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Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola I ribelli della Presa § 2 Foto di gruppo di partigiani della Brigata Stefanoni a Gignese. Da sinistra in piedi: “Brigantin”, Renato Boeri, Santo Vimercati “Tino”, Guido Tilche “Fachiro”, Aldo Oliva “Ridolini”, Giampiero Tagliamacco “Belli”, Aniceto Della Rossa “Fulmine”, Lina Colombatti, Zani “Dom”, Maruzzi “Marus”, Maurizio Molinari, Albino De Gasperi “Bino”, il bambino Piergiovanni De Gasperi. In basso da sinistra: Oreste Tozzi “Tozz”; Luigi Ferrari “Gigi”, Mario Ajello “Franz” di Mariuccia Andreani L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola pubblica qui una lunga testimonianza inedita di Mariuccia Andreani, giovanissima staffetta, classe 1929, che racconta l’esperienza della sua famiglia con i partigiani del Mottarone. Si tratta di uno scritto molto importante perché ricostruisce una parte poco conosciuta della resistenza nel Nord Italia. Per facilitarne la lettura è stata divisa in tre parti: per leggere la prima cliccare qui e per leggere la terza ed ultima cliccare qui. La storia, che si svolge a Gignese, nell’Alto Vergante, inizia l’8 Settembre 1943 e si conclude il 25 Aprile del 1945. In quel paese, il padre di Mariuccia, Desiderio Andreani era custode della Presa, una piccola diga nascosta in una valletta a due chilometri dal borgo, che assicurava acqua alla centrale idroelettrica. Proprio in quel luogo “Derio” nascose gli uomini della missione Apricot – I ribelli della Presa § 2 | Archivio Iconografico del Verbano C... http://archiviodelverbanocusioossola.com/2015/05/24/i-ribelli... 1 di 24 24/05/15 11:01

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Archivio Iconografico del Verbano CusioOssolaI ribelli della Presa § 2

Foto di gruppo di partigiani della Brigata Stefanoni a Gignese. Da sinistrain piedi: “Brigantin”, Renato Boeri, Santo Vimercati “Tino”, Guido Tilche“Fachiro”, Aldo Oliva “Ridolini”, Giampiero Tagliamacco “Belli”,Aniceto Della Rossa “Fulmine”, Lina Colombatti, Zani “Dom”, Maruzzi“Marus”, Maurizio Molinari, Albino De Gasperi “Bino”, il bambinoPiergiovanni De Gasperi.In basso da sinistra: Oreste Tozzi “Tozz”; Luigi Ferrari “Gigi”, MarioAjello “Franz”

di Mariuccia Andreani

L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola pubblica qui una lunga testimonianza ineditadi Mariuccia Andreani, giovanissima staffetta, classe 1929, che racconta l’esperienza della suafamiglia con i partigiani del Mottarone. Si tratta di uno scritto molto importante perchéricostruisce una parte poco conosciuta della resistenza nel Nord Italia. Per facilitarne la lettura èstata divisa in tre parti: per leggere la prima cliccare qui e per leggere la terza ed ultima cliccarequi.

La storia, che si svolge a Gignese, nell’Alto Vergante, inizia l’8 Settembre 1943 e si conclude il 25Aprile del 1945. In quel paese, il padre di Mariuccia, Desiderio Andreani era custode della Presa,una piccola diga nascosta in una valletta a due chilometri dal borgo, che assicurava acqua allacentrale idroelettrica. Proprio in quel luogo “Derio” nascose gli uomini della missione Apricot –

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Salem di Enzo Boeri (di cui abbiamo raccontato la prima parte qui) e, in seguito, ospitò diversipartigiani della Brigata Stefanoni, comandata dal fratello di Enzo, Renato Boeri. La Presa eral’unico luogo sicuro dotato di elettricità, elemento fondamentale per trasmettere ogni giorno ibollettini alla base alleata di Brindisi. Da quel momento Radio Salem, collegata con Milanoattraverso una rete di staffette, diventa la radio ufficiale del Corpo Volontari della Libertà.

Mariuccia, figlia del custode della Presa, aveva allora 14 anni. Era incaricata, all’inizio, ditrasportare le batterie dalla Presa all’Alpe Formica e di reperire i viveri per i partigiani. Ilracconto, pieno di avvenimenti drammatici e colpi di scena, fa rivivere al lettore quei due annidifficili sul Lago Maggiore, visti con gli occhi di una ragazza determinata e coraggiosa.

Panorama di Gignese dai prati

Durante il periodo del rastrellamento, c’era il coprifuoco. Una volta, se mia sorella non mi fossevenuta a cercare, mi sarei fatta ammazzare stupidamente. Ero a Gignese, come al solito, a prenderenotizie, e mi ero dimenticato che, dalle quattro del pomeriggio, sparavano a tutte le ombre. Perfortuna è arrivata lei in tempo. Siamo tornate a casa quando l’ora era già passata. Mia mamma midisse: “Ma Mariuccia, vuoi farmi morire!“. Al quarto giorno, appena levato il coprifuoco, io erogià in paese. E così vidi grossi camion che partivano, carichi di Tedeschi. Gli ostaggi erano statirilasciati. Credo che quella volta ho impiegato meno di cinque minuti per correre alla Presa.Arrivai gridando: “Sono partiti!“. Mio padre corse ad aprire la bottola. Uscirono tutti e cinquemagri e con la barba lunga, ma felici. E alzarono mio padre fra le loro braccia. Lo tennero così inalto, gridando: “Derio, ti faremo un monumento!“. Poi, potemmo raccontare quello che eraaccaduto.

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Una foto di Desiderio Andreani impegnato a suonare nel corpo musicaledi Gignese

Intanto, venimmo informati che, allorchè il rastrellamento non era ancora finito, i partigiani Tino,Giancarlo e Aldo avevano già iniziato le trattative con i tedeschi per la liberazione di Renato, Binoe gli altri, dal loro nascondiglio vicino a Magognino, tramite le staffette Gina e Mimì diMagognino, la Ginin Ottolini e Don Ettore di Stresa. La prima condizione emessa dai partigianiera la cessazione del rastrellamento, ma i tedeschi tiravano alla lunga, sperando di scoprire ilnascondiglio di Tino e compagni, e di liberare quindi i prigionieri tedeschi.

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Tino Vimercati, nato a Segrate il 23 Ottobre del 1918. era partigiano nellaBrigata Stefanoni. Lui custodì alcuni tedeschi che furono utilizzati nelloscambio per liberare Boeri e i suoi uomini il 9 Dicembre del ’44,sequestrati dal 29 Novembre del 1944, giorno della morte del Fachiro. Ipartigiani erano tenuti prigionieri a Baveno dal Capitano Ludwig Stamm.Archivio Vimercati

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Una rarissima foto del capitano Ludwig Stamm (1) mentre stringe la manoal “Cinquanta” Luigi Fusco, un fascista infiltrato nei partigiani e capo delgruppo autonomo garibaldino “Franco”. Il 3 Dicembre il “Cinquanta”, chefu in seguito giustiziato, era presente a Baveno all’Hotel Beau Rivage,mentre era in corso l’interrogatorio di Stamm a Renato Boeri

Racconterò ora la cattura di due ingegneri tedeschi, che ebbe luogo prima del rastrellamento e nefu la causa. Questa cattura potè avvenire grazie al coraggio e all’astuzia di un partigiano chiamatoBismarck. Questi era già stato catturato due volte in un solo giorno dai tedeschi, ma, per due volte,con grande abilità, era riuscito a evadere. Un giorno che si trovava sul trenino che conduceva alMottarone, Pierangelo, mio fratello, lo avvertì immediatamente: “Nell’altra carrozza, ci sono duetedeschi in borghese accompagnati da uno che sembra un fascista“.

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Pierangelo Andreani, il fratello di Mariuccia, lavorava sul trenino delMottarone e segnalò al partigiano Bismarck, la presenza in vettura diingegneri tedeschi della Siemens, accompagnati da uno svizzero. Forniti didue radiogoniometri portatili e di una mappa, i tecnici stavano cercando diindividuare la Presa. In alto il tesserino di Pierangelo. Archivio INSMLI

Bismarck si tenne tranquillo fino a verso l’Alpino. Quando i tedeschi si portarono verso l’uscita,girando così la schiena alle due carrozze. Il Bismarck puntò la pistola contro la schiena di uno diuno dei tedeschi e un dito contro quella dell’altro e intimò loro di alzare le mani, sennò sparava. Itre uomini ottemperarono subito, ed egli li disarmò rapidamente. Poi, col trenino raggiunsero ilMottarone.

La stazione del trenino sulla cima del Mottarone in una cartolina d’epoca

La, c’era il comando della nostra brigata (Brigata P. Stefanoni), che prese i prigionieri in consegna.Il terzo uomo risultò essere uno svizzero che collaborava con i tedeschi, come guida e come spia, a

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pagamento; fu rapidamente processato, condannato e fucilato. Invece, i due tedeschi eranoingegneri della Siemens; furono le loro suppliche e la loro molto giovane età ad incitare ilcomando a risparmiarli. Questa decisione si avverò ulteriormente saggia perchè aumentava leprobabilità di portare a termine i negoziati per il cambio. Al posto della cintura, entrambiportavano un piccolissimo radiogoniometro per le intercettazioni radio. Quegli oggetti erano digran valore per i tedeschi, ne esistevano infatti pochissimi esemplari in Europa. Nella tasca di unodi loro, si trovò inoltre una mappa della zona del Mottarone e dintorni, sulla quale erano tracciatedelle righe di colore ed un cerchio rosso con una freccia che puntava verso il centro. Era evidenteche, non essendoci altre case nei dintorni, quel cerchio indicava proprio la Presa.

Il gruppo tedesco del radio goniometro fu catturato per caso dal partigianoBismarck sul trenino del Mottarone. Foto da Aldo Icardi, AmericanMaster Spy, University Books, New York, 1956

Il radio goniometro portatile, in tedesco Gürtelpeiler, era utilizzato daiservizi segreti germanici per localizzare le radio clandestine. Sviluppatonel 1942 dallla Sezione Sviluppo Comunicazioni della Ordnungpolizei e

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chiamato “Fu GP. c”, lo strumento era prodotto a Vienna da Kapsch.Sagomato per aderire perfettamente al corpo dell’agente, era il primolocalizzatore di radio adatto ad essere completamente nascosto sotto ivestiti dell’operatore. Il ricevitore aveva due antenne: una fissa e l’altrache doveva essere posta attorno al collo. Non molti radio goniometrisopravvissero alla guerra e i pochi rimasti sono in collezioni private, comequesto di Günther Hütter. Informazioni tratte da Crypto Museum. Siringrazia per la ricerca Helge Fyske/LA&NCA

Uno dei giovanissimi ingegneri tedeschi fotografato con indosso il radiogoniometro. Lo strumento aveva pochi e semplici pulsanti per la

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regolazione. Il segnale si poteva ascoltare tramite un auricolare e captava atre km di distanza, ma funzionava meglio se la radio clandestina eranell’area di un chilometro. Posto sotto un impermeabile era del tuttoinvisibile e rendeva l’operatore insospettabile. Foto da Aldo Icardi,American Master Spy, New York, 1956

I partigiani vennero subito ad informarci del pericolo che correvamo. Quella carta, me la vedoancora! Quei tedeschi, con il loro piccolo apparecchio, avevano scoperto da dove si trasmetteva, ostavano per farlo. Non sapevamo se, al comando tedesco, esisteva o no una copia di queldocumento. Ma per fortuna, risultò dall’interrogatorio fatto dai partigiani che le righe colorate siriferivano a controlli precedenti, mentre il cerchio rosso indicava la zona che avrebbero dovutocontrollare quel giorno. Perciò, facendo affidamento sul nascondiglio sotterraneo, la decisione fupresa di mantenere le radio alla Presa. Naturalmente fu aumentata la vigilanza. Dimenticavo che,passati due giorni dalla fine del rastrellamento, il comune annunciò che si poteva andare aprendere la salma del Fachiro. Lo portarono su in spalla. Non dimenticherò mai la vista di quelgiovane corpo crivellato di pallottole e tutto sanguinante. Lo portarono nella chiesa di San Rocco emia zia Tina – la moglie del Bino – si alzò una notte e scese con un secchio d’acqua a lavarlotutto. Disse che non era umano sotterrarlo così. Fu sempre molto coraggiosa e fu di grande aiutoper la resistenza. Tennero in casa anche un tedesco, preso in ostaggio per potere fare un cambiocon uno dei nostri.

I funerali a Gignese di Guido Tilche “Fachiro”, caduto in combattimento il29 Novembre 1944

Da mio zio ci furono sempre tanti partigiani, tra i quali si fermò anche Ferruccio Parri. Erano incostante pericolo, trovandosi al centro del paese. Anche i nostri cugini Settimo Tabarini e suamoglie tennero dei partigiani nascosti. Li mettevano in una soffitta tutta di legno – la “grà“- doveun tempo si mettevano le castagne a seccare. Da noi, alla Presa, avemmo per un bel pò Giorgio“Dodo” Parri, figlio di Ferruccio. Ci furono persino due Russi, un americano e due italo-americani,di cui ricordo i cognomi: Holohan, Icardi e Lo Dolce.

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I componenti della missione Magosteeen e della missione Chrysler il 26settembre 1944 a Bari, prima di partire per il Mottarone. Da sinistra ilmaggiore William V. Holohan, capo della Mangosteen il tenente AldoIcardi, sergente Carlo Lo Dolce, Tullio Lussi detto “Landi”, ten. Giannini.Accosciati: sergente Loris, Arthur Ciarmicola e Gelindo Bartoluzzi detto“Red”

Intanto, da noi, si continuava a trasmettere. Al mattino dell’undici dicembre del ’44, mentrenevicava, i tedeschi improvvisarono un importante rastrellamento. A casa nostra, gli operatorierano in attività, e, sull’altura che domina la Presa, in direzione di Gignese, avevamo messo unasentinella. Io stavo andando verso il paese e mi trovavo all’altezza della capelletta di Via Novaquando vidi una pattuglia che stava salendo la strada. Immediatamente, corsi verso casa. Lasentinella, vedendomi ritornare così inaspettatamente, scese alla Presa e avvertì i radiotelegrafisti.In un attimo scomparve tutto: antenna, radio, munizioni, e loro giù di nuovo nella fossa. Quandoarrivarono, i tedeschi chiesero se, nei dintorni, c’erano altre case con la corrente elettrica. Miopadre disse di no. Continuarono a lungo ad insistere: “È impossibile che non ci siano case con lacorrente“. Fu facile per noi capire che cercavano la radio trasmittente, ma non sospettarono di noiperchè mio padre era guardacanale ed era difficile immaginare che potesse commettere infrazioni.E, per quella volta, se ne andarono di nuovo.

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Un gruppo di partigiani a Gignese nel Novembre del 1944. Foto ArchivioTino e Liliana Vimercati

Arrivò poi il Natale del quarantaquattro, che ricordo con particolare emozione. Quando mi alzai, almattino del 25, sul tavolo della cucina, trovai un pacco per me nel quale scoprii una borsetta, unasciarpa ed un paio di guanti, tutti di color marrone. C’era anche un biglietto, firmato da Gianni,Bruno e Gigi: “Alla cara Mariuccia, in riconoscenza di tutto ciò che fa per noi“. Rosso mi regalòun orologio, che possiedo tuttora. Non ero abituata a ricevere regali così; li abbracciai, moltocommossa. Con noi, c’era un’altra staffetta che era molto preziosa perchè manteneva il contatto traMilano, da dove partivano gli ordini, e noi. Purtroppo, un triste giorno, ci lasciò, per raggiungere itedeschi.

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Il giorno di Natale del 1944 Mariuccia ricevette regali anche dai partigianiospiti alla Presa

Fu un avvenimento orribile, che procurò a tutti una grande angoscia e creò un certo scompiglionell’organizzazione della Brigata: la obbligava a modificare una parte importante del suodispositivo. Immediatamente, venne dal comando l’ordine che i radiotelegrafisti non dovevano piùrimanere a la Presa. Perciò bisognava che gli operatori partissero subito. C’era tanta neve, ma, nelpomeriggio tutto fu pronto, e al tramonto se ne andarono. Dovevano valicare tante montagne perarrivare ad un posto molto lontano. Bruno e Gianni raggiunsero un paesino (Bondione, nelBergamasco) e vissero in una grotta, continuando a trasmettere. Purtroppo, vicinissimi alla finedella guerra, furono scoperti. Gianni tentò di fuggire e gli spararono. Li condussero alla piazza del

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paese, misero il ferito su una sedia, perchè non poteva stare in piedi, e li fucilarono subito. Dopoaverli salvati dai grandi rastrellamenti, non ci parve vero, ma la guerra e un triste destino feceroche, ormai prossimi alla liberazione, persero la vita. Questa perdita fu tanto più crudele per miasorella che Gianni e lei erano fidanzati. Avevano in progetto di sposarsi alla fine della guerra.Quindi, per noi Gianni era praticamente un membro della famiglia.

Giovanni Bono, detto “Gianni”, operatore radio di Boeri, era con i suoicompagni nella buca sotto la cascina, quando giunsero i tedeschi durantela notte. Con gli altri teneva la botola socchiusa per far entrare l’ossigeno,ma dovevano serrarla se avessero sentito Mariuccia fare il verso perrichiamare le galline, chiaro segnale che i tedeschi erano lì vicino inperlustrazione. Dopo il trasferimento della radio a Bondione in provinciadi Bergamo, Bono tornò alla Presa il Capodanno del 1944 per festeggiarecon la sua fidanzata Fernanda Andreani, sorella di Mariuccia. Fu poi

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ucciso con Aldo Campanella “Bruno” in un rastrellamento tedesco aBondione

Dopo una brevissima calma, la Presa si riempì di nuovo. A casa di mio zio Bino, come prima, erasempre pieno. non posso citare il nome di tutti. Erano così numerosi. Arrivò allora la terribile nottedi Capodanno ’45, durante la quale si vide salire verso il Mottarone il trenino, carico di militaritedeschi, mentre arrivavano da Armeno grossi camion, pieni anche loro di soldati. Alla vetta sitrovava un gruppo importante di partigiani che stavano festeggiando. I tedeschi circondaronol’albergo e colsero di sorpresa tutti coloro che vi si trovavano. Non ricordo più se furono venti,trenta o più ad essere catturati quella notte. Mi rammento soltanto qualche nome: Giancarlo,Bismarck, Loreto, Zim, Nando, Rosso, Franz e Tom Mix (era stato lui il primo a fare il cambio diun tedesco per due partigiani). I nomi mi sfuggono, ma rivedo i loro visi, a volte allegri e a voltepreoccupati. Li portarono al comando tedesco a Baveno e poi alle carceri S. Vittore di Milano. Inentrambi i posti subirono interrogatori e torture. Furono infine portati nei campi di concentramentoin Germania, dopo una tappa a Bolzano.

Partigiani delle brigate “P. Stefanoni” e “F. Abrami” durante unrastrellamento all’Alpe Canà l’11 Dicembre del 1944. Da Ricordi dellaResistenza, 2004, Comunità Montana Valle Ossola

Una notte, fummo svegliati da un rumore di passi davanti alla casa. Ci precipitammo alla porta,temendo che si trattasse di tedeschi, e ci trovammo davanti a Rosso e Nando. Secondo il lororacconto, Bismarck era riuscito a nascondere una lama abbastanza solida per segare un’ aperturanella parete del vagone che li stava trasportando. Soltanto loro due erano riusciti a scappare perchèi tedeschi si erano accorti troppo presto di cosa stava succedendo. Ci dissero anche che, prima diquell’episodio, allorchè erano in trasferta da Milano a Bolzano su un pullman, Bismarck,approfittando dell’oscurità, aveva abbassato piano piano il vetro di un finestrino. Appenal’apertura fù sufficiente, saltarono fuori Franz e Tom Mix. Purtroppo, l’astuto Bismarck ebbesfortuna: venne fermato dalla sentinella che si era accorta di cosa stava succedendo.

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Il 31 Dicembre del 1944 ci fu un grosso rastrellamento nazifascista sulMottarone, dove un gruppo di partigiani stava festeggiando il Capodanno.Mariuccia, che era stata avvertita dalla Virginia figlia del tabaccaio diGignese, rinunciò alla festa, ma avvertì tutti del pericolo imminente.Furono catturati in molti, tra i quali Mario Ajello detto “Franz”, nato aNapoli il 1 Marzo 1914. Era un comandante del secondo Battaglione“Tenente Angelini”. Lui e Giulio Lavarini “Tom Mix” riuscirono ascappare, prima del Brennero, dal pullman che li avrebbe portati inGermania. Da Ricordi della Resistenza, 2004, Comunità Montana ValleOssola

Apprendemmo solamente a guerra finita, da alcuni nostri patrioti che erano sopravissuti, che moltitra i nostri erano morti, bruciati vivi nei forni crematori. Il Giancarlo, lo tennero al comandotedesco un po’ e lo torturarono parecchio. Poi, fu trasferito a San Vittore dove subì nuove torture.Riuscì comunque a farci pervenire un messaggio: a S. Vittore aveva sentito tante volte il nomeAndreani. Infine fu portato a Bolzano. Liberato alla fine della guerra, non era più che l’ombra delnostro Giancarlo. Le torture l’avevano distrutto. Visse poco, dopo la liberazione. Aveva passatotroppe brutture ed era ormai un uomo finito. Anche tu, Giancarlo, sei rimasto nel mio cuore e nelricordo di tutti, fra gli eroi della resistenza.

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Il tesserino della Brigata Stefanoni di Giancarlo Castelnuovo, nato il 21Maggio 1919 a Parabiago. Fu catturato sul Mottarone e portato nel carceredi San Vittore a Milano, dove fu interrogato e torturato. Tramite unguardiano, riuscì a far avere un messaggio per Renato Boeri. Nel bigliettoavvertiva il comandante del pericolo che correvano i partigiani e i lorocollaboratori a Gignese, a causa dell’inflitrazione di una spia che avevarivelato nomi e informazioni. Giancarlo non si riprese più dopo le torture.Rilevò l’albergo al Mottarone, ma morì dopo poco tempo

Gianni Parnisari “Bruno” fu arrestato e portato a San Vittore assieme allamoglie Palmira

Enzo Boeri, quando ricevette il messaggio di Giancarlo, fatto pervenire grazie all’aiuto di unguardiano di S. Vittore che collaborava con la resistenza, mandò immediatamente verso la Presauna staffetta a portare l’ordine che le famiglie Andreani e De Gasperi dovevano subito partire erifugiarsi nella vicina Svizzera. Mio padre e mio zio, dopo essersi concertati, rifiutarono. Preserola decisione di aumentare soltanto la sorveglianza. Gli operatori Rosso e Nando rimasero da noi eristabilirono con gli alleati il collegamento radio, che era stato interrotto quando Gianni e Brunodovettero partire. Naturalmente, la buca sotto la cascina fu soppressa e mio padre cercò un’altro

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nascondiglio, più lontano dalla casa. Uscì il primo giornale “Il Fuori Legge”. Io, con mio cuginoPiergiovanni (figlio dello zio Bino, 10 anni allora ), andavamo a Stresa e ne posavamo in ogniluogo, negli alberghi, sulle panche, presso la ferrovia, li lasciavamo cadere dalle finestrespalancate. Tutte le volte che veniva stampato “Il Fuori Legge”, facevamo questo. Cercavamo diincitare la popolazione ad essere con noi, i giovani a raggiungere le nostre file. E così capivanoche anche il partigianato esisteva e agiva.

La prima pagina di “Il Fuori Legge” del Gennaio 1945. Era lapubblicazione della Brigata Stefanoni che veniva distribuita in zona dallestaffette

In apertura: foto di gruppo dei partigiani della Brigata Stefanoni e dei loro collaboratori. ArchivioTino e Liliana Vimercati.

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Per scaricare il pdf della seconda parte cliccare qui:

Per leggere la terza e ultima parte cliccare qui.

Note:

(1) Ludwig Stamm (nato a Hildesheim nel 1902 – morto non si sa dove) era il capitano della SSPolizei Regiment 20 e operava dal 1942 con il suo battaglione nel protettorato della Boemia-Moravia. Nel 18 Ottobre del 1943 partecipò al raid del ghetto di Roma, che portò alla cattura dimille ebrei che furono deportati ad Auschwitz. Giunse in Ossola nel 1944 dove diventòOrtskommandant di Baveno, rilevando il comando dal Capitano Krumhaar. Fu premiato il 31Dicembre 1944 a Ghiffa della Croce di Ferro II Classe per l’operato in Ossola. Si pensava che sifosse suicidato a Busto Arsizio, ma l’ex partigiano Mario Colombo ha ricostruito la verità: non fuStamm a morire con una pallottola in testa, ma il Colonello Hans Smaller. Stamm fu fattoprigioniero a Novara, ma approfittò del suicidio di un altro ufficiale, il colonnello Buch, perassumerne l’identità. Fu internato nel maggio del 1945 a Coltano (Pisa). Stamm riapparse nel1954, come se niente fosse, nello stesso Hotel Beau Rivage di Baveno, dove aveva, per tantotempo, tenuto il suo comando di compagnia. Il proprietario, che lo riconobbe subito, ma non lodenunciò, gli suggerì di trovare un’altra sistemazione e Stamm partì la mattina dopo su un’autotargata Firenze. Emerse che il Capitano Stamm morì nel suo letto nel 1986 nella provinciaargentina de Entre Rios (da Il Postalista) e da Storia del nazista che si “suicidò” due volte e morìnel suo letto.

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I ribelli della Presa

on 22 magamSun, 24 May 2015 10:48:02 +00001432015 2011 at 9.41 Lascia un commentoModificaTags: "Giorgio" Migliari, 10 Settembre, 11 Dicembre 1944, 13 Giugno 1944, 17 Marzo 1944,1944, 20 Novembre 1944, 24 Marzo 1944, 25 Aprile 1945, 30.000 Lire, 8 Settembre 1943, abiti,abiti femminili, acceso un fuoco, accumulatori, aerei, Aereo, Airola, albergo Bellavista, AlbergoDue Riviere, Albino De Gasperi, Aldo, Aldo Buffa, Aldo Campanella, Aldo Casanova, AldoIcardi, alfabeto Morse, Alfonso Beltrami, Alla faccia del pifffero, alleata dei partigiani, alleati,Alpe Formica, Alpino, Alpino Fiorente, Alto Vergante, amercano, Angela Molinari, AngiolinaMolinari, Angiulin Motta, Antifascista, appiccare fuoco, Archivio Iconografico del Verbano CusioOssola, Aristide, Armeno, Armi, armistizio, Arona, Aroni, arresto, Asnaghi, Badoglii, Balilla,bambina, Bardonecchia, Barigia, Basalini, Base, bassa quota, batteria, batterie, Battista "Tito"Basalini, Battista Basalini, Baveno, Bergamasco, Berto, bidone, bidoni, Bino De Gasperi, bio,biscott, biscotti, Bismarck, bombe, bombe a mano, Bondione, borghesi, borgo, borsetta, botola,Brigata Abrami, Brigata F. Abrami, Brigata P. Stefanoni, Brigata Stefanoni, Brindisi, Bruciare,bruciato, bruciato case, Bruno, Bruno Parnisari, buca, burro, C.V.L. Alta Italia, Cadavere, cadere,caffè, cameriere, camion, Campo di concentramento, cannoni, Capitano Krumhaar, Capo,Capodanno 1944-1945, carabiniere, carcere, caricare, cariche, carichi, Carl G. LoDolce, carta,carte d'identità, cartina, casa, cascina, Caserma Baggio, Caserta, Caso Holohan, castagne, cattivi,cattura, centro a Gignese, cerchio, cerchio rosso, Cesare Simoncini, Chiesa, Chiesa di San Rocco,cibo, Cinquanta, cintura, Cipriano Beltrami, circostanze, Coiromonte, collegamento radio,Colonna Stamm, colonnello Buch, Coltano, comandi, comando anglo americano, ComandoAnglo-Americano del Mediterraneo, combatteremo, consorte, consorti, convogli, coprifuoco,coraggio, corpo, corpo musicale, Corpo Volontari della Libertà, corrente elettrica, correre, cortile,Creé, crivellato, Croce di Ferro II Classe, Cugini, cugino, custode, custodia, danno, De Mori,Derina Molinari, Derio Andreani, Desiderio Andreani, dieci civili, diga, dignità, divisa, divise,Divisione Valtoce, Divsione Redi, documenti, dolore, Don Ettore, Don Luciano, don Prandi,dottore, dottrina, due metri di diametro, due soldati, ebrei, ebreo, eccidio, Enel, Enzo "Giovanni"Boeri, Enzo Boeri, Erno, Esercito, eusso, evasi, Fachiro, fame, famiglia, fare fuori, fascine,Fascismo, fascista, fascisti, fatica, febbraio 1945, felice, Ferdinanda Andreani, ferito, FernandaAndreani, Ferrovia, Ferrovia del Mottarone, Ferruccio "Maurizio" Parri, Ferruccio Parri,Fidanzato, fiducia, Fieno, fifa, finestra, finestre, finita, finzione, fiume, fortino, Franz, FratelliBoeri, fratello, freddo, frontiera, Fu G P. c, fucilare, fucilazione, Fuga, fuga di Bismarck, fuggire,

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