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Socialismo municipale e industria elettrica a Catania in età giolittiana
di Pinella Di Gregorio
Crescita urbana e ricambio delle élites politiche
“Onorevoli Colleghi, se è vero ciò che disse un gentile poeta francese che ‘Tout le plaisir des jours est en leurs matinées’, prendiamoci la dolce soddisfazione in questa bella mattinata della primavera della nuova vita comunale di porre le nostre prime cure alla preparazione della municipalizzazione dei pubblici servizi, dalla distribuzione delle acque potabili alla illuminazione pubblica e privata, dall’impianto dei forni municipali alla costruzione dei tramways elettrici... I doveri del nuovo consiglio comunale sono vasti e delicati comprendendo essi, oltre la formazione sociale del comune il risorgimento economico del paese. A Catania la grande industria, e quindi la borghesia moderna non si può dire del tutto sviluppata. Occorre un governo locale forte e coraggioso e una borghesia intelligente e onesta che ne promuova lo sviluppo”1.
Con questa dichiarazione del prosindaco Giuseppe De Felice Giuffrida, nella seduta di insediamento del nuovo consiglio comu
nale il 19 giugno 1902, aveva inizio la lunga egemonia dei partiti popolari a Catania. Il blocco popolare si era presentato all’appuntamento elettorale con un ampio progetto riformatore mutuato dal programma amministrativo del partito socialista del 18952. L’allargamento del suffragio del 1882 e la riforma dell’elettorato amministrativo di sei anni dopo avevano ravvivato all’interno del socialismo italiano un vasto dibattito culturale e politico sul ruolo degli enti locali in relazione alle concrete possibilità di conquista del potere municipale. Nel corso degli anni ottanta il gruppo radicale e repubblicano milanese e quello democratico siciliano di Edoardo Pantano e Napoleone Colaianni avevano rilanciato l’ideologia autonomistica per attenuare il rigido controllo statale sugli enti locali3. I socialisti italiani, facendo proprie tali istanze, le collegavano ad un programma amministrativo che trovava un importante referente ideologico nel movimento fabiano inglese. Quest’ultimo inseriva le attività economiche proprie del municipal trading liberale in un vasto programma riformatore che saldava nazionalizzazione e municipalizzazione in una prospettiva di superamento
1 Discorso di insediamento della nuova giunta dell’onorevole De Felice, “Corriere di Catania”, 20 giugno 1902.2 II programma dei partiti popolari, in “Unione”, 25 maggio 1902. Vedi anche Rosario Spampinato, Il movimento sindacale in una società urbana meridionale. Catania 1900-1914, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1977, n. II, p. 394.3 Napoleone Colaianni, Le istituzioni municipali. Cenni ed osservazióni, Piazza Armerina, 1883; sull’argomento cfr. Salvatore Massimo Gangi, Da Crispi a Rudinì. La polemica regionalista (1894-1896), Palermo, 1973, p. 52.
“Italia contemporanea”, settembre 1987, n. 168
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della società capitalistica4. Il dibattito instauratosi su questi temi condusse i socialisti italiani ad indicare nella riforma tributaria e nella municipalizzazione dei pubblici servizi i punti salienti di quel “governo locale dell’economia” da realizzare mediante un’articolata politica di alleanze con la parte più avanzata della borghesia urbana5. Su tali basi maturò la convergenza fra i partiti dell’estrema sinistra (repubblicani, radicali e socialisti) che portò alla vittoria in alcune grandi città dei blocchi popolari all’inizio del secolo. L’incipiente industrializzazione permise alle amministrazioni socialiste di città come Torino e Milano di svolgere appieno una funzione mediatrice tra esigenze produttive private e bisogni collettivi6. In tal modo i blocchi popolari si assumevano il compito di regolare e compensare i costi sociali provocati dalla modernizzazione. Nel Mezzogiorno, invece, la prevalente struttura agricola e la mancanza di meccanismi propulsivi di sviluppo poneva gli enti locali nella difficile condizione di supplire la carente iniziativa privata. L’esempio offerto da Catania è emblematico. Il programma dei popolari è ambizioso: “Accanto alla abolizione del dazio sul pane, deliberato dal parlamento, la riduzione dei dazi sul carbon fossile, che è il pane della industrializzazione, la municipalizzazione e la vendita a buon mercato della forza motrice che è l’anima del
progresso, vi sono le cure efficaci e assidue verso quei grandi strumenti di produzione e commercio, come il porto e le altre vie moderne di comunicazione e di trasporto, che danno impulso efficace e potente allo sviluppo della nuova vita sociale”7.
Municipalizzare servizi quali l’acquedotto, l’illuminazione elettrica, la rete tramvia- ria significava non solo facilitare la crescita economica della città ma assicurare al Comune una fonte autonoma di reddito che avrebbe dovuto risolvere la questione del reperimento delle risorse finanziarie in grado di alimentare la crescente spesa pubblica8. Il risanamento del bilancio (obiettivo primario per la nuova giunta) avrebbe permesso al Comune di svolgere una funzione di traino nell’attività produttiva attraverso una politica di incremento dei lavori pubblici, la protezione delle categorie sociali più deboli e gli sgravi fiscali sui consumi popolari.
Dopo la crisi economica del 1888-95 la ripresa di una forte domanda di prodotti agricoli e di materie prime (esportazione dello zolfo utilizzato dall’industria chimica europea) e gli effetti positivi dell’emigrazione sul mercato del lavoro, innescarono anche in Sicilia una favorevole congiuntura. Gli effetti sono vistosi: nel giro di un decennio viene ri- costituito il vigneto, si intensificano le colture arboree, si assiste ad una riconversione
4 François Bédarida, Il socialismo in Gran Bretagna dal 1875 al 1914, in Jacques Droz (a cura di), Storia del Socialismo, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1974; per una più approfondita trattazione del socialismo municipale inglese, vedi R. Roberts, Teoria e prassi politica dei socialismo municipale in Inghilterra, 1880-1914, in Aa.Vv., Le sinistre e il governo locale in Europa dalia fine dell’800 alla seconda guerra mondiale, Pisa, Nistri-Lischi, 1984, pp. 156.5 Giulio Sapelli, Il “governo economico municipale”: l ’esperienza prefascista dei socialismo italiano, in Aa.Vv., Le sinistre e il governo locale in Europa, cit., pp. 52 e Maurizio Degl’Innocenti, Il comune nel socialismo italiano 1892-1922, in “Italia contemporanea”, 1983, n. 153, pp. 8-9.6 Sull’esperienza dei comuni socialisti di Milano e Torino cfr. Maurizio Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cinque anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze, Sansoni, 1979 e Mario Grandinetti, Movimento sindacale e politica socialista a Torino negli ultimi anni deH’800, in Aa.Vv, Storia del movimento operaio, del socialismo e delie lotte sociali in Piemonte, Bari, De Donato, 1979, vol. I.7 “Corriere di Catania", art. cit., 20 giugno 1902.8 Municipio di Catania, Un comune odierno, Catania, Tipografia Galatola, 1905, pp. 25.
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produttiva di alcuni comprensori tradizionalmente latifondistici. Le zone interne dell’isola si spopolano a favore delle zone costiere, dove più intensi divengono i traffici commerciali e dove esistono maggiori sbocchi occupazionali. Le città si qualificano come i luoghi privilegiati in cui avviene la commercializzazione dei prodotti: dai porti siciliani partono gli emigranti, ma anche vini, agrumi, primizie e zolfo. Catania, epicentro di un vasto hinterland agricolo particolarmente ricco di vigneti, frutteti e agrumeti, diviene alla fine del secolo, tramite la costruzione di un efficiente asse portuale integrato con la ferrovia, il crocevia degli intensi traffici mercantili della costa orientale siciliana. La ripresa commerciale della città favorì, accanto ai tradizionali settori alimentari e tessili, lo sviluppo di un settore industriale legato alla raffinazione dello zolfo e alla produzione di acido solforico e concimi chimici9. La classe politica liberale, espressione di una proprietà terriera legata ad una visione agricolo-commerciale dello sviluppo, si trovò impreparata a gestire la trasformazione industriale della città. La modernizzazione urbana comportò una scollatura tra ceti produttivi ed élites moderate che, indebolite dalla crisi del mercato vinicolo e dal crollo della rete bancaria locale degli anni ottanta, si dimostrò incapace di affrontare un crescente malessere sociale aggravato dall’epidemia di colera del 1887 e culminato nel movimento dei Fasci. Agli inizi del ventesi
mo secolo le classi dirigenti liberali si mostrarono incapaci di governare lo sviluppo urbano e di fronte ai nuovi compiti che era chiamato ad assumere l’ente locale per dirigere l’impetuosa crescita della città esse rimasero arroccate tra fiscalismo e contrazione della spesa pubblica, clientelismo e inerzia amministrativa. L’approfondimento delle contraddizioni socioeconomiche provocò all’intemo dello stesso blocco moderato una spaccatura tra un’ala conservatrice e un’altra intraprendente e dinamica, cooptata da De Felice nelle elezioni del 190210.
Le élites popolari, che resteranno al potere per vent’anni, non rappresentavano certamente una classe omogenea, ma piuttosto un conglomerato sociale basato sull’alleanza tra ceti medi urbani e la parte più avanzata della classe operaia catanese organizzata nelle leghe di mestiere e nella Camera del lavoro. La formazione del nuovo blocco sociale attorno ad un progetto politico che puntava a coniugare crescita economica e riformismo sociale può considerarsi come il primo movimento borghese siciliano11. Di esso indiscusso leader fu Giuseppe De Felice Giuffrida, uomo politico in cui confluivano esperienze diverse: da un lato il comunalismo socialista di Andrea Costa e dall’altro la tradizione democratica del mondo meridionale che “nel comune, nella sua conquista, nelle lotte intorno al patrimonio comunale, alla difesa dei demani, alla difesa degli usi civici, aveva
9 Sulla trasformazione economica della Sicilia in questo periodo cfr. Giuseppe Barone, Ristrutturazione e crisi del blocco agrario. Dai Fasci siciliani al primo dopoguerra, in Aa.Vv., Potere e società in Sicilia nella crisi dello stato liberale, Catania, Pellicano, 1977; sulla crescita di Catania vedi il volume II Commercio di Catania. Un quindicennio di vita economica (1898-1912), Catania, Tipografia Galatola, 1913; lo sviluppo della città è evidenziato dall’incremento demografico della popolazione tra il 1901 al 1913, valutato intorno al 40 per cento circa. Vedi Alberto Di Blasi, La dinamica demografica della provincia di Catania dal 1861 al 1961, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1967, n. 1. Per un profilo generale della città vedi la recente opera di Giuseppe Giarrizzo, Catania, Ro- ma-Bari, Laterza, 1986.10 Rapporto riservato del prefetto di Catania, Emilio Bedendo, a! Presidente del Consiglio A. Fortis, Catania maggio 1905, Acsmi, Dir. Gen. Amm. Civile, anni 1907-1909, (Catania, Amm. com.) Cat. 15800.11 Francesco Renda, Giuseppe De Felice Giuffrida capo de! movimento popolare catanese, in “Movimento Operaio”, novembre-dicembre 1954, n. 6, pp. 912.
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individuato uno dei tratti caratteristici della contesa civile del Mezzogiorno”12. Ma ancora più direttamente il “popolarismo” di De Felice saldava la propria credibilità politica alla presenza di una cultura sociogiuridica formatasi a Catania sin dagli anni ottanta con il dibattito aperto da Angelo Majorana e Napoleone Colaianni intorno alla democratizzazione delle istituzioni politiche.
Il rinnovamento delle classi dirigenti locali rimette in discussione l’interpretazione sal- veminiana di un Mezzogiorno appiattito sui moduli tradizionali dell’ascarismo politico. Il fenomeno della sostituzione delle élites politiche va, al contrario, rivisto, almeno per le grandi aree meridionali, in relazione all’emergere di nuovi gruppi sociali. In questo senso le inchieste governative promosse da Giolitti nel 1900-02 sui municipi di Palermo, Messina e Catania appaiono emblematiche in quanto ebbero lo stesso risultato: l’avvicendamento al potere di gruppi dirigenti favorevoli al nuovo corso politico13.
Nella città etnea, dove lo schieramento liberale si era consumato in una lunga serie di conflitti interni, l’atteggiamento di Giolitti provocò una dura opposizione da parte del Circolo Umberto I attorno a cui si erano raccolti i resti dei gruppi moderati; e nello stesso tempo causò a De Felice l’accusa di ascarismo da parte dei più intransigenti tra i socialisti. In realtà il collegamento instauratosi tra centro e periferia, sulla base di con
crete esigenze di modernizzazione politica e sociale, fu una delle condizioni primarie per l’egemonia “popolare” nella città etnea.
Ristretta la cinta daziaria, abolito il dazio sui farinacei, attuati alcuni sgravi fiscali, municipalizzati i forni, problema energetico e trasporti urbani ed extra-urbani costituirono i punti salienti del programma amministrativo dei “popolari” . L’alto costo del carbone e la mancanza di rapidi collegamenti con i ricchi paesi del Bosco Etneo frustravano la vocazione metropolitana della città. Su questo terreno il Comune fu chiamato subito a confrontarsi con le decisioni di investimento dei gruppi capitalistici interessati nel nuovo settore elettrotramviario. Alla fine dell’Ottocento il monopolio delle Compagnie del Gas e delle Società tramviarie bel- ghe e francesi era stato messo in discussione dalle applicazioni della nuova fonte di energia, l’elettricità14. Le grandi imprese elettriche tedesche Schukert, Siemens e Aeg detentrici del monopolio tecnologico del settore, sollecitate dalla saturazione del mercato interno, avevano iniziato negli anni novanta la loro espansione verso l’estero al fine di collocare la loro produzione di materiale elettrotecnico. Ma “la diffidenza verso gli impianti elettrotecnici, che erano appena giunti alla loro maturazione tecnico-produttiva, la mancanza di disponibilità al rischio e la debolezza finanziaria dei potenziali investitori, in particolare degli enti pubblici che erano coinvolti più degli altri in questi investimenti
12 Discorso del Prof. Giuseppe Giarrizzo, (Estratto da Cinquant’anni di vita dell’Istituto Tecnico Commerciale “Giuseppe De Felice Giuffrida” di Catania) .Catania, 1970; su De Felice vedi pure Rosario Spampinato, L ’attività politica di Giuseppe De Felice Giuffrida prima dei Fasci Siciliani (1880-1890), in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1971, n. II-III, e dello stesso autore, Profilo di Giuseppe De Felice, in Aa.Vv., I fasci siciliani, Bari, De Donato, 1976, vol. II.13 Giuliano Procacci, La lotta di classe in Italia agli inizi del secolo, Roma, Editori Riuniti, 1970; vedi pure Salvatore Lupo e Rosario Mangiameli, La modernizzazione difficile: blocchi corporativi e conflitto di classe in una società arretrata, in Aa.Vv. La modernizzazione difficile. Città e campagna nel Mezzogiorno dall’età giolittiana al fa scismo, Bari, De Donato, 1983, pp. 255.14 Cfr. Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale. La conquista della forza. Il capitale straniero in Italia, a cura di Domenico De Marco, voi. V ili, Bari, Laterza, 1966; su Francesco Nitti vedi la documentata biografia di Francesco Barbagallo, Nitti, Torino, Utet, 1984.
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infrastrutturali, costrinsero le imprese elettrotecniche a dedicarsi oltre alla costruzione di centrali elettriche, di linee tramviarie elettriche e di impianti di illuminazione, anche al loro finanziamento”13 * 15.
Tramite 1 ’ Unternehmergeschaft le Società elettriche tedesche realizzavano l’integrazione tra centrale elettrica, distribuzione di energia e rete tramviaria che, nei paesi second comers, permetteva all’impresa di verticalizzare il ciclo produttivo. Alla fine del secolo si apriva una intensa fase di concorrenza tra le Compagnie del Gas e le Società tramviarie a capitale belga e le nuove imprese elettriche tedesche che andavano organizzandosi in trusts. Attorno al nodo delle infrastrutture urbane si addensò a Catania lo scontro di interessi economici tra le imprese ma anche la lotta politica tra i gruppi capitalisti e il blocco popolare che intendeva controllare lo sviluppo.
Illuminazione pubblica e tramvie tra affarismo e politica
Dopo una prima concessione a Vincenzo Guerra, titolare di una piccola impresa napoletana, il comune di Catania nel 1864 aveva affidato l’appalto per l’illuminazione a gas della città ad una società di Bruxelles, la Compagnie générale pour l’Eclairage e le Chauffage par le gaz16. Per circa un ventennio la società belga mantenne il monopolio nella erogazione e distribuzione di energia alla città: le relazioni con le élites dominanti e l’inconsistenza finanziaria delle imprese locali protessero la società da qualsiasi concorrenza. Parallelamente al servizio di illu
minazione pubblica la crescita commerciale della città rendeva necessaria la realizzazione di rapidi collegamenti viari urbani ed extraurbani. Agli inizi degli anni novanta il Comune aveva deciso di fare costruire una rete tramviaria a vapore concedendone l’appalto a due affaristi messinesi, Gatto Lo Bruto e Giuseppe Battaglia17. Il carattere speculativo dell’impresa emerse chiaramente, poiché i lavori non furono mai iniziati, e ciò causò un contenzioso con il Comune prolungatosi sino al 1902. La vertenza era ancora in corso quando anche a Catania si affacciò l’ipotesi dell’impianto di una rete tram viaria elettrificata. Le possibilità di espansione offerte dal nuovo settore mobilitarono l’energia imprenditoriale locale, come la ditta Prinzi, attiva nel settore molitorio, e gruppi affaristi interprovinciali legati in qualche modo alla finanza internazionale e imprese straniere. La proposta della ditta Prinzi fu presto ritirata; restarono in lizza l’offerta dell’impresa messinese di Gatto Lo Bruto e Giuseppe Battaglia, che agiva in questa occasione come rappresentante della banca lionese Durand, e quella della Società elettrica tedesca Felix Singer. Entrambi i progetti proponevano la costruzione di una rete tramviaria, comprendente linee urbane ed extra-urbane e l’impianto di un’officina termoelettrica la quale, oltre a fornire la forza motrice per le vetture, avrebbe distribuito energia alla città. In seguito a queste offerte si fronteggiarono a Catania due partiti, uno pro Durand, l’altro pro Singer. La battaglia per ottenere la concessione venne condotta con tutti i mezzi, ma soprattutto attraverso pressioni sulla stampa locale. Il gruppo Durand finanziava nel dicembre 1897 la nascita del giornale “L’Elettrico” . Il quotidiano pre-
13 Peter Hertner, Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1984,pp. 45-46.16 Atto di concessione per l ’appalto di illuminazione pubblica a Catania, Archivio legale Carnazza (da ora in poiA1C), Società Tramviaria (da ora in poi St), pacco 20, fascicolo II.17 Convenzione per l ’impianto e l ’esercizio dei Tramways a vapore in Catania, 8 gennaio 1892, A1C, St, p. 18, fase. XXI.
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sento, fin dal primo numero, le motivazioni per cui si sarebbe battuto: far conoscere al pubblico “coi documenti alla mano la vera storia della questione che sta dietro l’elettrificazione dei trams”18.
Il giornale mascherava gli interessi del gruppo francese dichiarando di porsi dalla parte dell’interesse pubblico per il progresso della città, contro “i falsi giudizi che la gente disturbata dai colpi di gran cassa o traviata da false insinuazioni è portata a ritenere esatti”19.
Nella sua breve ma intensa campagna giornalistica contro la Singer, “L’Elettrico” puntava soprattutto su due linee di attacco: una riguardava l’immagine della società tedesca accusata di millantato credito (giacché si era presentata come la casa americana di macchine da cucire) e del reclutamento di personale per organizzare claque in favore della Singer per influenzare consiglieri comunali; l’altra critica, più grave, era ripresa dalle obiezioni che De Felice muoveva al progetto dalle colonne del suo giornale “L’Unione”, e accennava a quella connivenza tra impresa elettrica e Compagnia del gas20.
Ma di questa seconda accusa non vi erano prove concrete. D’altra parte i difensori della Singer ribaltavano le argomentazioni sostenendo che “i Durand non faranno i trams per favorire i commercianti del carbon fossile”21.
Il riferimento era preciso, poiché Battaglia, rappresentante della Casa Durand, diri
geva la filiale messinese della Hugo Stinnes. Ma al di là delle polemiche giornalistiche la proposta dell’impresa tedesca presentava un vantaggio indiscutibile rispetto a quella della Casa Durand. A differenza del gruppo finanziario francese, che si sarebbe limitato a subappaltare i lavori ad un’impresa costruttrice locale, la Singer dichiarava di realizzare essa stessa gli impianti elettrici e le tramvie, con la garanzia di non gonfiare le spese con subappalti e, quindi, di non speculare sui costi22. A questa condizione fu particolarmente sensibile il Comune, scottato dalle precedenti concessioni ad imprese puramente speculative. Dopo sette mesi dall’inizio delle trattative, I’ll giugno 1898 il Comune concedeva l’appalto per la produzione e distribuzione di energia elettrica e la costruzione di una rete tramviaria urbana ed una linea extra-urbana che collegava la città alle agrotowns delle pendici etnee23. Il Comune fu costretto ad inserire nel contratto la tram- via del Bosco Etneo, di difficile realizzazione tecnica, pressato dalle istanze di un ceto mercantile-terriero che sin dalla metà del secolo diciannovesimo aveva proceduto ad un’intensa trasformazione fondiaria nelle cosiddette “terre forti”.
I problemi che la Singer dovette affrontare durante la sua attività a Catania furono molteplici. Anzitutto l’irriducibilità della Compagnia del gas, la quale, oltre gestire un’officina termica per illuminazione del giardino pubblico, aveva iniziato la costruzione di un’altra centrale elettrica24. In
18 “L’Elettrico”, 16 dicembre 1897.19 “L’Elettrico", art. cit.20 “L’Elettrico”, 10gennaio 1898.21 Un p o ’ più di luce sulla questione dei trams elettrici in Catania, Catania, 1898; e “L’Elettrico”, 12 febbraio 1898.22 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 29 dicembre 1897.23 Contratto per l ’impianto di tramvie, illuminazione e forza motrice mediante l’energia elettrica, fra il Comune e la provincia di Catania e la Elettricitas Gesellschaft Felix Singer & co. di Berlino, Catania, 1906, A1C, St, p. 18, fase. VI.24 Comparsa conclusionale innanzi alla Corte di Appello di Catania per la Società Felix Singer contro la Società del Gas, A1C, St, p. 20, fase. II.
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secondo luogo una crisi di liquidità che le impedì di mantenere gli impegni assunti con il Comune e che ne determinò nel 1899 l’assorbimento da parte di un’altra società tedesca, la Helios Electricitas Aktien Gesell- schaft di Colonia25. Fondata nel 1884, la Helios era stata la prima impresa tedesca ad utilizzare il sistema a corrente alternata; in pochissimo tempo la società aveva registrato una notevole crescita economica (il capitale azionario era passato dai 2 milioni di lire del 1895 ai 20 milioni del 1901) e, pur restando un’impresa di media grandezza, verso la metà degli anni novanta si lanciò anch’essa alla conquista del mercato italiano. La maggiore iniziativa in tal senso fu senz’altro l’acquisizione della Bank fur Elektrische Industrie di Berlino, che permise alla Helios di soppiantare, almeno in parte, le forniture di materiale elettrico della ditta americana Walker, fino ad allora utilizzato dalla Singer nella costruzione della rete tramviaria a Catania26. Il cambiamento di proprietà non modificò i problemi connessi alla costruzione della tramvia del Bosco Etneo che avevano ritardato l’inizio dei lavori. Le difficoltà tecniche venivano giudicate dalla Singer-Helios insormontabili rispetto ai costi di costruzione e gestione della rete.
La situazione sembrò sbloccarsi quando i popolari conquistarono il governo della città. In seguito alla sentenza del Tribunale civile di Catania del 24 novembre 1902, con la quale si condannava la società tedesca per inadempienza, il contratto poteva essere dichiarato nullo. A tal fine l’amministrazione
popolare decise di avviare trattative con la Siemens e l’Aeg, per realizzare la costruzione della tramvia27. Ma entrambe risposero di essere disposte a costruire ma non a gestire la rete tramviaria etnea28. Fallite le trattativa con i tedeschi, i popolari si trovarono a dover scegliere tra la rescissione del contratto con la conseguente municipalizzazione, o una transazione con la Singer che escludesse la costruzione della tramvia etnea. Poiché l’amministrazione defeliciana si orientò verso la trattativa, divenne oggetto di forti e contrapposte pressioni. Per i socialisti era giunta l’occasione favorevole per procedere alla realizzazione della parte più qualificante del programma popolare: la municipalizzazione dei tram29. Sull’altro fronte l’opposizione conservatrice si spaccava in due tronconi: da una parte protagonisti politici come Beneventano e Carnazza che giudicavano inutile ed onerosa la municipalizzazione, dall’altra gli esponenenti dell’aristocrazia terriera (Paterno Castello, il principe di Manganelli, Vadalà-Papale, Monastra), interessati alla commercializzazione dei prodotti delle “terre forti”, che insistevano per l’impianto della tramvia del Bosco, con cui solidarizzavano i notabili locali dei paesi etnei30. L’“affare tramviario” polarizzò per mesi interi lo scontro politico che culminò in un’agitata seduta del consiglio comunale del 15 maggio 1903 durante la quale l’amministrazione fu accusata dai socialisti di venire meno al programma popolare. In polemica con l’opposizione socialista si incaricò di difendere la posizione della giunta Luigi Mac-
25 Lettera della Helios Elektrizitas-Gesellschaft di Colonia, all’avvocato Carnazza, 12 dicembre 1899, A1C, St, p. 18, fase. VI.26 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica italiana fino alla prima guerra mondiale, in Aa.Vv., Energia e sviluppo. L ’industria elettrica italiana e la società Edison, Torino, Einaudi, 1986, pp. 241.27 Le offerte rimaste, in “Corriere di Catania”, 29 aprile 1903.28 La riunione della maggioranza ed il rinvio della discussione, in “Corriere di Catania”, 5 maggio 1903.29 La municipalizzazione dei trams, in “Il Riscatto”, 13-14 giugno 1903.30 Cfr. Parere della difesa del comune di Catania sui dichiaratori dei comuni dì Mascalucia, S. Giovanno La Punta e S. Agata Li Battiati, relativi alla transazione per le tramvie, Catania, 1903.
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chi, esponente di spicco del popolarismo e più volte assessore ai lavori pubblici31. Anzitutto egli sottolineò la differenza tra il concetto di municipalizzazione e quello di impresa municipale: carattere distintivo della prima era il beneficio sociale che derivava alla comunità indipendentemente dall’utile economico che il Comune poteva ricavarne; le imprese municipali, chiamate a gestire servizi di tipo industriale avevano, al contrario, il preciso compito di assicurare alle finanze comunali un reddito da riutilizzare per diminuire le tasse oppure per produrre altri servizi32. Secondo Macchi il Comune di Catania non poteva farsi carico della municipalizzazione né tantomeno della costruzione di una rete tramviaria perché ciò avrebbe comportato un forte immobilizzo di risorse che le condizioni della finanza locale realisticamente non consentivano di reperire. La redditività del servizio poteva essere assicurata soltanto da un’impresa privata, per le maggiori disponibilità di capitali e tecnologie. Davanti alla commissione consiliare incaricata di studiare la questione, De Felice difese la scelta dell’amministrazione comunale di orientarsi verso la transazione con la considerazione che, fallite le trattative con le altre imprese e tenuto conto che un’azione legale contro la Singer si sarebbe protratta nel tempo, l’accordo era l’unico modo per ottenere entro breve termine i tram e la luce elettrica a Catania33. Le motivazioni addotte dal leader “popolare” furono decisive e il 4 maggio 1904 il Comune e la Singer-Helios sottoscrivevano un accordo nel quale veniva
esclusa la realizzazione della tramvia del Bosco Etneo34. La firma della transazione sancì la rottura definitiva tra il blocco defe- liciano e i socialisti catanesi.
Il disimpegno della Helios e il rifiuto della Siemens e dell’Aeg riflettono il disagio economico in cui si dibattevano le imprese tedesche. La crisi economica del 1901, poco più di un rallentamento nel lungo periodo di favorevole congiuntura della economia europea, aveva aggravato la debolezza strutturale del mercato di capitali in Germania. All’industria tedesca esportatrice di tecnologia venne a mancare il supporto necessario per sostenere le posizioni di mercato già conquistate all’estero. Alla fine del secolo la fondazione di società finanziarie, promosse dai grandi trusts elettrici Aeg, Siemens e Schukert con il fine principale di rastrellare capitali senza distinzione di nazionalità aveva risolto, parzialmente, la difficoltà di reperire nuove risorse per l’industria elettrotecnica tedesca. La crisi di liquidità delle società elettriche, dopo il 1901, accrebbe la necessità di ampliare il mercato di capitali e favorì il sistema delle partecipazioni incrociate attraverso cui si realizzava la ricomposizione dell’alta finanza europea. È di questo periodo la costituzione di società a carattere multinazionale35, che, sfruttando la domanda di tecnologia e di investimenti industriali dei paesi second comers, accelerarono l’integrazione finanziaria internazionale, superando nei fatti la tradizionale immagine di un capitale tedesco nazionalista ed imperialista e di un capitale franco-belga rentier e pa
31 Proprio in seguito a questa vicenda Macchi si era dimesso da direttore dell’organo ufficiale socialista il 1 marzo 1903; vedi “La questione tramviaria”, in “Il Riscatto”, 21-22 giugno 1903.32 La questione tramviaria. Una lettera dell’avvocato Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903.33 Verbali della Commissione Consiliare Provinciale per lo studio della questione tramviaria, Catania, 1904, pp. 10-13.34 Transazione tra la provincia e il Comune di Catania e la Società Felix Singer, 4 maggio 1904, A1C, St, p. 18, fase. VI.35 P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit., pp. 45-50.
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rassitario36. Emblematiche al riguardo appaiono le vicende catanesi. In seguito alla crisi nel 1903 la Helios era stata posta in liquidazione e i suoi impianti acquistati dal- l’Aeg, dalla Siemens e dalla Lahwmeyer37. Le difficoltà finanziarie delle società elettriche tedesche permisero il reinserimento del capitale balga nel settore delle infrastrutture a Catania attraverso la formazione di un nuovo gruppo. Di questo si fece promotore, grazie ai contatti con l’Elektrobank, finanziaria dell’Aeg, l’Union des Tramways, trust controllato dalla Banque internationale de Bruxelles (interessata nella Compagnie générale d’Eclairage et le Chauffage par le gaz) e dalla Banca centrale di Anversa38. Il 19 novembre 1904 si costituiva a Bruxelles la Société anonyme Tramways et Eclairage à Catane la quale un mese dopo otteneva dalla Singer il trasferimento della concessione del 189839. Nel corso del 1905 entravano in funzione la centrale termoelettrica e le principali linee tramviarie della città40 che collegavano il centro storico e la stazione ferroviaria con le borgate Gioeni, Acquicella, Cibali e Ognina41, più densamente popolate, che poste fuori dalla cinta daziaria, costituivano le aree di espansione industriale. La realizzazione della rete tramviaria rappresentò una importante svolta per la stessa struttura urbana che in tal modo inglobava al suo interno i quartieri periferici, aprendo la via al
nuovo sviluppo edilizio e commerciale che avrebbe continuato a svolgersi a lungo per quelle direttrici. La scelta dell’amministra- zione “popolare” di optare per la transazione con l’impresa privata raggiunse l’obiettivo principale: dopo ben sette anni dalla stipula del primo contratto Catania disponeva di linee tramviarie e di una rete elettrica.
I rapporti tra la Tramways ed il Comune si deteriorarono, però, immediatamente. In base alla transazione del 1904 amministrazione comunale e società tramviaria avrebbero dovuto procedere insieme alla stima del costo dell’impianto elettrotramviario, che avrebbe permesso al Comune di ottenere, una volta ammortizzate le spese di costruzione, il 20 per cento di utili sui profitti dell’azienda. Nel dicembre del 1905 il direttore della Tramways, Monteverde, e il prosindaco De Felice tentarono una mediazione, ma senza risultato, poiché sul valore degli impianti si aprì una battaglia di cifre che alla fine impedì il raggiungimento dell’accordo42.
Sulla questione tramviaria si innestava lo scontro politico tra i popolari e il partito monarchico-costituzionale riorganizzatosi intorno al deputato giolittiano Gabriello Carnazza. “Affarista senza scrupoli” (come lo definiva il “Corriere di Catania”), rappresentante della Singer poi della Helios, amministratore della Tramways, consulente legale
36 Cfr. Lenin, L ’imperialismo fase suprema del capitalismo, Roma, Editori Riuniti, 1974; e Antonio Bechelloni, Politica estera nell’età dell’imperialismo: Francia, in II mondo contemporaneo, Storia d ’Europa, Firenze, La Nuova Italia, 1980, vol. II, t. II, p. 721.37 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica, cit., p. 244.38 Michel Dumoulin, Italie-Belgique: 1861-1915, Relations Diplomatiques, culturelles et économiques, Troisième partie, Les Relations Economiques, vol. 2, Les Investissements, Louvain-la-Neuve, 1981, pp. 854-855.39 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d ’administration et du collège des commissaires au 31 décembre 1925, Bruxelles, 1926; e Comparsa conclusionale innanzi al Tribunale di Napoli per la Società dei trams contro la ditta Vitale, 1 marzo 1909, A1C, St, p. 18, fase. VI.40 La centrale termica di Catania, in “Sicilia Elettrica”, 1931, n. 2.41 Société anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d’administration, Assemblée générale du 28 avril 1906, Bruxelles, 1906.42 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 31 dicembre 1905; e La bomba del prosindaco, Lettera del direttore Monteverde, in “La Sicilia” , 1-2 gennaio 1906.
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della Società catanese di elettricità, Carnaz- za era inserito nelle attività economiche più redditizie dell’isola, dalle miniere di zolfo alle ferrovie. Legato a gruppi finanziari italia- nini e stranieri rappresentò l’alternativa politica a De Felice. Le rivalità personali, alimentate dai giornali, traducevano più concretamente differenti concezioni nel modello di sviluppo da prospettare per la città. Da una parte campeggiava il Comune “popolare” intenzionato a pilotare il decollo industriale della città tramite la pianificazione controllata dalle risorse pubbliche e private. La previsione ottimistica era di acquisire dalla concessione tramviaria una consistente compartecipazione agli utili che l’amministrazione avrebbe poi redistribuito globalmente alla città sotto forma di altri servizi, sgravi fiscali o per l’incremento delle opere pubbliche. L’alternativa privatista, caldeggiata da Carnazza, difendeva invece l’autonomia dei gruppi monopolistici operanti nella città etnea che non intendevano farsi condizionare nelle loro scelte tecniche e finanziarie dalle élites socialriformiste. Il nodo cruciale dello scontro verteva pertanto sul controllo politico e sulla gestione della modernizzazione urbana.
Fallito l’accordo sul valore da attribuire agli impianti, l’amministrazione popolare vide spezzarsi il binomio su cui aveva puntato con la transazione del 1904: dotare la città di luce elettrica e tramvie, e contemporaneamente conseguire un utile finanziario per il Comune. Entrato in crisi quello che Macchi aveva definito il principio della “municipalizzazione fruttifera”43 e sconfitto dal pri
vatismo, il blocco defeliciano spostò lo scontro con l’impresa capitalista sul terreno delle rivendicazioni sociali che gli era più congeniale. In tal modo l’amministrazione popolare promosse l’organizzazione sindacale di operai, tramvieri e impiegati della società fino all’appoggio diretto di vertenze salariali e di scioperi44.
La sostituzione della Tramways alla Singer-Helios non risolveva di certo le difficoltà economiche del progetto. Il diseguale rapporto stabilitosi tra investimenti e profitti poneva la Società dei tram in una situazione contraddittoria. Da una parte i redditi di esercizio dell’impresa continuavano a rimanere bassi per l’incompletezza delle linee, per la scarsa utenza, per i vincoli tariffari previsti dal contratto ed infine per l’oggettiva arretratezza industriale dell’ambiente produttivo che costringeva ad una sottoutilizzazione degli impianti45. Dall’altra, però, la crescente domanda di energia, dovuta al forte incremento demografico della città (soprattutto nei quartieri periferici) imponeva un continuo ampliamento delle linee di trasmissione elettrica46. Sarebbe stato possibile superare questa strozzatura attraverso un aumento di investimenti per completare le reti tramviarie urbane, allargando cosi il mercato degli utenti, e assicurare energia elettrica all’intera città, ma ciò avrebbe richiesto una forte disponibilità finanziaria. Fino a che punto gli investitori esteri erano disposti ad accrescere la loro partecipazione ad una impresa che necessitava di immediati e cospicui finanziamenti, promettendo profitti a lungo ter-
43 “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903, art. cit.44 Per l’atteggiamento della giunta popolare ed in particolare di De Felice nei confronti della Tramways durante lo sciopero dei lavoratori tramvieri del maggio 1907, cfr. Lo sciopero dei tramvieri, in “Corriere di Catania”, 19 maggio 1907.45 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 25 avril 1908, Bruxelles, 1908.46 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 30 avril 1910, Bruxelles, 1910.
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mine? Già nei primi mesi del 1907 la Società aveva fatto ricorso ad un aumento di capitale, sottoscritto in parte dalla Tramways di Livorno, e l’anno seguente aveva avuto bisogno di un ulteriore finanziamento47. Tale situazione si rifletteva sul valore delle azioni della società scese da 150 ad appena 95 franchi48. Era senza dubbio un forte segno di sfiducia del mercato belga verso l’impresa tramviaria catanese; insistere ad ampliare gli impianti con un crescente immobilizzo di capitali cominciava a sembrare ai finanziatori belgi un affare troppo rischioso. Era ormai urgente, piuttosto, compiere un salto di qualità, diversificando la produzione di energia elettrica dalla trazione in modo da ottenere una maggiore razionalità e produttività, con il risultato di abbassare i costi di esercizio della Tramways.
E monopolio della SeSo e la crisi del municipalismo defeliciano
Agli inizi del ventesimo secolo l’impiego di tecnologie avanzate quali l’uso della corrente trifase, il trasporto a lunga distanza dell’energia idroelettrica, i grandi serbatoi artificiali per immagazzinare l’acqua, consentivano l’utilizzazione anche delle scarse risorse idriche della Sicilia. A puntare sulla scelta idroelettrica furono i gruppi finanziari italiani Bastogi e Comit. Sulla riconversione produttiva, basata sulla costruzione di centrali idroelettriche nell’isola, si sarebbe realizzata la collaborazione finanziaria tra i
nuovi protagonisti Comit e Bastogi e i gruppi belgi e tedeschi.
La Società elettrica della Sicilia orientale (Seso) si costituì a Roma il 14 maggio 1907 con capitale di 3 milioni di lire49. Presidente della nuova società era Maurizio Capuano, fondatore della Società meridionale di Elettricità, e consigliere delegato l’ingegnere Enrico Vismara, già amministratore della Società tirrena di Elettricità. Nel consiglio di amministrazione della società figuravano i rappresentanti del capitalismo italiano,- Pietro Calapay (Navigazione generale italiana), il senatore Luigi Della Torre (Banca Zaccaria di Pisa), Pietro Fenoglio (direttore della Bei), Iacopo Barbisio (Società italiana per le Strade ferrate meridionali), del capitale tedesco, Giovanni Barberis (direttore della Società per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia) e gli esponenti della Compagnie générale pour l’Eclairage et le Chauffage par le gaz, della Société générale belge d’Entre- prises électriques e della Chemins de Fer économiques50. L’intervento di un pool finanziario di tale livello integrato dalla presenza di managers qualificati quali il Vismara e l’Omodeo impostava per la prima volta la scelta dell’industrializzazione come strategia di fondo per lo sviluppo dell’economia regionale. Combinando insieme innovazioni tecniche e ingenti capacità di investimento, la Seso si poneva come il principale fattore di trasformazione nella struttura economica della Sicilia orientale. Già nel 1908 Vismara pubblicò a Milano un opuscolo, Lo sviluppo idroelettrico della Sicilia, nel quale veniva chiarificata la strategia di intervento della
47 Trattative in tal senso tra l’Union des Tramways e la Tramways de Livorno erano già avvenute nel corso del 1906. La Società dei trams di Livorno faceva parte di un trust, la Compagnie internationale des Tramways, sotto il controllo della Paribas e della Banque internationale de Bruxelles. Cfr. Michel Doumoulin, Italie-Belgique: 1861-1915, cit., pp. 854-855; Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale du 25 avril 1908, c i t .
48 “Gazette Financière Revue Hebdomadaire”, 13 dicembre 1908, Aie, Seso, p. 23, fase. VII.49 L ’opera della Società Generale elettrica della Sicilia in oltre 50 anni di attività per l’isola, sd.50 Società elettrica della Sicilia orientale, Assemblea generale ordinaria del 31 marzo 1914, Milano, 1914.
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Seso nell’isola51. Le condizioni di arretratezza della Sicilia imponevano alla società elettrica di approntare un progetto di modernizzazione riguardante non solo l’elettrificazione dell’intera area regionale, ma anche la sistemazione idrogeologica del terreno montuoso, la costruzione di bacini artificiali e la bonifica dei territori malarici, così da insediare iniziative agricole produttive52: la distribuzione di energia idroelettrica, per i suoi bassi costi e per l’ampiezza delle zone servite, avrebbe risolto la principale strozzatura dello sviluppo industriale dell’isola.
La costruzione delle due grandi centrali idroelettriche dell’Alcantara e del Cassibile, poste rispettivamente a nord e a sud della città etnea, nel giro di pochi anni collocarono Catania al centro della rete di produzione e distribuzione dell’energia elettrica della Sicilia orientale53. La Seso iniziava la sua attività specializzandosi nel settore della produzione di energia, laddove la fase della distribuzione nelle città venne delegata ad imprese collaterali già esistenti o in via di formazione. A differenza di Siracusa e Messina, dove il servizio venne affidato a due società locali già esistenti, a Catania il gruppo Seso attuò una ristrutturazione dell’intero settore. Nell’aprile del 1909 si costituì la Società catanese di Elettricità, con capitale di1.500.000 lire diviso in 10 mila azioni privilegiate del valore di cento lire l’una e 5.000 azioni comuni dello stesso valore54. Vismara
ne sottoscrisse 5.200 per conto della Seso, e 4.800 furono acquisite dal gruppo belga55. La compartecipazione azionaria tra i due gruppi divenne accordo operativo l’anno seguente, quando la Seso fu in grado di fornire l’energia idroelettrica, momento fonda- mentale dell’intero progetto di ristrutturazione. Il piano prevedeva la costruzione di una nuova rete di distribuzione elettrica a corrente alternata, fornita dalla Seso, mantenendo quella a corrente continua al centro della città, dove si trovavano le tramvie, gli uffici e gli edifici pubblici, per permettere di servire completamente e senza interruzione l’intera area urbana e le zone adiacenti. La Tramways avrebbe pagato il canone per l’energia fornita dalla Catanese, che a sua volta avrebbe versato una somma à forfait con la cessione della centrale termoelettrica; medesimo accordo fu raggiunto con la Compagnia del gas, il cui servizio era ormai limitato soltanto al Giardino pubblico della città56. Il compito affidato alla Catanese emerge chiaramente: assumere il controllo di tutte le grandi o piccole imprese che fornivano energia nella provincia di Catania. Oltre alla presenza di un intraprendente manager come l’ingegnere Francesco Fusco e l’onnipresente Carnazza, era essenziale a tal fine la partecipazione alla società di esponenti dell’aristocrazia catanese57. Tale presenza garantiva alla See appoggi o quanto meno benefici difficilmente raggiungibili in altro mo-
51 Enrico Vismara, Lo sviluppo idroelettrico della Sicilia, Milano, 1908.52 Cfr. G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Torino, Einaudi, 1986.53 Per informazioni tecniche sulle due centrali idroelettriche vedi L ’impianto idroelettrico sul Cassibile, in “Sicilia Elettrica”, marzo 1930, n. 1; e Gli impianti della Sges sull’Alcantara, in “Sicilia Elettrica” , luglio 1930, n. 5.54 Atto di costituzione della Società Catanese di Elettricità, 21 aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.55 Transazione privata tra i signori Giovanno Celona e Michele Calderoni con l ’avvocato Gabriello Carnazza, 21 aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.56 Relazione del direttore della Società Catanese di Elettricità ingegnere Fusco ai consiglieri belgi, 12 aprile 1910, A1C, Seso, p. 1, fase. V.57 Tra gli altri figuravano come presidente della nuova società il barone Giuseppe Zappalà Asmundo e come consigliere il commendatore Nunzio Consoli Marano, vedi Verbale della seduta del Consiglio di amministrazione della Società Catanese di Elettricità, 14 giugno 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania 57
modo. Tra il 1909 e il 1911 la Catanese assorbì ogni impresa autonoma del settore, o tramite fusione, come nel caso della Elektron di Acireale58, o con l’assunzione del servizio di illuminazione pubblica, o con la fornitura diretta ai privati. Ma l’attività della Catanese si svolse anche in altre direzioni, quali la partecipazione alla Società galatea per la costruzione della rete tramviaria Aci- reale-Catania59, l’ammodernamento degli impianti termici degli stessi Comuni e la costruzione di linee di distribuzione elettrica, per una spesa complessiva di 2.500.000 lire60.
Di fatto la Seso assumeva il monopolio della produzione e distribuzione di energia elettrica per l’illuminazione e forza motrice di tutta la Sicilia orientale. La società elettrica continuò con successo la sua attività industriale conseguendo uno sviluppo produttivo rapido ed esteso, accompagnato da una notevole crescita economica. All’ulteriore aumento di capitale del 1913 (da 10 a11.500.000 lire) si aggiunse un incremento netto degli utili che nel 1911 ammontarono a 271.574 lire, raddoppiarono nel 1912, e si stabilizzarno nel 1913 sulle 677.462, mantenendosi costanti nei due anni successivi. Analogamente si ebbe una crescita dei dividendi saliti da venti a venticinque lire per azione61. Venivano potenziate le reti di distribuzione elettrica, e il completamento delle linee di trasmissione permise di estendere l’alimentazione idroelettrica a tutte le città. Inoltre la Seso estendeva la sua zona di influenza fino a raggiungere i due punti estre
mi della Sicilia orientale. Nel giugno 1913 fu inaugurato un impianto a Barcellona e completato un altro a Milazzo; l’anno dopo venivano raggiunti accordi per la fornitura di energia con una società di rivendita nella zona iblea62. La Seso divenne in tal modo l’unica interlocutrice per Comuni ed aziende che volessero acquistare energia elettrica. Le aziende servite erano nella maggior parte molini e pastifici, spesso a conduzione familiare, più raramente imprese chimiche o metallurgiche. Lo schema degli accordi era sempre identico: contratti preferenziali per le ditte maggiori, tariffe differenziate a secondo delle ore di utilizzo dell’elettricità, durata media da cinque a dieci anni. Il sistema tariffario adottato penalizzava in pratica le piccole aziende, alle quali l’energia veniva a costare in media 0,47 centesimi e favoriva le imprese di maggiori dimensioni che consumavano più di 40.000 kW. pagandoli 0,36 centesimi. L’alto consumo di energia, dovuto alle maggiori potenzialità dei macchinari, permetteva a queste ultime di abbassare i costi energetici. Al contrario molte piccole imprese, in seguito al rifiuto della Seso di ridurre le tariffe, furono costrette a chiudere63.
Altrettanto complesso si dimostrò il rapporto tra i Comuni della Sicilia orientale e la Seso. Questa puntava a realizzare in poco tempo una rete di distribuzione estesa all’intera regione che comprendesse anzitutto i Comuni tramite l’illuminazione pubblica di strade, piazze ed edifici. Ma gli enti locali, anche se interessati alla realizzazione degli
58 Sentenza del Tribunale Civile di Catania, 18 settembre 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. VI.59 Relazione de! direttore Fusco al Consiglio di Amministrazione della Società Catanese di Elettricità, 16 settembre 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.60 Preventivo di spesa della Società Catanese di Elettricità 16 settembre 1909, A1C, Seso, pi, fase. V.61 Credito italiano (a cura di), Società Italiane per Azioni. Notizie Statistiche 1916, Roma, 1916. .62 Seso, Rapporto del Consiglio di Amministrazione, 26 marzo 1915, Milano, 1915.63 Vedi Contratto per la fornitura di energia elettrica con la ditta Monaco & Figli, 7 marzo 1911, A1C, Seso, p. 4, fase. XIV; sui rapporti tra la Seso e le imprese siciliane vedi pure, Contratto con la ditta Lo Presti Marnilo, 10 dicembre 1913, A1C, Seso, p. 3, fase. IV; e Contratto con la ditta Colla e Concimi di Milazzo, A1C, Seso, p. 3, fase. XV.
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impianti, opponevano una resistenza culturale e politica al monopolio elettrico64.
Grande impresa e politica municipale
A Catania la presenza del trust elettrofinanziario ripropose il tema dei rapporti tra capitale privato e Comune. Al centro della lotta politica del biennio 1909-11, che vedeva opposti ancora una volta lo schieramento guidato dai Carnazza e quello defeliciano, si poneva la questione tramviaria65. L’amministrazione popolare, sotto pressione per l’inchiesta governativa Bladier66, e spinta da motivi di rivalsa politica ed economica, tentava di rilanciare il ruolo del “comune moderno”, centro propulsore dello sviluppo economico e sociale in contrapposizione alla logica privatistica del monopolio elettrico. Sotto questo aspetto le rivalità interimperialistiche del centro capitalistico per la supremazia sui mercati late comers si intrecciavano in periferia alle lotte che si svolgevano nella ristretta cerchia dei brokers e tra le diverse clientele elettorali per la conquista del potere locale.
Per tentare di sfuggire ai condizionamenti economici del trust elettrico della Seso, De Felice cercò di attivare la concorrenza industriale, così da ottenere almeno la costruzio
ne delle tramvie del Bosco Etneo. Nel novembre del 1909 una società, rappresentata da Andrea Borioli e Edoardo La Porta, amministratori de Les Tramways de Paierme e da William Bouette direttore della Westinghouse a Milano, aveva presentato un progetto per l’ampliamento delle linee tramviarie urbane e la costruzione della rete etnea, immediatamente accettata dall’amministrazione comunale67. La proposta sembrava, per la verità, costituire un buon affare per il Comune. Essa prevedeva la costruzione di tredici linee tramviarie, l’anticipo da parte della società delle somme occorrenti per l’apertura delle nuove strade, un compenso annuo per il Comune di 1.600 lire per ogni chilometro costruito, un eventuale prestito di500.000 lire alle finanze municipali a mite saggio di interesse, la compartecipazione agli utili ed, infine, la realizzazione della rete del Bosco etneo68. L’improvvisa decisione della giunta popolare causò l’immediato crollo della Société Tramways et Eclairage électriques à Catane, alla borsa valori di Bruxelles e le reazioni dei gruppi politici ad essa legati. Dalle colonne de “La Sicilia” , Carlo Carnazza, fratello di Gabriello, tuonava contro i “parassiti e i mestieranti della politica” : “I cittadini onesti sanno che siete assolutamente incapaci di governare una città veramente industriale, ritornatevene ai monti per
64 Sono esemplari al riguardo le vicende dei comuni di Siracusa (A1C, Seso, p. 4, fase. XI), Noto (A1C, Seso, p. 1, fase. Ili) e Augusta (A1C, Seso, p. 2, fase. V).65 Superata con qualche difficoltà la chiusura dei forni municipali e la crisi economica dell’anno seguente, l’amministrazione popolare subì nell’agosto del 1909 un’inchiesta governativa, voluta da Carnazza, sconfitto alle elezioni politiche di marzo, nel tentativo di scalfire l’egemonia defeliciana. La sua pubblicazione nel febbraio 1910 causò la caduta della giunta comunale e preparò il terreno per la vittoria del Blocco cittadino (monarchici, liberali e cattolici), formatosi intorno al gruppo Carnazza, alle elezioni provinciali del 24 luglio 1910. Il Partito popolare, riorganizzato da De Felice intorno al Fascio democratico, dopo uno scontro assai aspro, riconquistava il Comune anche se di stretta misura. Su 7.800 votanti il Fascio democratico conquistò 4.721 voti contro i 3.495 del Blocco cittadino. Su tutta la vicenda vedi Rapporto del prefetto Minervini al Ministro dell’Interno, Acs, ministero degli Interni, Comuni 1911-13, b 690.66 Sui risultati dell’inchiesta vedi Relazione Bladier sui Servizi pubblici del Comune di Catania. Dal 1902 al 1909. E Controrelazione del Comune di Catania, Catania, Tipografia Galatola, 1910.67 Compromesso per l’impianto e l ’esercizio di tramvie elettriche urbane e suburbane in Catania e dintorni, 4 novembre 1909, A1C, St, p. 18, fase. XIX.68 / / progetto in dettaglio per l ’impianto di tramvie elettriche, in “Corriere di Catania”, 9 dicembre 1909, e Compromesso, cit.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania 59
continuare i vostri antichi, vili mestieri di barbari caprai!”69.
Lo stesso Gabriello Carnazza in un memoriale apocrifo diffuso in quei giorni ridimensionava gli apparenti benefici della proposta. Le linee previste erano in gran parte lasciate alla facoltà dei costruttori senza un limite di tempo per l’attuazione,il compenso chilometrico di 1.600 lire si rivelava ingannevole perché il Comune si addossava le spese di manutenzione delle nuove strade; in ultimo gli sbandierati utili per le finanze comunali si dimostravano un miraggio giacché erano subordinati ad un introito lordo di esercizio di 800.000 lire, che neppure le tramvie della rete urbana, più trafficata, riuscivano a raggiungere70. Ma l’obiezione sostanziale riguardava l’assetto proprietario della società stessa dietro cui si nascondeva il redivivo finanziere messinese Giuseppe Battaglia, il cui tentativo speculativo era evidente: rivendere il contratto per realizzare la provvigione della mediazione. Le critiche sollevate dal pamphlet anonimo ritardarono la stipula del contratto che venne siglato soltanto il 7 maggio 1910, dopo l’esclusione dalla società di Battaglia e dopo che Borioli e La Porta si impegnarono a presentare entro dieci mesi il piano tecnico e finanziario della rete tramviaria etnea. Appena quattro mesi dopo, accertata l’indisponibilità della Westinghouse a sopportare gli oneri della rete tramviaria extraurbana, l’impresa Borioli-La Porta vendeva la concessione al belga Paul Mouton, rappresentante della Mutuelle mobilière et immobilière a Palermo, in cambio di 200.000 franchi e di due posti nel consiglio di amministrazione di una nuova società, la Che
mins de Fer électriques de Catane71. La società venne costituita nell’agosto del 1911 a Bruxelles con l’apporto dei maggiori azionisti della Tramways de Paierme, dei banchieri parigini Fontaine, dell’ex ministro dell’industria Francotte, del senatore Leon Liard e dei Paterno Castello. Anche questa volta i lavori di costruzione della tramvia del Bosco etneo non vennero neppure iniziati, giacché i tecnici della società belga ne sconsigliarono la realizzazione per la sua evidente antieconomicità. Le velleità anti- monopolistiche dei partiti popolari subirono un colpo definitivo quando, nel maggio 1913, la Chemin de Fer preferì trasferire la convenzione alla Seso lasciandosi assorbire dalla società elettrica: il trust elettrofinanziario restava ancora una volta senza concorrenti72.
Il disimpegno della società belga spinse la Seso ad avviare trattative dirette con il Comune per la risoluzione della questione. L’atteggiamento di Vismara rimase intransigente sulla sostanza dell’affare: egli stesso informò De Felice che la Tramway era disposta a portare a termine l’ampliamento delle linee tramviarie urbane ma non a realizzare la rete etnea73. Per tutto il 1913 l’am- ministrazione popolare continuò ad opporre un netto rifiuto, ma alla fine fu costretta a capitolare e a giungere ad un’intesa con la Seso per disciplinare l’intero servizio. Il tentativo delle élites socialriformiste di rompere l’accerchiamento del trust elettrofinanziario si chiudeva con la vittoria del monopolio privato. Il Comune si era rivelato una struttura inefficiente di organizzazione imprenditoriale ed impotente ad agire sulle decisioni di investimenti della grande impresa.
69 Risorse popolari, “La Sicilia”, 5 novembre 1909; e Bombe popolari, art. cit., 6 novembre 1909.70 II testo del memoriale in AIC, St, p. 20, fase. Offerta Westinghouse.71 A tto costitutivo della Chemins de Fer électriques de Catane, agosto 1911, AIC, St, p. 20.72 II carteggio riguardante le trattative con il gruppo Seso in AIC, St., p. 20.73 Lettera del 28 ottobre dell’ingegnere Vismara al prosindaco De Felice, in “Corriere di Catania”, 1 novembre 1913; e La questione tramviaria, risposta dell’onorevole Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 6 novembre 1913.
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Nel maggio 1914 la Seso riusciva ad imporre un nuovo contratto con il quale la Società catanese di Elettricità (impresa di distribuzione della Seso) assumeva direttamente la gestione della fornitura di energia elettrica per la città, sostituendosi alla Tramways e all’antica Compagnia del Gas, che cedette dietro indennizzo i suoi impianti. La centrale termoelettrica della Tramways venne ufficialmente trasferita alla Catanese, che l’aveva in gestione sin dal 1910. E, infine, il Comune e la Tramways rinunciarono alle precedenti vertenze giudiziarie ancora aperte, riconoscendo entrambi l’impossibilità di realizzare la rete tramviaria del Bosco etneo74.
In pochi anni la Seso aveva portato a termine l’elettrificazione dell’intera Sicilia orientale, consolidando la sua struttura finanziaria, e si apprestava alla vigilia della guerra ad ampliare la sua attività al settore occidentale dell’isola. I belgi presenti nella Seso si mostravano soddisfatti: “Les résultés de la Société d’Electricité de la Sicile orientale continuent à être très satisfaisants”75.
Tanto soddisfatti da proporre alla Comit la costituzione di un trust elettrico italo- belga. Il Syndacat d’études, formato dalla Commerciale, dalla Société financière de Transport et d’Entreprises industrielles e dalla Bank fur Elektrische Unternehmun- gen, sarebbe stato in un secondo tempo aperto alla partecipazione di altre società. La formazione del trust avrebbe consentito
l’acquisizione del controllo di alcune società elettriche italiane: l’Adamello, la Società Ligure-Toscana, la Brioschi e la Seso. Quando la costituzione del trust, per il crescente clima nazionalistico prebellico, si dimostrò impraticabile, i belgi si dichiararono disposti a ritirarsi dalle altre società italiane, ma continuarono ad insistere per assumere una quota di maggioranza nella società siciliana76. La riluttanza della Banca commerciale a lasciare in mano ai belgi una società che iniziava a dare profitti non permise la conclusione dell’accordo77. Nel 1915 la Seso assunse il controllo delle due società elettriche esistenti a Palermo, la Si- cula Imprese Elettriche e la Società Elettro- tecnica Palermitana78, e alla fine della guerra trasformava la denominazione sociale in Società generale elettrica della Sicilia, realizzando rapidamente il monoplio energetico nella regione79.
Il progetto defeliciano di sottoporre tempi e modi della modernizzazione urbana all’azione politica del “comune socialista” , riservando all’ente locale un ruolo di controllo dello sviluppo e di mediazione sociale ed economica, si era scontrato con le esigenze di profitto e le decisioni di investimento dell’alta finanza internazionale. La crisi del defelicianesimo e l’ascesa del gruppo carnazziano nel primo dopoguerra va dunque letta nell’ambito del “disegno del potere economico di riappropriarsi della ‘politica’ per gestire diretta-
74 Schema del contratto per la concessione della pubblica illuminazione della città di Catania, maggio 1914, A1C, Seso, p. 1, fase. V.75 Société Anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du Conseil d ’administration du 26 avril 1913, Bruxelles, 1913.76 Cit. da Antonio Confalonieri, Banca e industria in Italia. Dalla crisi del 1907 all'agosto 1914. Crisi e sviluppo dell’industria italiana, vol. II, Milano, Banca commerciale italiana, 1982, pp. 363-364.77 A. Confalonieri, Banca e industria, cit. pp. 371-372.78 Sulle due società elettriche di Palermo, cfr. P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit. pp. 293-309; e Pinella Di Gregorio, La modernizzazione difficile. Origine e sviluppo dell’industria elettrica in Sicilia (1898-1930), tesi di laurea, Fac. di Scienze Politiche delTUniversità di Catania, a.a. 1982-83, pp. 188-211.79 Piccola Storia della Sges, in “Sicilia Elettrica”, luglio 1964, n. 4.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania 61
mente gli interessi della borghesia industriale senza la mediazione di politici professionali”80.
Il municipalismo popolare, alla fine, aveva dovuto arrendersi alla logica del monopolio elettrico, ormai irriducibile al control
lo delle élites locali per le dimensioni tecniche e finanziarie di una realtà produttiva che superava i confini di una singola città per costituire un sistema energetico regionale.
Pinella Di Gregorio
80 G. Barone, Partiti ed élites politiche a Catania fra te due guerre, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1978, n. II-III, pp. 597.
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