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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

a cura di:ATI 3 UMBRIA

Restyling: Luana Petrini, Paolo Baronti, Fabrizio Gentilisu progetto di:

Pierpaolo Metelli - Archivio STL - Archivio Gal Valle Umbra e Sibillini - Alessandro Valeri - Alessandro Casciola - Jennifer Mcllvaine

Impaginazione, editig e stampa: Tipografia Artigiana snc - Foligno

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

Presentazione

L’Umbria più ricca, gustosa, quella

dove è nata l’antica arte della norci-

neria e dalle cui terre si ricava il prezioso

tartufo nero apprezzato in tutto il mondo.

Ma anche l’Umbria più verde, attraversata

da ripidi torrenti o da sempre coltivata per

ricavare importanti vini ed il prezioso olio

extravergine di oliva. La stessa terra in cui

gli antichi romani prima ed i longobardi

poi, hanno innalzato, distrutto e ristabilito

e dove per secoli la vita laica e quella reli-

giosa hanno costruito ed abbellito lascian-

doci la possibilità di apprezzare ancora oggi

castelli, piazze, palazzi, chiese ed abbazie.

Tutto questo e non solo, troverete nella

parte dell’Umbria che, dalla Valnerina, si

sposta verso il centro arrivando a Spoleto e

Foligno. Buoni sapori ed autentica rurali-

tà, arte e natura, che storicamente caratte-

rizzano queste terre e che abbiamo tentato

di racchiudere in questo atlante.

Allora lasciatevi incantare dalla bellezza di

Spoleto e del suo festival, dalla imponente

natura del pian grande di Castelluccio di

Norcia con la sua pregiata lenticchia, dal

Pintoricchio maestro in Spello, dal medioe-

vo di Bevagna, o dai palazzi nobili di Fo-

ligno con la sua Quintana barocca. Ancora

concedetevi un buon assaggio di salumi dei

maestri norcini che potrete trovare lungo le

principali vie dell’ intero territorio, magari

accompagnato da un bicchiere di Sagran-

tino di Montefalco o Trebbiano Spoletino.

Questo è quello che agli umbri piace, perché

questa è la loro cultura.

Fabrizio CardarelliPresidente ati3 umbria

Guido GuardigliPresidente La strada deL sagrantino

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Il territoriodel folignate, dello spoletino e della Valnerina

FOLIGNATE

VALLE SPOLETANA

VALNERINA

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IndIce per prodottI:L’olio extra vergine di oliva DOP Umbria pag. 1L’olio extra vergine di oliva DOP Umbria sottozona Colli Assisi Spoleto pag. 3L’olio extra vergine di oliva DOP Umbria sottozona Colli Martani pag. 4I vini dell’Umbria pag. 5Il Sagrantino di Montefalco pag. 7La DOC Spoleto pag. 9Il Grechetto dei Colli Martani pag. 10La norcineria pag. 11Il prosciutto di Norcia IGP pag. 13Lo zafferano di Cascia pag. 14I formaggi pag. 17Il pecorino di Norcia pag. 18Il tartufo pag. 19La lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP pag. 21I legumi ed i cereali pag 22La roveja pag. 23La cicerchia pag. 23Il farro di Monteleone di Spoleto DOP pag. 24Il gambero di fiume pag. 25La trota pag. 25La patata rossa di Colfiorito IGP pag. 26Il sedano nero di Trevi pag. 27Il marrone di Spoleto pag. 28Il miele pag. 29Le acque minerali pag. 30Gli stringozzi pag. 31Il pane di Strettura pag. 31La torta al formaggio pag. 31I dolci delle tradizioni pag. 32

IndIce deI comunI e delle localItà

Spello pag. 3Giano dell’Umbria pag. 4Castel Ritaldi pag. 4Montefalco pag. 8Bevagna pag. 8Gualdo Cattaneo pag. 10Poggiodomo pag. 11Norcia pag. 12Preci pag. 12Cascia pag. 14Cerreto di Spoleto pag. 17Vallo di Nera pag. 17Valtopina pag. 19Sant’Anatolia di Narco pag. 20Scheggino pag. 20Castelluccio di Norcia pag. 22Monteleone di Spoleto pag. 24Campello sul Clitunno pag. 25L’oasi di Colfiorito pag. 26Trevi pag. 27Spoleto pag. 28Foligno pag. 29Nocera Umbra pag. 30Sellano pag. 30

I n d I c e

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori1

Tra il verde delle colline umbre, spicca l’uli-vo, una pianta che per diversi aspetti rap-presenta bene la nostra regione, terra capace di custodire amorevolmente tradizioni seco-lari. E il saporito olio extra vergine di oliva può rappresentare al meglio la gastronomia regionale, ricca di piatti poveri in cui l’olio di oliva, a “crudo” o base per la preparazio-ne, detiene il ruolo di attore primario.Seppur le prime testimonianze facciano ri-salire l’ introduzione della pianta dell’olivo agli antichi etruschi che lo coltivavano pre-valentemente per un uso cosmetico dei suoi frutti, è con i commerci di Roma che l’olio

L’olio extra vergine di oliva DOP Umbria

La produzione di olio extra vergine di oliva, che nella nostra Regione vede sancire la vocazione alla qualità con l’attribuzione da parte dell’Unione Europea della Denomina-zione di Origine Protetta a tutto il territorio re-gionale, è tutt’oggi portata avanti con l’obiet-tivo della ricerca della massima qualità. Raccolta (brucatura) a mano delle olive a partire dai primi di ottobre, quando il frutto non è ancora troppo maturo è il presupposto per l’ottenimento di un prodotto fresco e a basso contenuto di acidità.Ed ancora, estrazione per pressione a fred-do della pasta ottenuta dalle olive frante, per evitare il surriscaldamento e quindi sal-vaguardare tutte le componenti di grande rilevanza nutrizionale e biologica, tra cui acidi grassi monoinsaturi, antiossidanti e pre-cursori vitaminici.E’ grazie a questo “patrimonio” chimico che l’olio umbro si caratterizza come un alimento dalle preziose proprietà salutistiche: gli acidi grassi monoinsaturi, tra cui prevale l’oleico, e gli antiossidanti, svolgono una importante azione di controllo sul colesterolo totale e sul colesterolo LDL, riducendo così l’accumulo di entrambi.

prodotto in Umbria, soprattutto grazie al fiume Tevere, raggiungeva mercati lontani dove era apprezzato e consumato. E dalle millenarie pratiche agricole che erano attente anche allo scopo ornamentale che le piante potevano avere, arriviamo alle attuali argentee colline umbre, regolarmente alberate a testimoniare che l’olivo svolge ancora anche quella funzione. Quindi un legame forte, antico ma ancora attuale, rafforzato anche da quell’ immagine di pace che il ramo d’olivo simboleggia e che certamente non può prescindere dal messaggio che San Francesco, proprio da queste terre diffondeva.

Dalle colline al frantoio per un olio di qualità

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori2

Frantoi aperti primo fine settimana di novembrein diversi Comuni ed in numerosi

frantoi dell’Umbria www.frantoiaperti.it

Festivol

primo fine settimana di novembreTrevi

www.festivol.it

le vie dell’olio

Festa della Frasca

ultimo fine settimana di novembreGiano dell’Umbria

www.leviedellolio.info

l’oro di spello

Festa dell’olivo e sagra della bruschetta

Fine novembreSpello

consorzio tutela

olio d.o.p. umbria

c/o Villa FabbriVia delle Grotte, 2 – Trevi

tel. +39 0742 71.80.45www.oliodopumbria.it

strada dell’olio

d.o.p. umbria

Piazza Mazzini – Trevitel. + 39 0742 33.22.69

www.stradaoliodopumbria.it

Unica regione ad avere l’intero territorio atto a produrre olio extra vergine di oliva a denominazione di origine protetta, l’Umbria vanta cinque diverse menzioni geografiche ad identificare altrettante sottozone in cui l’olio può essere prodotto. Per ciascuna sottozona sono indi-cate le cultivar caratterizzanti e le percentuali minime in cui que-ste devono essere presenti. A questo proposito vale ricordare alcune tra le principali varietà, cultivar appunto, coltivate nella nostra regione: moraiolo, franto-io e leccino, diffuse in Umbria così come nelle altre regioni dell’Italia cen-trale.Ecco quindi le cinque menzioni che per leg-ge devono accompagnare l’olio extra ver-gine di oliva Dop Umbria, che ricordiamo può avere un grado di acidità massimo di 0,65% quando per legge l’olio extra vergi-ne di oliva in Italia è tale se ha una percen-tuale massima dell’1%.Sottozona Colli Assisi Spoleto – interessa 29 comuni dell’Umbria, tutti al centro est della regione tra cui ricordiamo Assisi, Spello, Fo-ligno, Trevi, Campello, Spoleto, Arrone.Da disciplinare, le varietà presenti nell’olio devono essere: moraiolo almeno al 60%, leccino e frantoio al massimo 30%, altre va-rietà massimo 10%.Sottozona Colli Martani – si estende al cen-tro dell’Umbria e comprende 15 comuni tra cui Massa Martana, Giano dell’Umbria, Montefalco. Le varietà presenti in questa sottozona per legge devono essere San Fe-lice, frantoio e leccino al massimo al 80%,

La Denominazione di Origine Protetta

moraiolo almeno al 20%, altre varietà mas-simo 10%.Sottozona Colli Amerini – a sud dell’Um-bria, in nove Comuni nella parte centrale della provincia di Terni tra cui Amelia e Nar-

ni. Questa sottozona prevede raio, leccino e frantoio al mas-simo all’85%, moraiolo almeno al 15%, altre varietà al massimo 10%.Sottozona Colli Orvietani – pren-de nome dalla città della rupe su cui si estende insieme ad altri sedici comuni tra cui Città del-la Pieve e Marsciano. Questa

zona prevede varietà leccino massimo al 60%, frantoio al massimo al 30%, moraiolo minimo 15%, altre varietà massimo 20%. Sottozona Colli del Trasimeno – si estende in 17 comuni nella zona nord ovest della regione tra cui il capoluogo Perugia, Città di Castello, Castiglion del Lago. Le varietà consentite sono dolce agogia minimo 15%, frantoio e leccino minimo 65%, altre varietà massimo 10%.

EVENTI

INFORMAZIONI

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L’olio extra vergine di oliva DOP Umbria la sottozona Colli Assisi SpoletoAll’ interno della denominazione di origine protetta regionale, troviamo la sottozona Colli Assisi Spoleto, la zona più importante in termini produttivi, grazie anche all’alta concentrazione di frantoi che stanno a testimoniare una vocazione storica. Come si può evincere dal nome la zona di produzione comprende tutta la fascia collinare che si estende ad est della valle umbra da Assisi a Spoleto, anche se differentemente da quello che si potrebbe desumere dal nome, non si esaurisce qui ma prosegue a sud fino a Terni, mentre da Assisi si dirama a nord-est fino all’eugubino. L’olio di questa sottozona, che ricordiamo secondo il disciplinare di produzione deve avere una composizione varietale ben precisa che prevede moraiolo (almeno 60%), frantoio e leccino (massimo 30%), altre varietà (massimo 10%), è certamente caratterizzato dal moraiolo, la cultivar di olivo rappresentativa dell’olio umbro.

SpelloArroccata sulle pendici di un colle alle falde del monte Subasio, Spello è in-corniciata dalla verdeggiante campa-gna umbra. Fu l’antica Hispellum roma-na, la colonia splendidissima Julia di cui rimangono alcune porte, le mura, i resti dell’anfiteatro, le torri di Proper-zio ed altri interessanti ruderi e reperti. Di epoca rinascimentale è la chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore, iniziata nel X secolo. Nella cappella Baglioni si possono ammirare tre gran-di capolavori del Pinturicchio: l’Annun-ciazione, la Natività e la Disputa nel tempio. Fuori mura Villa Fidelia, antica-mente santuario dei popoli umbri, poi residenza della nobildonna Donna Te-resa Pamphili Grillo.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Il SentIero deglI UlIvI

Per chi volesse scoprire con calma questa bellissima fascia collinare che va da Assisi a Spoleto, ricordiamo che è possibile percorrerla a piedi, attraverso il “Sentiero degli Ulivi”. Lungo 75 km e ovviamente frazionato in tappe (per l’esattezza cinque), questo sentiero CAI si snoda tra i 350 ed i 700 metri di altezza consentendo, mentre si attraversa quella che da molti viene definita la “costa d’argento” grazie al particolare colore grigio argento delle foglie di olivo, di godersi una delle più belle viste dell’Umbria. Si parte da Spoleto e si toccano alcuni dei borghi e dei castelli più suggestivi dell’Umbria tra cui Trevi, Spello, Poreta e l’Abbazia di Sassovivo nei pressi di Foligno.

Il MoraIolo

E’ la varietà di olivo più diffusa nell’Italia centrale e, in questa zona dell’Umbria, trova forse una delle sue migliori espressioni. Di non grosse dimensioni, la pianta di olivo moraiolo si caratterizza per avere i rami principali ed i rami fruttiferi diretti che si innalzano in modo caratteristico. L’oliva è di dimensioni medie, tondeggiante, e polposa e molto ricca di olio. La sua produttività è notevole e anche costante. La pianta di moraiolo, in questa fascia collinare esposta a tramontana, trova un suo ideale habitat trattandosi di una pianta resistente al freddo e predisposta per le zone collinari alte ed i terreni scoscesi.

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La sottozona Colli MartaniQuesta sottozona oleicola si trova esattamente al centro dell’Umbria in una fascia collinare che è delimitata ad ovest da Todi, ad est da Castel Ritaldi, a nord da Ba-stia Umbra e a sud da Massa Martana. La varietà di olivo caratterizzante questa zona è la San Felice che, ricordiamo da disciplinare, deve essere presente almeno al 60%, insieme alle varietà frantoio e leccino, mentre al moraiolo spetta una percen-tuale minima del 20%. A questa varietà, specifica di questa zona, appartiene un olivo millenario situato nei pressi dell’Abbazia di San Felice nel Comune di Giano dell’Umbria.

Giano dell’UmbriaSorta nell’XI secolo nella zona detta Normandia, per lo stazionamento di Normanni che attaccavano Spoleto, il borgo di Giano offre diverse opportu-nità per trascorrere qualche ora. Dalle verdi passeggiate sui Monti Martani, a cui si accede poco dopo le mura citta-dine, all’imponente severità dell’Abba-zia di San Felice, capolavoro dell’arte romanica situato a pochi chilometri dal borgo in direzione Bastardo. Dal croci-fisso ligneo del XVI secolo, conservato nella cittadina chiesa di San Michele Arcangelo, al circuito dei castelli, testi-monianze delle costruzioni fortificate del X secolo.

Castel RitaldiPoco distante da Spoleto, Castel Ritaldi è un piccolo borgo nato dall’unione di tre distinti castelli. Al di fuori del borgo, da ammirare le robuste torri angolari-cilindriche del trecentesco castello di San Giovanni, il meglio conservato del-la piana spoletina. Sempre poco fuori dal borgo troviamo le tracce sacre del-la cultura del vino (questa è zona di Sagrantino) sulla facciata della Pieve di San Gregorio del 1141. Importan-te inoltre ricordare che Castel Ritaldi, nella Chiesa di San Quirico, conserva una delle prime tracce di legge ecolo-gica, la lex lucaria che vietava il taglio degli alberi in un bosco “sacro” dedi-cato a Giove.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Il San FelIce

La varietà San Felice è una delle specie autoctone dell’Umbria, insieme alla Dolce Ago-gia (insediatasi nella zona Trasimeno) e la Nostrale di Rigali, perlopiù coltivata nella zona di Gualdo Tadino. All’interno della sottozona Colli Martani, la San Felice è coltivata nei Comuni di Castel Ritaldi, Montefalco e Giano dell’Umbria dove, a testimonianza del forte legame con il territorio, nei pressi di un’abbazia dedicata appunto a San Felice e da cui la varietà prende il nome, è tutt’oggi visibile un olivo millenario di questa varietà. I toni meno accentuati di piccante dell’olio prodotto con la varietà San Felice, rispetto ad altre varietà umbre come il Moraiolo, lo rendono adatto per abbinamenti con zuppe, carni bianche e condimenti a crudo.

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Le condizioni oggettivamente favorevoli per la coltivazione della vite in Umbria hanno fatto si che sin dai tempi antichis-simi, le popolazioni che abitavano que-ste terre si dedicassero alla produzione di vino. Storicamente la zona di Orvieto, ancora oggi una delle più interessanti realtà produttive della nostra regione, ha rappresentato una delle principali fonti di approvvigionamento per l’antica Roma.E se fino a qualche anno fa la viticol-tura nella nostra regione conservava un aspetto decisamente tradizionale con una prevalenza della cultura promiscua, oggi gli impianti sono decisamente più razionali, in monocultura.Recentemente poi, grazie alla rivaluta-zione dei vitigni autoctoni, le tecniche si sono andate sempre più perfezionan-do puntando nella maggior parte della regione nella valorizzazione dei vitigni tradizionali. Tra cui, nella zona di no-stro interesse, evidenziamo il sagrantino, il grechetto ed il trebbiano spoletino.

I vini dell’Umbria

le prIncIpalI varIetà bacca bIanca

Grechetto, vitigno autoctono che seppur nel nome ricorda le uve provenienti dalla varie-tà Greco, è diffuso in tutta la regione ed è spesso prodotto in purezza. Verdello, varietà piuttosto produttiva e presente nell’orvietano. Drupeggio, anch’esso presente soprattutto nella zona dell’orvietano. Procanico, da alcuni considerato un clone del Trebbiano. Trebbia-no, che anche in Umbria riveste un ruolo da protagonista e in taluni casi si è ambientato dando vita al Trebbiano perugino ed al Treb-biano spoletino.Malvasia, presente in quasi tutta la regione, nella zona dell’amerino è vinificata in purez-za.

le prIncIpalI varIetà bacca roSSa

Sagrantino, vitigno autoctono coltivato a Mon-tefalco dove si produce uno dei vini rossi italia-ni del momento.Sangiovese, il re dei vitigni italiani, anche in Umbria è alla base di quasi tutte le denomina-zioni e talvolta è prodotto in purezza.Ciliegiolo, in genere destinato a produrre vini giovani e profumati.

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le Zone

In Umbria sono presenti due denominazioni di origine controllata e garantita (docg), quella del Torgiano Rosso Riserva e quella del Sagrantino di Montefalco, e dodici doc (Assisi, Colli Alto Tiberini, Colli Amerini, Colli del Trasimeno, Colli Martani, Colli Perugini, Lago di Corbara, Mon-tefalco, Orvieto, Orvieto Classico, Rosso Orvietano e Torgiano).

cantine aperte

fine maggioin numerose cantine dell’Umbria www.movimentoturismovino.it

vini nel mondo

fine maggio – inizio giugnoSpoleTo

www.vininelmondo.org

settimana enologica

sagrantino Wine Festival

seconda metà di settembremonTefalco

www.montefalcodoc.com

rassegna del grechetto

seconda metà di luglioSpello

strade del vino

e dell’olio dell’umbria

coordinamento regionale

C.so Vittorio Emanuele II, 25 – Torgianotel. +39 075 621.16.82

www.stradevinoeolio.umbria.it

consorzio tutela

vini monteFalco

Piazza del Comune, 16 – Montefalcotel. + 39 0742 37.95.90

www.consorziomontefalco.it

strada del sagrantino

Piazza del Comune, 17 – Montefalcotel. + 39 0742 37.84.90

www.stradadelsagrantino.it

LagoTrasimeno

F. Tevere

F.Tevere

F. Topino

F.To

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F.Chiascio

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vere F.

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Lago diAlviano

I. MinoreI. Maggiore

I. Polvese

Lago diCorbara

F.Te

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RACCORDO

A1-PERUGIA

FIRENZE

AR-FI

A1

ROMA A1

VITERBO

ASCOLIPICENO

ANCONAFANO

FANO

RAVENNA

Sellano

Preci

Montegabbione

Allerona

Parrano

Avigliano U.Guardea

Alviano

Amelia

Polino

Giove

Montecchio

LugnanoTeverinain

Arrone

CampelloClitunnosul

Tuoro sul T.Passignano sul T.

Castiglionedel Lago

CittàPievedella

Paciano

Panicale

Corciano

PERUGIA

LiscianoNiccone

Umbertide

Montone

Gubbio

Monte S.M.Tiberina

Citerna

S.Giustino

Città diCastello Pietralunga

Scheggia e Pascelupo

Costacciaro

Fossatodi Vico

GualdoTadino

Valfabbrica

Nocera Umbra

ValtopinaAssisi

Bastia U.

Spello

Foligno

Cannara

GualdoCattaneo

Bettona

Torgiano

DerutaPiegaro

Bevagna

MontefalcoTrevi

Castel RitaldiGianoUmbriadell’

Marsciano

FrattaTodina

S. Venanzo

M.te Castellodi Vibio

Collazzone

CerretoSpoletodi

Vallo di Nera

Cascia

MonteleoneSpoletodi

Poggiodomo

S. AnatoliaNarcodi

Scheggino

Ferentillo

Spoleto

MassaMartana

Acquasparta

Montecastrilli

Montefranco

TERNI

Narni

Stroncone

Calvi Umbriadell’

Otricoli

PennaTeverinain

San Gemini

BaschiPorano

Castel Giorgio

Orvieto

CastelViscardo

Monteleoned’Orvieto

Fabro

Ficulle

Attigliano

Cascata delleMarmore

Lago diPiediluco

Magione

Todi

Norcia

Le zone DOC

e DOCG dell’Umbria

DOC

DOC + DOCG

COLLI ALTOTIBERINI

COLLI AMERINI

COLLI DEL TRASIIMENO

COLLI MARTANI

ASSISI

COLLI PERUGINI

MONTEFALCO

MONTEFALCO Sagrantino

ORVIETO

ORVIETO CLASSICO

TORGIANO

TORGIANO Riserva

ROSSO ORVIETANO

LAGO DI CORBARA

EVENTI

INFORMAZIONI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori7

Il Sagrantino è un vitigno autoctono di que-sta piccola parte dell’Umbria compresa tra Foligno, Todi e Spoleto ritenuto, grazie alle sue particolari caratteristiche, uno dei più interessanti nel panorama mondiale anche se ancora poco noto.Da questo vitigno, che può essere coltivato solo nei Comuni di Montefalco, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria e Castel Ritaldi, nasce il Sagrantino di Mon-tefalco docg, vino rosso di grande struttura che in piccola parte viene prodotto anche nella versione “passito”. Circa le origini, la più attendibile sembra

Il sagrantino di Montefalcoessere quella di un vitigno arrivato in questa zona grazie a dei frati francescani di ritorno dall’Asia Minore. Per secoli il Sagrantino è stato coltivato dentro le mura dagli stessi frati che ne ottenevano un vino per la celebrazione dell’Eucarestia, da cui il nome Sagrantino, in origine Sacrantino. Antichi statuti comunali di Montefalco, nel cui territorio c’ è la maggior concentrazione di vigneti e produzione, stanno a testimoniare che la coltivazione della vite era diffusa e veniva regolamentata rigidamente. Oggi la produzione di vino viene ancora rigidamente “governata” dal disciplinare di pro-duzione adottato nel 1992 con Decreto Ministeriale che ha attribuito la denominazione di origine controllata e garantita e dal Consorzio Tutela che ne verifica l’applicazione.

Il SagrantIno e glI altrI vInI

Sullo stesso territorio convivono, sovrapponen-dosi due distinte denominazioni. Questi i vini prodotti:

Sagrantino di Montefalco DOCG Secco E’ un vino di grande struttura ottenuto esclusi-vamente da uva Sagrantino. Grazie al ricchis-simo corredo di polifenoli e di tannini, questo vino ha una longevità straordinaria. Necessita quindi di un lungo periodo di affinamento nel legno prima, nella bottiglia poi.Gastronomia: carni alla griglia, con salse bru-ne, cacciagione.Temperatura di servizio: 18° C.

Sagrantino di Montefalco DOCG PassitoDall’omonima uva si ottiene anche il tradizio-nale passito. I grappoli vengono scelti accu-ratamente e messi a passire su graticci per almeno 2 mesi. Quindi si vinifica fermentando il mosto con le bucce. Si ottiene cosi un vino passito molto particolare perché, pur essendo un vino dolce, rimane asciutto grazie al suo patrimonio tannico.Gastronomia: vino da meditazione, si accom-pagna a formaggi stagionati o dolci secchi.Temperatura di servizio: 12° C.

Montefalco Rosso DOCCome in molte zone vinicole del centro Italia, a Montefalco il Sangiovese vanta una note-vole tradizione e diffusione. Da qui la nascita del Montefalco Rosso, dove il Sangiovese si sposa con il Sagrantino che apporta tipicità e struttura a questo vino da tutto pasto. Gastronomia: primi piatti, carni arrosto e alla griglia, pollame nobile.Temperatura di servizio: 16° C.

Montefalco Bianco DOCVino bianco a base di Grechetto, l’altra uva tipica di questa zona, e Trebbiano. Agli aromi ed ai sapori conferiti dal Grechetto, si accom-pagna la nota di freschezza tipica del treb-biano. Gastronomia: antipasti magri, minestre in bro-do e asciutte, pesce e carni bianche.Temperatura di servizio: 10° C.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori8

MontefalcoCon la sua piazza su cui si affaccia il Palazzo Comunale con il suo ordinato portico, la suggestiva sala del consi-glio e la torre, da cui si riesce a godere di una vista completa su tutta la valle umbra fino a Perugia, da cui il nome “ringhiera dell’Umbria”. Ma soprattutto il complesso museale nato sulle basi della ex chiesa di San Francesco in cui risulta imperdibile l’abside affresca-ta dal maestro Benozzo Gozzoli con scene di vita del santo di Assisi e la natività del Perugino.

BevagnaBevagna, nota ai più per la sua bel-lissima piazza su cui si affacciano il gotico Palazzo dei Consoli posto singolarmente obliquo rispetto alla piazza e che oggi ospita uno dei più belli e piccoli teatri d’Italia, le chiese romaniche di San Silvestro e di San Michele Arcangelo costruite nel 1100 una di fronte all’altra. E poi ancora le testimonianze delle origini romane di Bevagna (per qui passava l’originario tracciato della via Flaminia) con i resti del Teatro Romano e delle Terme risa-lenti al II secolo d.c.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Il Mercato delle gaIte

Se vi trovate a passare per Bevagna nel mese di giugno certamente resterete incantati dalla magia del Mercato delle Gaite, una fedele riproduzione di scene di vita medievale che i cittadini di Bevagna preparano nel corso dell’intero anno per poi farne delizia ai turisti per ben due settimane. Tutti gli abitanti, sud-divisi in quattro contrade (gaite appunto), si sfidano a riprodurre più fedelmente possibile scene di vita e le antiche arti, dalla carta alla tessitura, dalla falegnameria al vetro ed al fer-ro battuto.

la carta d’IdentItà del SagrantIno dI MonteFalco

Il Sagrantino di Montefalco docg è un vino prodotto al cento per cento con uve di Sa-grantino esclusivamente nei Comuni di Montefalco, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria e Castel Ritaldi. Tradizionalmente il Sagrantino nasce come vino dolce, per uso eucaristico e familiare. In-fatti grazie alle caratteristiche della buccia, abbastanza spessa, era facilmente appassibile. Negli ultimi trent’anni invece la produzione, nel frattempo notevolmente cresciuta e passata a circa 2 milioni di bottiglie ha prediletto la versione “secco”, lasciando a poche decine di migliaia di bottiglie la versione passito.Il disciplinare di produzione stabilisce che la resa per ettaro non possa superare gli 80 quin-tali di uva per una successiva resa in vino non superiore al 65%. Per la versione “passito” la resa in vino degli 80 q. non può essere superiore al 45%.Anche a causa della sua elevata “tannicità” il Sagrantino deve essere affinato almeno 30 mesi di cui 12 mesi in legno per la versione “secco”.Il grado alcolico minimo deve essere rispettivamente 13,00% per il Sagrantino “secco” e 14,50% per la versione dolce.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori9

La DOC SpoletoLa DOC Spoleto è un vitigno autoctono storicamente coltivato sulle colline tra Spole-to e Todi che, dopo anni di utilizzo marginale, è stato da poco riscoperto da numerose aziende del territorio. Da questa uva dall’acino grande e dal grappolo lungo, com-patto, con due braccini alla punta, nasce un vino bianco, limpido, dal sapore fresco e secco, non troppo aromatico in cui prevalgono i sentori di agrumi e di frutti a polpa gialla. La sua tipicità deriva dalla lavorazione contadina del luogo, molto semplice e rustica che privilegiava la tecnica della vite “maritata”, in cui la pianta si lasciava arrampicare su grosse piante da frutta. Attualmente questa tecnica non è più usata poiché non permette un’ottimale lavorazione e produzione.Ma ancora oggi basta passeggiare per le campagne e si possono ammirare piccoli e suggestivi angoli di coltivazione a spalliera, usati a livelli amatoriali dai nuovi contadini memori dell’antica tradizione. Il DOC Spoleto viene prodotto da alcuneaziende che lo hanno riportato agli “antichi splendori”, grazie ai quali è stato rico-nosciuta la denominazione di qualità.

Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Controllata “Spoleto” è stato approvato con DM 27.06.2011 G.U. 161 - 13.07.2011, poi modificato con DM 30.11.2011 Le uve destinate alla produzione del vino a DOC “Spoleto” devono essere prodotte all’inter-no della zona che comprende parte dei territori comunali di Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Foligno, Montefalco, Spoleto e Trevi.La denominazione di origine controllata “Spoleto” è riservata al vino bianco “Spoleto”, nellatipologia bianco, Trebbiano spoletino, Trebbiano spoletino passito, Trebbiano spoletino supe-riore e Trebbiano spoletino spumante, che rispondeono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.

La DOC Spoleto

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

I territori sulla sinistra del fiume Tevere nella zona centrale dell’Umbria sono ricchi di testimonianze dell’attività vinicola svolta nella zona dagli Umbri. Ricordiamo che gli Umbri erano la popolazione che occupava queste terre alla sinistra del fiume, mentre gli Etruschi erano sulla sponda destra. Testimonianze di questa attività ci vengono riportate da Plinio il Vecchio e da Marzia-le che in diverse loro opere ci descrivono le caratteristiche dei vini prodotti nella fascia collinare che oggi va da Todi a Spoleto, con-sumati dai Romani. Oggi sono tantissime le aziende, che seppur appartenenti a diverse zone vinicole (la zona di Todi, quella di Torgiano, quella del Montefalchese e quella

Il disciplinare di produzione dei vini Colli Martani, istituito nel 1988, è stato modificato nel 2003 per accogliere richieste di miglioramento portate dalla Regione Umbria.La zona di produzione prevede per intero i Comuni di Gualdo Cattaneo e Giano dell’Umbria e parte dei territori ricadenti nei Comuni di Todi, Massa Martana, Monte Castello Vibio, Castel Ritaldi, Bevagna, Montefalco, Spoleto, Cannara, Bettona, Deruta e Collazzone.La recente modifica ha previsto che la denominazione sia riservata alle seguenti tipologie: Rosso, Sangiovese (anche Riserva), Cabernet Sauvignon (anche Riserva), Merlot (anche Riserva), Bianco, Trebbiano, Grechetto, Grechetto di Todi, Sauvignon, Chardonnay, Riesling e Spumante. Al di fuori quindi delle tipologie “Bianco” che prevede una composizione di trebbiano toscano (minimo al 50%) e di altre uve a bacca bianca e “Rosso” che prevede un blend di sangiovese (al min. 50%) ed altre tipologie di uve a bacca rossa, la produzione è incentrata sui “monovitigno” tra cui spicca naturalmente il Grechetto, il vino simbolo di questa denominazione.

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Gualdo CattaneoRicco di fortezze e di un circuito di ca-stelli, Gualdo Cattaneo si trova a metà strada tra Spoleto e Todi, in una zona collinare vocata alla produzione di vini tra cui il Grechetto ed il più celebre Sagrantino. Oltre alla stupenda rocca che domina il borgo, fatta costruire nel 1500 sulla base delle nuove architettu-re difensive aggiornate all’avvento del-le artiglierie, fuori dal centro meritano un’escursione la serie di ben otto castel-li costruiti tra l’XI ed il XV secolo dalle diverse famiglie che si avvicendarono nel governo di queste terre.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Vino simbolo della denominazione dei Colli Martani, il grechetto nasce dall’omonimo vitigno che deriva certamente dalla famiglia delle uve “greco”. Diffuso in questa tipologia nell’Italia centrale e soprattutto in Umbria dove è presente in tutte le zone vitivinicole, il grechetto è un vino da consu-mare giovane in abbinamento a preparazioni a base di pesce, primi piatti e carni bianche.Il disciplinare prevede che nel caso di uve prodotte esclusivamente nella zona del Comune di Todi delimitate dallo stesso regolamento, il Grechetto possa fregiarsi della sottodenominazione “di Todi”.

Il Grechetto dei Colli Martani

La DOC Colli Martani

dello Spoletino) stanno riscoprendo questa denominazione; in particolare il principe dei vini della Doc Colli Martani, il Grechetto che viene prodotto sia in versione monovitigno che come componente di uvaggi bianchi per la produzione di vini più strutturati.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori11

La norcineriaL’arte della lavorazione e della conservazione delle carni suine, nella zona del nursino era già famosa al tempo dei romani, sembra infatti che Vespasiano, che possedeva in queste zone numerosi terreni, avesse affidato la custodia dei suoi maiali ad ebrei deportati confidando nella loro proibizione a consumare carni di porco. Infatti le particolari caratteristiche cli-matiche della zona e morfologiche del suo terreno hanno da sempre favorito la stagionatura di insaccati derivati dalla lavorazione delle carni di maiale: il capocollo umbro, le salsicce secche, il salame “a pasta fina”, i mazzafegati e su tutti il prosciutto.L’antica arte della lavorazione delle carni di maiale, appunto in seguito battezzata “nor-cineria”, oggi ha naturalmente nella zona di Norcia la sua sede storica. Infatti quella che storicamente nacque come una necessaria specializzazione vista la povertà dell’agricoltura e l’ inattività durante il freddo inverno dell’altipiano umbro-marchigiano, oggi è divenuta una passione, una vocazione che tramandatasi di padre in figlio è divenuta una delle princi-pali attività economiche in diversi comuni della valnerina e del Parco dei Sibillini.

la carta d’IdentItà della norcInerIa

Al di fuori del Prosciutto di Norcia, per il quale esiste un apposito disciplinare di produzione, la produzione degli altri prodotti della norcineria, dal salame al capocollo, dalla salsiccia al capocollo, dalla barbozza alla coppa di testa non è regolamentata anche se la tradizione millenaria consente di assicurare comunque il consumatore. A seguire nella pagina successi-va, ecco comunque alcune brevi indicazioni su vari prodotti.

PoggiodomoPoggiodomo, con 187 abitanti è uno dei comuni più piccoli d’Italia. Per le sue piccole dimensioni, può essere os-servato in tutta la sua estensione sulla sommità di una collina. Vanta di essere la città natale del cardinale Fausto Poli, segretario del Papa Urbano VIII, patro-cinatore di chiese e palazzi, soprattutto nel vicino castello di Usigni.

DA VEDERE NEI PRESSI:

nero norcia,mostra mercato del tartuFo nero pregiato e dei prodotti

tipici della valnerina

fine febbraio – inizio marzonorcia

www.neronorcia.it

EVENTI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori12

NorciaCon la sua piazza circolare su cui si af-facciano la fronte gotica della basilica di San Benedetto, il palazzo detto la Castellina, residenza del prefetto del-la montagna ed oggi sede del museo civico, il Palazzo comunale con il log-giato inferiore del XIV secolo, il Portico delle Misure, costruito nel 1500 per ospitare il mercato dei cereali e, leg-germente defilata, la concattedrale di Santa Maria Argentea con un altare di Duquesnoy del 1640.

PreciCittà natale di illustri pionieri della mo-derna chirurgia che tra il 1500 ed il 1600 operarono addirittura la Regi-na d’Inghilterra Elisabetta Tudor figlia di Enrico VIII e Anna Bolena o il sul-tano Amorat, Preci è ricca di palazzi nobiliari appartenuti alle loro diverse famiglie (Palazzo Scacchi). Sempre in centro la Pieve di Santa Maria. Fuori le mura del castello, una visita va fatta all’Abbazia di Sant’Eutizio, fondata nel 90 da monaci benedettini ed alle grot-te preistoriche di Abeto.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Prodotto esclusivamente con la polpa di spalla di suino mondata del grasso e con l’aggiunta di parti di grasso duro tagliato a dadini. L’impasto, aromatizzato con aglio, sale e pepe (intero e macinato) viene lasciato macerare nel vino e poi insaccato in budelli. Dopo un’asciugatura di circa una settimana, viene lasciato stagionare per alcuni mesi.

Realizzato con muscolo dorsale del suino, viene aromatizzato con aglio tritato dopo la salatura e pepatura. Viene poi messo sotto sale per un paio di settimane e successivamente lavato con il vino bianco dopodichè viene lasciato asciugare per una settimana avvolto in carta oleata. Infine viene incartato nella carta paglia e lasciato asciugare per 60 giorni.

Realizzato esclusivamente con il lombo del maiale ha una preparazione simile a quella del capo-collo. All’aspetto si presenta quasi privo di grasso e con la stagionatura la parte magra tende ad assumere un colore quasi dorato.

Preparata con le migliori parti del maiale avanzate dalla preparazione di prosciutti, spalle, capo-colli e lombetti, la salsiccia può essere consumata sia fresca che secca.

La più caratteristica delle salsicce umbre è il mazzafegato, preparato con il fegato del maiale. Il mazzafegato è preparato con pezzettini di fegato mescolati al normale impasto della salsiccia, con l’aggiunta di uvetta e pinoli. Nella versione dolce, al sale si sostituisce lo zucchero e viene aggiunta della scorza d’arancio.

E’ ottenuto dalle guance di maiale conservate sotto sale. All’aspetto si presenta con strati di grasso di altezza superiore rispetto alla normale ventresca tesa

Dalla tipica forma a testicolo dell’animale che per secoli ha aiutato gli abitanti di montagna, i cojoni di mulo si ottengono da carne magra di maiale tritata finemente, insaccata in budelli di maiale e lasciata stagionare in ambienti freschi e umidi.

La coppa viene preparata con orecchie, muso, carne di testa e cotiche di maiale lessate, smi-nuzzate e insaporite con buccia di arancia (o limone), sale, pepe. Il preparato viene insaccato e pressato per farne uscire i liquidi. Viene poi lasciata stagionare dai due ai quattro mesi.

Il sanguinaccio si ricava dal sangue di maiale con aggiunta di sale, dadini di grasso, pane, pinoli, uvetta, cacao, buccia d’arancia, zucchero lasciato in infusione per almeno dodici ore. Dopo averli insaccati, i sanguinacci vengono fatti bollire in acqua leggermente salata e poi appesi.

Si tratta della pancetta arrotolata, ottenuta dalla salatura ed aromatizzazione del ventre del maia-le, ripulito della cotenna ed appunto arrotolato ed insaccato. Diversamente dagli altri insaccati la ventresca è subito pronta per il consumo.

Il salame o collarina umbra

Il capocollo

Il lombetto o lonza

La salsiccia

Il mazzafegato

Il barbozzo o guanciale

I cojoni di mulo

La coppa di testa

Il sanguinaccio

La ventresca

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori13

Il prosciutto crudo di Norcia è caratterizzato da una forma a pera. Il coscio del maiale adulto dopo essere stato rifilato viene salato in due tempi con sale marino di grana me-dia e pepe. Passato un periodo di 20-25 giorni, viene messo in acqua calda e lavato. Dopodichè viene rivestito superficialmente con la sugna. Successivamente viene lascia-to stagionare, per un periodo non inferiore ai 12 mesi, in luoghi freschi ed umidi ad un’alti-tudine non inferiore ai 500 metri.

La produzione del prosciutto, così come gli altri insaccati, affonda le sue radici negli antichi romani che distinguevano tra il prosciutto di spalla ed il prosciutto di coscia. Dopo essersi tramandata per secoli, la tecnica di lavorazione del-la carne di maiale è oggi patrimonio dell’Umbria ed in particolare di que-sta zona. Oggi il prosciutto di Norcia, dopo un attenta lavorazione disciplinata dall’Unione Europea che gli ha conferito l’Indicazione Geografica Protetta, vie-ne prodotto da diverse decine di pro-sciuttifici. Può essere acquistato intero o gustato affettato a mano in una delle numerose norcinerie che affollano il cen-tro storico di Norcia e degli altri comuni della Valenrina. Il prosciutto di Norcia

Il prosciutto di Norcia Igp

la carta d’IdentItà del proScIUtto dI norcIa Igp

Il disciplinare di produzione relativo all’Indicazione Geografica Protetta è stato pubblicato, con relativo decreto il 23 dicembre 1998.

Zona di ProduzioneL’area di produzione comprende i territori posti al di sopra dei 500 metri nei Comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo.

Le caratteristicheCoscio di suino di maiale adulto (con l’esclusione di scrofe e verri) che dopo la rifilatura assume la caratteristica forma a pera. Dopo la stagionatura, il prosciutto di Norcia Igp deve avere un peso non inferiore agli 8,5 kg e deve essere al taglio di colore dal rosso al rosato. Il profumo deve essere tipico, leggermente speziato, il sapore sapido ma non salato.

La lavorazioneDopo la rifilatura necessaria a conferire la caratteristica forma a pera, il prosciutto viene salato per due volte: dopo la prima volta, il prosciutto viene lasciato per 7 giorni ad una temperatura controllata tra 1 e 4 gradi ed a un’umidità del 70-80%. A seguire il lavaggio e la spremitura di vasi sanguigni dopodichè il prosciutto viene di nuovo salato e lasciato asciugare per altri 14-18 giorni. Infine viene lasciato stagionare in locali idonei per non meno di 12 mesi. Il prosciutto di Norcia Igp prima di essere immesso al commercio deve riportare apposito contrassegno che identifica il prodotto e reca il nome dell’Igp marchiato a fuoco.

pane prosciutto e Fantasia

mese di lugliopreci

www.paneprosciuttoefantasia.com

consorzio di tutela

prosciutto di norcia igp

Via Solferino, 26 – Norciawww.prosciuttodinorcia.com

EVENTI

INFORMAZIONI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori14

Lo zafferano di Cascia

CasciaCascia, città di Santa Rita, a cui è de-dicato il Santuario e della quale è pos-sibile visitare la casa natale nella vicina Roccaporena, dove la Santa nacque nel 1381. Inoltre la Chiesa di Sant’An-tonio, testimonianza medievale edifica-ta alla fine del trecento con un intatto ciclo di affreschi a cavallo tra trecento e quattrocento dedicato alla vita di Sant’Antonio. E inoltre Palazzo Santi, sede del museo cittadino con raffinate opere lignee dei secoli XIV e XV.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Lo zafferano è una pregiatissima spezia di origine orientale che in passato ha rivestito un im-portante ruolo economico tanto che per secoli la sua quotazione ha raggiunto circa il doppio del prezzo dell’oro. Di colore giallo acceso, lo zafferano ha anche un caratteristico profumo pungente che lo rende ideale per molte preparazioni. Storicamente lo zafferano era coltivato in questa parte dell’Umbria ma poi se ne perdono le tracce. Oggi, grazie allo sforzo di una serie di piccolissimi produttori Cascia si propone quale centro di eccellenza per promuovere e sostenere la pregevole spezia ricavata nel mese di ottobre dalla leggera tostatura dei rossi stimmi del fiore di Crocus sativus L. Lo zafferano di Cascia, per il quale si sta tentando l’ottenimento del riconoscimento da parte dell’UE è prodotto in un territorio ben delimitato dell’Appennino umbro-marchigiano che interessa diciotto piccoli Comuni tra cui naturalmente Cascia.

mostra mercato dello

zaFFerano di cascia

fine ottobre - inizio novembrecaScia

www.zafferanodicascia.com

associazione

dello zaFFerano di cascia

Zafferano Purissimo dell’Umbriac/o Sistema Turistico Associato

di Casciatel. +39 0743 71147 fax +39 0743 76630

www.zafferanodicascia.com

La ricetta:Zuppa di farro allo zafferano(per 4 persone)

Preparare il soffritto di base per la zuppa con olio extra vergine di oliva, sedano, carota, cipolla. Aggiungere due patate tagliate a dadini e del pomodoro. Aggiungere subito dopo 2 etti di farro e del brodo vegetale facendo cuocere per 20 minuti. Negli ultimi minuti di cottura aggiungere 15-20 stimmi di zafferano che nel frattempo saranno stati lasciati in infusione in due cucchiai di acqua bollente per circa due ore.

EVENTI

INFORMAZIONI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori15

Quelli che seguono vogliono

essere cinque spunti, cinque

tracce da seguire per addentrarsi

alla scoperta del territorio

lasciandosi guidare dal piacere di

scoprire ed assaporare.

Quindi partiamo tra antiche

pievi, castelli arroccati, ripide

salite e incantevoli distese

fermandosi, qua e là, a

rigenerarsi con saporiti piatti

della tradizione umbra preparati

con i prodotti

di questa terra.

5 itinerarialla scoperta del territorioe dei suoi sapori

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori16

da FolIgno a caScIa,attraverSo I paSSI MontanI

Soste consigliate: Foligno, Poggiodomo,

Monteleone di Spoleto, Cascia

Assaggiare: la rocciata, i salumi, il farro,

lo zafferano di Cascia, gli stringozzi, il

pecorino.

da Spello a Spoleto,attraverSo Il SentIero deglI UlIvI

Soste consigliate: Spello, Trevi, Campello

sul Clitunno, Spoleto.

Assaggiare: la risina e i vini Doc,

il sedano nero a Trevi, il tartufo, l’olio, il

gambero di fiume.

da gIano dell’UMbrIa a caStel rItaldI,tra la vecchIa e la nUova vIa FlaMInIa

Soste consigliate: Giano dell’Umbria,

Gualdo Cattaneo, Bevagna, Montefalco,

Castel Ritaldi.

Assaggiare: l’olio di San Felice, il vino

Grechetto, il Sagrantino secco ed il

Sagrantino passito.

da precI a ScheggIno,dalle SIbIlle al FIUMe nera

Soste consigliate: Preci, Norcia, Cerreto

di Spoleto, Vallo di Nera, Sant’Anatolia

di Narco, Scheggino.

Assaggiare: il Prosciutto di Norcia, la

lenticchia di Castelluccio, la trota, il tartufo.

da nocera UMbra a Sellano,tra le SorgentI dell’appennIno UMbro

Soste consigliate: Nocera Umbra,

Valtopina, Colfiorito, Sellano.

Assaggiare: la lenticchia e la patata

rossa di Colfiorito, il tartufo nero, la

cicerchia, la roveja e le acque minerali.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

La ricotta frescaDi latte di mucca o di pecora, la ricotta fre-sca ha una struttura finissima, di colore bianco cremoso tendente al dorato, di sapore dolce, delicato, con leggera vena aromatica (avver-tibile perlopiù in quella prodotta con latte di pecora). Può essere gustata al naturale oppure con zucchero, cacao, spezie, marmellate.

La ricotta salataAdatta per condimenti, soprattutto di piatti freddi in sostituzione del parmigiano, la ricotta salata è ottenuta dalla salatura e stagionatura della ricotta fresca.Una stagionatura di circa 15 giorni produce una ricotta da taglio, una stagionatura prolun-gata per quattro mesi ed oltre produce una ricotta da grattugiare.

La caciottaE’ ottenuta da latte vaccino ed ovino, pastoriz-zato. Ha pasta morbida di colore bianco, con una occhiatura pressoché uniforme. Al gusto è dolce e quando è fresca presenta una leggera burrosità. Mentre quando è più stagionata il suo sapore diventa più deciso e piccante.

Il ravigioloDopo la ricotta è il formaggio più fresco. A pasta bianca e morbida, ha forma cilindrica appiattita.

Il formaggio al tartufo neroDi recente introduzione, questo formaggio rassomiglia ad una caciottina al cui interno è presente tartufo fresco macinato, in scaglie o a lamelle.

Il pecorinoIl re dei formaggi umbri può essere consumato fresco o stagionato. A seconda della stagio-natura (anche di alcuni anni) il suo colore può andare dal giallo pallido al giallo intenso con la crosta che da sottile può raggiungere anche più di un centimetro di spessore.

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I formaggiI prodotti lattiero caseari delle nostre valli e montagne sono numerosi, a testimonianza della pluralità di tradizioni locali che caratterizzano ogni zona, ogni vallata.La prima testimonianza delle molteplici produzioni sta nell’ indifferenziata presenza di formaggi a latte vaccino e formaggi pecorini o in casi estremi in cui una stessa tipologia è prodotta, a seconda del periodo e dei gusti, sia con l’uno che con l’altro latte. Ad esempio la ricotta che è ottima tanto quando è di mucca che quando è di pecora.Scorrendo un ipotetico atlante dei formaggi di questa piccola regione, troviamo la ricotta appunto, la caciotta, il pecorino, il ravigiolo, la ricotta salata, il formaggio al tartufo.

Il carrello dei formaggi umbri

Fior di cacio

metà giugnovallo di nera

www.fiordicacio.it

Vallo di NeraIl castello di Vallo, costruito nel 1217, si presenta come un borgo tutto di pietra dove ogni casa è di sasso, dove le stra-dine sono lastricate e dove ogni canto-ne sembra studiato per una scenogra-fia. Vallo di Nera, con il suo compatto impianto urbanistico costituisce uno dei più limpidi esempi di castello edificato sulla sommità di una altura. Interessan-te è la chiesa di Santa Maria del XIII secolo che, colpisce per la quantità di affreschi che all’interno ancora oggi la ornano, la maggior parte dei quali sono del XV secolo e sono stati realiz-zati da artisti umbri e marchigiani tra i quali Cola di Pietro.

Cerreto di SpoletoSul promontorio tra il fiume Vigi e il Nera, sorge il castello di Cerreto di Spoleto, un’altra roccaforte racchiusa da possenti mura che custodisce pre-ziose testimonianze sacre e palazzi nobiliari. Secondo l’”accademia della crusca” il termine ciarlatano, ossia co-lui che faceva della sua arte di cono-scere le medicine naturali il modo per sbarcare il lunario e quindi dove non riusciva a curare con le erbe, suppliva con il suo ciarlare, deriva appunto da cerretano, alias abitante di cerreto. Da segnalare che qui ha sede il Centro per la Documentazione antropologica della Valnerina e della dorsale appen-ninica (CEDRAV) che conserva un’am-pia documentazione sulle tradizioni culturali della Valnerina.

DA VEDERE NEI PRESSI:

EVENTI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori18

Il pecorino di Norcia

la carta d’IdentItà del pecorIno

Zona di produzioneIl Pecorino di Norcia si produce nei Comuni di Norcia, Cascia, Sellano, Preci, Monteleone di Spoleto, Cerreto di Spoleto, Poggiodomo, Vallo di Nera, S. Anatolia di Narco, Scheggi-no, Montefranco, Polino, Arrone, Ferentillo.

ProduzioneIl latte crudo viene filtrato e messo a scaldare sul caldaio a fuoco diretto finchè raggiunge una temperatura di circa 90 gradi; dopodichè si lascia freddare fino ai 35 gradi circa e si aggiunge il caglio di agnello. Trascorsi circa 10 minuti si procede alla rottura della cagliata che viene poi prelevata e messa negli stampi o cerchi di legno (formatura). Le forme del peso di 3 kg circa, vengono pressate a mano permettendo la fuoriuscita del siero, ed in seguito si ricoprono di sale (salatura a secco). Dopo 2 / 4 giorni, le forme si lavano e si dispongono su tavole di legno in celle frigorifere o locali freddi.

StagionaturaLe forme depositate nei locali freddi o nelle celle vengono lasciate riposare per un periodo variabile di 60 giorni / 1 anno. Durante questo periodo il formaggio viene periodicamente lavato e girato.

Alcune fonti degli inizi del secolo scorso ripor-tano alcuni metodi utilizzati per la conser-vazione del pecorino.Le forme venivano bagnate con olio e aceto o avvolte in un telo inzuppato d’aceto, op-pure, unte con una morchia di olio d’oliva mescolata a cenere e, talvolta, farina di ca-stagne o, infine più facilmente immerse in un recipiente di olio d’oliva fino al momento del consumo. Anche se oggi la conservazione e la stagionatura si possono avvalere di meto-di certamente più sicuri, dovute perlopiù ad una migliore sanità degli ambienti, la tradi-zione della stagionatura in proprio, in canti-na, del formaggio continua ad essere diffusa.Prodotto in una vasta area coincidente con la Valnerina ed i Monti Sibillini, il Pecorino di Norcia, pur non essendo un prodotto a mar-chio europeo (DOP o IGP), è un prodotto per il quale la provenienza locale è certa vista appunto la storica tradizione e l’abbondante presenza di pascoli. Si tratta di un formaggio da taglio prodotto con latte ovino, provenien-te dai pascoli di alta montagna della zona. Il prodotto stagionato per circa 60 giorni viene considerato fresco; se la stagionatura si prolunga per 8 / 12 mesi o oltre si ottiene un prodotto dal gusto più intenso e piccante anche adatto da grattugiare. Le forme pesano generalmente 3 kg circa, ma il peso diminuisce con il prolungamento della stagionatura. Una variante, oggi molto apprezzata del pe-corino è appunto quella di fossa (o anche di botte).In questo caso la stagionatura, di durata variabile, avviene in buche profonde alcu-ni metri (o in botti di legno in cui è stato maturato del vino). Storicamente ciò veniva fatto per ragioni sanitarie (evitare l’attacco da parte di insetti) o economiche (evitare che venissero rubate).

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori19

Il paesaggio umbro, perlopiù collinare, è caratterizzato dalla costante presenza del bosco, che in contrapposizione ai terreni agricoli costituisce un’altrettanta valida fon-te di frutti tra i quali primeggia, per impor-tanza, il tartufo. Di tartufi, in Europa ne esistono oltre trenta specie, di rilevanza ga-stronomica molto diversa. L’ Umbria è un’ immensa tartufaia e produce le tre varietà di tartufo più apprezzate: il nero pregiato, lo scorsone estivo, ed il profumatissimo e ri-cercatissimo bianco.

Il tartufoIl tartUFo nero pregIato

Il Tuber Melanosporum Vittadini o ”Tartufo nero pregiato di Norcia” o di Spoleto indicato localmente con il semplice appellativo di “Tartufo buono “ forse per distinguerlo dal meno pregiato “Scorzone” ( Tuber Aestivum), è un fungo ipogeo appartenente alla famiglia delle tuberacee. Matura tra novembre e marzo nella zona montuosa del versante umbro dell’ap-pennino umbro-marchigiano corrispondente grosso modo con tutta la Valnerina, più la zona del Monte Subasio, delle montagne di Trevi e dei Monti Martani. Il sistema più diffuso e maggiormente utilizzato è la ricerca con il cane, oggi addestrato presso apposite scuole. Il cane riesce ad individuare l’esatta posizione del tartufo solo se questo è maturo. A questo punto interviene il cavatore che dopo aver ricompensato l’animale con un gradito boccone, inizia ad estrarre il prezioso tubero.Il tartufo nero in genere viene utilizzato per accompagnare piatti saporiti quali paste o carni, preparato in forma di salsa dopo averlo macinato e condito con olio extravergine di oliva.

Il tartUFo bIanco pregIato

Il nome “tartufo” è comune di alcune particolari specie di funghi ipogei appartenenti alla famiglia delle tuberacee. Sono una prelibatezza gastronomica molto raffinata e ricercata. Il forte odore viene riconosciuto dai cani o maiali appositamente addestrati per la loro ricerca anche se in genere il bianco vegeta ad una profondità maggiore del tartufo nero. Il tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum Pico) che in Umbria è presente sopratttto nell’alta valle del Tevere ma anche nel Comune di Valtopina e nell’orvietano emana un forte odore caratte-ristico, non facilmente definibile, superiore a qualsiasi altra specie di tartufi; presenta buona digeribilità e sapore ottimo che però si altera con la cottura , per cui viene consumato fresco. Matura dall’autunno all’inizio dell’inverno ma è possibile trovarne già nei mesi di luglio e agosto, anche se con caratteristiche organolettiche inferiori. Il tartufo bianco si serve tagliato crudo a listelle sottilissime direttamente sulle portate. Proprio per il suo aroma più deciso si esalta maggiormente su piatti semplici, caldi che ne fanno risaltare l’aroma come l’uovo in coquotte e la pasta al burro.

Il tartUFo ScorZone eStIvo

Lo scorzone estivo (Tuber Aestivum) rappresenta, tra le varietà presenti nella nostra regione, certamente quella meno preziosa anche se, grazie soprattutto alle quotazioni che raggiunge certamente la più accessibile e anche quella più consumata e facilmente reperibile. La sua zona di produzione grosso modo coincide con quella del nero pregiato. Ricavato in estate con le stesse tecniche, viene utilizzato per condire primi piatti e carni preparato, come il nero pregiato, in forma di salsa con olio extra vergine di oliva.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Valtopina

Valtopina, il cui antico nome era Cerqua (termine dialettale con cui si indica l’albero della quercia) sor-ge lungo il corso dell’antica via con-solare Flaminia. Infatti qui nel corso dei secoli vi si stabilirono le popo-lazioni scese dal sovrastante monte Subasio attratte naturalmente dai traffici. Il borgo, che può vantare di essere raffigurato nella mappe geografiche affrescate nei musei vaticani, è apprezzabile soprattutto per la presenza, nelle campagne circostanti, di antichi mulini ad ac-qua tutt’oggi funzionanti posiziona-ti lungo il corso del Topino, fiume da cui prende il nome.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori20

Sant’Anatolia di NarcoIl castello di Sant’Anatolia di Nar-co, come la maggior parte dei borghi della Valnerina nasce sulle rive del fiume Nera. Il borgo, con il nome originario di Narco, è sta-to costruito alla fine del XII secolo e, a seguito della sua distruzione, ricostruito il secolo successivo dagli spoletini che gli diedero l’attuale nome legato alla santa venerata in Valnerina a quel tempo. Al centro del castello, la chiesa parrocchiale presenta al suo interno pregevoli affreschi del XIII secolo.

Scheggino

Il borgo di Scheggino si presenta come un castello a base triangolare di pendio. Nato sulle rive del fiume Nera, che ne ha caratterizzato la cucina e la tradizione, il borgo di Scheggino è circondato da mura del XII secolo. Poco fuori le mura, da ammirare le fonti di Valcasana.

DA VEDERE NEI PRESSI: la carta d’IdentItà del tartUFo nero

Il nero pregiato si presenta alla vista con una scorza nera rugosa con verruche minute poli-gono, e polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche fini. Emana un delicato profumo molto gradevole.

Territorio di produzione interessatoComuni di Norcia , Cascia , Preci , Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, Scheggino, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Sellano, Spoleto, Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Stroncone e Trevi.

la carta d’IdentItà del tartUFo bIanco

Ha perizio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare fini e numerose.

Territorio di produzione interessatoComuni di Città di Castello, Umbertide, Pietralunga, Montone, Monte S. Maria Tiberina, Citerna, S. Giustino, Gubbio, Scheggia, Paschelupo, Costacciaro, Sigillo, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Valfabbrica, Orvieto, Porano, Montecchio, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Ficulle, Parrano, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Fabro e Valtopina.

nero norciafine febbraio – inizio marzo

norcia

www.neronorcia.it

il diamante nerofine marzoScheGGino

mostra mercato del tartuFo fine novembre

valTopina

www.comune.valtopina.pg.it

sagra del tartuFo estivoprima metà di agosto

Spina (campello SUl cliTUnno)www.prolocospina.it

sagra del tartuFoprima metà di agostoTerzo San Severo

www.sagradeltartufoterzosansevero.it

EVENTI

La ricetta:Stringozzi al tartufo nero(per 4 persone)

Soffriggere in olio extra vergine di oliva un pizzico di peperoncino, aglio ed un fi-letto di acciuga tritato. Ad olio raffreddato aggiungere 120 gr di tartufo fresco ed un pizzico di sale e lasciare riposare. Cuoce-re in abbondante acqua salata 400 gr di stringozzi freschi (o essiccati) ed a cottura ultimata passarli nella padella con la salsa di tartufo per condirli, facendo attenzione a “non cuocere troppo” il tartufo che perde-rebbe il suo aroma se lasciato a contatto con il calore della fiamma.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori21

Castelluccio è il nome di una piccolissima frazione del Comune di Norcia che emerge dalla piana omonima, una incantata vallata attraversata da due piccole strade alle falde del Mon-te Vettore. E a Castelluccio (e in pochissime altre frazioni circostanti) vengono confezionate le pregiate lenticchie coltivate sull’altopiano.La lenticchia di Castelluccio di Norcia, rappresenta un esempio eccellente di conservazione di un germoplasma storico. Caratterizzata da un’elevata rusticità e da un breve ciclo vegeta-tivo, da sempre la lenticchia ha rappresentato la principale fonte proteica nell’ alimentazione della popolazioni e del bestiame delle aree montane dell’Appennino umbro-marchigiano. Oggi famosa in tutt’Italia per il gusto delicato e la sua facilità di cottura (non necessita di ammollo in acqua fredda), è stata per anni soggetta alla forte concorrenza di prodotti simili di origine estera, che tuttavia hanno in comune la sola forma e dimensione (appena 2 mm di diametro), mentre il gusto rimane tuttora inimitabile.

La lenticchiaLe lenticchie sono semi di una pianta leguminosa che raggiunge un’altezza di circa 50 cm ed i cui baccelli contengono 2-3 semi. La coltivazione della lenticchia, che sembra abbia il primato del più antico legu-me, in Umbria è diffusa in alcuni altipiani dell’Appennino umbro- marchigiano, ad est della Regione. Oltre a quella ormai nota di Castelluccio di Norcia tutelata dall’Unione Europea, lenticchie di alta qualità e con caratteristiche simili sono colti-vate anche nell’altopiano di Colfiorito ed in quello di Annifo, due frazioni montane del Comune di Foligno. In questo caso non esiste una certificazione di provenienza ma la qualità del prodotto, le sue dimensioni ed il suo gusto saranno la prova di aver scelto comunque un prodotto umbro di qualità.

La lenticchia di Castelluccio di Norcia igp

La ricetta:Zuppa di lenticchie

Preparare un soffritto con olio extra vergine di oliva, prezzemolo, sedano, aglio, cipolla, carota e a piacimento una foglia di alloro. Aggiungere poi della salsa di pomodoro. Dopo poco aggiungere acqua bollente e, dopo averle attentamente setacciate, le lenticchie (circa 120 gr a porzione). Servire con un filo d’olio d’oliva aggiunto a crudo.

nero norcia

fine febbraio – inizio marzonorcia

www.neronorcia.it

sette giorni in montagna

e sagra della lenticchia

mese di agostoannifo di foliGno

cooperativa della lenticchia di castelluccio di norcia arl

Via del Lavoro - Zona Industriale Norcia (PG) 06046

Tel. +39 0743.817073Fax +39 0743.817073

www.lenticchiacastelluccio.it

EVENTI

INFORMAZIONI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori22

la carta d’IdentItà della lentIcchIa dI caStellUccIo Igp

Il disciplinare di produzione relativo all’Indicazione Geografica Protetta è stato pubblicato, con relativo decreto il 23 dicembre 1998.

Zona di produzioneL’area di produzione ricade interamente nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini chiamato altopiano di Castelluccio, in un’area di circa 20 km quadrati ricadenti in prevalenza nel Co-mune di Norcia ed in parte minore nel Comune di Santangelo sul Nera (Mc) ad un’altitudine media di 1400 m slm.

Le caratteristicheLa lenticchia si presenta al consumo di colore variegato dal verde screziato al marroncino chiaro, con presenza di semi tigrati.Può essere immessa in commercio solo in confezioni di juta, cartone o plastica da 250, 500 gr e 1 kg.

La lavorazioneLa tecnica colturale adottata è quella tradizionale, in uso da centinaia di anni: aratura ed erpicatura dei terreni ad inizio della primavera. Semina dalla metà di marzo alla metà di maggio, rullatura dei campi per facilitare la germinazione. Lo sfalcio e la trebbiatura deve avvenire entro agosto. I baccelli vengono lasciati essiccare nel campo e quindi trebbiati nell’aia. La produzione massima è di 800 kg per ettaro.

L’altopiano di CastelluccioLa Piana di Castelluccio di Norcia, che ha per sfondo i leggendari e misteriosi Monti Sibillini, sembra un paesaggio lunare, situato come è ad una altitudine di 1400 metri. Incantevole nel suo fol-gorante verde in primavera o magico nel periodo invernale quando la neve ricopre il suo paesaggio pressoché in-tatto e privo di costruzioni, la Piana di Castelluccio adatta per praticare sport o semplicemente per rilassarsi offre for-se il meglio di se nel periodo della fiori-tura, quando migliaia e migliaia di fiori colorano la vallata. Dal rosso dei pa-paveri, al viola dei fiordalisi, dal gial-lo delle margherite al bianco dei fiori delle leguminose, intorno alla metà di maggio questo altopiano si trasforma in una naturale tavolozza.

DA VEDERE NEI PRESSI:

La strada delle zuppeI legUMI ed I cerealI del terrItorIo

Lenticchia degli altopiani di Annifo e di Colfiorito Cugina meno nota e nobile, della Lenticchia di Castelluccio di Norcia, la lenticchia prodotta sulle montagne del folignate, alla vista si presenta piccola e di colorazione variegata.

Risina di SpelloColtivato fino agli anni ‘50 e poi abbandonato, questo piccolo fagiolo di color avorio rappresenta per l’Umbria uno dei tesori ritrovati grazie all’impegno di un piccolo agricoltore locale. Fagiolo del purgatorioSeppur originario di regioni limitrofe, anche in queste zone dell’Umbria viene coltivato questo fagiolo che deve il suo nome alla particolare ricor-renza del pranzo del “Mercoledì delle Ceneri” detto appunto “pranzo del Purgatorio”, in cui viene cucinato secondo un’antica tradizione dell’alto Lazio. Alla vista si presenta di piccole dimensioni e colore bianco lucido.

Fagiolo monachellaIndicato anche come “fagiolo dell’occhio”, la monachella è un fagiolo di piccolissime dimensioni che ben si adatta a diversi tipi di terreno. Il suo caratteristico sapore “terragno” ed un piacevole retrogusto amaro lo differenziano notevolmente dal fagiolo comune.

Fagiolo di CaveDal nome di una piccolissima frazione della piana folignate (Cave di Foligno) dove in autunno, per questo legume, viene celebrata una sagra. Di piccole dimensioni, alla vista si presenta di colore giallo intenso tendente al verde.

Lenticchia di Castelluccio di Norcia Igp vedi pagina 21, Roveja vedi pagina 23, Cicerchia vedi pagina 23, Farro vedi pagina 24.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori

La cicerchiaLa cicerchia è una pianta erbacea rampicante simile a quella dei piselli. Il frutto ha le dimensioni di un piccolo sassolino (ma comunque molto più grande della lenticchia), irregolare e schiacciato, di colore chiaro.Anche se la sua produzione era stata pressoché abbandonata, oggi la cicerchia è stata riscoper-ta grazie anche allo sviluppo di produzioni biologiche che tendono a valorizzare tradizionali prodotti che erano stati abbandonati a causa anche della scarsa redditività. La semina, su terreni aridi e sassosi avviene nel periodo primaverile.La raccolta, rigorosamente manuale, viene effettuata nel mese di luglio, a cui si fa seguire la naturale essiccazione sul terreno. La trebbiatura avviene tra la seconda decade di luglio e la prima decade di agosto, con relativa pulitura e selezione del prodotto. Seguono le fasi di vagliatura e confezionamento.La cicerchia, così come molti altri legumi è adatta alla preparazione di saporite minestre.

nero norcia

fine febbraio – inizio marzonorcia

www.neronorcia.it

mostra mercato

dello zaFFerano di cascia

fine ottobre - inizio novembrecaScia

www.zafferanodicascia.com

23

La rovejaLa Roveja (pisum arvense) è un piccolo pisello selvatico conosciuto anche con altri nomi (roveglia, corbello, pisello dei campi, rubiglio) che nasce in Valnerina, in particolare in una piccola frazione del Comune di Cascia, Civita.Di questo gustoso legume, dal seme colorato che va dal verde scuro al marrone-grigio e che cresce spontaneamente lungo le scarpate e nei prati, ne era stata abbandonata la col-tivazione per via delle complicate operazioni di raccolta seppur in passato rappresentasse insieme ad altri legumi e cereali il mezzo di sostentamento delle popolazioni montane.La semina è prevista a marzo ad un’altitudine che va dai 600 ai 1200 metri, con la raccolta tra la fine di luglio e l’ inizio di agosto e una battitura simile a quella della lenticchia. Quando la metà delle foglie è ingiallita e i semi sono diventati cerosi, si sfalciano a mano gli steli e si lasciano sul prato a essiccare. A essiccamento completato si portano sull’aia e si trebbiano. La granella deve essere, poi, liberata dalle impurità con una ventilazione che avviene con setacci. A quel punto la roveja si può mangiare sotto forma di minestre e zuppe o macinata a pietra e trasformata in farina come ingrediente principale della farrecchiata o pesata: una polenta tradizionalmente condita con un battuto di acciughe, aglio e olio extravergine di oliva, buona da gustare anche il giorno successivo affettata e abbrustolita in padella; in alternativa i grani possono essere consumati freschi.

Presidio

EVENTI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori24

La zona di produzione della DOP “Farro di Monteleone di Spoleto” ricade nell’area montana (di altitudine maggiore o uguale a 700 m s.l.m) dell’area sud est della Provin-cia di Perugia e comprende: l’ intero territorio amministrativo dei comuni di Monteleo-ne di Spoleto e Poggiodomo e parte del territorio amministrativo dei comuni di Cascia, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino. Il “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP viene immesso al consumo nelle seguenti tipologie:• Farro integrale: si presenta in chicchi allungati e ricurvi di colore marrone chiaro

ambrato, spogliato della pula. Al palato risulta consistente e asciutto;• Farro semiperlato: differisce da quello integrale solo per una leggera graffiatura

(molatura) della superficie della cariosside che resta intera. Visivamente risulta più chiaro del farro integrale e al palato più morbido.

• Farro spezzato: è ottenuto dai chicchi di farro integrale cioè semplicemente svestiti della pula spezzando ogni chicco in più parti (3 o 4 parti) e successivamente vagliato nel calibro attraverso una macchina vagliatrice. Visivamente presenta una colora-zione marrone chiaro ambrato ed un aspetto caratterizzato da scaglie vitree;

• Semolino di farro: è ottenuto per molitura del farro integrale, si presenta come tritello più fine dello spezzato, ma non polveroso per la sua caratteristica vitrea. Al palato si dissolve con una sensazione di pastosità. Il colorito è marrone molto chiaro.

Il farro Monteleone di SpoletoAl centro di Monteleone di Spoleto la torre dell’orologio (unico resto dell’anti-co castello di Monteleone) e la chiesa di San Francesco con il chiostro da cui si gode di una splendida vista. E poi gli scavi archeologici nella campagna, con in particolare la tomba romana del VI secolo all’interno della quale fu rinvenuta la biga rivestita con lamine bronzee su cui sono raffigurate scene di vita di Achille, oggi resa celebre an-che dal contenzioso tuttora aperto con il Metropolitan Museum di New York.

DA VEDERE NEI PRESSI:

Festa di san nicola

prima metà di dicembremonTeleone di SpoleTo

EVENTI

La tradizioneIl farro è una varietà di frumento il cui nome di origine latina significa biada. Già coltivato dagli italici, era molto utilizzato dagli antichi romani che lo usavano per preparare minestre e focacce. La pianta cresce in aree montagnose ed ha foglia lineare, dal fusto eretto e molto resistente. Que-sto frumento, per le sue ottime proprietà nutritive, viene consigliato da sempre ad anziani e bam-bini. Nell’area di Monteleone di Spoleto, fin dal 1500, la coltivazione del farro era largamente praticata. L’importanza del farro a Monteleone di Spoleto è testimoniata, ancora oggi dal ritualeche si svolge durante la vigilia delle festa del patrono, San Nicola: infatti, il 5 dicembre presso la canonica della chiesa parrocchiale viene distribuita una minestra di farro alla popolazione.

Le caratteristicheIl farro di Monteleone presenta caratteristiche distintive rispetto a tutte le altre specie di farro presenti sul territorio nazionale, con la cariosside che dopo la “sbramatura “ assume colorazionebruna non bianconata. Si tratta di una varietà dura, dovuta al clima molto rigido nel periodo invernale, che lo distingue dal farro coltivato in zone climatiche diverse.

La produzioneLa semina avviene alla fine dell’inverno-inizio primavera. La pianta del farro non necessita di interventi di irrigazione. La raccolta e la trebbiatura si svolgono nel mese di agosto. Dopo di cheil prodotto viene fatto essiccare per passare poi alla successiva sbramatura.

Farro di Monteleone di Spoleto DOP

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Il gambero di fiume e la trota Campello sul ClitunnoIl borgo di Campello sul Clitunno è suddiviso in due parti. Il castello di Campello (alta) che fu edificato tra il 1000 ed il 1100 per volontà del fran-cese Noverio di Champeaux ed il nu-cleo abitato, più recente, di Campello bassa. Non distanti dai due centri, il suggestivo borgo di Pissignano e le ce-lebri “fonti del Clitunno”, decantate da illustri cantori e poeti tra cui Virgilio, il Carducci e Lord Byron. Fonti nei pressi delle quali, anche se già in territorio del Comune di Trevi, è tutt’oggi visita-bile il tempietto pagano del Clitunno, edificato tra il IV ed il V secolo d.C. affacciato sull’omonimo fiume.

DA VEDERE NEI PRESSI:

L’habitat naturale del gambero di fiume sono i corsi d’acqua come torrenti e fiumi con ac-que correnti ben ossigenate e limpide dove il nobile crostaceo predilige fondali ciottolosi ed occasionalmente abita le grotte. Una volta assai presente in buona parte dei corsi d’acqua del versante preappenninico ed appenninico, in particolare nel Clitunno e nel Nera, oggi a causa di un sempre più diffuso inquinamento il gambero di fiume (Astacus Fluviatilis) è un crostaceo in via di estinzione. Di colore verde bruno i gamberi di fiume sono in genere più piccoli di quelli di mare ed in genere non superano i 12 centimetri di lunghezza. Le sue carni arrossiscono dopo la cottura e sono molto tenere e saporite. La varietà autoctona del gambero di fiume oggi viene allevata anche per favorire il ripopolamento dei corsi d’acqua.Sempre lungo i corsi del fiume Nera, Clitunno e dei loro affluenti ancora oggi è facile imbattersi nella trota “salmo trutta”. Infatti questi corsi d’acqua, grazie alle loro acque limpide e molto ossigenate, con fondali sassosi e rocciosi rappresentano l’ habita ideale di questo pesce. La trota fario, pesce assai poco resistente alle acque inquinate, ha corpo allun-gato cosparso di piccole macchie rotonde di colore nero e rosso. Nel caso di alimentazione del pesce ricca di crostacei, la carne assume una colorazione rosa ed il pesce prende il nome di trota salmonata. La carne è di alta digeribilità e possiede un buon contenuto di proteine nobili e grassi Omega 3.

sagra dell’anguilla

e del gambero di Fiume

prima metà di agostoSpoleTo (beroide)

sagra della trota

metà agostoScheGGino (valcaSana)

EVENTI

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La patata rossadi ColfioritoIn Umbria la patata è arrivata a partire dal XVIII sec., ma la sua coltivazione si è sviluppata soprattutto dal 1960 in poi, quando nell’altopiano di Colfiorito (ai confini tra Umbria e Marche) si diffuse una particolare varietà di tubero olandese.Piantata in maggio per essere raccolta tra settembre ed ottobre, la patata rossa di Colfiorito ha una forma irregolare, allungata ed ovale con polpa giallina e buccia appunto rossa tendente al rosa intenso. È molto utilizzata per la preparazione di piatti tipici, tra cui gli gnocchi ed i panierini. Data la limitata produzione e le limi-tate dimensioni delle aziende del settore, le patate vengono vendute ai consumatori, direttamente dai coltivatori in cui è facile imbattersi lungo il tratto di strada statale che attraversa la piana ed il centro abitato di Colfiorito.

Oasi naturale di ColfioritoA poco più di venti km da Foligno, lun-go la strada che porta al mar Adriatico, nei pressi del centro abitato di Colfio-rito si trova uno dei luoghi di maggior interesse botanico e ornitologico della nostra regione, l’Oasi naturale di Col-fiorito, nata a seguito dello spontaneo formarsi della omonima palude. L’oasi, per il suo interesse è stata dichiarata “zona umida di interesse internaziona-le”. Non è difficile imbattersi, nei pe-riodi di migrazione, nell’airone cinerino e rosso, nel tarabuso, nel germano imperiale. Poco distante dalla palude merita una visita la romanica chiesa di S. Maria di Plestia, costruita nell’XI sec. con resti di edifici romani.

DA VEDERE NEI PRESSI:

La ricetta:Gnocchi di patate con sugo di castrato

A detta di numerosi cuochi umbri, la miglior patata da gnoc-co è quella rossa di Colfiorito. Per questo vi consigliamo la preparazione di un piatto della tradizione umbra che vede la patata protagonista. Per il condimento, rifacendosi alle tradizioni locali, il miglior sugo con cui gustare gli gnocchi è quello di castrato (o di pecora). Per la preparazione degli gnocchi le proporzioni sono 1 kg di patate (che andranno lessate, sbucciate e schiacciate), un uovo e 250 gr di farina. Una volta lessati gli gnocchi e conditi con il sugo, il piatto si perfeziona con una bella spolverata di pecorino di Norcia.

sagra della patata rossa

seconda metà di agostocolfioriTo di foliGno

EVENTI

Il disciplinare di produzione stabilisce che sull’etichetta deve essere apposta la dicitura “Patata Rossa di Colfiorito - IGP” e il simbolo europeo della IGP, in caratteri di stampa delle medesime dimensioni. La denominazione “Patata Rossa di Colfiorito” designa i tuberi maturi della specie Solanum tuberosum.

Zona di produzioneLa coltivazione è consentita ad un’altitudine uguale o maggiore di 470 m slm; ricade nell’area montana dell’Appennino Umbro - Marchigiano e riguarda i comuni di: Foligno, Nocera Umbra, Valtopina e Sellano.

Patata Rossa di Colfiorito IGP

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori27

Il sedano nero di TreviLa coltivazione del sedano nella piana che da Spoleto si prolunga verso Foligno lungo il corso della moderna Via Flaminia ha antichissime tradizioni e rappresenta tutt’oggi una consolida-ta realtà. In particolare nel Comune di Trevi (noto soprattutto per la produzione di Olio Extra Vergine di Oliva) in diversi piccoli appezzamenti, ancora oggi sapienti mani provvedono ad interrare il sedano al fine di conferire a questo ortaggio tenerezza e candidezza di colore. In-fatti il Sedano di Trevi seppur noto come “Sedano Nero” è oggi tutt’altro che nero, in quanto questa colorazione significherebbe solamente legnosità e durezza. Pertanto dopo la semina, da tradizione il giorno prima di Pasqua, e dopo aver atteso alcuni mesi, circa tre settimane prima della raccolta (prevista nel mese di ottobre) quando il sedano ha oramai ha raggiunto un’altezza di trenta cm., si procede all’ interramento del prodotto. Questa procedura si rende necessaria per conferire al sedano maggiore morbidezza ed evitando così che al contatto con la luce, nel suo ultimo periodo di maturazione, il sedano prenda la sua normale colorazione bruna e diventi particolarmente fibroso.

Trevi

Una delle più antiche cittadine umbre, citata da Plinio come Trebiae, la capi-tale dell’olio si estende sulle propaggini del monte Serano. Oltre alla stupenda vista sulla vallata umbra, Trevi vanta numerosi edifici che presentano affre-schi sulle facciate, il suggestivo Teatro Clitunno di Domenico Mollaioli, la tor-re civica, e diverse chiese, tra le quali, certamente vanno segnalate quella di San Francesco che conserva opere dello Spagna e, fuori dalle mura, quel-la della Madonna delle Lacrime (sec. XV – XVI) che conserva la Cappella del Presepio affrescata dal maestro Be-nozzo Gozzoli.

DA VEDERE NEI PRESSI:

la carta d’IdentItà del Sedano nero dI trevI

Prodotto da pochi “ortolani” del comprensorio trevano, oggi il sedano nero di Trevi è tutelato come “Presidio Slow Food”. Il sedano può essere acquistato fresco direttamente “in campo” o in occasione della festa del sedano in ottobre, oppure gustato in diverse preparazioni proposte nelle osterie e trattorie trevane. Tra queste da segnalare “il pinzimonio” con l’olio di Trevi, il sedano ripieno e la parmigiana di sedani.

Presidio

sagra del sedano nero

e della salsiccia

mese di ottobreTrevi

EVENTI

La ricetta:Il sedano ripieno(per 4 persone)

Scegliere due grossi sedani e porzionare le coste più larghe e tènere, in modo da otte-nere parti lunghe 10 cm che saranno lessate in abbondante acqua salata ed asciugate. Preparare il ripieno con 100 gr di carne macinata, 100 gr di prosciutto, prezzemo-lo, 30 gr formaggio grattugiato, 1 uovo ed un pizzico di sale. Distribuire il ripieno sulla metà delle coste e ricoprire con l’altra metà e legare con uno spago ottenendo quattro porzioni. Passare nell’uovo e nel pan gratta-to i quattro involtini e mettere a friggere in abbondante olio. Quando avranno preso colore, toglierli dall’olio, bagnarli con salsa di pomodoro e formaggio grattugiato e ri-passare al forno per alcuni minuti.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori28

Spoleto

Definita da Herman Hesse come la più bella scoperta fatta in Italia, la cittadina di Spoleto deve la sua attuale bellez-za alla ricostruzione che seguì la sua distruzione per opera del Barbarossa nel 1155, anche se restano importanti testimonianze romane come il Ponte ed il Teatro ancora oggi in uso durante la stagione teatrale ed il Festival dei Due Mondi.Di epoca più recente, sotto la Rocca albornoziana (del 1359) che domina la città, il Duomo con la facciata ro-manico gotica con rosoni, sculture e il mosaico dell’antico maestro Solsterno, firmato e datato 1207. All’interno l’ulti-ma opera del grande pittore fiorentino Filippo Lippi, compiuta tra il 1467 e il 1469: la vita della Vergine con l’An-nunciazione, la Natività, la Morte e la sua Incoronazione affrescata nell’absi-de.

Il marrone di SpoletoLa zona dello spoletino, ed in particolare le frazioni di Vallocchia e Montebibico sono particolarmente conosciute per la produzione di marroni, la particolare varietà di castagne a base triangolare ed a forma di cuore di colore bruno/marrone lucido, con evidenti striature.La tradizione contadina tramanda come la pianta del castagno fosse considerata della stessa importanza del pane vista l’ importante fonte nutrizionale che la castagna rappresentava nella spartana dieta contadina.

DA VEDERE NEI PRESSI:

la carta d’IdentItà del Marrone dI Spoleto

All’aspetto il marrone di Spoleto si presenta molto diverso dalla comune castagna: nel colore, molto più scuro e tendente al rossastro e nelle dimensioni, certamente maggiori. In termini nutrizionali il marrone è ricco di carboidrati con una discreta presenza anche di lipidi e proteine. Il marrone può essere consumato “arrosto” o “lessato” oppure utilizzato per la preparazione di minestre e dolci.

sagra della castagna

mese di novembremonTebibico di SpoleTo e vallocchia

consorzio produttori

castagna umbra

c/o Comunità Montana Monti Martani e del Serano

Via Antonio Busetti, 28Spoleto (PG) 06049Tel. +39 0743.2141

Fax +39 0743.223757

EVENTI

La ricetta:Le caldarroste

La classica, e forse migliore, ricetta per gustare al meglio le castagne è quella più semplice, ovvero dopo aver inciso ciascuna castagna con la punta di un coltello per evi-tare che esplodano durante la cottura, met-terle a cuocere su una padella forata fino a che la scorza non si sarà imbrunita.

Le castagne lesse

Dopo averle lavate mettere le castagne intere in una pentola con acqua fredda e salata, aggiungendo a piacimento una o due foglie di alloro o del finocchio selva-tico.Protrarre la cottura fino a che le casta-gne non risulteranno morbide e facilmente sgusciabili.

INFORMAZIONI

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori29

Il mieleIl miele, a differenza di altre produzioni agricole dove l’ intervento tecnologico figura come fase non eludibile per arrivare al prodotto finito e fruibile, è tra i pochi alimenti già pronti al consumo sin dall’origine. L’apicoltore in questo caso usa una tecnologia non per trasformare o condizionare, ma per raccogliere e conservare nel suo stato origi-nario quanto le api hanno integralmente prodotto. La stessa legge sul miele descrive il miele come “prodotto alimentare che le api (apis mellifera) producono dal nettare dei fiori o da secrezioni di parti vive di piante che esse bottinano, immagazzinano e lascia-no maturare nei favi dell’alveare”. La produzione del miele è in gran parte integrata ad altre attività legate all’agricoltura, alla residenzialità rurale e parimenti dispersa su tutto il territorio sino nelle più isolate zone di alta collina e di montagna come quelle di Città di Castello, Gualdo Tadino, Gubbio, Nocera Umbra, Foligno, Norcia e Cascia.

Foligno

Una delle poche città dell’Umbria situa-ta in pianura, Foligno è stata fondata prima dell’anno 1000. Nel ‘300 e ‘400, con la signoria dei Trinci di cui ri-mane oggi affacciato sulla piazza prin-cipale l’austero Palazzo, Foligno go-dette di grande sviluppo commerciale e delle arti, tra cui quella della stampa; infatti fu proprio qui che vennero stam-pate numerose opere tra cui la prima edizione della Divina Commedia, pro-dotta in trecento esemplari nel 1472. Oltre a Palazzo Trinci ricco di affreschi che celebrano le arti e l’uomo, tra cui alcuni attribuiti a Gentile da Fabriano, una testimonianza di Pietro Vannucci detto il Perugino presso la Cappella dell’Oratorio della Nunziatella (die-tro la piazza comunale), mentre sulla Piazza della Repubblica il Duomo di San Feliciano (1200) e l’imponente Pa-lazzo Comunale terminato tra il 1835 ed il 1838. Inoltre meritano una visita la chiesa di S. Maria Infraportas (XII-XIII sec) con una serie di affreschi della scuola umbra e fuori le mura l’abbazia di Sassovivo (costruita nell’anno mille) presso cui sgorga anche una sorgente di acqua minerale.

DA VEDERE NEI PRESSI:

la carta d’IdentItà del MIele

Le tipologieLe qualità di miele prodotte nella nostra Regione sono uniflorali come il miele di castagno (di colore ambrato scuro e con retrogusto amarognolo), di erica (di colore ambra con tonalità arancia) di colza (di colore tra l’ambra ed il beige di odore marcato ma dal gusto grade-vole), di girasole (color giallo intenso con riflessi dorati e di media dolcezza), anche se la maggior parte sono mieli di millefiori e melata (prodotti un po’ in tutta l’Umbria). In merito a queste due ultime tipologie, il millefiori o miele di nettare è quello ottenuto dal nettare delle piante mentre il miele di melata è quello ottenuto principalmente dalle sostanze secrete da insetti succhiatori (Hemiptera) o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante. Secondo il metodo di produzione il miele può essere “di favo” con favi interi o pezzi di favo, “scola-to” ottenuto dalla colatura dei favi, centrifugato, “torchiato” e quindi per pressione dei favi, “filtrato” e cioè ottenuto dopo l’eliminazione di parti organiche ed inorganiche allo scopo prevalente di rimuovere i pollini.

mielinumbria

mese di novembrefoliGno

EVENTI

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Le acque mineralie la “Città delle acque” Nocera UmbraL’acqua di qualità in Umbria è dappertutto. Il rispetto per la natura e la tutela dell’am-biente, da valori culturali si sono trasformati in “ fonte” di ricchezza se si conta che l’Um-bria oggi, come in passato, vanta numerosissimi corsi d’acqua, parchi fluviali, laghi e le suggestive cascate delle Marmore. Accanto a cotanta abbondanza di acqua dolce, non potevano mancare sorgenti di acque minerali, che oggi possono essere apprezzate sia nei numerosi centri termali che semplicemente gustate in bottiglia.In tutta la regione possiamo ricordare le più note sorgenti di Rocchetta nel Comune di Gualdo Tadino, San Gemini e Fabia in provincia di Terni, ma non sono da meno le sorgenti di San Faustino nel Comune di Massa Martana, Tullia nel Comune di Sellano e Angelica, Flaminia e Cacciatore nel Comune di Nocera Umbra.“Assaggiata” e narrata con originalità poetica da Piero Fabbri nel suo libro “Acque Sorgen-ti” del 2002, l’acqua è anche protagonista del cortometraggio di Fabiàn Cevallos “Nocera Umbra città delle acque” del 2015.

Nocera Umbra

Posta su uno sperone di roccia a domi-nio dell’antica via consolare Flaminia, fu fondata dagli Umbri nel VI secolo a. C. con il nome di Noukria. Annes-sa allo Stato della Chiesa nel 1439 seguendone da quel momento le vi-cende, oggi è famosa soprattutto per le sue acque che con la sorgente del Cacciatore a Bagni danno vita ad un centro termale particolarmente indicato per le malattie gastroenteriche, mentre l’argilla locale viene utilizzata per i ba-gni terapeutici.

Sellano

A cavallo dell’appennino umbro-mar-chigiano, Sellano un tempo era nodo viario e centro organizzatore di un fertile bacino agricolo. Secondo la tradizione venne fondato nell’84 a.C. da alcuni seguaci di Lucio Silla che, in questo luogo, dopo aver combattuto contro Spoleto avevano trovato rifugio. L’abate P. Torretti nel 1788 affermava che «È più famoso questo luogo, può dirsi francamente per tutta l’Europa, at-tesa la speciale arte di lavorare il ferro e l’acciaio della più perfetta qualità in-trodottavi già da tanti secoli». Ancora oggi Villamagina può vantare l’antica lavorazione manuale di lime e raspe.

DA VEDERE NEI PRESSI:

l’acqUa In “etIchetta”

Tra le informazioni importanti che compaiono sull’etichetta vale la pena segnalare:residuo fisso – è il peso dei minerali dopo la totale evaporazione a 180°C di un litro d’acqua. In base a cio’ le acque vengono distinte in acque minimamente mineralizzate (se residuo fisso < 50 mg per litro), oligominerali (se r.f. < 500 mg per litro) e ricche di sali minerali (se r.f. > 1500 mg per litro);composizione analitica – è l’elencazione di tutte le sostanze saline, espresse in forma ionica, che compongono l’acqua.

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Atlante dei Prodotti Tipici e dei Territori31

glI StrIngoZZIStringozzi, strangozzi, strengozzi, strongoz-zi o strozzapreti (durante il dominio dello Stato Pontificio gli anticlericali umbri si ap-postavano in punti strategici ed all’arrivo dei preti si toglievano le stringhe delle scarpe e tentavano di strangolarli), si tratta sempre della stessa pasta lunga simile allo spaghet-to anche se più spessa e ruvida, schiacciata ed irregolare composta per due terzi di gra-no tenero ed un terzo di semola di grano duro.Gli stringozzi sono ottimi preparati con sal-sa di tartufo nero anche se non mancano versioni rosse con sugo all’arrabbiata o con sugo di castrato.

Il pane UMbroIl pane senza sale o “sciapo” nacque in Um-bria per esigenze “erariali” durante lo Stato pontificio. Infatti nel 1531 per contestare la tassa sul sale voluta da Papa Paolo III i forni iniziarono a produrre pane senza ag-giungere l’ingrediente più prezioso in quel momento.A tradizione mantenuta, oggi gli umbri sembrano quasi incapaci di apprezzare i pani delle regioni limitrofe che naturalmente contengono sale. Tra i pani dell’Umbria, tra cui si segnalano ottimi pani cotti a legna, emerge il pane di Strettura, che prende il nome dal piccolissimo paesino situato a metà strada tra Spoleto e Terni lungo l’at-tuale tracciato della via Flaminia e che è molto apprezzato per essere un pane con delle caratteristiche simili al pane di una vol-ta. Le ragioni della bontà di questo pane sono molteplici: le vecchie varietà di cereali, l’acqua purissima delle fonti locali e la la-vorazione completamente manuale. Anche qui, come nella migliore tradizione, il lievito viene sempre conservato dalla panificazio-ne del giorno prima.

Gli stringozzi, il pane e la torta al formaggiola torta al ForMaggIoConosciuta anche come pizza al formaggio, di forma simile al panettone, tradizionalmente la torta al formaggio viene preparata e consumata nel periodo pasquale. Infatti anche se oggi la produzione avviene continuamente nel corso dell’anno, l’usanza vuole che la torta venga consumata la mattina di Pasqua ed il lunedì successivo per la tradizionale colazione a base di uova sode e salumi. La preparazione prevede un impasto da pane arricchito con pecorino fresco tagliato a cu-betti, pecorino stagionato grattugiato, uova e olio extra vergine di oliva.

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La crescionda è un dolce tradizionale dello spoletino di antichissime origini. Le testimonianze riguardo all’ esistenza ed alla preparazione di questo appetitoso dessert si perdono nel medioevo quando si prediligeva nelle pietanze il contrasto agro – dolce. La ricetta originaria infatti prevedeva ingredienti quali: formaggio pecorino, uova, brodo di gallina, pane grattugiato, buccia di un limo-ne, zucchero, cioccolato fondente o cacao amaro. Oggi la crescionda prevede abbinamenti di ingredienti “meno azzardati” e si prepara con amaretti, cioccolato fondente, la scorza di limone, le uova, lo zucchero e la farina. All’aspetto si presenta basso, di consistenza morbida e costituita da tre strati: uno di fondo formato da amaretti e farina, uno centrale chiaro e morbido come un budino, uno superficiale di colore marrone scuro costituito dal cioccolato.

Stessi ingredienti o quasi, per nomi ed usanze diverse. L’attorta è il nome con cui nello spoletino si intende un dolce di pasta arrotolata apparentemente simile allo strudel con al suo interno mele, frutta secca (noci tritate, uva passa, pinoli, fichi) e spezie con varianti come il cacao amaro, lo zucchero a velo e l’alchermes che nella zona del folignate e dell’assisano è noto come rocciata. Diversi anche i periodi in cui questo dolce si prepara: per il periodo natalizio nello spoletino, per le ricorrenze di inizio novembre nel folignate e addirittura per il carnevale in altre zone dei monti martani.

Tipici biscotti secchi a forma di ciambelle, sono preparati nel periodo autunnale con olio extra ver-gine di oliva e mosto di uva. In genere si consumano alcuni giorni dopo la preparazione perché si lascia che si ammorbidiscano.

Prodotto soprattutto nella zona del folignate, il pane mostato è ottenuto con l’aggiunta, dopo la prima lievitazione, di mosto, zucchero, semi di anice e talvolta uvetta alla pasta del pane. Una volta impastato il tutto viene cotto nel forno a legna in piccoli filoncini o trecce e poi può essere lasciato intero oppure a sua volta affettato e le singole fette fatte essiccare al forno.

Noti perlopiù con il nome toscano di cantuccini, i tozzetti sono preparati anche in Umbria per accompagnare tradizionalmente il consumo di sagrantino passito, vernaccia dolce e vin santo. Sono dolcetti di forma allungata ottenuti dal taglio a fette e successiva essiccatura al forno di piccoli filoncini preparati con farina, uova, zucchero, lievito, mandorle a cui taluni aggiungono anice e cedro candito.

I dolci tradizionaliLa crescionda

L’attorta e la rocciata

I mostaccioli

Il pan mostato

I tozzetti

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Informazioni turistiche

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Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica del Comprensorio Folignate-Nocera Umbra Comuni di Foligno, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Montefalco,

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