weekly report n°18/2015
Post on 22-Jul-2016
237 Views
Preview:
DESCRIPTION
TRANSCRIPT
www.bloglobal.net
N°18, 22 GIUGNO – 4 LUGLIO 2015
ISSN: 2284-1024
I
Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 5 luglio 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Paolo Balmas Davide Borsani Agnese Carlini Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°18/2015 (22 giugno - 4 luglio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Reuters/Rodi Said; Reuters; Xinhua; FP Photo; AP; ITAR-TASS/Maxim Nikitin; AFP/Jalaa Marey; RIA Novosti/PAN Photo/Hrant Khachatryan.
1
FOCUS
EGITTO ↴
Nella settimana del secondo anniversario della destituzione dell’ex Presidente Mo-
hammed Mursi (29 giugno-3 luglio), l’Egitto è stato colpito da una serie di vio-
lenti attentati che hanno nuovamente messo in discussione il ruolo del governo e
delle sue istituzioni, politiche e militari, nel percorso guidato di transizione e pacifi-
cazione del Paese. Ad essere colpiti sono stati obiettivi di alto livello e simboli del
potere centrale.
Il 29 giugno al Cairo, più precisamente nel quartiere residenziale di Heliopolis – dove
sorge anche il palazzo presidenziale – è stato attaccato un convoglio di sicurezza
che scortava il procuratore generale della capitale Hisham Barakat e la sua
scorta. Nell’esplosione sono morte un numero indefinito di guardie di Barakat e, po-
che ore più tardi, lo stesso procuratore generale, ucciso da un’emorragia interna pro-
vocata dalle gravi ferite subite. Oltre ad essere un personaggio di spicco della scena
politica nazionale, Barakat è stato un avversario della Fratellanza Musulmana,
tanto da aver condannato a morte durante l’esercizio delle funzioni numerosi membri
dell’Ikhwan e lo stesso ex Presidente Mursi.
L’attentato è stato rivendicato poche ore più tardi dal Gruppo di Resistenza
Popolare, una formazione sorta da poco tempo, probabilmente nel periodo post-
repressioni del 2013, costituito da diversi ex affiliati della Fratellanza Musulmana.
L’attacco contro Barakat non rappresenta il primo attentato ai danni di alti
funzionari dello Stato egiziano. Infatti il 16 maggio scorso, nel giorno in cui a Mursi
fu inflitta la prima sentenza di condanna a morte per evasione da un carcere egiziano
nel 2011, un gruppo di uomini armati legati alla Provincia del Sinai (o Wilayat Sinai,
2
il gruppo precedentemente noto come Ansar Bayt al-Maqdis e così rinominatosi dopo
la bayah al califfo al-Baghdadi del novembre 2014) uccise tre giudici nel Sinai set-
tentrionale. Un attentato di cui i terroristi hanno diffuso le immagini, solo dopo aver
ricevuto conferma della morte di Barakat.
Appena 48 ore più tardi, il 1° luglio, il WS ha lanciato tra al-Arish, Sheikh Zuweid
e il valico di Rafah, 15 attacchi contemporanei, con annesse azioni diversive,
contro postazioni militari, installazioni della polizia locale e checkpoint delle forze di
sicurezza, uccidendo oltre una settantina di soldati, di cui almeno 17 ufficiali. Nelle
azioni di rappresaglia immediata e ancora in corso, guidate dall’aviazione egiziana
con i caccia F-16 appena consegnati dagli Stati Uniti, sarebbero morti oltre un centi-
naio di miliziani e insorti. Gli attentati rappresentato i più gravi attacchi nella
storia dell’Egitto.
OPERAZIONI SUL CAMPO NEL NORD SINAI - FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
3
Gli attacchi nel nord del Sinai hanno dimostrato ancora una volta l’impreparazione e
l’incapacità, politica e militare, dello Stato egiziano nel contenere adeguatamente la
minaccia jihadista nel Paese. Allo stesso tempo, questi eventi hanno evidenziato come
il gruppo maggiormente letale e pericoloso egiziano, il WS sia ormai strettamente
connesso non solo da un punto di vista ideologico con IS, ma anche da quello
militare, come dimostrato anche dall’alta capacità di replicare in loco tattiche di
combattimento altamente complesse utilizzate dal gruppo di al-Baghdadi tra Siria e
Iraq.
Oltre che dal punto di vista militare la risposta egiziana è arrivata immediata. Nella
serata del 1° luglio, il Presidente Abdel Fatah al-Sisi ha riunito d’urgenza il Gabinetto
di Sicurezza Nazionale, durante il quale sono state approvate l’introduzione di nuove
misure, ancor più rigide, di contrasto al terrorismo. Il governo egiziano ha approvato
dunque un nuovo pacchetto di misure per la lotta al terrorismo, che consentirà
di rendere i processi più rapidi. Approvato, infine, il disegno di legge sulla riforma
della legge elettorale, in modo da fissare la data per le parlamentari, a lungo rinviate.
4
GRECIA ↴
Dopo più di 4 mesi di trattative, la Grecia e le principali istituzioni coinvolte nel piano
di aiuti internazionali sono arrivate ad una resa dei conti finale. La spasmodica corsa
contro il tempo è iniziata il 25 giugno e, a suon di riunioni quasi quotidiane dei prin-
cipali protagonisti europei e internazionali, si dovrebbe concludere, in un modo o
nell’altro, soltanto con il referendum greco del 5 luglio.
In un clima di innegabile frenesia si è riunito, il 25 e il 26 giugno, l’Eurogruppo,
il centro informale di coordinamento europeo che riunisce i Ministri delle Finanze dei
Paesi dell’Eurozona. La riunione è stata aperta con la speranza, rimasta invece
vana, di sbloccare le trattative fra la Grecia e il Gruppo di Bruxelles (già nota
come troika, ossia Commissione europea, BCE e FMI) proprio in vista della doppia
scadenza di fine giugno: da un lato il pagamento all’FMI della rata del prestito di 1,6
miliardi e dall’altro l’erogazione dell’ultima tranche da 7,2 miliardi del secondo pro-
gramma di aiuti, senza la quale del resto Atene non avrebbe potuto pagare la rata
del FMI.
Il piano presentato all’Eurogruppo dai creditori di Atene il 25 giugno, sostanzialmente
identico a quello già presentato l’8, il 14 e il 22 giugno, si fonda sulla realizzazione
graduale di un avanzo primario di 1, 2, 3 e 3,5% del PIL nel quadriennio 2015-2018.
Il pacchetto proposto dai creditori affinché tale obiettivo possa essere rag-
giunto, comprende principalmente: misure di politica fiscale, riforma delle pen-
sioni, riforma della pubblica amministrazione, riforma del mercato del lavoro, inter-
venti volti a combattere la dilagante corruzione e riforme volte a sanare le carenze
evidenti nel sistema di riscossione delle imposte. Come già in passato, l’erogazione
degli aiuti alla Grecia viene vincolato all’accettazione del pacchetto di riforme appena
considerato.
5
Il 26 giugno, alla ripresa del Vertice dopo la sospensione momentanea del 25 giugno
volta a dare la possibilità al governo Tsipras di presentare un nuovo piano di proposte,
i negoziati potevano dirsi sostanzialmente falliti. Rimaneva tuttavia la speranza di
poter continuare sulla strada di una trattativa senza ulteriori irrigidimenti delle parti.
L’annuncio il 27 giugno del Premier Tsipras di voler indire un referendum in merito
alla proposta fatta dai creditori alla Grecia il 25 giugno, richiesta approvata il 28
giugno dal Parlamento di Atene, ha definitivamente frantumato anche l’ormai flebile
speranza di giungere ad un accordo prima della fine di giugno. Con questa mossa il
governo greco ha nei fatti optato per una chiusura unilaterale delle avviate
negoziazioni con i creditori. Da un lato il governo Tsipras ha fortemente condan-
nato il piano proposto dall’Eurogruppo giudicandolo nella sostanza un diktat in con-
trasto con i valori stessi dell’Europa; dall’altro i vertici decisionali di Atene hanno
precisato non essere in loro diritto prendere una simile decisione senza un avallo
popolare in quanto questa avrebbe comportato nel concreto nuovi insopportabili sa-
crifici per un popolo già profondamente segnato da anni di misure di austerity.
Dal canto suo l’Europa ha visto nel referendum greco il guanto di sfida lanciato ai
creditori, un’imposizione forzosa di un braccio di ferro tra debitore e creditore. Mentre
il 30 giugno Atene diventava de facto il primo Paese europeo insolvente nei
confronti dell’FMI, l’Europa chiudeva tutti i canali negoziali con Atene annunciando
di restare in attesa del referendum del 5 luglio.
Intanto sul piano interno il referendum ha significato la presa di coscienza di uno
sviluppo ormai non più controllato e controllabile della nuova crisi greca. È dunque
iniziata la lunga fila agli sportelli per poter ritirare i risparmi depositati negli istituti
bancari greci. Proprio per evitare gli effetti catastrofici di un Bank Run di immane
proporzioni, il 28 giugno il governo greco ha annunciato l’adozione di un decreto
sulla chiusura delle banche a breve termine, cioè fino a lunedì 6 luglio, il giorno
dopo il referendum. È stato garantito comunque in questo periodo di tempo il paga-
mento di stipendi e pensioni.
Dopo la decisione del 3 luglio del Consiglio di Stato greco, la Suprema corte ammini-
strativa del Paese, circa l’ammissibilità del referendum del 5 luglio, la situazione sem-
bra ormai inevitabilmente in mano al popolo greco. A questo punto due gli scenari
possibili: la vittoria dei “Si” implicherebbe, come è logico pensare, le dimissioni del
Premier Tsipras e l’avvento di un governo maggiormente predisposto ad accettare
quanto proposto dall’Eurogruppo. Qualora, al contrario, a vincere fossero i “NO” lo
scenario più probabile sarebbe quello che può riassumersi nel neo-coniato Grexit. A
quel punto, però, le conseguenze non sarebbero pagate soltanto dalla Grecia ma
dall’Europa intera non tanto con un effetto immediato sull’economia reale quanto
piuttosto con conseguenze incontrollabili sul mercato dei capitali a livello di reintro-
duzione di un premio legato al rischio valutario. L’appartenenza all’Eurozona non sa-
rebbe più percepita dai mercati come un qualcosa di irreversibile e il prezzo di tale
nuova consapevolezza sarebbe pagato prima di tutto da quelle economie considerate
ancora come le più vulnerabili: Spagna, Portogallo e probabilmente Italia.
6
IRAQ/SIRIA ↴
Pur sotto controllo dei Peshmerga curdi, che per oltre sei mesi dall’ottobre 2014
hanno resistito contro l’assedio dello Stato Islamico (IS), Kobane è tornata a es-
sere terreno di rappresaglia dei miliziani islamisti. Nella notte del 25 giugno
decine di guerriglieri jihadisti, che vestivano le uniformi dell’Esercito Libero Siriano e
dei combattenti curdi arruolati sotto le insegne del YPG (Unità di Difesa del Popolo),
si sono infiltrate nella città sulla frontiera siro-turca e hanno aperto fuoco contro i
residenti. Secondo Human Rights Watch l’assalto, tamponato dai Peshmerga dopo
due giorni di intensa guerriglia urbana, ha provocato la morte di oltre 260 civili e il
ferimento di altre centinaia, risultando uno dei più cruenti massacri compiuto dai
seguaci del Califfato. L’attacco jihadista sopraggiunge a seguito della grave scon-
fitta di Tal Abyad, cittadina che guarda verso la capitale islamista di Raqqa e che i
Peshmerga hanno conquistato lo scorso 16 giugno. Analogamente, il gruppo radicale
è stato messo alle corde nella provincia nordorientale di Hasaka dalla sinergia delle
forze curde e governative. Seppur in difficoltà negli altri fronti di conflitto nel Paese,
le truppe di Damasco hanno infatti espulso i combattenti dell’IS dai quartieri di Ha-
saka e in particolare dall’area residenziale di Nashwa. Il 23 giugno i media nazionali
hanno inoltre riportato che l’esercito siriano ha messo in sicurezza il giacimento pe-
trolifero di Jazal nei pressi di Palmira, che alla fine di maggio il Califfato ha annesso
ai propri domini e da cui giungono le immagini della distruzione del patrimonio ar-
cheologico. Contestualmente all’incursione su Kobane, i jihadisti sono entrati nuova-
mente a Tal Abyad ma l’attacco è stato circoscritto al distretto di Mashor Foqani nella
periferia orientale della città.
I successi militari curdi, che con la copertura aerea della coalizione internazionale il
23 giugno hanno riconquistato l’avamposto islamista di Ain Issa a sud di Tal
Abyad, sono fonte di grande preoccupazione per la vicina Turchia. Il governo di
7
Ankara teme che il vuoto di sovranità possa portare al consolidamento della
presenza politico-militare dei curdi siriani, così rafforzando le rivendicazioni au-
tonomiste dei nazionalisti curdi nelle regioni meridionali. Il YPG siriano è infatti alleato
all’ala armata del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), tutt’oggi considerato
un’organizzazione terroristica dalla dirigenza turca. Il Presidente Recep Tayyip Er-
doğan ha dichiarato con fermezza che la Turchia non permetterà la costituzione di
uno Stato curdo nel nord della Siria e la convocazione dei consiglieri per la sicurezza
nazionale a seguito dei combattimenti di Tal Abyad ha destato le voci di un immi-
nente e preventivo intervento turco per la costituzione di una zona cusci-
netto, già invocata in autunno dal governo Erdoğan con l’escalation della violenza
islamista su Kobane. Nonostante le smentite del Primo Ministro Ahmet Davutoğlu, è
ragionevole ritenere che l’opzione di un ingresso armato della Turchia, membro NATO
sempre più insofferente nei riguardi della collaborazione operativa tra le forze statu-
nitensi e quelle curde, sia al vaglio dei vertici militari turchi.
OPERAZIONI SUL CAMPO IN IRAQ - FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
8
Intanto, il Ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallem in visita a Mosca ha
nuovamente incassato la vicinanza e l’assistenza del Presidente russo Vla-
dimir Putin. Il Ministro degli Interni iraniano Abdolreza Rahmani Fazeli ha invece
annunciato la costituzione a Baghdad di un forum trilaterale in cui Iran, Iraq
e Siria discuteranno le misure di coordinamento per affrontare le comuni
minacce della violenza estremista, del terrorismo e della politica estera israeliana.
La visita a Teheran il 21 giugno di una delegazione di capi tribali della provincia sun-
nita dell’Anbar, guidata dallo sceicco Ashour al-Hammadi, dimostra quanto sia pre-
gnante l’influenza iraniana nelle vicende e nelle prospettive irachene e come, per
converso, Baghdad non sia in grado di armare e integrare i combattenti tribali sunniti
(alla stregua delle ben organizzate milizie sciite) all’interno delle forze di sicurezza.
Lo sceicco al-Hammadi ha reso nota la disponibilità iraniana a fornire armamenti alle
tribù dell’Anbar attraverso il governo federale iracheno. Analogamente, alcuni par-
lamentari sunniti hanno intavolato dei colloqui con le controparti giordane
per studiare la possibilità di equipaggiare e sostenere finanziariamente i combattenti
sunniti.
Per quanto concerne l’andamento dei combattimenti, la polizia federale, i reparti di
élite dell’esercito regolare e le milizie sciite hanno stretto l’offensiva su Baiji, dal cui
centro urbano ancora una volta sono arretrate le avanguardie dell’IS, che tuttavia
mantengono una forte e mobile presenza nelle aree limitrofe e nell’importante raffi-
neria petrolifera verso la quale sono ora dirette le manovre delle forze di sicurezza.
Alla precarietà degli equilibri bellici si accompagna il dato della frammentarietà del
quadro politico, segnato da aperte tensioni tra le componenti etniche e con-
fessionali. Il 20 giugno i membri del Consiglio Provinciale di Diyala di estrazione
sunnita hanno annunciato che non prenderanno parte alle riunioni dell’organo deci-
sionale per protesta contro la nomina a Governatore di Muthanna al-Tamimi, dirigente
della milizia sciita Organizzazione Badr, che ha ricevuto l’incarico dopo lo scioglimento
lo scorso 31 marzo del precedente esecutivo, presieduto da un esponente sunnita. Il
boicottaggio della rappresentanza sunnita è motivato dalla scelta controversa di al-
Tamimi, politico sciita vicino a Teheran, in una provincia demograficamente eteroge-
nea in cui sono le minoranze curda e sunnita sono ben radicate. Ammar al-Juburi,
leader del partito sunnita Iraqiyat Diyala, ha condizionato la partecipazione alle riu-
nioni consiliari all’apertura di negoziati con le altre parti politiche, ma l’episodio – che
ha avuto risonanza nazionale – testimonia le difficoltà nell’applicare soluzioni inclu-
sive e largamente condivise. Peraltro, l’esplosione di alcuni ordigni suggerisce una
ripresa degli attacchi dell’IS nella provincia, che in gennaio era stata messa in sicu-
rezza dall’esercito e dai gruppi paramilitari sciiti.
A denunciare la debolezza delle intese politiche è inoltre lo stallo dell’accordo sotto-
scritto a dicembre dal governo centrale con le autorità del Kurdistan iracheno che ha
concesso al governo regionale curdo di vendere greggio alla Turchia e sbloccato il
pagamento degli arretrati ai dipendenti pubblici curdi in cambio della condivisione dei
proventi petroliferi.
9
Tuttavia, il passivo di bilancio ha compresso il previsto trasferimento di risorse fede-
rali, mentre Erbil ha progressivamente ridotto la quota di petrolio commercializzata
attraverso la compagnia statale SOMO (State Organization for Marketing of Oil) e
parimenti incrementato le vendite indipendenti.
10
TERRORISMO ↴
La giornata del 26 giugno ha conosciuto ben tre episodi ascrivibili al terrorismo
in diverse parti del mondo: Francia, Tunisia e Kuwait. Sebbene le indagini ini-
ziate immediatamente dopo i fatti abbiano evidenziato che quanto accaduto in Francia
sembra essere esclusivamente il gesto singolo di un folle, gli attentati in Tunisia e
Kuwait sono stati entrambi rivendicati dallo Stato Islamico (IS).
La mattina del 26 giugno, infatti, in un impianto di gas industriale dell’Isère, a
30 chilometri da Lione, in Francia, nella regione del Rodano-Alpi, un uomo, successi-
vamente identificato come Yassin Sahli è entrato nel sito industriale e ha deca-
pitato Hervè Cornara, suo capo e manager di una compagnia di trasporti. L’assali-
tore faceva regolarmente visita alla fabbrica della Air Products e, quella mattina, in-
sieme alla vittima, doveva recarsi sul luogo per una consegna: una volta arrivato sul
posto ha prima varcato il cancello di ingresso, mostrando il suo badge personale, poi
si è recato verso le bombole di gas deposito, causandone l’esplosione. Successiva-
mente Sahli ha cercato di esporre la testa della vittima sulla recinzione della struttura,
dopo aver inviato una foto con il corpo mutilato ad un numero telefonico canadese,
prima di essere bloccato dai vigili del fuoco che erano accorsi a seguito del divampare
dell’incendio. Gli investigatori stanno ancora indagando sulle reali motivazioni
che hanno portato a compire un simile gesto, ma l’assalitore ha confessato di aver
agito per motivi personali e ha negato che ci sia la matrice islamista dietro l’attacco.
In Kuwait i terroristi hanno attaccato la moschea sciita dell’Imam Sadiq,
situata nel quartiere al-Sawaber, zona molto frequentata dell’area orientale della ca-
pitale, mentre era affollata di credenti in preghiera. Il bilancio finale dell’attacco è di
27 morti e più di 220 feriti, alcuni in modo grave. Secondo le prime ricostruzioni,
derivanti anche dall’analisi dei filmati della videocamera posta all’ingresso, un gio-
vane, probabilmente sui vent’anni, vestito di bianco, è entrato nell’area di preghiera,
11
dove vi erano circa 2000 persone in ginocchio, e si è fatto esplodere. Il Primo Ministro
kuwaitiano Sheikh Jaber al-Mubarak al-Sabah ha affermato che l’attacco rappresenta
un tentativo di minacciare l’unità nazionale, ma ha assicurato che «i kuwaitiani,
adesso, sono più forti che mai». L’attacco è stato rivendicato da un gruppo af-
filiato allo Stato Islamico, autodefinitosi Wilayat Najd (Provincia del Najd), lo
stesso che avrebbe compiuto una serie di attentati ai danni di moschee sciite nel
Qatif, una provincia orientale dell’Arabia Saudita. La strage della moschea dell’imam
Sadiq potrebbe rappresentare l’apertura di un nuovo fronte, il Kuwait per l’appunto,
da parte dell’IS, essendo questo il primo attentato ai danni del piccolo Stato del Golfo,
in un tentativo di accerchiamento dell’Arabia Saudita, al pari di Israele tra gli obiettivi
principali dell’organizzazione di Abu Bakr al-Baghdadi.
ATTACCO A KUWAIT CITY - FONTE: BBC
Il terzo attacco della giornata è avvenuto nella località di Sousse, in Tunisia, dove
alcuni uomini armati di Kalashnikov sono arrivati sulla spiaggia di due po-
polari resort turistici e hanno fatto fuoco sui bagnanti, uccidendo 38 persone
e ferendone almeno un’altra trentina. Tra le vittime ci sono turisti francesi, britannici,
irlandesi, tedeschi, belgi e tunisini. Uno dei due responsabili dell’attacco è stato uc-
ciso, mentre il secondo è stato catturato dalle forze di sicurezza intervenute poco
dopo l’accaduto. L’attacco è stato rivendicato dall’IS con una dichiarazione sul
proprio profilo Twitter e la pubblicazione di alcune foto degli attentatori. Questo è il
12
secondo attacco di una certa rilevanza avvenuto in Tunisia, dopo quello del museo
del Bardo lo scorso 18 marzo, rivendicato dai miliziani dello Stato Islamico. L’assedio
dell’IS alla Tunisia ha convinto il Presidente Beji Caid Essebsi a dichiarare lo
stato di emergenza in tutto il Paese. Il periodo di emergenza durerà 30 giorni,
con possibilità di proroga: «Il Paese non è al sicuro perché abbiamo l’IS alle porte»
ha dichiarato Essebsi e pertanto a «situazioni straordinarie si risponde con misure
eccezionali». Contestualmente alla dichiarazione dello stato di emergenza è stato no-
minato un nuovo governatore a Sousse, Fethi Bdira.
ATTACCO A SOUSSE - FONTE: BBC
13
BREVI
AFGHANISTAN, 22 GIUGNO ↴
I talebani afghani hanno lanciato un attacco contro il
Parlamento senza tuttavia causare vittime, grazie al
pronto intervento delle forze di sicurezza che hanno
ucciso tutti e sette i miliziani. Secondo le prime
ricostruzioni fornite dal portavoce del Ministro
dell’Interno, Sediq Sediqqi, l’attacco è iniziato con
l’esplosione di un’autobomba nei pressi dell’entrata del
Parlamento; successivamente i miliziani hanno assaltato il compound, ma sono stati
respinti dalle forze di sicurezza e si sono rifugiati in un palazzo vicino in costruzione.
L’attacco sarebbe avvenuto, secondo alcune indiscrezioni, subito dopo l’arrivo al
Parlamento di Masoom Stanekzai, nominato nuovo Ministro della Difesa, una
posizione rimasta vacante per circa nove mesi. Nell’attacco nessun membro della
Loya Jirga ha riportato serie conseguenze fisiche, se non lievi escoriazioni a seguito
dell’esplosione. Nonostante l’insuccesso, l’offensiva talebana non si è fermata: i
miliziani hanno successivamente attaccato un posto di polizia nel distretto di Khwaja
Ghar e si sono opposti alla riconquista del distretto di Waygal da parte delle truppe
afghane. Inoltre, 11 soldati afghani sono morti a seguito di un’imboscata dei talebani
nell’Afghanistan occidentale, proprio mentre l’esercito afghano si appresta ad
affrontare, per la prima volta senza il supporto diretto delle truppe NATO, l’offensiva
talebana. Nel frattempo si fa sempre più pressante la minaccia dello Stato Islamico
che, secondo quanto rivelato da alcuni testimoni, starebbe imponendo la propria
presenza in alcuni distretti della provincia di Nangarhar, bruciando i campi di oppio,
principale fonte di finanziamento dei talebani. Nel frattempo, sul piano politico è stata
raggiunta l’intesa con l’ONU per il trasferimento alle autorità di Kabul di un
controverso milionario programma di assistenza per rafforzare la polizia e pagare gli
stipendi. Il nuovo programma prevede la valutazione sul raggiungimento di alcuni
obiettivi, a periodicità semestrale, per ottenere le successive tranches di
finanziamento.
ARGENTINA/FALKLAND, 27 GIUGNO ↴
Non conoscono sosta le tensioni tra Londra e Buenos
Aires per l’annosa questione dell’arcipelago conteso
delle Falkland/Malvinas. L’ultimo episodio riconducibile
alle frizioni anglo-argentine sul tema è relativo alle
trivellazioni petrolifere nell’arcipelago, che hanno
avuto inizio nel 2010 malgrado l’opposizione del
14
governo di Buenos Aires. Lilian Herraez, giudice federale di Rìo Grande, nella Terra
del Fuoco, ha disposto il blocco di 156,4 milioni di dollari sui conti bancari, oltre al
sequestro di navi e altri beni appartenenti alle imprese petrolifere operanti nella zona.
Tra le aziende interessate dal provvedimento rientrano le britanniche Falkland Oil and
Gas, Premier Oil e Rockhopper, l’italiana Edison International e la statunitense Noble
Energy. In aprile il Sottosegretario agli Esteri per le isole Malvinas, Daniel Filmus,
aveva annunciato possibili azioni legali contro tali aziende, accusandole di «portare
avanti azioni illegali in territorio argentino». Il procedimento, duramente contestato
dalle società internazionali coinvolte, implicherebbe la cessazione immediata di ogni
attività esplorativa ed estrattiva. L’arcipelago delle Falkland è oggetto da lungo tempo
di una disputa tra Regno Unito e Argentina. Territorio d’oltremare del Regno Unito,
che ne rivendica la sovranità in virtù della propria presenza politico-amministrativa
risalente al XIX secolo, le isole (con la denominazione di Malvinas) sono tuttavia
considerate dall’Argentina come parte integrante del proprio territorio nazionale. Le
tensioni bilaterali sulla questione hanno raggiunto il culmine in occasione del breve
conflitto, da aprile a giugno del 1982, per il controllo e il possesso delle Falkland
conclusosi con la vittoria del governo britannico di Margaret Thatcher.
ARMENIA, 27 GIUGNO ↴
Dopo una settimana di proteste di piazza e di disordini
tra manifestanti e forze di polizia armene a Yerevan, il
Presidente Serzh Sargsyan ha annunciato la
sospensione dei rincari delle tariffe dell’energia
elettrica. Le manifestazioni erano infatti scoppiate dopo
l’approvazione da parte del Parlamento (19 giugno) di
un aumento del costo dell’elettricità dal prossimo mese di agosto del 16% – il terzo
in due anni. Alla base di “Electric Yerevan” – così è stato definito dai media il
movimento, per lo più condotto da giovani che si sono dichiarati non affiliati ad alcun
partito politico armeno o estero – è aggravato dalla generale difficile situazione
economica nazionale (corruzione, bassi salari e una disoccupazione che ha superato
il 20%) che risente della crisi economica russa – dalla quale il piccolo Paese caucasico
è strettamente dipendente – e in particolare dell’indebolimento del rublo. La
distribuzione dell’energia elettrica, infatti, è gestita dall’Electric Networks of Armenia
(ENA), società totalmente controllata dalla russa Inter RAO UES, che sembrerebbe
abbia fatto pressioni sulla stessa ENA affinchè alzasse le tariffe (finanche al 40%) per
compensare non solo la svalutazione della valuta nazionale ma anche il fatto che la
compagnia armena abbia pagato forniture e servizi ben al di sopra del prezzo del
mercato – favorendo in particolare le aziende degli oligarchi filo-governativi – senza
ricevere un’adeguata corresponsione da parte dei cittadini. Mentre la Commissione
regolatoria per i Servizi pubblici armeni (PRSC) si è affrettata a respingere le accuse
del CEO della Inter RAO, Boris Kovalchuk, spiegando che la regolazione tariffaria è in
15
piena conformità della prassi internazionale, c’è già chi in Armenia reclama la
nazionalizzazione della compagnia energetica e, in particolare, un sostanziale
alleggerimento della dipendenza dalla Russia. Nonostante il Paese abbia deciso di
aderire all’Unione Doganale, negli ultimi mesi si sono registrati attriti con Mosca,
come dimostrano le proteste popolari seguite al caso dell’uccisione di un’intera
famiglia armena da parte di un soldato russo della base di Gyumri non processato da
un tribunale armeno.
ISRAELE, 29 GIUGNO ↴
A causa della costante instabilità della Striscia di Gaza
e della Penisola del Sinai e nel timore di possibili
infiltrazioni jihadiste dai confini egiziano e giordano nel
Negev e in Csigiordania, Israele ha deciso di avviare i
lavori di costruzione di una barriera difensiva
elettrificata su modello di quella che separa lo Stato ebraico dall’Egitto. La barriera,
che dovrebbe impedire l’ingresso dei migranti irregolari africani (soprattutto eritrei e
etiopi) o di attacchi sul suo territorio, sarà eretta lungo i trenta chilometri del confine
con la Giordania nei pressi dell’aeroporto di Timna, vicino Eilat, unica località
israeliana che si affaccia sul Mar
Rosso, di fronte alla città giordana di
Aqaba. La misura, approvata
all’unanimità in seduta comune dal
Gabinetto di Sicurezza Nazionale,
dovrebbe andare a sostituire il
precedente muro difensivo eretto
intorno alla città nel 2013. L’intera
opera costerà all’incirca un miliardo di
dollari e sarà completata entro il
dicembre 2016. Questo progetto
rappresenta il quarto muro difensivo
a protezione dei confini israeliani
dopo quelli edificati lungo le frontiere
con Siria, Libano ed Egitto. La misura
è stata giustificata dall’esecutivo
israeliano come una risposta
necessaria alle continue intimidazioni
che giungono dal Sinai da parte del
Wilayat Sinai che, nelle stesse ore
degli attacchi del 1° luglio scorso,
avevano lanciato tre razzi Grad a
lunga gittata diretti verso Ashdod.
Sebbene non abbiano provocato
16
danni, la continuita minaccia rappresentata dal gruppo sinaitico ha spinto Tel Aviv a
rilanciare una più stretta collaborazione di intelligence con l’Egitto e a mantenere,
almeno non ufficialmente, un canale di dialogo aperto con la dirigenza di Hamas a
Gaza proprio per scongiurare una fusione delle violenze gazawi con quelle sinaitiche,
esponendo dunque lo Stato ebraico ad una nuova sfida da affrontare nel suo confine
meridionale. Intanto sempre nello spazio di mare tra Gaza e Ashdod, la marina
israeliana ha intercettato e bloccato la nave svedese “Gothenburg Marianne” diretta
verso la Striscia e parte della Freedom Flotilla III, una flotta di navi cariche di aiuti
internazionali in favore della popolazione locale afflitta dall’embargo israeliano in
vigore dal 2007.
MYANMAR, 25 GIUGNO ↴
Il Parlamento del Myanmar ha votato contro diversi
emendamenti costituzionali dimostrando ancora una
volta il potere di veto da parte dei militari. In questo
modo ha impedito alla leader dell’opposizione e Premio
Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi di poter concorrere
alle prossime elezioni presidenziali, che dovrebbero
tenersi nel novembre 2015. Il voto, infatti, ha messo fine a tre giorni di dibattito su
alcune modifiche da apportare alla Costituzione del 2008, che avrebbero reso
accessibile la Presidenza del Paese a San Suu Kyi. Secondo la Lega Nazionale per la
Democrazia un cambiamento della Costituzione è necessario per avere future elezioni
democratiche. Il pugno di ferro da parte dei militari ha causato un forte mal contento
tra i sostenitori di un Myanmar più liberale in mano ad un’amministrazione civile. Dal
canto loro, i rappresentanti delle forze armate in Parlamento hanno constatato che il
Paese, essendo ancora in una fase di transizione, non sarebbe pronto per la
democrazia.
STATI UNITI, 1° LUGLIO ↴
Prosegue speditamente lo storico rapprochement tra
Cuba e gli Stati Uniti dopo decenni di ostilità. Il
Presidente americano, Barack Obama, e il Capo di
Stato cubano, Raùl Castro, hanno annunciato
pubblicamente la riapertura delle rispettive ambasciate
nei reciproci Paesi a distanza di oltre cinquant’anni
dalla rottura dei rapporti diplomatici. «Più di 54 anni fa gli Stati Uniti chiudevano la
loro ambasciata a L’Avana», ha affermato Obama, «oggi ristabiliamo le nostre
relazioni diplomatiche con Cuba»: «un passo storico, non un passo simbolico», ha
continuato, «inizia un nuovo capitolo. Ora il Congresso deve agire su quell’embargo
che non ha funzionato per oltre 50 anni». Se il Presidente ha avuto il potere di
17
ristabilire i rapporti diplomatici, è infatti compito esclusivo del Congresso abrogare
l’embargo proclamato da John F. Kennedy ad inizio anni Sessanta. Un Congresso
controllato dai Repubblicani che, però, non paiono inclini ad assecondare il passo
storico compiuto da Obama. È il caso anzitutto del Senatore Marco Rubio, di origini
cubane, e dell’ex Governatore della Florida, Jeb Bush, entrambi candidati presidenti
in vista delle primarie repubblicane per le elezioni del 2016, che si sono detti scettici
sul riavvicinamento in quanto non terrebbe conto né della inaccettabile natura
autoritaria del governo di L’Avana né dell’assenza di una vera tutela dei diritti umani
per i cittadini cubani. Una tesi che Castro ha voluto confutare nel discorso televisivo
in cui ha annunciato la riapertura delle Ambasciate: «Cuba si ispira ai principi della
Carta delle Nazioni Unite», ha annunciato, «compresa la promozione del rispetto dei
diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti». I cubani, intanto, si sono mostrati
entusiasti del riavvicinamento diplomatico tra i due Paesi vedendovi la concreta
possibilità di un miglioramento delle proprie condizioni socio-economiche. Intanto sul
piano interno la presidenza Obama incassa due importanti successi su due battaglie
che l’attuale amministrazione sta conducendo fin dal 2009: la tutela dei diritti delle
comunità LGBT e la riforma sanitaria. Il 25 giugno la Corte Suprema statunitense ha
infatti deciso che Obamacare – come è stato denominato informalmente l’Affordable
Care Act – non risulta incostituzionale nel suo meccanismo di aiuti pubblici, che
consente ai cittadini americani con redditi bassi di acquistare polizze assicurative
erogate dal settore privato appoggiandosi sui sussidi forniti dal settore pubblico. Il
giorno successivo, il 26 giugno, la Corte Suprema si è pronunciata sul matrimonio tra
persone omosessuali stabilendo che ciò costituisce una possibilità garantita dalla
Costituzione e che dunque risulta illegale qualsiasi normativa statale contraria. Viene
quindi cancellata una parte della legge del 1996 promulgata dall’amministrazione
Clinton, il Defense of Marriage Act, che indicava come unica forma legale di
matrimonio quella tra due persone di sesso diverso.
STATI UNITI/CINA, 23-24 GIUGNO ↴
Si è svolto a Washington il 7° Dialogo Strategico ed
Economico tra Cina ed USA. L’incontro è avvenuto in
un momento di particolare tensione tra le due
superpotenze a causa dell’attacco hacker,
presumibilmente sponsorizzato dalla Cina, contro gli
USA, il quale ha causato la divulgazione di informazioni
sensibili riguardanti gli agenti federali. Ciononostante l’incontro è risultato molto
produttivo ed avrà sicuramente un forte impatto nelle relazioni sino-americane. Come
previsto, la questione maggiormente discussa dai due Paesi è stata quella del
cambiamento climatico. Le due superpotenze hanno rinnovato il proprio impegno nel
rispettare le promesse fatte lo scorso novembre in merito alla riduzione delle
emissioni, incentivando la produzione di energia pulita. In ambito economico si è
menzionato, senza alcun risultato rilevante, il Trattato bilaterale per gli Investimenti.
18
Per quanto riguarda il tema della sicurezza, si è discusso principalmente di spazio
cibernetico e della difficile cooperazione al suo interno, a causa – come evidenziato
dal Ministro degli Esteri Lu Kang – dell’approccio statunitense. Infine nessun
riferimento esplicito è stato fatto in merito alle questioni nel Mar Cinese Meridionale.
John Kerry si è limitato ad affermare che «quei Paesi con determinate rivendicazioni
nell’area si astengano quanto più possibile da azioni unilaterali e risolvano le proprie
controversie nel rispetto del diritto internazionale».
UCRAINA, 1° LUGLIO ↴
Il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha presentato
al Parlamento un progetto di modifica costituzionale
che mira a conferire alcuni poteri fiscali ai governi
regionali e locali. La normativa, che secondo il
Presidente dimostra la chiara volontà di Kiev di
rispettare quanto sancito dagli accordi di Minsk-2 dello
scorso febbraio con riferimento alle riforme relative al decentramento e alla
concessione di alcune disposizioni speciali per le regioni del Donbass, è stata tuttavia
considerata dal Cremlino e dagli stessi separatisti filo-russi dell’est lesiva degli accordi
di cessate il fuoco in quanto escluderebbe la questione dell’autonomia e non sarebbe
stata concertata con i rappresentanti delle auto-proclamate Repubbliche Popolari di
Donetsk e Lugansk. È in ragione di ciò che il leader della DNR, Alexandr Zakharchenko
ha indetto nuove elezioni locali per il prossimo 18 ottobre. Questo atteggiamento,
insieme con il progressivo ammassamento di forze ribelli intorno alla città di Horlivka
– a nord della direttrice Donetsk-Mariupol (dove immagini satellitari avrebbero
registrato una nuova base ribelle diretta secondo Kiev dalla Russia) a giustificazione
di una possibile operazione anti-terrorismo da parte dell’ATO – lascia suggerire che i
separatisti stiano abbandonando i negoziati politici e stiano cercando di sfruttare una
narrativa secondo cui sarebbero le forze di Kiev a violare il cessate il fuoco. A riprova
della buona volontà, la DNR ha peraltro annunciato la creazione di una zona
demilitarizzata intorno al contestato villaggio di Shyrokyne. L’allarme delle autorità
centrali per una possibile imminente offensiva dei separatisti (tanto verso Artemivsk
tanto verso Mariupol), come tra l’altro dimostrerebbero nuovi attacchi contro le prime
linee di sicurezza ucraine, fa inoltre seguito alla decisione del Cremlino di
interrompere le forniture di gas destinate a Kiev come fallimento dell’incontro (30
giugno) tra Russia e Ucraina a Vienna (mediato dall’UE) sulla negoziazione del
pacchetto estivo di forniture energetiche. Naftogaz, l’azienda statale ucraina, ha
infatti rifiutato il prezzo proposto da Gazprom, ma ha comunque dichiarato che
assicurerà il flusso di oro blu destinato agli altri clienti europei.
19
UNIONE EUROPEA, 22 GIUGNO ↴
Il Consiglio dell’Unione Europea nella sua formazione
Affari Esteri ha ufficialmente dato il via libera alla
prima fase della missione militare EUNavfor Med così
come approvata il 18 maggio scorso. Il primo step
della missione militare prevede il dispiegamento di
navi e velivoli di 14 Paesi europei nelle acque
internazionali a largo della Libia e la raccolta di informazioni di intelligence sulla rete
di traffico organizzata dagli scafisti. La flotta europea, la quale avrà come nave
ammiraglia la portaerei italiana Cavour, sarà composta da 5 navi da guerra, 2
sottomarini, 3 aerei da pattugliamento marittimo, 2 droni e 3 elicotteri per un totale
di circa 1.000 uomini. La missione EUNavfor Med sarà condotta in collaborazione con
la NATO, diverse agenzie delle Nazioni Unite e ovviamente l’agenzia europea per la
gestione delle frontiere esterne Frontex. L’importanza dell’avvio di questa prima fase,
che dovrebbe servire da trampolino di lancio per le fasi due e tre della missione una
volta giunta l’attesa risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è stata
sottolineata anche nelle conclusioni finali del Consiglio europeo del 25 e 26 giungo.
Proprio durante quest’ultimo Vertice si è inoltre giunti ad un compromesso limitato,
basato non sul criterio dell’obbligatorietà ma su quello del “consenso”, circa la
questione delle quote relative alla redistribuzione dei 40.000 richiedenti asilo già su
suolo italiano e greco. Accanto a ricollocamento e reinsediamento, si continua inoltre
a sottolineare nei vari forum europei la necessità di implementare il sistema dei
rimpatri per coloro che non hanno diritto alla protezione.
20
ALTRE DAL MONDO
ARABIA SAUDITA/FRANCIA, 25 GIUGNO ↴
I Ministri degli Esteri e della Difesa di Francia e Arabia Saudita hanno firmato a Parigi
una serie di importanti accordi del valore di 12 miliardi di dollari in diversi settori di
cooperazione (in particolare sicurezza ed energia). Laurent Fabius ha specificato che
gli accordi includono l’acquisto di 23 elicotteri Airbus H145, nonché la possibilità di
lanciare uno studio di fattibilità per la costruzione di due reattori nucleari nel regno
saudita in collaborazione con la Francia. Dopo gli accordi firmati con Libano, Qatar ed
Egitto, questa nuova intesa rappresenta un’ennesima conferma dell’ascesa e del raf-
forzamento della diplomazia militare francese in Medio Oriente.
ITALIA/INDIA, 26 GIUGNO ↴
A seguito dell’ennesimo rinvio da parte della Corte Suprema indiana dell’udienza sul
ricorso presentato dai due fucilieri della Marina italiana contro l’affidamento delle in-
dagini all’agenzia anti-terrorismo (NIA) di New Delhi, il Ministero degli Esteri italiano
ha annunciato l’avvio delle procedure per l’attivazione di un arbitrato internazionale
che stabilisca – a tre anni di distanza dall’inizio della vicenda – a quale organo giuri-
dico spetti l’istituzione del processo sul caso. Sono tuttavia incerti i tempi di realizza-
zione, in quanto non sembra sia stato ancora presentato il ricorso presso il Tribunale
del Mare né che l’Italia abbia nominato il giudice per quanto di competenza.
IRAN, 30 GIUGNO ↴
L’Iran e i Paesi del P5+1 hanno optato per estendere la deadline dei negoziati sul
dossier nucleare di Teheran al 7 luglio. La precedente scadenza per i dettagli dell’ac-
cordo, dopo aver già raggiunto un framework agreement, era fissata per il 30 giugno.
I lavori tra le due delegazioni quindi proseguono, circondate da un cauto ottimismo.
Benché l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ribadisca che serva ancora
molto lavoro, il vice Ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, afferma che «tutte
le parti sono del parere che la questione sarà risolta nei prossimi giorni».
MALI, 20 GIUGNO ↴
La coalizione dei movimenti per l’Azawad (CMA) ha firmato l’accordo di pace per il
Nord del Mali. Il testo dell’intesa, già approvata lo scorso 15 maggio, ma mancante
della firma del CMA, mira a ristabilire una pace duratura nel Nord del Paese e a
fermare l’avanzata dei gruppi jihadisti. Il Ministro degli Esteri algerino Ramtane La-
mamra, capo del team di mediazione internazionale, ha salutato con soddisfazione il
raggiungimento dell’accordo, ritenendolo «un nuovo inizio per il Mali».
21
SOMALIA, 26 GIUGNO ↴
Nello stesso giorno dei sanguinosi attentati in Francia, Tunisia e Kuwait i militanti di
al-Shabaab hanno lanciato un’autobomba contro una base delle truppe di peacekee-
ping dell’Unione Africana AMISOM a Leego, 130 km dalla capitale Mogadiscio, cau-
sando numerose vittime. Secondo il portavoce di al-Shabaab per le operazioni mili-
tari, Sheikh Abdiasis Abu Musab, 6 miliziani sarebbero rimasti uccisi mentre le vittime
tra i soldati burundesi sarebbero oltre 50. Secondo le ricostruzioni dei testimoni, un
attentatore suicida si sarebbe fatto saltare in aria a bordo di un’autobomba e succes-
sivamente si sarebbe verificato un lungo scontro a fuoco tra i militanti della forma-
zione islamista e i soldati dell’UA. Già nelle scorse settimane la lunga serie di violenze
di al-Shabaab aveva incluso un’azione contro un convoglio dell’Unione Africana con a
bordo soldati etiopi e due attacchi nella capitale. Obiettivo del primo di essi è stato
un centro di addestramento dell’Agenzia Nazionale di Intelligence, mentre nel se-
condo episodio i bersagli sono stati istruttori militari degli Emirati Arabi Uniti; nessun
cittadino emiratino ha perso la vita, ma vi sono state almeno 3 vittime tra i soldati
somali.
SUD SUDAN, 28 GIUGNO ↴
Duri scontri sono avvenuti tra forze ribelli e truppe governative per il controllo di
Malakal, capitale dello Stato dell’Alto Nilo nel nord del Sud Sudan. L’attacco dei ribelli,
che per bocca del loro comandante Johnson Olony hanno dichiarato di controllare la
città, è avvenuto subito dopo il fallimento dei colloqui di pace che si stavano svol-
gendo a Nairobi, in Kenya. Le delegazioni avevano deciso di incontrarsi separata-
mente con il Presidente kenyano Uhuru Kenyatta. Ma al termine dei colloqui il porta-
voce dei ribelli Mabior Garag ha dichiarato che ancora una volta non si è arrivati ad
un accordo tangibile. Durante gli scontri è stato attaccato anche un compound delle
Nazioni Unite, situato poco fuori la città di Malakal, a seguito del quale un cooperante
è stato ucciso.
VATICANO/PALESTINA, 26 GIUGNO ↴
I rappresentanti accreditati della Santa Sede e dello Stato palestinese hanno siglato
un accordo globale relativo agli aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa
nello Stato di Palestina. L’accordo non ancora pubblicato e che fa seguito all’intesa
del 15 febbraio 2000 tra Santa Sede e l’allora OLP, si compone, secondo quanto
emerge dal comunicato congiunto, di un preambolo e di 32 articoli divisi in 8 capitoli.
Con l’accordo il Vaticano procede de facto al riconoscimento dello Stato di Palestina
e del suo diritto all’autodeterminazione, ribadendo ancora una volta la propria pro-
pensione per la soluzione dei “due popoli, due Stati”. Immediata la risposta di Israele
che ha espresso rincrescimento e ha annunciato possibili conseguenze nei rapporti
con la Santa Sede.
22
ANALISI E COMMENTI
TRA MILIZIE E DIVISIONI SETTARIE,
QUALE FUTURO PER LA GUARDIA NAZIONALE IRACHENA?
LORENZO MARINONE ↴
Gli scarsi risultati ottenuti dalla recente offensiva contro lo Stato Islamico in Iraq
mettono in luce la preoccupante inconsistenza dell’esercito regolare iracheno. Nono-
stante il supporto aereo garantito dalla coalizione internazionale a guida statunitense
e la presenza sul terreno di numerose milizie prevalentemente sciite, le forze di Ba-
ghdad hanno dimostrato in più occasioni di essere del tutto impreparate ad affrontare
i miliziani del Califfato. L’episodio più recente è avvenuto il 17 maggio, quando la
“Golden Division” delle forze speciali irachene, il reparto migliore per addestramento
e capacità operativa, è fuggita da Ramadi abbandonando mezzi e armi. L’esercito
iracheno stazionava nelle retrovie anche durante la riconquista di Tikrit ad aprile,
lasciando combattere in prima linea le Forze di Mobilitazione Popolare (FMP, in arabo
Hashd Shabi), milizie sciite appoggiate dalla Forza al-Qods iraniana (…) SEGUE >>>
ANALISI D’INTELLIGENCE: CRITICITÀ E BENEFICI
DEL SISTEMA DI SPIONAGGIO E CONTRO-SPIONAGGIO
ALESSANDRO CONTINIELLO ↴
In questo periodo storico, alla luce dei tragici accadimenti francesi, i sistemi d’infor-
mazione e sicurezza di tutti i Paesi sono particolarmente in fibrillazione. La presente
analisi cercherà, quindi, di focalizzare l’attenzione sugli obiettivi (rectius: target) della
nostra e delle altre intelligence, senza omettere di evidenziare quelle che possano
essere le criticità di un sistema così complesso e, in re ipsa, segreto. Ciclicamente i
rappresentanti politici di una nazione europea o extra-europea enunciano la neces-
sità, per il settore sicurezza, di lavorare in sinergia attraverso la “condivisione delle
informazioni”. Niente è più falso di tale propalazione se si richiama, ab origine, un
noto monito: “In momenti critici potrebbe effettivamente essere utile condividere
informazioni tra servizi. Ma esiste anche una sacra regola: condividere può anche
risultare un’operazione pericolosa. Un amico oggi potrebbe divenire un terribile ne-
mico domani” (…) SEGUE >>>
TURCHIA, LA QUESTIONE CURDA DOPO IL VOTO
FILIPPO URBINATI ↴
Come sempre accade le elezioni politiche di un Paese non si giocano su una sola
tematica ma ruotano attorno ad una complessa rete di questioni. Le consultazioni
che si sono svolte lo scorso 7 giugno in Turchia non hanno costituito in questo senso
un’eccezione: oltre ai temi economici – che non hanno tuttavia avuto la stessa rile-
vanza dello scorso decennio –, a quello relativo alla proposta di modifica della Costi-
tuzione in senso presidenziale da parte del Partito Giustizia e Sviluppo (Adalet ve
23
Kalkınma Partisi – AKP) e dunque a quello riguardante le tendenze autoritarie del
Presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha assunto una rilevanza particolare la tradizionale
questione curda. Il problema curdo gioca certamente una parte rilevante all’interno
della politica turca sin dalla nascita della Moderna Repubblica di Turchia avvenuta ad
opera di Mustafa Kemal, detto Atatürk, nel 1923 (…) SEGUE >>>
LA GRECIA AL BIVIO
GIUSEPPE CONSIGLIO ↴
La schiacciante vittoria di Tsipras alle politiche del 25 gennaio costituisce, come ora-
mai ampiamente assodato, una limpida bocciatura del programma “lacrime e sangue”
imposto alla Grecia dalla cosiddetta Troika e un chiaro mandato al nuovo governo
eletto dal popolo ellenico: interrompere le politiche di austerità e ridiscutere gli ac-
cordi con i creditori internazionali attraverso una riduzione dei tassi di interesse e una
ristrutturazione del debito. Quella che ha portato SYRIZA al governo è una proposta
quanto mai ambiziosa che a più riprese si è scontrata con la dura realtà dei negoziati
che Atene conduce a denti stretti oramai da sei mesi. Abbandonati i toni accomodanti
– salvo sprazzi di insofferenza più dettati da esigenze propagandistiche e di consenso
interno che da una reale visione di lungo periodo – dell’esecutivo guidato da Antonis
Samaras, per trascinare la Grecia fuori dalla crisi il governo Tsipras ha elaborato una
tattica che si sviluppa su due fondamentali direttrici: da un lato le trattative con
l’Eurogruppo dove il Primo Ministro ed il suo Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis,
adottando plasticamente l’approccio Mutt and Jeff con il professore nel ruolo del “po-
liziotto cattivo”, cercano di convincere Banca Centrale Europea (BC), Commissione
europea e Fondo Monetario Internazionale (FMI), dell’efficacia delle riforme struttu-
rali proposte per garantire un maggiore controllo della spesa ed una sostanziale sa-
lubrità dei conti pubblici (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net
top related