aristotele e aristotelismo nella storia dell'estetica antica - rostagni

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  • 8/12/2019 Aristotele e Aristotelismo Nella Storia Dell'Estetica Antica - Rostagni

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    XrosEstratto dagli Studi italiani di Filologia classica

    N. S., II, 1921.

    AUGUSTO ROSTAGNI

    ARISTOTELE E ARISTOTELISMONELLA STORIA DELL' ESTETICA ANTICA

    Origini, significato, svolgimento della Poetica

    dE>7'

    FIRENZESTAB. TIPOGRAFICO E. ARIANI

    Via S. Callo, 'i'i1921

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    SOMMARIOCapitolo. Puimo.

    Aristotele davanti al rig'orismo di Platone.Necessit di uu' interpretazioue storica della Poetica di Aristotele. Se Aristotele abbia liberato la teoria dell' arte dai preconcetti mo-

    rali e utilitari. Sua dipendenza da Platone per le definizioni, le clas-sificazioni, la sistemazione della Poetica. I capi d'accusa di Platonecontro la poesia. L'atteggiami^nto apologetico di Aristotele e le sue ri-sposte: affermazione del carattere universale e quasi filosofico della, poe-sia; indifferenza pel contenuto mitico ed eroico; esclusione, per ragioniapparentemente estetiche, degli argomenti immorali ; la catarsi dellepasiioni. Interpretazione della catarsi. Le passioni da Platone con-dannate, da Aristotele difese, come mediatrici di piet, di filantropia, ecc.Catarsi, come opera di mediazione, di temperamento, di giustificazionemorale delle passioni : del pianto nella Tragedia, del riso nella Com-media. Conseguente diversa graduatoria dei generi poetici in Aristotelee in Platone. Esatta interpretazioue della catarsi iu Proclo, commen-taton- di Platone, e in altri neoplatouici. Identificazione di Proclo neo-platonico con l'autore della Creitomazia. Concetti aristotelici rintracciatinella tradizione grammaticale facente capo alla Crestomazia: special-mente nei trattati bizantini Da Conioeiia. L'autorit del Tractatus coi-slinianvs )ip- l-'-i^

    (/APITOLO SKCONDO.Le concezioni edon istica e moralistica

    della poesia e della musica.Il piacere come fine lell' arte Da non confondersi con la catarsi.

    Dipendenza di Aristotele da Platone nell' interpretare il i>iacere arti-stico : come effetto di un ragionamento; come effetto di una simpatia.Tentativo di giustificare moralisticamente il piacere. Concetto di un pio-

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    VI SOMMARIOcere innocente. Intervento della catarsi. I fatti impossibili ed assurdi am-messi talvolta nella poesia. La dottrina musicale di Aristotele acommento della Poetica. La musica come semplice riposo dalle fatiche :come mez/.o di educazione; come catarsi. Lh tre corrispondenti catego-rie dei canti musicali PP- 34-54

    Capitolo Terzo.Dai Pitagorici a Gorgia, da O.rgia ad Aristotele

    intorno al problema della parola.La. dottrina musicale dei Pitagorici. Loro ideale di vita. Catarsi

    delle passioni per mezzo della musica, e catarsi del corpo per mezzodella medicina. Contenuto terapeutico e contenuto religioso. La y^y.ay-mya musicale e la /iufijai?, interpretate come un processo di simpatiaimitativa. Affinit delle armonie e dei ritmi con le inclinazioni dell'anima.La musica come mezzo di educazione, per la sua influenza sui caratteri ;come riposo dai travagli ; come catarsi, ossia come mezzo di risvegliareartificialmente le passioni per indirizzarle e dominarle. Fonte di pia-ceri innocenti. Identit di tutta questa concezione con la concezione ari-stotelica. La poesia compresa nel concetto pitagorico della musica.La parola (poetica o prosastica) come strumento di xpvxaycoyia e di mi-mesi. In qual modo la parola sia concepita da Gorgia. Affinit della dot-trina cos retorica come poetica di Gorgia coi principi musicali dei Pi-tagorici. Damone di Oa. La catarsi tragica conosciuta e presupposta daGorgia. I concetti della seduzione e dell' inganno nell'eloquenza e nellapoesia Gli imocenti incantesimi pp 5.-78

    Capitolo (Quarto.Il sistema di Aristotelenell' anione della Retorica con la Poetica.

    Poesia e Prosa secondo Aristotele. Loro affinit sostanziale II lin-guaggio come opera di mimesi. Rappresentazione di oggetti naturali,non creazione spirituale. Conseguente dualismo di forma e contenuto. Lamimesi come contrassegno dell'arte non solo poetica, ma (in certo grado)retorica. Concezione gradualistica dell' arte. Estensione del concetto diarte a tutto quanto il linguaggio. Ditl'erenza fra j;li intendimenti d'Ari-stotele e quelli dell'estetica moderna. Mancata distinzione della cono-scenza intuitiva dalla conoscenza logica. Confusione del fantastico del-l'Arte con Vunivf^rsale della Scienza. Mezzo empirico di definire e inter-pretare ))ii giustamente l'Arte : la ^n

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    SOMMARIO VIIl'elocuzione) e li ridurre tutto ad un nucleo pragmatico-razionale. L'in-tellettualismo aristotelico : ostacolo a comprendere l'Arte. Genesi dellagraduatoria costituita dalle tre forme : poesia, retorica, scienza. Ten-denza di salvare la poesia e la retorica avvicinandole alla scienza. Po-sizione infima della poesia. Sforzo per ridurre anche questa ad unnucleo pragmatico-razionale. Il racconto come elemento sostanziale dellapoesia. La legge del verisimile e del necessario. Il possibile e l'univer-sale della poesia confusi con l'universale della scienza. Esclusione deifatti irrazionali, impossibili ecc. Infelicit del punto di vista aristote-lico. ... pp. 78-103

    Capitolo Quinto.Teofrasto e l'evoluzione dei principi aristotelici

    nella storiografia letteraria.Diffusione e sistemazione dell'estetica di Aristotele presso i Peripa-

    tetici e gli Stoici. Dalle mani dei filosofi a quelle dei filologi. Le fontiper ricostruire il sistema Teofrasto. Il suo principio fondamentale :uguaglianza qualitativa e differenza quantitativa di Poesia e Prosa Laparola come strumento di piacere. Graduatoria delle tre forme : poesia,retorica, filosofia. Il concetto dell'elocuzione ornala. I tre stili. La cate-goria jJOo? e jiddog come strumento di critica superiore. I quattro ele-menti caratteristici della poesia : il metro, il mito, la storia, l'elocuzioneornata. L'annessa classificazione delle categorie poetica, poesia, poema,poeta, come base di ogni trattazione mauiialistica. Polemica epicureacontro il formalismo degli Aristotelici. Il binomio mito-storia come cor-rezione teofrastea al concetto del verisimile di Aristotele. Il mito (cioil falso) giustificato col fine del piacere. 1 tre generi della poesia : dram-matico, narrai ivo, misto, e loro suddivisioni. Definizioni teofrastee di Epo-l)ea, Tragedia, Commedia. Le basi teoretiche di ciascuna. Ripartizionestorica della Commedia : Antica, Mezzana, Nuova : sua origine e signifi-cato. Concetto peripatetico di una Commedia ideale. Costituzione tec-nica del Dramma. Forme del ridere pp. 103-143

    Epilogo pp. 144-147

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    Capitolo Pijimo.

    Aristotele davanti al rigorismo di Platone.

    I concetti che costituiscono la Poetica di Aristotele e chesono, poi, la base di quasi tutta la critica letteraria nell'anti-chit, non trovano chiarimento e risoluzione nel semplice esamedell'operetta a noi pervenuta : anzitutto, perch, dei due libridi cui originariamente essa constava (1), non ci pervenuto

    (1) Ci risulta in modo ineccepibih^ dalla tradizione storica,n ha fondamento la tesi contraria, sostenuta, per cs., da Galati-Mo-SELLA, La genesi e il carotiere fondamentale della Poetica d'Arisi.(Palermo, 1910), secondo cui lopera sarebbe giunta a noi completaiu un libro. Quanto alla tradizione manoscritta, anch'essa pu* ) for-nirci qualche utile elemento, se non per stabilire l'epoca in cui la per-dita avvenne, almeno per confermare il carattere mutilo deUOpera.Essendo ormai sfatata l' opinione dell unicit di valore del Pari-S71US A, acquistano notevole importanza le osservazioni del Vitelli,in Studi ital. di Filol. class. , II, p. 505 e di C. Landi, ibid.. III.p. 70 sul testo del Riccard. 46, dove, oltre alla chiusa solita, dellavulgata, seguono alcune parole che ])aiono annunciare il contenutodel 2 libro (vedi qui avanti p. 13, n. 2). Affatto insignificante il re-cente studio di A. Ph. Me Mahox, (Jn the 2 Hook of Arisi. Poet. eie,in Harvard Studies in class. Philol. , XXVIII (1917), pp. 1-46, ilquale, sostenendo la tesi di un unico libro, attribuisce al dialogoITeQ .ToitTjv tutto ci che si cita come a])partenent' al perduto libro. Che questo lilno fosse, invece del secondo, il j)rinH) e trattasse i i)ro-blemi generali dell'Arte, nonch i principi delle singole arti, pittura,scultura, musica ecc., ipotesi inverisimile di S. Haupt, Philolo-gus ))', LXIX (1910), pp. 252-63, tale che, anche a priori, non ri-sponde al concetto e al carattere della trattazione d'Aristotele.

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    2 A. RiJTAf;XIche il primo ; poi, perch non composta in forma veramentesistematica ; infine, perch non c' .sistema il quale si lasci in-terpretare fuori della storia, vale a dire fuori dell'ordine realedi idee e di fatti che lo hanno determinato. dunque assolu-tamente necessario rifare la genesi dell'opera, seguirne quantopi si pu lo sviluppo, se si vuole ch'essa sia, non ci che parea ciascuno di noi, ma ci che era nel pensiero dell'autore, inconformit con le tendenze intellettuali e coi tem])i di lui.

    Questo lavoro non si compie se non per mezzo di una pa-ziente indagine attraverso fonti di et e di carattere svariato,filosofi, grammatici, scoliasti, compilatori, spesso trascurati odisprezzati, ciascuno dei quali bisogna interrogare e collocareal suo giusto posto. Ora presumibile che, su temi tante voltediscussi (come ad esempio quello della catarsi), buona parte de-gli elementi utili alla dimostrazione siano stati in qualche modoraccolti ed affacciati : anzi certo che Iacopo Bernays, nellesue memorabili ZiceiAbhandlungen ueberdiearistotelische Theoriedes Brama (1), ha posto, per alcuni problemi, una base largae sostanzialmente esatta alla ricerca: come pi di recente GiorgioFinsler, in Platon und die aristotelische Poetile (2). seguendo igeniali suggerimenti del Wilamowitz (3), ha percorso quasi tuttii tramiti che uniscono Topera aristotelica con le dottrine delMaestro e che giovano a spiegarla storicamente. Ma, tanto questiquanto altri studiosi, si sono limitati a richiamare l'attenzionesu separati elementi, in cui ciascimo ha creduto di trovare lasoluzione, senza sottoporli ad una visione organica, senza fon-derli in queir immagine ricostruttiva della realt, che la solaatta a produrre la persuasione, perch la sola in cui i disparatielementi prendano valore. Quindi 1 incoerenza dei risultati, lainefficacia dei mezzi diversi e, in apparenza, inconciliabili, ha con-dotto al gi criticato scetticismo verso ogni sorta di documento

    (1) Berlino, 1880. La prima parte anche in Abhandl. d. hist.-philob. Ges. in Breslau , 1857 ; la seconda in Bhein. Mus. , Vili(1853), pp. 561-96.

    (2) Lipsia, 1900. Questo libro lia quasi interamente soppiantatola precedente dissertazione di C. Belger, De Arisiot. etinm in Arirpoet. compoitenda Platunis: disripulo (Berlin, 1872).

    (3) In Arialot. u. Atheii, I, ]. 321 sgg.

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    ARIr'TOTEI.E E ARI5TOTELI*MJ NELL ESTETICA ANTICA 3che non sia il testo stesso, astrattamente considerato, di Ari-stotele. E perci, intorno al pensiero del nostro autore, sul testoaperto della Poetica, si sono viste e si vedono, modernamente,sorgere interpretazioni, seducenti forse, ma arbitrarie, e conTutto il carattere della alterazione storica (1).Da questa alterazione noi ci proponiamo di liberare voltaper volta i vari concetti, fino a raggiungere il carattere com-plessivo del sistema estetico di Aristotele : che anche (come>ar appositamente dimostrato), attraverso allelaborazione diTeofrasto e della scuola peripatetica, il sistema di quasi tuttala critica letteraria nell'antichit.

    * *La Poetica non un libro polemico nel senso vero e pro-

    prio della parola, perch (se si prescinde da alcune questionispecialissime, appartenenti pi alla grammatica ed ali esegesi,i-he non alla poetica, come sono gli noo'juara 'Ojii^gixd (2) ediltre consimili) lautore non si mette in posizione dialettica,non discute le proprie affermazioni, non fa confronti con co-loro a cui attinge o da cui si discosta. Cionondimeno risulta evi-dente, per chi un poco conosca il movimento intellettuale e gli-critti del tempo, che ogni sua proposizione composta a ra-gion veduta, con la coscienza dell'accordo o del disaccordo suoverso gli insegnamenti fino allora impartiti nelle scuole deiKetori e, soprattutto, verso le idee indimenticabili che in ma-teria di musica e di poesia ripetutamente aveva espresse Pla-tone, specie nei libri della Fepubblica.

    Il punto di vista di Aristotele, per necessit stessa di cose,veniva sulle prime ad essere diverso da quello di Platone, e

    (1) Alludo specialmente a M. Valgimigli, La Poetica d'Ari--fotele (Bari, 1916), ed a L. Russo, La catarsi di Aristot. (Caserta,'J19). Fra sii stranieri cito ad es. S. H. Butcher, Aristotle's Theory>i Poetry a.Fine art (Londra, 1898). Per, questa medesima tendenza osservabile anche iu interpretazioni di altri tempi e di altro colore,parecchie delle quali, dal Rinascimento in qua, possono vedersi de-.rcritte in Toffanin, La fine dell'Umanesimo (Torino, 1920), passim.

    (2) Cap. 25, che come un estratto dall'opera speciale compostacon questo titolo da Aristotele.

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    A. KOS CAGNIdoveva predisporlo a con.siderare larte sotto una certa speciedi autonomia, cio quasi indipendente da fini pratici e morali.Egli infatti studiava la poesia in s stessa, facendone due libriappositi (e per cominciava con quelle parole : Ueol n:on]TiySj^at'T//?), mentre Platone se ne occupava diciamo cos perincidenza, in opere politiche, j^er le applicazioni che potesse averenell'educazione dei cittadini. Aristotele la prendeva come unramo dello scibile, o come una parte (allora s* intendeva) direalt oggettiva, la quale in quanto esiste, in tanto merita diessere analizzata : mentre Platone la considerava come uno stru-mento, il quale tanto vale quanto serve allo scopo prefisso. questa una differenza intrinseca, un effettivo progi'essoche il discepolo abbia compiuto sulle vedute del maestro ? Op-pure un fatto esteriore, che non dipende da mutate concezionima dai diversi limiti occasionalmente fssati alla trattazione .'La risposta non pu essere data che dal seguito della ricerca.Per ora importa che il problema sia posto, e che si tolga pesoair impressione del primo superficiale contronto fra i duefilosofi.

    Le linee direttive di tutto quanto il sistema e la classifi-cazione scientifica sono schiettamente platoniche. Da Platone .anzitutto, derivata la definizione (gi prima contenuta nellacoscienza dei Greci, ed espressa nell insegnamento di Gorgiae di altri sofisti : ma per lui insignita di im pi solenne batte-simo filosofico), la definizione dellarte come mimsi (1) : dove

    (1) Recentemente P. Cauer, Termivoogisches zu Fat. . Aristot. Rhein., Mus. , LXXIII (1920), pp. 161-68, ha sostenuto, control'opinione comune e contro le profonde dimostrazioni del Fiksler,op. cit., p. 15 seg., che il termine viDtesi abbia in Platone il solo si-gnificato specifico concernente le forme dmiiiuutiche della poesia ;mentre il significato universale, che si applichi a tutto il concettodi aie, sarebbe introdotto per la prima volta da Aristotele. Ora, lesottigliezze verbali del Caner hanno apparenza di verit solo perchPlatone, nei luoghi della Bejmhhlica, effettivamente interessato acircoscrivere e distinguere quella tal forma di poesia che mimesiper eccellenza ; ma non hanno nessuna sostanza di verit, quandosi osservi che di questa stessa distinzione presujposto indispensa-bile il concetto di una mimesi generica ed univei-sale. Il quale concetto gi anteriore a Platone. Su questo punto in aperto errore, non solo

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    ARI*TOTKLE K ARISTOTKLISMO XEIX ESTETICA ANTICA Oin fondo non eni superato il concetto di una specie darti-lcio, mediante il quale Fautore, non tanto produca la realtinterna del projrio spirito, 1 impressione che in esso fanno lecose, quanto imiti e rappresenti, con maggiore o minore fedelt,la realt esterna delle cose, delle persone e dei fatti umani,sieno questi avvenuti o sieno soltanto supposti (1). Da Platone parimenti dettato il concetto che fa della Tragedia una conti-nuazione (in meglio o in peggio, per ora non importa) dell'Epo-pea (2); anzi da lui deriva la divisione generale dei generi poeticiinformata al diverso grado della mimesi : per cui abbiamo unapoesia propriamente mimetica o drammatica o attiva {oh} iniut)oe(og, in Platone), che la forma pi avanzata, dove loscrittore non parla in nome proprio ma imita persone che agi-scono : e una poesia esposiiica o narrativa (.-i?S] i/]y)]ois, i'nayye/ua.;) : fra le quali due oscilla un terzo genere che com-bina le caratteristiche di entrambe (i) 5t' ficforgcov, dettoanche y.ey.oajuvog ri-.-rOs in confronto coi due precedenti, xQaroi), cui i trattatisti daranno il preciso nome di mista o comune (3).il Cauer, ma anche il Fixsler, op. cit., \^\^. 11-12, che afferma nonTrovarsi traccia di teoria della mimesi precedente a Platone. Dimo-^treremo, in cap. HI, come fosse gi compresa neU insegnamentomusicale dei Pitagorici (e Platone, Resp. Ili, 399 sgg., 401 , laapplica pure aUa musica, desumendola da Damoue). Vedi poi Aki--TOFANE, citato pili avanti p. 7. Quanto a Gorgia, cf. SuESS, Ethos(Lipsia, 1910), p. 88 sgg.

    (1) Su questo j)unto (che contraddice a Valgimioli, op. cit.,p. XXXIX sgg.), vedi cap. IV.

    (2) Besp., X, 595 e, 598 (Z, 605 e, 607 ; Theaet., 152 e.(3) La tripartizione in Platone risulta da Eesp., Ili, 392 d sgg.Quanto ad Aristotele, fondamentale il discusso brano Poet... 3,

    1448 o, 20-25, dove la tripartizione stessa mi pare evidente, anche^e non si accettino le correzioni a tal uopo proposte (.su cui vediVahlen-Schne, Beitmge zu Arisi. Foei. (Lipsia, 1914), pp. 246-47).che non sono affatto necessarie, purch si virgoli convenientementela lezione ms. : y.ai yo.... /nifuToHui foxiv, xk fiv :iay/)J,ovia / eteovTI yiyvusvov (oTieo Ouijgog :tou, >/ co? tv aviv y.al fiij fxezafld/./.ovza // .Tana?

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    6 A. KOSTAflMDa Platone stesso discende Taltra grande classificazione fondatasul carattere etico del contenuto : da una parte la poesia seria,che imita so^rgetti nobili ed elevati, ed l'Epopea e la Tragedia;dall'altra la poesia faceta, che imita soggetti vili o. comunque,spregevoli, cio la Giambica e la Commedia (1).Come si vede, in questo caso Aristotele tutt altro chedeciso a liberare la teoria dell'arte da ogni ingerenza morale odutilitaria, nel modo che oggi si vorrebbe. Tanto poco vi decisoche non dubita di accogliere insieme con la classificazione pre-detta anche un principio di massima, il quale in Platone s'in-tende sbito, perch gli era suggerito dal suo spirito di con-danna della Poesia, ma fuori di questo spirito (o, almeno, fuoridi ogni considerazione etica, comunque impostata, a condannao a difesa) riuscirebbe assurdo ed equivoco : voglio dire chealla poesia nobile si dedicarono gli scrittori pi austeri (Platonedisse, chiaro e tondo, gli onesti), alla poesia faceta i pi bassi (2). Si separ la Poesia secondo le diverse indoli dei poeti. I piausteri rappresentavano le azioni nobili e di nobili personaggi ;i pi vili rappresentavano le azioni di gente da poco. Questifecero, dapprima, invettive personali: quelli, inni ed encomi.tone aveva proprio detto, con parole che Aristotele ricopia : aiu-y.o; t? fiexaj}o).g eyovaa, Resp., Ili, 397 b). Quindi non ha fon-damento il contrasto che dai critici jier lo pi s' immagina frauna pretesa bipartizione aristotelica e la tripartizione platonica. Arbitraria mi sembra anche l'interpretazione di 0. Immisch, ili Festschrift fiir Gomperz >. (Wien, 1902), pp. 259-61, ispiratagU dalGoMPERZ stesso, Zu Ai-ist. Poet., Ili, in e Sitz.-ber. AVien. Akad. ,CXXXV (1896), IV, p. 37, secondo cui la classificazione di Aristo-tele modifica e supera i concetti platonici, nel senso che Omero virap])resenti non una forma mista, ma la forma oggettiva e pragma-tica nella quale il j)oeta si immedesima con la i)ersona e con gli oggettirappresentati, mentre nella forma soggettivo-narrativa l'autore espones stesso. Ci si trova contraddetto da Aristotele stesso a p. 1460 osgg., dove, in assoluta coincidenza con Platone, riconosciuto cheOmero (pur in grado minore di tutti gli Epici) parla qualche voltiin persona propria e non allora fuinp'jg nel vero senso della parola. Cf. poi cap. V.

    (1) Plat., Leg.. VII, SU) e, 817 r/. Vili. S38 e ; Theaei., 152 f.Arist.. Poet., 3, 1448 6, 24 sgg. e passim. Cf. Fixslek, op. cit.,p. 45 sgg., 198.

    (2) Plat., Pesp., III. 396 e sgg.

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    ARI^'.'oTELi: b: AKISTOTKLISMi NKI.I, F>TKTICA ANTKA -Non difficile, intatti, riconoscere ivi qnel inedesinio c-

    none di critica elementare e popolaresca, in omaggio al qualele genti di tutti i tempi, e .specialmente gli antichi, si compiac-ciono di giudicare della nu>ralit degli .scrittori : per cui Saft'o diventata una specie di cortigiana ed Anacreonte un vecchioamoroso. Di nn tale principio xVri.stofane ha fatte frequenti ap-plicazioni : ed anche ne ha esposta, col suo tono burlesco, lateoria in un importante passo delle Donne alla festa Tesmoforia.in cui si rispecchiano niente meno che i concetti della mimesi,gi ridotti in termini scientifici dalla retorica contempora-nea (1).

    Se dunque in tal modo era legato il sistema estetico di Ari-stotele aUe dottrine del Maestro, si comprende comegli non po-tesse lasciare senza una risposta (esplicita od implicita pocoimporta) la parte pi viva e scottante della trattazione pla-tonica : che conchiudeva, come ognun sa, con la condanna dellaPoesia : condanna pronunziata in nome della liagione e deter-minata dal gi fatto esame di ci ch'essa poesia nella natura,nel contenuto e negli effetti suoi. Noi ci attendiamo quindi na-turalmente che, come egli ha stimato degno fare la teoria diquest'arte, cos, almeno definendone la natura, il contenuto, glieffetti, la sottragga in qualche modo agli aggravi che le eranostati rivolti.

    I capi d'accusa elevati da Platone si riassumevano in treprincipali. Primo : la poesia non esprime 1' idea originaria dellecose, la realt vera, a cui soltanto la filosofia pu arrivare, maimita r idolo di esse, cio le loro pallide manifestazioni in na-tura : si trova quindi lontana di tre gradi dal Vero (2). Secondo :essa sconveniente ed immorale nelle sue rappresentazioni, per-'che, quando imita gli Dei e gli Eroi, applica a loro la mediocrit,i vizi, le pas.sioni dell umana matura (3), e, quando imita gliuomini, pone (contro ogni sentimento di giustizia) i malvagiin istato di felicit, i buoni nella disgrazia (4). Terzo : non si

    (1) Thesm., v. 148 .'**rK- Vedi aiu-lif Achoni., v. 410 sgjn.(2) Besp., X, 596 sjrg.(3) L'esp., II, 377f/-38.Sr; III, 386-1(2.(4) Besp., Ili, 392 -C ; II. USO b,

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    8 A. ROSTAGXlfonda sulla rejiione alta e razionale dell'anima, anzi agita leba.s.se passioni, che culminano nel piacere e nel dolore (1).

    Eispetto al primo capo, Aristotele era gi a priori disim-pegnato, senza )isogno di scuse o di obiezioni, perch tuttisapevano com'egli non aderisse alla teorica delle idee. Ma im-portante e significativo ch'egli senta egualmente l'opportunitdi contraddire, per altra via, all'affermazione platonica e met-tere in rilievo il carattere universale (t y.atkov) e pressochfilosofico della poesia. A ci arriva istituendo il famoso e ma-gnifico confronto fra poesia e storia : questa fatta per rappre-sentare le cose avvenute e quindi rivolta al particolare, quellale cose possibili e quindi rivolta all'universale (2). Qui la con-cezione aristotelica, pur movendo da un principio esatto, nonriesce a distinguere la vera natura dell' arte, anzi confonder immaginabile, fantastico puro (che individuale e concretonon meno dei fatti della storia), con l'universale e l'astrattodella scienza (3), Ma ci si capisce, perch (a non dire degli altrimotivi che vedremo poi) quella concezione non occupa il cen-tro del suo spirito n del suo sistema ; sopraggiunge di sbieco arecare un argomento o una giustificazione contro la condannaplatonica.

    Il secondo capo creava invece un imbarazzo nuovo, a cuinon era facile opponesse solidi argomenti chi non aveva affattoraggiunto il moderno concetto di soggettivismo e liricit del-l'arte. Esso si componeva, intanto, di due i)arti. Per la primaparte, concernente gii Bei e gli Eroi, Aristotele gira l'ostacolo :cio tace (con un silenzio che pi significativo di ogni discorso)il carattere eroico e mitico della poesia. Eicordiamoci infatti.^Fu molte volte rilevata, come una strana manchevolezza, quellaper cui la Tragedia da, lui definita una semplice azione seria

    (1) Eesp., X, 603 rf-607 e ; III, 386 sgg.(2) Foet., ), UoO, 36-14516, 32.(3) Ci oltimamonte osservato dal Croce, Estetica^ (Bari,

    lUUit), p. 191, il quale in questo e nei pochi altri cenni sulla Poeticadi Aristotele d esempio del metodo, veramente storico, che desi-deriamo nello studio degli antichi pensatori. Quindi, contrasta conle comuni interpretazioni. La relazione con riatone, per questo eper il successivo capo d'accusa , sfuggita anclie al Finsler, op. cit.

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    AK'srOTKLK E AKI-^TOTRM^MO \ELL K^IKIMA ANTICA 9{.ig^i^ ortovaia) senza rattributo deireroico e del leggenda-rio, il qnale era pur tanto essenziale nel draninia antico, secondoil comune sentimento dei contemporanei (1). Si escogitanuiovarie giustitcazioni, pi o meno parziali. Certo. Aristotele ri-cadeva con ci nella gi accennata concezione, che confondeil fantastico dell'arte con l'universale e l'astratto della scienza.Lo si vede cos bene dal modo come generalizza ogniqual-volta gii accade il contenuto mitico di drammi e di poemi (2).3Ia a ricadrvi egli era anche mosso dalla necessit di eluderel'accusa platonica. Troveremo che, cessata questa necessit, isuoi successori, a. cominciare da. Teofrasto. ristabiliscono il con-cetto divino-eroico dell'Epopea e della Tragedia (3).

    Per l'altra parte, concernente il modo immorale di rap-presentare gii uomini, importante l'espediente a cui il nostrofilosofo ricorre. A un certo punto della Poetica dove meglio siscoprono talune tendenze normative dell'opera, e al teorico purosembra sottentrare il precettore egli prescrive che la Tra-gedia non porti sulla scena in atto di passare dalla felicit allainfelicit uomini I)uoni, poich questo non ispira i sentimentitragici della piet e del terrore, ma solo ripugnanza (luaov) ;e neanche i malvagi dalla infelicit alla felicit, poich, fra tuttii casi, questo il pi contrario allo spirito tragico, non conte-nendo nessuno dei requisiti, n il sentimento d'umanit e digiustizia (cpdvOQojjiov), n la piet e il terrore (4). Qui chiaroche Aristotele fa il massimo sforzo affinch le situazioni immo-rali, che il Maestro aveva rimproverate, vengano di per s eli-minate, con semplici ragioni estetiche : (|uiii(li le dimostra, nonrispondenti all'eft'etto tragico, il quale scaturisce da (luei de-

    (1) Poet., 6, 1449 fc, 24. Vedi che co(. S' intende che nella comune inter-pretazione di 'ft).vHQO}:tov (tradotto da Valgimigli, oj). cit., pp. 45, 74,come '( ci che soddisfa il gusto del pubblico), sfugge completamentoil valore del concetto. Bene il Fixslek, op. cit., pj). 126-27.

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    10 A. RO?TAGNTterminati .sentimenti, piet e terrore. Lo .sforzo, naturalmente,riesee solo a met, x>frc ht'. f - ^i iilt* i*lle origini, e si eerca comemai i sentimenti siano circoscritti alla piet e al terrore, e,soprattutto, come mai da essi si sprigioni o ad essi si aggiunga,arcanamente, la -filantropia, bisogna convenire che la limita-zione non ha altri criteri se non pratici e morali.

    Quindi, per Aristotele, lautonomia dellarte balena semprealla superficie, come sintomo, come aspirazione, come irradia-zione naturale di una verit incoercibile : ma non sorretta,all' interno, dalle ragioni teoretiche del problema risolto, dellaverit conquistata. Chi ci segue e resiste alla tentazione diammodernare l'antico, deve distinguere dora innanzi fra sin-tomo, da un lato, e problema ri.solto, verit conquistata, dal-l'altro. Ci parr tanto pi chiaro quando, fra breve, avremo di-mostrato che quella filantropia, frammilchiantesi ai criteri este-tici, non altro se non la purificazione, cio l'esito morale, deisentimenti di piet e terrore, nella poesia seria ; la purifica-zione e l'esito morale del riso, nella poesia comica.

    Il terzo ed ultimo capo daccusa era di gran lunga pi grave,perch implicava il contenuto intimo e fisso di ogni poesia, dalquale, quindi, non si sarebbe potuto in modo alcuno astrarre.Tanto pi grave in quanto Aristotele stesso non negava esserei sentimenti e le passioni ndOt] o rrat/jitaTa quasi pertur-bazioni dellanima, contrarie all' ideale del saggio : il quale,certamente, si avvicina al qgvtfwr y.u i]r,vyiov ij^oc di cui parlaPlatone, ed a cui, secondo Platone, la poesia reca nocumento.Senonch, mentre il Maestro, con labituale suo radicalismoaveva giudicato di estirpare le passioni, per lasciar sussisterela sola parte razionale deUanima, introducendo cos quel fa-moso ideale di apatia che sar pi tardi adottato ed imposto,come religiosa condizione di vita, dagli stoici : Aristotele col maggiore senso pratico che lo contraddistingue suggeriscesubito le debite cautele. Alni lo studio delle .scienze naturali e,specialmente, della medicina, ha insegnato esservi elementi eforze maligne, le quali esercitano un' utile e buona funzionenella vita. 11 toglierle di mezzo pu provocare mali peggiori.Cos le passioni, nella psiche, costituiscono una necessaria baseper le forze della volont. Yi sono passioni le quali, purch siano

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    ARISTOTELE E AKISTOTELI^MO XELL ESTETICA ANTICA I Iconvenientemente adoperate, tungono come armi ai tini dellavirt )) (1). Un esempio V ira. la quale per la virt come unosprone : estirpata essa, lanimo resta, inerme, pigro ed inettoalle grandi imprese (2). Tutto sta che questi affetti sieno scelti;sieno commisurati allo scopo buono : sieno moderati con curae circosj)ezione : ovvero anche purificati e purgaii dei loro ec-cessi (3). Poich, in conclusione, il sapiente non deve tantoessere senza passioni, quanto con moderate passioni : ovx (\n

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    12 V. ROSTAGM(lisiiii]eiiiiMto, ili l)reve, i):irte tacendo il carattere eroico, parteafteriiuuido luiiiversalit e la sostanza morale della poesia :cos anche da questo terzo capo egli si libera, dun tratto, in-trodiicendo il concetto della puHficazione delle passioni : y.-taQOiQ Tojv TiaOtifixcov

    In qual modo intenda questo concetto che, per s eper le discussioni che vi furono fatte, appar subito fondamen-tale , quali particolari funzioni gli ascriva, di dove infine loattinga, analizzeremo punto per punto (1).

    Per la parte a noi pervenuta della Poetica, Aristotele nonnomina la catarsi se non una volta sola, nella celebre defini-zione della Tragedia, dove dice che questa una no^ig, di'Xov xa cpftov Tteoaivovoa r]v tv xoiovtov Tiadjuduov y.-duQoiv (2). Fuori di l, in tutto il corso della trattazione, quan-tunque minutamente egli esamini forme ed effetti artisticidella Tragedia, non ritorna pi su quella parola. Ma ci sispiega naturalmente nella mia tesi, perch la catarsi non hail significato estetico che moderni interpreti le vorrebbero at-tribuire (e l'identificazione di xddaooig con fion'j mi sembrateoricamente un assurdo, essendo la prima un atto, la secondaun sentimento) (3), ma ha un significato pratico e morale, adem-piendo all'ufficio di eliminare, una volta tanto, l'appunto pla-tonico circa raziona' nefasta dei :iadif.iuTa nella poesia.

    Ma della catarsi il nostro filosofo tratta anche, con unacerta diffusione, nel libro YIII della Politica, conu' di un fe-nomeno che si accompagna a certe forme di musica chiamateTToay.Tiy. y.at v%votaoTiyA iih], esercitanti la loro azione sulle

    (1) Non diamo qui la l)ibliografia di questo argomento, che oc-cupciebl trop|)o spazio. Ci limiteremo ad indicare nel corso dellatrattazione gli indirizzi principali da cui ci scostiamo. Una chiaraesposizione delle varie interpretazioni, fino al 1900, diede N. Festa,Sulle jik recenti interpret. della teoria aristot. della catarsi (Firenze,1901). Dopo d'allora molto ancora si scrisse ; poco o nulla fu aggiuntodi nuovo e di conclusivo.

    (2) 6, 144 />. 24-8.(3) Vedi cai. II. pp. ;^l.:j(.

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    ARISTOTELE E ARISTOTELISMO XELT/ ESTETICA ANTICA 13indoli passionali (rovg f/Jtjuora^ y.a rovg (foji)jTiy.or:: y.a to:^ooK rraitjTiy.oi'^). E dice di riservare una pi chiara dolini-zione del concetto ai lil)ri della Poetica : ri f /Jyonev tjv yn-Jaooir, vvv /ter (ittIcoq, :rnhv (Y iv rog 7TqI Tion^TiySjc: toovni-roacptoieoov (1). Da queste parole si ricavano due importanticonseguenze. In primo luogo, la definizione scientifica dellacatarsi, non trovandosi nel testo a noi conservato, dovevaappartenere al secondo libro (2) ed essere presumibilmenteconnessa con la teorica della poesia faceta (Giambica e Com-media) : e ci ci apparir tanto pi probabile quando vedremoche la Commedia atjita passioni, in certo senso, pi basse diquelle della Tragedia, e perci richiede una giustificazione piesplicita. In secondo luogo, la catarsi viene, in sostanza, adessere identica alla catarsi musicale : e ci d evidentementetorto a coloro i quali pensano di x)rescindere dai capitoli dellaPolitica e intendere la catarsi tragica in senso estetico-sogget-tivo. In realt la catarsi musicale, con cui quella poetica siidentifica, da Aristotele presentata come un'operazione tramedica ed orgiastica mediante la quale gli uomini trovanosfogo alle loro passioni e, in conseguenza di ci, si sentonoalleggeriti ed allietati {>covq:>iCeo&w t(eO' fjovi]';.... (oottfo nofiagTvyvTag y.a y.adoaFog).

    8ui capitoli della Politica avremo occasione di ritornarepi avanti, allorch si dovr comprendere il problema dell'artenella sua interezza (3). Per ora ci preme dimostrare come il

    (1) 7, 1341 b, 38 sgg.(2) Xoii accettando, beninteso, V ipotesi del Berxays, op. cit.,

    p. 17 sgg., che la Poetica attuale sia una riduzione in cui V excerptorabbia lasciato cadere la definizione. L'espediente del Fiksler, op.cit., pp. 3-12, che interpreta fi- ro; neol jioiijny.r/g come riferentesiad una perduta parte della Politira stessa, dove l'autore abl)ia trat-tata la questione (h-Ua ])oesia, non mi sembra ]>ersuasiva. Per assi-curarci sul contenuto del II libro, assai importante sarebbe se nelletracce di alcune parole, che il cod. Riccard. 46 offre alla fine dellaPoetica, oltre il testo della vulgata, si leggesse con certezza ^lerii 19), ]). 247.

    (3) Gap. II, p. 43 sgg.

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    16 A. ROSTAOXIUn tale fenomeno di assistenza e liberazione psichica noi^

    aveva per i Greci nome pi adatto di y.dfiaooig. Esso poi eratanto consentaneo al loro modo di intendere k funzioni del-l'arte che Aristotele, con l'esprimerlo, non fece che riattaccarsialla tradizione anteriore, anzi ricostruire come pi avantidimostreremo (1) un ben congegnato processo d'idee, da cuiPlatone per spirito radicale e per amore di tesi aveva fuorviato.Inoltre, evidente che nel concetto dei Greci questo fenomenosi assimilava e confondeva, sia con l'azione delle orgie mistiche,le quali agitano la mente per poi lasciarla pura e tranquillain contemplazione della divinit, sia con l'azione della medicina,la quale neutralizza e trasforma nel corpo gli umori maligni:tanto pi che entrambe, nella pratica, si aiutavano proprio conmusica e canti. Magia, medicina, musica non erano per gli an-tichi cose a tal punto distinte come sono per noi : anzi, furonosempre tenute, pi o meno, fra loro aderenti dal primitivo con-cetto dell' incanto (jTco/j) (2). Basta questa considerazione, sto-rica, a rendere inutili od unilaterali le ricerche sia di coloro cheguardano con disprezzo 1 interpretazione patologica della ca-tarsi (essendo persuasi che catarsi debba avere un puro si-gnilicato estetico, conforme agl'intendimenti odierni ), sia dicoloro che, consentita 1 interpretazione patologica, si affan-nano a sostenere che avesse un fondo, non medico, ma orgia-stico, o viceversa (3). Catarsi evidentemente una metafora, mafino a qual punto essa lo sia ed in qual senso non dobbiamo direnon intende il modo in cui questo stogo si esplica, ossia la modera-zione (aviiuftola) che prescritta alle passioni e che si risolve in unade])urazione delle medesime. strano come questa avfiftsrgia, checostituisce l'essenza della y-udagaig, e che porremo via via in rilievo,sia generalmente ignorata. Eppure essa fondamentale anche nellacatarsi dei Pitagorici ; e Platone stesso, allorquando della catai-siparla, in senso generale medico -religioso (Sophiitt. 226 e sgg. ; cfr. qui.cap. ITI, p. 76), la considera come un ristabilirsi dell'organismo o dellospirito, da uno stato di neroin, ad uno di aviififroia (specialmente228 e).(1) Cap. III.

    (2) Vedi r importante lihjo di .1. (ombaiiku, La wusique etla magie (Paris. 1909), pp. 69 sgg.

    (3) Cos tipico il tentativo del Berxay.^. op. cit.. pp. 12 sgg..chi' vuole scartata 1 interpretazione di catarsi come luffratio neii

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    ARISTOTELE E ARISTOTELISMO NELL'ESTETICA ANTICA ITnoi con le concezioni moderne : deve dirlo Aristotele con laseienzii sua. e de' suoi tempi, in particolare con ^i stretti rap-porti ch'egli pone fra affezioni dellanima e affezioni del corpo.

    X qui vorremmo essere fraintesi. Il dramma greco pro-duce realmente nell' animo del lettore (come ha osservato ilGoethe) un senso di sollievo, di tranquillit, di pacificazione,poich, dopo avere agitato gli spettri della strage e dei de-litti, lascia l'uomo sereno davanti al mistero della religionee della morte : cio, non eccita soltanto gli affetti, n la-scia lo spettatore eccitato in preda ad essi, ma li riconducevia via ad uno stato di giusto equilibrio (1). Inoltre, tutta quantal'arte ha (come oggi s' insegna) una funzione liberatrice e pu-rificatrice, perch attivit che scaccia la passivit, spiritoche elabora e doma le impressioni naturali (2). Orbene. Nonv'ha dubbio che queste verit fecero ressa anche nella mentedi Aristotele : solo non poterono trovare, propriamente, altrainterpretazione fuori di quella empirica che abbiamo sopradelineato : cio confusa, come al solito, con concetti di diversoordine, fisico e morale.

    Soprattutto poi a me sembra che qnesta, xdOagaig rcov naOtj-ufkcor, contenuta nella Poetica, cessi affatto di essere proble-matica, quando la si metta in rapporto e la si identifichi conexpiatio. Tipica anche la polemica con lo Spengel, il quale .sostenevail significato di nn influsso esclusivamente educativo.

    (1) Goethe, Nachlese zu Aristot. Poetile (1826), cui s'aggiungequalche lettera (5, 354, Sylvesterabend 1829) citata da Bekxajs, op.cit., pp. 84-85. L'interpretazione goethiana traeva origine dalla pro-paganda romantica eWarte per Varie e non aveva nessuna preten-sione storica o filosofica. Fra noi fu diffusa di recente dal Festa.Sulle pih recenti interpret. ecc. e dal \'algimigli, op. cit., pp. XLVi-XLViii. Un' interpretazione in senso schiettamente religioso, connes.acon r ipotesi di un'origine della Tragedia dai Misteri, quella datada C. CESSr in Atti del R. Istituto Veneto . , LXXVIII (1919),pp. 637-53.

    (2) Croce, Estetica^, pp. 24-2.'). Il Croce con profonda avvedu-tezza, riferendosi alla catarsi aristotelica {ibid., p. 181), vi ammette un barlume dell' idea moderna della virti liberatrice dell'arte v.N pili n meno, infatti, di un barlume. Invece L. Ku.-j.so, op. cit.,male sfruttando il suggerimento del Maestro, pone ([uesf idea comehase as.soluta per 1' interpretazione della catarsi.

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    18 A. ROSTAGXIruniversalo procodiiiionto di cura e di i)urificazion' che il no-stro iiutore, in sede di etica, prescriveva alle passioni, per sal-varle dalla recisa sentenza di Platone. Abbiamo visto come, se-condo lui, vi siano affetti i quali, sapientemente indirizzati econtenuti, servono ai fini della virt. Di questo numero, ap-punto, sono le passioni tragiche del terrore e della piet. An-zitutto, il terrore [cpfog) non dev'essere troppo violento, benscommisurato alla piet : poich, altrimenti impedirebbe il sor-gere di questa (cio, sarebbe ixy.oovoTixg lov flov) (1).La piet diventa quindi la nota fondamentale della Tragedia,si confonde ed identifica con quella tal ovjnindOna (qualcosa frala nostra compassione e la simpatia) che Platone aveva consi-derata come l'effetto pi palese, e deleterio, della Poesia. Orapiet, compassione, simpatia appartengono, gi da s stesse,all'indole buona {/ojotp ijdoi;) (2). Se poi siano un poco indi-rizzate (poich certo che piet si prova per 1 innocente ,rrfol tv (h'^tor voTvxovvra), esse formano la naturale e ne-cessaria base di una fra le migliori doti dell'uomo: il sentimentodi giustizia e di umanit, la filantropia (3). Xon si pu essereumani senza avere sofferto, senza avere in qualche modo par-tecipato alle sofferenze altrui. Con questo ragionamento ilnostro autore apre nella concezione, non solo estetica, mamorale del Maestro una ferita insanabile. I maggiori eredi epropugnatori della apatia platonica, gli Stoici, si sentiranno disecolo in secolo colpiti, per opera dei Peripatetici, da quella stessaobiezione. Chi ha il coraggio di mettere la misericordia, la sim-patia, la debolezza del pianto, fra i vizi, se essa la condizionesine qua non per la cpdavOQoyma, ])er Y amicitia homiunni, perla caritas hnmana ? (4)

    (1) Foet., 14, 1453 fc, 7-10, 12, sgg. ; Rhetor., II, 8, 138fi, 22.(2) Rhetor., II, 9, 1386 6, 12, 33. In senso ristretto Aristotele

    ritiene che per le passioni gli uomini non si chiamino n buoni ncattivi {Ethie. Nic, II, 4, 110.5 b, 28 sgg. ) ; in pratica dichiara (neiluoghi citati) che la compassione, il giusto disdegno, la gioia per lameritata fortuna o sfortuna di un altro, sono segno d' indole buona ;r invidia e a gioia maligna, d indole opposta.

    (3) Poet., 13, 1453 a, 1-7, che inter])reto coi tosti appresso citati.(4) Tutto ci si deduce speciahnenle da un inosservato fram-mento anonimo, di ])()lt'niica contro gli Stoici, i)u))bHca1o da D. CoM-

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    ARISTtTELK E ARISTOTELI-M XELL 1> 1 H 1 ICA ANTICA 19Ora sono veramente chiarite le rairioni per eui, nel gi ci-

    ato brano della Poe/?V, Aristotele atrgiuntre. ai sentimenti dipiet e terrore, il (iikuvOownov. un nesso preciso, studiato,definitivo, che non solo giustifica, o meglio corregge, il modocome dai poeti si rappresenta la fortuna dei buoni e dei mal-vagi : ma risponde alla pi grande accusa platonica, sulla pas-sionalit dell'arte : e soprattutto spiega, pone in atto, conl'esempio, la xdOaoot^ della definizione. Nesso preciso, che si con--erva nella tradizione della scuola e giunge (col significato pre-gnante dei termini tecnici) ad Orazio :

    Ut ridcutibus adiideut, ita flentibus adfleiitHuniani vultus (1).Humani anche nel riso Intatti, il ragionamento di Ari-

    stotele si estende, tal e quale, al riso della Commedia. Dice chesso colpisce le cose sbagliate e deformi, ma senza dolore ndanno : non va rivolto contro i delitti e le colpe gravi, perch

    I ueste han bisogno di essere attaccate con ben altre armi ; e nean-che contro le miserie nobili e dignitose, perch su queste non -iusto, non cortei^e, non umano scherzare : si limita a quellep.VRETTi (Frmvmenlo filosofico da un papiro grevo-egizio) in Fest-}>. 80-89. Mi pare di poter-rabilire, dopo il fin qui detto, che l'autore della polemica sia un pe-ripatetico e serva ad illustrare, di luce nuova, il concetto, sia morale-ia estetico, di Aristotele. L' imbarazzo degli Stoici in tale questione

    poi descritto da Augustin., De eie. dei, IX, 5. Jamicitia hominumune radice della misericordia compare anche in un brano di Confess.,III. 2, che ha proprio per argomento gli etetti della poesia dramma-tica; e fu perci addotto dal Berxays, op. cit., pp. 11.5-16, a commentodella catarsi, ma senza alcuna avvertenza relativa al (fi/Mv&Qwnov.Questa avvertenza trovasi invece in Suess, Ethos, pp. 97-98. Im-portante pure una testimonianza di Cicerone, Acad. prior. II, 44,13.5, la quale solo ora pu intendersi appieno: illi quidem [VeterisAradeniiae phiosophi] etiara utiliter a natura dicebant permotionesifitas oiimis nosirin datas : vtiserieordiani aegritudinemque ( s).eov)riementiae (= rfiAavd^(o:im?) causa, etc. Cicerone attribuisce questiintendimenti all'Academia Antica ; ma evidentemente l'AcademiaAntica era sotto V influsso di Aristotele.

    (1) De Arte poet., vv. 101-2.

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    20 A. ROSTAGN'Iche non meritano grande odio, n grande amore (1). Dunqueanche il riso trova il suo freno e la sua giustificazione moralenella filantropia : la quale sola insegna a distinguere lo scherzobenevolo dalla mera malignit.In questo naturalmente implicita una conclusione a cuiavreumio potuto anche prima venire : non essere la catarsi pro-priet della sola Tragedia (come dai pi si ritiene), o della Tra-gedia e dell'Epopea (a cui gi il testo della Toctica a noi perve-nuto permetteva di estenderla) (2), ma appartenere pure al-l'altro ramo della poesia, in particolare alla Commedia : propriocome ci suggerito da alcune fonti grammaticali di et tarda,cio da Giamblico (3) e dai trattati bizantini De Comoedia(es. Tractatus coislinianus) (4), a cui per questa parte comin-ceremo a dare credito.

    Ora, poich le posizioni ideali di Platone e Aristotele versol'Arte possono dirsi rispettivamente chiarite, opportuno an-cora vedere in qual senso si riflettano sulla classificazione cheentrambi gli autori danno della Poesia e che abbiamo riferita aprincipio. La classificazione per entrambi identica, nell'aspetto

    (1) Foet., 5, 1449 rt, 32-37. dove della teoria concemente il ri-dicolo non dato che un breve cenno ; poich doveva essere svoltanel II Ubro. Per si ricostruisce in parte, con Bhetor.. Ili, 18, 1419 b.2-9, con Eth. Nic, IV, 1228 a, 20, e specialmente con Cicekon., Deorai., II, 58. Che la filanlropia appartenga anche aUa Commedia, edia luogo ad un maggiore parallelismo fra le due forme drammatiche :ch'essa sia implicita nella definizione del ye/.oor come alay/j? tcitovy.ai ov phaozty.r, e S conservi, manifestamente tradotta, nella fraseticeroniana parcendum maxime est {in ridendo) ca riiati homi-num: mi sembra che non fosse assolutamente avvertito dagli stu-diosi di questa materia. Cf. pure Orat., 88 ; Quikt., Inst. or., VI, 3, 28.

    (2) 26, 1462fl-fe. Cfr. Finsler. op. cit., pp. 211-12.(3) De myst., I, 11. Vedi qui avanti, j)p. 29 sgg.(4) TzETZ., p. 17, 2 ; Traci, coisl. 3 e 6, pp. 50, 52 ; Schol. D/a?/^.

    Thr. GoettUng, p. 58, 31. Sulla vaUdit del Tract. coisl. in questo puntecf. il cap. V. Avverto che i trattati De comoedia, cos romanicome bizantini, sono sempre citati (salvo indicazione in contrario)secondo l'edizione del Katbel nei Coniicoruvt graecorum fragmenta, I(Berlino, 1899). GU scolii a Dionisio Trace (fuori dei pochi braniutih pubblicati dal Goettling) secondo l'edizione del Hilgakd neiGrammatici graeci, parte III (Lipsia, 1901).

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    AJMSTOTELE K AJUSTOTELI.^MO NKLI. E* fKTICA ANTK'A 21esteriore ; diversa, nello spirito e negli intenti. Il Maestro, perprimo, aveva distinto tre forme: dram mai Ica o strettamenteimitativa; mista: semplice o espositiva. Ma il suo scopo nonera stato se non di far valere in una specie di graduatoriaprofondamente ragionata la gi espressa condanna per TArte per lArte ch juijutjoig e ncfi.-KWeia : quindi aveva vilipesola forma drammatica. Tragedia e Commedia, che la pi mi-metica e patetica di tutte, e aveva preferito la forma semplice,nella specie degl'Inni e degli Encomi per gli Dei e per gli uominigi'audi: la forma semplice o. tuffai pi. la mista: lEpopea (1).

    Aristotele copia lo schema, ma inverte naturalmente i va-lori. Perci il Dramma come espressione della ui'iojoig edella ovicrdOeta occupa nella Poetica il grado pi elevatodellarte.

    (1) Questa specie di graduatoria risulta, in primo luogo, daBesp., Ili, 396 r-397 d, che per ha hisoguo di opportuno commento.L'autore chiama le due forme estreme, ossia la ulfit^oi? vera e pro-pria (djiaan t iiiiu'jaso};) e la a-T// it'jytjai?, con l'appellativo diri'.-Toi y.oaroi ; e y.ey.oaufvov chiama la forma mista (397 d). Cipremesso, egli dichiara di preferire, per l'ammissione nello Stato,jv tov irTteiy.og ftiui]tj)' y.oazov. Il Cauer, Rhein. Mus. , LXXIII(1920), pp. 166-67, prendendo uiui^ii'ig in senso specifico ed esclu-dendo presso Platone ogni altra validit alla parola, sostiene che que-sto sia il poeta drammatico. Ma egli non s'avvedo che la spiegazionevera (se dulbio esiste) data, due righe pi avanti, dall'autore stesso,dove dice che il genere contrario a quello prescelto -, ossia l'altroestremo, l'altro genere y.oaiog, ii assai caro ai giovani, e ai maestridei giovani, e all' intera moltitudine > . Questo qui dunque, e non quelloche sostiene il Cauer, il genere drammatico, sul quale anche nelleLeggi, II, 658 d fatta la medesima osservazione : essere il piii caroai giovani, alle donne ed alla moltitudine. E la graduatoria sopraddettasi interpreta appunto col luogo delle Lingi : dove l'Epopea presceltaper il trattenimento dei cittadini pi assennati ed anziani (pElrioveghfaxai), mentre Commedia e Tragedia toccano la prima ai giovani, laseconda alle donne ed alla moltitudine (contro di che ])are diretto il(Quesito d'Aristotele 26, 1461 l>, 26 sgg.). Un ulteriore commento tornito nel corso .stesso della Jiepuhblira, da X, 607 ab, dove, pur ri-conoscendosi che Omero sommo poeta e primo dei tragici, le unicheopere ammesse nello Stato sono gli inni in onore degli Dei e gli en-comi dei grandi uomini : vale a dire le vere roV imeixovg ftin/jottgy.ourot. La qual scelta si ripete, sostanzialmente, in Leg., VII, 801 e.

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    AKIST01KIE K VRlSTOTKLISMt) NELL ESTETTCA ANTICA 2.Snkuron'o^ IIoneia (1). Xel quale le varie questioni poste daPlatone, che riguardassero cos la musica propriamente detta(armonie, ritmi, strumenti) come la poesia e la letteratura,erano trattate a fondo, e naturalmente in contradittorio conla scepsi platonica, se le direttive di Dionisio erano quelle dellaconmne dottrina de suoi tempi (2).E si capisce adesso perch Proclo (pur non ignorando laPoetica di Aristotele, almeno nelle riduzioni e nelle sistemazionidella Scuola peripatetica), avesse a mano sul problema della ca-tarsi una fonte intermedia. Questa era di tale natura da ren-dergli servigio non per quello solo, ma per altri numerosi pro-blemi nel corso de suoi Commentari. I capitoli pi complicati,che riguardano la tecnica musicale, armonie, ritmi, strumenti,sono evidentemente deiivati di l : tanto pi che anche in essioccorre al compilatore di invocare la catarsi : catarsi musicaleidentifcantesi per lui (come per Aristotele) con la poetica (3).Vi sono poi anche ragioni dordine generale che indicano Elio

    (1) Suin., s. V. Aiovra. ' A'/.ty.uor. 0. Immisch, ili Festsclir. t.Gomp. , p. 268 sgg., aveva pensato che Proclo alludesse a Duride e aCallimaco, perch nel commento al Timeo, 21 e, p. 90, 25, egli cita lepolemiche di questi due contro il giudizio poetico di Platone. Ma sitratta di uno speciale giudizio intorno al valore del poeta Antimaco,da Platone ammirato.

    (2) Finora un'idea della dottrina di Elio Dionisio ci si faceva daiframmenti della Movoixij laiogia, sebbene sia incerto che questi va-dano accresciuti conforme all' ipotesi dello Schneider e di altrifilologi con gli estratti di Rufo presso il retore Sopatro. Dio-nisio scrisse pure un trattato Ihol uoiort'jTOr (concernente le affliiifdello armonie e dei ritmi con le voci), che dimostra dipendenza daPitagora-Damone-Aristosseno. Vedi cap. Ili, e cfr. We^^tphal, DieFragm. . die Lehrstze d. griech. Bhythvi. (I^eipzig, 1861), p. 46.

    (3) I, p. 62. Nel parlare della catarsi musicale Proclo citaU Minosse platonico (f) : per dimostra di conoscere, anche qui, lecritiche di Aristotele, Polit., VIII, 1342 , 33 sgg., a Platone. Piche il Minosse, egli avrebbe dovuto citare Conriv., 215 e, da cui leparole del 31 inosse sono ricavate non senza fraintendimenti. CertoPlatone, pur non aderendo alla dottrina, pitagorica, della catarsi (vedicap. Ili, p. 78), riconosceva gli eletti estatici della musica : anzi lichiamava Koijvfiurrcov aiiara, collegandoli con lo speciale fenomenodel Koov^avTtuaitg, in cui si com])rendevano tutti i sinfond nervosi,sonnambulistici e magnetici: Leg. VII, 7iiO e, 7 1 />.

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    24 A. ROSTAGNIDionisio rome lautore pi adatto da esser messo in relazionecon Proclo. risaputo che la MovoiyJ] loxooia di quel dottis-simo uomo, compresa in 36 libri, fu una delle principali enci-clopedie in cui si raccolse il sapere letterario e graimnaticale degliAlessandrini per trasmettersi ai bassi tempi. Essa dovrebbe, se-condo ogni probabilit, figurare nella lista delle fonti usufruitedalla Crestomazia letteraria di Proclo, e (se a lui si riferisconole citazioni y.ar Jiovvniov y.at Kozr)Ta y.al Evy.Xei]v nei Pro-legomeni di Tzetze e in altri anonimi De Comoedia) forn, at-traverso Proclo, non pochi elementi eruditi a quei famigeratitrattatelli bizantini, che abbiamo gi citati per la catarsi co-mica e che dovremo citare sempre pi spesso.

    Questo il primo punto ch'era bene fissare per compren-dere l'attendibilit e la posizione storica di Proclo. Vediamo orala soluzione, ch'egli riferisce, del verdetto platonico. formu-lata in questi termini: Tragedia e Commedia servono allapurificazione [cpooicootg) delle passioni : giacch queste non possibile eliminarle del tutto, n d'altro canto prudente sod-disfarle {fi:riuji/Avai) senza condizioni : quindi abbisognano diuna qualche opportuna sollecitazione {yivi]oig), la quale, sod-disfattasi nella semplice audizione di quei generi poetici, cilascer poi da esse indisturbati per il rimanente (1). La mede-sima soluzione ripetuta e chiarita in questi altri accenni :(c Espellere la Tragedia e la Commedia era cosa sconveniente, secon esse possibile soddisfare, moderatamente (ijujitrgojg), lepassioni e, soddisfatte, averle ben disposte ai fini dell'educa-zione, guarendole {Oeganevoavreg) di ci che in esse morboso(t Tienoviyy.g avzcv) (2), Anche noi diremo che l'uomo po-litico deve procurare sfoghi {jieQaoeis) a queste passioni, manon in modo da stuzzicare e accrescere il gusto per esse, s inmodo da infrenarle e dirigerne ordinatamente gli stimoli [coreya/jvorv y.al rag y.ivjoeig avriv iune?Mg nvaarAleir). Poich,quelle poesie che nell evocazione di tali passioni oltre alla va-riet hanno 1 intemperanza (t iisTQor), sono ben lungi dalservire a purificazione. Le purificazioni infatti consistono, nongi in eccessi, ma in moderate e composte attuazioni {r

    (1) I, p. 42.(2) I, p. 49.

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    AlU^^TOTl'.l.K i: AKISTOTET.ISM.) XKLL ESTKTK A ANTHV 25orrfOT(xkiitrai^ iyfoyeiai^), iiveuti una ridotta somi.elianza conquegli affetti di cui sono la purificazione (1).

    Per giudicare nel loro preciso valore queste importanti af-fermazioni, e decidere fino a qual punto esse contengano ma-teriale aristotelico, bisogna liberarle dallastrattezza in cui iprecedenti studiosi le hanno lasciate, e metterle in relazionesia col rimanente contesto di Proclo, sia con la sua })ersonalitletteraria.

    Prima di tutto, va eliminata come arbitraria 1 idea che ilnostro commentatore abbia travisato la teoria della catarsi coninflussi di misticismo neoplatonico. Di ci non si pu ragione-volmente vedere traccia nemmeno nella denominazione cfo-alojoig, che egli adopera a preferenza di y.Oaooi^, perch ancheessa ricorreva gi presso Platone (2), e se in cpoaiiooiq piespresso il lato mistico del concetto, V altro lato, medico, pure posto in rilievo nel eorso della descrizione, in modo da co-stituire quella complessit tra metaforica e reale che dissiessere propria del concetto di catarsi. Quanto ali atteggiamentoche Proclo tiene negli altri problemi generali della Poetica,esso si dimostra governato dalla pi schietta tradizione gramma-ticale. La nota dominante bens (a rivendicazione di Omero edifesa della poesia) V interpretazione allegorica dei miti : maquesta interpretazione non bizzarria neoplatonica: dottrinae critica letteraria degli Stoici, che si combin fin dagli inizicol sistema estetico e con la precettistica formale della Scuolaperipatetica, costituendo come un tutto organico e, quasi, ilfondo della coltura alessandrina. Bisogna altres riconoscere cheuna tale interpretazione, intellettualistica qual , era stata in-direttamente preparata e favorita proprio da Aristotele, quando,

    (1) I, p. 50.(2) Vedi specialmente Phiedoii., 61 oh. Da questo ])asso del

    '( suo autore probabile che Proclo .sia indotto a preferire Innopiuttosto che l'altro dei due vocaboli, i quali nel linguaggio mi.sticocontemporaneo erano pressa poco equivalenti. II Bernays, op. cit.,pp. 47, 51, 110-12, sostiene che f/oouonig risalga ad Aristotele, e che inquesto scrittore, e generalmente nell'uso classico, non avesse affattosignificato religioso (bens terapeutico). Ma gli sfuggito J'haedr.,242 e, dove rfoaiornUnt appunto il purificarsi di un aiiagii^nn al co-spetto di Dio.

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    ARISTOTELE E ARISTOTELISMO NELL ESTETICA ANTICA 27XOt'jOoyTut ToT^ i^ooyiCovoi rjy tfV'/Jir ueot, xdOimaun'or^(doneo aroFi'a^ Tvyrra^ y.a y.atidoo^uK (1).

    Il secondo concetto si collega pure, in maniera sintoma-tica, con la trattazione della musica. Aristotele distingue melodiedi contenuto strettamente educativo iOixdjimai , ed altre le sopra citate, Tioay.xixax y.d: h'Sormaoriy.ai le quali, senzaessere, in s, educative, sono nondimeno legittimate (diciamo inbreve) per via della catarsi. Sole le prime gli paiono adatte adessere cantate ed eseguite, in persona propria, dai cittadini.Le altre debbono essere riservate all'audizione, e mettersi inopera \wy mano di estranei : :toi(ivan

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    28 A. ROSTAGMtermini tocnici : ai yo nq oouoek; ory. n- r.ifiofio/.aTg oo'. Lanorma estetica questa : che le passioni agitate sulla scena sieno esse di piacere o di dolore non debbono oltrepassareuna certa misura. Per la Tragedia, nel testo della Poetica, cisi lascia ricavare dai limiti che il filosofo d del tragico vero eproprio, in guisa da escludere 1 mostruoso (reocxrjei;) e il ri-pugnante ijuiagv), tutto ci insomma che non tende al com-passionevole e al filantropico (1) ; e pi ancora dalla prelerenzache dimostra per quei drammi come l' Ifigenia in. Tauridedi Euripide i quali, pur suscitando terrore, si risolvono senzafatti sanguinosi (2). Ma meglio commentato dalla successivatradizione peripatetica, parlante in quei versi di Orazio :

    Xe pueros coram popvilo iledea trucidet,Aut humana palam coquat exta nefarius Atreus,Aut in avem Procne vertatur, Cadmus in angueni (3).Per la Commedia il concetto appare evidentissimo e vera-

    mente ad essa connatm-ato. Infatti anche il riso Aristotele in-tende che sia contenuto nei limiti della filantropia : e percispiega com'esso debba superare le forme grossolane deVosce-nit e dell' insulto. individuale {/ojjnooyJa, ahygooyia, loiogia,f'yog) per appuntarsi in quelle temperate, universali, idealidell' ironia e dell'allusione (eloon'sta, vTivoia), che si ispiranoappunto ad un tal senso di bonariet e di giustizia (4). Anzi,in questo processo di limitazione il nostro filosofo vede adem-piersi, oltrech la legge morale ed estetica, addirittura l'evo-luzione storica della poesia faceta, che va dai Giambograf edalla Commedia primitiva alla Commedia di Aristofane o deipi recenti (5).

    Di qui s intuisce che la norma della ovjufierQia tv :ra-HrifiuTv doveva essere specialmente svolta, nel testo originaledella Poetica, al proposito e nei riguardi della Commedia. Epoich la ovjiijueroia jv rra^]jiiro)v risulta ormai essere nonaltro che un mezzo, anzi la manifestazione e la spiegazione mag-

    (1) U, 143 l>. 8-10 ; 13, 1452 b, 34 sgg.(2) 14, 1454 fl, 4-9.(3) De Arte poet., vv. 185-87.(4) Rhetor., Ili, 18, 1419 i, 2; Eth. Sic, IV, 1128 f. 20. Cf.

    pel resto sopra, ]). 20. n. 1.(5) Cf. cap. V.

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    AKISTOTELK E ARISTOTELISMO XEI.l E.-TETU A ANTK A 29giore, della y.rWaoni; nov .-raOijuuTtDy ; ecco che d;i, ci noi ci tro-viamo abbastanza saldamente confermati nella congettura altravolta espressa: secondo cui la definizione e l'analisi teorica dellacatarsi doveva appartenere al perduto II libro, e trar motivodallo studio, ivi contenuto, della poesia faceta. La quale con-gettura del resto garentita, insieme con la spiegazione stessa(che pi importa) delle cose, dalla testimonianza di un altroneoplatonico, grande ispiratore di Proclo, Giamblico. anchequesto un documento assai noto : ma non sfruttato in ci chepu realmente dare. Dice, ad un certo punto, che le forzedelle umane passioni, quando si vogliano ad ogni costo impedire,si ricompongono pi violente ; se invece si concede loro unabreve esplicazione fino a giusta misura {xQi tov ovfA,fixQov),godono moderatamente e prendono sfogo: quindi, purgate (htio-y.adaiQuEvai) con modi persuasivi e non con la violenza, ripo-sano. Perci, sia nella Conmiedia sia nella Tragedia, contem-plando passioni altrui {Xljoia nOi]), governiamo le passioninostre, le rendiamo pi moderate e le purifichiamo (1).

    Qui si riconoscono uno ad uno i principali elementi della,nostra dimostrazione, dalla catarsi alla mimesi. Se poi risa-liamo un poco addietro (come ancora non fu fatto) nel testodi Giamblico, e chiediamo con quale intenzione egli introdu-cesse la catarsi comica e tragica, ecco spiegato tutto il congegno :poich r intenzione sua era di giustificare certe triviali forme delculto religioso, specialmente bacchico, tutte materiate di a-oxQooyia, e jjerci corrisxjondenti (come Aristotele stesso avevainsegnato), tanto nellorigine storica quanto nel carattere, allaCommedia (2). L'oscenit del culto soggetta, secondo le spie-gazioni di Giamblico, ad una specie di purificazione: distrae, conle parole e le finzioni, dalla pratica delle cose disoneste : non

    (1) De Hjst., I, 11. ]>p. 40-41 Partliey, citato dal Berxay.'', op.cit., p. 35 sgg., meglio illustrato da SuESS, Ethos, p. 93, in rapportocoi principi della retorica e della poetica gorgiana : su cui vedi cap. Ili,p. 72 Hgg. Dell'autenticit del cosiddetto De mysteriis dubitaronoalcuni, ma sono smentiti dalle ultime ricerche. Di Giamblico lo dichia-rava Proclo stesso, secondo una nota marginale nel ms.

    (2) Infatti Aristot., Polii., VII, 1336 b, 3-23, mette in rapporto(quasi di equivalenza) 1 ao/oo'/.oyia e il xoiHaofig nao nai heog coiGiambi e con le Commedie, a cui non lecito a.ssistere se non dopo

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    :iO A. ROSTAGXItine il s stessa, ma si nobilita coi lini e coi mezzi dellallusioneironica, ossia : juq^alvsi i jwvXycov t/' tljoivrov atoyoov{l).

    Ora, k'juq^aoig un termine tecnico, molto in voga nei gram-matici dell'et post-classica {signififatio presso i Latini), per in-dicare ci che Aristotele aveva chiamato vnvoia ed eioojveia :ossia quella tal forma, pi garbata, di ridicolo, che ha qualcosa dicoperto, di simbolico, di allusivo, fatta, non per attenuare, maper acuire il veleno degli argomenti (2): nella quale si giudicavache i grandi modelli, Aristofane ed Eupoli, avessero manife-sfata la propria eccellenza poetica (3). Poich come insegnauno dei trattati bizantini De Comoedia, il Tractatus coislinia-nus la Commedia differisce dal mero insulto {Aoidogla) ;inquantoch questo espone senza velami le cose brutte ; quellaabbisogna della cosiddetta ejiiq^aoig (4).raggiunta una certa et e con cei'te cautele. Il Lobeck, Aglao-phamus, pp. 688-89 osserva che le alaxQokoyiai Jiog tsgo?, di cui trattaGiamblico, sono quelle quibus non Cerealia solum et Dionysia sed etiamaliorum deorum sacra perstrepebant. Ad esse naturalmente si colleganon solo l'origine della Commedia, ma anche del Ditirambo.

    (1) Il significato tecnico di queste parole non inteso neancheneUa versione latina del Parthey.(2) TiBER., 14, in Bhetores graeci, III, p. 65 Sp.; Tkyph., Ili,

    p. 199 ; Ps. Herodian., in Boissonade, Anecd. Ili, p. 261 ; Hermog.,pp. 208-10 Rabe ; Quiktil., Inst. or., IX, 2, 3. Vedi gi in Aristoke,ap. PiiiLOD., De vitiis liber X, col. 22, 7 Jens., e cf. Volkmaxn,Die Rhetorik d. Griech. u. Bm.'^, pp. 445-46. Che GiambUco conoscessebene luso di questo termine risulta da Vit. Pyth., XXII, 101, XXIX161 {f.i(puaii ovufohy.M io.ilo....). Per la genesi e per U signifi-cato dell' intero concetto conviene richiamarsi all'opinione caratte-ristica dei Greci, pi volte espressa da-Platoiie, [^Alcib. II, 147 b], Fesp.,I, 332 e, secondo cui l'arte del poeta essenzialmente enigmatica,fatta di simboli e di allusioni (alri'iTezat, nny/iaTcdjg foti). Da cuidipende il modo come Aristotele interpreta quello che il principalestrumento dell'espressione poetica : la metafora (Rhetor., Ili, 10 ;Poet., 22, 1458 fl, 25).

    (3) In questo senso da Anon. De Comoed., p. 8, 39, detto cheP^upoli .To/.t' t loiooov y.ai oxaiv hirpaivei. Vedi anche TZETZ., p, 21,45-46 e passim : cf. cap. V.

    (4) 4, p. 52, bene interpretato dal Bernay.'^, op. cit., pp. 149-50,senza alcuna relazione per cl testo di Giamblico. La medesimaconnessione di fii

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    ARISTOTELE E ARISTOTELISMO VELL ESTETICA ANTICA 31In eonclusione, tanto i brani di Proclo quanto quelli di

    Giamblieo sono residuo, non di elementi isolati, ma di un unicoconfrejErno teorico, facente capo ad Aristotele. Sar bene ag-giungere subito che, anche per questa parte, una visione esattadelle identiche cose ci conservano i Prolegomeni di Tzetze e glialtri trattati bizantini, primo il Trncfatits eoislin'anus : i quali,oltre a contenere la gi citata menzione della catarsi tragica ecomica, commentano cos : ovuueToia rov (pfiov Ofkei ehai vTaFc Tgaycodiai-; xa toc yeoiov tv to.; xo.jiuotaig (1).

    A bella posta ho voluto lasciare finora sottinteso un argo-mento capitale, che dar decisiva orientazione a gran parte deglielementi su cui il mio studio fondato, non solo per questo, mal)er i successivi capitoli. Esso dipende semplicemente da unapi precisa determinazione della personalit storica di Proclo.Credo infatti non potersi ragionevolmente dubitare che il com-mentatore di Platone sia (come i testi concordemente ci indi-cano) (luel medesimo Proclo che compose la Crestomazia let-teraria. 1 rihevi, anzi, che abbiamo fatto e che stiamo per fare,ser^ono a garentire questa convinzione e a disperdere i so-spetti che alcuni filologi hanno su ci addensato (2). Ora laCrestomazia era (come si sa) un grande repertorio, dove il filo-sofo e grammatico neoplatonico aveva riassunti, per salvarli

    (1)6, p. 52.(2) Per ci che riguarda Tevidenza esteriore vedi Suida, s. v.

    TlQxf..: lo scoliaste a Gregor. Xaz., XXXVI, p. 014 < Migne, e i pro-legomeni di Tzetze, pp. 20, 32 ; 2.5, 15. Per Tevidenza interna, oltrea quanto sar esposto qui sopra, vedi specialmente 0. Immiscii, in Festschrift i. Th. Gomperz . (Wien, 1902), p. 245 sgg. ; F. Stein,De Prodi Chrestom., Diss., Bonn, 1007. L identificazione risoluta-mente propugnata dal Wilamowitz, llomer. l'niers., pp. .330-31, edal Kaibel. Die Prolegom. Un Kioncoiag, Abhandl. d. Gtting. Ges.d. Wiss. , 1898, p. 27. I dubbi di W. Schmid, < Rhein. Mus. , XLIX(1894), p. 133 sgg. e W. Georgii, Ueber den Verfasser d. ChresL,Progr. Kaiserlautem (1899), non hanno fondamento, perch, se nel-l'opera grammaticale si trova citata qualche teoria sullo stile diversada quella seguita nell

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    32 A. ROSTAGXIdalla distruzione, i tesori della coltura ellenistica : che eranodi fondo massimamente peripatetico e stoico. grave iatturache quest'opera, di cui si fecero nell'et bizantina successivicompendi, sia, per grandissima parte, perduta. Ma sollievoche, per la parte di cui qui ci occupiamo, intorno ai principigenerali della poesia, alla sua classificazione e alla tecnica diTragedia e Commedia, essa sia in qualche modo ricostituibile ; eche i residui si trovino in quei Prolegomeni di Tzetze e in queglialtri trattati e scoli anonimi, dei quali gi ci siamo ripetuta-mente serviti. Non a caso nei Prolegomeii di Tzetze il nome diProclo neoplatonico ricorre citato fra coloro che rag oy.tp'iy.gxal 7ioi]TiyAc; (iij^/.ovg $]y)'joavro : e precisamente dopo i filo-logi veri e propri (Didimo, Trifone, Apollonio, Erodiano, To-lemeo Ascalonite), su un'esatta linea ideale e cronologica chefa capo ad Aristotele : y.a oi (piloocfoi TIoQcpvQiog, Tlkovraoyog[scil. NeoTOQiov] y.a Iloy.koc:, cbg y.a Jio avTn' Tiviov \-ioi-aTorhjs ( ) Difatti, questi filosofi neoplatonici furono, per ipropri tempi, i veri eredi, per i posteri bizantini gli interme-diari della filologia ellenistica, a cui applicarono un qualchemaggiore interesse teoretico, riattaccandosi alla tradizione diPlatone, di Aristotele, di Teofrasto.Ma anche j^rescindendo da ci, le acute indagini del Kaibelsui Prolegomena TieQ xM^ucpiag hanno effettivamente dimostratoche tanto gli estratti di Tzetze nelle loro varie redazioni, quantogli altri trattati anonimi, quanto infine una serie di Scolialla Grammatica di Dionisio Trace, derivano per vie dirette oindirette dalla Crestomaza di Proclo. Di modo che, quando,insieme con la descrizione deUa catarsi fatta dal commentatoredi Platone, noi adducevamo attestazioni dei trattatisti bizan-tini, -non facevamo in sostanza che servii'ci di un'unica tra-dizione, organica : la quale era dunque non di carattere imnrov-visato, ma di origine storica ed erudita.

    Naturalmente, allorquando dai Ccmmentar sulla Repub-blica platonica e dai trattati bizantini De Comoedia si arrivatialla Crestomazia di Proclo, un grande passo compiuto, manon ancora i aggiunto lo scopo. Ora, risalire dalla Crestomazia

    (1) Pagg. 20, 29-31 : 2o, 10-5.

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    ARISTOTELE E ART.STOTELT??.rO XELL ESTETICA ANTICA 33alle sue fonti originarie od anche solo alle intermedie, sappiamo,neir insieme, essere impresa di estrema complicatezza e spessodi disperata effettuazione : se non altro, perch in essa l'au-tore si era proposto di raccogliere le pi disparate cose di cuil'erudizione dei tempi potesse disporre. Il Kaibel. per esempio, riuscito a stabilire che per questioni di grammatica vi era ado-perato Asclepiade di Mirica, per definizioni dei vari generi li-rici, Didimo, ITso AvQiy.wv, attraverso nVEtipnologicon di Orione(maestro di Proclo stesso), e qualche altra fonte pio meno di-retta.Ma la ricerca, che nel complesso sarebbe disperata, o solodi rado porterebbe a risultati concreti, trova qualche agevola-zione nel nostro caso. Infatti, non v'ha dubbio che, per i prin-cipi generali della teoria poetica, e della storia letteraria, Proclodoveva gi servirsi di un manuale sintetico : uno di quei manualidi cui aveva dato il primo esempio Aristotele e che nella Scuolasi ripeterono pi volte conservando le direttive del Maestroe solo schematizzandone maggiormente il sistema. Certo chei grammatici latini, come Diomede e Donato, contengono inmassima i medesimi schemi, le medesime classificazioni e de-finizioni letterarie, di cui si fanno banditori gli scoliasti bizan-tini: e questi schemi e queste classificazioni e definizioni essi nonricevono affatto dairintermediario Proclo, ma da un intermedia-rio latino, il quale per lo meno Svetonio, e prima di Svetonio,Varrone (1 ). Romani e Bizantini si integrano a vicenda e ci spin-gono molto addietro suUe tracce di una poetica la quale perquanto parso finora, e meglio parr in seguito non dovevaessere molto lontana n nel tempo n nelle formule da Platone eda Aristotele. Quanta ])arte in essa fosse dell'Aristotele auten-

    (1) Cf. Kaibel, Die Frolegom. ecc., pp. 67-08; Usexek. '/altes Lehrgebiide d. Philoogie,

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    34 A. ROSTAGNItico, quanta della successiva elaborazione e sistemazione, ci ri-sulter solo dal projsresso della ricerca. Intanto il cammino se-gnato ed r inverso di quello preso dal Kaibel. che per questaparte non aveva condotto ad alcun risultato : definire prima iconcetti fondamentali del Maestro, ricercandone le sicure traccein quelle fonti a cui abbiamo restituito valore e di cui abbiamodisegnato l'origine storica : poi misurare la distanza che inter-cede fra essi e le loro derivazioni.

    Capitolo Secondo.La concezione edonistica e moralistica

    della poesia e della musica.Il problema della catarsi indispensabile per comprendere

    la posizione di Aristotele e per determinare quali concetti eglisi facesse della natura e del fine dell'arte. Per, natura e finedellarte non risiedono affatto nella catarsi, ma nel diletto o nelpiacere tjov] , come suggerisce la unanime concezione deltempo. Infatti, pi volte il nostro autore parla di una gradevoleimpressione, che scaturisce sia dalle seduzioni del linguaggio(lvofivos lyog) sia da certe situazioni e momenti poetici :ne parla proprio come di un termine {rXog), a cui la poesia tendeed in cui effettua la sua opera : noiei t egyov, od anche soloTioiE T amrig (1). La quale ijov/], poi, gli sembra talmenteconnaturata col carattere della poesia da costituire un liversocontrassegno nei diversi generi letterari, ed essere speciale {ol-y.Eia) nella Tragedia e nell Epopea, speciale nella Commedia evia di seguito (2). Dare alla Tragedia uno scioglimento giocondo,sul tipo, ad esempio, ^W.'Odissea dove i malvagi sono punitied i buoni reintegrati procurare un diletto proprio, piuttosto,della Commedia : l'oriv e ovy^ ami] ji rgaycoiag )ov], Xk jii?.-lov T]g xcofxdiag olxsia (3), La perfezione e la superiorit ideale

    (1) 26, 1462 , 11, 18 ; b, 12-13. Cf. 9, 1451 b, 23, 26 ; 25, 1460b, 24.

    (2) 14, 1453 6, 10-11 ; 23, 1459 o, 20-21.(3) 13, 1453 fl, 31-36.

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    .36 A.. ROSTAGNIcamente un assurdo : poich la tjov] sentimento, mentrexdtaoott; non sentimento, ma azione. Circa poi il rapporto ver-bale, esso non ha alcun valore e dimostra quanto poca atten-zione si sia fatta al profondo e particolare significato, che nonin Aristotele soltanto, ma gi in Platone aveva il concetto delrapporto fra le passioni di piet e di terrore e il piacere.

    In generale, dunque, anche per questa parte, noi dobbiamoprendere le mosse da Platone. Ma prima liberiamoci da unequivoco che stato causa di confusioni e di falsi apprezzamentia molti studiosi. Abbiamo visto come, per un principio diPlatone sostanzialmente adottato dal discepolo, la poesia siscinda non solo intorno ai due estremi del carattere morale, ilserio e il faceto, il nobile e il triviale, s anche intorno ai duepoli del sentimento^ piacere e dolore {jovj xal Xvm]), e ai duecorrispondenti fatti fisiologici, riso e pianto [ylojg xal OQfjvog).Da una parte si costituisce la Commedia, dall'altra la TragediaNeir una trova applicazione la bramosia (^Jiidvfda) che noiabbiamo di gioire, t qpdriovov, r fpilyelon', nell'altra la bra-mosia di effondere il dolore, t (j.kvTiov, t (filOorivov (1).Quindi, per quanto Platone non commenti ulteriormente ilsistema, per quanto Aristotele, dalla sua, lasci sottintesi i ter-mini generali e non fornisca di proposito che definizioni iso-late, una interpretazione esatta della loro fonte conservano queitrattati bizantini che contrassegnano la Commedia come iykojxog y.a jovfjg TVJiov/xvrj, e la Tragedia, naturalmente, ivTiig y.a Oo'/vo' (2). Infatti le passioni specifiche della Tra-gedia, r t'sog xal (p^og di Aristotele, gli Xeeiv xal cpofeg diPlatone, gli oxroi xal vqjio del medesimo, non sono, a pren-derle in generale, che jiddij h XvTit] ; come ji$i] ir jovf] do-vranno essere quelle suscitate della Commedia, che Aristoteleavr press' a jjoco specificate in xao xal ylwg (3).

    (1) Qualcuno di questi termini antitetici, che non si trovi pro-priamente espresso in Platone, per implicito nella sua trattazione.Tutti sono messi in rilievo da Proclo, In Platon. Bevip., special-mente I, pp. 50, 61 ; II, 84.

    (2) TzETZ., p. 17, 3, 7-8; p. 38, 111-12; Traci. cosL, 3, 4, p, 50:Schol. Dionys.y Goettling, p. 58, 31. Cf. cap. V.

    (3) In generale vedi Eth. Nic, II, 4, 1105 b, 21-25. Che ;faia siaTidtog ir ^Sovij detto ivi, 1. 22. Quanto a y/.w; cf. Platon., Phileb.

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    AKK-^TOTELE E AKISTOTELISMO NELl/ ESTETICA ANTICA :}7Ora, evidente che il piacere artistico, di cui inteudiiiu

    discutere, non ha nuUa che fare con que.sf altro piacere, cheappartiene in proprio alla Commedia e d* intorno al quale lepassioni comiche, in certo modo, si polarizzano, come intornoal dolore le passioni tragiche (1). Questo qui il contenuto diuna speciale forma di poesia ; quello, invece, 1' impressioneuniversale, che, pur variamente colorandosi nell'uno e nellal-tro caso, consegue cos alla Commedia come alla Tragedia. Poi-ch direbbe Platone per natura noi proviamo piacerecos nel pianto come nel riso.

    Il quale piacere artistico da Platone esaminato sotto variaspetti, pi o meno empirici ed approssimativi, ma strettamenteconnessi limo con Taltro. Per un certo lato esso deriva dallasmania irrequieta, che insita nell'uomo, di muoversi, di par-lare, di esprimersi in armonie ed in ritmi (2). Per un altro lato,assai pi importante, esso si identitca con la soddisfazionedi scoprire somiglianza fra imitazione ed oggetto imitato (3) ;meglio ancora, col gusto che naturalmente proviamo ad imi-tare tutto e tutti (4:), a trasfonderci nelle passioni degli altried a soffrire, per illusione estetica, insieme con essi : oviin-rr/Eiv I Tutti noi, anche i pi ragionevoli, ad udire recitareOmero o qualche altro tragico che rappresenti un' eroe in tra-vagho, deplorante in lungo discorso le sue sventure, proviamopiacere (yaiooaer), e, a questo piacere abbandonatici insensi-bilmente, seguiamo con simpatia, partecipi alle solerenze ray)-presentate {ovutk'w/ovtf^), e tanto pi lodiamo il poeta quantopi ci abbia messi in questo stato d'animo (5). A contemplarele passioni di un altro nessuno si vergogna di dar segni di compas-XXIX, 50 ; [LONGIN.], De sub., 38, 5 : y.ai yQ 6 yXcog nuHo; iv TjSovf/. I contatti con Platone, nella designazione dei sentimenti tragici,sono rilevati dal Fixsler, oj>. cit., p. 79 .sgg.

    (1) perci in errore il Bernays, op. cit., pp. 142-43, quandonei trattati bizantini e specialmente nel Traci, coislin. (>/ xouyoylariti ui]ZFoa zr^v kvnt]v) vedc una goffa violazione della teoria d'Ari-stotele, il quale (dice) aveva sempre parlalo di t)?^nvr) nella Tragedia

    (2) Leg., Il, 653 d-e.(3) Leg., II, 667-68.(4; liesp., V, 475 d.(5) Resp., X, 605 d.

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    38 A. ROSTAf.NIsione : anzi considera un guadagno il ])iaeere che vi prova (1).Dunque la naturale inclinazione dell uomo per la mimesifinisce per concretarsi in un atteggiamento essenzialmente pas-sionale, non appena Fautore soiierma Tattenzione sulla singo-larit di questo fenomeno psichico : che il diletto della mimesinon deriva soltanto da spettacoli giocondi, ma precisamente daspettacoli tristi : e da entrambi, in quanto sono :iO]. Kicordile rappresentazioni tragiche, dove gli spettatori godono pian-gendo ? (2). In questa specie di antitesi sta tutta la teoriadi Aristotele della fjov] n ekov xc (p^ov : anzi dalla sem-plice analisi di quel particolare fenomeno psichico trae originela cura che Aristotele ha di attribuire una otxeia ijdov)] al ge-nere tragico, una otxeia jov] al genere comico.

    Anche per Aristotele, il piacere artistico si presenta sottospecie un po' varie e confuse. In parte esso sentimento gra-devole di armonia e di ritmo (3). In parte soddisfazione del-l' istinto mimetico : e, in questo caso, pure confuso col pia-cere della conoscenza intellettuale, giacch fatto dipendereda un ragionamento, ossia da una specie di sillogizzare sullasomiglianza dell' imitazione con l'oggetto imitato {/uavdveiv y.alovXXoyiQeoBai ti exaotor, oiov ori ovxog xlvog (4). Ma, venendo alconcreto della trattazione, il concetto perde ogni nebulosit e sisolidifica in un contenuto passionale. Invero la mimesi non semplice imitazione di fatti, ma di passioni ( in quanto : peri fatti gli uomini sono felici o infelici ) ), e il piacere che in quellasi prova cessa d'essere efletto di un ragionamento ovUoyi-ojug per diventare opera della GvjLmaOeia di Platone (5).Di fronte a questa forma definitiva di tjov/), che si dichiaraessere rkog o sQyov jfjg lyvrjg, e. come tale, non da altro pro-dotta che dalle passioni del singolo genere poetico, quei diversistrumenti divengono accessori : e son

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    ARISTOTELI'. E ARISTOTELISMO NELL'ESTETICA ANTICA 39scartati come non necessari all'arte (pi o meno ieyyruTa).La musica e il metro sono grandi strumenti di diletto, fiyioTdT(ov ]dvojiir(i)v, ma non indispensabili alla poesia (1). L'ap-parato scenico e le rappresentazioni, per le quali ai jovcx ovrl-oravjai vaoyorara e che hanno una grande forza seduttricesull'anima y'v/aycoyiy.r (cio quella stessa forza di se-duzione che esercitano i casi di piet e terrore : t fiyioTao/V ifi'xaycoye fj rgaycofa, ni re Jieguireiai xal vayvcooioeig) (2),sono estranee al fine dell'arte, anzi sono dannose quando laloro suggestione e il loro piacere esercitano fuori della strettacerchia segnata dalle passioni tragiche e comiche (3).

    Orbene. L' idea del piacere, come tne dell'arte, per sstessa identica sia nel maestro sia nel discepolo. Pu per al-cuno supporre che eguali fossero le intenzioni a cui Tuno e l'al-tro la facevano rispettivamente servire ? Naturalmente, quandoPlatone con tanto zelo insisteva sull'origine patetica del go-dimento artistico, non rendeva solo soddisfazione ad un fattodi evidenza intuitiva, ma obbediva ad un secondo fine : cheera di condannare la poesia a causa delle x>assioni da essa su-scitate con arti di irrefrenabile lusinga. Questo era il veleno del-l'argomento. Aristotele che accogUe e approfondisce la defini-zione del Maestro e il fondo di verit ivi contenuto, non punon avere misurato le conseguenze che da essa si erano tratte.iSenonch da queste conseguenze egli si preventivamentesciolto mediante il concetto della y.Oagoig t(~)v 7ia6]jiidrojv. Lacatarsi il correttivo che, non solo gli permette di trattarecon benevola confidenza le passioni a cui Platone guard conorrore, ma lo preserva da ogni difficolt verso il piacere che quellepassioni producono e nel quale gli forza riconoscere il tne el'opera stessa della poesia : poich, in ogni caso, non quelloun piacere volgare e deleterio, come Platone intese e come moltiritengono, ma un piacere innocente : fjovj fiXafirjq.

    Questo era il punto, (juesto il nodo della questione : solle-vare il piacere, di cui l'Arte evidentemente si sostanzia, dallebasse regioni della sensualit e dimostrare contesso non si ri-

    (1) 6, 1450 6, 16-18 ; 1, 1447 h.(2) 6, 1450 fl, 33-34.(3) 26. 1462 rt, l.T-17; 6, 1450 6, 16-18.

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    40 A. ROSIAGNIsolva il], una- coiTuttela. ma in un bene dello spirito. Anche Pla-tone, riesaminando nelle Leggi, con animo meno rigido di quelloche avesse fatto nella Repubblica, il problema dell'arte, si eraposto alla ricerca di una )ovr] ^ka^r'jg, che gli permettessedi ribenedire, almeno in parte, la poesia. Il compito gli eraquesta volta facilitato, per un certo aspetto : in quanto egliaveva ormai lasciata cadere dal suo sistema la teorica delleIdee, ciuindi anche il pregiudizio che la mimesi artistica nonfosse che un pallido riflesso del vero, lontana tre volte dallarealt, come aveva sostenuto nella Repubblica. Per l'altroaspetto invece, concernente le passioni, non si pu dire che egliavesse progredito gran che. Quindi, non arriva alla catarsi ari-stotelica (ch'era forse Tunico mezzo di salvare le passioni, fin-ch non si fossero raggiunti i moderni concetti di indipendenzae liricit dell'arte) : anzi, preferisce lasciar nell'ombra il latolassionale della poesia per badare a quello strettamente prag-matico, sul quale gli possibile innestare una spiegazione ra-zionale e una giustificazione moralistica del piacere. Il suo ra-gionamento pressa poco questo. Parte dall'assioma che ilpiacere non debba essere criterio per stimare la bellezza o labont intrinseca {oOt]?) di un'opera d'arte. L opera d'arte imitazione e, come tale, non pu giudicarsi dall' impressionegradevole o sgradevole che produce, bens dal rapporto dieguaglianza o di somighanza tra essa e l'oggetto imitato . Sel)oi 1 opera d arte, cos giudicata ed approvata, procura come naturale piacere, questo piacere non da rifuggire, perch innocente. E pu chiamarsi anche dirertimento {jiaiia) :come quello a cui non segue nessun danno n utile veramenteconsiderevole > (1).

    Se noi ritorniamo sui nostri passi, troviamo, non senzagradita sorpresa, che anche Aristotele in un primo tempo si appropriata questa veduta del ^faestro : dove cio, esponendole origini della poesia e fermandosi, come il Maestro, a una con-cezione strettamente pragmatica di essa, ha parimente confusola verit dell'arte con la verit scientifica ed ha fatto parimentedipendere il piacere, che quella procura, da un ragionamento

    (1) Leg., II, 667-68.

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    AHISTOTKr.E E ARISTOTELISMO XKM/ ESTETICA ANTK'A 41Siili ' eguagiianza o somiglianza dell imitazione con r^oggettoimitato : i yo rorro /nigorni rc elxva.; oon'Ti-c;, mi ovn-^aivei Oecooo'rja^