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Anni 60: cambia l’Italia e cambia la donna. Nell’euforia di un paese che si risveglia e produce, che avanza a grandi passi sulla via del progresso e promette emancipazione e benessere, due moderne soubrette Mina e Laura Betti, si impongono con autodeterminazione e spregiudicatezza come nuovo modello di femminilità per le adolescenti del tempo.

La prima beffardamente integrata nel sistema e in sintonia con la massa dei giovani non politicamente schierati, la seconda, portabandiera dell’anticonformismo e dell’indipendenza, musa del movimento della sinistra intellettuale.

Poeti, scrittori e giornalisti scrivono per Laura Betti versi di canzoni e testi di sketch con musica in cui si delinea un ritratto ferocemente ironico dei protagonisti del boom economico, ma :” La Laura Betti delle canzoni (scrive Goffredo Fofi in un articolo del 2005) è invece perfettamente dentro il boom, ne è un prodotto, un emblema. E’ ne più ne meno, la Mina degli irriverenti. Anche Mina, certo piaceva agli intellettuali, (la si sente in tanti film per esempio in Rocco e i suoi fratelli, di Visconti, in l’Eclisse di Antonioni) al punto che lo stesso Pasolini, che l’apprezzò e la usò, accompagnava in macchina Ungaretti a sentirla alla Bussola…

Mina piaceva agli intellettuali non essendo un’intellettuale; Laura Betti piaceva agli intellettuali essendo un’intellettuale.

Su questa premessa, abbracciando con entusiasmo la tesi di Goffredo Fofi, Clara Murtas costruisce il suo recital, composto di filmati d’epoca, testi di Pasolini, Montanelli, Cederna e dello stesso Fofi; ripropone le canzoni più rappresentative delle due artiste e due loro interviste (Oriana Fallaci per Mina e Roberto Chiesi e Antonio Alvares per Laura Betti) in un periodo che va dal 1960 al 1963: periodo breve ma che costituisce la fase artistica iniziale e dirompente delle nostre eroine e apice storico di quell’infausto ma effervescente boom di cui tuttora purtroppo subiamo gli effetti devastanti.