, QUALI SONO I FATTORI CHE POSSONO INFLUENZARE L’EFFICACIA DEI FARMACI?I fattori che concorrono al buon esi-to di una terapia farmacologica sono svariati: condizioni generali di salu-te, età, sesso, peso corporeo, stili di vita, storia clinica, patologie e tera-pie in corso, aderenza del paziente, appropriatezza della prescrizione, cooperazione con il medico curante etc. Un’importanza non trascurabi-le, però, la rivestono le interazioni del farmaco innanzitutto con altri medicinali, ma anche con integra-tori, prodotti erboristici e alimenti. L’assunzione di alcuni cibi e bevan-de può infatti influire sull’azione dei farmaci, determinandone una ridu-zione dell’efficacia, aumentandone

la tossicità o causando effetti collaterali. Inoltre alcuni far-maci possono agire più ve-locemente, più lentamente, in misura maggiore o mi-nore, se assunti a stomaco pieno o vuoto.

IN CHE MODO IL FATTO CHE LO STOMACO SIA VUOTO O PIENO INCIDE?Alcuni farmaci possono pro-vocare disturbi gastrici (nausea, vomito o bruciori di stomaco) e la presenza di cibo nello stomaco a vol-te è in grado di limitare tale effetto. Il cibo inoltre aumenta la secrezione di acido cloridrico nello stomaco fa-vorendo la dissoluzione di moleco-le basiche e contrastando quella di molecole acide. Se non è specificato nel foglietto illustrativo, è opportuno chiedere al medico o al farmacista se è meglio assumere il farmaco a sto-maco vuoto (1 ora prima dei pasti o 2 ore dopo), durante i pasti o a stomaco pieno. Oltre alla differenza nell’assunzione a stomaco pieno o a stomaco vuoto, bisogna fare una di-stinzione fra cibi solidi e liquidi.

IN CHE SENSO?I cibi solidi rallentano lo svuotamen-to gastrico e diminuiscono la velocità di assorbimento di alcuni farmaci. Il fenomeno è più accentuato con cibi molto caldi, viscosi e ricchi di gras-si. Non necessariamente ciò incide sull’entità dell’effetto. La velocità di assorbimento diventa però impor-tante quando è richiesta una tem-pestività d’azione, come quando si assume un analgesico per un dolore acuto. Nel caso degli antinfiamma-

a cura di ELENA BUONANNO

FARMACIE LE INTERAZIONItra farmaci e alimenti

tori non steroidi (FANS: ibuprofene, naproxene, diclofenac), ad esempio, è da preferire l’assunzione a stomaco pieno per ridurre la ben nota gastro-lesività, anche se ciò va a discapito della rapidità d’azione.

E I LIQUIDI, INVECE, CHE IMPATTO HANNO?I liquidi svolgono tre importanti funzioni: impediscono l’aderenza del farmaco alla parete dello stomaco e dell’esofago, causa talvolta di ul-cerazioni (FANS, potassio e ferro); accelerano il passaggio attraverso lo stomaco e quindi riducono l’inter-vallo di tempo tra l’assunzione del farmaco e la comparsa dei suoi effet-ti; possono essere coadiuvanti utili per la malattia che si cura (ad esem-pio nelle infezioni delle vie urinarie, nella calcolosi renale o nella febbre). Attenzione però: non tutti i liquidi vanno bene. È importante sceglie-re quello giusto. L’acqua calda, ad esempio, non è mai consigliabile per-ché ritarda l’effetto del farmaco as-sunto; l’acqua ghiacciata può essere utile solo per mascherare l’eventuale

Ecco gli accorgimenti per non compromettere la terapia

INSIEME ALL’ALCOL? UNA COMBINAZIONE

AD ALTO RISCHIOIl consumo di alcol è sconsigliato

in qualsiasi terapia: potenzia l’effetto di tranquillanti e di alcuni antistaminici

(danno sonnolenza quale effetto indesiderato). Inoltre può aumentare l’effetto irritante degli antinfiammatori sulla mucosa gastrica. A causa della

sua tossicità sul sistema nervoso è controindicato in concomitanza

di terapie anticonvulsivanti.

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Bergamo Salute 55

sapore del farmaco; le acque alcaline sono controindicate nell’assunzio-ne di corticosteroidi o farmaci attivi sul sistema cardiovascolare, mentre vanno benissimo per gli antibiotici; l’acqua gassata può essere utile per assumere digestivi. Una bevanda in-nocua, consigliata anche ai bambini per mascherare il sapore cattivo, è il succo d’arancia.

QUALI SONO LE SOSTANZE CONTENUTE NEGLI ALIMENTI E NELLE BEVANDE CHE MODIFICANO L’AZIONE DEL FARMACO?

Latte. Essendo un cibo alcalino, ha nell’immediato un effetto positivo in quanto la sua basicità va a contrasta-re l’acidità del reflusso, ma essendo un alimento ricco di grassi e proteine rallenta lo svuotamento dello stoma-co. Non deve essere assunto prima di dormire da chi soffre di insonnia. Il calcio presente nel latte, inoltre, riduce l’assorbimento di antibiotici come le tetracicline.

Formaggi. La tiramina contenuta nei formaggi stagionati può provo-care un significativo aumento della pressione arteriosa, quando assunta

contemporaneamente a farmaci an-tidepressivi o farmaci per il morbo di Parkinson.

Pompelmo. Il succo di pompelmo accelera l’attività del fegato, princi-pale organo che trasforma ed elimina farmaci; è quindi sconsigliato duran-te terapie farmacologiche, in parti-colare se si assumono farmaci come ciclosporina, buspirone, chinino, triazolam, farmaci calcio-antagoni-sti, antistaminici e per l’ipertensione (ma anche pillole anticoncezionali).

Verdure a foglia larga.(Spinaci, broccoli, verze). Contengo-no buone percentuali di vitamina K (con funzione antiemorragica) che interferiscono con l’azione dei far-maci anticoagulanti (warfarin) ridu-cendone la capacità di mantenere il sangue fluido.

Liquirizia. Se assunta con farmaci a base di digossina usati per trattare l’insufficienza cardiaca e le anomalie del ritmo cardiaco, può aumentare il rischio di tossicità della digossina. Può rendere anche meno efficaci i farmaci per la pressione arteriosa o i diuretici (tra cui idroclorotiazide e spironolattone).

ATTENZIONE AGLI INTEGRATORI Le interazioni farmacologiche sono possibili anche con gli integratori alimentari.• “Erba di San Giovanni” (iperico): è un induttore degli enzimi epatici e può ridurre la concentrazione nel sangue di farmaci come la digossina, la lovastatina e il sildenafil.• Vitamina E: in associazione con farmaci che fluidificano il sangue come il warfarin potenzia l’attività anticoagulante aumentando il rischio di sanguinamento. • Ginseng: può influire sugli effetti di sanguinamento del warfarin; può inoltre rafforzare gli effetti di sanguinamento dell’eparina, dell’aspirina e di farmaci antinfiammatori non steroidi come ibuprofene, naprossene, ketoprofene. La combinazione di ginseng con gli inibitori della MAO può causare mal di testa, disturbi del sonno, nervosismo e iperattività.• Ginkgo Biloba: ad alte dosi riduce l’efficacia della terapia anticonvulsivante in pazienti che assumono farmaci per il controllo delle crisi epilettiche come quelli a base di carbamazepina e acido valproico.

CIOCCOLATO. In quantità ecces-sive non deve essere assunto con gli inibitori delle monoaminoossidasi (MAO); la caffeina contenuta nel cioccolato può anche interagire con alcuni stimolanti (metilfenidato), potenziandone l’effetto, oppure può contrastare l’effetto di farmaci seda-tivo-ipnotici (zolpidem).

DOTT.SSA DONATA PELIZZARIIFarmacista

- CONSIGLIERE DEL'ORDINE DEI FARMACISTI DI BERGAMO-

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56 Bergamo Salute

DAL TERRITORIO

È appena tornata dal Nepal, sconvolto dal terremoto dello scorso aprile, dove

ha visitato e curato 700 persone in sperduti villaggi con trasferimenti a piedi o in jeep di ore o di giorni. E in Nepal ha ricevuto la notizia che era stata insignita del premio Marcello Meroni, attribuito alle persone che si sono particolarmen-te prodigate, con discrezione, de-dizione e in modo volontaristico, per la difesa e la promozione della montagna nel campo dell’ambiente, della cultura, dell’alpinismo e della solidarietà. Lei, Annalisa Fioretti, medico pneumologo e “alpinista non professionista”, come si defini-sce, l’ha ricevuto per la solidarietà. Perché quel 25 aprile scorso lei era lì, in Nepal, al campo base sull’Eve-rest quando il violento sisma ha di-strutto tutto facendo 8000 vittime. E, invece di pensare alla scalata che l’attendeva o a scappare, si è prodi-gata per salvare tante vite. Ora aiu-tare il Nepal, soprattutto gli orfani del terremoto, è diventata quasi una

missione. Con Giampiero Tedesco, alpinista veneto, ha messo a punto un’originale iniziativa per racco-gliere fondi, “Torvagando”: scalata delle Torri più belle d’Europa, scelte perché hanno una valenza simbo-lica oppure una storia alpinistica o culturale particolare. «Le salite ver-ranno effettuate in stile essenziale e pulito evitando l’impiego di grandi mezzi raggiungendo le zone, con un furgone trasformato in campo base» spiega Annalisa Fioretti. «Le scalate delle torri hanno lo scopo di accom-pagnare i sostenitori del progetto in una scalata ideale attraverso una raccolta di fondi. Punto di arrivo ultimo del viaggio alpinistico sarà la salita delle Torri di Trango in Pa-kistan, mentre di quello umanitario sarà la costruzione di una scuola per i bambini orfani del terremoto, dagli 11 ai 18 anni, con alloggio in una casa di accoglienza e frequenza di sette anni in una scuola privata a Katmandu. Il costo per realizzare tutto questo sarà di 15 mila dollari per ognuno dei 20 studenti scelti».

a cura di LUCIO BUONANNO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA SCALERÒ 20 TORRI

per aiutare gli orfani del Nepal

E i soldi? La speranza è che tanti mettano mano al portafoglio e col-laborino con questo progetto. D’al-tronde la dottoressa Annalisa non è nuova a smuovere la coscienza e l’impegno della gente. Lo ha già fat-to nel 2012 quando visita Sakina, una bambina del villaggio di Korphe scoprendole una grave cardiopatia. Tornata in Italia riesce a raccogliere la somma necessaria per organizza-re i permessi e il trasferimento della piccola a Milano e per pagare l’in-tervento di cardiochirurgia. Sakina ora vive nel suo villaggio e frequen-ta la scuola con i suoi coetanei.

Annalisa è una donna minuta ma piena di energie. È mamma di due bambini di otto e sei anni. Lavora qualche notte in una clinica privata, ma nei suoi sogni ci sono sempre quelle vette innevate del Nepal e del Pakistan, dove appena può ritorna e che ha trasportato con immagini e commenti nel suo libro “Oltre, Ne-pal, viaggio al contrario tra polve-re e sorrisi”. È il racconto, in presa

La storia di Annalisa Fioretti, pneumologo e alpinista, che ha sfidato l'Everest e si prepara

a una nuova avventura

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diretta, del drammatico terremoto del 25 aprile scorso, quando lei si trovava al campo base pronta per scalare il Lhotse ma bloccata nel-la tenda da una nevicata. «È sta-to come in guerra. Sono salva per miracolo. Anche i miei compagni» scrive la dottoressa. «Eravamo al campo base quando tre scosse hanno fatto staccare una valan-ga dal Pumori. È arrivata con una velocità di 300 chilometri orari, ha colpito la parte centrale del campo distruggendo tutto quello che c’era e trascinando via tende, uomini e materiali. Mi sono salvata. La mia tenda era in una posizione protetta. Secondi, minuti terribili. Passata la bufera, faccio dieci metri e trovo le prime persone ferite, uno sherpa con il bacino rotto pieno di sangue e un altro incastrato nel telo della

tenda col viso insanguinato e allo-ra intuisco la catastrofe. Riempio lo zaino di bende, fiale di anestetico e antidolorifici, flebo e siringhe, e sono corsa alla tenda medica. Lì c’è il caos. La gente comincia ad arri-vare, ma una dottoressa americana è nel panico. Un medico francese e io prendiamo in mano la situazione dividendo i malati su sacchi a pelo e iniziamo a lavorare facendo tria-ge tra chi potrà salvarsi e chi no. Il mio primo paziente, un coreano, ha il cranio sfondato sull’orbita ed esce il cervello. Reprimo un conato di vo-mito e cerco di tranquillizzarlo. Gli faccio un antidolorifico e assieme a una dottoressa francese l'ho benda-to mentre lei sotto shock si ostina a voler prendere una vena e poi gira con l’ago chiedendomi dove metter-lo. La guardo senza capire e poi le dico di dedicarsi a chi può farcela. È brutto, bruttissimo dire a uno “tranquillo, va tutto bene” quando sai che non va bene proprio nulla. Attorno si stanno ammassando. Una giapponese con una gamba ruotata dal femore al contrario si lamenta per il male, le faccio una fiala di antidolorifico mentre il me-dico francese le rimette a posto la gamba. Lei urla, cerca di muover-si, io le accarezzo la testa e le dico

di non mollare… Andiamo avanti per ore a bloccare arti con cartone e bende, a somministrare anestetici e antidolorifici finché ne ho». Per ore Annalisa e gli altri medici resistono a curare e aiutare i feriti. «Sei solo un palliativo, puoi solo tamponare e basta» dice la dottoressa. «Ci ar-rivavano notizie di almeno trenta persone inghiottite dall’Ice Fall (ndr. cascata di ghiaccio sull’Everest) che si era aperto mentre scendevano e di 200 persone bloccate tra il campo 1 e campo 2. Siamo scesi, abbiamo raggiunto la Piramide dell’Everest, il laboratorio d’alta quota gestito dal CNR italiano, dove abbiamo ripreso le forze». E poi di nuovo al lavoro, a visitare tante persone, in villaggi devastati. Il ritorno in Ita-lia e ancora in Nepal a portare aiu-to, a curare centinaia di persone. Lei, la dottoressa-alpinista, che sul Kangchenjunga (8586 metri) nell’a-gosto del 2013 ha avuto il coraggio di fermarsi a 100 metri dalla vetta per un principio di congelamento alle mani. «Lassù ho imparato que-sto: vivi secondo i tuoi ritmi e quelli che la vita lassù ti regala con calma gustando il valore del tempo». Ma la sfida continua, per gli orfani del terremoto aspettando gli sponsor e tante donazioni.

UNO ZAINETTOSALVAVITA Quando va in Nepal Annalisa Fioretti porta sulle spalle uno zaino particolare. Diviso in quattro scompartimenti, dentro c’è di tutto per le urgenze: bende, medicinali, anestetici. È stato messo a punto dall'Associazione “Street Doctor”(Dottore di strada), di cui la dottoressa-alpinista fa parte, sulla base di un prototipo del 118. È utilissimo per portare soccorso ad alpinisti in difficoltà o feriti ma anche nelle visite mediche nei centri sperduti del Nepal dove le popolazioni, spesso isolate, vivono ancora in ripari fatti di lamiere o in tende. Ma per arrivare a quelle quote occorre una preparazione notevole e Annalisa, quando è a casa, scala nel Bergamasco o nel Lecchese o scia quasi tutti i giorni. La spedizione dura un paio di mesi (dipende dalle condizioni metereologiche) e costa tra gli 8 e 10 mila euro.

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DAL TERRITORIO

«Ora vivo e lavoro alla Casa del Sole. E il sole, grazie all’Associazione

Paolo Belli, è davvero entrato nel-la mia vita, l’ha rischiarata a me e alla mia famiglia. Dieci anni fa ero disperata. A mio figlio Andres, che aveva quasi quattro anni, fu diagno-sticata la leucemia linfoplastica. Si era appena riunita la mia famiglia. Mio marito e i miei due figli erano venuti da Santa Cruz, in Bolivia. Io ero a Bergamo dove avevo trovato un lavoro come badante. Eravamo felici di stare insieme anche se vivevamo in un piccolo appartamento con altri nostri connazionali. E invece all’im-provviso il mondo ci cadde addosso. Andres era sempre stanco, faceva fa-tica anche ad alzarsi dal letto, suda-va tantissimo, non riusciva a giocare con gli altri bambini. E un giorno lui che ha la pelle scura divenne tutto bianco. I medici dissero che si tratta-

va di anemia. Gli diedero una cura ma stava sempre peggio». Betzaida Vilca, per tutti Betty, si emoziona ri-cordando quello che ha sofferto per anni, una sofferenza a cui si aggiun-geva la paura di essere rimandata in Bolivia perché allora non aveva il permesso di soggiorno. «Ero molto preoccupata per il mio bambino che non si riprendeva. La signora da cui lavoravo ci accompagnò all’ospedale di Alzano Lombardo e dopo una visi-ta accurata i medici ci consigliarono di rivolgerci ai loro colleghi di Mon-za. Qui sottoposero subito Andres a un prelievo di midollo. Le analisi non ci diedero scampo: aveva la leuce-mia. Quando i medici ce lo dissero fu davvero uno shock. Mi sentii male. Tanti pensieri si accavallarono nella mia mente. Mi chiedevo dove avessi sbagliato, perché avessi insistito per far venire i miei figli e mio marito a Bergamo. Forse se Andres fosse rima-

TESTIMONIANZA

a cura di LUCIO BUONANNO

ALLA CASA DEL SOLE

ho trovato il mio sole

sto in Bolivia non si sarebbe amma-lato, mi dicevo. E l’altro mio ragazzo più grande?».

Betty ha 36 anni, è una giovane mamma ma ha un carattere di fer-ro. E dopo il primo momento di di-sperazione reagisce con tutte le sue forze. Per un mese sta accanto ad Andres in ospedale, giorno e notte, mentre il marito Wilfredo si prende cura dell’altro figlio José. Da Monza, Andres torna a Bergamo, viene rico-verato agli allora Ospedali Riuniti. «Medici e infermieri sono bravi, An-dres comincia le terapie, la chemio, reagisce bene» racconta Betty. «Tan-ro che i dottori ci dicono che può tor-nare a casa, ma deve fare controlli continui e deve evitare ogni possibile rischio di infezioni. L’appartamento in cui abitavamo però non era pro-prio adatto. Spiego la mia situazione al medico e lui mi consiglia di rivol-

La storia di una mamma boliviana che ha avuto un figlio colpito da leucemia ed è stata aiutata

dall’Associazione Paolo Belli dove adesso lavora e vive

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Bergamo Salute 59

a cura di LUCIO BUONANNO

germi all’Associazione Paolo Belli. E così è entrato il sole nella mia vita, la speranza. Siamo stati seguiti, ci han-no dato un appartamento pulito per un bambino che non poteva stare a contatto con troppe persone. Ci han-no accolto e fatto sentire in famiglia».

La ritrovata tranquillità però per Betty dura poco, qualche mese. An-dres ha una ricaduta, proprio quan-do sembrava che stesse uscendo dal calvario. Gli erano cresciuti anche i capelli e continuava a studiare con profitto. Lo portano a Pavia, dove viene sottoposto a un trapianto. Al-tri sei mesi di degenza. Andres sof-fre nel suo lettino d’ospedale con la mamma sempre vicina. «Segnava i giorni sul calendario, io cercavo di farlo distrarre, inventavo tanti gio-chi. Ancora una volta ce l’abbiamo fatta. Andres è guarito. Sta bene, ri-torniamo alla Casa del Sole dove il presidente Silvano Manzoni ci aveva promesso che ci sarebbe sempre sta-to un posto per noi». Ma il destino, ancora una volta, sembra accanirsi di nuovo su questo ragazzo che sta cer-cando di dimenticare quello che ha dovuto soffrire grazie anche all’aiuto di una psicologa e ora studia all’Isti-tuto alberghiero di Nembro come cuoco, come il papà e il fratello più grande. Sta di nuovo male, non per la leucemia che è stata debellata. Ha il diabete. Altri ricoveri, altre cure. «Per lui è stato un tormento» rivela

Betty «ma non si è mai scoraggiato. Segue alla lettera le cure che gli han-no dato i medici e studia. “Meglio an-dare a scuola”, mi dice “che stare in ospedale”. E a scuola va volentieri».

Betty con la sua famiglia è stata la pri-ma inquilina della nuova Casa del Sole inaugurata a febbraio scorso che sor-ge vicino all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. L’Associazione Paolo Belli l’ha assunta a tempo pieno aiutandola an-che nelle pratiche per ottenere il per-messo di soggiorno. Lì si occupa delle pulizie dei venti appartamenti e fa da interprete quando alla Casa del Sole sono ospitati ragazzi e genitori che arrivano dall’America del Sud. Come in questi giorni: ci sono tre famiglie venezuelane che hanno i figli colpiti dalla leucemia. Betty, che ha vissuto il loro stesso dramma, riesce anche a dare alle mamme una parola di con-forto. «Quando arrivano da noi sono disperate. Io cerco di aiutarle, ma la prima volta mi dicono “Cosa ne sai tu di quello che stiamo patendo”. E allora io racconto la mia storia, le speranze, le ricadute, il pensiero di non farcela. E tra di noi si crea una vera amicizia».

UNA LUCE DI SPERANZA DA PIÙ DI 20 ANNIL’Associazione Paolo Belli nasce l’11 febbraio 1992 nel ricordo di un giovane di 24 anni strappato alla vita dalla leucemia. “Paolo, che colpiva per la sua gioia di vivere, aveva una grande passione per la pallacanestro e per molti anni aveva praticato l’attività agonistica”, si legge sul sito dell’Associazione. “Il filo che ci unisce e ci sprona a dare continuità alla nostra marcia è legato a una semplice frase che portiamo sempre dentro di noi: per non dimenticarti”. Che è anche la testata della rivista che pubblica l’Associazione, il cui simbolo è il sole. “Tentiamo di portare luce nel buio della malattia”, si legge ancora sul sito. E di luce la “Paolo Belli” ne ha regalata tanta, ad almeno mille famiglie. I progetti realizzati in questi anni sono tanti: borse di studio, laboratori agli Ospedali Riuniti dedicati alla diagnostica molecolare delle malattie del sangue e alla terapia cellulare; un nuovo reparto sterile per i trapiantati di midollo osseo; il nuovo day hospital ematologico ed oncologico degli Ospedali Riuniti; il progetto ADMO per il censimento dei donatori di midollo osseo. E le Case del Sole, quella di via Statuto e quella nuova a due passi dall’Ospedale Papa Giovanni che si chiama “Centro Ospitalità e Formazione Paolo Belli”, nate per accogliere ammalati e familiari di ammalati in cura presso l’ospedale. La prima, di fronte all’ex ospedale, ha 11 appartamenti indipendenti; la nuova vicino al Papa Giovanni ha 20 appartamenti arredati anche con lavatrice, tv, telefono e cucina. Inoltre ci sono aree comuni multifunzionali: sale molto ampie studiate per favorire la socializzazione. Al piano interrato sala conferenze da 100 posti, sala riunioni, sala ristoro, lavanderia, magazzino. Per realizzare questa struttura sono stati spesi 6 milioni di euro. E adesso c’è il progetto di allargarsi con una nuova area. Soldi raccolti con donazioni, con la vendita di Stelle di Natale o di uova di Pasqua o con il 5 per mille. Per saperne di più: www.associazionepaolobelli.it

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Codice esenzione. RB0020Definizione. Il retinoblastoma è una neoplasia (o tumore) maligna di derivazione da cellule re-tiniche (ovvero della retina dell’occhio) fetali. È formato da cellule piccole, ammassate, e si svi-luppa esclusivamente in età pediatrica.Epidemiologia. Ha un’incidenza di 1 su 16.000 nati vivi nell’anno. Maschi e femmine sono col-piti in egual misura. L’età media della diagnosi è di 11 mesi per i tumori bilaterali e di 23 mesi per le forme unilaterali.Segni e Sintomi. Manifestazioni caratteristiche sono leucocoria (riflesso pupillare bianco) e di-minuzione della capacità visiva, talora evidente come strabismo. Nei casi più avanzati si riscon-trano proptosi (protrusione del bulbo oculare), aumentata pressione endocranica e dolore os-seo da metastasi. Tipicamente il retinoblatoma insorge in focolai multipli. Il 30 % dei casi presenta una forma familiare e sviluppa il tumore bilate-ralmente. I soggetti che hanno sviluppato un re-tinoblastoma presentano un rischio aumentato di sviluppare altre neoplasie maligne, in partico-lare osteosarcomi.Cause. È legato a mutazioni del gene Rb, loca-lizzato sul cromosoma 13q. Perché si sviluppi il tu-more è necessario che entrambe le copie del gene siano alterate.Diagnosi. La diagnosi è essenzialmente clinica e basata sul riscontro, all’esame del fundus, di una massa endoculare a partenza retinica. L’eco-grafia, la TC e la RMN sono utili per confermare la diagnosi e procedere a una stadiazione del tumore.Terapia. Il trattamento di elezione è l’enucleazio-ne (asportazione) del bulbo oculare. Nel caso di tumore molto piccolo, si può salvaguardare uti-lizzando radioterapia o crioterapia. Il tasso di so-pravvivenza è del 90%. La prognosi è infausta nei pazienti con interessamento estensivo del nervo ottico o dell’orbita.

Dott. Angelo Serraglio Vice Presidente

Commissione ScientificaARMR

RETINOBLASTOMA

DAL TERRITORIO

Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di pato-logie (circa 6000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (infe-riore a 5 persone per 1000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano. In questo numero parliamo del Retinoblastoma.

A.R.M.R.INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE

• 6-7-8 DICEMBREDalle ore 10.00 alle ore 18.00Inizio Via XX settembre Sorriso per la Ricerca

• 8 DICEMBREBrattoSorriso per la Ricerca

• DOMENICA 13 DICEMBRE Ore 20.30 - Chiesa delle Grazie di BergamoIl Gruppo Giovani della FondazioneA.R.M.R., in occasione dell'apertura delGiubileo della Misericordia, invita e offrea tutti i Bergamaschi un'elevazionemusicale con Canti Gospel del noto coroS. Antonio David's Singers.Ingresso Libero - seguirà sul sagratoil tradizionale brindisi augurale conpanettone e pandoro offerto dal Gruppo Giovani

• 17 DICEMBREDalle ore 7.30 alle ore 18.30Ospedale Papa Giovanni XXIIISorriso per la Ricerca

INCONTRI CON I SOCI E GLI AMICI DI A.R.M.R

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INFO

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Moderna, funzionale e fa-cilmente raggiungibile, Casamia Verdello è la

nuova residenza per anziani aperta a gennaio ed inaugurata a marzo 2015 dal Gruppo ORPEA, realtà francese leader nel settore con ol-tre venticinque anni di esperien-za e oggi punto di riferimento per chiunque abbia necessità di rivol-gersi al mondo delle residenze per anziani, delle cliniche riabilitative e/o psichiatriche. Casamia Verdello è l’emblema di un nuovo e moderno concept nel panorama delle case di riposo: servizi di assistenza specia-lizzata, benessere e terapia sia fisica sia psicologica, offerti in un conte-sto di alta qualità ed elevato confort alberghiero. «La Residenza, la cui struttura portante è stata realizzata

in legno lamellare per ridurre al mi-nimo l’impatto ambientale, è stata pensata per persone con diversi gra-di di autosufficienza, che potranno scegliere fra camere singole o doppie, in entrambe le soluzioni dotate di molteplici confort: ricircolo d’aria e impianto di climatizzazione, bagno privato, letti medicalizzati, disposi-tivo di chiamata, televisione a scher-mo piatto e telefono diretto» spiega Egidio Passera, direttore di Casamia Verdello. L’edificio, di oltre 6500 mq disposti su 3 livelli, è dotato di 100 posti letto, suddivisi in 5 nuclei in-dividuati con i nomi delle valli del territorio. Ad ogni piano sono pre-senti tutti i servizi necessari al fun-zionamento del nucleo stesso, quali il bagno assistito, l’office, l’inferme-ria e la palestra per la fisioterapia.

La casa di riposo

DEL FUTUROa cura di GIULIA SAMMARCO

CASAMIA VERDELLOSTRUTTURE

Il piano terra apre su spazi verdi di vita e relax, opportunamente at-trezzati per gli ospiti, con percorsi scoperti e pavimentati per godere di momenti all’aria aperta ed apro-fittare del bel tempo per praticare la fisioterapia anche all’esterno. «Al piano terra è inoltre presente l’avanguardistica sala Snoezelen, spazio multisensoriale basato su un concetto di origine olandese, utiliz-zato per favorire il rilassamento e la gestione dei disturbi comportamen-tali, oltre a migliorare il benessere cognitivo attraverso la stimolazio-ne dei 5 sensi. In ogni nucleo sono stati realizzati spazi confortevoli e accoglienti dove poter godere di mo-menti di benessere e tranquillità o ricevere le proprie famiglie in com-pleta intimità al fine di offrire una IN

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Assistenza specializzata e benessere in un contesto con elevato confort alberghiero

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Bergamo Salute 63

dicato. All’eccellenza alberghiera si unisce ovviamente quella sanita-ria e assistenziale. «La Residenza garantisce la sicurezza di un’assi-stenza personalizzata, fornita da personale competente e qualificato, presente 7 giorni su 7 e 24 ore su 24» continua Egidio Passera. «L’equipe multidisciplinare segue protocolli e procedure rigorose, derivanti dalla grande esperienza del Gruppo nel settore, per assicurare ai residenti un sostegno adatto a qualsiasi esi-genza, nel rispetto del ritmo di vita e dell’individualità di ognuno. Il Direttore Sanitario, coadiuvato da altri tre colleghi, guida e consiglia l’équipe, intrattiene i rapporti con le famiglie e coordina le diverse figure (fisioterapisti, infermieri ed edu-

catori) al fine di definire azioni che permettano agli ospiti

di mantenere e rafforzare le proprie abilità. Agli

aspetti strettamente sanitari, si integrano poi attività ricreative socio-culturali, la-boratori terapeutici e gruppi di lettura, nonché spettacoli ed

eventi musicali, tutti

reale qualità della vita e far sì che gli ospiti possano sentirsi proprio come a casa loro». Alla ristorazio-ne è stata dedicata particolare at-tenzione affinché i pasti vengano vissuti come importanti momenti di piacevole convivialità. Lo chef qualificato e la sua équipe in coor-dinamento con la direzione medica propongono ogni giorno una cuci-na tradizionale e gustosa, preparata con prodotti freschi di stagione con possibilità di diete personalizzate e di pasti a struttura modificata. Il menù settimanale è preparato sul posto, con un’attenta selezione delle materie prime e grande cura della mis en place, viene servito nei ristoranti di piano da personale de-

UN LUOGO APERTO A TUTTI E AL TERRITORIOCasamia Verdello collabora con associazioni di volontaria-to locali che prestano la loro opera in favore degli ospiti in diverse circostanze di biso-gno e che per ogni area di intervento fanno riferimento al personale della RSA. An-nualmente le associazioni di volontari che collaborano con la Residenza partecipano a incontri e corsi di formazione, per fornire ogni giorno benes-sere e allegria alle persone residenti. Inoltre, nell’ottica di favorire gli scambi fra gene-razioni come fonte di crescita reciproca vengono periodi-camente organizzati eventi a porte aperte, convegni medici su tematiche di interesse gene-rale, giornate a tema e spetta-coli rivolti a qualsiasi età.

PER SOGGIORNI DI SOLLIEVO O ANCHE “SOLO”

PER STACCARE DALLA ROUTINE

La Residenza offre la possibilità di soggiorni sia a lungo termine, sia per periodi di sollievo, sia in determinati

periodi dell’anno per offrire un momento di pausa dalle difficoltà quotidiane e la possibilità di rigenerarsi fisicamente

e mentalmente. Infine, forte della convinzione che una certa età

meriti una certa qualità, Casamia Verdello promuove soggiorni

invernali.

strumenti oggi considerati indispen-sabili per mantenere e potenziare il livello di autonomia di ciascun ospite e stimolare lo stare insieme».

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64 Bergamo Salute

È operativo da giugno il Ce.R.Mel., il nuovo Centro di ricerca e cura del melanoma

dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, tra i centri di riferi-mento in Italia per il trattamento di una patologia che colpisce soprat-tutto i giovani e registra ogni anno solo in Italia circa 7 mila nuovi casi, di cui 300 curati all’ospedale bergamasco. Il centro di ricerca è nato per migliorare ulteriormente la qualità delle cure offerte per il melanoma, sia in termini di inno-vazione che di efficacia, e compren-de un gruppo multidisciplinare clinico, coordinato dall’Oncologia, a cui collaborano, sotto l’egida del Cancer Center aziendale, la Chirur-gia 1, la Dermatologia e l’Anatomia patologica.

Uno degli aspetti innovativi del Centro è lo studio genetico del me-lanoma, necessario per calcolare il rischio di ripresa della malattia e definire le terapie più efficaci, an-che ricorrendo ai moderni farmaci a bersaglio molecolare, personaliz-zati cioè sul corredo genetico della malattia. Tra gli obbiettivi anche l’ampliamento della dotazione tec-nologica e delle competenze neces-sarie per eseguire sul tumore esami genetici sempre più approfonditi. La seconda linea di ricerca è invece costituita dalla cosiddetta outcome research, cioè quel lavoro di analisi e studio sull’efficacia dei percorsi di cura dei pazienti, indispensabile per raffinare la conoscenza sul tumore, sulla sua incidenza, sui fattori di rischio e sull’efficacia delle terapie. «Lo sviluppo moderno delle cure oncologiche richiede una sempre

maggior dedizione all’attività clini-ca e all’innovazione con l’identifica-zione di professionisti che seguano a livello specialistico singoli settori della patologia oncologica» dice Carlo Tondini, direttore dell’Onco-logia dell’Ospedale Papa Giovan-ni XXIII. «Ecco perché da tempo stiamo sviluppando progetti con lo scopo di raggiungere livelli di eccel-lenza nei vari settori e sicuramente il Ce.R.Mel. va in questa direzione. L’efficacia clinica richiede infatti ri-cerca e approccio multidisciplinare. Nel caso del melanoma, per esem-pio, garantiamo ai pazienti visite collegiali, alla presenza dell’oncolo-go, del chirurgo e del dermatologo, e l’accessibilità ad analisi genetiche sofisticate. Questo crea attrazione anche al di fuori della nostra pro-vincia, tanto che il 30% dei nostri

Un centro dedicatoALLA RICERCA E ALLA CURA DEL MELANOMAa cura di MARIA CASTELLANO

A.O. PAPA GIOVANNI XXIIISTRUTTURE

pazienti con melanoma viene da fuori Bergamo o da fuori regione, perché sa che qui può trovare cure efficaci».

«Abbiamo già attivato, sotto la gui-da di Tiziano Barbui, un database totalmente dedicato al melanoma che si chiama MelanORO, dal ter-mine inglese Outcome Research in Oncology, che però per fare un sal-to di qualità in termini di utilità e aggiornamento avrebbe bisogno di personale specializzato dedicato completamente a questa attività» spiega Mario Mandalà, oncologo del Papa Giovanni XXIII e referen-te del progetto Ce.R.Mel. «In questi anni il nostro gruppo multidiscipli-nare ha raggiunto risultati impor-tanti, in termini di personalizza-zione e umanizzazione delle cure,

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Bergamo Salute 65

le tossicità e degli eventuali eventi avversi e chiarire dubbi sulle moda-lità di assunzione dei farmaci.«Ricerca, attenzione al paziente, apertura internazionale, innova-zione e multidisciplinarità sono ciò che caratterizza il nostro approccio al melanoma» commenta Carlo Ni-cora, direttore generale dell’Ospe-dale Papa Giovanni XXIII. «È una strategia che in questi anni si è di-mostrata vincente sia per i risultati clinici ottenuti sia per la soddisfa-zione dei nostri pazienti. Dobbiamo quindi continuare su questa strada, per garantire la migliore qualità di

mettendo a disposizione i più inno-vativi farmaci disponibili in que-sto settore e introducendo la figura dell’infermiera di ricerca, che segue il paziente durante ogni fase degli studi clinici. Per continuare però avevamo bisogno di strutturare l’at-tività in corso: il Centro di ricerca, con una valenza a livello europeo e una rilevanza internazionale, ci permette di garantire al paziente sempre le migliori cure disponibili».Viene inoltre offerto un servizio di consulenza telefonica in tempo re-ale, rivolto a pazienti e medici, per garantire una gestione ottimale del-

vita possibile a chi sta combattendo la malattia e la garanzia di poter contare su un punto di riferimento affidabile a chi la malattia l’ha già sconfitta. In totale sono un migliaio i pazienti con melanoma che in un anno usufruiscono delle nostre pre-stazioni».

Tutti possono sostenere le attività del Ce.R.Mel., facendo una dona-zione all’Associazione Oncologica Bergamasca (AOB), che si è impe-gnata a supportare la fase di start up del progetto, facendosi tramite della raccolta di fondi ed elargizioni liberali da parte di privati, persone giuridiche, enti e istituzioni che vo-gliono sostenere la ricerca e la cura del melanoma. «Il Ce.R.Mel. è un catalizzatore del prestigio di cui l’O-spedale Papa Giovanni XXIII gode in campo internazionale sul me-lanoma e dell’eccellenza delle cure erogate» sottolinea Nunzio Pezzot-ta, presidente di AOB. «La nostra associazione è quindi orgogliosa di dare il proprio sostegno e contri-buto alla realizzazione e sviluppo di questo Centro che porterà sicuri e importanti  miglioramenti nella cura del melanoma e nella qualità assistenziale con notevoli benefici e vantaggi per i malati».

DIAGNOSI PRECOCI CON “CLICCA IL NEO”Un sistema di teledermatologia per la diagnosi precoce del melanoma. Si chiama “Clicca il neo” ed è stato attivato in via sperimentale dal Centro Studi GISED, diretto dal dottor Luigi Naldi. Uno strumento innovativo, utile per tenere sotto controllo la salute della pelle, attraverso il quale è possibile inviare ai dermatologi del Gised immagini di nei sospetti e avere una prima valutazione delle loro caratteristiche (tramite il sito www.cliccailneo.it). Il servi-zio è utilizzabile da chiunque si accorga di avere un neo "strano", un neo che cambia forma, dimensione e colore nel tempo, un neo mai visto prima e voglia avere una prima valutazione, che non ha valore diagnostico ma può suggerire o meno la possibili-tà di ricorrere a una visita dermatologica. Il tutto in modo molto semplice: basta fare una foto del neo utilizzando una macchina fotografica digitale o il proprio cellulare (le immagini devono avere una risoluzione maggiore di 1Mpx e devono essere scattate a una distanza compresa tra i 7 e i 15 cm. circa) e inviarla attra-verso l'apposito modulo, rispondendo anche ad alcune doman-de utili per la valutazione della lesione. Appena possibile si riceve una risposta dai medici del sito.

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La Commissione europea a fine maggio ha inviato una lettera al nostro Governo

chiedendo la fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari così come previsto dalla Legge n° 138 del 1974. Questo perché Bruxelles vede nella norma una restrizione alla “libera circolazione delle mer-ci sul suolo comunitario”. In so-stanza viene richiesto all’Italia di consentire la produzione di quelli che Coldiretti chiama i cosiddetti “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere e contemporaneamente viene richiesto di aprire il nostro mercato ai “formaggi senza latte” provenienti dall’estero.

L’Italia, dal canto suo, punta a di-fendere i propri formaggi attraver-so la qualità delle materie prime anche se la politica della qualità prevede disposizioni ad hoc per la protezione delle denominazio-ni di origine protetta (Dop) e del-le indicazioni geografiche (Igp). La nostra provincia, con i suoi 9 formaggi DOP - Denominazione di Origine Protetta, primeggia in Italia grazie a prodotti come il For-mai de Mut, il Taleggio, il Bitto, il Grana Padano, il Gorgonzola, il Quartirolo Lombardo, il Provolone Valpadana, il Salva Cremasco e lo Strachitunt. Qualora intervenisse una nuova regolamentazione co-munitaria sostanzialmente anche

a cura di ASL BERGAMO

ASL INFORMA FORMAGGIO senza latte?L’Europa chiede di accettarlo tra i banchi dei nostri supermercati.Certo è meno pregiato, ma non rischioso per la salute

chetattura dei prodotti alimentari. Leggere l’etichetta di ogni prodotto acquistato, entrando nel dettaglio delle informazioni presenti, obbli-gatorie o facoltative, è fondamen-tale quale elemento a garanzia del consumatore.

nel nostro Paese potrebbero esse-re commercializzati e venduti for-maggi e prodotti lattiero caseari prodotti anche con il latte in pol-vere. È bene però tranquillizzare su un aspetto, ovvero la loro sicurezza in termini di salute.«Da tutto questo non deriva alcun rischio sanitario o per la salute dei cittadini in quanto il latte in polve-re non rappresenta un pericolo per la salute dei cittadini» sottolinea Paolo Antoniolli, direttore del Di-partimento di Prevenzione Veteri-nario dell’ASL Bergamo. «Si tratta di latte che è stato sottoposto ad un procedimento di evaporazione ed essiccamento e che quindi ha perso, ovviamente, la caratteristica di fre-sco. Per fare un esempio, il latte di molti biberon con i quali si allatta-no i neonati è ottenuto miscelando polvere di latte, opportunamente lavorata e acqua; lo stesso prodot-to è molto utilizzato nell’industria dolciaria. Quindi non esiste un ri-schio sanitario».

Il consumatore quindi, specie in tempi di crisi economica, può pri-vilegiare un prodotto qualitativa-mente inferiore, ma sanitariamen-te ineccepibile, a fronte di un costo minore rispetto a un prodotto più pregiato ottenuto esclusivamente con l’utilizzo di latte fresco. L’im-portante è che la sua sia una scelta consapevole. A questo proposito è bene ricordare che dallo scorso di-cembre è entrato in vigore il “nuo-vo” regolamento europeo sull’eti-

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STRUTTUREASL INFORMA

PIÙ INFORMAZIONI SULLE ETICHETTE PER SCELTE PIÙ CONSAPEVOLIIl nuovo Regolamento dell’Unione Europea FIAC, entrato in vigore nel 2011, ma obbligatorio dallo scorso 13 dicembre, rappresenta un vero spartiacque all’interno di un percorso di educazione alimentare che coinvolge sempre più il consumatore, conferendogli un ruolo di consapevolezza all’interno della filiera alimentare. Le informazioni obbligatorie sull’etichettatura saranno più chiare e trasparenti. Gli elenchi degli ingredienti contenuti nei preparati saranno completi. Le sostanze a rischio di allergie o intolleranze evidenziate. La dichiarazione nutrizionale dettagliata, che diverrà obbligatoria dal 2016, completerà poi il quadro.

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*Data *Firma INFORMATIVA ai sensi del D.lgs. n. 196/03. I suoi dati sono protetti e verranno trattati unicamente da Pro.ge.ca. srl per inviare la rivista ed eventualmente altri articoli allegati alla stessa oltre che per eventuali informazioni di servizio. Autorizzo il trattamento dei dati per le finalità e con le modalità indicate nell’impegno di riservatezza e dichiaro di essere maggiorenne.

Autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi del D. LGS. 196/2003 *Firma

*Dati obbligatori

Grazie alle sue informazioni sarà possibile valutare il cibo anche in termini di apporti nutrizionali conferiti al nostro organismo. Tuttavia, pur non essendo ancora obbligatoria, è già possibile imbattersi in tale informativa su alcuni prodotti preconfezionati. È bene allora sapere che dovrebbe comprendere per norma i seguenti elementi: il valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Inoltre, la dichiarazione nutrizionale obbligatoria potrà essere completata dall'indicazione delle quantità di uno o più dei seguenti elementi: acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre alimentari, vitamine e sali minerali. Le vitamine e i sali minerali potranno però essere indicati se presenti in quantità significative.

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INFO

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Al bambino spuntano i denti e sono storti: può succede-re, soprattutto con i primi

dentini, sia da latte sia permanenti. Nella maggior parte dei casi si rad-drizzano da soli col passare del tem-po, ma cosa fare se non succedesse? Quando è opportuno andare dal dentista? E quando diventa neces-sario l’apparecchio? Lo chiediamo al dottor Maurizio Maggioni, odon-toiatra, direttore sanitario della Cli-nica Dentale Pianeta Sorriso, strut-tura specializzata in tutti i settori dell'odontoiatria e protesi dentaria e nell’approccio multidisciplinare anche e soprattutto per la cura delle situazioni complesse, grazie all’alta professionalità dei suoi specialisti e a strumenti sempre all’avanguardia.

DOTTOR MAGGIONI, È NORMALE CHE UN DENTE DA LATTE CRESCA STORTO? Sì, è abbastanza frequente, soprat-tutto se si tratta di incisivi centrali e laterali, sia inferiori sia superiori.

REALTÀ SALUTE

Questo perché, avendo molto spa-zio a disposizione, possono prende-re direzioni sbagliate. Nella maggior parte dei casi i dentini si rimettono lentamente al posto giusto, grazie all’azione degli altri denti che erom-pono e alla spinta dei muscoli di lab-bra e lingua.

QUANDO BISOGNA FAR VEDERE UN DENTINO DA LATTE STORTO AL DENTISTA?Se una volta completata l’eruzione dei denti da latte alcuni continuano a restare storti, è opportuno chiedere il parere di un odontoiatra pediatrico. Dai tre anni in avanti portare il bam-bino in visita dal proprio dentista quando si va a fare l’igiene di prassi di noi adulti, è una buona cosa. Dai cinque anni in poi è corretto esegui-re una radiografia panoramica per controllare che vi siano tutti i denti permanenti o i loro germi.

E SE I DENTI PERMANENTI CRESCONO STORTI?Allora è necessario identificare le cause, valutare anche le forme e di-mensioni delle basi mascellari ossee e controllare l’asse, la via di crescita dei denti. A questo punto si proce-derà alla scelta terapeutica: agire con apparecchi mobili “di intercettiva” (cioè in grado di condizionare lo sviluppo delle ossa per migliorare le

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dimensioni e la conformazione del-la bocca) o attendere la crescita dei denti e poi mettere apparecchi fissi, il classico “trenino”. La diagnosi dovrà però essere fatta in modo preciso ed attento. Il resto è solo biomeccanica.

QUAL È L'ETÀ GIUSTA PER METTERE L'APPARECCHIO AI DENTI?In linea di massima il momento giu-sto per correggere l’assetto dei denti è fra gli otto e gli undici anni. Que-sto perché tra i sei e i sette anni c’è la prima fase di permuta dei denti, a cui segue un periodo di stabilità fino ai dieci anni, quando avviene la per-muta di tutti gli altri denti. Bisogna specificare però che ogni situazione deve essere valutata individualmen-te, perché ogni bocca è diversa dal-le altre. Molto dipende anche dalla familiarità delle diverse disfunzioni masticatorie che magari i genitori o i nonni dimostrano d’avere, la cosid-detta ereditarietà. Una corretta dia-gnosi è uno dei fattori più rilevanti per l’ottimizzazione del trattamento ortodontico. Bisogna ricordare che l’ortodonzia non è una spesa inutile, per avere un “bel sorriso”: le terapie ortodontiche sono fondamentali per raggiungere un perfetto alline-amento funzionale dei denti, con miglioramento della masticazione e prevenzione di dolori mandibolari, carie, cefalee, cervicalgie e disfun-zioni posturali, oltre a una stabilità psicologica.

Denti storti nei bambini: QUANDO SERVE L’APPARECCHIO?

a cura di FRANCESCA DOGI

STUDIO MAGGIONI

LA PREVENZIONEMolte delle anomalie di sviluppo ed eruzione dentale possono essere prevenute modificando alcune abitudini viziate dei bambini che sicuramente influiscono sulla crescita dei denti. Ecco cosa non fare: •non usare il ciuccio oltre i 3 anni•non succhiare il dito oltre i 2 anni•non usare il biberon oltre i 5 anni•non mordere penne e matite, mangiarsi le unghie (per i bambini più grandi)•non digrignare i denti

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CONSIGLIATO A CHI NECESSITA DI CURE PER:• Mal di schiena• Mal di collo• Dolore alle spalle• Dolore alle anche• Dolore alle ginocchia• Dolore alle caviglie e piedi• Dolore da alterazioni posturali,

da posizioni costrette o da attività ripetitive• Artrosi e Osteoporosi• Fibromialgia• Debolezza pelvica• Rallentamenti e alterazioni psicomotorie generati

da patologie del sistema nervoso centrale• Scoliosi e paramorfismi in età pediatrica

SI RIVOLGE A TUTTE LE PERSONE CHE VOGLIONO:•Riequilibrare la postura• Migliorare la prestazione atletica• Integrare uno stretching dinamico• Bilanciare un allenamento aerobico• Tonificare glutei e addome• Ritrovare equilibrio ed efficienza muscolare

L’apprendimento di queste discipline richiede un insegnamento qualificato, aggiornato e certificato.

dalla Riabilitazione... ...all’Allenamento

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REALTÀ SALUTEFORTIMED ITALIA

10 minuti per salvare una vitaa cura di FRANCESCA DOGI

Estate 2015, Brescia. Alessan-dro Pagani, cestista della As-sigeco basket, ha un infarto in

campo. Viene salvato da una spetta-trice medico. «La prontezza di chi ha capito da subito la gravità della si-tuazione, il massaggio cardiaco effet-tuato in modo corretto, la presenza “miracolosa” di un defibrillatore gli hanno di fatto salvato la vita» scri-ve la Assigeco Casalpusterlengo sul proprio sito. Vita e morte, due real-tà in alcune circostanze separate da soli 10 minuti, un tempo quasi insi-gnificante nella quotidianità, ma una discriminante a volte fondamentale. Proprio così. Non tutti infatti san-no che in caso di arresto cardiaco si hanno a disposizione un massimo di 10 minuti per intervenire sulla vittima prima che le sue possibilità di sopravvivenza si riducano a zero. Fondamentale quindi è la tempesti-vità. Oggi le statistiche mostrano che la maggior parte di coloro che vanno incontro ad arresto cardiaco si trova al di fuori di una struttura ospeda-liera, il più delle volte circondate da persone che, non sapendo cosa fare, si limitano a chiamare i soccorsi. Il risultato? Il 94% muore prima di raggiungere l'ospedale. Se a questo aggiungiamo che attualmente si sti-mano, solo in Italia, 60.000 persone all'anno colpite da arresto cardiaco improvviso si capisce la gravità della situazione. Episodi drammatici, tal-volta a carico di giovani atleti sotto costante controllo medico, come il calciatore Piermario Morosini e il pallavolista Vigor Bovolenta, hanno

portato anche il governo italiano a varare un decreto (il decreto Bal-duzzi del Settembre 2013) che oggi permette a tutti di poter utilizzare il DAE (Defibrillatore Automatico Esterno) frequentando un semplice corso di abilitazione che dura meno di una giornata.«Il massaggio car-diaco esterno e la ventilazione (fino a pochi anni fa uniche azioni prati-cabili dal personale non sanitario) non sono sufficienti per far ripartire il cuore in arresto cardiaco sul quale deve essere necessariamente utilizza-to il defibrillatore» spiega Francesca Conti, direttore generale di Fortimed Italia. «L'intervento tempestivo con un defibrillatore aumenta sensibil-mente le probabilità di sopravviven-za della vittima e, più in dettaglio, gli studi clinici hanno evidenziato che: una defibrillazione effettuata entro 1 minuto dall'arresto cardiaco può aumentare il tasso di sopravvivenza fino al 90%; una defibrillazione ef-fettuata entro 3 minuti dall'arresto cardiaco può aumentare il tasso di sopravvivenza fino al 75%». Il corso per diventare operatore BLSD (Basic Life Support and Defibrillation) della durata di 5 ore (1 ora teorica + 4 di pratica) permette di acquisire sem-plici informazioni per riconoscere l’arresto cardiaco, allertare corretta-mente i soccorsi, iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare e utilizzare correttamente il DAE quando disponibile. Oggi per impa-rare a salvare una vita bastano solo 5 ore di formazione. E non è necessa-rio essere un sanitario.

FORTIMED ITALIA S.R.L.www.fortimed.it

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24052 Azzano San Paolo Tel/fax 035 531229

Oggi anche chi non fa parte del mondo sanitario può utilizzare il defibrillatore

LE ORIGINI La storia della defibrillazio-ne affonda le proprie radici nei primi anni del XX secolo, quando alcuni scienziati si dedicarono allo studio degli effetti dell’elettricità sul cuore, spinti dalle aziende di energia elettrica che avevano subi-to la perdita di propri operai uccisi da scariche elettriche che causavano la fibrillazione ventricolare. Esperimenti svolti sui cani dimostrarono che la fibrillazione ventricolare pote-va essere bloccata erogando una corrente alternata che causava uno shock elettrico contrario. Negli anni successivi gli studi continuarono senza sosta, fino a quando, nel 1967, i due cardiologi irlandesi Frank Pantridge e John Geddes realizzarono il primo defibrillato-re portatile che utilizzava due batterie da 12 Volt. In seguito il veloce sviluppo delle tecnolo-gie elettroniche e dei compu-ter ha portato alla realizzazione dei moderni DAE (Defibrillatore Automatico Esterno) dotati di software capaci di individuare automaticamente la fibrillazio-ne ventricolare e “decidere” di erogare o meno la scarica elettrica a seconda dei casi.

www.fisioforma.itBergamo

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Page 77: Bergamo Salute - 2015 - 6 – novembre/dicembre

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a cura di FRANCESCA DOGI

REALTÀ SALUTE

ICO SAS

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La ASL di Bergamo stima che nella nostra provincia siano oltre 50 l'anno le morti per

tumore polmonare causate da gas Radon, la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo di tabacco, ma la percezione di questo rischio da parte dei cittadini è ancora molto ridotta. «Il Radon è un gas radio-attivo incolore e inodore, che pro-viene dal decadimento dell'uranio, è presente quasi ovunque nel suolo. Quando fuoriesce può penetrare negli ambienti chiusi e raggiungere concentrazioni pericolose, perché aumenta la probabilità di contrarre un tumore polmonare. Ricambiare l’aria ne abbassa momentaneamen-te la concentrazione, ma in seguito torna ad accumularsi» spiega San-dro Fornai, ingegnere bergamasco di ICO sas, esperto di misurazione e bonifica da gas Radon. «Anche da noi, come avviene in altri Paesi, la concentrazione di Radon dovrebbe essere misurata in tutti gli edifici, so-prattutto dove il pericolo è maggiore, nei piani terra e interrati. Purtroppo in Italia questo rischio è sottovalu-

tato, ma credo che qualcosa cominci a muoversi». E lo dimostra il Semi-nario per professionisti del settore delle costruzioni “Rischio radon: conoscerlo, misurarlo, debellarlo” organizzato dell’Ordine degli Archi-tetti di Bergamo il 27 ottobre pres-so la casa del Giovane, a cui hanno partecipato circa 80 professionisti in sala e altrettanti collegati via web.«Ho risposto con entusiasmo a que-sta iniziativa dell’Ordine e sono in-tervenuto insieme ad altri esperti del settore per illustrare come il Radon entra negli edifici, come misurarlo e allontanarlo, mentre il dottor Pie-tro Imbrogno della ASL ha spiegato quali sono i danni alla salute».Vari gli aspetti affrontati nel semi-nario, dall’approccio dei Comuni (regolamenti edilizi) alle procedure che il professionista è tenuto a ri-spettare nella progettazione e alle responsabilità a cui è soggetto all’at-to della dichiarazione di agibilità o abitabilità di un edificio. In una nuova costruzione adottare criteri che riducano l’ingresso del Radon è semplice e ha un costo contenuto,

spesso irrilevante rispetto al costo totale. Per i fabbricati esistenti inve-ce dipende da numerosi fattori e va valutato caso per caso.«Una prima misura della concen-trazione di Radon negli ambienti può essere fatta in modo affidabile e poco costoso con dispositivi di picco-le dimensioni (dosimetri) che vanno posizionati nei locali da monitorare per un periodo di alcuni mesi e poi analizzati da un laboratorio certifi-cato» suggerisce l’ingegnere «la sta-gione fredda è il momento più adat-to per le misure, perché il ricambio d’aria negli edifici è ridotto».

I SERVIZI • Misure della

concentrazione di Radon • Consulenza a datori

di lavoro, costruttori edili e progettisti, pubbliche

amministrazioni • Progettazione e realizzazione

opere di bonifica degli ambienti, domestici o di

lavoro, con concentrazioni oltre i limiti stabiliti.

CON ERISIMO L’ERBA DEI CANTORI

Katia Ricciarelliha scelto

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CLAS

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da 9 a 27 Kwh/(mq/anno)valore di progetto

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Controllare mail di lavoro, guardare un film, aggiornare i social preferiti: cos’hanno

in comune queste azioni della nostra routine quotidiana? Smartphone, ta-blet e computer occupano gran par-te del nostro tempo lavorativo e di svago in uno stile di vita, e di “vista”, sempre più digitale. Un recente stu-dio condotto da Ipsos ha confermato questo trend e in più ha rivelato che due persone su tre usano quotidiana-mente uno smartphone e che il 64% delle persone ogni giorno trascorre più di 4 ore davanti a un computer (Studio Consumer quantitativo con un campione di 4000 persone in Francia, Brasile, Cina e Stati Uniti – 2014 Ipsos per Essilor). «In questo stile di vita “multi schermo”, gli occhi ricevono sollecitazioni più intense e ripetute: sono costretti a frequenti movimenti tra un dispositivo e l’altro e a continue messe a fuoco su carat-teri di dimensione diversa» spiega

Combattere lo stressA PARTIRE DAGLI OCCHI

a cura di FRANCESCA DOGI

OTTICA SKANDIA

Roberto Viscardi, ottico optometri-sta di Ottica Skandia. «La visione si sposta rapidamente e continuamente a diverse distanze. Pensate che gli oc-chi si riposino quando siete rilassati davanti a uno schermo? Niente af-fatto, non smettono mai di lavorare: i muscoli oculari sono a riposo solo quando osservano oggetti distanti più di 6 metri. Sapevate che, solo in una giornata, impiegano la quantità di energia necessaria per percorrere 50 chilometri?». Proprio pensando a questo nuovo stile di vita, in cui molti si saranno riconosciuti, Ottica Skandia offre soluzioni visive ad hoc: Essilor Eyezen, lenti oftalmiche di ultima generazione, innovative per-ché rispondono alle esigenze di vita e di “vista” digitali e multi schermo contrastando l’affaticamento visivo e non solo. «Al cuore delle lenti Eyezen c’è la nuova tecnologia Eyezen Focus» aggiunge Giovanni Viscardi, ottico optometrista. «Si tratta di un extra-potere correttivo a supporto della vi-sione in ultra-vicino. In termini pra-tici possiamo definire Eyezen Focus come un “aiuto” localizzato nella par-te inferiore della lente che favorisce la messa a fuoco delle immagini rav-vicinate, in maniera semplice e con-

fortevole». Il risultato? Occhi meno stanchi e più rilassati a fine giornata, anche dopo un uso prolungato dei dispositivi digitali, migliore leggibili-tà dei caratteri piccoli e, non ultimo, una postura più naturale nell’uso de-gli smartphone. Ma non è tutto! Se ci fosse la possibilità di personalizzare le proprie lenti in base alla distanza di lettura dallo schermo, che ognuno assume in modo soggettivo? «Con lenti Varilux Eyezen è possibile. Si tratta di lenti “rilassanti”, utili per ritrovare una postura più naturale davanti al pc, un miglior comfort di utilizzo e sollievo per gli occhi, anche quando si guarda la televisione».

REALTÀ SALUTE

PROTEGGI IL FUTURO DEI TUOI OCCHI DA ORAUn fattore da non trascurare è l’impatto della luce blu-viola presente nella luce emessa dai dispositivi elettronici e dall’illuminazione a LED. Può essere fastidiosa e portare affaticamento visivo, ma i suoi effetti nocivi si possono manifestare nel tempo. Per proteggersi è possibile potenziare tutte le lenti Essilor, e le nuove Eyezen, con Crizal Prevencia, la tecnologia antiriflesso “intelligente” che filtra in modo selettivo la luce blu-viola e protegge dai raggi UVA e UVB con E-SPF 25 (protezione 25 volte maggiore rispetto a chi non indossa lenti). Inoltre, lascia passare la luce visibile essenziale per la vista e la luce blu-turchese indispensabile per favorire il ciclo sonno-veglia e le capacità cognitive.

Oggi stare al passo con le nuove tecnologie vuol dire anche prendersi cura del proprio patrimonio visivo. In tutto relax

OTTICA SKANDIA [email protected] www.otticaskandia.itVia Borgo Palazzo, 104

Bergamo Tel. 035 238230

LA PROMOZIONE

Fino al 31 gennaio 2016, Ottica Skandia propone l’iniziativa

“Raddoppi le tue lenti”, volta a sensibilizzare sull’importanza di indossare, in ogni momento,

le lenti da vista più adatte all’attività che si sta per

svolgere, per proteggere al meglio il benessere

visivo.

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Sarà un inverno tutto Curvy! da Emporio Grandi Firme la nuova collezione fall/winter 2015 dedicata alle taglie dalla 48 alla 66

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Ha l’aspetto di un semplice foglio di lattice in gomma. Eppure è uno strumento di

fondamentale importanza, in mol-tissimi trattamenti odontoiatrici, per garantire al paziente il massimo risultato e la massima sicurezza pos-sibile. È la diga di gomma, tecnica introdotta in odontoiatria il 15 mar-zo 1864 dal dottor Sanford Christie Barnum, medico di New York. Da allora sono passati 150 anni. Le tec-nologie hanno fatto passi da gigan-te rendendo le cure odontoiatriche sempre più efficaci, ciononostante quel “semplice” foglio di gomma (ovviamente cambiato nei materiali sempre più resistenti) è rimasto un elemento a volte decisivo (anche se non sempre e non da tutti usato) nel buon esito di un trattamento odon-toiatrico. Ma perché è così impor-tante? E come funziona? Lo abbia-mo chiesto al dottor Andrea Vecchi, medico odontoiatra dello Studio Medico Odontoiatrico Vincenti e Vecchi, centro in cui l’elevata profes-sionalità dello staff medico e gli alti standard qualitativi delle apparec-chiature e delle tecnologie impiegate si uniscono a una grande attenzione alla sicurezza del paziente.

DOTTOR VECCHI, CHE VANTAGGI OFFRE AL PAZIENTE USARE LA DIGA DI GOMMA?Pulizia, sicurezza e sterilità. Crea il necessario isolamento del campo operatorio. Previene l’accidenta-le ingestione o inalazione di corpi estranei o sostanze chimiche (fram-menti dentali, liquidi di lavaggio canalare, sostanze irritanti etc.) da parte del paziente. Impedisce la contaminazione batterica e con saliva e sangue. Infine, favorisce la visibilità del campo da parte del dentista e la tranquillità del pazien-te. In endodonzia e in conservativa come in altre branche dell’odonto-iatria, lavorare in campo asciutto e isolato rappresenta non solo una fa-cilitazione, ma anche una garanzia di successo a lungo termine.

MA COME SI APPLICA? ED È DOLOROSA?Assolutamente no, non presenta né rischi né dolore. La procedura pre-vede l’utilizzo di un foglio di gomma sul quale vengono praticati dei fori in corrispondenza dei denti che si vogliono isolare. I denti vengono

STUDIO MEDICO ODONTOIATRICO VINCENTI E VECCHI

Diga di gomma in odontoiatriaPERCHÈ È INDISPENSABILE(O QUASI)a cura di FRANCESCA DOGI

I DETTAGLI CHE FANNO LA DIFFERENZA• Utilizzare fogli di lattice di adeguato spessore a seconda dell’intervento e della garanzia di tenuta richiesta. Più sottile è più maneggevole, più spessa è più efficace.• Eseguire i fori sotto guida di un template oppure di un apposito timbro per un adeguato centraggio. Un accorgimento consigliabile anche ai dentisti più esperti.• Eseguire i fori in modo che siano adeguatamente distanziati gli uni dagli altri tenendo conto dell’elasticità del materiale e dell’effettiva distanza interassiale dei denti, piuttosto che del sottile spazio interdentale apparente.

STUDIO MEDICO ODONTOIATRICO VINCENTI E VECCHI

Via Don Luigi Palazzolo 1324122 Bergamo

[email protected]

Tel. 035/238754Fax 035/238754

fatti passare attraverso i fori e la diga viene fissata ai denti con appositi uncini metallici elastici e anatomici. Infine, un arco metallico o di plasti-ca tende il foglio.

IN QUALI CASI SI RIVELA UTILE?È fondamentale nella fase di messa in opera di un restauro o di un’ot-turazione, indipendentemente dalla tecnica e dal materiale utilizzato. Resine e materiali adesivi sono re-attivi e contaminabili dai fluidi orali, perchè avvenga la corretta adesione sul dente è indispensabile che il cam-po sia asciutto.  Inoltre rappresenta uno strumento indispensabile nella rimozione di vecchie otturazioni.

REALTÀ SALUTE

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Direttore EditorialeElena Buonanno

Direttore ResponsabileDaniele Gerardi

RedazioneRosa [email protected]

Grafica e impaginazioneCatherine Coppens | Mood Creative Studio [email protected]

Fotografie e illustrazioniShutterstock, Dollar Photo Club, Adriano Merigo, Sandro Barcella

StampaElcograf S.p.AVia Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR)

Casa EditricePro.Ge.Ca. srlViale Europa, 36 - 24048 Curnasco di Treviolo (BG)Tel. 035.201488 - Fax [email protected] - www.bgsalute.it

Hanno collaboratoLucio Buonanno, Maria Castellano, Viola Compostella, Giulia Sammarco

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010Iscr. ROC N°21019© 2014. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara dispo-nibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non di-chiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Bergamo Salute anno 5 - n°6 - nov. - dic. 2015 Comitato Scientifico

• Dott. Diego Bonfanti - Oculista• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti

Medico Veterinario• Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo• Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione

Medicina Legale e delle Assicurazioni• Dott. Andrea Cazzaniga - Idrologo Medico e Termale• Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo• Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra• Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale• Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo• Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa• Dott. Antoine Kheir - Cardiologo• Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa • Dott. Roberto Orlandi - Ortopedico

Medico dello sport• Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista• Dott. Antonello Quadri - Oncologo• Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo• Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta• Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra• Dott. Giovanni Taveggia - Medicina Fisica

e Riabilitazione• Dott. Massimo Tura - Urologo• Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

• Dott. Maurizio Pagnoncelli Folcieri Presidente dell’Ordine

dei Farmacisti di Bergamo• Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo• Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista• Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra• Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo• Beatrice Mazzoleni - Presidente IPASVI

I canali di distribuzione di Bergamo Salute

• Abbonamento• Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.)• Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

Comitato Etico

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

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Particolare attenzione viene dedicata alle demenze senili,alla patologia di Alzheimer e alle malattie neurodegenerative.

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PER INFO E PRENOTAZIONI

Tel. 035 [email protected]

e fisioterapia

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